della cardata luce in allegria. Sogna la pesca che nel suo velluto si possa l'aria ridestar capello.
Attonito il limone ed agro il collo,
soffre nella criniera del cotogno, e non v' per la rosa maggior gioia delle sue gambe di spinoso vello.
Rabbuiata tra le pietre e triste
di sopportarle cos dure e sole, levigate pel nudo della mano,
fronte al crinito mare che le investe,
guarda l'adolescente tra le onde popolarsi il suo inguine di alghe.
Di sangue odora mescolato a spigo
venuto in un odore di splendori. Di sangue odorano i bruciati fiori, di subito cipresso di sangue il fuoco.
Dall'aria scende un'improvvisa pioggia
di stella e sangue disciolti in odori, e un tornado di aromi e di colori il mondo lascia per il sangue cieco.
Fredda e malata e senza sonno e urlando,
scatenata la febbre va saltando, come un tremore per le terrazze vuote.
Coagulata la luna sopra il tetto,
guarda l'adolescente senza veste l'inguine fiorirle di papaveri.
Una carta destata nel biancore.
Foglia bianca di pioppo senza macchia. Il rovescio di un giglio incorruttibile. Vergine gelsomino da scrittura. Bianco cangiante di una cornea pura. Pelle dell'acqua impubere e impeccabile. Il dorso di una stella invulnerabile sopra l'opposto di una colomba oscura.
Il bianco col pi bianco ora compete.
Di calce si assassinano i carmini, la chioma bionda della luce bianca.
Nessuno ardisce di smentire il giorno.
Ma tutto ora di nardi mi si macchia per l'agitata neve di una mano.
Qui, nel profondo, un umidore ardente;
blando, un calore oscuro che qui bolle; soffocato anelare che si affonda, piegandosi e morendo lungamente.
Labbra in labbra che non attacca dente;
lingua in gola che ombrosa si fende; aspri dintorni, fiera ostinazione per morder della fonte limpossibile.
Fiera insistenza, poich n alla donna
pi donna, n alluomo pi uomo data altra vetta chessere campo e seme,
poich il resto, oh corpi risvegliati!
Son fulgori che si perdono allalba in un sbito incendio, disperati.
Nasce all'inguine un calore segreto,
un rumore di spuma silenzioso. Il duro stelo il tulipano bello piega senz'acqua, vivo e prosciugato.
Cresce ora nel sangue un irrequieto,
un urgente pensiero bellicoso. L'esausto fiore perso nel riposo rompe il sonno alla radice bagnato.
Salta la terra e dai visceri perde
linfa, sorgente ed un giardino verde, palpita, stride, sferza, spinge, scoppia.
La vita fende vita in piena vita.
E se la morte vince la partita, tutto un gioioso campo di battaglia.
(Guerra alla guerra per la guerra.) Vieni.
Volgi le spalle. Il mare. Apri la bocca. Contro una mina una sirena cozza e un arcangelo affonda, indifferente.
Tempo di fuoco. Addio. Urgentemente.
Chiudi gli occhi. Questo il monte. Tocca. Saltan le vette sparpagliando roccia e si assassina un bosco, inutilmente.
Dinamite alla luna, pure? Andiamo.
Morte alla morte per la morte: guerra. In vero, pensa il toro, il mondo bello.
Incendiati, mio amore, sono i rami.
Apri la bocca. (Il mare. Il monte.) Chiudi gli occhi ora e sciogliti i capelli.
Luna mia d'ieri, oggi del mio oblio*
vieni stanotte a me, scendi alla terra, non esser oggi luna della guerra ma solo del mio amore addormentato.
Nella tua luce la renna inseguita
dagli, che i ghiacci dei tuoi occhi corre, e digli, se lo esilia la tua luce, che lana gli sar il suo esilio e nido.
Tempi d'orrore in cui dimora il sangue
obbligatoriamente separato dal confine nativo del suo campo.
Oh luna del mio oblio, la tua venuta
non mi risvegli il labbro della spada, ma dell'amore dalla renna vegliato!
Biondi, agili vimini, affilati
di luce, liquidi giunchi sempre eretti, persistenza nei getti pi perfetti delle fonti, a scherma sollevati. Tronchi di pioppi non mai soggiogati, colonne di geometrici cipressi, rotondi, duri, rigidi concetti con i virili cactus comparati.
Si sente l'uomo il vertice ed il tetto.
Guarda di sotto il mare e l'infuriata vergine spuma l'incita fuggendo.
Scender d'un balzo, s, mentre s'innalza
in mezzo ai pori questa spada ordita di linfa verde per ferire ardendo!
Corpo tra erba e polvere sognato,
amore d'erba fredda ed esplosioni, mi desti solo un fascio di scintille su di un tremore di prato incendiato.
Il sangue armasti di fumo gelato
e aspra gramigna nei visceri poni, prendi tregua, congela mediazioni, rendendo ad erba e polvere il mio stato.
Piede verde nel disastro, a sfida
di scoppiata passione e luce fiera contro il gelo bruciato del tuo impegno.
Ma, come ardere se il fumo gi freddo,
se ormai il prato di cenere inutile e fu soltanto polvere il mio sogno?
Araceli
D'arcangelo non so se nevicati
i fiocchi, su di te, dalle sue vele. Di gravi gelsomini, come scia di occhi dolci, celesti, scivolati.
Se di cigni sopra di te cagliati,
dal cristallo spremute caravelle. Di luna senza luce quando voli, o di silenti marmi, disgelati.
Ara del cielo, dimmi di che sei,
se di piuma d'arcangelo e di nardo, se di liquido marmo d'alba e piuma.
D'avorio nasci e d'avorio muori,
confinata e fiorita di giardini, lacustre di dorata e verde spuma.
Amaranta
Biondi, lucidi seni di Amaranta,
limati dalla lingua d'un levriero. Portici di limoni, fuorviati dal canale che monta alla tua gola.
Rosso un ponte di riccioli che avanza
fa ardere gli avori tuoi ondulati. Curvo, morde e ferisce dei denti esangui, librandoti nel vento che ti innalza.
Dorme la solitudine nel folto,
calza il piede di zeffiro e poi scende dall'alto olmo al mar della pianura.
Ecco il suo buio corpo che s'accende
e, gladiatrice, come brace impura, fra Amaranta e il suo amante si distende.
(Traduzione di Vittorio Bodini)
*Luna ma de ayer, hoy de mi olvido,
ven esta noche a m, baja a la tierra, y en vez de ser hoy luna de la guerra, slo tan solo de mi amor dormido.
Dale en tu luz el reno perseguido
que por los yelos de tus ojos yerra, y dile, si tu lumbre lo destierra, que ser lana su destierro y nido.
Tiempos de horror en que la sangre habita
obligatoriamente separada de la linde natal se su terreno.
Ay luna de mi olvido, tu visita
no me despierte el labio de la espada, s el de mi amor, guardado por tu reno!