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JOE ABERCROMBIE

IL RICHIAMO DELLE SPADE

Logen Novedita, il famigerato guerriero, ha infine esauri-


to la sua fortuna. Si fatto un nemico di troppo e ora ha da-
vanti a s un futuro solitario e cupo, in cui da un momento
all'altro potrebbe ritrovarsi a guardare la morte in faccia per
l'ultima volta. Ma saranno proprio i morti a offrirgli un'ulti-
ma opportunit, perch qualcuno, l fuori, ha ancora dei pro-
getti per il Sanguinario.
Il Capitano Jezal dan Luthar, modello di egoismo e vanit,
ha in mente poco altro che banali sogni di gloria, da far av-
verare in duello a colpi di spada. Ma la guerra alle porte,
gli eserciti si mobilitano e sui campi di battaglia del gelido
Nord si combatte con regole terribilmente cruente.
L'Inquisitore Glokta, carnefice storpio, sarebbe contento
di veder tornare i resti del Capitano Jezal in una cassa, ma
d'altro canto lui odia chiunque non sia stato ridotto nelle sue
condizioni. Confessione dopo confessione, senza lasciar spa-
zio a nessun sentimento se non al rancore, elimina i traditori
in seno all'Alleanza, ma la sua ultima scia di cadaveri potreb-
be condurlo dritto al cuore corrotto del governo. Se soltanto
potesse sopravvivere abbastanza a lungo da poterla
seguire
Joe Abercrombie (1974) dopo aver lavorato come mon-
tatore freelance e produttore televisivo comincia la stesura
del romanzo Il richiamo delle spade, primo della popolarissi-
ma trilogia epic-fantasy La Prima Legge (pubblicata fra il
2006 e il 2008). Il richiamo delle spade gli valso la candi-
datura al prestigioso John Campbell Award per il Miglior
nuovo scrittore fantasy.
Joe Abercrombie fra gli autori della serie della BBC The
Worlds of Fantasy, insieme a Michael Moorcock, Terry Prat-
chett e China Miville. Il suo primo libro pubblicato in Italia
The Heroes (Gargoyle, 2012).
Vive a Bath con la moglie e due figli.

Fronte di copertina: Shutterstock


I edizione: marzo 2013
Titolo originale: The Blade Itself
Copyright Joe Abercrombie 2006

All rights reserved

First published by Gollancz,


a division of The Orion Publishing Group, London

2013 Gargoyle Srl


Via Nizza, 78
00198 Roma

www.gargoylebooks.it
info@gargoylebooks.it

ISBN: 978-88-98172-01-6
NOTE

Ho modificato alcune piccole porzioni del testo, in quanto


ho ritenuto la traduzione non ottimale. In particolare:

1. "Glokta sapeva tutto sui denti, dal momento che la sua


bocca era stata oggetto di certi coi fiocchi male da parte dei
migliori sul campo." L'originale recita: "There was nothing
Glokta didnt know about teeth. His own mouth had been
worked on by the very best." Ho preferito rendere la frase in
questo modo: "Glokta sapeva tutto sui denti, dal momento
che la sua bocca era stata oggetto di certi lavoretti da parte
dei migliori sul campo."

2. "Calmatosi tutto insieme, si sedette lentamente con le


labbra contratte." Nell'originale, non c' traccia di "Calmato-
si tutto insieme" ("He pursed his lips and slowly sat down.")
Vista anche la stranezza dell'espressione, ho scelto di elimi-
narla, lasciando soltanto: "Si sedette lentamente con le labbra
contratte."

3. "il cuoio duro gli strusciava dolorosamente contro i


giochi ogni volta che cercava di muoversi." Nell'originale si
parla di "frutti", non di "giochi", per cui ho preferito rendere
l'espressione con "gioielli".

Buona lettura!
Per i Quattro Lettori
Voi sapete chi siete
1.

La Fine

Logen si lanci tra gli alberi a piedi nudi, slittando sulla


terra intrisa d'acqua, sul fango e sugli aghi di pino bagnati,
con il respiro che gli raspava in petto e il sangue che gli pul-
sava forte nella testa. Inciamp e cadde su un fianco cos
bruscamente che per poco non si squarci il petto con la
lama della sua ascia. Poi giacque l con il respiro pesante a
scrutare la foresta oscura.
Mastino era stato con lui fino a un momento prima, ne era
sicuro, ma ora era scomparso. Quanto agli altri, non aveva
idea di dove fossero. Bel capo che era, a separarsi dai suoi
uomini in quel modo. Avrebbe dovuto cercare di tornare in-
dietro, ma gli Shanka lo circondavano. Poteva sentirli muo-
versi tra gli alberi, il loro puzzo gli aveva invaso le narici.
Gli parve di udire delle urla da qualche parte alla sua sinistra,
forse grida di lotta. Logen si tir lentamente in piedi, cercan-
do di non fare rumore. Un ramoscello si spezz e lui si volt
di scatto.
Una lancia gli veniva incontro rapida, e crudele come lo
Shanka che la impugnava.
Merda, disse Logen. Si butt da una parte, ma scivol e
cadde con la faccia nel fango. Allora si rotol travolgendo la
vegetazione del sottobosco, sicuro che la lancia gli si sarebbe
conficcata nella schiena da un momento all'altro. Ansimante,
riusc a rialzarsi in tempo per vedere la punta lucente della
lancia che stava per infilzarlo, la schiv scartando verso un
grosso tronco d'albero dietro cui si ripar. Si sporse un poco
per sbirciare e il Testapiatta era l che sibilava, gi pronto a
infilzarlo. Logen s'affacci per un istante dall'altro lato, si ri-
trasse e poi con un balzo gir attorno all'albero e cal l'ascia,
ruggendo pi forte che poteva. Si ud uno scricchiolio quan-
do la lama affond in profondit nel cranio dello Shanka.
Che fortuna aveva avuto, ma d'altra parte Logen pensava che
la fortuna fosse in debito con lui.
Il Testapiatta se ne stava l, a fissarlo stordito, quindi co-
minci a oscillare da una parte all'altra, con il sangue che gli
colava lungo la faccia. Alla fine croll come un masso, strap-
pando l'ascia dalle mani di Logen, e rimase ai suoi piedi a
contorcersi. Logen cerc di afferrare l'impugnatura della sua
arma, ma lo Shanka era chiss come riuscito a non mollare la
presa sulla propria lancia, la cui punta ora si agitava in aria.
Ah!, strill Logen quando la lancia gli penetr nel brac-
cio, e subito dopo vide un'ombra calargli sul viso. Era un al-
tro Testapiatta, uno dannatamente grosso, gi a mezz'aria con
le braccia aperte. Non c'era tempo per recuperare l'ascia, n
per togliersi di mezzo. Logen apr la bocca, ma non c'era
tempo neanche per emettere un fiato. E comunque, cosa mai
si potrebbe dire in una situazione del genere?
Si schiantarono insieme sul suolo umido, si rotolarono nel
groviglio di fango, spine e rami spezzati; si artigliarono, si
presero a pugni, ringhiarono l'uno contro l'altro. La testa di
Logen colp la radice di un albero con una violenza tale da
fargli fischiare le orecchie. Aveva un coltello da qualche par-
te, ma non ricordava dove. Seguitarono a rotolare e rotolare
lungo un pendio, il mondo continuava a ribaltarsi su se stes-
so, mentre Logen cercava di riaversi e allo stesso tempo di
strangolare il grosso Testapiatta. Non c'era modo di fermarsi.
Gli era sembrata un'idea astuta quella di accamparsi vici-
no alla gola, perch in questo modo nessuno avrebbe potuto
coglierli di sorpresa alle spalle. Ora che Logen era scivolato
sul torace oltre l'orlo del precipizio, l'idea aveva perso gran
parte del suo fascino. Le sue mani cercarono un appiglio sul-
la terra bagnata, ma si riempirono solo di fango e aghi di
pino secchi. Le sue dita si chiudevano per aggrapparsi per
al nulla. Stava per precipitare. Si lasci scappare un gemito.
Le sue mani afferrarono qualcosa: la radice di un albero
che spuntava dalla terra proprio sull'orlo del burrone. Logen
rimase a dondolare sul vuoto, senza fiato, ma la sua presa era
salda.
Ah!, esult. Ah! Era ancora vivo. Ci voleva pi di
qualche Testapiatta per far fuori Logen Novedita. Fece per
issarsi sul ciglio del burrone, ma non ci riusc, perch un
gran peso lo tirava verso il basso. Cos guard gi.
La gola era profonda, molto profonda, con pareti ripide e
rocciose. Qua e l, qualche albero s'era ancorato a una fendi-
tura ed era cresciuto sul vuoto dispiegando la chioma sul nul-
la. Il fiume sul fondo del crepaccio scorreva rapido e impe-
tuoso, ribollente di schiuma bianca che si insinuava tra fra-
stagliate rocce nere. E questo non era certo un bene, ma al
momento Logen aveva un problema decisamente pi impel-
lente, non essendosi ancora sbarazzato del grosso Shanka
che dondolava piano avanti e indietro con le manacce luride
serrate attorno alla sua caviglia sinistra.
Merda, mormor Logen. Si trovava proprio in un bel
guaio. Ne aveva passate tante, s, ed era sempre sopravvissu-
to per cantarne le canzoni, ma era difficile che potesse anda-
re peggio di cos. La situazione lo fece riflettere sulla propria
vita, che ora gli sembrava amara e inutile. Non aveva miglio-
rato l'esistenza di nessun altro e nella sua, tra la violenza e il
dolore, c'erano state solo delusioni e difficolt. Le sue mani
si stavano stancando, gli avambracci gli bruciavano, ma il
grosso Testapiatta non sembrava avere alcuna intenzione di
lasciarsi andare, anzi, si era persino arrampicato un po' lungo
la sua gamba prima di fermarsi e fissarlo in modo truce.
Se fosse stato Logen a stare aggrappato alla gamba dello
Shanka, molto probabilmente avrebbe pensato: La mia vita
dipende da questa gamba a cui sono appeso, quindi meglio
non correre rischi. Un uomo preferisce salvarsi piuttosto che
uccidere un nemico. Il guaio era che lo Shanka non la pensa-
va allo stesso modo, e Logen lo sapeva. Cos non fu poi trop-
po sorpreso quando il Testapiatta apr la grossa bocca e gli
affond i denti nel polpaccio.
Aaaah!, grugn lui. Poi si mise a urlare e tirare calci con
il tallone nudo imprimendogli tutta la forza che aveva, tanto
da riuscire ad aprire uno squarcio insanguinato sulla testa
dello Shanka. Quello per non la smetteva di mordere, e pi
Logen scalciava, pi le sue mani scivolavano sulla radice vi-
scida a cui era appeso. Ormai non gliene rimaneva che una
spanna scarsa e anche quella pareva sul punto di spezzarsi.
Cerc di concentrarsi ignorando il dolore alle mani e alle
braccia, i denti che il Testapiatta affondava sempre di pi
nella sua gamba. Sarebbe precipitato. L'unica scelta che ave-
va, e che praticamente si comp da sola, era cadere sulle roc-
ce o cadere in acqua.
Quando si deve fare qualcosa, tanto vale farla piuttosto
che vivere nel terrore dell'attesa. Questo era ci che avrebbe
detto suo padre. Cos, Logen piant saldamente i piedi sulla
parete rocciosa, prese un ultimo, profondo respiro e si lanci
nel vuoto con tutta la forza che gli era rimasta. Sent la mor-
sa dei denti aprirsi, e poi allentarsi la presa delle mani. Per
un breve istante Logen fu libero.
Fu allora che cominci a cadere in picchiata. Le pareti
della gola gli scorrevano rapide davanti agli occhi, prima la
roccia grigia, poi il muschio verde e le chiazze di neve candi-
da, tutto si mescolava in un unico guazzabuglio.
Logen si rivolt lentamente in aria, con gambe e braccia
che si dimenavano senza controllo spinte dall'attrito, troppo
spaventato persino per gridare. Il vento impetuoso gli frusta-
va gli occhi, gli tirava i vestiti, gli mozzava il respiro. Vide il
grosso Shanka colpire la roccia sotto di lui, spezzarsi e rim-
balzare molle esattamente come un cadavere. Fu una visione
piacevole, ma la sua soddisfazione ebbe vita breve.
Precipit in acqua sul fianco, e fu come se un toro lo
avesse caricato svuotandogli tutta l'aria dai polmoni. Privo di
sensi, Logen fu risucchiato verso il fondo nella fredda oscu-
rit
PARTE PRIMA

La lama stessa induce alla violenza.


Omero
2.

I sopravvissuti

Per prima cosa, sent lo sciabordio dell'acqua nelle orec-


chie; quello, lo stormire degli alberi e lo strano cinguettio
sincopato di un uccello.
Quando Logen schiuse gli occhi, fu accecato dalla luce
confusa che trapelava dalle foglie. Era morto? Allora perch
gli faceva male tutto? La parte sinistra del corpo era tutta in-
dolenzita e cercando di fare un respiro profondo per poco
non soffoc, poi toss acqua e fango dai polmoni. Si mise a
carponi gemendo e ansimando tra i denti serrati, prima di tra-
scinarsi fuori dal fiume e abbandonarsi sulla schiena lungo la
riva melmosa coperta di muschio e pezzi di legno marcio.
Giacque cos per un momento, con il respiro sibilante nel-
la gola secca, a guardare il cielo grigio al di l dei rami scuri.
Sono ancora vivo, si disse con voce roca, sopravvissuto
nonostante gli strenui assalti della Natura, degli Shanka, de-
gli uomini e delle bestie. Bagnato fradicio e steso sulla schie-
na, cominci prima a ridacchiare, poi a ridere in modo con-
vulso e stridulo. Una cosa si pu ben dire di Logen Novedita,
che un sopravvissuto.
Ma un vento gelido spir sulla sponda putrida del fiume,
portandosi via la risata di Logen. Ora era vivo, s, ma soprav-
vivere era tutt'altra cosa. Per prima cosa si tir a sedere tra le
fitte di dolore, poi, poggiandosi al tronco dell'albero pi vici-
no, riusc faticosamente a tornare in piedi. Dopo essersi puli-
to il fango dal naso, dagli occhi e dalle orecchie, alz la ma-
glia bagnata per controllare le lesioni.
Un fianco era tutto ricoperto di lividi violacei, conseguen-
za della caduta, e il costato era morbido al tocco, ma sembra-
va non ci fosse niente di rotto. La gamba invece, quella era
messa proprio male, piena di squarci e sangue laddove lo
Shanka l'aveva morso. Gli faceva un male cane, per il piede
riusciva a muoverlo piuttosto bene, e questa era una gran for-
tuna, visto che per andarsene di l i piedi gli sarebbero stati
indispensabili.
Vide con somma gioia che il coltello era ancora al sicuro
nel fodero della sua cintura. L'esperienza aveva insegnato a
Logen che non si possiedono mai troppi coltelli, e il suo in
particolare era una buona arma. Tanto pi che le prospettive
erano ancora sconfortanti, essendo lui solo in un bosco del
tutto sconosciuto ma brulicante di Testapiatta. La sua unica
speranza era seguire il corso del fiume, dal momento che tut-
ti i fiumi scorrevano verso nord, dalle montagne al mare
freddo, e quindi non avrebbe dovuto fare altro che procedere
verso sud, in senso inverso alla corrente, fino agli Alti Luo-
ghi, dove gli Shanka non lo avrebbero trovato. Era la sua
unica possibilit.
Avrebbe fatto un freddo micidiale lass in questo periodo
dell'anno, pens Logen osservandosi i piedi nudi. La sua
buona sorte aveva voluto che gli Shanka li attaccassero pro-
prio mentre non indossava n gli stivali, sfilati per curarsi le
vesciche, n la giubba, superflua perch stava seduto vicino
al fuoco. Conciato cos, non sarebbe durato nemmeno un
giorno intero sulle montagne; a cominciare da piedi e mani,
che sarebbero diventati neri gi durante la notte, sarebbe
morto congelato un pezzo per volta prima ancora di raggiun-
gere i passi. Sempre che non lo avesse ucciso prima la fame.
Merda, mormor. Doveva tornare all'accampamento,
nella speranza che i Testapiatta se ne fossero andati lascian-
dosi dietro qualcosa, qualunque cosa potesse usare per so-
pravvivere. Molto probabilmente era una speranza vana, ma
doveva tentare, non aveva scelta. Non aveva mai scelta.

Quando Logen ritrov il posto, aveva gi cominciato a


scendere una pioggia sottile che gli incollava i capelli sulla
testa e impediva ai suoi vestiti di asciugarsi. Si nascose die-
tro a un tronco ricoperto di muschio e sbirci l'accampamen-
to con il cuore in gola e la mano destra serrata attorno all'im-
pugnatura scivolosa del coltello con una tale forza da fargli
male.
Vide un cerchio annerito laddove c'era stato il fuoco, qual-
che pezzo di legno bruciacchiato e cenere calpestata tutt'in-
torno. Scorse anche il grosso ciocco su cui stavano seduti
Tretronchi e Dow quando i Testapiatta li avevano attaccati,
oltre a frammenti di equipaggiamento disseminati nella radu-
ra. Cont tre cadaveri di Shanka riversi a terra, uno con una
freccia conficcata nel petto. Tre morti, ma nessun segno di
vita. Che fortuna! Quel tanto che bastava per farlo restare
vivo, come sempre. Ma potevano tornare da un momento al-
l'altro, per cui doveva sbrigarsi.
Usc fuori dal suo nascondiglio e si mise a perlustrare il
terreno. Gli stivali erano ancora dove li aveva lasciati, cos
corse a prenderli e se li infil ai piedi gelati saltellando, sul
punto di scivolare per la fretta. Avvist anche la sua giacca
infilata sotto il ciocco. Era logora e frusta, dopo dieci anni di
guerra e intemperie, piena di strappi e ricuciture, peccato le
mancasse mezza manica. La sua sacca era l accanto, uno
straccio informe buttato nel sottobosco, ma tutto ci che con-
teneva era sparso lungo il pendio. Senza prendere fiato, si ac-
cucci a ficcare di nuovo tutto dentro alla rinfusa: una corda,
la sua vecchia pipa d'argilla, qualche trancio di carne secca,
ago e filo, e una borraccia tutta deformata, in cui c'era ancora
del liquore. Tutta roba buona, tutto utile.
Impigliata a un ramo, c'era anche una coperta sbrindellata,
fradicia e incrostata di fango. Quando Logen la tir via fu
piacevolmente sorpreso di trovarvi sotto, pieno di ammacca-
ture, il suo vecchio tegame rovesciato su un lato. Forse l'ave-
vano preso a calci durante lo scontro ed era finito lontano dal
fuoco. Lo afferr con entrambe le mani, provando un senso
di sicurezza e di familiarit, nonostante fosse rovinato e an-
nerito dopo tanti anni di costante utilizzo. Non sapeva nean-
che lui da quanto tempo ce l'aveva; se l'era portato dietro in
tutte le guerre, per tutto il Nord, ed era sempre stato con lui.
Tutti l'avevano usato per cucinarci e mangiarci durante gli
spostamenti. Forley, Cupo, Mastino, tutti.
Diede un ultimo sguardo all'accampamento e vide gli
stessi tre Shanka morti, ma ancora nessuna traccia dei suoi.
Forse erano riusciti a scappare. Se avesse corso il rischio,
provando a cercarli
No, sussurr. Ci ripens subito. I Testapiatta erano arri-
vati in tanti, anzi, in troppi, e non aveva idea di quanto tem-
po fosse rimasto privo di sensi sulla riva del fiume. Anche se
un paio dei ragazzi erano riusciti a fuggire, gli Shanka li sta-
vano sicuramente braccando nella foresta. Ormai non erano
altro che un mucchio di cadaveri, sparsi per le vallate. L'uni-
ca cosa che Logen poteva fare era raggiungere le montagne
per tentare di salvare la propria misera vita. Anche se fa
male, bisogna essere realisti.
Siamo solo io e te adesso, disse Logen, infilando il te-
game nella sacca che poi si gett su una spalla. Quindi co-
minci a risalire la collina zoppicando pi veloce che poteva.
Verso il fiume, verso le montagne. Solo loro due, lui e il te-
game.
Gli unici sopravvissuti.
3.

Interrogatori

Perch lo faccio?, si chiese per la millesima volta l'Inqui-


sitore Glokta nel percorrere zoppicante il corridoio, le cui pa-
reti lisce non venivano imbiancate da parecchio. In quel luo-
go aleggiava un'atmosfera di decadenza, appesantita dall'o-
dore d'umidit, poich le gallerie si snodavano in profondit
sotto terra e non c'erano finestre, solo lanterne che gettavano
in ogni angolo ombre sinuose.
Perch qualcuno dovrebbe voler fare una cosa del gene-
re? I suoi passi battevano un ritmo regolare sulle mattonelle
sudice del pavimento: prima veniva il clicchettio sicuro del
tacco destro, poi il colpo secco del bastone, e per ultimo l'in-
finito trascinarsi del piede sinistro, che si accompagnava alle
familiari fitte alla caviglia, al ginocchio, alle natiche e alla
schiena. Tacco, bastone, lamento. Questo era il ritmo della
sua andatura.
Di tanto in tanto, lungo le pareti luride e sempre uguali, si
incontravano delle pesanti porte chiodate incorniciate dal
ferro arrugginito, e in un'occasione gli sembr di udire un
grido di dolore attutito provenire da dietro una di queste.
Chiss quale povero sciocco stanno interrogando l
dentro Di che crimine colpevole, o innocente? Quali se-
greti stanno sviscerando, quali menzogne stanno rivelando,
quali tradimenti stanno mettendo a nudo? Ma smise presto
di chiederselo, poich la rampa di scale interruppe i suoi
pensieri.
Se avessero chiesto a Glokta di scegliere una persona a
caso da torturare, avrebbe certamente scelto l'inventore delle
scale. Prima delle sue disgrazie, quando era giovane e ogget-
to di grande ammirazione, non ci faceva nemmeno caso, anzi
scendeva i gradini due a due per poi proseguire tranquilla-
mente sulla propria strada. Ma ora non pi. Sono dovunque.
Senza, non si pu passare da un piano all'altro, e scendere
peggio che salire. Eppure la gente non se ne rende conto.
Normalmente, quando si inciampa salendo, non si ruzzola
fino in fondo.
Conosceva bene quella scala in particolare, quei sedici
gradini scolpiti nella roccia levigata, un po' consunti verso il
centro e velati d'umido, come ogni cosa l sotto. Non c'era
corrimano, n altro a cui appigliarsi. Sedici nemici per una
vera e propria sfida. Aveva impiegato molto tempo per svi-
luppare un metodo di discesa che fosse il meno doloroso
possibile, e alla fine aveva scelto di procedere lateralmente
come un granchio, poggiando prima il bastone, poi il piede
sinistro, infine il destro, mentre l'agonia aumentava quando
scaricava il peso sulla gamba sinistra e si aggiungeva anche
un dolore straziante al collo. Ma perch mi deve far male il
collo quando scendo le scale? Che, lui a reggere tutto il
mio peso? Eh? E tuttavia, la sofferenza era innegabile.
Si ferm a quattro gradini dalla fine assaporando quanto
poco mancasse alla vittoria. La mano gli tremava sul pomo
del bastone e un male furibondo gli tormentava la gamba si-
nistra. Si tocc le gengive con la punta della lingua, l dove
un tempo c'erano stati i denti davanti, e poi, preso un respiro
profondo, fece per poggiare il piede sul gradino successivo.
Solo che la caviglia cedette per il tremendo dolore e gli fece
perdere l'equilibrio, cos privo ormai d'ogni punto d'appog-
gio, si ritrov ad annaspare nel vuoto, con la mente subito ot-
tenebrata dall'orrore e dalla disperazione. Incerto come un
ubriaco, trov il gradino successivo sotto di s, ma poich
non c'erano altri appigli all'infuori delle mura lisce a cui ten-
tava di aggrapparsi con le unghie, si lasci sfuggire un sibilo
di terrore. Stupido bastardo che non sei altro! Il bastone bat-
t pi volte a terra nella caduta, eppure Glokta riusc in un
modo o nell'altro a lasciarsi dietro quegli scalini scivolosi e
ad arrivare in fondo, ancora in piedi per miracolo.
Eccolo. Quel momento orribile, stupendo, infinito che
passa tra quando ti fai male e quando cominci a sentire il
dolore. Quanto tempo ho prima di avvertire le fitte? Quanto
saranno intense quando arriveranno? Con il respiro corto e
la bocca mollemente aperta, sent il formicolio dell'anticipa-
zione. Eccole che arrivano
L'agonia fu inenarrabile, uno spasmo incandescente che
gli attravers tutta la parte sinistra del corpo, dal piede alla
mascella. Con gli occhi strizzati dal dolore, si port istintiva-
mente la mano destra alla bocca e strinse talmente forte da
farsi scrocchiare le nocche; quei pochi denti che gli rimane-
vano presero a digrignare tra loro nella bocca serrata, ma ci
non gli imped di emettere, suo malgrado, un lamento acuto e
spezzato. Sto urlando o ridendo? Come faccio a capire la
differenza? I suoi ansiti pesanti gli fecero uscire delle bolle
di moccio dal naso che gli sporcarono la mano, intanto che
tutto il suo corpo ritorto tremava per lo sforzo di tenersi dirit-
to.
Nondimeno, lo spasmo pass. Glokta si mosse con caute-
la, un pezzo per volta, per rendersi conto del danno: la gam-
ba pareva andargli a fuoco, il piede era addormentato, mentre
il collo gli scrocchiava a ogni movimento, mandandogli delle
piccole, malefiche scosse lungo la spina dorsale. Abbastanza
sopportabile, tutto sommato. Si pieg con grande fatica per
raccogliere il bastone tra due dita, poi si rimise dritto e si
pul il moccio e le lacrime con il dorso della mano. Che emo-
zione! Mi piaciuto? Per tutti gli altri le scale sono un'espe-
rienza banale invece, per me sono un'avventura! Si allontan
claudicante dalla rampa con le labbra atteggiate a una silen-
ziosa risatina, la cui ombra ancora non era svanita quando
giunse di fronte alla porta della sua stanza e si trascin all'in-
terno.
Un ambiente bianco e sudicio, con due porte affacciate
l'una di fronte all'altra, un soffitto troppo basso per sentirsi a
proprio agio e delle lampade che gettavano ovunque un ba-
gliore eccessivo. Oltre all'umidit che rovinava il muro fa-
cendosi strada in un angolo, l'intonaco era disseminato di
sfaldature punteggiate di muffa nera. Qualcuno aveva anche
provato a strofinare via una lunga macchia di sangue da una
parete, ma non si era impegnato abbastanza.
Il Pratico Gelo stava in piedi al capo opposto della stanza,
con le massicce braccia conserte sull'ampio petto, e nel vede-
re Glokta gli rivolse un gelido cenno della testa, a cui l'altro
rispose. Lo spazio tra i due era occupato da un lungo tavolo
di legno imbullonato al pavimento, tutto macchiato e pieno
di graffi, e su una delle due sedie poste ai lati era seduto un
uomo obeso, nudo, con le mani legate saldamente dietro la
schiena, e un sacco marrone di tela sulla testa. Il suo respiro
rapido e smorzato era l'unico suono che si sentiva nella stan-
za e, nonostante il freddo, l'uomo era un bagno di sudore. Lo
credo bene!
Glokta zoppic fino all'altra sedia, poggi con prudenza il
bastone contro il bordo del tavolo e, lentamente, con cautela,
si sedette tra atroci dolori. Allora allung il collo da una par-
te e dall'altra, prima di abbandonarsi in una posizione che gli
desse almeno l'impressione di stare comodo. Se avessero
chiesto a Glokta di scegliere una persona a caso a cui strin-
gere la mano, lui avrebbe senz'altro scelto l'inventore delle
sedie. Ha reso la mia vita quasi sopportabile.
Gelo avanz piano dall'angolo e afferr la lenta estremit
della tela tra l'indice carnoso e il grosso pollice bianco, dopo
di che, a un cenno di Glokta, sollev il sacco di scatto, rive-
lando Salem Rews, accecato dalla forte luce.
Che brutta faccetta da porco malefico! Oh, ma tu sei un
porco malefico, Rews, sei un maiale disgustoso. Scommetto
che sei pronto a confessare in questo istante, che sei dispo-
sto a parlare e parlare senza interruzioni, finch nessuno ne
potr pi. Rews aveva un grosso livido scuro sulla guancia e
un altro sulla mascella, appena sopra il doppio mento. Dopo
che i suoi occhi umidi si furono abituati alla luce, riconobbe
Glokta seduto di fronte a s e il suo volto si riemp all'im-
provviso di speranza. Speranza assai mal riposta.
Glokta, devi aiutarmi!, biascic disperatamente a voce
alta, piegato in avanti per quanto le mani legate glielo per-
mettevano. Sono stato accusato ingiustamente, lo sai, sono
innocente! Sei venuto ad aiutarmi, vero? Tu sei mio amico!
Sei una persona influente qui. Noi due siamo amici, amici!
Potresti dire qualcosa in mia difesa! Sono un uomo innocen-
te, accusato ingiustamente! Sono
Glokta alz una mano per intimargli il silenzio, quindi
scrut per un momento il suo volto familiare, come se non lo
avesse mai visto prima, poi parl a Gelo. Dovrei conoscere
quest'uomo?
L'albino non fiat. La parte inferiore della sua faccia era
nascosta dalla maschera da Pratico, ma neanche la met sco-
perta tradiva alcuna emozione, e i suoi occhi rosa, spenti
come quelli di un cadavere, si limitavano a fissare il prigio-
niero senza battere ciglio, e in verit non si erano mai chiusi
nemmeno una volta da quando Glokta era entrato nella stan-
za. Ma come fa?
Sono io, Rews!, sibil il ciccione, il cui tono di voce
era reso sempre pi stridulo dal panico. Salem Rews, tu mi
conosci, Glokta! Ho combattuto al tuo fianco prima che lo
sai siamo amici! Noi
Glokta alz di nuovo la mano e si poggi sullo schienale,
picchiettandosi con un'unghia uno dei pochi denti che gli ri-
manevano, come fosse assorto in una profonda meditazione.
Rews. Il nome non mi nuovo. Un mercante, un membro
della Gilda dei Merciai. A detta di tutti, un uomo molto ricco.
S, ora ricordo Si chin in avanti facendo una pausa di ef-
fetto, e poi sbott: Era un traditore! stato catturato dall'In-
quisizione e le sue propriet sono state confiscate. Vedete,
aveva cospirato per evitare di pagare le tasse al Re. Rews
rimase a bocca aperta. Le tasse al Re!, ribad sbattendo la
mano sul tavolo. Il grassone lo fiss con gli occhi spalancati,
la lingua che cercava un dente. Lato destro superiore, il se-
condo a partire dal fondo.
Ma che maleducati siamo!, esclam rivolto a nessuno
in particolare. Forse una volta io e voi ci conoscevamo, ma
non penso che voi e il mio assistente vi siate presentati come
si deve. Pratico Gelo, saluta questo grassone.
Il colpo venne sferrato a mano aperta e fu tanto potente da
far cadere Rews dalla sedia, che traball un poco senza tutta-
via rovesciarsi. Come ha fatto? L'ha buttato per terra ma la
sedia rimasta in piedi! Rews croll gorgogliando sul pavi-
mento, con la faccia premuta contro le mattonelle.
Toh! Una balena spiaggiata!, comment Glokta con
aria assente. L'albino prese Rews sotto un braccio e lo rimise
bruscamente a sedere. Bench il sangue gli stillasse da una
ferita sulla guancia, i suoi occhi porcini s'erano fatti pi duri.
Di solito le botte tendono ad ammorbidire le persone, ma ad
alcuni fanno l'effetto inverso. Non avrei mai pensato che
questo fosse un tipo tanto tosto, ma, si sa, la vita piena di
sorprese.
Rews sput del sangue sul ripiano del tavolo. Con questo
hai passato il segno, Glokta, oh s! I Merciai sono una gilda
onorata e molto influente! Non se ne staranno impassibili da-
vanti a un affronto simile! Sono un uomo molto conosciuto,
io! In questo stesso momento, mia moglie star gi presen-
tando una petizione al Re perch mi dia udienza!
Ah, vostra moglie. Glokta sorrise triste. Vostra moglie
una donna bellissima. Bellissima e giovane. Forse un po'
troppo giovane per voi, temo. Ho paura che abbia colto que-
sta occasione per sbarazzarsi di voi, dal momento che si
presentata a noi coi vostri registri. Con tutti i vostri registri.
Rews impallid.
Noi li abbiamo letti, disse indicando una pila immagi-
naria di carte alla sua sinistra, e poi abbiamo letto quelli
della tesoreria, prosegu nell'indicare un'altra pila inesisten-
te alla sua destra. Pensa un po' che sorpresa quando non sia-
mo riusciti a far quadrare i conti! Per non parlare di quelle
visite notturne dei nostri impiegati ai magazzini del quartiere
vecchio, quelle barchette non dichiarate, le mazzette ai fun-
zionari, la documentazione contraffatta. Devo continuare?,
domand, scuotendo la testa con estrema disapprovazione. Il
ciccione inghiott e si umett le labbra.
Il foglio della confessione, dettagliatamente compilato da
Gelo nella sua bella e accurata grafia, venne posato sul tavo-
lo insieme a penna e inchiostro; mancava solo la firma del
colpevole. mio, qui e ora.
Confessate, Rews, sussurr Glokta pacato, ponete una
fine indolore a questa storia incresciosa. Confessate e fate il
nome dei vostri complici. Tanto sappiamo gi chi sono. Sar
pi facile per tutti. Non voglio farvi del male, credetemi, non
ne trarr alcun piacere. Da cosa mai potrei trarne? Con-
fessate. Confessate, e sarete risparmiato. L'esilio nell'An-
gland non poi cos terribile come dicono. La vita riserva
ancora dei piaceri lass, e pensate alla soddisfazione che pu
darvi una giornata di onesto lavoro al servizio del vostro Re!
Confessate! Ma vedendo che Rews teneva lo sguardo fisso
sul pavimento, sempre sfiorandosi il dente con la lingua,
Glokta si appoggi allo schienale e sospir.
Oppure, non confessate, continu, e io posso tornare
coi miei strumenti. Gelo avanz di qualche passo, oscuran-
do con la sua immane ombra il viso del grassone. Cadavere
rinvenuto a galleggiare vicino al molo, vagheggi Glokta,
gonfio d'acqua di mare e vittima di mostruose
mutilazioni cos deforme da non essere pi riconoscibile.
pronto a parlare. grosso e maturo, pronto a scoppiare.
Le ferite sono state inflitte prima o dopo la morte?, chiese
con leggerezza rivolto al soffitto. Il misterioso cadavere era
un uomo o una donna? Scroll le spalle. Chi lo sa
All'improvviso, qualcuno buss forte. Rews gir di scatto
la testa in direzione della porta con il volto animato da una
nuova speranza. Non ora, dannazione! Dopo aver parlottato
con qualcuno attraverso uno spiraglio, Gelo richiuse l'uscio e
si pieg per sussurrare qualcosa all'orecchio dell'Inquisitore.
Feverar. Il Pratico biascicava in modo quasi incom-
prensibile, ma ci non imped all'altro di capire chi c'era fuo-
ri ad aspettarlo.
Di gi? In risposta alla reazione di Glokta, che sorrise e
annu come se avesse ricevuto una buona notizia, l'espressio-
ne di Rews si incup. Com' possibile che un uomo abituato
a fare le cose di nascosto non riesca a dissimulare le proprie
emozioni in questa stanza? Ma lui conosceva la risposta.
dura restare calmi quando si terrorizzati, impotenti e soli,
affidati alla piet di uomini impietosi. Chi potrebbe saperlo
meglio di me? Sospir e, ricorrendo al suo tono di voce pi
annoiato, chiese: Desiderate confessare?
No! L'espressione di sfida era tornata negli occhi porci-
ni del prigioniero, che sostenne lo sguardo di Glokta in silen-
zio, guardingo, mentre risucchiava l'aria dalla bocca. Sor-
prendente. Non me lo aspettavo. Per abbiamo appena co-
minciato.
Quel dente vi d noia, Rews? Glokta sapeva tutto sui
denti, dal momento che la sua bocca era stata oggetto di certi
lavoretti da parte dei migliori sul campo. O dei peggiori, di-
pende dai punti di vista. A quanto pare, ora devo lasciarvi,
ma mentre sar via penser al vostro dente e considerer con
attenzione che cosa farci, disse prima di afferrare il bastone.
Voglio che voi, invece, pensiate a me che penso al vostro
dente. Ah, e riflettete attentamente se firmare la confessione
o meno.
Ci detto, si tir in piedi goffamente scuotendo la gamba
dolorante. Comunque, credo che rispondereste bene a un
pestaggio come si deve, per cui vi lascer in compagnia del
Pratico Gelo per una mezz'ora. A queste parole, la bocca
dello spaurito Rews si schiuse senza emettere suono. L'albi-
no, intanto, afferr la sedia con il grassone sopra e la gir
lentamente verso di s. Gelo il massimo. Non ce ne sono
di migliori per queste cose. Il Pratico tir fuori un paio di
logori guanti di pelle e cominci a infilarseli con tutta calma
sulle grosse mani bianche, un dito per volta. Ma d'altra par-
te, a voi sempre piaciuto avere il meglio, eh, Rews?, con-
cluse mentre si dirigeva alla porta.
Aspetta, Glokta!, grid il prigioniero guardandosi in-
dietro sopra la propria spalla. Aspetta, io
Il Pratico Gelo premette una mano inguantata sulla bocca
del grassone e si port un dito alla maschera. Shhh, disse.
La porta venne richiusa delicatamente.
Severard stava con la schiena appoggiata contro il muro
del corridoio e un ginocchio piegato all'indietro con il piede
sull'intonaco; fischiettava un motivetto stonato mentre si pas-
sava una mano tra i lunghi capelli lisci. Non appena Glokta
comparve, si ricompose all'istante, gli rivolse un piccolo in-
chino, e dai suoi occhi era evidente che stava sorridendo.
Sorride sempre.
Il Superiore Kalyne vuole vedervi, esord nel suo forte
accento da popolano, e penso proprio di non averlo mai vi-
sto pi arrabbiato.
Severard, povero, devi essere terrorizzato. Hai lo scri-
gno?
Ce l'ho.
E hai messo da parte qualcosa per Gelo?
S.
E anche per tua moglie, spero.
Oh, s, rispose Severard, gli occhi pi sorridenti che
mai. Mia moglie, se mai un giorno dovessi sposarmi, non
avr mai di questi problemi.
Bene. Corro a rispondere alla chiamata del Superiore.
Aspetta cinque minuti, poi entra con lo scrigno.
Che faccio, irrompo e basta?
S, e puoi anche sfregiargli la faccia, per quanto mi ri-
guarda.
Consideratelo fatto, Inquisitore.
Glokta annu, fece per andarsene ma poi si volt di nuovo.
Non sfregiarlo veramente, eh, Severard?
Il Pratico sorrise con gli occhi e rinfoder il pugnale dal-
l'aspetto nefasto che aveva appena estratto. Glokta alz gli
occhi al soffitto e si allontan zoppicando, accompagnato
dall'immancabile pulsare della gamba e dai colpi secchi del
bastone sulle mattonelle. Tacco, bastone, lamento. Questo
era il ritmo della sua andatura.

L'ufficio del Superiore era un'ampia stanza dagli arredi


sfarzosi situata ai piani alti del Palazzo degli Interrogatori, in
cui ogni cosa risultava spropositata e ridondante. La parete
ricoperta di pannelli in legno era dominata da un'enorme fi-
nestra dall'intricato cesello, che affacciava sulle curatissime
aiuole del cortile. Il pavimento era in parte occupato da uno
sgargiante tappeto portato da qualche luogo esotico e caldo,
al centro del quale troneggiava, gigantesca, un'elaborata scri-
vania; c'era inoltre un magnifico camino in pietra, in cui ar-
deva un focherello fiacco, proprio sotto la testa impagliata di
una belva feroce, trofeo di caccia portato da qualche luogo
esotico e freddo.
Tuttavia, la mole del Superiore Kalyne rendeva il suo uffi-
cio piccolo e scialbo. L'omone florido, sulla cinquantina ab-
bondante, aveva compensato la scarsit di capelli facendosi
crescere un paio di folte basette ai lati della faccia. Era consi-
derato una presenza intimidatoria persino all'interno dell'In-
quisizione, ma Glokta non si lasciava spaventare pi da nul-
la, ed entrambi lo sapevano.
Anche se dietro la scrivania c'era una grossa poltrona pre-
tenziosa, il Superiore non era seduto, ma camminava inner-
vosito avanti e indietro berciando rimproveri. Glokta sedeva
su una sedia indubbiamente costosa, ma chiaramente ideata
per far stare scomodissimo chiunque la occupasse. Come se
mi cambiasse qualcosa. Io sto sempre scomodo.
Mentre il Superiore sbraitava, lui si dilett nell'immagina-
re la testa di Kalyne montata sul camino al posto di quella
della belva. tale e quale al suo focolare, il grosso idiota:
di dimensioni impressionanti, ma privo di sostanza. Chiss
come reagirebbe a un interrogatorio. Comincerei da quelle
ridicole basette. Il volto di Glokta, per, ostentava soltanto
attenzione e rispetto.
Hai passato il segno questa volta, storpio scellerato che
non sei altro! Quando i Merciai verranno a sapere di questa
storia, ti vorranno scuoiare vivo!
Oh, l'ho provato una volta, fa il solletico. Maledizione,
tieni chiusa quella bocca e sorridi. Ma dov' quello scemo di
Severard col suo eterno fischiettare? Lo far scuoiare vivo
quando esco di qui.
Oh, certo, bene, molto bene, Glokta! Guardami, sto mo-
rendo dalle risate! Evasione delle tasse reali?! Il Superiore
abbass lo sguardo torvo su di lui, mentre le sue basette si
muovevano impazzite. Le tasse reali?!, ripet sputacchian-
do. Tutti evadono le tasse! I Merciai, gli Speziali, tutti!
Ogni dannato idiota con una barca lo fa!
Ma in questo caso era troppo evidente, Superiore. Ci sta-
va insultando. Ho sentito di dover
Hai sentito? Kalyne era rosso in viso e vibrante di rab-
bia. Ti stato esplicitamente detto di lasciar stare i Merciai,
gli Speziali e tutte le dannate gilde! Prese a camminare
avanti e indietro con rapidit ancora maggiore. Di questo
passo, finirai con il consumare il tappeto e poi le grandi gil-
de dovranno comprartene uno nuovo.
Qualsiasi cosa tu abbia sentito, Rews verr rilasciato e se
ne torner a casa sua. Allora, l'unica cosa che sentirai di do-
ver fare porgere le tue servili scuse! Questa una maledetta
disgrazia! Mi hai fatto fare la figura dell'idiota! Dov' ades-
so?
L'ho lasciato in compagnia del Pratico Gelo.
Quell'animale biascicante?! Il Superiore si mise le mani
tra i capelli per la disperazione. Ecco, ci siamo scavati la
fossa da soli. Ne uscir a pezzi! Non possiamo liberarlo in
quelle condizioni! Sei un uomo finito qui, Glokta! Finito!
Me ne vado diritto dall'Arcilettore! Immediatamente!
All'improvviso, l'enorme porta venne spalancata con un
calcio, e Severard fece il suo ingresso con aria noncurante,
portando in mano uno scrigno di legno. Era ora! Il Superiore
lo fiss con gli occhi spalancati, la bocca aperta, e muto per
la rabbia. La scatola tintinnante fu lasciata cadere sulla scri-
vania con un tonfo.
Che diavolo significa Severard apr il coperchio e al-
lora Kalyne vide il denaro. Tutte quelle bellissime monete. Il
Superiore smise d'un tratto di urlare, incapace di proferire al-
tro, e assunse un'espressione prima sorpresa, poi sconcertata
e infine diffidente. Si sedette lentamente con le labbra con-
tratte.
Grazie, Pratico Severard, disse Glokta. Puoi andare.
Intanto che l'uomo usciva con tutta calma dalla stanza, il Su-
periore prese ad accarezzarsi pensoso le basette, mentre il
suo volto riacquistava gradualmente un normale colorito ro-
sato. Confiscato a Rews. di propriet della Corona ades-
so, ovviamente. Ho pensato di doverlo dare a voi, come mio
diretto superiore, affinch lo consegniate alla Tesoreria. O
ti ci compri una scrivania pi grande, sanguisuga che non
sei altro.
Glokta si chin in avanti, poggiando le mani sulle ginoc-
chia. Potremmo giustificarci dicendo che Rews si era spinto
un po' troppo in l, che gli abbiamo rivolto delle domande,
che si doveva dare un esempio. Non possiamo mostrarci in-
differenti, dopotutto. Le grandi gilde si spaventeranno e ri-
gheranno dritto per un po'. Gi, cos tu potrai estorcere da
loro pi denaro. O potrete sempre dir loro che io sono uno
storpio scellerato e che la colpa tutta mia.
Bench il Superiore cercasse di non darlo a vedere, questa
storia stava cominciando a piacergli, tant' che persino le ba-
sette gli fremevano alla vista di tutte quelle monete, e Glokta
se ne era accorto. D'accordo, d'accordo. Molto bene. Si
protese a richiudere con delicatezza il coperchio dello scri-
gno. Ma se ti venisse in mente di ripetere un gesto simile,
fammi il favore di parlane prima con me. Non mi piacciono
le sorprese.
Glokta si rimise in piedi con sommo sforzo e si avvi
zoppicando verso la porta. Ah, un'ultima cosa! L'Inquisito-
re si volt rigidamente e vide che Kalyne lo stava guardando
in modo serio da sotto le folte sopracciglia. Quando andr
dai Merciai, dovr presentare la confessione di Rews.
Glokta esib il suo ampio sorriso sdentato. Questo non
sar un problema, Superiore.

Kalyne aveva ragione. Rews non sarebbe mai potuto tor-


nare a casa in quelle condizioni, con le labbra spaccate e san-
guinanti, i fianchi ricoperti di lividi che cominciavano a scu-
rirsi, la testa che ciondolava da una parte e la faccia talmente
gonfia che quasi non lo si riconosceva pi. Insomma, ha l'a-
ria di uno che sta per confessare.
Immagino che l'ultima mezz'ora sia stata difficile per
voi, eh? Anzi, stata un vero incubo, non cos? Pu darsi
sia stata addirittura la mezz'ora peggiore della vostra vita.
Ma penso a quello che abbiamo in serbo per voi, e la triste
realt che andr sempre peggio. Volete o non volete sem-
pre il meglio? Glokta si pieg verso di lui, fino ad arrivare a
pochi pollici dalla poltiglia sanguinolenta a cui era ridotto il
naso del prigioniero. Il Pratico Gelo una bambinetta ri-
spetto a me, sussurr. come un gattino. Quando avr co-
minciato io, ricorderete questi momenti con nostalgia. Mi
implorerete di darvi un'altra mezz'ora con il Pratico. Mi capi-
te? Rews non emise suono, a parte il sibilo che gli usciva
dal naso rotto.
Fagli vedere gli strumenti, mormor Glokta rivolto al
pratico.
Gelo si fece avanti e apr la cassetta lucida con un gesto
teatrale. Si trattava di un capolavoro di artigianato. Mentre il
coperchio girava sui cardini, le numerose scansie all'interno
si sollevarono aprendosi a ventaglio, per svelare gli strumen-
ti di Glokta in tutto il loro raccapricciante splendore. C'erano
lame di tutte le forme e dimensioni, aghi ricurvi e non, botti-
gliette di oli e acidi, chiodi e viti, morse e pinze, seghe, mar-
telli e scalpelli, il cui metallo, o legno, o vetro scintillavano
di un bagliore letale alla luce brillante delle lampade. Rews
aveva l'occhio sinistro chiuso da un grosso ematoma viola-
ceo, ma l'altro occhio si spostava rapido da uno strumento al-
l'altro, terrorizzato e affascinato allo stesso tempo. Le funzio-
ni di alcuni strumenti erano orribilmente ovvie, mentre quel-
le di certi altri erano orribilmente oscure. Chiss quale lo
spaventa di pi
Stavamo parlando del vostro dente, se non sbaglio,
mormor Glokta. L'occhio di Rews si lev di scatto su di lui.
Oppure preferite confessare? Ce l'ho in pugno. quasi
mio. Confessa, confessa, confessa, confessa
Ma qualcuno buss energicamente alla porta. Dannazio-
ne, un'altra volta! Di nuovo, Gelo apr uno spiraglio e scam-
bi pochi bisbigli con la persona dall'altra parte. Rews, intan-
to, si leccava le labbra gonfie. Dopo aver richiuso la porta,
l'albino si pieg a sussurrare qualcosa all'orecchio del suo su-
periore.
l'Arfilettore. Glokta raggel. Il denaro non bastato.
Mentre mi trascinavo qui dal suo ufficio, quel vecchio ba-
stardo di Kalyne andato a farmi rapporto dall'Arcilettore.
Dunque, sono davvero un uomo finito? Sent un brivido col-
pevole al solo pensiero. Ebbene, prima mi occuper di que-
sto maiale obeso.
Di' a Severard che vado subito. Detto questo, ritorn a
concentrarsi sul prigioniero, ma Gelo gli pos una grossa
mano bianca sulla spalla e, indicando la porta, aggiunse:
No. L'Arfilettore. Qui. Ora.
Qui? Una palpebra cominci a fremergli. Perch? Si tir
in piedi appoggiandosi al bordo del tavolo. Mi ritroveranno
nel canale domattina? Morto e gonfio, cos deforme da non
essere pi riconoscibile? Eppure, l'unica emozione che pro-
vava all'idea era un senso di sollievo. Niente pi scale.
L'Arcilettore dell'Inquisizione di Sua Maest lo stava
aspettando in corridoio, appena fuori dalla porta. Le mura lu-
ride sembravano quasi marroni a confronto con la brillantez-
za immacolata della sua veste nivea, dei guanti candidi e del-
la sua selva di capelli bianchi. Nonostante avesse passato i
sessant'anni, non mostrava nessuna delle infermit della vec-
chiaia, e ogni spanna della sua persona alta, ben rasata ed
esile d'ossatura mostrava i dettagli di un abbigliamento im-
peccabile. Ha l'aspetto di un uomo che nella vita non mai
stato colto di sorpresa da qualcosa.
Si erano gi incontrati una volta, quando Glokta era entra-
to nell'Inquisizione sei anni prima, e da allora l'altro non era
cambiato di una virgola. L'Arcilettore Sult era uno degli uo-
mini pi potenti dell'Unione. Uno degli uomini pi potenti
del mondo, se per questo. Alle sue spalle, simili a ombre
gigantesche, torreggiavano due enormi e silenziosi Pratici
con le maschere nere.
L'Arcilettore fece un debole sorriso quando vide Glokta
arrancare fuori dalla porta. Un sorriso che esprimeva molte
cose. Lieve sdegno, lieve piet, lieve sfumatura di minaccia.
Tutto tranne genuina contentezza. Inquisitore Glokta,
esord, porgendogli la mano bianca con il palmo rivolto al-
l'ingi in modo da mostrare un anello con un'enorme gemma
viola che gli scintillava su un dito.
Servo e obbedisco, Vostra Eminenza. Glokta non pot
evitare di fare una smorfia di dolore nell'abbassarsi lenta-
mente a posare le labbra sull'anello, con un movimento diffi-
cile e doloroso che parve durare per sempre; e quando final-
mente si rimise diritto, vide Sult che lo guardava con espres-
sione calma attraverso i freddi occhi azzurri. Con quello
sguardo lasci intendere di aver gi capito tutto di Glokta e
di non esserne affatto impressionato.
Vieni con me. L'Arcilettore si volt e si avvi leggiadro
lungo il corridoio, seguito dallo zoppicare di Glokta e dai
Pratici, che marciavano silenziosi dietro di loro. Sult si muo-
veva con una sicurezza languida e spontanea, con gli orli
della veste che fluttuavano aggraziati accompagnando i suoi
passi. Bastardo. Ben presto, giunsero di fronte a una porta in
tutto simile a quella di Glokta. L'Arcilettore la apr con una
chiave e poi entr nella stanza, mentre i Pratici presero posi-
zione a braccia conserte su entrambi i lati dell'ingresso. Col-
loquio privato, dunque. Colloquio dal quale, forse, non tor-
ner mai pi. Oltrepass la soglia.
Una camera dall'intonaco bianco, sudicia, troppo illumi-
nata e con un soffitto troppo basso per potersi sentire a pro-
prio agio. Presentava una grossa crepa al posto della macchia
d'umidit ma, a parte questo, era identica alla stanza di Glok-
ta. C'erano il tavolo graffiato, le sediacce e persino la mac-
chia di sangue che non era stata rimossa a dovere. Chiss
che non le dipingano apposta per creare un certo effetto
Uno dei Pratici sbatt la porta di proposito, nella speranza
che il tonfo lo facesse sobbalzare dallo spavento, ma Glokta
aveva ben altri pensieri.
Dopo che si fu seduto con eleganza su una delle sedie,
l'Arcilettore Sult attir verso di s un pesante fascio di carte
ingiallite gi posato sul tavolo, quindi fece segno a Glokta di
sedersi sull'altra sedia, quella di solito riservata al prigionie-
ro. Non gli sfuggirono le implicazioni di quel gesto.
Preferisco restare in piedi, Vostra Eminenza.
Sult gli sorrise coi suoi deliziosi denti appuntiti, bianchi e
brillanti. No, non vero.
Non ha tutti i torti, ammise Glokta tra s e s, dunque si
adagi impacciato sulla sedia del prigioniero. L'Arcilettore,
intanto, volt la prima pagina della pila di documenti, ag-
grott la fronte e scosse la testa pian piano, come se fosse
tremendamente deluso da ci che stava leggendo. Sono forse
i dettagli della mia illustre carriera?
Ho ricevuto una visita del Superiore Kalyne poco fa. Era
molto arrabbiato. I duri occhi azzurri di Sult si levarono
dalle carte. Arrabbiato con te, Glokta. stato piuttosto
esplicito al riguardo. Mi ha riferito che sei diventato una mi-
naccia incontrollabile, che agisci senza pensare alle conse-
guenze e che non sei altro che uno storpio scellerato. Ha
chiesto che tu venga rimosso dal suo dipartimento. L'Arci-
lettore gli riserv un sorriso maligno, freddo, identico a quel-
lo che Glokta rivolgeva di solito ai suoi prigionieri. Solo con
pi denti. Credo che intendesse farti rimuovere perma-
nentemente. I due si fissarono dai lati opposti del tavolo.
questo il momento in cui devo implorare piet? In cui
devo mettermi a strisciare per terra per baciarti i piedi?
Beh, alla mia vita non ci tengo abbastanza per implorare, e
sono troppo storpio per mettermi a strisciare. I tuoi Pratici
dovranno uccidermi da seduto: tagliarmi la gola, spaccarmi
la testa Qualsiasi cosa, purch si diano una mossa.
Ma Sult non sembrava avere fretta. Le mani avvolte dai
guanti bianchi si spostavano con precisione sulle pagine, che
frusciavano sotto il suo tocco. Abbiamo pochi uomini come
te nell'Inquisizione, Glokta. Tu sei un nobile, nato da una fa-
miglia eccellente. Maestro di spada, elegante ufficiale di ca-
valleria. Un uomo che una volta era destinato alle vette pi
alte. Sult lo guard dall'alto in basso come se non credesse
alle sue stesse parole.
Questo era prima della guerra, Arcilettore.
Ovviamente. La tua cattura suscit molta costernazione,
ma poche speranze di vederti tornare vivo. La guerra prose-
gu, i mesi passarono, e quelle poche speranze si ridussero a
nulla. Eppure, quando firmammo il trattato, tra i prigionieri
restituiti all'Unione c'eri anche tu, ricord, scrutandolo con
gli occhi socchiusi. Parlasti, allora?
Glokta non riusc a trattenersi e scoppi in una risata stri-
dula che riecheggi in modo strano nella stanza gelida, es-
sendo un suono che non si sentiva spesso laggi. Se parlai?!
S, parlai finch non mi si secc la gola. Dissi loro tutto quel-
lo che mi venne in mente e rivelai gridando tutti i segreti di
cui ero a conoscenza. Sempre balbettando come un buffone.
E quando terminai le cose da dire, cominciai a inventare. Mi
pisciai sotto e piansi come una ragazzina. Tutti lo fanno.
Ma non tutti sopravvivono. Due anni nelle prigioni del-
l'Imperatore. Nessun altro ha resistito tanto a lungo. I medici
erano sicuri che non saresti stato mai pi in grado di alzarti
dal letto, invece un anno dopo facesti richiesta per entrare
nell'Inquisizione. Queste sono cose che sappiamo entrambi.
D'accordo. Ma che vuoi da me, perch non arrivi al punto?
Suppongo che certi uomini adorino il suono della propria
voce.
Sapevo che ti avevano reso storpio, che ti avevano spez-
zato, che non ti saresti mai ripreso e che non avremmo pi
potuto riporre in te la nostra fiducia. Ma io volli darti una
possibilit. Vedi, ogni anno, al Torneo, qualche idiota si fa
notare per le sue doti, e anche le guerre creano soldati molto
promettenti, ma la tua impresa nel sopravvivere durante quei
due anni stata unica. Cos, ti mandammo al Nord e ti affi-
dammo il comando di una delle nostre cave. Come ti trovasti
nell'Angland?
Era una lurida cloaca di violenza e corruzione. Una pri-
gione in cui abbiamo reso schiavi sia i colpevoli che gli in-
nocenti, senza fare differenza, in nome della libert. Un
buco puzzolente dove mandiamo quelli che odiamo e quelli
di cui ci vergogniamo, per farli morire di stenti o per il duro
lavoro. Faceva freddo, rispose Glokta.
Gi, anche tu eri un tipo freddo. Ti facesti pochi amici
nell'Angland, pochi preziosissimi nell'Inquisizione, e nean-
che uno tra gli esiliati. Estrasse dalle carte una lettera ridot-
ta a brandelli e la vision con sguardo critico. Il Superiore
Goyle mi disse che eri uno stoccafisso, che in te non c'era
una goccia di sangue caldo. Sostenne che non saresti mai ar-
rivato a niente e che non sapeva che farsene di te. Goyle.
Bastardo d'un macellaio. Preferisco non avere una goccia di
sangue caldo, che non avere un briciolo di cervello.
Ma dopo tre anni, la produzione era alle stelle, anzi, rad-
doppi. Quindi, ti feci riportare qui ad Adua per lavorare al
servizio del Superiore Kalyne, nella speranza che almeno
con lui potessi imparare un po' di disciplina ma, a quanto
pare, mi sbagliavo. Ti ostini a fare di testa tua. L'Arcilettore
lo guard accigliato. Ad essere onesti, credo che Kalyne ab-
bia paura di te. Beh, tutti ne hanno. A nessuno piacciono la
tua arroganza, i tuoi metodi, le tue idee particolari su come
svolgere il nostro lavoro.
Voi che ne pensate, Arcilettore?
Con sincerit? Neanche a me piacciono tanto i tuoi me-
todi, e dubito che la tua arroganza sia del tutto motivata, per
mi piacciono i tuoi risultati. Mi piacciono molto. Chiuse di
scatto il fascio di fogli e vi poggi una mano sopra, sporgen-
dosi sul tavolo per avvicinarsi a lui. Proprio come faccio io
coi miei prigionieri quando chiedo loro di confessare. Ho
un compito da assegnarti, per il quale potrai impiegare me-
glio il tuo talento, che non per correre dietro a insignificanti
contrabbandieri. Si tratta di una cosa che ti aiuter a redimer-
ti agli occhi dell'Inquisizione. L'Arcilettore fece una lunga
pausa. Voglio che arresti Sepp dan Teufel.
Glokta aggrott la fronte. Teufel? Il Reggente della Zec-
ca, Vostra Eminenza?
Esatto.
Il Reggente della Zecca Reale. Un uomo importante, di
un'importante famiglia. Un pesce molto grosso per il mio
piccolo acquario, con amicizie potenti. Potrebbe essere peri-
coloso, o addirittura fatale, arrestare un uomo del genere.
Posso chiedere perch?
No, non puoi. Lascia che sia io a preoccuparmi dei per-
ch. Tu concentrati sull'ottenere una confessione.
Una confessione per quale colpa, Arcilettore?
Beh, per corruzione e alto tradimento! Pare che il nostro
amico, il Reggente della Zecca, sia stato assai indiscreto nel
condurre certi affari personali. Sembra che abbia accettato
delle tangenti, cospirando con la Gilda dei Merciai per de-
fraudare il Re. In questo senso, sarebbe estremamente utile
se un Merciaio di alto rango facesse il suo nome a proposito
di un qualche sfortunato collegamento.
Non pu essere una coincidenza che proprio in questo
momento io tenga prigioniero un Merciaio d'alto rango nella
mia stanza degli interrogatori. Glokta alz le spalle. Quan-
do la gente comincia a parlare, sconvolgente sentire quanti
nomi saltino fuori.
Bene. L'Arcilettore agit la mano. Puoi andare, Inqui-
sitore. Torner per la confessione di Teufel domani a quest'o-
ra. meglio che tu me la faccia avere.
Glokta respirava lentamente nell'arrancare lungo il corri-
doio. Inspira, espira. Calmo. Non si aspettava di lasciare
vivo quella stanza. E ora mi ritrovo catapultato in un circolo
di potenti col compito assegnatomi dall'Arcilettore in perso-
na di estorcere una confessione per alto tradimento da uno
dei pi fidati funzionari dell'Unione. Un circolo di uomini
potentissimi, gi, ma per quanto ancora? E perch io? Per i
miei risultati?
O perch nessuno sentirebbe la mia mancanza?

Le mie pi sincere scuse per queste continue interruzio-


ni, ma vedete, qui come un bordello, con questo andirivie-
ni. Rews curv le labbra spaccate e gonfie in un sorriso tri-
ste. Sorride in un momento simile! un portento! Ma adesso
basta. Siamo onesti, Rews. Nessuno verr ad aiutarvi. N
oggi, n domani, n mai. Confesserete. Potete scegliere sol-
tanto quando e in che condizioni farlo. Non ci guadagnerete
un bel niente a rimandare, a parte altro dolore. Di quello, per
voi, ne abbiamo a volont.
Con tutto quel sangue non era facile leggere l'espressione
sul suo volto, ma il prigioniero afflosci le spalle, comuni-
cando un chiaro segnale di resa; quindi, con mano tremante,
intinse la penna nell'inchiostro e scrisse il suo nome un po' di
sghembo sul fondo del foglio. Ho vinto di nuovo. La gamba
mi fa meno male per questo? I miei denti sono forse ricre-
sciuti? Mi fa sentire meglio aver distrutto quest'uomo che
una volta chiamavo amico? Allora, perch lo faccio? Il grat-
tare del pennino sul foglio fu l'unica risposta che ottenne.
Eccellente, disse Glokta, poi il Pratico Gelo volt il do-
cumento. E questa la lista dei tuoi complici?, chiese nel
leggere pigramente l'elenco dei nomi. Una manciata di Mer-
ciai minori, tre capitani di navi, un funzionario della guar-
dia cittadina, un paio di piccoli funzionari della dogana.
Che noiosa lista della spesa! Vediamo di infilarci qualcosa
di pi piccante. Glokta capovolse il foglio e lo spinse sul ta-
volo verso Rews. Aggiungi anche il nome di Sepp dan Teu-
fel.
Il ciccione parve confuso. Il Reggente della Zecca? bia-
scic tra le labbra ispessite.
Proprio lui.
Ma io non l'ho neanche mai incontrato.
E con questo? ribatt Glokta. Fate come vi dico. Ve-
dendo che Rews indugiava con la bocca appena schiusa, ag-
giunse: Scrivi, ciccione di un maiale. Il Pratico Gelo si
scrocchi le dita.
Rews si lecc le labbra e scrisse mormorando tra s e s:
Sepp dan Teufel.
Eccellente. Glokta chiuse il coperchio della cassetta che
conteneva i suoi orribili, bellissimi strumenti. Sono conten-
to sia per voi che per me che oggi non avremo bisogno di
questi.
Gelo serr le catene ai polsi del prigioniero, prima di ti-
rarlo in piedi e spintonarlo verso la porta in fondo alla stan-
za. E adesso?, grid Rews guardandosi indietro.
Angland, Rews, Angland. Non scordatevi di mettere nel-
la sacca qualche indumento caldo. La porta si richiuse die-
tro di lui e Glokta rimase solo a rileggere la lista tra le sue
mani, dove ora figurava anche il nome di Sepp dan Teufel.
Un nome, uno solo, non cos diverso dagli altri. Teufel. Solo
un nome in pi, ma molto pericoloso.
Severard lo stava aspettando fuori in corridoio, con il suo
immancabile sorriso. Devo buttare il grassone nel canale?
No, Severard. Mettilo sulla prossima nave diretta nel-
l'Angland.
Oggi siete di umore caritatevole, Inquisitore.
Glokta sbuff. Se lo fossi, lo butterei nel canale. Quel
maiale non durer nemmeno sei mesi al Nord. Dimentichia-
molo. Dobbiamo arrestare Sepp dan Teufel questa sera stes-
sa.
Severard inarc le sopracciglia. Il Reggente della
Zecca?
E chi altri, se no? Su ordine espresso di Sua Eminenza
l'Arcilettore. Pare abbia accettato mazzette dai Merciai.
Oh, vergogna.
Ci muoveremo non appena fa buio. Di' a Gelo di tenersi
pronto.
L'esile Pratico annu, facendo oscillare i lunghi capelli.
Glokta si gir e prese a zoppicare lungo il corridoio, con il
bastone che dava colpetti sulle mattonelle luride e la gamba
sinistra in fiamme.
Perch lo faccio?, si chiese ancora.
Perch lo faccio?
4.

Non davvero una scelta

Logen si svegli con un doloroso sobbalzo. Giaceva in


modo scomposto, con il collo ritorto contro qualcosa di duro
e le ginocchia raccolte al petto. Schiudendo appena gli occhi
annebbiati, vide nel buio il bagliore diffuso della luce che fil-
trava fiocamente attraverso la neve.
Fu assalito dal panico quando ricord dove si trovava e
che aveva ammucchiato un po' di neve all'entrata della minu-
scola grotta per cercare di trattenere all'interno quel minimo
di calore, perch ora l'ingresso era del tutto ostruito. Proba-
bilmente aveva nevicato durante la notte e l fuori potevano
esserci cumuli alti quanto un uomo, se la nevicata era stata
forte. Poteva rimanere bloccato l dentro per sempre. Aveva
scalato le montagne solo per venirsene a morire in un buco
nella roccia in cui non riusciva neanche a stendere le gambe?
Riuscito in qualche modo a rivoltarsi nell'angusto spazio,
cominci a scavare la neve con le mani intorpidite, lottando
per aprirsi un varco, imprecando senza fiato tra s e s. Al-
l'improvviso, un fascio di luce accecante flu all'interno, cos
Logen tolse quella poca neve che ancora bloccava l'uscita e
si trascin in ginocchio all'aria aperta.
Il cielo era di un azzurro brillante e il sole ardeva glorioso
in alto. Logen sollev il viso, chiuse gli occhi brucianti e si
lasci avvolgere dalla luce. L'aria era talmente fredda che
sembrava graffiargli la gola. Aveva la bocca secca come la
polvere e la lingua come un tocco di legno informe. Raccolse
una manciata di neve e se la ficc in bocca, in attesa che si
sciogliesse per poterla bere, anche se era cos gelida da fargli
venire il mal di testa.
Si sentiva un tanfo di morte nell'aria, ma non era solo l'o-
dore acido e stantio del suo sudore, che pure puzzava terri-
bilmente, bens la coperta che cominciava a marcire. Ne ave-
va strappati vari pezzi per legarseli attorno ai polsi con uno
spago a mo' di guanti, un altro gli avvolgeva la testa come se
fosse un cappello sporco e maleodorante, altri due fungevano
da imbottitura per gli stivali, e lo straccio rimanente se l'era
avvolto a pi strati attorno al corpo, sotto la giubba. Emana-
vano un fetore nauseabondo, ma gli avevano salvato la vita
durante la notte, e questo per Logen era un buon compro-
messo. Il tanfo sarebbe dovuto aumentare parecchio, prima
di convincerlo a liberarsi della coperta.
Si rimise in piedi a fatica e si guard intorno. La stretta
valle, conchiusa da pareti scoscese e soffocata dalla neve, era
sovrastata da tre grandi picchi, tre mucchi innevati di roccia
grigio scuro che si stagliavano contro l'azzurro del cielo. Li
conosceva bene, erano suoi vecchi amici, in effetti gli unici
che gli fossero rimasti. Si trovava sugli Alti Luoghi, sul tetto
del mondo, ed era salvo.
Salvo, si disse con voce roca, ma senza gioia. Salvo dal
cibo, e salvo anche dal calore, questo era poco ma sicuro.
Non c'era pericolo di incontrare due nemici del genere lass.
Era sfuggito agli Shanka, ma questo posto era abitato solo
dai morti, e se non si fosse sbrigato ad andarsene li avrebbe
raggiunti presto.
Per l'appunto, adesso aveva una fame da lupi e nello sto-
maco sentiva una voragine senza fondo, che lo chiamava gri-
dandogli il proprio dolore. Logen frug nella sacca in cerca
dell'ultimo trancio di carne, che ormai era solo un boccone
vecchio, marrone e unticcio, simile a un rametto secco. Non
gli avrebbe certo riempito lo stomaco, ma non aveva altro,
quindi lo azzann. Era duro come la pelle di un vecchio sti-
vale, tanto che dovette mandarlo gi assieme a un po' di
neve.
Si scherm gli occhi con un braccio e guard a nord lungo
la valle, lungo la strada da cui era arrivato il giorno prima. Il
terreno digradava a poco a poco, la neve e la roccia lasciava-
no spazio alle alture coperte di pini, poi gli alberi andavano
diradandosi fino a cedere il passo a una striscia irregolare di
terreno da pascolo; infine, oltre le colline erbose, c'era il
mare, una linea luccicante all'ultimo orizzonte. Casa. Logen
si sent male al solo pensarci.
Casa. La sua famiglia era l. Suo padre, saggio e forte, un
uomo buono e un buon capo per il suo popolo, e poi sua mo-
glie, i suoi figli erano una bella famiglia. Si sarebbero me-
ritati un figlio, un marito, un padre migliore. Anche i suoi
amici erano l, sia quelli vecchi che quelli nuovi. Quanto
avrebbe voluto rivederli tutti! Sarebbe stato bellissimo. Poter
parlare con suo padre nella lunga sala, giocare coi suoi bam-
bini, sedere con sua moglie sulla riva del fiume, discutere di
tattiche con Tretronchi, cacciare assieme a Mastino nelle val-
late d'altura, tuffarsi nella foresta con una lancia in mano, ri-
dendo come un matto.
Lo colse un'improvvisa, angosciosa nostalgia, che quasi lo
soffoc con il dolore di quelle perdite. Il guaio era che erano
tutti morti. La sala era ormai ridotta a un anello di schegge
annerite, il fiume a una fogna. Non avrebbe mai dimenticato
il momento in cui era arrivato in cima alla collina e aveva vi-
sto le rovine bruciate nella valle sottostante, a quando si era
messo a strisciare sulla cenere in cerca delle tracce di possi-
bili sopravvissuti, mentre Mastino lo tirava per una spalla,
dicendogli di lasciar perdere. Aveva trovato solo cadaveri
imputriditi, irriconoscibili, e allora aveva smesso di andare in
cerca di segni. Erano tutti morti, uccisi dagli Shanka, che
non lasciavano mai superstiti. Sput sulla neve un grumo di
saliva marrone per via della carne secca che aveva appena
mangiato. Morti, congelati e marci, oppure inceneriti dalle
fiamme. Erano tutti tornati alla terra, ormai.
Logen strinse la mascella e serr i pugni dentro i brandelli
ammuffiti della coperta. Sarebbe potuto tornare alle rovine
del villaggio vicino al mare, solo un'ultima volta, e partire
alla carica con un ruggito di battaglia in gola, proprio come
aveva fatto a Carleon, quando aveva perso un dito e si era
guadagnato il suo Nome; avrebbe potuto far fuori qualche
Shanka, squartarlo come aveva squartato Shama Senzacuore,
dalla spalla al ventre, fino a tirargli fuori le budella. Tutto per
vendicare suo padre, sua moglie, i suoi figli e i suoi amici.
Sarebbe stata una fine degna per uno che chiamavano Nove-
dita il Sanguinario. Morire uccidendo, una canzone che sa-
rebbe valsa la pena cantare.
Ma a Carleon era giovane e forte, e aveva i suoi amici ad
appoggiarlo, mentre ora era debole, affamato, solo al mondo.
Aveva ucciso Shama Senzacuore con una spada lunga e affi-
latissima, ma con il suo coltello, per quanto buono, avrebbe
riscosso ben poca vendetta. E poi, chi avrebbe cantato quelle
gesta? Oltre ad avere voci troppo brutte per cantare, gli
Shanka avevano una pessima immaginazione, sempre che
avessero riconosciuto quel fetido mendicante con la coperta,
dopo averlo riempito di frecce. Forse la vendetta poteva
aspettare, almeno fino al momento in cui non avesse avuto
una lama pi grande. Bisogna essere realisti, in fondo.
A sud, allora, per diventare un vagabondo. C'era sempre
lavoro per un uomo con le sue doti, magari duro, e sporco,
ma pur sempre lavoro. Doveva ammettere che lo allettava la
prospettiva di non avere nessun altro che dipendesse da lui,
non dover dare un peso alle sue decisioni, non dover sceglie-
re sempre se uccidere o risparmiare una vita. A sud aveva dei
nemici, era un dato di fatto, ma Novedita il Sanguinario di
nemici ne aveva sistemati parecchi.
Sput di nuovo. Ora che la saliva gli era tornata, tanto va-
leva impiegarla nel modo migliore e d'altronde non aveva al-
tro che sputi, un vecchio tegame e qualche fetido pezzo di
coperta. Morire a nord o sopravvivere a sud, il nocciolo della
questione era questo, e non era davvero una scelta.
Si deve andare avanti, come aveva sempre fatto, perch se
sopravvivi il tuo compito questo, anche se meritavi di mo-
rire. Ricordi i morti meglio che puoi, dici qualche parola in
loro memoria, ma poi devi andare avanti, nella speranza di
trovare qualcosa di meglio.
Logen prese un lungo respiro gelato e butt fuori tutta l'a-
ria. Addio, amici miei, mormor. Addio. Quindi si gett
la sacca su una spalla, si volt e cominci ad arrancare nella
neve alta. A valle, verso sud, lontano dalle montagne.

Cadeva ancora una pioggia leggera. La fredda rugiada che


ricopriva ogni cosa si raccoglieva a poco a poco sui rami,
sulle foglie e sugli aghi di pino, per poi precipitare in grosse
gocce sui vestiti gi fradici di Logen, inzuppandolo fino alle
ossa.
Si accovacci nel sottobosco umido e rimase immobile, in
assoluto silenzio, mentre l'acqua gli scorreva lungo il viso e
scivolava sulla lama luccicante del coltello. Attorno a lui
sentiva solo il grande movimento della foresta, coi suoi innu-
merevoli suoni: gli infiniti zampettii degli insetti, il cieco tra-
mestio delle talpe, il timido fruscio del cervo, il lento pulsare
della linfa dentro gli antichi tronchi. Tutte le creature viventi
della foresta andavano in cerca del proprio cibo, e lui non fa-
ceva eccezione. Lasci che la sua mente si concentrasse su
un animale vicino, che si stava muovendo cautamente tra le
fronde alla sua destra. Delizioso. La foresta divenne d'un
tratto silenziosa, a parte l'interminabile gocciolare dell'acqua
dai rami. Tutto il mondo adesso girava attorno a Logen e al
suo prossimo pasto.
Quando lo giudic abbastanza vicino, balz allo scoperto
sull'animale e lo atterr nel fango. Il giovane cervo scalciava,
si dimenava, ma Logen affond fulmineo la lama nel collo
della bestia, fino a recidergli la gola, e subito il sangue bol-
lente si rivers a fiotti dallo squarcio, scorrendo sulle sue
mani e intridendo la terra gi bagnata.
Logen raccolse la carcassa e se la gett sulle spalle, pen-
sando a quanto sarebbe stata buona cucinata in umido, maga-
ri con qualche fungo. Squisita. E poi, dopo mangiato, avreb-
be interrogato gli spiriti, i cui consigli erano del tutto inutili,
ma quantomeno gli avrebbero fatto compagnia.
Quando raggiunse l'accampamento, era quasi il tramonto.
La dimora che s'era creato era adatta a un eroe della sua sta-
tura, ovvero due grossi bastoni che sorreggevano un mucchio
di rami umidi sopra un buco nel terreno. Almeno l sotto era
quasi asciutto e poi aveva smesso di piovere, perci decise
che quella notte avrebbe acceso un fuoco, perch era tanto
tempo che non si riservava una cortesia del genere, un fuoco
tutto per s.
Pi tardi, ben nutrito e riposato, Logen mise un pezzetto
di chagga nella sua pipa. Ne aveva trovata una bella colonia
umida e gialla alcuni giorni prima, alla base di un albero, ma
prima di quella sera il pezzo che aveva staccato non s'era
seccato abbastanza per poterlo fumare. Raccolse un rametto
infuocato dalle fiamme e lo infil nel focolaio della pipa, poi
tir boccate avide finch il fungo non cominci a bruciare,
spargendo in aria il familiare aroma dolciastro di terra.
Toss, soffi fuori il fumo marrone e si mise a fissare le
fiamme mutevoli, che riportarono la sua mente ad altri tem-
pi, ad altri fal. Vide Mastino, col suo ghigno e la luce che
gli baluginava sui denti appuntiti; Tul Duru, grosso come una
montagna e dalla risata simile al tuono, gli era seduto davan-
ti; c'era Forley il Debole, sempre un po' impaurito, con quei
suoi occhi nervosi che scattavano da una parte all'altra, e
Todd Tretronchi, e anche il silenzioso Harding il Cupo, che
non fiatava mai e per questo lo chiamavano il Cupo.
C'erano tutti, eppure non c'erano, perch la morte li aveva
restituiti alla terra. Logen svuot la pipa nel fuoco e la mise
via, visto che non aveva voglia di fumare adesso. Suo padre
aveva ragione nel dire che non si dovrebbe mai fumare da
soli.
Svit il tappo della fiaschetta ammaccata, bevve una sor-
sata e sput una cascata di goccioline sulle fiamme, facendo
innalzare una vampata di fuoco nell'aria gelida. Dunque, si
pul le labbra nell'assaporare l'amaro del forte liquore, poi
poggi la schiena contro il tronco nodoso di un pino e attese.
Ci misero un po' ad arrivare. Erano in tre. Giunsero silen-
ziosi dalle ombre che danzavano tra gli alberi, e acquistarono
forma man mano che si avvicinavano lentamente al fuoco.
Novedita, disse il primo.
Novedita, fece il secondo.
Novedita, ripet il terzo. Le loro voci somigliavano agli
infiniti suoni della foresta.
Siete i benvenuti davanti al mio fuoco, li accolse lui.
Gli spiriti si accovacciarono e lo fissarono privi di espressio-
ne. Solo in tre stanotte?
Quello sulla destra parl per primo. Ogni anno, gli spiriti
che si risvegliano dall'inverno sono sempre meno. Rimania-
mo solo noi, e tra qualche inverno ci addormenteremo assie-
me agli altri. Non rester pi nessuno a rispondere alla tua
chiamata.
Logen annu con aria triste. Notizie dal mondo?
Abbiamo sentito che un uomo precipitato da un dirupo
ma si salvato cadendo in acqua, poi ha attraversato gli Alti
Luoghi all'inizio della primavera, avvolto in una coperta am-
muffita. Tuttavia, noi non crediamo a tali voci.
Saggia decisione.
Bethod ha iniziato una guerra, annunci lo spirito al
centro.
Logen aggrott la fronte. Bethod non fa altro che iniziare
guerre. la sua specialit.
S. Con il tuo aiuto, ha vinto cos tante battaglie che si
messo un cappello dorato sulla testa.
Che possa crepare, imprec Logen sputando sul fuoco.
Che altro?
A nord delle montagne, gli Shanka fanno scorrerie e ap-
piccano incendi ovunque.
Adorano il fuoco, aggiunse lo spirito al centro.
vero, disse quello sulla sinistra, anche pi della tua
gente, Novedita. Lo amano, e lo temono. Lo spirito si pieg
in avanti. Abbiamo sentito che un uomo delle lande del sud
ti sta cercando.
Un uomo potente, fece quello al centro.
Un Mago dei Tempi Antichi, intervenne lo spirito sulla
sinistra.
Logen corrug la fronte. Aveva sentito parlare di questi
Maghi. Una volta aveva incontrato uno stregone, ma lo ave-
va fatto fuori senza problemi, anche perch quello non aveva
usato poteri soprannaturali a quanto gli risultava. Un Mago,
per, era tutt'altra faccenda.
Sappiamo che i Maghi sono saggi e forti, disse lo spiri-
to centrale. Uno come lui pu portare un uomo lontano,
mostrargli molte cose. Ma sono anche subdoli e perseguono i
loro scopi personali.
Che cosa vuole da me?
Chiediglielo. Gli spiriti non erano interessati agli affari
degli uomini, per cui non fornivano mai molti dettagli. Co-
munque era sempre meglio questo che le solite chiacchiere
sugli alberi.
Che cosa farai, Novedita?
Logen ci pens su. Andr a sud e trover questo Mago,
per chiedergli che cosa vuole da me.
Gli spiriti annuirono senza lasciar trapelare il loro pensie-
ro in merito, non gli interessava.
Addio, dunque, Novedita, disse lo spirito sulla destra.
Potrebbe essere l'ultima volta che ci incontriamo.
Prover a tirare avanti anche senza di voi.
Ma l'arguzia di Logen era sprecata con loro. Gli spiriti si
alzarono e si allontanarono dal fuoco, sparendo a poco a
poco nell'oscurit. Ben presto furono scomparsi, eppure do-
vette ammettere che gli erano stati pi utili di quanto avesse
osato sperare, perch gli avevano dato uno scopo.
Si sarebbe diretto a sud al mattino e avrebbe trovato que-
sto Mago. Chiss Magari era anche un tipo loquace. Di
certo non poteva essere peggio che beccarsi una pioggia di
frecce senza motivo. Guard le fiamme, annu lentamente tra
s e s.
Ricord altri tempi e altri fal, quando non era solo.
5.

Giocare coi coltelli

Era una bellissima giornata di primavera ad Adua e i tiepi-


di raggi solari penetravano attraverso i rami del cedro profu-
mato, gettando trame screziate di luce e ombra sui giocatori
seduti sotto le sue fronde. La gradevole brezza che spirava
nel cortile li obbligava a tenersi strette le carte in mano, op-
pure a fermarle sul tavolo con bicchieri o monete. Gli uccelli
cantavano sugli alberi e dalla parte opposta del prato giunge-
va lo schiocco delle cesoie di un giardiniere, che risuonava
tenue e persino piacevole sugli alti edifici bianchi del cortile.
Se i giocatori considerassero gradevole anche la grossa som-
ma di denaro al centro del tavolo, dipendeva dalle carte che
avevano in mano, ovviamente.
Al Capitano Jezal dan Luthar piaceva di sicuro. Aveva
scoperto il suo sorprendente talento per il gioco da quando
aveva ottenuto l'incarico nella Guardia del Re, talento che
sfruttava per vincere elevate somme di denaro a scapito dei
suoi compagni d'arme. Non che avesse bisogno di soldi,
chiaramente, data la ricchezza della sua famiglia, ma ci gli
aveva permesso di mantenere l'illusione di essere un rispar-
miatore, quando invece spendeva come un forsennato. Ogni
volta che tornava a casa, suo padre non faceva altro che an-
noiare tutta la famiglia sulla lungimiranza economica del fi-
glio, e alla fine l'aveva premiato comprandogli il titolo di Ca-
pitano solo sei mesi prima. Ai suoi fratelli non era andata
gi. S, in effetti il denaro era senz'altro utile, e nulla d pi
soddisfazione dell'umiliare i propri amici pi cari.
Jezal stava sbracato sulla panca con una gamba distesa,
mentre scrutava uno per uno tutti gli altri giocatori. Il Mag-
giore West si dondolava sulla sedia, talmente in bilico che
pareva sul punto di ribaltarsi, e teneva il bicchiere controsole
per ammirare il modo in cui la luce trapelava attraverso il li-
quore ambrato. Il debole sorriso misterioso che aveva sulle
labbra pareva dire: "Non sar nobile, occuper pure un gra-
dino sociale pi basso del vostro, ma ho vinto sia un Torneo
che il favore del Re sul campo di battaglia, e questo mi rende
il migliore di tutti, perci voi poppanti fareste meglio a fare
ci che dico". In questa mano, per, s'era chiamato fuori, e
Jezal pensava che fosse sempre troppo tirchio.
Il Tenente Kaspa, seduto sull'orlo della sedia, si grattava
la barba rossiccia con aria interrogativa, tutto concentrato
sulle carte come se fossero numeri per lui incomprensibili.
Sebbene fosse un pessimo giocatore, era un giovane dai ca-
rattere gioviale, che si mostrava sempre molto riconoscente
quando Jezal gli offriva da bere con il denaro che aveva vin-
to da lui. D'altra parte, poteva permettersi di perdere, dal mo-
mento che suo padre era uno dei pi facoltosi proprietari ter-
rieri dell'Unione.
Jezal aveva notato spesso che quelli un po' stupidi si com-
portavano in modo ancora pi stupido in presenza di persone
intelligenti. Siccome non si sentivano all'altezza degli altri,
cercavano in tutti i modi di guadagnarsi il rango di simpatici
idioti, e lo facevano evitando confronti che comunque avreb-
bero perso, riuscendo in tal modo a rimanere amici di tutti.
L'espressione perplessa e concentrata di Kaspa pareva dire:
"Non sar intelligente, ma sono onesto e simpatico, che
quello che conta di pi. L'intelligenza sopravvalutata. Oh, e
sono molto, molto ricco, quindi piaccio a tutti in ogni caso".
Credo che punter anch'io, disse Kaspa, e gett sul ta-
volo una piccola pila di monete d'argento, che nel cadere ba-
lugin al sole con un piacevole tintinnio. Jezal fece distratta-
mente il totale della somma nella sua testa. Una divisa nuo-
va, magari? Kaspa aveva sempre un fremito quando aveva
carte buone in mano, per adesso non si vedevano tremori,
tuttavia era anche troppo sciocco per bluffare, per cui, proba-
bilmente, s'era solo stancato di starsene seduto. Jezal era si-
curo che alla prossima mano si sarebbe ritirato.
Invece il Tenente Jalenhorm si imbronci e butt le carte
sul tavolo. Oggi mi sono capitate solo carte di merda!,
brontol. Si appoggi allo schienale e pieg le spalle musco-
lose in avanti, con un'espressione che pareva dire: "Sono
grosso, virile e di temperamento irascibile, quindi tutti do-
vrebbero trattarmi con rispetto". Ma il rispetto era proprio
ci che Jezal gli negava sempre al tavolo da gioco. L'irasci-
bilit pu essere una dote sul campo di battaglia, per un
difetto quando c' del denaro in ballo. Era un peccato che il
Tenente non avesse ricevuto una mano migliore, perch in
quel caso Jezal gli avrebbe fatto puntare met della paga. Ja-
lenhorm scol il bicchiere e si allung per prendere la botti-
glia.
Dunque, rimaneva soltanto Brint, il pi giovane e povero
del gruppo, che si umett le labbra con un'espressione insie-
me cauta e lievemente disperata, come a dire: "Non sono
giovane e povero. Posso permettermi di perdere queste mo-
nete, perch sono importante quanto voi". Quel giorno si era
portato dietro un sacco di grana, dal che si poteva dedurre
che forse aveva appena ricevuto la paga, o forse quel denaro
era tutto quello che aveva per sopravvivere nei successivi
due mesi. Jezal decise comunque di lasciarlo in mutande e
spendersi tutto in donne e sbronze. Dovette trattenersi dal ri-
dacchiare al solo pensiero, dicendosi che avrebbe avuto
modo di ridere quanto voleva una volta vinta la partita. Brint
si appoggi allo schienale della sedia e riflett con attenzio-
ne, dando a intendere che ci avrebbe messo un po' a prendere
una decisione, cos Jezal decise di farsi una fumata.
Accese la pipa grazie alla lampada messa a disposizione
per quello scopo, sbuffando dei circoli irregolari di fumo che
salirono in alto verso i rami del cedro. Sfortunatamente non
era bravo a fumare quanto lo era con le carte, quindi gran
parte dei suoi anelli altro non era se non boccate informi di
vapore ocra. Ad essere del tutto onesti, non gli piaceva nean-
che fumare, perch gli dava la nausea, ma era un'attivit alla
moda e molto dispendiosa, e Jezal non avrebbe mai rinuncia-
to a una cosa del genere solo perch non gli piaceva. Inoltre,
l'ultima volta che era stato in citt, suo padre gli aveva com-
prato una bellissima pipa d'avorio che gli s'addiceva molto.
Ai suoi fratelli non era andato gi neanche questo, ora che ci
pensava.
Vedo, disse Brint.
Jezal tolse la gamba dalla panca. In questo caso, rilancio
di diciamo cento. Spinse la pila intera al centro del tavolo
e West risucchi l'aria tra i denti stretti. Una moneta cadde di
taglio dalla cima, rotol lungo il tavolo di legno e fin per
terra, sul lastricato, tintinnando in modo inconfondibile. Il
giardiniere dall'altra parte del cortile volt istintivamente la
testa per poi tornare a occuparsi della potatura.
Kaspa respinse le carte come se gli bruciassero tra le dita,
poi scosse la testa. Dannazione, sono un pessimo
giocatore, si lament, mentre si appoggiava contro il tronco
ruvido dell'albero.
Jezal fiss il Tenente Brint diritto negli occhi, accennando
un sorriso che non rivelava nulla. Sta bluffando, borbott
Jalenhorm. Non farti prendere in giro, Brint.
Non farlo, Tenente, sugger invece West; ma Jezal sape-
va che l'avrebbe fatto, perch doveva dimostrare di poter per-
dere quella cifra. E difatti, senza esitare, Brint spinse tutte le
sue monete sul tavolo con un gesto noncurante.
E fanno cento, prendere o lasciare. Stava cercando con
tutto se stesso di sembrare padrone della situazione di fronte
agli ufficiali pi anziani, ma nella sua voce si avvertiva
un'affascinante sfumatura d'isteria.
Ottimo, disse Jezal. Qui siamo tutti amici. Che cos'hai
in mano, Tenente?
Ho la Terra. Gli occhi di Brint avevano un che di feb-
brile mentre mostrava le carte al gruppo.
Jezal assapor l'atmosfera carica di tensione. Prima corru-
g la fronte, poi scroll le spalle e sollev le sopracciglia. Si
gratt la testa con aria pensosa, dilettandosi nell'osservare
l'espressione dell'altro cambiare in conseguenza della sua:
speranza, disperazione, speranza, disperazione. Alla fine,
apr le carte sul tavolo. Oh, guarda. Ho i Soli. Di nuovo.
La faccia di Brint parlava da s. West scosse la testa con
un sospiro, mentre Jalenhorm parve rammaricarsi. Ero sicu-
ro che stesse bluffando, comment.
Ma come fa?, domand Kaspa, nel lanciare una moneta
solitaria sul tavolo.
Jezal alz le spalle. questione di giocatori, non di car-
te, disse, e poi cominci a radunare l'argento. Brint, intanto,
pallido in viso e coi denti serrati, non smise di guardarlo
neanche un momento. Nella borsa di Jezal il denaro produce-
va un suono piacevole - piacevole per lui, almeno. Una mo-
neta cadde per terra accanto agli stivali del perdente. Ti di-
spiace raccoglierla, Tenente? gli chiese con un sorriso mel-
lifluo.
Ma quello si alz di scatto urtando il tavolo, sul quale i
bicchieri e le monete traballarono sonoramente. Ho da
fare, rispose con voce roca e super Jezal urtandolo con una
rude spallata che lo mand a sbattere contro il tronco dell'al-
bero, e avviandosi poi con ampie falcate verso il fondo del
cortile, per scomparire a testa bassa negli alloggi degli uffi-
ciali.
Avete visto? L'indignazione di Jezal cresceva ogni mo-
mento di pi. Spingermi in quel modo che maleducazio-
ne! Io, che sono per giunta il suo ufficiale superiore! Ho tutta
l'intenzione di fargli rapporto! Un coro di versi di disappro-
vazione accolse quelle parole. Beh, innegabile che non sa
perdere!
Jalenhorm gli rivolse uno sguardo severo da sotto le so-
pracciglia. Non dovresti andarci tanto pesante con lui. Non
ricco e non pu permettersi di perdere.
Beh, allora non dovrebbe giocare!, ribatt stizzito Jezal.
E poi, sei tu che gli hai detto che stavo bluffando, per cui
tieni chiusa quella boccaccia!
nuovo qui, intervenne West, vuole solo integrarsi.
Non ricordi come eri tu all'inizio?
Senti, non sei mio padre, Jezal ricordava con dolorosa
chiarezza i primi tempi trascorsi l, e sentirli nominare gli
fece sentire una punta di vergogna.
Kaspa agit la mano. Gli prester del denaro io, non pre-
occupatevi.
Non lo accetter mai, consider Jalenhorm.
Beh, questo un problema suo. Kaspa chiuse gli occhi
e rivolse il viso al sole. Fa caldo. L'inverno proprio finito.
Sar mezzogiorno passato.
Merda!, grid Jezal, e cominci a raccogliere le sue
cose in tutta fretta. Il giardiniere smise di falciare il prato per
guardarli. Perch non hai detto niente, West?
Non sono mica tuo padre, ribatt il Maggiore, mentre
Kaspa ridacchiava.
Di nuovo in ritardo, sbuff Jalenhorm. Il Lord Mare-
sciallo non sar contento!
Jezal afferr le sue spade da scherma e part di corsa verso
il lato opposto del prato, seguito dal Maggiore West che gli
andava dietro con passo tranquillo. Muoviti!, url Jezal.
Eccomi, Capitano, rispose. Eccomi.

Affonda, affonda, Jezal, affonda!, sbrait il Lord Mare-


sciallo Varuz, colpendolo a un braccio con il bastone.
Ah!, gemette l'altro, e sollev ancora una volta la barra
di metallo.
Voglio vederlo muoversi, quel braccio destro, Capitano,
voglio vederlo guizzare come una serpe! Accecami con la ra-
pidit delle tue mani!
Jezal si ciment in un altro paio di stoccate maldestre, ma
con quel pezzo di metallo pesante era una vera e propria tor-
tura; tutto il braccio, dalle dita alla spalla, gli faceva male per
lo sforzo. Era fradicio di sudore, e persino il viso gli gronda-
va, schizzando gocce a ogni movimento. Eppure, il Mare-
sciallo Varuz continuava a parare i suoi deboli colpi. Ora di
taglio! Di taglio con la sinistra!
Con il grosso martello da guerra, Jezal vibr un colpo di-
retto alla testa del vecchio con tutta la forza che aveva nel
braccio sinistro, ma a stento riusciva a sollevare quel dannato
arnese nelle giornate migliori. Il Maresciallo Varuz schiv
senza difficolt e gli sferr una bastonata in faccia.
Ahi! Mentre barcollava all'indietro gemendo, il martel-
lo gli sfugg di mano e gli cadde su un piede. Aaaaah! Je-
zal si chin subito ad afferrarsi il dito dolorante, ma per farlo
fu costretto a mollare anche la spranga, che piomb a terra
con un clangore metallico. Il Maresciallo approfitt della di-
strazione per picchiarlo sul fondoschiena, con uno schiocco
secco che riecheggi per tutto il cortile e che fece cadere Je-
zal a faccia avanti, in preda a un dolore tremendo.
Sei pietoso!, grid il vecchio. Mi stai facendo vergo-
gnare di fronte al Maggiore West! Il Maggiore si stava don-
dolando sulla sedia ed era scosso da risate soffocate. Jezal ri-
mase a fissare gli stivali lucidissimi del Maresciallo, non ve-
dendo la ragione per affrettarsi a rialzarsi.
In piedi, Capitano Luthar!, tuon Varuz. Il mio tempo
prezioso, a differenza del tuo!
D'accordo, d'accordo! Jezal, esausto, si rialz a fatica e
se ne rest l, ansimante e sudato, a dondolarsi sotto il sole
rovente.
Varuz gli si avvicin per odorargli il fiato. Hai gi bevu-
to a quest'ora?, domand smuovendo i baffi grigi. E hai
bevuto anche ieri sera, sicuramente! Jezal non seppe che ri-
spondere. Accidenti a te! Abbiamo del lavoro da fare e non
posso farlo da solo, Capitano Luthar! Mancano quattro mesi
al Torneo, quattro mesi per fare di te uno spadaccino esem-
plare!
Varuz attese una risposta, che Jezal per non fu in grado
di dargli. La verit era che stava facendo tutto questo per ac-
contentare suo padre, ma qualcosa gli diceva che il vecchio
soldato non avrebbe accettato una spiegazione del genere,
cos tacque per il timore di prendersi un'altra batosta.
Bah!, gli grid Varuz in faccia, poi si volt, con il bastone
dietro la schiena ben stretto tra le mani.
Maresciallo Var, cominci Jezal, ma prima che po-
tesse terminare l'anziano soldato gir su se stesso e lo colp
diritto allo stomaco. Aaah! Jezal croll sulle ginocchia, ai
piedi dell'istruttore.
Ora farai una corsetta per me, Capitano.
Aaaaah!
Correrai da qui fino alla Torre delle Catene e poi salirai
fino al parapetto. Sapremo quando sei arrivato, perch io e il
Maggiore ci staremo godendo una rilassante partita a scacchi
sul tetto, disse indicando l'edificio di sei piani alle sue spal-
le. Avremo un'ottima visuale della cima della torre, e io ti
guarder con il mio cannocchiale, quindi non potrai imbro-
gliare stavolta! Per concludere, lo colp sulla testa.
Auh!, disse lui toccandosi dove aveva ricevuto la botta.
Dopo esserti fatto vedere sul tetto, tornerai indietro, sem-
pre di corsa. E vuoi sapere perch so che correrai veloce?
Perch se non sarai tornato prima che la partita sia finita, ri-
comincerai il giro. Jezal fece una smorfia. Il Maggiore
West un eccellente giocatore, quindi mi ci vorr una mez-
z'ora per batterlo. Ti suggerisco di partire all'istante.
Jezal si rimise in piedi vacillante e cominci a correre
svogliatamente in direzione dell'arco in fondo al cortile, sen-
za smettere di imprecare.
Dovrai andare pi veloce di cos, Capitano!, gli grid
Varuz. Le gambe di Jezal erano come blocchi di piombo, ma
si obblig ad aumentare il passo.
Su quelle ginocchia!, url allegro il Maggiore West.
Jezal attravers il varco pestando i piedi rumorosamente,
pass davanti a una guardia compiaciuta seduta accanto al
portale e infine usc all'esterno, sull'ampio viale. Mentre
riempiva Varuz e West di insulti sussurrati, costeggi ansi-
mante le mura coperte d'edera dell'Universit, poi oltrepass
la mole senza finestre del Palazzo degli Interrogatori, il cui
portone d'ingresso era sbarrato. Incontr alcuni insignificanti
scrivani che si affrettavano ognuno per la propria strada, ma
l'Agriont era tranquilla a quell'ora del pomeriggio, quindi
non incontr nessuno di interessante finch non raggiunse il
parco.
Tre giovani donne alla moda sedevano sotto l'ombra di un
grosso salice accanto al lago, scortate da una guardiana di
una certa et. Jezal aument immediatamente il passo e sosti-
tu l'espressione torturata con un sorriso disinvolto.
Signore, disse sfrecciando loro davanti. Quando le ra-
gazze si scambiarono delle risatine, Jezal si congratul silen-
ziosamente con se stesso, ma dimezz la velocit della corsa
non appena fu lontano dalla loro vista.
Che Varuz sia dannato, disse tra s e s mentre imboc-
cava la Via del Re quasi camminando, poich il suo riposo
ebbe vita breve: il Principe Ereditario Ladisla si trovava a
neanche venti passi di distanza da lui, alla testa del suo nu-
meroso e variopinto seguito, perci Jezal fu costretto ad au-
mentare di nuovo il passo.
Capitano Luthar!, grid Sua Altezza, con la luce del
sole che si riverberava sugli stravaganti bottoni dorati della
sua veste. Correte, correte pi che potete! Ho scommesso
mille marchi che sarete voi il vincitore del Torneo!
Jezal sapeva da fonti attendibili che il Principe aveva scel-
to di sostenere Bremer dan Gorst per la bellezza di duemila
marchi, ma comunque si profuse nell'inchino pi servile che
riusc a fare mentre correva. I giovani bellimbusti a seguito
del Principe lo acclamarono e gridarono alle sue spalle inco-
raggiamenti privi di entusiasmo. Dannati idioti, sibil a
bassa voce, ma quanto avrebbe voluto essere uno di loro!
Alla sua destra stavano allineate le effigi in pietra dei Re
Supremi degli ultimi seicento anni, mentre le statue dei loro
fedeli servitori si susseguivano alla sua sinistra, un poco pi
piccole. Fece un cenno al grande Mago Bayaz prima di svol-
tare sulla Piazza dei Marescialli, ma lo stregone ricambi il
saluto con il solito sguardo di estrema disapprovazione. Il ti-
more reverenziale che incuteva la sua figura era appena
smorzato da una cacatina di piccione colatagli sulla guancia
di pietra.
Siccome il Consiglio Aperto era riunito in seduta, la piaz-
za era semideserta, e Jezal pot raggiungere il portone della
Casa dei Guerrieri con andatura pi tranquilla. Un sergente
corpulento gli fece un cenno con la testa mentre oltrepassava
l'ingresso e Jezal si chiese se costui appartenesse o meno alla
sua compagnia, poich, a conti fatti, i soldati semplici si so-
migliavano tutti. Ignor l'uomo e prosegu la sua corsa tra i
torreggianti edifici bianchi.
Perfetto, mormor. Jalenhorm e Kaspa erano seduti ac-
canto alla porta della Torre delle Catene, intenti a fumare le
pipe e a farsi grasse risate. Quei bastardi dovevano aver im-
maginato che sarebbe passato di l.
Per l'onore e la gloria!, rugg Kaspa, mentre scuoteva la
spada infoderata al passaggio di Jezal. Non far aspettare il
Lord Maresciallo! gli url alle spalle, prima di scoppiare a
ridere.
Dannati idioti, ansim, aprendo la pesante porta con
una spinta della spalla. Non appena inizi a salire la ripida
scala a chiocciola, Jezal sent il respiro raspargli in gola.
Duecentonovantuno gradini in tutto lo aspettavano in quella
che era una delle torri pi alte dell'Agriont. Scale del cazzo,
imprec dentro di s. Quando ebbe raggiunto il centesimo
gradino, quasi non sentiva pi le gambe e respirava ormai a
fatica; giunto al duecentesimo, era talmente esausto che sal
le scale rimanenti senza correre. Ogni gradino era una vera e
propria tortura. Finalmente, usc da una torretta e si ritrov
sul tetto, dove and subito ad appoggiarsi al parapetto, strin-
gendo subito gli occhi per l'improvvisa luminosit.
A sud la citt si estendeva sotto di lui come un tappeto in-
finito di case bianche disposte lungo tutta la baia luccicante,
ma nella direzione opposta la veduta dell'Agriont era ancora
pi impressionante, coi magnifici edifici bianchi che pareva-
no accatastati l'uno sopra all'altro, in un disordine punteggia-
to di alte torri e spezzato di tanto in tanto da verdi prati o al-
beri enormi, con l'ampio fossato che correva parallelo alle
poderose mura di cinta. La Via del Re tagliava di netto il
centro verso il Cerchio dei Lord, la cui cupola di bronzo
scintillava alla luce del sole. Alle sue spalle, svettavano le
elevate guglie dell'Universit, e ancora pi indietro, sullo
sfondo, incombeva la tetra immensit del Palazzo del Crea-
tore, che si levava al di sopra di tutto il resto come un'oscura
montagna e proiettava la sua ombra immane sugli edifici sot-
tostanti.
Jezal immagin di scorgere da lontano il baluginio del
cannocchiale di Varuz, quindi imprec ancora e ripart alla
volta delle scale.

Jezal si sent immensamente sollevato quando infine riu-


sc ad arrivare sul tetto e constat che c'erano ancora alcuni
pezzi bianchi sulla scacchiera.
Il Maresciallo Varuz lo guard con la fronte aggrottata.
Sei molto fortunato. Il Maggiore ha messo su una difesa
formidabile. Un sorriso ruppe i lineamenti di West. Devi
aver guadagnato il suo rispetto in qualche modo, anche se
ancora devi conquistare il mio.
Jezal appoggi le mani sulle ginocchia, ansimante e gron-
dante di sudore. Varuz prese una custodia lunga dal tavolo, si
avvicin a Jezal e la apr. Facci vedere le posizioni.
Jezal afferr la spada corta nella sinistra e quella lunga
nella destra, leggere come piume rispetto alla pesantezza del-
la barra metallica. Il Maresciallo Varuz arretr di un passo.
Comincia.
Jezal assunse subito la prima posizione: braccio destro di-
steso, braccio sinistro lungo il corpo; le lame frusciavano nel
fendere l'aria, brillanti sotto il sole pomeridiano, mentre lui
passava da una posizione all'altra con una scioltezza da
esperto. Dopo un po' concluse e abbandon braccia e spade
lungo i fianchi.
Varuz annu. Il Capitano ha le mani leste, non cos?
Davvero eccellente, comment il Maggiore West con
un ampio sorriso. molto pi bravo di quanto lo ero io.
Il Lord Maresciallo, per, era meno impressionato. Pie-
ghi troppo le ginocchia in terza posizione, e devi cercare di
stendere di pi il braccio destro in quarta, ma a parte
questo, fece una pausa, sei passabile. Jezal esal un so-
spiro di sollievo. Un vero elogio da parte del Maresciallo!
A-ha!, grid il vecchio, colpendolo al costato con l'e-
stremit della custodia. Jezal croll al suolo, quasi senza fia-
to. Devi migliorare i riflessi per, Capitano. Bisogna sem-
pre stare all'erta. Sempre. Se hai delle spade tra le mani, allo-
ra tienile sollevate.
S, signore, gracchi Jezal.
E non hai resistenza, sei gi a pezzi. So da fonti attendi-
bili che Bremer dan Gorst corre dieci miglia al giorno, e a
malapena gli esce una goccia di sudore. Il Maresciallo Va-
ruz si pieg sopra di lui. Da oggi in poi tu farai lo stesso.
Oh, s. Tutte le mattine alle sei, farai il giro delle mura del-
l'Agriont, e poi un'ora di duello con il Maggiore West, che
stato cos gentile da accettare di farti da avversario. Sono
certo che porr in evidenza tutte le piccole debolezze della
tua tecnica.
Jezal si massaggi le costole tra smorfie di dolore. E per
quanto riguarda le bevute, voglio che tu ci dia un taglio. Io
sono per i divertimenti quando il momento adatto, ma avrai
tutto il tempo di festeggiare dopo il Torneo, a patto che il
duro lavoro ti porti alla vittoria. Fino ad allora, devi rigare
dritto. Mi capisci, Capitano Luthar? Si pieg ancora di pi
su di lui, scandendo ogni parola con molta chiarezza. Riga-
re. Dritto. Capitano.
S, Maresciallo Varuz, mormor Jezal.

Sei ore dopo era pi sbronzo di una spugna. Si tuff per


strada ridendo come un matto, con la testa che vorticava no-
nostante l'aria gelida gli schiaffeggiasse la faccia. Le casette
squallide attorno a lui oscillavano fino a confondersi e tutta
la via mal illuminata pareva inclinarsi come una nave mezza
sommersa. Jezal trattenne valorosamente l'impulso di vomi-
tare, poi fece un passo spavaldo in strada per voltarsi indietro
subito dopo, quando, attraverso la porta aperta, fu investito
dalla luminosit sfumata delle lampade e dagli scoppi frago-
rosi delle risate e delle grida. D'un tratto, una forma indistin-
ta schizz fuori dalla taverna e lo colp in pieno petto. Jezal
tent disperatamente di restare in piedi, ma alla fine cadde a
terra con un tonfo da spezzare le ossa.
Vide nero per un momento, dopo di che si rese conto che
Kaspa gli era caduto addosso, facendo piombare entrambi
nella sporcizia. Maledizione!, mormor con la lingua
ispessita e pesante. Respinse con un gomito il Tenente che ri-
dacchiava, quindi, dopo essersi girato sulle ginocchia, si tir
in piedi, sbandando per la strada che altalenava attorno a lui.
Kaspa, quasi strozzato dalle risate, era steso di schiena sulla
sporcizia ed emanava un fetore acido di fumo e alcool sca-
dente. Jezal fece un mezzo tentativo di togliersi lo sporco
dalla divisa, e fu allora che not di avere sul petto un'estesa
macchia umida che odorava di birra. Maledizione!, bor-
bott ancora. Quando si era sporcato?
A un certo punto, ud delle grida dall'altra parte della stra-
da, dove due uomini si stavano azzuffando di fronte all'in-
gresso di una casa. Jezal strizz gli occhi per vedere meglio
nell'impenetrabile oscurit e scorse un omone imponente che
teneva bloccato un tipo ben vestito, mentre cercava di legar-
gli le mani dietro la schiena e poi di infilargli una specie di
sacco sulla testa. Jezal non poteva credere ai suoi occhi;
quella non era certo una zona rispettabile, ma una condotta
simile era comunque un'esagerazione.
La porta della taverna venne spalancata con uno schianto
e West e Jalenhorm, impegnati in una conversazione da
ubriachi riguardo la sorella di qualcuno, caracollarono in
strada. La luce accecante invase la via per un momento e il-
lumin in modo nitido i due uomini che lottavano dall'altro
lato. Quello grosso era vestito tutto di nero e aveva la parte
inferiore del viso coperta da una maschera, ma a parte il ve-
stiario, capelli, sopracciglia e pelle erano bianchi come il lat-
te. Jezal rimase a fissare il demone albino sul lato opposto
della via e l'altro gli lanci uno sguardo torvo dai socchiusi
occhi rosa.
Aiuto!, gridava l'uomo con il sacco in testa, la voce
stridula per il terrore. Aiuto! Sono L'albino gli assest
un colpo micidiale allo stomaco, che lo fece piegare in due
con un singulto.
Ehi, tu!, url West.
Jalenhorm si era gi precipitato in direzione dei due uomi-
ni.
Che succede?, chiese Kaspa, ancora steso a terra ma
puntellatosi su un gomito.
Jezal aveva la mente annebbiata, gli veniva da vomitare,
eppure i suoi piedi seguirono Jalenhorm di propria iniziativa,
a dispetto dell'incertezza della loro andatura. West gli and
dietro. Lo spettro bianco si volt di scatto e si pose tra loro e
il suo prigioniero. Inaspettatamente, dall'oscurit sbuc rapi-
do un terzo uomo, alto e magro, vestito interamente di nero e
mascherato anche lui, con dei lunghi capelli unti che gli
spiombavano sulle spalle. Sollev verso di loro una mano in-
guantata, dicendo: Signori. La sua voce lamentosa era at-
tutita dalla maschera, ma l'accento era inequivocabilmente
quello di un popolano. Signori, prego, siamo qui per conto
del Re!
Il Re conduce i propri affari di giorno, ringhi Jalen-
horm.
La maschera del nuovo arrivato si mosse appena, quel
tanto da far capire loro che stava sorridendo. per questo
che ha bisogno di noi la notte, capisci, amico?
Chi lui?, chiese West nell'indicare l'uomo con il sacco
sulla testa.
Il prigioniero stava intanto cercando di rimettersi dritto.
Sono Sepp dan uuf! Il mostro bianco gli chiuse la bocca
con un violento pugno in faccia, che lo fece afflosciare a ter-
ra.
Jalenhorm serr la mascella e pos la mano sull'elsa della
spada, ma lo spettro bianco si fece avanti con terribile rapidi-
t. Da vicino era anche pi massiccio, ostile e terrificante.
Suo malgrado, Jalenhorm arretr di un passo, inciamp su
una sporgenza della strada e cadde all'indietro con un forte
baccano. La testa di Jezal non smetteva di battere.
Indietro!, grid West estraendo l'arma dal fodero, con
un lieve fruscio metallico.
Aaaaah!, ringhi il mostro, i pugni stretti simili a due
grossi macigni bianchi.
Aargh!, gorgogliava l'uomo con la testa nel sacco.
Pieno d'angoscia, Jezal rivolse lo sguardo a quello allam-
panato, che gli sorrise. Come si poteva ridere in un momento
del genere? Grande fu la sua sorpresa quando vide che tene-
va in mano un orrendo coltellaccio lungo. Da dove era spun-
tato? Subito armeggi goffamente per estrarre la spada, ma
fu interrotto.
Maggiore West!, fece una voce nell'ombra, pi gi lun-
go la strada. Jezal si ferm, incerto sul da farsi, con la spada
sguainata a met. Jalenhorm si alz in piedi in modo impac-
ciato, con la divisa incrostata di fango, ed estrasse la spada a
propria volta. Il mostro pallido li fissava senza battere ciglio,
n arretrare di un passo.
Maggiore West!, ripet la voce, ora accompagnata an-
che da un ticchettio legnoso. West era impallidito. Una figura
che zoppicava vistosamente emerse dalle tenebre con l'ausi-
lio di un bastone, poggiato per terra a intervalli regolari. Il
cappello a tese larghe gli oscurava la parte superiore del vol-
to, ma la sua bocca era distorta in uno strano ghigno. Jezal
not nauseato che gli mancavano i quattro denti davanti. Poi
la figura si trascin verso di loro, ignorando le spade e i col-
telli snudati, per offrire a West la mano libera.
Il Maggiore rinfoder lentamente la spada, gli prese la
mano e la strinse senza vigore. Colonnello Glokta?, do-
mand con voce roca.
Tuo umile servo, anche se non sono pi un uomo d'arme.
Faccio parte dell'Inquisizione del Re adesso. Sollev un
braccio con lentezza per togliersi il cappello rivelando un
volto solcato da rughe profonde e di un pallore mortale, i ca-
pelli tagliati corti erano spruzzati di grigio. I suoi occhi ema-
navano un bagliore febbrile, infossati com'erano all'interno
di due livide occhiaie, ma quello sinistro, bordato di rosso e
umido di lacrime, pareva molto pi piccolo del destro. E
questi sono i miei assistenti, i Pratici Severard, l'uomo smil-
zo fece un inchino ironico e Gelo.
Il mostro albino iss di peso il prigioniero con una mano
sola. Aspetta, intervenne Jalenhorm nel farsi avanti, ma
l'Inquisitore gli pos gentilmente una mano sulla spalla.
Quest'uomo un prigioniero dell'Inquisizione di Sua
Maest, Tenente Jalenhorm. L'omone si ferm, meravigliato
di sentirsi chiamare per nome. Mi rendo conto che le vostre
intenzioni sono delle migliori, ma costui un criminale, un
traditore. Ho un mandato di cattura per lui, firmato dall'Arci-
lettore Sult in persona. Quest'uomo non merita affatto il vo-
stro aiuto, credetemi.
Jalenhorm aggrott la fronte e quando rivolse uno sguardo
truce al Pratico Gelo, il demone albino parve terrorizzato
quanto lo sarebbe stato un sasso. Quindi si gett il prigionie-
ro su una spalla senza il minimo sforzo e si volt verso la
strada. Quello di nome Severard rinfoder il pugnale con gli
occhi sorridenti, si inchin ancora e part con passo noncu-
rante dietro al suo compagno, fischiettando un motivetto sto-
nato.
La palpebra sinistra dell'Inquisitore cominci a tremolare
e subito le lacrime presero a rigargli la guancia pallida, ma
lui le deterse delicatamente con il dorso della mano. Vi pre-
go di perdonarmi. In tutta onest. un dramma quando un
uomo perde il controllo dei propri occhi, non cos? Danna-
ta gelatina lacrimante A volte penso che dovrei semplice-
mente farmela strappare dall'orbita e coprire il buco con una
benda. Lo stomaco di Jezal si rivolt. Quanto tempo pas-
sato, West? Sette, otto anni?
Un muscolo pulsava sulla tempia del Maggiore. Nove.
Ma pensa! Nove anni riesci a crederci? Sembra solo
ieri. Fu su quel crinale che ci separammo, ricordi?
Sul crinale, s.
Non preoccuparti, West, non ti biasimo. Glokta diede
una calorosa pacca sul braccio del Maggiore. Non per quel-
la cosa, almeno. Cercasti di dissuadermi, se non sbaglio. Una
volta giunto a Gurkhul, ebbi molto tempo per pensarci, do-
potutto. Moltissimo tempo. Sei sempre stato un buon amico
per me. Ma guardati ora! Il giovane Collem West, Maggiore
della Guardia del Re, non incredibile? Jezal non aveva la
pi pallida idea di che cosa stessero dicendo, voleva solo vo-
mitare e poi andarsene a letto.
L'inquisitore Glokta si gir verso di lui con un sorriso,
esponendo ancora una volta quegli orrendi spazi vuoti tra i
denti. E costui deve essere il Capitano Luthar! Tutti pensa-
no che vincerete l'imminente Torneo. Il Maresciallo Varuz
un maestro severo, non ho ragione? Agit debolmente il ba-
stone in direzione di Jezal. Affonda, affonda, eh Capitano?
Affonda!
Jezal sent la bile risalirgli in gola, allora toss e abbass
lo sguardo sui propri piedi, desideroso che il mondo restasse
immobile per un secondo. L'Inquisitore li guard uno per
uno in attesa di qualche parola, ma West era ancora stordito
dalla sorpresa, Jalenhorm ancora turbato e sporco di fango, e
Kaspa non si era ancora alzato da terra. Nessuno aveva nulla
da dire.
Glokta si schiar la gola. Bene, il dovere mi chiama.
Fece un rigido inchino. Ma spero di rivedervi tutti. Molto
presto. Jezal, invece, sper di non vederlo mai pi.
Casomai, possiamo tirare di scherma un giorno di
questi, mormor il Maggiore West.
Glokta scoppi in una risata amichevole. Oh, mi piace-
rebbe, West, ma credo di essere un po' troppo ammaccato ul-
timamente. Per se sei in cerca di uno scontro, sono certo
che il Pratico Gelo non si tirer indietro. Poi, rivolto a Jale-
nhorm, aggiunse: Ma devo avvertirvi che non combatte da
gentiluomo. Auguro a tutti una piacevole serata. Si rimise il
cappello, si volt lentamente e prese a trascinarsi lungo la
strada sudicia.
I tre ufficiali lo osservarono allontanarsi zoppicante in un
silenzio interminabile, innaturale. Alla fine, Kaspa si avvici-
n a loro con passo vacillante. Ma di che stavate
parlando?, chiese.
Nulla, rispose West a denti stretti. Meglio dimenticare
l'accaduto.
6.

Denti e dita

Il tempo stringe. Dobbiamo fare in fretta. Glokta fece un


cenno a Severard, che sorrise e tolse il sacco dalla testa di
Sepp dan Teufel.
Il Reggente della Zecca era un uomo forte dall'aspetto ari-
stocratico, la cui faccia adesso cominciava gi a mostrare i
primi lividi. Che significa tutto questo?, rugg, arrogante e
superbo. Lo sapete chi sono io?
Glokta sbuff. Ma certo che lo sappiamo. Credete forse
che rapiamo persone a caso per strada?
Io sono il Reggente della Zecca Reale!, sbott il prigio-
niero, lottando con le corde che lo legavano. Il Pratico Gelo
lo guardava impassibile, a braccia conserte. I ferri incande-
scenti nel braciere cominciavano gi a emanare un bagliore
arancione. Come osi
Basta con queste continue interruzioni!, sbrait Glokta.
Gelo sferr un calcio poderoso a uno stinco di Teufel e l'uo-
mo gemette dal dolore. Come far il nostro prigioniero a
firmare la confessione con le mani legate? Per favore, scio-
glilo.
Teufel si guard alle spalle con diffidenza mentre l'albino
gli slegava i polsi, e fu allora che vide la mannaia con la
lama affilata che riluceva come uno specchio sotto il bagliore
intenso delle lampade. Che articolo di rara bellezza! Ti pia-
cerebbe prenderla, eh, Teufel? Scommetto che vorresti usar-
la per tagliarmi la testa. Quando vide il prigioniero allunga-
re la mano destra, Glokta sper quasi che stesse per farlo, ma
Teufel si limit solo a respingere il foglio della confessione
sul tavolo.
Ah, il Reggente della Zecca un gentiluomo destrorso.
Gentiluomo destrorso, sibil Severard all'orecchio del
Reggente.
Teufel stava scrutando con attenzione l'uomo seduto di
fronte a s. Io ti conosco! Glokta, non vero? Quello che fu
catturato a Gurkhul, quello che fu torturato. Sand dan Glok-
ta, ho ragione? Ebbene, stavolta la faccenda ti sfuggita di
mano, te lo dico io! Ti proprio sfuggita di mano! Aspetta
che l'Alto Giudice Marovia lo venga a sapere
La sedia stridette sulle mattonelle quando Glokta scatt in
piedi, ignorando il dolore furibondo che sentiva alla gamba
sinistra. Guardate!, sibil, e spalanc la bocca onde mo-
strare al prigioniero l'orrenda vista dei suoi denti. O di ci
che ne resta. Li vedete? Li vedete questi? Dove ne hanno
strappato uno sopra, ne hanno lasciato uno sotto, e viceversa,
fino in fondo. Vedete? Glokta si allarg le guance con le
dita, affinch Teufel potesse vedere meglio. Hanno usato
uno scalpellino minuscolo. Un po' per volta, tutti i giorni. Ci
sono voluti mesi. Glokta torn a sedersi rigidamente, poi
fece un ampio sorriso.
Lavoro eccellente, eh? E che ironia! Avere ancora met
dei denti, ma non poterne usare nessuno! Mangio solo zuppe,
praticamente. Il Reggente della Zecca deglut, quasi volesse
mandare gi il groppo che aveva in gola. Glokta vide una
goccia di sudore scorrergli lungo la gota. E i denti furono
solo l'inizio. Lo sapete che devo pisciare seduto come una
donna? Ho solo trentacinque anni, ma mi serve aiuto per al-
zarmi dal letto. Si accomod di nuovo sullo schienale e ste-
se la gamba con una smorfia di dolore. Ogni giorno un in-
ferno per me. Ogni giorno. Ditemi, dunque, pensate davvero
che le vostre parole possano spaventarmi?
Glokta studi il detenuto per prendere tempo. Non siamo
pi tanto audaci, eh? Confessate, sussurr. Cos potremo
impacchettarvi su una nave per l'Angland e dormire un paio
d'ore stanotte.
La faccia di Teufel era diventata pallida quasi quanto
quella del Pratico Gelo, ma non disse nulla. L'Arcilettore ar-
river tra poco, sar gi per strada probabilmente. Se non
ottengo la confessione prima che sia arrivato ci andremo
tutti nell'Angland. Nel migliore dei casi. Glokta afferr il ba-
stone e si tir in piedi. A me piace considerarmi un artista,
ma l'arte richiede tempo, mentre noi abbiamo gi sprecato
met della notte a cercarvi in tutti i bordelli della citt. Fortu-
natamente, il Pratico Gelo ha un olfatto fine e un eccellente
senso dell'orientamento. Riesce a scovare un ratto in un leta-
maio.
Letamaio, fece eco Severard, gli occhi luccicanti al
chiarore arancione del braciere.
Non ci resta molto tempo, quindi ve lo dico senza mezzi
termini: firmerete la confessione nel giro di dieci minuti.
Teufel sbuff e incroci le braccia. Mai.
Tenetelo fermo. Gelo afferr il detenuto da dietro e lo
strinse in una morsa che gli immobilizz il braccio destro
lungo il fianco; Severard, invece, gli prese il polso sinistro e
gli allarg le dita sul ripiano graffiato del tavolo. Glokta
chiuse la mano attorno alla liscia impugnatura della mannaia
e la attir lentamente verso di s, facendo raschiare la lama
sul legno, poi abbass lo sguardo sulla mano di Teufel. Che
belle unghie che ha! Lucide e affusolate. Non sono unghie
fatte per lavorare in una cava. Sollev la mannaia.
Aspetta!, grid il prigioniero.
Bang! La pesante lama intacc il ripiano del tavolo in pro-
fondit e tagli di netto l'unghia del dito medio di Teufel. Il
prigioniero respirava rapidamente adesso e sulla sua fronte
era comparsa una patina lucida di sudore. Ora vedremo dav-
vero di che pasta sei fatto.
Credo che abbiate capito dove s andr a finire, disse
Glokta. Sapete, fecero la stessa cosa a un caporale che fu
catturato assieme a me. Ma quello era un tipo tosto, molto
tosto. Gli amputarono gradualmente il braccio fin sopra il
gomito, un pezzo al giorno, finch non mor. Glokta lev di
nuovo la mannaia. Confessate.
Non saresti
Bang! La lama si port via la punta del dito medio e il
sangue cominci a sprizzare sul tavolo. Gli occhi di Severard
erano sorridenti alla luce delle lampade. Teufel rimase a boc-
ca spalancata, senza emettere suono. Ma il dolore si far
sentire tra poco. Confessate!, tuon Glokta.
Bang! La mannaia tagli la punta dell'anulare e un altro
pezzetto del medio, che rotol sul tavolo per poi cadere per
terra. La faccia di Gelo pareva scolpita nel marmo. Confes-
sate!
Bang! La punta dell'indice salt in aria, mentre la prima
falange del medio era ormai scomparsa. Glokta si ferm un
istante per asciugarsi il sudore sulla fronte con il dorso della
mano, intanto che la gamba gli pulsava forte per lo sforzo. In
quell'intervallo, si sent solo il sangue che gocciolava sulle
mattonelle, costante e regolare. Teufel si guard le dita am-
putate con gli occhi sbarrati.
Severard scosse la testa e comment: Ottimo lavoro, In-
quisitore. Fece correre uno dei dischetti di carne sul tavolo,
prima di aggiungere: Che precisione sono ammirato.
Aaaaah!, grid infine il Reggente della Zecca. Eccolo
finalmente. Glokta lev la mannaia ancora una volta.
Confesser!, strill Teufel. Confesser!
Eccellente, disse Glokta con allegria.
Eccellente, ripet Severard.
Effellente, biascic il Pratico Gelo.
7.

Il vasto e desolato Nord

Quello dei Maghi un ordine antico e misterioso, istruito


sui segreti del mondo ed esperto nell'uso della magia, saggio
e potente oltre l'immaginazione degli uomini. Almeno cos si
diceva. Uno del genere non poteva avere problemi a trovare
un uomo, anche fosse un uomo solo, sperduto nel vasto e de-
solato Nord. Se cos era, allora questo Mago se la stava pren-
dendo un po' troppo comoda.
Logen si gratt la barba aggrovigliata e si chiese che cosa
stesse trattenendo quel grand'uomo. Forse si era perso. Si do-
mand nuovamente se non avrebbe fatto meglio a rimanere
nella foresta, dove almeno c'era cibo in abbondanza, ma gli
spiriti gli avevano indicato il Sud e, se si procedeva in quella
direzione dalle colline, si arrivava necessariamente su queste
lande aride, in cui Logen aveva aspettato a lungo, tra i rovi,
in mezzo al fango e sotto il brutto tempo, per lo pi patendo
la fame.
Dal momento che i suoi stivali si erano consumati ormai,
aveva eretto il suo misero accampamento non lontano dalla
strada, anche per vedere meglio quando fosse arrivato questo
fantomatico stregone. Sin dai tempi delle guerre, il Nord s'e-
ra riempito di feccia pericolosa, come disertori diventati fuo-
rilegge, contadini scappati dalle loro terre incendiate, uomini
disperati e privi di una guida che non avevano pi nulla da
perdere, e cos via. Ma Logen non si preoccupava, perch
nessuno avrebbe avuto motivo di venire in questo posto in
culo al mondo. Nessuno, tranne lui e il Mago.
Quindi, sedeva e aspettava, ogni tanto cercava del cibo e,
non trovandolo, sedeva e aspettava un altro po'. In questo pe-
riodo dell'anno le brughiere erano spesso bagnate da tempo-
rali improvvisi, ma quando poteva Logen accendeva dei fu-
mosi focherelli di stoppie per la notte, onde sollevarsi un tan-
tino il morale fin sotto terra e attirare eventuali stregoni di
passaggio. Quella sera era piovuto, quindi Logen aveva do-
vuto aspettare che il suolo si fosse asciugato un po' prima di
poter accendere il fuoco. Aveva appena messo sulle fiamme
il tegame, per fare uno stufato con l'ultimo pezzo di carne
che si era portato dietro dalla foresta. Il mattino successivo
avrebbe dovuto spostarsi in cerca di cibo, ma il Mago poteva
raggiungerlo in un secondo momento, se ancora gli interes-
sava.
Stava mescolando il suo magro pasto, mentre rifletteva se
ritornare verso nord o proseguire a sud il giorno dopo, quan-
do ud un rumore di zoccoli sulla strada, quello di un cavallo
solo, e lento. Logen si accomod sulla sua giubba e attese.
Sent un nitrito, poi il tintinnio dei finimenti, e infine un
uomo a cavallo apparve sulla cima della collina. Poich il
sole era debole e basso all'orizzonte dietro di lui, Logen non
poteva vederlo chiaramente, ma l'uomo sedeva rigido e im-
pacciato sulla groppa del cavallo, come se non fosse abituato
a viaggiare. Lo sconosciuto spron il cavallo con delicatezza
in direzione del fuoco e tir le redini a qualche passo da lui.
Buona sera, esord.
Non era affatto il tipo di uomo che Logen si era aspettato,
bens un giovane macilento con un pallore da malato in fac-
cia, tutto sorrisi nervosi, occhioni cerchiati di scuro e capelli
lunghi, che la pioggerella gli aveva incollato sulla testa. Era
pi zuppo che saggio, e di certo non potente oltre l'immagi-
nazione degli uomini. Pareva soprattutto affamato, infreddo-
lito e malato. Tuttavia c'era da dire che Logen non aveva un
aspetto poi molto diverso.
Dov' il tuo bastone?
Il giovane parve sorpreso. Io non cio ecco io
non sono un Mago. Arretr di un poco e si inumid le labbra
con fare nervoso.
Gli spiriti mi hanno detto di aspettare un Mago, ma spes-
so si sbagliano.
Oh Beh, io sono un apprendista, ma il mio Maestro, il
grande Bayaz, disse chinando la testa con rispetto, niente
meno che il Primo Mago, esperto nella Nobile Arte e profon-
do conoscitore del mondo. Mi ha mandato a cercarti, il gio-
vane parve all'improvviso dubbioso, per portarti ma tu
sei Logen Novedita?
Logen sollev la mano sinistra e guard il ragazzo pallido
attraverso lo spazio vuoto dove una volta c'era il dito medio.
Oh, meno male. L'apprendista fece un sospiro di sollievo,
poi si ferm di colpo. Cio, voglio dire ehm mi spiace
per il dito.
Logen scoppi a ridere per la prima volta da quando era
riuscito a scampare al fiume. Non era una battuta divertente,
ma rise forte comunque e la cosa gli diede una bella sensa-
zione. Il giovane sorrise e scese di sella tutto dolorante. Il
mio nome Malacus Quai.
Malacus che?
Quai, rispose nell'avvicinarsi al fuoco.
Che razza di nome ?
Provengo dal Vecchio Impero.
Logen non aveva mai sentito nominare quel posto. Un
impero, eh?
Beh, lo era, una volta. La nazione pi potente del Mondo
Circolare. Il giovane si sedette rigidamente accanto ai fuo-
co. Ma la gloria del passato sbiadita da tempo. Ora non
altro che un enorme campo di battaglia. Logen annu, poi-
ch sapeva bene che aspetto avesse un campo di battaglia.
molto lontano, a occidente del mondo. L'apprendista fece
un gesto vago con la mano.
Logen rise di nuovo. Quello l'est.
Al che Quai gli rivolse un sorriso mesto. Sono un veg-
gente, ma non uno dei migliori, a quanto pare. Il Maestro Ba-
yaz mi ha mandato a cercarti, ma non ho incontrato il favore
delle stelle e mi sono perso nel temporale. Si tolse i capelli
da davanti agli occhi e apr le mani. Avevo un cavallo da
soma, carico di cibo e provviste, e un altro cavallo per te, ma
li ho persi entrambi nella tempesta. Temo di non essere adat-
to alla vita all'aperto.
Pare di no.
Quai estrasse una borraccia dalla tasca e si allung per
porgergliela. Logen la prese, la apr e bevve un sorso. Il li-
quore caldo gli scese nella gola, riscaldandolo tutto fino alla
punta dei capelli. Ebbene, Malacus Quai, hai perso le prov-
viste ma hai ancora ci che conta davvero. Strapparmi una
risata difficile di questi tempi. Sei il benvenuto al mio fuo-
co.
Grazie. L'apprendista fece una pausa e mise i palmi di
fronte alle misere fiamme. Sono due giorni che non man-
gio. Scosse la testa e i capelli si mossero di qua e di l.
Sono stati giorni difficili. Si lecc le labbra e fiss il te-
game.
Logen gli pass il cucchiaio. Malacus Quai lo guard con
due occhioni rotondi. Tu hai mangiato?
Logen annu. Non era vero, ma lo sventurato apprendista
sembrava stesse per morire di fame e lo stufato bastava a
malapena per una persona, cos Logen bevve solo un altro
sorso dalla borraccia. Stava bene cos, per ora. Quai si gett
di gusto sullo stufato e, quando ebbe finito, raschi pure gli
avanzi sul fondo, lecc per bene il cucchiaio e persino i bordi
del tegame, tanto per stare sicuro, dopo di che appoggi la
schiena contro un grosso masso. Ti sar per sempre debito-
re, Logen Novedita. Mi hai salvato la vita. Non osavo nean-
che sperare che fossi un ospite tanto cortese.
Neanche io mi aspettavo che fossi cos, onestamente.
Logen bevve di nuovo dalla borraccia e si pul le labbra con
la lingua. Chi questo Bayaz?
Il Primo Mago, esperto nella Nobile Arte e profondo co-
noscitore del mondo. Temo che sar molto contrariato con
me.
un uomo da temere, dunque?
Beh, replic l'apprendista con un filo di voce, ha un
caratteraccio.
Logen bevve altro liquore. Il calore si stava diffondendo
nel suo corpo per la prima volta dopo settimane. Ci fu una
pausa. Che cosa vuole da me, Quai?
Nessuna risposta. Il ragazzo gi russava sommessamente
dall'altra parte del fuoco. Logen sorrise e, avvolgendosi nella
giubba, si mise a dormire anche lui.

L'apprendista si dest in preda a un improvviso accesso di


tosse. Era prima mattina e sul mondo ancora buio aleggiava
una nebbia spessa. Probabilmente era meglio cos, perch
non c'era molto da vedere, a parte miglia e miglia di fango,
roccia e sterpi marroni di ginestrone. Ogni cosa era ricoperta
da uno strato di rugiada gelida, ma Logen era riuscito a tene-
re in vita un focherello triste. Quai, i capelli appiccicati al
volto esangue, si gir su un lato, sempre tossendo, e sput
del catarro per terra.
Aaah, gemette con voce roca, poi toss e sput di nuo-
vo.
Logen assicur sull'infelice cavallo l'ultimo pezzo del suo
misero equipaggiamento e disse: 'Giorno. Lev gli occhi
al cielo bianco, prima di aggiungere: Non un buon giorno,
per
Morir. S, morir, cos non sar costretto a muovermi.
Non abbiamo cibo, quindi se restiamo qui morirai di cer-
to. Cos potr mangiarti e ritornare sulle montagne.
L'apprendista gli rivolse un debole sorriso. Che faccia-
mo, allora?
Gi, bella domanda. Dove si trova questo Bayaz?
Alla Grande Biblioteca del Nord.
Logen non l'aveva mai sentita nominare, ma d'altra parte i
libri non gli erano mai interessati molto. E dove sarebbe?
A sud di qui, a circa quattro giorni di cavallo, accanto a
un grande lago.
Conosci la strada?
L'apprendista si tir in piedi a fatica e rimase l, a dondo-
lare. Oltre ad avere il respiro corto, era pallido come un mor-
to e sulla fronte gli luccicava una patina di sudore. Credo di
s, mormor, ma non sembrava tanto convinto.
Anche ammesso che non si perdessero, n Quai n il suo
cavallo avrebbero potuto affrontare quattro giorni di marcia
senza mangiare, quindi trovare del cibo era la prima cosa. La
strada che portava a sud attraverso i boschi era la migliore, e
anche se il rischio di venire uccisi dai banditi era maggiore,
sarebbe stato pi semplice trovare del cibo. In tutti gli altri
casi sarebbero comunque morti di fame.
Tu andrai a cavallo, disse Logen.
Ma sono stato io a perdere gli altri due, quindi dovrei an-
dare a piedi.
Logen mise la mano sulla fronte del ragazzo e la sent cal-
da e appiccicaticcia. Hai la febbre. meglio che sia tu ad
andare a cavallo.
L'apprendista non tent neanche di controbattere, ma
guard gli stivali malandati di Logen. Almeno, prendi i
miei stivali.
Logen scosse la testa. Troppo piccoli. Si inginocchi
sui resti fumanti del fuoco e arricci le labbra.
Che stai facendo?
Ci sono gli spiriti nel fuoco. Questo qui lo terr sotto la
mia lingua, cos potr usarlo pi tardi per accendere un altro
fal. Quai pareva troppo malato per meravigliarsi, cos Lo-
gen risucchi lo spirito e toss sul fumo, rabbrividendo per il
sapore amaro. Sei pronto per partire?
L'apprendista spalanc le braccia in un gesto di impoten-
za. Pi pronto di cos!

Malacus Quai adorava parlare e lo fece ininterrottamente


mentre attraversavano la brughiera verso sud, per tutto il
tempo che il sole impieg a salire nel cielo caliginoso, e
quando entrarono nel bosco verso sera non aveva ancora
smesso. Neanche la febbre riusciva a zittirlo, ma a Logen
non dispiaceva, perch era passato tanto tempo da quando
aveva parlato con qualcuno, e ascoltare le chiacchiere lo aiu-
tava a distrarsi dal dolore ai piedi. Era esausto e affamato,
ma erano soprattutto i piedi a dargli il vero tormento, poich
gli stivali erano ormai ridotti a due brandelli di pelle consun-
ta, per cui le dita erano piene di tagli e ferite, e il polpaccio
gli faceva ancora male per il morso dello Shanka. Ogni passo
era un'ordalia. Una volta lo definivano l'uomo pi temuto del
Nord, invece ora aveva paura dei pi piccoli rametti e sasso-
lini sul sentiero. Ci sarebbe stato quasi da riderne, se non che
colp un ciottolo con un piede e fu distratto dal dolore.
e cos ho trascorso sette anni a studiare con il Maestro
Zacharus. grande tra i Maghi; pensa che il quinto dei do-
dici apprendisti di Juvens, un grande uomo. Tutto quello
che aveva a che fare coi Maghi sembrava grande agli occhi
di Quai. Ha sentito che ero pronto per venire alla Grande
Biblioteca del Nord a studiare con il Maestro Bayaz e guada-
gnarmi finalmente il bastone del Mago, ma le cose non sono
state semplici per me una volta arrivato l. Il Maestro Bayaz
molto esigente e
D'improvviso il cavallo si ferm, sbuff, e fece un incerto
passo indietro. Logen annus l'aria incupito e sent che c'era-
no degli uomini, gente che non si lavava da parecchio.
Avrebbe dovuto accorgersene prima, ma era stato completa-
mente assorbito dai suoi piedi. Quai lo guard dalla sella.
Che succede?
Come in risposta alla sua domanda, un uomo sbuc da
dietro un albero a circa dieci passi di distanza, e un altro
comparve pi gi lungo la via. Erano feccia, senza alcun
dubbio; lo cap subito perch erano sporchi, con barbe incol-
te, vestiti di pelli stracciate e pellicce mal assortite. Non era-
no poi tanto diversi da Logen, tutto sommato. Quello schele-
trico sulla sinistra impugnava una lancia con dei barbigli sul-
la punta, quello corpulento sulla destra aveva una spada pe-
sante macchiata di ruggine e un vecchio elmo ammaccato
con uno spuntone sulla sommit. Avanzarono, compiaciuti
nei loro ghigni. Logen sent un rumore alle sue spalle e volt
appena la testa cos da scorgere con la coda dell'occhio un
terzo uomo con un grosso bubbone in faccia che veniva cau-
tamente verso di loro lungo la strada, tenendo tra le mani una
pesante ascia di legno.
Quai, con gli occhi spalancati dalla paura, si pieg di lato
sulla sella per bisbigliare a Logen: Sono fuorilegge?
Non eri tu il fottuto veggente?, sibil lui coi denti stret-
ti.
I primi due si fermarono davanti a loro a due passi di di-
stanza. Quello con l'elmo pareva essere il loro capo. Bel ca-
vallo, ringhi. Ci fareste la cortesia di prestarcelo? Quel-
lo con la lancia ghign nell'afferrare le briglie.
Le cose non si stavano mettendo affatto bene; un momen-
to prima gli era sembrato impossibile, ma la sorte aveva tro-
vato il modo di ostacolarli. Logen dubitava che Quai sarebbe
servito a qualcosa in uno scontro, pertanto era da solo ad af-
frontare tre uomini, o anche di pi, armato solo di un pugna-
le. Se non avesse fatto subito qualcosa, lui e Malacus sareb-
bero stati derubati e molto probabilmente uccisi. Bisogna es-
sere realisti m queste situazioni.
Esamin di nuovo i tre fuorilegge e cap che non si aspet-
tavano uno scontro, non con due uomini disarmati, perch la
lancia era tenuta di traverso e la spada puntava verso il bas-
so. L'ascia non poteva vederla, quindi per quella doveva affi-
darsi alla fortuna. La triste realt che chi colpisce per primo
di solito colpisce anche per ultimo, per cui Logen si gir ver-
so l'uomo con l'elmo e gli sput lo spirito in faccia.
Una vampata furibonda di fiamme scoppi a mezz'aria,
avvolgendo in un attimo la testa del bandito, il quale, una
volta mollata la spada, si artigli disperatamente il volto, ma
in questo modo anche le sue braccia presero fuoco. Impoten-
te, l'uomo inizi a lanciare grida e a contorcersi mentre si al-
lontanava.
Il cavallo di Quai si spavent per lo scoppio e si impenn
con uno sbuffo, facendo arretrare goffamente quello schele-
trico che teneva le redini. Logen si butt su di lui, afferr l'a-
sta della lancia con una mano, gli diede sulla faccia una te-
stata tale da frantumargli il naso e, mentre quello si allonta-
nava con il sangue che gli colava sul mento, Logen lo attir
di nuovo a s con uno strattone. Tracci un ampio arco con il
braccio sinistro, per accumulare potenza nel colpo e poi gli
sferr un pugno al collo. Il bandito croll, strozzato, e Logen
gli strapp la lancia dalle mani.
Sentendo poi del movimento alle sue spalle, si butt subi-
to a terra e si rotol verso sinistra. L'ascia sibil nel fendere
l'aria sopra la sua testa e apr un lungo taglio sul fianco del
cavallo, spargendo alcune gocce di sangue per terra e reci-
dendo anche la cintura che teneva la sella in groppa. Bubbo-
ne continu a girare su se stesso, trasportato dalla forza d'i-
nerzia, cos Logen si lanci per assalirlo, ma prese una storta
su un sasso e cominci a zoppicare come un ubriaco, urlando
per il dolore. Una freccia scagliata dagli alberi alle sue spalle
gli sfior la faccia ma svan tra i cespugli sul lato opposto del
sentiero. Il cavallo nitriva, scalciava, rivoltando gli occhi in
modo frenetico, finch alla fine non part lungo il sentiero al
galoppo sfrenato. Malacus Quai emise una specie di guaito
quando la sella scivol dalla groppa dell'animale e lui piom-
b tra i cespugli.
Logen per non aveva tempo di pensare a lui adesso. Con
un folle ruggito di battaglia si scagli contro l'uomo con l'a-
scia nell'intento di infilzargli il cuore con la lancia, solo che
l'altro sollev in tempo la sua arma per deviare la traiettoria
del colpo. Ma non abbastanza. La punta gli trapass la spalla
da parte a parte, lo fece girare su se stesso con un movimento
che spezz l'asta della lancia. Logen perse l'equilibrio e ince-
spic in avanti, finendo per cadere addosso a Bubbone e
graffiandosi la fronte con la punta di metallo che usciva fuori
dalla schiena dell'altro, ma ci non gli imped di afferrargli i
capelli arruffati con entrambe le mani e di fracassargli la fac-
cia contro un sasso.
Si rialz con gran fatica e si pul il sangue dagli occhi ap-
pena in tempo per vedere una freccia che, dal fitto della ve-
getazione, and a conficcarsi con uno schiocco secco nel
tronco di un albero a soli a due passi di distanza da lui. Lo-
gen si fiond contro l'arciere, che solo adesso vide essere un
ragazzo che non poteva avere pi di quattordici anni, ma che
stava proprio allora prendendo un'altra freccia. Logen estras-
se il pugnale. Con gli occhi sgranati dal panico, il giovane
incocc, ma si lasci sfuggire sia corda che freccia in modo
maldestro, cosa di cui lui stesso parve molto sorpreso.
Allora Logen gli fu addosso e il giovane cerc di colpirlo
con l'arco, ma lui si abbass e balz in avanti, portando il
coltello verso l'alto con entrambe le mani. La lama penetr
sotto il il mento del ragazzo e lo alz da terra, per poi spez-
zarglisi in gola. Mentre cadeva sopra di lui, Logen si tagli il
braccio con la lama spezzata. C'era sangue ovunque che si ri-
versava dalla fronte e dal braccio di Logen, e ora anche dallo
squarcio nella gola del ragazzo.
Spinse il cadavere da una parte e and ad appoggiarsi
esausto contro il tronco di un albero, per riprendere fiato. Il
cuore gli batteva all'impazzata, nelle orecchie sentiva il ron-
zio del sangue e stava per vomitare. Sono ancora vivo,
sussurr. Sono ancora vivo. Le ferite sulla testa e sul brac-
cio cominciavano a pulsare: altre due cicatrici. Sarebbe potu-
ta andare molto peggio. Si tolse il sangue dagli occhi e zop-
pic fino al sentiero.
Malacus Quai era in piedi che fissava i tre cadaveri con il
volto cinereo. Logen lo prese per le spalle e lo guard dall'al-
to in basso. Sei ferito?
Quai non distoglieva gli occhi dai corpi. Sono morti?
Il cadavere di quello grosso con l'elmetto era ancora fu-
mante ed emanava un odore disgustosamente invitante di
carne cotta. Logen not che aveva un paio di stivali in buone
condizioni, molto pi integri dei suoi, in ogni caso. L'uomo
con il bubbone stava con il collo troppo ritorto per essere
vivo, a parte il fatto che aveva una lancia ficcata in corpo.
Quando Logen gir il cadavere dell'uomo scheletrico con un
piede, vide che aveva ancora un'espressione sorpresa sul vol-
to insanguinato e che lo guardava a bocca aperta con gli oc-
chi spalancati, fissi al cielo.
Devo avergli sfondato la trachea, mormor. Le sue
mani inzaccherate di sangue non smettevano di tremare, al
punto che dovette afferrarsele una con l'altra per farle stare
ferme.
Che ne stato di quello tra gli alberi?
Logen annu e basta. Che successo al cavallo?
Scappato, rispose Quai con aria disperata. Che faremo
adesso?
Vediamo se avevano del cibo con loro. Logen indic il
cadavere fumante. E tu mi aiuti a togliergli gli stivali.
8.

Allenamenti di scherma

Stagli addosso, Jezal, forza! Non essere timido!


Jezal non se lo fece ripetere due volte e balz in avanti per
stoccare con la destra. West era gi sbilanciato, perci indie-
treggi in modo scomposto, a stento in grado di parare l'af-
fondo con la lama corta. Per rendere l'allenamento un po' pi
pericoloso, quest'oggi stavano usando spade con un minimo
di affilatura, troppo smussate per trafiggere un uomo, ma co-
munque in grado di infliggere qualche doloroso graffio, se ci
si impegnava. E Jezal aveva tutta l'intenzione di farla pagare
al Maggiore per l'umiliazione subita il giorno prima.
Bravo, non dargli tregua! Affonda, affonda, Capitano!
Affonda!
West tent un goffo fendente di taglio, ma Jezal seppe
prevedere il colpo e devi la lama avversaria, sempre incal-
zando e stoccando al meglio delle sue capacit. And di ta-
glio con la sinistra, due volte, e West, nel tentativo disperato
di proteggersi, fin contro il muro. Jezal l'aveva in pugno, fi-
nalmente. Esplose in una scomposta risata nell'affondare an-
cora la spada lunga, ma l'avversario, sorprendentemente, par-
ve essersi risvegliato di colpo: scart da una parte e fece un
allungo laterale con inattesa fermezza. Senza pi equilibrio,
Jezal incespic in avanti ed emise un gemito di sorpresa
quando la punta della sua spada and a infilarsi tra due mat-
toni, sfuggendogli dalla mano intorpidita e restando l a
oscillare, conficcata nel muro.
West part all'attacco, evit l'unica spada che ancora gli ri-
maneva e diede a lui una forte spallata. Ufff, fece Jezal,
mentre cadeva all'indietro e gli scappava di mano anche la
spada corta, che prese a scivolare sull'acciottolato, finch il
Maresciallo Varuz non la blocc con eleganza sotto il piede.
La punta smussata dell'arma di West si lev alla gola di Je-
zal.
Maledizione!, imprec. Il Maggiore gli offr la mano,
tutto sorridente.
Gi, mormor Varuz con un sospiro profondo, maledi-
zione, appunto. La tua esecuzione stata anche peggiore di
quella di ieri, se possibile! Hai permesso al Maggiore di
prendersi ancora gioco di te! Jezal respinse la mano di West
con un gesto brusco e si tir in piedi. Neanche per un minu-
to ha perso il controllo dello scontro! Ti sei lasciato attirare
nella sua trappola, per poi essere disarmato! Disarmato! Mio
nipote non avrebbe mai commesso questo errore, e ha otto
anni! Varuz sbatt il bastone per terra. Vorresti cortese-
mente spiegarmi come farai a vincere un incontro di scherma
da sdraiato e senza le tue spade, Capitano Luthar?
Jezal tenne il broncio e si massaggi la nuca.
No? In futuro, se mai dovessi cadere da un dirupo assie-
me alle tue spade, voglio vederti schiantato in tanti piccoli
pezzetti, ma sempre con le armi strette tra le mani morte, mi
senti?
S, Maresciallo Varuz, borbott un cupo Jezal, deside-
rando che fosse quel vecchio bastardo a precipitare gi da un
dirupo. Anzi, dalla Torre delle Catene, a braccetto con il
Maggiore West, quello sarebbe stato pi opportuno.
La troppa fiducia in s una maledizione per l'uomo di
spada! Si deve considerare ogni avversario come se fosse
l'ultimo. E per quanto riguarda il tuo gioco di gambe, Varuz
fece una smorfia di disgusto, va bene quando vieni avanti,
ma quando indietreggi una catastrofe. Al Maggiore basta-
to darti un colpetto per farti afflosciare come una svenevole
scolaretta.
West sorrideva compiaciuto. Se la stava spassando da mo-
rire, adorava vederlo umiliato, accidenti a lui.
Si dice che le gambe di Bremer dan Gorst siano salde
come pilastri d'acciaio, quando indietreggia. Pilastri d'accia-
io, capisci? Si farebbe prima a demolire il Palazzo del Crea-
tore. Il Lord Maresciallo indic il profilo lontano del gigan-
tesco torrione, che incombeva sugli edifici del cortile. Il Pa-
lazzo del Creatore!, grid, pieno di disgusto.
Jezal tir su col naso e sbatt il tacco dello stivale per ter-
ra, chiedendosi per la centesima volta se non fosse meglio la-
sciar perdere e rifiutarsi da oggi in poi di tenere di nuovo in
mano una spada. Ma poi che cosa avrebbe detto la gente?
Suo padre, che era assurdamente fiero di lui, se ne andava in
giro a vantarsi del suo talento con chiunque gli desse ascolto.
Voleva con tutto il cuore vedere suo figlio combattere sulla
Piazza dei Marescialli, di fronte a una folla in delirio; quindi,
se Jezal si fosse arreso ora, suo padre ne sarebbe rimasto
mortificato, e allora tanti saluti all'incarico di Capitano, tanti
saluti alla rendita e tanti saluti alle sue ambizioni. Senza dub-
bio, i suoi fratelli avrebbero fatto i salti di gioia.
Il segreto sta nell'equilibrio, continuava Varuz. Tutta
la forza proviene dalle gambe! Da oggi in poi faremo un'ora
in pi sulla trave. Tutti i giorni. Jezal fece una smorfia. Ri-
capitoliamo: corsa, esercizi con la barra, posizioni, un'ora di
duello, poi di nuovo posizioni e infine un'ora sulla trave. Il
Lord Maresciallo annu soddisfatto. Per ora, baster. Ci ve-
diamo alle sei in punto domani mattina, e voglio vederti luci-
do, sobrio e riposato. Varuz aggrott la fronte. Lucido. So-
brio. Riposato.

Non potr tenere questo ritmo per sempre, sai?, disse


Jezal, rigido e zoppicante, di ritorno ai suoi alloggi. Quanta
merda si pu umanamente sopportare?
West sorrise. E questo nulla. Non ho mai visto il vec-
chio bastardo essere cos tenero coi suoi allievi. Devi stargli
parecchio simpatico, perch con me non mai stato tanto
bendisposto.
Jezal non poteva crederci. Era peggiore di cos?
Io non avevo la tua preparazione. Pensa che una volta mi
ha fatto tenere la barra sospesa sulla testa per un giorno inte-
ro, finch non mi caduta addosso. Il Maggiore ostent una
piccola smorfia, come se persino il ricordo gli facesse male.
Mi faceva salire e scendere di corsa dalla Torre delle Catene
con l'armatura completa addosso, senza contare le quattro
ore di duello, tutti i giorni.
E come hai fatto a resistere?
Non avevo altra scelta. Non sono un nobile, io. La scher-
ma era l'unico modo per farmi notare. Dopo tutto, ha portato
i suoi frutti. Quanti popolani conosci che svolgono un incari-
co nella Guardia del Re?
Jezal si strinse nelle spalle. Ora che ci penso, pochissi-
mi. Ma in quanto nobile, riteneva giusto che non ce ne fos-
se nessuno.
Tu, invece, sei di buona famiglia, e gi Capitano. Se riu-
scirai a vincere il Torneo, arriverai molto lontano. Il Lord
Ciambellano Hoff, l'Alto Giudice Marovia, lo stesso Varuz,
se per questo, furono dei campioni ai loro tempi, e i cam-
pioni con il sangue nobile finiscono sempre per fare grandi
cose.
Jezal sbuff. Come il tuo amico San dan Glokta?
Quel nome piomb tra di loro come un sasso. Beh
quasi sempre.
Maggiore West!, grid una voce rude alle loro spalle.
Un sergente corpulento con una cicatrice lungo la guancia si
stava precipitando verso di loro.
Sergente Forest, come stai?, chiese West nel dare al sol-
dato una calorosa pacca sulla schiena. Ci sapeva fare coi
contadini, ma del resto Jezal doveva sempre tenere a mente
che lo stesso West era poco pi di un contadino; nonostante
fosse un ufficiale, un uomo istruito e via dicendo, aveva pi
cose in comune con il sergente di quante ne avesse con lui, a
pensarci bene.
Il soldato si illumin. Bene, grazie, signore. Fece un
cenno di rispetto anche a lui. Buongiorno, Capitano.
Gli rispose con un cenno gelido e si volt a guardare il
viale. Non riusciva proprio a capire perch un ufficiale do-
vesse intrattenersi con un soldato di grado inferiore, e questo
qui in particolare era brutto e sfregiato. Jezal non sapeva che
farsene delle persone brutte.
Che cosa posso fare per te?, gli stava chiedendo West.
Il Maresciallo Burr desidera vedervi, signore, per un in-
contro urgente. Tutti gli ufficiali anziani hanno l'ordine di
presenziare.
Il volto di West si rabbui. Far il prima possibile. Il
sergente lo salut e si allontan con ampie falcate.
Di che si tratta?, chiese Jezal con noncuranza, mentre
osservava uno scrivano correre dietro a un foglio che gli era
volato di mano.
Dell'Angland. per via di questo Re degli Uomini del
Nord, Bethod. West pronunci quel nome con un'espressio-
ne cupa, come se gli lasciasse l'amaro in bocca. Dicono che
abbia sconfitto tutti i suoi nemici al Nord e che ora desideri
una guerra con l'Unione.
Beh, se una guerra che vuole, disse Jezal in tono
vago. Le guerre erano una cosa positiva, secondo lui, perch
costituivano un'ottima opportunit di guadagnarsi la gloria e
di avanzare di posizione. Il foglio, fluttuante nella brezza
leggera, gli svolazz accanto allo stivale, inseguito dall'af-
fannato scrivano. Jezal gli rivolse un ghigno quando l'uomo
gli pass davanti, praticamente piegato in due nel goffo ten-
tativo di afferrarlo.
Ma il Maggiore prese al volo il documento sudicio e glie-
lo consegn. Grazie, signore, disse lo scrivano, con la fac-
cia sudata piena di commozione e gratitudine, grazie infini-
te!
Di nulla, mormor West e allora l'uomo fece un piccolo
inchino servile e fil per la propria strada, con immensa de-
lusione di Jezal, che invece si stava divertendo. Potr anche
scatenarsi una guerra, ma quello il minore dei miei proble-
mi al momento. West esal un profondo sospiro. Mia so-
rella ad Adua.
Non sapevo avessi una sorella.
Invece ce l'ho, ed qui.
Allora? Non era molto entusiasta di ascoltare le vicende
della sorella del Maggiore, per il semplice motivo che, seb-
bene West si fosse fatto una posizione, la sua famiglia rima-
neva ben al di sotto della considerazione di Jezal. A lui inte-
ressavano popolane di cui potersi approfittare e nobildonne
in et da marito. Tutte le altre comprese tra queste due cate-
gorie non contavano niente.
Beh, mia sorella sa essere affascinante, ma anche piut-
tosto anticonvenzionale. indomabile quando ha la luna
storta. La verit che preferirei avere a che fare con un bran-
co di Uomini del Nord che con lei.
Oh, andiamo, West, rispose Jezal distrattamente, perch
ascoltava a malapena ci che il Maggiore stava dicendo.
Sono certo che non poi un tipo cos difficile.
Il Maggiore si illumin. Bene, sono sollevato di sentirte-
lo dire. Ha sempre voluto vedere l'Agriont e sono anni che le
prometto di fargliela visitare, se mai fosse venuta qui. In ef-
fetti, il giro turistico fissato proprio per oggi. Jezal si sent
sprofondare. Ma ora, con questo incontro
Sono molto impegnato in questi giorni!, si lagn Jezal.
Prometto che ti render il favore. Ci vediamo tra un'ora
ai miei alloggi.
Aspetta Ma West si stava gi allontanando.

Fa' che non sia troppo brutta, pensava Jezal avvicinando-


si lentamente alla porta degli alloggi del Maggiore West, da-
vanti alla quale alz malvolentieri il pugno per bussare. Ti
prego, fa' che non sia troppo brutta. E neanche troppo stupi-
da. Va bene tutto, ma non sprecare il pomeriggio per colpa
di un'oca starnazzante. Stava per bussare, quando ud delle
voci parlare in tono sostenuto dall'altra parte, cos si immobi-
lizz con aria colpevole, avvicinando sempre di pi l'orec-
chio al legno, nella speranza di origliare qualche complimen-
to nei suoi confronti.
e che fine ha fatto la tua damigella?, chiese la voce
del Maggiore West, attutita e molto irritata.
L'ho dovuta lasciare a casa, c'erano tante cose da fare.
Non ci va nessuno da mesi. La sorella di West. Jezal si intri-
st udendo il vocione della ragazza, perch voleva dire che
sicuramente era grassa, e lui non poteva farsi vedere in giro
per l'Agriont a braccetto con una grassona, gli avrebbe rovi-
nato la reputazione.
Ma non puoi semplicemente metterti a gironzolare per la
citt da sola!
Qui ci sono arrivata, giusto? Dimentichi chi siamo, Col-
lem; io ci so stare senza una serva. In ogni caso, anche io
sono poco pi che una serva qui. E poi ci sar il tuo amico, il
Capitano Luthar, a controllarmi.
Peggio che mai, e tu lo sai dannatamente bene!
Beh, ma come facevo a sapere che avevi un impegno?
Credevo che avresti trovato un po' di tempo per tua sorella.
Da come rispondeva, non sembrava un'idiota e questo gi era
qualcosa, ma era comunque grassa, e stizzosa per giunta.
Non sono al sicuro con il tuo amico?
No, lui una brava persona, pi o meno, ma mi chiedo
se lui sia al sicuro con te. Jezal non capiva cosa intendesse
il Maggiore con quel commento. E poi, camminare per l'A-
griont da sola, con un uomo che conosci appena? Non fare
finta di non capire, perch capisci benissimo! Cosa penser
la gente?
Al diavolo ci che pensa la gente! Jezal si scost di
scatto dalla porta: non era abituato a sentire un linguaggio si-
mile dalla bocca di una signora. Grassa, stizzosa e volgare,
maledizione! Era peggio di quanto si aspettasse. Rivolse lo
sguardo al corridoio, gi in cerca di una scusa, ma la sfortuna
volle che qualcuno stesse salendo le scale proprio in quel
momento, quindi non poteva andarsene senza essere visto.
Non poteva fare altro che bussare e affrontare l'inevitabile,
dunque strinse i denti e, pieno di risentimento, buss.
Le voci tacquero all'istante. Jezal si obblig a ostentare un
sorriso amichevole, bench poco convincente. Che la tortura
avesse inizio. La porta si spalanc.
Chiss perch, si era aspettato una versione pi bassa e
pi grassa del Maggiore West, solo in gonnella, invece scopr
di essersi sbagliato di molto. Forse, aveva un po' di carne in
pi rispetto ai dettami della moda, visto che erano le ragazze
magrissime ad andare per la maggiore, ma non si poteva de-
finirla grassa, niente affatto. Aveva capelli scuri e pelle ab-
bronzata, forse un po' troppo rispetto alla donna ideale, che
invece doveva restare lontana dal sole il pi possibile, ben-
ch guardandola non ricord pi il perch. Anche gli occhi
erano scuri, quasi neri, e sebbene l'azzurro facesse furore,
quelli di lei brillavano alla poca luce dell'ingresso in maniera
piuttosto seducente.
Lei gli sorrise ed era un sorriso strano il suo, un po'
sghembo, che gli diede una lieve sensazione di disagio, come
se sapesse qualcosa di divertente di cui lui non era al corren-
te. Per, che denti perfetti, cos bianchi e brillanti! La rabbia
di Jezal ci mise poco a svanire, e pi la guardava, pi la sua
mente si svuotava di ogni pensiero di senso compiuto.
Salve, esord la ragazza.
La bocca di Jezal si schiuse, quasi d'abitudine, ma non
riusc a proferire parola. La sua mente era una pagina bianca.
Voi dovete essere il Capitano Luthar.
Ehm
Io sono la sorella di Collem, Ardee. Poi si diede uno
schiaffo sulla fronte. Ma che sciocca sono! Collem deve
avervi parlato di me. So che voi due siete molto amici.
Jezal rivolse uno strano sguardo al Maggiore, che lo stava
fissando con le sopracciglia aggrottate e l'aria un po' arrab-
biata. Non sarebbe stato cortese dirle che, prima di quella
mattina, era del tutto all'oscuro della sua esistenza, quindi si
sforz di concepire una risposta che fosse un minimo diver-
tente, ma non gli venne in mente nulla.
Ardee lo prese per un braccio e lo attir nella stanza, sen-
za mai smettere di parlare. So che siete uno spadaccino fe-
nomenale, ma si dice anche che la vostra arguzia sia pi affi-
lata della vostra spada. Al punto che usate solo quest'ultima
contro gli amici, perch il vostro spirito molto pi letale.
Poi lo guard in attesa di una risposta. Silenzio.
Beh, biascic, s, un po' so usare la lama. Patetico.
Letteralmente terribile.
Ma questo il nostro uomo oppure il giardiniere? Lo
esamin con una strana espressione in volto, difficile da de-
cifrare, ma forse era lo stesso tipo di sguardo che Jezal
avrebbe rivolto a un cavallo che voleva comprare: cauto, in-
dagatore, concentrato e un po' sprezzante. Pare, dunque, che
anche i giardinieri qui indossino divise splendide.
Jezal era quasi certo di essere stato appena insultato, ma
era troppo impegnato a cercare una risposta spiritosa per far-
ci caso. Doveva dire subito qualcosa, oppure avrebbe passato
l'intera giornata in un silenzio imbarazzato, perci apr bocca
e si affid alla fortuna. Scuserete la mia aria sbalordita, ma
il Maggiore West ha cos poco fascino che mai avrei immagi-
nato una sorella di tale bellezza.
West soffoc una risata, mentre lei sollev un sopracciglio
e tenne il conto con la punta delle dita. Offensivo nei con-
fronti di mio fratello, ed un bene. Divertente, e anche que-
sto bene. Onesto, il che mi fa molto piacere e mi lusinga, e
ci chiaramente un bene. Un po' ritardatario, ma tutto som-
mato valeva la pena aspettare. Guard Jezal dritto negli oc-
chi. Forse il pomeriggio non sar una totale perdita di tem-
po.
Jezal non sapeva se aveva gradito quest'ultimo commento
e non sapeva neanche se gradiva il modo in cui lei lo stava
studiando, per gli piaceva guardarla ed era pronto a perdo-
narle quasi tutto. Le donne di sua conoscenza di rado diceva-
no qualcosa di intelligente, soprattutto quelle carine. Aveva
sempre dato per scontato che fossero semplicemente educate
a sorridere, annuire e ascoltare, per lasciar parlare gli uomini.
A conti fatti, Jezal era d'accordo con questa consuetudine,
ma l'intelligenza si addiceva bene alla sorella di West e lei
aveva decisamente stuzzicato la sua curiosit. Depenn
"grassa" e "stizzosa" dalla sua lista senza pensarci due volte,
e per quanto riguardava "volgare" Beh, le persone affasci-
nanti non sono mai volgari, no? Lei era solo anticonven-
zionale. Stava cominciando a pensare che, forse, come aveva
detto lei, il pomeriggio non sarebbe stato una totale perdita
di tempo.
West si avvi alla porta. Pare debba lasciarvi a prendervi
in giro a vicenda. Il Lord Maresciallo Burr mi aspetta. Non
fate nulla che io non farei, d'accordo? La raccomandazione
sembrava rivolta a Jezal, anche se West stava guardando sua
sorella.
Dunque, possiamo fare tutto, in teoria, disse lei scoc-
cando uno sguardo a Jezal, che si sorprese nel sentire il ros-
sore salirgli alle guance, neanche fosse una bambinetta; cos
diede qualche colpo di tosse e abbass lo sguardo sugli stiva-
li.
West alz gli occhi al cielo. Ah, piet, disse nel chiude-
re la porta.
Vi andrebbe di bere qualcosa?, domand Ardee, che gi
stava versando del vino in un bicchiere. Adesso era solo con
una bellissima e giovane donna. Certo, non era un'esperienza
nuova, si disse Jezal, eppure non si sentiva sicuro di s come
al solito.
S, grazie, molto gentile, le rispose. Gi, il vino era pro-
prio quello che ci voleva per calmare i nervi. Lei gli porse il
bicchiere e ne riemp un altro per s. Jezal si chiese se non
fosse sconveniente per una giovane donna bere a quell'ora
del giorno, ma sembr inutile dire qualcosa, dopotutto non
era mica sua sorella!
Ditemi, Capitano, come avete conosciuto mio fratello?
Beh, il mio superiore, e tiriamo di scherma insieme,
rispose. Il suo cervello stava ricominciando a funzionare.
Ma d'altra parte questo gi lo sapete.
Lei gli sorrise. Certo che lo so, ma la mia governante so-
steneva sempre che si deve concedere ai giovani uomini la
loro parte di conversazione.
Jezal per poco non si strozz mentre mandava gi, versan-
dosi un po' di vino sulla giacca. Oh, che sbadato, disse.
Ecco, tenetelo un momento. Ardee gli consegn il suo
bicchiere, che Jezal prese senza pensare, ritrovandosi con en-
trambe le mani occupate. Quando lei cominci a tamponargli
il petto con un fazzoletto bianco, lui non pot obiettare alla
sua sfrontatezza. Per la verit, se lei non fosse stata cos bel-
la, avrebbe obiettato eccome. Si chiese se Ardee avesse la
minima idea della splendida veduta che gli stava offrendo del
suo petto. Ovviamente no, come poteva? Lei era semplice-
mente nuova qui, ignara delle usanze della corte, coi modi
spontanei delle ragazze di campagna, e cos via bella vista
per, non lo si poteva negare.
Fatto. Ora va meglio, fece lei, ma il suo tentativo di pu-
lizia non aveva sortito grandi differenze, almeno non nella
divisa. Gli prese entrambi i bicchieri dalle mani e scol il suo
con un rapido e ben collaudato movimento della testa, poi li
spinse sul tavolo. Vogliamo andare?
S certamente. Oh. Le offr il braccio.
Ardee lo condusse lungo il corridoio e poi gi per le scale,
sempre chiacchierando liberamente. Lo assedi con una raf-
fica di parole pi simili a stoccate e, come aveva notato il
Maresciallo Varuz poco prima, la sua difesa era debole. Jezal
tent disperatamente di parare questi colpi mentre attraversa-
vano l'ampia Piazza dei Marescialli, ma riusc a malapena a
proferire parola. Era come se Ardee fosse quella di citt e lui
il bifolco venuto dalla provincia.
La Casa dei Guerrieri si trova l dietro? Lei fece un
cenno della testa per indicare il muro imponente che separa-
va il quartier generale dell'esercito dell'Unione dal resto del-
l'Agriont.
Esatto. L ci sono gli uffici dei Marescialli. E anche gli
alloggi, le armerie e Perse il filo, non gli venne in mente
altro da aggiungere, ma Ardee arriv in suo soccorso.
Dunque, mio fratello da qualche parte l dentro. un
soldato famoso, suppongo, il primo a superare la breccia di
Ulrioch e cos via.
Beh, s, il Maggiore West gode di molto rispetto qui
Per certe volte cos noioso, non trovate? Gli piace
cos tanto sembrare misterioso e tormentato! Sorrise appe-
na, in modo distante, e si gratt il mento con fare meditabon-
do, proprio come faceva sempre suo fratello. L'imitazione di
West era perfetta e Jezal non pot fare a meno di ridere, ma
cominciava a chiedersi se non fosse sconveniente camminare
a braccetto cos vicini, come se fossero intimi. Non che gli
dispiacesse chiaramente, anzi, tutto l'opposto, ma la gente li
guardava.
Ardee inizi lui.
E cos questa la Via del Re.
Ehm, s, ma Ardee
Lei stava ammirando la magnifica statua di Harod il
Grande, i cui occhi severi parevano fissare qualcosa in se-
condo piano. Harod il Grande?, chiese.
Ehm, s. Nei secoli bui, prima che si costituisse l'Unione,
combatt per riunire i Tre Regni. Fu lui il primo Re Supre-
mo. Idiota, pens Jezal, lo sa gi questo, tutti lo sanno.
Ardee, credo che vostro fratello non approverebbe
E questo invece Bayaz, il Primo Mago?
S, era il consigliere pi fidato di Harod. Ardee
vero che ancora lasciano un posto vuoto per lui nel
Consiglio Ristretto?
Jezal rimase sbalordito. Sapevo ci fosse un posto vuoto
l dentro, ma non sapevo che
Hanno tutti l'espressione cos seria, non vi pare?
Beh immagino che quelli fossero tempi difficili, ri-
spose con un sorriso fiacco.
Un Cavaliere Araldo stava percorrendo fragorosamente il
viale verso di loro, in sella a un enorme sauro schiumante,
con il sole che gli luccicava sulle ali dorate dell'elmo. I se-
gretari si sparpagliarono per lasciarlo passare e Jezal cerc di
spostare delicatamente Ardee dal centro della strada ma, con
sua grande costernazione, la ragazza rifiut di muoversi. Il
cavallo pass sfrecciando a pochi pollici da lei, abbastanza
vicino perch il vento le scompigliasse i capelli e ne sbattes-
se una ciocca sulla faccia di Jezal. Lei si gir verso di lui,
con le gote arrossate dall'eccitazione, ma altrimenti impassi-
bile di fronte alla tragedia appena sfiorata.
Un Cavaliere Araldo?, chiese, prendendo di nuovo Je-
zal sottobraccio e guidandolo lungo la Via del Re.
S, squitt lui, nel tentativo disperato di controllare la
voce, ai Cavalieri Araldi viene affidato il grave compito di
portare i messaggi del Re in ogni zona dell'Unione. Il suo
cuore smise di martellare. Anche oltre il Mare Circolare
fino nell'Angland, a Dagoska e Westport. Sono la voce del
Re e per loro proibito parlare se non per conto di Sua Mae-
st.
Abbiamo incontrato Fedor dan Haden sulla nave, duran-
te il viaggio per venire qui. Anche lui un Cavaliere Araldo,
eppure abbiamo parlato per ore. Jezal cerc, senza riuscirvi,
di trattenere la sua meraviglia. Di Adua, dell'Unione, della
sua famiglia. Ha anche nominato voi, a dirla tutta. Jezal fal-
l nuovamente nell'ostentare un'aria noncurante. In relazio-
ne all'imminente Torneo. Ardee si avvicin ancora di pi.
Dice che Bremer dan Gorst vi far a pezzi.
Jezal toss come se fosse sul punto di strangolarsi, ma se
la cav bene dicendo: Sfortunatamente, questa un'opinio-
ne largamente diffusa.
Ma voi non la condividete, spero.
Beh
Lei si ferm, gli prese la mano e lo fiss negli occhi con
espressione sincera. Sono certa che lo sconfiggerete, non
importa ci che dicono gli altri. Mio fratello parla molto
bene di voi e sapete che lui avaro di complimenti.
Ah, mormor Jezal. Sentiva alle dita un piacevole
formicolio; gli occhi di Ardee erano grandi e scuri, luminosi
al punto che le parole gli vennero meno. E poi quel suo
modo di mordersi il labbro inferiore, bello e carnoso, gli im-
pediva di pensare. Non gli sarebbe dispiaciuto mordicchiarlo
un po' anche lui. Beh, grazie, disse soltanto, e sorrise come
un cretino.
Cos questo il parco, continu Ardee, giratasi ad am-
mirare la vegetazione. anche pi bello di quanto immagi-
nassi.
Eh gi.
meraviglioso essere al centro delle cose. Sapete, io ho
passato quasi tutta la vita ai margini, mentre qui si prende-
ranno decisioni importanti, sar pieno di persone
influenti Ardee sfior con la mano le fronde di un salice
che cresceva accanto alla via. Collem preoccupato che
scoppi una guerra al Nord, e il pensiero di sapermi in perico-
lo l'ha spinto a farmi venire qui. Per credo che si preoccupi
troppo. Voi che ne pensate, Capitano Luthar?
Fino a un paio d'ore prima, Jezal era beatamente ignaro
dell'attuale situazione politica, ma non poteva certo rispon-
derle cos. Beh, diciamo che inizi, sforzandosi di ricor-
dare il nome, e poi, sollevato, aggiunse: Un buffetto sulle
mani dovrebbe bastare per questo Bethod.
Ma dicono che abbia raccolto pi di ventimila Uomini
del Nord sotto il suo vessillo. Si avvicin a lui. Barbari,
bisbigli. Selvaggi, sussurr. Ho sentito che scuoia vivi i
prigionieri.
Jezal giudicava questa conversazione poco adatta a una
giovane signora. Ardee
Ma sono certa che uomini come voi e mio fratello ci pro-
teggeranno, noi donne non avremo nulla di cui
preoccuparci. Detto questo, si volt e si allontan lungo il
sentiero. Jezal dovette aumentare di nuovo il passo per rag-
giungerla.
E quello il Palazzo del Creatore?, chiese lei, indican-
do con la testa il profilo scuro dell'immane torrione.
S, esatto.
Nessuno ci entra mai?
Nessuno. Almeno, non da quando sono vivo io. Il ponte
levatoio chiuso dall'interno. Guard la torre con la fronte
aggrottata. In effetti era strano che non ci avesse mai pensa-
to, ma vivendo nell'Agriont ci si abituava a vederlo e non ci
si faceva pi caso. Il Palazzo sigillato, credo.
Sigillato? Ardee gli venne molto vicina. Jezal si guard
attorno nervosamente, ma nessuno li stava guardando. Non
vi pare strano che nessuno entri mai l dentro? Non vi pare
un mistero? Poteva quasi sentire il respiro di lei sul collo.
Voglio dire, perch non buttare gi la porta?
Jezal stava facendo uno sforzo immane per concentrarsi,
con Ardee che gli stava tanto vicina, e per un istante di spa-
vento ed eccitazione insieme si chiese se la ragazza non stes-
se facendo la civetta con lui. Ma no, certo che no! Lei non
era abituata alla citt, ecco tutto, e aveva i modi spontanei di
una ragazza di campagna eppure, gli stava molto vicino.
Ah, se solo fosse stata meno attraente o meno sicura! Se solo
fosse stata meno la sorella di West!
Tossicchi e rivolse gli occhi al sentiero, nella vana spe-
ranza di trovare una distrazione ma, bench ci fossero alcune
persone per strada, non vide nessuno che conosceva, a
parte L'incantesimo di Ardee si infranse all'improvviso e
Jezal raggel: una figura ingobbita, vestita con indumenti
troppo pesanti per la giornata soleggiata, veniva claudicante
verso di loro, appoggiandosi pesantemente a un bastone. Era
quasi piegato in due e faceva smorfie di dolore a ogni passo;
i passanti, pi veloci di lui, gli stavano alla larga. Jezal cerc
di svignarsela assieme ad Ardee prima che l'uomo li vedesse,
ma lei oppose un'aggraziata resistenza e si diresse diritta ver-
so l'Inquisitore zoppo.
La testa dell'uomo scatt verso di loro mentre si avvicina-
vano e nei suoi occhi luccic un barlume di discernimento:
l'aveva riconosciuto. Il cuore di Jezal sprofond. Non c'era
modo di evitarlo, ormai.
Ma guardate, il Capitano Luthar!, esord cordialmente
Glokta, trascinandosi un po' troppo vicino per stringergli la
mano. Che piacere! Sono sorpreso che Varuz vi abbia con-
gedato cos presto. La vecchiaia deve averlo ammorbidito.
Il Lord Maresciallo ancora molto esigente, ribatt
freddo Jezal.
Spero che i miei Pratici non vi abbiano infastidito l'altra
notte. L'Inquisitore scosse la testa con aria triste. Non co-
noscono le buone maniere, ma sono eccellenti nel loro lavo-
ro! Giuro che il Re non possiede due servitori pi fedeli.
Presumo che tutti serviamo il Re a modo nostro. Jezal
profer il commento in tono pi ostile di quanto avrebbe vo-
luto, ma se Glokta si era offeso, non lo diede a vedere.
vero. Non penso di conoscere la vostra amica.
No. Lei
In realt, ci siamo incontrati una volta, intervenne Ar-
dee con grande sorpresa di Jezal, prima di porgere la mano
all'Inquisitore. Ardee West.
Le sopracciglia di Glokta si sollevarono. No! Si chin
rigidamente a baciarle il dorso della mano e Jezal vide la sua
bocca distorcersi quando dovette tirarsi di nuovo su; ciono-
nostante, il ghigno senza denti ritorn presto sulle sue labbra.
La sorella di Collem West! Siete molto cambiata.
In meglio, spero, rise lei. Jezal si sentiva estremamente
a disagio.
Oh, non immaginate quanto!
Anche voi siete molto cambiato, Sand. Ardee parve al-
l'improvviso assai triste. Eravamo tutti cos preoccupati in
famiglia, continuavamo a sperare che tornaste sano e salvo.
Jezal not uno spasmo percorrere la faccia di Glokta. Poi,
quando abbiamo sentito che eravate stato ferito ma come
state?
L'Inquisitore lo guard con occhi freddi come quelli della
morte, al che Jezal abbass lo sguardo sui suoi stivali, con un
groppo in gola. Non c'era motivo di avere paura di questo
storpio, no? Eppure, in qualche modo, desider che gli alle-
namenti di scherma non fossero finiti cos presto. Glokta fis-
s Ardee con un leggero tremolio all'occhio sinistro, ma lei
ricambi il suo sguardo senza timore e assunse un'aria preoc-
cupata.
Sto bene, se cos si pu dire. La sua espressione era di-
ventata strana e mise Jezal pi a disagio che mai. Grazie
molte per averlo chiesto. Nessuno lo fa mai.
Segu un silenzio imbarazzato, finch l'Inquisitore non
pieg la testa da una parte e si fece scrocchiare il collo sono-
ramente. Ah!, esclam. Cos va meglio. stato un piace-
re rivedervi entrambi, ma il dovere mi chiama. Concluse
con uno dei suoi sorrisi disgustosi e poi riprese ad arrancare,
trascinando il piede sinistro sull'acciottolato.
Ardee aggrott la fronte mentre fissava la schiena ritorta
dell'uomo che si allontanava lentamente. cos triste, dis-
se sottovoce.
Che cosa?, domand Jezal. Era tornato con la mente a
quel grosso bastardo albino incontrato per strada, a quei suoi
occhietti rosa, al prigioniero con il sacco sulla testa. Tutti
serviamo il Re a modo nostro. Come no. Involontariamente,
rabbrivid.
Lui e mio fratello erano molto amici. Una volta trascorse
l'estate da noi, e la mia famiglia era talmente fiera di ospitar-
lo che lo metteva in imbarazzo. Lui e Collem tiravano di
scherma tutti i giorni, ma Sand vinceva sempre. C'era qual-
cosa di eccezionale nel modo in cui si muoveva. Sand dan
Glokta era la stella pi luminosa del firmamento. Accenn
di nuovo quel suo mezzo sorriso compiaciuto. E ora dicono
che la stella siate voi.
Ehm, fece Jezal, incerto se prenderlo come un com-
plimento o una presa in giro. Non riusciva a scrollarsi di dos-
so la sensazione di essere stato sconfitto due volte quel gior-
no, prima dal fratello, e poi dalla sorella.
Ma lo intrigava pensare che fosse stata lei a infliggergli la
batosta peggiore.
9.

Il rituale del mattino

Era una splendida giornata d'estate e il parco era gremito


di gente che si rilassava beatamente. Di fronte al Colonnello
Glokta, diretto con passo virile a un qualche incontro di
estrema importanza, tutti si spostavano, facendogli spazio
con un rispettoso inchino. Glokta ne ignorava la maggior
parte, ma alle persone pi importanti concedeva il privilegio
del suo abbagliante sorriso; allora, i pochi fortunati gli sorri-
devano di rimando, felici di essere stati notati.
Presumo che tutti serviamo il Re a modo nostro, pia-
gnucol il Capitano Luthar, nell'atto di sguainare la spada,
ma Glokta era troppo rapido per lui: estrasse la sua con uno
scatto fulmineo e infilz la gola di quell'idiota sorridente.
Schizzi di sangue imbrattarono il volto di Ardee West, che
batteva le mani dalla gioia mentre lo guardava con occhi lu-
minosi.
Luthar sembr sorpreso di essere stato ucciso. A-ha! Ec-
coti servito!, comment Glokta, con un ghigno. Il Capitano
cadde a faccia avanti, riversando fiumi di sangue dalla gola
trafitta. La folla and in visibilio e lui indugi in un profondo
inchino aggraziato, dopo il quale i boati d'acclamazione si
duplicarono.
Oh, Colonnello, non dovreste, mormor Ardee mentre
lui le leccava il sangue dalla guancia.
Non dovrei cosa?, ringhi, poi la prese tra le braccia e
la baci con ferocia. La folla and in estasi. Quando si stac-
c, lei rimase a fissarlo senza fiato, in adorazione, con quei
suoi grandi occhi scuri e le labbra appena schiuse.
L'Arfilettore vi vuole, disse poi la donna con un sorriso
accattivante.
Cosa? La folla tacque all'improvviso, accidenti a loro, e
il suo fianco sinistro cominci a intorpidirsi.
Ardee gli pos teneramente una mano sulla guancia.
L'Arfilettore!, grid.

Glokta fu svegliato di soprassalto da qualcuno che bussa-


va forte alla sua porta.
Dove sono? Chi sono?
Oh, no.
Oh, s. Si rese subito conto di aver dormito profondamen-
te, perch il suo corpo giaceva ritorto sotto le coperte e la
faccia era affondata nel cuscino. La sua parte sinistra era del
tutto insensibile.
Le nocche di Gelo batterono ancora pi forte. L'Arfilet-
tore!, url biascicante il Pratico dall'altra parte.
Il dolore assal il collo di Glokta non appena prov a sol-
levare la testa dal cuscino. Ah, non c' niente di meglio del
primo spasmo della giornata per iniziare col piede giusto.
Ho capito!, rispose con voce roca. Dammi un minuto,
maledizione!
I pesanti passi di Gelo si allontanarono lungo il corridoio.
Glokta rimase immobile un momento, dopo di che, con cau-
tela ed estrema lentezza, mosse il braccio destro, col respiro
che gli raspava in gola per lo sforzo, nel tentativo di girarsi
sulla schiena. Strinse i pugni quando il dolore cominci a
propagarsi per la gamba sinistra, sempre pi forte. Ma per-
ch non rimane addormentata? Divenne anche cosciente di
un odore poco piacevole. Accidenti. Mi sono cagato sotto
un'altra volta.
Barnam!, grid, e poi attese, ansimante per l'insoppor-
tabile pulsare di tutta la parte sinistra. Ma dov' quel vecchio
idiota? Barnam!, url con tutta la voce che aveva.
State bene, signore?, chiese la voce del servo da oltre la
porta.
Bene? Bene, vecchio imbecille? Quando pensi che sia
stato bene l'ultima volta? No, maledizione! Ho sporcato il
letto.
Ho fatto bollire l'acqua per il bagno, signore. Riuscite ad
alzarvi?
Una volta Gelo aveva dovuto abbattere la porta per entra-
re. Forse dovrei lasciarla aperta tutta la notte, ma poi non
riuscirei a dormire. Credo di farcela, sibil. Con la lingua
premuta contro le gengive senza denti e le braccia tremanti,
si sollev di peso dal letto e si sedette sulla poltrona l accan-
to.
La grottesca gamba sinistra senza dita scattava da sola,
senza che avesse ancora modo di controllarla, cos la guard,
pieno d'un odio cocente. Orribile gamba di merda, pezzo di
carne rivoltante e senza utilit, perch non ti hanno amputa-
ta e basta? E che aspetto ad amputarti io stesso? Ma sapeva
perch non lo aveva ancora fatto: con la gamba attaccata al
corpo, poteva almeno fare finta di essere uomo, anche se a
met. Sferr un pugno sulla coscia atrofizzata, ma se ne pent
immediatamente. Stupido, stupido. Il dolore cominci a stri-
sciargli lungo la schiena, un po' pi intenso di prima e sem-
pre pi forte. Andiamo, dai, non litighiamo adesso. Prese a
massaggiarsi delicatamente la carne guasta. Dobbiamo stare
insieme per forza, quindi perch tormentarmi?
Riuscite a camminare fino alla porta, signore? Glokta
storse il naso per il cattivo odore, afferr il suo bastone e,
lentamente, penosamente, si tir in piedi. Anche se a met
strada fu sul punto di scivolare, riusc a raddrizzarsi con una
fitta lancinante e ad attraversare zoppicando tutta la stanza.
Infine, gir la chiave nella serratura e, appoggiatosi al muro
per tenersi in equilibrio, spalanc la porta.
Si trov davanti Barnam, che aveva le braccia protese e
pronte per afferrarlo. Che infamia! Pensare che io, Sand dan
Glokta, il pi grande spadaccino che l'Unione abbia mai co-
nosciuto, debba essere trasportato da un vecchio fino alla ti-
nozza, per lavarmi la mia stessa merda di dosso. Se la ride-
ranno a crepapelle tutti quegli sciocchi che ho sconfitto, se
ancora si ricordano di me. Riderei anch'io, ma mi fa troppo
male. Eppure, senza lamentarsi, mise un braccio attorno alle
spalle di Barnam e sent la gamba sinistra alleggerita di tutto
il peso. Non occorre, dopotutto. Potrei anche farcela da solo
senza difficolt. Un gioco da ragazzi.
Glokta prese un respiro profondo. Piano. La gamba non
si ancora svegliata. Saltellarono incespicando lungo il
corridoio, che era un po' troppo stretto per tutti e due. Il ba-
gno sembrava lontano un miglio. O anche di pi. Preferirei
camminare cento miglia come ero prima, che arrivare fino
al bagno come sono adesso. Ma colpa della mia sfortuna,
non cos? Non si torna indietro. Mai.
Il vapore diede una deliziosa sensazione di calore sulla
pelle umidiccia di Glokta. Con l'ausilio di Barnam che lo
reggeva sotto le braccia, sollev pian piano la gamba destra e
la mise in acqua con cautela. Accidenti, bollente. Il servito-
re lo aiut a infilare nella tinozza anche l'altra gamba, poi,
prendendolo sotto le ascelle, lo adagi come un bambino,
finch non fu immerso fino al collo.
Ahhh. Glokta accenn un sorriso sdentato. Calda
come la fornace del Creatore, Barnam, proprio come piace a
me. Il calore che gli penetrava nella gamba stava facendo
diminuire il dolore. Non svanisce. Non svanisce mai, ma cos
va meglio. Molto meglio. Glokta si sentiva quasi in grado di
affrontare un'altra giornata. Devi imparare ad apprezzare le
piccole cose della vita, come un bagno caldo. Devi imparare
ad amarle, quando non hai altro.

Il Pratico Gelo lo stava aspettando nella minuscola sala da


pranzo al piano di sotto, con la sua enorme mole che pareva
incastrata su una sedia bassa accostata al muro. Glokta croll
sull'altra sedia e inal una zaffata di porridge fumante dalla
ciotola; la pappa era talmente densa che il cucchiaio di legno
vi era come conficcato e restava dritto da s. Il suo stomaco
cominci a brontolare, la bocca gli si inond di saliva. I
chiari sintomi di una tremenda nausea, appunto.
Urr!, grid. Di nuovo porridge! Lanci uno sguardo
al Pratico immobile. Porridge e miele, cosa chieder di pi?
Siam ricchi e beati, e la zuppa va gi!
Gli occhi rosa non batterono ciglio.
una filastrocca per bambini. Mia madre me la cantava
sempre, ma non riusciva mai a farmi mangiare questa sbob-
ba. Ora, invece, disse nell'immergere il cucchiaio, non rie-
sco pi a farne a meno.
Gelo ricambi impassibile il suo sguardo.
un alimento sano, disse, mandando gi una cucchia-
iata di pappa dolce e raccogliendone un'altra, e delizioso,
ne ingoll ancora, ma il fattore determinante che, ag-
giunse nauseato dal boccone successivo, non c' bisogno di
masticarlo. Allontan da s la ciotola praticamente intatta e
butt il cucchiaio sul tavolo. Mmmmh, disse. Una buona
colazione l'inizio di una buona giornata, non credi?
Era come guardare un muro bianco, ma con meno emo-
zioni.
E cos, l'Arcilettore vuole vedermi di nuovo, eh?
L'albino annu.
Che cosa potr mai volere il nostro illustre capo da gente
come noi? Tu che ne pensi?
Gelo scroll le spalle.
Capisco. Glokta si lecc via i rimasugli di porridge dal-
le gengive. Che tu sappia, di buon umore?
Altra scrollata di spalle.
Piano, Pratico Gelo, parla poco per volta, che non ci ca-
pisco niente!
Silenzio. Barnam entr nella stanza per portare via la cio-
tola. Desiderate altro, signore?
E come! Una bella bistecca al sangue e una mela croc-
cante. Guard il Pratico. Sai, andavo matto per le mele
quando ero bambino.
Quante volte ho fatto questa battuta? Gelo lo fiss in
modo impassibile ma non arriv nessuna risata da parte sua,
perci Glokta si rivolse ai vecchio Barnam, che almeno gli
fece un sorrisetto stanco.
Pazienza, sospir Glokta. Un uomo non deve mai per-
dere la speranza, no?
Ma certo, signore, borbott il servo, gi diretto verso la
porta.
Non forse cos?

L'ufficio dell'Arcilettore si trovava all'ultimo piano del


Palazzo degli Interrogatori. Fin lass era una bella scarpina-
ta, ma la cosa peggiore era l'affollamento dei corridoi, pieni
di Pratici, scrivani, Inquisitori, tutti che zampettavano come
formiche su una montagna di letame secco. Ogniqualvolta
sentiva i loro occhi posarsi su di lui, Glokta non esitava nei
suoi passi e sorrideva, a testa alta, ma poi, quando non passa-
va nessuno, si fermava a imprecare, ansimante e sudato, per
farsi tornare a suon di schiaffi e massaggi quel minimo di
sensibilit alla gamba.
Ma perch deve stare cos in alto?, si chiese, trascinando-
si lungo i corridoi semibui e sulle scale a chiocciola del labi-
rintico edificio. Quando raggiunse l'anticamera, era ormai
esausto e a corto di fiato, la mano sinistra gli faceva male a
forza di stringere il pomello del bastone.
Il segretario dell'Arcilettore lo studi sospettoso da dietro
un'immensa scrivania di legno scuro che occupava met del-
la stanza. Di fronte, c'erano alcune sedie su cui gli ospiti po-
tevano innervosirsi durante l'attesa. Due massicci Pratici sta-
vano di guardia su entrambi i lati dell'ampia doppia porta
dell'ufficio, cos immobili e cupi che sembravano far parte
del mobilio.
Avete un appuntamento?, chiese il segretario con voce
stridula. Sai benissimo chi sono, merdina supponente. Ov-
viamente, ribatt Glokta seccato. Credi che mi sia trasci-
nato fin quass solo per ammirare la tua scrivania?
Il segretario, un giovane pallido e bello con folti capelli
biondi, gli rivolse uno sguardo di sufficienza. Quest'omunco-
lo pieno di s sar di sicuro il quinto figlio di qualche nobile
di terz'ordine coi lombi iperattivi, e pensa forse di potermi
trattare con sdegno? Com' il nome?, chiese quello con un
ghigno beffardo.
Glokta, gi spazientito per la salita, sbatt il bastone sul
ripiano della scrivania, con una violenza tale da far saltare il
segretario sulla sedia. Ma che sei, un fottuto idiota? Quanti
Inquisitori storpi ci sono qui?
Ehm, disse il segretario, muovendo le labbra nervo-
samente.
Ehm? Ehm? Sarebbe un numero? Alza la voce!
Beh, io
Sono Glokta, imbecille! L'Inquisitore Glokta!
S, signore, io
Alza quel culo grasso dalla sedia, buffone! Non farmi
aspettare! Il segretario scatt in piedi, si precipit alla porta,
di cui spalanc un battente, e si fece rispettosamente da parte
per farlo entrare. Cos va meglio, ringhi Glokta nel tra-
scinarsi dietro di lui. Lev lo sguardo sui Pratici mentre pas-
sava loro accanto e fu quasi sicuro che uno stesse sorridendo.
La stanza non era cambiata di molto dall'ultima volta che
ci era entrato sei anni prima. Era un ambiente cavernoso e
rotondo, sul cui soffitto a cupola erano scolpiti volti di gar-
goyle, e l'unica, immensa finestra offriva una veduta spetta-
colare delle guglie dell'Universit, oltre a un'ampia sezione
delle mura esterne dell'Agriont e al profilo torreggiante del
Palazzo del Creatore sullo sfondo.
Gran parte delle pareti era occupata da scaffalature e ar-
madietti, pieni di carte e documenti impilati ordinatamente,
mentre altre zone bianche ospitavano ritratti scuri che scruta-
vano dall'alto in modo altero; tra questi c'era anche un gigan-
tesco quadro che ritraeva l'attuale Re dell'Unione da giovane,
con un volto saggio e severo. Senza dubbio, stato dipinto
prima che diventasse un vecchio zimbello. Di questi tempi,
pi che autorit trasuda bava. Al centro della stanza era po-
sizionato un grosso tavolo rotondo, sul quale era squisita-
mente dipinta una mappa dettagliata dell'Unione; tutte le cit-
t in cui era presente un dipartimento dell'Inquisizione erano
segnalate da una pietra preziosa, e una minuscola Adua in ar-
gento sorgeva in rilievo al centro esatto del ripiano.
L'Arcilettore era seduto a questo tavolo su un antico
scranno, tutto concentrato a parlare con un altro uomo, un
vecchio allampanato e calvo dalla faccia corrucciata e gli
abiti scuri. Sult si illumin quando lo vide claudicare verso
di loro, ma l'espressione dell'altro non cambi di una virgola.
Oh, Inquisitore Glokta, che gioia vedervi! Conoscete il
Sorvegliante Generale Halleck?
Non ho ancora avuto il piacere, rispose Glokta. Non
che sembri un piacere, comunque. Il vecchio burocrate si
alz in piedi e gli strinse la mano senza entusiasmo.
E costui uno dei miei Inquisitori, Sand dan Glokta.
S, ho sentito parlare di voi, dichiar Halleck. Eravate
nell'esercito, se non sbaglio. Vi ho visto tirare di scherma una
volta.
Glokta si diede dei colpetti sulla gamba con il bastone.
Non recentemente, suppongo.
No. Poi ci fu silenzio.
Il Sorvegliante Generale potrebbe ricevere ben presto
una promozione molto importante, disse Sult. Un seggio
nel Consiglio Ristretto! Il Consiglio Ristretto? Davvero?
Promozione pi che importante.
Tuttavia, Halleck non mostr alcuna contentezza. La
considerer tale solo quando sar piacere di Sua Maest invi-
tarmi di persona, ribatt, ma non prima di allora.
Sult si mosse magistralmente su questo terreno insidioso.
Sono sicuro che tutto il Consiglio vi consideri l'unico candi-
dato che valga la pena raccomandare, ora che Sepp dan Teu-
fel non pu pi essere preso in considerazione. Il nostro
vecchio amico Teufel? Non pu pi essere preso in conside-
razione per cosa?
Halleck aggrott la fronte e scosse la testa. Teufel. Ho
lavorato con quell'uomo per dieci anni e non mi mai pia-
ciuto. Perch, ti mai piaciuto qualcuno? Ma non lo avrei
mai creduto un traditore.
Sult scosse la testa con aria triste. Tutti noi siamo rimasti
costernati, ma qui c' la sua confessione, nero su bianco.
Sollev il foglio arrotolato con un'espressione dolente.
Temo che le radici della corruzione possano insinuarsi in
profondit. Nessuno lo sa meglio di me, il cui grave compito
estirpare la malerba.
Gi, mormor Halleck, annuendo con aria tetra. Per
questo meritate la nostra gratitudine. Anche voi, Inquisitore.
Oh, no, io no, rispose Glokta con umilt. I tre si guar-
darono con falso rispetto reciproco.
Infine, Halleck scost la sedia dal tavolo. Bene, le tasse
non si raccolgono da sole. Devo tornare al lavoro.
Godetevi i vostri ultimi giorni da Sorvegliante
Generale, disse Sult. Vi do la mia parola che il Re vi man-
der presto a chiamare!
Halleck si concesse un piccolissimo sorriso, poi fece un
rigido cenno di saluto con la testa e si avvi alla pesante por-
ta, che il segretario apr per lui e poi richiuse. Dopo di che,
silenzio. Che io sia dannato se parler per primo.
Scommetto che ti stai chiedendo che razza di storia
questa, eh, Glokta?
In effetti, ci ho pensato, Vostra Eminenza.
Ci scommetto. Sult si alz in piedi con eleganza e and
alla finestra, incrociando le mani avvolte dai guanti bianchi
dietro la schiena. Il mondo cambia, Glokta, il mondo cam-
bia. Il vecchio ordine si sfalda. La lealt, il dovere, l'orgo-
glio, l'onore, sono concetti che non vanno pi di moda ormai.
E sai che cosa li ha rimpiazzati? Lanci uno sguardo all'in-
dietro sopra la propria spalla e curv le labbra. L'avidit. I
mercanti sono diventati i nuovi padroni di questa terra. Ban-
chieri, negozianti, venditori: uomini piccoli, con menti pic-
cole e piccole ambizioni. Uomini leali soltanto a loro stessi,
il cui unico dovere nei confronti del loro portafogli, il cui
unico orgoglio raggirare quelli migliori di loro e il cui uni-
co onore si misura in base all'argento che gli si offre. Bene,
il vostro pensiero sulla classe dei mercanti abbastanza
chiaro.
Sult guard il panorama con sguardo accigliato e poi si
gir. Oggigiorno, pare che il figlio di chiunque possa rice-
vere un'educazione e un'attivit, e diventare ricco. Le gilde
dei mercanti, i Merciai, gli Speziali, e cos via, acquistano
sempre pi potere e ricchezza. Poveracci arricchiti che danno
ordini a quelli che per natura sono superiori a loro. Quelle
sudice dita grassocce che tentano di afferrare le redini del
potere quasi troppo da sopportare. Rabbrivid mentre
passeggiava per la stanza.
Voglio essere onesto con te, Inquisitore. L'Arcilettore
fece un aggraziato gesto della mano, come se la sua onest
fosse un dono inestimabile. L'Unione non mai parsa pi
potente, non ha mai posseduto cos tante terre, ma sotto la
facciata siamo deboli. Non un segreto che il Re non pi
in grado di prendere decisioni. Il Principe Ereditario Ladisla
un damerino circondato da sciocchi e adulatori, a cui im-
portano solo il gioco e i vestiti. Il Principe Raynault sarebbe
molto pi adatto ad essere Re, ma secondogenito. Il Consi-
glio Ristretto dovrebbe avere il compito di dirigere questa
barca che affonda, invece zeppo di imbroglioni e cospirato-
ri. Qualcuno sar anche leale, qualcuno no, ma tutti, indistin-
tamente, cercano di manipolare il Re. Sai che frustrazione
per voi, che vorreste lo manipolassero solo per il vostro tor-
naconto.
E nel frattempo, l'Unione assediata dai nemici, dai pe-
ricoli oltre i suoi confini e dai contrasti interni. Il nuovo Im-
peratore di Gurkhul un sovrano forte e si sta preparando a
un'altra guerra. Anche gli Uomini del Nord appostati ai con-
fini dell'Angland sono in rivolta. Nel Consiglio Aperto i no-
bili si appellano ad antichi diritti, mentre nei villaggi i conta-
dini ne reclamano di nuovi. Sospir profondamente. S, il
vecchio ordine si sta sfaldando, e nessuno possiede n il co-
raggio, n la forza per sostenerlo.
Sult fece una pausa e si mise a fissare il dipinto di un
uomo calvo, possente, vestito tutto di bianco. Glokta lo co-
nosceva bene. Zoller, il pi grande degli Arcilettori. Instan-
cabile campione dell'Inquisizione, eroe dei torturatori e fla-
gello degli uomini sleali. Li guardava dal muro in modo mi-
naccioso e arcigno, come se anche da morto potesse incene-
rire i traditori con un'occhiata.
Zoller, brontol Sult. Le cose erano diverse ai suoi
tempi, te lo assicuro. Nessun malcontento da parte dei conta-
dini, nessun mercante imbroglione, nessun nobile imbroncia-
to. Se un uomo dimenticava qual era il suo posto, il ferro ro-
vente glielo ricordava, e tutti quei giudici capziosi che osava-
no lamentarsi venivano fatti sparire nel nulla. L'Inquisizione
era una nobile istituzione allora, in cui gli uomini migliori,
gli astri pi luminosi, non chiedevano altro che servire il loro
Re e sradicare la disonest. Oh, le cose erano magnifiche ai
vecchi tempi.
L'Arcilettore torn a sedersi elegantemente sullo scranno
e si pieg in avanti sul tavolo. Ora, invece, siamo un'istitu-
zione in cui i terzogeniti dei nobili in disgrazia si possono
riempire le tasche di tangenti o dove alla feccia criminale
concesso di dare sfogo alla sua passione per la tortura. La
nostra influenza presso il Re andata sempre pi diminuen-
do, cos come i nostri finanziamenti. Una volta eravamo te-
muti e rispettati, Glokta, ma ora Siamo miseri fantocci.
Sult aggrott la fronte. Beh, ora non pi. Intrighi e tradi-
menti abbondano e io temo che l'Inquisizione non sia pi al-
l'altezza dei propri compiti. Troppi tra i Superiori non sono
pi uomini fidati, perch non fanno gli interessi del Re, n
quelli dello Stato, n di nessun altro, se non i propri. I Su-
periori? Non sono pi fidati? Svengo dallo sconcerto! L'e-
spressione corrucciata di Sult si fece ancora pi pronunciata.
E ora Feekt morto.
Glokta alz lo sguardo. Questa s che una notizia. Il
Lord Cancelliere?
Diventer di dominio pubblico domani mattina. morto
all'improvviso l'altra notte, mentre tu eri occupato con il tuo
amico Rews. Ci sono ancora degli interrogativi riguardo la
sua morte, ma d'altra parte aveva quasi novant'anni e tutti
erano sorpresi che fosse vissuto tanto a lungo. Il "Cancelliere
Dorato", lo chiamavano, il pi grande politico della sua era.
In questo momento stanno prendendo un calco del suo viso
per farne una statua da erigere sulla Via del Re. Sult sbuff
tra s e s. Il dono pi grande a cui chiunque di noi possa
aspirare.
Gli occhi dell'Arcilettore si strinsero fino a diventare due
fessure blu. Se credevi che l'Unione fosse controllata dal Re
o da quegli sciocchi chiacchieroni dei nobili del Consiglio
Aperto, tempo che tu abbandoni questa puerile idea. Il po-
tere vero nelle mani del Consiglio Ristretto, e pi che mai
da quando il Re si ammalato. Dodici uomini, seduti su do-
dici scomodissime sedie, e io sono tra loro. Dodici uomini
con idee molto diverse, e per vent'anni, in pace o in guerra,
Feekt ci ha tenuti in equilibrio. Ha messo l'Inquisizione con-
tro i giudici e i banchieri contro l'esercito. Era il perno su cui
ruotava il Regno, le fondamenta sulle quali sorgeva, e la sua
morte ha dunque lasciato un vuoto. Sai che quando si crea un
vuoto di qualsiasi tipo la gente fa a gara per riempirlo, e ho
l'impressione che quell'idiota piagnucoloso di Marovia, l'Al-
to Giudice senza spina dorsale, sar il primo a mettersi in
fila. una situazione instabile e pericolosa. L'Arcilettore
piant i pugni sul tavolo davanti a s. Dobbiamo assicurarci
che le persone sbagliate non ne approfittino.
Glokta annu. Credo di avervi capito, Arcilettore. Dobbia-
mo assicurarci che saremo noi ad approfittarne, e nessun al-
tro.
Non devo certo dirti che la figura del Lord Cancelliere
una delle pi influenti del regno. L'esazione delle tasse, la te-
soreria, la Zecca reale, tutto sotto il suo controllo. Denaro,
Glokta, denaro. Il denaro potere, e tu lo sai bene. Si nomi-
ner un nuovo Cancelliere domani, e il candidato principale
era proprio il nostro vecchio Reggente della Zecca, Sepp dan
Teufel. Ora capisco. Qualcosa mi dice che davvero non
pu essere pi preso in considerazione.
Sult incurv le labbra. Teufel era strettamente collegato
alle gilde dei mercanti, ai Merciai in particolare. Il suo ghi-
gno divenne un cruccio. E oltre tutto, era un amico dell'Alto
Giudice Marovia, per cui, vedi, non sarebbe stato un buon
Lord Cancelliere. No, infatti, non lo sarebbe stato affatto.
Il Sorvegliante Generale Halleck una scelta assai miglio-
re, secondo me.
Glokta guard la porta. Lui? Lord Cancelliere?
Sult si alz sorridendo e si diresse a un armadietto alla pa-
rete. Non c' nessun altro, a parte lui. Tutti lo odiano, e lui
odia tutti tranne me. Inoltre, un conservatore convinto, che
disprezza la classe dei mercanti e tutto ci che rappresenta.
Apr l'armadietto, prese due bicchieri e una caraffa finemente
decorata. Se proprio non mi sar amico in Consiglio, quan-
tomeno sar bendisposto verso di me, e dannatamente ostile
nei confronti di tutti gli altri. Non conosco alcun candidato
migliore di lui.
Glokta annu. Sembra onesto. Ma non mi fiderei abba-
stanza da farmi mettere nella tinozza. E voi vi fidereste, Vo-
stra Eminenza?
S, sar molto prezioso per noi. Vers il corposo vino
rosso nei due bicchieri. Ah, e in pi, ho potuto provvedere
anche alla nomina di un nuovo e accondiscendente Reggente
della Zecca. Ho saputo che i Merciai si rodono i gomiti dalla
rabbia. Neanche Marovia troppo contento, quel bastardo.
Sult ridacchi tra s e s. Queste sono tutte ottime notizie e
dobbiamo ringraziare te. Gli porse uno dei bicchieri.
Veleno? Una lenta morte tra spasmi e vomito sullo splen-
dido pavimento in mosaico dell'Arcilettore? Oppure croller
di faccia sul suo tavolo all'improvviso? Ma Glokta non ave-
va altra scelta che accettare il bicchiere e bere un bel sorso. Il
vino aveva un sapore sconosciuto, ma delizioso. Probabil-
mente viene da un posto bellissimo e lontano. Almeno, se
muoio qui, non sar costretto a scendere tutti quei gradini.
Tuttavia, anche l'Arcilettore stava bevendo, pieno di sorrisi e
cortesia. Quindi, presumo che sopravvivr almeno fino al
pomeriggio, dopotutto.
S, abbiamo compiuto un buon primo passo. Questi sono
tempi davvero difficili, ma molto spesso rischio e opportuni-
t camminano a braccetto. Glokta avvert una strana sensa-
zione strisciargli lungo la schiena. paura, ambizione, o en-
trambe? Ho bisogno di qualcuno che mi dia una mano a si-
stemare le cose, qualcuno che non tema i Superiori, n i mer-
canti, e nemmeno il Consiglio Aperto. Qualcuno di cui possa
fidarmi perch agisca con astuzia, discrezione e crudelt.
Qualcuno la cui fedelt all'Unione sia indiscutibile, ma che
non abbia amici all'interno del governo. Qualcuno che tutti
odiano? Qualcuno a cui dare la colpa se le cose dovessero
mettersi male? Qualcuno al cui funerale non andrebbe un'a-
nima?
Ho bisogno di un Inquisitore Libero, Glokta, che operi al
di sopra del controllo dei Superiori, ma con mia piena autori-
t. Qualcuno che risponda soltanto a me. L'Arcilettore sol-
lev un sopracciglio, come se l'idea gli fosse appena venuta
in mente. E tu mi sembri estremamente adatto a questo
compito. Che ne pensi?
Penso che colui che accetter questo incarico avr molti
nemici e un solo amico. Glokta scrut l'Arcilettore. E quel-
l'unico amico potrebbe non essere tanto affidabile. Penso
che colui che accetter questo incarico non durer molto.
Posso avere del tempo per ponderare la mia decisione?
No.
Rischio e opportunit camminano spesso a braccetto
In tal caso, accetto.
Eccellente. Credo che questo sia l'inizio di un rapporto
di lavoro duraturo e proficuo. Sult sorrise da sopra il bordo
del bicchiere. Lo sai, Glokta, di tutti i mercanti arraffoni
che girano l fuori, trovo che i Merciai siano i pi odiosi.
stato soprattutto grazie alla loro influenza che Westport en-
trata a far parte dell'Unione, ed stato grazie al denaro di
Westport che abbiamo vinto la guerra contro Gurkhul. Ov-
viamente, il Re li ha ricompensati, concedendo loro diritti di
commercio inestimabili, ma da allora la loro arroganza di-
ventata insopportabile. Sembrava avessero combattuto in pri-
ma linea, con tutte le arie che si davano e le libert che si
prendevano. L'onorata Gilda dei Merciai, ghign. Pensan-
doci bene, ora che il tuo amico Rews ci ha dato il pretesto
per coinvolgerli nello scandalo, sarebbe un peccato lasciare
che ci sfuggano.
Glokta era molto sorpreso, ma pensava di nasconderlo
bene. Andare oltre? Perch? Se i Merciai se la cavano, con-
tinueranno a pagare, e questo render tutti felici e contenti.
Per come stanno le cose, adesso sono vulnerabili e spaven-
tati, si chiedono chi sar il prossimo tra quelli che Rews ha
nominato. Se andiamo oltre li danneggeremo troppo o li
schiacceremo del tutto; allora smetteranno di pagare e sa-
ranno in molti a non esserne contenti. Alcuni in questo stes-
so edificio. Potrei tranquillamente continuare le mie investi-
gazioni, Vostra Eminenza, se questo che desiderate. Glok-
ta bevve un altro sorso, era davvero un vino eccellente.
Dobbiamo essere cauti. Cauti e minuziosi. Il denaro dei
Merciai scorre a fiumi, hanno molti amici, anche presso i pi
alti circoli della nobilt. Brock, Heugen, Isher e molti altri.
Alcuni tra gli uomini pi grandi di questo regno. risaputo
che almeno una volta abbiano succhiato da quella tetta, e i
bambini piangono quando gli si toglie il latte. Un sorriso
crudele balen sul volto di Sult. Eppure, se si vuole inse-
gnare loro la disciplina, ogni tanto bisogna farli piangere
Chi ha nominato quel verme di Rews nella confessione?
Glokta si pieg dolorosamente, fece scivolare la confes-
sione di Rews verso di s, poi la apr e scorse con gli occhi la
lista di nomi dal basso verso l'alto.
Sepp dan Teufel, lo conosciamo tutti.
Oh, lo conosciamo e lo amiamo, Inquisitore, disse Sult
illuminandosi, ma credo che possiamo tranquillamente de-
pennarlo dalla lista. Chi altro?
Beh, dunque, vediamo. Glokta torn a guardare il fo-
glio in tutta calma. C' Harold Polst, un Merciaio. Un si-
gnor nessuno.
Sult agit la mano con impazienza. Non nessuno.
Solimo Scandi, Setaio di Westport. Altro signor nessu-
no.
No, no, Glokta, possiamo fare di meglio di Solimo Co-
me-si-chiama, non credi? Questi piccoli Merciai non hanno
la bench minima importanza. Tolta la radice, le foglie muo-
iono da s.
Ma certo, Arcilettore. C' Villem dan Robb, nobile mino-
re. Ha un posto di scarsa rilevanza alla dogana. Sult parve
pensarci su, poi scosse la testa. Allora c'
Aspetta! Villem dan Robb L'Arcilettore schiocc le
dita. Suo fratello Kiral uno dei gentiluomini della Regina.
Mi ha mancato di rispetto in occasione di un evento sociale.
Sult sorrise. S, Villem dan Robb. Interrogalo.
E cos, procediamo. Servo e obbedisco, Vostra Eminen-
za. C' qualche nome in particolare che volete sentire men-
zionato? Glokta poggi il bicchiere vuoto sul tavolo.
No. L'Arcilettore si gir dall'altra parte, agitando di
nuovo la mano. Chiunque, tutti, non mi interessa.
10.

Il Primo Mago

Il lago era conchiuso tra pareti a picco e sponde ricoperte


da alberi e cespugli che sgocciolavano sulle acque calme e
grigie unendosi alla pioggia. Almeno questo era ci che si
vedeva fin dove l'occhio riusciva a spingersi, ma Logen do-
vette ammettere che con quel tempo non era facile scorgere
molto in l. Valut che, grosso modo, la riva opposta poteva
distare un centinaio di passi; il problema era che le acque
calme sembravano profonde. Molto profonde.
Da tanto tempo ormai aveva rinunciato a ogni tentativo di
ripararsi dall'acqua, per cui lasciava che la pioggia gli si insi-
nuasse tra i capelli e gli scorresse lungo il viso, per poi colar-
gli dal naso, dalle dita e dal mento. Freddo, stanchezza, fame
erano diventati parti integranti della sua vita, come gli era
successo gi molte volte in passato. Chiuse gli occhi, sent la
pioggia picchiettargli sulla pelle, ud lo sciabordio del lago
sulla spiaggia ghiaiosa. Si inginocchi sulla riva e immerse
la borraccia che aveva appena stappato, guardando le bolle
affiorare sul pelo dell'acqua mentre il recipiente si riempiva.
Malacus Quai barcoll fuori dal fitto della vegetazione,
con il respiro rapido e affaticato, poi croll in ginocchio e
strisci fino alle radici di un albero, dove sput muco sui
ciottoli. Non aveva un bel suono quella tosse, e col tempo di-
ventava sempre pi cavernosa, violenta al punto di scuotergli
le costole. Il ragazzo sembrava addirittura pi pallido e ma-
gro di quando Logen l'aveva conosciuto. Anche lui era un po'
dimagrito ma, d'altra parte, questi erano tempi di magra. Si
avvicin al macilento apprendista e si accovacci accanto a
lui.
Dammi solo un attimo. Quai chiuse gli occhi incavati e
reclin la testa. Un momento solo. A vederlo cos, con la
bocca socchiusa e i tendini tesi sul collo scheletrico, pareva
gi un cadavere.
Non riposarti troppo a lungo, o rischi di non alzarti pi.
Logen gli porse la borraccia, ma vedendo che l'altro non
aveva neanche la forza di sollevare il braccio per afferrarla,
gliela port alle labbra e la inclin appena. Allora l'apprendi-
sta bevve un sorso controvoglia, toss e riabbandon subito
la testa contro l'albero, come fosse un sasso.
Sai dove siamo?, gli chiese Logen.
Il ragazzo lanci uno sguardo all'acqua come se l'avesse
vista soltanto in quel momento. Sulla riva nord del lago,
credo dovrebbe esserci un sentiero. La sua voce s'era af-
fievolita in un sussurro. Sulla riva sud c' una strada che
passa in mezzo a due rocce. Scoppi in un violento e im-
provviso accesso di tosse, al termine del quale deglut con
enorme sforzo. Segui la strada lungo il ponte e sei
arrivato, concluse con voce roca.
Logen guard lungo la spiaggia, agli alberi grondanti.
Quanto dista? Nessuna risposta, cos afferr la spalla ossu-
ta del giovane malato e la scosse. Le palpebre tremolanti di
Quai si schiusero e i suoi occhi lo fissarono con sguardo an-
nebbiato, nel tentativo di mettere a fuoco. Quanto dista?
Quaranta miglia.
Logen risucchi l'aria tra i denti. Quai non avrebbe mai
potuto camminare altre quaranta miglia, a malapena avrebbe
fatto quaranta passi sulle proprie gambe. Logen lo sapeva
bene, glielo si leggeva negli occhi che sarebbe morto presto,
valut che sarebbe successo al massimo nel giro di qualche
giorno. Aveva visto uomini pi forti di lui morire di febbre.
Quaranta miglia. Logen ci pens su con attenzione, grat-
tandosi il mento con il pollice. Quaranta miglia.
Merda, sussurr.
Dopo aver avvicinato a s la sacca, la apr e vide che un
po' di cibo era rimasto, ma non era molto, solo qualche tran-
cio duro di carne secca e un tozzo nero di pane ammuffito.
Rivolse lo sguardo al lago, cos placido, e pens che perlo-
meno non sarebbero rimasti a corto d'acqua potabile per i
prossimi giorni. Estrasse il pesante tegame dalla sacca e lo
poggi sulla ghiaia, ripensando a tutto il tempo che avevano
passato insieme. Solo che adesso non c'era pi niente da cu-
cinare e non ci si pu affezionare agli oggetti, non quando si
in mezzo alla natura selvaggia. Lanci la corda tra i cespu-
gli e si gett la sacca alleggerita su una spalla.
Quai aveva richiuso gli occhi e respirava appena. Logen
ricordava molto bene la prima volta in cui era stato obbligato
a lasciare qualcuno indietro, e la cosa strana era che ricorda-
va il volto del ragazzo ma non il suo nome.
Uno Shanka gli aveva strappato un pezzo di coscia, un
pezzo bello grosso. Non aveva fatto altro che lamentarsi per
tutto il viaggio, ripeteva che non riusciva a camminare, e poi
la ferita stava andando in cancrena, perci sarebbe morto co-
munque. Erano stati costretti a lasciarlo. Nessuno aveva bia-
simato Logen per quella decisione, tanto pi che il ragazzo
era troppo giovane e non sarebbe dovuto nemmeno essere l.
Una vera sfortuna per lui, certo, ma sarebbe potuto capitare a
chiunque. Aveva gridato mentre il gruppo silenzioso e cupo
scendeva a testa bassa lungo il fianco della collina. Logen
aveva avuto l'impressione di sentire le sue urla anche da mol-
to lontano. Poteva sentirle ancora.
In guerra era diverso, invece. Gli uomini della colonna ca-
devano in continuazione durante le lunghe marce invernali:
prima si portavano in coda al gruppo, poi restavano indietro
e infine crollavano. I malati, i feriti, gli assiderati Logen
rabbrivid e si chiuse nelle spalle. Al principio aveva cercato
di aiutarli, ma poi aveva imparato ad accettare con gratitudi-
ne il fatto di non essere uno di loro, finch, alla fine, non era
arrivato a scavalcare i cadaveri senza quasi farci caso. Si im-
para presto a capire quando un uomo non si rialzer pi.
Guard Malacus Quai: un'altra vittima della natura inconta-
minata che differenza poteva fare? Bisogna essere realisti, in
fondo.
L'apprendista si dest di colpo dal suo sonno inquieto e
cerc di tirarsi in piedi con le mani che gli tremavano come
foglie. Guard Logen con gli occhi luccicanti di febbre e an-
nunci con voce roca: Non riesco ad alzarmi.
Lo so. Sono sorpreso che tu ce l'abbia fatta fin qui. Co-
munque, ora non aveva importanza, perch Logen conosceva
la strada e, se fosse riuscito a trovare quel sentiero, poteva
percorrere anche venti miglia al giorno.
Se mi lasci un po' del cibo magari quando sarai
giunto alla biblioteca qualcuno
No, rispose Logen serrando la mascella. Il cibo mi
serve.
Quai emise uno strano suono, a met tra un colpo di tosse
e un singulto.
Logen si pieg, mise la spalla destra contro lo stomaco di
Quai e il braccio attorno alla sua schiena. Non riuscir a
trasportarti per quaranta miglia senza cibo. Caricatosi l'ap-
prendista su una spalla, si tir su e si incammin verso la
riva, reggendo il ragazzo per la giubba, mentre ad accompa-
gnarlo c'era soltanto lo scricchiolio dei suoi stivali sulla ghia-
ia bagnata. Quai non si mosse neanche, ma rimase l, penzo-
lante come un sacco pieno di stracci bagnati, con le braccia
molli che sbattevano ritmicamente contro le gambe di Lo-
gen.
Fatti una trentina di passi, si volt a guardare il tegame
che se ne stava tutto solo sulla riva del lago, gi pieno di
pioggia quasi fino all'orlo. Ne avevano passate tante, lui e il
suo tegame, insieme.
Addio, mio vecchio amico.
Ma il tegame non rispose.

Dopo aver posato con delicatezza il suo tremante fardello


sul ciglio della via, Logen si stiracchi la schiena dolorante,
si gratt le bende sudice attorno al braccio e accost le lab-
bra riarse alla borraccia per bere un sorso d'acqua. Non ave-
va messo nient'altro sotto i denti quel giorno e la fame gli at-
tanagliava le viscere. Almeno aveva smesso di piovere. Devi
imparare ad apprezzare le piccole cose della vita, come un
paio di stivali asciutti; devi imparare ad amarle, quando non
hai nient'altro.
Sput per terra e si massaggi le dita per farvi tornare la
sensibilit. Neanche un cieco avrebbe potuto sbagliare stra-
da, questo era poco ma sicuro. Le due antiche rocce torreg-
giavano ben visibili sulla strada, piene di piccoli fori, chiaz-
zate di muschio verde alla base e di licheni grigi verso la
sommit. Erano ricoperte da iscrizioni consumate, frasi scrit-
te in una grafia che Logen non capiva, anzi, che non aveva
mai visto prima. Per emanavano una certa ostilit, sembra-
vano pi di monito che di benvenuto.
La Prima Legge
Cosa?, disse Logen sorpreso. Sin da quando si erano la-
sciati il tegame alle spalle due giorni prima, Quai era rimasto
in quello spiacevole stato tra il sonno e la veglia, durante il
quale non aveva fatto altro che farfugliare cose incomprensi-
bili, tanto che persino il tegame avrebbe emesso suoni pi
sensati. Quella mattina, svegliandosi, l'aveva trovato che a
malapena respirava. All'inizio era sicuro che fosse morto, in-
vece il giovane rimaneva ancora aggrappato alla vita, anche
se debolmente. Non era uno che si arrendeva, bisognava ri-
conoscerglielo.
Si inginocchi e scost i capelli bagnati dal viso di Quai,
al che il ragazzo gli afferr il polso e scatt in avanti.
proibito, sussurr nel fissare Logen con gli occhi
sbarrati, toccare l'Aldil!.
Eh?
Parlare coi demoni, aggiunse con voce roca, afferrando-
gli la giubba logora. Le creature del mondo sotterraneo
sono fatte di menzogne! Non devi farlo!
Non lo far, mormor Logen, mentre si chiedeva di
cosa diavolo stesse parlando. Non lo far, per quel che
vale.
E valse ben poco. Quai era gi ripiombato nel suo spa-
smodico dormiveglia. Logen si morse il labbro, nella speran-
za che l'altro si risvegliasse di nuovo, ma non c'era molto da
sperarci. Per magari questo Bayaz avrebbe potuto fare qual-
cosa per lui, era il Primo Mago dopotutto, istruito sui segreti
del mondo e quella roba l. Cos Logen si rimise il ragazzo in
spalla e avanz faticosamente tra le due antiche pietre.
La strada risaliva ripida tra le pareti rocciose che incom-
bevano sul lago, in alcuni tratti sterrata, in altri scavata in
profondit nel terreno pietroso. Era sconnessa, rovinata dal
tempo, invasa dalle erbacce e si avvolgeva pi e pi volte su
se stessa, tanto che Logen si ritrov ben presto a corto di fia-
to, tutto sudato e con le gambe doloranti per lo sforzo. La sua
andatura stava rallentando.
La verit era che cominciava a stancarsi, ma non a causa
dell'arrampicata, n della fatica massacrante di camminare
con un apprendista mezzo morto sulle spalle, e neppure per
la sfacchinata del giorno prima, o per lotta tra i boschi. Era
stanco di tutto: degli Shanka, delle guerre, di tutta la sua vita.
Non posso camminare in eterno, Malacus, non ce la fac-
cio pi a combattere. Quanta merda si pu umanamente sop-
portare? Ho bisogno di sedermi un attimo, ma su una cazzo
di sedia come si deve! Sto chiedendo troppo, forse? In que-
sto stato d'animo, tra imprecazioni e borbottii, e con la testa
di Quai che gli sbatteva contro il sedere, Logen raggiunse il
ponte.
Semplice, esile e ricoperto di rampicanti, era antico tanto
quanto la strada. Si trattava di uno stretto passaggio di circa
venti passi sospeso su una gola vertiginosa, sul fondo della
quale un fiume in piena spumeggiava contro delle aguzze
rocce affioranti e sollevava, ruggendo, un luccichio di spruz-
zi. Al di l del ponte, tra gigantesche facciate di roccia mu-
scosa, sorgeva un muro imponente costruito cos bene che ri-
sultava difficile dire dove finisse la parte naturale e comin-
ciasse quella artificiale. Un unico, antichissimo portale rive-
stito in rame battuto era incassato in questa parete, pieno di
screziature verdi in conseguenza del tempo e delle intempe-
rie.
Mentre avanzava cautamente sulla roccia scivolosa, l'abi-
tudine spinse Logen a domandarsi come cingere d'assedio
quel posto. Era impossibile. Neanche con mille uomini scelti
potevi espugnarlo, prima di tutto perch lo spazio antistante
il portale era nient'altro che una lingua di roccia, e non c'era
posto per posizionare una scala o per prendere la rincorsa
con l'ariete; in secondo luogo, il muro era alto almeno venti
passi, senza contare che il portale aveva tutta l'aria di essere
terribilmente resistente. Inoltre, i difensori avrebbero sempre
potuto scegliere di far crollare il ponte Logen sbirci oltre
il bordo e deglut constatando che sarebbe stato proprio un
bel volo.
Prese un respiro profondo e con il pugno batt sul rame
umido e verdastro quattro forti colpi, simili a tuoni. In quello
stesso modo aveva bussato alle porte di Carleon dopo la bat-
taglia e gli abitanti erano corsi da lui per arrendersi. Adesso,
invece, non gli rispose anima viva.
Attese, buss ancora, attese di nuovo, e intanto la nebbio-
lina di schizzi che saliva dal fiume lo stava inzuppando. Di-
grign i denti e sollev un braccio per bussare un'altra volta,
ma uno stretto sportellino si apr di scatto e un paio d'occhi
umidi lo fissarono freddi da dietro delle spesse sbarre.
Chi altro ?, chiese una voce burbera.
Il mio nome Logen Novedita. Ho
Non ti ho mai sentito nominare.
Non era proprio il benvenuto che aveva sperato. Sono
venuto per parlare con Bayaz. Nessuna risposta. Il
Primo
S, qui. Eppure il portale non si apr. Non riceve vi-
sitatori. Anche all'ultimo messaggero l'ho detto.
Io non sono un messaggero. Ho Malacus Quai qui con
me.
Malache?
Quai, l'apprendista.
Apprendista?
molto malato, disse Logen scandendo le parole. Ri-
schia di morire.
Malato, eh? Morire hai detto?
Esatto.
Com' che ti chiami?
Apri questa fottuta porta! Logen agit inutilmente il pu-
gno davanti all'apertura. Per favore.
Non che lasciamo entrare chiunque qui aspetta. Mo-
strami le mani.
Cosa?
Le mani, mostramele. E Logen obbed. Gli occhi umidi
passarono lentamente in rassegna le sue dita. Ne ho nove.
Ne manca uno, vedi? Ficc il moncherino dentro lo sportel-
lo.
Nove, eh? Perch non l'hai detto prima?
Si sent lo sferragliare di catenacci e poi lo scricchiolio
del portale che veniva pian piano aperto. Un uomo anziano,
piegato sotto il peso di un'armatura ormai sorpassata, lo fis-
sava sospettoso, tenendo in mano una spada lunga troppo pe-
sante per lui, cos tanto che la punta dell'arma tremava sel-
vaggiamente mentre l'uomo cercava di brandirla.
Logen mise le mani in alto. Mi arrendo.
Il vecchio guardiano non era affatto divertito. Emise un
grugnito acido mentre Logen gli passava accanto, poi lott
per richiudere il battente e si mise ad armeggiare coi catenac-
ci. Infine, si volt e prese a camminare faticosamente senza
dire un'altra parola. Logen lo segu per una stretta valle, ai
cui lati erano schierate strane case coperte di muschio, battu-
te dalle intemperie e in parte scavate nelle pareti rocciose, al
punto di fondersi con il fianco della montagna.
Una donna dal volto arcigno, che stava filando sulla so-
glia di una casa, guard Logen imbronciata mentre le passa-
va davanti con l'apprendista privo di sensi buttato su una
spalla. Non era una bellezza, ma Logen le sorrise lo stesso,
perch era passato tanto tempo Lei per corse a rintanarsi
in casa, serrando l'uscio con un calcio, e la ruota dell'arcolaio
rimase a girare da s. Logen sospir. Ci sapeva ancora fare.
La casa successiva era un forno, con un comignolo tozzo
che spuntava fumante dal tetto; l'odore di pane appena sfor-
nato gli fece brontolare lo stomaco vuoto. Pi avanti, vide
due bambini dai capelli scuri che giocavano e ridevano, men-
tre correvano attorno a un vecchio albero tutto storto. A Lo-
gen, che si trovava in uno stato d'animo poco allegro, ricor-
darono i suoi figli, anche se non avevano nulla a che vedere
con loro.
Doveva ammettere di essere un po' deluso, perch si era
aspettato di trovare gente dall'aria intelligente e un sacco di
barbe lunghe. Queste persone invece non sembravano poi
tanto sagge, anzi erano contadini come tanti, non diversi da-
gli abitanti del suo villaggio prima dell'arrivo degli Shanka.
Si chiese se quello fosse il posto giusto, ma poi svoltarono
oltre una curva.
Si trov davanti tre grandi torri affusolate, erette nel fian-
co della montagna, unite alla base ma separate verso la som-
mit. Erano ricoperte da edera scura e sembravano di gran
lunga pi antiche persino del ponte e della strada, vecchie
quanto la montagna stessa. Un'accozzaglia di edifici secon-
dari sorgeva ai piedi di quelle costruzioni lungo i lati di un
ampio cortile, in cui gli abitanti erano intenti a svolgere i
loro lavori quotidiani: una donna esile stava piegata a burrifi-
care il latte, un corpulento maniscalco stava cercando di fer-
rare una giumenta irrequieta e un vecchio macellaio calvo
con il grembiule imbrattato aveva appena finito di fare a pez-
zi qualche animale e si stava lavando in un abbeveratoio gli
avambracci sporchi di sangue.
E davanti alla torre pi alta, seduto su un'ampia gradinata,
c'era un vecchio tutto vestito di bianco, la cui lunga barba, il
naso aquilino e i capelli canuti che spuntavano da sotto uno
zucchetto candido, comunicavano molta solennit. Final-
mente, Logen rimase colpito. Il Primo Mago sembrava pro-
prio all'altezza del suo ruolo. Mentre gli si avvicinava, il vec-
chio si lev in piedi e si affrett a scendere i gradini, con il
mantello bianco che svolazzava dietro di lui.
Poggialo qui, mormor nell'indicare una zona erbosa
accanto al pozzo. Logen si inginocchi e adagi Quai per
terra nel modo pi delicato che la schiena dolorante gli per-
mise. Il vecchio si chin sopra di lui e gli pos una mano no-
dosa sulla fronte.
Vi ho riportato il vostro apprendista, furono le prime,
superflue parole di Logen.
Mio?
Non siete Bayaz?
Il vecchio scoppi a ridere. Oh, no, io sono Wells, capo
del personale della biblioteca.
Io sono Bayaz, intervenne una voce da dietro. Il macel-
laio, che si stava asciugando le mani con uno strofinaccio,
venne lentamente verso di loro. Poteva avere sessant'anni,
ma era di corporatura massiccia, con un viso duro solcato da
rughe profonde e un corto pizzetto grigio attorno alla bocca;
il sole pomeridiano si riverberava sulla sua testa liscia e ab-
bronzata. Non era bello, n maestoso, e solo quando si fu av-
vicinato abbastanza Logen pot dire di percepire in lui un
certo non so che, forse il senso di sicurezza, di autorevolez-
za, tipici di un uomo abituato a dare ordini ed essere sempre
obbedito.
Il Primo Mago prese la mano sinistra di Logen tra le sue e
la strinse calorosamente, prima di girarla per esaminare il
moncone del dito mancante.
Logen Novedita, dunque. Colui che chiamano Novedita
il Sanguinario. Ho sentito molte storie sul tuo conto, persino
tra le quattro mura della mia biblioteca.
Logen fece una smorfia, indovinando il genere di storie
che il vecchio poteva aver sentito. stato molto tempo fa.
Ma certo. Tutti abbiamo un passato, eh? Io non giudico
per sentito dire. E poi Bayaz fece un sorriso ampio, bianco,
raggiante, che illumin il suo viso grinzoso di un'aura di cor-
dialit, anche se quella ferrea durezza attorno agli occhi ver-
di, incavati e luminosi, non venne mai meno. Logen rispose
al sorriso, ma fu gi in grado di dire che mai nella vita avreb-
be voluto inimicarsi quell'uomo.
E cos, hai riportato all'ovile la nostra pecorella
smarrita. Con la fronte aggrottata, Bayaz guard Malacus
Quai che giaceva immobile sull'erba. Come sta?
Potrebbe farcela, signore, ma dovremmo portarlo dentro
al caldo, rispose Wells.
Il Primo Mago schiocc le dita e il colpo secco riecheggi
sugli edifici del cortile. Aiutatelo. Il maniscalco accorse a
sollevare il giovane per i piedi, poi lui e Wells lo trasportaro-
no oltre l'alta porta della biblioteca.
Ora, Mastro Novedita, io ho chiamato e tu hai risposto, e
ci dimostra che conosci le buone maniere. Voglio che tu
sappia che ho apprezzato il gesto, bench di cortesia non se
ne veda molta qui nel Nord. Alla gentilezza si risponde con
la gentilezza, questo ho sempre pensato. Ma che succede
ora? Il vecchio custode stava attraversando di corsa il corti-
le, senza un filo di fiato. Due visitatori in un solo giorno?
Che altro dovr aspettarmi?
Maestro Bayaz!, ansim il guardiano. Ci sono dei ca-
valieri alla porta, con tanto di armi e cavalcature! Dicono di
avere un messaggio urgente per voi da parte del Re degli Uo-
mini del Nord!
Non poteva che essere Bethod, perch gli spiriti avevano
detto che si era procurato un cappello dorato, e chi altri
avrebbe osato proclamarsi Re del Nord? Logen deglut, ri-
cordando il loro ultimo incontro, quando Bethod l'aveva pri-
vato di tutto fuorch della vita. Eppure ad altri era andata
peggio, molto peggio.
Allora, maestro?, chiese il portiere. Devo cacciarli
via?
Chi li guida?
Un giovane tutto in ghingheri con una faccia cattiva.
Dice di essere il figlio del Re, o qualcosa del genere.
Calder o Toro? Entrambi hanno la faccia cattiva.
Quello pi giovane, mi pare.
Dunque doveva essere Calder, per fortuna. Erano terribili
tutti e due, ma Toro era decisamente il peggiore, e incontrarli
insieme era un'esperienza da evitare. Bayaz sembr pensarci
su un momento. Il Principe Calder pu entrare, ma i suoi
uomini dovranno rimanere al di l del ponte.
S, signore, al di l del ponte. Il custode si allontan af-
fannato. Chiss come sarebbe stato contento Calder! Logen
si divert all'idea del cosiddetto principe che strillava inutil-
mente davanti a quel minuscolo sportellino.
Il Re del Nord, ma pensa Bayaz rivolse lo sguardo
assente alla valle. Io conoscevo Bethod quando non si dava
cos tante arie. E anche tu, vero, Mastro Novedita?
Logen aggrott la fronte al ricordo di come aveva cono-
sciuto Bethod, quando ancora era soltanto un insignificante
capo branco come tanti. Era andato da lui in cerca di aiuto
contro gli Shanka e Bethod gliel'aveva dato, ma a un prezzo,
che sul momento era parso piccolo e accettabile: combattere,
combattere e basta, uccidere alcuni uomini. Una cosa sempli-
ce per Logen, e poi Bethod gli era sembrato un uomo per cui
valesse la pena battersi, uno fiero, audace, spietato e acceca-
to dall'ambizione. Tutte qualit che Logen aveva ammirato,
perch credeva di possederle egli stesso, ma il tempo li ave-
va cambiati entrambi e il prezzo era salito.
Una volta era un uomo migliore, rifletteva Bayaz, ma
la corona non fa bene a certa gente. Conosci i suoi figli?
Meglio di quanto vorrei.
Bayaz annu. Sono feccia, non vero? E ora temo che
non diverranno mai uomini migliori. Immagina quell'idiota
di Toro con una corona in testa. Ah! Lo stregone rabbrivid.
Fa quasi venire voglia di augurare lunga vita al padre. Qua-
si, per.
La ragazzina che Logen aveva visto giocare si precipit
da loro, con in mano una ghirlanda di fiori gialli che poi por-
se allo stregone. L'ho fatta per te, disse. Logen ud i tonfi
pesanti degli zoccoli che risalivano rapidi la strada.
Per me? Che pensiero delizioso!, disse Bayaz accettan-
do la ghirlanda. Lavoro eccellente, mia cara. Neanche il
Creatore stesso avrebbe potuto intrecciarla meglio.
Il cavaliere raggiunse il cortile con gran fragore, tir forte
le redini del suo cavallo e scese di sella con un balzo. Calder.
Il tempo era stato pi clemente con lui che con Logen, era
evidente. Indossava raffinati abiti neri guarniti di pelliccia
scura, un grosso gioiello rosso gli scintillava su un dito, e
l'elsa della sua spada era intarsiata d'oro. Appariva molto cre-
sciuto e irrobustito, grosso nonostante fosse alto la met del
fratello. Il volto pallido e fiero era proprio come Logen se lo
ricordava, con quel ghigno sprezzante impresso perennemen-
te sulle labbra fine.
Gett le redini alla donna che stava rimestando il latte e
poi, coi lunghi capelli svolazzanti, si avvi a passo svelto
lungo il cortile, lanciando occhiate torve tutto attorno a s.
Quando fu a una decina di passi, vide Logen e rimase a boc-
ca aperta per la sorpresa. Fece un mezzo passo indietro, por-
tando subito la mano alla spada, poi per curv le labbra in
un sorrisetto gelido.
Cos avete deciso di adottare cani, eh, Bayaz? Io per mi
guarderei da questo, perch si dice che morda la mano del
padrone. Le sue labbra si piegarono ancora di pi. Posso
abbatterlo io per voi, se desiderate.
Logen scroll le spalle. Le parole dure erano prerogativa
degli sciocchi e dei codardi, e se Calder era entrambe le cose,
Logen non era nessuna delle due. Se hai intenzione di ucci-
dere, uccidi e basta, senza stare tanto a parlare, per il sempli-
ce motivo che altrimenti dai all'avversario il tempo di prepa-
rarsi, e questo non un bene. Quindi Logen non disse nulla.
Calder poteva anche scambiare il suo atteggiamento per de-
bolezza, se voleva, anzi, tanto meglio. Sebbene gli scontri lo
trovassero sempre con deprimente costanza, Logen aveva
smesso da molto, molto tempo di andarseli a cercare.
Il secondogenito di Bethod indirizz allora il proprio di-
sprezzo al Primo Mago. Mio padre rimarr contrariato, Ba-
yaz! Impedire l'accesso ai miei uomini mostra che non ci ri-
spettate.
Infatti cos, Principe Calder, rispose lo stregone in
tono calmo. Ma ti prego di non scoraggiarti, poich al tuo
ultimo messaggero stato vietato addirittura di attraversare il
ponte, per cui, vedi, stai facendo progressi.
Calder si accigli. Perch non avete risposto alla convo-
cazione di mio padre?
Sono un uomo molto impegnato, disse Bayaz nel solle-
vare la ghirlanda. Queste non si intrecciano mica da sole,
sai?
Il Principe non si stava divertendo. Mio padre, tuon,
Bethod, Re del Nord, vi ordina di presentarvi al suo cospet-
to a Carleon! Si schiar la voce. Non tollerer e scop-
pi in un accesso di tosse.
Come? Parla ad alta voce, ragazzo!
Vi ordina Il Principe toss ancora, farfugli, ma stava
soffocando. Si mise una mano alla gola e all'improvviso l'a-
ria parve essere diventata immobile.
Mi ordina, eh?, Bayaz aggrott la fronte. Riporta il
grande Juvens dalla terra dei morti. Solo lui pu darmi ordi-
ni, lui e nessun altro. Il suo sguardo divenne ancora pi tor-
vo e Logen dovette reprimere lo strano istinto di ritrarsi.
Non tu, n tuo padre, qualsiasi cosa egli si proclami!
Calder cadde lentamente in ginocchio, il volto contratto e
gli occhi pieni di lacrime. Bayaz lo guard dall'alto in basso.
Che abiti scuri! morto qualcuno? Tieni, disse infilando
la ghirlanda sulla testa del Principe, un po' di colore ti tirer
su. Di' a tuo padre che sar lui a dover venire da me. Io non
perdo il mio tempo con gli sciocchi e i secondogeniti. Sono
un tipo all'antica per queste cose. Amo parlare con la testa
del cavallo, non con le sue chiappe. Hai capito, ragazzo?
Calder si era accasciato su un fianco, gli occhi rossi e spor-
genti. Il Primo Mago fece un gesto con la mano. Puoi anda-
re.
Il Principe tir un profondo sospiro, toss ancora e si tir
in piedi, poi and al suo cavallo, issandosi in sella con molta
meno eleganza di come vi era sceso. Scocc uno sguardo
omicida alle proprie spalle nell'avviarsi verso il portale, ma
non fece molta paura su quel viso rosso come un culetto scu-
lacciato. Logen si rese conto che un largo sorriso gli era
comparso sulla faccia; era tanto tempo che non si divertiva
cos.
So che puoi parlare agli spiriti.
Logen fu preso alla sprovvista. Eh?
Parlare agli spiriti. Bayaz scosse la testa. un dono
cos raro di questi tempi. Come stanno?
Chi, gli spiriti?
S.
Scomparendo.
Presto dormiranno per sempre, non cos? La magia ab-
bandona il mondo a poco a poco. Questo l'ordine prestabi-
lito delle cose. Nel corso degli anni la mia conoscenza si
ampliata, ma il mio potere diminuito.
Calder mi parso comunque impressionato.
Bah. Bayaz agit la mano, Una sciocchezza, un truc-
chetto semplicissimo che coinvolge l'aria e la carne. No, cre-
dimi, la magia si sta ritirando dal mondo. un fatto, una leg-
ge naturale. Eppure ci sono molti modi di rompere un uovo,
non vero, amico mio? Se si fallisce in un modo, si deve
provare in un altro. Logen non era pi tanto sicuro di capire
l'argomento in questione, ma era troppo stanco per chiedere.
Eh, gi, mormor il Primo Mago. Ci sono molti modi
di rompere un uovo. A proposito, sembri affamato.
La bocca di Logen si riemp d'acquolina al solo sentire
nominare il cibo. S mangerei volentieri.
Ma certo. Bayaz gli diede una pacca amichevole sulla
schiena. E poi, magari, potrai fare un bagno Niente di
personale, ovviamente, ma trovo che non ci sia nulla di pi
confortante di un bel bagno caldo dopo una lunga cammina-
ta, e ho il sospetto che la tua camminata sia stata molto pi
che lunga. Vieni con me, Mastro Novedita. Qui sarai al sicu-
ro.
Cibo. Bagno. Sicurezza. Logen dovette trattenere le lacri-
me mentre seguiva il vecchio all'interno della biblioteca.
11.

Il brav'uomo

Fuori faceva un caldo asfissiante. Nella sala delle udienze


il sole che entrava splendente dai numerosi pannelli di vetro
delle finestre gettava ombre intrecciate sul pavimento di le-
gno. Era met pomeriggio e l'ambiente era caldo e soffocante
come una cucina.
Fortis dan Hoff, il Lord Ciambellano, era rosso e sudato,
nella sua veste da cerimonia guarnita di pelliccia, e il suo
umore nel corso del pomeriggio non aveva fatto altro che
peggiorare. Harlen Morrow, il suo Sotto segretario per le
Udienze, sembrava addirittura pi a disagio di lui, ma d'altra
parte, oltre al caldo, lui doveva fare i conti anche con il terro-
re che provava nei confronti di Hoff. Entrambi gli uomini
erano dunque estremamente angustiati, ciascuno per ragioni
diverse, ma almeno finalmente poterono sedersi.
Il Maggiore West era in un bagno di sudore, all'interno
della sua alta uniforme ricamata. Era rimasto in piedi nella
stessa posizione, con le mani dietro la schiena e i denti stret-
ti, per quasi due ore intere, in attesa che Lord Hoff si facesse
strada tra i candidati a forza di sguardi biechi, urla e lamente-
le, che riservava a chiunque vedesse. West desider ardente-
mente, e non per la prima volta quel pomeriggio, di essere
steso sotto un albero nel parco a sorseggiare un liquore forte,
o magari sotto un ghiacciaio, tumulato nella neve. Ovunque,
ma non l.
Odiava stare di guardia durante quelle terribili udienze,
ma sarebbe potuta andargli peggio, se si pensava che gli otto
soldati schierati lungo i muri indossavano addirittura l'arma-
tura completa. West era sicuro che, da un momento all'altro,
e con estremo disgusto del Lord Ciambellano, uno di loro sa-
rebbe crollato a terra svenuto, facendo lo stesso baccano di
una credenza piena di casseruole, ma per adesso tutti riusci-
vano chiss come a rimanere in piedi.
Perch in questa dannata stanza c' sempre la temperatu-
ra sbagliata?, si chiedeva esasperato Hoff, come se il caldo
fosse un insulto diretto unicamente a lui. Per met dell'anno
fa troppo caldo, e per l'altra met fa troppo freddo! Non c'
un filo d'aria qui dentro! Perch quelle finestre non si apro-
no? Perch non ci danno una stanza pi grande?
Beh, mormor tormentato il Sotto-segretario, aggiu-
standosi gli occhiali da vista sul naso sudato, le udienze si
sono sempre tenute qui, Lord Ciambellano. Fece una pausa,
sotto lo sguardo tremendo del suo superiore. una
ehm tradizione?
Lo so, asino che non sei altro!, tuon Hoff, il volto pao-
nazzo per il caldo e la rabbia. Nessuno ha chiesto la tua stu-
pida opinione, comunque.
S, cio, no, balbett Morrow, nel senso che avete ra-
gione, mio Lord.
Hoff scosse la testa con gran turbamento e si guard attor-
no nella stanza, in cerca di qualcos'altro che potesse contra-
riarlo. Quanti altri dovremo sopportarne oggi?
Ehm altri quattro, Vostra Grazia.
Accidenti!, tuon il Ciambellano, poi scost l'enorme
poltrona e si allent il colletto bordato di pelliccia per lasciar
passare un po' d'aria. intollerabile! West non pot che
trovarsi silenziosamente d'accordo con lui. Hoff prese una
coppa d'argento dal tavolo e ingoll una rumorosa sorsata di
vino. Era uno a cui piaceva molto bere e in effetti non aveva
fatto altro per tutto il pomeriggio; ciononostante, il suo umo-
re non era migliorato. Chi il prossimo idiota?, chiese.
Beh, dunque Con l'aiuto degli occhiali, Morrow con-
sult a occhi stretti un grosso documento, facendo correre un
dito macchiato d'inchiostro lungo il nome, scritto con una
grafia nervosa. Il prossimo Bravo Heath, un contadino
da
Un contadino? Un contadino, hai detto? Dobbiamo star
seduti qui, con questo caldo ridicolo, per ascoltare le lamen-
tele di un dannato bifolco? Che gli succede, la pioggia gli fa
ammalare il gregge?
Beh, mio Lord, mormor Morrow, pare proprio che
Beh, Bravo Heath voglia presentare dei ehm reclami le-
gittimi nei confronti del suo proprietario terriero, e
Che vada al diavolo! Ne ho fin sopra i capelli dei loro re-
clami! Il Lord Ciambellano bevve un altro sorso di vino.
Fate entrare l'idiota.
Le porte furono spalancate e Bravo Heath venne ammesso
nella sala. Tanto per sottolineare la differenza di condizione
tra i presenti, il tavolo del Lord Ciambellano era posto su una
pedana rialzata, cosicch il pover'uomo era costretto a guar-
dare verso l'alto bench stesse in piedi. Aveva un volto one-
sto ma molto emaciato, e teneva un cappello frusto tra le
mani tremanti. West scroll le spalle, infastidito da una goc-
cia di sudore che gli colava lungo la schiena.
Tu sei Bravo Heath, corretto?
S, mio Lord, borbott il contadino con un pesante ac-
cento, da
Ma Hoff, abituato alla scortesia, lo interruppe. E tu sare-
sti venuto al nostro cospetto per avere udienza presso Sua
Nobilissima Maest, il Re Supremo dell'Unione?
Bravo Heath si inumid le labbra. West si chiese quanta
strada avesse fatto il pover'uomo per venire fin qui a farsi
prendere in giro. Molta, probabilmente. La mia famiglia
stata sfrattata dalla nostra terra. Il proprietario ha detto che
non abbiamo pagato l'affitto, ma
Il Lord Ciambellano fece un gesto con la mano. Questo
palesemente un problema da presentare alla Commissione
per la Terra e l'Agricoltura. Sua Nobilissima Maest il Re si
preoccupa del benessere di tutti i suoi sudditi, anche dei pi
meschini. West rimase quasi disgustato da quell'offesa. Ma
non pu prestare attenzione a ogni quisquilia. Il suo tempo
prezioso, e anche il mio. Buona giornata. E questo fu tutto.
Due dei soldati spalancarono le doppie porte per far uscire
Bravo Heath.
Il volto del contadino era impallidito, le sue mani si torce-
vano strizzando la falda del cappello. Mio buon Lord, bal-
bett, sono gi stato alla Commissione
Hoff gli rivolse uno sguardo omicida e il contadino si
blocc all'istante. Buona giornata, ho detto!
Le spalle del pover'uomo si afflosciarono, mentre dava
l'ultima occhiata alla sala. Morrow stava fissando il muro in
fondo alla stanza con estrema attenzione, nel tentativo di non
incontrare il suo sguardo. Il Lord Ciambellano, invece, conti-
nuava a scrutarlo con rabbia, infuriato per l'imperdonabile
perdita di tempo. West si sentiva nauseato di far parte di
quella scena. Heath si volt e si trascin a testa bassa fuori
dalle porte, che furono subito richiuse.
Hoff sbatt il pugno sul tavolo. Ma avete visto? Rivolse
lo sguardo feroce per la stanza, su tutta l'assemblea grondan-
te di sudore. L'impudenza di quell'uomo! Avete visto, Mag-
giore West?
S, mio Lord Ciambellano, ho visto tutto, rispose West
rigido. una vergogna.
Per fortuna Hoff non comprese il vero significato di quel-
la frase. Una vergogna, Maggiore West, l'avete detto! Mi
chiedo perch tutti i giovani pi promettenti entrino nell'eser-
cito. Voglio sapere chi che permette a questi mendicanti di
entrare! Lanci uno sguardo torvo al Sotto-segretario, che
deglut e fiss il suo documento. Chi c' dopo?
Ehm, fece Morrow, Coster dan Kault, Magistro del-
la Gilda dei Merciai.
So chi , accidenti a te!, comment brusco Hoff, asciu-
gandosi la patina fresca di sudore sul viso. Se non sono i
contadini, sono i dannati mercanti!, rugg rivolto ai soldati
accanto alle porte, a voce abbastanza alta da farsi sentire an-
che in corridoio. Fate entrare quell'avido imbroglione, allo-
ra!
Il Magistro Kault non poteva avere un aspetto pi diverso
dall'uomo appena uscito dalla sala: era un omone grassoccio,
con una faccia tanto dolce quanto duri erano i suoi occhi. La
sua veste ufficiale di colore viola, ricamata con una gran
quantit di fili dorati, era talmente pomposa che avrebbe po-
tuto imbarazzare persino l'Imperatore di Gurkhul. Assieme a
lui entrarono due Merciai anziani, che erano vestiti in modo
altrettanto pretenzioso. West si chiese se Bravo Heath avreb-
be potuto guadagnare abbastanza in dieci anni di lavoro per
permettersi una di quelle vesti, ma decise di no, anche se non
fosse stato sfrattato dalla sua terra.
Mio Lord Ciambellano, inton Kault con un inchino ar-
zigogolato. Hoff salut il capo della Gilda dei Merciai in
modo quasi impercettibile, sollevando un sopracciglio e cur-
vando appena le labbra. Kault attese di ricevere un saluto pi
confacente al suo rango, ma non lo ottenne, cos si schiar ru-
morosamente la gola. Sono venuto per chiedere udienza a
Sua Maest Augusta
Il Lord Ciambellano sbuff. Lo scopo di questo consesso
decidere chi sia degno dell'attenzione di Sua Maest. Se
non siete venuto a chiedere udienza al Re, avete sbagliato
stanza. Era gi chiaro che questo colloquio sarebbe stato un
fallimento proprio come il precedente e in questo c'era una
sorta di orribile giustizia, secondo West, visto che i grandi e i
piccoli venivano trattati allo stesso modo.
Gli occhi del Magistro Kault si strinsero un poco, ma ri-
prese a parlare. L'onorata Gilda dei Merciai, di cui io sono
l'umile rappresentante Hoff risucchi il vino facendo un
gran chiasso, tanto che Kault fu costretto a interrompersi un
momento. stata vittima di un attacco maligno e ingiu-
sto
Riempilo, ti dispiace?, berci il Lord Ciambellano, agi-
tando il calice vuoto davanti al naso di Morrow, che scese
dalla sedia all'istante e afferr la caraffa. Kault attese di nuo-
vo, coi denti stretti, che il vino venisse versato.
Continuate!, lo incalz Hoff con un gesto della mano.
Non abbiamo tutto il giorno.
Un attacco maligno e subdolo
Il Lord Ciambellano lo guard con gli occhi socchiusi.
Un attacco? Le aggressioni sono affare della Guardia Citta-
dina!
Il Magistro Kault fece una smorfia, intanto sia lui che i
suoi due compagni cominciavano gi a sudare. Non un at-
tacco di quel genere, mio Lord Ciambellano, bens un attac-
co insidioso e subdolo, il cui scopo era danneggiare i nostri
interessi presso le Citt Libere della Styria e in tutta l'Unio-
ne. Un attacco perpetrato da alcuni disonesti elementi dell'In-
quisizione di Sua Maest e
Ho sentito abbastanza! Il Lord Ciambellano alz la
grossa mano per chiedere silenzio. Se la questione sono i
vostri affari, allora presentatevi davanti alla Commissione di
Sua Maest per i Traffici e i Commerci. Hoff parl lenta-
mente e scandendo bene le parole, come un maestro che rim-
brotta il suo alunno pi deludente. Se invece una questio-
ne legale, allora dovrebbe occuparsene il dipartimento del-
l'Alto Giudice Marovia. Se riguarda il funzionamento interno
dell'Inquisizione di Sua Maest, dovete fissare un appunta-
mento con l'Arcilettore Sult. In ogni caso, nulla di quello che
mi state dicendo riguarda Sua Maest Augusta.
Il capo della Gilda dei Merciai apr la bocca per replicare,
ma il Lord Ciambellano gli parl a voce pi alta che mai per
dissuaderlo. Il vostro Re impiega una Commissione, sceglie
un Alto Giudice e nomina un Arcilettore, proprio per non es-
sere costretto a risolvere di persona ogni bazzecola! Fra pa-
rentesi, per questo che concede licenze a certe gilde di
commercio e non per riempire le tasche di, e le sue lab-
bra si piegarono in un ghigno disgustato, della classe dei
mercanti! Buona giornata. Le porte furono riaperte.
Il volto di Kault era impallidito per la rabbia dopo l'ultimo
commento. Potete star certo, Lord Ciambellano, disse in
tono gelido, che cercheremo giustizia altrove, e con estrema
insistenza.
Hoff lo guard a lungo, in modo torvo. Cercatela dove vi
pare e con tutta l'insistenza che volete, ma non qui. Buona
giornata! Se si fosse potuto uccidere qualcuno dicendogli
"buona giornata", il capo della Gilda dei Merciai sarebbe ca-
duto a terra stecchito.
Kault sbatt gli occhi un paio di volte, poi si gir infuriato
e usc dalla sala, camminando con tutta la dignit a cui riusc
a fare appello, mentre i suoi due lacch lo seguivano da vici-
no, con le favolose vesti che fluttuavano dietro di loro. Le
porte furono richiuse.
Hoff, di nuovo, colp con il pugno sul tavolo. Che oltrag-
gio!, sbott. Quel porco arrogante! Credono veramente di
potersi fare beffe della legge del Re e poi appellarsi ad essa
quando le cose non vanno come vorrebbero?
Beh, no, disse Morrow, ovviamente
Il Lord Ciambellano ignor il suo Sotto-segretario e si ri-
volse a West con un sorriso malefico sulle labbra. Eppure,
mi sembrato di vedere gli avvoltoi volteggiare sulle loro te-
ste, malgrado il soffitto sia basso, eh, Maggiore West?
Certo, Lord Ciambellano, borbott West profondamen-
te imbarazzato e desideroso che quella tortura finisse presto.
Cos sarebbe potuto tornare da sua sorella, poich il solo
pensiero di lei lo affliggeva. Era anche pi capricciosa di
quanto ricordasse, e tutta la sua intelligenza, temeva lui, non
l'avrebbe portata a nulla di buono. Se solo avesse accettato di
sposare un uomo onesto ed essere felice cos! La sua posizio-
ne era gi abbastanza precaria senza che lei si rendesse ridi-
cola.
Avvoltoi, avvoltoi, mormorava Hoff tra s e s. Non
sono belli, ma hanno la loro utilit. Chi il prossimo?
Il sudato Sotto-segretario piomb in un disagio ancora
maggiore nel cercare le parole giuste. Abbiamo un gruppo
di diplomatici?
Il Lord Ciambellano si ferm con il calice a mezz'aria.
Diplomatici? Chi li manda?
Ehm questo cosiddetto Re del Nord, Bethod.
Hoff scoppi a ridere. Diplomatici?, chiese stridulo
asciugandosi il viso con la manica. Selvaggi, vorrai dire!
Il Sotto-segretario fece un risolino poco convincente. Ah
s, mio Lord! Ah, ah! Selvaggi, ovviamente!
Ma pericolosi, chiaro, Morrow?, ribatt il Lord Ciam-
bellano, il cui buon umore era evaporato all'improvviso. Il
Sottosegretario smise all'istante di ridacchiare. Molto peri-
colosi. Dobbiamo fare attenzione. Fateli entrare!
Erano in quattro. I due pi piccoli erano uomini imponenti
dall'aspetto feroce, barbuti e pieni di cicatrici, con indosso
delle pesanti armature ammaccate. Avevano consegnato le
armi entrando nell'Agriont, ovviamente, ma incutevano an-
cora molta paura. West immagin che le armi consegnate
fossero state tante, grosse e usurate. Questo era il tipo di uo-
mini affamati di guerra che si affollavano sui confini dell'An-
gland, non lontano da casa sua.
Assieme a loro c'era un uomo pi vecchio, sempre in ar-
matura, con capelli lunghi e una folta barba bianca; era sfre-
giato da una cicatrice livida che gli correva lungo tutto il
viso e sopra all'occhio, bianco e cieco. Tuttavia, aveva un
ampio sorriso sulle labbra e il suo atteggiamento affabile era
enormemente in contrasto con quello austero dei suoi due
compagni. Per non parlare del quarto uomo, che fu l'ultimo a
entrare.
Dovette piegarsi sotto l'architrave, che era alta ben sette
piedi abbondanti dal pavimento, e si present avvolto da un
rozzo mantello marrone, il cui cappuccio tirato gli nasconde-
va il viso. Quando si rimise dritto, ergendosi sopra tutti gli
altri, la sala parve all'improvviso assurdamente piccola. Sa-
rebbe bastata la sua mole a spaventare chiunque, ma c'era
dell'altro, qualcosa di minaccioso che pareva sprigionarsi da
lui a ondate. I soldati accostati al muro lo percepirono e si
mossero, a disagio, cos come lo percep il sudato Sotto-se-
gretario per le Udienze, che non smetteva di scattare e affan-
narsi sui suoi documenti. Anche il Maggiore West lo percep.
Sent la sua pelle diventare d'un tratto fredda nonostante il
caldo e ogni pelo del suo corpo rizzarsi sotto la divisa madi-
da.
Solamente Hoff parve non esserne influenzato, anzi, si
mise a squadrare i quattro Uomini del Nord dall'alto in basso
con un'espressione corrucciata, impressionato dal gigante col
cappuccio tanto quanto lo era stato da Bravo Heath. Cos
voi siete i messaggeri di Bethod. Arrot le parole in bocca
prima di pronunciarle: Il Re degli Uomini del Nord.
Esatto, disse il vecchio sorridente, nel fare una profon-
da riverenza. Il mio nome Occhio Bianco Hansul. Aveva
una voce ricca, rotonda, armoniosa e priva di inflessioni, to-
talmente diversa da quella che West si era aspettato.
E siete l'ambasciatore di Bethod?, chiese Hoff con aria
indifferente, prima di bere un altro sorso di vino dal calice.
Per la prima volta in vita sua, West fu contento che il Lord
Ciambellano si trovasse nella sala con lui, ma poi alz lo
sguardo sull'uomo incappucciato e il senso d'inquietudine ri-
torn.
Oh, no, rispose Occhio Bianco, io sono qui in qualit
di interprete. Questi l'ambasciatore del Re degli Uomini del
Nord. Il suo occhio buono scatt nervoso verso la figura
scura col mantello, come se persino lui ne avesse paura.
Fenris. Indugi sulla "s" finale, il cui sibilo risuon per la
sala. Fenris il Temuto.
Non poteva avere un nome pi adatto. Al Maggiore West
tornarono alla mente le canzoni che aveva sentito da bambi-
no, le storie dei giganti assetati di sangue che infestavano le
montagne del lontano Nord. Per un momento nella sala non
vol una mosca.
Humf, fece il Lord Ciambellano, imperturbabile. E
state cercando udienza presso Sua Maest Augusta, il Re Su-
premo dell'Unione?
Esattamente, Lord Ciambellano, rispose il vecchio
guerriero. Il nostro signore, Bethod, si rammarica molto per
l'ostilit esistente tra i nostri due popoli. Il suo unico deside-
rio essere in buoni rapporti coi nostri vicini del Sud. Il mio
Re porta al vostro un'offerta di pace e un dono che dimostri
la nostra buona fede. Niente di pi.
Bene, bene, comment Hoff, abbandonandosi sul suo
scranno con un gran sorriso sulle labbra. Richiesta cortese e
cortesemente rivolta. Potrete incontrare il Re domani nel
Consiglio Aperto, cos gli presenterete la vostra offerta e il
vostro dono al cospetto dei pi importanti pari del regno.
Occhio Bianco si inchin rispettoso. Siete molto gentile,
Lord Ciambellano. Si gir e torn in direzione della porta
seguito dai due arcigni guerrieri, ma la figura incappucciata
indugi ancora un momento prima di andarsene a propria
volta, piegandosi sotto l'architrave. Il respiro di West torn
regolare solo dopo che la porta fu richiusa, poi scosse la testa
e scroll le spalle sudate. Canzoni sui giganti, come no.
Quello non era altro che un omone con un mantello sulle
spalle, ma a guardarla di nuovo quella porta era davvero
molto alta
Ecco, hai visto, Mastro Marrow?, Hoff sembrava oltre-
modo compiaciuto da se stesso. Non erano poi quei selvag-
gi che dicevi! Mi sa che siamo vicini alla risoluzione dei no-
stri problemi col Nord, non credi anche tu?
Il Sotto-segretario non sembrava per niente convinto.
Ehm s, mio Lord, certo.
Esattamente. Tanto trambusto per niente. Come sono
pessimisti e disfattisti i nostri cittadini al Nord, eh? La guer-
ra bah! Hoff sbatt nuovamente la mano sul tavolo e fece
traboccare il vino sul ripiano. Questi Uomini del Nord non
oserebbero mai! Aspetta e vedrai, che ci verranno a implora-
re di entrare a far parte dell'Unione! Vedrete se non ho ragio-
ne, eh, Maggiore West?
Ehm
Ottimo! Eccellente! Finalmente oggi si concluso qual-
cosa! Un altro candidato e poi potremo uscire da questa dan-
nata fornace! Chi c' dopo, Morrow?
Il Sotto-segretario aggrott la fronte e si tir su gli occhia-
li sul naso. Vediamo c' un certo Yoru Zolfo, scand, nel
tentativo di pronunciare correttamente quel nome insolito.
Chi?
Ehm Solfo, o Zulfo, o una cosa del genere.
Mai sentito nominare, grugn il Lord Ciambellano.
Che uomo ? Una specie di uomo del Sud? Non un altro
contadino, voglio sperare!
Il Sotto-segretario esamin le sue carte e deglut. Un am-
basciatore?
S, s, ma chi lo manda?
Marrow s'era fatto piccolo piccolo, come un bambino che
si aspetta uno schiaffo da un momento all'altro. Il Grande
Ordine dei Maghi!, proruppe d'un fiato.
Segu un momento di silenzio scioccato. West alz le so-
pracciglia e rimase a bocca aperta, immaginando che anche i
soldati stessero avendo quella stessa reazione dietro le visie-
re. Fece istintivamente una smorfia in attesa della risposta
del Lord Ciambellano, ma Hoff li sorprese tutti quando scop-
pi a ridere. Eccellente! Almeno, ci divertiremo un po'.
Sono anni che non viene un Mago qui! Fate entrare lo stre-
gone, non dobbiamo farlo aspettare!
Yoru Zolfo si rivel una delusione, poich indossava abiti
semplici e sporchi per il viaggio, non tanto migliori di quelli
di Bravo Heath, in effetti, e il suo bastone, sulla cui estremit
non brillava nessun cristallo, non era nemmeno rivestito in
oro. Negli occhi del Mago non splendevano fiamme miste-
riose e, per la verit, sembrava un tipo piuttosto ordinario,
sui trentacinque anni, leggermente stanco, come se avesse
viaggiato molto, ma per il resto del tutto a proprio agio da-
vanti al Lord Ciambellano.
Buongiorno a voi, signori, disse appoggiandosi al ba-
stone. West non riusciva a capire da dove provenisse; di cer-
to non dall'Unione, perch la sua pelle era troppo scura, ma
neanche da Gurkhul o dall'estremo sud, perch la sua pelle
era troppo chiara. Non dal Nord, n dalla Styria. Da pi lon-
tano allora, ma da dove? Guardandolo con pi attenzione,
not che aveva gli occhi di colori diversi, uno blu e l'altro
verde.
Buongiorno anche a voi, signore, disse Hoff, e poi sor-
rise come se il suo saluto fosse sincero. La mia porta sem-
pre aperta per il Grande Ordine dei Maghi. Ditemi, ho il pia-
cere di parlare con il grande Bayaz in persona?
Zolfo parve frastornato. No. Forse hanno sbagliato ad
annunciarmi? Il mio nome Yoru Zolfo. Mastro Bayaz cal-
vo. Si pass una mano tra i riccioli castani. C' una statua
che lo ritrae per strada, ma io ho avuto l'onore di essere suo
allievo per diversi anni. un maestro potente e sapiente.
Ma certo! Ma certo che lo ! E in che cosa possiamo ser-
virvi?
Yoru Zolfo si schiar la voce come se stesse per raccontare
una storia. Alla morte del Re Harod il Grande, il Primo
Mago Bayaz lasci l'Unione. Ma giur di ritornare.
S, s, vero, ridacchi Hoff. Come no, ogni scolaretto
conosce questa storia.
E afferm che il suo ritorno sarebbe stato annunciato da
un altro.
vero anche questo, s.
Ebbene, disse Zolfo con un gran sorriso, eccomi qua.
Il Lord Ciambellano scoppi in una risata fragorosa. Ec-
covi qua!, grid nello sbattere i pugni sul tavolo. Persino
Harlen Morrow si concesse una timida risatina, ma si zitt
non appena il sorriso di Hoff cominci ad affievolirsi.
Durante il mio mandato in qualit di Lord Ciambellano,
ho ricevuto tre membri del Grande Ordine dei Maghi che vo-
levano avere udienza presso il Re. Due erano palesemente
matti e il terzo era un impostore d'una faccia tosta ecceziona-
le. Si pieg in avanti, poggi i gomiti sul tavolo e congiun-
se le punte delle dita. Ditemi, Mastro Zolfo, voi a quale ti-
pologia di Mago appartenete?
A nessuna di quelle che avete nominato.
Capisco. Suppongo che avrete dei documenti, allora.
Ovviamente. Zolfo tir fuori dal mantello una piccola
lettera chiusa da un sigillo bianco, con un unico simbolo
strano impresso sulla ceralacca. La poggi sul tavolo davanti
al Lord Ciambellano con fare tranquillo.
Hoff aggrott la fronte, poi prese la lettera e se la rivolt
tra le mani, prestando particolare attenzione al sigillo, poi si
tampon la faccia con la manica, ruppe la ceralacca e, aperto
il foglio, cominci a leggere.
Yoru Zolfo non diede segnali di nervosismo, n sembrava
oppresso dal caldo, anzi, si mise a passeggiare per la sala fa-
cendo cenni con la testa ai soldati in armatura, ma non rima-
se offeso quando questi non gli risposero. Si gir lentamente
verso West. Fa un caldo terribile qui dentro, vero? Mi mera-
viglio che questi poveri soldati non crollino a terra svenuti,
facendo lo stesso baccano di una credenza piena di casseruo-
le. West sbatt le palpebre ricordando che prima aveva pen-
sato la stessa, identica cosa.
Il Lord Ciambellano pos la lettera sul tavolo con molta
delicatezza, senza pi mostrare alcun segno di divertimento.
Penso che il Consiglio Aperto sia poco adatto per discutere
di questa faccenda.
Concordo. Speravo di poter parlare in privato con il Lord
Cancelliere Feekt.
Temo che questo non sar possibile. Hoff si umett le
labbra. Lord Feekt morto.
Zolfo si accigli. Che spiacevole evento.
Estremamente spiacevole. Tutti ci rammarichiamo molto
per questa perdita. Forse io e certi altri membri del Consiglio
Ristretto possiamo aiutarvi.
Zolfo chin la testa. Andr dove voi mi condurrete, Lord
Ciambellano.
Cercher di organizzare un incontro pi tardi questa
sera. Fino ad allora, vi troveremo una sistemazione entro le
mura dell'Agriont che sia confacente al vostro rango.
Fece segno alle guardie, che spalancarono le porte.
Grazie infinite, Lord Hoff. Mastro Morrow. Maggiore
West. Zolfo fece cenni cortesi a ognuno di loro, poi si volt
e se ne and. Le porte vennero chiuse nuovamente e West si
chiese come fosse possibile che quell'uomo conoscesse il suo
nome.
Hoff si rivolse al Sotto-segretario per le Udienze. Va' im-
mediatamente dall'Arcilettore Sult e digli che dobbiamo par-
lare con urgenza, poi chiama anche l'Alto Giudice Marovia e
il Lord Maresciallo Varuz; di' loro che si tratta di una que-
stione di importanza estrema, ma non parlarne con nessun al-
tro. Agit il dito davanti alla faccia sudata di Morrow. Non
una parola!
Il Sotto-segretario rimase a fissarlo con gli occhi spalan-
cati e gli occhiali storti. Muoviti!, rugg Hoff. Morrow bal-
z in piedi e usc in tutta fretta da una porta laterale, inciam-
pando sull'orlo della veste. West aveva la bocca cos secca
che riusciva a malapena a deglutire.
Hoff scocc lunghe e severe occhiate a tutti i presenti in
sala. E per quanto riguarda voi, non fatene parola con ani-
ma viva, o le conseguenze saranno molto gravi! Ora fuori,
tutti quanti! I soldati, tra cui anche West, uscirono sferra-
gliando dalla sala senza farselo ripetere due volte, cos il
Lord Ciambellano rimase solo sul suo scranno, impensierito.
Anche i pensieri di West erano cupi e confusi mentre ri-
chiudeva la porta dietro di s. Ad affollare la sua mente c'era-
no frammenti di vecchie storie sui Maghi, la paura per la
guerra nel Nord, immagini di giganti incappucciati tanto alti
che sfioravano il soffitto. Strani e sinistri visitatori s'erano
presentati nell'Agriont quel giorno e West era oppresso dalle
preoccupazioni. Cercava di scrollarsele di dosso, di convin-
cersi che erano tutte sciocchezze, ma d'altra parte non riusci-
va a pensare ad altri che a sua sorella, che gironzolava per la
cittadella come una sciocca.
Grugn tra s e s. Probabilmente si trovava con Luthar in
questo momento. Ma perch li aveva fatti conoscere? Per
qualche ragione, si era aspettato di rincontrare la stessa ra-
gazzina che ricordava, pallida, goffa e dalla lingua tagliente,
invece era rimasto scioccato quando ai suoi alloggi s'era pre-
sentata una donna adulta. L'aveva a stento riconosciuta, tanto
era cresciuta, e s'era fatta cos affascinante! Luthar, da parte
sua, era ricco, bello e arrogante, e possedeva l'autocontrollo
di un bambino di sei anni. Sapeva che avevano continuato a
vedersi da allora, ma sempre come amici, naturalmente, per-
ch Ardee qui non aveva nessun altro. Amici e basta.
Merda!, imprec. Aveva praticamente messo il formag-
gio davanti alla tana del topo. Perch diavolo non era stato in
grado di prevederlo? Si profilava una dannata catastrofe al-
l'orizzonte! Ma che poteva farci ormai? Fiss il corridoio con
aria tetra.
Tuttavia, vedere la sofferenza degli altri aiuta a far dimen-
ticare la propria, e Bravo Heath era una vista da spezzare il
cuore. Sedeva da solo su una lunga panca a fissare il vuoto,
con il viso di un pallore cadaverico; West immagin che fos-
se rimasto seduto l per tutto il tempo, mentre i Merciai, gli
Uomini del Nord e il Mago erano entrati e usciti dalla sala, e
non perch stesse aspettando qualcosa, ma semplicemente
perch non aveva altro posto dove andare. West guard il
corridoio da una parte e dall'altra, verificando che al momen-
to non c'era nessuno. Heath non si era nemmeno accorto di
lui, ma se ne stava immobile, con gli occhi vitrei e la bocca
aperta, il cappello logoro poggiato sulle ginocchia e l di-
menticato.
West non poteva lasciarlo in quello stato, proprio non ne
era capace.
Bravo Heath, gli disse avvicinandosi, cos il contadino
alz su di lui lo sguardo sorpreso e cominci a torcersi il
cappello tra le mani, poi fece per alzarsi mentre borbottava
delle scuse.
No, vi prego, non alzatevi. West gli si sedette accanto
sulla panca, ma cominci a fissarsi gli stivali, incapace di
guardare l'altro negli occhi. Segu uno strano silenzio. Ho
un amico nella Commissione per la Terra e l'Agricoltura.
Forse lui pu fare qualcosa per voi La sua voce si affie-
vol per l'imbarazzo, quindi rivolse gli occhi socchiusi verso
corridoio.
Il contadino sorrise in modo mesto. Vi sarei immensa-
mente grato per tutto quello che potreste fare.
S, s, certo. Far quello che posso. Ma entrambi sape-
vano che l'intervento di West non avrebbe risolto la situazio-
ne. Fece una smorfia, poi si morse il labbro. meglio che
accettiate questo, disse, e premette il suo borsellino tra le
dita inerti e callose del contadino, che lo guard con la bocca
appena schiusa. West fece un rapido sorriso imbarazzato pri-
ma di alzarsi in piedi. Era impaziente di andarsene.
Signore!, lo chiam Bravo Heath, ma West si stava gi
affrettando lungo il corridoio, e non si volt.
12.

Sulla lista

Perch lo faccio?
Il profilo della casa cittadina di Villem dan Robb si sta-
gliava scuro contro il limpido cielo notturno. Non era un edi-
ficio appariscente, bens un'anonima casa su due piani, con
un muretto basso e un cancello d'ingresso, non diversa dalle
altre centinaia di abitazioni presenti su quella stessa via. Il
nostro vecchio Rews abitava in una grande villa lussuosa vi-
cino al mercato. Robb avrebbe dovuto chiedergli delle maz-
zette pi sostanziose. Pazienza. Meglio per noi che non l'ab-
bia fatto. In altre zone alla moda della citt, le strade princi-
pali erano illuminate a giorno e la gente ubriaca avrebbe in-
gombrato le vie fino all'alba, ma questa isolata stradina se-
condaria era ben lontana da tutte quelle luci e, soprattutto, da
occhi indiscreti.
Possiamo agire indisturbati.
Fatto il giro dell'edificio, si vedeva una lampada accesa a
una finestrella del piano superiore. Bene. Il nostro amico in
casa, ma ancora sveglio, per cui dobbiamo andarci cauti.
Si volt verso il Pratico Gelo e gli indic il lato della casa, al
che l'albino annu e scivol come un'ombra dall'altra parte
della strada.
Glokta attese che avesse raggiunto il muro e si fosse na-
scosto all'ombra dell'edificio, poi, guardando Severard, indi-
c la porta d'ingresso. L'esile Pratico gli sorrise con gli occhi
per un momento, prima di chinarsi e avviarsi rapidamente a
scavalcare il muretto per balzare dall'altra parte in assoluto
silenzio.
Finora, perfetto, ma adesso devo muovermi anch'io.
Glokta si chiese che cosa ci facesse l, dal momento che
Gelo e Severard erano pi che capaci di occuparsi di Robb
da soli; lui li avrebbe soltanto rallentati. Potrei addirittura
cadere sulle mie chiappe e rivelare a quell'idiota la nostra
presenza. Quindi, che sono venuto a fare? Ma lui sapeva per-
ch era l: per quell'eccitazione che gli stava gi montando in
gola e gli dava quasi la sensazione di essere vivo.
Aveva avvolto uno straccio all'estremit del bastone per
attutirne il suono, perci fu in grado di zoppicare pian piano
fino al muretto senza fare troppo baccano. Severard, intanto,
aveva aperto da dentro il cancello d'ingresso e reggeva il car-
dine con una mano inguantata per evitare che stridesse. Puli-
to e semplice. Tanto non sarei riuscito comunque a scalare
quel muretto, poteva essere alto un piede solo, o cento, per
me sarebbe stato lo stesso.
Il Pratico si inginocchi sul gradino della porta e comin-
ci a forzare la serratura. Muoveva le mani con destrezza,
mentre teneva un orecchio accostato al legno e gli occhi
strizzati per la concentrazione. Il cuore di Glokta batt all'im-
pazzata per tutto il tempo, la pelle quasi gli formicolava per
la tensione. Ah, l'emozione della caccia.
Si sent un lieve clicchettio, poi un altro, e infine Seve-
rard, rimessosi in tasca i grimaldelli scintillanti, si protese
lento e prudente a girare il pomello della porta, che si apr
senza scricchiolare. Si sa rendere utile, questo Severard.
Senza lui e Gelo, io sarei solo uno storpio. Loro sono le mie
mani, le mie braccia e le mie gambe, ma io sono il loro cer-
vello. Severard scivol all'interno della casa seguito da Glok-
ta, che faceva smorfie di dolore ogni volta che scaricava il
peso sulla gamba sinistra.
L'ingresso era buio, ma c'era un raggio di luce che illumi-
nava tutta la scala dall'alto cos che la ringhiera gettava stra-
ne ombre distorte sul pavimento di legno. A un cenno di
Glokta, Severard annu e si diresse verso la rampa in punta di
piedi, tenendosi sempre accostato alla parete. Sembr impie-
garci anni per raggiungerla.
Quando il terzo gradino scricchiol piano sotto i piedi di
Severard, sia lui che Glokta si bloccarono all'istante. Rimase-
ro immobili come statue, in attesa di sentire dei rumori al
piano di sopra. Eppure tutto tacque, per cui Glokta riprese a
respirare, mentre il Pratico, da parte sua, ricominci la sua
silenziosa salita, un gradino dopo l'altro. Alla fine, giunto
quasi alla sommit, poggi la schiena contro il muro e sbir-
ci cauto da dietro l'angolo, prima di compiere l'ultimo passo
e sparire silenzioso dietro lo spigolo.
Il Pratico Gelo emerse dal buio in fondo al corridoio.
Glokta sollev un sopracciglio verso di lui con aria interro-
gativa, ma l'albino scosse la testa, come a dire che di sotto
non c'era nessuno. Cos Glokta si gir verso la porta e inizi
a spingerla con delicatezza, ma soltanto quando fu richiusa
del tutto moll pian piano il pomello, affinch la serratura
scattasse.
Questo dovete proprio vederlo.
Glokta sussult al suono improvviso di quella voce. Vol-
tandosi con un movimento brusco che gli caus una tremen-
da scarica di dolore alla schiena, vide Severard che stava in
piedi in cima alle scale, con le mani poggiate sui fianchi. Il
Pratico si gir, avviandosi verso la fonte di luce, e Gelo, che
ormai non si preoccupava pi di muoversi furtivamente, sal
la rampa dietro di lui con piedi pesanti.
Perch nessuno resta mai al piano terra? Sempre queste
maledette scale. Quantomeno non dovette pi cercare di far
silenzio durante la faticosa salita, quindi lasci che il piede
destro facesse scricchiolare gli scalini liberamente e il sini-
stro si trascinasse rumoroso sulle assi di legno. Giunto in
cima, and zoppicante verso una stanza in fondo al corrido-
io, quella dalla quale proveniva la luce che illuminava tutto il
piano superiore, ma quando fu arrivato sulla soglia, ferman-
dosi un istante per riprendere fiato, si trov davanti a una
cosa che non si aspettava.
Oh, povero me, che macello! Una grossa libreria era stata
ribaltata, e i libri erano sparsi dappertutto sul pavimento, al-
cuni aperti, alcuni ancora chiusi; un bicchiere di vino rosso
era stato rovesciato sul ripiano della scrivania e il liquido
aveva inzuppato delle carte rendendole simili a stracci colo-
rati. Anche il letto era nello scompiglio: coperte disfatte, ma-
terasso e cuscini squarciati, piume sparpagliate ovunque.
C'era inoltre un guardaroba con le ante aperte, di cui una era
stata quasi del tutto strappata dai cardini; i pochi vestiti anco-
ra appesi erano stati fatti a brandelli, anche se la maggior
parte di essi giaceva ammucchiata e lacerata per terra.
E poi c'era un bel giovane steso sulla schiena sotto la fine-
stra, a fissare il soffitto con la bocca aperta e il viso cereo.
Dire che gli avevano tagliato la gola sarebbe stato un eufemi-
smo, perch lo squarcio era stato aperto con una tale ferocia
che solo un lembo di carne gli teneva la testa ancora attacca-
ta al collo. C'era sangue sui vestiti strappati, sul materasso la-
cero, sul cadavere stesso, sul muro, segnato anche da un paio
di impronte sbaffate; una pozza di sangue fresco si allargava
su gran parte del pavimento. stato ucciso stanotte, forse
qualche ora fa. Forse addirittura qualche minuto fa.
Mi sa che non risponder alle nostre domande, com-
ment Severard.
No. Glokta lasci correre gli occhi su quel disastro.
Ha tutta l'aria di essere morto. Ma come successo?
Gelo lo fiss con un occhio rosa e sollev un sopracciglio
bianco. Veleno?
Severard scoppi in una risata stridula da sotto la masche-
ra e persino Glokta si concesse una risatina. S, chiaro.
Ma come ha fatto il veleno a entrare?
Fineftra aperta, biascic Gelo indicando il pavimento.
Glokta si aggir claudicante per la stanza, ben attento a
non calpestare l'impiastro di sangue e piume. Cos, il nostro
veleno ha visto la lampada accesa, come noi. entrato dalla
finestra al piano di sotto ed salito in silenzio per le scale.
Ribalt le mani del cadavere con la punta del bastone. Ci
sono macchie di sangue, ma le dita e le nocche non sono fe-
rite, quindi non ha lottato. stato colto di sorpresa. Allung
il collo per guardare meglio la gola squarciata.
Taglio netto e vigoroso. Probabilmente con un coltello.
Di modo che l'uccellino Villem dan Robb non potesse
pi cantare.
E noi restassimo a corto di un informatore, riflett
Glokta. Non c'era sangue nel corridoio. Per quanto la stanza
sembri in disordine, il nostro uomo stato molto attento a
non sporcarsi i piedi mentre frugava in giro. Non era arrab-
biato o spaventato. Stava solo portando a termine un lavoro.
L'assassino era un professionista, mormor Glokta.
venuto qui per uccidere, poi magari ha fatto tutto questo ca-
sino per farla sembrare una rapina, chi pu dirlo? In ogni
caso, l'Arcilettore non si accontenter di un cadavere. Guar-
d i suoi due Pratici. Chi il prossimo sulla lista?

Questa volta per la colluttazione c'era stata, senza ombra


di dubbio. Anche se impari. Solimo Scandi era sdraiato su un
fianco con il viso rivolto al muro, come se fosse imbarazzato
per lo stato della sua camicia da notte ridotta a brandelli.
Aveva tagli profondi sugli avambracci. Coi quali ha cercato
invano di ripararsi dalla lama. Aveva strisciato per terra,
glielo diceva la scia di sangue che si era lasciato dietro sul
pavimento lucidato a specchio. Su cui ha cercato invano di
fuggire. Ma non c'era riuscito. Le quattro coltellate alla
schiena avevano segnato la sua fine.
Glokta sent il suo viso contrarsi mentre guardava il corpo
insanguinato. Un cadavere poteva essere una coincidenza,
ma due significa "complotto". La palpebra cominci a fre-
mergli. Chiunque sia stato, sapeva che stavamo arrivando,
quando, e per chi. Anticipano le nostre mosse. Molto proba-
bilmente la lista dei complici gi una lista di cadaveri.
Sent uno scricchiolio alle sue spalle e volt la testa di scatto,
provocandosi una scossa di dolore al collo irrigidito, ma era
solo il vento che aveva fatto muovere una finestra aperta.
Calmati, adesso. Calmati e pensa.
Pare proprio che l'onorata Gilda dei Merciai abbia fatto
un po' di pulizia.
Ma come facevano a saperlo?, chiese Severard.
Gi, come? Devono aver visto la lista di Rews, o magari
qualcuno gli ha svelato i nomi. E ci significa Glokta si
pass la lingua sulle gengive senza denti. Qualcuno nell'In-
quisizione ha spifferato tutto.
Una volta tanto, gli occhi di Severard non stavano sorri-
dendo. Se sanno chi c' sulla lista, allora sanno anche chi
l'ha scritta. Sanno chi siamo.
Tre altri nomi nell'elenco, forse? Nomi aggiunti in fondo,
all'ultimo momento? Glokta ghign. Molto eccitante. Hai
paura?
Beh, non sono contento, a dirvi la verit. Fece un cenno
verso il cadavere. Beccarmi una coltellata nella schiena non
fa parte dei miei piani.
Neanche dei miei, Severard, credimi. No, infatti. Per-
ch se muoio non sapr mai chi ci ha traditi.
E io voglio saperlo.

Una luminosa giornata di primavera, senza una nuvola in


cielo. Damerini e fannulloni di ogni specie affollavano il par-
co e Glokta sedeva immobile su una panchina a guardare il
paesaggio, sotto l'ombra misericordiosa di un grosso albero.
Lo splendore della vegetazione faceva da cornice all'acqua
luccicante del lago, attorno al quale le persone, felici e ubria-
che, si accalcavano sulle panchine in un turbinio di colori.
C'erano coppie e gruppi sparsi sul prato, tutti che bevevano,
chiacchieravano e si crogiolavano al sole. Sembrava non ci
fosse pi spazio per nessun altro.
Eppure, accanto a Glokta non era venuto a sedersi anima
viva. Di tanto in tanto alcuni si precipitavano verso di lui, in-
creduli di fronte alla gran fortuna di aver trovato un posto
come quello, ma poi nel vederlo si incupivano e cambiavano
strada, oppure gli passavano davanti come se non avessero
mai avuto l'intenzione di sedersi. Mi evitano come la peste,
ma forse meglio cos. Non me ne faccio niente della loro
compagnia.
Si mise a osservare un gruppo di giovani soldati che re-
mavano su una barca in mezzo al lago. A un certo punto, uno
di loro si alz in piedi con una bottiglia in mano e si mise a
sproloquiare, in equilibrio precario, poi quando la barca pre-
se a beccheggiare pericolosamente, i suoi compagni gli urla-
rono di rimettersi seduto. A Glokta giunsero vaghe risate bo-
narie trasportate dal vento, solo con qualche secondo di ritar-
do per via della distanza. Bambini. Come sembrano giovani
e innocenti. Anche io ero cos non molto tempo fa. Ma
come se fossero passati cent'anni. Anzi, di pi. Era un altro
mondo.
Glokta.
Alz lo sguardo, schermandosi gli occhi di fronte a una fi-
gura controsole. Finalmente l'Arcilettore Sult era arrivato,
una sagoma scura che si stagliava contro l'azzurro del cielo.
Sotto lo sguardo gelido dell'altro, Glokta ebbe l'impressione
di vedere il suo superiore un poco pi stanco, pi rugoso, pi
teso rispetto al solito.
Spero che sia importante. Sult sollev con un gesto gli
orli della lunga veste bianca e si sedette in modo aggraziato
sulla panchina. Il popolo di nuovo in rivolta vicino a
Keln. Qualche idiota di proprietario terriero impicca un paio
di bifolchi e adesso tocca a noi sedare le ribellioni! Quanto
pu essere difficile gestire un campo di robaccia e una man-
ciata di contadini? Non si deve per forza trattarli bene, ma
neanche impiccarli! La sua bocca era una linea dritta e deci-
sa, mentre guardava i prati con sguardo torvo. Per cui mi
auguro vivamente che sia importante.
Cercher di non deludervi allora. Villem dan Robb
morto. Come a dare enfasi a queste parole, il soldato ubria-
co scivol fuori bordo piombando in acqua e le risate urlate
dei suoi compagni raggiunsero Glokta con un attimo di ritar-
do. stato ucciso.
Ah. Capita. Va' dal prossimo sulla lista. Sult si alz in
piedi con la fronte aggrottata. Non pensavo che avessi biso-
gno della mia approvazione per ogni singola cosa. Perci ho
scelto te per questo lavoro. Non perdere tempo!, disse, e poi
si volt per andarsene.
Non c' bisogno di avere tanta fretta, Arcilettore. Il pro-
blema dell'avere gambe che funzionano bene che si tende a
correre troppo. Se invece sei storpio, eviti di muoverti finch
non sei sicuro che sia ora. Anche il prossimo sulla lista ha
avuto un incidente.
Sult si gir con un sopracciglio appena sollevato. Ah,
s?
Tutti quelli sulla lista hanno fatto la stessa fine.
L'Arcilettore contrasse le labbra e si rimise a sedere sulla
panchina. Tutti, eh?
Tutti.
Mmmh, riflett Sult. Interessante. I Merciai stanno fa-
cendo un po' di pulizia, eh? Non mi aspettavo tanta crudelt.
I tempi sono cambiati, eh s, sono proprio Ma le parole
gli morirono sulle labbra via via che si accigliava. Credi
che qualcuno abbia dato loro la lista di Rews? Credi che uno
dei nostri abbia parlato, non cos? Per questo mi hai chiesto
di venire qui.
Pensavate che volessi solo evitare le scale? Tutti uccisi?
Tutti quelli sulla nostra lista? E la notte stessa in cui andiamo
ad arrestarli? Io non credo molto alle coincidenze. E voi ci
credete, Arcilettore?
Evidentemente no, dal momento che aveva assunto un'e-
spressione molto cupa. Chi ha visto la confessione?
Io e i miei due Pratici, ovviamente.
E ti fidi ciecamente di loro?
Ciecamente. Ci fu una pausa. La barca sul lago andava
alla deriva, abbandonata a se stessa, intanto che i soldati a
bordo si dimenavano gioiosi dopo aver sollevato i remi,
mentre quello caduto in acqua sguazzava e rideva nel cercare
di schizzarli.
La confessione rimasta nel mio ufficio per un po',
mormor l'Arcilettore. Magari qualcuno dei miei dipendenti
potrebbe averla vista. Potrebbe, dico.
Vi fidate ciecamente di loro, Vostra Eminenza?
Sult lo fiss per un lungo, glaciale momento. Non ose-
rebbero mai. Sanno che meglio non mettersi contro di me.
Allora resta solo il Superiore Kalyne, disse Glokta a
bassa voce.
Le labbra dell'Arcilettore a stento si muovevano nel parla-
re. Questo un terreno delicato, Inquisitore, molto delicato.
Ti stai addentrando in una zona niente affatto sicura. Gli
sciocchi non diventano Superiori dell'Inquisizione, a dispetto
delle apparenze. Kalyne ha molti amici, sia nel Palazzo degli
Interrogatori che fuori. Amici potenti. Ogni accusa nei suoi
confronti deve essere supportata da prove inconfutabili.
Sult si blocc all'improvviso, in attesa che un gruppetto di si-
gnore passasse oltre. Prove inconfutabili, sibil, quando
non furono pi a portata d'orecchio. Devi trovarmi questo
assassino.
Pi facile a dirsi che a farsi. Certo, Vostra Eminenza, ma
la mia indagine arrivata a un punto morto.
Non ancora. Ci rimasta una carta da giocare: Rews.
Rews? Ma, Arcilettore, sar nell'Angland ormai. A spu-
tare sangue in una cava, o in qualche altro posto del genere.
Se ancora vivo.
No, qui nell'Agriont, sotto chiave. Ho pensato fosse
meglio trattenerlo per un po'. Glokta cerc con tutto se stes-
so di non mostrarsi troppo sorpreso. Astuto. Molto astuto.
Gli sciocchi non diventano neanche Arcilettori, a quanto
pare. Rews sar la tua esca. Far in modo che il mio segre-
tario porti un messaggio a Kalyne, per fargli sapere che sono
tornato sulle mie posizioni e che sono pronto a concedere ai
Merciai la possibilit di continuare a operare, a patto che si
pieghino a un controllo pi rigido. Come gesto di buona vo-
lont, liberer Rews. Se la spia Kalyne, suppongo che in-
former i Merciai sul suo rilascio, e loro sicuramente mande-
ranno un assassino a punirlo per la sua lingua lunga. Io dico
che potresti acciuffarlo cogliendolo sul fatto, e se l'assassino
non si fa vivo, ebbene, dovremo cercare altrove il nostro tra-
ditore, ma intanto non ci avremo rimesso niente.
Piano eccellente, Vostra Eminenza.
Sult gli rivolse uno sguardo freddo. Ovviamente. Avrai
bisogno di un posto da cui agire, un posto che sia lontano dal
Palazzo degli Interrogatori. Io ti dar accesso ai fondi, con-
segner Rews ai tuoi Pratici e ti avviser quando Kalyne
avr ricevuto l'informazione. Trovami questo assassino,
Glokta, e spremilo. Spremilo fino a fargli uscire tutto il suc-
co. La barca si inclin pericolosamente quando i soldati
tentarono di issare a bordo il compagno bagnato, ma poi si
rovesci all'improvviso, facendoli cadere tutti in acqua.
Voglio dei nomi, sibil Sult, con gli occhi ardenti rivol-
ti ai soldati che sguazzavano. Voglio dei nomi, delle prove,
dei documenti e delle persone disposte ad alzarsi in piedi e
puntare il dito nel Consiglio Aperto. Si alz dalla panchina
con un movimento fluido e aggiunse: Tienimi informato.
Si allontan con ampie falcate verso il Palazzo degli Interro-
gatori, facendo scricchiolare la ghiaia del sentiero a ogni pas-
so. Glokta lo guard andar via. Piano eccellente. Sono con-
tento che voi siate dalla mia parte, Arcilettore. Perch voi
siete dalla mia parte, vero?
I soldati erano infine riusciti a trascinare a riva la barca ri-
baltata e ora se ne stavano a sgocciolare e a scambiarsi grida
non pi tanto bonarie. Uno dei remi era rimasto a galleggiare
in acqua, portato lentamente dalla corrente verso l'emissario.
Ben presto avrebbe superato il ponte e poi sarebbe scivolato
sotto le grandi mura dell'Agriont fino al fossato. Glokta lo
osserv girare su se stesso. Un errore. Si dovrebbe sempre
prestare attenzione ai dettagli. facile dimenticarsi delle
piccole cose, ma senza il remo la barca inutile.
Lasci correre gli occhi sui visi di altre persone nel parco,
ma il suo sguardo si sofferm su una bella coppia in partico-
lare, seduta su una panchina in riva al lago. Il giovane stava
parlando sottovoce alla ragazza con espressione triste e seria,
finch lei non si alz all'improvviso e se ne and con la fac-
cia tra le mani. Ah, i dolori dell'amore respinto. La perdita,
la rabbia, la vergogna. Ti sembra che non ti riprenderai mai
pi. Quale poeta scrisse che non c' dolore peggiore di quel-
lo di un cuore spezzato? Stronzate sentimentali. Avrebbe do-
vuto passare pi tempo nelle prigioni dell'Imperatore. Sorri-
se, aprendo la bocca e toccandosi le gengive con la punta
della lingua, l dove prima c'erano stati i denti davanti. I cuo-
ri spezzati guariscono con il tempo, ma i denti non ricresco-
no.
Glokta osserv l'espressione sulla faccia del giovane e
vide che era quasi divertito nel guardare la ragazza correre
via in lacrime. Che bastardello! Mi chiedo se abbia spezzato
tanti cuori quanti ne ho spezzati io ai miei tempi. Ora mi
sembra impossibile. Mi ci vuole mezz'ora solo per raccoglie-
re il coraggio di alzarmi. Le uniche donne che ho fatto pian-
gere ultimamente sono state le mogli di quelli che ho manda-
to in esilio nell'Angland
Sand.
Glokta si volt. Lord Maresciallo Varuz, quale onore!
Oh, no, no, fece il soldato, e si sedette sulla panchina
con le movenze rapide e precise di un maestro di scherma.
Ti trovo bene, disse, anche se non lo stava guardando. Mi
trovi storpio, vorrai dire. Come stai, mio vecchio amico?
Mi hanno azzoppato, asino tronfio e decrepito che altro non
sei. E poi, "amico"? Sono tornato da anni ormai e tu non mi
sei venuto a cercare neanche una volta. Questa la chiami
amicizia?
Abbastanza bene, grazie, Lord Maresciallo.
Varuz si mosse sulla panchina, a disagio. Il mio ultimo
allievo, il Capitano Luthar forse lo conosci?
S, ci siamo presentati.
Dovresti vedere le sue posizioni. Varuz scosse la testa
tristemente. Ha talento, eccome se ne ha, ma non sar mai
al tuo livello, Sand. Non saprei. Magari, un giorno, anche
lui sar storpio come me. Ma di talento ne ha tanto, abba-
stanza per vincere. Solo che lo spreca, lo butta via. Oh, che
tragedia. Sono cos turbato che potrei vomitare se avessi
mangiato qualcosa stamattina.
pigro, Sand, e testardo. Manca di coraggio, di dedizio-
ne. Non ci mette il cuore, e il tempo stringe. Mi stavo chie-
dendo, sempre che non ti dispiaccia, naturalmente, Varuz
guard Glokta negli occhi solo per un istante, potresti farmi
il favore di parlargli?
Non vedo l'ora! Fare la ramanzina a quell'idiota piagnu-
coloso sarebbe un sogno che si avvera per me. Come osi,
vecchio imbecille arrogante? Ti sei costruito una reputazio-
ne sul mio successo, poi quando ho avuto bisogno di te mi
hai tagliato fuori. Adesso vieni a chiedermi aiuto e mi chia-
mi amico?
Ma certo, Maresciallo Varuz, sarei contento di parlare
con lui. Questo e altro, per un vecchio amico.
Eccellente, eccellente! Sono sicuro che farai la differen-
za! Io lo alleno ogni mattina, in quel cortile vicino al Palazzo
del Creatore, dove allenavo anche te La voce del vecchio
Maresciallo si affievol per l'imbarazzo.
Verr non appena me lo permetteranno i miei doveri.
Certo, i tuoi doveri Varuz si stava gi alzando in pie-
di, evidentemente ansioso di andar via, ma quando Glokta gli
offr la mano il vecchio ebbe un momento di indecisione.
Non preoccuparti, Maresciallo, non sono contagioso. Varuz
gli diede una flebile stretta, come se temesse di spezzargli il
polso, e poi, mormorando delle scuse, se ne and a testa alta.
I soldati fradici si inchinarono a salutarlo, mentre il Mare-
sciallo, un po' a disagio, passava loro davanti.
Glokta stese la gamba, incerto se alzarsi o meno. Per an-
dare dove? Non mica la fine del mondo se resto qui un al-
tro po'. Non c' fretta. Non c' nessuna fretta.
13.

Un'offerta e un dono

E ora, avanti!, berci il Maresciallo Varuz.


Curvando le dita dei piedi attorno agli spigoli della trave,
nel tentativo disperato di tenersi in equilibrio, Jezal si lanci
contro il maestro e si ciment in un paio di goffi affondi, giu-
sto per dare l'impressione di metterci il cuore. Era esausto,
quegli allenamenti di quattro ore al giorno lo stavano di-
struggendo.
Varuz aggrott la fronte, devi senza difficolt la sua lama
smussata e si spost con naturalezza sulla trave, come se
passeggiasse lungo un sentiero ameno. E ora, indietro!
L'allievo obbed, agitando maldestramente il braccio sini-
stro per non cadere. Sopra le ginocchia, tutto il corpo gli fa-
ceva male per lo sforzo, ma il dolore ai polpacci era molto,
molto pi intenso. Varuz, da parte sua, aveva pi di sessan-
t'anni, eppure non mostrava fatica, n era sudato, anzi danza-
va agilmente lungo la trave con le lame che sibilavano a ogni
fendente. Jezal era senza fiato, ma par come un disperato
con la sinistra, mentre cercava al contempo di riappoggiare il
piede destro dietro di s per ritrovare stabilit.
Adesso, avanti! Bench il dolore fosse straziante, Jezal
sferr una stoccata a quell'insopportabile vecchio, il quale
non solo non arretr di un passo, ma si acquatt per evitare il
suo inutile colpo e gli assest una botta sulle gambe con un
braccio.
L'allievo lanci un grido nel vedere il cortile vorticare at-
torno a s. Urt il bordo della trave con la gamba e, poich
cadde a faccia avanti sull'erba, la botta al mento gli fece sbat-
tere i denti. Rotol per qualche metro, poi rimase l, inerte,
steso sulla schiena, a boccheggiare come un pesce tirato fuo-
ri dall'acqua. La gamba gli pulsava dove si era fatto male, e
l'indomani mattina avrebbe avuto un altro brutto livido.
Terribile, Jezal, terribile!, grid il vecchio soldato, bal-
zando sul prato come un gatto. Barcolli sulla trave neanche
fosse una fune! Jezal si gir, tra un'imprecazione e l'altra,
per tirarsi rigidamente in piedi. un pezzo di quercia mas-
siccio, abbastanza largo da potercisi perdere! Come dimo-
strazione, il Lord Maresciallo colp la trave con la lama cor-
ta, staccandone alcune schegge.
Ma voi avete detto avanti, si lament Jezal.
Le sopracciglia di Varuz si arcuarono di colpo. Ma tu
pensi davvero, Capitano Luthar, che Bremer dan Gorst con-
ceda agli avversari delle informazioni attendibili sulle sue
prossime mosse?
"Bremer dan Gorst cercher di battermi, vecchio bastar-
do! Tu sei quello che dovrebbe aiutarmi a battere lui!" Ma
quello che pensava Jezal si guard bene dal dirlo, dunque si
limit a scuotere la testa con aria idiota.
No! Non ti avviser! Anzi, far di tutto per ingannare e
confondere gli avversari, come fanno tutti i grandi spadacci-
ni! Il Lord Maresciallo inizi a camminare avanti e indietro
con aria di profonda disapprovazione. Jezal prese di nuovo in
considerazione l'idea di lasciar perdere tutto. Non ne poteva
pi di buttarsi sul letto esausto ogni sera, proprio all'ora in
cui avrebbe dovuto cominciare a ubriacarsi; e non ne poteva
pi di svegliarsi tutte le mattine pieno di lividi e acciacchi,
con la prospettiva di affrontare altre quattro interminabili ore
di corsa, trave, barra e posizioni. Non ne poteva pi di cadere
sulle proprie chiappe per colpa del Maggiore West e, soprat-
tutto, non ne poteva pi di sopportare i soprusi di quel vec-
chio buffone.
esibizione deprimente, Capitano, molto deprimente.
Credo davvero che tu stia peggiorando
Jezal non avrebbe mai vinto il Torneo, lo sapevano tutti, e
lo sapeva anche lui. Quindi, perch non mollare tutto e torna-
re alle carte, alle sue notti brave? Non era forse questo che
voleva fare nella vita? Ma poi in che modo si sarebbe distin-
to dai tanti altri giovani nobili come lui? Molto tempo prima,
aveva deciso di voler fare qualcosa di speciale: diventare un
Lord Maresciallo, magari, e poi un Lord Ciambellano, chi lo
sapeva, ma comunque una figura di spicco. Ambiva a sedersi
su una grossa poltrona nel Consiglio Ristretto e prendere de-
cisioni importanti. Desiderava ricevere solo sorrisi e adula-
zioni dalle persone, voleva che tutti pendessero dalle sue lab-
bra e che sussurrassero al suo passaggio: "Ecco Lord
Luthar!" Non si sarebbe mai accontentato di essere per tutta
la vita una versione pi ricca, pi sveglia e pi affascinante
del Tenente Brint. Mai! Non era neanche da prendere in con-
siderazione.
abbiamo ancora moltissima strada davanti, ma non ce
la faremo in cos poco tempo, a meno che non cambi atteg-
giamento. I tuoi duelli sono pietosi, la resistenza ancora
poca, e per quanto riguarda l'equilibrio lasciamo stare.
Inoltre temeva l'opinione degli altri. Che avrebbe fatto suo
padre? Che avrebbero detto i suoi fratelli? E gli altri ufficia-
li? Avrebbe fatto la figura del codardo. E poi c'era Ardee
West, a cui aveva pensato molto negli ultimi due giorni. Gli
si sarebbe avvicinata ancora cos tanto, se lui avesse smesso
di tirare di scherma? Gli avrebbe parlato con quel tono cos
dolce, ridendo alle sue battute? L'avrebbe guardato con quei
suoi grandi occhi scuri, cos vicina da sentire quasi il suo re-
spiro sul viso
Mi stai ascoltando, ragazzo?, tuon Varuz. Per adesso,
Jezal sentiva soltanto il respiro del maestro sul viso, insieme
a una buona quantit di sputi.
S, signore! Duelli pietosi, poca resistenza! Jezal deglu-
t nervosamente. Lasciamo stare l'equilibrio.
Esatto! Comincio a pensare, anche se non posso crederci
dopo tutti i guai che mi hai fatto passare, che non ci metti il
cuore. Fiss Jezal negli occhi in modo torvo. Che ne pen-
sate, Maggiore?
Non ci fu risposta. West era accasciato sulla sedia a brac-
cia conserte, con un'espressione cupa sulla faccia e gli occhi
che fissavano il nulla davanti a s.
Maggiore West!, lo chiam bruscamente Varuz, al che
l'altro si riscosse e li guard come se si fosse appena reso
conto della loro presenza. Perdonatemi, signore, mi sono
distratto.
Lo vedo bene. Varuz risucchi l'aria tra i denti sbarrati.
Pare proprio che stamattina nessuno riesca a concentrarsi.
Fu un sollievo che il vecchio avesse indirizzato un po' della
sua rabbia anche altrove, ma la felicit di Jezal ebbe vita bre-
ve.
Molto bene, disse lapidario l'anziano Maresciallo, se
questo che vuoi. A partire da domani, cominceremo l'allena-
mento con una nuotata nel fossato. Un paio di miglia dovreb-
bero bastare. Jezal strinse i denti per trattenere un grido.
L'acqua fredda una meraviglia per acuire i sensi. E faremo
meglio a cominciare un po' prima, all'ora in cui la mente
pi ricettiva. Questo significa alle cinque. Nel frattempo, Ca-
pitano Luthar, ti suggerisco di capire se sei qui per vincere il
Torneo o solo perch ti piace la mia compagnia. Detto que-
sto, gir sui tacchi e se ne and.
Jezal attese che Varuz avesse lasciato il cortile prima di
esplodere in un accesso di rabbia, e solo quando fu sicuro
che l'altro non potesse pi sentirlo, scagli furiosamente le
spade contro il muro.
Maledizione!, grid, in coro con lo sferragliare delle
lame. Merda! Si guard in giro in cerca di qualcosa da
prendere a calci che non gli facesse troppo male e il suo
sguardo si pos allora sul cavalletto che sorreggeva la trave,
ma sfortunatamente calibr male il calcio e dovette reprime-
re l'istinto di afferrarsi il piede dolorante, per evitare di met-
tersi a saltellare come un idiota. Merda! Merda!, inve.
Con sua grande delusione, West non era affatto impressio-
nato, ma si alz con la fronte aggrottata e fece per seguire il
Maresciallo Varuz.
Dove vai?, gli chiese Jezal.
Me ne vado, gli rispose senza voltarsi. Ho visto abba-
stanza.
Che vuoi dire?
West si ferm e si volt per affrontarlo. Per quanto ti
sembri assurdo, al mondo ci sono problemi ben pi gravi di
questo.
Jezal rimase l, con la bocca aperta, a guardare West che
si allontanava dal cortile. Ma chi credi di essere?, gli grid
alle spalle, ma solo quando fu sicuro che se ne fosse andato.
Merda! Merda! Fu sul punto di dare un altro calcio alla
trave, ma ci ripens subito.

Jezal si incammin verso i suoi alloggi con un umore a dir


poco pessimo, sicch volle evitare le zone pi affollate del-
l'Agriont e scelse di passare per le stradine e i giardini pi
tranquilli che costeggiavano la Via del Re. Si fissava i piedi
con espressione arrabbiata, nella speranza di scoraggiare ul-
teriormente eventuali seccatori, ma la sfortuna lo perseguita-
va.
Jezal! Era Kaspa, a passeggio con una ragazza dai ca-
pelli biondi che indossava abiti molto costosi; con loro c'era
anche una donna di mezza et, la quale, a giudicare dall'a-
spetto severo, era sicuramente la governante della ragazza, o
qualcosa di simile. I tre si erano fermati ad ammirare una
piccola scultura in una piazzetta poco trafficata.
Jezal!, grid di nuovo Kaspa, agitando il cappello sopra
la testa. Non c'era modo di evitarli, cos Jezal si impresse un
sorriso poco convincente sulla faccia e and da loro. La fan-
ciulla pallida gli sorrise mentre si avvicinava, ma se la sua
intenzione era quella di ammaliarlo, non c'era proprio riusci-
ta.
Di nuovo scherma, eh?, chiese inutilmente Kaspa. A
parte il fatto che era sudato e che aveva in mano le spade,
tutti sapevano che Jezal si allenava ogni mattina, per cui non
ci voleva una mente eccelsa per fare due pi due; ma guarda
caso, la mente di Kaspa era tutto fuorch eccelsa.
Gi! Non ti si pu nascondere niente! Jezal non aveva
intenzione di ammazzare cos la conversazione, ma se la
cav con una risatina falsa, che fece tornare subito i sorrisi
sulle labbra delle signore.
Ah, ah!, rise Kaspa, sempre disposto a stare allo scher-
zo. Jezal, posso presentarti mia cugina, Lady Ariss dan Ka-
spa? Lui il mio ufficiale superiore, il Capitano Luthar.
Cos questa era la famosa cugina, una delle ereditiere pi ric-
che dell'Unione, nata da una famiglia eccellente. Kaspa non
faceva altro che farfugliare in continuazione sulla sua bellez-
za, ma a Jezal sembrava soltanto una ragazzina pallida e
scheletrica dall'aria malaticcia. Lei gli rivolse un debole sor-
riso e gli porse mollemente la mano bianca, che lui sfior
con un bacio molto sbrigativo. Incantato, mormor senza
emozione. Domando scusa per il mio aspetto disordinato.
Torno appena adesso da una lezione di scherma.
S, rispose lei con una vocina stridula e acuta, quando
fu certa che lui avesse finito di parlare. Ho sentito dire che
siete uno schermitore eccezionale. Ci fu una pausa in cui la
ragazza cerc qualcos'altro da dire, poi i suoi occhi si illumi-
narono. Ditemi, Capitano, la scherma davvero cos peri-
colosa?
Quale insipida banalit. Oh, no, mia signora, usiamo
solo lame smussate durante l'allenamento. Avrebbe anche
potuto aggiungere qualcosa, ma perch sprecare fiato? Allora
le fece un sorrisino, lei lo ricambi, dopo di che la conversa-
zione era davvero morta.
Jezal era sul punto di congedarsi, ma Ariss gli tagli la ri-
tirata, cominciando a dire balordaggini su un altro argomen-
to. E ditemi, Capitano, vero che ci sar una guerra al
Nord? La sua voce s'era quasi del tutto affievolita verso la
fine della frase, ma l'accompagnatrice la fissava con aria
d'approvazione, senza dubbio deliziata dalle doti sociali della
sua protetta.
Che qualcuno mi salvi. Beh, la mia opinione che,
cominci a rispondere, poi si accorse che Lady Ariss lo fissa-
va con un paio d'occhioni azzurro chiaro. Che colore di mer-
da, riflett lui. Si chiese in quale argomento la fanciulla fosse
pi ignorante: scherma o politica? Voi che ne pensate?
La fronte dell'accompagnatrice si aggrott appena e la
stessa Lady Ariss sembr colta alla sprovvista, tanto che ar-
ross lievemente, intanto che si sforzava di elaborare una ri-
sposta. Beh, ehm io credo che sono certa che tutto si
risolver alla fine?
Grazie al cielo!, pens Jezal. Siamo al sicuro allora! Do-
veva andarsene di l. Ma certo, tutto si aggiuster alla fine.
Si obblig a sorridere ancora una volta. stato un vero pia-
cere fare la vostra conoscenza, ma temo di dover entrare in
servizio a breve, quindi devo lasciarvi. Si inchin con geli-
da formalit. Tenente Kaspa, Lady Ariss.
Kaspa, pi amichevole che mai, gli diede una pacca sul
braccio, mentre quella riccona ignorante della cugina gli ri-
volse un sorriso incerto. La governante, da parte sua, gli lan-
ci uno sguardo accigliato mentre passava, ma lui non ci
fece neppure caso.

Giunse al Circolo dei Lord proprio mentre i membri del


consiglio stavano ritornando dall'intervallo per il pranzo. Sa-
lut sbrigativamente le guardie all'atrio con un cenno della
testa, poi prosegu dritto oltre l'immenso ingresso e lungo il
corridoio principale. I pi grandi pari del regno formavano
una fila disordinata alle sue spalle, come lo inseguissero, e
facevano riecheggiare lo spazio intorno di passi, borbottii e
sussurri. Jezal segu il muro curvo per andarsi a sedere al suo
posto, dietro l'alto seggio.
Jezal, com' andata la lezione di scherma?, Jalenhorm,
che per una volta non era arrivato tardi, stava cogliendo l'op-
portunit per farsi una chiacchierata in attesa dell'arrivo del
Lord Ciambellano.
Ho avuto mattinate migliori. Tu?
Oh, io ho passato una bellissima giornata. Ho conosciuto
quella cugina di Kaspa, sai, disse, cercando di ricordare il
nome.
Jezal sospir. Lady Ariss.
S, ecco! Tu l'hai vista?
Ho avuto la fortuna di incontrarli per caso poco fa.
Jalenhorm emise uno sbuffo d'apprezzamento. Non
meravigliosa?
A-ah. Jezal, annoiato, diresse lo sguardo sulla fila di di-
gnitari che sciamavano pian piano alle loro poltrone, avvolti
nelle preziose vesti foderate di pelliccia. In realt, quelli che
stava guardando non erano proprio i nobili, ma i loro figli
minori o i loro rappresentanti inviati dietro pagamento, per-
ch pochissime autorit si presentavano di persona al Consi-
glio Aperto in quei tempi, a meno che non avessero qualcosa
di importante su cui recriminare. Molti, addirittura, non si di-
sturbavano neanche a mandare qualcuno in loro vece.
Ti giuro, una delle ragazze pi belle che abbia mai vi-
sto. So che Kaspa farnetica di lei in continuazione, ma non le
ha mai reso giustizia.
A-ah. I consiglieri cominciarono a sparpagliarsi, diri-
gendosi ciascuno al proprio posto. Il Circolo dei Lord era
stato progettato come un teatro, in cui i pi potenti nobili
dell'Unione l dove sarebbe stato il pubblico, ovvero su delle
panche disposte a semicerchio seguendo la curva delle gradi-
nate, tagliate da un corridoio che scendeva verso il centro
della sala.
E proprio come a teatro, certi posti erano migliori di altri.
I membri meno influenti sedevano in alto, verso il fondo, e
man mano che si scendeva lungo le gradinate si incontravano
consiglieri sempre pi influenti. La prima fila era riservata ai
capi delle famiglie pi autorevoli, o a chiunque mandassero
al loro posto. I rappresentanti del Sud, Dagoska e Westport,
si trovavano sulla sinistra, accanto a Jezal; all'estrema destra
c'erano invece i rappresentanti del Nord (l'Angland) e del-
l'Occidente (lo Starikland). La massa di panche centrali era
occupata dalla vecchia nobilt del Midderland, il cuore del-
l'Unione. L'Unione propriamente detta, per come la vedeva-
no loro, e per come la vedeva anche Jezal.
Che portamento, che grazia, continuava Jalenhorm,
come in estasi, quei meravigliosi capelli biondi, quella pelle
lattea, quei bellissimi occhi azzurri
E tutti quei soldi.
Beh, s, c' anche quello, ammise l'omone con un sorri-
so. Kaspa dice che suo zio anche pi ricco di suo padre.
Ma te lo immagini?! E ha una figlia sola, che erediter una
fortuna immensa, dal primo all'ultimo marco! Jalenhorm
riusciva a stento a trattenere il suo entusiasmo. Fortunato
chi se l'accaparra! Com' che si chiama?
Ariss, ribad Jezal in tono acido. I Lord, o i loro delega-
ti, avevano tutti preso posto, tra borbottii e rumore di passi.
Non c'era stata molta affluenza, tanto che, come al solito,
neanche met delle panche era occupata. Se il Circolo dei
Lord fosse stato davvero un teatro, i proprietari avrebbero
dovuto inventarsi qualcosa alla svelta per evitare il fallimen-
to.
Ariss. Ariss. Jalenhorm sbatt le labbra come se quel
nome gli lasciasse in bocca un sapore delizioso. Fortunato
chi se la prende.
S, come no. Fortunatissimo. Se preferisce i contanti a
una buona conversazione. Jezal pens che avrebbe preferito
sposare la governante, che almeno sembrava avere un mini-
mo di spina dorsale.
Intanto, il Lord Ciambellano aveva fatto il suo ingresso in
sala e si stava dirigendo verso la pedana su cui si trovava il
suo scranno, grosso modo dove sarebbe stato il palcoscenico
se il Circolo fosse stato un vero teatro. Era seguito da un
branco di segretari e scrivani vestiti di nero, ciascuno con il
suo carico pi o meno pesante di libri e fasci di pergamene
dall'aria ufficiale. Con la veste da cerimonia cremisi che flut-
tuava dietro di lui, Lord Hoff sembrava in tutto e per tutto un
maestoso, rarissimo uccello in volo, braccato da uno stormo
di fastidiose cornacchie.
Ecco Sua Grazia "l'Aceto", sussurr Jalenhorm, prima
di sgattaiolare verso il suo posto dall'altra parte del seggio.
Jezal mise le mani dietro la schiena e assunse la sua posa
usuale, le gambe un poco divaricate e il mento in alto. Fece
correre gli occhi sui soldati che stavano allineati lungo le pa-
reti curve a intervalli regolari, del tutto immobili e con l'ar-
matura completa addosso, come sempre, e prese un respiro
profondo, per prepararsi a ore e ore di tedio assoluto.
Il Lord Ciambellano si butt sullo scranno e chiese subito
del vino. I segretari presero posto attorno a lui, ma lasciarono
vuoto lo spazio centrale riservato al Re, che come di prassi
era assente; quindi svolsero documenti, aprirono pesanti re-
gistri, temperarono le penne e le immersero nei calamai, me-
scolando l'inchiostro. A quel punto l'Annunciatore si port
all'estremit del seggio e batt l'asta da cerimonia a terra,
onde richiamare tutti all'ordine. Il brusio dei nobili e dei loro
delegati, assieme a quello dei pochi partecipanti nella galle-
ria pubblica sulle loro teste, si affievol poco a poco, finch
nella vasta sala regn il silenzio.
L'Annunciatore gonfi il petto. Io richiamo questo in-
contro, cominci lentamente e con voce altisonante, come
se stesse facendo un elogio funebre, del Consiglio Aperto
dell'Unione Ci fu una lunga, superflua pausa densa di si-
gnificato. Il Lord Ciambellano gli scocc un'occhiata adirata,
ma l'Annunciatore non aveva alcuna intenzione di lasciarsi
privare del suo momento di gloria, per cui attese un istante
ancora, prima di concludere: all'ordine!
Grazie, disse Hoff infastidito. Se non sbaglio, doveva-
mo ascoltare il Lord Governatore di Dagoska prima dell'in-
tervallo per il pranzo. La sua voce si accompagnava al ra-
schiare dei pennini sulle pergamene di due scrivani che sta-
vano infatti registrando ogni sua singola parola, e gli echi dei
due suoni finivano per mescolarsi nell'ampio spazio sovra-
stante.
Un uomo anziano nella prima fila, non lontano da Jezal, si
alz in piedi con grande sforzo, stringendo delle carte tra le
mani tremolanti.
Il Consiglio Aperto, disse il monotono Annunciatore
con tutta la lentezza possibile, riconosce Rush dan Thuel,
delegato di Sand dan Vurms, Lord Governatore di Dagoska!
Grazie, signore. La vocina incrinata di Thuel era assur-
damente bassa per la vastit della sala, al punto che persino
Jezal, che gli stava neanche a dieci passi di distanza, la udiva
a malapena. Miei Lord, cominci.
Voce!, grid qualcuno dal fondo, provocando uno scop-
pio generale di risate. Il vecchio si schiar la gola e riprov.
Miei Lord, vengo di fronte a voi con un messaggio ur-
gente da parte del Lord Governatore di Dagoska. La sua
voce era gi tornata al volume originale, vale a dire a stento
udibile, ed era in parte coperta dal grattare persistente delle
penne. Come se non bastasse, i bisbigli che cominciarono a
sollevarsi dalla galleria pubblica in alto non lo aiutavano cer-
to a farsi sentire. La minaccia che incombe sulla nostra
grande citt a causa dell'Imperatore di Gurkhul diventa di
giorno in giorno pi grande.
Vaghi mormorii di disapprovazione scaturirono da un'e-
stremit della sala, dove sedevano i rappresentanti dell'An-
gland, ma gran parte degli altri membri sembrava semplice-
mente annoiata. Attacchi al traffico marittimo, molestie ai
mercanti e manifestazioni di scontento al di fuori delle nostre
mura hanno obbligato il Governatore a inviarmi
Fortunati noi!, grid qualcuno. Segu un altro scoppio
di risa, questa volta pi forte.
La citt sorge su una stretta penisola, continu imper-
territo il vecchio, nel tentativo di farsi sentire al di sopra dei
crescenti rumori di fondo, collegata a una terra che i nostri
acerrimi nemici, i Gurkish, controllano, e separata dal Mid-
derland da molte leghe d'acqua salata! Le nostre difese non
sono molte! Il Lord Governatore ha fortemente bisogno di
altri fondi
La menzione ai fondi caus un istantaneo tumulto da par-
te di tutta l'assemblea. La bocca di Thuel si muoveva ancora,
ma non c'era modo di udire le sue parole. Il Lord Ciambella-
no aggrott la fronte e bevve un piccolo sorso dal calice. Lo
scrivano pi lontano da Jezal aveva posato la penna e si sta-
va strofinando gli occhi con il pollice e l'indice macchiati
d'inchiostro, mentre quello pi vicino aveva appena finito di
scrivere qualcosa. Jezal si sporse per sbirciare sul foglio, su
cui era semplicemente scritto:
STRILLANO.
Con aria compiaciuta, l'Annunciatore ricominci a battere
l'asta sul pavimento, finch il baccano non cess. Thuel,
per, era stato colto da un accesso di tosse e, non riuscendo
pi a parlare, si sedette agitando la mano, paonazzo, mentre
uno seduto accanto a lui gli dava delle pacche sulla schiena.
Se posso, Lord Ciambellano Un giovane vestito alla
moda era balzato in piedi dalla prima fila, sulla parte opposta
della sala. Le penne ricominciarono subito a raschiare sui fo-
gli. Mi sembra che
Il Consiglio Aperto, intervenne l'Annunciatore, rico-
nosce Hersel dan Meed, terzo figlio di Fedor dan Meed, Lord
Governatore dell'Angland, e suo delegato!
Mi sembra, riprese il giovane, affatto irritato per l'inter-
ruzione, che i nostri amici del Sud non facciano altro che
paventare un attacco su vasta scala da parte dell'Imperatore!
Voci di dissenso si levarono dall'altra parte della sala. Ma
questo attacco non si materializza mai! Se la memoria non
mi inganna, abbiamo sconfitto i Gurkish solo qualche anno
fa! I fischi aumentarono di volume. Questo inutile allarmi-
smo rappresenta un salasso inaccettabile per le risorse dell'U-
nione! Ora era costretto a gridare per farsi sentire. Nel-
l'Angland possediamo pochissimi soldati per molte miglia di
confine e la minaccia di Bethod e dei suoi Uomini del Nord
molto pi reale! Se c' qualcuno che ha bisogno di fondi
Le urla si duplicarono all'istante, e al di sopra della babele
era possibile sentire solo dei vaghi: Ascoltatelo,
ascoltatelo!, Sciocchezze!, Ha ragione!, Ha torto!
Alcuni rappresentanti erano in piedi che gridavano, altri an-
nuivano con vigore, altri scuotevano la testa con altrettanto
vigore, altri ancora sbadigliavano guardandosi attorno. Jezal
vide uno, verso il fondo delle gradinate centrali, che stava
per addormentarsi e rischiava di crollare da un momento al-
l'altro in grembo al suo vicino.
Lasci che i suoi occhi vagassero verso l'alto, sul semicer-
chio di visi affacciati alle ringhiere della galleria pubblica.
D'un tratto sent uno strano tonfo al cuore: Ardee West era
lass che guardava diritto verso di lui, e quando i loro occhi
si Incontrarono, lei sorrise e lo salut con la mano. Anche lui
sorrise, con il braccio alzato a met per rispondere al saluto,
ma poi si ricord di dove fosse e si affrett a rimetterlo die-
tro la schiena, guardandosi attorno nervosamente. Con gran
sollievo, vide che nessuno di importante si era accorto del
suo errore. Il sorriso, per, non ne voleva sapere di svanire
dalla sua faccia.
Miei Lord!, rugg il Lord Ciambellano, sbattendo il ca-
lice vuoto sul tavolo. Jezal non aveva mai conosciuto un
uomo con una voce potente quanto la sua, persino il Mare-
sciallo Varuz avrebbe potuto imparare da Hoff un paio di co-
sette su come si grida davvero. L'uomo addormentato verso
il fondo della sala si svegli con un sussulto, tir su col naso
e sbatt gli occhi frastornato. La baraonda cess quasi imme-
diatamente e i rappresentanti ancora in piedi si guardarono
attorno con aria colpevole, simili a bambini rimproverati,
poi, uno dopo l'altro, si rimisero a sedere. Anche i sussurri
dalla galleria pubblica cessarono e nella sala torn l'ordine.
Miei Lord! Vi assicuro che la pi grande preoccupazione
del Re garantire la sicurezza dei suoi sudditi, non importa
da dove provengano! L'Unione non tollera aggressioni con-
tro il suo popolo o le sue propriet! Hoff enfatizz ciascun
elemento sbattendo il pugno sul tavolo di fronte a s. N
dall'Imperatore di Gurkhul, n da questi selvaggi del Nord,
n da chiunque altro! L'ultimo colpo sul ripiano fu talmente
forte che l'inchiostro si rivers da un calamaio e imbevette
tutti i documenti che gli scrivani avevano con tanta cura pre-
parato. Urla d'assenso e sostegno accolsero questo sfogo pa-
triottico del Lord Ciambellano.
Per quanto concerne il caso specifico di Dagoska!,
Thuel alz lo sguardo speranzoso, il petto che ancora gli sus-
sultava per la tosse soffocata. La citt non forse dotata di
una delle difese pi poderose ed estese del mondo? Non ha
forse resistito per un intero anno a un assedio dei Gurkish,
nemmeno dieci anni fa? Che ne stato delle mura, signore,
delle mura? La grande sala tacque mentre tutti tendevano le
orecchie per udire la risposta.
Lord Ciambellano, fece Thuel con un sibilo di voce,
che quasi svan quando uno degli scrivani volt pagina per
cominciare a scrivere su un foglio pulito, le nostre difese
hanno bisogno di ingenti riparazioni e non abbiamo abba-
stanza soldati per poterle mantenere in buono stato. L'Impe-
ratore ne a conoscenza, sussurr quasi impercettibilmente,
per cui vi imploro Ma fu colto da un'altra crisi di tosse e
croll sulla panca, al che la delegazione dell'Angland com-
ment con dei mormorii di scherno.
Il turbamento sul volto di Hoff si fece pi accentuato. Io
sapevo che le difese della citt dovessero essere mantenute
attraverso la raccolta di tasse locali, oltre alle imposte sul
commercio dell'Onorata Gilda degli Speziali, che negli ulti-
mi sette anni ha avuto il privilegio di operare a Dagoska gra-
zie a una licenza esclusiva e molto redditizia. Se non si tro-
vano risorse neanche per riparare le mura, disse rivolgendo
uno sguardo torvo a tutta l'assemblea, forse tempo che
tale licenza venga ritirata. Una raffica di borbottii adirati si
lev dalla galleria pubblica.
In ogni caso, la Corona non pu concedere nuovi fondi
al momento! Dalla parte della sala occupata dai rappresen-
tanti di Dagoska scaturirono esclamazioni di malcontento,
mentre i rappresentanti dell'Angland espressero tutta la loro
approvazione.
Per quanto concerne il caso specifico dell'Angland!,
tuon il Lord Ciambellano, rivolto a Meed. Spero che tra
poco ascolteremo ottime notizie, che poi potrete riportare a
vostro padre, il Lord Governatore. I sussurri d'eccitazione si
alzarono fino alla volta dorata della sala. Il bel giovane as-
sunse un'aria piacevolmente sorpresa, e non a caso, perch
era raro uscire dal Consiglio Aperto con delle buone notizie,
o con delle novit di qualsiasi tipo.
Thuel aveva recuperato il controllo dei propri polmoni an-
cora una volta, dunque apr bocca per parlare, ma fu subito
interrotto da forti battiti sulla grande porta dietro lo scranno
del Lord Ciambellano. Tutti i Lord alzarono gli occhi, sor-
presi, in attesa. Hoff sorrise come un mago a cui era appena
riuscito un trucco straordinariamente difficile, poi fece segno
alle guardie di tirare i pesanti chiavistelli di ferro e la grande
doppia porta intarsiata cominci lentamente ad aprirsi con
uno scricchiolio.
Otto Cavalieri della Guardia del Corpo, in armature scin-
tillanti, con elmi alti e lucidi che nascondevano loro il viso,
entrarono marciando all'unisono, scesero le scale e presero
posto ai lati dell'alto seggio, magnifici nei loro mantelli por-
pora, con il ricamo del sole dorato dietro la schiena. Li se-
guivano da vicino quattro trombettieri, che avanzarono con
eleganza portandosi gli strumenti splendenti alle labbra, pri-
ma di suonare una fanfara assordante. Jezal dovette serrare la
mascella e strizzare gli occhi, ma alla fine gli echi degli
squilli si affievolirono. Il Lord Ciambellano si volt con aria
torva verso l'Annunciatore, che invece fissava inebetito i
nuovi arrivati.
Allora?, sibil Hoff.
L'Annunciatore si riscosse. Ah s, certamente! Miei
Lord e Lady, ho il grande onore di presentare, si ferm
per inspirare tutta l'aria che poteva, Sua Altezza Imperia-
le, Re dell'Angland, dello Starikland e del Midderland, Pro-
tettore di Westport e di Dagoska, Sua Maest Augusta Gu-
slav V, Re Supremo dell'Unione! Ci fu un fragoroso fruscio
generale nel momento in cui ogni donna e uomo presente in
sala si alz dalle panche e si inchin a terra su un ginocchio.
Il palanchino reale oltrepass lentamente le porte, traspor-
tato in spalla da altri sei cavalieri senza volto. Il Re sedeva
su un trono dorato a bordo della portantina, sorretto da una
quantit di sontuosi cuscini e con la testa che gli dondolava
appena da una parte e dall'altra; si guardava attorno con l'e-
spressione sbigottita di uno che andato a letto ubriaco e si
svegliato in una stanza sconosciuta.
Era orrendo. Grasso fino all'esagerazione, stava stravacca-
to come una montagna avvolta da pellicce e seta rossa. Ave-
va la testa incalcata nelle spalle, quasi come se la brillante
corona fosse un peso troppo gravoso da portare, e due enor-
mi borse scure sotto gli occhi gi vitrei e sporgenti. Con la
punta rosa della lingua si tormentava nervosamente le labbra
pallide tra le due guance gonfie e cadenti, che sommate al ro-
tolo di grasso attorno al collo, davano l'impressione che la
sua faccia si fosse un poco liquefatta, che gli stesse colando
pian piano dalla testa. A dispetto di tutto ci, Jezal chin co-
munque la testa un po' di pi, quando il palanchino del Re
Supremo dell'Unione venne verso di lui.
Oh, mormor Sua Maest Augusta, come se si fosse ap-
pena ricordato di qualcosa, prego, alzatevi. Di nuovo, la
sala si riemp di fruscii, mentre tutti si alzavano e tornavano
a sedersi. Il Re gir la testa verso Hoff, il cui sguardo torvo
non si era rilassato, e Jezal lo sent chiedere: Perch sono
qui?
Gli Uomini del Nord, Vostra Maest.
Ah, s! Gli occhi del Re si illuminarono. Fece una pau-
sa. Che vogliono?
Beh Per fortuna l'apertura delle porte in fondo alla
sala, le stesse da cui Jezal era entrato, risparmi al Lord
Ciambellano l'imbarazzo di dover rispondere. Due strani uo-
mini fecero il loro ingresso, camminando decisi lungo il cor-
ridoio centrale.
Il primo, un vecchio guerriero brizzolato con una cicatrice
in faccia e un occhio cieco, portava in mano uno scrigno
piatto di legno, mentre l'altro indossava un mantello con un
cappuccio che gli nascondeva il viso, ed era talmente grosso
che ora la sala sembrava sproporzionata rispetto a lui: le pan-
che, i tavoli, persino le guardie, d'un tratto parvero versioni
in miniatura di ci che erano, come se fossero giocattoli per
bambini. Mentre il gigante passava, due dei rappresentanti
pi vicini al corridoio si rannicchiarono e si spostarono sulle
panche. Anche Jezal si incup, perch questo colosso incap-
pucciato non aveva l'aspetto di un latore di buone notizie,
checch ne dicesse Hoff. Mormorii di rabbia e sospetto riem-
pirono di echi la sala non appena i due Uomini del Nord pre-
sero posto davanti all'alto seggio.
Vostra Maest, disse l'Annunciatore, con un inchino tal-
mente profondo e ridicolo che dovette sorreggersi con l'asta,
il Consiglio Aperto riconosce Fenris il Temuto, messo di
Bethod, Re degli Uomini del Nord, e Occhio Bianco Hansul,
suo Interprete!
Il Re, del tutto inconsapevole, fissava con aria felice una
delle enormi finestre sulla parete curva, forse per ammirare il
modo in cui la luce trapelava da quelle bellissime vetrate co-
lorate, ma si riscosse all'improvviso, lanciando occhiate con-
fuse adorno a s e facendosi ballare le guance flosce non ap-
pena il vecchio guerriero mezzo cieco si rivolse a lui.
Vostra Maest. Vi porgo i pi sentiti omaggi da parte del
mio signore Bethod, Re degli Uomini del Nord. Il Circolo
era caduto in un silenzio assoluto, tanto che il grattare delle
penne degli scrivani sembrava produrre un baccano assurdo.
Il vecchio guerriero fece un cenno della testa al gigante in-
cappucciato che gli stava accanto, accompagnando il gesto a
un sorriso imbarazzato. Fenris il Temuto porta a voi un'of-
ferta da parte di Bethod. Da Re a Re. Dal Nord all'Unione.
Un'offerta e un dono, disse, prima di sollevare lo scrigno.
Il Lord Ciambellano fece un mezzo sorrisetto compiaciu-
to. Diteci prima dell'offerta.
Si tratta di un'offerta di pace. Una pace che durer in
eterno tra le nostre due grandi nazioni. Occhio Bianco si in-
chin di nuovo. Jezal doveva ammettere che le sue maniere
impeccabili non erano certo quelle di un selvaggio del freddo
e lontano Nord; le sue belle parole avrebbero messo tutta la
sala a proprio agio, se non fosse stato per l'uomo incappuc-
ciato accanto a lui, che torreggiava come un'ombra scura.
Il viso del Re si distorse in un debole sorrisino alla men-
zione della pace. Bene, mormor. Eccellente. Pace. Ma-
gnifico. La pace buona.
Il mio Re chiede soltanto una piccola cosa in cambio,
aggiunse Occhio Bianco.
L'espressione del Lord Ciambellano si fece all'improvviso
arcigna, ma ormai era troppo tardi. Non ha altro che da
chiedere, sorrise il Re con fare indulgente.
L'uomo incappucciato si fece avanti. L'Angland, sibil.
Ci fu un momento di silenzio, poi di colpo la sala esplose
in fragorose risate d'incredulit, che contagiarono in un atti-
mo anche la galleria pubblica. Meed s'era alzato in piedi per
sbraitare, rosso in viso, e anche Thuel prov a levarsi vacil-
lante dalla panca, ma croll subito a sedere a causa di un
nuovo attacco di tosse. Grida di rabbia e urla di derisione si
mescolarono in un gran clamore, mentre il Re si guardava at-
torno con la stessa dignit di un coniglio spaventato.
Gli occhi di Jezal erano puntati sul gigante col cappuccio,
ma quando vide una mano gigantesca sbucare dalla manica e
allungarsi verso il fermaglio che gli chiudeva il mantello,
pens di avere le visioni. Sbatt le palpebre per schiarirsi la
vista. Era blu, quella mano? O era solo un effetto della luce
che penetrava dai vetri colorati? Il mantello cadde a terra.
Jezal deglut, quasi per rimandare al proprio posto il cuore
che gli era balzato in gola e che gli martellava all'impazzata
nelle orecchie. Era come guardare una ferita orrenda: pi lo
disgustava, meno riusciva a distogliere lo sguardo. Le risate
si smorzarono, cos come le grida, e l'ampio spazio ripiomb
di nuovo in un terribile silenzio.
Fenris il Temuto sembrava anche pi imponente senza
mantello, un vero gigante rispetto all'ossequioso traduttore
che gli stava vicino. Senza ombra di dubbio, era l'uomo pi
grosso che Jezal avesse mai visto -, sempre che fosse davve-
ro un uomo. Il suo viso ghignante si distorceva in preda a
continui spasmi, gli occhi sporgevano, frementi e ammiccan-
ti, nello scoccare occhiate folli a tutta l'assemblea, e le labbra
fine mostravano ora un sorriso, ora una smorfia, ora un atteg-
giamento severo, ma non stavano mai ferme. Eppure tutto
questo sembrava ordinario rispetto alla sua caratteristica pi
strana.
Tutta la parte sinistra del corpo, dalla testa alla punta del-
l'alluce, era ricoperta di scritte.
Aveva delle contorte rune tatuate sul lato sinistro della te-
sta rasata, sulla palpebra, su met delle labbra e sull'orec-
chio; anche il piede scalzo e il braccio, dalla spalla muscolo-
sa ai polpastrelli delle lunghe dita, erano interamente rico-
perti da strane e minuscole lettere blu. Un mostro pitturato,
enorme, disumano, si trovava dunque nel cuore del governo
dell'Unione. Jezal era rimasto a bocca aperta.
Solo attorno all'alto seggio si contavano quattordici Cava-
lieri della Guardia del Corpo, tutti guerrieri d'alto lignaggio e
ben addestrati, ma oltre a loro, schierati lungo le pareti, c'era-
no pi o meno quaranta veterani della compagnia di Jezal.
Insieme, superavano i due Uomini del Nord di venti a uno,
ed erano tutti armati delle spade migliori che le armerie reali
potessero forgiare. Fenris il Temuto, invece, non aveva armi,
pertanto, a dispetto della sua mole e del suo aspetto minac-
cioso, non avrebbe dovuto rappresentare una minaccia per
nessuno.
Ciononostante, Jezal non si sentiva al sicuro, anzi, com-
prese di essere solo, debole, impotente e terribilmente spa-
ventato. Aveva la pelle d'oca e la bocca secca. Avvert l'istin-
to improvviso di scappare per andarsi a nascondere e non
tornare mai pi allo scoperto.
Ma questa strana sensazione non aveva colto soltanto lui,
o quelli pi vicini al seggio. Infatti, quando il mostro pittura-
to gir lentamente su se stesso al centro dello spazio circola-
re, scoccando occhiate nervose alla folla, tutte le risate furi-
bonde si trasformarono in mormorii scioccati. Meed si ritras-
se sulla panca, come se tutta la sua rabbia fosse all'improvvi-
so svanita; un paio di dignitari seduti in prima fila scavalca-
rono addirittura gli schienali delle panche per balzare sulla
fila successiva; altri distolsero lo sguardo o si coprirono la
faccia con le mani. Uno dei soldati moll la sua lancia, che
cadde a terra sferragliando.
Fenris il Temuto si gir lentamente verso l'alto seggio,
sollev l'enorme pugno tatuato e apr l'abisso della sua bocca
con uno spasmo orrendo che gli percorse tutto il viso. An-
gland!, url, in modo pi forte e pi terribile di quanto il
Lord Ciambellano avesse mai fatto. Gli echi della sua voce
rimbombarono in alto sul soffitto a cupola, risuonando sulle
mura ricurve, finch tutta la sala non fu riempita dal suo pe-
netrante grido.
Uno dei Cavalieri della Guardia del Corpo scivol mentre
indietreggiava e urt il bordo del seggio con la gamba avvol-
ta dall'armatura.
Il Re stesso si ritrasse sul trono, tanto che per poco la co-
rona non gli cadde dalla testa, poi si copr la faccia con una
mano, ma tra le dita semiaperte si vedeva un occhio terroriz-
zato che fissava il gigante.
La penna di uno degli scrivani cadde dalle sue dita inerti,
mentre la mano di un altro, rimasto a bocca aperta, continu
a muoversi sul foglio per la forza dell'abitudine, ma tracci
soltanto uno scarabocchio diagonale che and a coprire le ri-
ghe precise e ordinate scritte fino a quel momento.
Angland.
La faccia del Lord Ciambellano era cerea. Si port il cali-
ce alle labbra ma, trovandolo vuoto, lo riappoggi sul tavolo
delicatamente, con una mano tremante che fece tintinnare la
base sul legno. Tacque un momento, durante il quale si ud
solo il suo respiro pesante. Ovviamente, questa offerta non
accettabile.
Questa una gran sfortuna, rispose Occhio Bianco,
ma c' ancora il dono. Tutti gli occhi si volsero verso di
lui. Abbiamo una tradizione al Nord. A volte, quando tra
due clan non corre buon sangue e si sul piede di guerra, i
campioni di entrambe le fazioni si fanno avanti per combat-
tere a nome del loro popolo. In questo modo, la questione si
risolve con la morte di uno solo.
Apr lentamente il coperchio dello scrigno e dentro c'era
un lungo pugnale con una lama lucidissima. Sua Grandez-
za, Bethod, manda il Temuto non solo come suo inviato, ma
anche come suo campione. Combatter per l'Angland, se
qualcuno qui avr il coraggio di affrontarlo, e vi risparmier
una guerra che non potrete vincere. Sollev lo scrigno verso
il mostro pitturato. Questo il dono che il mio signore vi
manda, il pi ricco che esista: le vostre vite.
La mano destra di Fenris scatt per afferrare il pugnale e
quando lo alz verso l'alto, la lama balugin alla luce colora-
ta delle grandi finestre. I cavalieri avrebbero dovuto balzare
su di lui, Jezal avrebbe dovuto estrarre la spada, tutti sareb-
bero dovuti accorrere a proteggere il Re, ma nessuno mosse
un dito. Ogni bocca era spalancata, ogni occhio inchiodato
su quel brillante dente di metallo.
Fenris cal la lama in un lampo. La punta affond con fa-
cilit nella pelle e nella carne del suo braccio tatuato, penetr
fino all'impugnatura e poi riemerse da sotto, grondando del
suo sangue. Il volto del gigante ebbe uno spasmo non diver-
so da quelli che aveva avuto fino ad allora. La lama si mosse
in modo grottesco quando lui distese le dita e sollev il brac-
cio sinistro affinch tutti vedessero. Ai suoi piedi, sul pavi-
mento del Circolo dei Lord, il suo sangue continuava a cola-
re goccia dopo goccia.
Chi mi affronter?, grid, e sul collo gli si gonfiarono
dei grossi tendini. Faceva quasi male sentire la sua voce.
Silenzio totale. L'Annunciatore, che era quello pi vicino
al Temuto ed era gi crollato in ginocchio, perse i sensi e
cadde sbattendo a terra la faccia.
Fenris punt gli occhi sgranati sul cavaliere pi massiccio
tra quelli davanti al seggio, anche se lui era pi alto di una
testa. Tu?, sibil. Lo sventurato soldato arretr, struscian-
do i piedi sul pavimento, sicuramente pensando che sarebbe
voluto nascere nano.
Una pozza di sangue scuro si era ormai allargata sul pavi-
mento in corrispondenza del gomito di Fenris. Tu?, rin-
ghi a Fedor dan Meed, che divenne cinereo in viso e comin-
ci a battere i denti, senza dubbio desideroso di essere il fi-
glio di qualcun altro.
Quegli occhi che si chiudevano in continuazione si posa-
rono su tutti i volti sbiancati dell'alto seggio. Jezal sent una
stretta alla gola quando le pupille di Fenris incontrarono le
sue. Tu?
Beh, mi piacerebbe, ma oggi pomeriggio sono molto im-
pegnato. Domani magari, eh? La voce non sembrava nean-
che la sua, tanto pi che non aveva avuto nessuna intenzione
di dare una risposta del genere. Ma chi altri poteva essere
stato, se non lui? Le parole salirono, sicure e spigliate, vero
la cupola dorata.
Qualcuno rise, qualcuno grid: Bravo! da qualche parte
sul fondo, ma gli occhi del Temuto non lo mollarono per un
istante. Attese che i suoni si affievolissero, poi la sua bocca
si distorse in un ghigno perfido.
Domani allora, sussurr. Le budella di Jezal si attorci-
gliarono di colpo e dolorosamente. La gravit della situazio-
ne gli pesava addosso come una tonnellata di massi. Lui?
Combattere contro quella cosa?
No. Bench il suo volto fosse ancora pallido, la voce
del Lord Ciambellano sembrava aver ritrovato gran parte del
suo vigore. Jezal si fece coraggio e si sforz di controllare le
sue viscere da uomo. No!, sbrait di nuovo Hoff. Non ci
sar nessun duello qui! Non c' nessuna questione da risolve-
re! L'Angland fa parte dell'Unione in virt di una legge anti-
chissima!
Occhio Bianco Hansul ridacchi. Legge antichissima?
L'Angland fa parte del Nord. Duecento anni fa, gli Uomini
del Nord vivevano liberi lass, ma voi volevate estrarre il
ferro, cos avete attraversato il mare, li avete massacrati e
avete rubato la loro terra! Qual , dunque, questa legge anti-
chissima? quella del pi forte, che prende ci che vuole dal
pi debole? Socchiuse gli occhi. Anche noi abbiamo quel-
la legge.
Fenris il Temuto si strapp il pugnale dal braccio, allora
poche altre gocce di sangue caddero picchiettando sul pavi-
mento, ma furono le ultime, perch sulla sua carne tatuata
non c'era pi alcuna ferita, n alcun segno. Il coltello rimbal-
z nella pozza di sangue ai suoi piedi e l rimase. Fenris fece
correre un'ultima volta quegli occhi folli, sbarrati e frementi,
su tutta l'assemblea, poi si gir e si diresse verso il corridoio
che portava fuori dalla sala, mentre i Lord e i delegati si ri-
traevano inorriditi sulle panche al suo passaggio.
Occhio Bianco Hansul fece un inchino profondo. Forse
arriver il giorno in cui rimpiangerete di non aver accettato
la nostra offerta, o il nostro dono. Avrete presto nostre noti-
zie, disse in tono calmo, poi alz tre dita verso il Lord
Ciambellano e aggiunse: Quando sar il momento, mande-
remo tre segni.
Mandatene trecento se volete, berci Hoff, ma questa
pantomima finita!
Occhio Bianco Hansul annu con garbo. Avrete presto
nostre notizie. Si volt per seguire Fenris fuori dal Circolo
dei Lord e dietro di lui le grosse porte si richiusero con un
tonfo. La penna dello scrivano pi vicino grattava debolmen-
te sulla carta.
Avrete presto nostre notizie.
Fedor dan Meed guard il Lord Ciambellano coi bei tratti
distorti dall'ira e la mascella serrata. E queste sarebbero le
buone notizie che dovrei portare a mio padre?, grid. Tutto
il Consiglio Aperto cadde nel caos pi totale tra grida e in-
sulti verso tutto e tutti, in una confusione della peggior spe-
cie.
Hoff balz in piedi, rovesciando lo scranno dietro di s, e
cominci a urlare parole furibonde a sua volta, ma persino la
sua voce era soffocata dal tumulto. Meed gli diede le spalle e
lasci la sala infuriato. Anche altri delegati dall'Angland si
alzarono in piedi con facce scure, per andar dietro al figlio
del loro Lord Governatore, al che Hoff, livido di rabbia, non
pot che osservare la loro dipartita con la bocca che si muo-
veva senza emettere suono.
Jezal vide il Re abbassare lentamente la mano dalla faccia
e poi piegarsi a sussurrare al suo Lord Ciambellano: Quan-
do arrivano gli Uomini del Nord?
14.

Il Re degli Uomini del Nord

Logen inspir profondamente, godendosi la sensazione


inusuale della brezza fredda sul viso appena rasato, e si con-
centr sulla veduta.
Era l'inizio di una giornata serena. La nebbia dell'alba s'e-
ra quasi del tutto diradata e dal balcone della sua stanza, in
cima a una delle torri della biblioteca, Logen era in grado di
vedere in lontananza per miglia e miglia. L'enorme vallata
dispiegata sotto di lui sembrava divisa in strati ben definiti, a
cominciare dal grigio e dal bianco delle vaporose nuvole,
passando per il nero dei dirupi frastagliati che circondavano
il lago e poi per l'accenno d'ombra scura di altre cime dietro
di essi; si vedeva quindi il verde scuro dei versanti ricoperti
d'alberi e, infine, il grigio della spiaggia ghiaiosa, che forma-
va una sottile linea ricurva. Il tutto si rifletteva inoltre nello
specchio immobile del lago, come fosse un altro mondo ca-
povolto, fatto d'ombre, il doppio di quello a cui lui apparte-
neva.
Logen si guard le mani, allargando le dita sulla balaustra
erosa del parapetto. Non c'erano pi tracce di sangue rappre-
so sotto le unghie spaccate, non c'era sporco e la carne pare-
va soffice, pallida, rosata, e per questo strana. Persino le cro-
ste e le escoriazioni sulle nocche erano quasi del tutto guari-
te. Era passato cos tanto tempo dall'ultima volta che s'era
sentito pulito, che aveva dimenticato come fosse. I vestiti
nuovi erano ruvidi sulla pelle, una volta privata della solita
patina di sporco, grasso e sudore secco.
Mentre guardava il lago in lontananza, lavato e ben nutri-
to, si sent un uomo diverso. Per un momento si chiese come
sarebbe stato questo nuovo Logen, ma poi vide la nuda pietra
della balaustra al posto del dito medio e allora ricord che
quella ferita non sarebbe mai guarita. Era ancora Novedita il
Sanguinario, lo sarebbe sempre stato. A meno che non avesse
perso altre dita. In ogni caso, doveva ammettere che puzzava
un po' meno.
Avete dormito bene, Mastro Novedita? Wells era all'in-
gresso che sbirciava il balcone da dentro la stanza.
Come un bambino. Non ebbe cuore di dire al vecchio
servo che, in realt, aveva dormito all'aperto. La prima notte
aveva anche provato a mettersi nel letto, ma non aveva fatto
altro che girarsi e rigirarsi sotto le lenzuola, incapace di
scendere a patti con la strana comodit del materasso e con il
calore inusuale delle coperte. Allora aveva provato a dormire
sul pavimento e l era andata un po' meglio, ma l'aria della
stanza pareva comunque troppo immobile, troppo stantia; il
soffitto incombeva sopra di lui, come se si stesse abbassando
pian piano per schiacciarlo sotto il peso della roccia che sor-
reggeva. Soltanto quando s'era messo sul lastricato duro del
balcone, con la vecchia giubba stesa sotto di s, e solo nuvo-
le e stelle sopra la testa, finalmente il sonno era arrivato.
Certe abitudini sono dure a morire.
Qualcuno venuto a trovarvi, disse Wells.
A me?
La testa di Malacus Quai si affacci dallo stipite della
porta. Gli occhi erano un po' meno infossati, e le occhiaie pa-
revano meno scure; anche la pelle aveva ripreso colore e sul-
le ossa aveva messo qualche oncia di carne. Dunque non
sembrava pi un cadavere, ma solo un malato pelle e ossa,
proprio come quando l'aveva visto per la prima volta. Dovet-
te dunque dedurre che l'aspetto di Quai fosse sempre quello
di un uomo malaticcio.
Ah ah!, rise Logen. Sei vivo!
L'apprendista fece una serie di stanchi cenni con la testa,
mentre si trascinava per la stanza. Era avvolto da una coperta
pesante che gli faceva da strascico e gli impediva di cammi-
nare comodamente. Oltrepass la porta del balcone con pas-
so malfermo e usc all'aperto, tirando su col naso, e strizzan-
do gli occhi al gelido vento mattutino.
Logen era contento di vederlo, pi di quanto si aspettasse,
cos gli diede una pacca forse un po' troppo calorosa sulla
schiena, come se fosse un vecchio amico. L'apprendista in-
ciamp sulla coperta aggrovigliata attorno ai piedi, e sarebbe
caduto se Logen non lo avesse sorretto con un braccio.
Non sono ancora abbastanza in forma per combattere,
mormor Quai, accennando un sorriso.
Stai comunque meglio dell'ultima volta che t'ho visto.
Anche tu. Non hai pi la barba, vedo, e neanche il catti-
vo odore. Se avessi meno cicatrici, sembreresti quasi civiliz-
zato.
Logen alz le mani. Tutto, ma non quello.
Wells venne avanti e, abbassata la testa sotto la porta-fine-
stra del balcone, usc alla luce intensa del mattino con un ro-
tolo di bende e un coltello in mano. Potrei vedere la vostra
ferita, Mastro Novedita?
Logen si era quasi dimenticato del taglio. Non c'era san-
gue fresco sulla fasciatura, ma quando il vecchio srotol le
bende, scopr una lunga crosta rossiccia che gli correva dal
polso fin quasi al gomito, circondata da uno strato rosa di
pelle nuova. Ormai non gli faceva pi male, gli prudeva e
basta. Questa cicatrice ne incrociava due pi vecchie; una,
grigia e frastagliata, ce l'aveva vicino al polso e, se non ricor-
dava male, se l'era procurata tantissimi anni prima, durante
un duello con Tretronchi. Logen fece una smorfia al ricordo
delle botte che s'erano dati. La seconda cicatrice, meno evi-
dente, si trovava un po' pi su, ma non ricordava da dove
fosse venuta. C'erano state cos tante occasioni
Wells si pieg a tastare la carne attorno alla ferita, mentre
Quai sbirciava cautamente da dietro la sua spalla. Sta cica-
trizzando bene. Siete uno che guarisce in fretta.
Ho fatto un sacco di pratica.
Well alz lo sguardo sul viso di Logen, dove il taglio sulla
fronte stava gi sbiadendo in un'ennesima linea rosata.
Vedo. Sarebbe sciocco consigliarvi di evitare oggetti ta-
glienti in futuro?
Logen scoppi a ridere. Che tu ci creda o no, ho sempre
fatto del mio meglio per evitarli in passato. Sono loro che
vengono a cercare me, per quanto mi sforzi.
Beh, disse il vecchio servo, mentre tagliava un pezzo di
benda pulita e lo avvolgeva con attenzione attorno all'avam-
braccio di Logen, spero proprio che questa sia l'ultima fa-
sciatura di cui avrete mai bisogno.
Lo spero anche io, rispose Logen, flettendo le dita. Lo
spero anche io. Ma sapeva che cos non sarebbe stato.
La colazione sar pronta tra poco. Detto questo, Wells
li lasci soli sul balcone.
Stettero in silenzio per un momento, poi un vento gelato
spir su di loro dalla valle. Quai rabbrivid e si strinse la co-
perta attorno alle spalle. L fuori vicino al lago. Avresti
potuto lasciarmi l. Io l'avrei fatto.
Logen aggrott la fronte. C'era stato un tempo in cui l'a-
vrebbe fatto pure lui, senza pensarci due volte, ma le cose
cambiano. Ho lasciato indietro un sacco di gente ai miei
tempi. Penso proprio di averne abbastanza di quella sensa-
zione.
L'apprendista arricci le labbra e rivolse lo sguardo alla
valle, ai boschi, alle montagne distanti. Non ho mai visto
uccidere un uomo prima.
Sei fortunato.
Tu ne hai visti uccidere molti, invece?
Logen fece una smorfia. Quando era giovane sarebbe sta-
to pi che contento di rispondere a quella domanda. Si sareb-
be vantato nell'elencare tutte le azioni di guerra a cui aveva
partecipato, tutti i Nominati che aveva ucciso, ma in quel
momento non avrebbe saputo dire quando quell'orgoglio era
scomparso. Era stata una cosa graduale, maturata lentamente
man mano che le guerre si facevano pi sanguinose e le cau-
se diventavano pretesti; man mano che i suoi amici, uno per
uno, ritornavano alla terra. Si gratt l'orecchio, sent il pezzo
mancante che la spada di Tud Duru si era portata via tanti
anni prima. Avrebbe potuto non rispondere, ma per qualche
motivo sentiva di dover essere sincero.
Ho combattuto in tre campagne, cominci, sette batta-
glie campali, innumerevoli assalti, schermaglie, difese dispe-
rate e atti sanguinosi di ogni tipo. Ho lottato nelle tempeste
di neve, nel vento che ululava, nel bel mezzo della notte.
tutta la vita che combatto, contro nemici e amici, non ho co-
nosciuto altro. Ho visto degli uomini lasciarci la pelle per
una parola, per uno sguardo, per un nonnulla. Una volta una
donna ha cercato di accoltellarmi perch avevo ucciso suo
marito, e io l'ho buttata in un pozzo. E questo niente. La
vita per me valeva quanto un pugno di cenere, o anche meno.
Ho combattuto dieci duelli e li ho vinti tutti, ma sempre
dalla parte sbagliata, per le ragioni sbagliate. Sono stato spie-
tato, brutale e codardo. Ho accoltellato degli uomini alla
schiena, li ho arsi vivi, li ho affogati, li ho schiacciati coi
massi, li ho uccisi mentre dormivano, disarmati, o mentre
scappavano. Io stesso sono scappato pi di una volta. Mi
sono cagato sotto dalla paura e ho implorato perch mi ri-
sparmiassero la vita. Sono stato ferito spesso, e gravemente,
ho urlato e frignato come un bambino staccato dalla tetta del-
la madre. Non dubito che il mondo sarebbe stato un posto
migliore se mi avessero ucciso anni fa, ma sono ancora vivo,
e non capisco perch.
Si guard le mani, rosate e pulite sulla roccia. Conosco
pochi uomini con mani pi insanguinate delle mie, anzi, non
ne conosco proprio nessuno. Novedita il Sanguinario mi
chiamano i miei nemici, e sono tanti, mentre gli amici sono
sempre meno. Il sangue porta solo altro sangue; adesso mi
segue dappertutto, come fosse la mia ombra, e in quanto tale
non me ne libero mai. Ma giusto cos. Me la sono cercata,
me la merito. Questa la mia punizione.
E questo era quanto. Logen esal un lungo sospiro tremo-
lante e si mise a fissare il lago in lontananza. Non riusciva a
guardare l'uomo che gli stava accanto, perch non voleva ve-
dere l'espressione sul suo viso. Chi mai vorrebbe venire a sa-
pere di essere in compagnia di Novedita il Sanguinario? Un
uomo che ha fatto pi morti della peste, ma con meno rim-
pianto. Non sarebbero mai potuti essere amici ormai, non
con tutti quei cadaveri di mezzo.
Ma poi sent la mano di Quai dargli una pacca sulla spal-
la. Beh, comunque, disse quello con un sorriso da parte a
parte, hai salvato me e per questo ti sono molto grato!
Ho salvato un uomo quest'anno, e ne ho uccisi solo quat-
tro. Mi sento rinato. Entrambi risero per un po', e fu una
bella sensazione.
E cos, Malacus, vedo che sei tornato tra noi.
Si voltarono, e nel farlo l'apprendista inciamp sulla co-
perta con un'espressione vagamente atterrita. Il Primo Mago
era in piedi nel vano della porta-finestra, vestito di una tuni-
ca bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti. A Logen
continuava a sembrare pi un macellaio che uno stregone.
Maestro Bayaz ehm stavo proprio venendo da voi,
balbett Quai.
Ma davvero? Che fortuna per entrambi, allora, che sia
stato io a venire da te! Il Mago usc sul balcone. Ritengo
che un uomo in grado di parlare, ridere e stare all'aperto si
senta abbastanza in forze anche per leggere, studiare ed
espandere la sua mente ristretta. Tu che ne dici?
Senza dubbio
Senza dubbio, s! Dimmi, come procedono i tuoi studi?
Lo sventurato apprendista era del tutto frastornato. Ulti-
mamente li ho un po' sospesi?
Non hai fatto progressi con I Principi dell'Arte di Juvens
mentre vagavi per le colline sotto il brutto tempo?
Ehm no, nessun progresso no.
E le tue conoscenze storiche si sono sviluppate ulterior-
mente mentre Mastro Novedita ti stava riportando alla bi-
blioteca?
Beh, confesso di no.
Ma gli esercizi e la meditazione, per di certo hai fatto
pratica in questa settimana in cui sei rimasto privo di sensi,
vero?
Ecco, beh no, lo stato di incoscienza era ecco
Dimmi allora, diresti di essere "in vantaggio", per cos
dire? Oppure sei rimasto indietro con gli studi?
Quai fiss il pavimento. Ero gi indietro quando sono
partito.
In tal caso, vorresti dirmi dove hai intenzione di passare
la giornata?
L'apprendista lo guard, pieno di speranza. Alla mia
scrivania?
Eccellente! Bayaz fece un ampio sorriso. Stavo per
suggerirtelo, ma tu mi hai anticipato! La tua sete di cono-
scenza ti rende merito! Quai annu energicamente e fil ver-
so la porta, con l'orlo della coperta che faceva da strascico
sul pavimento.
Bethod sta arrivando, mormor Bayaz. Sar qui oggi
stesso. Logen smise di sorridere all'istante e avvert un im-
provviso nodo alla gola. Ricordava bene il loro ultimo incon-
tro a Carleon, quando giaceva riverso a faccia in gi sul pa-
vimento del palazzo di Bethod, dopo essere stato picchiato,
domato e incatenato saldamente, con la bocca che gocciolava
sangue sul pagliericcio. Sperava soltanto che la fine sarebbe
arrivata presto. E poi, senza motivo, l'avevano lasciato anda-
re, buttandolo fuori dai cancelli assieme a Mastino, Tretron-
chi, il Debole e tutti gli altri, ma non prima di avergli fatto
promettere che non sarebbero tornati pi. Mai pi. Quella era
stata la prima e senza dubbio l'ultima volta che Bethod aveva
mostrato un minimo di piet.
Oggi?, chiese, nel tentativo di mascherare il tremore
della voce.
S, e presto anche. Il Re degli Uomini del Nord. Bah!
Che arroganza! Bayaz gli scocc uno sguardo in tralice.
Viene per chiedermi un favore e vorrei che ci fossi anche
tu.
Non ne sar contento.
Appunto.
Il vento sembrava pi freddo di prima. Se anche Logen
non avesse rivisto Bethod mai pi, sarebbe stato comunque
troppo presto, ma certe cose vanno fatte e basta, per cui tanto
vale farle che vivere nel terrore dell'altezza. Questo avrebbe
detto suo padre. Cos, fece un respiro profondo e raddrizz le
spalle, prima di dire: Ci sar.
Ottimo. Allora manca solo un'ultima cosa.
Quale?
Bayaz fece un sorrisetto. Ti serve un'arma.

I sotterranei della biblioteca non erano umidi, ma in com-


penso erano bui e molto, molto tortuosi. Logen e Bayaz ave-
vano salito e sceso una quantit di scale, girato diversi ango-
li, oltrepassato varie porte e prese parecchie svolte a destra e
a sinistra. Quel posto era un labirinto. Logen sperava di non
perdere mai di vista il tremolio della torcia dello stregone o
sarebbe rimasto intrappolato sotto la biblioteca per sempre.
asciutto qui sotto, si sta bene, senti?, diceva Bayaz
parlottando tra s e s, la voce che riecheggiava nei cunicoli,
mescolata allo scalpiccio dei loro passi. L'umidit la peg-
gior nemica dei libri. Si ferm all'improvviso davanti a una
pesante porta. O delle armi. Diede una spintarella e l'uscio
si apr senza cigolare.
Ma guarda! Sono anni che non viene aperta, eppure i
cardini ruotano ancora come se fossero imburrati! Questa s
che maestria! Perch a nessuno importa pi niente dell'arti-
gianato di qualit? Bayaz super la soglia senza aspettare
una risposta e Logen lo segu da vicino.
La torcia dello stregone illumin una sala dal soffitto bas-
so, cos lunga che l'estremit opposta rimase al buio. Sulle
pareti, fatte di blocchi di roccia scabra, si allineavano rastrel-
liere e scaffalature; il pavimento era ingombro di scatole e
supporti, ovunque c'erano mucchi disordinati di armi e arma-
ture. Lame, spuntoni, superfici lucide in legno e metallo cat-
turarono la luce tremolante della torcia, mentre Bayaz avan-
zava lento sul pavimento di pietra, zigzagando tra le armi e
guardandosi in giro.
Che collezione, mormor Logen nel seguire il Mago in
quello scompiglio.
quasi tutta roba da buttare, ma dovrebbero esserci al-
cune cose che vale la pena trovare. Bayaz prese un elmo da
un'antica armatura a piastre dorate e lo osserv con la fronte
aggrottata. Che ne dici di questo?
Non sono mai stato uno da armature.
No, non mi sembri il tipo, infatti. Vanno bene a cavallo,
ma sono una dannata tortura quando si viaggia a piedi. Ri-
mise l'elmo sul supporto, poi rimase l a guardare l'armatura,
perso nei suoi pensieri. Una volta che l'hai messa, come fai
a pisciare?
Logen aggrott le sopracciglia. Uhm, aveva comin-
ciato, ma Bayaz era gi andato avanti, portando la luce con
s.
Devi aver usato parecchie armi ai tuoi tempi, Mastro No-
vedita. Quale preferisci?
Non ho mai avuto una preferenza, rispose Logen, ab-
bassandosi sotto un'alabarda arrugginita che spuntava da una
rastrelliera. Un campione non sa mai con quale arma lo sfi-
deranno per combattere.
Ovviamente, ma certo. Bayaz prese una lunga lancia
con spietati barbigli sulla punta e la mosse attorno a s. Lo-
gen arretr. Questa letale. Si pu ben tenere a bada un ne-
mico con un affare del genere, ma un uomo con una lancia
ha bisogno di molti amici e loro hanno tutti bisogno di una
lancia. Bayaz la rimise sullo scaffale e prosegu.
Questa s che fa paura! Il Mago afferr l'impugnatura
nodosa di un'enorme ascia a doppia lama. Cavolo!, escla-
m nel sollevarla, con le vene del collo che gli si gonfiavano
per lo sforzo. pesantissima. La lasci andare con un ton-
fo, che fece tremare tutta la rastrelliera. Quella potrebbe uc-
cidere un uomo! Tagliarlo di netto a met. Ma solo se sta fer-
mo.
Questa meglio, disse Logen. Era una spada semplice
ma dall'aspetto resistente, infilata in un fodero consunto di
pelle marrone.
Oh, vero, hai ragione. Molto, molto meglio! Quella
lama stata fatta da Kanedias, il Sommo Creatore in perso-
na. Bayaz pass la torcia a Logen e prese la spada lunga
dallo scaffale.
Hai mai pensato, Mastro Novedita, che la spada diver-
sa da tutte le altre armi? Le asce, le mazze da guerra sono le-
tali, ma se ne stanno appese alla cintura come bestie mute.
Fece correre lo sguardo sul metallo liscio e freddo dell'elsa,
che scintillava alla luce della torcia, provvisto di lievi scana-
lature per una presa migliore. Ma una spada una spada ha
una voce.
Eh?
Quando infoderata ha poco da dire, questo s, ma se
metti la mano sull'elsa sussurra nelle orecchie del tuo nemi-
co. Strinse le dita attorno all'impugnatura. Un leggero av-
vertimento. Una parola sola, per suggerire prudenza. La sen-
ti?
Logen annu lentamente. Ora, mormor Bayaz, con-
frontala con la spada sfoderata per met. Il metallo sibil
uscendo dal fodero e si vide una singola lettera argentata che
splendeva vicino all'elsa. La lama in s era opaca, ma il filo
baluginava di un luccichio freddo, glaciale. Parla ad alta
voce, non trovi? Sibila una terribile minaccia, una promessa
di morte. La senti?
Logen annu di nuovo, gli occhi inchiodati al filo splen-
dente della lama. E ora, ascoltala quando del tutto sfode-
rata. Bayaz estrasse la spada dal fodero con un leggero
squillo argentino, la sollev in modo da far arrivare la punta
a pochi pollici dalla faccia di Logen. Grida. La senti? Urla
disprezzo! Invoca un confronto! La senti?
M-mh, fece Logen arretrando e guardando con gli oc-
chi un po' strabici la punta lucida della spada.
Poi Bayaz la abbass per rinfoderarla con delicatezza, e
Logen si sent sollevato. Gi, la spada ha una voce. Le asce,
le mazze da guerra e cos via sono letali, s, ma la spada
un'arma astuta, adatta a uomini scaltri. Tu, Mastro Novedita,
sei pi scaltro di quanto sembri. Logen aggrott la fronte
quando Bayaz gli porse la spada. Era stato accusato di essere
molte cose nel corso della sua vita, ma mai di essere scaltro.
Considerala come un dono di ringraziamento per le tue
buone maniere.
Logen ci pens su un attimo. Era da quando aveva attra-
versato le montagne che non portava con s un'arma vera e
propria, e non era molto entusiasta di impugnarne di nuovo
una. Ma Bethod stava arrivando, e presto anche, quindi era
meglio averla e non desiderarla, che desiderarla e non averla
nel momento del bisogno. S, molto meglio. Bisogna essere
realisti in queste cose.
Ti ringrazio, disse Logen, poi prese la spada dalle mani
di Bayaz e gli restitu la torcia. Credo.

Un focherello scoppiettante dietro la grata rendeva la


stanza calda, accogliente e rassicurante.
Per Logen era tutt'altro che tranquillo mentre guardava il
cortile sotto la finestra. Si sentiva nervoso, un po' spaventato
e irrequieto, come sempre gli succedeva prima di uno scon-
tro. Bethod stava per arrivare ed era da qualche parte l fuo-
ri, sul sentiero che attraversava i boschi, magari, o gi tra le
due rocce prima del ponte, o addirittura al portale.
Il Primo Mago, invece, non sembrava affatto teso. Sedeva
comodamente sulla sua poltrona, coi piedi appoggiati sul ta-
volo accanto a una lunga pipa di legno, e sfogliava un librici-
no bianco con un lieve sorriso sulla labbra. Logen non aveva
mai visto nessuno dall'aria pi rilassata e questo lo faceva
sentire peggio.
bello?, chiese.
Che cosa?
Il libro.
Oh, s. il migliore di tutti. Sono I Principi dell'Arte di
Juvens, il fondamento del mio ordine. Bayaz agit la mano
per indicare gli scaffali che ricoprivano due pareti, su cui sta-
vano allineati ordinatamente centinaia di libri identici tra
loro. sempre lo stesso libro. Uno solo.
Uno? Logen fece correre gli occhi sui dorsi bianchi e
spessi delle copertine. un libro dannatamente lungo. Li
hai letti tutti?
Bayaz ridacchi. Oh, s, molte volte. Tutti quelli del mio
ordine devono leggerli e redigerne una copia in prima perso-
na. Gir il libro affinch Logen vedesse che le pagine erano
fittamente ma ordinatamente ricoperte di simboli incompren-
sibili. Questo l'ho scritto io, molto tempo fa. Dovresti leg-
gerlo anche tu.
Ah, io non sono un gran lettore.
No?, chiese Bayaz. Peccato. Gir pagina e riprese a
leggere.
E quello? C'era un altro tomo isolato dagli altri, posato
in cima a uno degli scaffali, un grosso manoscritto nero, pie-
no di graffi e ridotto quasi a brandelli. Anche quello l'ha
scritto quel tale, Juvens?
Bayaz guard il libro con espressione cupa. No, l'ha
scritto suo fratello, disse, poi si alz appositamente per
prenderlo e infilarlo in un cassetto della scrivania, che richiu-
se subito. Meglio lasciarlo stare questo, mormor, quindi
ritorn a sedere e riapr I Principi dell'Arte.
Logen fece un respiro profondo quando mise la mano si-
nistra sull'elsa della spada, ma la sensazione del metallo fred-
do che gli premeva contro il palmo era tutto fuorch rassicu-
rante. La lasci andare immediatamente e torn a rivolgere
lo sguardo severo al cortile sotto la finestra. All'improvviso,
fu come se il respiro gli si fosse incagliato nella gola.
Bethod. arrivato.
Bene, bene, disse Bayaz in tono assente. Chi c' con
lui?
Logen scrut le tre figure nel cortile. Toro, rispose tur-
bato. E una donna che non conosco. Stanno scendendo da
cavallo. Logen si inumid le labbra secche. Ora stanno en-
trando.
S, s, cos che si arriva a un appuntamento. Cerca di
calmarti, amico mio. Respira.
Allora, Logen appoggi la schiena contro le pareti intona-
cate, incroci le braccia e fece un respiro profondo, che non
serv ad altro se non a peggiorare il senso di oppressione che
sentiva al petto. Poteva gi udire i passi pesanti nel corridoio
fuori dalla stanza, vide il pomello della porta che girava
Toro fu il primo a entrare. Il figlio maggiore di Bethod era
sempre stato imponente, anche da ragazzo, ma dall'ultima
volta che l'aveva visto era diventato un mostro. La sua testa
dura sembrava fosse stata aggiunta in un secondo momento
su tutti quei muscoli, perch era molto pi stretta del collo.
Aveva una mascella poderosa, un naso schiacciato che pare-
va mozzo, e due occhietti arroganti e sporgenti in cui brillava
una scintilla di furore. La bocca fina era ritorta in un ghigno
costante, molto simile a quello di suo fratello Calder, anche
se esprimeva meno astuzia e molta pi violenza. Portava uno
spadone alla cintura da cui non allontan mai la mano carno-
sa mentre fissava Logen con sguardo feroce, sprizzando cat-
tiveria da tutti i pori.
Dopo di lui entr la donna. Era molto alta, snella, pallida
al punto da sembrare malata; i suoi occhi a mandorla erano
due schegge gelide - quanto quelli di Toro erano due circoli
di rabbia -, e tutto il trucco scuro che li circondava ne accen-
tuava la forma e la freddezza. Aveva anelli d'oro infilati alle
lunghe dita, braccialetti dorati ai polsi, collane dello stesso
metallo attorno al collo. Osserv tutta la stanza con quei
frammenti di ghiaccio e ogni cosa che vedeva pareva aumen-
tare il suo disgusto e il suo disprezzo: i mobili, i libri, Logen
in particolare, ma soprattutto Bayaz.
Il sedicente Re degli Uomini del Nord entr per ultimo,
ma con aria pi magnificente che mai, avvolto com'era dalle
variopinte vesti pregiate e dalle rare pellicce bianche. Indos-
sava una massiccia catena d'oro attorno alle spalle e un cer-
chio dorato su cui era incastonato un solo diamante, grosso
quanto un uovo, gli cingeva la testa. Il suo volto sorridente
mostrava pi rughe di quante Logen ne ricordasse, i capelli e
la barba erano spruzzati di grigio, ma non per questo appari-
va meno alto, meno vigoroso o meno affascinante; sembrava
infatti aver acquistato un'aria pi saggia e autoritaria - regale,
addirittura. Pareva in tutto e per tutto un uomo grande, sag-
gio e giusto. Un Re, insomma. Ma Logen sapeva che non era
cos.
Bethod!, esclam Bayaz con entusiasmo, chiudendo il
libro di scatto. Mio vecchio amico! Non immagini che gioia
rivederti! Tolti i piedi dal tavolo, indic la catena dorata e il
diamante scintillante. E con quelle credenziali, poi! Ah, mi
ricordo i tempi andati, quando ti piaceva venirmi a trovare da
solo! Ma suppongo che i grandi uomini debbano essere sem-
pre accompagnati da qualcuno. Vedo che ti sei portato dietro
parecchia altra gente. Il tuo incantevole figlio gi lo cono-
sco, ovviamente. A quanto pare, ti piace la buona tavola, eh,
Toro?
Principe Toro, puntualizz il mostruoso figlio di Be-
thod, con occhi ancora pi sporgenti.
Mmmh, fece Bayaz, sollevando un sopracciglio. Non
ho il piacere di conoscere la tua accompagnatrice, per.
Io sono Caurib. Logen sbatt le palpebre, ammaliato
dalla voce della donna, la pi bella che avesse mai sentito:
calma, distensiva, inebriante. Sono una strega, cantilen
con un sorriso sprezzante, facendo un brusco movimento col
capo. Una strega, dal pi estremo nord. Logen, impietrito,
rimase a bocca aperta. Tutto il suo odio era come evaporato e
davanti a s sentiva di avere soltanto amici, pi che amici.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, non voleva. Tutti
gli altri nella stanza erano scomparsi ed era come se lei stes-
se parlando soltanto con lui, e il suo pi intimo desiderio era
che non smettesse
Ma Bayaz scoppi a ridere. Una vera strega, e con la
voce dorata anche! Che meraviglia! Era tanto tempo che non
ne sentivo una, ma qui non ti servir a niente. Logen scosse
la testa per riprendersi e tutto il suo odio ricominci a fluire,
caldo e rassicurante. Dimmi, si deve studiare per diventare
una strega? O solo una questione di gioielli e di tanta verni-
ce sulla faccia? Gli occhi di Caurib si strinsero fino a diven-
tare due letali fessure blu, ma il Primo Mago non le concesse
il tempo di rispondere. Dal pi estremo nord, ma pensa te!
Rabbrivid appena. Deve far freddo lass in questo periodo
dell'anno. Inturgidisce i capezzoli, eh? Sei venuta da noi per
il caldo o per qualche altro motivo?
Io vado dove il mio Re comanda, sibil, alzando un po'
di pi il mento.
Il tuo Re?, chiese Bayaz, e cominci a guardarsi intor-
no come se cercasse qualcuno nascosto dietro qualche ango-
lo.
Mio padre il Re degli Uomini del Nord adesso!, rin-
ghi allora Toro, poi si rivolse a Logen e disse con un ghi-
gno: Dovresti inginocchiarti davanti a lui, Novedita il San-
guinario! Guard Bayaz con lo stesso ghigno. E anche tu
dovresti, vecchio!
Il Primo Mago allarg le mani in segno di scusa. Oh, io
non mi inginocchio davanti a nessuno, temo. Sono troppo
vecchio, mi fanno male le giunture, capisci?
Lo stivale di Toro batt pesantemente sul pavimento
quando fece il primo passo per lanciarsi contro il Mago con
un'imprecazione gi pronunciata a met, ma suo padre gli
pos gentilmente una mano sul braccio. Andiamo, figlio,
non c' bisogno di inginocchiarsi qui. La sua voce era fred-
da e calma come neve appena caduta. Non c' bisogno di li-
tigare. I nostri interessi non sono forse gli stessi? La pace?
La pace in tutto il Nord? Sono venuto solo per la tua saggez-
za, Bayaz, come ho gi fatto in passato. cos sbagliato
chiedere consiglio a un vecchio amico? Nessuno era mai
sembrato pi sincero, pi ragionevole e pi affidabile di Be-
thod in quel momento. Ma Logen non si lasci incantare.
La pace regna gi in tutto il Nord. Bayaz si appoggi
allo schienale della poltrona, con le mani incrociate di fronte
a s. Non sono forse cessate le ostilit? Non fosti tu a vin-
cere? Non hai gi tutto quello che desideri e anche di pi? Re
degli Uomini del Nord, eh? E che aiuto potrei mai offrirti?
Io mi consulto solo con gli amici, e tu non mi sei stato
amico ultimamente, Bayaz. Respingi i miei messaggeri, per-
sino mio figlio. Ospiti i miei nemici giurati. Guard torvo
Logen, e le sue labbra si curvarono per il disprezzo. Lo sai
che razza di feccia questa? Novedita il Sanguinario? Un
animale! Un codardo! Uno che infrange i giuramenti! que-
sta la compagnia che preferisci?
Bethod sorrise amichevolmente a Bayaz tornando a guar-
dare lui, ma la minaccia insita nelle sue parole era chiara.
Temo che sia arrivato il momento di scegliere se sei con me
o contro di me. Non esiste una via di mezzo. O fai parte del
mio futuro, o sei una reliquia del mio passato. La scelta
tua, amico mio. Logen aveva visto Bethod imporre altre
scelte simili prima; alcuni si erano arresi, tutti gli altri erano
tornati alla terra.
A quanto pareva, per, Bayaz non aveva alcuna fretta.
Che scegliere? Si allung lentamente per prendere la pipa
dal tavolo. Il futuro o il passato? And davanti al fuoco
con passo tranquillo, si acquatt con le spalle rivolte ai tre
ospiti, poi, preso un bastoncino dalla grata, lo pos nel foco-
laio della pipa e cominci a tirare lente boccate. Sembr che
ci volesse un'ora per accendere quella dannata cosa. Con te
o contro di te?, medit, ritornando alla poltrona.
Allora?, chiese Bethod.
Bayaz alz lo sguardo al soffitto e soffi dalla bocca un
sottile filo di fumo giallo. Caurib guardava il vecchio Mago
dall'alto in basso, piena d'odio, Toro era roso dall'impazien-
za, e Bethod era in attesa, con gli occhi un po' socchiusi. Alla
fine, Bayaz esal un sospiro profondo. Molto bene. Sono
con te.
Bethod fece un ampio sorriso, ma Logen sent un'ondata
di terribile delusione. Si era aspettato di pi dal Primo Mago.
Dannato sciocco, quando avrebbe imparato a smettere di
sperare?
Bene, mormor il Re degli Uomini del Nord. Sapevo
che avresti finito col pensarla come me. Si pass lentamen-
te la lingua sulle labbra, come un affamato che osserva i ser-
vi portare del buon cibo a tavola. Ho intenzione di invadere
l'Angland.
Bayaz sollev un sopracciglio, poi prese a ridacchiare e
infine sbatt il pugno sul tavolo. Ottimo! Perfetto! Pensi
che la pace non si addica al tuo regno, eh, Bethod? I clan non
sono abituati a stringere amicizia, non cos? Si odiano l'un
l'altro e odiano anche te, non ho ragione?
Beh, sorrise Bethod, oppongono una certa resistenza.
Ci scommetto! Per se li mandi in guerra contro l'Unio-
ne, saranno una nazione, eh? Uniti contro il nemico comune,
questo certo. E se vinci? Sarai l'uomo che ha fatto l'impos-
sibile! Quello che ha cacciato i dannati sudisti dal Nord! Sa-
rai amato, o comunque pi temuto che mai. Se perdi, invece,
almeno terrai impegnati i clan per un po', prosciugando nel
frattempo la loro forza. Ora ricordo perch mi piacevi tanto!
Piano eccellente!
Bethod parve compiaciuto. Ma certo. E non perderemo.
L'Unione debole, arrogante, impreparata. Con il tuo
aiuto
Il mio aiuto?, lo interruppe Bayaz. Tu presumi
troppo.
Ma hai detto che
Ah, quello! Il Mago si strinse nelle spalle. Sono un
bugiardo.
Bayaz si port la pipa alla bocca. Segu un momento di si-
lenzio in cui lo stupore si impossess dei presenti, dopo di
che Bethod strinse gli occhi, Caurib li spalanc, mentre Toro
aveva la fronte corrugata in un'espressione di confusione
estrema. Il sorriso di Logen torn pian piano.
Un bugiardo?, sibil la strega. Sei anche peggio di un
bugiardo, secondo me! La sua voce aveva ancora un che di
cantilenante, ma la musica era diversa adesso, era una canzo-
ne dura, stridula, omicida. Tu, vecchio verme! Ti nascondi
qui, tra queste quattro mura, coi tuoi servi e i tuoi libri! Il tuo
tempo finito da tanto, sciocco! Non sei altro che cenere e
parole! Il Primo Mago arricci le labbra con aria calma e
sbuff del fumo. Cenere e parole, vecchio verme! Beh, ve-
dremo. Verremo in forze alla tua biblioteca! Lo stregone
pos delicatamente la pipa sul tavolo mentre il fumo saliva
ancora dal focolaio, arricciandosi in aria. Torneremo in for-
ze alla tua biblioteca, butteremo gi le mura, passeremo i
tuoi servi a fil di spada e faremo un rogo dei tuoi libri! Fare-
mo
Silenzio. Bayaz aveva un'espressione minacciosa in
viso, pi feroce di quella con cui aveva guardato Calder al-
cuni giorni prima in cortile. Logen fu di nuovo colto dal de-
siderio di allontanarsi, ma questa volta era pi forte, tanto
che si ritrov a guardarsi attorno nella stanza in cerca di un
posto in cui nascondersi. Le labbra di Caurib si muovevano
ancora, ma emettevano soltanto un mormorio roco, privo di
senso.
Vorreste buttare gi le mie mura, eh?, disse Bayaz. Le
sopracciglia grigie erano cos aggrottate da sembrare un uni-
co solco profondo, inciso duramente al di sopra del suo naso.
Ucciderete i miei servi, questo farete?, domand. La
stanza era diventata tutto d'un tratto gelida, malgrado il fuoco
scoppiettante.
Brucerete i miei libri, dici?, tuon Bayaz. Tu parli
troppo, strega! Le ginocchia di Caurib cedettero e la sua
mano bianca artigli lo stipite della porta mentre si accascia-
va contro il muro, facendo tintinnare tutti i gioielli che indos-
sava.
Cenere e parole, questo sarei? Bayaz alz quattro dita.
Hai ricevuto quattro doni da me, Bethod: il sole d'inverno,
un temporale d'estate, e altre due cose che non avresti mai
conosciuto se non fosse stato per la mia Arte. Che cosa mi
hai dato in cambio, eh? Questo lago e questa valle, che erano
gi miei, e un'altra cosa solamente. Bethod scocc una rapi-
da occhiata a Logen, prima di tornare a guardare il Mago.
Sei ancora mio debitore, eppure mi invii messaggeri, mi fai
delle richieste e osi cercare di comandarmi? Questa non la
mia idea di buone maniere.
Toro, che solo adesso era riuscito a capire la situazione,
aveva gli occhi talmente sporgenti che sembravano sul punto
di schizzargli fuori dalle orbite. Maniere? A un Re non ser-
vono le buone maniere! Un Re si prende ci che desidera!,
disse, facendo un passo verso il tavolo.
Toro era grande, grosso e cattivo, questo era poco ma si-
curo, e non c'era nessuno pi adatto di lui a infierire su uno
gi sconfitto, Logen per non era sconfitto, non ancora, e
non potendone pi di stare a sentire quel pallone gonfiato, si
fece avanti per sbarrargli la strada, con la mano gi pronta
sull'elsa della spada. Piantala.
Il Principe lo guard con quegli occhi sgrananti e lev un
grosso pugno, che strinse talmente forte da farsi diventare le
nocche bianche. Non tentarmi Novedita, carogna miserabi-
le! I tuoi giorni sono finiti! Potrei romperti come un uovo!
Puoi provarci, ma ti assicuro che non te lo lascer fare.
Conosci il mio lavoro. Fa' un altro passo e mi metto a lavora-
re su di te, maiale obeso del cazzo!
Toro!, esclam Bethod. Non c' niente per noi qui,
chiaro. Ce ne andiamo. Il mostruoso principe serr il blocco
enorme della mascella, le mani che si aprivano e si chiudeva-
no lungo i fianchi mentre guardava Logen con tutto l'odio e
la ferocia di questo mondo. Poi, ghignando, arretr lenta-
mente.
Bayaz si chin in avanti. Hai detto che avresti portato la
pace nel Nord, Bethod, e invece che cosa hai fatto? Hai som-
mato la guerra alla guerra! Hai dissanguato la terra con il tuo
orgoglio e la tua brutalit! Re degli Uomini del Nord? Ah!
Non valeva la pena aiutarti. E pensare che riponevo in te le
mie speranze!
Bethod rispose solo con una breve alzata di sopracciglio,
gli occhi gelidi quanto il diamante che portava in fronte. Mi
hai reso tuo nemico, Bayaz, e io sono il peggior nemico che
esista. Rimpiangerai di aver scelto male oggi. Quindi rivol-
se il suo disprezzo a Logen. E per quanto riguarda te, Nove-
dita, non avrai pi piet da me! Ogni uomo del Nord sar tuo
nemico da oggi in poi! Ti odieranno, ti daranno la caccia e ti
malediranno, ovunque tu vada! Sar io a fare in modo che
accada!
Logen scroll le spalle. Sai che novit per lui. Bayaz si
alz in piedi dalla poltrona. Hai fatto il tuo discorso, adesso
prendi la tua strega e vattene!
Caurib, ancora senza fiato, fu la prima a barcollare fuori
dalla stanza. Toro rivolse a Logen un ultimo, truce sguardo,
poi si volt e usc con passo pesante. Il cosiddetto Re degli
Uomini del Nord se ne and per ultimo, annuendo lentamen-
te e scoccando alla stanza un'occhiata assassina. Non appena
sent i loro passi allontanarsi lungo il corridoio, Logen fece
un respiro profondo, nel tentativo di calmarsi, poi lasci ca-
dere la mano dall'elsa della spada.
Allora, disse allegro Bayaz, andata bene!
15.

Una strada tra due dentisti

Mezzanotte passata. Era buio pesto sulla Via Centrale e


l'aria puzzava, come sempre vicino al porto. Oltre all'acqua
stagnante del mare e all'olezzo del pesce marcio, c'erano il
bitume, il sudore e la merda di cavallo ad ammorbare l'aria.
Di l a poche ore quella strada si sarebbe riempita del traffico
e del rumore di commercianti che urlavano, operai che im-
precavano sotto il peso dei loro carichi, mercanti che corre-
vano da una parte all'altra, centinaia di carretti e barrocci a
sferragliare sui ciottoli sudici. Ci sarebbe stata un'infinita
marea di gente che scendeva dalle navi, o che vi saliva, per-
sone da ogni parte del mondo che avrebbero gridato in ogni
lingua esistente. Adesso, per, tutto taceva nell'immobilit
della notte. C' un silenzio di tomba, qui, e anche l'odore
non molto diverso.
qui sotto, disse Severard, camminando tranquilla-
mente verso l'imboccatura buia di un vicoletto, che stava in-
castrato tra due grossi capannoni.
Vi ha creato molti problemi?, chiese Glokta, che si tra-
scinava dolorosamente dietro di lui.
Non troppi, no. Il Pratico si scost la maschera dal viso
per lasciar passare un po' d'aria. Mi sa che l sotto tutto ap-
piccicaticcio, con tutto quel sudore e il calore del respiro.
Per forza i Pratici hanno tutti un caratteraccio. I problemi
li ha creati al materasso di Rews: l'ha fatto a pezzi. Poi Gelo
gli ha dato una bella botta in testa. Che buffo! Quando quel
ragazzo d le botte in testa a qualcuno, tutti si calmano al-
l'improvviso.
E di Rews, che mi dici?
ancora vivo. La luce della lampada di Severard pass
su un mucchio putrido di immondizia. Glokta sent lo squit-
tio dei topi che correvano a rintanarsi nell'oscurit.
Conosci tutti i posticini migliori qui intorno, eh, Seve-
rard?
per questo che mi pagate, Inquisitore. Severard mise
per sbaglio uno stivale nero e sporco sulla poltiglia maleodo-
rante d'immondizia. Glokta aggir la guazza con attenzione,
usando la mano libera per tenere sollevato l'orlo del mantel-
lo. Io ci sono cresciuto in questa zona, continu il Pratico.
La gente non fa domande.
Tranne noi. Noi abbiamo sempre delle domande.
Certo. Severard fece una risatina smorzata dalla ma-
schera. Noi siamo l'Inquisizione. La sua lampada illumin
un portone di ferro ammaccato, su cui si innalzava un muro
con spuntoni arrugginiti sulla sommit. Ci siamo. Ah, che
posto dall'aria rassicurante! Evidentemente il portone non
veniva usato molto, perch i cardini marroni stridettero ri-
sentiti quando il Pratico lo spinse, dopo averlo aperto con la
chiave. Glokta mise goffamente un piede in una pozzanghera
che aveva riempito un solco nel terreno e imprec quando
vide che il mantello strisciava sull'acqua lurida.
I cardini stridettero di nuovo quando Severard, con la
fronte corrugata per lo sforzo, lott per richiudere la porta,
poi il Pratico sollev il cappuccio della lanterna e illumin
un ampio cortile ornamentale, soffocato da calcinacci, erbac-
ce e frammenti di legno.
Eccoci qua, fece Severard.
Una volta doveva essere un edificio magnifico, a suo
modo. Quanto devono essere costate tutte quelle finestre?
Tutta quella muratura decorativa? Chi visitava questa casa
doveva rimanere sbalordito di fronte alla ricchezza del pro-
prietario, se non di fronte al suo buongusto. Ma ora non pi.
Le finestre erano sigillate da assi di legno marce, le volute
della muratura erano soffocate dal muschio e incrostate dagli
escrementi d'uccello. Il sottile strato di marmo verde che ri-
copriva le colonne era tutto scrostato e pieno di crepe, tanto
che l'intonaco marcio al di sotto era ormai allo scoperto. Tut-
to cadeva a pezzi, tutto era deteriorato e in rovina. I blocchi
della facciata sgretolata erano sparsi ovunque e gettavano
lunghe ombre sulle mura alte del cortile. Met della testa di
un cherubino giaceva per terra, con lo sguardo dolente levato
su Glokta mentre questi gli passava accanto zoppicando.
Si era aspettato qualche capannone squallido, qualche
umido scantinato vicino all'acqua. Che cos' questo
posto?, chiese con lo sguardo alzato sul palazzo fatiscente.
L'ha costruito qualche mercante anni fa. Severard al-
lontan con un calcio il blocco di una scultura caduta a pez-
zi, facendolo rotolare nell'oscurit. Uno ricco, molto ricco.
Voleva vivere accanto ai suoi capannoni e ai suoi pontili, per
tenere sempre d'occhio gli affari. Sal con passo tranquillo
le scale piene di crepe e muschio, fino a un'enorme porta
sfaldata. Pensava che la sua idea avrebbe preso piede, ma
non accadde. Chi mai vorrebbe vivere in questa zona, se non
costretto? Poi perse tutti i soldi, come capita spesso ai mer-
canti. I creditori ebbero problemi a trovare qualcuno che vo-
lesse comprare questa casa.
Glokta fiss una fontana rotta che stava inclinata da un
lato, mezza piena d'acqua stagnante. Non mi sorprende.
La lanterna di Severard a stento riusciva a illuminare tutto
l'atrio cavernoso dell'entrata. Due enormi e ripide scalinate
salivano ricurve verso il piano superiore, profilandosi nel
buio davanti a loro. Un'ampia balconata correva parallela
alle pareti del primo piano, anche se una grossa sezione era
crollata e aveva frantumato le umide assi di legno del pavi-
mento al di sotto, di modo che una delle scalinate si inter-
rompeva sul vuoto, come amputata. Il pavimento umido era
disseminato di pezzi di intonaco, assi di legno cadute dal sof-
fitto, travi spaccate e macchie grigie d'escrementi d'uccello.
Il cielo notturno occhieggiava da diversi buchi nel soffitto.
Glokta sentiva il vago tubare dei piccioni nascosti nell'ombra
tra i travetti, oltre al lento gocciolio dell'acqua che proveniva
da qualche parte.
Che posto. Glokta represse un sorriso. Mi fa pensare a me
stesso, in un certo senso. Una volta anch'io ero splendido,
ma i nostri giorni migliori sono lontani ormai.
bella grossa, non trovate?, domand Severard, poi,
facendo attenzione a dove metteva i piedi tra i calcinacci, si
diresse verso l'enorme vano di una porta che si apriva sotto
la scalinata interrotta, mentre la sua lampada gettava strane
ombre oblique che si muovevano assieme a lui.
Oh, s, anche troppo, a meno che non abbiamo mille pri-
gionieri tutti in una volta. Glokta guard bene dove metteva
i piedi sul pavimento scivoloso e si trascin dietro al Pratico
scaricando tutto il peso sul bastone. Scivoler e cadr sulle
chiappe, proprio qua, in mezzo a tutta questa merda d'uccel-
lo. Sarebbe perfetto.
L'arco immetteva in un'ampia stanza fatiscente, dove l'in-
tonaco marcio era venuto gi a lastre e aveva lasciato allo
scoperto i mattoni umidi. Degli ingressi bui si susseguivano
su entrambi i lati. Questo proprio il tipo di posto che inner-
vosirebbe un uomo, se fosse incline al nervosismo. Potrebbe
immaginare cose spiacevoli in quelle camere, dove la luce
delle lampade non arriva e dove atti orribili hanno luogo
nelle tenebre. Alz lo sguardo su Severard, che apriva la
strada tranquillo e disinvolto, mentre fischiettava un motivet-
to stonato appena percettibile da dietro la sua maschera.
Glokta aggrott la fronte. O forse siamo noi le cose spiace-
voli. Forse gli atti orribili sono i nostri.
Ma quant' grande questo posto?, chiese Glokta, mentre
avanzava zoppicando.
Trentacinque stanze, senza contare gli alloggi della ser-
vit.
Un palazzo. Ma come diavolo hai fatto a trovarlo?
Ogni tanto ci dormivo, dopo la morte di mia madre. Tro-
vai il modo di intrufolarmi. Allora, il soffitto era ancora in
piedi e questo era un buon posto per dormire all'asciutto e al
sicuro. Pi o meno. Ah, che vita dura hai vissuto! Passare
da delinquente a torturatore un bel salto di qualit per te,
eh? Ogni uomo ha le sue scuse, e pi diventa abietto, pi la
sua storia deve essere commovente. Ora mi chiedo, qual la
mia storia?
Sempre pieno di risorse, eh, Severard?
Mi pagate per questo, Inquisitore.
Entrarono in un grande spazio, forse un salone, o un uffi-
cio, o persino una sala da ballo, vista l'ampiezza. I pannelli
che ricoprivano le pareti dovevano essere splendidi una vol-
ta, ma ora pendevano dai muri, coperti di muffa e di vernice
dorata squamata. Avvicinatosi a un pannello ancora attaccato
al muro, Severard premette con decisione su un lato e, con
un debole scatto, la porta si apr, rivelando un passaggio ad
arco avvolto dall'oscurit. Una porta segreta? Che delizia!
Com' sinistra, e com' appropriata!
Questo posto pieno di sorprese, quanto te, comment
Glokta, mentre avanzava claudicante, pieno di dolori, verso
l'apertura.
E non mi credereste se vi dicessi a che prezzo l'ho
avuta.
L'abbiamo comprata?
Oh, no. Io l'ho comprata, coi soldi di Rews. E ora la sto
affittando a voi. Gli occhi di Severard brillarono alla luce
della lampada. una miniera d'oro!
Ah ah!, rise Glokta, scendendo con attenzione lungo la
scala. Oltre tutto, anche portato per gli affari. Forse un
giorno lavorer per l'Arcilettore Severard. Non sarebbe la
cosa pi strana che sia mai capitata. La sua stessa ombra si
profilava davanti ai suoi piedi nell'oscurit, mentre faticava
scendendo le scale come un granchio, cercando a tentoni con
la mano destra gli spazi tra i blocchi di ruvida roccia sulle
pareti dove potersi aggrappare.
I sotterranei si snodano per miglia, mormor Severard
da dietro. Abbiamo un nostro accesso privato ai canali, e
anche alle fogne, se vi interessano le fogne. Oltrepassarono
un vano oscuro sulla sinistra, poi un altro sulla destra, sem-
pre lievemente in discesa. Gelo dice che si pu arrivare da
qui fino all'Agriont senza tornare in superficie neanche una
volta.
Potrebbe tornarci utile.
Direi di s, se si riesce a sopportare la puzza.
La lampada di Severard illumin una pesante porta con
una piccola apertura sbarrata. Casa, dolce casa, disse lui, e
poi buss rapidamente quattro volte. Un momento dopo, il
viso mascherato del Pratico Gelo comparve all'improvviso
dal buio, affacciandosi alla finestrella. Siamo noi. Gli oc-
chi dell'albino non diedero segnali di riconoscimento, n di
benvenuto. Non lo fanno mai. Si sent lo sferragliare di pe-
santi chiavistelli, che vennero tirati dall'altra parte, dopo di
che la porta si apr senza cigolare.
C'erano una sedia e un tavolo, oltre a delle torce nuove sui
muri, che per non erano accese. Doveva essere buio pesto
qui dentro prima che arrivassimo noi con la lampada. Glok-
ta guard l'albino. Stavi seduto qui al buio? L'enorme Pra-
tico alz le spalle e Glokta scosse la testa. Tante volte mi
preoccupi proprio, Pratico Gelo, davvero.
qua sotto, intervenne Severard, gi avviatosi lungo il
corridoio con passo tranquillo, mentre il ticchettio dei tacchi
delle scarpe riecheggiava sul mattonato del pavimento. Quel-
la una volta doveva essere una cantina dove si teneva il vino,
perch c'erano diversi ambienti con volte a botte aperti su en-
trambi i lati e sigillati da pesanti grate.
Glokta! Salem Rews stringeva le dita attorno alle sbar-
re, contro cui la sua testa stava premuta.
Glokta si ferm davanti alla cella per riposare l'arto dolo-
rante. Rews, come te la passi? Non mi aspettavo di rivederti
tanto presto. Aveva gi perso peso, tanto che la pelle bianca
gli cascava addosso, ancora segnata da qualche livido in via
di guarigione. Non ha un bell'aspetto, non ha un bell'aspetto
per niente.
Che succede, Glokta? Ti prego, perch sono qui?
Beh, che male c' a dirgli la verit? Pare che l'Arciletto-
re debba ancora servirsi di te. Vuole usarti come prova.
Glokta si pieg sulle sbarre. Di fronte al Consiglio Aperto,
sussurr.
Rews impallid ancora di pi. E poi?
Vedremo. Angland, Rews, Angland.
E se dovessi rifiutarmi?
Rifiutare una richiesta dell'Arcilettore? Glokta ridac-
chi. No, no, no, Rews. da pazzi rifiutarsi. Si volt e ri-
prese a trascinarsi dietro a Severard.
Per piet! buio qua sotto!
Ti ci abituerai!, grid Glokta passando oltre. stupefa-
cente a quante cose ci si possa abituare.
Il nuovo prigioniero era detenuto nell'ultima cella, dove
stava incatenato al muro, nudo e con un sacco sulla testa, ov-
viamente. Era basso e tracagnotto, quasi grasso, e sulle gi-
nocchia aveva delle abrasioni fresche, senza dubbio provoca-
te dal modo in cui era stato sbattuto sul pavimento ruvido
della cella.
Cos questo il nostro assassino, eh? L'uomo si volt e
si mise sulle ginocchia quando ud la voce di Glokta, cercan-
do di avvicinarsi nonostante l'impedimento delle catene. Un
po' di sangue aveva imbevuto il tessuto del sacco sul davanti,
e l s'era seccato, producendo una macchia marrone.
Individuo spregevole, non cos?, disse Severard.
Per adesso non fa pi molta paura, vero?
Nessuno fa pi paura quando si arriva a questo punto.
Dove lavoreremo?
Gli occhi di Severard sorrisero ancora di pi. Ah, questo
vi piacer, Inquisitore.

un tantino teatrale, fece Glokta, ma non per questo


meno adeguata.
La stanza era ampia e circolare, aveva il soffitto a cupola
ed era decorata da una curiosa pittura murale che occupava
tutte le pareti curve. Il corpo di un uomo, sanguinante per le
molte ferite, giaceva riverso sull'erba, con una foresta sullo
sfondo; undici altre figure vestite di bianco, sei da un lato e
cinque dall'altro, erano ritratte di profilo nell'atto di andarse-
ne e le loro pose bizzarre non ne lasciavano intravedere i
volti. Stavano di fronte a un altro uomo con le braccia prote-
se, tutto vestito di nero e con un mare di fuoco di stucco co-
lorato alle sue spalle. La forte luce delle sei lampade accese
non faceva sembrare l'affresco pi bello. Non un lavoro di
qualit; sembra pi una decorazione che una pittura, ma
colpisce lo stesso.
Non ho idea di cosa dovrebbe essere, comment Seve-
rard.
Il Fommo Creatore, biascic il Pratico Gelo.
Ma certo, fece Glokta, fissando la figura oscura e le
fiamme alle sue spalle. Dovresti studiare la nostra storia,
Pratico Severard. Questo il Sommo Creatore, Kanedias.
Si volt a indicare l'uomo morente sulla parete opposta. E
questo il grande Juvens, che l'altro ha ucciso. Pass una
mano sulle figure in bianco. Questi, invece, sono gli ap-
prendisti di Juvens, i Maghi, che marciano per andarlo a ven-
dicare. Storie di fantasmi che servono a spaventare i bam-
bini.
Chi pagherebbe per avere una merda del genere spiacci-
cata sulle pareti della sua cantina?, domand Severard,
scuotendo la testa.
Oh, era molto in voga una volta. C' una stanza con una
pittura identica nel palazzo. Questa per una copia, e anche
scadente. Glokta alz lo sguardo sul volto in ombra di Ka-
nedias, che fissava cupo dall'alto sia la stanza che il cadavere
sanguinante dall'altra parte. Eppure, c' qualcosa di inquie-
tante in queste raffigurazioni, non credete? O dovrebbe es-
serci, se me ne importasse un accidente. Sangue, fuoco,
morte, vendetta. Non ho idea del perch uno dovrebbe farsi
dipingere una cosa del genere in uno scantinato. Forse, il no-
stro amico mercante aveva qualche segreto.
Un uomo ricco ha sempre qualche segreto, osserv Se-
verard. E questi chi sono?
Glokta aggrott le sopracciglia. Due figure pi piccole,
dai contorni vaghi, si vedevano appena sotto le braccia del
Creatore, una su ciascun lato. Chi lo sa?, chiese Glokta.
Forse erano i suoi due Pratici.
Severard scoppi a ridere e si sent addirittura un debole
sbuffo da dietro la maschera di Gelo, bench i suoi occhi non
mostrassero segni di divertimento. Ma non mi dire! Si sta
sganasciando dalle risate!
Glokta si trascin fino al tavolo liscio e lucido posto al
centro della stanza. C'erano due sedie l'una di fronte all'altra,
di cui una era un affare rozzo ed essenziale, del tipo che si
poteva trovare nei sotterranei del Palazzo degli Interrogatori,
mentre l'altra era impressionante, quasi simile a un trono,
completa di braccioli e di schienale alto, e tappezzata di pelle
marrone.
Glokta poggi il bastone contro il bordo del tavolo e si se-
dette pian piano, tra atroci dolori alla schiena. Oh, poltrona
eccellente!, sospir, abbandonandosi all'abbraccio della pel-
le morbida, poi fece per stendere la gamba, che gli pulsava
dopo la lunga camminata, e incontr una lieve resistenza,
cos guard sotto il tavolo dove c'era un poggiapiedi abbina-
to alla poltrona.
Glokta gett la testa all'indietro e scoppi a ridere. Oh,
ma questa bella! Non avreste dovuto! Pos la gamba sul
poggiapiedi con un sospiro rilassato.
Era il minimo che potevamo fare, disse Severard, men-
tre si appoggiava con le braccia conserte alla parete, accanto
al corpo sanguinante di Juvens. Abbiamo guadagnato un
bel po' dal vostro amico Rews. Ci avete sempre trattato bene,
e noi non lo dimentichiamo.
Mmh-mh, fece Gelo annuendo.
Voi mi viziate. Glokta accarezz il legno levigato del
bracciolo della poltrona. I miei ragazzi. Dove sarei senza di
voi? A casa, nel letto, suppongo, con mia madre che si affan-
na attorno a me, mentre si chiede come far a trovarmi una
ragazza per bene che voglia sposarmi. Lanci un'occhiata
agli strumenti posati sul tavolo. C'era la sua cassetta, natural-
mente, insieme a vari altri oggetti, un po' consunti dall'uso
ma ancora molto utili. In particolare, fu una pinza dall'impu-
gnatura lunga ad attirare la sua attenzione. Guard Severard.
Denti?
Sembrava un buon modo di iniziare.
Molto bene. Glokta si lecc le gengive sdentate e, una
per una, si scrocchi le nocche. E denti siano.
Non appena gli tolsero il bavaglio, il sicario cominci a
urlare contro di loro in styriano, a sputare e imprecare, men-
tre lottava inutilmente contro le corde che lo legavano. Glok-
ta non cap una parola. Ma penso di sapere che cosa voglia
dire, pi o meno. Cose molto offensive, immagino, insulti
alle nostre madri, eccetera, eccetera. Ma io non sono uno
che si offende facilmente. Era un tipo dall'aspetto truce, con
la faccia butterata dalle cicatrici dell'acne e il naso deformato
per tutte le volte che gliel'avevano rotto. Che delusione. Spe-
ravo che i Merciai avrebbero scelto merce di qualit mag-
giore, almeno stavolta. Ma loro sono fatti cos, vanno sem-
pre in cerca dell'affare pi conveniente.
Il Pratico Gelo interruppe il torrente di insulti incompren-
sibili dando un pugno micidiale nello stomaco dell'uomo.
Questo per un po' gli toglier il fiato. Giusto il tempo di dire
la prima parola.
Allora, cominci Glokta, qui non tolleriamo tutte
quelle sciocchezze. Sappiamo che sei un professionista,
mandato per infiltrarsi e portare a termine un lavoro. E non
potresti infiltrarti bene se non parlassi neanche la nostra lin-
gua, no?
Il prigioniero aveva intanto ripreso fiato. Fottetevi, ba-
stardi!, rantol.
Eccellente! La lingua dei plebei andr bene per le nostre
piccole chiacchierate. Ho la sensazione che finiremo col
chiacchierare parecchio. C' qualcosa che vorresti sapere da
noi, prima di cominciare? Oppure andiamo diretti al punto?
Il prigioniero alz lo sguardo sospettoso sul dipinto del
Sommo Creatore che incombeva sulla testa di Glokta. Dove
sono?
Siamo poco lontani dalla Via Centrale, sotto il livello
dell'acqua. Glokta fece una smorfia quando i muscoli della
sua gamba si contrassero all'improvviso. La stese con caute-
la, in attesa di sentir scrocchiare il ginocchio, e poi continu.
Sai, la Via Centrale una delle arterie principali della citt,
arriva fino al cuore dell'Agriont e prosegue fino al mare. Pas-
sa per vari distretti, e su di essa si affacciano molti edifici de-
gni di nota. Gran parte delle zone alla moda della citt si tro-
va appena usciti dal vicolo. Per me, per, non altro che una
strada tra due dentisti.
Il prigioniero socchiuse gli occhi e li fece scattare su uno
o sull'altro degli strumenti posati sul tavolo. Non insulta pi
per. Pare che l'odontoiatria abbia attratto la sua attenzio-
ne.
In fondo alla strada, disse Glokta, indicando grossomo-
do il nord, c' una delle zone pi care della citt, proprio da-
vanti ai giardini pubblici, e quella grande casa bianca che
sorge all'ombra dell'Agriont la dimora di Mastro Farrad.
Forse l'hai sentito nominare
Va' a farti fottere!
Glokta alz le sopracciglia. Magari. Dicono che Mastro
Farrad sia il pi bravo dentista del mondo. Credo sia origina-
rio di Gurkhul, ma fuggito dalla tirannia dell'Imperatore, ri-
fugiandosi presso l'Unione. Qui si rifatto una vita migliore
e vive salvando i cittadini pi abbienti dal terrore dei denti
guasti. Quando tornai dalla mia visitina al Sud, la mia fami-
glia mi mand da lui, per vedere se potesse fare qualcosa per
me. Glokta fece un ampio sorriso, onde mostrare all'assassi-
no la natura del suo problema. Ovviamente, fu inutile. I tor-
turatori dell'Imperatore hanno fatto in modo che il danno fos-
se irrecuperabile. Ma come dentista eccezionale, lo dicono
tutti.
E allora?
Glokta lasci che il suo sorriso si appassisse. Mentre al-
l'altro capo della Via Centrale, vicino al mare, tra lo sporco,
la feccia e la melma del porto, ci sono io. Le parcelle sono
un po' pi basse qui intorno, ma sono certo che, dopo aver
passato un po' di tempo insieme, non mi giudicherai meno
bravo dello stimato Mastro Farrad. solo che il mio talento
va in un'altra direzione. Il buon Mastro allevia i dolori dei
suoi pazienti, mentre io sono un dentista, disse, piegan-
dosi un po' in avanti, di altro tipo.
Il sicario gli scoppi a ridere in faccia. Pensate di poter-
mi spaventare con un sacco sulla testa e un brutto dipinto?
Guard Gelo e Severard. Eh, branco di sgorbi?
Se pensiamo di poterti spaventare? Noi tre? Glokta si
concesse una risatina. Sei qui seduto, solo, disarmato e le-
gato come un salame. Chi sa dove ti trovi, a parte noi, e a chi
interessa? Non hai speranza di fuga, n di liberazione. Siamo
tutti professionisti qui. Credo che tu sappia cosa sta per suc-
cedere, pi o meno. Glokta fece un ghigno perverso. Ma
certo che ti spaventiamo, non fare il finto tonto. Lo nascondi
bene, lo ammetto, ma non pu durare a lungo. Molto presto
arriver il momento in cui implorerai di tornare con la testa
nel sacco.
Non saprete nulla da me, ringhi il sicario, guardandolo
dritto negli occhi. Nulla. tosto. un tipo molto tosto.
Ma facile far finta di esserlo prima che cominci il lavoro.
Io lo so bene.
Glokta si massaggi gentilmente la gamba. Il sangue scor-
reva bene adesso e il dolore era quasi scomparso. Te lo di-
ciamo chiaro e tondo. Nomi: tutto ci che voglio per ades-
so. Solo i nomi. Perch non cominci dicendomi il tuo? Quan-
tomeno, non potrai rispondere "non lo so".
Attesero. Severard e Gelo fissavano il prigioniero, gli oc-
chi verdi di uno che ridevano, quelli rosa dell'altro impassibi-
li. Silenzio.
Glokta sospir. D'accordo, allora. Gelo gli piant i pu-
gni su entrambi i lati della mascella e cominci a premere,
per aprire la morsa delle arcate dentali, quindi Severard gli
ficc l'estremit della pinza tra le labbra e fece leva per spa-
lancargli la bocca in modo doloroso. Il sicario sbarr gli oc-
chi. Fa male, eh? E questo niente, credimi.
Attento alla lingua, disse Glokta. Vogliamo che parli.
Non preoccupatevi, mormor Severard mentre guarda-
va nella bocca del prigioniero, ma all'improvviso si ritrasse.
Bleah! Gli puzza il fiato di merda!
Che disdetta, ma non mi sorprende. raro che i sicari si
preoccupino della loro igiene personale. Glokta si alz lenta-
mente in piedi e fece il giro del tavolo zoppicando. Allora,
sussurr, con una mano indecisa sugli strumenti, da dove
cominciamo? Prese uno specillo e si chin in avanti per
esplorare con attenzione i denti del sicario, con la mano
stretta saldamente attorno all'impugnatura del bastone. Non
ha una bella dentatura, questo sicuro. Mi sa che preferisco
avere i miei denti che i suoi.
Ah, povero me, questi denti sono in uno stato pietoso!
Marci fino alle radici. Ecco perch hai il fiato cos cattivo.
Non ci sono scuse. Un uomo della tua et!
Aaah!, grid il prigioniero quando Glokta gli tocc un
nervo. Prov a parlare, ma con le pinze infilate nella bocca
biascicava pi del Pratico Gelo.
Zitto, hai avuto la possibilit di parlare. Forse ne avrai
un'altra pi tardi, non ho ancora deciso. Glokta rimise l'ago
sul tavolo, scuotendo la testa con aria triste. I tuoi denti
sono una cazzo di disgrazia. Che schifo. Parola mia, stanno
per cadere da s. Sai, disse mentre prendeva il martellino e
lo scalpello dal tavolo, credo che vivresti meglio senza.
16.

Testapiatta

Mastino se ne stava seduto al freddo umido dei boschi, al-


l'inizio di una mattinata grigia, a pensare quanto le cose fos-
sero migliori prima. Di tanto in tanto girava lo spiedo, nel
tentativo di non innervosirsi troppo nell'attesa. Ma Tul Duru
non lo stava aiutando per niente, anzi, si stava consumando
gli stivaloni nel camminare avanti e indietro sull'erba e attor-
no alle vecchie rocce, paziente come un lupo in calore. Ma-
stino lo guardava sbattere i piedi pesantemente. Da tanto or-
mai aveva imparato che i grandi guerrieri sono utili per una
cosa sola: combattere. Per tutte le altre cose, non servono a
un cazzo, soprattutto se si tratta di aspettare.
Perch non ti metti a sedere, Tul?, mormor Mastino.
Ci sono tanti sassi qua intorno! E poi pi caldo vicino al
fuoco. Riposali quei poveri piedi, mi rendi nervoso.
Sedermi?, rugg il gigante e gli si avvicin, ergendosi
su di lui come una maledetta montagna. Come faccio a se-
dermi, e come fai tu a stare seduto? Guard le rovine e gli
alberi con le grosse, pesanti sopracciglia aggrottate. Sei si-
curo che il posto questo?
S, questo. Mastino lasci correre lo sguardo attorno a
s, sulle rocce spezzate, e sper con tutto se stesso di non es-
sersi sbagliato. Non poteva negare per che di loro non ci
fosse ancora traccia. Arriveranno, non ti preoccupare. A
meno che non si fossero fatti ammazzare tutti quanti, pens,
ma ebbe l'accortezza di non dirlo. Aveva marciato abbastanza
al fianco di Tul Duru Testadituono da sapere che era meglio
non istigarlo, se ci tenevi alla testa.
Meglio per loro che arrivino presto. Le mani immense
di Tul si strinsero in due pugni che avrebbero potuto frantu-
mare le rocce. Non mi piace starmene qui ad aspettare col
culo al vento!
Neanche a me piace, disse Mastino coi palmi aperti, fa-
cendo di tutto per mantenere calma la situazione, ma non
agitarti, ragazzone. Arriveranno presto, vedrai, proprio come
avevamo stabilito. Il posto questo. Guard il maiale che
scolava una salsa deliziosa mentre sfrigolava sulle fiamme.
Gli stava venendo una bella acquolina in bocca, l'odore di
carne gli stava riempiendo il naso assieme a un altro odo-
re. Appena una zaffata. Alz la testa per annusare l'aria.
Senti qualcosa?, chiese Tul, scrutando tra i boschi.
Forse. Mastino si pieg ad afferrare l'arco.
Che cos'? Shanka?
Non ne sono sicuro. Potrebbe darsi. Annus di nuovo
l'aria; l'odore era quello di un uomo, e di uno che puzzava da
morire, tra l'altro.
Avrei potuto ammazzarvi tutti e due, cazzo!
Mastino si volt di scatto, e nel farlo rischi di inciampare
e di lasciarsi sfuggire l'arco dalle mani. Dow il Nero non era
neanche a dieci passi di distanza alle sue spalle, ma sottoven-
to, e si stava avvicinando furtivo al fuoco con un ghigno ma-
lefico sulle labbra. Al suo fianco c'era il Cupo, con la faccia
inespressiva quanto un muro, come al solito.
Bastardi!, url Tul. Mi avete fatto quasi cagare sotto
con tutto quello strisciare!
Bene, lo prese in giro Dow. Almeno perdi un po' di
fottuto lardo.
Mastino fece un respiro profondo e butt l'arco per terra;
dopotutto era un sollievo sapere che si trovavano nel posto
giusto, ma lo spavento se lo sarebbe risparmiato volentieri.
Non aveva fatto altro che sobbalzare per i nervi sin da quan-
do aveva visto Logen rotolare sul ciglio di quel burrone e
precipitare senza che nessuno potesse farci un bel niente.
Chiunque poteva morire in qualsiasi momento, era un dato di
fatto.
Il Cupo si arrampic fino alle rocce spezzate e si sedette
su quella accanto a Mastino, a cui rivolse un impercettibile
cenno della testa. Carne?, abbai Dow. Scansato brusca-
mente Tul con una spinta, si stravacc davanti al fuoco,
strapp una zampa dalla carcassa e cominci ad azzannarla.
Tutto qua. Questo fu il benvenuto dopo pi o meno un
mese che non si vedevano. Chi trova un amico trova un te-
soro, mugugn Mastino sottovoce.
Che hai detto?, sbott Dow, voltando lentamente gli oc-
chi gelidi su di lui, con la bocca piena di maiale e il mento ir-
suto e unto di grasso.
Mastino apr di nuovo i palmi. Nulla di offensivo. Ave-
va marciato abbastanza al fianco di Dow il Nero da sapere
che facevi prima a tagliarti la gola da solo, che a far incazza-
re quel brutto bastardo. Avete avuto problemi in questi gior-
ni in cui eravamo separati?, chiese nel tentativo di cambiare
argomento.
Il Cupo annu. Un paio.
Testapiatta di merda!, ringhi Dow, sputacchiando pez-
zi di carne in faccia a Mastino. Sono ovunque, quegli schi-
fosi! Punt la zampa del maiale verso il fuoco come se fos-
se una lama. Ne ho abbastanza di questa merda! Io me ne
torno a sud. Fa un freddo dannato, tanto per cominciare, e
poi ci sono Testapiatta ovunque! Bastardi! Io me ne torno a
sud!
Hai paura?, domand Tul.
Dow si gir a guardarlo con un ampio ghigno che mostra-
va i denti gialli, e Mastino fece una smorfia. Domanda stupi-
da, quella. Dow il Nero non aveva mai avuto paura nella
vita, neanche una volta, non lo sapeva nemmeno che volesse
dire avere paura. Io? Paura di qualche Shanka? Scoppi in
una terribile risata. Ne abbiamo fatti fuori un paio mentre
voi due ve ne stavate qua a russare. Li abbiamo messi a dor-
mire al calduccio, anche se forse il calduccio era troppo.
Li abbiamo bruciati, intervenne il Cupo. A quanto pare-
va, quel giorno si sentiva in vena di chiacchiere.
Ne abbiamo bruciata una pila intera, cazzo, sibil Dow,
con il sorriso di uno che non aveva mai sentito una battuta
pi divertente in vita sua. Non mi fanno paura, ragazzone,
non pi di quanta me ne fai tu, solo che a me non va di star-
mene qua seduto ad aspettarli, per dare a Tretronchi il tempo
di alzare il culo flaccido dal letto. Io me ne vado a sud!, e
strapp un altro pezzo di carne.
Chi che ha il culo flaccido?
Mastino abbozz un sorriso quando vide Tretronchi veni-
re a grandi passi verso il fuoco, quindi si alz in piedi per
stringere la mano del suo vecchio amico. Con lui c'era Forley
il Debole, cui Mastino diede una pacca sulla spalla cos forte
mentre passava, che per poco non lo butt per terra, ma era
cos contento di rivederli tutti sani e salvi, di vedere che l'a-
vevano scampata per un altro mese. E poi, non guastava mai
avere un capo attorno al fuoco. Tutti parvero felici una volta
tanto, tutti sorridevano, si stringevano le mani, e via dicendo.
Tutti tranne Dow, ovviamente, che se ne rimase seduto a fis-
sare il fuoco e a succhiare l'osso del maiale, con una faccia
acida quanto il latte andato a male.
bello rivedervi tutti interi, ragazzi. Tretronchi si tolse
il grosso scudo rotondo dalla spalla e lo appoggi contro un
muro mezzo crollato. Come ve la passate?
Abbiamo un freddo del cazzo, disse Dow senza nean-
che alzare lo sguardo. Ce ne andiamo a sud.
Mastino sospir. Neanche due minuti insieme e gi rico-
minciavano a litigare. Le cose sarebbero state difficili, ades-
so che non c'era pi Logen a mantenere tutti quanti calmi.
Difficili, e probabilmente cruente. Tretronchi, per, non
esplose subito, ma si prese un momento per pensare, come
faceva sempre; amava prendersi quei momenti, lui, era ci
che lo rendeva pericoloso. A sud, eh?, disse Tretronchi,
dopo averci rimuginato un attimo. E quando l'avete
deciso?
Non abbiamo deciso niente, rispose Mastino, aprendo i
palmi per l'ennesima volta, pensando che da allora in poi
avrebbe dovuto farlo spesso.
Tul Duru fiss la schiena di Dow con sguardo torvo. No,
infatti, brontol, grandemente infastidito che qualcuno deci-
desse per lui al posto suo.
Appunto, disse Tretronchi, lento e fermo come l'erba
che cresce. Non mi pare che qui si decida a votazione.
Dow, a differenza sua, non si prese un momento per pen-
sare, ma d'altra parte non se lo prendeva mai. Questo era ci
che rendeva lui tanto pericoloso. Balz in piedi, scagliando
l'osso per terra, e squadr Tretronchi con aria provocatoria.
Io dico sud!, ringhi con gli occhi sporgenti come le
bolle di uno stufato.
Tretronchi non arretr di un passo, non era da lui. Si prese
il suo momento, naturalmente, poi fece un passo avanti di
modo che il suo naso toccasse quasi quello di Dow. Se vo-
levi avere voce in capitolo, dovevi battere Novedita, grugn,
invece di perdere come tutti noi.
A queste parole, la faccia di Dow il Nero si fece scura
come il bitume, perch non gli piaceva che gli ricordassero
una sconfitta. Novedita il Sanguinario tornato alla terra!,
url. L'ha visto Mastino, non vero?
Mastino fu costretto ad annuire. S, mormor.
Ecco, punto e basta! Non c' ragione di rimanere qui a
cazzeggiare, a nord delle montagne, coi Testapiatta che ci
strisciano fin dentro il culo! Io dico sud!
Novedita sar anche morto, disse Tretronchi a brutto
muso, ma il tuo debito non estinto. Perch ha deciso di ri-
sparmiare un uomo inutile come te non lo sapr mai, ma mi
ha nominato suo secondo, e si picchiett l'ampio petto con
un dito, quindi sono io l'unico che decide! Io e nessun
altro!
Mastino arretr di un passo per precauzione. Quei due si
stavano preparando a una brutta scazzottata e non aveva nes-
suna intenzione di farsi rompere il naso nella confusione.
Non sarebbe stata la prima volta, comunque. Forley tent di
intervenire per mantenere la pace. Andiamo, ragazzi, disse
calmo e gentile, non c' bisogno di litigare. Di suo, Forley
non era bravo ad ammazzare gli altri, per sapeva come dis-
suadere gli altri dall'ammazzarsi tra loro. Mastino gli augur
buona fortuna per il tentativo. Dai, ragazzi, perch non
Chiudi quella cazzo di bocca, tu!, berci Dow, puntan-
dogli violentemente un dito sudicio in faccia. Da quando
quello che dici tu conta qualcosa, Forley?
Lascialo stare, tuon Tul e mise il pugno enorme sotto
il mento di Dow, o ti dar qualcosa per cui strillare davve-
ro!
Mastino non poteva guardare. Dow e Tretronchi non face-
vano altro che provocarsi, ma erano svelti a sbollire tanto
quanto lo erano a infiammarsi. Testadituono, invece, era di
un'altra specie, perch una volta che quel grosso bue si im-
bizzarriva per bene, non c'era modo di calmarlo. A meno che
non si avesse la forza di dieci uomini, e parecchia corda a di-
sposizione. Mastino prov a pensare a che cosa avrebbe fatto
Logen; lui avrebbe saputo come farli smettere, ma era morto.
Merda!, grid Mastino allontanandosi di colpo da da-
vanti al fuoco. Qua intorno pieno di merdosi Shanka! E
anche se riusciamo ad ammazzare loro, c' sempre Bethod a
cui pensare! Il mondo pieno di questioni da risolvere, senza
che noi ne creiamo delle altre! Logen morto e Tretronchi
il secondo, e questa l'unica cosa che voglio sentire! Punt
ripetutamente il dito contro nessuno in particolare, poi attese
nella speranza che il trucco avesse funzionato.
Gi, grugn il Cupo.
Forley cominci ad annuire come un picchio. Mastino ha
ragione! Litigare ci serve quanto le pustole sul cazzo! Tre-
tronchi il secondo. lui il capo adesso.
Tutti tacquero un momento. Dow fiss Mastino con uno
sguardo gelido, vuoto e omicida, come quello di un gatto con
il topo tra le grinfie. Mastino deglut. Molti uomini - la mag-
gior parte, forse - non avrebbero osato sostenere uno sguardo
del genere da parte di Dow il Nero, uno che aveva avuto il
suo Nome per via della pessima reputazione che lo precede-
va in tutto il Nord, uno che arrivava nei villaggi nell'ora pi
nera della notte e che si lasciava alle spalle soltanto rovine
annerite dalle fiamme. Queste erano le voci e questi erano
anche i fatti.
Mastino dovette ricorrere a tutto il coraggio che aveva per
non abbassare gli occhi sugli stivali, e stava proprio per far-
lo, quando Dow distolse lo sguardo per scrutare tutti gli altri,
uno per uno. La maggior parte degli uomini non avrebbe so-
stenuto quello sguardo, ma questi non erano la maggior parte
degli uomini. Non esisteva un gruppo pi cruento di questo
in tutto il mondo. Nessuno di loro parve prendere anche solo
in considerazione l'eventualit di non rispondere a quello
sguardo, a parte Forley il Debole, chiaramente, che stava gi
fissando l'erba addirittura prima che arrivasse il suo turno.
Quando Dow vide che tutti erano contro di lui, abbozz
un sorriso, come se non ci fossero mai stati problemi. Molto
bene, disse a Tretronchi, e la rabbia sembr essersi dilegua-
ta tutto d'un tratto. Che facciamo, allora, capo?
Tretronchi rivolse gli occhi ai boschi. Tir su col naso e
risucchi l'aria tra i denti serrati, grattandosi la barba, pren-
dendosi il suo momento per pensarci su. Li guard uno per
uno, pensieroso. Andiamo a sud, disse.

Sent il loro odore ancora prima di vederli, ma era sempre


cos per Mastino. Aveva un buon fiuto, lui, per questo lo
chiamavano cos. Ad essere sinceri, per, chiunque avrebbe
potuto sentirli, visto che puzzavano come maiali.
Ce n'erano dodici nella radura. Sedevano, mangiavano, si
scambiavano dei grugniti nella loro lingua orrenda e volgare,
che gli faceva uscire di fuori quei dentoni gialli; erano vestiti
di brandelli puzzolenti di pelliccia e cuoio, e i pezzi arruggi-
niti delle loro armature stavano sparsi tutti attorno. Shanka.
Fottuti Testapiatta, mormor Mastino tra s e s. Sent
un lieve fruscio alle sue spalle, e voltandosi vide il Cupo che
sbucava proprio allora da dietro un cespuglio. Tese la mano
verso di lui come a dirgli di fermarsi, si picchiett la testa per
comunicargli che c'erano dei Testapiatta, dunque sollev pri-
ma il pugno e poi due dita, per dire che erano in dodici, e in-
fine punt il sentiero da dove stavano arrivando gli altri. Il
Cupo annu e scomparve tra gli alberi.
Mastino lanci un'ultima occhiata agli Shanka, giusto per
essere sicuro che non li avessero visti, quindi scese silenzio-
samente dall'albero e si allontan.
Stanno accampati vicino alla strada. Io ne ho visti dodi-
ci, ma forse sono di pi.
Ci stanno cercando?, chiese Tretronchi.
Pu essere, ma non mi sembra che si stiano dando tanto
da fare.
Possiamo aggirarli?, domand Forley, che cercava sem-
pre di evitare gli scontri.
Dow, che invece cercava sempre di trovarcisi in mezzo,
sput a terra. Dodici non sono niente! Possiamo sistemarli.
Mastino guard Tretronchi, immerso nel suo momento di
riflessione. Non era vero che dodici erano niente, lo sapeva-
no tutti, ma era comunque meglio sistemarli per bene che la-
sciarseli vivi e vegeti alle spalle.
Che facciamo, capo?, domand Tul.
Tretronchi serr la mascella. Alle armi.
Un guerriero che non tiene le proprie armi pronte e pulite
uno sciocco, e Mastino aveva finito con la sua neanche
un'ora prima. Controllarle non ti ammazza, ma non control-
larle pu risultare fatale.
Si sent il fruscio dell'acciaio sul cuoio, il ticchettio del le-
gno e il clangore del metallo. Mastino li osserv tutti: il
Cupo pizzic la corda del suo arco, prima di controllare le
piume delle frecce; Tul Duru fece correre il pollice lungo il
filo della sua spada, che era alta quasi quanto Forley, e chioc-
ci come una gallina quando vide una macchiolina di ruggi-
ne; Dow il Nero stava passando un panno sulla lama della
sua ascia, mentre la guardava con gli occhi dolci di un aman-
te; infine, Tretronchi regol le cinghie del suo scudo e poi
fece frusciare in aria la spada di metallo splendente.
Mastino, con un sospiro, tir le cinghie della guardia at-
torno al polso sinistro, e controll che non ci fossero crepe
sul legno del suo arco. Si assicur che tutti i coltelli fossero
al proprio posto. I coltelli non sono mai troppi, gli aveva det-
to Logen una volta, e lui l'aveva preso in parola. Guard For-
ley controllare la sua spada corta con mani goffe, la bocca
che si muoveva senza emettere suono, e vide che i suoi occhi
erano umidi per la paura. Questo lo fece agitare, cos lanci
un'occhiata generale agli altri: sporchi, sfregiati, tutti con la
fronte aggrottata e le barbe incolte. Loro, di paura, non ne
avevano neanche l'ombra, ma non c'era niente di cui vergo-
gnarsi se lui ne aveva. Gli uomini sono diversi e reagiscono
in modi diversi, gli aveva detto Logen una volta, e se non si
ha paura non si ha nemmeno coraggio. Anche in questo l'a-
veva preso in parola.
And da Forley, gli diede una pacca sulla spalla. Se non
hai paura non hai nemmeno coraggio, gli disse.
Ah, s?
Cos dicono, ed una cosa buona. Mastino si pieg su
di lui, abbastanza vicino da non farsi sentire da nessun altro.
Perch io mi sto cagando sotto dalla paura. Giudic che
Logen avrebbe fatto cos, e ora che Logen era tornato alla
terra toccava a lui dire queste cose. Forley abbozz un mez-
zo sorriso, che per si affievol in un istante, per lasciare spa-
zio a un'espressione di puro terrore. Pi di questo non poteva
fare.
E va bene, ragazzi, fece Tretronchi, una volta che tutti
ebbero controllato e posizionato gli equipaggiamenti, fare-
mo cos. Cupo, Mastino, voi starete sui lati opposti dell'ac-
campamento, nascosti tra gli alberi. Aspettate il segnale e poi
scoccate una freccia a ogni Testapiatta con un arco. Se non
riuscite a fare questo, fate qualcosa che ci si avvicini.
D'accordo, capo, disse Mastino. Il Cupo annu e basta.
Tul, io e te attaccheremo da davanti, ma aspetta il segna-
le, capito?
S, brontol il gigante.
Dow, tu e Forley piazzatevi alle loro spalle e partite
dopo di noi. Ma questa volta, aspettate che siamo partiti!,
sibil infilzando l'aria con il grosso dito.
Come no, capo. Dow scroll le spalle, come se facesse
sempre quello che gli veniva detto.
Bene, allora. Questo quanto, disse Tretronchi. Qual-
cuno ancora confuso? Ci sono ancora teste vuote attorno a
questo fuoco? Mastino grugn scuotendo la testa e tutti se-
guirono il suo esempio. Ottimo. Un'ultima cosa. Il vecchio
capo si pieg in avanti e pos lo sguardo su tutti, uno dopo
l'altro. Aspettate il fottuto segnale!
Mastino si rese conto solo dopo che si fu nascosto dietro a
un cespuglio, arco alla mano e freccia pronta, che non aveva
idea di quale fosse il segnale. Guard gli Shanka, che ancora
sedevano tranquilli e ignari, a grugnire e strillare e fare un
gran baccano. Per i morti, quanto doveva pisciare! Gli succe-
deva sempre prima di uno scontro. Qualcuno aveva forse
detto qual era il segnale? Non se lo ricordava mica.
Merda, sussurr, e nello stesso momento Dow si preci-
pit fuori dagli alberi, con l'ascia in una mano e la spada nel-
l'altra.
Testapiatta di merda!, grid, e subito conficc l'ascia
nella testa di quello pi vicino, schizzando sangue per tutta
la radura. Ammesso di poter dire che cosa pensa un Testa-
piatta, quelli l sembravano parecchio sorpresi. Mastino de-
cise che quello andasse pi che bene come segnale.
Scocc una freccia al Testapiatta pi vicino, gi pronto a
raccogliere una mazza enorme da terra, e guard la saetta tra-
passarlo sopra l'ascella con un gratificante schiocco secco.
Ah!, strill quello. Vide Dow colpirne un altro alla schiena
con la sua spada, mentre uno bello grosso era sul punto di
scagliargli contro una lancia. Allora, una freccia partita dagli
alberi tracci una parabola in cielo e lo prese al collo; lo
Shanka lanci un grido, poi croll all'indietro. Quel Cupo era
un tiratore nato.
Tretronchi si lanci allora con un ruggito fuori dalla ster-
paglia, sul lato opposto della radura, e li colse di sorpresa.
Arrivandogli da dietro, us lo scudo per scaraventare un Te-
stapiatta sul fuoco, prima di falciarne un altro con la spada.
Una freccia di Mastino affond nelle budella di uno Shanka,
facendolo cadere sulle ginocchia; un momento dopo Tul gli
tagli la testa con un ampio fendente della spada.
La battaglia era ormai in pieno e rapido svolgimento: col-
pi, grugniti, raschi, sferragliamenti. Il sangue schizzava
ovunque, le armi vibravano e i corpi cadevano troppo velo-
cemente perch Mastino avesse modo di prendere la mira. In
tre avevano accerchiato i pochi Testapiatta ancora vivi, che
strillavano e berciavano, ma Tul Duru mulinava la grossa
spada per tenerli a bada. Tretronchi si scagli nel mezzo e
amput le gambe a uno, mentre Dow ne fece fuori un altro
che si era girato di spalle.
Mastino prov a beccare l'ultimo, che lanci un grido
mentre cercava di scappare verso gli alberi, ma lo manc
perch correva troppo; tuttavia, la freccia sfior per un soffio
la gamba di Dow, senza che per fortuna lui se ne accorgesse.
Il Testapiatta era quasi arrivato ai cespugli, quando d'un trat-
to scatt all'indietro con un gemito e piomb a terra, contor-
cendosi. Forley, nascosto tra la vegetazione, lo aveva trafitto.
Ne ho preso uno!, grid.
Tutto tacque per un momento. Mastino scese verso la ra-
dura, tutti gli altri si guardarono attorno per assicurarsi che
non ci fosse pi niente da uccidere, poi Dow il Nero emise
un urlo assordante, agitando le armi insanguinate sopra la te-
sta. Li abbiamo uccisi tutti, cazzo!
Per poco non uccidi anche tutti noi, dannato idiota!,
url Tretronchi.
Eh?
Che ne stato del fottuto segnale?
Ho creduto di averti sentito urlare!
Non ho mai urlato!
Ah no?, chiese Dow, con un'aria molto perplessa.
Qual era il segnale, comunque?
Tretronchi sospir e si mise le mani tra i capelli.
Forley stava ancora fissando la sua spada. Ne ho preso
uno!, continuava a dire. Ora che lo scontro era finito, Ma-
stino aveva la vescica che stava per scoppiare, cos si gir
per pisciare contro un albero.
Li abbiamo uccisi tutti, eh?, grid Tul dandogli una
pacca sulla spalla.
Attento!, fece Mastino, quando gli col un po' di piscio
sulla gamba. Tutti lo presero in giro, persino il Cupo si con-
cesse una risatina.
Tul scosse Tretronchi per una spalla. Li abbiamo uccisi,
capo!
Abbiamo ucciso questi, s, rispose lui con aria torva,
ma ce ne saranno molti altri, a migliaia, e neanche a loro
piacer starsene quass, oltre le montagne. Prima o poi se ne
andranno a sud. Forse in estate, quando i passi si apriranno, o
forse pi tardi. Ma comunque presto.
Mastino scocc delle occhiate agli altri, che spostarono il
loro peso da una gamba all'altra, preoccupati dopo quel di-
scorsetto. La gioia della vittoria non era durata tanto, non du-
rava mai. Guard i corpi insanguinati dei Testapiatta riversi a
terra, chi steso, chi raggomitolato, chi smembrato. Adesso la
loro piccola vittoria sembrava un po' vuota. Non dovremmo
provare a dirglielo, Tretronchi? Non dovremmo avvisare
qualcuno?
S, rispose il capo con un sorrisetto triste. Ma chi?
17.

Il corso del vero amore

Jezal arrancava con aria mesta attraverso la grigia


Agriont. Camminava con passo stanco, reggendo in mano le
spade da scherma, sbadigliava in continuazione e borbottava
risentito tra s e s, perch la corsa infinita del giorno prima
gli aveva lasciato crampi in tutto il corpo. Si stava trascinan-
do verso la sua razione quotidiana di soprusi da parte del
Maresciallo Varuz e durante la camminata non vide pratica-
mente nessuno. A parte qualche raro uccello, che gi cinguet-
tava nascosto sotto i frontoni, e lo stanco, riluttante strasci-
chio dei suoi stivali, tutto taceva. Nessuno era sveglio a quel-
l'ora. Nessuno sarebbe dovuto essere sveglio a quell'ora, lui
men che meno.
Rigide come fossero due tronchi, le sue gambe raggiunse-
ro il portale ad arco e poi il tunnel in salita. Siccome il sole
galleggiava appena sopra l'orizzonte, il cortile oltre la galle-
ria era avvolto nell'ombra, ma strizzando gli occhi nell'oscu-
rit Jezal vide Varuz seduto a un tavolo, gi in attesa. Acci-
denti. Aveva sperato di arrivare in anticipo, per una volta. Ma
quel vecchio bastardo ci andava mai a dormire?
Lord Maresciallo!, grid Jezal, facendo una corsetta in-
certa nella sua direzione.
No. Non oggi. Jezal sent un brivido corrergli lungo il
collo. Non era la voce del maestro di scherma, ma c'era co-
munque qualcosa di spiacevolmente familiare in essa. Il
Maresciallo Varuz impegnato in questioni pi urgenti sta-
mattina. L'Inquisitore Glokta sedeva nell'ombra accanto al
tavolo e se la rideva con quel suo rivoltante ghigno senza
denti. Jezal rabbrivid per il disgusto. Quella visione non era
certo un toccasana di prima mattina.
Rallent subito a una camminata riluttante e si ferm ac-
canto al tavolo. Sarete senza dubbio contento di sapere che
oggi non ci saranno n corse, n nuotate, n trave, n barra
pesante, disse lo storpio. Non avrete neanche bisogno di
quelle. Col bastone, indic le spade da scherma che Jezal
teneva in mano. Ci faremo quattro chiacchiere. Tutto qui.
L'idea di passare quattro ore stancanti con Varuz all'im-
provviso non sembrava pi tanto malsana, ma Jezal non ave-
va intenzione di farsi vedere a disagio. Butt le spade sul ta-
volo facendo un gran baccano e si sedette con aria noncuran-
te sull'altra sedia, mentre Glokta, immerso nell'ombra, non
smise mai di osservarlo. Jezal aveva in mente di incutergli
una sorta di timore a forza di fissarlo, ma il tentativo si rivel
vano e, dopo due secondi che guardava il suo volto devasta-
to, il ghigno vuoto e gli occhi infossati e febbricitanti, inizi
a trovare il ripiano del tavolo qualcosa di molto interessante
da studiare.
Ditemi, Capitano, perch avete cominciato a tirare di
scherma?
Un gioco, dunque. Una mano di carte con due giocatori
soltanto. Tutto quello che veniva detto sarebbe stato riferito a
Varuz, era certo, per cui Jezal doveva essere cauto nel gioca-
re, tenersi strette le carte e stare all'erta. Per il mio onore,
per quello della mia famiglia e per quello del mio Re, rispo-
se freddamente. Ci provasse, lo storpio, a trovare un difetto
in quella risposta.
Ah, dunque in nome della nazione che avete intrapreso
questa strada. Che cittadino esemplare siete. Che altruismo.
Un esempio per tutti noi. Glokta sbuff. Ti prego! Se devi
mentire, almeno menti in un modo che tu stesso trovi credi-
bile. Quella risposta un insulto per entrambi.
Come osava quel fallito senza denti rivolgersi a lui con
quel tono? La gamba di Jezal ebbe uno spasmo come fosse
proprio sul punto di alzarsi e andarsene, al diavolo Varuz e il
suo dannato tirapiedi, ma mentre posava le mani sui braccioli
della sedia per tirarsi su, incontr gli occhi dello storpio, che
gli sorrideva come a prenderlo in giro. Andarsene adesso sa-
rebbe stato come ammettere la sconfitta, in un certo senso.
Perch aveva cominciato a tirare di scherma, comunque?
Mio padre mi ha spinto a farlo.
Ah, capisco. Il mio cuore trabocca di compassione. Il fi-
glio leale, obbligato dal suo forte senso del dovere, costret-
to a realizzare le ambizioni del padre. Una storia familiare,
simile a una vecchia, comoda poltrona su cui tutti amiamo
sederci. Di' loro ci che vogliono sentire, eh? Non male
come risposta, ma ancora lontana dalla verit.
Perch non me lo dite voi, allora?, ribatt Jezal ingru-
gnato. Visto che ne sapete pi di me!
D'accordo, eccoti la risposta. Gli uomini non tirano di
scherma per il loro Re, n per le loro famiglie e neanche per
fare esercizio - ti anticipo, prima che provi anche quella via.
Gli uomini tirano di scherma per la loro carriera, per loro
stessi. Io lo so bene.
Ah, voi lo sapete bene? Jezal sbuff. Non mi pare ab-
bia funzionato nel vostro caso. Rimpianse immediatamente
quelle parole. Accidenti alla sua boccaccia che lo metteva
sempre nei guai!
Ma Glokta si limit a far balenare sulle labbra quel suo
sorriso rivoltante. Stava funzionando eccome, finch non
sono finito nelle prigioni dell'Imperatore. Qual la tua scusa,
invece, bugiardo?
A Jezal non piaceva per niente come stava andando quella
conversazione. Nelle carte, era troppo abituato alle vittorie
facili e ai pessimi giocatori, e questo aveva intorpidito la sua
abilit. Meglio passare per questa volta, almeno fino a quan-
do non avesse compreso la natura del suo nuovo avversario.
Cos serr la mascella e non fiat.
Ci vuole duro lavoro, ovviamente, per vincere un Tor-
neo. Avrai di certo visto l'impegno del nostro comune amico,
Collem West. Se l' sudata, correndo per mesi mentre tutti
noi lo prendevamo in giro. Un idiota arricchito di plebeo che
osa competere contro chi meglio di lui, questo pensavamo.
Giorno dopo giorno, ha provato, sbagliando, le posizioni,
stato in bilico sulla trave, caduto ma si rialzato, ancora e
ancora. E guardalo adesso. Glokta picchiett un dito sul ba-
stone. Ora guarda me. Ride bene chi ride ultimo, eh, Capi-
tano? Questo dimostra quanto si pu ottenere con un po' di
fatica. Tu hai il doppio del suo talento, e sangue nobile. Non
devi lavorare neanche un decimo di quanto ha lavorato lui,
eppure ti rifiuti di lavorare anche quel poco.
Questo era inaccettabile per Jezal. Mi rifiuto di lavorare?
Ma se sopporto questa tortura tutti i giorni
Tortura?, chiese bruscamente Glokta.
Jezal si accorse troppo tardi della sua infelice scelta di pa-
role. Beh, balbett, volevo dire
Io ne so qualcosa, sia della scherma che della tortura.
Credimi quando ti dico, e il ghigno grottesco dell'Inquisito-
re si fece ancora pi ampio, che sono due cose molto diver-
se.
Ehm, disse Jezal, ancora scosso.
Tu hai le giuste ambizioni e i mezzi per realizzarle. Un
po' di sforzo sarebbe sufficiente. Qualche mese di duro lavo-
ro e poi probabilmente non avrai pi bisogno di alzare un
dito in vita tua, se questo ci che vuoi. Pochi, brevissimi
mesi, e sei a posto. Glokta si pass la lingua sulle gengive
vuote. Salvo imprevisti, ovviamente. Ti stata offerta una
grande possibilit. Se fossi al posto tuo, io la afferrerei, ma
non so forse oltre ad essere un bugiardo, sei anche un cre-
tino.
Non sono un cretino, ribatt freddamente Jezal, ma pi
di questo non seppe fare.
Glokta alz un sopracciglio, poi fece una smorfia mentre
si appoggiava al bastone per tirarsi lentamente in piedi. Ma
arrenditi pure, se vuoi. Stattene seduto per il resto dei tuoi
giorni, a bere e giocare e dire cazzate con gli ufficiali di gra-
do inferiore. C' un sacco di gente che si accontenterebbe di
vivere una vita cos, un sacco di gente che non ha avuto le
tue possibilit. Molla tutto, avanti. Il Lord Maresciallo Varuz
rimarr deluso, e anche il Maggiore West, tuo padre, e via di-
cendo. Ma credimi se ti dico, e si pieg, ostentando ancora
quel sorriso orribile, che a me non potrebbe importare di
meno. Buongiorno, Capitano Luthar. Detto questo, Glokta
si allontan zoppicando in direzione del portale.

Dopo lo spiacevole colloquio, Jezal si ritrov con qualche


inaspettata ora di tempo libero, ma non era dell'umore giusto
per darsi ai bagordi. Vag per le strade deserte, per le piazze
e i giardini dell'Agriont, sempre riflettendo cupamente su ci
che gli aveva detto lo storpio; maledisse ripetutamente il
nome di Glokta, bench non riuscisse a togliersi dalla testa la
conversazione avuta con lui. Ne esamin ogni frase, pi e
pi volte, dalla prima all'ultima parola, e gli sovvennero tutte
le risposte che avrebbe potuto dargli. Se solo gli fossero ve-
nute in mente sul momento!
Ah, Capitano Luthar! Jezal si riscosse e alz lo sguar-
do. Un uomo che non conosceva, seduto sotto un albero sul-
l'erba umida, con una mela smozzicata in mano, gli sorrise.
La mattina il momento perfetto per fare una passeggiata,
secondo me. Tutto calmo, grigio, pulito e deserto. Non ha
nulla a che vedere con il rosa chiassoso del tramonto. Tutto
quel trambusto, quelle persone che vanno e vengono. Come
fa un uomo a pensare in mezzo a tutta quella insensatezza?
Vedo che siete del mio stesso avviso e ci mi fa piacere.
Diede un grosso morso croccante alla mela.
Ci conosciamo?
Oh, no, no, disse lo sconosciuto, prima di alzarsi in pie-
di e pulirsi il terriccio dal retro dei pantaloni, non ancora. Il
mio nome Zolfo, Yoru Zolfo.
Davvero? Cosa vi porta nell'Agriont?
Diciamo che sono in missione diplomatica.
Jezal lo osserv nel tentativo di capire da dove venisse.
Per conto di?
Del mio signore, ovviamente, fu la risposta poco utile
di Zolfo. Aveva gli occhi di colori diversi, not Jezal. Un
brutto difetto che allontana la gente, pens.
E il vostro signore sarebbe?
Un uomo molto saggio e potente. Rosicchi il torsolo e
lo gett tra i cespugli, poi si pul le mani sul davanti della ca-
micia. Vedo che avete tirato di scherma.
Jezal abbass un istante lo sguardo sulle spade. S, ri-
spose, e in quel momento si rese conto di aver preso final-
mente una decisione, ma per l'ultima volta. Smetter.
Oh, povero me, no! Quell'uomo bizzarro afferr Jezal
per una spalla. Oh, no, non dovete!
Cosa?
No, no! Il mio signore ne rimarrebbe inorridito se lo sa-
pesse. Inorridito! Smettete di tirare di scherma e vi priverete
anche di molto altro! Vedete, la scherma l'unico modo per
attrarre l'attenzione del pubblico! Sono loro che decidono,
alla fin fine. L'aristocrazia non esiste senza il popolo, non
esiste! Loro decidono!
Cosa? Jezal si guard attorno nel parco, nella speranza
di avvistare una guardia a cui denunciare la presenza di un
pazzo scatenato a piede libero per l'Agriont.
No, non dovete mollare! Non voglio neanche sentirlo!
Assolutamente! Ma sono certo che alla fine non abbandone-
rete, dopotutto! Deve essere cos!
Jezal si tolse la mano di Zolfo dalla spalla. Ma chi
siete?
Zolfo, Yoru Zolfo, al vostro servizio. Ci rivedremo, Ca-
pitano, al Torneo, se non prima! Lo salut, agitando la
mano all'indietro mentre si allontanava.
Jezal lo osserv andare via con la bocca un po' aperta.
Maledizione!, grid, buttando le spade sull'erba. Tutti pa-
revano volersi impicciare degli affari suoi quella mattina,
persino i pazzi sconosciuti che giravano per il parco.

Non appena giudic che fosse abbastanza tardi, Jezal si


present agli alloggi del Maggiore West. Collem era un tipo
che sapeva ascoltare e Jezal sperava, manipolandolo, di man-
darlo al suo posto ad annunciare la brutta notizia al Lord Ma-
resciallo Varuz. Era una scena a cui non voleva assistere, per
cui, se avesse potuto, se la sarebbe risparmiata volentieri.
Buss e attese, poi buss ancora, finch la porta non si apr.
Capitano Luthar! un onore quasi insopportabile!
Ardee, mormor Jezal, alquanto sorpreso di vederla l,
bello vedervi di nuovo. E una volta tanto era sincero. Lei
era interessante, ecco la verit. Per lui era una piacevole no-
vit interessarsi davvero a ci che una donna aveva da dire, e
non poteva negare che Ardee era anche dannatamente bella,
lo diventava sempre di pi ogni volta che la vedeva. Non sa-
rebbe mai potuto succedere nulla tra di loro, ovviamente,
perch West era un suo amico, ma non c'era niente di male
nel guardarla, no? Ehm vostro fratello c'?
Lei si butt con aria noncurante su una cassapanca acco-
stata al muro e allung una gamba, con aria molto contraria-
ta. Non c'. uscito. sempre impegnato. Non ha mai tem-
po per me. Aveva un rossore inequivocabile sulle guance.
Lo sguardo di Jezal si fiss sulla caraffa del vino, che era
mezza vuota.
Siete ubriaca?
Un po', rispose lei, adocchiando il bicchiere mezzo pie-
no accanto al suo gomito, ma pi che altro sono annoiata.
Non sono neanche le dieci.
Non ci si pu annoiare prima delle dieci?
Sapete che intendo.
Lasciate che sia mio fratello a farmi la morale, a lui si
addice di pi. Bevete qualcosa. Fece un gesto della mano
verso la bottiglia. Avete l'aria di averne bisogno.
Beh, non aveva tutti i torti. Si vers un bicchiere per s e
si mise seduto su una sedia davanti ad Ardee; lei lo guard
per tutto il tempo con le palpebre pesanti, poi, quando prese
la sua coppa dal tavolo, Jezal not che accanto era posato un
libro capovolto.
Com' il libro?, le chiese.
La Caduta del Sommo Creatore, in tre volumi. Dicono
che sia uno dei pi grandi classici della storia. Per me solo
un mucchio di sciocchezze, e sbuff ironica. Tutti quei
saggi Maghi, quei cavalieri austeri con le spade enormi, e
quelle dame con petti ancora pi enormi. Magia, violenza e
amore in egual misura. Una merda assoluta. Diede una bot-
ta al libro, che cadde sul tappeto, con le pagine che si volta-
vano da sole.
Ci sar pure qualcosa che potete fare per non annoiarvi.
Davvero? Cosa suggerite?
Le mie cugine fanno parecchi ricami.
Fottiti.
Mmmh, fece Jezal con un sorriso. Le sue imprecazioni
non sembravano pi offensive come quando si erano incon-
trati la prima volta. Che facevate a casa, nell'Angland?
Oh, a casa, comment, appoggiando la testa allo schie-
nale della cassapanca. Pensavo di annoiarmi l. Non vedevo
l'ora di venire qui, al centro delle cose; invece adesso non
vedo l'ora di tornare, sposare qualche contadino, avere una
dozzina di marmocchi. Almeno avrei qualcuno con cui parla-
re. Chiuse gli occhi e sospir. Ma Collem non me lo per-
mette. Si sente responsabile, ora che nostro padre morto, e
pensa che sia troppo pericoloso tornare a casa. Teme che io
possa rimanere uccisa per mano degli Uomini del Nord, ma
il suo senso di responsabilit si ferma a questo. Non cos
profondo da fargli trovare dieci minuti della sua giornata da
passare con me. Cos, a quanto pare, sono incastrata qui, con
tutti voi snob arroganti.
Jezal si mosse sulla sedia, a disagio. Se la cava bene,
per.
Oh, s, sbuff Ardee, Collem West un tipo che se la
sa cavare! Ha vinto un Torneo, lo sapevate? stato il primo
a superare la breccia di Ulrioch. Non ha un briciolo di educa-
zione, non sar mai uno di noi, ma a posto per essere un
plebeo! Peccato per quella sorella arricchita che si ritrova,
che ha un quarto del suo cervello. E dicono anche che le
piaccia bere, sussurr. Non sa stare al suo posto. una
vera disgrazia. Meglio ignorarla. Sospir ancora. S, prima
torner a casa e prima tutti saranno felici.
Io non sar felice. Merda, l'aveva detto ad alta voce?
Ardee scoppi a ridere, ma non in modo bonario. Beh,
una cosa molto nobile da dire. Perch non siete a tirare di
scherma, per inciso?
Il Maresciallo Varuz era impegnato oggi. Tacque un
momento. In effetti, stamattina la lezione l'ho avuta dal vo-
stro amico, Sand dan Glokta.
Davvero? E che vi ha detto?
Varie cose. Mi ha chiamato cretino.
Ah, ma pensa.
Jezal aggrott la fronte. S, beh. Tirare di scherma annoia
me quanto i libri annoiano voi. Per questo ero venuto a parla-
re con vostro fratello. Sto pensando di smettere.
Lei scoppi a ridere in modo fragoroso, sbuffando, tanto
che i sussulti che la scuotevano le fecero rovesciare un po' di
vino sul pavimento. Che c' di tanto divertente?, domand
Jezal.
solo che, disse lei asciugandosi una lacrima dall'oc-
chio, io e Collem abbiamo fatto una scommessa. Lui era si-
curo che non avresti mollato, e io adesso ho dieci marchi in
pi da spendere.
Non so se mi piaccia essere oggetto delle vostre scom-
messe, comment Jezal in modo acido.
Non so se me ne importi un fico secco.
Non sto scherzando.
No, neanche io, ribatt bruscamente. Per mio fratello
non era uno scherzo, lui doveva farlo per forza. Nessuno si
accorge che esisti se non hai un "dan" nel cognome, io lo so
bene. Tu sei l'unica persona che mi ha dedicato un po' tempo
da quando sono arrivata, ma solo perch Collem te l'ha chie-
sto. Ho pochi, preziosissimi soldi e neanche una goccia di
sangue nobile, e questo mi rende una nullit agli occhi di
gente come te. Gli uomini mi ignorano e le donne me ne di-
cono di tutti i colori. Non ho nulla qui, nulla e nessuno, e tu
pensi di essere quello in difficolt? Ma ti prego! Io stessa po-
trei cominciare a tirare di scherma, disse con amarezza.
Chiedi al Lord Maresciallo se ha tempo per un'allieva in
pi, ti dispiace? Almeno avrei qualcuno con cui parlare!
Jezal strabuzz gli occhi. Questo non era interessante, era
maleducato. Aspetta un attimo, tu non hai idea di cosa si-
gnifichi
Oh, e smettila di lamentarti! Quanti anni hai, cinque?
Perch non torni a succhiare la tetta di tua madre,
poppante?
Non riusciva a credere alle sue orecchie. Come osava?
Mia madre morta. Ah-a! Questo l'avrebbe fatta sentire in
colpa, le avrebbe strappato una scusa. Macch.
Morta? Beata lei, almeno non costretta ad ascoltare le
tue lagne! Voi ragazzini viziati siete tutti uguali. Avete tutto
quello che si pu chiedere e poi fate i capricci quando dovete
rimboccarvi le maniche! Sei patetico! Mi fai salire il vomito,
cazzo!
Jezal sgran gli occhi. Sentiva la faccia che gli andava a
fuoco, come se fosse stato appena schiaffeggiato. Anzi, uno
schiaffo avrebbe fatto meno male. Nessuno gli aveva mai
parlato in quel modo in tutta la sua vita, nessuno! Peggio di
Glokta, molto peggio, e molto pi inaspettato. Si rese conto
che aveva la bocca aperta, cos la serr, digrignando i denti.
Poi sbatt il bicchiere sul tavolo e si alz per andarsene. Si
era appena voltato verso la porta quando questa si spalanc,
e lui e il Maggiore West si ritrovarono faccia a faccia.
Jezal, fece West, dapprima era semplicemente sorpreso,
poi, quando vide sua sorella scomposta sulla cassapanca, di-
venne un po' sospettoso. Che ci fai qui?
Ehm cercavo te, veramente.
Ah, s?
S, ma adesso non posso aspettare. Ho degli impegni.
Detto questo, pass accanto al suo amico e usc nel corrido-
io.
Che cos' questa storia? Sent West chiedere ad Ardee,
mentre si allontanava dalla stanza. Sei ubriaca?
La furia di Jezal aumentava a ogni passo, finch non ne fu
quasi soffocato. Era stato vittima di un'aggressione! Un at-
tacco brutale e immotivato! Si ferm un momento, tremante
di rabbia, il respiro corto neanche avesse corso dieci miglia, i
pugni talmente stretti da fargli male. E da una donna, per
giunta! Una donna! Una dannata contadina! Come aveva
osato? Aveva solo sprecato tempo con lei, a ridere alle sue
battute e trovarla attraente! Avrebbe dovuto sentirsi onorata
di essere stata notata!
Fottuta stronza!, ringhi sottovoce. Aveva una mezza
idea di tornare indietro a dirglielo in faccia, ma era troppo
tardi. Si guard intorno in cerca di qualcosa da colpire.
Come fargliela pagare? Come? Allora gli venne in mente.
Dimostrare che si sbagliava.
S, esatto, dimostrare che si sbagliava, lei e quello storpio
bastardo di Glokta. Gli avrebbe fatto vedere che poteva lavo-
rare duramente, che non era un cretino, n un bugiardo, n
un ragazzino viziato. Pi ci pensava, pi gli sembrava la cosa
maggiormente sensata da fare. E avrebbe vinto anche il dan-
natissimo Torneo, questo avrebbe fatto! Cos si sarebbero
tolti quei sorrisetti dalla faccia! Si avvi a passo svelto lungo
il corridoio, pieno di una sensazione strana che gli cresceva
nel petto.
Uno scopo. Ecco cos'era. Forse non era troppo tardi per
farsi una corsa.
18.

Come si addestrano i cani

Il Pratico Gelo stava in piedi accanto al muro, completa-


mente immobile, del tutto silenzioso, a malapena visibile
nell'oscurit, come un pezzo dell'edificio. L'albino non si era
spostato di un centimetro in pi di un'ora, non aveva mosso
un piede, n sbattuto le palpebre; non aveva neanche respira-
to, da quanto Glokta aveva visto, e teneva gli occhi fissi sulla
strada davanti a loro.
Glokta, invece, non stava fermo un attimo. La sua faccia
si distorceva costantemente per il dolore di stare in piedi;
ogni tanto dava sfogo a un'imprecazione, si grattava la fac-
cia, risucchiava l'aria tra le gengive. Perch ci mettono tan-
to? Altri due minuti e mi addormento in piedi, cos cadr in
questo canale puzzolente e affogher. Sarebbe molto appro-
priato. Guard l'acqua oleosa e maleodorante sciabordare
sotto di lui increspandosi. Cadavere galleggiante rinvenuto
vicino al molo, gonfio d'acqua di mare e cos deforme da
non essere pi riconoscibile
Gelo gli sfior un braccio nell'oscurit e indic la strada
con un grosso dito bianco. Tre uomini avanzavano piano nel-
la loro direzione camminando con le gambe leggermente pie-
gate, nell'atteggiamento tipico di gente abituata a tenersi in
equilibrio sul ponte di una nave che beccheggia. Cos questi
sono met degli invitati. Meglio tardi che mai. I tre marinai
attraversarono met del ponte e poi si fermarono ad aspetta-
re, a neanche venti passi di distanza da loro. Glokta riusciva
a sentire chiaramente il tono della loro conversazione: aspro,
sicuro, da popolani, come era anche il loro accento. Si ritras-
se ancora di pi all'ombra dell'edificio.
Ora si sentivano anche dei passi svelti provenienti dalla
direzione opposta, dove due uomini stavano avanzando rapi-
damente lungo la strada. Quello molto alto e asciutto, vestito
con un cappotto di pelliccia dall'aspetto costoso, si guardava
attorno sospettosamente. Quello deve essere Gofred Hornla-
ch, Merciaio anziano. Il nostro uomo. Il suo compagno ave-
va una spada al fianco e tentava di tenere in equilibrio un
grosso baule sopra una spalla. Il servo, o la guardia del cor-
po, o entrambi. Non ci interessa. Glokta sent i peli rizzargli-
si sul collo, man mano che gli uomini si avvicinavano al
ponte. Hornlach scambi poche, rapide parole con uno dei
marinai, un tipo grosso con una folta barba castana.
Pronto?, sussurr a Gelo. Il Pratico annu.
Fermi!, grid Glokta pi forte che pot. In nome di
Sua Maest! Il servo di Hornlach si volt di scatto, buttan-
do con un tonfo il baule sul ponte per poter portare la mano
alla spada. Si sent un lieve vibrare nell'ombra che avvolgeva
il lato opposto della via, dopo di che l'uomo rimase come
sorpreso, fece uno sbuffo e cadde in avanti. Il Pratico Gelo
avanz rapido dalle tenebre, mentre i suoi piedi scalpicciava-
no sulla strada.
Hornlach abbass lo sguardo terrorizzato sul cadavere
della sua guardia del corpo, poi si gir a fissare l'enorme al-
bino. Aiutatemi! Fermatelo!, grid ai marinai.
Il loro capo sorrise. Non credo proprio. I suoi due com-
pagni si mossero senza fretta a bloccare il ponte. Il Merciaio,
nel tentativo di scappare, fece un passo incerto verso l'oscuri-
t in cui era immerso l'altro lato del canale, ma Severard
comparve dall'ingresso di un edificio e gli sbarr la strada,
con l'arco appoggiato su una spalla. Se portasse un mazzo di
fiori al posto dell'arco, potrebbe sembrare uno che sta an-
dando a un matrimonio. Non pare proprio che abbia appena
ucciso un uomo.
Circondato, Hornlach non pot fare altro che guardarsi at-
torno in silenzio, con gli occhi spalancati per la paura e lo
stupore, mentre i due Pratici gli si avvicinavano, seguiti dallo
zoppicante Glokta. Io vi ho pagato!, grid disperato Horn-
lach ai marinai.
Mi hai pagato per un ormeggio, rispose il Capitano,
non per la lealt.
La grossa mano pallida del Pratico Gelo si pos pesante-
mente sulla spalla del mercante e lo obblig a inginocchiarsi.
Severard, intanto, si avvicin alla guardia del corpo con pas-
so tranquillo, infil la punta sporca dello stivale sotto il cada-
vere e lo gir sulla schiena. Gli occhi del morto fissavano vi-
trei il cielo notturno e dal collo gli spuntavano le penne della
freccia. Il sangue fuoriuscito dalla bocca pareva nero al chia-
rore lunare.
Morto, borbott, piuttosto inutilmente.
S, capita quando ti trafiggono il collo con una freccia,
comment Glokta. Toglilo di mezzo, ti spiace?
Detto, fatto. Severard afferr i piedi del cadavere, li
sollev, poggiandoli sul parapetto del ponte, poi prese il
morto sotto le ascelle, lo alz e lo gett nel canale con un
grugnito. Rapido, pulito e abile. Si vede che l'ha gi fatto al-
tre volte. Si sent uno scroscio quando il cadavere piomb
nell'acqua melmosa al di sotto. Gelo aveva legato saldamente
le mani di Hornlach dietro la sua schiena e gli aveva gi infi-
lato il sacco sulla testa. Glokta si trascin fino ai tre marinai,
con le gambe atrofizzate dalla lunga e immobile attesa nel
vicolo.
Eccoci qua, disse loro, tirando fuori un pesante borselli-
no dalla tasca interna del mantello, quindi lo fece oscillare
appena sopra il palmo aperto del Capitano. Dimmi, che
successo stanotte?
Il vecchio lupo di mare sorrise e il suo volto segnato dalle
intemperie si corrug come la pelle di uno stivale. Il carico
mi si stava rovinando, dovevamo salpare con la prima marea,
e io gliel'avevo detto. Abbiamo aspettato met della notte ac-
canto a quel canale puzzolente, ma - riuscite a crederci? -
quel bastardo non mai arrivato.
Molto bene. Questa la storia che racconterei a West-
port, se mai qualcuno dovesse chiedere.
Il Capitano sembr ferito. Ma cos che andata, Inqui-
sitore. Che altra storia potrei mai raccontare?
Glokta fece cadere il borsellino sul palmo del marinaio,
facendo tintinnare il denaro all'interno. Coi complimenti di
Sua Maest.
Il capitano lo soppes. sempre un piacere fare un favo-
re a Sua Maest! Poi lui e i suoi due compagni si voltarono,
coi loro sorrisi ingialliti, e si avviarono verso il molo.
Bene, disse Glokta, muoviamoci.

Dove sono i miei vestiti?, grid Hornlach contorcendo-


si sulla sedia.
Domando scusa, so che scomodo senza, ma i vestiti
possono nascondere delle cose. Lascia un uomo vestito e gli
lasci anche l'orgoglio, la dignit e tutte quelle cose che me-
glio non avere qui dentro. Io non interrogo mai i prigionieri
coi vestiti addosso. Ti ricordi di Salem Rews?
Chi?
Salem Rews. Uno dei tuoi. Un Merciaio. L'abbiamo bec-
cato a evadere le tasse Reali. Ha confessato e ci ha dato i
nomi di un paio di persone. Io volevo parlarci, ma sono tutti
morti.
Gli occhi del mercante scattavano a destra e a sinistra. Sta
considerando le sue opzioni, cerca di capire che cosa sap-
piamo, La gente muore in continuazione.
Glokta si fiss sull'affresco alle spalle del prigioniero, che
raffigurava il cadavere di Juvens, sanguinante di vernice ros-
so acceso. La gente muore in continuazione. Questo ov-
vio, ma non in modo cos violento. Ho idea che qualcuno li
voleva morti, che qualcuno abbia ordinato di farli ammazza-
re. E ho idea che questo qualcuno sia tu.
Non hai uno straccio di prova! Non te la caverai!
Le prove non significano niente, Hornlach, ma te lo con-
cedo. Rews ancora vivo. proprio in fondo al corridoio, di
fatto, senza un amico. Balbetta piagnucolando i nomi di tutti
i Merciai che gli vengono in mente, o che vengono in mente
a noi, a dire il vero. Il prigioniero socchiuse gli occhi, ma
non disse nulla. Lo abbiamo usato per catturare Carpi.
Carpi?, chiese il mercante, facendo finta di non cono-
scerlo.
Ricorderai di certo il tuo sicario, quello styriano un po'
cicciottello, con le cicatrici dell'acne in faccia. Quello che
dice un sacco di parolacce Ebbene, abbiamo catturato an-
che lui, e ci ha raccontato tutta la storia: come l'hai assunto,
quanto l'hai pagato, che cosa gli hai chiesto di fare. Tutta la
storia. Glokta sorrise. Ha una memoria eccellente per esse-
re un assassino, ricca di dettagli.
Il prigioniero stava cominciando a mostrare qualche ac-
cenno di paura, ma se la cavava bene. Questo un affronto
alla mia Gilda!, grid, con tutta l'autorit a cui un uomo
nudo, legato a una sedia, riuscisse a fare appello. Il mio si-
gnore, Coster dan Kault, non vi permetter di passarla liscia,
ed amico intimo del Superiore Kalyne!
Al diavolo Kalyne, lui finito. Inoltre, Kault ti crede
sano e salvo a bordo di quella nave diretta a Westport, ben
lontano dalle nostre grinfie. Non penso che qualcuno noter
la tua assenza prima di diverse settimane. Il mercante aveva
messo su una faccia scura. E in quel lasso di tempo possono
succedere tante cose tantissime.
Hornlach si fece guizzare la lingua sulle labbra e poi, pie-
gatosi un po' in avanti, bruci con un'occhiata furtiva Gelo e
Severard. Bene. Ecco che arriva la proposta. Inquisitore,
fece in tono lusinghiero, se c' una cosa che ho imparato
dalla vita che tutti vogliono qualcosa. Ogni uomo ha il suo
prezzo, capite? E noi abbiamo un sacco di risorse. Dovete
solo dirlo! Che cosa volete voi?
Cosa voglio io?, disse Glokta, avvicinandosi ancora di
pi con aria cospiratoria.
S, di che cosa si tratta? Che cosa volete? Hornlach lo
guardava con un sorrisetto adulatorio. Molto furbo, ma non ti
comprerai il modo per uscire da questa situazione.
Rivoglio i miei denti.
Il sorriso del mercante cominci ad appassire.
Rivoglio la mia gamba.
Hornlach deglut.
Rivoglio la mia vita.
Il prigioniero era diventato pallido come la morte.
No? Beh, allora mi accontenter di vedere la tua testa su
una picca. Non hai nient'altro che voglio, a dispetto di tutte
le risorse a cui puoi ricorrere. Hornlach aveva cominciato a
tremare un po'. Niente pi spacconerie? Niente pi
proposte? Allora possiamo cominciare. Glokta prese il foglio
posato davanti a s e lesse la prima domanda. Come ti chia-
mi?
Sentite, Inquisitore, io Gelo sbatt il pugno sul tavo-
lo, in un modo che fece ritrarre il prigioniero sulla sedia.
Rispondi alla cazzo di domanda!, gli url in faccia Se-
verard.
Gofred Hornlach, fece il mercante con una vocina.
Glokta annu. Bravo. Sei un membro anziano della Gilda
dei Merciai?
S, s!
Uno dei vice del Magistro Kault, vero?
Sai che lo sono!
Hai cospirato con altri Merciai per defraudare Sua Mae-
st il Re? Hai assunto un sicario per uccidere intenzional-
mente dieci sudditi di Sua Maest? Ti stato ordinato dal
Magistro Coster dan Kault, capo della Gilda dei Merciai?
No!, grid Hornlach, la voce stridula per il panico. Non
questa la risposta di cui abbiamo bisogno. Glokta lanci
un'occhiata al Pratico Gelo, che subito sferr un pugno nello
stomaco del mercante, che si accasci sulla sedia con un lie-
ve sbuffo.
Mia madre ha un sacco di cani, sai?, disse Glokta.
Cani, sibil Severard all'orecchio del mercante ansi-
mante, mentre lo rimetteva composto sulla sedia.
Li adora. Li addestra a fare tutta una serie di trucchetti.
Glokta arricci le labbra. Tu lo sai come si addestrano i
cani?
Hornlach, ancora senza fiato, se ne stava ciondolante e in
lacrime sulla sedia, incapace di parlare. ancora come un
pesce strappato all'acqua: la bocca si apre e si chiude, ma
non emette suono.
A forza di ripetere, disse Glokta. Ripetere, ripetere, ri-
petere. Bisogna far fare al cane lo stesso giochino centinaia
di volte, e poi farglielo fare di nuovo. Tutto sta nella ripeti-
zione. Se vuoi che il cane abbai a comando, non devi andarci
leggero con la frusta. Tu abbaierai per me, Hornlach, davanti
al Consiglio Aperto.
Tu sei matto!, proruppe il Merciaio, guardandosi attor-
no. Siete tutti matti!
Glokta fece balenare quel suo sorriso sdentato. Se lo pre-
ferisci. Se ti fa sentire meglio. Abbass nuovamente gli oc-
chi sul foglio che aveva in mano. Come ti chiami?
Il prigioniero deglut. Gofred Hornlach.
Sei un membro anziano della Gilda dei Merciai?
S.
Uno dei vice del Magistro Kault, vero?
S!
Hai cospirato con altri Merciai per defraudare Sua Mae-
st il Re? Hai assunto un sicario per uccidere intenzional-
mente dieci sudditi di Sua Maest? Ti stato ordinato dal
Magistro Coster dan Kault, capo della Gilda dei Merciai?
Hornlach lanci occhiate disperate attorno a s, e sia Gelo
che Severard ricambiarono il suo sguardo.
Ebbene?, incalz Glokta.
Il mercante chiuse gli occhi. S, piagnucol.
Come hai detto?
S!
Glokta sorrise. Eccellente. Ora dimmi. Come ti chiami?
19.

T e vendetta

una regione bellissima, non trovi?, chiese Bayaz, am-


mirando le alture frastagliate che si levavano su entrambi i
lati della strada.
Il ritmo lento ma regolare degli zoccoli sul sentiero stona-
va con l'agitazione di Logen. Ah, s?
Beh, chiaramente una regione dura per chi non la co-
nosce. Un Paese aspro e inclemente. Ma c' anche qualcosa
di nobile in esso. Il Primo Mago fece un ampio gesto per
abbracciare tutta la veduta, prendendo compiaciuto un respi-
ro d'aria gelata. Ha onest, integrit. L'acciaio migliore non
sempre quello che luccica di pi. Lo guard, seguendo
dolcemente il ritmo della sella. Dovresti saperlo.
Non posso dire di vederne la bellezza.
No? E cosa vedi?
Logen lasci correre gli occhi sui ripidi declivi erbosi,
punteggiati da cespugli di falasco e ginestrone, costellati da
grigie rocce sporgenti e gruppetti d'alberi. Vedo un terreno
favorevole per una battaglia. Sempre che uno arrivi per pri-
mo.
Davvero? In che senso?
Logen indic la sommit bitorzoluta del colle. Gli arcieri
sulla cima, lass, non si vedono dalla strada e dietro questi
massi ci puoi nascondere la maggior parte della fanteria.
Qualche uomo in armatura leggera lo metti sui declivi, giusto
per attirare il nemico sul terreno pi scosceso qui intorno.
Indic poi i cespugli spinosi che ricoprivano i pendii pi
bassi. Prima li lasci venire un po' avanti, poi, quando sono
alle prese con quei cespugli, li bersagli con le frecce. Ti vedi
arrivare dall'alto una raffica di dardi addosso C' poco da
stare allegri. Piovono gi pi rapidi, arrivano pi lontani e ne
ammazzano di pi. In questo modo, si separano. Una volta
arrivati ai massi, sono stanchi morti e tutti sparpagliati, e
quello e il momento per partire alla carica. Un gruppo di
Scagnozzi che gli cala addosso dall'alto dopo essere balzato
fuori da dietro quelle rocce, freschi, impazienti e urlanti
come demoni, sarebbe in grado di schiacciarli all'istante.
Logen guard il fianco collinare con gli occhi socchiusi,
ricordando le volte in cui si era trovato da entrambi i lati di
un agguato simile, e non erano certo ricordi piacevoli. E se
gli dovesse venire in mente di ripiegare, qualche uomo a ca-
vallo nascosto tra quegli alberi li finirebbe. Vederti arrivare
contro una carica di Nominati, di guerrieri spietati, in un po-
sto dove non ti saresti mai aspettato di trovarli, una cosa
terrificante. Li spingerebbero a scappare, ma sarebbero tal-
mente stanchi che non potrebbero correre granch veloci.
Questo significa prigionieri, e prigionieri significa un possi-
bile riscatto, o quantomeno nemici uccisi senza troppa fatica.
Io qui ci vedo un massacro, o una vittoria che varrebbe la
pena cantare, a seconda di quale lato ti trovi. Ecco ci che
vedo.
Bayaz sorrise, la testa che si muoveva al ritmo lento della
cavalcatura. Mi pare fosse Stolico che una volta disse: "Il
terreno deve essere il miglior amico di un generale, oppure
diventa il suo peggior nemico".
Non l'ho mai sentito nominare, ma aveva ragione. Que-
sto un terreno favorevole per un esercito, ma solo se arrivi
per primo. Sta tutto l il trucco.
Capisco. Noi per non abbiamo un esercito.
Questi alberi potrebbero nascondere bene anche solo
qualche uomo a cavallo. Logen scocc un'occhiata in tralice
allo stregone, che ciondolava felicemente sulla sella goden-
dosi la piacevole cavalcata in mezzo alla natura. Non penso
che Bethod avr apprezzato il vostro consiglio e io avevo gi
abbastanza questioni irrisolte con lui. Lo avete ferito dove gli
fa pi male, nell'orgoglio. Vorr vendetta. La vorr con tutto
se stesso.
Ah, s, la vendetta, il passatempo pi diffuso tra gli Uo-
mini del Nord. La sua popolarit non tramonta mai.
Logen guard cupamente gli elementi circostanti: gli al-
beri, le rocce, le depressioni lungo i fianchi delle valli, i tanti
posti in cui il nemico avrebbe potuto nascondersi. Di sicuro
ci sono dei guerrieri che ci cercano tra queste colline. Grup-
petti di uomini abili, con un sacco di battaglie alle spalle,
buone cavalcature e armi adeguate, gente che conosce bene
questa terra. Ora che Bethod ha fatto fuori tutti i nemici, non
c' nessun luogo nel Nord in cui non possa arrivare. Magari
ci stanno gi aspettando l, e indic alcuni massi pi gi
lungo la strada, o tra quegli alberi, o tra quelli. Malacus
Quai, che cavalcava poco pi avanti assieme al cavallo da
soma, si guardava attorno nervosamente. Potrebbero essere
ovunque.
E questo ti spaventa?, chiese Bayaz.
Tutto mi spaventa, ed un bene. La paura una buona
amica per gli uomini braccati. grazie a lei se sono ancora
vivo. Solo i morti non hanno paura e a me non interessa rag-
giungerli. Mander anche degli uomini alla biblioteca.
Oh, s, a bruciare i miei libri, e via dicendo
E questo vi spaventa?
Non molto. Le pietre che circondano il portale sono pro-
tette dalla parola di Juvens, e ancora oggi essa non pu esse-
re violata. Nessuno che abbia intenzioni violente pu avvici-
narsi. Immagino che gli uomini di Bethod vagheranno attor-
no al lago sotto la pioggia finch non finiranno le provviste,
e intanto si chiederanno com' possibile che non si riesca a
trovare una cosa tanto grossa come una biblioteca. No, dis-
se felice lo stregone, grattandosi la barba. Io mi concentre-
rei sulla nostra situazione contingente. Cosa pensi che succe-
der se ci catturano?
Bethod ci uccider e nella maniera peggiore che riuscir
a inventarsi. A meno che non gli vada di essere misericordio-
so, allora ci mander via con un avvertimento.
Lo trovo improbabile.
Pure io. La cosa migliore da fare procedere verso il
Fiume Bianco, cercare di guadarlo per entrare nell'Angland e
sperare che non ci vedano. A Logen non piaceva affidarsi
alla fortuna, la sola parola gli lasciava l'amaro in bocca. Lev
lo sguardo al cielo nuvoloso. Ci vorrebbe un po' di tempo
cattivo. Una sana pioggia ci nasconderebbe a meraviglia. Il
cielo gli aveva pisciato addosso per settimane, ma ora che
avevano davvero bisogno della pioggia si rifiutava di fare
anche solo due gocce.
Malacus Quai li guardava girato all'indietro con due oc-
chioni tondi e preoccupati. Non dovremmo cercare di au-
mentare il passo?
Forse s, disse Logen, dando una pacca sul collo del ca-
vallo, ma poi le bestie si stancherebbero e potremmo aver
bisogno di correre parecchio. Potremmo nasconderci di gior-
no e viaggiare di notte, ma cos rischieremmo di perderci.
Meglio continuare come stiamo facendo adesso: ci spostia-
mo lentamente e preghiamo che non ci vedano. Aggrott la
fronte mentre osservava la cima del colle. Che non ci abbia-
no gi visto.
Mmmh, disse Bayaz, allora forse giunto il momento
per dirtelo. Quella strega, Caurib, non la sciocca per cui
l'ho fatta passare.
A Logen parve di sprofondare. No?
No. Al di l di tutto quel nero attorno agli occhi, dell'oro
e delle chiacchiere sull'estremo Nord, sa il fatto suo. "La lun-
ga vista", la chiamano. Trucchetto vecchio, ma efficace. Lei
ci ha osservati.
Sa dove siamo?
Sa quando siamo partiti, molto probabilmente, e dove
eravamo diretti.
Questo non ci aiuta.
Direi di no.
Merda. Logen colse del movimento tra gli alberi alla
loro sinistra e subito la sua mano scatt all'elsa della spada.
Due uccelli spiccarono il volo. Attese, col cuore in gola. Nul-
la. Allora lasci cadere la mano. Dovevamo ucciderli quan-
do potevamo. Tutti e tre.
Ma non l'abbiamo fatto ed inutile rimuginarci. Bayaz
lo guard. Se ci prendono, qual il tuo piano?
Correre. E sperare che i nostri cavalli siano pi veloci
dei loro.

E questo?, chiese Bayaz.


Nonostante gli alberi, il vento tagliente che spirava sul-
l'avvallamento faceva tremolare e danzare le fiamme del fuo-
co. Malacus Quai ingobb le spalle e si strinse la coperta at-
torno al corpo, mentre guardava, con la fronte aggrottata dal-
la concentrazione, lo stelo corto che Bayaz teneva sollevato
davanti a lui.
Ehm Era la quinta pianta che gli veniva mostrata, ma
il povero apprendista doveva ancora azzeccarne una.
ehm Ilyith?
Ilyith?, fece eco lo stregone, dalla cui faccia non si po-
teva capire se fosse la risposta giusta o meno. Era spietato
quanto Bethod, quando si trattava del suo apprendista.
Forse?
Non direi. L'apprendista chiuse gli occhi ed esal il
quinto sospiro della serata. A Logen dispiaceva per lui, dav-
vero, ma non poteva farci nulla. Ursilum, nella lingua anti-
ca, la specie con le foglie rotonde.
S, s, ma certo, Ursilum, ce l'ho avuto sulla punta della
lingua per tutto il tempo.
Se il nome ce l'avevi sulla punta della lingua, allora gli
usi staranno poco pi gi, verso la gola, giusto?
L'apprendista socchiuse gli occhi e alz lo sguardo spe-
ranzoso verso il cielo notturno, come se potesse leggere la ri-
sposta nelle stelle. per i dolori alle articolazioni?
Decisamente no. Ho paura che le giunture ti daranno an-
cora problemi. Le dita di Bayaz giocherellarono con lo ste-
lo. L'Ursilum non ha usi, non che io sappia. una semplice
pianta. E butt lo stelo tra i cespugli.
Semplice pianta, ripet Quai, scuotendo la testa. Logen
sospir e si strofin gli occhi stanchi.
Perdonaci, Mastro Novedita. Ti stiamo annoiando?
Ma qual lo scopo?, chiese Logen, coi palmi delle
mani rivolti all'ins. A chi interessa il nome di una pianta
che non serve a niente?
Bayaz sorrise. Ben detto. Dicci, Malacus, qual lo sco-
po?
Se un uomo vuole cambiare il mondo, prima deve com-
prenderlo. L'apprendista pronunci quelle parole in modo
deciso, come se le sapesse a memoria, evidentemente solle-
vato di sentire una domanda a cui finalmente era in grado di
rispondere. Il fabbro deve comprendere la natura dei metal-
li, il carpentiere quella del legno, oppure il loro lavoro non
avr alcun valore. La magia pura terribile e pericolosa, per-
ch viene dall'Aldil, e attingere al mondo sotterraneo com-
porta innumerevoli pericoli. Il Mago modera la magia con la
sapienza, dando cos luogo alla Nobile Arte, ma come il fab-
bro o il carpentiere, egli dovrebbe cercare di cambiare solo le
cose che comprende. Il suo potere cresce di pari passo con la
sua conoscenza. Pertanto il Mago deve sforzarsi di conoscere
tutto e comprendere il mondo nella sua totalit. L'albero
forte quanto lo sono le sue radici, e la conoscenza la radice
del potere.
Non me lo dite I Principi dell'Arte di Juvens?
Le primissime righe, rispose Bayaz.
Scusa se te lo dico, ma io ho pi di trent'anni e ancora
devo capirci qualcosa. Conoscere il mondo nella sua totalit?
Buona fortuna per l'impresa!
Il Mago ridacchi. impossibile, questo sicuro. Cono-
scere davvero e comprendere persino un filo d'erba richiede
una vita di studio, e il mondo muta in continuazione. Ecco
perch abbiamo la tendenza a specializzarci.
E voi che avete scelto?
Il fuoco, rispose Bayaz nel fissare felicemente le fiam-
me, la cui luce danzava sulla sua testa calva. Il fuoco, la
forza e la volont. Ma anche nei campi che ho scelto, dopo
innumerevoli anni di studio, rimango sempre un principiante.
Pi si impara, pi ci si rende conto di quanto poco si sa. Ma
vale la pena lottare. La conoscenza la radice del potere, do-
potutto.
Quindi, avendo abbastanza conoscenza, voi Maghi pote-
te fare tutto?
Bayaz aggrott la fronte. Ci sono dei limiti. E ci sono
delle regole.
Come la Prima Legge? Maestro e apprendista gli rivol-
sero lo sguardo allo stesso momento. proibito parlare coi
demoni, ho ragione? Era chiaro che Quai non ricordava ci
che aveva detto in preda alla febbre, perch rimase a bocca
aperta dalla sorpresa. Gli occhi di Bayaz si socchiusero appe-
na, con una lievissima traccia di sospetto.
Ebbene s, hai ragione, disse il Primo Mago. proibi-
to toccare direttamente l'Aldil. La Prima Legge deve appli-
carsi a tutti, senza eccezioni. Cos come la Seconda.
Che sarebbe?
proibito mangiare la carne degli uomini.
Logen sollev un sopracciglio. Voi stregoni ne combina-
te di cose strane.
Bayaz sorrise. Oh, non immagini quante! Torn a rivol-
gersi all'apprendista, a cui mostr una radice marrone. Ora,
Mastro Quai, saresti cos buono da dirmi come si chiama
questa?
Logen non pot evitare di sorridere tra s e s, perch
questa la sapeva.
Dai, forza, Mastro Quai, non abbiamo tutta la notte.
Logen non ne poteva pi di sopportare la sofferenza del-
l'apprendista, cos si pieg verso di lui, facendo finta di attiz-
zare il fuoco con un bastoncino, diede un colpo di tosse per
camuffare le sue parole e sussurr Piede di Corvo, in
modo appena percettibile. Bayaz era abbastanza lontano e,
con lo stormire delle foglie, era impossibile che l'avesse sen-
tito.
Quai fece bene la sua parte e continu a fissare la radice
con la fronte aggrottata, mentre fingeva di pensare. Piede
di Corvo?, azzard.
Bayaz lo guard perplesso. S, esatto. Ben fatto, Mala-
cus. Puoi parlarmi dei suoi usi?
Logen toss di nuovo. Ferite, bisbigli con la mano da-
vanti alla bocca, guardando i cespugli con aria indifferente.
Forse non ne sapeva molto sulle piante, ma in materia di feri-
te aveva parecchia esperienza.
Credo che serva per le ferite, disse Quai lentamente.
Eccellente, Mastro Quai. Piede di Corvo, giusto. E si usa
per curare le ferite. Sono contento di vedere che stiamo fa-
cendo progressi, finalmente. Si schiar la voce. Tuttavia,
curioso che tu abbia usato quel nome, perch diffuso solo a
nord delle montagne. Io, di certo, non ti ho mai insegnato a
chiamarla cos. Mi chiedo, chi conosci che proviene da quel-
la parte del mondo? Scocc un'occhiata a Logen. Hai mai
preso in considerazione una carriera nelle arti magiche, Ma-
stro Novedita? Guard di nuovo Quai con gli occhi soc-
chiusi. Potrei aver bisogno di un nuovo apprendista.
Malacus abbass la testa. Mi dispiace, Maestro Bayaz.
S, ci scommetto. Forse potresti lavare i piatti per noi.
Sarebbe un impiego pi adatto al tuo tipo di talento.
Con riluttanza Quai si tolse la coperta di dosso, raccolse
le ciotole sporche e si trascin nella boscaglia in direzione
del corso d'acqua. Bayaz si pieg sul tegame posato sul fuo-
co e aggiunse qualche foglia secca all'acqua che bolliva. La
luce tremolante delle fiamme gli illumin la parte inferiore
della faccia, mentre il vapore cominciava ad arricciarsi in
aria attorno alla sua testa calva. Tutto sommato, la sua spe-
cializzazione gli si addiceva.
Che cos'?, chiese Logen nel prendere la pipa. Un in-
cantesimo? Una pozione? Un grande esempio di Nobile
Arte?
T.
Eh?
Foglie di una certa pianta che vengono bollite in acqua.
considerato un lusso a Gurkhul. Vers un po' dell'infuso
in una tazza. Vuoi provarlo?
Logen lo annus con sospetto. Puzza di piedi.
Come vuoi. Bayaz scosse la testa e si rimise a sedere
davanti al fuoco, avvolgendo le dita attorno alla tazza fuman-
te. Ma ti stai perdendo uno dei doni pi belli che la natura
abbia mai fatto all'uomo. Bevve un sorso, poi fece schioc-
care le labbra soddisfatto. Calma la mente e rinvigorisce il
corpo. Ci sono pochi mali che una buona tazza di t non pos-
sa curare.
Logen infil un pezzo di chagga nel focolaio della pipa.
Anche un'ascia conficcata in testa?
Quella una delle poche cose, ammise Bayaz con un
ghigno. Dimmi, Mastro Novedita, perch tutto quest'astio
tra te e Bethod? Non hai combattuto per lui in pi occasioni?
Perch vi odiate tanto?
Logen fece una pausa, mentre prendeva una boccata dalla
pipa ed esalava il fumo. Vari motivi, disse freddamente.
Le ferite erano ancora fresche e non gli piaceva che qualcuno
le andasse a stuzzicare.
Ah, vari. Bayaz abbass gli occhi sulla tazza. E che
mi dici dei tuoi motivi? L'ostilit non reciproca?
Forse.
Ma sei disposto ad aspettare?
Devo.
Mmmh. Sei molto paziente per essere un Uomo del
Nord.
Logen pens a Bethod, ai suoi figli ripugnanti e a tutti gli
uomini buoni che avevano ucciso in nome della loro ambi-
zione. Gli uomini che lui aveva ucciso in nome della loro
ambizione. Pens agli Shanka, alla sua famiglia, alle rovine
del villaggio vicino al mare. Pens a tutti gli amici che aveva
perso. Risucchi l'aria tra i denti serrati e fiss il fuoco.
Ho regolato alcuni conti ai miei tempi, ma ne ho creati
altri. La vendetta ti fa sentire bene, per un lusso. Non ti
riempie lo stomaco, n ti ripara dalla pioggia. Per combattere
i miei nemici ho bisogno di amici alle mie spalle, e io di ami-
ci sono rimasto a corto. Bisogna essere realisti. Da parecchio
tempo ormai non ho altra ambizione che arrivare vivo alla
fine di ogni giornata.
Bayaz scoppi a ridere, gli occhi luccicanti al bagliore del
fuoco. Che c'?, chiese Logen mentre gli passava la pipa.
Non offenderti, ma sei una fonte infinita di sorprese.
Non per niente come mi aspettavo. Sei un enigma.
Io?
Oh, s! Novedita il Sanguinario, sussurr, strabuzzando
gli occhi. Ti porti dietro una bella reputazione da duro, ami-
co mio. Si raccontano certe storie! Hai una pessima nomea.
Pensa che le madri le raccontano ai figli per spaventarli!
Logen non fiat poich sapeva che era vero. Bayaz prese una
lenta boccata dalla pipa, prima di esalare un lungo pennac-
chio di fumo. Stavo ripensando a quel giorno in cui il Prin-
cipe Calder venuto a trovarci.
Logen sbuff. Io non mi spreco a pensare a lui.
Nemmeno io, ma non stato il suo comportamento a
colpirmi, bens il tuo.
Ah s? Ma se non ho fatto niente!
Bayaz punt il bocchino della pipa verso di lui, che era
seduto dall'altra parte del fuoco. Ah, ma esattamente que-
sto il punto. Ho conosciuto molti uomini di guerra, soldati,
generali, campioni e quant'altro. Un grande combattente
deve agire alla svelta, con decisione, che sia da solo o con un
esercito, perch chi colpisce per primo di solito colpisce an-
che per ultimo. Quindi i guerrieri finiscono con l'affidarsi ai
loro istinti pi biechi, a rispondere sempre con la violenza, a
diventare fieri e brutali. Bayaz ripass la pipa a Logen. Ma
a dispetto di tutte le storie che si raccontano, tu non sei cos.
Conosco parecchia gente che non sarebbe d'accordo con
voi.
Forse. Eppure il fatto rimane: Calder ti ha insultato e tu
non hai fatto niente. Dunque sai quando devi agire, e agire
velocemente, ma sai anche quando non devi farlo. Ci dimo-
stra moderazione e una mente calcolatrice.
O forse avevo solo paura.
Di lui? Andiamo! Non hai avuto paura di Toro, mi par-
so, e lui ben pi preoccupante! Hai camminato quaranta
miglia con il mio apprendista sulle spalle, una cosa che di-
mostra coraggio e compassione. Combinazione rara, direi.
Violenza e controllo, calcolo e compassione Senza contare
che parli con gli spiriti.
Logen alz un sopracciglio. Non tanto spesso, e solo
quando non c' nessun altro in giro. I loro discorsi sono noio-
si e neanche lontanamente lusinghieri quanto i vostri.
A-ha! Questo vero. So che gli spiriti hanno poco da
dire agli uomini, anche se non ci ho mai parlato perch non
ho il dono. In pochi ce l'hanno di questi tempi. Bevve un al-
tro sorso dalla tazza, sempre tenendo d'occhio Logen da so-
pra il bordo. Non mi viene in mente nessuno oltre a te che
sia ancora vivo.
Malacus riapparve tra gli alberi, tutto tremante, e pos le
ciotole bagnate per terra, poi afferr la coperta e se la avvol-
se stretta stretta attorno alle spalle. Guard speranzoso il te-
game fumante sul fuoco. t?
Bayaz lo ignor. Dimmi, Mastro Novedita, da quando
sei arrivato alla mia biblioteca non mi hai mai chiesto perch
ti ho mandato a chiamare, o perch adesso stiamo vagando
per il Nord a rischio delle nostre vite. Mi sembra strano.
Non lo . che non voglio saperlo.
Non vuoi?
tutta la vita che cerco di sapere le cose. Che c' oltre le
montagne? Che cosa pensano i miei nemici? Quali armi use-
ranno contro di me? Di quali amici posso fidarmi? Scroll
le spalle. La conoscenza sar pure la radice del potere, ma
pi cose conosco e peggio mi sento. Tir ancora una bocca-
ta dalla pipa, ma il chagga era finito, cos la sbatt piano per
terra onde svuotare il focolaio dalla cenere. Qualsiasi cosa
voi vogliate da me, cercher di farla, ma non voglio sapere
di cosa si tratta finch non il momento. Sono stanco di
prendere le mie decisioni. Non sono mai quelle giuste. L'i-
gnoranza la medicina migliore, diceva sempre mio padre.
Non voglio sapere.
Bayaz lo fiss. Era la prima volta che Logen vedeva un'e-
spressione sorpresa sul volto del Primo Mago. Malacus Quai
si schiar la voce. A me piacerebbe saperlo, disse con una
vocina, mentre guardava il suo maestro con aria innocente.
S, mormor Bayaz, ma non hai il permesso di chie-
derlo.

Fu verso mezzogiorno che tutto cominci ad andare stor-


to, proprio quando Logen stava iniziando a pensare che forse
ce l'avrebbero fatta a raggiungere il Fiume Bianco, magari
anche ad arrivare vivi fino alla fine della settimana. Fu come
se avesse perso la concentrazione per un solo attimo, ma
sfortunatamente fu proprio l'attimo decisivo.
Avevano fatto le cose per bene, bisognava riconoscerglie-
lo: oltre ad aver scelto con attenzione il luogo in cui appo-
starsi, avevano avvolto degli stracci attorno agli zoccoli dei
cavalli, per attutirne il rumore. Tretronchi l'avrebbe previsto,
perch sapeva studiare il terreno come nessun altro; ma Tre-
tronchi non c'era. Mastino avrebbe sentito l'odore, perch
aveva naso per queste cose; ma Mastino non c'era. Il fatto era
che nessuno di loro era l. I morti non sono di nessun aiuto.
Tre uomini a cavallo, con tanto d'armi e armature, li sta-
vano aspettando dietro un angolo cieco, volti sporchi ma
armi scintillanti, tutti e tre veterani di guerra. Quello sulla
destra era tarchiato, dall'aspetto possente e quasi senza collo,
mentre l'altro sulla sinistra era un tipo allampanato, con due
occhietti duri; entrambi avevano elmi rotondi sulla testa, cot-
te di maglia segnate dalle intemperie e lunghe lance gi ab-
bassate e pronte. Il loro capo, che sedeva sul cavallo come
un sacco di patate, quasi sbracato sulla sella con tutta la di-
sinvoltura di un cavaliere esperto, fece un cenno della testa a
Logen. Novedita! Il Brynn! Novedita il Sanguinario! bel-
lo rivederti.
Dito Nero, mormor Logen, sforzandosi di sorridere in
modo amichevole. Vederti mi scalderebbe il cuore, se le
cose stessero diversamente.
Stanno come stanno. Mentre il vecchio guerriero parla-
va, i suoi occhi si spostarono lentamente su Bayaz, poi su
Quai e infine su Logen, in modo da capire quante armi aves-
sero addosso - o quante non ne avessero, piuttosto - ed esco-
gitare una strategia. Se il loro avversario fosse stato pi stu-
pido, avrebbero avuto qualche possibilit in pi, ma Dito
Nero era un Nominato, non uno sciocco qualsiasi. I suoi oc-
chi si posarono sulla mano di Logen, che si stava lentamente
avvicinando all'elsa della spada, cos il guerriero scosse pia-
no la testa. Non tentare uno dei tuoi trucchetti, Sanguinario.
Non vedi che vi abbiamo in pugno? Fece un cenno verso gli
alberi alle loro spalle.
Il cuore di Logen sprofond in un abisso. Altri due uomini
a cavallo, comparsi dal nulla, venivano al trotto verso di loro
per completare la trappola; gli zoccoli fasciati dei loro caval-
li a malapena si sentivano sul terreno morbido che costeggia-
va la strada. Logen si morse il labbro. Dito Nero aveva ra-
gione, accidenti a lui. I quattro cavalieri li circondarono,
puntandogli contro le lance, con un'espressione gelida e con-
centrata. Malacus Quai li fiss spaventato e il suo cavallo ar-
retr di un passo; Bayaz sorrideva beatamente come se aves-
se appena incontrato i suoi pi vecchi amici, ma Logen, che
invece aveva il cuore in gola e un retrogusto di sconfitta in
bocca, avrebbe voluto che lo stregone mostrasse un po' di
contegno.
Dito Nero spron il cavallo ad avanzare senza neanche
usare le redini, una mano stretta attorno al manico di un'a-
scia, l'altra posata sul ginocchio. Era un cavallerizzo eccezio-
nale, famoso per questo. Ecco che succede quando a un
uomo cadono tutte le dita dei piedi a causa del gelo. A caval-
care si fa prima che a camminare, questo s, ma quando si
trattava di combattere, Logen preferiva tenere i piedi ben
piantati per terra. Meglio che veniate con noi, adesso, dis-
se il vecchio guerriero, meglio per tutti.
Logen non era per niente d'accordo, ma la situazione era
brutta davvero. La spada aveva una voce, come aveva detto
Bayaz, per una lancia era mille volte meglio per disarciona-
re un uomo, e attorno a lui ce n'erano quattro che lo puntava-
no, sempre pi vicine. L'avevano beccato con la guardia ab-
bassata, sguarnito e in minoranza. Ciononostante, sempre
meglio cercare di guadagnare tempo e sperare in qualche
possibilit inaspettata. Cos, Logen si schiar la voce, facen-
do del suo meglio per nascondere la paura, e disse: Non
avrei mai creduto che facessi pace con Bethod, Dito Nero.
Non tu.
Il vecchio guerriero si gratt la lunga barba piena di nodi.
Sono stato uno degli ultimi, a dire la verit, ma s, anche io
mi sono inginocchiato alla fine, come tutti gli altri. Non che
mi sia piaciuto, ma cos stanno le cose. Meglio che mi conse-
gni la spada, Novedita.
E Yawl il Vecchio? Vorresti dirmi che anche lui si sot-
tomesso a Bethod? Oppure hai solo trovato un padrone che ti
fa pi comodo?
Dito Nero non si irrit affatto per la frecciata, sembrava
invece triste e stanco. Yawl morto, come se non lo sapes-
si Quasi tutti sono morti. Bethod non mi piace per niente
come capo, e nemmeno i suoi figli. Chi vorrebbe leccare il
culo grasso di Toro o quello scheletrico di Calder? Dovresti
saperlo bene. Ora, dammi la spada. Il giorno si consuma e
abbiamo parecchia strada da fare. La chiacchierata sar la
stessa anche se non sarai armato.
Yawl morto?
S, disse Dito Nero, sospettoso. Ha sfidato Bethod a
duello. Ma non l'hai saputo? Il Temuto l'ha sistemato al suo
posto.
Il Temuto?
Ma dove sei stato, tumulato sotto una montagna?
Pi o meno. Chi il Temuto?
Non lo so chi . Dito Nero si pieg verso il basso e spu-
t nell'erba. Ma ho sentito dire che non umano. Le voci
dicono che quella cagna di Caurib l'ha creato dalle fonda-
menta di una collina. Chi lo sa? Comunque, il nuovo cam-
pione di Bethod, ed molto pi cattivo del precedente. Senza
offesa.
Nessuna offesa, disse Logen. L'uomo senza collo gli si
era avvicinato ancora di pi, forse un po' troppo, visto che la
punta della sua lancia oscillava a un paio di piedi di distanza
da Logen. Adesso, per, era forse pi a portata di mano.
Yawl il Vecchio era un uomo forte.
Gi. Per questo lo seguivamo tutti. Ma non gli servito a
niente. Quel tale, il Temuto, l'ha spezzato in due, come un
cane. L'ha lasciato vivere, se quella si pu chiamare vita, af-
finch noi imparassimo dal suo errore, ma non vissuto a
lungo. Quasi tutti ci siamo piegati allora, almeno quelli con
moglie e figli. Non aveva senso rimandare. C' ancora qual-
cuno, sulle montagne, che non intende piegarsi a Bethod.
Quel pazzo adoratore della luna, Crummock-i-Phail, e i suoi
uomini delle colline, pi alcuni altri. Non sono molti, ma Be-
thod ha dei piani in serbo per loro. Dito Nero allung una
grossa mano callosa. meglio che mi consegni la spada,
Sanguinario. Con la sinistra, se non ti dispiace, lentamente. E
niente trucchetti. meglio per tutti.
Era il momento, non c'era pi tempo. Logen avvolse le tre
dita della mano sinistra attorno all'elsa della spada e ne sent
il metallo freddo premuto contro il palmo. Quello grosso si
fece avanti con la lancia, ma quello alto pareva essersi rilas-
sato talmente era sicuro di averlo in pugno, e infatti la punta
della sua lancia era rivolta verso l'alto. Non c'era modo di sa-
pere che cosa stessero facendo gli altri due dietro. Il deside-
rio di guardarsi le spalle era quasi irresistibile, ma Logen si
costrinse a fissare davanti a s.
Ti ho sempre rispettato, Novedita, anche quando erava-
mo avversari. Non ho nulla contro di te, ma Bethod vuole
vendetta, una cosa che gli sta dando alla testa, e io ho giu-
rato di servirlo. Dito Nero lo fiss con uno sguardo diretto e
triste. Mi dispiace che debba essere io, per quel che vale.
Stessa cosa per me, mormor Logen, mi spiace che
debba essere tu. Estrasse lentamente la spada dal fodero.
Per quel che vale. All'improvviso fece scattare il braccio in
avanti e colp la bocca di Dito Nero con il pomello dell'elsa.
Il vecchio guerriero emise un grido roco quando il metallo
smussato gli frantum i denti, poi cadde all'indietro, mollan-
do l'ascia che piomb sferragliando sul sentiero. Logen affer-
r l'asta della lancia dell'uomo grosso appena sotto la punta.
Scappate!, grid a Quai, ma l'apprendista si limitava a
restituirgli uno sguardo allibito. L'uomo senza collo stratton
la lancia con una forza tale che Logen rischi di cadere dalla
sella, ma la sua presa sull'asta era salda, cos si alz in piedi
facendo forza sulle staffe e sollev la spada in alto sulla te-
sta. Senzacollo tolse d'istinto una mano dall'asta e la alz per
ripararsi, terrorizzato, allora Logen cal la spada con tutta la
forza che aveva.
Fu uno shock scoprire quanto fosse affilata, tanto da am-
putare il braccio del nemico appena sotto il gomito, affondar-
gli nella spalla, fendendo le pellicce e la cotta, fino allo sto-
maco: l'uomo era quasi tagliato in due. Un fiume di sangue
prese a scrosciare sulla strada e schizz anche sul muso del
cavallo di Logen, che era addestrato a portare l'uomo ma non
alla guerra, perci fu colto dal panico e si impenn, girando
su se stesso prima di ricadere sulle zampe anteriori e comin-
ciare a tirare calci. Il meglio che Logen pot fare fu restare in
groppa a quel dannato animale. Con la coda dell'occhio, vide
Bayaz schiaffeggiare il didietro della cavalcatura di Quai,
che part subito al galoppo con l'apprendista che sobbalzava
sulla sella, seguito dal cavallo da soma.
Poi tutto divenne un caos di bestie imbizzarrite e sbuffi,
clangore di metallo raschiante, imprecazioni e grida. Batta-
glia. Una cosa familiare per Logen, ma non per questo meno
terrificante. Resse le redini con la destra mentre il cavallo si
dimenava per disarcionarlo, e intanto mulinava la spada sulla
testa come un forsennato, pi per spaventare che per ferire i
nemici. Da un momento all'altro si aspettava di sentire la
scossa di una lancia che lo trapassava e poi il dolore atroce
mentre piombava per terra, morente
Vide Quai e Bayaz che fuggivano al galoppo lungo la
strada, inseguiti da vicino dall'uomo alto, che teneva la lan-
cia infilata sotto l'ascella. Vide Dito Nero rimettersi in piedi
con difficolt, sputacchiare sangue e precipitarsi verso l'ascia
e vide i due uomini che avevano chiuso la trappola da dietro
lottare nel tentativo di controllare i cavalli imbizzarriti, men-
tre le lance ondeggiavano. Vide anche il cadavere di quello
che aveva appena ucciso scivolare pian piano dalla sella, pra-
ticamente tagliato a met, per poi cadere sul suolo fangoso
che il suo stesso sangue aveva inzuppato.
Logen lanci un grido acuto quando qualcuno dietro di lui
gli trafisse la spalla, spingendolo in avanti contro la testa del-
l'animale, ma si rese subito conto, nel guardare la strada sotto
di s, di essere ancora vivo. Affond gli sproni nei fianchi
del destriero, che part al galoppo schizzando fango sulle fac-
ce degli inseguitori, poi si pass la spada nella mano destra
durante la corsa, rischiando di farsi sfuggire le redini e di ca-
dere da cavallo. Scroll la spalla, ma la ferita non sembrava
grave, visto che poteva ancora muovere il braccio abbastanza
bene.
Sono ancora vivo. Ancora vivo. La strada scorreva rapi-
da sotto di lui e il vento gli sferzava gli occhi. Stava guada-
gnando terreno sullo spilungone, perch gli stracci avvolti at-
torno agli zoccoli del suo cavallo lo rallentavano e lo faceva-
no slittare sul fango; allora Logen strinse pi che pot l'elsa
della spada e la sollev in alto. La testa del nemico scart da
una parte, ma era troppo tardi: la lama cozz contro l'elmo
con un clangore sordo, producendo un'ammaccatura profon-
da. L'uomo cadde di sella ma avendo ancora un piede ancora
infilato nella staffa fu trascinato mentre la testa gli rimbalza-
va sul terreno, poi si liber e il suo corpo rotol inerte sull'er-
ba. Il cavallo continuava a galoppare senza una guida e rivol-
se gli occhi verso Logen, che lo stava superando.
Ancora vivo. Alle sue spalle, Dito Nero era tornato in
sella per inseguirlo, con l'ascia levata sopra la testa e i capelli
scomposti che svolazzavano al vento. Gli altri due lancieri,
di fianco a lui incitavano i cavalli. Logen scoppi a ridere,
perch forse ce l'aveva fatta, dopotutto. Agit la spada in di-
rezione di Dito Nero, proprio mentre la strada si insinuava
all'interno di un bosco sul fondo della vallata.
Sono ancora vivo!, grid con tutta la voce che aveva in
corpo; inaspettatamente, per, il suo cavallo si arrest di col-
po. Logen riusc a tenersi in sella e a non essere scagliato ol-
tre la testa dell'animale solo perch gli gett un braccio attor-
no al collo, ma non appena si fu rimesso dritto si trov di
fronte a un problema bello grosso.
Diversi tronchi d'albero erano stati trascinati in mezzo alla
strada, i monconi dei rami tagliati erano stati affilati fino a
farne delle punte aguzze, che irrompevano minacciose in tut-
te le direzioni. Altri due Scagnozzi con cotte di maglia si tro-
vavano davanti a questa palizzata, con le lance gi pronte.
Neanche il cavallerizzo migliore del mondo avrebbe potuto
superare quella barriera con un salto, e Logen non era il ca-
vallerizzo migliore del mondo. Bayaz e l'apprendista, a quan-
to pareva, la pensavano come lui, dal momento che entrambi
sedevano immobili sulle selle davanti alla barricata, il vec-
chio sconcertato, il giovane semplicemente spaventato.
Logen tast l'impugnatura della spada e si guard intorno
nel tentativo disperato di trovare una via d'uscita tra gli albe-
ri. Allora li vide. Arcieri. Uno, ora due, ora tre, che striscia-
vano lentamente fuori dalla boscaglia a entrambi i lati della
strada, frecce gi incoccate e corde gi tirate.
Logen si gir sulla sella, ma Dito Nero e i suoi due com-
pagni stavano arrivando al trotto, per cui da quella parte non
si poteva scappare. Tirarono le redini a qualche passo di di-
stanza da lui, ben lontani dalla portata della sua spada. Logen
si afflosci. L'inseguimento era finito. Dito Nero si pieg in
avanti e sput del sangue per terra. E va bene, Sanguinario,
sei giunto alla fine.
Buffo, borbott Logen con lo sguardo basso sulla lama
grigia della spada, in parte imbrattata di rosso. Tutto il tem-
po a combattere per Bethod contro di voi, e ora voi combat-
tete per lui contro di me. Pare che non ci troviamo mai dalla
stessa parte, e chi vince sempre e soltanto lui. Buffo.
Gi, fece Dito Nero tra le labbra sanguinanti, buffo.
Eppure non rideva nessuno. Lui e i suoi Scagnozzi avevano
certe facce dure come il marmo, mentre Quai pareva sull'orlo
del pianto. Solo Bayaz, per ragioni incomprensibili, aveva
conservato il suo solito buon umore. D'accordo, Novedita,
scendi da cavallo. Bethod ti vuole vivo, ma se deve averti
morto non fa niente. Gi! Ora!
Logen cominci a spremersi le meningi per trovare il
modo di fuggire una volta che si fosse arreso, ma Dito Nero
non avrebbe pi commesso errori. L'avrebbero preso a calci
fino quasi ad ammazzarlo per aver dato loro battaglia, gli
avrebbero spezzato le ginocchia e, assieme agli altri, li
avrebbero legati stretti come polli pronti per il macello. Si
immagin buttato sulle pietre, con mezzo miglio di catena
stretta attorno a s, Bethod soddisfatto dall'alto del suo trono,
Calder e Toro che se la ridevano, mentre lo pungolavano con
qualcosa di appuntito.
Guard le fredde punte di freccia e le fredde punte di lan-
cia, guard gli occhi freddi degli uomini puntati su di loro.
Non c'era modo di fuggire da l.
Va bene, hai vinto. Logen scagli la spada di punta sul
terreno, nella speranza che penetrasse nel terriccio e rimanes-
se l dritta a ondeggiare avanti e indietro; quella invece si ro-
vesci e cadde di piatto con un clangore. Era una di quelle
giornatacce. Fece passare lentamente una gamba sopra la sel-
la e scivol gi da cavallo.
Cos va meglio. Ora anche voi. Quai scese all'istante e
rimase impalato a guardare nervosamente Bayaz, ma il Mago
non si mosse. Dito Nero aggrott la fronte e sollev l'ascia.
Anche tu, vecchio.
Io preferisco restare in sella. Logen fece una smorfia.
Non era la risposta giusta. Dito Nero avrebbe dato l'ordine da
un momento all'altro, dopo di che le corde degli archi avreb-
bero fischiato e il Primo Mago sarebbe caduto per terra, ri-
dotto come un puntaspilli, ma probabilmente ancora con quel
sorriso irritante sulla faccia morta.
Tuttavia l'ordine non venne. Non ci fu alcuna parola ma-
gica, nessuno strano incantesimo, nessun gesto arcano. L'aria
che circondava Bayaz parve tremolare, come accade in lonta-
nanza quando fa caldo, e Logen sent d'improvviso uno stra-
no nodo allo stomaco.
Poi gli alberi esplosero in un muro di fuoco al calor bian-
co, accecante, incandescente. I tronchi scoppiarono, i rami si
spezzarono con degli schiocchi assordanti, creando dei pen-
nacchi di fuoco brillante e vapore rovente. Una freccia infuo-
cata fu lanciata in aria sopra la testa di Logen, ma di colpo
gli arcieri erano scomparsi, inghiottiti dalla fornace.
Barcollando all'indietro tra lo shock e il terrore, Logen te-
neva le braccia alzate per proteggersi il viso dall'insopporta-
bile calore, mentre tossiva per non soffocare. La palizzata ri-
gurgitava enormi vampate di fuoco mescolate a scintille
chiarissime, e i due uomini che vi erano di guardia adesso si
rotolavano, si dimenavano, avvolti dalle fiamme, ma le loro
urla erano sovrastate dall'immane boato.
I cavalli giravano su se stessi e si lanciavano in avanti, ni-
trendo in preda a una folle paura. Dito Nero, disarcionato per
la seconda volta, si fece sfuggire di mano l'ascia in fiamme e
rimase schiacciato sotto il suo cavallo, quando la bestia in-
ciamp. Ma uno dei suoi compagni fu anche meno fortunato:
il suo destriero lo butt direttamente nel muro di fiamme che
lambiva la strada e le sue grida cessarono ben presto di esse-
re udite. Solo uno rimaneva ancora in sella, uno tanto fortu-
nato da indossare dei guanti, che gli permisero di tenere an-
cora in mano la lancia infuocata.
Come fece quell'uomo ad avere la presenza di spirito di
partire alla carica mentre il mondo andava a fuoco attorno
lui, Logen non lo seppe mai, d'altronde possono succedere
strane cose durante uno scontro. Comunque, aveva scelto
Quai come bersaglio e stava avanzando, minaccioso e rin-
ghiante, verso di lui, con la lancia che puntava diritta al suo
petto. L'apprendista era impietrito dal panico e non si mosse,
neanche avesse messo radici in quel punto, cos Logen affer-
r la spada al volo, si fiond su di lui e lo butt per terra; fa-
cendolo rotolare con le mani sopra la testa. Poi, senza pen-
sarci troppo, inferse un colpo alle zampe del cavallo che gli
era sfrecciato accanto, ma l'arma gli fu strappata dalle dita e
scivol lontano dalla sua portata; oltre tutto si becc una zoc-
colata alla spalla ferita, che lo fece crollare nella polvere e
gli tolse tutto il fiato che aveva in corpo. Per un istante il
mondo divenne un mare di fuoco vorticante. Tuttavia, il fen-
dente aveva anche avuto i suoi effetti, e infatti, qualche passo
pi gi lungo la strada, le zampe del cavallo cedettero, l'ani-
male fu sbalzato in avanti senza possibilit di fermarsi e ca-
pitombol nel fuoco, svanendo in un attimo assieme al cava-
liere.
Logen si guard attorno in cerca della spada. Le foglie
sfrigolanti che svolazzavano sulla strada gli bruciavano le
mani e la faccia. Il calore era come un peso enorme che lo
opprimeva, che gli strappava ogni goccia d'acqua dalla carne.
Alla fine, avvist l'elsa insanguinata della sua arma, la affer-
r con le dita piene di tagli, quindi si alz in piedi barcollan-
te e cominci a muoversi tutto intorno con passo malfermo,
mentre gridava parole incomprensibili dettate dalla rabbia.
Ma non rimaneva pi nessuno da combattere. Le fiamme
erano scomparse all'improvviso cos come erano divampate.
Logen rimase a tossire e a lacrimare tra volute di fumo.
Il silenzio fu assoluto dopo il ruggito dell'incendio e la
brezza leggera sembrava gelida. Degli alberi attorno a loro
rimaneva solo un ampio circolo di monconi scheggiati, che
fumavano come se avessero bruciato per ore. La palizzata
era ridotta a un cumulo molle di cenere grigia e schegge an-
nerite, accanto al quale erano stesi due corpi, a malapena ri-
conoscibili come umani, carbonizzati com'erano fino alle
ossa. Le punte annerite delle loro lance giacevano per terra,
ma le aste erano scomparse. Degli arcieri, invece, non v'era
traccia, forse ormai non erano altro che fuliggine portata via
dal vento. Quai era steso a faccia in gi, immobile, ancora
con le mani sulla testa, e dietro di lui il cavallo di Dito Nero
giaceva su un fianco, con una zampa che gli scattava, l'altra
immobile.
Bene, disse Bayaz. Quel suono attutito fece sussultare
Logen, che per qualche motivo si aspettava di non sentire
mai pi un rumore in vita sua. Non c' altro. Il Primo
Mago scavall la gamba dalla groppa dell'animale e scivol
di sella, mentre il cavallo se ne rimase l, fermo e obbediente.
Non aveva mosso un muscolo per tutto il tempo. Ecco, Ma-
stro Quai, vedi che cosa si pu fare se si comprende appieno
la natura delle piante?
La voce di Bayaz era calma, ma le sue mani tremavano
come foglie. Sembrava patito, malato e vecchio, come un
uomo che si era trascinato dietro un carretto per dieci miglia.
Logen lo fiss, dondolando pian piano avanti e indietro e
reggendo mollemente la spada.
Cos questa l'Arte, eh? La sua voce suon molto bassa
e distante.
Bayaz si deterse il sudore dalla faccia. Una specie. Non
del tipo pi fine, ma d'altra parte, disse stuzzicando uno dei
corpi carbonizzati con la punta dello stivale, la finezza
sprecata con gli Uomini del Nord. Fece una smorfia, si stro-
fin gli occhi infossati e sbirci lungo la strada. Ma dove
diavolo sono andati quei cavalli?
Logen sent un lamento strozzato nella direzione del ca-
vallo di Dito Nero e si diresse da quella parte un po' malfer-
mo. Inciamp e cadde, ma si rialz subito e riprese a cammi-
nare. La spalla gli faceva male da morire, il braccio sinistro
era intorpidito, le dita sanguinanti erano piene di tagli, ma
Dito Nero era messo peggio. Molto peggio. Si era appoggia-
to sui gomiti, le sue gambe erano fratturate fino al bacino per
via del peso del cavallo, le sue mani ustionate somigliavano
a degli stracci bruciati. Aveva un'espressione di profonda
perplessit sul viso, mentre provava, senza riuscirci, a tirarsi
fuori da sotto il corpo dell'animale.
Mi hai ammazzato, cazzo, sussurr mentre fissava alli-
bito quel che rimaneva delle sue mani. finita, non ce la
far mai a tornare e, anche se ci riuscissi, che cambierebbe?
Proruppe in una risata disperata. Bethod non pi pietoso
come una volta. Meglio che mi fai fuori adesso, prima che
cominci a farmi male. Molto meglio. Detto questo, si ab-
bandon per terra.
Logen guard Bayaz, ma non ricevette alcun aiuto da quel
fronte. Non sono bravo a guarire la gente, ribatt lo strego-
ne, con gli occhi rivolti al circolo di rami distrutti attorno a
s. Te l'ho detto che tendiamo a specializzarci. E cos di-
cendo chiuse gli occhi e si pieg in due, appoggiandosi le
mani sulle ginocchia e ansimando.
Logen ripens al pavimento della sala di Bethod, ai due
principi che ridevano e lo pungolavano. D'accordo, mor-
mor nell'alzarsi. Poi impugn la spada. D'accordo.
Dito Nero sorrise. Avevi ragione, Novedita. Non avrei
mai dovuto inginocchiarmi davanti a Bethod. Mai. Che pos-
sano crepare, lui e il Temuto. Sarebbe stato meglio morire
sulle montagne, ma combatterlo fino all'ultimo. Ci sarebbe
stato qualcosa di bello in questo. Ne ho avuto abbastanza. Tu
mi capisci, vero?
Ti capisco, disse Logen. Anche io ne ho avuto abba-
stanza.
Qualcosa di bello, disse Dito Nero, con lo sguardo per-
so nel cielo grigio. Non ne posso pi. Penso di meritarmi
questa fine. Quel che giusto giusto. Alz il mento. Va
bene. Fallo, ragazzo.
Logen lev la spada.
Sono contento che sia tu, Novedita, sibil Dito Nero tra
i denti sbarrati, per quel che vale.
Io no. La lama cal.
I ceppi bruciati continuavano a consumarsi senza fiamma
e da essi si alzavano ancora volute di fumo, ma tutto era
freddo ormai. Logen sentiva un sapore salato in bocca, come
quello del sangue, e pens che forse si era morso la lingua a
un certo punto. O forse era il sangue di qualcun altro. Gett
la spada, che rimbalz con un clangore e sparse macchioline
rosse sul terreno. Quai si guard attorno un attimo, poi si
pieg in due e cominci a vomitare. Logen fiss il corpo de-
capitato di Dito Nero. Era un uomo buono. Migliore di
me.
La storia piena di uomini buoni che muoiono. Bayaz
si inginocchi rigidamente e raccolse la spada, pul la lama
sulla giubba di Dito Nero e poi guard la strada, nel tentativo
di vedere attraverso il fumo. Dovremmo muoverci. Potreb-
bero arrivarne altri.
Logen abbass gli occhi sulle sue mani insanguinate, gi-
randole lentamente pi e pi volte. Erano le sue, senza dub-
bio. L c'era il dito mancante. Nulla cambiato, mormor
tra s e s.
Bayaz si rimise dritto e si tolse il terriccio dalle ginocchia.
Quando mai cambia qualcosa? Offr la spada a Logen, ma
gliela porse dalla parte dell'elsa. Credo che avrai ancora bi-
sogno di questa.
Logen la fiss per un istante: era pulita, di un grigio opa-
co, come era sempre stata. A differenza sua, non mostrava il
bench minimo graffio dopo il terribile trattamento che ave-
va subito quel giorno. Non la rivoleva pi. Mai pi.
Ma la prese lo stesso.
PARTE SECONDA

La vita, per com' fatta davvero, non una battaglia


tra il bene e il male, ma tra il male e il peggio.
Joseph Brodsky
20.

Com' fatta la libert

La punta della pala affond nel terreno, con il tipico stri-


dore del metallo contro la terra. Rumore sin troppo familiare.
Non penetr in profondit, a dispetto dello sforzo di chi sta-
va scavando, perch il terreno era duro come pietra, cotto dal
sole.
Ma lei non si sarebbe scoraggiata davanti a un po' di terra
indurita.
Aveva scavato talmente tante fosse, e su terreni assai peg-
giori di quello.
Quando la battaglia finita, se sei ancora viva, scavi tom-
be per i compagni morti, come ultimo segno di rispetto nei
loro confronti, anche se da vivi non li rispettavi affatto. Con-
tinui a scavare finch ne hai voglia, butti i cadaveri dentro, li
ricopri, loro marciscono e vengono dimenticati. Cos sem-
pre stato.
Con un colpo di spalla gett una palata di terra rossiccia
da una parte. Segu con gli occhi la zolla che si disintegrava
in aria in tanti granelli di terriccio e pietruzze, per poi cadere
sulla faccia di uno dei soldati. Il tizio la guardava con disap-
provazione da un occhio solo, dal momento che nell'altro c'e-
ra conficcata una delle sue frecce; qualche mosca gli ronzava
pigra attorno alla faccia. Per lui non ci sarebbe stata sepoltu-
ra, perch le tombe erano solo per la sua gente. Lui e quei
bastardi dei suoi amici potevano continuare a marcire sotto il
sole impietoso.
In fin dei conti, anche gli avvoltoi dovevano mangiare.
La pala produsse un lieve sibilo in aria quando lei la ri-
port contro il terreno. La affond di nuovo, gett via un al-
tro blocco indurito, quindi fece una pausa per asciugarsi il
sudore sulla faccia, mentre alzava lo sguardo verso il cielo
luminoso. Sopra la sua testa, il sole abbagliante faceva eva-
porare ogni goccia d'acqua rimasta in quella terra polverosa e
persino il sangue sulle rocce era gi secco. Guard le due
fosse accanto a s. Avrebbe finito quella, dopo di che avreb-
be ricoperto di terra quei tre idioti, un momento di riposo, e
poi via.
Molto presto, altri sarebbero venuti a cercarla.
Piant la pala nella terra, prese la ghirba e, dopo averla
stappata, bevve qualche sorso d'acqua tiepida, concedendosi
addirittura il lusso di versarsene un po' sulla mano sudicia,
per rinfrescarsi la faccia. Per lo meno la morte prematura dei
suoi compagni aveva messo fine ai continui litigi sull'acqua.
Adesso, finalmente, c'era da bere per tutti.
Acqua, rantol un soldato accanto alle rocce, che
sorprendentemente era ancora vivo. La sua freccia aveva
mancato il cuore, ma lo aveva ucciso lo stesso, solo in modo
pi lento di quanto avrebbe voluto. Sebbene fosse riuscito a
trascinarsi fino ai massi, il suo strisciare aveva i minuti con-
tati. I sassi attorno a lui erano gi ricoperti del suo sangue
scuro, per cui il calore e la freccia l'avrebbero finito presto,
per quanto tenace fosse.
Lei non aveva sete, c'era acqua in abbondanza, e non sa-
rebbe comunque stata in grado di trasportarla tutta. Mand
gi qualche altro generoso sorso, lasciando che l'acqua le si
riversasse fuori dalla bocca e le scorresse sul collo. Sprecare
acqua era un lusso raro nella Terre Arse. Le gocce splendenti
caddero sul terreno riarso, e lo scurirono. Si sciacqu nuova-
mente la faccia, si lecc le labbra e lanci uno sguardo al
soldato.
Piet, fece quello con voce roca, con una mano stret-
ta attorno alla freccia conficcata nel petto e l'altra allungata
debolmente verso di lei.
Piet! Ah! Riattapp la ghirba e la butt vicino alla fos-
sa. Ma non lo sai chi sono? Impugn la pala e la affond
di nuovo nel terreno.
Ferro Maljinn!, disse una voce alle sue spalle. Io so
chi sei!
Sviluppo inatteso e decisamente indesiderato.
Con la mente in tumulto, spost ancora la pala. L'arco
giaceva lontano dalla sua portata, accanto alla prima fossa
che aveva scavato. Gett via la palata di terra, mentre le spal-
le sudate le formicolavano per via di quella presenza dietro
di s. Il soldato morente stava fissando un punto dietro di lei,
e ci le diede una vaga idea di dove si trovasse il nuovo arri-
vato.
Conficcata la pala nella terra, moll di colpo l'impugnatu-
ra e balz fuori dalla fossa, si rotol nella polvere, afferr
l'arco al volo, incocc una freccia e tir la corda, il tutto con
un singolo, fluido movimento. Fu allora che vide un vecchio
disarmato, a circa dieci passi di distanza da lei, che se ne sta-
va impalato a guardarla con un sorriso benevolo.
Scocc la freccia.
Con un arco in mano Ferro era assolutamente letale, i die-
ci soldati morti l'avrebbero testimoniato, se avessero potuto.
Sei di loro avevano ancora le sue frecce che gli spuntavano
dal corpo e non aveva mancato nessuno. In effetti, che lei ri-
cordasse, in vita sua non aveva mai mancato un bersaglio a
distanza ravvicinata, malgrado la rapidit con cui aveva do-
vuto scoccare; inoltre, aveva fatto fuori uomini che si trova-
vano molto pi lontano di quel vecchio bastardo sorridente.
Eppure quella volta la sua mira fall.
La freccia parve curvarsi in aria. Forse fu colpa di un im-
pennaggio sbagliato, ma comunque c'era qualcosa che non
andava. Il vecchio non batt ciglio, non mosse un muscolo,
ma se ne rimase l, sorridente, esattamente dove era sempre
stato, mentre la freccia che lo aveva mancato di qualche cen-
timetro svan gi per la collina.
Ci diede a tutti il tempo di studiare la situazione.
Era un tipo strano, questo vecchio. A giudicare dal colore
scuro della sua pelle, che era nera come il carbone, doveva
essere giunto dal profondo Sud, attraverso il vasto deserto
senza ripari. Non era un viaggio che si poteva fare cos, a
tempo perso, e Ferro aveva conosciuto pochi uomini che vi
si erano avventurati. Alto e magro, con lunghe braccia nodo-
se, il vecchio indossava una veste semplice avvolta attorno al
corpo e ai polsi aveva una quantit di strani bracciali, che gli
arrivavano fino a met degli avambracci, scintillanti di luce e
d'ombra al sole rovente.
I capelli erano una massa grigia che gli incorniciava il
viso con ciocche simili a corde, alcune delle quali gli arriva-
vano al bacino, e aveva una barba ispida a coprire le guance
scavate e il mento prominente. Portava una grossa ghirba ap-
pesa al collo, mentre attorno ai fianchi, legato a una cintura,
c'era un mucchio di sacche di pelle. Nient'altro. Niente armi.
Questa era la cosa pi strana di tutte, che un uomo girasse di-
sarmato per le Terre Arse. Nessuno veniva in quel posto di-
menticato, tranne chi scappava, e i suoi inseguitori, ma in en-
trambi i casi portavano sempre delle armi con loro.
Non era un soldato di Gurkhul, e non era nemmeno uno
venuto a derubarla. Non era un bandito, non era uno schiavo
in fuga. Chi era, allora? E perch era l? Doveva essere ve-
nuto per lei, magari era uno di loro.
Un Mangiatore.
Chi altri si aggirerebbe per le Terre Arse senza un'arma?
Non aveva capito che la volessero cos tanto.
Il vecchio rimase l, immobile, ancora sorridente. Lei si
mosse lenta per prendere un'altra freccia e gli occhi di lui se-
guirono i suoi movimenti senza apprensione.
Quella non necessaria, disse con una voce lenta e pro-
fonda.
Quando lei incocc la freccia, il vecchio non si mosse, al-
lora Ferro scroll le spalle e si prese tutto il tempo per mirare
bene, mentre lui continuava a sorridere come se non avesse
nessuna preoccupazione al mondo. La freccia part, ma di
nuovo lo manc di un palmo, questa volta dall'altra parte, e
svan gi per la collina.
Una volta poteva capitare, va bene, ma due volte no. Se
c'era una cosa, una sola cosa che Ferro sapeva fare, era ucci-
dere. Quel vecchio bastardo avrebbe dovuto essere a terra,
trafitto dalle sue frecce, a grondare fuori l'anima sul terreno
roccioso. Invece, restandosene immobile a sorridere, pareva
dire: Sai meno di ci che credi di sapere. Io so di pi.
La cosa la irritava da morire.
Ma chi sei, vecchio bastardo?
Mi chiamano Yulwei.
Vecchio bastardo andr bene lo stesso. Butt l'arco e
abbandon le braccia lungo i fianchi, ma in modo che uno ri-
manesse nascosto dietro al suo corpo, dove, con un gesto del
polso, si fece scivolare in mano il coltello ricurvo nascosto
nella manica. Ci sono molti modi per uccidere un uomo, e se
uno non funziona bisogna provarne un altro.
Ferro non era mai stata una che si arrendeva alla prima
difficolt.
Yulwei cominci ad avanzare verso di lei, coi piedi nudi
che poggiavano sonoramente sulle rocce e i bracciali che tin-
tinnavano dolci. Ora che ci pensava, era molto strano che, fa-
cendo tutto quel baccano mentre camminava, non lo avesse
sentito arrivare. Come era riuscito a strisciarle alle spalle?
Che cosa vuoi?
Voglio aiutarti. Venne avanti e si ferm davanti a lei,
sempre con lo stesso sorriso, alla distanza di un braccio.
Con il coltello, Ferro era rapida come una serpe, e due
volte pi letale, come l'ultimo dei soldati avrebbe testimonia-
to, se avesse potuto. La lama saett scintillante in aria, con
tutta la forza e la furia di Ferro a guidarla. Se il vecchio fosse
stato dove lei aveva puntato, la testa gli sarebbe schizzata via
dal collo, solo che non era l, bens un po' pi a sinistra.
Allora lei gli si lanci contro con un grido di battaglia, in-
tenzionata a spingergli la lama nel cuore, ma accoltell sol-
tanto l'aria, poich il vecchio era tornato dove era prima, fer-
mo e sorridente per tutto il tempo. Molto strano. Gli gir at-
torno, cauta, strusciando i sandali nella polvere, la mano sini-
stra sospesa in aria davanti a s e la destra stretta attorno al
pugnale. Doveva fare attenzione, perch era chiaro che ci
fosse qualcosa di magico.
Non c' motivo di arrabbiarsi. Sono qui per aiutarti.
Fanculo il tuo aiuto, sibil lei.
Ma ne hai bisogno, e tanto anche. Stanno venendo per te,
Ferro. Ci sono soldati sulle colline, moltissimi soldati.
Li seminer.
Sono in troppi. Non riuscirai a seminarli tutti.
Scocc un'occhiata ai corpi trafitti. Allora li dar in pa-
sto agli avvoltoi.
Non questa volta. Non sono soli. Qualcuno li aiuta. Sul-
la parola "aiuta" la sua voce gi profonda si abbass ulterior-
mente di tono.
Sacerdoti?
S, e non solo. Il vecchio sgran gli occhi. Un Man-
giatore, sussurr. Vogliono prenderti viva. L'Imperatore
vuole che tu sia un esempio per tutti. Ha in mente di esporti
in bella mostra.
Lei sbuff. Che si fotta, l'Imperatore.
A quanto ho sentito, ci hai gi pensato tu
Lei ringhi e brand di nuovo il coltello, solo che non era
pi un coltello, bens una serpe sibilante che le si contorceva
in mano, un animale letale la cui bocca era gi aperta e pron-
ta a mordere. Ah! La butt per terra e le schiacci la testa,
ma poi si rese conto che stava colpendo il suo pugnale, la cui
lama si spezz con uno schiocco secco.
Ti prenderanno, disse il vecchio. E poi ti spezzeranno
le gambe a randellate sulla piazza della citt, cos non potrai
mai pi fuggire. Ti condurranno per le strade di Shaffa a dor-
so d'asino, ma girata di spalle, nuda e pelata, mentre la gente
davanti alla quale sfilerai ti coprir di insulti.
Lei lo guard con la fronte aggrottata, ma Yulwei conti-
nu. Ti faranno morire di fame chiusa in una gabbia davanti
al palazzo, ti lasceranno abbrustolire al sole ardente e tutta la
brava gente di Gurkhul ti derider, lanciando sputi e letame
attraverso le sbarre. Forse ti faranno bere piscio, se sarai for-
tunata. Quando finalmente morirai, ti lasceranno marcire, le
mosche ti divoreranno pezzo per pezzo, e allora, dopo che
tutti gli altri schiavi avranno visto com' fatta la libert, deci-
deranno di rimanere schiavi.
Ferro era stufa di ascoltare. Che venissero pure, assieme
al loro Mangiatore. Non sarebbe morta in una gabbia, piutto-
sto si sarebbe sgozzata da sola, se si fosse arrivati a questo.
Quindi gli diede le spalle, con la faccia piena di disprezzo e,
afferrata la pala, riprese a scavare furiosamente l'ultima fos-
sa, che presto fu profonda abbastanza.
Profonda abbastanza per la feccia che vi sarebbe marcita
dentro.
Poi si volt e vide Yulwei inginocchiato accanto al soldato
morente cui stava dando dell'acqua dalla ghirba che portava
appesa al petto.
Cazzo!, grid, e si diresse verso di loro con ampi passi,
le dita strette attorno all'asta della pala.
Il vecchio si alz in piedi quando la vide arrivare.
Piet, fece il soldato con voce roca, allungando una
mano.
Te la do io la piet! La punta della pala gli fracass la
testa. Il corpo ebbe qualche spasmo, poi giacque immobile;
allora Ferro guard il vecchio con aria di trionfo, ma nello
sguardo che lui le restitu c'era solo tristezza. Commiserazio-
ne, forse.
Che cosa cerchi, Ferro Maljinn?
Cosa?
Perch l'hai fatto? Yulwei indic il cadavere. Che cosa
cerchi?
Vendetta, sbott.
Su tutti quanti? Sull'intera nazione di Gurkhul? Su ogni
uomo, donna e bambino?
Tutti!
Il vecchio lanci un'occhiata ai corpi. Allora, il lavoro di
oggi deve averti reso molto felice.
Lei si costrinse a sorridere. S. Ma non era felice per
niente. Non ricordava neanche che cosa fosse la felicit, e di-
fatti il suo stesso sorriso le risult strano, insolito, sghembo.
Ed solo la vendetta a cui pensi, ogni minuto della tua
giornata, il tuo unico desiderio?
S.
Fare del male a loro? Uccidere loro? Finire loro?
S!
Non vuoi niente per te stessa?
Lei fece una pausa. Che?
Per te stessa. Che cosa cerchi per te?
Lo fiss con sospetto, ma non le venne in mente nessuna
risposta. Yulwei scosse la testa, intristito. A me sembra,
Ferro Maljinn, che tu sia ancora una schiava, come lo sei
sempre stata. E come sempre sarai. Si sedette a gambe in-
crociate su un masso.
Lei continu a fissarlo per un momento, confusa, finch la
rabbia non rimont di nuovo, bollente e rassicurante. Se sei
venuto per aiutarmi, allora dammi una mano a seppellirli!
Indic i tre corpi insanguinati, stesi uno dopo l'altro accanto
alle fosse.
Oh, no. Quello un lavoro per te.
Ferro diede nuovamente le spalle al vecchio, imprecando
a bassa voce, e si diresse da quelli che una volta erano i suoi
compagni. Prese il cadavere di Shebed sotto le braccia e lo
trascin fino alla prima tomba, mentre le sue scarpe si lascia-
vano dietro due leggeri solchi nel terreno. Ce lo butt dentro.
Il successivo fu Alugai, su cui si rovesci una piccola quanti-
t di terra secca, una volta piombato sul fondo della fossa.
A quel punto rivolse la sua attenzione alla carcassa di Na-
sar, ucciso da un colpo di spada in pieno viso. Ferro pens
che cos fosse un po' pi bello di prima.
Quello pare un bel tipo, disse Yulwei.
Nasar. Ferro rise, ma senza entusiasmo. Stupratore, la-
dro e codardo. Si fece salire un grumo di catarro in bocca e
gli sput in faccia da dove la bava cominci lentamente a co-
lare gi. In assoluto il peggiore dei tre. Ma poi, guardando
anche le altre fosse, aggiunse: Erano feccia tutti quanti, co-
munque.
Belle compagnie che frequenti!
Chi braccato non pu permettersi il lusso di scegliere i
propri compagni. Fiss la faccia sanguinolenta di Nasar.
Ci si accontenta.
Se li disprezzi tanto, perch non li lasci in pasto agli av-
voltoi, come hai fatto con gli altri? Yulwei fece un ampio
gesto del braccio per indicare tutti i morti stesi a terra.
Seppellisci solo i tuoi. Spinse Nasar nella fossa con un
calcio. Il cadavere rotol con le braccia inerti e precipit nel-
la tomba con la faccia in avanti. Cos sempre stato.
Afferr la pala e cominci a buttargli terra pietrosa sulla
schiena. Lavor in silenzio, mentre il sudore le si accumula-
va sulla faccia e poi gocciolava per terra. Yulwei la osserv
riempire le fosse, altri tre mucchi di terra nel deserto. Alla
fine Ferro gett via la pala, che rimbalz su uno dei cadaveri
e piomb sferragliando tra le rocce. Una piccola nube di mo-
sche si alz ronzando dal corpo, per poi riposarvisi subito so-
pra.
Raccolse arco e frecce e se li mise in spalla, poi prese la
ghirba, la soppes con attenzione e si gett in spalla anche
quella. Dopo di che prese a esaminare i cadaveri, a comincia-
re da quello che pareva il capo; aveva una bella sciabola che
non aveva neanche fatto in tempo a sfoderare prima di venire
trapassato all'altezza del collo da una sua freccia. Ferro la
estrasse adesso e la prov, menando un paio di fendenti in
aria. Era una buona spada, ben calibrata, brillante per la leta-
le affilatura, e l'elsa risplendeva al sole. L'uomo aveva anche
un pugnale abbinato alla sciabola, cos Ferro lo prese e si in-
fil entrambe le lame nella cintura.
Frug gli altri corpi, ma non trov molto altro da sgraffi-
gnare. Strapp le frecce dai cadaveri, dove poteva, e gett
via alcune monete che aveva appena trovato, perch l'avreb-
bero soltanto appesantita durante la marcia; d'altronde, che
cosa poteva comprarci nelle Terre Arse? La polvere?
Perch non c'era altro, e non era neanche in vendita.
I soldati avevano anche qualche pezzo di cibo, che per
non sarebbe bastato neanche per un giorno, e ci significava
che ce n'erano altri come loro, probabilmente molti, non lon-
tano. Yulwei diceva dunque la verit, ma per lei non faceva
alcuna differenza.
Si volt per incamminarsi verso sud, lungo la collina e in
direzione del grande deserto, lasciandosi il vecchio alle spal-
le.
Quella la parte sbagliata, disse lui.
Al che lei si ferm a guardarlo con gli occhi stretti per la
forte luce. Ma non stavano arrivando i soldati?
Gli occhi di Yulwei brillarono. Ci sono molti modi per
non farsi notare, persino qui nelle Terre Arse.
Lei guard a nord, lungo la piana monotona che si esten-
deva a perdita d'occhio. Verso Gurkhul. Non c'era una colli-
na, n un albero, n un cespuglio per miglia e miglia. Non
c'era nessun posto in cui nascondersi. Senza farsi notare?
Nemmeno da un Mangiatore?
Il vecchio scoppi a ridere. Soprattutto da quei maiali ar-
roganti. Non sono neanche lontanamente astuti quanto credo-
no di essere. Come pensi che sia arrivato qui? Sono passato
in mezzo a loro, attorno a loro. Io vado dove voglio e porto
con me chi voglio.
Ferro si scherm gli occhi con una mano e si gir verso
sud, dove il deserto proseguiva all'infinito. Poteva forse ca-
varsela, in mezzo alla vegetazione, ma l fuori, in quel cro-
giolo di sabbia mutevole e calore spietato
Il vecchio parve leggerle la mente. Ci sono sempre le
sabbie infinite. Io le ho gi attraversate in passato. Sopravvi-
vere possibile, ma non per te.
Aveva ragione, accidenti a lui. Ferro era asciutta e tesa
come una corda d'arco, ma questo le avrebbe permesso sol-
tanto di girare in tondo un po' pi a lungo, prima di piombare
a faccia avanti nella sabbia. Avrebbe di certo preferito morire
nel deserto piuttosto che in una gabbia davanti al palazzo,
ma il fatto era che lei voleva sopravvivere.
Aveva ancora delle cose da fare.
Il vecchio sedeva l, sorridente, a gambe incrociate. Chi
era? Ferro non si fidava di nessuno, eppure se il vecchio
avesse avuto intenzione di consegnarla all'Imperatore, avreb-
be potuto facilmente darle una botta in testa mentre era vol-
tata a scavare, piuttosto che annunciare il proprio arrivo.
Inoltre sapeva usare la magia, l'aveva visto coi suoi occhi, e
una minima possibilit era meglio di niente.
Che cosa avrebbe voluto in cambio, per? Il mondo non
aveva mai dato nulla a Ferro senza chiederle qualcosa indie-
tro e lei non si aspettava certo che iniziasse adesso. Socchiu-
se gli occhi. Che cosa vuoi da me, Yulwei?
Il vecchio rise in quel modo che stava cominciando a dar-
le sui nervi. Diciamo soltanto che ti avr fatto un favore.
Poi, in un secondo momento, tu ne farai uno a me.
Quella risposta era orribilmente vaga, ma quando c' la
vita in ballo bisogna accettare ci che ti viene offerto. Odia-
va rimettersi al potere di un altro, ma non aveva scelta.
Non se voleva arrivare viva fino alla fine della settimana,
comunque.
Che facciamo, allora?
Dobbiamo aspettare che faccia buio. Yulwei guard i
corpi sparsi per terra in pose ritorte e arricci il naso. Ma
forse non qui.
Ferro scroll le spalle e si sedette sulla tomba centrale.
Qui andr benissimo, invece. Voglio godermi gli avvoltoi
che banchettano.

Le stelle brillavano nel cielo sereno sopra di loro, l'aria


notturna era pi fresca, anzi addirittura fredda. Sulla piana
scura e polverosa sotto di loro, una linea ricurva di fuochi ac-
cesi sembrava averli intrappolati contro il margine del deser-
to, e infatti lei e Yulwei erano bloccati sul pendio, assieme ai
dieci cadaveri e alle tre tombe. L'indomani mattina, non ap-
pena la prima luce avesse cominciato a farsi strada sulla terra
arida, i soldati avrebbero lasciato gli accampamenti e sareb-
bero avanzati con cautela verso le colline. Se Ferro si fosse
fatta trovare ancora l al loro arrivo, l'avrebbero uccisa di si-
curo o, peggio, catturata. Non poteva combatterne cos tanti
da sola, anche ammesso che non ci fosse un Mangiatore con
loro.
Pertanto, sebbene odiasse ammetterlo, la sua vita era nelle
mani di Yulwei adesso.
Il vecchio guard il cielo con gli occhi socchiusi. ora.
Si precipitarono gi per il roccioso fianco collinare, in
mezzo ai massi e ai pochi, stentati cespugli mezzi secchi,
cercando di fare attenzione a dove mettevano i piedi nell'o-
scurit. Verso nord, verso Gurkhul. Poich Yulwei si muove-
va in modo straordinariamente rapido, a tratti Ferro fu obbli-
gata a correre per stargli dietro, ma tenne gli occhi sempre
fissi sul terreno, per non inciampare sulle rocce spoglie.
Quando finalmente raggiunsero i piedi del colle e lei pot al-
zare lo sguardo da terra, vide che Yulwei la stava conducen-
do verso il lato sinistro della linea, dove i fuochi erano pi
numerosi.
Aspetta, sussurr afferrandogli la spalla e indicando il
lato destro della linea, dove i fuochi non erano cos tanti e
dunque avrebbero avuto meno difficolt nel passarci in mez-
zo. Perch non andiamo da quella parte?
Pot vedere soltanto i denti bianchi di Yulwei che brilla-
vano alla luce delle stelle. Oh, no, Ferro Maljinn. Quello
il punto in cui si trovano quasi tutti i soldati oltre al nostro
amico. Non si preoccupava affatto di parlare a voce bassa e
ci la innervos. Loro si aspettano che tu vada da quella
parte, se scegli di dirigerti a nord, bench non ti aspettino af-
fatto, perch pensano che andrai a sud a morire nel deserto,
piuttosto che rischiare di essere catturata, che quello che
sarebbe successo se non fossi stato qui.
Yulwei si volt e riprese a camminare, cos lei lo segu te-
nendosi bassa, silenziosa come un'ombra. Man mano che si
avvicinavano, Ferro ebbe modo di vedere che Yulwei aveva
ragione, perch c'erano, s, degli uomini seduti attorno ad al-
cuni fuochi, ma erano in pochi. Il vecchio avanz sicuro ver-
so i quattro bivacchi all'estrema sinistra, di cui solo uno era
presidiato da soldati; mentre procedeva non fece neanche il
tentativo di tenersi basso, n di evitare che i bracciali tintin-
nassero, n di impedire ai piedi di fare rumore sulla terra
riarsa. Ormai erano tanto vicini da distinguere i tratti dei tre
uomini attorno alle fiamme. I soldati avrebbero visto Yulwei
da un momento all'altro, quindi lei cerc di attirare la sua at-
tenzione con un sussurro, sicura che l'avrebbero sentita.
Yulwei si gir mostrando un'espressione stupita alla luce
tenue delle fiamme. Che c'? Lei fece una smorfia in atte-
sa che i soldati balzassero in piedi, invece quelli continuaro-
no ignari a chiacchierare. Yulwei li guard. Non ci vedran-
no e non ci sentiranno, a meno che non inizi a urlargli nelle
orecchie. Siamo al sicuro. Riprese la sua avanzata, passan-
do ben alla larga dai tre uomini, ma Ferro, spinta dalla forza
dell'abitudine, si tenne comunque bassa e cerc di non fare
rumore.
Nell'avvicinarsi colse degli stralci della loro conversazio-
ne, cos rallent per ascoltare meglio. All'improvviso cambi
direzione e inizi a incamminarsi verso il fuoco. Yulwei si
gir verso di lei. Che stai facendo?, le chiese.
Ferro osserv i tre soldati: un veterano grosso dall'aspetto
duro, uno magro dall'aria furba e uno giovane, che aveva una
faccia onesta e non pareva per niente un soldato. Le armi
giacevano sparse sul terreno, infoderate e chiuse nelle loro
custodie, a dimostrazione di quanto fossero impreparati. Fer-
ro gir loro attorno con circospezione e si mise ad ascoltare.
Dicono che quella non ci stia con la testa, sussurrava il
magro al giovane, nel tentativo di spaventarlo, dicono che
abbia ucciso cento uomini, o anche di pi. Se sei uno carino,
ti taglia le palle mentre sei ancora vivo, disse afferrandosi il
cavallo dei pantaloni, e se le mangia davanti a te!
Ah, ma sta' zitto, intervenne quello grasso, non da
noi che verr. Indic il punto in cui i fuochi erano di meno
e la sua voce cal in un sussurro. Andr da lui, se mai do-
vesse venire da questa parte.
Beh, io spero che non venga affatto, dichiar il giova-
ne. Vivi e lascia vivere, dico io.
Il secco aggrott la fronte. E che mi dici di tutti i bravi
uomini che ha ucciso? Donne e bambini? Non dovevano es-
sere lasciati vivere anche loro? Ferro digrign i denti, per-
ch non aveva mai ucciso bambini, che dimostrassero il con-
trario.
Beh, mi spiace per loro, ovviamente. Non dico che non
debba essere catturata. Il giovane soldato si guard attorno
nervosamente. Ma magari non da noi.
L'uomo grosso scoppi a ridere a quelle parole, ma quello
magro non sembrava per niente divertito. Sei un codardo?
No!, rispose l'altro in tono infuriato. Ma ho una mo-
glie e una famiglia che dipendono da me, e mi risparmierei
volentieri di essere ammazzato l fuori, tutto qua. Sorrise.
Aspettiamo un altro figlio e speriamo che sia maschio sta-
volta.
Quello grosso annu. Mio figlio quasi un uomo ormai.
Crescono cos in fretta.
Tutto quel parlare di bambini, di famiglie e di speranze
non fece altro che aumentare la rabbia nel petto di Ferro.
Perch loro dovevano avere una vita, quando lei non aveva
niente? Quando loro e quelli della loro specie le avevano
portato via tutto? Estrasse il pugnale ricurvo dal fodero.
Che stai facendo, Ferro?, sibil Yulwei.
Il giovane prese a guardarsi intorno. Avete sentito?
Il grassone rise. S, ho sentito che ti sei cacato sotto.
L'allampanato ridacchi tra s e s, e anche il giovane sorrise
imbarazzato. Ferro strisci alle loro spalle, a un piede o due
di distanza, dove il fuoco la illuminava nitidamente, eppure
nessuno dei soldati la vide. Alz il coltello.
Ferro!, grid Yulwei. Il soldato giovane salt in piedi
con la fronte corrugata e cerc di penetrare con lo sguardo
l'oscurit che avvolgeva la piana. Guard Ferro dritta in fac-
cia, ma i suoi occhi erano fissi su qualcosa in lontananza,
dietro di lei. Ferro poteva sentirsi addosso il suo respiro. La
lama luccicante si trovava a meno di un dito dai suo pomo
d'Adamo.
Ora. Era il momento. Poteva ucciderlo velocemente e poi
lare fuori anche gli altri due prima che potessero dare l'allar-
me, sapeva che poteva farlo, perch loro erano impreparati
mentre lei era pronta. Ora o mai pi.
Eppure la sua mano non si mosse.
Ti entrato un serpente nel culo?, chiese il ciccione.
Non c' niente l fuori.
Giurerei di aver sentito qualcosa, disse il giovane, an-
cora faccia a faccia con Ferro.
Aspetta!, grid quello magrolino, prima di balzare in
piedi e puntare il dito verso di lei. Eccola! Proprio davanti a
te! Ferro lo fiss raggelata per un istante, poi quello grosso
scoppi a ridere, e allora il giovane parve imbarazzarsi, si
volt e si rimise a sedere.
Mi era sembrato di sentire qualcosa, tutto qui.
Non c' nessuno l fuori, ribad l'uomo corpulento. Fer-
ro cominci ad arretrare lentamente. Le veniva da vomitare,
sentiva un sapore acido in bocca, la testa le scoppiava. Rin-
foder il coltello, si gir e si allontan barcollando, con Yul-
wei a seguirla silenzioso.
Quando il bagliore dei fuochi e il rumore delle chiacchie-
re furono scomparsi in lontananza, Ferro si ferm e si gett
sulla terra dura. Spirava un vento gelato sulla piana desolata
che le sferzava il viso, buttandole la polvere in faccia; eppure
lei non ci fece neanche caso. L'odio e la rabbia erano svaniti,
per il momento, ma le avevano lasciato dentro un abisso, che
non sapeva come riempire. Si sentiva vuota, fredda, sola,
nauseata. Strinse le ginocchia al petto e cominci a dondolar-
si lentamente, con gli occhi chiusi. Neanche il buio le arreca-
va sollievo.
E poi sent la mano del vecchio premerle sulla spalla.
Normalmente avrebbe cercato di divincolarsi, l'avrebbe
buttato per terra per ucciderlo, se avesse potuto, ma era come
se tutta la sua forza si fosse prosciugata. Si limit ad alzare
lo sguardo sbattendo le palpebre. Non resta pi nulla di me.
Che cosa sono? Si premette una mano sul petto, ma la sent
a stento. Non ho niente dentro.
Beh, strano che tu lo dica. Il vecchio sorrise e alz gli
occhi al cielo stellato. Proprio adesso che stavo comincian-
do a scorgere qualcosa da salvare l dentro.
21.

La Giustizia del Re

Non appena raggiunse la Piazza dei Marescialli, Jezal si


rese conto che c'era qualcosa che non andava. Di solito non
era mai cos affollata per una seduta del Consiglio Aperto.
Guard i gruppetti di nobili ben vestiti mentre sfrecciava in
mezzo a loro, un po' in ritardo e senza fiato dopo il lungo al-
lenamento. Si accorse che i toni delle conversazioni erano
sommessi, i volti nervosi e carichi di tensione.
Si fece strada a spinte tra la folla fino al Circolo dei Lord
e, una volta arrivato alle porte intarsiate, lanci uno sguardo
sospettoso alle due guardie; loro almeno avevano l'aspetto di
sempre, le pesanti visiere non lasciavano trapelare nulla. At-
travers l'anticamera, dove gli arazzi dai colori accesi ondeg-
giavano appena per via degli spifferi, scivol oltre le porte
interne e si ritrov nel vasto e fresco spazio circolare. I suoi
passi riecheggiavano sulla volta del soffitto, mentre si affret-
tava ad attraversare il corridoio in direzione dell'alto seggio.
Trov Jalenhorm sotto a una delle enormi finestre, con la
faccia colorata dalla luce che trapelava attraverso i vetri di-
pinti e con la fronte aggrottata, mentre fissava una panca ac-
costata da una parte, attraversata da una sbarra di metallo
lungo tutta la base.
Che succede?
Non hai saputo? La voce di Jalenhorm era un bisbiglio
eccitato. Hoff ha annunciato che verr discussa una questio-
ne d'estrema importanza.
E di che si tratta? Dell'Angland? Degli Uomini del
Nord?
L'omone scosse la testa. Non lo so, ma lo vedremo pre-
sto.
Jezal si accigli. Non mi piacciono le sorprese. Pos gli
occhi sulla misteriosa panca. E quella per chi ?
Proprio in quel momento le grosse porte si spalancarono e
tutti i consiglieri si riversarono lungo il corridoio centrale. Il
solito miscuglio, suppose Jezal, sicuro di ci che stava per
trovarsi davanti, ovvero i figli minori, i rappresentanti
Trattenne il fiato quando vide un uomo alto che camminava
davanti a tutti, vestito in modo sfarzoso persino rispetto alla
sfilza di elegantoni dietro di lui, con una pesante catena d'oro
attorno alle spalle e un cruccio preoccupato sulla faccia.
Lord Brock in persona, sussurr Jezal.
Ecco anche Lord Isher. Jalenhorm fece un cenno della
testa verso un vecchio tranquillo che avanzava appena dietro
Brock. E Heugen, e Barezin. Deve essere qualcosa di gros-
so. Per forza.
Jezal fece un respiro profondo nel vedere quattro dei no-
bili pi importanti dell'Unione accomodarsi in prima fila.
Non aveva mai visto una platea cos numerosa nel Consiglio
Aperto. Sul semicerchio delle panche dei consiglieri non c'e-
ra quasi pi un posto vuoto e, sopra le loro teste, la galleria
pubblica era una catena ininterrotta di facce nervose.
A quel punto Hoff super le porte con la sua aria arrogan-
te e cominci a procedere lungo il corridoio, ma non era
solo: un uomo alto, snello e fiero, con una lunga veste di un
bianco immacolato e una selva di capelli candidi, avanzava
in modo leggiadro alla sua destra. L'Arcilettore Sult. Alla si-
nistra di Hoff c'era un altro uomo che si appoggiava pesante-
mente a un bastone e camminava un po' piegato in avanti, in-
dossava una veste nera e dorata, portava una lunga barba gri-
gia. L'Alto Giudice Marovia. Jezal non poteva credere ai
suoi occhi. Tre membri del Consiglio Ristretto, l.
Jalenhorm si affrett a prendere posto, mente gli scrivani
poggiavano i loro fardelli di carte e registri sul ripiano lucido
dell'alto seggio. Il Lord Ciambellano si butt sullo scranno in
mezzo a loro e chiese subito del vino. Il capo dell'Inquisizio-
ne di Sua Maest, sorridendo appena tra s e s, si accomod
con grazia su uno scranno accanto a lui, mentre l'Alto Giudi-
ce Marovia si sedette lentamente dalla parte opposta, senza
mai distendere la fronte aggrottata. Il volume dei sussurri an-
gosciati crebbe appena nella sala, i volti dei grandi magnati
in prima fila erano cupi e pieni di sospetto. L'Annunciatore si
pose davanti all'alto seggio, ma non era il solito imbecille
benvestito, bens un uomo scuro e barbuto dal torace promi-
nente. Sollev in alto il bastone e lo sbatt sul pavimento con
forza tale da risvegliare i morti. Io richiamo all'ordine que-
sta seduta del Consiglio Aperto dell'Unione!, rugg, e il bac-
cano si plac gradualmente.
C' solo una questione da discutere oggi, inizi il Lord
Ciambellano, scrutando l'uditorio intero da sotto le folte so-
pracciglia, una questione riguardante la Giustizia del Re.
Ci furono alcuni mormorii sparsi. Una questione che riguar-
da la licenza reale per il commercio nella citt di Westport.
Il rumore aument all'istante: sussurri di rabbia, fruscii di
fondoschiena nobili che si muovevano preoccupati sulle pan-
che, il familiare raschiare delle penne sugli immani registri.
Jezal vide le sopracciglia di Lord Brock congiungersi sulla
sua fronte, gli angoli della bocca di Lord Heugen curvarsi
verso il basso. Non gradivano molto il gusto di quelle parole.
Il Lord Ciambellano tir su col naso e bevve una bella sorsa-
ta di vino, in attesa che i bisbigli cessassero. Non sono io il
pi qualificato per discutere di questa faccenda, pertanto
No, infatti!, ribatt acido Lord Isher, nel muoversi sulla
panca con aria infuriata.
Hoff lo fiss. Pertanto, convoco un uomo che lo sia! Il
mio collega del Consiglio Ristretto, l'Arcilettore Sult!
Il Consiglio Aperto riconosce l'Arcilettore Sult!, tuon
l'Annunciatore, mentre il capo dell'Inquisizione scendeva
con grazia i gradini della pedana e si portava al centro dello
spazio pavimentato davanti all'alto seggio, sempre sorriden-
do amabilmente sotto gli sguardi arrabbiati dei presenti che
lo seguivano.
Miei Lord, inizi con voce lenta e musicale, accompa-
gnando le parole che pronunciava con gesti soavi delle mani,
negli ultimi sette anni, sin dalla gloriosa vittoria che abbia-
mo riportato su Gurkhul, l'onorata Gilda dei Merciai stata
proprietaria di una licenza reale per il commercio nella citt
di Westport.
E l'hanno fatta fruttare!, grid Lord Heugen.
Ci hanno fatto vincere la guerra!, ringhi Barezin, sfer-
rando un pugno carnoso sulla panca accanto a s.
Hanno fatto un ottimo lavoro!
Ottimo!, gridavano tutti.
L'Arcilettore annu in attesa che le voci tacessero. S,
vero, un ottimo lavoro, riprese, passeggiando leggiadro
come un ballerino, mentre ogni sua parola veniva trascritta
dalle penne che grattavano sulle pagine dei registri. Io sarei
l'ultimo a negarlo. Un ottimo lavoro. Poi, di colpo, si volt
e gli orli della sua veste bianca sventagliarono per la rapidit
del movimento; con il viso ritorto in un'espressione brutale,
grid: Un ottimo lavoro nell'evadere le tasse reali! Tutti
trattennero il fiato allo stesso momento.
Un ottimo lavoro nel trascurare la legge del Re! Altro
ansito collettivo, ma a volume maggiore.
Un ottimo lavoro di alto tradimento! Infine, scoppiaro-
no le proteste, i pugni si agitarono in aria e i fogli volarono
per terra. Volti lividi fissavano impietriti dalla galleria pub-
blica, volti rubicondi inveivano e strepitavano sulle panche
antistanti l'alto seggio. Jezal si guard attorno, incerto se
avesse sentito bene o meno.
Come osate, Sult!, rugg Lord Brock, ma l'Arcilettore
stava gi risalendo i gradini della pedana, leggero come una
piuma e col sorriso ostinatamente impresso sulle labbra.
Vogliamo le prove!, grid Lord Heugen. Vogliamo
giustizia!
La Giustizia del Re!, fecero delle voci dal fondo.
Dovete fornirci delle prove!, sbrait Isher, non appena
lo strepito cominci a diminuire.
L'Arcilettore si allarg la veste bianca, il cui tessuto sotti-
le si gonfi attorno a lui, e si rimise a sedere con un movi-
mento fluido. Oh, ma proprio questa la nostra intenzione,
Lord Isher!
Il pesante chiavistello di una porticina laterale venne tira-
to con un forte tonfo. Si sent un tramestio mentre i Lord e i
delegati si giravano, alzandosi in piedi per sbirciare che cosa
stesse accadendo. Le persone nella galleria pubblica si spor-
sero pericolosamente dalla balaustra per l'impazienza di ve-
dere. Nella sala cal il silenzio assoluto. Jezal deglut. Un
clicchettio strascicato parve provenire da dietro il vano, dopo
di che una strana processione di figure sinistre emerse dall'o-
scurit.
Sand dan Glokta entr per primo, zoppicando come sem-
pre con l'aiuto del suo bastone, ma la sua testa era alta e sul
viso scavato aveva un ghigno ritorto e sdentato. Tre uomini
si trascinavano in catene dietro di lui, legati insieme per le
mani e i piedi scalzi, sferragliando nell'avanzare verso l'alto
seggio. Erano stati rasati e vestiti di sai marroni di tela da
sacco. L'abbigliamento dei penitenti, dei rei confessi.
Il primo dei prigionieri si umettava le labbra, pallido di
terrore, e lasciava guizzare gli occhi da una parte all'altra,
mentre il secondo, pi basso e massiccio, con la bocca mol-
lemente spalancata, inciampava ingobbito nel tirarsi dietro il
piede sinistro; osservandolo, Jezal vide un rivolo di bava
rosa cadergli dalle labbra e gocciolare a terra. Infine, il terzo
uomo era dolorosamente magro, con due enormi cerchi scuri
attorno agli occhi; si guardava lentamente attorno, sbatteva
le palpebre con sguardo terrorizzato, anche se pareva non co-
gliere nulla. Jezal riconobbe all'istante nell'uomo che seguiva
i tre prigionieri il grosso albino che aveva visto in strada
quella notte. Ci gli mise addosso un freddo improvviso e,
colto da uno strano disagio, spost il peso da un piede all'al-
tro.
A quel punto, lo scopo della panca fu chiaro. I tre prigio-
nieri si afflosciarono sul sedile, mentre l'albino si inginoc-
chiava a chiudere le catene attorno alla sbarra. Il silenzio in
sala era completo, tutti gli occhi fissavano l'Inquisitore stor-
pio e i suoi tre prigionieri.
Le nostre indagini sono iniziate qualche mese fa, disse
l'Arcilettore Sult, immensamente inorgoglito di avere l'as-
semblea sotto il suo totale controllo. Una semplice questio-
ne di conti che non tornavano, non vi annoier coi dettagli.
Sorrise nel guardare Brock, Isher e Barezin. So che voi tutti
siete uomini molto impegnati. Chi mai avrebbe pensato, allo-
ra, che una questione tanto insignificante ci avrebbe condotto
sin qui? Chi mai avrebbe pensato che le radici del tradimento
fossero cresciute cos nel profondo?
S, s, fece il Lord Ciambellano un po' spazientito, al-
zando lo sguardo dal calice. Inquisitore Glokta, a voi la pa-
rola.
L'Annunciatore sbatt il bastone sul pavimento. Il Consi-
glio Aperto riconosce Sand dan Glokta, Inquisitore Libero!
Lo storpio attese educatamente che le penne degli scrivani
cessassero di grattare e si appoggi al bastone, portandosi al
centro dello spazio vuoto, apparentemente imperturbato dal-
l'importanza dell'occasione. Alzati e affronta il Consiglio
Aperto, disse rivolto al primo prigioniero.
L'uomo terrorizzato balz in piedi, facendo sferragliare le
catene, si lecc le labbra pallide e strabuzz gli occhi al co-
spetto dei Lord in prima fila. Il tuo nome?, chiese Glokta.
Salem Rews.
Jezal si sent stringere la gola. Salem Rews? Lui conosce-
va quell'uomo! Suo padre ci aveva fatto affari in passato, una
volta era un ospite regolare nella loro tenuta! Jezal studi
l'impaurito traditore pelato con orrore crescente e la sua
mente torn a quel mercante grassottello e benvestito con la
battuta sempre pronta. Era lui, non c'era dubbio. I loro occhi
si incontrarono per un istante, ma Jezal si sbrig a distogliere
lo sguardo, preso dall'ansia. Suo padre aveva parlato con
quell'uomo nel salone di casa sua! Gli aveva stretto la mano!
Le accuse di tradimento sono come le malattie: rischi di bec-
cartele solo perch ti trovi nella stessa stanza! Senza che po-
tesse evitarlo, i suoi occhi, per, furono di nuovo attratti da
quel volto sconosciuto, eppure orribilmente familiare. Come
si era permesso di essere un traditore, quel bastardo?
Sei un membro dell'onorata Gilda dei Merciai?, prose-
gu Glokta, pronunciando "onorata" in tono ironico.
Lo ero, rispose Rews.
Che ruolo avevi all'interno della Gilda? Il Merciaio pe-
lato guardava disperatamente in giro. Il tuo ruolo?, ribad
Glokta con voce pi imperiosa.
Ho cospirato per defraudare il Re!, url nel torcersi le
mani. Un'ondata di sconcerto percorse la sala. Jezal inghiott
un grumo acido di saliva e nel mentre colse Sult che lanciava
un sorrisetto compiaciuto all'Alto Giudice Marovia, il cui
volto era come scolpito nella pietra, anche se i suoi pugni,
piantati sul tavolo di fronte a s, erano stretti in due morse.
Mi sono macchiato di tradimento! Per soldi! Contrabbando,
tangenti, menzogne tutti lo facevamo!
Lo facevate tutti! Glokta guard l'assemblea con mali-
zia. E se qualcuno di voi dovesse dubitare, abbiamo registri,
documenti e numeri, abbastanza da riempire una camera in-
tera del Palazzo degli Interrogatori. Una camera piena di se-
greti, colpe, menzogne. Scosse la testa lentamente. Lettura
dolorosa, credetemi.
Ho dovuto farlo!, grid Rews. Mi hanno costretto!
Non avevo scelta!
L'Inquisitore storpio aggrott la fronte verso il pubblico.
Ma certo che ti hanno costretto. Ci rendiamo conto che eri
soltanto un mattone in questo muro di infamia. C' stato un
attentato alla tua vita recentemente, non cos?
Ha cercato di uccidermi!
Chi?
Quest'uomo!, gemette Rews con voce rotta, mentre
puntava un dito tremante al prigioniero accanto a lui e cerca-
va di allungare il braccio per quanto le catene che li legavano
insieme glielo permisero. Era lui! Lui! Sbatacchi le ma-
nette agitando il braccio e sputacchiando. Ci fu un nuovo
scroscio di voci infuriate, questa volta pi forte. Jezal vide
che la testa del prigioniero seduto al centro ciondol da una
parte, finch tutto il suo corpo non si fu afflosciato su un
lato, ma il possente albino lo afferr e lo rimise dritto.
Sveglia, Mastro Carpi!, grid Glokta. La testa del pri-
gioniero si sollev lentamente per mostrare un volto scono-
sciuto, stranamente gonfio e profondamente segnato dalle ci-
catrici dell'acne. Jezal not disgustato che non aveva i quat-
tro denti davanti. Proprio come Glokta.
Vieni da Talins, s, Styria? L'uomo annu pian piano,
con aria stupida, come se fosse mezzo addormentato. Ti pa-
gano per uccidere le persone, s? Annu di nuovo. Sei stato
assunto per uccidere dieci sudditi di Sua Maest, e tra questi
il reo confesso Salem Rews? Un rivolo di sangue denso
col dal naso dell'uomo, i suoi occhi si rivoltarono lentamen-
te verso l'alto e poi l'albino lo scosse per una spalla per farlo
rinvenire, al che il prigioniero, intontito, annu. Che ne
stato degli altri nove? Silenzio. Li hai uccisi, non cos?
Il prigioniero fece un altro cenno d'assenso e dalla sua gola si
sent uno strano suono, come un clic.
Glokta rivolse il suo sguardo accigliato ai volti rapiti del
Consiglio. Villem dan Robb, funzionario della dogana: gola
tagliata da orecchio a orecchio, disse facendosi scivolare un
dito lungo il collo, cos che una donna dalla galleria pubblica
lanci un grido. Solimo Scandi, Merciaio: quattro coltellate
alla schiena. Alz quattro dita e se le ficc nello stomaco
come se si sentisse male. E la lista di sangue prosegue. Tutti
uccisi, e per cosa? Per profitti maggiori. Chi ti ha assunto?
Lui, rantol il sicario, girandosi verso l'uomo allampa-
nato dagli occhi vitrei, che stava sbracato sulla panca accanto
a lui, apparentemente incosciente di dove si trovasse. Glokta
gli si avvicin zoppicante, accompagnato dal consueto tic-
chettio del bastone.
Come ti chiami?
La testa del prigioniero scatt in alto e i suoi occhi si fo-
calizzarono sul viso ritorto dell'Inquisitore in piedi davanti a
lui. Gofred Hornlach!, rispose subito con voce stridula.
Sei un membro anziano della Gilda dei Merciai?
S!, abbai, sbattendo le palpebre pi e pi volte mentre
guardava Glokta senza espressione.
Uno dei vice del Magistro Kault, in effetti?
S!
Hai cospirato con altri Merciai per defraudare Sua Mae-
st il Re? Hai assunto un sicario per uccidere intenzional-
mente dieci sudditi di Sua Maest?
S! S!
Perch?
Temevamo che spifferassero quello che sapevano
quello che sapevano spifferassero Gli occhi vuoti di
Hornlach fissavano inebetiti una delle finestre colorate. Le
sue labbra smisero gradualmente di muoversi.
Spifferare quello che sapevano?, sugger l'Inquisitore.
Sulle attivit fraudolente della Gilda, sbott il Mercia-
io, sui nostri tradimenti! Sulle attivit della Gilda fraudo-
lente attivit
Glokta intervenne aggressivamente. Agivi da solo?
No! No!
L'Inquisitore sbatt il bastone davanti a s e si pieg in
avanti. Chi ha dato l'ordine?, sibil.
Il Magistro Kault!, grid Hornlach all'istante. Lui ha
dato l'ordine! Il pubblico rimase senza fiato, ma il sorrisetto
compiaciuto dell'Arcilettore Sult si fece un po' pi pronun-
ciato. stato il Magistro!, Le penne degli scrivani raschia-
vano impietose. Kault! Lui ha dato l'ordine! Tutti gli ordini!
Il Magistro Kault!
Grazie, Mastro Hornlach.
Il Magistro! Lui ha dato l'ordine! Il Magistro Kault!
Kault! Kault!
Basta!, ringhi Glokta, al che sia il prigioniero che la
sala intera tacquero all'istante.
L'Arcilettore Sult sollev un braccio per indicare i tre pri-
gionieri. Ecco le vostre prove, miei Lord!
Bugie!, tuon Lord Brock, balzato in piedi. Questo
un insulto! Tuttavia, poche voci si levarono in suo appog-
gio, e quelle poche non erano molto convinte. Lord Haugen
si fece notare per il suo cauto silenzio, mentre fissava con in-
teresse la pelle pregiata delle proprie scarpe. Barezin era
sprofondato sulla panca, le sue dimensioni parevano essersi
dimezzate. Lord Isher fissava il muro con aria annoiata, gio-
cherellando con la pesante catena d'oro, come se il destino
della Gilda dei Merciai non lo riguardasse pi.
Brock si rivolse all'Alto Giudice, che se ne stava immobi-
le sul suo scranno sull'alto seggio. Lord Marovia, vi implo-
ro! Siete un uomo ragionevole! Ponete fine a questa
farsa!
La sala divenne silenziosa in attesa della risposta del vec-
chio, il quale aggrott la fronte e si lisci la lunga barba, poi
lanci uno sguardo all'Arcilettore sorridente e si schiar la
voce. Comprendo il vostro dolore, Lord Brock, davvero, ma
sembra che oggi non sia un giorno per uomini ragionevoli. Il
Consiglio Ristretto ha esaminato il caso ed soddisfatto. Ho
le mani legate.
Brock mosse le labbra, assaporando la sconfitta. Questa
non giustizia!, grid nel voltarsi a parlare coi suoi pari.
Questi uomini sono stati chiaramente torturati!
La bocca dell'Arcilettore si ritorse in un'espressione di
sdegno. E quale trattamento proporreste per i traditori e i
criminali?, strill con voce penetrante. Vorreste levare uno
scudo in difesa degli uomini sleali, Lord Brock? Sferr un
pugno al tavolo, come se anche quello fosse colpevole di alto
tradimento. Io per primo non ho intenzione di consegnare la
nostra nazione nelle mani dei suoi nemici! N esterni, n tan-
tomeno interni!
Abbasso i Merciai!, grid qualcuno dalla balconata
pubblica.
Punizioni dure per i traditori!
Giustizia del Re!, url un uomo grasso seduto verso il
fondo, e ovunque si sollevarono manifestazioni di rabbia e
assenso, invocazioni a provvedimenti severi e rigide condan-
ne.
Brock cerc l'aiuto dei suoi alleati seduti in prima fila, ma
non ne ricevette, quindi strinse i pugni, indic i tre prigionie-
ri e grid: Questa non giustizia! Non sono prove!
Sua Maest dissente!, grid Hoff. E non ha certo biso-
gno del vostro permesso! Prese un grosso documento e co-
minci a leggere. Con la presente si delibera il prosciogli-
mento della Gilda dei Merciai, nonch la revoca della loro li-
cenza per decreto Reale! La Commissione di Sua Maest per
i Traffici e i Commerci valuter, nei mesi che seguiranno, le
richieste per i diritti di commercio della citt di Westport.
Finch non si troveranno candidati adatti, le rotte commer-
ciali verranno gestite da mani capaci e leali: quelle dell'In-
quisizione di Sua Maest.
L'Arcilettore Sult chin umilmente la testa, ignorando sia
le urla furiose dei rappresentanti che quelle dei presenti nella
galleria pubblica.
Inquisitore Glokta!, continu il Lord Ciambellano. Il
Consiglio Aperto vi ringrazia per la vostra diligenza e vi
chiede di prestare un ultimo servizio in questa faccenda.
Hoff mostr una pergamena pi piccola. Questo un man-
dato di cattura per il Magistro Kault e reca la firma del Re in
persona. Vi chiediamo di occuparvene immediatamente.
Glokta si inchin rigidamente e prese la pergamena dalla
mano tesa del Lord Ciambellano. Tu, riprese Hoff rivolto
a Jalenhorm.
Tenente Jalenhorm, mio Lord!, url l'omone facendo un
rapido passo avanti.
S, s, uguale, ribatt impaziente Hoff, prendi venti
uomini della Guardia del Re e scorta l'Inquisitore Glokta alla
Sede dei Merciai. Assicurati che nulla e nessuno lasci l'edifi-
cio senza il suo ordine!
Subito, mio Lord! Jalenhorm attravers la sala e corse
su lungo il corridoio in direzione dell'uscita, reggendo l'elsa
della spada con una mano per impedire alla lama di sbattere
contro la sua gamba. Glokta si avvi zoppicante dietro di lui,
con l'aiuto del bastone che picchiettava sui gradini e il man-
dato d'arresto nei confronti del Magistro Kault accartocciato
nel pugno chiuso. Il mostruoso albino aveva intanto tirato in
piedi i prigionieri e li stava conducendo, sferraglianti e cion-
dolanti, verso la porta dalla quale erano entrati.
Lord Ciambellano!, url Brock come ultimo tentativo.
Jezal si chiese quanti soldi avesse ricavato grazie all'operato
dei Merciai, e quanti ancora avesse sperato di ricavarne, ma
a giudicare dal suo comportamento dovevano essere molti.
Tuttavia Hoff fu inflessibile. E con ci, miei Lord, si
conclude la seduta di oggi! Marovia, evidentemente ansioso
di andarsene, si alz in piedi ancora prima che il Lord Ciam-
bellano avesse finito di parlare. I registri furono chiusi con
tonfi sordi, come a sancire la fine dell'onorata Gilda dei Mer-
ciai. Borbottii eccitati colmarono di nuovo la sala, aumentan-
do gradualmente di volume, e furono ben presto accompa-
gnati dal tramestio dei passi dei rappresentanti che si alzava-
no e uscivano dal Consiglio. L'Arcilettore Sult rimase seduto
a guardare gli avversari sconfitti lasciare con riluttanza la
prima fila. Jezal incontr per l'ultima volta gli occhi disperati
di Salem Rews, mentre veniva scortato verso la porticina,
poi il Pratico Gelo diede uno strattone alla catena e l'uomo
scomparve nell'oscurit oltre il vano.

La piazza fuori era anche pi affollata di prima. La calca


fitta pareva innervosirsi sempre di pi, man mano che la no-
tizia dello scioglimento della Gilda dei Merciai si andava dif-
fondendo anche tra quelli che non avevano assistito all'as-
semblea. C'era chi se ne restava impalato e incredulo, chi
correva da una parte all'altra, tutti spaventati, sorpresi, confu-
si. Jezal vide un uomo che fissava lui, che fissava chiunque,
con la faccia pallida, le mani tremanti; un Merciaio, forse, o
uno che aveva rapporti abbastanza stretti con la Gilda da es-
sere rovinato quanto loro. Di uomini come lui ce ne sarebbe-
ro stati tanti.
Poi Jezal sent un formicolio improvviso. Poco pi gi,
Ardee West era appoggiata contro un muro con aria noncu-
rante. Era un po' che non si vedevano, da quella sua scena da
ubriaca, per la precisione, e lui rimase sorpreso nel costatare
quanto gli facesse piacere vederla. Probabilmente aveva
scontato la sua punizione, pens, e tutti meritavano la possi-
bilit di scusarsi, per cui corse da lei con un gran sorriso sul-
le labbra. Finch non not con chi era.
Piccolo bastardo!, disse a bassa voce.
Il Tenente Brint, con indosso la sua divisa da due soldi,
chiacchierava amabilmente, avvicinandosi ad Ardee pi di
quanto Jezal reputasse decoroso, e accompagnava le sue no-
iose parole con gesti teatrali. Lei annuiva, sorrideva, inclina-
va la testa all'indietro e ridacchiava, dando degli schiaffetti
giocosi sul petto del Tenente. Anche Brint se la rideva, quella
insulsa merdina. Ridevano insieme, e per qualche motivo ci
provoc in Jezal una fitta di rabbia.
Jezal! Come stai?, grid Brint, che ancora rideva.
Al che lui fece un altro passo avanti. Sono il Capitano
Luthar per te!, sbott. E la mia salute non affar tuo. Non
hai del lavoro da sbrigare?
Brint rimase un momento a bocca aperta, istupidito, poi le
sue sopracciglia si congiunsero in un'espressione grave. S,
signore, mormor, prima di voltarsi e allontanarsi a passi
ben distesi. Jezal lo osserv con un disprezzo anche maggio-
re del solito.
Beh, questo s che affascinante, disse Ardee. Sono
queste le maniere che usi davanti a una signora?
Non saprei. Perch, c' una signora in giro?
Si volt a guardarla e colse, per un istante, un sorrisetto
compiaciuto. Dall'espressione malefica sembrava che Ardee
avesse gradito il suo accesso d'ira, tanto che, per un ridicolo
momento, Jezal si chiese se il loro incontro non fosse niente
affatto casuale: magari, nel tentativo di farlo ingelosire, s'era
messa assieme con quell'idiota in un punto in cui sapeva di
essere vista Ma poi le labbra di lei si curvarono in un sor-
riso che divenne presto una risata, e tutta la rabbia di Jezal si
dilegu all'istante. La trovava bene, pens, cos abbronzata e
vibrante sotto la luce del sole, con le sue risate fragorose, in-
curante di chi la sentisse. La trovava molto bene, meglio che
mai, in effetti. Un incontro casuale, certamente che altro
poteva essere? Ardee lo fiss con quegli occhi scuri e tutti i
suoi sospetti svanirono. Dovevi essere cos duro con lui?,
gli chiese.
Jezal serr la mascella. Con chi? Con quell'arrogante
nullit arricchita, che probabilmente non altro che il figlio
bastardo di qualche riccone? Senza lignaggio, senza denaro,
n educazione
comunque un gradino sopra di me, nonostante gli
manchino queste tre cose.
Jezal maled la sua boccaccia. Invece che strappare le scu-
se a lei, adesso si trovava nella condizione di dovergliene
porgere lui. Disperato, cerc una via d'uscita dalla trappola
che s'era costruito da solo. S, ma un imbecille totale!, si
lament.
Beh, e Jezal fu sollevato nel vedere un angolo della sua
graziosa bocca piegarsi in un sorrisetto furbo, imbecille lo
di certo. Passeggiata? Lo prese sottobraccio ancora prima
che avesse avuto modo di risponderle e cominci a condurlo
fuori dalla piazza, verso la Via del Re. Jezal si lasci guidare
in mezzo a quella folla spaventata, infuriata, eccitata.
Cos vero?, chiese lei.
Cosa?
Che i Merciai sono finiti?
Cos pare. Il nostro vecchio amico Sand dan Glokta c'
dentro fino al collo. Ha dato un bello spettacolo, per essere
uno storpio.
Ardee abbass lo sguardo. Meglio non inimicarselo,
storpio o meno.
S. La mente di Jezal torn agli occhi terrorizzati di Sa-
lem Rews, che l'aveva guardato con disperazione mentre
svaniva nell'oscurit dell'architrave. S, meglio.
Passeggiando lungo la via, su di loro cal il silenzio, ma
non c'era imbarazzo. A lui piaceva camminare al suo fianco e
non aveva pi importanza chi dei due dovesse porgere delle
scuse all'altro. Forse, dopotutto, lei aveva avuto ragione ri-
guardo la scherma, magari solo un po'. Ardee parve leggergli
nella mente. Come va con la scherma?
Niente male. Come va col vino?
Lei sollev un sopracciglio scuro. Oh, va pi che bene.
Se esistesse un Torneo annuale anche per quello, diventerei
famosa in quattro e quattr'otto. Jezal scoppi a ridere, guar-
dandola mentre le camminava accanto, e lei gli restitu il sor-
riso. Cos intelligente, cos pungente, cos impavida. E cos
dannatamente bella. Jezal si chiese se fosse mai esistita una
donna come lei. Se solo avesse avuto il sangue giusto, pens,
e un po' di soldi. Un sacco di soldi.
22.

Vie di fuga

Aprite la porta, in nome di Sua Maest!, tuon il Te-


nente Jalenhorm per la terza volta, martellando sulla porta
con il grosso pugno. Che babbeo. Perch gli uomini grossi
tendono ad avere cervelli cos piccoli? Forse si concentrano
troppo spesso sui muscoli e la loro mente si secca come una
prugna al sole.
La Sede dei Merciai era un edificio impressionante, situa-
to su un'affollata piazza non lontana dall'Agriont. Una calca
consistente di spettatori, incuriositi, affascinati, ma anche
spaventati, s'era gi radunata attorno a Glokta e alla sua scor-
ta armata, e si faceva via via sempre pi fitta. A quanto pare,
sentono l'odore del sangue. Glokta si sentiva pulsare la gam-
ba dopo lo sforzo di arrivare l in tutta fretta, ma dubitava di
riuscire a cogliere i Merciai del tutto di sorpresa. Si guard
attorno con impazienza: le guardie in armatura, i Pratici ma-
scherati, gli occhi duri di Gelo, il giovane ufficiale che batte-
va il pugno sulla porta.
Aprite la
Basta con queste cretinate. Credo che vi sentano, Tenen-
te, lo interruppe Glokta un po' seccato, ma non vogliano
rispondere. Sareste cos gentile da buttare gi la porta?
Cosa? Jalenhorm fiss come un allocco prima lui e poi
le massicce doppie porte ben sprangate. E come faccio a
D'un tratto si vide il Pratico Gelo fiondarsi a dare una po-
derosa spallata a uno dei battenti, il quale, tra lo schianto as-
sordante del colpo e lo scricchiolio fragoroso del legno, fu
strappato dai cardini e croll sul pavimento della sala al di l
dell'ingresso.
Cos, mormor Glokta nel superare l'architrave, mentre
le schegge del legno si stavano ancora depositando. Jalen-
horm, sbalordito, lo segu all'interno, accompagnato da una
dozzina di soldati in armature sferraglianti.
Uno scrivano oltraggiato si pose nel bel mezzo del corri-
doio per sbarrare loro la strada. Non potete ufff!, grid,
quando Gelo lo spinse fuori dai piedi, facendogli sbattere la
faccia contro il muro.
Arrestate quell'uomo! Glokta indic con il bastone lo
scrivano stordito. Uno dei soldati lo afferr rudemente coi
pugni inguantati di ferro e lo mand a ruzzolare fuori dal pa-
lazzo, alla luce del sole. I Pratici presero a riversarsi dalla
porta spaccata, armati di pesanti randelli, occhi inferociti so-
pra le maschere nere. Arrestate tutti!, sbrait Glokta rivol-
to all'indietro. Zoppicava lungo il corridoio pi veloce che
poteva, onde seguire la schiena larga di Gelo fin dentro le vi-
scere dell'edificio.
Da una porta aperta Glokta scorse un mercante con una
veste variopinta addosso la cui faccia era coperta da una pati-
na di sudore. Stava buttando disperatamente cumuli di docu-
menti nel focolare acceso. Acciuffatelo!, grid, e subito
due Pratici si precipitarono nella stanza per prenderlo a ran-
dellate. L'uomo cadde lanciando un grido, rovesci un tavoli-
no, diede un calcio a una pila di registri e, man mano che i
randelli calavano su di lui, pi e pi volte, la stanza si riemp
di fogli svolazzanti e frammenti di carta incenerita.
Glokta pass oltre rapidamente. Tutto l'edificio attorno a
lui cominciava a risuonare di grida e schianti; c'era odore di
fumo, sudore, paura. Le porte sono tutte sorvegliate, ma
Kault potrebbe avere una via di fuga segreta, quella serpe
strisciante. Speriamo di non essere arrivati troppo tardi. Ac-
cidenti alla mia gamba! Fa' che non sia troppo tardi
All'improvviso, mentre Glokta barcollava, dolorante e
senza fiato, qualcuno gli si aggrapp ai vestiti. Aiuto!,
strill l'uomo. Sono innocente! Glokta vide soltanto un
faccione insanguinato, ma le dita che gli strattonavano gli
abiti lo tiravano verso il basso e minacciavano di farlo cadere
per terra.
Toglietemelo di dosso!, fece artigliando il muro nel ten-
tativo di reggersi in piedi. Colp debolmente l'uomo con il
suo bastone, poi uno dei Pratici salt addosso all'assalitore e
gli diede una randellata sulla schiena.
Confesso!, piagnucol il mercante alla vista del bastone
sollevato di nuovo su di lui, ma il Pratico gli spezz il ran-
dello sulla testa e lo sollev di peso sotto le braccia, per tra-
scinarlo alla porta. Glokta prosegu in tutta fretta, con lo sgo-
mento Tenente Jalenhorm al suo fianco. Quando raggiunsero
un'ampia scalinata, Glokta la guard con odio. I miei vecchi
nemici, sempre qui, di fronte a me. Cominci a salire nel
modo pi veloce possibile, ma fece segno a Gelo di andare
intanto avanti. Un mercante sconcertato venne trascinato via
davanti a loro, mentre starnazzava qualcosa sui suoi diritti e
scalciava sbattendo i tacchi delle scarpe contro i gradini.
D'un tratto, Glokta scivol e rischi di cadere in avanti,
ma qualcuno lo prese per un gomito e lo tenne in piedi. Era
Jalenhorm, sul cui faccione onesto c'era ancora un'espressio-
ne confusa. Allora gli uomini grandi e grossi hanno la loro
utilit, dopotutto. Il giovane ufficiale lo sostenne per il resto
della salita, e Glokta non ebbe l'energia per rifiutare il suo
aiuto. Perch disturbarmi? Un uomo dovrebbe conoscere i
propri limiti. Non c' niente di nobile nello sbattere il muso a
terra. Io lo so bene.
In cima alla scalinata trovarono una strana anticamera, ab-
bellita da un folto tappeto e da una quantit di arazzi dai co-
lori brillanti appesi alle pareti. Due soldati con le spade gi
sguainate erano di guardia di fronte a una grossa porta, vesti-
ti con la livrea della Gilda dei Merciai. Gelo, coi pugni chiu-
si in due morse bianche, si ergeva minaccioso davanti a loro.
Una volta raggiunto il pianerottolo, Jalenhorm sguain la sua
spada e si port subito al fianco dell'albino. Glokta non pot
fare a meno di sorridere. Il torturatore mezzo muto e il fiore
della cavalleria. Che improbabile alleanza.
Ho un mandato di cattura per Kault, firmato dal Re in
persona. Glokta fece loro vedere il documento. I Merciai
sono finiti. Non otterrete nulla ostacolandoci. Consegnate le
spade! Avete la mia parola che nessuno vi far del male!
Le due guardie si scambiarono uno sguardo poco convin-
to. Consegnatele!, grid Jalenhorm, facendosi un po' pi
avanti.
Va bene! Uno degli uomini si chin e fece scivolare la
spada sulle assi; Gelo la blocc sotto il piede.
Anche tu!, comand Glokta all'altro soldato. Ora! La
guardia obbed, cos gett la spada per terra e alz le mani.
Un momento dopo, Gelo gli sferr un pugno tale da frantu-
margli la mascella e l'uomo perse istantaneamente i sensi,
crollando contro il muro.
Ma, url l'altro. Gelo lo prese per la casacca e lo sca-
ravent gi per le scale cos che quello rotol e rotol anco-
ra, sbattendo contro gli scalini, finch non raggiunse il fon-
do, dove rimase immobile. So come ci si sente.
Jalenhorm se ne stava impalato, incredulo, con la spada
ancora sollevata. Avevate detto
Non datevi pensiero per quello che ho detto. Gelo, cerca
un'altra entrata.
F. L'albino si allontan lungo il corridoio. Glokta atte-
se un momento, poi si pieg in avanti e prov a girare la ma-
niglia, la quale, con sua enorme sorpresa, cedette. La porta si
apr.
La stanza, grossa quasi come un granaio, era la quintes-
senza dell'opulenza. Le incisioni sull'alto soffitto erano in-
crostate di lamine d'oro, nei dorsi dei libri sugli scaffali erano
incastonate gemme preziose, e il mostruoso mobilio era luci-
dato a specchio. Tutto era troppo grande, troppo decorato,
troppo costoso. A che serve il buongusto quando si ha il de-
naro? C'erano anche diverse finestre di nuova concezione -
quelle fatte di lastre di vetro separate da sottili nastri di
piombo - che offrivano una splendida veduta della citt, della
baia e delle barche. Il Magistro Kault, con indosso la favolo-
sa veste da cerimonia, sorrideva, seduto all'immensa scriva-
nia dorata davanti alla finestra centrale. La sua figura era in
parte adombrata da una credenza gigantesca, sulle cui ante
era inciso lo stemma della Gilda dei Merciai.
Allora non scappato. mio. Lo Ma legata attorno alla
grossa gamba della credenza c'era una corda. Glokta segu
con gli occhi il percorso che tracciava lungo il pavimento,
finch non vide che l'altro capo era legato al collo del Magi-
stro. Ah, dunque ce l'ha una via di fuga, dopotutto.
Inquisitore Glokta! Kault scoppi in una risata stridula
e nervosa. Che piacere conoscervi, finalmente! Ho seguito
le vostre investigazioni con molto interesse! Le sue dita
strattonarono la corda, onde accertarsi che il nodo fosse ben
stretto.
La vostra collana vi soffoca, Magistro? Forse dovreste
togliervela.
Altra risata. Oh, non credo proprio! Non intendo rispon-
dere a nessuna delle vostre domande, grazie! Con la coda
dell'occhio, Glokta vide una porta laterale aprirsi pian piano
e le dita di una grossa mano bianca avvolgere lentamente lo
stipite. Gelo. C' ancora speranza di prenderlo. Devo farlo
parlare per distrarlo.
Non ci sono pi domande a cui rispondere. Sappiamo gi
tutto.
Ah, s?, ridacchi il Magistro. L'albino scivol silenzio-
so nella stanza, tenendosi nell'ombra a ridosso della parete,
nascosto da Kault grazie all'enorme credenza.
Sappiamo di Kalyne. Del vostro piccolo accordo.
Imbecille! Non avevamo nessun accordo! Era troppo
onesto per poter essere comprato! Non avrebbe mai accettato
un marco da me! Ma allora Kault fece un sorrisino male-
fico. Il segretario di Sult, disse, ridacchiando ancora. Pro-
prio sotto il suo naso, e sotto il tuo, storpio! Sciocco, scioc-
co! Il segretario ha portato i messaggi, ha visto la confessio-
ne: sapeva tutto! Non mi sono mai fidato di quell'essere un-
tuoso. Kalyne era leale, dunque.
Glokta scroll le spalle. Tutti commettiamo errori.
Il Magistro fece un ghigno feroce. Errori? Non avete fat-
to altro, idiota! Il mondo non come credi tu! Non sai nean-
che da che parte stai! Non sai neanche quali sono le parti!
Io sto dalla parte del Re, mentre voi no. Non ho bisogno
di sapere altro. Gelo aveva intanto raggiunto la credenza e
vi si era nascosto dietro, nel tentativo di sbirciare con quegli
occhietti rosa senza farsi vedere. Un po' pi in l, solo un
pochino
Tu non sai niente, storpio! Qualche affaruccio con le tas-
se, qualche insignificante tangente. Ecco di cosa siamo col-
pevoli!
E di nove omicidi dettaglio insignificante.
Non avevamo scelta!, grid Kault. Non abbiamo mai
avuto scelta! Dovevamo pagare i banchieri! Ci hanno con-
cesso i finanziamenti e noi dovevamo restituirli! Sono anni
che li paghiamo! Valint & Balk, quelle sanguisughe! Gli ab-
biamo dato tutto, ma loro volevano sempre di pi!
Valint & Balk? Banchieri? Glokta gett uno sguardo su
quell'opulenza ridicola. Non mi sembra che ve la passiate
poi tanto male.
Sembra! Sembra! Tutta polvere! Tutte menzogne! tutto
dei banchieri! Possiedono anche noi, dal primo all'ultimo!
Gli dobbiamo migliaia, milioni di marchi! Kault ridacchi.
Ma suppongo che adesso non avranno niente, non vero?
No. Suppongo di no.
Il Magistro si pieg sulla scrivania e la corda penzolante
sfior la pelle che ricopriva il piano. Vuoi dei criminali,
Glokta? Vuoi dei traditori? Dei nemici del Re e dello Stato?
Cercali nel Consiglio Ristretto. Cercali nel Palazzo degli In-
terrogatori. Cercali nell'Universit e nelle banche, Glokta!
D'un tratto not Gelo sbucare da dietro la credenza, a nean-
che quattro passi da lui, allora spalanc gli occhi e si alz di
scatt dalla sedia.
Prendilo!, berci Glokta. Gelo si lanci verso di lui, al-
lungandosi oltre la scrivania, e afferr l'orlo svolazzante del-
la veste da cerimonia di Kault, proprio nel momento in cui il
Magistro stava per buttarsi dalla finestra. Preso!
Sfortunatamente, per, la veste si strapp e solo un lembo
rimase stretto nella mano di Gelo. Il Magistro sembr sospe-
so nel vuoto per un momento, mentre tutto quel vetro costo-
so andava in mille pezzi attorno a lui, poi le schegge, i fram-
menti, brillarono in aria per una frazione di secondo e Kault
scomparve. La corda si tese al massimo, con uno scatto.
Ffffff!, sibil Gelo, guardando biecamente la finestra
spaccata.
Si buttato!, disse Jalenhorm senza fiato, con la bocca
aperta.
Lo vedo. Glokta zoppic fino alla scrivania e strapp il
brandello di veste dalla mano di Gelo: da vicino, il tessuto
non sembrava affatto di fine fattura, il colore era vivido, ma
la trama era pessima.
E chi se lo aspettava?, mormor Glokta. Infima quali-
t. And ad affacciarsi alla finestra. Attraverso il buco nel
vetro, vide la testa del capo dell'onorata Gilda dei Merciai
oscillare lentamente avanti e indietro, venti piedi pi in bas-
so, mentre la sua veste strappata, ricamata in oro, fluttuava
attorno a lui nella brezza. Vestiti da due soldi e finestre co-
stose. Se il tessuto fosse stato pi resistente l'avremmo preso.
Se la finestra avesse avuto pi piombo l'avremmo preso. La
vita dipende da queste casualit. In strada, una folla inorridi-
ta si stava gi radunando sotto il corpo penzolante, e lo indi-
cava, lo fissava con tanto d'occhi, farfugliava incredula. Una
donna lanci un grido. Paura o eccitazione? Il suono lo
stesso.
Tenente, sareste cos gentile da scendere a disperdere la
folla? Noi taglieremo questa corda e ci porteremo via il no-
stro amico. Jalenhorm lo guard, privo di espressione.
Vivo o morto, il mandato del Re va rispettato.
S, ma certo. Il grosso ufficiale si asciug il sudore sul-
la fronte e si avvi alla porta con passo un po' ondeggiante.
Glokta si affacci alla finestra per guardare nuovamente il
cadavere dondolante. Le ultime parole del Magistro Kault gli
riecheggiavano nella testa.
Cercali nel Consiglio Ristretto. Cercali nel Palazzo degli
Interrogatori. Cercali nell'Universit e nelle banche, Glokta!
23.

Tre segni

West fin col culo per terra. Una delle spade gli sfugg di
mano e prese a scivolare sull'acciottolato.
Stoccata!, grid il Maresciallo Varuz. Senza dubbio!
Bel combattimento, Jezal, ben fatto!
West cominciava a stancarsi di perdere. Sebbene fosse pi
forte e pi alto, e il suo braccio avesse una portata migliore
di quella di Jezal, quel piccolo bastardo di un galletto era ve-
loce, dannatamente veloce, e di giorno in giorno la sua rapi-
dit aumentava. Ormai conosceva bene tutti i trucchetti di
West, pi o meno, e se avesse continuato a migliorare di quel
passo, ben presto l'avrebbe battuto tutte le volte. Anche Jezal
lo sapeva, era evidente dall'irritante sorrisetto compiaciuto
con cui aiut West a rialzarsi da terra.
Finalmente, si va da qualche parte! Varuz si picchi la
gamba con il bastone per la contentezza. Chiss che anche
noi non avremo un campione, eh, Maggiore?
molto probabile, signore, rispose West, massaggian-
dosi il gomito escoriato e dolorante per la caduta. Scocc
uno sguardo in tralice a Jezal, che si crogiolava al calore del-
le lodi del Maresciallo.
Ma non dobbiamo adagiarci!
No, signore, rispose Jezal con enfasi.
No, infatti. Il Maggiore West uno schermitore capace,
ovviamente. Duellare con lui un privilegio per te, ma,
ecco, e fece un sorriso a West, la scherma una discipli-
na per giovani, eh, Maggiore?
Certo, signore, mormor West. Una disciplina per gio-
vani.
Mi aspetto che Bremer dan Gorst sia un avversario di al-
tro tipo, come lo saranno tutti gli altri partecipanti al Torneo
di quest'anno. Non avranno la scaltrezza dei veterani, maga-
ri, per il vigore della giovinezza sar dalla loro, eh, West?
A trent'anni, West si sentiva ancora piuttosto vigoroso, ma
non aveva senso controbattere. Sapeva di non essere mai sta-
to lo spadaccino pi talentuoso del mondo. Abbiamo fatto
molti progressi in questo mese, moltissimi. Avrai una possi-
bilit di vincere, se riesci a mantenere questa concentrazione.
Una possibilit senz'altro! Ben fatto! Ci vediamo domani.
Detto questo, l'anziano Maresciallo si allontan impettito dal
soleggiato cortile.
West and a raccogliere la spada che gli era volata di
mano e che giaceva a terra a ridosso del muro. Il fianco gli
faceva ancora male per la caduta, per cui si pieg con una
certa rigidit. Anche io devo andare, grugn nel rimettersi
diritto, tentando di nascondere la frustrazione meglio che po-
teva.
Impegni importanti?
Il Maresciallo Burr ha chiesto di vedermi.
Sar guerra, allora?
Forse, non lo so. Scrutandolo, West si accorse che, per
qualche motivo, Jezal evitava di guardarlo negli occhi. E
tu? Che impegni hai oggi?
L'altro armeggi con le spade. Ehm, nulla di program-
mato non proprio, rispose, poi lo guard furtivamente.
Per essere un cos bravo giocatore di carte era un pessimo
bugiardo.
West cominci ad avvertire un accenno di preoccupazio-
ne. E questo nulla di programmato non coinvolge anche Ar-
dee, vero?
Beh
Quell'accenno di preoccupazione divenne un gelido palpi-
tare. Allora?
Forse, ribatt Jezal. E va bene s.
West si avvicin minaccioso all'ufficiale pi giovane. Je-
zal, sent la sua voce scandire le parole lentamente, tra i
denti serrati, voglio sperare che tu non abbia intenzione di
scoparti mia sorella.
No, senti
La rabbia trabocc. Le mani di West afferrarono con forza
le spalle di Jezal. No, tu senti!, ringhi. Non permetter
che la prendi in giro, mi hai capito? gi stata ferita in pas-
sato e non intendo vederla soffrire di nuovo! N a causa tua,
n a causa di nessun altro! Non lo accetto! Lei non uno dei
tuoi passatempi, chiaro?
Va bene, fece Jezal, all'improvviso pallido. Va bene!
Non ho mire su di lei! Siamo solo amici, tutto qua. Ci sto
bene! Lei non conosce nessuno qui e puoi fidarti di me
non c' nulla di male! Ah! E levati!
West si rese conto che lo stava stritolando. Come era arri-
vato a questo punto? Voleva soltanto fare una chiacchierata
tranquilla, invece si era spinto troppo oltre. Ferita in
passato Accidenti! Non avrebbe mai dovuto dirlo. Lo la-
sci andare di colpo, si ritrasse, cerc di controllare la colle-
ra. Non voglio che vi vediate pi, chiaro?
Fermati un attimo, West, chi sei tu
L'ira mont di nuovo. Jezal, ringhi, sono tuo amico,
per cui te lo sto chiedendo. Si fece di nuovo avanti, vicinis-
simo. E sono suo fratello, quindi ti avverto: stalle lontano!
Non ne verr nulla di buono!
Jezal si schiacci contro il muro. D'accordo d'accordo!
tua sorella!
West si volt e si incammin deciso in direzione del por-
tale ad arco, massaggiandosi la nuca. La testa gli martellava.

Il Lord Maresciallo Burr sedeva con lo sguardo rivolto


alla finestra quando West raggiunse i suoi uffici. Era un
omone grosso e serio, muscoloso come un toro, con una folta
barba castana e una divisa semplice indosso. West si chiese
quanto fossero cattive le notizie che aveva da dargli ma, a
giudicare dalla faccia del Maresciallo, erano terribili.
Maggiore West, esord, guardandolo da sotto le pesanti
sopracciglia. Grazie per essere venuto.
Ma certo, signore. West not che su un tavolo accanto
al muro erano posate tre rozze scatole di legno e Burr si ac-
corse che le stava guardando.
Doni, disse acidamente, dal nostro amico del Nord,
Bethod.
Doni?
Per il Re, pare. Il Maresciallo aggrott la fronte e aspir
l'aria tra i denti stretti. Perch non date un'occhiata a cosa ci
ha mandato, Maggiore?
West and al tavolo, allung una mano e con cautela sol-
lev il coperchio di una delle scatole. Un odore sgradevole lo
assal all'istante, simile a quello della carne guasta, eppure
dentro non c'era niente, a parte dello sporco marrone. Dun-
que apr la scatola successiva il cui odore era anche pi forte,
c'era altro sporco incrostato all'interno, insieme a qualche
ciocca di capelli biondi. West deglut e guard l'incupito
Lord Maresciallo. Solo questo signore?
Burr sbuff. Magari. Il resto abbiamo dovuto
seppellirlo.
Seppellirlo?
Il Maresciallo prese un foglio di carta dalla sua scrivania.
Capitano Silber, Capitano Hoss, Colonnello Arinhorm. Vi
dicono nulla questi nomi?
West trasal. Quell'odore Lo stesso che aveva sentito a
Gurkhul, sul campo di battaglia. Il Colonnello Arinhorm lo
conosco, borbott, fissando le tre scatole, di fama. il co-
mandante della guarnigione di Dunbrec.
Era, lo corresse Burr, e gli altri due comandavano
avamposti vicini, sul confine.
Sul confine?, biascic, anche se gi aveva capito tutto.
Le teste, Maggiore. Gli Uomini del Nord ci hanno man-
dato le loro teste.
West inghiott, guardando i capelli biondi incollati all'in-
terno della scatola. Tre segni, hanno detto, quando sarebbe
arrivato il momento. Burr si alz dalla poltrona e si mise a
guardare fuori dalla finestra. Gli avamposti non erano un
granch: edifici in legno, per la maggior parte, con delle pa-
lizzate di cinta, fossati e tutto il resto; pochi uomini a presi-
diarli. Non avevano alcuna importanza strategica. Dunbrec
per tutt'altra faccenda.
Controlla i guadi del Fiume Bianco, disse West come
intontito, il modo migliore per uscire dall'Angland.
O per entrarci. un punto vitale. Molto tempo e risorse
sono stati spesi per potenziare le difese in quella zona. Sono
state usate progettazioni all'avanguardia, con l'aiuto dei no-
stri migliori architetti. La guarnigione contava trecento uo-
mini, con rimesse d'armi e cibo sufficienti a reggere un anno
d'assedio. Era considerata inespugnabile, il cardine su cui
ruotavano tutti i nostri piani di difesa del confine. Burr ag-
grott la fronte e un paio di solchi profondi comparvero so-
pra il suo naso. Scomparsa.
A West era tornato il mal di testa. Quando successo, si-
gnore?
Proprio questo il punto. Almeno due settimane fa, che
il tempo che questi "doni" avrebbero impiegato ad arrivare
qui. Dicono che sono un disfattista, dichiar amareggiato,
ma credo che gli Uomini del Nord siano a piede libero, e
che a questo punto abbiano gi invaso met dell'Angland set-
tentrionale. Un paio di comunit di minatori, diverse colonie
penali, nulla di importante per adesso, nessuna citt degna di
nota, ma stanno arrivando, West, e presto. Potete starne cer-
to. Non mandi delle teste ai tuoi nemici e poi aspetti educata-
mente che rispondano.
Che cosa si sta facendo per impedirlo?
Un bel niente! L'Angland in tumulto, chiaramente. Il
Lord Governatore Meed sta reclutando sino all'ultimo uomo;
deciso a marciare per battere Bethod da solo, quell'idiota. I
rapporti divergono: c' chi dice che gli Uomini del Nord sia-
no dovunque, in mille o centomila. I porti sono assediati da
civili disperati che vogliono scappare, si sparsa la voce di
spie e assassini a piede libero per il Paese, folle inferocite
vanno in cerca di uomini con sangue del Nord, per derubarli,
pestarli, o peggio. In sostanza, il caos. E intanto noi ce ne
stiamo seduti qui sui nostri culi grassi, ad aspettare.
Ma non ci avevano avvertito? Non lo sapevamo?
Certo che s! Burr alz una grossa mano in aria. Ma
nessuno li ha presi sul serio, riuscite a crederci? Un dannato
selvaggio pitturato si ficca un pugnale nel braccio in mezzo
al Consiglio Aperto, ci sfida al cospetto del Re, e noi rima-
niamo con le mani in mano! Ah, comitati di governo! Tutti
che badano soltanto al proprio tornaconto! Si pu solo reagi-
re, mai prevenire! Il Maresciallo fece un colpo di tosse che
fin con un rutto, dopo di che sput sul pavimento. Argh!
Maledizione! Dannata indigestione! Si reclin sulla poltro-
na, massaggiandosi lo stomaco con aria infelice.
West non sapeva cosa dire. Come procediamo?, chiese.
Ci hanno ordinato di andare immediatamente a nord, e
immediatamente significa non appena qualcuno si degner di
fornirmi armi e uomini. Il Re, vale a dire quel beone di Hoff,
mi ha intimato di riportare all'ordine questi Uomini del Nord.
Dodici reggimenti della Guardia del Re - sette a piedi e cin-
que a cavallo -, che dovranno essere rimpolpati con le reclute
mandate dall'aristocrazia, pi tutto ci che gli abitanti del-
l'Angland non avranno ancora dissipato prima che arriviamo
lass.
West si mosse sulla poltrona, a disagio. Un esercito del
genere dovrebbe schiacciarli.
Mh, grugn il Maresciallo. Speriamo. grosso modo
tutto ci che abbiamo, e questo mi preoccupa. West aggrot-
t la fronte con fare interrogativo. Dagoska, Maggiore. Non
possiamo combattere i Gurkish e gli Uomini del Nord allo
stesso momento.
Ma, signore, di certo i Gurkish non rischierebbero un'al-
tra guerra tanto presto. Credevo fossero tutte chiacchiere
vane.
Lo spero, lo spero proprio. Burr spost sovrappensiero
alcune carte sulla sua scrivania. Ma questo nuovo Imperato-
re, Uthman, non quello che ci aspettavamo. Era il figlio pi
piccolo, ma quando ha saputo della morte di suo padre ha
fatto strangolare tutti i suoi fratelli. Alcuni dicono che li ab-
bia strozzati con le sue mani. Uthman-ul-Dosht, lo chiama-
no. Uthman lo Spietato. Ha gi manifestato l'intenzione di ri-
prendersi Dagoska. Parole vane, forse. O forse no. Burr ar-
ricci le labbra. Dicono che abbia spie ovunque. Magari in
questo momento gi venuto a conoscenza dei nostri guai
con l'Angland e si prepara a sfruttare la nostra debolezza.
Dobbiamo risolvere molto in fretta con questi Uomini del
Nord. Dodici reggimenti, pi le reclute dei nobili. E da quel
punto di vista, non potrebbe essere un momento peggiore.
Signore?
Questa faccenda dei Merciai. Un brutto affare. Alcuni
grandi nobili sono rimasti coinvolti: Brock, Isher, Barezin e
altri. Ora battono la fiacca con gli arruolamenti. Chiss cosa
ci manderanno a fare, o quando. Branchi di mendicanti mez-
zi morti di fame e senza armi, probabilmente; una scusa per
ripulire le loro terre dagli avanzi. Una folla inutile di bocche
in pi da sfamare, vestire e armare. E siamo anche disperata-
mente a corto di ufficiali capaci.
Io ho dei bravi uomini nel mio battaglione.
Burr scatt con impazienza. Bravi uomini, s! Gente one-
sta, entusiasta, ma senza esperienza! Gran parte di quelli che
hanno combattuto al Sud non si sono divertiti per niente,
quindi hanno lasciato l'esercito e non hanno intenzione di ar-
ruolarsi di nuovo. Avete visto come sono giovani gli ufficiali
di questi tempi? Siamo una dannata scuola di buone manie-
re! E adesso, Sua Altezza il Principe ha espresso l'interesse
di comandare un esercito. Non sa nemmeno da quale parte si
impugni una spada, ma vuole la gloria, e io non posso oppor-
mi!
Il Principe Raynault?
Magari!, sbott Burr. Raynault potrebbe avere una
qualche utilit! Sto parlando di Ladisla! Al comando di una
divisione! Un uomo che spende mille marchi di vestiti al
mese! La sua mancanza di disciplina tristemente nota. Ho
sentito dire che ha violentato pi di una serva a palazzo, ma
l'Arcilettore si preoccupato di chiudere la bocca alle ragaz-
ze.
Di certo una fandonia, fece West, bench anche a lui
fossero giunte tali voci.
L'erede al trono che rischia la vita mentre il Re malato?
Che idea ridicola! Burr si alz, tra rutti e smorfie. Male-
detto stomaco! Si diresse alla finestra e rivolse lo sguardo
imbronciato all'Agriont.
Credono che si risolver in quattro e quattr'otto, disse
con calma. Il Consiglio Ristretto. Una bella scampagnata
nell'Angland, e saremo tornati prima che cadano le prime
nevi. E questo nonostante la tragedia di Dunbrec. Non impa-
rano mai. Dissero lo stesso a proposito della guerra contro i
Gurkish, e abbiamo vinto per un soffio. Questi Uomini del
Nord non sono i primitivi che pensano loro. Ho combattuto a
fianco di mercenari del Nord nello Starikland: sono uomini
tosti, abituati a vivere duramente, sfamati con la guerra anzi-
ch col pane; ostinati, senza paura, e sanno combattere bene
tra le colline, nelle foreste e al freddo. Non seguono le nostre
regole, non le capiscono nemmeno. Sul campo di battaglia
mostreranno una violenza e una ferocia tali da far arrossire i
Gurkish. Burr si tolse dalla finestra e torn da West. Voi
siete nato nell'Angland, non cos, Maggiore?
S, signore, nel sud, vicino a Ostenhorm. La fattoria del-
la mia famiglia era l, prima che mio padre morisse La
sua voce si affievol.
Siete cresciuto l?
S.
Conoscete quelle terre, allora?
West aggrott la fronte. Solo quella regione, signore, ma
non ci torno da
Conoscete questi Uomini del Nord?
Qualcuno. Ce ne sono ancora molti che vivono nell'An-
gland.
Parlate la loro lingua?
S, un po', ma parlano molti
Bene. Voglio mettere insieme uno Stato Maggiore, un
gruppo di uomini fidati che eseguano i miei ordini e che
provvedano affinch questo nostro esercito non si dissolva
ancora prima di entrare in contatto con il nemico.
Ma certo, signore. West si arrovell il cervello. Il Ca-
pitano Luthar un ufficiale capace e intelligente, il Tenente
Jalenhorm
Bah!, grid Burr frustrato, gesticolando come ad accan-
tonarli. Conosco Luthar, quel ragazzo un cretino! Proprio
il tipo di bambinetto dagli occhi dolci di cui parlavo prima!
Siete voi che voglio, West.
Io?
S, voi! Il Maresciallo Varuz, nientemeno che il soldato
pi famoso dell'Unione, ha scritto su di voi un rapporto ec-
cellente. Dice che siete tenace e devoto alla causa, e che la-
vorate sodo. Proprio di queste qualit ho bisogno! Quando
eravate Tenente, avete combattuto a Gurkhul sotto il coman-
do del Colonnello Glokta, sbaglio?
West deglut. Beh, s.
Tutti sanno che foste il primo a superare la breccia di Ul-
rioch.
Beh, fui tra i primi, ero
Avete condotto uomini sul campo e il vostro coraggio
indiscutibile! Non c' bisogno di essere modesti, Maggiore,
voi siete l'uomo che fa per me! Burr si lasci andare sullo
schienale della poltrona con un sorriso soddisfatto, sicuro di
essersi spiegato bene, poi rutt di nuovo e alz la mano.
Domando scusa dannata indigestione!
Signore, posso essere esplicito?
Io non sono un cortigiano, West. Dovete sempre essere
esplicito con me. Lo esigo!
Un incarico nello Stato Maggiore di un Lord Marescial-
lo, signore voi dovete capire. Sono figlio d'un uomo qua-
lunque. Un plebeo. Gi come comandante di un battaglione
ho seri problemi a farmi rispettare dagli ufficiali di grado in-
feriore. Ma gli uomini a cui dovrei dare ordini, signore, se
entrassi nel vostro Stato Maggiore, sarebbero ufficiali d'alto
grado e lignaggio Fece una pausa, esasperato. Il Mare-
sciallo lo guard senza capire. Non me lo permetteranno!
Le sopracciglia di Burr si congiunsero. Permetteranno?
Il loro orgoglio non si piegher, signore, la loro
Al diavolo il loro orgoglio! Burr si pieg in avanti, fis-
sando gli occhi scuri sul volto di West. Adesso ascoltatemi
attentamente. I tempi stanno cambiando. Non mi servono uo-
mini d'alto lignaggio, mi servono uomini in grado di pianifi-
care, organizzare, dare ordini ed eseguirli. Nel mio esercito
non ci sar spazio per quelli che non sanno fare ci che gli
viene detto, non mi importa quanto siano nobili. Come mem-
bro del mio Stato Maggiore, voi rappresentate me e io non
tollerer di essere offeso o ignorato. Fece un rutto improv-
viso e sbatt il pugno sul tavolo. Provveder io affinch non
succeda!, rugg. I tempi stanno cambiando! Loro ancora
non lo sanno, ma presto se ne accorgeranno!
West ricambi il suo sguardo con aria istupidita. In ogni
caso, e Burr fece un gesto vago della mano, non mi sto
consultando con voi, vi sto informando. Questo il vostro
nuovo incarico. Il vostro Re ha bisogno di voi, il vostro Pae-
se ha bisogno di voi, e questo tutto. Avete cinque giorni per
rassegnare le dimissioni come comandante di battaglione.
Detto questo, torn a concentrarsi sulle sue carte.
S, signore, mormor West.
Chiuse la porta dietro di s con mani intorpidite e si in-
cammin lentamente lungo il corridoio, tenendo lo sguardo
fisso a terra. Guerra. Guerra nel Nord. Dunbrec caduta, gli
Uomini del Nord a imperversare nell'Angland. Altri ufficiali
gli passavano accanto, qualcuno lo sfior anche, ma lui se ne
accorse a malapena. Molte persone erano in pericolo, poteva-
no morire! Gente che conosceva, magari, vicini di casa. Per-
sino adesso gi si combatteva all'interno dei confini dell'U-
nione! Si gratt la mascella. Questa poteva essere una guerra
terribile, addirittura peggiore di quella con Gurkhul, e lui sa-
rebbe stato al centro degli eventi. Un incarico nello Stato
Maggiore di un Lord Maresciallo. Lui? Collem West? Un po-
polano? Ancora non poteva crederci.
Avvert un'intensa, subdola soddisfazione, che lo fece sen-
tire in colpa. Era per un incarico simile che aveva lavorato
come un mulo per tutti quegli anni. Se avesse agito bene,
chiss dove sarebbe potuto arrivare. Quella guerra era una
cosa brutta, terribile, senza dubbio. Eppure si ritrov a sorri-
dere. Una cosa terribile ma poteva anche segnare una svol-
ta nella sua carriera.
24.

Dal costumista di scena

Il ponte scricchiolava, ondeggiando sotto i suoi piedi, la


vela sventolava dolcemente e gli uccelli marini sopra di loro
lanciavano i loro striduli richiami nell'aria salmastra.
Non avrei mai pensato di vedere una cosa del genere,
mormor Logen.
La citt aveva la forma e il colore di una gigantesca falce
di luna che occupava tutta la lunghezza dell'ampia baia az-
zurra e si estendeva attraverso una moltitudine di ponti, mi-
nuscoli da lontano, e su alcuni isolotti rocciosi. Qua e l, i
parchi verdi risaltavano nella confusione di edifici, infram-
mezzati dal brillio grigio dei piccoli corsi d'acqua e dei cana-
li. C'erano le mura, rinforzate da una quantit di torri, che de-
limitavano i confini distanti della citt e svettavano maestose
sul guazzabuglio di case. Logen, incapace di abbracciare tut-
to questo con un solo sguardo, spostava gli occhi in conti-
nuazione sulla citt, mentre la bocca era aperta in un'espres-
sione stupefatta.
Adua, fece Bayaz. Il centro del mondo. I poeti la chia-
mano la citt delle torri bianche. Non bella, da lontano? Il
Mago si avvicin un po' di pi, Ma credimi, da vicino co-
mincia a puzzare.
Un'enorme fortezza sorgeva nel cuore della citt, le sue
imponenti mura bianche torreggiavano sul tappeto di edifici
esterni, mentre le sue cupole scintillavano alla luce del sole.
Logen non avrebbe mai immaginato che l'uomo potesse co-
struire una cosa tanto grande, tanto maestosa, tanto forte.
Una torre in particolare si levava sopra tutte le altre con un
insieme poderoso di pilastri lisci e scuri, che parevano sor-
reggere il cielo stesso.
E Bethod vuole fare la guerra contro tutto questo? sus-
surr. Deve essere pazzo.
Forse. Ma malgrado il suo orgoglio e i suoi sprechi, Be-
thod comprende l'Unione. Bayaz fece un cenno della testa
verso la citt. Tutte quelle persone l sono gelose l'una del-
l'altra. Sar un'unione di nome, ma di fatto tutti si combatto-
no con le unghie e coi denti. I poveri litigano per sciocchez-
ze, i ricchi scatenano guerre segrete per il potere e la ricchez-
za, e lo chiamano governo. Guerre fatte di parole, di dissi-
mulazioni e di astuzie, ma non per questo meno sanguinose.
Le vittime sono molte. Il Mago sospir. Dietro quelle
mura si grida, si discute, si accoltella l'altro alla schiena in
continuazione. Le vecchie dispute non si risolvono mai, ma
si amplificano, mettendo radici, e le radici vanno sempre pi
in profondit ogni anno che passa. sempre stato cos. Quel-
li non sono come te, Logen. Un uomo qui pu sorriderti,
adularti, dichiararsi tuo amico, darti dei doni con una mano e
accoltellarti con l'altra. Lo troverai un posto strano.
Ma per Logen quello era gi il posto pi strano che avesse
mai visto. Era infinito e, man mano che la barca scivolava al-
l'interno della baia, la citt sembrava sempre pi grande. Una
selva di edifici bianchi, le cui finestre somigliavano a mac-
chioline nere, li abbracciava da tutti i lati, ricoprendo le colli-
ne di un'accozzaglia di tetti e torri. Le case si ammassavano
muro a muro, premute contro la linea costiera.
Navi e barche di tutti i tipi si superavano a vele spiegate
sulla baia, mentre i membri degli equipaggi correvano sui
ponti da una parte all'altra, si calavano dalle reti, gridavano
per farsi sentire al di sopra del frastuono dell'acqua. Alcune
imbarcazioni erano persino pi piccole del loro vascello a
due vele, mentre altre erano molto pi grandi. Logen rimase
sconvolto quando vide una nave enorme solcare i flutti verso
di loro, preceduta a prua da un ribollire di spuma luccicante,
come fosse una montagna di legno che si reggeva a galla per
magia. Pass loro accanto e li lasci a beccheggiare nella sua
scia, ma ce n'erano altre, molte altre, ancorate alle innumere-
voli banchine del molo.
Usando una mano per schermarsi gli occhi dal sole, Lo-
gen cominci a distinguere delle figure umane sugli intermi-
nabili pontili, e in seguito anche a sentire il baccano delle
loro voci, dei carretti sull'acciottolato e dei tonfi dei carichi
che venivano posati a terra. C'erano centinaia di figure minu-
scole, simili a formiche nere, che si affannavano attorno a
navi ed edifici. In quanti vivono qui?, sussurr.
A migliaia. Bayaz scroll le spalle. Centinaia di mi-
gliaia. Gente che viene da ogni parte del Mondo Circolare.
Qui trovi Uomini del Nord, Kantichi di Gurkhul dalla pelle
scura e persone che vengono da pi lontano. Gente del Vec-
chio Impero, nel lontano Ovest, e mercanti dalle Citt Libere
della Styria. Molti vengono da luoghi lontanissimi, come le
Mille Isole, la distante Suljuk, e Thond, dove venerano il
sole. Pi gente di quanta se ne possa contare, tutti che vivo-
no, muoiono, lavorano, figliano e montano l'uno sull'altro.
Benvenuto nella civilt! E Bayaz spalanc le braccia,
come a racchiudere in esse l'infinita, mostruosa, bellissima
Adua.
Centinaia di migliaia. Logen non riusciva a concepire un
simile numero. Centinaia di migliaia. Possibile che al
mondo esistesse cos tanta gente? Fiss la citt tutta attorno a
lui, e intanto rimuginava, strofinandosi gli occhi doloranti.
Come potevano essere centomila persone?
Lo scopr un'ora dopo.
Soltanto in battaglia Logen era stato cos schiacciato e
pressato contro altra gente. Il molo stesso era come una bat-
taglia, pieno com'era di grida, rabbia, schianti, paura e confu-
sione, ma una battaglia in cui non esisteva piet, che non ter-
minava e non aveva n vinti n vincitori. Logen, abituato
agli spazi aperti, all'aria come unica compagnia, durante il
viaggio s'era sentito soffocato da Bayaz e Quai, quando ca-
valcavano fianco a fianco con lui. Ma adesso c'erano persone
ovunque, che si spingevano, si urtavano, urlavano. A centina-
ia! Migliaia! Centinaia di migliaia! Potevano essere tutte per-
sone come lui, con pensieri, umori e sogni? I volti gli veni-
vano incontro per scomparire dopo un istante, preoccupati e
ansiosi, coi loro bronci che svanivano in un angosciante lam-
po di colore. Logen inghiott, sbatt le palpebre; si sentiva la
gola terribilmente secca e gli girava la testa. Quello era sicu-
ramente l'inferno. Sapeva di esserselo meritato, ma non ri-
cordava di essere morto.
Malacus!, sibil disperato, al che l'apprendista si gir a
guardarlo. Fermati un momento! Logen si allarg il collet-
to nel tentativo di lasciar passare un po' d'aria. Non riesco a
respirare!
Quai sorrise. Sar il cattivo odore.
S, era possibile. Il molo puzzava da morire, questo era
poco ma sicuro: pesce, spezie nauseanti, frutta marcia, merda
fresca, sudore di cavalli e muli e persone, si mescolavano
moltiplicandosi sotto il sole rovente, sommandosi fino a
creare un olezzo peggiore di ciascun odore che lo costituiva.
Muoviti! Una spalla lo scost rudemente da una parte,
poi scomparve. Logen si appoggi contro un muro sudicio e
si asciug il sudore sulla fronte.
Bayaz stava sorridendo. Qui non come il vasto e deso-
lato Nord, eh, Novedita?
No. Logen osserv quel brulichio di gente passargli da-
vanti agli occhi: cavalli, carretti, l'infinit dei volti. Un uomo
gli lanci un'occhiata sospettosa; un ragazzino lo indic e
grid qualcosa; una donna che portava un cesto gli pass alla
larga, guardandolo con occhi spaventati, e poi aument il
passo. Ora che ci pensava un attimo, tutti lo guardavano, tutti
lo indicavano con tanto d'occhi e non sembravano affatto fe-
lici di vederlo.
Logen si pieg all'orecchio di Malacus. Mi temono e mi
odiano in tutto il Nord. Non mi fa piacere, ma almeno so il
perch. Alcuni marinai accigliati lo scrutarono con occhi
pieni d'odio e si scambiarono sussurri tra loro. Logen, per-
plesso, ricambi i loro sguardi, finch non li vide scomparire
dietro un carro che rombava sulla strada. Ma perch mi
odiano qui?
Bethod si mosso rapidamente, fece Bayaz, nel guar-
dare preoccupato la folla. La sua guerra contro l'Unione
gi iniziata. Temo che il Nord non sia molto popolare ad
Adua di questi tempi.
Come fanno a sapere da dove vengo?
Malacus sollev un sopracciglio. Non passi certo inos-
servato.
Logen sobbalz quando un paio di giovani gli passarono
davanti ridendo. Ah, s? In mezzo a tutti questi?
Beh, in effetti somigli solo a un pilastro lurido e pieno di
cicatrici.
Ah. Si diede un'occhiata addosso. Capisco.

Lontano dal molo, la folla si dirad, assieme al cattivo


odore e al baccano. Certo, la gente era ancora tanta, il rumo-
re ancora forte e la puzza persistente, ma almeno Logen riu-
sciva a respirare.
Attraversarono enormi piazze pavimentate, abbellite da
piante e statue, e c'erano delle insegne di legno montate sulle
porte con raffigurazioni vivaci di pesci azzurri, o maiali rosa,
o grappoli d'uva viola, o pagnotte di pane marroni. C'erano
tavoli e sedie fuori al sole, dove la gente sedeva a mangiare
dentro ciotole piatte e a bere da bicchieri di vetro verde. Per-
corsero vicoli stretti, in cui le case di stucco e legno mal fis-
sato sporgevano su di loro, quasi toccandosi al di sopra delle
loro teste, al punto che in alto si vedeva soltanto una sottile
striscia azzurra di cielo. Vagarono lungo ampie strade acciot-
tolate, gremite di gente e di mostruosi edifici bianchi schiera-
ti lungo i lati. E Logen non smise mai di restare sorpreso di
fronte a tutto questo.
Non si era mai sentito tanto perso, neanche nelle lande pi
nebbiose o nelle foreste pi intricate. Non avrebbe pi saputo
dire dove si trovava la barca, bench se la fossero lasciata
alle spalle neanche mezz'ora prima. Il sole era nascosto dai
palazzi torreggianti e ogni cosa pareva uguale all'altra. Aveva
il terrore di perdere di vista Bayaz e Quai nella folla, di
smarrirsi per sempre. Perci si affrett a raggiungere la nuca
liscia dello stregone, che lo condusse su un ampio spazio
aperto: una strada enorme, alberata, pi grande di tutte quelle
che avevano visto fino ad allora, sui cui lati si susseguivano
palazzi enormi, conchiusi da alte mura o recinzioni.
L c'era gente di altro tipo. I loro vestiti erano vivaci e
sfarzosi, con delle forme strane che non avevano alcun uso.
Le donne si sventolavano nell'afa con un pezzo di stoffa tesa
su dei bastoncini, ma a stento sembravano umane, tanto era-
no pallide e ossute, fasciate da quei tessuti brillanti.
Dove siamo?, grid a Bayaz. Se lo stregone avesse ri-
sposto che si trovavano sulla luna, Logen non sarebbe rima-
sto sorpreso.
Questa la Via Centrale, una delle arterie principali del-
la citt! Passa per il centro esatto di Adua e arriva fino all'A-
griont!
Agriont?
La fortezza, il palazzo, i baraccamenti, la sede del gover-
no. Una citt dentro la citt. Il cuore dell'Unione. l che
stiamo andando.
Ah s? Un gruppo di giovani con la puzza sotto il naso
lo guard passare con diffidenza. Ci lasceranno entrare?
Oh, s, ma non gli far piacere.
Logen si faceva spazio tra la folla. Ovunque il sole si ri-
fletteva sui vetri delle finestre, che erano centinaia. A Car-
leon solo gli edifici pi importanti avevano qualche finestra
di vetro, almeno prima che loro saccheggiassero la citt, per-
ch dopo ne erano rimaste ben poche. Di tutto era rimasto
ben poco, per la verit. A Mastino piaceva il rumore di vetri
rotti, quindi li aveva spaccati tutti con una lancia, ridendose-
la nell'ascoltare quel fragore e quel tintinnio.
Ma quello era stato il minimo, visto che Bethod aveva la-
sciato per tre giorni la citt nelle mani dei suoi Scagnozzi;
era una sua consuetudine, e gli uomini lo adoravano per que-
sto. Logen aveva perso il dito il giorno prima, durante la bat-
taglia, e poich gli avevano chiuso la ferita con il ferro ro-
vente, gli faceva male, sempre pi male. Il dolore lo aveva
reso folle. Come se a quei tempi avesse bisogno di una scusa
per essere violento. Ricordava il puzzo del sangue, di sudore,
di fumo. Le grida, gli schianti, le risate.
Per favore Logen inciamp e per poco non cadde.
Qualcosa gli si era aggrappato alla gamba: una donna, seduta
per terra a ridosso di un muro, con dei cenci laceri addosso e
una faccia pallida, smunta dalla fame. Teneva tra le braccia
una specie di fagotto di stracci. Un bambino. Per favore,
disse solamente. La gente rideva, chiacchierando beatamen-
te, evitava di calpestarli, come se non ci fossero. Per favo-
re
Non ho nulla, mormor Logen. Neanche cinque passi
pi gi, un uomo con un alto cappello sedeva a un tavolo,
tutto concentrato su un piatto fumante di carne e verdure,
mentre ridacchiava con un amico. Logen guard il cibo sbat-
tendo gli occhi e poi fiss la donna affamata.
Logen! Andiamo! Bayaz l'aveva preso per un gomito e
cercava di tirarlo via.
Ma non dovremmo
Guardati intorno. Sono ovunque. Il Re ha bisogno di de-
naro, per cui spreme i nobili. I nobili spremono i loro affit-
tuari, che a loro volta spremono i contadini. Alcuni di loro, i
vecchi, i deboli, i figli e le figlie in pi, vengono spremuti
fino all'osso. Troppe bocche da sfamare. I pi fortunati di-
ventano ladri o puttane, tutti gli altri finiscono a mendicare.
Ma
Fate largo! Logen si premette contro il muro insieme a
Malacus e Bayaz, mentre la folla si apriva per lasciar passare
una lunga colonna di uomini, guidati da guardie in armatura.
Alcuni erano giovani, a malapena ragazzi, certi altri erano
decrepiti, ma tutti indossavano stracci luridi e in pochi sem-
bravano in salute. Un paio di loro erano addirittura zoppi e
avanzavano meglio che potevano; uno sul davanti aveva un
braccio solo. Un passante, vestito di una favolosa giubba cre-
misi, si teneva un quadrato di stoffa davanti al naso storto,
disgustato dal passaggio dei mendicanti.
Chi sono questi?, chiese Logen a Bayaz con un sussur-
ro. Fuorilegge?
Il Mago ridacchi. Soldati.
Logen rimase a fissare quegli uomini sporchi, malati, zop-
picanti, alcuni dei quali non avevano neanche degli stivali ai
piedi. Soldati? Questi?
Oh, s. Vanno a combattere Bethod.
Logen si strofin le tempie. Una volta, un clan mand il
guerriero meno abile a scontrarsi in duello con me, Forley il
Debole, ma lo fece per dichiararsi sconfitto. Perch questa
Unione manda i pi fiacchi a combattere? Logen scosse la
testa con fare cupo. Non sconfiggeranno Bethod con gente
del genere.
Ne manderanno altri. Bayaz indic un altro gruppo pi
esiguo. Anche quelli sono soldati.
Quelli? Erano giovani alti, avvolti da sfarzose divise
rosse o verde luminoso, alcuni con dei cappelli troppo gran-
di. Quantomeno portavano una specie di spada ai fianchi, an-
che se non sembravano affatto guerrieri. Guerriere, casomai.
Logen fece correre lo sguardo da un gruppo all'altro, con la
fronte corrugata. I luridi mendicanti, i giovani dalle divise
splendide. Non sapeva neanche lui quale gruppo gli risultas-
se pi strambo.

Una minuscola campanella tintinn quando aprirono la


porta. Logen segu Bayaz attraverso il basso ingresso ad
arco, seguito da Malacus. Il negozio era buio, dopo il chiaro-
re del giorno di fuori, e a Logen ci volle qualche momento
per abituarsi alla semioscurit. Appoggiate a un muro c'erano
delle lastre di legno con pitture infantili di palazzi, foreste e
montagne; accanto a esse, strani vestiti stavano appesi a dei
sostegni: vesti leggere, abiti sporchi, armature complete, cap-
pelli ed elmi enormi, anelli e altri gioielli, persino una pesan-
te corona. Le armi, spade e lance dalle preziose decorazioni,
erano posate su una piccola rastrelliera. Logen si avvicin un
poco, aggrottando la fronte. Era tutto finto. Nulla era reale.
Le armi erano dipinte sul legno, la corona era fatta di latta
squamata, i gioielli di vetro colorato.
Che cos' questo posto?
Bayaz stava dando un'occhiata ai vestiti accostati al muro.
il negozio di un costumista di scena.
Un che?
La gente di questa citt ama gli spettacoli. Commedie,
tragedie, teatro in tutte le sue forme. Questo negozio vende
attrezzature per inscenare drammi.
Storie? Logen tocc una spada di legno. Certa gente
ne ha di tempo da buttare!
Un ometto pingue, che comparve da una porta sul retro
del negozio, adocchi Bayaz, Malacus e Logen in modo so-
spettoso. Posso aiutarvi, signori?
Ma certo. Bayaz si fece avanti e cominci a parlare la
lingua comune senza sforzo alcuno. Stiamo allestendo uno
spettacolo e ci servono dei costumi. Sappiamo che siete il
costumista pi celebre di tutta Adua.
Il negoziante sorrise nervosamente, ma intanto osservava
le loro facce sudice e i vestiti sporchi per il viaggio. Vero,
vero, ma Beh, la qualit costa, signori.
Il denaro non un problema. Bayaz tir fuori un sac-
chetto stracolmo e lo butt con noncuranza sul bancone,
dove si apr, rovesciando monete d'oro sul ripiano.
Gli occhi del negoziante si illuminarono. Ma certo. Che
cosa avevate in mente, precisamente?
Mi serve una veste magnifica, adatta a un Mago o a un
grande stregone, o una cosa del genere. Con un certo tocco
arcano, comunque. Poi vorremmo anche qualcosa di simile,
ma meno chiassoso, per un apprendista. E infine, ci serve
qualcosa per un guerriero possente, un principe del lontano
Nord, magari con una pelliccia, direi.
Non dovrei avere difficolt. Vediamo che cos'ho. Il ne-
goziante scomparve dalla porta dietro il bancone.
Ma che diavolo sta succedendo?, chiese Logen.
Lo stregone ghign. Vedi, qui le persone nascono con
uno stato. Ci sono i plebei, che combattono, coltivano la ter-
ra e fanno i lavori pesanti. C' la piccola nobilt, che com-
mercia, costruisce e pensa. Poi c' la nobilt, che possiede la
terra e maltratta tutti gli altri. Infine, c' la Corona Bayaz
guard la corona di latta. Non ricordo pi quale sia la sua
utilit, per. Nel Nord si pu arrivare in alto grazie ai propri
meriti, ti basta guardare il nostro comune amico, Bethod. Qui
non funziona cos. Un uomo nasce su un gradino sociale e ci
rimane. Pertanto noi dobbiamo avere l'aspetto di gente eleva-
ta, se vogliamo farci prendere sul serio. Vestiti cos, non su-
pereremmo neanche le porte dell'Agriont.
Il negoziante lo interruppe, ricomparendo sulla porta con
un mucchio di vestiti splendenti tra le braccia. Una veste
mistica, adatta al pi potente degli stregoni! stata usata
l'anno scorso da un attore che impersonava Juvens, in occa-
sione del festival estivo; il titolo era La Fine dell'Impero.
Questo costume, se posso dirmelo da solo, uno dei miei la-
vori migliori. Bayaz sollev il luccicante tessuto cremisi e
lo osserv con aria ammirata alla poca luce, mettendo in mo-
stra diagrammi arcani, lettere mistiche, simboli solari, lunari
e stellari, tutti ricamati con un filo argentato.
Malacus fece correre la mano sulla sua veste, stonatamen-
te splendida. Non penso che mi avresti preso in giro con
tanta facilit, eh, Logen, se fossi arrivato al tuo accampa-
mento vestito cos.
Logen fece una smorfia. Io dico di s, invece.
E qui, invece, abbiamo un bellissimo esempio di costu-
me da barbaro. Il negoziante spieg una tunica di cuoio
nero sul bancone, su cui erano cucite delle volute in ottone e
un inutile ordito di delicatissima maglia metallica poi indic
la pelliccia abbinata. Questo vero zibellino! Era un cen-
cio ridicolo, inutile sia come copertura che come protezione
dal freddo.
Logen incroci le braccia sulla sua vecchia giubba. Non
ti aspetterai che la indossi
Il negoziante deglut nervosamente. Dovete perdonare il
mio amico, intervenne Bayaz. uno di questi attori all'a-
vanguardia che crede di doversi identificare completamente
con il personaggio.
Ah, s?, chiese l'uomo con una vocina, guardando Lo-
gen dall'alto in basso. Gli Uomini del Nord sono personag-
gi attuali, suppongo.
Assolutamente. Vi assicuro che Mastro Novedita il mi-
gliore di tutti nel suo ambiente. Il vecchio stregone diede a
Logen una gomitata nelle costole. Il migliore. Lo so per
esperienza.
Se lo dite voi Il negoziante non sembrava per niente
convinto. Posso chiedervi che tipo di spettacolo state alle-
stendo?
Oh, un dramma nuovo. Bayaz si picchiett la tempia
con un dito. Sto ancora lavorando sui dettagli.
Davvero?
Oh, s. pi una scena, che un dramma intero. Torn a
rivolgere lo sguardo alla veste, ammirando il modo in cui la
luce si rifletteva sui simboli arcani. Una scena in cui il Pri-
mo Mago Bayaz prende finalmente posto nel Consiglio Ri-
stretto.
Ah, il negoziante annu con aria consapevole. Un
dramma politico. Una satira pungente, forse? Avr tono co-
mico o tragico?
Bayaz scocc uno sguardo in tralice a Logen. Questo
ancora da vedere.
25.

Barbari alle porte

Jezal sfrecciava sul viottolo accanto al fossato. I suoi pie-


di battevano pesanti sui ciottoli logori, le mura bianche scor-
revano all'infinito alla sua destra, una torre dopo l'altra, men-
tre lui compiva il suo giro quotidiano attorno all'Agriont. Da
quando aveva ridotto il consumo di alcool la sua resistenza
era aumentata in maniera impressionante, tanto che quasi
non rimaneva pi senza fiato. Visto che era prima mattina, le
strade della citt erano semideserte e quei pochi passanti lo
seguivano con gli occhi, magari gridando qualche parola di
incoraggiamento. Ma Jezal li notava appena. Teneva gli oc-
chi fissi sull'acqua luccicante del fossato che sciabordava. La
sua mente era altrove.
Ardee. E dove altro, se no? Dopo l'avvertimento di West e
dopo aver smesso di vederla, credeva che i suoi pensieri sa-
rebbero presto tornati a concentrarsi su altre faccende, su al-
tre donne. Si era applicato parecchio nella scherma, aveva
cercato di mostrare interesse per i suoi doveri di ufficiale, ma
non riusciva a concentrarsi e tutte le altre donne, ormai, sem-
bravano creature insipide, pallide e noiose. Le lunghe corse, i
monotoni esercizi con la spranga e quelli sulla trave davano
alla sua mente svariate opportunit di distrarsi, ma il tedio
dei soldati in tempo di pace era anche peggiore, poich c'era-
no solo noiose carte da leggere o c'era da montare la guardia
a cose che non avevano bisogno di essere sorvegliate. La sua
attenzione veniva inevitabilmente meno, e Ardee era l.
Ardee vestita da contadina, accaldata e sudata dopo il
duro lavoro nei campi. Ardee scintillante di gioielli da princi-
pessa. Ardee che si bagnava in uno stagno nella foresta, men-
tre lui la spiava da dietro i cespugli. Ardee timida e riservata,
che lo guardava da sotto le lunghe ciglia. Ardee che batteva
vicino al porto e lo chiamava dall'ingresso sudicio di un bor-
dello. Di fantasie ne aveva svariate, e finivano tutte nello
stesso modo.
La sua corsa di un'ora attorno all'Agriont era terminata,
cos Jezal attravers il ponte con passo pesante, per entrare
nella cittadella dal portale sud. Concesse alle guardie la loro
razione quotidiana di indifferenza, trott lungo il tunnel sotto
l'arco e poi sulla lunga rampa che conduceva alla fortezza,
dove svolt verso il cortile in cui il Maresciallo Varuz lo sta-
va aspettando. E per tutto il tempo Ardee fu sempre un pen-
siero presente sullo sfondo della sua mente.
Eppure aveva ben altro a cui pensare, dal momento che il
Torneo era vicino, anzi, vicinissimo. Ben presto si sarebbe
trovato a combattere di fronte a una folla plaudente, in mez-
zo alla quale ci sarebbero stati anche parenti e amici. Si sa-
rebbe fatto una reputazione o l'avrebbe persa per sempre.
In teoria, avrebbe dovuto passare notti insonni, a sudare e
preoccuparsi all'infinito, arrovellandosi sulle posizioni, sul-
l'allenamento e sulle spade, ma, chiss come, non era questo
che lo tormentava nel letto.
Senza contare che c'era una guerra in atto Per qui, tra i
vicoli soleggiati dell'Agriont, era facile dimenticare che l'An-
gland era stato invaso da un'orda di barbari assetati di san-
gue. Presto sarebbe partito anche lui per il Nord, per condur-
re la sua compagnia in battaglia. Quello s che era un pensie-
ro in grado di assorbire la mente di un uomo! La guerra non
era forse una cosa mortale? Poteva restare ferito, trafitto o
addirittura ucciso. Jezal tent di evocare la faccia dipinta di
Fenris il Temuto, con tutti quegli spasmi e quelle smorfie.
Legioni di selvaggi urlanti che calavano sull'Agriont. Che
cosa terribile, gi, tremenda e pericolosa.
Mmmh.
Ardee veniva dall'Angland. E se, per esempio, fosse cadu-
ta nelle mani degli Uomini del Nord? Jezal si sarebbe preci-
pitato a salvarla, ovviamente. Nessuno le avrebbe fatto del
male. Beh, non male male. Magari le avrebbero strappato un
po' i vestiti, diciamo? Senza dubbio, spaventata com'era, gli
sarebbe stata grata e lui naturalmente sarebbe stato costretto
a consolarla. Poteva anche svenire? Perch in tal caso avreb-
be dovuto portarla in braccio con la testa abbandonata contro
la sua spalla, per poi adagiarla delicatamente per terra, maga-
ri avrebbe dovuto allentarle i vestiti le loro bocche si sa-
rebbero toccate, sfiorandosi appena, poi la sua poteva aprirsi
un poco, e poi
Inciamp. Qualcosa di piacevole gli si stava gonfiando
nei pantaloni. Piacevole, s, ma non molto in linea con una
corsa veloce. Era quasi arrivato al cortile e in quello stato
non poteva presentarsi a lezione di scherma. Nel guardarsi
disperatamente attorno in cerca di una distrazione, per poco
non si soffoc con la sua stessa lingua. Il Maggiore West, in
tenuta da scherma, era in piedi accanto alle mura e lo guarda-
va avvicinarsi con un'espressione insolitamente dura. Per un
istante Jezal si chiese se il suo amico fosse in grado di leg-
gergli nella testa, e il solo pensiero lo fece arrossire, come se
fosse stato davvero colto in flagrante. West non poteva sape-
re, non poteva. Eppure qualcosa lo stava contrariando molto.
Luthar, grugn.
West. Jezal si fiss le scarpe. Non erano andati molto
d'accordo da quando West era entrato a far parte dello Stato
Maggiore del Lord Maresciallo Burr; sebbene Jezal cercasse
di essere felice per lui, non riusciva a togliersi dalla testa l'i-
dea di essere molto pi qualificato per quell'incarico, soprat-
tutto per via del suo lignaggio, al di l dell'esperienza sul
campo di battaglia. E poi, il fantasma di Ardee incombeva
ancora su di loro, dopo quell'avvertimento inutile e spiacevo-
le. Tutti sapevano che West era stato il primo a superare la
breccia di Ulrioch, tutti sapevano che aveva un caratteraccio,
ma era proprio questo che Jezal aveva apprezzato di pi in
lui, almeno fino a quando non si era trovato dalla parte sba-
gliata.
Varuz aspetta. West distese le braccia lungo i fianchi e
si avvi con ampie falcate verso l'arco. E non da solo.
Non da solo?
Il Maresciallo crede che tu debba abituarti ad avere un
pubblico.
Jezal si accigli. Mi sorprende che a qualcuno importi
con questo clima, con la guerra che incombe.
Ti sorprende. Combattimenti e scherma e tutte le cose
che riguardano la guerra vanno per la maggiore. Tutti porta-
no con s una spada di questi tempi, anche se non ne hanno
mai estratta una per salvarsi la vita. La febbre del Torneo im-
pazza, credimi.
Jezal sbatt gli occhi quando uscirono sul cortile, dove la
luce del sole era diretta. Lungo un muro erano state sistemate
delle file temporanee di panche alla bell'e meglio, tutte piene
di gente da un capo all'altro, per ospitare forse una sessantina
di persone.
Eccolo!, grid il Maresciallo Varuz, al che il pubblico
lo accolse educatamente con un applauso. Jezal sorrise alla
vista della gente importante seduta tra la folla. Avvist Maro-
via, l'Alto Giudice, nell'atto di lisciarsi la barba, e poco pi
gi c'era anche Lord Isher, che per pareva un po' annoiato.
Il Principe Ereditario Ladisla in persona, adagiato comoda-
mente in prima fila, splendente con la sua cotta di maglia fi-
nissima, lo stava applaudendo con entusiasmo. Le persone
sulle panche dietro di lui dovettero piegarsi di lato per vedere
Jezal, perch la piuma ondeggiante del magnifico copricapo
del Principe impediva loro la visuale.
Varuz, ancora raggiante, gli consegn le spade. Non az-
zardarti a farmi fare una figuraccia, sibil. Jezal tossicchi
nervosamente alla vista delle file di gente in attesa, ma d'im-
provviso si sent sprofondare quando individu il ghigno
sdentato dell'Inquisitore Glokta, che lo osservava con sguar-
do malizioso tra la folla, e nella fila dietro di lui Ardee
West, con un'espressione che non aveva mai visto durante le
sue fantasticherie, essendo in parte cupa, in parte accusatoria,
in parte semplicemente annoiata. Jezal distolse subito lo
sguardo e si mise a fissare il muro opposto, mentre dentro di
s malediceva la propria codardia. A quanto pareva ultima-
mente non era in grado di sostenere lo sguardo di nessuno.
Questo incontro verr combattuto con spade poco affila-
te!, tuon il Lord Maresciallo. Al meglio dei tre tocchi!
West aveva gi sfoderato le spade e stava entrando nel cer-
chio, delimitato da una striscia di gesso bianco tracciata sul-
l'erba ben tagliata. Il cuore di Jezal martellava mentre snuda-
va con mani goffe le sue spade, consapevole di tutti gli occhi
posati su di lui. Prese posizione di fronte a West, piantando
per bene i piedi nell'erba. Quando West sollev le armi, Jezal
fece lo stesso, e i due rimasero immobili a fissarsi per un
momento.
Cominciate!, grid Varuz.
Quando le loro armi iniziarono a cozzare e stridere con ra-
pidit, divenne subito chiaro che West non aveva alcuna in-
tenzione di farsi sconfiggere, perch cominci a menare una
raffica di pesanti colpi di taglio con una ferocia che non ave-
va mai mostrato. Jezal perse terreno, distratto dagli occhi di
tutta quella gente fissi su di lui - gente dannatamente impor-
tante, in alcuni casi -, ma mentre West lo stava spingendo
verso il bordo del cerchio, la sua ansia cominci a svanire e
il suo allenamento a dare i suoi frutti. Scart da una parte per
riprendersi il proprio spazio, cominci a parare i colpi con la
destra e la sinistra, oppure a schivarli come se stesse danzan-
do, in entrambi i casi troppo veloce per essere toccato.
Tutti attorno a lui scomparvero, compresa Ardee. Le lame
iniziarono a muoversi da sole, avanti e indietro, su e gi, e
lui non aveva neanche bisogno di guardarle. Tutta la sua at-
tenzione si concentr sugli occhi di West, che scattavano dal
terreno alle lame e dalle lame a Jezal. Cercava di indovinare
le sue intenzioni, scrutandolo.
Sent che il fendente stava per arrivare ancora prima che
l'avversario compisse il movimento. Fece una finta da un lato
e poi scart dall'altro, portandosi fluidamente alle spalle di
West, che invece si aspettava di trovarselo dalla parte oppo-
sta.
Dopo di che, per Jezal fu semplice dare una pedata al se-
dere dell'avversario e spingerlo fuori dal cerchio.
Touch!, grid il Maresciallo Varuz.
Ci fu uno scoppio di risate quando il Maggiore capitom-
bol a faccia avanti nell'erba. Touch nel culo! Il Principe
Ereditario, la cui piuma ondeggiava avanti e indietro, era
piegato in due dalle risate. Uno a zero per il Capitano Lu-
thar! West non sembrava pi tanto minaccioso con la faccia
affondata nel fango. Jezal fece un piccolo inchino davanti al
pubblico e, risollevandosi, arrischi un sorriso nella direzio-
ne di Ardee, ma rimase deluso nel constatare che non stava
guardando lui, bens suo fratello, che era alle prese con la
polvere per terra, e aveva un piccolo ghigno crudele sulle
labbra.
West, intanto, si tir lentamente in piedi. Bel tocco,
mormor tra i denti serrati, mentre rientrava nel cerchio. An-
che Jezal riprese posto, ma non riusc a trattenere un sorriso.
Cominciate!
West si fece di nuovo sotto con foga, per Jezal ci stava
prendendo gusto, visto che le acclamazioni del pubblico cre-
scevano nel vederlo danzare da una parte all'altra, gli applau-
si sparsi lo accompagnavano quando infiorettava i suoi mo-
vimenti e i cori di oooh e aaah aleggiavano nel cortile a
ogni colpo che deviava. Non aveva mai tirato di scherma
cos bene, non si era mai mosso con tanta agilit. L'omone
stava cominciando a stancarsi un po', era evidente dal fatto
che i suoi affondi avevano perso vigore, ma le loro spade
lunghe continuarono comunque a cozzare e stridere l'una
contro l'altra. Jezal fece una rapida mossa con il polso destro
e strapp la spada dalle dita di West, poi si fece avanti e lo
colp con la sinistra.
Ah! Con una smorfia, West moll anche la spada corta,
poi si allontan saltellando e tenendosi l'avambraccio. Qual-
che goccia di sangue cadde a terra.
Due a zero!, grid Varuz.
Il Principe Ereditario balz in piedi, deliziato dalla vista
del sangue, e il cappello gli vol dalla testa. Eccellente!,
starnazz. Fantastico! Altri seguirono il suo esempio e si
alzarono in piedi con uno scroscio di applausi. Jezal si cro-
giol nella loro approvazione, tutto sorridente. Nel sentire
ogni muscolo del suo corpo formicolare di felicit, comprese
finalmente il motivo per cui aveva faticato tanto agli allena-
menti.
Bel combattimento, Jezal, mormor West, con un riga-
gnolo di sangue che gli scorreva lungo l'avambraccio. Sei
diventato troppo bravo per me.
Mi spiace per il taglio. Ma lo disse con un gran sorriso,
perch, in realt, non gli dispiaceva per niente.
Non nulla. Solo un graffietto. West si allontan con la
fronte aggrottata, sempre tenendosi il polso. Nessuno prest
molta attenzione alla sua uscita, e Jezal meno di tutti. Gli
eventi sportivi girano sempre attorno ai vincitori.
Lord Marovia fu il primo ad alzarsi per andare a congratu-
larsi. Che giovane promettente, disse a Jezal con un sorri-
so caloroso, ma credete che riuscir a battere Bremer dan
Gorst?
Varuz diede a Jezal una pacca paterna sulla schiena.
Sono certo che possa battere chiunque, quand' giornata.
Mmmh. Avete visto Gorst tirare di scherma?
No, ma dicono che sia fenomenale.
Oh, s! un demonio! L'Alto Giudice sollev le folte
sopracciglia. Non vedo l'ora di vederli combattere. Avete
mai considerato di far carriera nella Legge, Capitano
Luthar?
Jezal fu colto di sorpresa. Ehm, no, Vostra Eccellenza,
perch sono un soldato.
Ma certo che lo siete. Per le battaglie e cose di questo
tipo possono indebolire i nervi di un uomo. Se mai doveste
cambiare idea, potrei avere un incarico per voi. Si trova sem-
pre il posto per uomini promettenti.
Ah, grazie.
Ci vediamo al Torneo, allora! Buona fortuna, Capitano,
e gli volt le spalle, trascinandosi via. Quella frase implicava
che Jezal avrebbe avuto bisogno di molta, molta fortuna. Sua
Altezza il Principe Ladisla fu pi ottimista.
Siete il mio uomo, Luthar!, grid, mimando il movi-
mento di una spada con il dito. Raddoppier la mia scom-
messa su di voi!
Jezal si inchin ossequiosamente. Vostra Altezza trop-
po gentile.
Siete il mio uomo! Un soldato! Un uomo che sa tirare di
scherma dovrebbe combattere per il suo Paese, eh, Varuz?
Perch questo Gorst non un soldato?
Credo che lo sia, Vostra Altezza, disse con gentilezza il
Lord Maresciallo. un congiunto di Lord Brock e fa parte
della sua guardia personale.
Oh. Il Principe sembr per un attimo confuso, ma si ri-
prese in un baleno. Voi siete l'uomo per me! Si allontan,
come se danzasse verso il passaggio sotto l'arco, con la sua
scintillante cotta di maglia decorativa.
Impressionante. Jezal si volt di scatto e fece uno sgra-
ziato passo indietro. Era Glokta, che lo guardava con sguar-
do viscido dal suo lato cieco. Per essere uno storpio aveva
una misteriosa abilit nell'avvicinarsi a un uomo senza farsi
sentire. Che fortunata coincidenza per tutti noi che non ab-
biate abbandonato la scherma, alla fine.
Non ne ho mai avuta l'intenzione, ribatt Jezal gelido.
Glokta risucchi aria tra le gengive sdentate. Se lo dite
voi, Capitano.
S, lo dico io. Jezal si volt con fare sgarbato, nella spe-
ranza di non dover mai pi parlare con quell'uomo spregevo-
le, e cos facendo si trov di fronte il viso di Ardee, a nean-
che un piede di distanza.
Ah, sussult, indietreggiando di nuovo.
Jezal, fece lei, un po' che non ci vediamo.
Ehm Si guard nervosamente attorno, ma Glokta s'e-
ra gi avviato con passo stentato, West se n'era andato da pa-
recchio, Varuz era impegnato a discorrere con Lord Isher e i
pochi altri che ancora indugiavano nel cortile. Dunque, nes-
suno gli stava prestando attenzione. Doveva parlarle e dirle
in faccia perch non aveva pi potuto vederla; questo, alme-
no, glielo doveva. Ehm
Non hai nulla da dirmi?
Beh All'improvviso gir i tacchi e se ne and, pieno
di vergogna, percependo lo sguardo di Ardee che gli pungeva
la schiena.

Dopo tutte quelle emozioni inaspettate, il tedio del servi-


zio di guardia al portale sud sembr quasi un sollievo. Infatti,
Jezal non vedeva l'ora di starsene in piedi senza far niente, a
guardare la gente che entrava e usciva dall'Agriont, e ad
ascoltare le inutili chiacchiere del Tenente Kaspa. O meglio,
non vedeva l'ora, prima di arrivarci.
Kaspa e il solito contingente di soldati in armatura erano
raggruppati fuori dal portale esterno, dove il vecchio ponte
sul fossato passava in mezzo alle due colossali torri bianche.
Nel marciare lungo il passaggio che portava fuori, Jezal si
accorse che c'era qualcun altro assieme a loro, un ometto con
gli occhiali che pareva molto infastidito. Morrow, si chiama-
va, il compagno di merende del Lord Ciambellano. Che ra-
gione poteva avere di trovarsi l?
Capitano Luthar! Oh, che gioia vedervi! Jezal sobbalz.
Era quel pazzo, Zolfo, seduto a gambe incrociate per terra
alle sue spalle, con la schiena poggiata contro il muro liscio
della torre.
Che diavolo ci fa lui qui?, sbott Jezal. Kaspa apr la
bocca per rispondere, ma Zolfo lo anticip.
Non fate caso a me, Capitano, io sto solo aspettando il
mio maestro.
Il tuo maestro? Aveva quasi paura a immaginare che
razza di svitato potesse mai essere il maestro di quell'altro
svitato.
Esatto. Dovrebbe arrivare tra pochissimo. Zolfo aggrot-
t la fronte verso il sole. A dire la verit, gi piuttosto in
ritardo.
Davvero?
S. Il pazzo fece di nuovo quei suo sorriso amichevole.
Ma arriver, Jezal, puoi starne certo.
Che gli desse del tu era davvero troppo. Lo conosceva ap-
pena, e quel poco bastava e avanzava. Era sul punto di dargli
una bella strigliata, quando Zolfo si alz in piedi all'improv-
viso e afferr il bastone appoggiato al muro, pulendosi i ve-
stiti. Eccoli!, disse con lo sguardo rivolto oltre il fossato.
Jezal segu lo sguardo dell'idiota.
Un vecchio dall'aria regale camminava lungo il ponte con
passo deciso e la testa calva ben sollevata. La veste favolosa,
splendente d'argento e cremisi, gli fluttuava attorno nella
brezza. Dietro di lui c'era un giovane dall'aria malaticcia che
avanzava a testa bassa, come se avesse soggezione dell'uomo
pi anziano, e teneva un lungo bastone teso davanti a s, sui
palmi rivolti in alto. In coda al gruppo c'era un omone grande
e grosso, un bruto, che indossava un pesante cappotto di pel-
liccia e superava gli altri due in altezza di almeno una testa.
Ma che Jezal non concluse la frase. Gli pareva di
averlo gi visto quel vecchio. Un Lord del Consiglio Aperto,
forse? Un ambasciatore straniero? Di certo aveva un'aria re-
gale. Jezal continu a spremersi le meningi per tutto il tempo
che impiegarono ad arrivare, ma non riusc a collocarlo.
Il vecchio si ferm di fronte al portale e fece correre gli
scintillanti occhi verdi prima su Jezal, poi su Kaspa, su Mor-
row e infine sulle guardie. Il suo sguardo era imperioso.
Yoru, disse.
Zolfo si fece avanti e si profuse in un profondo inchino.
Maestro Bayaz, mormor, quasi sussurrando per l'estremo
rispetto.
Ecco! Ecco perch Jezal conosceva quell'uomo. Somiglia-
va parecchio alla statua di Bayaz sulla Via del Re, davanti
alla quale Jezal aveva corso cos tante volte. Era un po' pi
paffuto, forse, ma quell'espressione - severa, saggia, sponta-
neamente autoritaria - era la stessa. Jezal aggrott la fronte.
Zolfo non lo aveva chiamato proprio Bayaz? Questa storia
non gli piaceva per niente. Non gli piaceva quel giovane al-
lampanato con il bastone in mano, e l'altro compagno del
vecchio gli piaceva ancora meno.
West gli aveva detto spesso che gli Uomini del Nord spar-
si per Adua, quei tipi trasandati e sporchi che si aggiravano
furtivi nei dintorni del porto o smaltivano le sbornie per i vi-
coli luridi, erano in qualche modo snaturati rispetto ai sel-
vaggi liberi del lontano Nord; quelli combattevano sempre,
banchettavano e facevano quello che si faceva nel Nord. Tut-
t'altro tipo di gente. Jezal se li era sempre immaginati alti, fe-
roci ma affascinanti, circondati da un'aura di romanticismo,
forti ma aggraziati, selvaggi ma nobili quel tipo di uomo
che guarda sempre l'orizzonte pi lontano.
Quello l non era niente di tutto ci.
In tutta la sua vita non aveva mai visto un uomo dall'a-
spetto pi abbrutito, tanto che al confronto, persino Fenris il
Temuto sembrava pi civile di lui. La sua faccia somigliava a
una schiena fustigata, tante erano le cicatrici irregolari che si
incrociavano sulla sua pelle; il naso era ricurvo, un po' piega-
to da una parte, e oltre a mancargli un bel pezzo d'orecchio,
uno dei suoi occhi, che tra l'altro non stavano alla stessa al-
tezza, era circondato da una cicatrice a forma di falce di luna.
Tutta la sua faccia, in effetti, pareva frollata, calante, sbilen-
ca, come quella di un guerriero professionista che si becca-
to qualche pugno di troppo. Neanche la sua espressione era
troppo sveglia: fissava imbambolato le torri con la bocca
aperta e la fronte aggrottata, poi di tanto in tanto si guardava
attorno con un'aria stolida quasi quanto quella di un animale.
Indossava un lungo cappotto di pelliccia e, sotto, una tuni-
ca di cuoio intarsiata d'oro, ma la sua levatura di barbara ma-
gnificenza non faceva altro che farlo apparire pi selvaggio,
senza contare il fatto che la pesante spada lunga appesa alla
cintura non passava di certo inosservata. Quando l'Uomo del
Nord si gratt una cicatrice rosa sulla guancia mal rasata, al-
zando lo sguardo sulle lisce mura della fortezza, Jezal not
che gli mancava un dito. Come se servisse ulteriore prova di
una vita spesa nella violenza e nella brutalit.
Lasciar entrare questo gigantesco primitivo nell'Agriont?
E mentre infuriava una guerra con gli Uomini del Nord? Im-
pensabile! Ma Morrow stava gi andando verso di loro con
passo ossequioso. Il Lord Ciambellano vi aspetta, signori,
comunic con un inchino, mentre avanzava quasi strisciando
verso il vecchio, se volete seguirmi
Un momento. Jezal afferr il Sotto-segretario per un
gomito e lo tir da parte. Anche lui?, chiese incredulo, fa-
cendo un cenno della testa al primitivo con la pelliccia. Sia-
mo in guerra, vi hanno informato?
Lord Hoff stato molto chiaro! Morrow divincol il
braccio e nel movimento la luce scintill sui suoi occhiali.
Tenetelo pure qui, se volete, ma poi lo spiegherete voi al
Lord Ciambellano!
Jezal deglut. L'idea non lo allettava affatto, cos rivolse lo
sguardo all'anziano Mago, ma non riusc a fissarlo a lungo,
perch c'era qualcosa di inquietante e misterioso nei suoi oc-
chi, come se sapesse qualcosa che gli altri non potevano
neanche immaginare, qualcosa lo turbava.
Dovete lasciare qui le vostre armi!, grid,
scandendo lentamente le parole affinch lo capissero.
Meno male. L'Uomo del Nord si sfil la spada dalla
cintura e gliela consegn. Jezal la sent pesantissima, quell'e-
norme arma rozza e brutale. Dopo di che, consegn anche un
pugnale lungo, poi si inginocchi e ne tir fuori un altro dal-
lo stivale, e poi un altro ancora da dietro la schiena, e per fi-
nire con un coltellino sottile infilato nella manica. Ammuc-
chi tutte le armi sulle mani tese di Jezal, prima di fare un
ampio sorriso. Fu una vista orrenda, con tutte quelle cicatrici
che si deformarono e si raggrinzirono, rendendo la sua faccia
pi sbilenca che mai.
I coltelli non sono mai troppi, ringhi con un vocione
stridente. Nessuno rise, ma a lui non sembr importare.
Vogliamo andare?, chiese il vecchio.
Senza ulteriori indugi, fece Morrow, e si volt per an-
dar via.
Vengo con voi, intervenne Jezal, scaricando tutte le
armi tra le mani di Kaspa.
Non affatto necessario, Capitano, squitt Morrow.
Insisto. Una volta che fosse arrivato dal Lord Ciambel-
lano, l'Uomo del Nord poteva uccidere chi gli pareva, non
sarebbe pi stato un suo problema, ma prima di allora avreb-
bero potuto incolpare Jezal per le sue eventuali malefatte, e
non aveva intenzione di permetterlo.
Le guardie si fecero da parte per far s che la strana pro-
cessione oltrepassasse il portale, con Morrow che cammina-
va davanti a tutti e sussurrava vane parole untuose girato al-
l'indietro verso l'anziano Mago con la splendida veste. Dopo,
veniva il giovane pallido, e poi Zolfo. L'Uomo del Nord con
nove dita chiudeva il gruppo seguendoli con la sua cammina-
ta pesante.
Jezal si avvi dopo di loro con il pollice infilato nella cin-
tura, vicino all'elsa della spada nell'evenienza di doverla sfo-
derare in fretta, e intanto teneva gli occhi fissi sul selvaggio,
in attesa che facesse qualche movimento improvviso. Tutta-
via, dopo averlo seguito per un po', Jezal dovette ammettere
che l'uomo non sembrava avere intenzioni omicide; era cu-
rioso, semmai, confuso e piuttosto imbarazzato, e continuava
a rallentare per ammirare gli edifici attorno a lui, poi scuote-
va la testa, si grattava la faccia, mormorava qualcosa a mez-
za bocca. Di tanto in tanto spaventava i passanti rivolgendo
loro il suo sorriso, ma, a parte questo, non sembrava una
gran minaccia, cos Jezal, cominci pian piano a rilassarsi.
Almeno finch non arriv sulla Piazza dei Marescialli.
L'Uomo del Nord si ferm all'improvviso e Jezal port
istantaneamente la mano alla spada prima di rendersi conto
che il primitivo teneva gli occhi puntati davanti a s, sulla
fontana l accanto. Vi si avvicin lentamente, sollev un
grosso dito con cautela e cerc di toccare il getto scintillante,
poi, quando l'acqua gli spruzz in faccia, il selvaggio si ri-
trasse con un passo goffo e per poco non butt Jezal a terra.
Una fonte?, sussurr. Com' possibile?
Piet. Quell'uomo era come un bambino. S, un bambino
di un metro e novanta con la faccia simile al ceppo di un ma-
cellaio. Ci sono i tubi!, Jezal pest i piedi per terra. Sot-
to terra!
Tubi, ripet a bassa voce il selvaggio, sempre fissando
l'acqua spumeggiante.
Gli altri erano andati pi avanti ed erano ormai vicini al
magnifico edificio che ospitava gli uffici di Hoff. Jezal inizi
ad allontanarsi dalla fontana, nella speranza di farsi seguire
dall'ottuso primitivo, cosa che l'altro fece, con suo grande
sollievo, anche se non smise di scuotere la testa e ripetere
"tubi" all'infinito tra s e s.
Entrarono nella fredda oscurit dell'anticamera degli uffi-
ci, dove c'erano persone sedute su delle panche lungo le pa-
reti; alcuni avevano l'aria di aver aspettato molto, e tutti fis-
sarono Morrow mentre conduceva quello strano gruppo di-
rettamente negli uffici di Hoff. L'occhialuto segretario apr le
pesanti doppie porte e si fece da parte, dopo di che entrarono
prima il vecchio calvo, poi il ragazzo con il bastone, poi quel
pazzo di Zolfo e infine il primitivo con nove dita.
Jezal fece per seguirli, ma Morrow si mise in mezzo e gli
blocc il passaggio. Grazie infinite per il vostro aiuto, Capi-
tano, disse con un sorrisino. Potete tornare al portale. Je-
zal tent di sbirciare la stanza alle sue spalle e vide il Lord
Ciambellano che se ne stava seduto dietro un lungo tavolo,
con lo sguardo imbronciato. Accanto a lui, tetro e sospettoso,
c'era l'Arcilettore Sult, e dall'altra parte l'Alto Giudice Maro-
via, con un sorriso sulla faccia rugosa. Tre membri del Con-
siglio Ristretto.
Poi Morrow gli chiuse la porta in faccia.
26.

Il prossimo

Noto che avete un nuovo segretario, disse Glokta, come


per fare conversazione.
L'Arcilettore sorrise. Ovviamente. Quello vecchio non
era pi di mio gradimento. Aveva la lingua lunga, sai La
mano di Glokta si ferm con il bicchiere di vino a mezz'aria.
Spifferava i nostri segreti ai Merciai, continu Sult noncu-
rante, come se fosse cosa risaputa. Me ne ero accorto da un
po'. Non devi preoccuparti, per, non mai venuto a sapere
niente che non volessi fargli sapere.
Ma allora sapevate che era il traditore. L'avete sempre
saputo. La mente di Glokta ritorn sugli eventi accaduti nelle
ultime settimane, li consider singolarmente e poi li rimise
insieme alla luce di quella nuova rivelazione, nel tentativo di
trovare un modo per farli combaciare, e tutto questo mentre
cercava di dissimulare il proprio stupore. Avete lasciato la
confessione di Rews dove sapevate che il vostro segretario
l'avrebbe vista. Sapevate che i Merciai sarebbero venuti a
sapere chi c'era sulla lista, sapevate come si sarebbero mos-
si, e sapevate anche che ci sarebbe tornato a vostro favore.
Sono stati loro stessi a consegnarvi la pala che li avrebbe
seppelliti. E nel frattempo, avete diretto i miei sospetti su
Kalyne, anche se per tutto il tempo avete saputo chi era la
vera spia. Tutta la faccenda si svolta esattamente come
avevate programmato. L'Arcilettore lo guardava con un sor-
riso consapevole. Scommetto che sapete a cosa sto pensando
in questo momento. In questo gioco io sono stato soltanto
una pedina, proprio come quel verme piagnucolante del se-
gretario. Glokta trattenne una risatina. Per fortuna che non
ero una pedina avversaria, per. Non ho mai sospettato
niente.
Ci ha traditi per una risibile somma di denaro, che delu-
sione, continu Sult, arcuando le labbra per il disgusto.
Direi che Kault gli avrebbe dato dieci volte quella somma,
se solo avesse avuto l'intelligenza di chiederlo a lui. Le nuo-
ve generazioni non hanno un briciolo d'ambizione e pensano
di essere pi astuti di quanto non siano in verit. Scrut
Glokta con quei gelidi occhi azzurri. Io faccio parte della
nuova generazione, pi o meno. Ha ragione a umiliarmi.
Il vostro segretario stato punito?
L'Arcilettore pos delicatamente il bicchiere sul ripiano
del tavolo, tanto che la base del vetro a malapena tintinn sul
legno. Oh, s, e con molta severit. Ma non parliamo di lui,
irrilevante. Ci scommetto. Corpo galleggiante rinvenuto
vicino al molo Devo dire di essere rimasto molto sorpreso
quando hai identificato Kalyne come la fonte della nostra
fuga di notizie. Quell'uomo della vecchia guardia qual-
che volta ha chiuso un occhio su questioni di poca importan-
za, ma tradire l'Inquisizione? Vendere i nostri segreti ai Mer-
ciai? Sult sbuff. Mai. Hai lasciato che la tua personale
antipatia per quell'uomo annebbiasse il tuo giudizio.
Lui sembrava l'unica possibilit, mormor Glokta, ma
rimpianse subito quelle parole. Sciocco, sciocco. L'errore or-
mai fatto. Meglio tenere la bocca chiusa e basta.
Sembrava? L'Arcilettore schiocc la lingua per la pro-
fonda disapprovazione. No, no, no, Inquisitore. "Sembrava"
non va bene per noi. In futuro ci baseremo su fatti concreti,
se non ti dispiace. Per non sentirti troppo in colpa per que-
sto; ti ho lasciato seguire il tuo istinto e, per come stanno le
cose, il tuo abbaglio ha ulteriormente rafforzato la nostra po-
sizione. Kalyne stato destituito Corpo galleggiante e il
Superiore Goyle sta arrivando dall'Angland per assumere il
ruolo di Superiore di Adua.
Goyle? Qui? Quel bastardo, il nuovo Superiore di Adua?
Glokta non riusc a trattenersi dall'arricciare le labbra.
Fra voi due non corre buon sangue, eh, Glokta?
un carceriere, non un investigatore. Non gli interessa
chi colpevole o innocente. Non gli interessa la verit. Tor-
tura la gente solo perch lo eccita.
Oh, andiamo, Glokta! Vorresti dirmi che anche tu non ti
ecciti quando i tuoi prigionieri spifferano i loro segreti?
Quando dicono i nomi, prima di firmare la confessione?
No, non ne traggo alcun piacere. Non traggo alcun pia-
cere da nulla.
Eppure lo fai cos bene. In ogni caso, Goyle sulla stra-
da per Adua e, qualsiasi cosa tu pensi di lui, uno dei nostri
adesso. Un uomo molto capace e fidato, dedito alla Corona e
allo Stato. Una volta era un mio allievo, sai?
Davvero?
S, faceva il tuo stesso lavoro Per cui vedi, non un
vicolo cieco! L'Arcilettore ridacchi per la sua stessa battu-
ta, e anche Glokta fece un sorrisino. Dopo tutto, le cose si
sono risolte nel migliore dei modi e io devo farti le mie con-
gratulazioni per aver contribuito. Lavoro ben fatto. Ben fat-
to che sono riuscito a non farmi ammazzare, almeno. Sult
lev il bicchiere e insieme brindarono senza gioia, ognuno
che guardava l'altro con sospetto.
Poi Glokta si schiar la voce. Il Magistro Kault ha men-
zionato una cosa interessante, prima della sua tragica scom-
parsa.
Va' avanti.
I Merciai avevano un alleato per i loro piani. Un alleato
importante, forse. Una banca.
Ah. Dietro ogni mercante c' sempre una banca. Cosa sai
in merito?
Credo che quei banchieri sapessero tutto: il contrabban-
do, la frode, persino gli omicidi. Anzi, credo che li abbiano
incoraggiati, o addirittura ordinati, per ricavare ulteriori pro-
fitti dai loro prestiti. Posso cominciare un'indagine, Vostra
Eminenza?
Quale banca?
Valint & Balk.
L'Arcilettore parve pensarci su un momento, mentre fissa-
va Glokta coi suoi duri occhi freddi. Chiss che gi non fos-
se a conoscenza di questa banca in particolare Chiss che
non ne sappia gi molto pi di me. Come ha detto Kault?
Vuoi i traditori, Glokta? Cercali nel Palazzo degli Interroga-
tori
No, ribatt secco Sult, Questi banchieri sono troppo
collegati a noi. Gli dobbiamo parecchi favori e, senza Kault,
non potremo provare niente. Abbiamo gi ottenuto dai Mer-
ciai quello che volevamo. Inoltre, devi sbrigare una faccenda
pi urgente.
Glokta alz lo sguardo. Un altro incarico? Ero ansioso
di interrogare i prigionieri arrestati alla Sede dei Merciai, Vo-
stra Eminenza, pu darsi che
No. L'Arcilettore scans le parole di Glokta con un ge-
sto della mano inguantata. Questa faccenda potrebbe andare
avanti per mesi. La far gestire a Goyle. Poi aggrott la
fronte. A meno che tu non abbia obiezioni
Cos io aro il campo, getto i semi, annaffio i germogli, e
Goyle miete il raccolto? Mi pare giusto. Tuttavia chin la te-
sta con umilt. Ma certo che no, Vostra Eminenza.
Bene. Probabilmente sai gi degli strani visitatori che
abbiamo ricevuto ieri.
Visitatori? Per tutta la settimana precedente, Glokta era
stato tormentato dal mal di schiena e soltanto il giorno prima
aveva cercato di alzarsi dal letto per andare ad assistere al
duello di quel cretino di Luthar, ma altrimenti era rimasto
confinato nella sua stanzetta, teoricamente incapace di muo-
versi. Non me ne sono accorto, si limit a rispondere.
Bayaz, il Primo Mago. Glokta fece di nuovo quel suo
sorrisetto, ma l'Arcilettore non rideva per niente.
State scherzando, ovviamente.
Magari.
Un impostore, Vostra Eminenza?
E chi altri, se no? Ma un impostore con del talento. Luci-
do, ragionevole, intelligente. Ha elaborato la sua farsa alla
perfezione.
Avete parlato con lui?
S. estremamente convincente, perch conosce cose
che non dovrebbe sapere. Non lo si pu mettere da parte e
basta. Chiunque egli sia, ha soldi e informazioni corrette.
L'Arcilettore si accigli profondamente. Si porta dietro un
bruto, un rinnegato di Uomo del Nord.
Glokta aggrott la fronte. Un Uomo del Nord? Non nel
loro stile. Sono tipi piuttosto diretti, quelli.
Ho pensato la stessa cosa.
Una spia dell'Imperatore, dunque? I Gurkish?
Forse. I Kantichi adorano gli intrighi, ma tendono a ri-
manere nell'ombra. Questi teatranti non si comportano come
loro, e sospetto che la risposta sia molto pi vicina a casa no-
stra.
I nobili, Vostra Eminenza? Brock? Isher? Heugen?
Forse, riflett Sult, possibile. D'altra parte li abbia-
mo fatti infuriare. Oppure c' il nostro vecchio amico, l'Alto
Giudice, che mi parso un po' troppo compiaciuto da tutta
questa storia. Sta complottando qualcosa, me lo sento.
I nobili, l'Alto Giudice, gli Uomini del Nord, i Gurkish
potrebbe essere chiunque di loro, oppure nessuno. Ma per-
ch? Non capisco, Arcilettore. Se sono semplicemente delle
spie, perch prendersi tutto questo disturbo? Ci sono modi
pi semplici per entrare nell'Agriont.
Questo il punto. Sult fece la smorfia pi amara che
Glokta avesse mai visto. C' una poltrona vuota nel Consi-
glio Ristretto, c' sempre stata. Una tradizione sciocca che si
conserva giusto per etichetta, una poltrona riservata a una fi-
gura mitica, in ogni caso morta da centinaia di anni. Nessuno
poteva immaginare che qualcuno sarebbe venuto a reclamar-
la.
E lui l'ha fatto?
L'ha fatto! L'ha pretesa! L'Arcilettore si alz e fece ra-
pido il giro del tavolo. Lo so! inconcepibile! Una spia, un
bugiardo venuto da chiss dove, informato sul funzionamen-
to del cuore del nostro governo! Ma ha con s qualche perga-
mena impolverata, quindi tocca a noi screditare lui! Riesci a
crederci?
Ovviamente Glokta non ci riusciva. Ma che senso ha dir-
lo?
Ho richiesto del tempo per condurre un'indagine, ma non
si pu rimandare il Consiglio Ristretto per un tempo indefi-
nito. Abbiamo pi o meno una settimana per denunciare que-
sto cosiddetto Mago come l'impostore che . Nel frattempo,
lui e i suoi compagni fanno come se fossero a casa loro in
uno splendido appartamento della Torre delle Catene, e noi
non possiamo fare niente per impedirgli di andarsene a spas-
so per l'Agriont, a causare i danni che gli pare! Una cosa
potremmo farla
La Torre delle Catene molto alta. Se qualcuno dovesse
cadere
No, non ancora. Abbiamo gi tentato troppo la fortuna in
certi ambiti. Almeno per adesso, dobbiamo procedere con
cautela.
Si pu sempre interrogarli. Se li arrestassimo, scoprirei
in un attimo per chi lavorano
Procedere con cautela, ho detto! Voglio che cerchi infor-
mazioni su questo Mago, Glokta, e sui suoi compagni. Sco-
pri chi sono, da dove vengono, che cosa vogliono. Ma so-
prattutto, scopri chi c' dietro, e perch. Dobbiamo smasche-
rare questo sedicente Bayaz prima che possa far danni. Dopo
di che, potrai usare i mezzi che vuoi. Sult si volt e si dires-
se alla finestra.
Glokta si alz goffamente in piedi, pieno di dolori. Da
dove comincio?
Seguili!, grid l'Arcilettore con impazienza. Sorve-
gliali! Vedi con chi parlano, che fanno. Sei tu l'Inquisitore,
Glokta!, fece bruscamente, senza neanche voltarsi a guar-
darlo. Fa' qualche domanda!
27.

Meglio che morire

Stiamo cercando una donna. L'ufficiale li guard con


sospetto. Una schiava in fuga, un'assassina. Molto pericolo-
sa.
Una donna, signore?, chiese Yulwei con le sopracciglia
aggrottate in segno di confusione. Pericolosa, signore?
S, una donna! L'ufficiale agit la mano con impazien-
za. Alta, sfregiata, capelli corti. Ben armata, molto proba-
bilmente porta un arco con s. Ferro se ne stava l, alta,
sfregiata, capelli corti, con l'arco in spalla, a fissare il terreno
polveroso. ricercata dalle pi alte autorit! Ladra e assas-
sina recidiva!
Yulwei fece un sorriso umile e apr le mani. Non abbia-
mo visto nessuno del genere, signore. Io e mio figlio siamo
disarmati, come potete vedere. Ferro guard piena d'ango-
scia lo scintillio della lama ricurva che portava infilata alla
cintura, ma l'ufficiale parve non notarla e, anzi, si diede la
pena di schiacciare una mosca. Yulwei continu a blaterare.
Vi assicuro che nessuno di noi due saprebbe che farsene di
un arco. Noi ci affidiamo alla protezione di Dio, signore, e
degli ineguagliabili soldati dell'Imperatore.
L'ufficiale sbuff. Sei molto saggio, vecchio. Cosa ti
porta qui?
Sono un mercante diretto a Dagoska per comprare delle
spezie, disse, facendo un inchino servile, con il vostro
gentile permesso.
Commerci coi musi rosa, eh? Maledetta Unione! L'uffi-
ciale sput nella polvere. Ma suppongo che un uomo debba
guadagnarsi da vivere, anche se il suo lavoro disonorevole.
Commercia finch puoi, perch ben presto i musi rosa saran-
no scomparsi, spazzati via nell'oceano! Gonfi il petto con
orgoglio. L'Imperatore, Uthman-ul-Dosht, l'ha giurato! Che
ne pensi tu, vecchio?
Oh, sar un gran giorno, un gran giorno, rispose Yul-
wei, inchinandosi di nuovo quasi fino a terra, che Dio possa
farlo accadere presto, signore!
L'ufficiale guard Ferro dall'alto in basso. Tuo figlio
sembra un ragazzo forzuto. Potrebbe essere un buon
soldato. Fece un passo verso di lei e le afferr il braccio
nudo. Ci sono muscoli qui. Questo un braccio che potreb-
be tendere un arco, direi, se sapesse come farlo. Che ne dici,
ragazzo? Un lavoro da uomini, combattere per la gloria di
Dio e del tuo Imperatore! Sempre meglio che arraffare una
miseria! Un brivido percorse la pelle di Ferro dove le dita
dell'uomo la stavano toccando. Fece scivolare l'altra mano
verso il coltello.
Ahim, intervenne subito Yulwei, mio figlio nato
semplice. Parla a malapena.
Ah. Peccato. Forse verr il giorno in cui avremo bisogno
di ogni uomo di questa terra. Saranno anche selvaggi, ma
questi musi rosa sanno combattere. L'ufficiale distolse lo
sguardo e Ferro gli lanci un'occhiata torva. Molto bene,
potete andare. Fece un gesto come a dirgli di passare e i
suoi soldati, che poltrivano all'ombra delle palme a ridosso
della strada, li guardarono avanzare, ma senza troppo interes-
se.
Ferro tenne a freno la lingua finch l'accampamento non
fu scomparso alle loro spalle, poi si piazz di fronte a Yul-
wei, camminando all'indietro. Dagoska?
Intanto s, rispose il vecchio, fissando la distesa sterpo-
sa in lontananza. E poi a nord.
Nord?
Oltre il Mare Circolare, fino ad Adua.
Oltre il mare? Ferro si blocc. Col cazzo che ci vado l!
Devi sempre rendere tutto cos difficile, Ferro? Sei cos
felice qui a Gurkhul?
Al nord sono matti, lo sanno tutti! I rosa, l'Unione, o che
altro. Matti! Senza Dio!
Yulwei sollev un sopracciglio. Non sapevo che fossi
tanto interessata a Dio, Ferro.
Almeno so che ne esiste uno!, grid, indicando il cielo.
Questi musi rosa, loro non pensano come noi, come la gen-
te vera! Non abbiamo nulla in comune con la loro genia!
Preferisco restare tra i Gurkish! E poi, ho dei conti da regola-
re qui.
Quali conti? Andare a uccidere Uthman?
Aggrott la fronte. Non lo escudo.
Mh. Yulwei si volt e riprese a camminare. Ti stanno
cercando, Ferro, nel caso non l'avessi notato. Non faresti die-
ci passi senza di me. C' ancora quella gabbia che ti aspetta,
ricordi? Quella di fronte al palazzo? Sono ansiosi di riempir-
la. Ferro digrign i denti. L'Imperatore Uthman adesso.
Ul-Dosht, lo chiamano. Il possente! Lo spietato! Il pi gran-
de Imperatore dei prossimi cento anni, gi dicono cos. Ucci-
dere l'Imperatore Yulwei ridacchi tra s e s. Che per-
sonaggio che sei!
Ferro si accigli mentre seguiva il vecchio su per la colli-
na. Non aveva intenzione di essere il personaggio di nessu-
no. Yulwei poteva anche far vedere ai soldati quello che gli
pareva, ed era un bel trucchetto, ma non sarebbe andata a
nord neanche per tutto l'oro del mondo. Che c'entrava lei con
quei musi rosa senza Dio?
Yulwei se la ridacchiava ancora quando lei lo affianc.
Uccidere l'Imperatore. Scosse la testa. Dovr aspettare
che torni. Me lo devi, ricordi?
Ferro gli afferr il braccio vigoroso. Non ricordo di aver-
ti mai sentito dire di attraversare il mare, per!
Non ricordo di averti mai sentito chiederlo, Maljinn, e
dovresti essere contenta di non averlo fatto! Si tolse con
gentilezza le sue dita di dosso, una per una. Adesso il tuo
corpo poteva starsene tranquillamente a essiccarsi nel deser-
to, e invece qua che mi brontola nelle orecchie, sano e sal-
vo. Pensaci.
E questo, per il momento, le chiuse la bocca. Camminava
con gli occhi rivolti al paesaggio arido, coi sandali che scric-
chiolavano sul terriccio indurito. Lanci uno sguardo in trali-
ce al vecchio. Le aveva salvato la vita coi suoi trucchi, non
poteva negarlo.
Ma non sarebbe andata a nord neanche per tutto l'oro del
mondo.

La fortezza era nascosta all'interno di un'insenatura roc-


ciosa, ma da dove si trovavano loro, sulla cima di una sco-
gliera, con il sole rovente alle spalle, Ferro era in grado di di-
stinguerne bene la forma. Un muro alto conchiudeva file or-
dinate di case, abbastanza numerose da formare una piccola
citt e, accanto a esse, c'erano lunghi pontili costruiti diretta-
mente sull'acqua. Ai pontili erano ormeggiate delle navi.
Enormi navi.
Torri di legno, fortezze galleggianti. Ferro non aveva mai
visto barche grosse neanche la met di quelle, coi loro alberi
che insieme parevano formare una foresta buia, contro l'ac-
qua chiara sullo sfondo. Dieci erano ancorate sotto di loro,
altre solcavano lentamente i flutti, entrando nella baia con le
enormi vele spiegate; una quantit di figure minuscole bruli-
cavano sui ponti e tra la ragnatela di cordame in alto.
Io ne vedo dodici, disse Yulwei, ma tu hai occhi mi-
gliori.
Ferro guard in lontananza sull'acqua. Dietro la curva del-
la linea costiera, circa venti miglia pi gi, vide un'altra for-
tezza, un altro gruppo di pontili. Ce ne sono altre laggi,
nove o dieci, e sono pi grosse.
Pi grosse di queste?
Molto pi grosse.
Oh, spirito divino!, mormor Yulwei tra s e s. I Gur-
kish non hanno mai costruito barche cos grosse in passato,
n cos tante. Tutto il legno del Sud non basterebbe per co-
struire una flotta simile, quindi devono averlo comprato a
nord, dagli styriani, forse.
A Ferro non interessavano per niente n le barche, n il le-
gno, n il Nord. Allora?
Con una flotta del genere, i Gurkish saranno i padroni
del mare. Potrebbero prendere Dagoska dalla baia, invadere
Westport addirittura.
Nomi inutili di posti lontani. Allora?
Non capisci, Ferro. Devo avvertire gli altri. Dobbiamo
sbrigarci, ora! Si tir in piedi e si affrett a tornare sulla
strada.
Ferro grugn. Osserv ancora un momento gli enormi va-
scelli di legno beccheggiare sulla baia, prima di alzarsi a sua
volta e seguire Yulwei. Che le navi fossero piccole o grosse,
non aveva importanza per lei. I Gurkish potevano anche cat-
turare tutti i musi rosa del mondo e renderli schiavi, per
quanto la riguardava.
A patto che lasciassero in pace la gente vera.

Fuori dai piedi! Il soldato lev il frustino e spron il ca-


vallo dritto verso di loro.
Infinite scuse, signore!, gemette Yulwei, prostrandosi
mentre si spostava in mezzo all'erba accanto alla strada e ti-
rava Ferro per un gomito in modo riluttante. Lei per rimase
in piedi nella sterpaglia a guardare la colonna di persone tra-
scinarsi lentamente: figure esili, cenciose, sporche, assenti,
con gli occhi infossati fissi sul terreno e le mani saldamente
legate. C'erano donne e uomini di tutte le et, persino bambi-
ni, e in tutto potevano essere un centinaio. Lungo i lati della
colonna, sei soldati a cavallo avanzavano assieme a loro, se-
duti comodamente sulle alte selle, coi frustini arrotolati tra le
mani.
Schiavi. Ferro si lecc le labbra riarse.
Il popolo di Kadir si ribellato, spieg Yulwei, guar-
dando la misera processione con la fronte aggrottata. Non
desideravano pi far parte della gloriosa nazione di Gurkhul.
Hanno pensato che la morte dell'Imperatore potesse dare loro
la possibilit di fuggire. Ma, a quanto pare, si sono sbagliati.
Poich il nuovo Imperatore anche pi crudele del suo pre-
decessore, vero, Ferro? La ribellione gi fallita, e sembra
che il tuo amico Uthman abbia catturato degli schiavi come
punizione.
Ferro osserv una ragazzina scheletrica che procedeva
zoppicante in mezzo alla colonna, coi piedi nudi che lascia-
vano, trascinandosi, due solchi nella polvere. Tredici anni?
Difficile a dirsi. Sulla sua faccia sporca e indolente si notava
subito una crosta lungo la fronte, ma aveva altri tagli dello
stesso tipo anche dietro un braccio: i segni delle scudisciate.
Ferro inghiott la sua rabbia nel guardare la ragazzina arran-
care per strada. Un vecchio, proprio davanti a lei, inciamp e
cadde per terra, costringendo l'intera colonna a fermarsi.
Muoviti!, sbrait uno dei soldati, mentre spronava il ca-
vallo ad avanzare verso il vecchio. In piedi! L'uomo lotta-
va nella polvere per risollevarsi. Muoviti! Il frustino
schiocc e lasci un lungo segno rosso sulla sua schiena os-
suta. All'udire quel suono anche Ferro sussult e cominci a
sentire un formicolio dietro la schiena.
Dove c'erano le sue cicatrici.
Fu come se fosse stata colpita anche lei.
Ma nessuno frusta Ferro e poi sopravvive per raccontarlo.
Non pi. Cos, si tolse l'arco dalla spalla.
Calma, Ferro!, sibil Yulwei, stringendole il braccio.
Non puoi fare niente per loro!
La ragazzina si pieg per aiutare il vecchio a rialzarsi, ma
il frustino schiocc ancora su entrambi, e uno dei due, non si
seppe bene chi, lanci un gemito.
Oppure era stata Ferro a gemere?
Si scroll di dosso la mano di Yulwei, fece per prendere
una freccia. Posso uccidere quel bastardo, ringhi. Quando
la testa del soldato incuriosito scatt verso di loro, Yulwei le
afferr la mano.
E poi? Anche se li uccidessi tutti e sei, che faresti dopo?
Hai cibo e acqua da dare a questi schiavi? Eh? Beh, li na-
scondi bene, allora! E quando la colonna verr dispersa? Eh?
E troveranno le guardie uccise? Che farai allora, assassina?
Nasconderai cento schiavi qui all'aperto? Perch io non ne
sono in grado!
Ferro fiss gli occhi neri di Yulwei e si costrinse a repri-
mere la rabbia, ma i suoi denti digrignavano, il respiro le
sbuffava rapido dal naso, intanto che si chiedeva se non do-
vesse provare di nuovo a ucciderlo.
No.
Aveva ragione, accidenti a lui. Lentamente confin l'ira
nel profondo di s, anche se la sent roderle le viscere come
se fosse fame, mise via la freccia e si volt a guardare la co-
lonna, dove il vecchio si era rialzato e avanzava incespican-
do, con la ragazzina dietro di lui.
Tu!, disse il soldato nel guidare il cavallo verso di loro.
Ottimo lavoro!, sibil Yulwei, ma poi si inchin di
fronte alla guardia, tutto sorrisi e cortesia. Le mie scuse, si-
gnore, mio figlio
Chiudi il becco, vecchio! Il soldato abbass lo sguardo
su Ferro dall'alto della sella. Allora, ragazzo, che c'? Ti
piace?
Cosa?, fece lei tra i denti sbarrati.
Non essere timido, ridacchi il soldato, ho visto che la
guardavi. Fece un cenno verso la colonna. Fermateli!,
grid, e gli schiavi si fermarono all'istante. Il cavaliere pieg
in avanti e afferr la scheletrica ragazzina sotto un'ascella, ti-
randola rudemente fuori dalla colonna.
Non male, disse, mentre la spingeva verso Ferro.
piuttosto giovane, ma pronta. Sar brava a pulire. Zoppica
un po', li abbiamo fatti camminare parecchio, ma guarir. Ha
denti buoni mostragli i denti, puttanella! Le labbra spac-
cate della ragazzina si ritrassero pian piano. Eh? Visto che
denti? Che ne dici, ragazzo? Te la do a dieci pezzi d'oro!
un buon prezzo!
Ferro se ne rimase l, imbambolata, davanti alla ragazzina
che la osservava con sguardo vacuo da quegli occhi insensi-
bili.
Senti, continu il soldato, piegato di lato verso Ferro.
Questa vale il doppio, e non c' alcun pericolo, perch
quando arriveremo a Shaffa dir a tutti che morta nella pol-
vere durante la marcia. Nessuno si meraviglier, succede in
continuazione! Io mi prendo dieci e altrettanto risparmi tu.
Cos vincono tutti!
Vincono tutti. Ferro scrut la guardia, che si tolse l'elmo
per asciugarsi la fronte con il dorso della mano. Calma, Fer-
ro, sussurr Yulwei.
D'accordo, allora otto!, grid il soldato. Ha un bel sor-
riso! Fagli vedere il sorriso, puttanella! L'angolo della boc-
ca della ragazzina si curv appena. Ecco, vedi? Otto, ed
gi un furto!
Ferro strinse i pugni e le unghie affondarono nella sua
stessa carne. Calma, Ferro, ribad il vecchio, in tono d'av-
vertimento.
Tu sei uno che contratta parecchio, ragazzo! Sette, ulti-
ma offerta. Sette, dannazione! Il soldato agit l'elmo per la
frustrazione. Trattala bene e tra cinque anni varr ancora di
pi! un investimento!
La faccia del soldato stava a pochi metri da quella di Fer-
ro, tanto che lui riusciva a vedere ogni sua minima goccia di
sudore sulla fronte, ogni pelo ispido sulle sue guance, ogni
graffietto, imperfezione e poro della sua pelle. Poteva quasi
sentire il suo odore.
Chi ha veramente sete beve di tutto, piscio, acqua salata e
persino olio, non importa quanto possano far male, perch il
bisogno di bere troppo grande. Ferro l'aveva visto accadere
tante volte nelle Terre Arse. Allo stesso modo, lei aveva biso-
gno di uccidere quest'uomo, farlo a pezzi a mani nude, soffo-
care la vita che c'era in lui e dilaniargli la faccia coi denti. Il
desiderio era quasi troppo forte per resistervi. Calma!, si-
bil Yulwei.
Non posso permettermela, si sent dire Ferro.
Potevi dirlo prima, ragazzo, e risparmiarmi la fatica! Il
soldato si schiaff l'elmetto in testa. Ma non posso certo
biasimarti se la guardavi. Non per niente male. Si pieg,
prese la ragazzina per un braccio e la trascin di nuovo al
suo posto nella colonna. La venderanno a venti pezzi a
Shaffa!, grid guardando indietro. La colonna ricominci a
muoversi e Ferro rimase a guardare la ragazzina finch gli
schiavi non scomparvero oltre una salita, zoppicanti, malfer-
mi, trascinati verso la schiavit.
Si sent gelida, gelida e vuota. Avrebbe voluto uccidere
quella guardia a ogni costo, perch la sua morte avrebbe
riempito quel vuoto, anche se solo temporaneamente. Era
cos che funzionava. Anche io sono stata in una di queste
colonne, disse lentamente.
Yulwei fece un sospiro profondo. Lo so, Ferro, lo so, ma
il fato ha scelto che fossi tu a salvarti. Devi esserne grata, se
sei in grado.
Avresti dovuto lasciare che lo uccidessi.
Bleah, fece l'uomo disgustato, uccideresti tutto il mon-
do se potessi! C' altro in te, a parte la sete di sangue,
Ferro?
C'era una volta, mormor, ma l'hanno ucciso a forza
di scudisciate. Ti frustano finch non sono sicuri di aver
spazzato via tutto ci che hai dentro. Yulwei se ne rimase
l, con quello sguardo colmo di piet che, stranamente, non
la fece infuriare di pi.
Mi dispiace, Ferro. Mi dispiace per te e per loro. Si ri-
mise sulla strada, scuotendo la testa. Ma meglio che mori-
re.
Lei indugi un momento ancora, mentre osservava la pol-
vere che si levava dalla colonna ormai lontana.
No, la stessa cosa, sussurr tra s e s.
28.

Farsi notare

Logen si affacci al parapetto per godersi la vista, l il for-


te sole lo costrinse a sbattere gli occhi.
Aveva fatto la stessa cosa dal balcone della sua stanza alla
biblioteca, ma sembravano passati secoli. I due panorami
non potevano essere pi diversi: davanti a s vedeva l'alba
levarsi su un tappeto brulicante di edifici, caldo, luminoso,
pieno di rumori distanti, mentre dalla biblioteca aveva visto
una vallata deserta, avvolta da una nebbia gelata che ovatta-
va tutto e lo rendeva immobile come la morte. Ricordava
come si era sentito un uomo diverso quella mattina. Di certo
si sentiva diverso anche adesso: pi stupido. Piccolo, spaven-
tato, brutto e confuso.
Logen. Malacus usc sul balcone per andare da lui e
sorrise guardando il sole divampare sulla citt, riflettersi sul-
la baia luccicante gi solcata da numerose navi. bellissi-
ma, non vero?
Se lo dici tu, ma io non sono mica sicuro. Tutta quella
gente Logen rabbrivid nonostante il caldo. C' qualcosa
di sbagliato. Mi spaventa.
Tu? Spaventato?
Sempre. Sin da quando erano arrivati, Logen non era
mai riuscito a farsi una bella dormita. In quel posto non c'era
mai buio completo e il frastuono era continuo. Tutto era trop-
po caldo, troppo soffocante e troppo puzzolente. I nemici fa-
cevano paura, per almeno li si poteva sconfiggere e farla fi-
nita, inoltre il loro odio era comprensibile per lui. Ma come
combattere contro una citt priva di volto, piena di disinte-
resse e di baccano? Il suo odio abbracciava ogni cosa. Que-
sto non il posto per me. Sar contento di andarmene.
Temo che rimarremo qui per un po'.
Lo so. Fece un respiro profondo. Ecco perch adesso
scendo e vado a dare un'occhiata a questa Agriont, per sco-
prire quello che posso. Quando si deve fare qualcosa, tanto
vale farla piuttosto che vivere nel terrore dell'attesa. Mio pa-
dre lo diceva sempre.
un buon consiglio. Vengo con te.
No, tu non andrai. Bayaz era all'ingresso che fissava il
suo apprendista con uno sguardo torvo. I tuoi progressi nel-
le ultime settimane sono stati disastrosi, persino per te. Usc
all'aperto, sul balcone. Fintanto che resteremo qui senza far
niente, in attesa che Sua Maest si degni, dovresti cogliere
l'opportunit per studiare. Un'occasione cos potrebbe non ri-
capitare tanto presto.
Malacus si affrett a rientrare senza guardarsi indietro,
consapevole che era meglio non restare in giro a bighellona-
re quando il maestro aveva la luna storta. Infatti Bayaz aveva
perso il suo buonumore non appena erano giunti nell'A-
griont, e pareva proprio che non avesse intenzione di farselo
tornare. Logen non poteva certo biasimarlo, dal momento
che li avevano trattati pi come prigionieri che come ospiti.
Non che fosse un campione di buone maniere, ma persino lui
sapeva capire il significato degli sguardi duri che gli rivolge-
vano tutti, comprese le guardie fuori dalla porta.
Non crederesti alla velocit con cui cresciuta, disse
Bayaz con gli occhi severi rivolti alla grande distesa della
citt. Ricordo quando Adua era ancora soltanto un mucchio
di baracche, tutte strette intorno al Palazzo del Creatore, si-
mili a mosche che girano attorno a una cagata fresca. Prima
che ci fosse un Agriont, prima ancora che ci fosse un'Unione.
A quei tempi, non erano cos spocchiosi, credimi. Adoravano
il Creatore come se fosse un Dio.
Si fece salire rumorosamente un po' di catarro in bocca e
lo sput nel vuoto. Logen lo osserv superare il fossato e
scomparire tra gli edifici bianchi al di sotto. Io ho donato
loro tutto questo, sibil Bayaz. Logen sent la sgradevole
sensazione che gli strisciava sempre addosso ogni volta che
lo stregone era contrariato. Io ho donato loro la libert, e
questo il ringraziamento? Il disprezzo degli scrivani? Di ra-
gazzini tuttofare che si credono chiss chi? Adesso la pro-
spettiva di andarsene a gironzolare per la citt, con tutti i
suoi sospetti e la sua follia, cominciava a sembrare a Logen
una liberazione, cos indietreggi fino alla porta-finestra e si
rintan nella stanza.
Se, da una parte, l erano prigionieri, dall'altra Logen do-
veva ammettere che era stato in carceri molto peggiori. Il sa-
lone rotondo della loro stanza sarebbe stato degno di un Re,
almeno secondo lui: c'erano sedie scure di legno massiccio
con delle incisioni pregiate e, appesi alle pareti, arazzi che
mostravano boschi e scene di caccia. Bethod si sarebbe pro-
babilmente sentito a casa sua in una stanza del genere, Logen
invece si sentiva un babbeo, sempre a camminare in punta di
piedi nel timore di rompere qualcosa. Su un tavolo al centro
della stanza era posato un vaso alto, decorato con raffigura-
zioni di fiori brillanti. Logen lo adocchi con sospetto men-
tre si dirigeva alla lunga scala che lo avrebbe portato nell'A-
griont.
Logen! La porta incorniciava la figura di Bayaz, che lo
guardava con espressione seria. Sta' attento. Il posto ti sem-
brer strano, ma la gente che ci vive ancora pi strana.

L'acqua zampillava gorgogliando e formando un piccolo


getto da un tubo di metallo a forma di bocca di pesce, per poi
ripiombare spumeggiante nell'ampia vasca di pietra, tra una
miriade di schizzi. Fontana l'aveva chiamata quel giovane al-
tezzoso. Tubi sotto terra, aveva detto. Logen si figur dei fiu-
miciattoli sotterranei che scorrevano appena sotto i suoi piedi
e intridevano le fondamenta di quel posto. Un pensiero che
gli fece venire le vertigini.
La grande piazza era una vasta distesa di lastre di pietra,
delimitata dalle mura dritte e bianche degli edifici. A Logen
ricordavano le pareti di una gola, anche se erano cave all'in-
terno e ricoperte di pilastri e sculture all'esterno, con finestre
che scintillavano al sole e persone che zampettavano come
dentro a un formicaio. Sembrava che quel giorno stesse per
accadere qualcosa di strano, poich lungo i bordi distanti del-
la piazza stavano costruendo un'enorme struttura discenden-
te, fatta di travi di legno, e attorno a questa orbitava uno scia-
me di operai con randelli e accette, tutti impegnati a piantare
pioli o giunzioni, mentre si scambiavano l'un l'altro delle gri-
da furibonde. Gli uomini erano circondati da montagne di
assi e ciocchi di legno, carriole piene di chiodi, pile di arnesi
che sarebbero bastati a tirare su dieci imponenti palazzi, o
forse anche di pi. In alcuni punti la struttura era gi ben sol-
levata da terra, i montanti torreggiavano verso il cielo come
gli alberi delle grandi navi, alti quanto i mostruosi edifici che
sorgevano dietro di loro.
Logen guardava il tutto con le mani poggiate sui fianchi,
meravigliato dal gigantesco scheletro di legno, il cui scopo
rimaneva ancora un mistero. Cos si avvicin a un ometto
basso ma muscoloso con un grembiule di cuoio addosso che
era intento a segare furiosamente un'asse. Che cos'?
Eh? L'uomo non stacc gli occhi dal proprio lavoro.
Questo. A che serve?
La sega intacc il legno finch il pezzo tagliato non cadde
a terra, allora il carpentiere prese l'asse rimanente e la mise
su una catasta vicina. Si volt, squadr Logen con diffidenza
e si pul il sudore che gli scintillava sulla fronte.
Spalti. Posti a sedere. Logen gli restitu uno sguardo
vacuo. Per il Torneo! Che razza di Torneo era, se si gareg-
giava da seduti? Cominci ad arretrare lentamente, pensando
che in quel posto avevano strani modi di combattere. Poi si
volt e fugg, tenendosi ben alla larga dalle strutture di legno
e dagli uomini che vi lavoravano sopra.
Usc senza volerlo su un ampio viale, simile al fondo di
un precipizio, le cui pareti erano costituite dai bianchi palaz-
zi giganteggianti ai due lati, e lungo tutta la strada vide enor-
mi statue messe l'una di fronte all'altra, che se ne stavano con
sguardi severi a fissare le teste dei numerosi passanti. La sta-
tua che gli stava pi vicina aveva qualcosa di familiare, dun-
que Logen si avvicin, la guard bene e poi sorrise. Il Primo
Mago era un po' ingrassato da quando era stata scolpita; for-
se alla biblioteca mangiava troppo bene. Si gir verso un
ometto che stava passando proprio in quel momento, con un
cappello nero sulla testa e con un grosso libro sotto il brac-
cio.
Bayaz, disse indicando la statua. Mio amico. L'uomo
fiss lui, poi la statua, e poi di nuovo lui, prima di darsela a
gambe.
Le sculture erano allineate su entrambi i lati del viale,
quelle dei Re dell'Unione erano quelle di sinistra, suppose
Logen. Alcuni portavano delle spade, altri dei manoscritti ar-
rotolati o delle minuscole navi. Uno aveva addirittura un
cane ai suoi piedi, un altro un fascio di grano sotto il braccio
ma, a parte questi particolari, era difficile distinguerli, perch
tutti indossavano la stessa grossa corona e avevano la stessa
espressione austera. A guardarli, parevano tipi che non ave-
vano mai detto o fatto una cosa stupida in vita loro, che non
avevano mai neanche cagato, tanto sembravano tutti d'un
pezzo.
All'improvviso Logen sent dei passi rapidi che si avvici-
navano alle sue spalle, cos si volt giusto in tempo per vede-
re il giovane altezzoso del portale che veniva di corsa lungo
il viale, con la casacca intrisa di sudore. Si chiese dove mai
stesse andando tanto di fretta, ma preferiva morire che cor-
rergli dietro per chiederglielo, con quel caldo. E poi, in ogni
caso, c'erano molti altri misteri ancora da risolvere.
La strada sfociava su un grande spazio verde, che qualche
mano gigante aveva raccolto dalle terre selvagge e posato l,
tra gli edifici, anche se non somigliava a niente che Logen
avesse mai visto prima. L'erba era un tappeto, anzi, una co-
perta morbida di un verde brillante, tagliata quasi raso terra.
C'erano fiori, ma crescevano in serie o in cerchio o in file
dritte e coloratissime, e poi cespugli lussureggianti e alberi,
tutti stretti tra loro e recintati, con le chiome di forme innatu-
rali. C'era anche l'acqua: un po' ne scendeva a rivoli da alcu-
ni gradini di pietra, altra formava uno stagno con degli alberi
tristi che vi correvano tutto intorno.
Logen vag per quella distesa verde dai contorni squadra-
ti, con gli stivali che scricchiolavano sulle minuscole pietruz-
ze grigie di un sentiero. Di tutte le persone radunate nel par-
co, schiacciate l'una contro l'altra per godersi il sole, alcune
sedevano a bordo di barchette, mentre vogavano lentamente
in cerchio, senza andare da nessuna parte. Altre poltrivano
sul prato, mangiavano, bevevano, chiacchieravano. Qualcu-
no indicava Logen e poi gridava, oppure sussurrava con il vi-
cino, oppure se la svignava direttamente.
Era una folla parecchio strana, soprattutto le donne. Palli-
de e spettrali, erano avvolte in vestiti elaborati e portavano i
capelli raccolti all'ins, come se fossero torri, con una quan-
tit di spille e pettinini a tenerli fermi, senza contare quelle
bizzarre, enormi piume, o quei cappellini striminziti senza
utilit. Erano proprio come il grosso vaso nella camera ro-
tonda, ovvero troppo esili e delicate per servire a qualcosa, e
ulteriormente deturpate dai troppi ornamenti che portavano
addosso. Ma era passato tanto tempo cos Logen, nella re-
mota possibilit, sorrise a tutte con aria allegra, solo che al-
cune parvero scioccate, altre sussultarono per l'orrore. Logen
sospir. Non aveva perso il suo tocco.
Pi avanti, su un'altra ampia piazza, si ferm a guardare
dei giovani soldati far pratica. Quelli, per, non erano mendi-
canti o ragazzini effeminati, bens uomini dall'aspetto mas-
siccio con tanto di armature complete - pettorali e gambali
lucidati a specchio - e lance lunghe in spalla. Erano disposti
in quattro gruppi di circa cinquanta uomini ciascuno; forma-
vano dei quadrati e stavano immobili come le statue del via-
le, tutti uguali. Poi un uomo basso con un giacchetto rosso -
il loro capo, immagin Logen - url qualcosa, allora tutti i
soldati si girarono allo stesso momento, puntando le lance in
avanti, e cominciarono ad avanzare sulla piazza, al ritmo dei
pesanti stivali che battevano all'unisono. Ogni uomo era
identico all'altro, aveva le stesse armi e si muoveva allo stes-
so modo. Era uno strano spettacolo vedere tutti quei quadrati
di metallo scintillante che si spostavano ordinatamente, as-
sieme alle punte brillanti delle loro lance, proprio come un
grosso porcospino con duecento zampe. Temibili su un vasto
spazio piano contro un nemico immaginario, Logen non di-
ceva di no, ma non era altrettanto sicuro che fossero capaci
tra massi acuminati, sotto la pioggia battente o in una foresta
intricata: si sarebbero stancati presto, con quelle armature
pesanti addosso, e poi, se il nemico li avesse dispersi, che
cosa avrebbero fatto, abituati com'erano ad avere sempre un
compagno accanto a s? Sarebbero riusciti a combattere da
soli?
Pass oltre. Attravers cortili spaziosi e giardini curati,
superando fontane gorgoglianti e statue solenni, percorrendo
viottoli puliti e larghi viali. Vag su e gi per scalinate stret-
te, su ponti che sormontavano corsi d'acqua, lungo altre vie e
su altri ponti ancora. Vide guardie con decine di splendide
divise differenti, che sorvegliavano cento differenti portoni,
mura e cancelli, e tutti lo squadrarono con profondo sospetto.
Man mano che il sole saliva in cielo e i bianchi edifici sfila-
vano davanti a lui, Logen cominci a sentirsi perso, torturato
dal dolore ai piedi e dal torcicollo venutogli a furia di guar-
dare verso l'alto.
L'unica costante fu il torrione mostruoso che incombeva
pi alto di tutto il resto e che faceva sembrare piccoli anche i
palazzi pi imponenti. Era sempre l, lo si vedeva costante-
mente con la coda dell'occhio, che spiccava al di sopra dei
tetti in lontananza. I passi di Logen lo condussero sempre pi
vicino, finch non raggiunse un angolo dimenticato della cit-
tadella proprio all'ombra del torrione.
Trov una vecchia panchina accanto a un prato incolto e l
vicino c'era un grosso edificio fatiscente invaso dal muschio
e dall'edera, i cui tetti spioventi erano un po' avvallati al cen-
tro e le tegole mancavano. Si sedette pesantemente con uno
sbuffo e rivolse lo sguardo accigliato all'enorme forma che si
levava al di l delle mura, scura rispetto all'azzurro del cielo,
una montagna asciutta di pietre morte, dure, costruita da
mani umane. L'edera non si arrampicava su quella massa im-
mensa, n cresceva il muschio nelle crepe tra i grandi bloc-
chi di pietra. Il Palazzo del Creatore, come l'aveva chiamato
Bayaz, non somigliava a nessuno dei palazzi che Logen ave-
va visto in vita sua, privo com'era di tetto, finestre e porte.
Solo nude mura. Un ammasso possente di strati di roccia
squadrati. Che senso aveva costruire una cosa tanto grande?
Chi era poi questo Creatore? Non aveva fatto altro in vita
sua, a parte un enorme ma inutile palazzo?
Ti dispiace se mi siedo? C'era una donna in piedi da-
vanti a lui, una donna vera, diversa da quelle strane cosette
spettrali che aveva visto al parco. Era carina, vestita di bian-
co, e una massa di capelli neri le incorniciava il viso.
Se mi dispiace? No. buffo, ma nessuno vuole sedersi
vicino a me.
Adagiatasi sul bordo opposto della panchina, poggi il
mento sulle mani e i gomiti sulle ginocchia, mettendosi poi a
fissare l'immane torre senza troppo interesse. Forse hanno
paura di te.
Logen osserv un uomo filar via con un fascio di fogli
sotto il braccio, e neanche lui manc di guardarlo con tanto
d'occhi. Comincio a pensare la stessa cosa.
Perch sembri un po' pericoloso.
"Orribile" la parola che stavi cercando.
Di solito trovo sempre le parole che cerco, e dico "peri-
coloso".
Beh, le apparenze ingannano.
La donna sollev un sopracciglio e lo osserv pian piano
dall'alto in basso. Dunque, sei un uomo pacifico.
Beh non del tutto. Si lanciarono l'un l'altra un'occhia-
ta in tralice. Se da una parte lei non sembrava provare paura
o sdegno, dall'altra non mostrava neanche interesse. Perch
tu non hai paura?
Vengo dall'Angland, conosco la tua gente. Inoltre, ag-
giunse, mettendo un braccio dietro lo schienale della panchi-
na, nessuno vuole parlare con me. Sono disperata.
Logen diede uno sguardo al moncone del dito medio e lo
agit avanti e indietro, piegandolo per quanto gli era possibi-
le. Gi, devi proprio esserlo. Io sono Logen.
Buon per te. Io non sono nessuno.
Tutti sono qualcuno.
Io no. Io non sono niente. Sono invisibile.
Logen la guard con le sopracciglia corrugate e vide che
era girata in parte verso di lui, abbandonata sulla panchina a
godersi il sole, con quel lungo collo liscio rivolto verso l'alto
e il petto che si alzava e si abbassava dolcemente. Ma io ti
vedo.
Volt la testa per guardarlo. Tu sei un uomo di campa-
gna.
Logen si lasci sfuggire una risatina. L'avevano chiamato
in molti modi, ma mai uomo di campagna. La giovane, per,
non parve divertita quanto lui. Questo non il mio posto,
mormor tra s e s.
Neanche il mio.
No, ma questa casa mia. Si alz in piedi e concluse
dicendo: Addio, Logen.
Addio, nessuno. La fiss mentre si voltava e si allonta-
nava con tutta calma, poi scosse la testa, pensando che Bayaz
aveva ragione: quel posto era strano, ma la gente che ci vive-
va era ancora pi strana.

Svegliatosi di soprassalto, si guard attorno con occhi ter-


rorizzati. Buio. Beh, non del tutto, ovviamente, dato l'onni-
presente bagliore che avvolgeva la citt. Credeva di aver sen-
tito qualcosa, ma non c'era nessuno. Faceva un caldo inferna-
le, le cose parevano chiudersi attorno a lui, stringendolo in
una morsa soffocante, nonostante gli spifferi d'aria umida
che entravano dalla finestra aperta. Emise un grugnito e si
tir gi le coperte fino al bacino, poi si asciug il sudore sul
petto e si pul la mano sul muro sopra la testiera. La luce gli
tormentava le palpebre, ma questo non era il peggiore dei
suoi problemi adesso. Una cosa si pu ben dire di Logen No-
vedita, che doveva proprio farsi una pisciata.
Purtroppo, per, in quel posto non si poteva solo pisciare
dentro un pitale, l usavano una cosa particolare, una specie
di sedile di legno con un buco in mezzo, che si trovava in
una stanzetta a parte. Quando erano arrivati, aveva fissato
quel buco per alcuni minuti, chiedendosi a cosa diavolo ser-
visse, poi si era accorto che scendeva parecchio verso il bas-
so, e che puzzava. Malacus gli aveva spiegato tutto. Che inu-
tile invenzione primitiva! Ti sedevi l, sul legno duro, e sen-
tivi un'arietta spiacevole sui gioielli di famiglia. Eppure quel-
la era la civilt, per quanto ne sapeva lui. Gente con niente di
meglio da fare che inventarsi il modo di rendere difficile una
cosa semplice.
Si tir fuori dal letto e si avvi a tentoni, un po' piegato in
avanti, verso il punto in cui si ricordava ci fosse la porta. C'e-
ra troppa luce per dormire, ma ce n'era troppa poca per vede-
re. Civilt di merda, mormor nell'armeggiare con il chia-
vistello della porta, poi scivol cautamente coi piedi nudi
nella grande stanza circolare che si trovava tra le loro came-
re.
Era fresco l dentro, molto fresco. L'aria gelida gli dava
una bella sensazione sulla pelle nuda, dopo il calore umido
della sua stanza. Perch non dormiva l, invece che in quella
fornace accanto? Rivolse gli occhi socchiusi alle pareti in
ombra, facendo boccacce da insonnolito, e cerc di azzecca-
re la stanza giusta in cui si trovava il sedile per pisciare. Con
la fortuna che si ritrovava, sarebbe entrato nella camera di
Bayaz e avrebbe accidentalmente pisciato sul Primo Mago
addormentato. Proprio quello che ci voleva per addolcirlo.
Fece un altro passo. Si sent un tonfo e un tintinnio quan-
do sbatt la gamba contro lo spigolo del tavolo, dopo di che
imprec, afferrandosi subito lo stinco. Poi si ricord del
vaso, che riusc ad afferrare per il bordo prima che cadesse. I
suoi occhi cominciavano ad abituarsi all'oscurit, tanto che
ormai era in grado di distinguere i fiori dipinti sulla fredda
superficie di coccio. Fece per posarlo di nuovo sul tavolo,
ma ebbe un'illuminazione. Perch continuare a sbattere con-
tro i mobili, quando aveva un pitale perfetto a portata di
mano? Scocc uno sguardo furtivo attorno alla stanza, si
mise il vaso all'altezza del cavallo e si gel.
Non era solo.
Nella penombra si profilava vagamente una figura snella e
alta, di cui a stento poteva distinguere i capelli lunghi che
oscillavano pian piano nella brezza della finestra aperta. Ten-
t di guardarne il viso, ma non si vedeva niente.
Logen Una voce di donna, dolce e calda, il cui suono
non gli piaceva per niente. Nella stanza cal un freddo gla-
ciale. Logen strinse il vaso tra le mani.
Chi sei?, chiese con voce roca, all'improvviso rumorosa
nel silenzio della notte. Stava sognando? Scosse la testa e
chiuse il vaso in una morsa. Sembrava tutto reale, orribil-
mente reale.
Logen La donna gli and incontro senza produrre al-
cun suono e, quando pass davanti alla finestra, la debole
luce esterna le illumin per un istante il lato del volto, su cui
si poterono distinguere una gota bianca, un occhio in ombra,
un angolo di bocca, e poi tutto fu avvolto di nuovo dalle te-
nebre. C'era qualcosa di familiare in lei La sua mente si ar-
rovell nel tentativo di comprendere che cosa fosse, ma ci
non gli imped comunque di arretrare, di modo che ci fosse il
tavolo tra di loro, sempre per senza smettere di fissare quel-
la sagoma.
Che cosa vuoi? Avvert un senso di gelo strisciargli nel
petto, una brutta sensazione. Sapeva che avrebbe dovuto
chiamare aiuto e svegliare gli altri, ma sentiva anche di voler
sapere chi era. Doveva saperlo. L'aria era talmente fredda
che Logen poteva quasi vedere il suo respiro condensarsi da-
vanti a s in una nuvola di vapore. Sua moglie era morta, lo
sapeva, morta e sepolta e tornata alla terra, tanto tempo pri-
ma, in un paese lontano. Aveva visto il villaggio ridotto in
cenere, i cadaveri disseminati ovunque. Sua moglie era mor-
ta eppure
Thelfi?, sussurr.
Logen La sua voce! La sua voce! Logen rimase a
bocca aperta. Il bagliore della finestra illumin la sua mano
bianca protesa verso di lui, le dita pallide, le lunghe unghie
bianche. La stanza era fredda come ghiaccio. Logen!
Tu sei morta! Sollev il vaso, pronto a sfasciarglielo
sulla testa, ma la mano tent di ghermirlo, spalancando le
dita.
All'improvviso nella stanza divamp una luce di un'incan-
descenza pi potente di quella del giorno, e i contorni indi-
stinti dei mobili e delle porte divennero d'un tratto linee bian-
che, dure, marcate, le cui ombre erano pi nere della notte.
Logen chiuse gli occhi, coprendoseli con un braccio, e si ap-
piatt senza fiato contro il muro. Si sent uno schianto assor-
dante, come di una frana, un forte crepitio simile a quello di
un grande albero che cade, e ovunque si sparse l'odore del le-
gno bruciato. Apr appena gli occhi per sbirciare tra le fessu-
re delle dita.
La stanza era stranamente diversa, di nuovo buia, ma
meno di prima. La luce filtrava attraverso un enorme buco
frastagliato nella parete dove prima c'era la finestra, due del-
le sedie erano scomparse, una terza traballava su tre gambe,
coi bordi rotti ancora accesi e fumanti, come se fosse stata
avvolta a lungo dalle fiamme. Il tavolo, che fino a un mo-
mento prima era di fronte a lui, giaceva spezzato a met dal-
l'altra parte della stanza. Un pezzo di soffitto era stato lette-
ralmente strappato dalla travatura e il pavimento era ingom-
bro di frammenti di roccia e intonaco, oltre ai pezzi di legno
e al vetro infranto della finestra. Ma della strana donna non
c'era pi traccia.
Bayaz avanz con passo incerto, facendosi strada tra le
rovine fino al buco nella parete, a cui si affacci nel tentativo
di penetrare l'oscurit con lo sguardo, con la camicia da notte
che fluttuava attorno ai suoi polpacci muscolosi. Se ne an-
dato.
Era un uomo? Logen fiss il buco fumigante. Ma lei
conosceva il mio nome
Lo stregone si diresse malfermo verso l'ultima sedia anco-
ra intatta e ci si butt sopra con aria esausta. Un Mangiato-
re, forse. Mandato da Khalul.
Un che? Mandato da chi?, domand Logen perplesso.
Bayaz si pul il sudore dalla faccia. Hai detto che non
volevi saperne nulla.
Vero. Logen non poteva negarlo. Si gratt il mento, con
lo sguardo fisso sulla chiazza di cielo notturno, e si chiese se
magari non fosse arrivato il momento di cambiare idea. Ma
era troppo tardi, perch qualcuno buss freneticamente alla
porta.
Va' tu, ti dispiace? Logen pass intontito tra le macerie
e tir il chiavistello, per trovarsi davanti, oltre l'uscio, una
guardia infuriata, con una lampada in una mano e la spada
sguainata nell'altra. Entr nella stanza dandogli una spallata.
C' stato un botto! La luce invest il disastro e illumin
il buco nella parete, la roccia spaccata, l'intonaco sbriciolato,
il vuoto del cielo. Merda, sussurr.
Abbiamo avuto un ospite sgradito, mormor Logen.
Ehm devo dirlo a, la guardia parve del tutto confu-
sa, qualcuno. Mentre indietreggiava verso la porta, per
poco non cadde inciampando su una trave caduta, poi Logen
sent i suoi passi che si precipitavano per le scale.
Che cos' un Mangiatore? Nessuna risposta. Lo strego-
ne si era addormentato con un'espressione molto turbata in
volto e respirava placidamente. Logen abbass lo sguardo,
sorpreso di vedere che teneva ancora il vaso, cos bello e de-
licato, stretto nella mano destra. Spazz via un po' di detriti
per terra e poggi pian piano il vaso.
Una delle porte si spalanc all'improvviso, facendogli bal-
zare il cuore in gola, ma era solo Malacus, che si present
con gli occhi sbarrati e i capelli nello scompiglio pi assolu-
to. Ma che And verso il buco e si affacci con cautela
nella notte. Merda!
Malacus, che cos' un Mangiatore?
Quai si volt verso di lui con uno sguardo pieno di terro-
re. proibito, sussurr, mangiare la carne degli
uomini
29.

Domande

Glokta si ficc in bocca quanto pi porridge pot, nella


speranza di ingollare almeno met della ciotola prima che gli
salisse il vomito. Mand gi il boccone, diede un colpo di
tosse e rabbrivid per il disgusto. Allontan la ciotola da s
come se la sua sola presenza lo offendesse. Cos , infatti.
Meglio che sia importante, Severard, brontol.
Il Pratico si pass una mano tra i capelli unticci per tirar-
seli indietro. Dipende da che intendete per importante. Ri-
guarda i nostri amici magici.
Ah, il Primo Mago e i suoi audaci compagni. Che hanno
fatto?
C' stata una specie di trambusto nelle loro camere ieri
notte. Qualcuno che si intrufolato, hanno detto. Pare ci sia
stato uno scontro di qualche tipo e la stanza non messa tan-
to bene.
Qualcuno? Di qualche tipo? Non messa tanto bene?
Glokta scosse la testa con disapprovazione. Pare? Pare non
ci basta, Severard.
Beh, stavolta dovremo accontentarci. L'uomo di guardia
stato un po' avaro di dettagli, ma sembrava dannatamente
preoccupato, se lo volete sapere. Severard affond un po' di
pi nella sedia, tanto che le spalle arrivarono a sfiorargli le
orecchie. Qualcuno dovr vederci chiaro in questa faccen-
da, quindi tanto vale che siamo noi. Si potrebbe controllarli
da vicino, magari fargli anche qualche domanda.
Dove si trovano?
Ah, qui arriva il bello. Nella Torre delle Catene.
Glokta risucchi qualche rimasuglio di porridge incastrato
tra le gengive senza denti. Ovviamente, e in cima scommetto.
Tutti quei gradini C' altro?
L'Uomo del Nord uscito a passeggio ieri, ha cammina-
to in cerchio per mezza Agriont. L'abbiamo pedinato, chiara-
mente. Il Pratico tir su col naso e si aggiust la maschera.
Brutto bastardo.
Ah, il famigerato Uomo del Nord. Ha commesso qualche
oltraggio alla pubblica decenza? Qualche stupro o omicidio?
Ha dato fuoco a qualcosa?
No, ad essere onesto. Mattinata noiosa per tutti. Si solo
fatto un giro per poi rimanere a bocca aperta davanti a tutto.
Ha parlato con un paio di persone.
Le conosciamo?
Nessuno di importante. Uno dei carpentieri che stanno
lavorando agli spalti per il Torneo, uno scrivano sulla Via del
Re e una ragazza vicino all'Universit; con lei ci ha parlato
per un po'.
Una ragazza?
Gli occhi di Severard sorrisero malignamente. S, esatto,
e anche carina, tra l'altro. Com' che si chiama? Schiocc le
dita. Mi sono premurato di scoprirlo. Suo fratello uno del-
la Guardia del Re West, qualcosa West
Ardee.
Bravo! La conoscete?
Mh-h. Glokta si pass la lingua sulle gengive. Mi ha
chiesto come stavo. Me la ricordo. E che cosa avevano da
dirsi?
Il Pratico alz le sopracciglia. Probabilmente niente. Lei
viene dall'Angland, per, ed da poco in citt. Forse c'
qualche collegamento. Volete che la sbatta dentro? Potrem-
mo scoprire tutto in men che non si dica.
No!, sbott Glokta. No. Non occorre. Suo fratello era
un mio amico una volta.
Una volta.
Nessuno la sfiorer con un dito, Severard, hai capito
bene?
Il Pratico scroll le spalle. Se lo dite voi, Inquisitore. Se
lo dite voi.
S, lo dico io.
Ci fu un attimo di silenzio. E cos, abbiamo concluso coi
Merciai, vero? Il tono di Severard parve quasi nostalgico.
Sembrerebbe di s. Sono finiti. Non ci resta che fare un
po' di pulizia.
Una pulizia vantaggiosa, suppongo.
Supponi bene, rispose Glokta piuttosto acido. Ma Sua
Eminenza pensa che siamo pi adatti ad altri scopi. Come
fare gli appostamenti a finti stregoni. Spero che tu non ab-
bia perso quella piccola propriet vicino al porto.
Severard alz le spalle. Non mi sorprenderebbe se aveste
di nuovo bisogno di un posto lontano da occhi indiscreti, tra
poco tempo. Sar ancora l, a un buon prezzo. solo un pec-
cato lasciare un lavoro a met, tutto qui.
Vero. Glokta ci pens su per un momento. pericoloso.
L'Arcilettore ha detto di fermarci. molto pericoloso disob-
bedire, per sento puzza di bruciato. Non mi piace avere
questioni in sospeso, al di l di quello che pu dire Sua Emi-
nenza. Forse, c' un'ultima cosa.
Davvero?
S, ma non farti scoprire. Che mi dici delle banche?
Sono grossi edifici. Prestano soldi alla gente.
Glokta fece un sorrisino. Non avevo idea che te ne inten-
dessi tanto, ma ce n' una in particolare di cui mi preme sa-
pere. Il nome Valint & Balk.
Non l'ho mai sentita, ma posso fare qualche domanda in
giro.
S, ma sii discreto, Severard, hai capito? Nessuno deve
saperlo, dico sul serio.
Io sono un campione di discrezione, capo, chiedete a
chiunque. Chi meglio di me? Tutti mi conoscono per
questo.
Meglio che sia vero, Severard. Meglio che sia vero. O
ci rimetteremo la testa entrambi.
Glokta sedeva, nel vano della feritoia, con la schiena ap-
poggiata contro i mattoni di pietra e la gamba sinistra - una
fornace pulsante di dolore - distesa davanti a s. Si aspettava
il dolore ogni giorno, ogni minuto della sua vita. Ma oggi
peggio che mai.
Ogni suo pi piccolo, arduo movimento era accompagna-
to da lamenti soffocati, pi simili ai rantoli dell'agonia che
agli ansiti della fatica. Ricord quando il Maresciallo Varuz
lo faceva correre su e gi per quelle scale tanti anni prima,
durante gli allenamenti. Salivo e scendevo quei gradini a tre
a tre, senza pensarci due volte. Ora, invece, guardami. Chi
avrebbe mai pensato che sarei finito cos?
Il suo corpo tremante era intriso di sudore, le lacrime gli
scendevano dagli occhi brucianti e persino dal naso gli cola-
va del moccio acquoso. Nonostante tutta l'acqua che il mio
corpo produce, ho comunque una sete tremenda. Che senso
ha? Ma nulla aveva senso. E se qualcuno, passando, dovesse
vedermi in questo stato? Il terrificante flagello dell'Inquisi-
zione afflosciato cos, con il culo piantato su una feritoia,
praticamente incapace di muoversi. Sar in grado di coprire
con un sorriso noncurante questa rigida maschera
d'agonia? Riuscir a fare finta che vada tutto bene, dicendo
che vengo spesso qui, a spaparanzarmi accanto alle scale?
Oppure comincer a piagnucolare, a urlare e a implorare
aiuto?
Tuttavia non pass nessuno, cos se ne rimase l, incastra-
to in quello spazio angusto, con la nuca abbandonata sui
blocchi di roccia fredda e le ginocchia tremanti piegate di
fronte a s; mancava ancora un quarto dei gradini fino alla
cima della Torre delle Catene. Sand dan Glokta, maestro di
spada, elegante ufficiale di cavalleria: chiss quanta gloria
gli riserver il futuro! C' stato un tempo in cui ero in grado
di correre per ore e ore, senza mai stancarmi. Sent una goc-
cia di sudore scivolargli lungo la schiena. Perch lo faccio?
Perch diavolo qualcuno dovrebbe voler fare una cosa del
genere? Potrei smettere oggi stesso e tornare a casa da mia
madre. E poi?
Che cosa farei, dopo?

Inquisitore, sono contento che siate qui.


Buon per te, bastardo, io no. Una volta arrivato in cima
alle scale Glokta si appoggi contro il muro, e digrign i suoi
pochi denti contro le gengive.
Sono dentro, c' un po' di confusione D'un tratto la
mano di Glokta cominci a tremare, sbatacchiando la punta
del bastone sul pavimento di pietra; inizi a girargli la testa e
la guardia gli apparve indistinta e sfocata da sotto le palpebre
vibranti. State bene? Il soldato si avvicin con un braccio
proteso.
Glokta lo guard. Apri quella cazzo di porta e basta,
idiota!
L'uomo scatt verso l'uscio e lo spalanc all'istante. Glok-
ta avrebbe voluto mollare con tutto se stesso ogni cosa e ac-
casciarsi per terra, ma fece appello a tutta la sua volont per
cercare di restare dritto. Mise un piede davanti l'altro e tent
di calmare il respiro, dopo di che procedette a testa alta da-
vanti alla guardia, con un'aria imperiosa che nascondeva il
tormento estremo del suo corpo. Tuttavia, ci che vide oltre
la porta minacci di sgretolare la dignit di cui s'era ricoper-
to.
Solo ieri queste erano le stanze pi belle di tutta l'A-
griont, riservate agli ospiti di maggior riguardo o ai pi im-
portanti dignitari esteri. Ieri. Al posto della finestra ora c'era
un buco che dava sul vuoto, da dove la luce del giorno entra-
va in modo accecante dopo l'oscurit delle scale. Un'intera
sezione del soffitto era crollata e le travi spezzate penzolava-
no sospese sulla stanza, assieme a una quantit di frammenti
di intonaco; il pavimento era disseminato di pezzi di pietra,
schegge di vetro e brandelli di tessuto colorato, oltre ai mise-
ri resti dell'antico mobilio, che in parte giacevano carboniz-
zati, come se fossero andati a fuoco. Soltanto una sedia, met
del tavolo e un grosso vaso ornamentale erano scampati alla
distruzione, e proprio quell'unico oggetto in particolare appa-
riva assurdamente intatto nel bel mezzo di tutte quelle mace-
rie.
Circondato dal costoso disastro, c'era un giovane dall'aria
confusa e malaticcia che osserv Glokta aggirare cautamente
i detriti davanti all'ingresso. Il suo nervosismo era evidente
dal modo in cui la lingua gli guizzava sulle labbra. Nessuno
mai parso un imbroglione pi di lui.
Ehm, buon giorno? Il giovane, molto agitato, si ag-
giust la pesante veste, su cui erano ricamati dei simboli ar-
cani. Ci sta scomodo dentro. Se quest'uomo l'apprendista
di uno stregone, io sono l'Imperatore di Gurkhul.
Il mio nome Glokta. Dell'Inquisizione di Sua Maest.
Sono stato mandato a indagare su questa sfortunata fac-
cenda. Mi aspettavo di trovare qualcuno un po' pi anziano
di voi.
Oh, s, scusate, io sono Malacus Quai, balbett il giova-
ne, apprendista del grande Bayaz, il Primo Mago, istruito
sui segreti del mondo ed esperto della nobile In ginoc-
chio, in ginocchio al mio cospetto! Sono il possente Impera-
tore di Gurkhul!
Malacus, lo interruppe Glokta con ben poco garbo,
Quai. Provenite dal Vecchio Impero?
Beh, s, e i suoi occhi si illuminarono a quelle parole.
Conoscete il mio
No. Per niente. Tutto l'entusiasmo si smorz sul volto
pallido dell'altro. Dove eravate ieri notte?
Ehm, s, dormivo nella stanza qui accanto. Temo di non
aver visto niente, per Glokta lo fiss a lungo e intensa-
mente, senza mai sbattere le palpebre, nel tentativo di capire
di che pasta fosse fatto. L'apprendista diede un imbarazzato
colpo di tosse e rivolse gli occhi al pavimento, come se si
stesse domandando da dove cominciare a dare una rassettata.
possibile che questo individuo impensierisca l'Arcilettore?
Che attore miserabile! Tutto quello che fa puzza di imbro-
glio.
Ma qualcuno ha visto qualcosa?
Beh, in effetti, Mastro Novedita, suppongo
Novedita?
S, l'Uomo del Nord che nostro compagno. Il giovane
si illumin nuovamente. Un guerriero di grande fama, un
campione, un principe tra i suoi
Cos, voi venite dal Vecchio Impero, mentre lui un
Uomo del Nord. Siete un gruppo cosmopolita!
S, ah ah, suppongo di
Dov' Novedita adesso?
Dorme ancora, penso, ma potrei svegliarlo
Vi dispiacerebbe farmi questa cortesia? Glokta sbatt il
bastone sul pavimento. una bella arrampicata fin quass e
preferirei non dover tornare pi tardi.
No, no, ma certo scusate, disse il ragazzo e fil verso
una delle porte. Glokta si gir per fingere di esaminare il
buco nella parete, ma non appena si fu voltato il suo viso si
contorse dal dolore e lui fu costretto a mordersi il labbro per
evitare di piagnucolare come un bambino malato e intanto
strinse le dita della mano libera attorno alle pietre spezzate
con tutta la forza possibile.
Man mano che lo spasmo passava, per, Glokta comincia-
va a esaminare davvero il danno. Le mura erano spesse ben
quattro piedi, anche lass in alto, ed erano fatte di calcinacci
impastati con la malta, ricoperti in un secondo tempo da uno
strato di blocchi di pietra. Soltanto un masso lanciato da una
potentissima catapulta avrebbe potuto aprire una breccia del
genere, oppure i martelli di una squadra di possenti operai, a
lavoro notte e giorno per una settimana. Per una grande
macchina d'assedio o un gruppo di lavoratori avrebbero cer-
tamente attirato l'attenzione delle guardie. Allora come
stato aperto? Fece correre la mano lungo le pietre crepate.
Ricord di aver sentito delle voci riguardo una specie di pol-
vere esplosiva che fabbricavano al Sud. Qualche granello di
polvere avrebbe potuto fare questo?
Quando la porta si apr, Glokta si trov davanti un uomo
imponente che fu costretto a piegarsi sotto lo stipite, mentre
si abbottonava la casacca con mani lente e pesanti. Quel tipo
di lentezza meditabonda. Come se fosse in grado di muover-
si rapidamente, ma non avesse motivo di farlo. I suoi capelli
erano una selva di nodi, il suo volto bitorzoluto era pieno di
cicatrici e un dito della sua mano sinistra era stato amputato.
Ecco perch Novedita. Che fantasia, eh!
Dormito fino a tardi?
L'Uomo del Nord annu. La vostra citt troppo calda
per me. Mi rende insonne di notte e assonnato di giorno.
La gamba di Glokta pulsava e la sua schiena non andava
tanto meglio, per non parlare del collo, che era rigido quanto
un ramo secco, ma non pot fare altro che mantenere segreta
la sua agonia. Avrebbe dato chiss cosa per buttarsi su quel-
l'unica sedia intera e strillare fino a farsi scoppiare la testa.
Ma devo resistere per parlare con questi ciarlatani. Potete
spiegarmi che cosa successo qui?
Novedita scroll le spalle. Stanotte dovevo pisciare. Ho
visto qualcuno nella stanza. A quanto pareva non aveva pro-
blemi con la lingua comune, anche se il contenuto delle sue
frasi era poco educato.
E avete visto chi era?
No. Era una donna. Solo questo ho visto. Agit le spal-
le, chiaramente a disagio.
Una donna, ma davvero? Questa storia diventa pi ri-
dicola ogni secondo che passa, C' dell'altro? possibile
restringere la nostra ricerca a meno di met della popolazio-
ne?
Faceva freddo. Molto freddo.
Freddo? Ma certo, come no! In una delle notti pi cal-
de dell'anno.
Glokta fiss a lungo i freddi, incavati occhi blu scuro del-
l'Uomo del Nord, e lui ricambi il suo sguardo. Non sono gli
occhi di un idiota. Sembra uno scimmione, ma non parla da
tale. Pensa prima di parlare e non dice pi di quanto deve.
un uomo pericoloso.
Che cosa vi porta in citt, Mastro Novedita?
Sono venuto assieme a Bayaz. Se volete sapere cosa
venuto a fare lui, chiedeteglielo. Io, onestamente, non lo so.
Vi paga, per caso?
No.
Dunque lo seguite per lealt?
Non esattamente.
Ma siete il suo servo?
No. Per niente. L'Uomo del Nord si gratt lentamente
la barba incolta sulla guancia. Non so cosa sono.
Un grosso scimmione bugiardo, ecco cosa sei. Ma come
posso provarlo? Glokta agit il bastone per la stanza, a indi-
care il disastro. Come ha fatto il vostro intruso a causare un
danno simile?
stato Bayaz.
Ah, s? E come?
Lui la chiama Arte.
Arte?
La magia pura terribile e pericolosa, inton pomposa-
mente l'apprendista, come se stesse dicendo qualcosa di mol-
to importante, poich viene dall'Aldil, e attingere al mondo
sotterraneo comporta innumerevoli pericoli. Il Mago modera
la magia con la sapienza, dando cos luogo alla Nobile Arte,
ma come il fabbro o il
L'Aldil?, chiese brusco Glokta, interrompendo la se-
quela di sciocchezze. Il mondo sotterraneo, gli inferi, inten-
dete dire? La magia? Voi ne sapete di magia, Mastro Novedi-
ta?
Io? L'Uomo del Nord ridacchi. No. Rimugin per
un momento e poi, come ripensandoci, aggiunse: Per so
parlare con gli spiriti.
Ah, gli spiriti. Davvero? Ma ti prego. Forse loro sa-
prebbero dirci chi era l'intruso?
Temo di no. Novedita scosse la testa con aria triste, cos
che non fu chiaro se il sarcasmo di Glokta gli fosse sfuggito
o se avesse scelto di ignorarlo. In questo posto non ce n' ri-
masto nessuno ancora sveglio. Qui sono tutti addormentati,
da molto tempo.
Ah, ma certo. Perch gli spiriti vanno a letto presto.
Comincio a stancarmi di queste frottole. Venite per via di
Bethod?
Puoi ben dirlo. Stavolta fu Glokta a rimanere di sasso,
dal momento che si era aspettato un sospiro rapido, magari, e
poi un tentativo frettoloso di nascondere la verit; invece
ebbe a che fare con un'ammissione diretta. Comunque Nove-
dita non si scompose per niente. Ero il suo campione una
volta.
Campione?
Ho combattuto dieci duelli per lui.
Glokta non sapeva che dire. Avete vinto?
Sono stato fortunato.
Vi rendete conto, ovviamente, che Bethod ha invaso l'U-
nione.
S. Novedita sospir. Avrei dovuto uccidere quel ba-
stardo molto tempo fa, ma ero giovane e stupido. Ora dubito
che avr mai un'altra possibilit, ma le cose stanno cos. Bi-
sogna essere com' la parola?
Realisti, sugger Quai.
Glokta aggrott la fronte. Un momento prima era a un
passo dal capirci qualcosa, ma quell'attimo era passato e le
cose sembravano avere ancora meno senso di prima. Guard
Novedita, ma il suo viso segnato non forniva risposte, solo
altre domande. Parlare con gli spiriti? Il campione di Be-
thod pur essendo suo nemico? Aggredito da una misteriosa
donna nel cuore della notte? E neanche sa perch qui! Un
bugiardo astuto dice quanta pi verit pu, ma questo qui
dice cos tante baggianate che non so da dove cominciare.
Ah, abbiamo un ospite! Un vecchio massiccio e robu-
sto, con una barbetta grigia, era entrato nella stanza e si stava
sfregando vigorosamente la testa con un panno. Cos questo
Bayaz. L'uomo si butt sull'unica sedia rimasta, con nean-
che un briciolo della grazia che ci si sarebbe aspettati dal-
l'importante personaggio storico che era. Domando scusa,
ma stavo approfittando del bagno. Molto bello, per altro. Ho
usato la vasca tutti i giorni da quando siamo arrivati nell'A-
griont. Il lungo viaggio mi ha sporcato cos tanto che ho col-
to di buon grado l'occasione per tornare ad essere pulito. Il
vecchio si pass una mano sulla testa calva con un lievissimo
fruscio.
Glokta confront mentalmente i tratti della statua di Ba-
yaz sulla Via del Re e i tratti di quest'uomo. Non c' nulla di
inspiegabile nella somiglianza. Questo qui molto meno im-
perioso ed alto la met. Nel giro di un'ora riuscirei a tro-
vare cinque vecchi pi convincenti, anzi, con l'aiuto di un
rasoio, l'Arcilettore Sult sarebbe perfetto. Glokta lanci
un'occhiata alla pelata lucida. Chiss se l sopra si passa il
rasoio tutte le mattine
E voi siete?, domand il sedicente Bayaz.
Inquisitore Glokta.
Ah, dell'Inquisizione di Sua Maest! Siamo onorati.
Oh, no, l'onore tutto mio. Voi, dopotutto, siete il leg-
gendario Primo Mago Bayaz.
Il vecchio gli scocc un'occhiata da quei durissimi e pun-
genti occhi verdi. Leggendario, forse, un tantino troppo,
ma s, sono Bayaz.
Il vostro compagno, Mastro Novedita, mi stava proprio
raccontando i fatti di ieri sera. Una storia molto pittoresca.
Sostiene che siate stato voi a causare tutto questo.
Il vecchio sbuff. Non mia abitudine accogliere ospiti
indesiderati.
Lo vedo bene.
Ahim, ho danneggiato l'appartamento, ma l'esperienza
mi insegna che bisogna agire velocemente e in modo decisi-
vo. I pezzi potranno sempre essere raccolti in un secondo
momento.
Ma certo. Perdonate la mia ignoranza, Maestro Bayaz,
ma precisamente come stato causato il danno?
L'anziano sorrise. Capirete che non condividiamo i se-
greti del nostro ordine con chiunque, e temo di avere gi un
apprendista, rispose, indicando il giovane poco convincen-
te.
S, ci siamo presentati. Potreste allora spiegarmelo in ter-
mini semplici, cosicch possa capire?
Voi la chiamereste magia.
Magia. Capisco.
Beh, dopotutto, ci che rende famosi noi Maghi.
Mh-m. Suppongo che non possiate farmi la cortesia di
una dimostrazione, come mio privilegio
Oh, no! Il cosiddetto stregone, del tutto a proprio agio,
scoppi a ridere. Io non faccio giochi di prestigio.
Questo vecchio buffone difficile da sondare, almeno
quanto l'Uomo del Nord. Uno parla a malapena, l'altro non
sta mai zitto ma non dice niente. Devo ammettere di essere
perplesso su come questa intrusa possa essere entrata.
Glokta si guard attorno in cerca di possibili vie d'accesso.
La guardia non ha visto niente, perci per forza dalla fine-
stra.
Si trascin al buco per guardare fuori. Dove prima c'era
un balconcino restavano soltanto tronconi di roccia ma, a
parte questo, il muro liscio scendeva a picco verso l'acqua
luccicante, molto, molto pi in basso. una bella arrampi-
cata, soprattutto se si indossa un vestito da donna. impossi-
bile, non credete? Come pensate che abbia fatto, questa in-
trusa?
L'anziano sbuff. Volete che faccia il lavoro al posto vo-
stro? Forse salita dal tubo della latrina! L'Uomo del Nord
parve profondamente turbato da quella possibilit. Perch
non la catturate e lo chiedete a lei? Non siete venuto per que-
sto?
Intenso, molto intenso, la recitazione buona. Quest'aria
di innocenza ferita cos convincente che quasi mi viene da
credere a tutta questa immondizia. Quasi, ma non del tutto.
Proprio questo il problema. Non c' traccia della vostra
misteriosa donna. Non stato trovato il corpo di nessuno.
Pezzi di legno, di mobili e di pietra sono sparsi ovunque per
le strade qui sotto, ma non c' nessun cadavere, di nessun
sesso.
Il vecchio lo fiss con sguardo diretto e sulla sua fronte
cominciarono a formarsi solchi profondi. Forse il corpo
stato carbonizzato. Forse stato ridotto a pezzetti talmente
piccoli che non si vedono neanche, o forse evaporato. La
magia non sempre precisa o prevedibile, persino tra le
mani di un maestro. facile che certe cose accadano, soprat-
tutto quando sono contrariato.
Tuttavia temo di dovervi contrariare. Mi sorto il so-
spetto che voi, in realt, non siate il Primo Mago Bayaz.
Ah, s? Le sopracciglia cespugliose del vecchio si con-
giunsero al centro via via che la sua espressione si incupiva.
Devo quantomeno considerare la possibilit che
siate, intanto nella stanza era calata un'immobilit colma
di tensione, un impostore.
Un bugiardo?, chiese seccamente il supposto Mago. Il
giovane pallido chin la testa e arretr pian piano verso il
muro. Glokta si sent all'improvviso molto solo, al centro di
quelle macerie che lo circondavano, solo e sempre meno si-
curo di s, anche se continu a tenere duro.
Mi sorto il sospetto che tutta questa faccenda sia stata
organizzata per noi, come opportuna dimostrazione dei vostri
poteri magici.
Opportuna?, sibil l'anziano calvo con voce innatural-
mente alta. Opportuna, dite? Sarebbe opportuno che mi la-
sciassero dormire una notte intera senza interruzioni. Sareb-
be opportuno che mi sedessi sulla mia vecchia poltrona nel
Consiglio Ristretto. E sarebbe opportuno che la gente pren-
desse le mie parole per legge, come facevano prima, senza
farmi tutte queste dannatissime, ridicole domande!
D'un tratto, la somiglianza con la statua sulla Via del Re
era aumentata, ed eccola, quell'espressione severa di coman-
do, quel ghigno sprezzante, monito di un'ira terribile. Le pa-
role del vecchio parvero piombare addosso a Glokta, come
un grosso peso che gli tolse il fiato e minacci di farlo crolla-
re sulle ginocchia, entrandogli a forza nella testa per lasciare
soltanto un brandello di dubbio. Allora guard nuovamente il
buco nella parete. Polvere esplosiva? Catapulte? Operai?
Non esiste una spiegazione pi semplice? Come era successo
qualche giorno prima nell'ufficio dell'Arcilettore, il mondo
sembrava spostarsi attorno a lui, la sua mente scomponeva i
fatti, li considerava singolarmente e li rimetteva insieme. E
se stessero semplicemente dicendo la verit? E se
No! Glokta si costrinse a scacciare quell'idea dalla sua
mente, poi alz la testa e rivolse ai vecchio il suo caratteristi-
co ghigno. Un attore anziano con la testa rasata e dei modi
plausibili. Niente pi di questo. Se come dite, non avete
niente da temere dalle mie domande, n dalle vostre
risposte.
Il vecchio accenn un sorriso e la strana pressione si al-
legger di colpo. Il vostro candore, almeno, una ventata
d'aria fresca, Inquisitore. Senza dubbio farete tutto il possibi-
le per dimostrare la vostra teoria, per cui vi auguro buona
fortuna. Io, come avete detto, non ho nulla da temere, ma vi
chiedo di trovare una qualche prova del nostro inganno, pri-
ma di importunarci di nuovo.
Glokta fece un rigido inchino. Ci prover, disse, e fece
per andare alla porta.
Un'ultima cosa! Il vecchio stava guardando il buco nel-
la parete. Sarebbe possibile avere altri appartamenti? Qui
dentro spira un vento gelato.
Provveder.
Bene. Magari uno con meno scale. Quelle dannate cose
sono un tormento per le mie ginocchia. Davvero? Almeno
su questo siamo d'accordo.
Prima di andare, Glokta li osserv per bene un'ultima vol-
ta. Il vecchio ricambi il suo sguardo con un volto che non
tradiva nulla, mentre il ragazzo allampanato distolse gli oc-
chi nervosamente non appena si sent osservato. L'Uomo del
Nord, invece, guardava ancora la porta della latrina, molto
preoccupato. Ciarlatani, impostori, spie. Ma come provarlo?
Buongiorno, signori. Detto ci, si avvi zoppicante alle
scale, con tutta la dignit a cui riusc a fare appello.
30.

Nobilt

Dopo essersi rasato gli ultimi peli biondi sulla mascella,


Jezal risciacqu il rasoio nella ciotola e lo asciug con un
panno, poi lo richiuse per posarlo delicatamente sul tavolo,
ammirando il modo in cui la luce del sole si rifletteva sul
manico in madreperla.
Si asciug il viso, dopo di che si dedic alla sua attivit
quotidiana preferita, e cio guardarsi allo specchio. Il liscio
ovale di vetro brillante, racchiuso da una cornice di legno
scuro preziosamente intagliata, era un articolo appena impor-
tato da Visserine, un regalo di suo padre, e costituiva il con-
torno perfetto per il bell'uomo che ricambiava felice il suo
sguardo. Per la verit, la parola "bello" non gli rendeva del
tutto giustizia.
Sei una vera e propria meraviglia, eh? si disse Jezal,
sorridendo nel passarsi le dita sulla pelle liscia della mascel-
la. E che mascella! Spesso gli avevano detto che era la sua
parte migliore - non che il resto fosse brutto, ovviamente.
Gir la testa a destra, poi a sinistra, per ammirare meglio
quel mento magnifico: non era n troppo pronunciato, n
grossolano, ma neanche troppo debole, sfuggente o femmi-
neo. Una mascella da uomo, senza dubbio, con una fossetta
sul mento che esprimeva forza e autorevolezza, ma anche
sensibilit e attitudine alla riflessione. Ne era mai esistita una
cos? Forse soltanto qualche re, oppure l'eroe di qualche leg-
genda ne aveva avuta una simile alla sua, anche se non altret-
tanto perfetta. Era una mascella da nobile, chiaramente. Nes-
sun plebeo avrebbe mai potuto avere un mento cos superbo.
Doveva averlo ereditato dalla famiglia materna, visto che
suo padre aveva un mento piuttosto debole; anche i suoi fra-
telli ce l'avevano, ora che ci pensava. Poveri, non era mica
colpa sua se era stato lui a ricevere tutti i tratti migliori della
famiglia.
E anche gran parte del talento, mormor compiaciuto.
Si allontan dallo specchio un po' a malincuore e mentre an-
dava in salotto si infil la casacca, abbottonandosela sul da-
vanti. Doveva mostrarsi al meglio e quel pensiero gli fece
venire un piccolo groppo d'ansia allo stomaco, che risalendo
gli si blocc in gola.
A quell'ora un flusso di gente si stava riversando dalle
porte aperte dell'Agriont per prendere posto sulle enormi gra-
dinate di legno nella Piazza dei Marescialli. Migliaia di per-
sone, tra le quali c'erano tutte le figure di spicco e un sacco
di gente comune, si stavano facendo strada verso i propri po-
sti, con quel vociare tipico di una folla eccitata. E tutti aspet-
tavano lui. Jezal tossicchi, cercando di scacciare quella
consapevolezza dalla sua mente, ma era rimasto sveglio a ri-
muginarci gi met della notte.
And al tavolo, sul quale era posato il vassoio della cola-
zione, e prese distrattamente una salsiccia con la punta delle
dita, ne morse un pezzo, lo mastic senza gusto, poi lo fece
ricadere nel piatto con una smorfia, visto che non aveva ap-
petito quella mattina. Mentre si puliva le dita sul tovagliolo,
not qualcosa per terra davanti alla porta, un bigliettino. Si
pieg a raccoglierlo e lo apr, trovandovi una riga soltanto,
scritta con una grafia ordinata e precisa:

Ci vediamo stanotte alla statua di Harod il Grande,


accanto ai Quattro Angoli,
A.

Merda, mormor incredulo, leggendo e rileggendo. Pie-


g il bigliettino e si guard attorno nervosamente. Conosce-
va una sola "A.", e sebbene l'avesse messa da parte negli ulti-
mi due giorni, avendo passato ogni momento libero ad alle-
narsi, quell'unica riga bast a riportargli alla mente tutto
quanto.
Merda! Riapr il bigliettino e lo rilesse. "Ci vediamo
stanotte?" All'inizio non pot evitare di arrossire un poco per
la soddisfazione, ma dopo quel rossore divenne una vera e
propria vampa di piacere, e suo malgrado sorrise come un
cretino. Incontri segreti nell'oscurit? Prospettiva eccitante
Ma i segreti trovano sempre il modo di venire a galla, e che
sarebbe successo se suo fratello l'avesse scoperto? La cosa
gli provoc ancora pi angoscia. Prese il foglietto di carta
con entrambe le mani, pronto a strapparlo, ma all'ultimo mo-
mento ci ripens e se lo lasci scivolare in tasca.

Gi percorrendo la galleria Jezal poteva sentire l'eco di


uno strano mormorio che pareva scaturire dalla pietra stessa:
la folla. L'aveva gi sentito l'anno prima, s, ma da spettatore,
e far parte del pubblico molto diverso che far parte dello
spettacolo. Allora non aveva sudato freddo e lo stomaco non
gli si era rivoltato come adesso.
Rallent il passo per un momento prima di fermarsi del
tutto, poi chiuse gli occhi e si appoggi al muro, mentre il
ruggito della calca gli rombava nelle orecchie. Cerc quindi
di fare un respiro profondo per darsi un contegno.
Non preoccuparti, so bene come ti senti. West gli pos
una mano sulla spalla per consolarlo. La prima volta stavo
per darmela a gambe, ma passer non appena avrai sguainato
le spade, fidati.
S, rispose Jezal, certo. Ma aveva i suoi dubbi che
West sapesse con esattezza come si sentiva in quel momento.
Il Maggiore poteva anche aver partecipato a un paio di Tor-
nei, ma non aveva avuto un appuntamento segreto con la so-
rella del suo migliore amico la notte stessa della gara. Jezal
si chiese se sarebbe stato altrettanto premuroso con lui sa-
pendo il contenuto del biglietto che aveva nel taschino, e de-
cise di no.
Meglio muoversi. Non vorrei che cominciassero senza di
noi.
No. Jezal fece un ultimo respiro profondo, prima di
aprire gli occhi e buttare fuori tutta l'aria che aveva in corpo,
dunque si scost dal muro e percorse rapidamente il resto
della galleria. D'improvviso fu colto dal panico: dov'erano le
sue spade? Le cerc disperatamente attorno a s, ma vedendo
che le aveva in mano tir un lungo sospiro di sollievo.
Nella sala in fondo alla galleria s'era radunata una folla
piuttosto consistente di allenatori, secondi, amici, famiglie e
curiosi, ma i concorrenti si riconoscevano subito: erano i
quindici giovani con le spade strette tra le mani. La fifa era
palpabile e contagiosa. Ovunque Jezal guardasse vedeva fac-
ce pallide e nervose, fronti sudate e occhi ansiosi che non
stavano mai fermi. E il fragore del pubblico, ondeggiante e
minaccioso come un mare in tempesta, assordante bench le
doppie porte della sala fossero chiuse, non aiutava certo a
tranquillizzarli.
Solo un uomo non sembrava affatto toccato dalla situazio-
ne e se ne stava tutto solo con un piede e la schiena appog-
giati al muro; teneva la testa inclinata all'indietro e guardava
con gli occhi semichiusi il gruppo di gente davanti a s. Qua-
si tutti i concorrenti erano asciutti, agili e atletici, ma lui ave-
va tutt'altro tipo di corporatura: era nerboruto e massiccio,
portava i capelli scuri rasati sulla testa e aveva un collo tauri-
no che sorreggeva una poderosa mascella. La mascella di un
plebeo, pens Jezal, ma un plebeo grande e grosso con una
punta di cattiveria in s. Avrebbe potuto scambiarlo per il
servo di qualcuno, ma poi vide un paio di lame penzolargli
mollemente da una mano.
Gorst, gli sussurr West all'orecchio.
Ah. Mi sembra pi uno stalliere che uno spadaccino.
Forse, ma le apparenze ingannano. Il boato della folla
si affievol pian piano, cos come il chiacchiericcio nervoso
che aleggiava nella stanza. West sollev le sopracciglia. Il
discorso del Re, sussurr.
Amici miei! Miei compatrioti! Miei concittadini dell'U-
nione!, cominci una voce squillante, chiaramente udibile
anche al di l delle spesse porte.
Hoff, sbuff West. Persino qui prende il posto del Re.
Ma perch non si mette la corona e la fa finita una volta per
tutte?
Un mese fa, in questo stesso giorno, continu l'urlo di-
stante del Lord Ciambellano, i miei colleghi del Consiglio
Ristretto mi hanno rivolto una domanda: " il caso di orga-
nizzare il Torneo quest'anno?" Il pubblico cominci a fi-
schiare e urlare tutta la sua disapprovazione. Domanda leci-
ta!, prosegu Hoff, poich siamo in guerra! Una guerra al-
l'ultimo sangue contro il Nord! Le libert a cui tanto teniamo
e che tutto il mondo ci invidia, il nostro stesso stile di vita,
sono minacciati da questi selvaggi!
Un addetto cominci a fare il giro della stanza per separa-
re i partecipanti dalle famiglie, dagli allenatori e dagli amici.
Buona fortuna, gli augur West, dandogli una pacca sulla
spalla. Ci vediamo l fuori. Ma Jezal pot solo annuire,
perch aveva la bocca troppo secca per rispondere.
E coloro che mi hanno rivolto questa domanda erano tut-
ti uomini coraggiosi!, tuon la voce di Hoff all'esterno.
Saggi! Patrioti! Colleghi sostenitori del Consiglio Ristretto!
Io ho compreso il loro timore nell'organizzare il Torneo que-
st'anno! Ci fu una lunga pausa. Eppure, ho detto loro:
"no"!
Gli applausi esplosero di colpo, frenetici. No! No!, gri-
dava la folla. Jezal venne invitato a mettersi in fila assieme
agli altri partecipanti, che tutti insieme formavano otto cop-
pie. Esamin le proprie spade intanto che il Lord Ciambella-
no continuava a parlare, bench le avesse gi controllate una
ventina di volte.
No, ho detto loro! Dovremmo forse consentire a questi
barbari, questi animali del gelido Nord, di calpestare il no-
stro stile di vita? Dovremmo lasciare che questo faro di liber-
t, che brilla nell'oscurit del mondo, si estingua? No, ho det-
to loro! La nostra libert non in vendita, a nessun prezzo!
Ma di questo, amici miei, miei compatrioti, miei concittadini
dell'Unione, di questo potete star sicuri: noi vinceremo que-
sta guerra!
Un'altra grande ondata d'acclamazioni. Jezal deglut ner-
vosamente, si guard intorno e vide che Bremer dan Gorst
era proprio accanto a lui; quel grosso bastardo ebbe l'audacia
di fargli l'occhiolino e sorridergli come se non avesse una
sola preoccupazione al mondo. Dannato idiota, borbott,
ma fece particolare attenzione a che le sue labbra non si
muovessero.
Dunque, amici miei, url Hoff, il cui discorso era quasi
terminato, quale occasione migliore di questa, con il perico-
lo che incombe su di noi? Quale occasione migliore per cele-
brare l'abilit, la forza, la prodezza di alcuni dei figli pi co-
raggiosi della nostra nazione? Miei compatrioti, miei concit-
tadini dell'Unione, io vi dono i vostri partecipanti!
Le porte furono spalancate e il ruggito degli spettatori in-
vase la sala, talmente assordante e improvviso da far tremare
i travetti del soffitto. La prima coppia di schermitori si spinse
fuori oltre l'arco luminoso, seguita dalla seconda coppia, poi
dalla terza, dalla quarta, e via dicendo. Jezal era certo che se
ne sarebbe rimasto impalato l, terrorizzato come un coni-
glio, ma quando venne il suo turno si sent marciare al fianco
di Gorst, finch i tacchi dei suoi lucidissimi stivali, battendo
sul pavimento piastrellato, non oltrepassarono l'alta porta
d'uscita.
La Piazza dei Marescialli era irriconoscibile. Gli enormi
spalti brulicanti di gente erano stati eretti lungo tutto il mar-
gine, e si spandevano da tutti i lati sia in altezza che in lar-
ghezza. I partecipanti procedettero in fila verso il centro di
quella grande arena, in tutto simile a una valle scavata tra le
montagne, fiancheggiata da ombrose foreste di travi, mon-
tanti e sostegni grossi come tronchi d'albero. Dritto davanti a
loro, in apparenza molto distante, era stato disposto il cer-
chio dove avrebbero combattuto: un anellino d'erba ingiallita
in mezzo a un mare di volti.
Verso le prime file Jezal poteva distinguere i visi dei ric-
chi e dei nobili. Tutti vestiti al meglio, si schermavano gli
occhi dalla luce del sole e in generale sembravano aristocra-
ticamente disinteressati allo spettacolo che stava avendo luo-
go di fronte a loro. Pi indietro e pi in alto, le figure erano
meno distinte, i vestiti meno costosi, e quasi tutti i presenti
apparivano come macchioline o puntini di colore, accalcati
com'erano lungo i bordi lontani di quella vertiginosa struttu-
ra. Tuttavia i popolani compensavano la distanza facendo
sentire le loro grida d'entusiasmo, sbracciandosi, cercando di
alzarsi in punta di piedi per vedere meglio. Infine, al di sopra
di tutto, come scogli nell'oceano, spuntavano i tetti e le mura
degli edifici pi grandi che circondavano la piazza, alle cui
finestre e balconi stavano affacciati altri minuscoli spettatori.
Jezal non aveva mai visto tanta gente tutta insieme. Una
parte di s era cosciente di starsene l a bocca aperta, ma lo
stupore era troppo grande e non riusciva a controllarsi. Male-
dizione, gli era venuta la nausea. Avrebbe dovuto mettere
qualcosa sotto i denti prima, lo sapeva, ma ormai era troppo
tardi. E se avesse vomitato proprio l, davanti a mezzo mon-
do? Quel pensiero gli fece tornare la sensazione di panico as-
soluto che aveva sentito prima. Dov'erano le sue spade?
Dove le aveva lasciate? Ce le aveva in mano, in mano. La
folla ruggiva, sospirava, urlava, con una miriade di voci dif-
ferenti.
I partecipanti iniziarono ad allontanarsi dal cerchio. Non
tutti avrebbero combattuto quel giorno, anzi gran parte di
loro avrebbe soltanto guardato - come se ci fosse stato biso-
gno di altri spettatori -, cos procedettero verso le prime file.
Jezal invece per sua grande sfortuna si diresse verso le zone
recintate dove gli schermitori si preparavano a combattere.
Si accasci pesantemente accanto a West, chiuse gli occhi
e si asciug la fronte sudata, con la folla che continuava im-
perterrita a gridare attorno a lui. Tutto era troppo luminoso,
troppo rumoroso, troppo soverchiante. Il Maresciallo Varuz
era l accanto, sporto dalle staccionate per urlare qualcosa al-
l'orecchio di qualcuno. Dall'altra parte dell'arena c'era la tri-
buna reale, che Jezal prese a fissare nella vana speranza di
distrarsi.
Sua Maest il Re sembra si stia divertendo, gli sussurr
West all'orecchio.
A-ha. Il Re, infatti, sembrava gi dormire della grossa,
tanto che la corona gli era scivolata di traverso sulla testa. Je-
zal si chiese oziosamente che cosa sarebbe successo se gli
fosse caduta.
C'era anche il Principe Ereditario Ladisla, che era vestito
come sempre in modo favoloso e sorrideva raggiante verso
l'arena, come se tutti fossero venuti esclusivamente per lui.
Suo fratello minore, il Principe Raynault, che non poteva
avere un aspetto pi diverso dal suo, sedeva in modo posato
e sobrio, osservando suo padre addormentato con una faccia
preoccupata, Accanto a loro, dritta come un fuso e con il
mento all'ins, sedeva la madre, la Regina; la povera donna
si sforzava di far finta che il suo nobilissimo consorte fosse
sveglio e la corona non fosse sul punto di caderle in grembo
da un momento all'altro. Tra lei e Lord Hoff c'era poi una
giovane donna, la cui bellezza non sfugg a Jezal. Indossava
vestiti ancora pi preziosi di quelli di Ladisla, se possibile, e
sul suo collo spiccava una collana di diamanti enormi che
baluginavano al sole.
Chi quella?, chiese Jezal.
Ah, la Principessa Terez, mormor West. La figlia del
Granduca Orso, Lord di Talins. Dicevano che fosse stupenda,
e pare che per una volta le voci non esagerassero.
Ma come, non si dice che da Talins non venga mai nien-
te di buono?
Cos sapevo pure io, ma penso che lei rappresenti l'ecce-
zione, non sei d'accordo? Jezal non era poi tanto convinto.
Per essere bella, era bella, ma aveva negli occhi una fierezza
gelida. Credo che la Regina abbia in mente di darla in sposa
al Principe Ladisla. L'Erede al Trono si sporse in avanti per
guardare oltre la madre ed elargire alla Principessa qualche
sciocchezza priva di spirito, poi scoppi a ridere per la sua
stessa battuta, schiaffeggiandosi allegramente il ginocchio.
Lei gli rispose con un sorrisino glaciale, che irradiava un di-
sprezzo inequivocabile persino da lontano, eppure Ladisla
non parve accorgersene nemmeno. Ma l'attenzione di Jezal
fu presto attirata da un'altra cosa, da un uomo alto, con una
lunga veste rossa, che si stava portando lentamente verso il
cerchio. L'arbitro.
ora, disse West.
L'uomo sollev il braccio con un gesto teatrale e alz due
dita, poi gir pian piano su se stesso in attesa che il baccano
cessasse. Quest'oggi avrete il piacere di assistere a due in-
contri di scherma!, tuon tra il frastuono eccitato della fol-
la, prima di alzare tre dita dell'altra mano. Ciascuno al me-
glio di tre tocchi! Sollev quindi entrambe le braccia.
Quattro uomini combatteranno oggi di fronte a voi! Due se
ne torneranno a casa a mani vuote, e abbass un braccio,
scuotendo la testa con aria triste, mentre la folla sospirava.
Ma due passeranno al prossimo turno! La risposta del pub-
blico fu entusiastica.
Pronto?, gli chiese il Maresciallo Varuz, piegandosi so-
pra la sua spalla.
Che domanda idiota. E se non lo fosse stato? Avrebbero
sospeso il Torneo? Scusate tanto, signori, ma non sono pron-
to. Ci vediamo l'anno prossimo. Ma Jezal disse soltanto:
Mh-mh.
E ora il momento, grid l'arbitro, girando pian piano
al centro dell'arena, del primo combattimento!
La giubba!, fece brusco Varuz.
Ah. Jezal armeggi coi bottoni e se la tolse, prima di
arrotolarsi meccanicamente le maniche della casacca. Osser-
v con la coda dell'occhio il suo avversario fare altrettanto;
era un giovane alto, magro e dalle braccia lunghe, con occhi
remissivi e lucidi: di gran lunga l'avversario dall'aria meno
temibile. Jezal not che, mentre prendeva le spade dal suo
secondo, gli tremavano un poco le mani.
Allenato da Sepp dan Vissen, da Rostod nello Stari-
kland, l'arbitro fece una pausa ad effetto, Kurtis dan
Broya! Gli applausi scrosciarono, ma Jezal sbuff, poich
era chiaro che quei buffoni avrebbero applaudito chiunque.
Il giovane alto si alz dalla sedia per dirigersi con passo
deciso verso il cerchio, con le lame a baluginare alla luce del
sole. Broya!, ripet l'arbitro, intanto che l'idiota scheletrico
prendeva posto. West estrasse le spade dai foderi e il fruscio
metallico rivolt di nuovo lo stomaco di Jezal.
L'arbitro indic ancora la zona recintata dei partecipanti.
E il suo avversario di oggi! Ufficiale della Guardia del Re,
allenato da nientemeno che il Lord Maresciallo Varuz! Ci fu
qualche applauso e il vecchio soldato sorrise di felicit. Da
Luthar nel Midderland, ma residente qui nell'Agriont il
Capitano Jezal dan Luthar! Altri applausi, ma molto pi en-
tusiastici di quelli che avevano accolto Broya, furono accom-
pagnati all'istante da grida acute, numeri urlati da persone
che facevano scommesse sull'incontro. Alzandosi, Jezal fu
travolto nuovamente dalla nausea.
Buona fortuna. West gli porse le spade snudate dalla
parte dell'elsa.
Non gli serve la fortuna!, berci Varuz. Questo Broya
non nessuno! Solo, sta' attento al suo affondo. Incalzalo,
Jezal, fagli pressione!
Pareva che non dovesse raggiungerlo pi quel cerchio
secco d'erba rasa, tanto sembrava lontano. Lo strepito della
folla era fragoroso, ma il battito del suo cuore faceva pi
baccano e lui continuava a girarsi e rigirarsi le else delle spa-
de nei palmi sudati. Luthar!, ribad l'arbitro con un sorriso,
vedendolo arrivare.
Uno stormo di domande inutili prese ad affollargli la men-
te: Ardee lo stava guardando da qualche parte in mezzo a tut-
ta quella gente? Si stava forse chiedendo se sarebbe andato al
loro appuntamento quella notte? Sarebbe morto in guerra?
Come avevano fatto a portare quella chiazza rotonda di prato
in mezzo alla Piazza dei Marescialli? Lanci uno sguardo a
Broya e si chiese se anche lui si sentisse allo stesso modo.
Mentre prendeva posto nel cerchio, piantando per bene i pie-
di nella terra arida, Jezal sent il peso opprimente del silenzio
che avvolgeva la piazza. Broya scroll le spalle, scosse la te-
sta, sollev le lame. Jezal invece doveva pisciare come non
mai. E se si fosse pisciato sotto adesso? Una grossa macchia
scura che si allargava sui cavallo dei suoi pantaloni. Sarebbe
passato alla storia come l'uomo che se l'era fatta sotto al Tor-
neo. Non avrebbe mai dimenticato la figuraccia, neanche in
cent'anni.
Cominciate!
Eppure non se la fece sotto. Lui e Broya rimasero immo-
bili, fronteggiandosi con lo sguardo, con le spade alla mano.
Jezal doveva grattarsi un sopracciglio, ma come poteva farlo
in quel momento? L'avversario si inumid le labbra, fece un
passo cauto alla sua sinistra e Jezal lo imit. Allora i due co-
minciarono a girare l'uno attorno all'altro per studiarsi, men-
tre nell'aria si sentiva solo il dolce scricchiolio delle loro
scarpe sull'erba secca. Si avvicinarono lentamente, molto
lentamente, e man mano che lo facevano il mondo di Jezal si
restrinse allo spazio compreso tra le punte delle loro spade
lunghe. A separarle adesso c'era soltanto un passo, un piede,
sei pollici La sua mente si focalizz del tutto sulle due
estremit di metallo scintillante. Tre pollici. All'improvviso,
Broya fece un debole affondo, che Jezal riusc a deviare
come d'istinto.
Le lame risuonarono sommessamente nel toccarsi e, quasi
fosse un segnale prestabilito tra tutte le persone presenti nel-
l'arena, le urla ricominciarono. Dapprima erano poche e spar-
se:
Uccidilo, Luthar!
S!
Affonda! Affonda!
Ma ben presto tornarono a mescolarsi nel rombo generale,
simile a un mare in tempesta che si gonfiava e si ritraeva a
seconda dei movimenti compiuti all'interno del cerchio.
Pi vedeva combattere quello smilzo idiota, pi il corag-
gio cresceva dentro di lui e l'ansia scemava. Broya fece un
affondo maldestro, che lui schiv muovendosi appena, allora
l'altro prov un impacciato colpo di taglio, che Jezal par
senza sforzo alcuno. L'imbranato tent una stoccata, ma era
tutto sbilanciato e il colpo lo port troppo in avanti, cos Je-
zal lo aggir, affondandogli nelle costole la punta smussata
della spada lunga. Un gioco da ragazzi.
Uno a zero per Luthar!, grid l'arbitro, provocando un
maremoto di acclamazioni da tutti gli spalti. Jezal sorrise
crogiolandosi nell'entusiasmo della folla e pens che Varuz
aveva ragione, davvero quel babbeo non era nessuno. Un al-
tro tocco e sarebbe passato al prossimo turno.
Torn al suo posto. Broya fece altrettanto mentre si mas-
saggiava il costato e guardava Jezal come se volesse ammaz-
zarlo, ma lui non si lasci intimidire. Se non vali un acciden-
te come schermitore, le occhiate omicide non ti servono a
niente.
Cominciate!
Stavolta si avvicinarono subito e si scambiarono un paio
di colpi. Jezal non poteva credere alla lentezza del suo avver-
sario, era come se le sue lame pesassero una tonnellata cia-
scuna. Broya si ciment in una serie di colpi con la spada
lunga, cercando di sfruttare il suo allungo per inchiodare Je-
zal, ma tutti i suoi tentativi andarono a vuoto. Fino a quel
momento non aveva usato molto la spada corta, segno che
non sapeva coordinarle entrambe, e cosa ancora peggiore,
iniziava ad essere a corto di fiato, bench l'incontro fosse co-
minciato solo da un paio di minuti. Ma si era allenato o no,
questo bifolco? Oppure avevano preso un servo a caso per
strada, giusto perch i partecipanti veri erano pochi? Jezal
scart con un balzo, danzando attorno all'avversario, il quale,
caparbio ma incompetente, si affann a seguire il suo movi-
mento. Iniziava ad essere imbarazzante. Nessuno si gode uno
scontro impari, e la goffaggine di quel somaro stava impe-
dendo a lui di risplendere.
Oh, e dai!, grid. Uno scoppio di risate percorse gli
spalti. Broya strinse i denti e si fece sotto con tutta la forza e
la furia che aveva, ma non bastarono. Jezal devi i suoi flebi-
li colpi, li aggir spostandosi leggiadro all'interno del cer-
chio, mentre quel pasticcione senza cervello cercava di an-
dargli dietro, rigido come un pezzo di legno, sempre tre passi
dietro di lui. Non aveva precisione, n rapidit, n giudizio.
E pensare che, fino a pochi minuti prima, Jezal era terroriz-
zato dall'idea di combattere contro quell'idiota allampanato.
Ora invece si stava quasi annoiando.
Ah!, grid, e pass improvvisamente al contrattacco.
Con un selvaggio colpo di taglio, colse Broya impreparato e
lo fece barcollare all'indietro, al che la folla si ravviv all'i-
stante con un ruggito d'approvazione. Jezal fece un affondo
dopo l'altro con terribile rapidit e, sebbene l'altro tentasse
disperatamente di bloccarlo, l'equilibrio non era proprio il
suo forte, sicch par un'ultima volta, vacill all'indietro e
infine cadde, agitando senza grazia le braccia e lasciandosi
sfuggire di mano la lama corta. Era finito col culo per terra
fuori dal cerchio.
Il pubblico scoppi a ridere e Jezal non pot fare a meno
di unirsi a loro. Quel povero idiota faceva sbellicare dalle ri-
sate, buttato per terra a gambe all'aria come una specie di tar-
taruga.
Il Capitano Luthar vince!, rugg l'arbitro. Due a zero!
Le risate divennero vere e proprie prese in giro mentre Broya
si girava per tirarsi in piedi probabilmente sull'orlo di una
crisi di pianto, povero babbeo. Jezal si fece avanti e gli offr
la mano, ma non fu in grado di togliersi quel mezzo sorriset-
to dalla faccia. L'avversario sconfitto ignor di proposito il
suo aiuto e si rialz da solo, scoccandogli uno sguardo a
met tra il risentito e l'afflitto.
Jezal scroll le spalle con leggerezza. Non mica colpa
mia se fai cagare!

Ancora? Kaspa si allung con la bottiglia stretta in una


mano malferma e aveva gli occhi annebbiati dal troppo bere.
No, grazie, gli rispose Jezal, allontanando delicatamen-
te la bottiglia prima che Kaspa avesse modo di versare. Per
quanto ubriaco, l'amico parve un momento perplesso, poi si
rivolse a Jalenhorm.
Ancora?
Sempre. L'omone fece scivolare il bicchiere sul ruvido
tavolo di legno, in un modo che pareva dire: "Non sono
sbronzo", bench lo fosse palesemente. Kaspa abbass la
bottiglia sulla coppa, ma doveva avere difficolt a vederla
bene, come se fosse lontanissima. Jezal ne osserv il collo
tremolare, sospeso sul bordo del bicchiere, su cui poi si pos
con un tintinnio. Fu quasi inevitabile che il vino si riversasse
sul tavolo e andasse a finire sui pantaloni di Jalenhorm.
Sei sbronzo!, si lament l'omone, prima di alzarsi vacil-
lante, rovesciando lo sgabello dietro di s, per cercare di pu-
lirsi i vestiti con quelle grosse mani rese malferme dall'ubria-
chezza. Gli altri clienti guardarono il loro tavolo con eviden-
te disprezzo.
Sempre, ridacchi Kaspa.
West alz momentaneamente gli occhi dal suo bicchiere.
Siete sbronzi tutti e due.
Non colpa nostra, si difese Jalenhorm, mentre cercava
di ritirare su lo sgabello. lui! Indic Jezal con un dito
che non stava fermo.
Ha vinto!, ridacchi Kaspa. Hai vinto, no, e ora dob-
biamo festeggiare!
Ma Jezal avrebbe voluto che festeggiassero in modo pi
sobrio, perch lo stavano facendo vergognare.
Mia cugina Ariss c'era oggi e ha visto tutto. rimasta
impressionata. Kaspa mise un braccio attorno alla spalla di
Jezal. Mi sa che stracotta di te stracotta stracotta.
Accost le labbra umide alla sua faccia nel cercare di pro-
nunciare bene la parola. ricca sfondata, sai, ricchissima.
Stracotta.
Jezal storse il naso. Non nutriva alcun interesse per quella
sempliciotta evanescente, per quanto ricca, e poi a Kaspa
puzzava il fiato. Bene fantastico. Si divincol dal Te-
nente e lo respinse in modo niente affatto gentile.
Allora, quando cominciamo con questa faccenda del
Nord?, domand Brint a voce un po' troppo alta, come se
lui per primo non vedesse l'ora di mettersi all'opera. Speria-
mo presto. Saremo a casa prima dell'inverno, eh, Maggiore?
Mh, sbuff West accigliandosi, di questo passo, sare-
mo fortunati a partire prima dell'inverno.
Brint parve piuttosto sorpreso. Beh, quando partiamo
partiamo, ma sono certo che daremo una bella lezione a que-
sti selvaggi.
Bella lezione!, grid Kaspa.
Gi. Jalenhorm annu.
West per non era dell'umore adatto. Io non ne sarei tan-
to sicuro. Avete visto in che stato sono alcune delle reclute?
A malapena camminano, figuriamoci combattere. una cata-
strofe.
Jalenhorm accanton l'obiezione con un gesto d'irritazio-
ne. Non sono nient'altro che selvaggi di merda, tutti quanti!
Gli romperemo il culo, come ha fatto oggi Jezal con quell'i-
diota, non vero? Saremo a casa prima dell'inverno, lo dico-
no tutti!
Conosci quelle terre?, chiese West, sporgendosi sul ta-
volo. Foreste, montagne, fiumi a non finire. Pochissimi spa-
zi aperti su cui combattere, pochissime strade adatte alla
marcia. Li devi prendere, prima di dargli la tua bella lezione.
A casa prima dell'inverno? L'inverno prossimo, forse, se ci
arriviamo vivi.
Gli occhi di Brint erano sgranati, terrorizzati. Non dirai
mica sul serio!
No no, hai ragione. West sospir e cerc di darsi un
contegno. Sono certo che tutto si risolver per il meglio.
Gloria e promozioni per tutti. Saremo a casa prima dell'in-
verno. Ma se fossi in te, io mi porterei una giubba pesante,
non si sa mai.
Un silenzio imbarazzato scese sul gruppo. West aveva sul
viso quell'espressione aggrottata che aveva certe volte, quella
che pareva dire: "Per stasera, ho finito di divertirmi", mentre
Brint e Jalenhorm sembravano smarriti e di malumore. Sol-
tanto Kaspa era ancora felice e contento, e se ne stava a cion-
dolare sulla sedia con gli occhi mezzi chiusi, beatamente in-
consapevole di ci che gli capitava intorno.
Bella festa.
Jezal si sentiva stanco, contrariato e preoccupato per mol-
te cose: il Torneo, la guerra Ardee. La lettera era ancora al
sicuro nella sua tasca. Lanci un'occhiata furtiva a West, ma
distolse subito lo sguardo. Maledizione, si sentiva in colpa,
forse per la prima volta in vita sua, e la sensazione non gli
piaceva neanche un po'. Se non si fosse presentato all'appun-
tamento, l'avrebbe lasciata l da sola, ma se fosse andato
avrebbe infranto la parola data a West. In entrambi i casi, il
senso di colpa l'avrebbe tormentato. Era un bel dilemma. Je-
zal si mordicchi l'unghia del pollice. Ma che diavolo c'era
che non andava in quella dannata famiglia?
Beh, io devo proprio andare, annunci brusco West.
Domani mi alzo presto.
Mmmh, fece Brint.
Va' pure, aggiunse Jalenhorm.
Poi West guard Jezal diritto negli occhi. Posso dirti una
parola? La sua espressione era seria, grave, addirittura ar-
rabbiata, e il cuore di Jezal sprofond. Che avesse scoperto
della lettera? Che Ardee gli avesse detto tutto? Il Maggiore si
gir per dirigersi verso un angolo appartato, ma Jezal indu-
gi, guardandosi intorno in cerca di una via d'uscita.
Jezal!, lo chiam West.
S, s. Si alz con estrema riluttanza e segu il suo ami-
co, ostentando quello che sperava fosse un sorriso innocente.
Forse non riguardava Ardee, ma un'altra cosa. Fa' che non
riguardi Ardee.
Non voglio che nessun altro lo sappia West si accert
che nessuno li stesse guardando. Jezal deglut nell'attesa di
ricevere un pugno in piena faccia, come minimo uno. Nessu-
no gli aveva mai dato un pugno come si deve, anche se una
ragazza l'aveva schiaffeggiato per bene una volta, ma non era
la stessa cosa. Si prepar meglio che pot, serr i denti e fece
una piccola smorfia. Burr ha fissato una data. Abbiamo
quattro settimane.
Jezal lo fiss interdetto. Che?
Fino all'imbarco.
Imbarco?
Per l'Angland, Jezal!
Ah, s l'Angland, ovviamente. Quattro settimane,
dici?
Pensavo che dovessi saperlo, per darti modo di preparar-
ti, visto che sei occupato con il Torneo. Tienitelo per te,
per.
S, ma certo. Si asciug la fronte sudata.
Stai bene? Sembri pallido
S, s, sto benone. Fece un respiro profondo. Tutte
queste emozioni, sai, la scherma e tutto il resto.
Tranquillo, sei stato bravo oggi, gli disse, dandogli una
pacca sulla spalla. Ma c' ancora del lavoro da fare. Altri tre
duelli, e poi potrai dirti un campione, ma sar sempre pi dif-
ficile. Non impigrirti, Jezal, e non ubriacarti troppo!, con-
cluse gi di spalle, avviandosi alla porta. Jezal fece un lun-
ghissimo sospiro di sollievo e ritorn al tavolo dove erano
seduti gli altri. Il suo naso era ancora tutto intero.
Brint aveva gi cominciato a lamentarsi, ora che era sicu-
ro che West non sarebbe ritornato. Che diavolo era quella
storia?, chiese con uno sguardo duro, puntando il pollice
verso la porta. Voglio dire, che cavolo, so che lui dovrebbe
essere l'eroe e tutto il resto, ma voglio dire!
Jezal lo fiss. Beh, che vuoi dire?
Insomma, parlare in quel modo! un disfattista!
Ora che l'alcool gli stava dando coraggio, iniziava a scaldarsi
un po' troppo. beh, voglio dire da codardi parlare
in quel modo!
Ehi, senti un po', Brint, ribatt Jezal, si fatto tre bat-
taglie campali ed stato il primo a superare la breccia di Ul-
rioch! Non sar un nobile, ma un uomo con un coraggio
che tutti si sognano! Oltre al fatto che conosce il suo mestie-
re, conosce il Maresciallo Burr e conosce l'Angland! Tu in-
vece che conosci, Brint? Jezal curv le labbra. A parte il
modo di perdere a carte e svuotare una bottiglia di vino?
Un uomo che sa questo non ha bisogno d'altro, a casa
mia, rise nervosamente Jalenhorm, nel tentativo di calmare
gli animi. Ancora vino!, grid a nessuno in particolare.
Jezal croll sulla sedia. Se la compagnia era gi depressa
prima che West andasse via, adesso lo era ancora di pi.
Brint aveva messo su il broncio, Jalenhorm si dondolava sul-
lo sgabello, Kaspa si era addormentato sul tavolo bagnato e
russava sommessamente.
Scol il bicchiere e pos lo sguardo su quelle facce scure.
Accidenti che noia. Soltanto adesso cominciava a rendersi
conto che solo uno sbronzo pu trovare interessante una con-
versazione tra ubriachi, e che qualche bicchiere di vino in
pi pu trasformare degli imbecilli insopportabili in diver-
tenti compagni di bevute. Si chiese se anche lui da ubriaco
fosse noioso quanto Kaspa, o Jalenhorm, o Brint.
Guard il bastardo immusonito con un sorrisetto. Se fosse
stato Re, fantastic, avrebbe condannato a morte i colpevoli
di conversazione noiosa, o almeno li avrebbe sbattuti in gale-
ra a vita. Dopo un po' si alz.
Jalenhorm lo guard con tanto d'occhi. Dove vai?
Meglio che mi faccia qualche ora di sonno. Devo alle-
narmi domani, rispose gelido. Ringraziassero il cielo che
non si era defilato senza dire una parola.
Ma hai vinto! Non vuoi festeggiare?
solo il primo turno. Devo battere ancora altri tre avver-
sari, e saranno tutti pi bravi di quel coglione di oggi. Prese
la giubba dallo schienale della sedia e se la infil.
Fa' un po' tu, comment Jalenhorm, risucchiando il
vino dal bicchiere.
Kaspa sollev la testa dal tavolo un momento, mostrando
come il vino gli aveva incollato i capelli da una parte. Gi
vai?
Ah-a, e usc dalla taverna.
Per strada soffiava un vento gelido che lo fece sentire pi
sobrio di prima, in modo quasi doloroso. Aveva un dannato
bisogno della compagnia di qualcuno con un po' di cervello,
ma dove poteva trovarlo a quell'ora della notte? Gli venne in
mente solo un posto.
Tir fuori il bigliettino dalla tasca e lo lesse ancora una
volta, alla luce fioca delle finestre della taverna. Se si fosse
sbrigato avrebbe ancora potuto raggiungerla. Cominci a
camminare lentamente verso i Quattro Angoli. Solo per par-
lare, tutto qua. Aveva bisogno di scambiare quattro chiac-
chiere con qualcuno
No. Si obblig a fermarsi. Poteva davvero far finta di vo-
ler essere solo suo amico? L'amicizia tra uomo e donna
quella che nasce dopo che uno dei due andato dietro all'al-
tro per tanto tempo senza mai ottenere nulla, e lui non era in-
teressato a portare la situazione a quel livello.
A cosa era interessato, allora? Al matrimonio? Con una
che non aveva n lignaggio n denaro? Impensabile! Imma-
gin di presentare Ardee alla sua famiglia. Ecco mia moglie,
padre! Moglie? E di chi figlia? Rabbrivid al solo pensiero.
Si poteva trovare, magari, qualcosa a met tra il matrimo-
nio e l'amicizia? Una situazione che sarebbe andata bene a
entrambi? I suoi piedi ripresero pian piano a muoversi. Non
amicizia, e neanche matrimonio, ma una cosa meno impe-
gnativa. Cominci a percorrere a grandi passi la strada verso
i Quattro Angoli. Potevano incontrarsi con discrezione,
chiacchierare, ridere, in qualche posto che avesse un letto,
magari
No. No. Si blocc di nuovo e si schiaffeggi la testa per la
frustrazione. Non poteva lasciare che accadesse, nemmeno se
lei fosse stata d'accordo. Che lo scoprisse West era un conto,
ma se lo avessero scoperto anche gli altri? La sua reputazio-
ne sarebbe rimasta intatta, quella di Ardee invece sarebbe
stata distrutta per sempre. Distrutta. Gli venne la pelle d'oca
al solo pensiero. Lei non se lo meritava di certo. Non poteva
scaricare il problema solo sulle sue spalle, non se la sentiva
proprio. E per cosa poi, per trastullarsi con lei? Che egoismo.
Si meravigli di non averci riflettuto prima.
E cos i suoi ragionamenti l'avevano messo con le spalle
al muro, proprio come gli era successo gi una decina di vol-
te quel giorno. Vederla non avrebbe portato a niente di buo-
no, e poi presto sarebbe partito per la guerra, che avrebbe
messo fine a quel ridicolo desiderio. A casa, allora, nel caldo
del suo letto, e domani solo allenamenti, tutto il giorno, fin-
ch il Maresciallo Varuz non l'avesse scacciata dai suoi pen-
sieri a suon di batoste. Fece un respiro profondo, raddrizz le
spalle e si gir per incamminarsi verso l'Agriont.

La statua di Harod il Grande emerse dall'oscurit sul suo


piedistallo di marmo, che era alto quasi quanto Jezal, e risul-
tava troppo grossa, troppo grandiosa, per quella piazzetta
tranquilla vicino ai Quattro Angoli. Jezal era balzato da
un'ombra all'altra durante il tragitto, aveva cercato di evitare
la gente nello strenuo tentativo di non dare nell'occhio, ma
comunque aveva trovato le strade semideserte a quell'ora
della notte. La stessa Ardee probabilmente si era stancata di
aspettare e se n'era ritornata a casa gi da parecchio tempo,
ammesso che fosse venuta.
Strisci nervosamente attorno alla statua, strizzando gli
occhi per vederci meglio al buio, e si sent un imbecille asso-
luto. Quante volte era passato per quella piazza senza nean-
che pensarci? Non era uno spazio pubblico, dopotutto? Ave-
va tutto il diritto di stare l, ma non poteva evitare di sentirsi
un ladro.
Ardee non c'era, il che era positivo. Meglio cos, visto che
aveva tutto da perdere e niente da guadagnare, eccetera, ec-
cetera. Perch allora si sentiva cos afflitto? Alz gli occhi
sul volto serioso di Harod, ritratto con quella fronte aggrotta-
ta che gli scultori riservavano soltanto ai pi grandi. Per
bella mascella aveva questo Harod, volitiva quasi quanto la
sua.
Sveglia!, gli sibil una voce all'orecchio. Jezal lanci
un urletto da ragazzina spaventata e si ritrasse con un sobbal-
zo che per poco non lo fece finire per terra, ma riusc a resta-
re in piedi aggrappandosi all'enorme piede di Harod. Una fi-
gura scura e incappucciata gli era strisciata di soppiatto alle
spalle.
Rise. Non c' bisogno di farsela sotto. Ardee. Si tir gi
il cappuccio e un fascio di luce obliquo che trapelava da una
finestra illumin quel suo sorriso asimmetrico, oltre a tutta la
parte inferiore del volto. Sono solo io.
Non ti avevo visto, borbott inutilmente. Moll all'i-
stante la presa disperata sul gigantesco piede di pietra e fece
del suo meglio per sembrare a proprio agio, ma doveva am-
mettere che come inizio non era stato un granch. Proprio
non aveva talento quella faccenda di cappa e spada. Ardee
invece sembrava del tutto rilassata e ci lo spinse a chiedersi
se non si fosse trovata in situazioni simili gi in precedenza.
Ultimamente neanche tu ti fai vedere spesso, comment
lei.
Beh, che, ma non riusciva a parlare spigliatamente,
perch il cuore ancora gli martellava per lo spavento, sono
stato impegnato con il Torneo e tutto il resto
Ah, l'importantissimo Torneo. Ti ho visto combattere
oggi.
Ah, s?
Impressionante.
Ehm, grazie, io
Mio fratello ti ha detto qualcosa, vero?
Sulla scherma?
No, cretino, su di me.
Jezal fece una pausa, durante la quale cerc di trovare il
modo migliore per rispondere. Eh, beh, in realt
Hai paura di lui?
No! Silenzio. E va bene, s.
Ma sei venuto lo stesso. Dovrei sentirmi lusingata, sup-
pongo. Gli gir attorno lentamente, lo squadr dal basso
verso l'alto, dalla fronte ai piedi e viceversa, ripetutamente.
Te la sei presa comoda, comunque. tardi. Presto dovr
tornare a casa.
C'era qualcosa nel modo in cui lo stava guardando che
non lo aiutava a calmarsi, anzi, tutto il contrario. Ma comun-
que doveva dirle che non potevano pi vedersi, che era sba-
gliato per entrambi, che nulla di buono poteva venirne nul-
la di buono
Respirava velocemente adesso, perch era teso, eccitato e
non riusciva a staccare gli occhi dal suo volto in penombra.
Doveva dirglielo, adesso. Era per questo che era venuto o
no? Apr la bocca per parlare, ma tutte le sue elucubrazioni
sembrarono all'improvviso lontane, come se riguardassero
altri tempi, altre persone, inafferrabili e prive di senso.
Ardee, cominci.
Mh? Gli si avvicin, inclinando la testa da una parte.
Jezal prov anche a ritrarsi, ma la statua non glielo permette-
va. Ardee si avvicin ancora di pi, le labbra appena schiuse,
gli occhi fissi sulla sua bocca. Cosa poteva esserci di tanto
sbagliato, in fondo?
Quando fu pi vicina ancora, il viso di lei si sollev verso
il suo. Jezal poteva sentire il suo respiro tiepido sulla guan-
cia, il suo profumo che gli riempiva la testa. Cosa c'era di
sbagliato in questo?
Le dita fredde di Ardee gli accarezzarono il viso, percor-
rendogli la linea della mascella, gli si insinuarono tra i capel-
li dietro la nuca per attirarlo verso di s, poi le sue labbra,
umide e calde, gli si posarono sulla guancia, sul mento, e in-
fine sulla bocca, con un leggero risucchio. Gli si strinse ad-
dosso, con l'altra mano gli cinse la schiena. La sua lingua gli
tocc le gengive, i denti, la lingua; emetteva piccoli rumori
dalla gola. Forse pure lui li faceva, ma non ne era sicuro.
Tutto il suo corpo rabbrividiva per il freddo e avvampava per
il caldo allo stesso momento, la sua mente era contenuta nel-
la sua bocca. Era come se non avesse mai baciato una ragaz-
za prima. Cosa poteva esserci di male in questo? Lei gli mor-
se le labbra in modo quasi doloroso solo quasi.
Ansimante, tremante, vicino allo svenimento, Jezal apr
gli occhi e vide che lei lo stava guardando come a studiare la
sua reazione, con quelle due gemme scure che rilucevano al
buio.
Ardee
Che c'?
Quando potr rivederti? La sua gola era talmente secca
che la voce gli usc roca. Lei abbass lo sguardo per terra e
fece un sorrisetto crudele, come se lo avesse costretto a
esporsi in questa partita e avesse appena vinto un mucchio di
denaro. Ma a lui non importava. Quando?
Oh, ti far sapere.
Doveva baciarla di nuovo, fanculo le conseguenze, fancu-
lo West e tutto il mondo. Cos si pieg verso di lei con gli oc-
chi chiusi.
No, no, no. Ardee gli allontan la bocca. Saresti dovu-
to venire prima. Poi sciolse l'abbraccio, si volt, ancora sor-
ridente, e si allontan con tutta calma. Lui la osserv affasci-
nato senza fiatare, incapace di muoversi, come se si fosse
trasformato in un pezzo di ghiaccio, e sent che la fredda
base di pietra della statua gli premeva contro la schiena. Non
si era mai sentito cos. Mai.
Lei si guard indietro un momento, solo una volta, forse
per vedere se lui la stava ancora fissando, e quando i loro oc-
chi si incontrarono di nuovo, Jezal avvert una dolorosa stret-
ta al petto, ma poi lei svolt un angolo e scomparve.
Se ne rimase l qualche secondo con gli occhi sbarrati, a
respirare e basta, finch una raffica di vento gelato soffi sul-
la piazza e il peso del mondo torn a gravargli sulle spalle: la
scherma, la guerra, il suo amico West, i suoi doveri. Un ba-
cio, uno solo, e tutta la sua determinazione era sgocciolata
via come piscio in un vaso da notte bucato. Si guard attor-
no, sentendosi all'improvviso colpevole, confuso e spaventa-
to. Che aveva combinato?
Merda, disse.
31.

Lavoro infame

Una cosa che brucia pu avere gli odori pi disparati. Un


albero vivo, fresco e pieno di linfa, ha un odore diverso men-
tre arde rispetto a uno morto, secco e avvizzito. Un maiale e
un uomo hanno pressoch lo stesso odore, ma questa un'al-
tra storia. L'odore di bruciato che Mastino sentiva adesso era
quello di una casa e lo sapeva per certo perch lo conosceva
meglio di quanto avrebbe voluto. Raramente le case vanno a
fuoco da sole, di solito c' sempre qualche tipo di violenza
dietro, perci era probabile che ci fossero degli uomini non
lontani, uomini pronti a combattere. Cos smont cautamente
tra gli alberi, strisci sull'addome fino al margine del bosco e
sbirci attraverso i cespugli.
Ora la vedeva, la vedeva bene. Una colonna di fumo nero
si levava da un punto vicino al fiume, sopra una casetta an-
cora fumante di cui rimanevano solo le basse mura di pietra.
L accanto c'era stato anche un granaio, ma ormai era ridotto
a un mucchio di legno carbonizzato e terra bruciata. Due al-
berelli e un pezzetto di terra coltivata. La vita da contadini
era cos misera al Nord, persino nei casi migliori, perch il
freddo gelava quasi tutte le coltivazioni - a parte qualche ra-
dice, forse - ed eri fortunato se riuscivi a tenere un piccolo
gregge e, magari, anche un paio di maiali.
Mastino scosse la testa. Che senso aveva radere al suolo
la casa di gente cos povera, rubare quel pezzetto di terra ari-
da? Evidentemente ad alcuni piaceva dar fuoco alle cose e
basta. Avanz un tantino e guard a destra e poi a sinistra,
per vedere se nella valle c'era traccia dei responsabili, ma
scorse soltanto qualche pecora scheletrica che pascolava li-
bera sui fianchi erbosi. Quindi si ritrasse, strisciando nel sot-
tobosco.
Mentre tornava di soppiatto all'accampamento, il suo cuo-
re sprofond nel sentire gli altri discutere a voce alta. Era tal-
mente stufo di quelle liti continue che per un attimo si chiese
se non dovesse semplicemente tirare dritto e lasciarli stare,
ma alla fine ci ripens, poich non un buon esploratore co-
lui che lascia indietro la sua gente.
Perch non chiudi quella fogna di bocca, Dow? La voce
rombante di Tul Duru. Volevi andare a sud, ma quando ci
siamo andati non hai fatto altro che lamentarti di dover vali-
care le montagne! E ora che le abbiamo passate, fai la lagna
di giorno e di notte perch hai la pancia vuota! Non ne posso
pi di sentirti guaire come un cane!
Allora si sent il ringhio minaccioso di Dow il Nero. Per-
ch dovresti essere tu a mangiare il doppio? Solo perch sei
un grosso porco obeso?
Piccolo bastardo! Ti schiaccer come il verme che sei!
E io ti taglier la gola mentre dormi, ammasso di lardo!
Hai voglia a mangiare dopo! Almeno non dovremo pi senti-
re il tuo fottutissimo russare! Adesso capisco perch ti chia-
mano Testadituono, brutta scrofa grufolante!
Chiudete il becco, tutti e due!, rugg Tretronchi, con un
tono cos alto da risvegliare i morti. Non vi sopporto pi!
Ora Mastino li vedeva, tutti e cinque: Tul Duru e Dow che
litigavano, Tretronchi tra di loro con le mani alzate, Forley
seduto a guardarli, triste, e il Cupo che a loro non badava
nemmeno, perch stava controllando le frecce.
Ehi!, sibil Mastino, e tutti si voltarono a guardarlo.
Mastino, fece il Cupo, senza quasi alzare gli occhi
dal suo lavoro. Impossibile capire quell'uomo, che non fiata-
va per giorni e giorni, e poi quando parlava era solo per dire
ci che era gi sotto gli occhi di tutti.
Forley, come sempre, era ansioso di distrarre i ragazzi.
Era dura indovinare quanto avrebbero resistito quei due dal-
l'ammazzarsi a vicenda se non ci fosse stato lui nei paraggi.
Che hai trovato, Mastino?, chiese.
Volete saperlo? Ho trovato cinque bastardi del cazzo nel
bosco!, sibil, sbucando dagli alberi. Li sentivo da un mi-
glio di distanza! Ed erano Nominati quei tizi, ci credereste?
Gente che dovrebbe essere pi furba! E invece, sempre a liti-
gare! Cinque stupidi bastardi
Tretronchi alz la mano. Va bene, Mastino. Dovremmo
essere pi furbi. E guard i due litiganti con uno sguardo
assassino. Tul e Dow si guardarono tra loro allo stesso modo,
ma non dissero nulla. Che hai trovato?
Ci sono scontri nelle vicinanze, o qualcosa del genere.
Ho visto una fattoria in fiamme.
In fiamme, dici?, chiese Tul.
Gi.
Tretronchi aggrott la fronte. Portaci l, allora.

Mastino non li aveva visti da lass, steso tra gli alberi.


Come avrebbe potuto? C'era troppo fumo ed era troppo lon-
tano. Per li vide quando era vicino, e gli venne la nausea.
Tutti li videro.
Questo qui un lavoro infame, disse Forley, con lo
sguardo alzato verso l'albero. Un lavoro parecchio infame.
Gi, mormor Mastino. Non gli venne in mente nien-
t'altro da dire. Il ramo crepitava mentre il vecchio oscillava
lentamente girando su se stesso, i piedi nudi sospesi poco so-
pra il livello del terreno. Forse aveva provato a combattere,
visto che aveva due frecce piantate in corpo. La donna era
troppo giovane per essere sua moglie, quindi poteva darsi
che fosse la figlia. Mastino immagin che i due piccoli fos-
sero i suoi bambini. Chi impiccherebbe un bambino?, bor-
bott.
Io ne conosco un paio che sono infami abbastanza, fece
Tul.
Dow sput nell'erba. Intendi me?, ringhi, ed ecco che
ricominciavano, come incudine e martello. Ho bruciato
qualche villaggio e un paio di fattorie, ma c'erano dei motivi.
Eravamo in guerra. I bambini li ho risparmiati.
Io sapevo il contrario, disse Tul. Mastino chiuse gli oc-
chi e sospir.
Pensi che me ne sbatta qualcosa di quello che hai senti-
to?, sbrait Dow. Pu darsi che il mio nome sia pi nero di
quello che merito, gigantesca merda che altro non sei!
Lo so io quello che ti meriti, bastardo!
Basta!, berci Tretronchi, guardando l'albero con un'e-
spressione cupa. Non ce l'avete un po' di rispetto? Mastino
ha ragione. Ora abbiamo le montagne alle spalle e ci sono
guai in giro. Non voglio pi sentire questi battibecchi. Mai
pi. Da oggi in poi, vi voglio silenziosi e freddi come l'inver-
no. Siamo Nominati e abbiamo del lavoro da uomini da
fare.
Mastino annu, contento finalmente di sentire delle parole
sensate. Qui intorno ci sono degli scontri, disse, ne sono
sicuro.
Mh, fece il Cupo, e chiss che voleva dire.
Gli occhi di Tretronchi erano ancora fissi sui corpi dondo-
lanti. Hai ragione. Dobbiamo concentrarci su quello, ades-
so. Su quello e basta. Rintracceremo la gente che ha fatto
questo e vedremo per cosa combattono. Non possiamo com-
binare niente finch non sappiamo chi combatte chi.
Chiunque sia stato, combatte per Bethod, dichiar Dow.
Lo si vede a colpo d'occhio.
Vedremo. Tul e Dow, tirate gi questi poveracci e sep-
pelliteli. Forse una cosa del genere vi far tornare il buonsen-
so. I due si guardarono in cagnesco, ma Tretronchi non ci
fece caso. Mastino, tu cerca a naso questi bastardi. Trovali,
cos stanotte gli faremo una visitina, come quella che hanno
fatto loro a questa gente.
S, rispose Mastino, impaziente di fargliela pagare. Gli
faremo una visitina.

Mastino non riusciva a capire. Se quelli erano in guerra,


con la paura di essere presi dai nemici, non si stavano sfor-
zando molto di coprire le loro tracce. Li segu senza alcuna
difficolt e ne cont cinque. Dovevano essersela svignata
calmi e tranquilli dalla fattoria bruciata, attraversando la val-
le lungo il fiume, prima di addentrarsi nel bosco. Le tracce
erano talmente chiare che ogni tanto gli veniva un po' d'an-
goscia al pensiero che forse gli stavano tendendo una trappo-
la, che magari lo stavano osservando tra gli alberi, in attesa
di impiccarlo a un ramo. A quanto pareva, per, non era cos,
perch li raggiunse prima dell'imbrunire.
Per prima cosa fiut il loro arrosto di montone, poi sent
le loro voci che parlavano, ridevano, gridavano, senza preoc-
cuparsi minimamente di non fare baccano. Li sentiva forte e
chiaro anche con il fiume che gorgogliava l accanto. A quel
punto li vide seduti attorno a un fuoco bello grosso su una ra-
dura, con una carcassa spellata di pecora, senza dubbio ruba-
ta a quei contadini, che girava su uno spiedo. Mastino si ac-
quatt tra i cespugli, immobile e silenzioso come avrebbero
dovuto fare loro, e cont cinque uomini, o meglio, quattro
pi un ragazzo che poteva avere quattordici anni. Se ne sta-
vano seduti senza nessuno di guardia, senza alcuna cautela.
Non riusciva a capire.
Se ne stanno seduti l, sussurr quando torn dagli al-
tri. Seduti. Senza uomini di guardia, niente.
Seduti e basta?, chiese Forley.
S, sono in cinque. Stanno attorno al fuoco e se la ridono.
Non mi piace.
Neanche a me, disse Tretronchi, ma ci che ho visto
alla fattoria mi piace ancora meno.
Alle armi, sibil Dow. Dobbiamo correre alle armi.
Una volta tanto, Tul fu d'accordo con lui. Alle armi,
capo. Diamogli una lezione.
Neanche Forley si pronunci contro lo scontro stavolta,
ma Tretronchi ci pens su comunque, prendendosi il suo mo-
mento, senza alcuna fretta. Infine annu: E armi siano.

Dow il Nero non lo vedevi al buio, se non desiderava es-


sere visto. E non lo sentivi neanche, ma Mastino sapeva che
c'era, mentre strisciava tra gli alberi. Se combatti a lungo al
fianco di un uomo cos, cominci a capirlo bene, impari a
comprendere come pensa e a pensare come fa lui. Dow c'era.
Mastino aveva il suo compito da svolgere. Poteva vedere
il profilo dell'uomo all'estrema destra, la sagoma della sua
schiena nera contro il fuoco; per gli altri al momento non si
diede pena, ma Mastino non si dava mai pena per niente, a
parte il suo obiettivo. Una volta che hai scelto di metterti al-
l'opera, o che l'ha scelto il tuo capo, vai avanti e non ti fermi
finch non hai portato a termine il tuo compito. Il tempo che
sprechi a pensare giusto il tempo che serve a loro per ucci-
derti. Gliel'aveva insegnato Logen, e lui l'aveva preso alla
lettera. Non si poteva fare altrimenti.
Mastino si avvicin pian piano, sempre di pi, fino a sen-
tire il calore del fuoco sul viso, stringendo in mano il metallo
duro del pugnale. Per i morti, che pisciata che doveva fare,
ma era sempre cos. Il suo obiettivo era a neanche un passo
di distanza ormai. Il ragazzo era rivolto verso di lui, e se sol-
tanto avesse alzato rapidamente gli occhi dal suo pezzo di
carne, lo avrebbe visto arrivare, ma era troppo impegnato a
mangiare.
Ah!, grid uno degli altri. Fu il segno che Dow l'aveva
preso e quindi fatto fuori. Mastino balz allo scoperto e af-
fond il coltello nel collo del suo obiettivo, che si tir su mu-
linando per un momento, prima di portarsi la mano alla gola
tagliata e cadere in avanti stecchito. Uno degli altri scatt in
piedi, buttando per terra il coscio smangiato di pecora, ma
una freccia gli trapass il petto: il Cupo, vicino al fiume. Ri-
mase un attimo immobile, come sorpreso, poi croll sulle gi-
nocchia con la faccia ritorta dal dolore.
Ne rimanevano solo due. Il ragazzo era ancora seduto che
guardava Mastino con la bocca mezza aperta e un pezzo di
carne che gli pendeva dalle labbra. L'altro stava in piedi, an-
simante, con un coltello lungo in mano che probabilmente
stava usando per tagliare la carne.
Butta il coltello!, grid Tretronchi. Mastino vide il suo
capo andare verso di loro, mentre la luce del fuoco si riflette-
va sul bordo metallico del suo grosso scudo rotondo. L'uomo
si morse il labbro, guard Dow e Mastino avanzare pian pia-
no, uno da destra e uno da sinistra, e poi vide Testadituono
torreggiare nell'oscurit tra gli alberi, troppo grosso per esse-
re umano, con l'enorme spada scintillante posata di traverso
sopra la spalla. Questo lo convinse a gettare il coltello a ter-
ra.
Dow balz su di lui e gli leg i polsi dietro la schiena,
spingendolo a inginocchiarsi davanti al fuoco. Mastino fece
lo stesso con il ragazzo, che non emise fiato tra i denti sbar-
rati. Tutto si svolse in un attimo, in modo silenzioso e freddo,
come aveva detto Tretronchi. C'era sangue sulle mani di Ma-
stino, ma quello non si poteva evitare. Anche gli altri si sta-
vano avvicinando. Il Cupo usc sguazzando dal fiume e si
gett l'arco in spalla, poi, mentre passava davanti a quello a
cui aveva scoccato la freccia, gli diede un calcio, ma il cada-
vere non si mosse. Morto, disse.
Forley era alle loro spalle che scrutava i due prigionieri.
Dow fissava quello che aveva legato con tutto l'odio che po-
teva.
Io lo conosco questo qui, disse, e sembrava anche abba-
stanza compiaciuto. Groa Pantano, non cos? Che fortuna!
un po' che ti penso, lo sai?
Pantano guardava per terra con una faccia torva. Tipo dal-
l'aria crudele, pens Mastino, se c'era uno che poteva impic-
care dei contadini, era quello l. S, sono Pantano, ma inu-
tile chiedervi chi siete voi! Quando scopriranno che avete
ammazzato alcuni esattori del Re sarete tutti morti comun-
que!
Mi chiamano Dow il Nero.
La testa di Pantano scatt in alto, la bocca spalancata.
Oh, merda, sussurr.
Il ragazzo inginocchiato accanto a lui si guard intorno
con gli occhi sgranati. Dow il Nero? Cosa? Lo stesso Dow
il Nero che oh, merda.
Dow annu lentamente e quel suo ghigno malefico si apr
pian piano sulla faccia. Groa Pantano. Hai parecchio da
scontare. Sei stato nella mia mente per un po' e ora sei da-
vanti ai miei occhi. Gli diede un buffetto sulla guancia. E
anche tra le mie mani. Che fortunata coincidenza.
Pantano allontan la testa con uno scatto, per quanto pote-
va legato com'era. Credevo che fossi all'inferno, Dow il
Nero, bastardo!
Pure io lo credevo, ma ero solo a nord delle montagne.
Abbiamo delle domande per te, Pantano, prima di darti ci
che ti meriti. Chi questo re? Che vuoi dire che sei un esat-
tore?
Fanculo te e le tue domande!
Tretronchi gli assest un bel cazzotto sul lato della testa,
da un punto in cui Pantano non poteva vederlo arrivare.
Quando si gir a guardarlo, Dow gliene diede un altro dal-
l'altra parte, e cos la sua testa fece avanti e indietro per un
po', finch non si fu ammorbidito abbastanza da parlare.
Per che cosa combattete?, chiese Tretronchi.
Non stiamo combattendo!, sbott Pantano tra i denti
rotti. Siete come morti, voi bastardi! Non sapete ancora che
successo, vero? Mastino aggrott le sopracciglia, perch
non gli piaceva quello che stava sentendo. A quanto pareva,
le cose erano cambiate mentre erano via, e in tutta la sua vita
non aveva mai conosciuto cambiamenti che fossero in me-
glio.
Sono io che faccio le domande qui, disse Tretronchi.
Tu cerca di concentrarti solo sulle risposte. Chi che com-
batte ancora? Chi che non vuole inginocchiarsi a Bethod?
Pantano scoppi a ridere, nonostante fosse legato. Non
c' rimasto pi nessuno! Le guerre sono finite! Bethod Re
adesso, Re di tutto il Nord! Tutti si inginocchiano a lui
Noi no, rugg Tul Duru, piegandosi. Che ne stato di
Yawl il Vecchio?
Morto.
E di Sything, o di Sonaglio?
Morto e morto, imbecilli! L'unica guerra adesso a sud!
Bethod combatte contro l'Unione! S! E noi gliela faremo ve-
dere anche a loro!
Mastino non sapeva se crederci o meno. Re? Non c'era
mai stato un Re nel Nord prima, non era mai servito, e Be-
thod sarebbe stato l'ultimo che lui avrebbe scelto. E poi, in
guerra contro l'Unione? Era senz'altro un'impresa da pazzi.
Gli uomini del Sud erano sempre pi numerosi di loro.
Se non c' nessuna guerra qui, perch uccidete?, chiese
Mastino.
Fottiti!
Tul gli diede un sonoro schiaffo in faccia che lo fece ca-
dere di schiena, e poi Dow rincar la dose con un calcio, pri-
ma di rimetterlo dritto.
Perch li avete uccisi?, chiese Tul.
Tasse!, grid Pantano, con un rivolo di sangue che gli
colava dal naso.
Tasse? ripet Mastino. Che strana parola, a malapena
ne conosceva il significato.
Non volevano pagare!
Tasse per chi?, chiese Dow.
Per Bethod, per chi altri! Ha preso tutta questa terra, ha
sciolto i clan per tenersela! La gente lo teme e noi raccoglia-
mo le tasse!
Tasse, eh? Questa s che una fottuta abitudine del Sud!
E se non possono pagare?, domand Mastino, travolto dalla
nausea. Li impiccate, non vero?
Se non pagano ne facciamo quello che vogliamo!
Quello che volete? Tul lo prese per il collo con una
mano enorme e strinse finch gli occhi di Pantano non furo-
no sul punto di schizzargli fuori dalle orbite. Quello che vo-
lete? E vi piace impiccarli?
Va bene, Testadituono, disse Dow, staccando pian piano
le grosse dita di Tul dal collo di Pantano e respingendolo con
gentilezza. Calma, ragazzone, non da te uccidere un uomo
legato. Gli diede un colpetto sul petto mentre tirava fuori la
sua ascia. per lavori del genere che vi portate dietro uno
come me.
Pantano cominciava a riprendere fiato proprio in quel mo-
mento. Testadituono?, toss, guardandoli uno a uno. Siete
tutto il gruppo, non vero? Tu sei Tretronchi, tu il Cupo e
quello l il Debole. Cos non volete inginocchiarvi, eh?
Buon per voi, stronzi. E dov' Novedita? Eh?, li canzon.
Dov' il Sanguinario?
Dow si volt e fece correre il pollice lungo il filo dell'a-
scia. tornato alla terra e presto lo sarai anche tu. Abbiamo
sentito abbastanza.
Fammi alzare, bastardo!, strill Pantano lottando contro
le corde. Tu non sei migliore di me, Dow il Nero! Hai am-
mazzato pi gente della peste! Fammi alzare e dammi una
spada! Avanti! Hai paura di combattere contro di me, codar-
do? Hai paura di uno scontro equo?
E sarei io il codardo?, ringhi Dow. Sei tu quello che
ammazza bambini perch gli piace! Ce l'avevi un'arma, ma
l'hai gettata. Quella era la tua unica possibilit e avresti do-
vuto coglierla, perch quelli come te non se ne meritano
un'altra. Se hai qualcosa che valga la pena sentire, faresti me-
glio a parlare ora.
Crepa!, grid Pantano. Crepate tutti, branco di
L'ascia di Dow gli affond tra gli occhi con uno scricchio-
lio. Pantano cadde all'indietro e fu percorso da qualche spa-
smo prima di morire. Nessuno di loro pianse per la morte di
quel bastardo, persino Forley si limit a fare una smorfia
quando l'ascia penetr. Dow si pieg a sputare sul cadavere e
Mastino non lo biasim. Ora rimaneva il problema del ragaz-
zo che guard il corpo di Pantano con gli occhi sbarrati e poi
alz lo sguardo.
Siete voi, non vero?, disse. Quelli che Novedita ha
battuto.
S, ragazzo, siamo noi, rispose Tretronchi.
Ho sentito parecchie storie su di voi. Che ne farete di
me?
Beh, bella domanda, fece Mastino tra s e s, anche se
sfortunatamente conosceva gi la risposta.
Non pu rimanere con noi, disse Tretronchi. Non pos-
siamo prenderci n il bagaglio, n il rischio.
solo un ragazzo, intervenne Forley. Potremmo la-
sciarlo andare. Era un pensiero carino ma impraticabile, e
lo sapevano tutti. Il ragazzo sembrava speranzoso, ma Tul ci
diede un taglio.
Non possiamo fidarci. Non qui. Direbbe a qualcuno che
siamo tornati e ci darebbero la caccia. Non possiamo farlo. E
poi, anche lui ha partecipato allo scempio alla fattoria.
Ma che altro potevo fare?, chiese il giovane. Che al-
tro? Io volevo andare a sud per combattere l'Unione e guada-
gnarmi un Nome, invece mi hanno mandato qui a raccogliere
le tasse! Se il mio capo mi dice di fare una cosa, io la faccio!
Che altro potevo fare?
Niente, disse Tretronchi. Nessuno ha detto che avevi
un'altra scelta.
Io non volevo averci niente a che fare! Gli ho detto di la-
sciar stare i piccoli! Dovete credermi!
Forley si guard gli stivali. Noi ti crediamo.
Ma mi ammazzerete lo stesso come un cane?
Mastino si morse il labbro. Non possiamo portarti con
noi, ma non possiamo neanche lasciarti andare.
Io non c'entravo niente. Il ragazzo abbass la testa.
Non giusto.
No, non lo , fece Tretronchi. Non lo per niente, ma
le cose stanno cos.
L'ascia di Dow affond nel retro della testa del ragazzo,
che cadde in avanti. Mastino distolse lo sguardo con una
smorfia, sapendo che Dow l'aveva fatto per evitare che gli al-
tri vedessero la faccia del giovane. Era stata una buona idea e
sperava che per loro fosse servito, quanto a lui, a faccia in su
o a faccia in gi non faceva alcuna differenza. Si sent nau-
seato quasi quanto si era sentito prima, alla fattoria.
Non era certo la giornata peggiore della sua vita, questo
no, per era proprio una giornataccia.

Mastino li osserv da un ottimo punto in alto, tra gli albe-


ri, dove non poteva essere visto, ma si assicur pure di rima-
nere sottovento, perch, ad essere onesti, puzzava da morire.
Camminavano in fila lungo la strada, come una strana pro-
cessione; parevano, s, guerrieri diretti a un'adunata e poi in
battaglia, ma era tutto, dalle armi in gran parte vecchie ai
pezzi sconnessi di armature diverse, dai cenci consunti che
indossavano al posto dei vestiti al modo disordinato in cui
marciavano. Alcuni erano troppo vecchi per essere guerrieri
di prima scelta, coi loro capelli grigi e le teste pelate, altri an-
cora erano troppo giovani, poco pi che ragazzini.
A Mastino sembr che niente avesse pi senso al Nord.
Ripens alle parole di Pantano prima che Dow lo uccidesse.
La guerra contro l'Unione. Ed erano questi i soldati? Se lo
erano, allora Bethod stava proprio raschiando il fondo.
Che succede, Mastino?, gli domand Forley quando fu
tornato all'accampamento. Chi c' la sotto?
Uomini. Armati, ma malamente. Un centinaio o anche di
pi. Sono soprattutto vecchi e ragazzini, e si dirigono a sudo-
vest, rispose indicando la strada.
Tretronchi annu. Verso l'Angland. Bethod fa sul serio,
allora. Far veramente guerra all'Unione. A quello non basta
mai il sangue versato. Sta reclutando ogni uomo in grado di
tenere in mano una lancia. Non era certo una sorpresa, visto
che Bethod non era mai stato uno che si accontentava di
mezze misure; voleva tutto o niente, e non gli importava dei
cadaveri che si lasciava dietro lungo la strada. Ogni uomo,
mormor Tretronchi tra s e s. Se gli Shanka dovessero
valicare le montagne adesso
Mastino si guard intorno e vide tutte facce sporche, acci-
gliate, preoccupate. Sapeva bene che cosa intendesse Tre-
tronchi, tutti lo sapevano. Se gli Shanka fossero arrivati
adesso, mentre nel Nord non c'era pi un solo uomo a com-
batterli, scempi come quello alla fattoria sarebbero stati
quanto di meno atroce poteva capitare.
Dobbiamo avvisare qualcuno!, grid Forley. Dobbia-
mo avvertirli!
Tretronchi scosse la testa. Hai sentito Pantano. Yawl
morto, e anche Sonaglio e Sything. Morti e sepolti, tornati
alla terra. Bethod Re adesso, Re degli Uomini del Nord.
Dow il Nero aggrott la fronte e sput per terra. Sputa
quanto ti pare, Dow, ma la realt questa. Non c' pi nessu-
no da avvertire.
Tranne lo stesso Bethod, fece Mastino a voce bassa, di-
spiaciuto di doverlo dire.
Allora dobbiamo avvisare lui! Forley li guard con oc-
chi disperati. Sar pure un bastardo senza cuore, ma un
uomo! meglio lui dei Testapiatta, no? Dobbiamo dirlo a
qualcuno!
Ah!, sbott Dow. Ah! E pensi che ci ascolter, Debo-
le? Hai dimenticato che ci ha detto, a noi e a Novedita? Non
tornate mai pi! Hai dimenticato che ci mancato tanto cos
che ci ammazzasse? Non sai che ci odia tutti?
Ci teme, disse il Cupo.
Ci odia e ci teme, aggiunse Tretronchi, ed saggio a
farlo. Perch siamo forti, siamo Nominati, siamo uomini co-
nosciuti. Proprio il tipo di gente che altri seguirebbero.
Tul annu con il suo testone. Gi, ma penso che non ci
daranno nessun benvenuto a Carleon. O ce lo daranno con le
lance.
Io non sono forte!, grid Forley. Io sono il Debole, lo
sanno tutti! Bethod non ha ragione di temere me, o di odiar-
mi. Io vado!
Mastino lo guard, sorpreso come tutti gli altri. Tu?,
chiese Dow.
S, io! Non sar un guerriero, ma non sono neanche un
codardo! Vado a parlargli e forse mi ascolter. Mastino ri-
mase di sasso. Era passato cos tanto tempo da quando uno di
loro aveva provato a risolvere le cose parlando che aveva di-
menticato l'esistenza di quella possibilit.
Pu darsi che ascolter, mormor Tretronchi.
S, pu darsi, fece Tul. E poi pu darsi che ti ammaz-
za, Debole!
Mastino scosse la testa. un tentativo rischioso.
S, ma vale la pena provarci, no?
Si scambiarono sguardi preoccupati. Quel Forley stava
senz'altro mostrando un po' di palle, ma questo piano a Ma-
stino non piaceva neanche un po'. Bethod non era certo uno
in cui si potevano riporre tante speranze.
Ma come aveva detto Tretronchi, rimaneva solo lui.
32.

Parole e polvere

Kurster si pavoneggi facendo il giro all'esterno del cer-


chio, tir baci alle ragazze e dispens saluti alla folla, coi
lunghi capelli dorati che gli ondeggiavano sulle spalle. Quel
giovane flessuoso era uno sbruffone, ma il pubblico lo ap-
plaud e lanci grida e fischi d'acclamazione. Era un aduano,
ufficiale della Guardia del Re. Un ragazzo del posto, e molto
popolare.
Bremer dan Gorst stava appoggiato contro la staccionata a
guardare con gli occhi socchiusi l'avversario che sfilava. Le
sue spade sembravano insolitamente ingombranti, abusate e
ammaccate, troppo pesanti forse per poter essere maneggiate
con rapidit. Ma d'altra parte anche lo stesso Gorst sembrava
poco agile: grande e grosso come un toro, con quel collo cos
tozzo, lo si sarebbe detto pi un lottatore che uno spadacci-
no. Per questo duello, infatti, la maggior parte del pubblico
lo dava gi come sconfitto. Ma io no.
Un allibratore l vicino gridava delle quote, accettando
denaro da persone che farfugliavano numeri attorno a lui.
Quasi tutte le scommesse davano Kurster come vincitore.
Glokta si chin in avanti sulla panca. Quali sono le quote su
Gorst in questo momento?
Su Gorst?, chiese l'allibratore. Pareggia.
Scommetto duecento marchi su di lui.
Mi spiace, amico, troppo alta.
Cento, allora, per cinque a quattro.
L'allibratore alz gli occhi al cielo e ci pens su un mo-
mento, mentre faceva i conti a mente. Andata.
Glokta si rimise comodo quando sent l'arbitro presentare
i concorrenti. Osserv Gorst arrotolarsi le maniche della ca-
sacca sugli avambracci spessi come tronchi, coi tendini e i
muscoli gonfi che si muovevano sotto la sua pelle ogni volta
che agitava le grosse dita. Si fece scrocchiare il collo taurino
prima da una parte e poi dall'altra, dopo di che prese le spade
dal suo secondo e fece un paio di affondi di prova. La folla
lo not a stento, perch era impegnata a fare il tifo per Kur-
ster, che stava proprio allora prendendo posto nel cerchio.
Glokta per lo studi per bene. pi rapido di quanto non
sembri. Molto, molto pi rapido. Quelle pesanti spade gi
non sembrano pi cos ingombranti.
Bremer dan Gorst!, grid l'arbitro, intanto che lui si av-
viava con passo pesante al proprio posto. Gli applausi non
furono molti, dato che quel bestione sgraziato non rispec-
chiava l'idea di uno schermitore classico, secondo il pubbli-
co.
Cominciate!
Non fu un bello spettacolo. Sin da subito gli ampi fenden-
ti di Gorst furono approssimativi, pi simili alle accettate di
un boscaiolo che ai colpi di una spada lunga, e lui emetteva
grugniti gutturali a ogni fendente. Era strano, ma pareva che
uno stesse duellando in un incontro di scherma, mentre l'altro
combattesse per difendere la propria vita. Basta che lo toc-
chi, sai, non lo devi sbudellare! Ma pi Glokta lo guardava,
pi si rendeva conto che i suoi poderosi colpi non erano
neanche lontanamente goffi come sembravano, anzi, erano
tempestivi ed estremamente precisi. Kurster rise a crepapelle
quando evit con leggiadria il primo grande fendente, poi
sorrise nello schivare il terzo, ma al quinto tutto il suo buo-
numore era gi svanito. E pare proprio che non torner.
Non c'era armonia nei movimenti di Gorst. Ma la potenza
s, innegabile. Kurster si acquatt disperatamente per evita-
re il successivo colpo di taglio, un grande arco orizzontale
che and fortunatamente a vuoto. Quello era abbastanza for-
te da fargli saltare la testa, lame smussate o meno.
Il favorito del pubblico fece del proprio meglio per pren-
dere l'iniziativa e continu a vibrare colpi su colpi con tutta
l'energia che aveva in corpo, ma Gorst era perfettamente in
grado di sostenere gli attacchi. Grugniva ogni volta che una
parata con la lama corta andava a segno e poi lo faceva di
nuovo quando la lama lunga fendeva sibilante l'aria in tutte
le direzioni. Glokta fece una smorfia quando la spada di Gor-
st cozz risonante contro quella di Kurster, poich il colpo fu
tale da piegare all'indietro il polso dell'avversario, tanto che
per poco non gli strapp la lama dalla mano. Kurster indie-
treggi, assorbendo la forza d'urto con una smorfia di dolore
e sgomento.
Ora capisco perch le spade di Gorst sono cos ammac-
cate. Kurster girava in tondo nel cerchio per cercare di sfug-
gire agli assalti, ma l'omone era troppo veloce. Troppo, trop-
po veloce. Anche perch Gorst aveva ormai compreso il
modo di combattere dell'avversario ed era in grado di antici-
pare le sue mosse senza smettere di martellarlo. Non poteva
sfuggirgli.
Due potenti stoccate spinsero lo sventurato ufficiale verso
il bordo del cerchio, poi un fendente di taglio gli fece volare
di mano la spada lunga, che and a conficcarsi nel tappeto
erboso oscillando selvaggiamente avanti e indietro. Kurster
perse l'equilibrio per un istante, i suoi occhi si spalancarono,
la mano vuota prese a tremargli, ma non ebbe tempo di ren-
dersi conto di nulla, perch Gorst fu subito su di lui e, rug-
gendo, lo caric con una violenta spallata alle costole scoper-
te.
Glokta scoppi a ridere. Non avevo mai visto uno spadac-
cino volante! Perch, in effetti, Kurster fece un mezzo salto
mortale, strillando come una ragazzina, si rivolt a mezz'aria
e si schiant per terra dimenando gambe e braccia scompo-
stamente. Scivol, faccia contro l'erba, fino a fermarsi sulla
sabbia all'esterno del cerchio, a tre passi abbondanti dal pun-
to in cui Gorst l'aveva caricato. Quando fu finalmente immo-
bile, cominci a emettere lievi lamenti.
La folla era stupefatta e cos silenziosa che la risata di
Glokta giunse probabilmente fino all'ultima fila. L'allenatore
di Kurster accorse dalla zona recintata e rivolt con delica-
tezza il suo allievo malconcio, che scalci debolmente e si
port piagnucolando una mano al torace. Gorst lo guard un
momento senza mostrare alcuna emozione, dopo di che
scroll le spalle e ritorn tranquillamente al suo posto all'in-
terno del cerchio.
L'allenatore di Kurster si rivolse all'arbitro. Mi spiace,
disse, ma il mio allievo non pu continuare.
Glokta non riusciva a trattenersi, al punto che dovette pre-
mersi le mani davanti alla bocca; tutto il suo corpo sussulta-
va per le risate, ogni movimento gli causava un dolorosissi-
mo spasmo al collo, ma non gli importava. Gran parte della
folla, per, non aveva trovato lo spettacolo altrettanto diver-
tente, poich tutti quelli attorno a lui mormoravano scanda-
lizzati. Quando Kurster fu trasportato fuori dal cerchio, so-
stenuto dall'allenatore e dal secondo, i bisbigli divennero pri-
ma dei fischi e poi dei veri e propri cori infuriati.
Gorst percorse pigramente la folla con quegli occhi soc-
chiusi, prima di scrollare nuovamente le spalle e ritornare
con passo pesante e lento all'interno del suo recinto. Glokta
ridacchiava ancora quando usc zoppicante dall'arena, con le
tasche molto pi gonfie di prima. Erano anni che non si di-
vertiva cos.

L'Universit sorgeva in un angolo dimenticato dell'A-


griont, direttamente all'ombra del Palazzo del Creatore, dove
persino gli uccelli sembravano vecchi e stanchi. Si trattava di
un immenso edificio traballante che l'edera - in parte seccata-
si - aveva inghiottito nel corso dei secoli ed era stato costrui-
to secondo un tipo d'architettura evidentemente appartenente
a un'epoca anteriore si diceva infatti che fosse uno degli edi-
fici pi antichi della citt. E ne ha tutto l'aspetto.
I tetti erano infossati al centro e un paio erano persino
prossimi al collasso, cos come le fragili guglie, che si stava-
no inesorabilmente sbriciolando e minacciavano di crollare
sui giardini incolti al di sotto. Il rivestimento delle mura su-
dice era cos logoro che le intere sezioni cadute avevano
messo allo scoperto la pietra nuda e la malta sgretolata. Un
punto in particolare mostrava una grossa macchia marrone
che colava lungo i muri in corrispondenza di una grondaia
rotta. C'era stato un tempo in cui lo studio delle scienze ave-
va attratto alcuni tra gli uomini pi importanti dell'Unione,
un tempo in cui quel palazzo era stato tra i pi grandiosi del-
la citt. E Sult pensa che sia l'Inquisizione ad essere fuori
moda.
Le statue di due vecchi fiancheggiavano l'ingresso fati-
scente, uno teneva in mano una lampada, l'altro indicava
qualcosa in un libro aperto. Saggezza e progresso, o scem-
piaggini del genere. Quello con il libro aveva perso il naso
chiss quando durante il secolo precedente, mentre l'altro
pendeva da una parte, con la lampada protesa in avanti come
se tentasse disperatamente di trovare un appoggio.
Glokta sollev il pugno e buss sulle antiche porte, facen-
dole cos sbattere e muovere visibilmente, come se fossero
sul punto di staccarsi dai cardini. Poi attese, attese un bel po'.
D'un tratto si sent uno sferragliare di chiavistelli tirati, un
battente del portone dissestato si apr di uno spiraglio e alla
fessura si affacci il volto di un vecchio, che lo guardava con
gli occhi strizzati, mentre la fiamma di un piccolo cero, stret-
to in una mano nodosa, lo illuminava da sotto. Squadr
Glokta coi suoi umidi occhi da anziano. S?
Inquisitore Glokta.
Ah, da parte dell'Arcilettore?
Glokta aggrott la fronte per la sorpresa. S, esatto.
Quindi non sono cos tagliati fuori dal mondo come sembra-
no. Questo vecchio sa chi sono.
All'interno era pericolosamente buio. Due giganteschi
candelabri d'ottone stavano su entrambi i lati della porta, ma
non reggevano nessuna candela e avevano un gran bisogno
di essere lucidati, visto che il loro brillio apparve opaco alla
debole luce del cero. Da questa parte, signore, disse il vec-
chio custode con un sibilo di voce, senza interrompere il suo
gobbo trascinarsi nell'oscurit. Persino Glokta non ebbe par-
ticolari difficolt a stare al passo con lui, tanto lenta era la
sua andatura.
Arrancarono fianco a fianco lungo un corridoio in penom-
bra. Le finestre di una delle pareti erano molto antiche e i
minuscoli pannelli di vetro che le costituivano erano cos
sporchi che anche in una giornata particolarmente luminosa
avrebbero lasciato trapelare poca luce, ma ora che la sera
avanzava cupa, di luce non ce n'era affatto. Lungo la parete
opposta, la fiamma della candela tremol su degli impolvera-
ti dipinti, sorretti da cornici sfaldate, tutti raffiguranti anziani
pallidi vestiti di nero e di grigio che fissavano i passanti con
occhi folli, ognuno con qualcosa tra le mani rugose: chi una
fiala, chi una rotella dentata, chi un compasso.
Dove stiamo andando?, domand Glokta dopo alcuni
minuti di camminata nelle tenebre.
Gli Adepti sono a cena, ansim il custode con occhi in-
finitamente stanchi.
Il refettorio dell'Universit non era altro che un antro pie-
no di echi, a malapena illuminato da poche candele guizzan-
ti, con un focherello stentato che ardeva in un camino gigan-
tesco e gettava ombre ballerine tra i travetti del soffitto. Una
tavola smisurata occupava tutta la lunghezza della sala, con-
sunta dai lunghi anni d'utilizzo e circondata da sedie sgan-
gherate. Bench potesse tranquillamente ospitare un'ottantina
di persone, solo in cinque sedevano a tavola, tutti stretti vici-
no al fuoco. Alzarono gli occhi udendo i colpetti del bastone
di Glokta che riecheggiavano nello spazio arioso, quindi
smisero di mangiare e sbirciarono con grande interesse nella
sua direzione. Quello seduto a capotavola si alz subito per
andargli incontro, tenendo sollevato l'orlo della veste nera
con una mano.
Un visitatore, sibil il custode nell'indicare Glokta con
la candela.
Ah, da parte dell'Arcilettore! Io sono Silber, Sovrinten-
dente dell'Universit!, e gli strinse la mano. I suoi compa-
gni s'erano intanto alzati faticosamente in piedi, come se fos-
se appena arrivato l'ospite d'onore.
Inquisitore Glokta, si present, fissando uno per uno i
vecchi entusiasti. Quanta deferenza! Devo dire che non me
l'aspettavo. D'altra parte, il nome dell'Arcilettore apre tutte
le porte.
Glokta, Glokta, rimugin uno di loro, non la pri-
ma volta che sento questo nome, mi pare.
A te pare sempre cos, ma non ricordi mai quand' stata
la prima volta, scherz il Sovrintendente, gratificato solo da
risate a mezza bocca. Vi prego, lasciate che faccia le dovute
presentazioni.
Pass in rassegna i quattro uomini di scienza abbigliati di
nero. Saurizin, il nostro Adepto Chimico. Era un vecchio
nerboruto e trasandato, con macchie e bruciature sul davanti
della veste e parecchie briciole incastrate nella barba. Den-
ka, Adepto dei Metalli. Era molto pi giovane degli altri,
anche se non proprio di primo pelo, e aveva la bocca atteg-
giata in una smorfia arrogante. Chayle, Adepto
Meccanico. Glokta non aveva mai visto un uomo con la te-
sta tanto grossa e la faccia tanto piccola; le orecchie, soprat-
tutto, erano enormi e piene di peli grigi. E Kandelau, Adep-
to Medico. Questo somigliava a una vecchia cornacchia
scheletrica, con quel collo lungo e quel naso a becco, sulla
cui punta erano posati un paio di occhiali. Vi prego, fateci
compagnia, Inquisitore, e il Sovrintendente indic una sedia
vuota tra due degli Adepti.
Gradite un bicchiere di vino?, chiese gentile Chayle,
con un sorriso sussiegoso sulle labbra fine, ma gi mentre lo
chiedeva s'era sporto in avanti con una caraffa e stava ver-
sando del vino in un bicchiere.
Come rifiutare?
Stavamo proprio discutendo i relativi meriti dei nostri
vari campi di studio, dichiar Kandelau, mentre fissava
Glokta attraverso le lenti baluginanti degli occhiali.
Tanto per cambiare, si lament il Sovrintendente.
Il corpo umano senza dubbio l'unico campo degno di
essere esaminato approfonditamente, continu l'Adepto
Medico. Si devono apprezzare i misteri interni, prima di
concentrarsi su quelli del mondo esterno. Tutti abbiamo un
corpo, Inquisitore, e i mezzi per guarirlo o per danneggiarlo
sono di primaria importanza per tutti noi. E proprio il corpo
umano la mia sfera di competenza.
Corpi! Corpi!, gemette Chayle, curvando le piccole lab-
bra e spostando il cibo nel piatto. Stiamo cercando di man-
giare!
Infatti! Stai turbando l'Inquisitore con le tue macabre
chiacchiere!
Oh, ci vuole ben altro per turbarmi. Glokta rivolse un
ghigno all'Adepto dei Metalli, seduto dall'altra parte del ta-
volo, onde fornirgli una bella panoramica dei denti mancanti.
Il mio lavoro per l'Inquisizione richiede una conoscenza pi
che approfondita dell'anatomia.
Segu un silenzio imbarazzato, poi Saurizin prese il vasso-
io con la carne e glielo porse. Glokta fiss le succulente fetti-
ne rossastre e si lecc le gengive sdentate. No, grazie.
Allora, vero?, chiese l'Adepto Chimico a voce molto
bassa, scrutandolo da dietro il vassoio. Riceveremo altri
fondi, ora che questa faccenda dei Merciai risolta?
Glokta aggrott la fronte. Tutti lo guardavano in attesa di
risposta e uno degli anziani Adepti teneva addirittura la for-
chetta sospesa a met strada tra il piatto e la bocca. Ah, ecco,
questo dunque. Denaro. Ma perch dovrebbero aspettarsi
dei fondi dall'Arcilettore? Il pesante vassoio cominciava a
tremare nelle mani dell'Adepto. Beh se serve per farli
ascoltare. Il denaro potrebbe arrivare, s, ma dipende dai ri-
sultati conseguiti, naturalmente.
Un mormorio appena percettibile percorse il tavolo. L'A-
depto Chimico pos con cautela il vassoio con mano vacil-
lante. Io ho conseguito risultati eccellenti con gli acidi ulti-
mamente
Ah ah!, lo prese in giro l'Adepto dei Metalli. L'Inqui-
sitore ha chiesto risultati, risultati! Le mie nuove leghe saran-
no pi resistenti dell'acciaio, una volta perfezionate!
E basta con queste leghe!, sospir Chayle, alzando gli
occhietti al cielo. Nessuno apprezza l'importanza di un soli-
do ragionamento meccanico!
Gli altri tre Adepti si voltarono verso di lui con sguardi di
odio, ma il Sovrintendente intervenne prima che qualcuno
potesse parlare. Signori, vi prego! L'Inquisitore non inte-
ressato alle nostre piccole divergenze! Tutti avranno la possi-
bilit di discutere i loro ultimi conseguimenti e mostrarne i
meriti. Non una gara, non vero, Inquisitore? Tutti gli oc-
chi si rivolsero a Glokta, che guard una a una, lentamente,
quelle facce vecchie e speranzose, senza per dire nulla.
Io ho sviluppato una macchina che
I miei acidi
Le mie leghe
I misteri del corpo umano
Ma Glokta li interruppe, dicendo: In realt, l'area
delle suppongo che le potreste chiamare sostanze esplosi-
ve, che mi interessa particolarmente in questo momento
L'Adepto Chimico balz in piedi. il mio campo!, gri-
d nel guardare tutti i colleghi con aria trionfante. Ho dei
campioni! Ho degli esempi! Vi prego di seguirmi, Inquisito-
re! Butt le posate sul piatto e si avvi verso una delle por-
te.

Il laboratorio di Saurizin era esattamente come ci si sareb-


be aspettati, dal primo all'ultimo dettaglio: una lunga stanza
con il soffitto a botte, macchiato in alcuni punti da chiazze
rotonde o strisce di fuliggine. Gli scaffali coprivano pratica-
mente tutte le pareti ed erano ingombri di scatole, vasetti e
bottiglie posati alla rinfusa, ognuno con il proprio contenuto,
che poteva essere in polvere, fluido, o sotto forma di asticelle
di metallo. Non si riscontrava nessun ordine apparente nelle
posizioni dei vari contenitori e la maggior parte non aveva
targhetta. L'organizzazione non sembra essere una sua prio-
rit.
I banchi di lavoro in mezzo alla stanza erano anche pi in
disordine degli scaffali, ricoperti com'erano da costruzioni di
vetro e rame vecchio, che si sviluppavano in altezza: pile di
tubetti, fiale, piattini e lampade, di cui una accesa, con la
fiamma scoperta. Tutto pareva sul punto di crollare e riversa-
re una cascata di veleni ustionanti su colui che, per uno sfor-
tunato caso, si fosse trovato a passare l vicino.
Ciononostante, l'Adepto Chimico rovist tra la confusione
come una talpa nella sua tana. Dunque, vediamo, borbott
tra s e s, mentre si lisciava la barba piena di briciole con
una mano, le polveri esplosive sono qui da qualche
parte
Glokta entr zoppicando dopo di lui e si guard attorno
sospettoso, indugiando su quel caos di boccette che ricopri-
vano ogni superficie. Storse il naso perch in quella stanza
c'era un odore acre, rivoltante.
Eccole qua!, gracchi l'Adepto nel mostrare un vasetto
impolverato, mezzo pieno di granuli neri. Fece un po' di spa-
zio su uno dei banchi di lavoro, scansando con l'avambraccio
robusto i contenitori tintinnanti di vetro e metallo. Questa
roba assolutamente rara, sapete, Inquisitore? Rarissima.
Tolse il tappo e rivers una striscia di polvere nera sul ripia-
no di legno. Pochi sono i fortunati ad aver visto questa pol-
vere in azione! Si contano su una mano! E voi tra poco sarete
uno di questi!
Glokta arretr di un passo per cautela, dal momento che
ricordava bene le dimensioni del buco nella parete della Tor-
re delle Catene. Siamo al sicuro da questa distanza,
spero
Assolutamente, mormor Saurizin. Con il braccio diste-
so per tenersi prudentemente lontano, inclin una candela ac-
cesa di modo che la fiamma toccasse un'estremit della stri-
scia. Non c' pericolo di alcun gen
Cominci con uno scoppiettio, accompagnato da una
pioggia di scintille bianche. L'Adepto Chimico balz indietro
all'istante, evitando per un soffio di andare addosso a Glokta,
e lasci cadere la candela per terra. Ci fu un altro scoppiettio,
ma pi forte, e questa volta le scintille s duplicarono, finch
un fumo dall'odore nauseante non inizi a riempire il labora-
torio. Un lampo accecante illumin la stanza per un attimo,
seguito da un forte boato e poi da un lieve sfrigolio, dopo di
che tutto tacque.
Saurizin agit la lunga manica della veste davanti a s, nel
tentativo di scacciare il fumo denso che aveva oscurato tutta
la camera. Impressionante, eh, Inquisitore?, chiese, prima
di essere colto da un attacco di tosse.
Non direi. Glokta spense sotto lo stivale la candela che
ancora bruciava per terra e si fece avanti nell'oscurit per av-
vicinarsi al banco, dove spazz via con la mano una gran
quantit di polvere grigia. Sul ripiano di legno c'era soltanto
una lunga bruciatura nera, ma niente pi di questo. I fumi
acri che gi gli si stavano aggrappando alla gola erano in
realt la cosa pi impressionante di tutte. Certo che ne fa di
fumo!, comment con voce roca.
Oh, s, tossicchi l'Adepto con fierezza, e la puzza si
sente fino al cielo!
Glokta fiss la macchia nera sul banco di lavoro. Se uno
avesse una bella quantit di questa polvere, sarebbe in grado,
diciamo, di aprire un buco in una parete?
possibile se si riuscisse ad accumularne una gran
quantit, chi lo sa che cosa si potrebbe fare? Per quanto ne
so, non ci ha mai provato nessuno.
Un muro spesso, diciamo, quattro piedi?
L'Adepto aggrott la fronte. Forse, ma vi servirebbero
dei barili di questa roba! Barili interi! E non ce n' tanta in
tutta l'Unione, senza contare che costerebbe uno sproposito,
anche se si riuscisse a trovarne tanta! Vi prego di compren-
dere, Inquisitore, che i componenti devono essere importati
dal Sud della distante Kanta, e anche l sono una rarit. Sarei
ben lieto di occuparmene io stesso, ovviamente, ma mi servi-
rebbero fondi ingenti
Grazie ancora per il vostro tempo. Glokta si volt per
avviarsi zoppicante alla porta, attraverso il fumo che solo al-
lora si andava diradando.
Ho fatto passi da gigante con gli acidi ultimamente!,
grid l'Adepto con la voce un po' incrinata. Dovreste vedere
anche quelli! Esal un respiro spezzato. Ditelo all'Arcilet-
tore passi da gigante! Fu colto da un altro attacco di tos-
se, di cui Glokta approfitt per serrare l'uscio alle sue spalle.
Che perdita di tempo. Il nostro Bayaz non avrebbe mai
potuto far entrare dei barili di quella roba nella sua stanza.
E anche se ci fosse riuscito, che fine hanno fatto tutto il fumo
e l'odore? Ho perso tempo e basta.
Silber se ne stava appostato in corridoio fuori dalla porta.
C' altro che possiamo mostrarvi, Inquisitore?
Glokta tacque un momento. Qualcuno di voi qui sa qual-
cosa di magia?
I muscoli della mascella del Sovrintendente si serrarono.
Scherzate, ovviamente. Forse preferite
Magia, ho detto.
Silber socchiuse gli occhi. Dovete capire che siamo un'i-
stituzione scientifica. La pratica della magia, cosiddetta, sa-
rebbe molto inappropriata per noi.
Glokta lo guard con occhio torvo. Non ti sto mica chie-
dendo di tirare fuori la bacchetta magica, imbecille. Da un
punto di vista storico, intendevo, puntualizz acidamente,
i Maghi e via dicendo. Bayaz!
Ah, da un punto di vista storico, capisco. L'espressione
tesa di Silber si rilass un poco. La nostra biblioteca contie-
ne un'ampia gamma di testi antichi, alcuni risalenti addirittu-
ra al periodo in cui la magia era considerata meno degna
di nota.
Chi di voi pu aiutarmi?
Il Sovrintendente sollev le sopracciglia. Temo che il
nostro Adepto Storico sia, come dire, una specie di reliquia.
Ma io ci devo parlare, mica sfidarlo a duello!
Certo, Inquisitore, da questa parte.
Glokta tocc la maniglia di una porta molto antica, rinfor-
zata da ribattini neri, e cominci a girarla, ma poi sent la
mano di Silber afferrargli il braccio.
No!, fece subito il vecchio, guidando Glokta verso un
corridoio l accanto. I libri sono qua sotto.

Era vero che l'Adepto Storico pareva anche lui un pezzo


di storia antica. La sua faccia era una rugosa maschera di
pelle floscia e semitrasparente. I capelli, radi e bianchi come
neve, gli restavano quasi in verticale sulla testa, tutti scompi-
gliati, e bench gliene rimanesse un quarto, quelli che c'era-
no erano quattro volte pi lunghi del normale. Anche le so-
pracciglia erano rade, ma le poche che aveva restavano drit-
te, puntando in ogni direzione in tutta la loro straordinaria
lunghezza, come i baffi di un gatto. Stava con la bocca sden-
tata mollemente socchiusa, e le sue mani sembravano guanti
stropicciati, pi grandi di parecchie misure. Soltanto i suoi
occhi mostravano qualche segno di vita, mentre guardavano
Glokta e il Sovrintendente che si avvicinavano.
Visitatori, vero?, gracchi, in apparenza rivolto a un
grosso corvo nero appollaiato sulla sua scrivania.
Questi l'Inquisitore Glokta!, sbrait il Sovrintendente,
piegandosi verso l'orecchio del vecchio.
Glokta?
Da parte dell'Arcilettore!
Ah, s? L'Adepto Storico lo guard in tralice con quegli
occhi stanchi.
un po' sordo, mormor Silber, ma nessuno conosce
questi libri quanto lui. Ci pens su per un momento e guar-
d gli scaffali che procedevano all'infinito, sfumando nel
buio. Anzi, a parte lui, nessuno li conosce e basta.
Grazie, gli rispose, al che il Sovrintendente annu e si
avvi verso le scale. Quando Glokta avanz di un passo ver-
so il vecchio, il corvo spicc il volo dalla scrivania e comin-
ci a svolazzare selvaggiamente da un capo all'altro del sof-
fitto, spargendo piume ovunque. Glokta sobbalz dolorosa-
mente per lo spavento. Ero sicuro che quel dannato coso fos-
se impagliato. Continu a guardarlo sospettoso finch non si
fu posato in cima a uno degli scaffali, rimanendo l, a fissar-
lo con quegli occhi gialli, minuti e brillanti.
Poi Glokta prese una sedia e vi si butt sopra. Ho biso-
gno di sapere di Bayaz.
Bayaz, ripet il vecchio a bassa voce. Ovviamente, la
prima lettera dell'alfabeto nella lingua antica.
Non lo sapevo.
Il mondo pieno di cose che non sai, giovane uomo.
L'uccello emise un improvviso, ruvido gracchiare che rie-
cheggi forte come un tonfo nel polveroso silenzio della bi-
blioteca. Pieno.
Dunque ora di cominciare la mia educazione. del-
l'uomo Bayaz che voglio sapere. Il Primo Mago.
Bayaz. Il nome che il grande Juvens diede al suo primo
apprendista. Una lettera, un nome. Primo apprendista, prima
lettera dell'alfabeto, capisci?
S, comincio ad arrivarci. Esiste davvero?
L'anziano Adepto aggrott la fronte. Senza dubbio. Non
ce l'hai avuto un precettore quando eri piccolo?
Sfortunatamente s.
E non ti ha insegnato la storia?
Ci ha provato, ma io ero pi interessato alla scherma e
alle ragazze.
Ah. Io ho smesso di interessarmi a queste cose molto
tempo fa.
Pure io Torniamo a Bayaz.
Il vecchio sospir. Secoli or sono, prima che esistesse
l'Unione, il Midderland era composto da tanti piccoli regni
sempre in guerra tra loro, regni che nascevano e morivano
col passare delle epoche. Uno di questi era dominato da un
uomo di nome Harod, che pi tardi sarebbe diventato Harod
il Grande. L'hai sentito nominare, presumo.
Ovviamente.
Bayaz entr nella sala del trono di Harod e gli promise
di farlo diventare Re di tutto il Midderland, a patto che aves-
se fatto ci che gli veniva detto. Harod, che era giovane e te-
stardo, non gli credette, allora Bayaz frantum la lunga tavo-
la con la sua Arte.
Magia, eh?
Cos racconta la storia. Harod rimase impressionato
Comprensibile.
e decise di accettare il consiglio del Mago
Che era?
Di stabilire qui ad Adua la capitale del suo regno, di fare
la pace con alcuni regni vicini e fare la guerra con altri, spie-
gando quando e come farlo. Il vecchio lanci un'occhiata
storta a Glokta. La racconti tu o la racconto io questa
storia?
Voi. E ve la state anche prendendo comoda.
Bayaz mantenne la parola. Col tempo il Midderland ven-
ne unificato, Harod divenne il Primo Re Supremo e nacque
l'Unione.
E dopo?
Bayaz serv Harod come Primo Consigliere. Le nostre
leggi e i nostri statuti, la struttura stessa del nostro governo,
si dice siano tutti di sua invenzione, e da allora non hanno
subito molte modifiche. Istitu i Consigli, Aperto e Ristretto,
e form l'Inquisizione. Alla morte di Harod lasci l'Unione,
ma promise di ritornare un giorno.
Capisco. E c' qualcosa di vero in tutto questo?
Difficile a dirsi. Mago? Stregone? Fattucchiere? Il vec-
chio guard la fiamma tremolante della candela. Per un sel-
vaggio, quella candela potrebbe essere un'opera di magia. La
linea che separa l'imbroglio dalla magia molto sottile, capi-
sci? Ma questo Bayaz era una mente acuta ai suoi tempi,
un dato di fatto.
Tutte cose inutili. E prima?
Prima di che?
Prima dell'Unione, prima di Harod.
Il vecchio si strinse nelle spalle. La storiografia non era
una priorit in quelle epoche buie. Tutto il mondo era nel
caos a causa della guerra tra Juvens e suo fratello
Kanedias
Kanedias? Il Sommo Creatore?
Esatto.
Kanedias. quello che mi fissa dal muro della mia stan-
zetta, nelle cantine sotto la deliziosa dimora di Severard in
citt. Juvens morto e i suoi undici apprendisti, i Maghi, che
marciano per andarlo a vendicare. La conosco gi questa
storia.
Kanedias, borbott Glokta. L'immagine della sagoma
scura sullo sfondo fiammeggiante era ben chiara nella sua
mente. Il Sommo Creatore. esistito davvero?
E chi lo sa. Si trova al confine tra realt e mito, suppon-
go. Probabilmente un pizzico di verit c'. Qualcuno dovr
pure averlo costruito quel dannato torrione, no?
Torrione?
Il Palazzo del Creatore! L'anziano fece un gesto per in-
dicare ci che li circondava. E dicono che abbia costruito
anche questo posto.
Cosa, la biblioteca?
Il vecchio scoppi a ridere. L'intera Agriont, o almeno la
roccia su cui si poggia. Quindi anche l'Universit. Lui la co-
stru, nomin i primi Adepti per aiutarlo con il suo lavoro, di
qualunque genere fosse, e per scrutare nel profondo la natura
delle cose. Noi qui siamo i discepoli del Creatore, gi, anche
se dubito che quelli di sopra lo sappiano. Lui se ne andato,
ma il suo lavoro continua, eh?
In un certo senso. Dov' andato?
Ah. morto. Il tuo amico Bayaz l'ha ucciso.
Glokta sollev un sopracciglio. Ma davvero?
Cos narra la storia. Non hai letto La Caduta del Sommo
Creatore?
Quella schifezza? Credevo fosse tutta invenzione!
Lo . Uno sproloquio sensazionalistico, ma basato sugli
scritti del tempo.
Scritti? Ne sono rimasti?
Il vecchio socchiuse gli occhi. Qualcuno.
Qualcuno? Li avete qui?
Uno in particolare.
Glokta fiss il vecchio. Fatemelo vedere.

L'antica pergamena crepit quando l'Adepto Storico sroto-


l con delicatezza il manoscritto sul tavolo. Era ingiallito e
spiegazzato, i bordi erano consunti dal tempo e i caratteri
riempivano fittamente tutto il foglio: simboli strani, del tutto
incomprensibili per Glokta.
In che lingua scritto?
Nella lingua antica. Pochi sono in grado di leggerla or-
mai. Il vecchio indic la prima riga. Il resoconto della ca-
duta di Kanedias, dice, terzo di tre.
Terzo di tre?
Di tre rotoli, suppongo.
E gli altri due?
Persi.
Ah. Glokta lanci un'occhiata agli scaffali infiniti della
biblioteca. Non so neanche come avete fatto a trovare quel-
lo, qui dentro. Che dice questo qui?
L'anziano bibliotecario scrut gli strani caratteri alla fioca
luce dell'unica, guizzante candela, mentre con l'indice tre-
mante seguiva le righe del manoscritto, muovendo le labbra
senza emettere suono. "Grande era la loro ira".
Eh?
Cos comincia. "Grande era la loro ira". Cominci a
leggere lentamente. "I Maghi inseguirono Kanedias, porta-
rono i suoi fedeli davanti a loro. Distrussero la sua fortezza,
ridussero in cenere i suoi palazzi e uccisero i servi. Il Creato-
re stesso, gravemente ferito nella battaglia contro il fratello
Juvens, trov rifugio presso il suo Palazzo". Il vecchio svol-
se un altro pezzetto di pergamena. "Per dodici giorni e do-
dici notti, i Maghi assediarono le porte con la loro furia, ma
non riuscirono ad abbatterle. Poi Bayaz trov il modo di en-
trare" L'Adepto pass la mano sul manoscritto con un ge-
sto di frustrazione, perch l'umidit, o chiss che altro, aveva
sfocato i caratteri della sezione successiva. Non riesco a
leggere qui dice qualcosa sulla figlia del Creatore, pu
darsi.
Sicuro?
No!, ribatt stizzito il vecchio. Manca una sezione in-
tera!
Ignorala, allora! Passa alla prossima cosa di cui sei sicu-
ro.
Beh, vediamo Bayaz lo segu fino al tetto e lo gett di
sotto. L'anziano si schiar rumorosamente la voce. Il Crea-
tore precipit avvolto dalle fiamme e si schiant sul ponte. I
Maghi cercarono il Seme in lungo e in largo, ma non lo tro-
varono.
Il Seme?, domand Glokta perplesso.
Cos c' scritto, non dice altro.
Che diavolo significa?
Il vecchio si riaccasci sulla sedia, palesemente contento
per questa rara opportunit di mostrare la sua competenza
nel proprio campo di studio. La fine dell'era mitica, l'inizio
dell'era della ragione. Bayaz, i Maghi, rappresentano l'ordi-
ne. Il Creatore, invece, una figura semidivina: la supersti-
zione, l'ignoranza, non saprei. Non pu essere del tutto in-
ventato, per. Dopo tutto qualcuno dovr pure averlo costrui-
to quel dannato torrione, e scoppi in una risata a pieni pol-
moni.
Glokta non si disturb neanche a evidenziare che l'Adepto
aveva fatto quella stessa battuta pochi minuti prima. E nean-
che prima aveva fatto ridere. Ripetere la condanna dei
vecchi. Che mi dite di questo Seme?
La magia, i segreti, il potere? tutta una metafora.
L'Arcilettore non si lascer impressionare dalle metafore.
Soprattutto da quelle riuscite male. Non c' altro?
Va un po' pi avanti, vediamo Torn a guardare i
simboli. Si schiant sul ponte, cercarono il Seme
S, s.
Pazienta, Inquisitore. Il suo dito avvizzito segu i carat-
teri. Sigillarono il Palazzo del Creatore. Seppellirono i ca-
duti, tra cui anche Kanedias e sua figlia. Tutto qua. Guard
con attenzione la pergamena, con il dito sospeso sopra le ul-
time lettere. E Bayaz prese la chiave. Basta.
L'espressione di Glokta si fece sorpresa. Cosa? Com'
l'ultimo pezzo?
Sigillarono le porte, seppellirono i caduti, e Bayaz prese
la chiave.
La chiave? Quella del Palazzo del Creatore?
L'Adepto Storico strizz gli occhi sulla pagina. Cos
dice.
Non esiste una chiave. Quella torre rimasta sigillata per
secoli, tutti lo sanno. Il nostro impostore non avr nessuna
chiave, questo certo. Lentamente, un sorriso si affacci sul
viso di Glokta. Non molto, no, ma con lo scenario giusto e
la giusta enfasi, potrebbe bastare. L'Arcilettore rimarr
compiaciuto.
Questo me la porto via. Attir verso di s l'antico ma-
noscritto e cominci ad arrotolarlo.
Cosa? Gli occhi dell'Adepto si spalancarono, terrorizza-
ti. Non puoi! Si tir in piedi vacillante, in modo anche pi
doloroso di come avrebbe fatto Glokta, e il corvo si alz in
volo nello stesso momento, gracchiando furiosamente, svo-
lazzando di nuovo da una parte all'altra del soffitto, ma Glok-
ta li ignor entrambi. Non puoi prenderlo! insostituibile,
sibil il vecchio, nel disperato tentativo di afferrare il rotolo.
Glokta spalanc le braccia. Fermatemi, allora! Avanti,
fatelo. Sai che bella scena! Ve lo immaginate? Noi due storpi
che zoppichiamo tutti agitati tra gli scaffali, mentre un uccel-
lo ci caga in testa e questo vecchio pezzo di carta viene strat-
tonato da una parte all'altra. Ridacchi. Non sarebbe molto
dignitoso, non credete?
L'Adepto Storico, spossato dai suoi miseri sforzi, si accar-
tocci di nuovo sulla sedia, ansimante. Nessuno d pi im-
portanza al passato, ormai, sussurr. Non capiscono che
senza passato non esiste futuro.
Molto profondo. Glokta si infil la pergamena arrotolata
nel mantello e si volt per andar via.
Chi si curer del passato quando io non ci sar pi?
Chi se ne frega, rispose lui, gi diretto alle scale. Fin-
tanto che non sar io.
33.

Gli eccezionali talenti di Fratel Piedelungo

Era da una settimana che Logen si svegliava tutte le matti-


ne a causa delle grida e degli applausi. Cominciavano presto
a strapparlo dal sonno, fragorosi come una battaglia immi-
nente e, in effetti, la prima volta aveva creduto che fossero
davvero urla di battaglia, ma ora aveva capito che si trattava
soltanto del loro dannatissimo, stupido sport. Chiudere la fi-
nestra attenuava il baccano, ma ben presto il caldo diventava
insopportabile, e poich la scelta era tra dormire poco e non
dormire affatto, aveva imparato a lasciare la finestra aperta.
Si strofin gli occhi e si tir a sedere sul letto, imprecan-
do. Un'altra afosa giornata di noia nella Citt delle Torri
Bianche. Sulla strada, nella natura selvaggia, era pronto e
scattante non appena apriva gli occhi, ma qui, tra l'inerzia e il
caldo, era come rallentato, impigrito. Inciamp sulla soglia
della porta del salotto, fece uno sbadiglio enorme e si pass
una mano sulla mascella. Poi si gel.
C'era qualcuno. Uno sconosciuto investito dalla luce del
sole se ne stava in piedi davanti alla finestra, con le mani
dietro la schiena. Era un tipo piccoletto dai capelli molto cor-
ti e la testa bitorzoluta, indossava strani vestiti rovinati dal
viaggio, fatti di un tessuto cascante, ormai sbiadito, che si
era avvolto a pi strati attorno al corpo.
Ancora prima che Logen avesse modo di parlare, l'uomo
si volt e fece un agile scatto verso di lui. E voi siete?,
chiese. La sua faccia sorridente era molto abbronzata, e se-
gnata dalla vita all'aria aperta; ci aveva reso la sua pelle si-
mile al cuoio increspato di un vecchio paio di stivali, e per
questo motivo era impossibile dire quanti anni avesse - forse
venticinque, forse cinquanta.
Novedita, mormor Logen arretrando prudentemente
verso il muro.
Novedita, s. L'ometto si fece avanti, afferr la mano di
Logen e la strinse tra le sue. un onore e un gran privile-
gio, disse, chiudendo gli occhi e chinando la testa, poter
fare la vostra conoscenza!
Avete sentito parlare di me?
Ahim, no, ma tutte le creature di Dio meritano il pi
profondo rispetto. E chin di nuovo la testa. Io sono Fratel
Piedelungo, viaggiatore dell'illustre Ordine dei Navigatori.
Poche sono le terre sotto il sole che i miei piedi non abbiano
percorso. Indic gli stivali consunti e spalanc le braccia.
Dalle montagne di Thond ai deserti di Shamir, dalle pianure
del Vecchio Impero alle acque argentine delle Mille Isole,
tutto il mondo casa mia! Precisamente!
Parlava bene la lingua del Nord, forse addirittura meglio
dello stesso Logen. Anche il Nord?
Ci andai per una breve visita, quando ero giovane. Tro-
vai il clima un tantino rigido.
Parlate bene la lingua, per.
Poche sono le lingue che io, Fratel Piedelungo, non so
parlare. L'abilit innata con gli idiomi solo uno dei miei nu-
merosi ed eccezionali talenti. L'uomo fece un sorriso lumi-
noso. Dio mi ha davvero benedetto, aggiunse.
Logen si chiese se non si trattasse di uno scherzo ben or-
ganizzato. Cosa vi porta qui?
Sono stato chiamato! I suoi occhi scuri brillarono.
Chiamato?
S! Dal Primo Mago Bayaz. Egli mi ha chiamato e io
sono venuto! la prassi per me! Un generosissimo contribu-
to ai forzieri dell'Ordine ha ripagato l'uso dei miei ecceziona-
li talenti, ma sarei venuto anche senza ricompensa. Sicuro!
Senza ricompensa.
Veramente?
Certo! L'ometto si allontan e prese a passeggiare per
la stanza a una velocit vertiginosa, mentre si sfregava le
mani. La sfida di questo incarico ha stimolato sia l'orgoglio
dell'Ordine che la sua ben documentata avidit! E sono stato
io! Io, ad essere scelto per questo compito, tra tutti i Naviga-
tori del Circolo del Mondo! Io, Fratel Piedelungo! Io e nes-
sun altro! E chi, nella mia posizione, con una reputazione
come la mia, avrebbe potuto resistere a una sfida del
genere?
Si ferm davanti a Logen e lo fiss come in attesa di ri-
sposta. Ehm
Non io!, grid Piedelungo, gi ripartito per fare il giro
della stanza. Io non ho resistito! Perch avrei dovuto? Non
sarebbe stato da me! Un viaggio ai confini estremi del Mon-
do? Che storia potrei raccontare! Quale ispirazione per tanti!
Che
I confini estremi del Mondo?, chiese Logen sulla difen-
siva.
Lo so! Quell'uomo strano gli diede una pacca sul brac-
cio. Anch'io sono molto eccitato!
E questi deve essere il nostro Navigatore. Bayaz usc
dalla sua stanza.
Esatto, sono io. Fratel Piedelungo, al vostro servizio. E
voi siete, presumo, nientemeno che il mio illustre datore di
lavoro, il Primo Mago Bayaz.
S, sono io.
un onore e un gran privilegio, grid Piedelungo, av-
vicinandosi rapidamente a Bayaz e afferrandogli la mano,
poter fare la vostra conoscenza!
Altrettanto. Spero che il vostro viaggio sia stato piacevo-
le.
I viaggi sono sempre piacevoli per me! Sempre! il
tempo che intercorre tra l'uno e l'altro che trovo stancante.
Davvero! Bayaz lanci un'occhiata interrogativa a Logen,
che pot soltanto scrollare le spalle. Posso chiedervi tra
quanto tempo cominceremo il nostro viaggio? Sono molto
ansioso di imbarcarmi!
Presto, spero, arriver anche l'ultimo membro della no-
stra spedizione. Dovremo noleggiare una nave.
Ma certo! Sar mio particolare piacere procurarvela!
Cosa devo dire al capitano in merito alla nostra rotta?
A ovest, oltre il Mare Circolare fino a Stariksa, poi oltre
fino a Calcis nel Vecchio Impero. L'ometto sorrise e fece un
inchino profondo. Approvate?
Approvo, ma sono poche le navi che superano Calcis di
questi tempi. Le infinite guerre del Vecchio Impero hanno
reso pericolose quelle acque. La pirateria, ahim, dilaga. Po-
tremmo avere problemi a trovare un capitano che sia dispo-
sto ad andare l.
Questo dovrebbe aiutarvi. Bayaz gett sul tavolo la sua
sacchetta, immancabilmente piena.
Oh, s, mi aiuter eccome.
Assicuratevi che la nave sia veloce. Una volta pronti,
non voglio sprecare neanche un giorno.
Di questo potete star certo, disse il Navigatore nel sol-
levare il pesante sacchetto colmo di monete. Navigare a
bordo di navi lente non da me! No! Vi trover la nave pi
veloce di Adua! S! Voler come il respiro di Dio! Solcher i
flutti come
Veloce e basta andr bene.
L'ometto inclin la testa. Data della partenza?
Entro la fine del mese. Bayaz guard Logen. Perch
non vai con lui?
Eh?
S!, url il Navigatore. Andremo insieme! Prese Lo-
gen per un gomito e cominci a tirarlo verso la porta.
Mi aspetto che mi riportiate il resto, Fratel Piedelungo!,
grid Bayaz alle sue spalle.
Il Navigatore si volt sulla soglia della porta. Avrete il
vostro resto, ve lo assicuro. Oculatezza negli affari, attitudine
agli scambi, intrepida determinazione nelle negoziazioni!
Questi sono solo tre, e fece un ampio sorriso, dei miei ec-
cezionali talenti!
Che posto favoloso questa Adua. Davvero. Poche citt
possono reggere il confronto. Forse Shaffa pi grande, ma
cos polverosa. Nessuno potrebbe negare che Westport e
Dagoska abbiano delle vedute meravigliose. Qualcuno pensa
a Ospria come alla citt pi bella del mondo, arroccata com'
sulle pendici della sua montagna, ma c' da dire che il cuore
di Fratel Piedelungo appartiene alla grande Talins. Ci siete
mai stato, Mastro Novedita, avete mai visto quella nobile cit-
t?
Ehm Logen era impegnato a tenere il passo con l'o-
metto, che si insinuava con naturalezza nel flusso intermina-
bile di gente.
Piedelungo si ferm cos bruscamente che per poco Logen
non gli inciamp addosso. Il Navigatore si gir con le mani
alzate e parve fissare qualcosa in lontananza con sguardo so-
gnante. Talins al tramonto, vista dall'oceano! Sono stato te-
stimone di molte cose di rara bellezza, credetemi, ma parola
mia, quella la vista pi bella di tutto il mondo. Il modo in
cui il sole luccica sulla miriade di canali, sulle cupole scintil-
lanti della cittadella del Granduca e sui palazzi eleganti dei
principi mercanti Non si sa dove finisce lo sfavillio del
mare e comincia quello della citt. Ah! Talins! Poi si gir
nuovamente e riprese a trottare, con Logen che si affrettava
ad andargli dietro.
Ma questa Adua senz'altro un bel posto, e cresce di
anno in anno. Le cose sono molto cambiate dalla mia ultima
visita, sono sincero! Una volta c'erano solo nobili e popolani,
ed erano i primi a possedere la terra, quindi di conseguenza
tutta la ricchezza e il potere erano in mano loro. Ah! Sempli-
ce, capite?
Beh Logen, per, aveva gi abbastanza difficolt a
vedere pi lontano della schiena di Piedelungo.
Ora invece c' il commercio, e quanto sviluppato! Mer-
canti, banchieri e cos via. Sono ovunque, si contano a eser-
citi. Oggi anche i popolani possono arricchirsi, vedete? E un
povero ricco potente quanto gli altri. Allora che cos' ades-
so: un nobile o un plebeo? Oppure qualcos'altro? Ah. Di-
venta improvvisamente molto complicato, no?
Ehm
Tanto benessere, tanto denaro, ma anche tanta povert! I
mendicanti e gli straccioni sono moltissimi. Non sano che
ci siano ricchi cos ricchi e poveri cos poveri, tutti gli uni
sugli altri poi, ma un bel posto, e cresce in continuazione.
Per me troppo affollato, fece Logen, prendendosi una
spallata da un passante, e troppo caldo.
Bah! Affollato? E questo lo chiamate affollato? Dovreste
vedere il grande tempio di Shaffa alla preghiera del mattino!
Oppure la grandiosa piazza di fronte al Palazzo dell'Impera-
tore quando i nuovi schiavi vengono venduti all'asta! E poi,
caldo? Non questo il vero caldo! A Ul-Saffayn, nell'estre-
mo sud di Gurkhul, la canicola estiva tale che si pu cuoce-
re un uovo sulla soglia di casa. Veramente! Di qua. Si intru-
fol tra la gente che passava per imboccare una stradina late-
rale. Di qua si fa prima!
Logen lo prese per un braccio. Laggi? Cerc di pene-
trare il buio con gli occhi. Sicuro?
Ne dubitate?, domand Piedelungo, all'improvviso
inorridito. Come fate a dubitarne davvero? Tra i miei ecce-
zionali talenti, l'orientamento quello principale! soprat-
tutto in virt di questo che il Primo Mago ha versato un con-
tributo cos generoso nei forzieri dell'Ordine! possibile che
voi ma aspettate un attimo. Alz una mano, e il sorriso
torn a poco a poco sul suo viso, poi picchiett con un dito il
petto di Logen. Voi non conoscete Fratel Piedelungo. Non
ancora. Siete cauto e sospettoso, lo capisco; sono qualit po-
sitive queste, se messe al posto giusto. Non mi aspetto che
voi abbiate la mia fede incrollabile nelle mie abilit. No!
Non sarebbe giusto. E l'ingiustizia una qualit negativa.
No! L'ingiustizia non da me.
Volevo solo dire che
Ma vi convincer!, grid. Lo far, ci potete scommet-
tere! Arriverete a fidarvi della mia parola ancor prima di fi-
darvi dalla vostra. S! Di qua si fa prima! E imbocc a gran-
di passi il vicolo scuro, camminando con una rapidit im-
pressionante. Bench le gambe di Logen fossero di mezzo
piede pi lunghe delle sue, aveva difficolt a stargli dietro.
Ah, i vicoli!, grid il Navigatore rivolto all'indietro,
guidando Logen lungo delle stradine buie e luride dove gli
edifici si accalcavano in modo soffocante. Vicoli, eh? Man
mano che andavano avanti, i viottoli si facevano sempre pi
oscuri, sempre pi stretti, e sempre pi sporchi, ma l'ometto
continuava a prendere una svolta dopo l'altra, senza mai fer-
marsi a considerare da che parte dirigersi. Sentite questo
odore? Lo sentite, Mastro Novedita? Sa di, e fece una
pausa, in cui si strofin gli indici contro i pollici in cerca del-
le parole pi adatte, mistero! Avventura!
A Logen pareva pi puzza di merda. Un uomo giaceva ri-
verso a faccia in gi nella spazzatura, ubriaco fradicio forse,
o magari semplicemente morto. I passanti che incontravano
procedevano zoppicando, tanto erano macilenti, e altri uomi-
ni ancora sedevano in gruppi poco raccomandabili di fronte
alle case, intenti a passarsi delle bottiglie. Ma c'erano anche
delle donne.
Per quattro marchi ti faccio un bel servizietto, Uomo del
Nord!, gli grid una di loro, mentre lui le passava davanti.
Un servizietto che non scorderai tanto presto! Facciamo tre,
allora!
Puttane, sussurr Piedelungo scuotendo la testa, e a
poco prezzo anche. Vi piacciono le donne?
Beh
Allora dovreste andare a Ul-Nahb, amico mio! Ul-Nahb,
sulle rive del Mare Meridionale! Si possono comprare delle
schiave di letto l. Oh, s! Costano una fortuna, ma le adde-
strano per anni!
Si possono comprare delle ragazze?, chiese Logen
sconcertato.
E anche ragazzi, se avete quel tipo di tendenze.
Eh?
Le addestrano per anni, davvero. C' un mercato fiorente
laggi. Le volete esperte? Ebbene, quelle ragazze hanno
un'esperienza che non immaginate! Oppure visitate Sipani!
Ci sono certi posti in quella citt fiuh! Le donne sono
splendide, tutte quante! Veramente! Come principesse! E pu-
lite, soprattutto, mormor adocchiando una delle sciatte si-
gnore lungo la strada.
Ma a Logen un po' di sporco non dispiaceva affatto.
Esperte e splendide suonava troppo complicato per lui. Una
ragazza appoggiata contro lo stipite di una porta con un brac-
cio alzato attrasse la sua attenzione, e lei li osserv con un
sorriso poco convinto. Logen la trovava carina, in modo di-
sperato. Pi carina di lui, comunque, ed era passato cos tan-
to tempo Bisogna essere realisti in queste cose.
Logen si ferm nel bel mezzo della strada. Bayaz voleva
il resto?, chiese.
S. stato molto chiaro a riguardo.
C' del denaro che avanza, allora?
Piedelungo sollev un sopracciglio. Beh, forse. Vedia-
mo Tir fuori il borsellino con un gesto teatrale e lo apr,
rovistando all'interno. Si sent un rumoroso tintinnio di mo-
nete.
Credi che sia una buona idea? Logen scocc occhiate
lungo la via e vide che alcune facce erano rivolte verso di
loro.
Come avete detto?, domand il Navigatore, ancora in-
daffarato con il borsellino. Tir fuori alcune monete e le alz
per osservarle alla luce, poi le premette nel palmo di Logen.
La discrezione non uno dei tuoi talenti, vero? Tre
straccioni del vicolo cominciarono ad avvicinarsi a loro len-
tamente, incuriositi, uno alle loro spalle e due davanti.
No, niente affatto, rise Piedelungo. Niente affatto! Io
sono uno che parla chiaro! La chiarezza da me! S! Io sono
un ah. Si era accorto delle figure in ombra che avanzava-
no furtive nella loro direzione. Ah. Che disgrazia. Oh, po-
vero me.
Logen si gir verso la ragazza. Ti spiace se noi Ma
lei gli sbatt l'uscio in faccia e altre porte vennero chiuse lun-
go la via. Merda, disse. Come te la cavi nel combatti-
mento?
Dio ha voluto benedirmi con molti ed eccezionali
talenti, mormor il Navigatore, ma la lotta non tra que-
sti.
Uno degli uomini aveva gli occhi parecchio storti. Quel-
lo un sacchetto molto grosso per un uomo tanto piccolo,
disse nell'avvicinarsi.
Beh, ecco, mormor Piedelungo, rannicchiandosi
dietro la spalla di Logen.
Un peso eccessivo per un ometto come te, aggiunse
l'altro.
Perch non lasciate che vi aiutiamo?
Nessuno dei due aveva le armi pronte, ma dal modo in cui
muovevano le mani Logen sapeva che ce le avevano addosso
da qualche parte. Poi avvert la presenza del terzo uomo alle
sue spalle, ed era vicino, pi vicino degli altri due. Se fosse
riuscito a sistemare il tizio dietro, avrebbe potuto cavarsela
bene, ma non voleva rischiare di rovinare la sorpresa giran-
dosi a guardarlo. Come sempre, poteva solo sperare per il
meglio.
Cos, strinse i denti e diede una gomitata all'indietro, col-
pendo l'uomo sulla mascella producendo un rumoroso scric-
chiolio di ossa rotte, quindi gli afferr il polso con l'altra
mano, e per fortuna, perch l'altro aveva gi tirato fuori il pu-
gnale. Gli diede un'altra gomitata sulla bocca e gli strapp
l'arma dalle dita insensibili, cos quello croll per terra, sbat-
tendo la testa sull'acciottolato sudicio. Allora Logen si volt
di scatto, in previsione di una possibile coltellata nella schie-
na, ma gli altri due non si erano mossi con rapidit. Avevano
estratto i coltelli anche loro, uno aveva pure fatto un passetto
verso di lui, per si era bloccato quando aveva visto che an-
che Logen brandiva un'arma ed era pronto a usarla.
Una miseria di coltello, sei pollici di ferro arrugginito sen-
za guardia sul manico ma era meglio di niente. Molto me-
glio. Logen lo agit in aria davanti ai loro nasi, giusto per ac-
certarsi che tutti l'avessero visto e la cosa gli diede una bella
sensazione, come se le sue possibilit fossero tutto d'un tratto
aumentate.
Allora, chiese, chi il prossimo?
I due si mossero in direzioni opposte per coprire entrambi
i lati, soppesando i coltelli nelle loro mani, ma non sembra-
vano troppo ansiosi di farsi avanti.
Possiamo prenderlo!, sussurr lo strabico, per il suo
amico non era tanto sicuro.
Oppure, potete avere queste. Logen apr il palmo chiu-
so, in cui teneva strette le monete che Piedelungo gli aveva
dato poco prima. E ci lasciate stare. Non posso darvi altro.
Agit ancora un po' il coltello, quasi volesse dare pi peso
alle sue parole. Valete queste per me, e non un soldo di pi.
Che decidete?
Lo strabico sput per terra. Possiamo prenderlo!, sibil
di nuovo. Va' prima tu!
Va' tu, cazzo!, strill l'altro.
Prendete quello che vi sto offrendo, cos nessuno dovr
andare da nessuna parte, disse Logen.
Quello che aveva preso a gomitate gemette nel rigirarsi
per terra e ci parve ricordare agli altri la fine che avrebbero
fatto, dunque si decisero. E va bene, brutto bastardo del
Nord, va bene. Le prendiamo!
Logen sogghign. Gli pass per la testa di tirare le monete
allo strabico e accoltellarlo mentre era distratto, come avreb-
be fatto quando era giovane, ma decise altrimenti. Perch di-
sturbarsi, dopotutto? Sicch apr le dita e gett il denaro die-
tro di s, spostandosi al contempo verso il muro pi vicino.
Lui e i due ladri si studiarono prudentemente a vicenda e co-
minciarono a muoversi in cerchio; ogni loro passo li portava
pi vicini al denaro, ogni suo passo lo portava pi vicino alla
salvezza, poi, una volta che si furono scambiati di posto, Lo-
gen cominci ad arretrare lungo la strada, ma non abbass
mai il pugnale. Allontanatosi da loro di una decina di passi,
vide i ladri accucciarsi per raccogliere le monete sparse per
terra.
Sono ancora vivo, si disse, mentre aumentava il passo.
Era stato fortunato, lo sapeva. un idiota chi sottovaluta
uno scontro, perch pu sempre rimanerci secco, anche se gli
avversari sono scarsi e lui il pi forte. Che fortuna aver
beccato per bene quello dietro, e che fortuna che gli altri due
fossero lenti. Ma lui era sempre stato fortunato negli scontri;
fortunato a uscirne vivo, s, ma sfortunato nel cacciarvisi in
continuazione. Comunque era soddisfatto di come era andata
quel giorno, dal momento che non aveva ammazzato nessu-
no.
Inaspettatamente, sent una manata sulla schiena e si volt
di scatto con il coltello pronto.
Sono solo io! Fratel Piedelungo alz le mani. Logen si
era quasi dimenticato del Navigatore, che doveva essere ri-
masto dietro di lui per tutto il tempo, in assoluto silenzio.
Ben fatto, Mastro Novedita, ben fatto! Dico sul serio! Vedo
che anche voi non siete sprovvisto di talenti, dopotutto! Non
vedo l'ora di viaggiare con voi, sono sincero! Il porto di
qua!, grid, mentre gi riprendeva il cammino.
Logen si guard dietro un'ultima volta, ma i due ladri sta-
vano ancora raccogliendo le monete da terra, cos gett il pu-
gnale e corse a raggiungere Piedelungo. Voi Navigatori non
vi battete mai?
Alcuni di noi s, certo, sia a mani nude che con armi di
ogni tipo. Certi sono assassini provetti, ma io no. Non da
me.
Mai?
Mai. Le mie abilit sono di altro tipo.
Pensavo che incontrassi molti pericoli nei tuoi viaggi.
Infatti, fece Piedelungo con un sorriso radioso, moltis-
simi pericoli. Ed in quei casi che il mio eccezionale talento
nel nascondermi mi torna cos utile.
34.

Quelli come lei combattono contro tutto

La notte era gelida e il vento salato spazzava tagliente la


cima della collina, mentre i vestiti di Ferro erano troppo leg-
geri, troppo logori. Si strinse le braccia al corpo e ingobb le
spalle, guardando biecamente il mare sotto di lei. Dagoska
era arroccata su uno scoglio a picco, che svettava tra l'ampia
curva della baia e l'oceano scintillante. Da quella distanza
appariva come una nube di lucine minuscole e i suoi occhi
erano in grado di distinguere le vaghe, piccole forme delle
mura e delle torri, che si stagliavano nere contro il cielo not-
turno. Una fina lingua di terra arida collegava la citt alla ter-
raferma, rendendola quasi un'isola. Tra loro e Dagoska c'era-
no i fuochi dei numerosi accampamenti sorti nei dintorni del-
la strada.
Dagoska, sussurr Yulwei, seduto su una roccia accanto
a lei. Un frammento dell'Unione conficcato dentro Gurkhul,
come una spina. Una spina nell'orgoglio dell'Imperatore.
Ah, grugn Ferro, e si strinse nelle spalle ancora di pi.
La citt sorvegliata da molti soldati. Troppi. Potremmo
avere delle difficolt a ingannarne cos tanti.
Allora forse meglio che torniamo indietro, propose
speranzosa.
Ma il vecchio la ignor. Anche loro sono qui. Sono pi
di uno.
I Mangiatori?
Devo avvicinarmi per trovare il modo di entrare. Aspet-
tami qui. Si ferm in attesa di risposta. Mi aspetterai?
E va bene, sibil, va bene, ti aspetter!
Yulwei scivol gi dalla roccia e cominci a scendere lun-
go il declivio, intanto che i suoi piedi scalpicciavano sulla
terra morbida e lui era quasi invisibile in quell'oscurit d'in-
chiostro. Quando il tintinnio dei suoi bracciali si fu dissolto
nella notte, Ferro si mise di spalle alla citt, prese un respiro
profondo e corse gi dalla collina in direzione sud, rientran-
do nei confini di Gurkhul.
Ora Ferro sapeva correre. Veloce come il vento, per ore e
ore, perch aveva passato un sacco di tempo a farlo. Cos,
quando raggiunse i piedi della collina, si diede alla fuga,
quasi volando sul terreno aperto, con il respiro che giungeva
rapido e pesante. Sent uno sciabordio poco pi avanti, dun-
que scivol lungo un argine e si tuff tra le secche di un fiu-
me che scorreva lento e in cui arranc con l'acqua fredda che
le arrivava alle ginocchia.
Voglio proprio vedere se il vecchio bastardo riesce a se-
guire le mie tracce adesso, pens.
Dopo un po' infagott le sue armi e le tenne sollevate so-
pra la testa, mentre nuotava controcorrente con un braccio
solo. Arrivata al di l del fiume, prese a seguire l'argine,
asciugandosi la faccia gocciolante.
Il tempo pass lentamente, finch non si cominci a scor-
gere un bagliore arrampicarsi pian piano in cielo. Il mattino
stava per arrivare. Il fiume le gorgogliava accanto, i suoi san-
dali scandivano un ritmo rapido sull'erba dura. Alla fine si la-
sci il corso d'acqua alle spalle e sfrecci su una pianura de-
serta; il nero che l'avvolgeva stava virando al grigio nell'im-
minenza dell'alba, e Ferro vide un gruppetto d'alberi stentati
profilarsi davanti a lei.
Si precipit tra i tronchi e and a rintanarsi tra i cespugli
strisciandoci in mezzo, con il respiro sibilante in gola e il
cuore che le martellava in petto. Rabbrivid alla fioca luce e
stette in ascolto del silenzio che regnava oltre gli alberi. Tut-
to taceva. Bene. Dalle tasche dei vestiti tir fuori un tozzo di
pane e una striscia di carne, molliccia dopo la nuotata ma an-
cora commestibile. Sorrise al pensiero di aver conservato
met delle cose che Yulwei le aveva dato negli ultimi giorni.
Stupido vecchio bastardo, ridacchi tra un boccone
enorme e l'altro, pensava di avere la meglio su Ferro Mal-
jinn, eh?
Accidenti se aveva sete, ma non poteva farci niente ades-
so, quindi avrebbe cercato dell'acqua pi tardi. Era anche
stanca, per, molto stanca. Persino Ferro si stancava. Decise
che si sarebbe riposata un minuto, solo uno, il tempo di farsi
ritornare la forza nelle gambe, e poi sarebbe ripartita alla
volta di Fece una smorfia, contrariata. Anche la destina-
zione l'avrebbe decisa pi tardi, tanto qualsiasi posto andava
bene, purch avesse trovato l la sua vendetta. S.
Strisci tra i cespugli fino a trovare un tronco a cui appog-
giare la schiena e l i suoi occhi si chiusero pian piano da
soli. Un attimo di riposo e poi la vendetta.
Stupido bastardo, borbott, prima di abbandonare la te-
sta da un lato.

Fratello!
Ferro si svegli con un sussulto, sbattendo la testa contro
il tronco. C'era luce, troppa luce, segno che una nuova, afosa
giornata era gi iniziata. Per quanto tempo aveva dormito?
Fratello! Era una voce di donna e non era tanto lontana.
Dove sei?
Quaggi! Ferro raggel, tutti i muscoli le si irrigidirono
all'istante. Una voce maschile, forte e profonda, ma soprat-
tutto vicina. Si sentiva il pestare degli zoccoli di vari cavalli
che avanzavano lentamente poco distanti da lei.
Che stai facendo, fratello?
vicina!, grid nuovamente l'uomo, al che la gola di
Ferro si chiuse. Sento il suo odore! Cerc a tastoni le sue
armi tra i cespugli, si infil il coltello e la spada nella cintura
e l'altro pugnale nell'unica manica stracciata. Sento il suo
sapore, sorella! molto vicina!
Ma dove? La voce della donna proveniva da breve di-
stanza. Pensi che possa sentirci?
Forse!, rise l'uomo. Sei l, Maljinn? Ferro si gett la
faretra in spalla e afferr l'arco al volo. Ti stiamo aspettan-
do, cantilen, appena al di l degli alberi. Vieni fuori,
Maljinn, vieni fuori a darci il benvenuto
Ferro part di corsa travolgendo i cespugli per uscire sulla
pianura a velocit disperata.
Eccola l!, grid la donna alle sue spalle. Guarda
come fila!
Prendetela, allora!, strill l'uomo.
La distesa d'erba sterposa si allargava a perdita d'occhio
davanti a lei, ininterrotta. Non c'era un posto verso cui scap-
pare, cos si volt con un ringhio rabbioso e incocc una
freccia. Fu allora che vide quattro uomini a cavallo che dava-
no di sprone verso di lei: soldati Gurkish, con il sole che si
riverberava sui loro alti elmi e sulle crudeli punte delle loro
lance. Dietro di loro, pi gi, un uomo e una donna venivano
al galoppo. Ferma! In nome dell'Imperatore!, grid uno
dei cavalieri.
Fanculo il vostro Imperatore! La sua freccia colp il pri-
mo soldato al collo e lo fece cadere dalla sella con un rantolo
scioccato e perdere la presa la lancia.
Bel tiro!, grid la donna. Il secondo cavaliere si becc
una freccia in petto e, bench la piastra pettorale l'avesse
ostacolato, il dardo penetr comunque a una profondit tale
da ucciderlo. Quello lanci un grido, contorcendosi sulla sel-
la e lasciando cadere la spada, ma tenendo stretta la lancia.
Il terzo non ebbe neanche il tempo di fare un fiato, perch
quando fu arrivato a una decina di passi di distanza, Ferro gli
cacci in bocca una freccia, che gli perfor il cranio e gli
fece schizzare l'elmo dalla testa. Tuttavia il quarto cavaliere
era ormai su di lei. Ferro butt l'arco per terra e si rotol da
una parte per evitare la lancia del soldato, poi estrasse la spa-
da dalla cintura e sput per terra.
Viva, grid la donna, mentre conduceva il cavallo ad
andatura tranquilla. Ci serve viva!
Il soldato fece girare il destriero che sbuffava e lo spron
con cautela verso di lei. Era un tipo grosso, con una corta
barba scura sulla mascella. Spero tu abbia chiesto scusa a
Dio, ragazza, le disse.
Fanculo il tuo Dio! Ferro si tolse di mezzo, tenendosi
bassa, e continu a muoversi per schivare la punta della lan-
cia che il soldato brandiva per tenerla a distanza, mentre il
terriccio sollevato dagli zoccoli del cavallo le schizzava in
faccia.
Punzecchiala!, sent la donna urlare dietro di lei.
S, punzecchiala!, fece il fratello tra una risatina e l'al-
tra. Ma non troppo forte! La vogliamo viva! Il soldato rin-
ghi facendo avanzare il cavallo e lei non pot fare altro che
abbassarsi e arretrare davanti alle zampe scalcianti dell'ani-
male, finch la punta della lancia non le graffi il braccio, al-
lora mulin la spada con tutta la sua forza.
La lama ricurva trov lo spazio non protetto tra le piastre
dell'armatura del soldato e si port via met della sua gamba
appena sotto il ginocchio, aprendo al contempo uno squarcio
profondo sul fianco del cavallo. Sia l'uomo che la bestia gri-
darono allo stesso momento e crollarono insieme sull'erba, in
breve immersi in una pozza di sangue scuro.
L'ha preso! La donna sembrava soltanto un po' contra-
riata.
In piedi, uomo!, rise suo fratello, in piedi e combatti!
Hai ancora una speranza! Il soldato, che si dimenava nella
polvere, cess bruscamente di gridare quando Ferro gli sfer-
r un fendente in faccia. L accanto, il secondo cavaliere era
ancora in sella che emetteva i suoi ultimi rantoli, stringendo
la freccia insanguinata di Ferro con la faccia distorta dal do-
lore. Il cavallo si pieg a brucare l'erba secca attorno ai suoi
zoccoli.
E sono quattro, disse la donna.
Lo so. Il fratello emise un sospiro profondo. Possibile
che si debba fare tutto da soli?
Ferro li scrut mentre si rinfilava la spada sporca di san-
gue nella cintura. Erano in groppa ai loro cavalli con aria in-
differente a poca distanza da lei, con dei sorrisi crudeli sui
bei volti, mentre il sole fiammeggiava alle loro spalle. Erano
vestiti da nobili, avvolti da seta fluente nella brezza, e indos-
savano una gran quantit di gioielli, ma nessuno dei due era
armato. Ferro si precipit a recuperare l'arco.
Stai attento, fratello, disse la donna, esaminandosi le
unghie. Combatte bene.
Come un demonio! Ma non paragonabile a me, sorella,
non temere. Cos dicendo, smont di sella. Allora, Mal-
jinn, vogliamo
La freccia lo colp al petto con uno schiocco secco trapas-
sandolo da parte a parte.
cominciare? Il dardo balugin, ma la punta brillante
che gli fuoriusciva dalla schiena non era imbrattata di san-
gue. L'uomo dapprima avanz piano verso di lei, incurante
della freccia successiva che gli trafisse la spalla, poi comin-
ci ad aumentare gradualmente il passo fino a correrle incon-
tro con enormi e pesanti falcate. Ferro lasci cadere l'arco e
port la mano tremante all'elsa della spada, ma non fece in
tempo a sguainarla prima che l'uomo stendesse il braccio e le
desse una spinta sul petto talmente forte da sbatterla a terra.
Oh, ben fatto, fratello! La donna applaud gioiosa.
Ben fatto!
Ferro si rotol tossendo nella polvere, poi, la spada stretta
con entrambe le mani, vide che l'uomo osservava la sua fati-
ca nel rialzarsi in piedi. Agit l'arma, tracciando un grande
arco sopra la sua testa, ma la lama si conficc nel terreno,
perch l'altro era riuscito, chiss come, a spostarsi per evitare
il colpo. Un piede spuntato dal nulla le diede un micidiale
calcio nello stomaco, che la fece piegare in due, impotente e
senza fiato. Le ginocchia le tremavano, le sue dita si contras-
sero, ma la spada era rimasta piantata per terra.
E adesso Qualcosa le diede una botta tremenda sul
naso. Le gambe di Ferro cedettero e lei cadde di schianto al-
l'indietro sull'erba; eppure, malgrado tutto le vorticasse intor-
no e i suoi sensi fossero annebbiati, riusc a rotolarsi per met-
tersi in ginocchio. Sentiva di avere del sangue sulla faccia.
Sbatt ripetutamente le palpebre, scosse la testa per far smet-
tere il mondo di girare. L'uomo, che lei vedeva come una
macchia ondulata in avvicinamento, si strapp la freccia dal
petto e la gett via, ma non c'era sangue, solo un po' di pol-
vere. S, solo quella, che un soffio di vento si port via.
Un Mangiatore. Per forza.
Ferro si alz goffamente ed estrasse il coltello dalla cintu-
ra, poi si lanci su di lui, lo manc, si lanci ancora, lo man-
c di nuovo. Si sentiva la testa leggera. Grid compiendo un
nuovo tentativo di accoltellarlo con tutta la sua forza.
Ma l'uomo le afferr il polso con la mano. Ora i loro volti
erano distanti neanche un palmo l'uno dall'altro e Ferro vide
che la sua pelle era perfetta, liscia come vetro brunito; sem-
brava giovane, quasi un bambino, anche se gli occhi erano
quelli di un vecchio. Occhi duri. Lui la guard, divertito e in-
curiosito, come un ragazzo con uno strano scarafaggio tra le
mani. Non si arrende mica, eh, sorella?
Che ferocia! Il Profeta sar molto contento di lei.
L'uomo la annus e arricci il naso. Bleah. Meglio lavar-
la prima.
Ferro gli diede une testata che gli fece scattare la testa al-
l'indietro, ma il Mangiatore si limit a ridacchiare, prima di
prenderla per la gola con la mano libera e allontanarla disten-
dendo il braccio. Lei cerc di artigliargli la faccia, ma la di-
stanza era troppa e non riusciva ad arrivarci; nel frattempo,
con l'altra mano, l'uomo tentava di strapparle il coltello dalle
dita. La sua presa attorno alla gola era come una morsa d'ac-
ciaio che la stava soffocando, e a nulla le serv dimenarsi,
ringhiare, agitarsi o stringere i denti. Era tutto inutile.
Viva, fratello! La vogliamo viva!
Viva, mormor lui, ma non illesa.
La donna fece una risatina. I piedi di Ferro si staccarono
da terra che ancora scalciavano, poi sent un dito rompersi e
dunque lasci cadere il pugnale nell'erba, mentre la mano
dell'uomo le stringeva la gola sempre pi forte, indifferente
ai graffi che lei gli infliggeva con le unghie rotte. Tutto inuti-
le. La luce del mondo cominci a oscurarsi.
Ferro sent le risate della donna, ma distanti, e poi un vol-
to comparve galleggiando nell'oscurit e una mano le diede
degli schiaffetti sulla guancia, con dita morbide, tiepide e
gentili.
Non muoverti, bambina, sussurr la donna. I suoi occhi
erano scuri e profondi, Ferro poteva sentire sul viso il suo re-
spiro caldo e fragrante. Sei ferita, devi riposare. Ora sta fer-
ma dormi. Le gambe di Ferro erano pesanti come piom-
bo, ciononostante scalci un'ultima volta, debolmente, prima
di abbandonarsi. Il cuore le batteva piano
Riposati ora. Le palpebre di Ferro furono sul punto di
chiudersi e intanto il bellissimo volto della Mangiatrice di-
ventava indistinto.
Dormi. Ma la ragazza si morse forte la lingua e la sua
bocca si inond di salato.
Ferma. D'un tratto, Ferro le sput il sangue in faccia.
Ah, grid la donna disgustata, pulendosi il sangue dagli
occhi. Combatte contro di me!
Quelli come lei combattono contro tutto, fece la voce
dell'uomo, appena dietro l'orecchio di Ferro.
Ora ascoltami, puttana!, sibil la donna, che le aveva
afferrato il mento con dita d'acciaio e le stava voltando bru-
scamente la testa da una parte e dall'altra. Tu verrai con noi!
Con noi! In un modo o nell'altro! Hai sentito?
Lei non va da nessuna parte. Un'altra voce, profonda e
suadente, dal suono familiare. Ferro sbatt gli occhi intontita
nel voltare la testa nella stessa direzione della donna, che
guardava un vecchio non lontano da loro. Yulwei. I suoi
braccialetti tintinnavano mentre avanzava con passo soffice
sull'erba. Sei viva, Ferro?
Uh, rispose con voce roca.
La donna rivolse un sogghigno a Yulwei. E tu chi saresti,
vecchio bastardo?
Yulwei sospir. Sono un vecchio bastardo.
Vattene, cane!, grid l'uomo. Ci manda il Profeta. Ve-
niamo da parte di Khalul in persona!
E lei viene con noi!
Yulwei mise su un'espressione triste. Non ho modo di
farvi cambiare idea?
Scoppiarono a ridere insieme. Idiota!, url l'uomo.
Noi non cambiamo mai idea! Lasci andare un braccio di
Ferro e fece un passetto cauto in avanti, trascinandola con s.
Peccato, disse Yulwei e scosse la testa. Avrei voluto
mandare i miei ossequi a Khalul per bocca vostra.
Il Profeta non ha rapporti con gente come te,
straccione!
Qui potrei sorprendervi. Ci conoscevamo bene, molto
tempo fa.
In tal caso, porteremo i tuoi ossequi al nostro signore,
lo schern la donna, assieme alla notizia della tua recente
scomparsa! Intanto Ferro mosse il polso e il pugnale che
aveva nascosto nella manica le scese sul palmo.
Oh, a Khalul piacerebbe ricevere una notizia simile, ma
non ancora il momento. Voi due vi siete dannati da soli.
Avete infranto la Seconda Legge mangiando la carne degli
uomini, e prima o poi ci sar una resa dei conti.
Vecchio idiota, ghign la donna. Le vostre leggi non
valgono per noi!
Yulwei scosse piano la testa. La parola di Euz governa
ogni cosa. Non esistono eccezioni. Nessuno di voi due lasce-
r vivo questo posto. L'aria che circondava il vecchio co-
minci a luccicare, ad attorcigliarsi, a tremolare. All'improv-
viso, la donna emise un rantolo e piomb al suolo, ma pi
che accasciarsi, si liquefece, ripiegandosi su se stessa via via
che le sete scure si gonfiavano attorno al corpo in disfaci-
mento.
Sorella! L'uomo lasci andare Ferro e si scagli contro
Yulwei con le braccia protese, ma non fece neanche un passo
prima di lanciare un urlo stridulo, cadere in ginocchio e af-
ferrarsi la testa. Ferro costrinse i propri piedi incespicanti ad
avanzare, si aggrapp ai capelli dell'uomo con la mano ferita
e gli affond il coltello nel collo. Una nuvola di cenere erup-
pe dallo squarcio, trasportata via dal vento. Una fontana di
cenere. Poi dalle labbra cominciarono a fuoriuscirgli delle
fiamme, annerendole subito e scottando le dita di Ferro. Lei
gli cadde addosso e lo trascin a terra con s, mentre lui ran-
tolava soffocato. Allora gli sventr lo stomaco con il pugnale
e la lama raschi contro le sue costole per spezzarsi infine
nel suo petto. Lingue di fuoco divampavano dagli squarci,
mescolate a nubi di cenere. Ferro continu ad accoltellare
follemente il corpo con il pugnale spezzato, anche molto
dopo che l'uomo aveva smesso di muoversi.
Poi sent una mano sulla spalla. morto, Ferro. Sono
morti tutti e due. E vide che era vero, perch l'uomo giace-
va con gli occhi fissi rivolti il cielo, la faccia bruciacchiata
attorno al naso e alla bocca, e la cenere che si riversava a
sbuffi dalle ferite.
L'ho ucciso. La voce le si ruppe in gola.
No, Ferro. Io l'ho ucciso. Erano Mangiatori giovani, de-
boli e sciocchi. Ma sei fortunata che volessero soltanto cattu-
rarti.
Sono fortunata, borbott, sbrodolandosi di saliva san-
guinolenta, che gocciol sul corpo del Mangiatore. Moll il
coltello spezzato e si allontan a quattro zampe. Il corpo del-
la donna giaceva accanto a lei, se di corpo si poteva ancora
parlare, visto che non rimaneva altro fuorch una grumosa
massa informe di carne, in cui si potevano ancora distinguere
i capelli lunghi, un occhio e le labbra.
Che hai fatto?, chiese con voce roca dalla bocca sangui-
nante.
Ho trasformato le sue ossa in acqua. E ho bruciato l'uo-
mo dall'interno. Acqua per una, fuoco per l'altro. Qualunque
cosa, purch funzioni con quelli come loro. Ferro si butt
sull'erba e punt gli occhi al cielo luminoso, poi si port la
mano davanti alla faccia e la scosse per vedere un dito che si
muoveva mollemente avanti e indietro.
Il volto di Yulwei comparve sopra di lei e la fiss. Fa
male?
No, sussurr Ferro, e il suo braccio ricadde a terra.
Non fa mai male. Guard Yulwei, sbattendo le palpebre.
Perch non fa mai male?
Il vecchio aggrott la fronte. Non smetteranno di cercar-
ti, Ferro. Ora capisci perch devi venire con me?
Lei annu lentamente, con uno sforzo immenso.
Capisco, sussurr. Capisco Poi il mondo si oscur di
nuovo.
35.

Non m'ama

Ah!, grid, quando la punta della spada di Filio gli af-


fond con prepotenza nella spalla. Jezal barcoll all'indietro,
tra smorfie di dolore e imprecazioni, al che lo styriano gli
sorrise soddisfatto agitando le lame con un gesto plateale.
Touch per Mastro Filio!, grid l'arbitro. E sono due a
due! Qualche applauso sparso lo ricevette mentre tornava
tutto impettito nel recinto dei contendenti, con quel sorriso
irritante ancora impresso sulla faccia. Viscido bastardo, si-
bil Jezal tra s e s, seguendolo. Avrebbe dovuto prevedere
l'arrivo di quella stoccata, ma era distratto e lo sapeva.
Due a due?!, gli disse minaccioso Varuz. Jezal si acca-
sci ansimante sulla sedia. Due a due? Contro questa nulli-
t? Non neanche uno dell'Unione!
Jezal pens fosse meglio non puntualizzare che Westport,
in teoria, faceva a tutti gli effetti parte dell'Unione ormai,
per aveva capito cosa intendeva Varuz, e come lui anche
tutti i presenti nell'arena. Quel Filio era uno straniero, per
quanto li riguardava. Afferr il panno dalla mano protesa di
West e si asciug il viso sudato. Un duello di cinque tocchi
era lungo, ma Filio sembrava tutto fuorch esausto, anzi, se
ne stava l a saltellare, annuendo verso il rumoroso allenatore
che gli dava consigli in styriano.
Puoi batterlo!, mormor West, e gli pass la bottiglia
dell'acqua. Lo sconfiggi e poi ci sar la finale. La finale,
ovvero Gorst. Jezal non era mica tanto sicuro di volerci arri-
vare.
Varuz, al contrario, era pi che sicuro. Devi batterlo,
dannazione!, sibil il Maresciallo. Jezal bevve un sorso per
sciacquarsi la bocca, poi sput met dell'acqua nel secchio e
ingoi il resto. Battilo e basta! Battilo e basta. Facile a dir-
si, ma era subdolo, quel bastardo di styriano.
Puoi farcela!, ribad West, accarezzandogli la spalla.
Ammazzalo! Ammazzalo e falla finita! Il Maresciallo
Varuz lo fiss dritto negli occhi. Tu sei una nullit, Capita-
no Luthar? Ho forse sprecato il mio tempo con te? Oppure
sei qualcuno? Eh? questo il momento di decidere!
Signori, prego, li richiam l'arbitro. Il tocco finale.
Jezal soffi fuori tutta l'aria e, dopo aver preso le spade da
West, si alz in piedi. Poteva sentire l'allenatore di Filio gri-
dare incoraggiamenti al di sopra del crescente vociare della
folla. Ammazzalo e falla finita!, gli url un'ultima volta
Varuz, prima di lasciarlo tornare nel cerchio.
Il tocco finale. Quello decisivo, in tutti i sensi: Jezal sa-
rebbe andato o no in finale? Era qualcuno o una nullit? Era
stanchissimo, solo questo sapeva per certo; aveva duellato
senza fermarsi per circa mezz'ora di seguito, e una prova del
genere sfibrante, soprattutto con quel caldo. Difatti, aveva
gi ricominciato a sudare e la sua faccia grondava.
Si port al suo posto, che non era altro se non un segno di
gesso tracciato sull'erba secca. Filio, quella merda, lo stava
aspettando con il sorriso di uno che gi sente in bocca il sa-
pore della vittoria. Se Gorst era in grado di martellare i suoi
avversari all'interno di quel cerchio, allora anche Jezal pote-
va schiacciare nella polvere la faccia di quell'idiota. Strinse
le impugnature delle spade e si concentr sul sorrisetto nau-
seante di Filio, desiderando per un attimo che le lame non
fossero smussate. Ma poi ricord che poteva anche essere lui
a rimanere trafitto.
Cominciate!

Jezal esamin le carte una a una, mescolandosele tra le


mani senza neanche guardare i semi, n preoccuparsi di non
farle vedere agli altri.
Rilancio di dieci, annunci Kaspa, e fece scivolare al-
cune monete sul tavolo con uno sguardo che pareva dire
qualcosa voleva dire, ma a Jezal non interessava, non era per
niente concentrato. Segu una lunga pausa.
Tocca a te, Jezal, borbott Jalenhorm.
A me? Oh, ehm Pass in rassegna quei simboli privi
di significato, incapace di prendere seriamente la partita.
Ehm, vediamo Mi ritiro. E gett le carte sul tavolo. Era
proprio gi, si sentiva depresso per la prima volta dopo chis-
s quanto tempo, dopo tutta la vita, probabilmente. Era trop-
po occupato a pensare ad Ardee, a chiedersi come potersela
portare a letto senza danneggiare permanentemente sia lei
che se stesso, ma soprattutto, senza finire ammazzato da
West, ma sfortunatamente non aveva ancora trovato nessuna
soluzione.
Kaspa raccolse le monete con un enorme sorriso di felici-
t, sorpreso per quella inaspettata vittoria. Allora, Jezal,
gran bel combattimento oggi! stata dura, ma alla fine l'hai
spuntata, eh?
Mh-m. Prese la pipa dal tavolo.
Te lo giuro, per un momento ho pensato che ti avesse
battuto, ma poi, e fece schioccare le dita sotto il naso di
Brint, cos! Te lo sei messo sotto gli stivali. La folla era in
delirio! Io ho riso talmente forte che stavo per pisciarmi sot-
to, giuro!
Pensi di poter sconfiggere Gorst?, domand Jalenhorm.
Mh. Jezal si strinse nelle spalle, accese la pipa e si ap-
poggi allo schienale, alzando lo sguardo al cielo grigio so-
pra di lui, fumando.
Sembri abbastanza tranquillo, comunque, comment
Brint.
Mh.
I tre ufficiali si scambiarono delle occhiate, delusi dal fal-
limento della discussione che avevano provato ad avviare,
quindi Kaspa intavol un altro argomento. Voialtri l'avete
gi vista la Principessa Terez?
Brint e Jalenhorm sospirarono e trattennero il fiato, poi
tutti e tre insieme cominciarono a blaterare sciocchi apprez-
zamenti su di lei. Se l'ho vista?! Se l'ho vista?!
La chiamano il gioiello di Talins!
Le voci non mentivano su di lei!
Ho sentito che il matrimonio con il Principe Ladisla
cosa certa!
Che bastardo fortunato! E via dicendo.
Jezal se ne rimase zitto, abbandonato sulla sedia, a sbuffa-
re pennacchi di fumo verso il cielo. Non era tanto sicuro di
questa Terez, dal poco che l'aveva vista; bella da lontano,
senza dubbio, ma immagin che il suo viso risultasse freddo,
duro e fragile al tatto, come il vetro. Niente a che vedere con
quello di Ardee
Eppure, continu Jalenhorm, devo dire che il mio cuo-
re appartiene ancora a tua cugina Ariss, Kaspa. Preferisco di
gran lunga le ragazze dell'Unione, che non queste straniere.
Preferisci il suo portafogli, pi che altro, mormor Je-
zal, con la testa inclinata all'indietro.
No!, obiett l'omone. una perfetta damigella! Dolce,
riservata, beneducata. Ah! Jezal se la rise, perch se Terez
era fredda come il vetro, allora Ariss era un vero e proprio
stoccafisso e baciarla sarebbe stato come baciare uno strac-
cio vecchio, ovvero: molliccio e noioso. Non sarebbe mai
stata in grado di baciare come Ardee, nessuna lo era
Beh, entrambe sono molto belle, ovviamente, cianciava
Brint, perfette da sognare, se un sogno quel che cerchi.
Si avvicin con aria cospiratoria e lanci sorrisetti furtivi a
tutti, come se stesse per dire qualcosa di segreto ed eccitante.
Gli altri due accostarono un po' di pi le sedie, ma non Jezal,
che invece rimase dov'era, visto che non gli interessava affat-
to sentire quale puttanella si stesse sbattendo quell'idiota.
Avete mai incontrato la sorella di West?, mormor
Brint. Ogni muscolo di Jezal si irrigid all'istante. Non pa-
ragonabile alle altre due, ovviamente, ma ha quel tipo di bel-
lezza comune e penso che ci starebbe. Brint si lecc le
labbra e diede una gomitata alle costole di Jalenhorm, il qua-
le sorrise con aria colpevole, come uno scolaretto a una bat-
tuta sconcia.
Oh, s, mi pare proprio il tipo che ci sta. Kaspa ridac-
chi. Poggiando la pipa sul tavolo, Jezal not che la sua
mano tremava leggermente e che l'altra stringeva il bracciolo
della sedia con forza tale da farsi venire le nocche bianche.
Ve lo dico io, riprese Brint, se non pensassi che il
Maggiore mi infilzerebbe con la sua spada, sarei tentato di
infilzare sua sorella con la mia, eh? Jalenhorm scoppi a ri-
dere. Una palpebra di Jezal cominci a fremere quando Brint
gli rivolse quel suo sorrisetto laido. E tu, Jezal, che ne pen-
si? L'hai conosciuta, o sbaglio?
Che ne penso? La sua stessa voce parve provenire da
spazi infinitamente lontani, mentre fissava quelle tre facce
ghignanti. Credo che dovresti stare attento a come parli,
brutto figlio di una gran puttana.
Si alz in piedi quasi senza accorgersene e strinse i denti
talmente forte che pareva stessero per frantumarsi. I tre sorri-
si ebbero un attimo di incertezza, prima di scomparire del
tutto, poi Jezal sent la mano di Kaspa sulla spalla. Andia-
mo, voleva solo dire che
Jezal divincol il braccio, afferr il bordo del tavolo e lo
rovesci, facendo volare monete e carte, bottiglie e bicchieri,
che sparsero il loro contenuto sull'erba. La spada, fortunata-
mente ancora infoderata, la stringeva nell'altra mano. Si pie-
g su Brint e, sputacchiando, gli ringhi in faccia: Adesso
stammi a sentire, piccolo bastardo! Se ti sento un'altra volta
dire una cosa del genere, anche una sola, non sar di West
che dovrai preoccuparti! Premette l'impugnatura della spada
contro il petto di Brint. Perch sar io a sventrarti come un
fottuto pollo!
I tre uomini lo guardarono sgomenti, a bocca spalancata,
stupiti dall'improvvisa violenza di Jezal almeno quanto lo era
lui stesso.
Ma, fece Jalenhorm.
Ma cosa?, grid Jezal nell'afferrare la giubba dell'omo-
ne, fin quasi a tirarlo in piedi. Che cazzo hai da dire?
Niente, squitt quello con le mani alzate, niente. Jezal
lo lasci ricadere. La sua furia si stava rapidamente esauren-
do, ed ebbe una mezza idea di chiedere scusa, ma poi vide la
faccia cinerea di Brint e tutto quello a cui riusc a pensare fu:
"Mi pare proprio il tipo che ci sta".
Come! Un! Fottuto! Pollo!, ringhi di nuovo, dopo di
che gir i tacchi e se ne and. A met strada tra il tavolo ro-
vesciato e il portale, si rese conto di aver dimenticato la
giubba, ma non poteva certo tornare indietro a prenderla
adesso. Aspett di raggiungere il buio della galleria, fece al-
tri due passi e poi si accasci contro il muro, colto da un tre-
more e dalla spossatezza di uno che ha corso dieci miglia.
Ora s che aveva capito che voleva dire perdere le staffe.
Non si era mai reso conto di avere delle staffe da perdere, ma
ora s, non aveva pi dubbi.
Che diavolo gli successo? La voce scioccata di Brint
risuon piano attraverso la galleria, appena percettibile al di
sopra del martellare del suo cuore. Dovette trattenere il fiato
per poter sentire.
Che io sia dannato se lo so, rispose Jalenhorm, con un
tono ancora pi sorpreso. Si sent il grattare e lo scricchiolio
del tavolo che veniva rimesso in piedi. Non sapevo che
avesse un caratteraccio simile.
Suppongo che sia in pensiero per il Torneo e tutto il re-
sto, comment Kaspa, non senza un po' di incertezza.
Ma Brint lo interruppe. Questa non comunque una scu-
sa!
Beh, sono molto amici, no? Lui e West? Che ne sappia-
mo? Magari, a forza di tirare di scherma insieme, pu aver
incontrato sua sorella Non saprei!
C' un'altra spiegazione. La voce di Brint era tesa come
se stesse per rivelare la battuta finale di una barzelletta.
Forse innamorato di lei! I tre sbottarono a ridere all'uni-
sono. Che bella battuta! Il Capitano Jezal dan Luthar inna-
morato, e per giunta di una ragazza di condizione tanto infe-
riore rispetto alla sua. Che idea ridicola! Che assurdit! Che
risate!
Merda. Jezal affond la testa tra le mani. A lui non ve-
niva per niente da ridere. Ma come aveva fatto Ardee a ridur-
lo cos? Come? Che cosa c'era di tanto speciale in lei? Era
bella da guardare, ovviamente, intelligente, divertente e tutte
le altre cose, ma quella non poteva essere la sola spiegazio-
ne. Non posso pi rivederla, sussurr a se stesso. Non la
rivedr pi! Sbatt la mano contro il muro. Quando Jezal
prendeva una decisione, niente al mondo poteva fargli cam-
biare idea.
A parte un altro bigliettino sotto la porta.
Gemette e si schiaffeggi la tempia. Perch si sentiva
cos? Perch era cos non riusciva neanche a concepirla,
quella parola invaghito di lei? Ma poi comprese il perch.
Perch Ardee lo odiava.
Quei mezzi sorrisetti di scherno, quegli sguardi di traver-
so che ogni tanto coglieva, quegli scherzi che andavano un
po' troppo vicini agli insulti, per non parlare degli esempi oc-
casionali di sdegno vero e proprio. A lei piaceva il suo dena-
ro, forse, la sua posizione nel mondo, chiaramente, e senza
dubbio il suo aspetto. Ma, in sostanza, quella donna lo di-
sprezzava.
E Jezal non aveva mai provato quella sensazione prima.
Per tutta la vita aveva dato per scontato di essere amato da
tutti, non aveva mai avuto motivo di dubitare di essere un
uomo per bene e meritevole del massimo rispetto. Eppure, ad
Ardee non piaceva, comprese, e ci lo fece riflettere. A parte
naturalmente la mascella, il denaro e i vestiti, che cosa c'era
in lui da amare?
Lei lo trattava con il disprezzo che lui sapeva di meritare,
e il bello era che non gli bastava mai. Assurdo, disse tra s
e s, abbandonato come un derelitto contro il muro della gal-
leria. Assurdo.
E gli venne voglia di farle cambiare idea.
36.

Il Seme

Come stai, Sand?


Il Colonnello Glokta apr gli occhi. Era buio nella stanza
e accidenti, era tardi!
Maledizione!, grid, scostando rudemente le coperte e
saltando gi dal letto. Sono in ritardo! Afferr al volo i
pantaloni dell'uniforme, vi ficc dentro le gambe e armeggi
in tutta fretta con la cintura.
Non preoccuparti di questo, Sand! La voce di sua ma-
dre era rassicurante e impaziente al tempo stesso. Dov' il
Seme?
Glokta la guard con l'espressione interrogativa mentre si
infilava la casacca. Ora non ho tempo per queste sciocchez-
ze, madre! Perch pensi di sapere sempre ci che meglio
per me? Si guard attorno in cerca della spada, ma non la
vide da nessuna parte. Siamo in guerra, nel caso non te ne
fossi accorta!
S, vero. Il Colonnello alz lo sguardo, sorpreso. Era
la voce dell'Arcilettore Sult. Due guerre. Una combattuta
con il fuoco e l'acciaio, l'altra sotterranea Una guerra anti-
ca, che infuria da innumerevoli anni. Glokta si accigli.
Come aveva fatto a scambiare quel vecchio trombone per
sua madre? E, soprattutto, che ci faceva lui nelle sue stanze?
Seduto cos, sulla sedia ai piedi del suo letto, a farfugliare di
guerre antiche?
Che diavolo ci fai qui?, ringhi il Colonnello Glokta.
E che ne hai fatto della mia spada?
Dov' il Seme? Di nuovo una voce femminile, ma non
quella di sua madre, un'altra, una che non conosceva. Sforz
gli occhi nel buio per vedere chi ci fosse seduto l sopra, ma
le ombre erano talmente fitte che pot distinguere soltanto
una forma vaga.
Chi sei?, chiese in tono imperioso.
Chi ero? O che cosa sono? La figura si mosse aggrazia-
ta per alzarsi piano in piedi. Ero una donna paziente, ma ora
non sono pi una donna, e gli anni, consumandosi, hanno lo-
gorato anche la mia pazienza.
Che cosa vuoi?, chiese lui con voce tremula, sottile e
fioca, mentre arretrava.
La figura avanz, pass davanti alla finestra e fu investita
da un raggio di luna, che rivel una donna alta dal corpo
flessuoso, il cui viso per rimase in ombra. Una paura im-
provvisa si impossess di Glokta, tanto da farlo accasciare
contro il muro con un braccio alzato per proteggersi.
Voglio il Seme. Una mano pallida serpeggi verso di
lui e si strinse attorno al suo braccio sollevato. Il tocco era
gentile, ma freddo, freddo come pietra. Lui rabbrivid, trat-
tenne il fiato, serr gli occhi. Ne ho bisogno. Non puoi sa-
pere quanto. Dov'? Le dita di lei, leste e rapide, gli si insi-
nuarono tra i vestiti e cominciarono a frugargli nelle tasche e
nella camicia, gli sfiorarono la pelle, ed erano fredde. Fredde
come vetro.
Il Seme?, gemette Glokta, mezzo impietrito dal terrore.
Tu sai di che parlo, uomo spezzato. Dov'?
Il Creatore precipit, gli venne spontaneo sussurrare,
ma non seppe perch lo fece.
Lo so.
in fiamme, in fiamme
L'ho visto. Il volto della donna gli era talmente vicino
che poteva sentire il suo respiro sulla pelle, ed era freddo.
Freddo come il vento.
schiantato sul ponte
Lo ricordo.
cercarono il Seme
S, gli sussurr con urgenza la voce all'orecchio, do-
v'? Qualcosa di morbido e viscido gli tocc il viso, stri-
sciandogli sulla guancia e sulla palpebra. Una lingua, an-
ch'essa fredda. Fredda come il ghiaccio. Glokta aveva la pel-
le d'oca.
Non lo so! Non riuscirono a trovarlo!
Non riuscirono? Le sue dita gli si chiusero attorno al
collo e cominciarono a stringere, premere, stritolare, moz-
zandogli il respiro. Fredde, fredde come l'acciaio, e altrettan-
to dure. Pensi di sapere che cosa sia il dolore, uomo spezza-
to? Tu non sai niente! Il suo fiato congelante gli raschiava
nell'orecchio, le sue dita di ghiaccio stringevano, stringevano
imperterrite. Ma posso mostrartelo io! Posso mostrartelo
io!

Glokta lanci un grido e si dimen contorcendosi sotto le


coperte. Si alz in piedi non senza difficolt, ma vi rimase
solo un istante, completamente stordito, prima di piombare
nel vuoto a causa della gamba malandata. La stanza buia par-
ve crollare attorno a lui, che fin schiantato sulle assi del pa-
vimento, dopo aver sbattuto la fronte con un tonfo atroce, per
ritrovarsi con un braccio piegato sotto di s.
Con sforzo immane riusc a tirarsi su aggrappandosi alla
gamba del letto, dopo di che appoggi la schiena contro il
muro e cerc di riprendere fiato. Non smise mai di fissare la
sedia con gli occhi sgranati dal terrore, anche se allo stesso
tempo non aveva il coraggio di guardare per paura di ci che
avrebbe visto. Un dardo di luce lunare trapelava dalla fine-
stra, tagliando come una lama le coperte disfatte e il legno li-
scio della sedia. Vuota.
Scocc occhiate al resto della stanza, e man mano che i
suoi occhi si abituavano all'oscurit, riusciva a penetrare an-
che gli angoli pi bui. Niente. Vuota. Un sogno.
E ora che il folle martellare del suo cuore si stava calman-
do, ora che il suo respiro spezzato diventava pi regolare, co-
minciava a sentire il dolore. Prima il battere della testa, poi
l'agonia della gamba e il pulsare sordo del braccio. In bocca
sentiva il sapore del sangue, le lacrime salate gli bruciavano
gli occhi, la nausea gli rivoltava lo stomaco. Emise un mugo-
lio mentre saltellava fino al letto tra dolori indescrivibili, per
poi abbandonarsi, esausto e madido di sudori gelati, sul ma-
terasso illuminato dal chiarore della luna.
Si sent qualcuno bussare con insistenza alla porta. Si-
gnore? State bene? La voce di Barnam. Buss ancora. Brut-
ta situazione. chiusa a chiave. Lo sempre, ma questa vol-
ta non penso di riuscire a muovermi. Gelo dovr buttarla
gi. Eppure la porta si spalanc e Glokta si scherm gli occhi
dall'improvviso bagliore rossastro di una lampada.
State bene?
Sono caduto, borbott. Il braccio
Il vecchio domestico si appollai sul letto, gli prese deli-
catamente la mano e gli tir su la manica della camicia da
notte. Glokta fece una smorfia, mentre il vecchio invece
schiocc la lingua, perch sull'avambraccio del suo padrone
scopr un lungo segno rosato che cominciava gi a gonfiarsi,
e arrossarsi.
Non credo sia rotto, osserv il servo, ma, nel caso,
meglio chiamare il dottore.
S, s. Glokta lo conged con un gesto della mano sana.
Vallo a chiamare.
Vide il vecchio precipitarsi mezzo chino fuori dalla porta,
lo sent camminare per lo stretto corridoio, poi scendere le
scale e infine sbattere la porta di casa. A quel punto, cal il
silenzio.
Guard la pergamena rubata all'Adepto Storico, ancora ar-
rotolata nella sua custodia, in attesa di essere consegnata al-
l'Arcilettore Sult. Il Creatore precipit avvolto dalle fiamme.
Si schiant sul ponte. strano come il mondo reale possa
contaminare i sogni di una persona. Quel dannato Uomo del
Nord e la sua intrusa. La donna, il freddo. Sar stato questo
a scatenare il mio incubo.
Glokta si massaggi pian piano il braccio, premendo la
carne dolorante con la punta delle dita. Nulla. Solo un sogno.
Eppure, qualcosa non gli tornava. Guard il retro della porta
e vide che la chiave era ancora infilata nella serratura e riflet-
teva il lucore arancione della lampada. Non era chiusa, ma
com' possibile? Io la chiudo sempre. Adocchi allora la se-
dia vuota. Come ha detto quell'idiota di un apprendista? La
magia viene dall'Aldil. Dal mondo sotterraneo. Dagli Infe-
ri.
In quel momento e dopo quel sogno, non gli risultava
troppo difficile crederci. La paura ricominci a montargli in
gola, adesso che era solo. Allung la mano sana verso la se-
dia e ci mise un'eternit ad arrivarci, perch tremava, ma alla
fine le sue dita toccarono il legno. freddo, ma non gelato.
Non gelato. Non c' niente qui. Ritrasse lentamente la mano
e strinse a s il braccio malconcio. Nulla. Vuota.
Solo un sogno.

Che diavolo vi successo?


Glokta risucchi l'aria tra le gengive con fare acido.
Sono caduto dal letto. Si gratt sovrappensiero il polso at-
traverso i vestiti. Fino a un momento prima gli faceva male
da morire, ma ci che vedeva ora di fronte a s aveva messo
in secondo piano il dolore. Poteva andarmi peggio. Molto
peggio. Raccapricciante, eh? Non un bello spettacolo.
Potete scommetterci. Severard, nonostante avesse met
della faccia coperta dalla maschera, pareva disgustato come
non mai. Io ho quasi vomitato quando l'ho visto. Io!
Glokta abbass lo sguardo incupito su quella massa infor-
me di carne maciullata, reggendosi a un tronco con una
mano, e con la punta del bastone scans dei cespugli di felce
per vedere meglio. Siamo sicuri che sia un uomo?
Potrebbe pure essere una donna. umano, comunque. L
c' un piede.
Ah, s, lo vedo. Come l'avete trovato?
Lui l'ha trovato. Severard fece un cenno della testa ver-
so un giardiniere, seduto sull'erba con la faccia pallida e l'e-
spressione fissa accanto a una piccola pozza di vomito mez-
zo secco. In mezzo agli alberi, qui, nascosto tra i cespugli.
A quanto pare la cosa che l'ha massacrato ha anche provato a
nasconderlo, ma successo poco fa. ancora fresco. Fre-
sco, gi. Non puzza ancora e ci sono solo un paio di mosche
che gli ronzano intorno. molto fresco, forse risale addirit-
tura alla notte scorsa. Poteva rimanere cos per giorni, ma
oggi qualcuno ha voluto far potare uno di questi alberi. Bloc-
cava la luce o che ne so io. Avete mai visto una cosa del ge-
nere?
Glokta si strinse nelle spalle. Nell'Angland, una volta,
prima che arrivassi tu. Un detenuto prov a scappare, ma
percorse solo alcune miglia prima di soccombere al freddo.
Un orso ne dilani il corpo, facendone uno scempio. Questo
qui per molto peggio.
Non penso che qualcuno sia quasi morto di freddo ieri.
Faceva un caldo d'inferno.
Mh. Sempre che l'inferno sia caldo. Ho sempre pensato
che fosse freddo. Freddo come il ghiaccio. Non che ci siano
molti orsi all'interno dell'Agriont, comunque. Abbiamo idea
dell'identit di questa, indic il cadavere con il bastone,
persona?
Nessuna.
Manca qualcuno all'appello? Hanno denunciato una
scomparsa?
Non che io sappia.
Quindi non abbiamo neanche la pi pallida idea di chi
sia la vittima? Perch diavolo ce ne interessiamo noi, oltre-
tutto? Non abbiamo un finto Mago da sorvegliare?
Appunto. I loro nuovi alloggi sono proprio qui sopra. Il
dito inguantato di Severard indic un edificio a neanche ven-
ti passi di distanza. Li stavo sorvegliando quando hanno
rinvenuto questo.
Glokta sollev un sopracciglio. Capisco. Dunque sospet-
ti ci sia qualche collegamento, non cos? Il Pratico scroll
le spalle. Misteriosi intrusi nel cuore della notte, raccapric-
cianti omicidi sulla soglia dei loro appartamenti? I nostri
ospiti attirano i guai come la merda attira le mosche.
Mmh, fece Severard, scacciando una mosca con una
mano inguainata. Ho fatto ricerche anche per quell'altra
cosa. I vostri banchieri. Valint & Balk.
Glokta lo guard. Davvero? E?
E niente. Una vecchia ditta. Molto vecchia e molto ri-
spettata. Le loro cambiali valgono come oro tra i mercanti.
Hanno rappresentanti in tutto il Midderland, l'Angland, lo
Starikland, a Westport, Dagoska, e persino fuori dall'Unione.
Gente potente, questo sicuro. Tutti gli devono del denaro,
penso. La cosa strana, per, che nessuno abbia mai incon-
trato n un Valint, n un Balk. Ma con queste banche, chi
pu dirlo, eh? Adorano i segreti. Volete che scavi pi a fon-
do?
Potrebbe essere rischioso. Molto rischioso. Se scaviamo
troppo a fondo potremmo aver scavato le nostre fosse. No.
Meglio lasciar stare. Per adesso. Tieni le orecchie aperte,
per.
Le mie orecchie sono sempre aperte, capo. Allora, per
chi tifate al Torneo?
Glokta lanci un'occhiata al Pratico. Come puoi pensare
a una cosa del genere con questo scempio davanti agli
occhi?
Il Pratico alz le spalle. E che male pu fargli ormai?
Glokta torn a guardare il cadavere straziato. Se per questo
nessuno, suppongo. Avanti, non ditemi che non lo sapete!
Luthar o Gorst?
Gorst. Spero che lo sventri quel piccolo bastardo.
Davvero? La gente dice che goffo come un bue. tutta
fortuna, la sua.
Beh, io invece dico che un genio. Dagli due anni e tutti
tireranno di scherma come lui, se quella si pu chiamare
scherma. Ricordati queste mie parole.
Gorst, eh? Forse far una piccola scommessa.
Falla. Ma nel frattempo cerca di togliere di mezzo questo
casino, e portalo all'Universit. Chiama Gelo per farti dare
una mano, ch lui ha lo stomaco forte.
All'Universit?
Beh, non possiamo mica lasciarlo l. Qualche nobildon-
na a passeggio nel parco potrebbe prendersi un bello spaven-
to. Severard ridacchi. E io forse conosco qualcuno che
in grado di gettare luce su questo mistero.

Avete fatto una scoperta molto interessante, Inquisitore.


L'Adepto Medico interruppe il suo lavoro e guard Glokta
con un occhio enorme, ingrandito dallo scintillante monoco-
lo. Molto, molto affascinante, dichiar, mentre ritornava a
specillare il corpo coi suoi strumenti, sollevando, torcendo e
punzecchiando lembi di carne lucida con tutta la sua concen-
trazione.
Glokta osserv il laboratorio con una smorfia di disgusto.
File di vasi di tutte le dimensioni riempivano due delle quat-
tro pareti e dentro si vedevano pezzi di carne galleggianti
nell'aceto, alcuni riconoscibili come parti del corpo umano,
alcuni altri impossibili da identificare. Si sentiva un po' a di-
sagio, circondato da quei macabri campioni. Mi chiedo dove
Kandelau possa aver preso tutti questi organi. Forse i suoi
ospiti finiscono smembrati e rinchiusi a pezzi dentro questi
vasi? Io sarei interessante come esemplare?
Affascinante. L'Adepto allent la cinghia del monocolo
e se lo tir indietro sulla testa, grattandosi il cerchio rosato
che gli aveva lasciato attorno all'occhio. Cosa potete dirmi
al riguardo?
Glokta aggrott la fronte. Io ero venuto per sapere che
cosa voi potevate dirmi al riguardo.
Ma certo, come no. Kandelau curv le labbra. Beh,
ecco, in merito al sesso del nostro sfortunato amico, ehm,
e la frase rimase incompiuta.
Ebbene?
Eh eh, beh, ecco, gli organi che mi avrebbero permesso
di capirlo sono, fece un gesto per indicare la carne sul ta-
volo, intensamente illuminato dalle lampade accese, as-
senti.
Ed solo questo l'esito del vostro esame?
Beh, no, ci sono altre cose. L'anulare di un uomo tipi-
camente pi lungo dell'indice, ma non necessariamente
cos per una donna. Per, ecco, questi resti non hanno tutte le
dita che servono per capirlo. Pertanto, per quanto riguarda il
sesso, senza dita siamo a un punto monco! E rise nervosa-
mente alla sua stessa battuta. Glokta no.
Et?
Di nuovo, difficile da determinare, temo. I, ehm, l'A-
depto punzecchi il cadavere con le pinze, denti sono in
buone condizioni e, beh, la pelle che rimane potrebbe sem-
brare quella di un giovane, eppure, questo , eh eh
Insomma, siete o no in grado dirmi qualcosa su questa
vittima?
Ecco, in realt no. Sorrise come a chiedere scusa.
Ma ho scoperto qualcosa di interessante circa la causa della
morte.
Davvero?
Oh, s! Guardate! Preferirei di no. Glokta zoppic cau-
tamente fino al tavolo e guard il punto che il vecchio indi-
cava.
Vedete qui? La forma di questa ferita? L'Adepto smos-
se un pezzo di cartilagine.
No, non vedo niente, rispose Glokta. A me pare tutta
una gigantesca ferita qui.
Il vecchio si pieg verso di lui con gli occhi sbarrati.
Umano, disse.
Lo sappiamo che umano! Quello un piede!
No! No! Questi segni qui sono morsi umani!
Glokta assunse un'espressione perplessa. Morsi uma-
ni?
Assolutamente! Il sorriso raggiante di Kandelau contra-
stava con l'ambiente che li circondava. E con la situazione,
soprattutto. Questo individuo stato dilaniato a morsi da
un'altra persona, e, eh eh, con ogni probabilit, e fece un
gesto trionfante su quello scempio, considerata l'incomple-
tezza dei resti, stato in parte mangiato!
Glokta fiss il vecchio per un momento. Mangiato? Man-
giato? Perch ogni domanda che trova risposta solleva altri
dieci interrogativi? E secondo voi dovrei dire questo all'Ar-
cilettore?
L'Adepto scoppi in una risata agitata. Beh, eh eh, questi
sono i fatti, per come li vedo io
Una persona senza un'identit, forse donna, forse uomo,
magari vecchia o magari giovane, stata aggredita nel parco
da uno sconosciuto, dilaniata a morsi a neanche duecento
passi dal Palazzo del Re, e in parte mangiata?
Ecco Poi Kandelau scocc uno sguardo preoccupato
all'entrata. Glokta si volt e si accigli nel vedere che c'era
un nuovo arrivato, uno che non aveva sentito entrare, o me-
glio una donna avvolta nell'ombra che se ne stava in piedi
con le braccia conserte, al limitare del fascio di luce delle
lampade. Alta, capelli rossi e corti dritti sulla testa, con una
maschera nera che le copriva met del viso, la donna fissava
Glokta e l'Adepto con gli occhi socchiusi. Una Pratica. Che
non conosco, per, bench le donne siano una rarit nell'In-
quisizione. Avrei pensato
Buon pomeriggio, buon pomeriggio! Un uomo scarno,
con un'incipiente calvizie, entr dalla porta a passo svelto
con indosso un lungo cappotto nero e un sorrisetto compas-
sato sulla faccia. Glokta lo conosceva bene, purtroppo. Goy-
le. Che possa crepare. Il nostro nuovo Superiore di Adua
finalmente arrivato. Che bella notizia. Inquisitore Glokta,
esord, come un gatto che fa le fusa, quale graditissimo pia-
cere vedervi di nuovo!
Altrettanto, Superiore Goyle. Bastardo.
Altri due individui seguivano da vicino il sorridente Supe-
riore, rendendo cos piuttosto affollata la luminosa stanzetta.
Uno era un Kantico dalla pelle scura, un po' tracagnotto, con
un grosso anello d'oro infilato all'orecchio, l'altro era un mo-
struoso Uomo del Nord, con una faccia che pareva una lastra
di pietra. Quest'ultimo era talmente grosso che dovette quasi
piegarsi in due per passare sotto lo stipite della porta. En-
trambi indossavano maschere e vestiti da Pratici, neri dalla
punta dei capelli alle dita dei piedi.
Questa la Pratica Vitari, ridacchi Goyle nell'indicare
la donna dai capelli rossi, che era scivolata fino ai vasi, silen-
ziosa come un'ombra, per osservare il contenuto di ciascuno
di essi, picchiettandoli con le dita e facendo ondeggiare gli
esemplari all'interno. E questi sono il Pratico Halim, l'uo-
mo del Sud super Goyle per poter entrare nella stanza, co-
minciando a lanciare sguardi incuriositi qua e l, e Byre. Il
gigantesco Uomo del Nord fiss Glokta da un'altezza che ra-
sentava il soffitto. Nel suo Paese lo chiamano Spaccamassi,
pensate! Ma non credo che qui funzionerebbe come nome,
non vero Glokta? Pratico Spaccamassi, ve lo immaginate?
Rise piano tra s e s, scuotendo la testa.
E questa sarebbe l'Inquisizione? Non avevo idea che in
citt fosse arrivato il circo. Che fanno adesso, montano l'u-
no sull'altro? Saltano nel cerchio di fuoco?
Personale molto diversificato, not Glokta.
Oh, s, rise Goyle, li ho raccolti dovunque mi abbiano
portato i miei viaggi, vero, amici miei?
La donna si strinse nelle spalle sempre con lo sguardo fis-
so sui vasi, il Pratico scuro di pelle inclin la testa, mentre
l'enorme Uomo del Nord non mosse un muscolo.
Dovunque mi abbiano portato i miei viaggi!, ripet
Goyle ridendo, come se tutti avessero riso assieme a lui. Ma
ne ho altri, sapete! passato parecchio tempo, parola mia!
Si asciug una lacrima d'allegria dall'occhio e si avvicin al
tavolo al centro della stanza. Sembrava che tutto fosse moti-
vo di divertimento per lui, persino lo scempio sul banco di
lavoro. Ma che cos' questo? Un corpo, a meno che non mi
sbagli! Goyle alz di scatto gli occhi scintillanti su Glokta.
Un corpo? Un omicidio all'interno della citt? Come Supe-
riore di Adua, rientra nella mia sfera di competenza, no?
Glokta si inchin. Naturalmente. Non ero al corrente che
foste arrivato, Superiore Goyle. Inoltre, ho pensato che le
circostanze inusuali di questo
Inusuali? Io non ci vedo niente di inusuale. Glokta tac-
que un istante. A che gioco sta giocando questo idiota tra
una risata e l'altra?
Di certo converrete che la violenza qui eccezionale.
Goyle scroll le spalle in modo ostentato. Cani.
Cani?, domand Glokta, incapace di lasciargli passare
anche questa. Animali domestici che hanno perso il senno,
pensate, oppure bestie selvatiche che hanno scavalcato le
mura?
Il Superiore sorrise e basta. Come preferite, Inquisitore.
Come preferite.
Temo che non sia possibile imputare la colpa di questo ai
cani, cominci a spiegare pomposamente l'Adepto Medico.
Stavo proprio adesso dicendo all'Inquisitore Glokta que-
sti segni qui, e sulla pelle qui, vedete? Sono senza dubbio
denti umani
La donna abbandon i vasi e si avvicin sempre di pi a
Kandelau, poi, piegatasi verso di lui, accost la sua maschera
a pochi pollici dai naso del vecchio. L'Adepto non termin
mai la frase. Cane, sussurr lei, e gli abbai in faccia.
L'Adepto si ritrasse con un sussulto. Beh, ma suppongo
di potermi sbagliare ovviamente Nell'arretrare era an-
dato a sbattere contro il petto enorme dell'Uomo del Nord,
che si era spostato proprio dietro di lui con sorprendete velo-
cit. Kandelau si volt pian piano, alzando gli occhi sbarrati
su quella figura.
Cani, ribad il gigante.
Cani, cani, cani, mormor l'uomo del Sud con un pe-
sante accento.
Ma certo, gemette Kandelau, cani, ovviamente, come
sono stato sciocco!
Cani!, grid trionfante Goyle, alzando le mani in aria.
Il mistero risolto! Con tutto lo stupore di Glokta, i due
Pratici cominciarono ad applaudire educatamente. Solo la
donna rimase in silenzio. Mai avrei pensato di sentire la
mancanza del Superiore Kalyne, ma all'improvviso mi sento
sopraffatto dalla nostalgia. Goyle fece un giro di inchini
profondi. solo il mio primo giorno e gi comincio ad abi-
tuarmi al lavoro! Questo potete seppellirlo, disse indicando
il corpo con un ampio sorriso rivolto al servile Adepto. Me-
glio sepolto, eh? Lanci un'occhiata all'Uomo del Nord.
Tornato alla terra, come dite voi nel vostro Paese!
Il Pratico imponente non diede segno alcuno di averlo
sentito. Il Kantico se ne stava l a girarsi e rigirarsi l'orecchi-
no nel lobo, mentre la donna osservava i resti sul tavolo, fiu-
tandoli attraverso la maschera. L'Adepto Medico era nel frat-
tempo arretrato fino ai vasi con dentro gli organi, e sudava a
profusione.
Basta con questa pantomima. Ho del lavoro da fare.
Beh, disse Glokta rigidamente, zoppicando verso la porta,
il mistero risolto. Non avete pi bisogno di me.
Il Superiore Goyle si gir a guardarlo, ma il suo buonu-
more era di colpo scomparso. No!, sibil, con quegli oc-
chietti furiosi che stavano per schizzargli fuori dalle orbite.
Noi non abbiamo pi bisogno di te!
37.

Mai scommettere contro un mago

Logen sedeva curvo sulla panca, sotto il sole rovente, a


sudare.
Quei ridicoli vestiti erano troppo pesanti, inadatti al caldo
come a qualsiasi altra cosa, e persino star seduti con quella
tunica addosso era una tortura, poich il cuoio duro gli stru-
sciava dolorosamente contro i gioielli ogni volta che cercava
di muoversi.
Straccio di merda, borbott, togliendoselo da dentro il
culo per la ventesima volta. Neppure Quai pareva starci tanto
comodo nel costume da mago, senza contare che tutto quello
scintillio d'oro e d'argento accentuava il suo pallore da mala-
to, rendendo i suoi occhi ancora pi irrequieti e sporgenti.
Aveva a malapena aperto bocca da quella mattina e in effetti,
di tutti e tre, soltanto Bayaz sembrava si stesse divertendo.
Lanciava sorrisi a chiunque, girandosi a guardare l'enorme
folla ondeggiante con la pelata scura che brillava sotto il
sole.
I tre spiccavano in mezzo alla gran folla come frutta mar-
cia, e a quanto pareva erano altrettanto benaccetti. Bench le
panche fossero gremite, attorno a loro s'era formato uno spa-
zio vuoto su cui la gente, innervosita, non ne voleva sapere
di sedersi.
Il rumore era anche pi frastornante del caldo e della cal-
ca. A Logen ronzavano le orecchie e doveva fare uno sforzo
immane per non tapparsele, andandosi a rintanare sotto la
panca. Bayaz si pieg verso di lui. I tuoi duelli erano cos?
Il vecchio era costretto a gridare, anche se gli stava pratica-
mente parlando nell'orecchio.
Uh?. Quando aveva combattuto contro Rodd Tretron-
chi, buona parte dell'esercito di Bethod s'era radunata attorno
a loro in un grande semicerchio, tutti che strillavano, urlava-
no, sbattevano le armi contro gli scudi. E anche le sovrastanti
mura di Uffrith erano zeppe di altra gente eppure il pubblico
non era neanche la met di quello, e non faceva lo stesso
baccano. Non pi di trenta uomini l'avevano guardato ucci-
dere Shama Senzacuore, uccidere e poi fare a pezzi come un
maiale. Con una smorfia, si strinse ancora di pi nelle spalle
al ricordo di tutto quel tagliare e tagliuzzare, quel leccarsi il
sangue dalle dita, sotto lo sguardo atterrito di Mastino e le
incitazioni e le risate di Bethod. Gli torn in bocca ora, quel
sapore, costringendolo a rabbrividire mentre si passava una
mano sulle labbra.
La gente ai suoi duelli era molta meno, per c'era molto di
pi in ballo: le vite dei combattenti, prima di tutto, poi il pos-
sesso della terra, dei villaggi, delle citt e il futuro di interi
clan. Quando si era battuto contro Tul Duru non c'erano
neanche un centinaio di persone a guardarli, ma forse il de-
stino di tutto il Nord era dipeso da quella sanguinosa mezz'o-
ra. Se allora avesse perso, se Testadituono l'avesse ucciso, le
cose sarebbero andate diversamente? Se Dow il Nero o Har-
ding il Cupo o uno degli altri l'avessero fatto tornare alla ter-
ra, Bethod avrebbe indossato lo stesso una catena d'oro, si
sarebbe comunque proclamato Re? E questa Unione sarebbe
scesa in guerra contro il Nord? La testa gli scoppiava ancora
di pi a forza di chiederselo.
Stai bene?, gli domand Bayaz.
Mh-mh, bofonchi lui, ma tremava nonostante il caldo.
Cos'era venuta a fare tutta quella gente? A divertirsi e basta,
ma in pochi avrebbero trovato divertenti le lotte di Logen, a
parte Bethod forse. S, lui e pochi altri. I miei duelli non
erano cos, disse tra s e s.
Come dici?, domand ancora Bayaz.
Niente.
Ah. Il vecchio si guard attorno con un sorriso raggian-
te, grattandosi la barbetta grigia. Chi pensi che vincer?
A Logen non importava un fico secco, ma pens che di-
strarsi in qualche modo dai suoi ricordi gli avrebbe giovato,
cos diede uno sguardo ai combattenti che si stavano prepa-
rando all'interno delle zone recintate, non lontano da dove
era seduto lui. Il bel giovane superbo che avevano conosciu-
to al portale era uno, mentre l'altro era un tipo massiccio e
possente, con il collo grosso e l'aria quasi annoiata.
Logen scroll le spalle. Io non me ne intendo di questa
cosa.
Chi, tu? Novedita il Sanguinario, il campione che ha
combattuto e vinto dieci duelli? Il pi temuto di tutto il Nord
non ha un'opinione? Di certo i combattimenti uno contro uno
sono gli stessi in tutto il mondo!
Logen fece una smorfia e si umett le labbra. Novedita il
Sanguinario. Era passato tanto tempo, ma mai abbastanza per
i suoi gusti. Sentiva ancora il sapore del metallo, del sale, del
sangue. Toccare un uomo con una spada o squartargli le bu-
della non proprio la stessa cosa, ma torn comunque a os-
servare per bene i due contendenti. Il giovane altezzoso si ar-
rotol le maniche, poi si pieg fino a toccarsi la punta dei
piedi e prese a ruotare il busto di qua e di l, prima di metter-
si ad agitare le braccia come se fossero le pale di un mulino,
e tutto questo sotto lo sguardo di un anziano soldato, rigido
come un bastone, con addosso una pulitissima divisa rossa.
Un altro uomo, pi alto e preoccupato, consegn al duellante
due spade, una pi lunga dell'altra, e il ragazzo le fece guiz-
zare davanti a s con una rapidit impressionante, intanto che
l'acciaio lampeggiava al sole.
L'avversario invece se ne stava l, appoggiato contro la
staccionata di legno, a farsi scrocchiare quel tronco di collo
prima da una parte e poi dall'altra, senza apparente fretta. Si
guardava attorno con occhi pigri.
Chi chi?, si inform Logen.
Quell'asino spocchioso del portale Luthar. Quello che
dorme in piedi Gorst.
Era chiaro chi fosse il preferito del pubblico. Ogni tanto,
in quello strepito, qualcuno gridava il nome di Luthar, e urla
d'acclamazione o applausi accompagnavano ogni movimento
delle sue sottili spade. Sembrava rapido, agile e sveglio, ma
c'era qualcosa di letale nell'atteggiamento svogliato di quello
grosso, qualcosa di cupo nei suoi occhi pigri. Logen decise
che avrebbe preferito combattere cento volte contro Luthar, a
dispetto della sua rapidit. Io dico Gorst.
Gorst, davvero? Gli occhi di Bayaz scintillarono. Che
ne dici di una piccola scommessa?
Logen sent Quai trattenere il fiato all'improvviso. Mai
scommettere contro un Mago, sussurr l'apprendista.
Per Logen non faceva molta differenza. E che diavolo
posso scommettere? Non ho niente!
Bayaz scroll le spalle. Beh, allora scommettiamo l'ono-
re. Che ne pensi?
Se vuoi. Logen non ne aveva mai avuto molto, perci
non gli importava di perdere anche quel poco.

Bremer dan Gorst! Gli applausi, gi pochi, vennero sof-


focati da una valanga di ululati e fischi, quando il possente
bue si avvi tranquillamente al suo posto con gli occhi soc-
chiusi rivolti a terra e le grosse lame tenute sospese dalle
grosse mani. Tra i capelli corti e il colletto della camicia,
aveva solo un fascio di muscoli al posto del collo.
Brutto bastardo, borbott Jezal, guardandolo. Bastardo
idiota di merda. Ma gli insulti suonavano poco convinti per-
sino alle sue stesse orecchie. L'aveva visto combattere tre
duelli e fare a pezzi tre avversari competenti, uno dei quali
non aveva ancora potuto alzarsi dal letto dopo una settimana.
Jezal aveva passato gli ultimi giorni ad allenarsi per contra-
stare appositamente il martellante stile di combattimento di
Gorst: West e Varuz che lo attaccavano con manici di scopa e
lui che schivava di qua e di l. Pi di una volta si era preso
qualche bastonata e i lividi ancora gli facevano male.
Gorst?, ripet l'arbitro in tono lamentoso, facendo il
possibile per strappare alla folla qualche applauso, ma non
c'era verso. Gli ululati raddoppiarono d'intensit, mescolati
anche a insulti e prese in giro, che accompagnarono l'omone
al suo posto.
Sei un goffo bue!
Torna alla tua fattoria a trascinare l'aratro!
Bremer il bruto!, e cos via.
Gli spalti parevano risalire all'infinito, allontanandosi
sempre di pi dal cerchio dei combattenti, e i volti del pub-
blico sfumavano nell'indistinto. Non mancava nessuno, a
quanto pareva il mondo intero era l: tutti i popolani della
citt, seduti a ridosso dei bordi distanti; tutti i contadinotti,
gli artigiani e i commercianti, che affollavano invece le pan-
che centrali; ogni nobiluomo e nobildonna dell'Agriont, dai
quintogeniti di ricchi poco influenti, ai grandi magnati dei
Consigli Aperto e Ristretto, che sedevano pi avanti. Anche
la tribuna reale era al completo: c'erano la Regina coi due
Principi, Lord Hoff e la Principessa Terez. Persino il Re sem-
brava sveglio, una volta tanto, e quale onore vedere i suoi
occhi strabuzzati che si guardavano attorno esterrefatti! L
fuori, da qualche parte, c'erano pure il padre e i fratelli di Je-
zal, i suoi amici e compagni ufficiali, oltre a tutti i suoi cono-
scenti. Sperava che anche Ardee lo stesse guardando in mez-
zo a quella miriade di facce.
Insomma, era un bel pubblico.
Jezal dan Luthar!, tuon l'arbitro. Il ciarlare incompren-
sibile della folla si gonfi di colpo in una tempesta d'accla-
mazioni, una poderosa ondata di supporto, le cui grida rie-
cheggiarono nell'arena fino a rimbombargli nella testa.
Forza, Luthar!
Luthar!
Ammazza quel bastardo!, e altre urla simili.
Va', Jezal, il momento, gli sussurr Varuz all'orecchio,
dandogli una manata sulla schiena per spingerlo con delica-
tezza verso il cerchio, e buona fortuna!
Jezal cammin in preda allo stordimento, confuso dal rug-
gito del pubblico al punto che la sua testa sembrava stesse
per spaccarsi in due. L'allenamento degli ultimi mesi scorse
vivido nella sua mente: le corse, le nuotate e il lavoro con la
barra pesante; le esercitazioni, la trave e le infinite posizioni;
la punizione, lo studio, il sudore e il dolore. E tutto solo per
quel momento. Sette tocchi. Il primo che arriva a quattro.
Tutto si riduceva a quello.
Prese posto di fronte a Gorst e lo guard dritto negli oc-
chi, che erano in parte coperti da quelle pesanti palpebre. An-
che l'altro lo osserv, calmo e freddo, ma sembrava guardas-
se attraverso di lui, come se non ci fosse. La cosa lo punse
nell'orgoglio e lo spinse a scacciare i brutti pensieri dalla te-
sta, allora sollev il nobile mento e pens che mai, mai,
avrebbe permesso a quel bue di avere la meglio. Avrebbe di-
mostrato a tutta quella gente il suo lignaggio, il suo talento e
il suo coraggio. Lui era Jezal dan Luthar, e avrebbe vinto, lo
sapeva. Era un fatto incontestabile.
Cominciate!
Ma il primo colpo lo fece barcollare, frantumando sia la
sua sicurezza che la sua compostezza, e ci manc poco che
gli frantumasse anche il polso. Ovviamente aveva visto Gor-
st tirare di scherma gi in precedenza - se quella si poteva
chiamare scherma -, per cui sapeva che sarebbe subito venu-
to avanti con una raffica di colpi, ma nulla avrebbe potuto
prepararlo a quel primo, micidiale contatto. La folla trattenne
il fiato mentre Jezal incespicava all'indietro. Tutte le strategie
che aveva attentamente elaborato, tutti i consigli saggiamen-
te espressi da Varuz, andarono in fumo. Non pot trattenere
una smorfia per il dolore improvviso al braccio che ancora
vibrava per la forza del poderoso fendente, mentre le orec-
chie ancora ronzavano per via dello schianto del metallo
contro il metallo. Non riusciva a richiudere la bocca, e le gi-
nocchia iniziarono a tremargli.
Non fu proprio il pi promettente degli inizi, ma l'accetta-
ta successiva segu impietosa la prima, abbattendosi con po-
tenza anche maggiore. Jezal balz da un lato e scivol via da
sotto la lama, nel tentativo di darsi il tempo di elaborare
qualche tattica, qualche espediente per arginare il flusso inar-
restabile di quella violenta marea di metallo. Gorst per non
aveva intenzione di concedergli neanche un secondo. Stava
gi emettendo il grugnito che avrebbe accompagnato il pros-
simo colpo, l'acciaio lungo gi sollevato a tracciare un arco
inarrestabile.
Jezal schiv laddove pot e par in tutti gli altri casi, ma i
polsi cominciavano a fargli male, a furia di resistere agli in-
cessanti assalti. Per cominciare, sperava che Gorst si sarebbe
stancato, perch nessuno poteva continuare all'infinito a me-
nare quel tipo di colpi, cos presto l'impeto delle stoccate l'a-
vrebbe rallentato e le pesanti lame avrebbero perso vigore. A
quel punto Jezal si sarebbe fatto sotto come un ariete, sfinen-
do l'avversario e conquistando il podio. La folla avrebbe ri-
voltato l'Agriont per la veemenza degli applausi. La classica
storiella della vittoria inaspettata.
Solo che Gorst non si stancava mai. Quell'uomo era in-
stancabile. Dopo alcuni minuti non c'era ancora il bench mi-
nimo segno di stanchezza in quegli occhi socchiusi, anzi, per
l'esattezza non c'era il bench minimo segno di emozione al-
cuna in lui, o almeno Jezal non lo vide, neanche nei rari mo-
menti in cui osava staccare lo sguardo dalle lame saettanti.
La grossa spada lunga roteava, roteava, roteava disegnando i
suoi brutali cerchi in aria, mentre la spada corta, instancabile
e decisa, era sempre l per deviare quei pochi, deboli colpi
che Jezal riusciva a sferrare tra una parata e l'altra. La forza
dei fendenti non diminu e i versi gutturali uscivano sempre
pi rochi dalla gola di Gorst. La folla non aveva niente per
cui applaudire, perci si limitava a mormorare indignata.
Finch alla lunga non fu Jezal a sentirsi spossato, le sue gam-
be si fecero pi lente, la presa sulle else pi scivolosa e co-
minci a sudare a profusione.
Lo vide arrivare da un miglio di distanza, ma non pot
farci niente. Era arretrato fino al bordo del cerchio, aveva
bloccato e deviato fino a perdere la sensibilit alle dita, ma
questa volta, quando lev il braccio dolorante e le lame coz-
zarono, un piede gli scivol e Jezal cadde di fianco fuori dal
cerchio, strillando mentre la lama corta gli volava via dalle
dita spasmodiche. Sbatt duramente la faccia a terra e si pre-
se una manciata di sabbia in bocca. Fu una caduta dolorosa e
imbarazzante, ma si sentiva troppo stanco, troppo abbattuto
per arrabbiarsi come doveva. In verit, fu quasi sollevato che
la punizione fosse finita, anche se solo per un momento.
Uno a zero per Gorst!, grid l'arbitro. Quella manciata
d'applausi che segu lo scambio venne immediatamente sof-
focata da fischi di derisione, ma l'omone parve accorgersene
a malapena e ritorn a testa bassa al suo posto, gi pronto per
il prossimo assalto.
Jezal si mise lentamente a quattro zampe, flettendo le dita
sofferenti, e decise di prendersi un momento prima di rialzar-
si; doveva riprendere fiato, doveva prepararsi, escogitare
qualcosa, ma Gorst era l che lo aspettava, grosso, silenzioso
e immobile. Jezal si scroll la sabbia dalla casacca, scervel-
landosi. Come fare a batterlo? Come? Rientr nel cerchio
con cautela e brand le lame.
Cominciate!
Stavolta Gorst si fece sotto pi forte che mai, menando
colpi orizzontali come se stesse falciando il grano, e Jezal fu
presto costretto a tornare a danzare lungo il bordo del cer-
chio. Un fendente in particolare saett talmente vicino alla
sua guancia sinistra che sent lo spostamento d'aria sulla pel-
le, e la stoccata successiva lo manc di pochissimo, solo che
a destra. Poi Gorst part con un colpo trasversale mirato alla
sua testa e Jezal intravide una possibilit. Si abbass sotto il
livello della lama, sicuro che il fendente gli avrebbe al mas-
simo reciso qualche capello, poi azzer la distanza mentre la
spada lunga dell'avversario squarciava l'aria, mancando lui
ma quasi colpendo in faccia l'arbitro alle sue spalle. Ora il
grosso bue aveva il fianco destro scoperto.
Cos Jezal si lanci contro il bastardo, certo di averlo fi-
nalmente in pugno, certo dell'uno a uno. Ma l'altro par l'af-
fondo con la lama corta e poi, con un ampio movimento del
braccio, port le guardie delle loro spade a incastrarsi stri-
denti l'una con l'altra. Jezal cerc di stoccare brutalmente con
la lama corta, per Gorst blocc anche quella, alzando la lun-
ga appena in tempo per fermare l'acciaio avversario a pochi
pollici dal suo petto.
Per un attimo, le quattro lame rimasero incastrate, else ra-
schianti e visi che quasi si toccavano. Jezal ringhiava strin-
gendo i denti come un cane, e bench la sua faccia fosse ri-
torta in una maschera d'agonia, i tratti marcati di Gorst mo-
stravano che stava compiendo solo uno sforzo trascurabile.
Sembrava uno che stava facendo una pisciatina, ovvero era
come se fosse impegnato in un'attivit ordinaria e un po'
sgradevole che doveva portare a termine il pi rapidamente
possibile.
Per tutto il tempo in cui le loro lame rimasero come inca-
tenate, Jezal spinse con tutta la sua forza, con ogni allenato
muscolo del suo corpo, sentendo le gambe che resistevano
sul terreno, gli addominali contratti nel tentativo di torcere le
braccia, le braccia stesse tese a spingere con le mani e le
mani strette tenacemente attorno alle else. Ogni muscolo,
ogni nervo, ogni tendine. Sapeva di essere in una posizione
migliore dell'altro, perch Gorst era sbilanciato, per cui se
solo fosse riuscito a farlo indietreggiare di un passo di un
pollice
All'improvviso Gorst abbass la spalla e respinse Jezal
con un grugnito, nello stesso modo in cui un bambino avreb-
be allontanato un giocattolo venutogli a noia.
Jezal arretr con passo vacillante, bocca e occhi spalanca-
ti per la sorpresa, slittando coi piedi sul terriccio e concen-
trandosi ai massimo per non cadere. Sent Gorst emettere
l'ennesimo grugnito e, in preda allo shock, lo vide tracciare
un ampio arco nella sua direzione. Non era nella posizione
giusta per schivare e comunque non ne ebbe il tempo. Quindi
sollev d'istinto il braccio sinistro, ma la spessa lama smus-
sata dell'avversario scans la sua come fosse un filo di paglia
portato dal vento e poi gli affond nelle costole. I suoi pol-
moni si svuotarono di colpo. Un gemito di dolore riecheggi
pi e pi volte nella silenziosa arena, dopo di che le sue
gambe cedettero sotto di lui e Jezal piomb sull'erba con gli
arti molli, emettendo un singulto simile al rumore un mantice
spezzato.
Questa volta non ci fu neanche l'accenno di un applauso.
La folla rugg il proprio odio con tutta se stessa, tra ululati e
fischi nei confronti di Gorst, che si dirigeva con passo pesan-
te nel recinto.
Sei un maledetto furbetto, Gorst!
Alzati, Luthar! Combatti!
Va' a casa, animale!
Dannato selvaggio!
I fischi divennero acclamazioni poco convinte quando Je-
zal si rialz da terra, con tutta la parte sinistra che gli pulsa-
va. Avrebbe lanciato un grido terrificante, se gli fosse rima-
sto un soffio di fiato in corpo. Nonostante tutti i suoi sforzi e
tutto il suo allenamento, non poteva competere contro Gorst,
e lo sapeva. Il pensiero di dover rifare tutto l'anno dopo gli
fece venir voglia di vomitare, ma si sforz di sembrare im-
passibile e ritorn tutto acciaccato nel suo recinto, anche se,
una volta arrivato l, non seppe trattenersi dal crollare di
peso su una sedia, buttando le spade rovinate sul lastricato e
annaspando in cerca di fiato.
West si pieg su di lui e gli alz la casacca per controllare
la ferita. Jezal ebbe quasi paura a guardarsi il costato, perch
temeva di trovarci un buco enorme, ma c'era solo un brutto
segno rosso che stava gi diventando livido intorno.
Qualcosa di rotto?, chiese Varuz, sbirciando sopra le
spalle di West.
Jezal ricacci dentro le lacrime quando il Maggiore gli ta-
st il fianco. Non credo, ma che diavolo! West gett l'a-
sciugamano per terra, disgustato. E questo lo chiamate il
bello sport? Non esistono regole contro queste spade
pesanti?
Varuz scosse la testa cupamente. Ci sono regole per la
lunghezza, ma non per il peso. D'altra parte, perch mai
qualcuno dovrebbe preferire spade pesanti?
Beh, la risposta ce l'abbiamo davanti agli occhi, non cre-
dete?, rispose brusco West. Siamo sicuri di non voler fer-
mare il duello prima che quel bastardo gli faccia saltare la te-
sta?
Ma Varuz lo ignor. Ora ascoltami, disse il vecchio
Maresciallo, faccia a faccia con Jezal. al meglio di sette
tocchi! Il primo a quattro! C' ancora tempo!
Tempo per cosa? Per farsi squartare, lame smussate o no?
troppo forte!, rantol Jezal.
Troppo forte? Nessuno troppo forte per te! Ma persi-
no Varuz sembrava dubbioso. C' ancora tempo! Puoi farce-
la! Il vecchio Maresciallo gli tir i baffi. Sei in grado di
batterlo!
Ma non gli sugger come.

Glokta aveva paura di soffocare, tanto convulse erano le


sue risate. Cerc di trovare qualcosa che gli sarebbe piaciuto
pi del vedere Jezal dan Luthar spaccato a met su un'arena
da combattimento, ma non trov nulla. Il giovane fece una
smorfia parando a stento un terribile colpo di taglio. Infatti,
da quando aveva ricevuto quella botta tremenda al torace,
non se la stava cavando tanto bene con il fianco sinistro, e
Glokta poteva quasi sentire il suo dolore. Ah, che delizia che
sia quello di un altro, tanto per cambiare! La folla - cupa, lu-
gubre e silenziosa - osservava Gorst perseguitare il suo be-
niamino con brutali colpi e, tra tutti, soltanto Glokta cercava
di soffocare le risate, serrando le gengive.
Luthar era agile e scattante, e si muoveva bene quando
anticipava i colpi. un combattente esperto, abbastanza da
vincere il Torneo in un anno mediocre, per. Piedi lesti,
mani rapide, ma la sua mente non acuta come dovrebbe.
Come avrebbe bisogno di essere. troppo prevedibile.
Gorst era tutt'altra cosa. Sembrava infliggere una stoccata
dopo l'altra senza neanche pensare, ma Glokta sapeva che
non era cos. Ha un modo tutto nuovo di fare le cose. Ai miei
tempi era tutta questione di affondi, ma dal prossimo anno i
duellanti combatteranno come fa lui, con lame pesanti e col-
pi di potenza. Si chiese pigramente se sarebbe stato capace di
batterlo, quel Gorst, al tempo in cui il suo corpo funzionava
ancora bene. Sarebbe stato comunque uno scontro divertente
da vedere, non come questo dannato duello impari.
Gorst devi senza difficolt un paio di deboli affondi, poi
sferr un'accettata da macellaio che per poco non sollev
l'avversario da terra, ma il giovane riusc a parare, anche se
per un pelo. Glokta fece una smorfia e il pubblico fischi.
Luthar non ebbe modo di parare il colpo successivo, schiac-
ciato com'era contro il bordo del cerchio, e cos fu costretto a
balzare all'indietro, sulla sabbia.
Tre a zero!, grid l'arbitro.
Glokta sussult dalla risate quando Luthar, in preda alla
stizza e alla frustrazione, prese a spadate la sabbia, sollevan-
do un getto di granelli, con una faccia che pareva il ritratto
dell'autocommiserazione. Poveri noi, Capitano Luthar, finir
quattro a zero. Che tragedia, e che imbarazzo. Chiss che
questo non insegni un po' d'umilt a quella merdina piagnu-
colante. Certi sono uomini migliori dopo una bella sconfitta.
Guarda me!
Cominciate!
Il quarto scambio inizi cos com'era finito il terzo. Con
Luthar che si prende una sonora batosta. Glokta lo vedeva
che quell'uomo era a corto di idee. Il dolore al braccio sini-
stro lo aveva reso lento, e ormai trascinava i piedi. Un altro
colpo da svenimento piomb sulla spada lunga del giovane,
che arretr barcollando fino al bordo del cerchio, privo ormai
d'equilibrio e di fiato. Gorst doveva soltanto incalzare un al-
tro poco. E qualcosa mi dice che non tipo da calmarsi
quando in vantaggio. Glokta afferr il bastone e si tir in
piedi, perch era chiaro a tutti che l'incontro era finito, e lui
non aveva intenzione di rimanere schiacciato nella confusio-
ne quando la folla delusa se ne sarebbe andata via tutta insie-
me.
La pesante spada lunga di Gorst balen in aria. Il colpo fi-
nale sicuramente. Luthar non avrebbe avuto altra scelta che
tentare di bloccare e capitombolare cos fuori dal cerchio. O
magari farsi aprire quel testone in due. Auguriamoci che
vada cos. Glokta sorrise, gi quasi di spalle per andarsene.
Ma con la coda dell'occhio vide che, chiss come, il colpo
era andato a vuoto. Gorst, smarrito, sbatt le palpebre nel
momento in cui la sua lama lunga si conficc nell'erba, e poi
grugn nel sentire la spada di Luthar coglierlo sulla gamba
con un fendente sinistro. Fino a quel momento, era stata l'u-
nica traccia d'emozione che aveva mostrato.
Uno per Luthar!, grid l'arbitro dopo una piccola pausa,
incapace di trattenere lo stupore nella sua voce.
No, borbott Glokta. La folla attorno a lui esplose in un
roboante applauso. No. Aveva combattuto centinaia di duelli
da giovane e aveva assistito ad altri mille, ma mai in vita sua
aveva visto una cosa del genere, mai aveva visto qualcuno
muoversi con una rapidit simile. Luthar era un bravo spa-
daccino, s. Ma cos bravo impossibile Aggrott la fron-
te, osservando i due finalisti ritornare ai propri posti dopo la
seconda pausa.
Cominciate!
Luthar era come trasformato. Si fece sotto con una raffica
furiosa di fendenti fulminei e non diede all'avversario nean-
che il tempo di cominciare. Ora era l'omone a sembrare in
difficolt, con tutto quel parare e schivare e allontanarsi dalla
portata dell'altro. Fu come se avessero scambiato il vecchio
Luthar con un uomo completamente diverso, un gemello pi
forte, pi veloce e molto pi sicuro di s.
Dopo essere stata privata a lungo di qualcosa per cui ap-
plaudire, la folla adesso urlava a squarciagola. Ma Glokta
non condivideva il loro entusiasmo. C' qualcosa che non va
qui, qualcosa di strano. Lanci occhiate alle facce tutte in-
torno, eppure nessuno si era accorto di niente. Vedevano solo
quello che volevano vedere, e cio Luthar che infliggeva al
brutto animale una spettacolare e ben meritata sconfitta. Gli
occhi di Glokta percorsero gli spalti, senza sapere che cosa
cercare.
Ah, il sedicente Bayaz. Era seduto davanti, a fianco dello
sfregiato Uomo del Nord e del suo "apprendista" e fissava,
un po' chinato in avanti, i due combattenti con uno sguardo
di estrema concentrazione. Nessun altro se ne accorse, per-
ch tutti erano catturati dallo scontro, ma Glokta lo vide. Si
strofin gli occhi e guard di nuovo. Qualcosa non va.

Di' quel che ti pare del Primo Mago, ma di certo un ba-


stardo imbroglione, ringhi Logen.
Bayaz aveva la bocca curvata in un sorrisetto, mentre si
asciugava il sudore sulla fronte. E chi ha mai detto che non
lo fosse?
Luthar era di nuovo nei guai. Guai seri. Ogni volta che
bloccava uno di quei deleteri affondi, le sue lame accusavano
sempre di pi il colpo e la sua presa sembrava sempre pi
debole; ogni volta che schivava, arretrava pian piano, ma
inesorabilmente, verso il bordo del cerchio giallo.
Poi, quando il ragazzo sembrava ormai spacciato, con la
coda dell'occhio Logen vide l'aria tremolare appena sopra le
spalle di Bayaz, proprio come era successo sulla strada a sud
prima che gli alberi esplodessero, e di nuovo sent quello
strano nodo allo stomaco.
Dopo di che, Luthar parve ritrovare improvvisamente tut-
to il suo vigore. Par il micidiale colpo successivo non con la
lama, bens con l'elsa della spada corta, ma era un colpo che,
un momento prima, gli avrebbe fatto schizzare l'arma di
mano. Invece adesso sostenne per un istante la forza del fen-
dente e poi respinse con un grido sia il colpo che l'avversario
ormai sbilanciato, balzando improvvisamente al contrattac-
co.
Se ti beccano a imbrogliare in un duello al Nord, bor-
bott Logen scuotendo la testa, ti aprono lo stomaco e ti
strappano le budella.
Buon per me, allora, fece Bayaz tra i denti serrati, sen-
za distogliere lo sguardo dai due finalisti, che non siamo
pi nel Nord. Il sudore iniziava di nuovo a imperlargli la
fronte, scorrendogli copioso lungo il viso. I pugni stretti gli
tremavano per lo sforzo.
Luthar men furiosamente, ripetutamente, con quelle spa-
de che neanche si vedevano tanto erano veloci. Gorst grugni-
va e ringhiava, deviando ogni colpo, ma l'altro era troppo ra-
pido per lui adesso, e troppo forte, e respingeva l'omone nel
cerchio come un cane rabbioso pu respingere una vacca.
Che imbroglione del cazzo, fece di nuovo Logen, quan-
do la lama di Luthar saett, graffiando la guancia dell'avver-
sario. Qualche goccia di sangue schizz sul pubblico alla si-
nistra di Logen e tutti gridarono per la gioia. L'urlo dell'arbi-
tro che dichiar il tre pari quasi non si sent. Gorst aggrott
appena la fronte e si port una mano alla guancia.
Al di sopra del baccano, Logen riusc a malapena a udire
il sussurro di Quai nell'orecchio: Mai scommettere contro
un Mago

Jezal sapeva di essere bravo, ma non si era mai sognato di


essere cos bravo: agile come un gatto, svelto come una mo-
sca e forte come un orso. Le costole non gli facevano pi
male, i polsi non erano pi indolenziti, e dentro di s non v'e-
ra pi traccia di insicurezza, n di stanchezza. Era impavido,
impareggiabile, inarrestabile. Gli applausi tuonavano attorno
a lui, eppure riusciva a sentire ogni singola parola, riusciva a
vedere ogni singolo dettaglio dei visi che componevano la
folla. Il suo cuore pompava fuoco incandescente al posto del
sangue e i suoi polmoni erano in grado di risucchiare persino
le nubi.
Non si disturb neanche a sedersi durante la pausa, tanto
era ansioso di ritornare nel cerchio, e poi la sedia era un in-
sulto per lui. Non ascolt nemmeno le parole di West e di Va-
ruz, perch quei due non avevano pi importanza ormai.
Gente piccola, laggi in basso. Lo fissarono arrossati, non a
torto stupefatti.
Era il pi grande schermitore di tutti i tempi.
Quello storpio di Glokta non avrebbe potuto neppure im-
maginare quanto aveva avuto ragione nel dire che Jezal do-
veva solo provarci e, a quanto pareva, poteva conquistare
tutto. Sorrise mentre tornava baldanzoso al suo posto, e poi
scoppi a ridere quando sent la folla in delirio. Sorrise an-
che a Gorst che stava rientrando nel cerchio. Tutto era esatta-
mente come doveva essere. Quelle palpebre erano ancora pe-
santi e pigre, sopra il taglio che aveva inflitto all'avversario,
ma ora nei suoi occhi c'era qualcosa in pi: un'ombra di me-
raviglia, di cautela, di rispetto. E non a torto.
Non c'era niente ormai che Jezal non potesse fare. Era in-
vincibile. Inarrestabile. Era
Cominciate!
completamente andato. Il dolore al fianco si riaffacci
all'improvviso con una scarica da spezzargli il fiato. Di colpo
erano tornate la paura, la stanchezza e la debolezza. Gorst
ringhi e scaten quei suoi furibondi colpi di taglio, sbatac-
chiando le spade tra le mani di Jezal e facendo saltellare lui
come un coniglio spaventato. La maestria era andata a farsi
benedire, assieme a tutto l'entusiasmo e l'energia, e gli assalti
di Gorst parevano pi violenti di prima. La disperazione si
impossess di lui quando il grosso bue gli strapp la lama
lunga dalla mano insensibile, scagliandola oltre la stacciona-
ta. Jezal croll in ginocchio, tra gli ansiti scioccati della fol-
la. Era tutto finito
No, non era tutto finito. Mentre stava calando ad arco
su di lui per sferrare il colpo finale, la lama avversaria parve
in qualche modo deviarsi da sola. Lenta, lenta come se stesse
affondando nel miele. Jezal sorrise. Fu semplicissimo per lui
respingerla con la spada corta. Sent la forza rifluirgli in cor-
po, allora balz in piedi, diede una spinta a Gorst con la
mano disarmata, devi un nuovo affondo, e poi un altro, gra-
zie alla sua unica spada che faceva il lavoro di due senza per
questo risentirne. Tutta l'arena teneva il fiato sospeso e ovun-
que regnava il silenzio, a parte il rapido cozzare delle spade.
A destra e sinistra, a destra e sinistra saettava la spada corta,
cos veloce che neanche lui riusciva a seguirla con gli occhi,
cos rapida che non aveva neppure il tempo di pensare, e pa-
reva quasi che lo stesse trascinando con s.
Si sent uno stridio metallico quando Jezal strapp l'am-
maccata spada lunga dalla mano di Gorst, e poi un altro
quando fece altrettanto con la corta. Per un istante tutto fu
immobile. L'omone, disarmato, coi tacchi degli stivali che
stavano proprio sul bordo del cerchio, lo guard. La folla era
in assoluto silenzio.
Allora, Jezal sollev piano la spada corta, che all'improv-
viso parve pesare una tonnellata e tocc delicatamente il co-
stato di Gorst.
Ah, mugol lui, con un'espressione sorpresa.
E la folla esplose in un applauso assordante, che si pro-
trasse a lungo, sempre pi forte, sempre pi rombante. Jezal
vi si immerse. Ora che era finita, si sentiva completamente a
pezzi. Chiuse gli occhi, vacill aprendo le dita addormentate
e mollando la spada, dopo di che croll in ginocchio. Era pi
che a pezzi. Neanche avesse usato in pochi momenti tutta l'e-
nergia di una settimana. Persino stare in quella posizione ri-
chiedeva uno sforzo che non era sicuro di poter sostenere a
lungo, e se fosse caduto non sapeva se sarebbe mai pi stato
in grado di rialzarsi.
Ma poi delle mani forti lo presero sotto le braccia e lo sol-
levarono. Il ruggito della folla aument quando Jezal si sent
alzare da terra, cos apr gli occhi e vide davanti a s delle
macchie sfumate di colore, dei contorni indistinti. La testa
rintronava per il boato. Era seduto sulla spalla di qualcuno,
qualcuno che lo stava facendo girare, qualcuno coi capelli
corti. Gorst. L'omone se l'era messo in spalla come un padre
con il figlio e lo stava portando in trionfo davanti alla folla,
sorridendogli dal basso con un ampio ma brutto sorriso. Suo
malgrado, Jezal gli restitu il gesto. Fu un momento strano,
tutto sommato.
Vince Luthar!, grid inutilmente l'arbitro, a stento udi-
bile. Vince Luthar!
Le acclamazioni si erano trasformate in una cantilena rit-
mata che faceva ballare tutta l'arena: Luthar! Luthar! Lu-
thar! La testa di Jezal galleggiava, preda di quel battito,
come se fosse ubriaco. Ebbro di vittoria. Ebbro di s.
Gorst lo rimise gi mentre gli applausi iniziavano a sce-
mare. Mi hai battuto, gli disse sorridendo, con una voce
dolce, stranamente acuta, da donna. Lealmente. Vorrei esse-
re il primo a congratularmi. Annu con quel grosso testone e
sorrise di nuovo, mentre si toccava il taglio sotto l'occhio
senza il minimo risentimento. Te lo meriti, aggiunse, of-
frendogli la mano.
Grazie. Jezal accenn un sorriso acido e strinse l'enor-
me zampa dell'uomo nel modo pi sbrigativo possibile, poi si
diresse verso il recinto. Certo che se lo meritava, cazzo, e
preferiva morire piuttosto che lasciare quell'idiota a crogio-
larsi un minuto di pi nella sua gloria riflessa.
Sei stato coraggioso, ragazzo mio, coraggiosissimo!,
esplose spumeggiante il Maresciallo Varuz dandogli una pac-
ca sulla spalla, mentre lui andava a sedersi per riposare le
gambe tremanti. Sapevo che potevi farcela!
West ghign mentre gli passava l'asciugamano. Parleran-
no dei tuoi numeri per anni.
Altra gente venuta a complimentarsi si radun a ridosso
dalla staccionata. Un vortice di facce sorridenti, e tra di loro
c'era anche quella di suo padre, che irradiava orgoglio. Sa-
pevo che ce l'avresti fatta, Jezal! Non ne ho mai dubitato!
Neanche per un secondo! Hai reso fiera la nostra famiglia!
Ma Jezal not che suo fratello maggiore non sembrava affat-
to contento, anzi, persino nel suo momento di gloria aveva
quella solita espressione invidiosa e sgradevole. Invidioso,
sgradevole bastardo. Non poteva essere felice per suo fratel-
lo, almeno un giorno in vita sua?
Posso congratularmi anch'io con il vincitore?, fece una
voce dietro di lui. Era quel vecchio idiota, quello del portale,
il tizio che Zolfo aveva chiamato maestro. Bayaz, si faceva
chiamare. Aveva la testa pelata imperlata di sudore, grondan-
te quasi, e il suo viso era pallido, gli occhi infossati. Quasi
come se avesse appena combattuto un duello di sette tocchi
contro Gorst. Ben fatto davvero, mio giovane amico! sta-
ta una performance quasi magica.
Vi ringrazio, mormor Jezal. Non era poi tanto sicuro
di chi fosse quel vecchio, o che cosa andasse cercando, ma
non si fidava di lui neanche un po'. Mi spiace, devo
Ma certo. Parleremo pi tardi. Lo disse con fastidiosa
sicurezza, come se fosse gi cosa stabilita, poi si volt e
scomparve quasi fluttuando tra la gente. Il padre di Jezal lo
guard andar via con la faccia cinerea, come se avesse visto
un fantasma.
Lo conoscete, padre?
Io
Jezal! L'eccitato Varuz gli afferr il braccio. Vieni! Il
Re vuole offrirti le sue congratulazioni! Lo trascin lontano
dalla sua famiglia, di nuovo verso il centro dell'arena, e men-
tre attraversavano il cerchio d'erba secca, teatro della sua vit-
toria, si lev di nuovo qualche applauso. Il Maresciallo Varuz
gli gett un braccio paterno attorno alla spalla e sorrise verso
il pubblico come se le acclamazioni fossero per lui. Tutti vo-
levano un pezzo della sua gloria, a quanto pareva, ma Jezal
fu in grado di scrollarsi di dosso il vecchio non appena inizi
a salire i gradini verso la tribuna reale.
Il primo della fila era il Principe Raynault, figlio minore
del Re, che era vestito in modo molto umile e aveva un'aria
onesta e riflessiva, al punto che non sembrava quasi membro
di una famiglia reale. Ben fatto!, grid al di sopra del fra-
casso, e sembrava veramente contento della sua vittoria.
Bello spettacolo! Suo fratello maggiore fu pi esuberante.
Incredibile!, strill il Principe Ereditario Ladisla, con la
luce del sole che si riverberava sui bottoni dorati della sua
giacca bianca. Formidabile! Magnifico! Spettacolare! Mai
vista una cosa del genere! Jezal ghign e si inchin con de-
ferenza, poi pass oltre, rinsaccandosi nelle spalle quando
l'Erede al Trono gli diede una manata un po' troppo forte sul-
la schiena. Ho sempre saputo che ce l'avreste fatta! Siete
sempre stato il mio uomo!
La Principessa Terez, unica figlia del Granduca Orso di
Talins, osserv il passaggio di Jezal con un sorrisetto sprez-
zante, battendo mollemente due dita languide sul palmo del-
l'altra mano in quello che doveva essere un applauso. Teneva
il mento ostentatamente alto, come se ricevere un suo sguar-
do fosse un onore che lui non avrebbe mai saputo apprezzare
appieno e che certamente non meritava.
E cos Jezal venne infine al cospetto di Guslav V, Re Su-
premo dell'Unione, seduto sul suo alto scranno. Aveva la te-
sta abbandonata da una parte, come schiacciata dall'abba-
gliante corona, e le sue dita ceree si muovevano sul mantello
di seta cremisi come dei lumaconi bianchi. Aveva gli occhi
chiusi, il petto che si alzava e si abbassava dolcemente, la
bocca mollemente aperta, con un rivolo di saliva che gli co-
lava lungo il mento e contribuiva, assieme al sudore stillato
dalle guance flosce, a inzuppargli l'alto colletto della giubba.
Jezal era davvero al cospetto della grandezza.
Vostra Maest, mormor Lord Hoff. Il Capo dello Stato
non rispose. Sua moglie, la Regina, in posizione penosamen-
te eretta, gli lanci un'occhiata con un sorriso fisso e privo
d'emozione, impresso su quella faccia ben incipriata. Jezal
non sapeva dove guardare e si mise a osservare le proprie
scarpe impolverate. Il Lord Ciambellano diede un rumoroso
colpo di tosse, allora la testa del Re ebbe uno spasmo, ma
Sua Maest non si svegli. Hoff fece una boccaccia e, dopo
essersi assicurato che nessuno li stesse guardando troppo da
vicino, punzecchi le costole reali con un dito.
Il Re sussult, aprendo gli occhi all'improvviso, intanto
che le pesanti guance tremolavano per lo scatto, e si volt a
guardare Jezal con occhi folli, iniettati di sangue e bordati di
rosso.
Vostra Maest, questi il Capitano
Raynault!, esclam il Re. Figlio mio!
Jezal deglut per cercare di ricacciare l'ansia in fondo alla
gola, e fece del suo meglio per mantenere un sorriso rigido.
Il vecchio demente l'aveva scambiato per suo figlio minore.
Cosa anche peggiore, il vero Principe stava a neanche quat-
tro passi di distanza da loro. Il ghigno legnoso della Regina
ebbe uno spasmo appena percettibile, mentre le labbra per-
fette della Principessa Terez si ritorsero in un'espressione di
scherno. Il Lord Ciambellano diede un altro, imbarazzato
colpo di tosse. Ehm, no, Vostra Maest, questi
Ma era troppo tardi. Senza preavviso, il monarca si alz
faticosamente in piedi e avvolse Jezal in un entusiastico ab-
braccio, cos che la corona gli scivol sul lato della testa e
per poco Jezal non rimase accecato da uno dei rebbi ingioiel-
lati. La bocca di Lord Hoff si apr senza emettere suono, i
due Principi strabuzzarono gli occhi. Jezal, da parte sua, non
pot reprimere un singulto.
Figlio mio!, singhiozz il Re, soffocato dall'emozione.
Raynault, sono cos contento che tu sia tornato! Quando io
non ci sar pi, Ladisla avr bisogno del tuo aiuto. talmen-
te debole, e la corona un peso cos gravoso da portare! Tu
sei sempre stato il pi adatto ad essere Re! Un peso cos gra-
voso!, piagnucol sulla spalla di Jezal.
Era un autentico incubo. Ladisla e il vero Raynault si
scambiarono uno sguardo stupefatto, poi guardarono il pa-
dre, entrambi profondamente a disagio. Terez sogghignava a
testa bassa, fissando il futuro suocero con mal celato disprez-
zo. Non c'era mai fine al peggio. Che diavolo si doveva fare
in una situazione del genere? Poteva esserci una condotta
adeguata in questi casi? Jezal diede delle pacche goffe sulla
grossa schiena di Sua Altezza. Che altro poteva fare? Spinto-
nare il vecchio demente e farlo finire col culo per terra di
fronte a met dei suoi sudditi? Anche se era quasi tentato di
farlo.
Non fu di gran consolazione che la folla avesse preso
quell'abbraccio come l'aperta espressione del sostegno reale
nei confronti del talento di Jezal, ma almeno le urla che se-
guirono annegarono le sue parole. Nessuno che non fosse
nella tribuna reale sent ci che il Re disse. Tutti fraintesero
il vero significato di quello che, per Jezal, fu il momento pi
imbarazzante di tutta la sua vita.
38.

Il pubblico ideale

Quando Glokta entr, l'Arcilettore Sult era affacciato al-


l'enorme finestra del suo ufficio, con lo sguardo rivolto verso
il Palazzo del Creatore, oltre le guglie dell'Universit. Era
alto e solenne come sempre nella sua immacolata veste bian-
ca, e la piacevole brezza che spirava nell'ampia stanza circo-
lare gli arruffava quella selva di capelli candidi, facendo svo-
lazzare anche le numerose carte posate sull'immane scriva-
nia.
Si volt quando sent Glokta trascinarsi nella stanza. In-
quisitore, disse soltanto, e gli porse la mano inguantata, su
cui la grossa gemma lampeggiava di un bagliore violaceo,
catturando e riflettendo il sole che entrava dalla finestra
aperta.
Servo e obbedisco, vostra Eminenza. Glokta gli prese la
mano e si pieg a baciare l'anello del suo ordine con una
smorfia di dolore, con il bastone che gli tremava in mano per
lo sforzo di tenersi dritto. Che io sia dannato se il vecchio
bastardo non me la porge ogni volta sempre pi in basso.
Giusto per vedermi sudare.
Sult si adagi sull'alto scranno con un movimento fluido,
poi poggi i gomiti sul ripiano e congiunse i polpastrelli.
Glokta non pot fare altro che aspettare un invito a sedersi,
bench la gamba gli andasse a fuoco e lui grondasse sudore,
dopo l'ormai familiare arrampicata su per il Palazzo degli In-
terrogatori.
Ti prego, siedi, mormor l'Arcilettore. Aspett che
Glokta si fosse fatto dolorosamente strada fino a una delle
sedie pi basse attorno al tavolo rotondo. Ora, dimmi, la tua
inchiesta ha portato qualche frutto?
Qualcuno. C' stato un intruso nelle stanze dei nostri vi-
sitatori l'altra notte. Loro affermano che
chiaramente un modo per rendere pi credibile la loro
oltraggiosa storia. Magia!, sbuff Sult sprezzante. Hai sco-
perto come hanno fatto davvero ad aprire quel buco nella pa-
rete?
Magia, forse? Temo di no, Arcilettore.
Ah, che peccato. Una qualche prova che si tratti di un
trucco ci tornerebbe utile. Eppure, sospir come se non si
fosse aspettato niente di meglio, non si pu avere tutto. Hai
parlato con queste persone?
S, ma Bayaz, se cos posso chiamarlo, parla in modo
sfuggente. Senza l'aiuto di mezzi pi persuasivi delle sole
domande non sono riuscito a ottenere nulla da lui. Anche il
suo amico Uomo del Nord cova qualcosa.
Una ruga comparve sulla fronte liscia di Sult. Sospetti
qualche connessione con quel selvaggio di Bethod?
possibile.
possibile?, fece eco l'Arcilettore in tono acido, come
se quelle parole fossero veleno. Che altro?
C' un nuovo arrivato nell'allegra combriccola.
Lo so. Il Navigatore.
Ma che mi disturbo a fare? S, Vostra Eminenza, un Na-
vigatore.
Buona fortuna a loro! Quegli indovini spilorci fanno pi
danni che altro. Sempre a cianciare su Dio e quant'altro. Avi-
di incivili.
Assolutamente. Pi danni che altro, Arcilettore, anche se
sarebbe interessante sapere perch ne hanno assunto uno.
E perch l'hanno fatto?
Glokta fece una pausa. Non lo so.
Pff, sbuff Sult. C' altro?
In seguito alla loro disavventura notturna con l'intruso, i
nostri amici sono stati trasferiti in certi appartamenti vicini al
parco. Proprio l, c' stato un omicidio a dir poco efferato
qualche notte fa, a neanche venti passi dalle loro finestre.
S, il Superiore Goyle me l'ha accennato. Per ha detto
che non nulla di cui preoccuparsi, dal momento che non c'
alcun collegamento coi nostri ospiti. Ho lasciato l'intera fac-
cenda nelle sue mani. Guard Glokta con la fronte aggrotta-
ta. Ritieni che abbia preso la decisione sbagliata?
Ah, beh, a questa so rispondere subito. Ma certo che no,
Arcilettore. Glokta pieg la testa in segno di profondo ri-
spetto. Se il Superiore soddisfatto, allora lo sono anch'io.
Mmmh. Cos, alla fin fine, non abbiamo nulla in mano.
Questo mi stai dicendo?
Non proprio nulla. Ci sarebbe questo. Glokta tir fuori
l'antico rotolo di pergamena dalla tasca del cappotto e glielo
porse.
Sult lo prese con un'aria di genuina curiosit, lo srotol
sulla scrivania e osserv i simboli incomprensibili che vi era-
no scritti sopra. Che cos'?
Ah-a. Allora non sapete tutto. Suppongo che lo si po-
trebbe chiamare un pezzo di storia. Il racconto di come Ba-
yaz sconfisse il Sommo Creatore.
Un pezzo di storia. Sult picchiett le dita pensosamente
sul ripiano della scrivania. E in che modo ci aiuta? In che
modo vi aiuta, vorrete dire.
Stando a quanto c' scritto, fu il nostro amico Bayaz a si-
gillare il Palazzo del Creatore. Fece un cenno verso l'edifi-
cio enorme oltre la finestra. Lo sigill e prese la chiave.
Chiave? Quella torre sigillata da sempre. Per quanto ne
so, non esiste neanche una serratura.
Io ho pensato esattamente la stessa cosa, Vostra Eminen-
za.
Mmh. Pian piano, un sorriso cominci ad affacciarsi sul
volto dell'Arcilettore. Le storie dipendono dal modo in cui
le si racconta, eh? Il nostro amico Bayaz lo sa bene, oserei
dire. Vorrebbe usare le nostre leggende contro di noi, ma ora
i ruoli si sono invertiti. Questa ironia mi diverte. Riprese il
rotolo in mano. autentica?
Ha importanza?
Certo che no. Sult si alz aggraziato dalla poltrona e
and lentamente alla finestra, tamburellando con la pergame-
na sulle dita. Rimase fermo a guardare il paesaggio per un
po', ma quando torn a voltarsi il suo viso aveva assunto
un'espressione di profonda soddisfazione.
Mi venuto in mente che domani sera ci sar un ban-
chetto in onore del nostro nuovo campione di scherma, il Ca-
pitano Luthar. Piccolo verme imbroglione. Sar presente
la crema della crema del nostro governo: la Regina, i due
Principi, gran parte del Consiglio Ristretto e diversi nobili
importanti. Senza dimenticare il Re stesso. sintomatico
che non valga pi neanche la pena menzionare la sua pre-
senza a cena. Sarebbe un pubblico ideale per il nostro pic-
colo smascheramento, non pensi?
Glokta chin la testa per cautela. Ovvio, Arcilettore. Il
pubblico ideale. A patto che funzioni, o diventerebbe un
pubblico imbarazzante davanti a cui fallire.
Tuttavia, Sult pareva gi pregustare il suo trionfo. S,
l'occasione perfetta, e abbiamo tutto il tempo che ci serve per
fare i dovuti preparativi. Manda un messaggero dal nostro
Primo Mago, fagli sapere che lui e i suoi compagni sono cor-
dialmente invitati a cena domani sera. Confido che presen-
zierai anche tu.
Io? Glokta pieg nuovamente la testa. Non me lo perde-
rei per niente al mondo, vostra Eminenza.
Bene. Porta anche i tuoi Pratici. I nostri amici potrebbero
diventare violenti nel rendersi conto che i loro giochetti sono
finiti. Barbari di quella schiatta chi pu dire di cosa siano
capaci? Un movimento appena percettibile della sua mano
inguantata indic che il colloquio era terminato. Tutte quelle
scale, solo per questo?
Sult teneva lo sguardo abbassato sulla pergamena quando
Glokta raggiunse finalmente la soglia. Il pubblico ideale,
borbottava, poi le pesanti porte si chiusero dolcemente.

Nel Nord, gli Scagnozzi di un capo mangiavano con lui


nella sala grande tutte le sere e le donne trasportavano il cibo
all'interno di grosse ciotole di legno. Ficcavi i coltelli nei
pezzi di carne che avevi scelto, li tagliavi e poi ti ingozzavi
mangiando con le mani. Se trovavi qualche osso o qualche
frammento di cartilagine, li buttavi ai cani. Il tavolo, quando
c'era, era composto da banchi di legno accostati l'uno all'al-
tro, ma tutti di dimensioni diverse, ed erano pieni di mac-
chie, graffi e tacche, a furia di piantarci dentro i coltelli. Gli
Scagnozzi sedevano su lunghe panche, con l'aggiunta di un
paio di sedie per i Nominati, magari. Si mangiava al buio,
soprattutto durante i lunghi inverni, e l'aria era piena di
fumo, sia quello del fuoco che quello delle pipe di chagga.
Si cantava spesso, ci si insultava per scherzo o talvolta per
davvero, e si beveva a volont. L'unica regola era che dovevi
aspettare il primo boccone del capo, prima di cominciare a
mangiare.
Logen non aveva idea di quali fossero le regole l, ma im-
magin che ce ne fossero una marea.
Gli ospiti sedevano a tre lunghi tavoli disposti a ferro di
cavallo, per una sessantina di persone in tutto. Ognuno aveva
una sedia propria, e il legno scuro del desco luccicava tanto
era lucido, al punto che Logen poteva vederci il riflesso indi-
stinto della sua faccia, grazie alla luce di centinaia e centina-
ia di candele attaccate ai muri o posate sul tavolo stesso.
Ogni invitato aveva almeno tre coltelli smussati davanti a s,
oltre a un mucchio di altre cose, compreso uno spesso cer-
chio piatto di metallo splendente. A che servisse tutto questo,
Logen non ne aveva idea.
Nessuno strillava e di certo nessuno cantava, per c'era
nell'aria un mormorio simile a quello di un alveare, perch la
gente parlottava a bassa voce quasi all'orecchio del vicino,
come se si stessero scambiando dei segreti. Ma la cosa pi
strana erano i vestiti. I vecchi portavano pesanti vesti nere,
rosse e oro, foderate di pellicce splendide pure con quel cal-
do. I giovani, invece, avevano addosso giubbe aderenti di un
cremisi acceso, oppure verdi, oppure azzurre, addobbate da
corde e nodi dorati e fili d'argento. Le donne erano piene di
catenine, anelli d'oro lucente e gioielli abbaglianti, e indossa-
vano strani abiti di tessuti colorati che erano ridicolmente
gonfi in alcuni punti, dolorosamente stretti in altri, e del tutto
assenti in altri ancora. Logen era distratto da quegli ultimi
punti in particolare.
Persino i servi, che si aggiravano tra i tavoli piegandosi a
riempire i calici di un dolce vino acquoso, erano vestiti da
lord. Logen aveva gi bevuto un bel po' e tutta la stanza ema-
nava ai suoi occhi un piacevole bagliore.
Il problema era che il cibo scarseggiava. Era da quella
mattina che non metteva qualcosa sotto i denti e adesso lo
stomaco gli brontolava. Gi da un po' aveva adocchiato dei
vasi di piante posati sul tavolo di fronte agli ospiti, e c'erano
pure dei fiori dai colori accesi, e non avevano tanto l'aspetto
di cose da mangiare, ma in quel Paese ne mangiavano di
roba strana.
Non gli restava che assaggiarli. Strapp una di quelle cose
da un vaso, un lungo stelo verde con un fiore giallo alla fine,
e ne mordicchi un pezzetto dal gambo. Sapeva d'acqua, ma
almeno era croccante, cos ne prese un morso pi grosso e lo
mastic senza entusiasmo.
Non penso che quelli siano da mangiare. Logen si guar-
d attorno, sorpreso di sentire qualcuno parlare la lingua del
Nord in quel posto, ma soprattutto sorpreso che qualcuno
parlasse a lui in generale. Il suo vicino, un tipo alto e magro
con una faccia affilata e piena di rughe, stava piegato verso
di lui con un sorriso imbarazzato. A Logen parve di cono-
scerlo, e infatti era quello che stava al duello di spade, quello
che passava l'acciaio al ragazzo del portale.
Ah, bofonchi con la bocca piena. Il sapore di quella
roba non faceva altro che peggiorare. Scusa, fece, una vol-
ta che riusc a inghiottirla, non ne so molto di queste cose.
Neanche io, onestamente. Di che sapeva?
Di merda. Logen tenne sollevato quel fiore smangiuc-
chiato tra le dita incerte. Il pavimento piastrellato era pulitis-
simo e non gli sembr giusto buttare lo stelo sotto il tavolo,
tanto pi che di cani non ce n'erano, ma, anche se ci fossero
stati, quella cosa gliel'avrebbero tirata dietro. Non erano
mica stupidi come lui. Poggi dunque il pezzo di pianta sul
piatto di metallo e si pul le dita sul petto, nella speranza che
nessuno l'avesse visto.
Mi chiamo West, disse l'uomo offrendogli la mano.
Vengo dall'Angland.
Logen la strinse. Novedita. Sono un Brynn e vengo dal
nord degli Alti Luoghi.
Novedita? Logen agit il moncherino davanti a lui e
l'uomo annu. Ah, capisco. Poi sorrise come se gli fosse ri-
tornata in mente una cosa divertente. Una volta ho sentito
una canzone nell'Angland che parlava di un uomo con nove
dita. Com' che si chiamava? Novedita il Sanguinario! Lo-
gen sent che il suo sorriso stava appassendo. Sai, una di
quelle canzoni che si cantano al Nord, di quelle che parlano
di violenza e brutalit. Tagliava carrettate di teste, questo
Sanguinario, bruciava villaggi, metteva il sangue nella sua
birra e cose del genere. Non sei tu, vero?
Logen cap che il tale stava facendo una battuta, quindi
rise nervosamente. No, no, mai sentito nominare, ma per
fortuna West aveva gi cambiato argomento.
Dimmi, sembri un tipo che ha visto molte battaglie ai
suoi tempi.
Sono finito in qualche guaio, s. Inutile negarlo.
Hai sentito di quest'uomo che chiamano il Re degli Uo-
mini del Nord? Questo Bethod?
Logen lo guard in tralice. S, ne ho sentito parlare.
Hai combattuto contro di lui in guerra?
Logen fece una smorfia. Il sapore amaro della pianta sem-
brava persistergli in bocca, cos prese il calice e bevve un
sorso di vino. Peggio, rispose lentamente, rimettendo gi
il bicchiere. Ho combattuto per lui.
Questo parve rendere l'altro ancora pi curioso. Allora
conosci le sue tattiche e le sue truppe. Il suo modo di fare la
guerra. Logen annu. E che puoi dirmi su di lui?
Che un avversario molto astuto e crudele, senza scru-
poli n piet. Intendiamoci, io lo odio, ma non c' stato un
condottiero al suo livello sin dai giorni di Skarling Senzacap-
pa. In lui c' quel qualcosa che gli uomini rispettano, o temo-
no, o a cui obbediscono per lo meno. Li fa trottare, i suoi sol-
dati, perch vuole scegliersi per primo il terreno di una batta-
glia, ma loro marciano per lui perch gli porta la vittoria.
cauto quando serve, impavido quando deve esserlo, e non
tralascia nessun dettaglio. Tutti i trucchi di guerra sono una
delizia per lui: trappole, imboscate, finte, inganni, incursioni
improvvise contro nemici impreparati. Cercalo dove non ti
aspetti che sia e sappi che pi forte laddove sembra pi de-
bole. Attento soprattutto quando ti pare che scappi. Quasi
tutti lo temono, e chi non lo teme uno sciocco.
Logen raccolse il fiore dal piatto e cominci a farlo a pez-
zetti. I suoi eserciti si raggruppano attorno ai capoclan, al-
cuni dei quali sono a loro volta dei condottieri esperti, e que-
sti comandano quasi tutti Asserviti, cio contadini obbligati a
combattere, a malapena armati di archi e lance, svelti nel
muoversi in gruppetti separati. In passato erano addestrati
male perch venivano strappati alle fattorie solo per breve
tempo, ma le guerre si prolungano da cos tanto che molti di
loro sono diventati guerrieri duri, e mostrano poca piet.
Cominci a disporre i pezzetti della pianta immaginando
che fossero soldati e che il piatto fosse una collina. Ciascun
capoclan ha i propri Scagnozzi, oltre ai guerrieri della sua
terra, e questi sono ben armati ed equipaggiati, lesti con l'a-
scia, con la spada e con la lancia. Sono soldati disciplinati.
Qualcuno ha pure i cavalli, ma Bethod li tiene nascosti, in at-
tesa del momento migliore per farli partire alla carica o al-
l'inseguimento. Strapp i petali gialli dal fiore, che divenne-
ro cavalieri nascosti sui fianchi collinari. E per ultimi ci
sono i Nominati, quelli che si sono conquistati la fama in
battaglia. Possono condurre gruppi di Scagnozzi sul campo,
oppure agire da esploratori o incursori, certe volte nel cuore
delle retrovie del nemico.
Logen si rese conto che il piatto era ormai ricoperto di
una gran quantit di pezzi di petali, al che li scans con la
mano in tutta fretta, spargendoli sul tavolo. Questa la
guerra tradizionale nel Nord, ma a Bethod sempre piaciuto
inventarsi cose nuove. Ha letto libri, ha studiato altri modi di
combattere e ha parlato spesso di voler comprare archi piatti,
armature pesanti e forti destrieri da guerra dai commercianti
del sud. Vuole che il suo esercito sia temuto in tutto il mon-
do.
Si accorse di aver parlato ininterrottamente per un sacco
di tempo, mettendo insieme pi parole allora che in anni e
anni di silenzio, eppure West lo guardava attentamente, rapi-
to dalle sue spiegazioni. Parli come un uomo che sa quel
che dice.
Beh, che hai beccato l'unico argomento di cui mi repu-
to un esperto.
Che consiglio daresti a uno che deve combattere una
guerra contro Bethod?
Logen si accigli. Sta' attento. E guardati le spalle.

Jezal non si stava divertendo per niente. All'inizio gli era


parsa un'idea fantastica, ovviamente, proprio ci che aveva
sempre sognato: una festa in suo onore, a cui partecipavano
molte delle persone pi in vista dell'Unione. Quello di certo
era soltanto l'inizio della sua nuova, meravigliosa vita da
campione del Torneo. Le grandi cose che tutti gli avevano
predetto, anzi, promesso, erano sul punto di cadergli in
grembo come frutta troppo matura che si stacca dall'albero.
Promozioni e gloria si preannunciavano vicine. Forse l'a-
vrebbero addirittura nominato Maggiore quella sera stessa,
cos sarebbe potuto andare a combattere nell'Angland come
comandante di un battaglione intero
Eppure, stranamente, sembrava che gran parte degli invi-
tati fosse pi interessata a parlare dei fatti propri. Chiacchie-
ravano di questioni di governo, degli affari delle ditte mer-
cantili, della terra, dei titoli e di politica. La scherma, assie-
me al suo eccezionale talento, era un argomento che veniva a
malapena sfiorato, e non c'era stata nessuna promozione im-
mediata per lui. Cos Jezal se ne stava seduto l, con un sor-
riso incollato sulla faccia, ad accettare le gi rare e tiepide
congratulazioni di sconosciuti vestiti a festa che non gli face-
vano neanche la cortesia di guardarlo negli occhi. Una statua
di cera avrebbe svolto quel compito altrettanto bene. Doveva
ammettere che l'adulazione dei popolani nell'arena era stata
molto pi gratificante, visto che almeno loro erano sembrati
sinceri.
Tuttavia non era mai stato all'interno del complesso del
mastio, che era una fortezza nella fortezza dell'Agriont, dove
a pochi veniva consentito l'accesso. Ora era seduto al tavolo
principale nella sala dei banchetti del Re, malgrado fosse
certo che Sua Maest consumava quasi tutti i pasti a letto,
probabilmente imboccato da qualcuno.
C'era uno strano allestimento sulla parete in fondo alla
sala. Una volta aveva sentito dire che Ostus, il Re bambino,
aveva dei giullari che davano spettacolo per lui a ogni pasto,
mentre Morlic il Pazzo aveva pi volte organizzato delle ese-
cuzioni durante la cena. Re Casamir, si diceva, era solito fare
colazione mentre le controfigure dei suoi acerrimi nemici lo
insultavano gridando dal palcoscenico, e questo solo per
mantenere vivo il suo odio nei loro confronti. Ma il sipario
era chiuso adesso, quindi Jezal avrebbe dovuto cercare altro-
ve una distrazione, ma la scelta era davvero esigua.
Il Maresciallo Varuz gli chiacchierava a vanvera nell'orec-
chio. Era l'unico ancora interessato alla scherma, ma sfortu-
natamente non parlava d'altro. Non ho mai visto una cosa
del genere. Tutta la citt ne vocifera. stato il duello pi
spettacolare che si sia mai visto! Ti giuro, sei anche pi bra-
vo di Sand dan Glokta, e io pensavo che non ci fosse nessu-
no al suo livello! Non mi sarei mai sognato che fossi capace
di combattere cos, Jezal, l'idea neanche mi sfiorava la
testa!
Mh-mh, fece Jezal.
Il Principe Ereditario Ladisla e la sua futura sposa, Terez
di Talins, sedevano a capotavola accanto al Re sonnecchian-
te, abbaglianti in tutto il loro splendore; avevano occhi solo
l'uno per l'altra, ma non nel modo in cui ci si aspetterebbe da
due giovani innamorati. Erano infatti impegnati in un'aspra
lite dai toni neanche troppo bassi, mentre quelli seduti vicino
a loro facevano finta di non assorbire avidamente ogni singo-
la parola.
presto partiremo per l'Angland, quindi non mi dovrete
sopportare ancora a lungo!, piagnucolava Ladisla. Potrei
rimanere ucciso! Questo forse renderebbe felice Sua
Altezza?
Vi prego, non disturbatevi a farvi ammazzare a causa
mia, ribatt Terez, con un accento da styriana che grondava
veleno, ma se dovete, fate pure. Immagino che imparer a
sopportare il dolore
Qualcuno pi vicino a lui distrasse Jezal sbattendo un pu-
gno sul tavolo. Dannati plebei! Dannati contadini dello Sta-
rikland in rivolta! Cani pigroni, si rifiutano di alzare un
dito!
per via di queste tasse, borbott l'uomo accanto a lui,
noi li spremiamo per la guerra e loro si ribellano. Avete sen-
tito di quell'individuo che chiamano il Conciatore? Un male-
detto contadino che predica sulla rivoluzione, e in modo
aperto anche! Ho saputo che uno degli esattori del Re stato
assalito da una folla inferocita a neanche un miglio dalle
mura di Keln. Uno degli esattori del Re, dico io! Da una folla
inferocita! A neanche un miglio dalle mura di
La colpa tutta nostra! Jezal non riusciva a vedere la
faccia di chi parlava, ma riconobbe l'uomo dai suoi polsini
ricamati in oro: era Marovia, l'Alto Giudice. Se tratti un
uomo come un cane, prima o poi ti morder, semplice. Il
nostro ruolo come governatori, nonch come nobili, di cer-
to quello di proteggere e rispettare il popolano, piuttosto che
opprimerlo e disprezzarlo.
Io non parlavo di disprezzarli, Lord Marovia, n di op-
primerli, ma solo di far loro pagare ci che ci dovuto in
quanto proprietari terrieri e, se vogliamo dirla tutta, anche in
quanto loro superiori per natura
Il Maresciallo Varuz, intanto, non gli dava tregua. Che
spettacolo, eh? Il modo in cui l'hai sconfitto, una spada con-
tro due! Il vecchio soldato mim un fendente con la mano.
Tutta la citt ne vocifera. Sei destinato a grandi cose adesso,
dammi retta, ragazzo. Destinato a grandi cose. Che io sia
dannato se un giorno non ti daranno il mio posto nel Consi-
glio Ristretto!
Era davvero troppo. Jezal aveva sopportato quell'uomo
per mesi, credendo che se avesse vinto il Torneo ci avrebbe
dato un taglio ma, a quanto pareva, doveva rimanere deluso
anche in questo, come in tante altre cose. Era strano, per
prima d'ora Jezal non si era mai pienamente reso conto di
quanto fosse noioso e imbecille il Lord Maresciallo. Ma ora
s, cominciava ad accorgersene, eccome.
Come se non fosse abbastanza, poi, molte delle persone ai
tavoli erano ospiti che lui avrebbe decisamente preferito non
invitare. Poteva anche chiudere un occhio su Sult, l'Arciletto-
re dell'Inquisizione, dal momento che sedeva nel Consiglio
Ristretto ed era senza dubbio un uomo potente, ma non riu-
sciva a capire perch si era dovuto portare dietro quel bastar-
do di Glokta. Lo storpio sembrava anche pi malato del soli-
to, con quegli occhi spasmodici e quelle occhiaie livide. Per
qualche oscura ragione, di tanto in tanto lanciava a Jezal oc-
chiate bieche e diffidenti, neanche lo reputasse colpevole di
chiss quale crimine. Che faccia tosta! E alla sua festa, per
giunta!
Ma al peggio non c'era mai fine. Infatti, dall'altra parte
della sala c'era pure quel vecchio pelato, quello che si faceva
chiamare Bayaz. Jezal non era ancora riuscito a comprendere
le sue strane congratulazioni dopo il Torneo, n per inciso la
reazione di suo padre quando l'aveva visto. Lui e quel suo or-
ribile amico, quel barbaro con nove dita che gli sedeva ac-
canto.
Il Maggiore West aveva avuto la sfortuna di capitare ac-
canto al selvaggio, ma se la stava cavando bene in effetti,
perch i due erano impegnati in una fitta conversazione.
L'Uomo del Nord scoppiava a ridere all'improvviso e pren-
deva a pugni il tavolo, facendo tintinnare i bicchieri. Beh, al-
meno loro si stavano divertendo a quella festa, pens Jezal
acidamente, e desider quasi di essere seduto laggi, vicino a
loro.
Eppure aveva sempre saputo di voler essere un uomo im-
portante un giorno, indossare abiti con un sacco di pelliccia e
pesanti catene d'oro da cerimonia, voleva che la gente si in-
chinasse, si scappellasse, scodinzolasse davanti a lui. Aveva
preso questa decisione molto tempo addietro e l'idea gli pia-
ceva ancora, in teoria. Solo che, cos da vicino, l'intera fac-
cenda gli sembrava talmente falsa e noiosa. Quanto avrebbe
preferito starsene per i fatti suoi assieme ad Ardee, bench
l'avesse vista solo la notte prima! Con lei non ci si annoiava
di certo
i selvaggi stanno accerchiando Ostenhorm, ci che
ho sentito!, grid qualcuno alla sinistra di Jezal. Il Lord
Governatore Meed sta radunando un esercito e giura di sbat-
terli fuori dall'Angland!
Ah ah! Meed? Quel pallone gonfiato non riuscirebbe a
sbattere un uovo in una ciotola!
Sarebbe comunque sufficiente per sconfiggere questi
animali del Nord, no? Un uomo forte dell'Unione vale dieci
di questi barbari
Jezal sent la voce di Terez levarsi all'improvviso stridula
al di sopra del chiacchiericcio, abbastanza forte da farsi sen-
tire persino all'altro capo della sala: certo che sposer
chi mi comanda mio padre, ma non deve piacermi per
forza! In quel momento sembrava cos incattivita che Jezal
non sarebbe rimasto sorpreso nel vederla prendere a forchet-
tate la faccia dell'Erede al Trono. Si sent gratificato di sape-
re che, dopotutto, non era l'unico ad avere problemi con le
donne.
oh, s, una performance eccezionale! Ne parlano
tutti, blaterava ancora Varuz.
Jezal si agit sulla sedia. Per quanto ancora sarebbe anda-
ta avanti questa dannata tortura? Si sentiva soffocare. Pass
nuovamente in rassegna tutti i visi ai tavoli e colse le occhia-
tacce di Glokta che lo fissava sospettoso e guardingo con
quella faccia rovinata. Festa in suo onore o no, Jezal non
seppe sostenere a lungo quello sguardo. Ma perch lo storpio
ce l'aveva tanto con lui?

Piccolo bastardo. Ha imbrogliato. Non so come, ma ha


imbrogliato. Gli occhi di Glokta si posarono lentamente sulla
fila di visi davanti a s, fino a focalizzarsi su Bayaz. Il vec-
chio impostore se ne stava seduto l, come se fosse a casa
propria. Anche lui c'entra. Hanno imbrogliato insieme. Ma
non so come.
Signori e signore! Il chiacchiericcio si affievol non ap-
pena il Lord Ciambellano si alz in piedi per fare un annun-
cio alla sala. A nome di Sua Maest, vorrei dare a tutti voi il
benvenuto a questo suo umile banchetto. Il Re si mosse un
momento, si guard attorno senza espressione e poi richiuse
gli occhi sbattendo le palpebre. Ovviamente, siamo qui riu-
niti in onore del Capitano Jezal dan Luthar, il cui nome figu-
ra da poche ore in un selezionatissimo elenco, quello dei vin-
citori del Torneo estivo. Si lev qualche calice, ci fu qual-
che borbottio d'acclamazione, ma forzato.
Tra di voi riconosco oggi diversi altri vincitori, a molti
dei quali sono stati affidati incarichi di estrema importanza:
il Lord Maresciallo Varuz, il Comandante dei Cavalieri Aral-
di Valdis, e naturalmente il Maggiore West laggi, ora nello
Stato Maggiore del Maresciallo Burr. Persino io fui un vinci-
tore ai miei tempi. Sorrise e si guard il ventre prominente.
Anche se i miei tempi sono lontani ormai. Un educato
scoppio di risate percorse la sala. Non merito neanche di es-
sere menzionato, vedo. Non tutti i vincitori sono invidiabili,
eh?
I campioni del Torneo, continu il Lord Ciambellano,
sono sempre stati destinati a grandi cose. Io spero, tutti spe-
riamo, che sar cos anche per il nostro giovane amico, il Ca-
pitano Luthar. Io invece spero che incappi in una morte
lenta, lass nell'Angland. Stronzetto imbroglione. Tuttavia,
Glokta lev il calice assieme a tutti gli altri e brind a quel-
l'asino arrogante che se ne stava seduto a godersi ogni paro-
la.
Ma pensate. Dopo aver vinto il Torneo anche io sedevo su
quella stessa sedia, circondato da applausi e invidia, tutti
che mi davano grosse pacche di congratulazioni sulla schie-
na. C'erano altri uomini vestiti a puntino, facce diverse che
grondavano per il caldo, ma nulla cambiato davvero. Il
mio sorriso era forse meno compiaciuto? Certo che no. Anzi,
ero peggio di lui. Per io almeno lo meritavo.
Lord Hoff era cos felice per la vittoria di Luthar che non
smise di brindare finch non ebbe scolato il calice, poi lo
spinse sul tavolo e si lecc le labbra. E ora, prima che arri-
vino le portate, il mio collega, l'Arcilettore Sult, ha preparato
una piccola sorpresa in onore di un altro nostro ospite. Spero
vi diletti. E il Lord Ciambellano si rimise pesantemente a
sedere, porgendo a un servo il calice affinch lo riempisse di
nuovo.
Glokta lanci un'occhiata a Sult. Una sorpresa dall'Arci-
lettore? Brutte notizie per qualcuno.
I pesanti drappeggi rossi del palcoscenico si aprirono len-
tamente, rivelando un vecchio stramazzato sulle assi di le-
gno, avvolto da una veste bianca che per era imbrattata di
sangue. Una grossa tela sullo sfondo raffigurava una foresta
sotto un cielo stellato. L'immagine ricord a Glokta, in modo
piuttosto spiacevole, l'affresco della sala rotonda, quella sotto
le cantine del fatiscente palazzo di Severard, vicino al porto.
Un secondo uomo entr in scena da dietro le quinte, un tipo
alto e snello con bei lineamenti affilati, la testa liscia come
un sasso e una corta barbetta bianca. Glokta lo riconobbe al-
l'istante. Iosiv Lestek, uno degli attori pi rispettati della cit-
t. L'uomo trasal in modo affettato nel vedere il corpo in-
sanguinato.
Oooooooh!, gemette, spalancando le braccia in una resa
drammatica della disperazione e dello sconcerto. La sua era
una voce realmente fragorosa e cos potente da far tremare le
travature del soffitto. Sicuro di aver attratto su di s la totale
attenzione di tutta la sala, Lestek cominci a intonare i suoi
versi, accompagnandoli con ampi movimenti delle braccia.
Le passioni laceranti che esprimeva gli si avvicendavano sul
volto.

E cos, infine, il grande Juvens ai miei piedi giace!


Se ne va col mio signore ogni speranza di pace,
Straziati dalla mano di Kanedias traditore.
Finita, oh maestro, l'epoca del nostro fulgore,
E su di essa tramonta ora il sole.

Il vecchio attore gett la testa all'indietro, e Glokta vide


delle lacrime luccicargli negli occhi. Bel trucco, saper pian-
gere cos a comando. Una lacrima solitaria gli scese lungo la
guancia. Il pubblico sedeva rapito e il vecchio si gir di nuo-
vo a guardare il corpo.

Ah, infame fratricidio! Lento scorre il tempo,


Ma mai occhio vide crimine tanto violento.
Mi aspetto quasi che si spengano gli astri.
Perch la terra non scoppia dei bagliori rossastri
Di distruttrici fiamme?

Si gett in ginocchio e cominci a battersi il petto anzia-


no.

Oh, fato crudele, per quanto lieto sarei


Di raggiungere il maestro, come potrei?
Ch chi resta dopo i grandi nel pi angusto mondo
Affrontare deve, intollerabile, il dolore profondo,
e lottare giorno per giorno.

Lestek alz pian piano lo sguardo sul pubblico, si tir in


piedi affaticato e gradualmente sul suo volto la sofferenza
estrema si trasform in salda determinazione.

Bench sordi siano a ogni aggressore


La roccia e l'acciaio della casa del Creatore,
Quell'acciaio aspetter che piano arrugginisca,
Che il mio pugno nudo quella roccia demolisca.
Ma vendetta cadr, e sar lesta!

Gli occhi dell'attore lampeggiarono ardenti mentre usciva


di scena sventagliando la veste, accompagnato da uno scro-
scio d'applausi. Si trattava della versione abbreviata di un
dramma che tutti conoscevano e che veniva rappresentato
spesso. Ma di rado cos bene. Glokta si sorprese, perch an-
che lui stava applaudendo. Recitazione impeccabile fino ad
ora. Nobilt, passione, padronanza. molto pi convincente
di un altro Bayaz di mia conoscenza. Si lasci andare sullo
schienale, stese la gamba sinistra sotto il tavolo e si prepar a
godersi la rappresentazione.

Logen osserv il tutto con una smorfia di confusione sulla


faccia. Immagin che si trattasse di uno degli spettacoli di
cui gli aveva parlato Bayaz, ma non conosceva la lingua cos
bene da afferrare tutti i dettagli.
La gente sul palco era vestita in modo appariscente, cam-
minava avanti e indietro, sospirava un sacco e gesticolava
parlando con una specie di cantilena. Due, in teoria, doveva-
no avere la pelle scura, pens, ma erano chiaramente uomini
bianchi con qualcosa di nero spalmato in faccia. In un'altra
scena, quello che faceva Bayaz sussurrava qualcosa a una
donna al di l di una porta, pregandola di aprirla. Solo che la
porta in questione era un pezzo di legno pitturato che si reg-
geva in piedi da solo in mezzo al palco, senza contare che la
donna era un giovane vestito da femmina. Ma non sarebbe
stato pi facile, si chiese Logen, girare attorno a quel pezzo
di legno e parlare con lui o lei direttamente?
Di una cosa per era sicuro, e cio che il vero Bayaz era
parecchio contrariato e la sua irritazione cresceva a ogni sce-
na, finch non raggiunse il picco massimo quando il cattivo
della situazione, un affare grosso con un guanto su una mano
e una benda sull'occhio, spinse il ragazzo vestito da femmina
gi da un parapetto di legno. Era chiaro che lui o lei doveva
fare finta di precipitare da una grande altezza, ma Logen lo
sent cadere su qualcosa di morbido appena sotto il palco.
Come cazzo osano?, ringhi il vero Bayaz a bassa
voce. Logen se la sarebbe svignata volentieri se avesse potu-
to, ma dovette accontentarsi di spostare la sedia verso West,
per allontanarsi il pi possibile dalla furia del Mago.
Sul palco, il finto Bayaz stava lottando contro il vecchio
con il guanto e la benda, pure se la lotta consisteva nel girare
l'uno attorno all'altro e parlare a ruota libera. Alla fine, il cat-
tivo segu il ragazzo precipitando dietro al palco, ma non pri-
ma che l'avversario gli avesse preso un'enorme chiave d'oro.
Ci sono pi dettagli qui che nell'originale, fece il vero
Bayaz, mentre la sua controparte sollevava la chiave e decla-
mava qualche altro verso. Logen ci aveva capito poco quan-
do lo spettacolo fin, ma riusc a cogliere gli ultimi due versi,
appena prima che l'attore facesse un profondo inchino.

La nostra storia finita e vi chiediamo indulgenza.


Il nostro scopo non era offendere la vostra presenza.

Col cazzo che non lo era!, sibil Bayaz tra i denti sbar-
rati, ma si sforz di sorridere e cominci ad applaudire tutto
contento.

Glokta vide Lestek fare qualche altro inchino, poi il sipa-


rio si chiuse su di lui e sulla chiave scintillante che teneva in
mano. L'Arcilettore Sult si alz in piedi nel momento stesso
in cui gli applausi cominciarono a scemare.
Sono contento che abbiate gradito la nostra piccola di-
versione, disse rivolgendo sorrisi a tutti gli invitati ricono-
scenti. Non dubito che molti di voi abbiano gi visto questa
rappresentazione, ma stasera assume un significato particola-
re. Il Capitano Luthar non infatti l'unico festeggiato tra noi,
poich c' un secondo ospite di riguardo ai nostri tavoli sta-
sera. E chi altri se non il protagonista del nostro dramma,
Bayaz in persona, il Primo Mago! Sult sorrise e distese le
braccia verso il vecchio imbroglione in fondo alla stanza. Si
sent un fruscio generale mentre tutti gli ospiti si voltavano a
guardarlo.
Bayaz restitu il sorriso e disse: Buonasera! Alcuni di-
gnitari scoppiarono a ridere, magari credendo che fosse
un'altra rappresentazione minore, ma Sult non si un a loro e
l'allegria generale si spense subito. Sulla sala cal un silenzio
imbarazzato. Di morte, anche
Il Primo Mago. con noi nell'Agriont gi da diverse set-
timane, assieme a tre accompagnatori. Sult abbass la te-
sta e lanci un'occhiata bieca allo sfregiato Uomo del Nord,
prima di rivolgersi di nuovo al sedicente Mago. Bayaz.
Pronunci il suo nome ponendovi l'accento, con lo scopo di
farlo recepire bene a tutti gli invitati. La prima lettera del-
l'alfabeto nella lingua antica. Il primo apprendista di Juvens
per la prima lettera dell'alfabeto, non cos, Maestro
Bayaz?
Ebbene, Arcilettore, fece il vecchio con un sorrisetto,
vi siete informato sul mio conto, vedo. Incredibile. Persi-
no adesso che ha capito che la sua recita finita si attiene
alla parte.
Tuttavia, Sult rimase impassibile. Il mio compito con-
durre ricerche approfondite su chiunque possa minacciare il
mio Re o il mio Paese, inton Sult rigidamente.
Siete paurosamente patriottico! Le vostre ricerche vi
hanno senza dubbio ricordato che sono ancora un membro
del Consiglio Ristretto, anche se il mio posto vacante al
momento. Credo pertanto che Lord Bayaz sia il modo pi
giusto di rivolgervi a me.
Il sorriso gelido di Sult non accenn a svanire. E a quan-
do risale, esattamente, la vostra ultima visita presso di noi,
Lord Bayaz? Uno come voi, il cui ruolo cos primario nella
nostra storia, avrebbe di certo mostrato maggior interesse per
noi durante i secoli. Dunque perch, se posso chiedere, da
quando nata l'Unione, dai tempi di Harod il Grande, non
siete pi venuto a trovarci? Ottima domanda. Vorrei che
fosse venuta in mente a me.
Oh, ma io c'ero. Durante il regno di Re Morlic il Pazzo,
e nella guerra civile che segu, io fui il tutore di un giovane
chiamato Arnault. In seguito, quando Morlic fu assassinato e
Arnault fu nominato Re dal Consiglio Aperto, servii come
suo Lord Ciambellano. Mi facevo chiamare Bialoveld a quei
tempi. Tornai durante il regno di Re Casamir. Lui mi chiama-
va Zoller, e svolgevo il vostro lavoro, Arcilettore.
Glokta riusc a stento a trattenere un verso d'indignazione,
ma ne sent altri dalle sedie intorno a lui. Non si vergogna di
niente, glielo concedo. Bialoveld e Zoller, due dei servitori
dell'Unione pi rispettati. Come osa? Eppure Richiam
alla mente il dipinto di Zoller nello studio dell'Arcilettore e
la statua di Bialoveld sulla Via del Re. Entrambi calvi, en-
trambi severi, entrambi barbuti ma che vado a pensare?
Anche il Maggiore West sta diventando pelato, ma questo lo
rende forse uno stregone leggendario? Probabilmente que-
sto ciarlatano ha preso a caso due senza capelli tra le figure
che conosceva.
Nel frattempo Sult stava operando una virata. Ditemi
questo, allora, Bayaz: risaputo che lo stesso Harod dubit
di voi quando vi presentaste al suo cospetto, tanti, tanti anni
fa. Come prova del vostro potere voi spezzaste in due la sua
lunga tavola. Pu darsi che ci siano degli scettici tra noi sta-
sera. Prendereste in esame la possibilit di offrirci una dimo-
strazione simile, adesso?
Pi il tono di Sult si faceva freddo, pi l'impostore pareva
noncurante. Accanton la sua ultima provocazione con un
gesto pigro della mano. Ci di cui parlate non un'esibizio-
ne da giocolieri, Arcilettore, o una recita da attori. Ci sono
sempre pericoli, e costi. Inoltre, sarebbe un gran peccato ro-
vinare il banchetto del Capitano Luthar solo per dovervi dar
mostra dei miei poteri, non credete? Per non parlare dello
scempio a un mobile cos antico e prezioso. Io, a differenza
di molti altri uomini moderni, nutro un sincero rispetto per il
passato.
Alcuni avevano dei sorrisi incerti sui visi mentre osserva-
vano il confronto tra i due vecchi, forse sospettando ancora
che si trattasse di uno scherzo elaborato, ma certi altri, pi
furbi, avevano uno sguardo intento che cercava di capire
cosa stesse accadendo e chi dei due fosse in vantaggio. L'Al-
to Giudice Marovia, not Glokta, pareva si stesse divertendo
un mondo. Come se sapesse qualcosa che noi non sappiamo.
Glokta si mosse sulla sedia, profondamente a disagio, con gli
occhi fissi sull'attore calvo. Le cose non vanno bene come
dovrebbero. Quando comincer a sudare? Quando?

Qualcuno pos una scodella di zuppa fumante di fronte a


Logen. Quella s che era da mangiare ma ormai non aveva
pi fame. Magari non era un cortigiano, per sapeva capire
quando due uomini stavano per ricorrere alla violenza. A
ogni scambio di frecciate, il loro sorriso si affievoliva sem-
pre di pi, le loro voci sembravano pi dure e la sala pareva
rimpiccolirsi, diventare pi opprimente. Tutti avevano assun-
to espressioni preoccupate adesso: West, il giovane spocchio-
so che aveva vinto con la spada solo perch Bayaz aveva im-
brogliato, lo storpio febbricitante che aveva fatto tutte quelle
domande
D'un tratto gli si rizzarono i peli sul collo. C'erano due fi-
gure appostate nel vano della porta pi vicina, figure vestite
di nero, con maschere nere. I suoi occhi scattarono subito
alle altre entrate, ma ciascuna era presidiata da due guardie
mascherate, o meglio, almeno due, e Logen sapeva che non
erano l per sparecchiare la tavola.
Erano venuti per lui, per lui e Bayaz, se lo sentiva. Uno
non si mette una maschera sulla faccia, a meno che non ab-
bia qualcosa di tremendo in mente. Era impossibile affronta-
re anche solo la met di loro, ma fece comunque scivolare un
coltello dal tavolo e se lo nascose sotto il braccio. Se avesse-
ro cercato di prenderlo, avrebbe lottato. Senza pensarci due
volte.
Bayaz, intanto, cominciava a infuriarsi. Vi ho fornito tut-
te le prove che avete chiesto, Arcilettore!
Prove! L'uomo alto che chiamavano Sult fece un ghi-
gno gelido. Voi mi portate parole e pergamene ammuffite!
Queste sono pi le armi di uno scrivano piagnucoloso che di
una leggenda vivente! Alcuni direbbero che un Mago senza
poteri soltanto un vecchio impiccione! Siamo in guerra e
non possiamo correre rischi! Avete nominato l'Arcilettore
Zoller. Il suo impegno nella causa della verit ben docu-
mentato, quindi sono certo che comprenderete anche il mio.
Si pieg in avanti, piantando saldamente i pugni sul tavolo
davanti a s. Mostrateci la magia, Bayaz, o mostrateci la
chiave!
Logen deglut. Non gli piaceva affatto come si stavano
mettendo le cose, ma non comprendeva le regole di quel gio-
co. Per qualche ragione, aveva riposto la sua fiducia in Ba-
yaz e l sarebbe dovuta rimanere ormai. Era un po' tardi per
cambiare parte.
Non avete pi nulla da dire?, chiese Sult di nuovo sorri-
dente, rimettendosi pian piano a sedere. I suoi occhi guizza-
rono verso gli ingressi e Logen sent le figure mascherate che
avanzavano, in ansiosa attesa dell'ordine di attaccare. Non
avete pi parole? Non avete pi trucchetti?
Solo uno. Bayaz si infil una mano nel colletto della
casacca, afferr qualcosa e cominci a tirarla fuori. Era una
lunga catenina. Una delle figure mascherate avanz di un
passo, nel timore che il vecchio estraesse un'arma, allora Lo-
gen strinse pi forte l'impugnatura del coltello, ma quando la
catenina fu tutta fuori si vide che all'estremit penzolava sol-
tanto un bastoncino di metallo scuro.
La chiave, annunci Bayaz, sollevandola alla luce delle
candele. Non brillava per niente. Meno luccicante di quella
del dramma, forse, ma quella vera, ve lo assicuro. Kanedias
non lavorava mai l'oro. Non gli piacevano le cose belle, gli
piacevano le cose che funzionavano.
Le labbra dell'Arcilettore si curvarono. Vi aspettate che
noi prendiamo per buona la vostra parola?
Certo che no. Il vostro lavoro sospettare di chiunque, e
devo dire che lo svolgete alla perfezione. Solo che oggi si
fatto un po' tardi, per cui aspetter domattina per aprire il Pa-
lazzo del Creatore. Qualcuno fece cadere per terra un cuc-
chiaio che tintinn sulle mattonelle. Dovranno essere pre-
senti dei testimoni, ovviamente, per assicurarvi che non usi
qualche stratagemma. Che ne pensate di I freddi occhi
verdi di Bayaz percorsero il tavolo. L'Inquisitore Glokta
e il vostro nuovo campione di scherma, il Capitano Lu-
thar?
Lo storpio aggrott la fronte sentendosi nominare e Lu-
thar parve letteralmente sbigottito. L'Arcilettore non muove-
va un muscolo sulla sedia, ma tutto il suo disprezzo era stato
rimpiazzato da un'espressione di pietra. Spost gli occhi dal
sorridente Bayaz al bastoncino metallico che oscillava appe-
na avanti e indietro, e poi guard di nuovo Bayaz. Lanci
un'occhiata a uno degli ingressi e, dopo un suo lieve cenno
della testa, le figure mascherate si ritirarono nell'ombra. Solo
allora Logen rilass la mascella, che era stretta fino a fargli
male, e poggi di nuovo il coltello sul tavolo.
Bayaz ghign. Povero me Maestro Sult, siete un uomo
difficile da compiacere.
Credo che Vostra Eminenza sia il modo pi corretto di ri-
volgervi a me, sibil l'Arcilettore.
Vero, vero. Ma temo che non sarete soddisfatto finch
non avr ridotto in frantumi qualche mobile qui dentro. Mi
dispiacerebbe rovesciare la zuppa da tutti i piatti per, quin-
di Con un forte tonfo, la sedia dell'Arcilettore collass al-
l'improvviso. L'uomo si afferr di scatto alla tovaglia, circon-
dato da una nube di schegge in fiamme, e fin a gambe all'a-
ria sul pavimento, emettendo un grugnito. Il Re si svegli di
soprassalto e i suoi ospiti sbatterono gli occhi increduli, tutti
trattennero il fiato, fissando Bayaz con tanto d'occhi. Ma il
Mago li ignor.
Questa zuppa squisita, disse, e ne succhi rumorosa-
mente una cucchiaiata.
39.

Il Palazzo del Creatore

Era una giornata temporalesca e l'immensa forma del Pa-


lazzo del Creatore si ergeva dura, lugubre e scura contro le
nubi sfilacciate. Un vento freddo si insinuava tra gli edifici e
spazzava le piazze dell'Agriont, facendo sventolare gli orli
del mantello nero di Glokta, che si trascinava alle spalle del
Capitano Luthar e di quel Mago mancato, con lo sfregiato
Uomo del Nord al suo fianco. Sapeva che li stavano osser-
vando. Lungo tutto il tragitto. Dietro le finestre, negli ingres-
si delle case, sui tetti. I Pratici erano dovunque, sentiva i loro
occhi addosso.
Si era aspettato, e in parte lo aveva anche sperato, che Ba-
yaz e i suoi compagni se la fossero svignata durante la notte,
invece erano ancora l. Il vecchio pelato sembrava tranquillo
come se stesse andando ad aprire le porte di una rimessa per
la frutta, e questo a Glokta non piaceva per niente. Quando
finisce il bluff? Quand' che alza le mani e ammette che
tutto un gioco? Una volta arrivati all'Universit? Quando
avremo attraversato il ponte? Oppure nel momento in cui ci
troveremo davanti al portale del Palazzo del Creatore e ci
renderemo conto che la chiave non entra nella serratura?
Eppure in qualche punto nascosto della sua mente aleggiava
un pensiero. E se non dovesse finire affatto? E se invece la
porta si aprisse e lui fosse davvero chi dichiara di essere?
Bayaz chiacchierava amabilmente con Luthar, mentre at-
traversavano con passo spensierato lo spiazzo deserto in di-
rezione dell'Universit. rilassato quanto un nonno che
parla al nipote preferito, ed altrettanto noioso. ovvia-
mente la citt molto pi grande dell'ultima volta in cui ci
sono venuto. Quel distretto che chiamate le Tre Fattorie oggi
brulica di gente e chiasso, ma ricordo che allora tutto il quar-
tiere era costituito da tre fattorie! Davvero! E ben lontano
dalle mura di cinta!
Ah, disse Luthar.
E per quanto riguarda la nuova sede degli Speziali, mai
in vita mia ho visto tanta ostentazione
Mentre Glokta zoppicava dietro di loro, la sua mente ga-
loppava in cerca di significati nascosti in quel mare di chiac-
chiere, tentando di trovare un ordine nel caos. Le domande si
affollavano, una dopo l'altra. Perch scegliere me come testi-
mone e non l'Arcilettore stesso? Forse questo Bayaz d per
scontato di potermi imbrogliare pi facilmente? E perch
Luthar? Perch ha vinto il Torneo? E perch ha vinto? An-
che lui fa parte dell'inganno? Ma se Luthar era coinvolto in
qualche piano scellerato non lo dava per niente a vedere, poi-
ch Glokta non aveva scorto in lui il bench minimo segnale
che fosse una persona diversa dal giovane idiota narcisista
per cui passava.
Per non parlare di lui: un vero mistero. Guard con la
coda dell'occhio l'Uomo del Nord. Nessuna traccia di inten-
zioni omicide sul suo volto segnato, ma poche, in realt, era-
no le tracce che gli passasse qualcosa per la testa in generale.
molto stupido o molto astuto? Lo devo ignorare o temere?
il servo o il padrone? Tuttavia non aveva trovato risposta a
nessuna domanda. Per ora.
Beh, questo posto l'ombra di ci che era prima, com-
ment Bayaz con un sopracciglio sollevato, quando, ferman-
dosi davanti alle porte dell'Universit, si trov di fronte alle
due statue sporche e sbilenche. Diede qualche rapido colpo
sulla porta di legno rovinato, facendola sbattere sui cardini, e
con immensa sorpresa di Glokta qualcuno venne ad aprire
quasi subito.
Vi stavamo aspettando, gracchi il vecchio custode.
Tutti lo superarono ed entrarono nel buio dell'ingresso. Vi
indicher come, cominci il vecchio, richiudendo a fatica
la porta scricchiolante.
Non serve, fece Bayaz guardando all'indietro, gi av-
viatosi a passo svelto lungo il corridoio polveroso, conosco
la strada! Glokta tent di tenere il passo e ben presto co-
minci a sudare nonostante il freddo. La sua gamba era in
fiamme, e lo sforzo non gli diede neanche il tempo di consi-
derare come facesse quel bastardo senza capelli a conoscere
tanto bene l'edificio. Eppure, a conoscerlo, lo conosce di
certo. Percorreva i corridoi come se avesse trascorso l den-
tro ogni giorno della sua vita, schioccava la lingua disgustato
davanti alla decadenza del luogo e non smetteva un attimo di
blaterare.
non ho mai visto tanta polvere, eh, Capitano Luthar?
Non mi sorprenderebbe sapere che qui dentro non hanno pi
spolverato dall'ultima volta che ci sono stato! Non riesco a
capire come faccia un uomo a pensare in queste condizioni!
Non ne ho proprio idea Una sfilza di Adepti morti da se-
coli, e giustamente dimenticati, li fissava tetra dalle tele,
come se tutto quel rumore li stesse disturbando.

I corridoi dell'Universit si susseguivano l'uno dopo l'altro


in quel luogo antico, pieno di polvere e d'abbandono, abitato
soltanto da vecchi ritratti impolverati e libri ammuffiti. Jezal
non sapeva che farsene dei libri. Ne aveva letto qualcuno
sulla scherma e sull'equitazione, un paio su delle famose
campagne militari, una volta aveva persino aperto la coperti-
na di un grosso libro di storia dell'Unione che aveva trovato
nello studio di suo padre, ma dopo tre o quattro pagine si era
stufato.
Bayaz intanto parlava all'infinito. Qui combattemmo
contro i servi del Creatore. Me lo ricordo bene. Invocarono
gridando il nome di Kanedias affinch li salvasse, ma lui non
scese. Questi corridoi erano pieni di sangue, urla e fumo quel
giorno.
Jezal non aveva idea del perch il vecchio idiota avesse
scelto di raccontare le sue storie inverosimili proprio a lui, e
ancora meno sapeva che cosa rispondergli. Sembra
cruento.
Bayaz annu. Lo fu. Non ne vado fiero. Ma gli uomini
buoni ogni tanto sono costretti a fare cose cruente.
Eh, disse l'Uomo del Nord all'improvviso. Jezal non si
era neanche accorto che stesse ascoltando.
E poi era un'altra epoca. Un'epoca di violenza. Soltanto
nel Vecchio Impero i popoli erano pi avanzati rispetto allo
stadio primitivo. Il Midderland, il cuore dell'Unione, che voi
ci crediate o no, era un porcile. Una terra desolata abitata da
trib barbare e guerrafondaie. I pi fortunati tra di loro veni-
vano presi al servizio del Creatore, ma tutti gli altri erano
nient'altro che selvaggi con le facce dipinte, senza una scrit-
tura, senza una scienza, quasi delle bestie.
Jezal lanci uno sguardo furtivo a Novedita. Non era af-
fatto difficile immaginare un barbaro con quel bruto vicino,
ma gli risultava ridicolo credere che una volta la sua bellissi-
ma casa era una terra incolta, e lui un discendente di popoli
primitivi. Quel vecchio pelato era un bugiardo fanfarone, o
un pazzo, anche se certa gente importante sembrava prender-
lo sul serio.
E Jezal pensava fosse meglio fare sempre ci che diceva
la gente importante.

Logen segu gli altri attraverso un malridotto cortile, deli-


mitato su tre lati dagli edifici cadenti dell'Universit e chiuso
sul quarto dalla facciata interna delle dritte mura dell'A-
griont. Tutto era ricoperto da uno strato di muschio vecchio,
folta edera e rovi secchi. Un uomo sedeva su una sedia sgan-
gherata in mezzo alle erbacce e li guardava avvicinarsi.
Vi stavo aspettando, esord alzandosi con un po' di dif-
ficolt. Dannate ginocchia. Non sono pi quello di un tem-
po. Era un tipo anonimo che aveva passato la mezz'et e in-
dossava una casacca logora impataccata sul davanti.
Bayaz gli rivolse uno sguardo aggrottato. Sei il Capo
Guardiano?
Esatto.
E dov' il resto della tua compagnia?
Mia moglie sta preparando la colazione, ma a parte lei
Beh, sono io tutta la compagnia. Oggi uova, disse, strofi-
nandosi lo stomaco con aria felice.
Come?
Per colazione. Io adoro le uova.
Buon per te, mormor Bayaz, leggermente a disagio.
Durante il regno di Re Casamir, i cinquanta soldati pi co-
raggiosi della Guardia del Re venivano nominati Guardiani
del Palazzo, affinch sorvegliassero il portale. Non c'era ono-
re che si considerasse pi grande.
stato molto tempo fa, rispose l'unico Guardiano, ti-
randosi la casacca sporca. Eravamo in nove quando ero ra-
gazzo, ma poi ognuno se n' andato per la propria strada,
qualcuno morto, e non sono stati mai rimpiazzati. Non lo
so chi prender il mio posto quando sar morto anche io.
Non ci sono stati molti candidati ultimamente.
Sono sbalordito. Poi Bayaz si schiar la voce. Oh,
Capo Guardiano! Io, Bayaz, il Primo Mago, ti chiedo il per-
messo di passare e di salire le scale fino al quinto portone, di
superare il quinto portone e di attraversare il ponte, di supe-
rare anche quello e di giungere cos al portale del Palazzo del
Creatore.
Il Capo Guardiano lo guard strizzando gli occhi. Sicu-
ro?
Bayaz si stava spazientendo. S, perch?
Mi ricordo l'ultimo tizio che ci prov, quando ero ragaz-
zo. Uno grosso, mi pare, un pensatore di qualche genere. Sal
quelle scale con dieci operai forzuti, provvisti di scalpelli,
martelli, grimaldelli e quant'altro. Ci disse che avrebbe aper-
to il Palazzo e che sarebbe tornato con tutti i tesori che con-
teneva. Ma furono di ritorno dopo neanche cinque minuti, e
non dissero una parola. Pareva che avessero visto i morti re-
suscitati.
Che successe?, mormor Luthar.
Che ne so, ma non avevano nessun tesoro con loro, di
questo sono sicuro.
Una storia scoraggiante, senza dubbio, comment Ba-
yaz, ma noi andiamo lo stesso.
Affari vostri, immagino. Il vecchio si gir e attravers
il fatiscente cortile con passo svogliato. Salirono una scala
stretta, i cui gradini erano consumati al centro, poi percorse-
ro una galleria che attraversava le alte mura dell'Agriont e si
fermarono davanti a uno stretto portone avvolto dall'oscurit.
Logen avvert un vago senso di preoccupazione quando i
chiavistelli vennero tirati. Scroll le spalle nel tentativo di li-
berarsene e il Guardiano gli sorrise. Gi lo senti, eh?
Sento che?
Il respiro del Creatore, lo chiamano. Spinse molto deli-
catamente le porte che si aprirono insieme, facendo fluire la
luce nel buio della galleria. Il respiro del Creatore.

Glokta avanz barcollando lungo il ponte coi denti confic-


cati nelle gengive, dolorosamente consapevole dell'abisso
sotto i suoi piedi. Si trattava di un singolo ed esile arco che
collegava la sommit delle mura dell'Agriont con il portale
del Palazzo del Creatore. Spesso l'aveva ammirato gi dalla
citt, oltre il lago, chiedendosi come aveva fatto a non crolla-
re dopo tutti quegli anni. Lo giudicava spettacolare, eccezio-
nale, superbo. Ma non mi pare pi tanto bello adesso. Non
pi largo di un uomo disteso, e quindi troppo stretto per po-
terci camminare comodamente, il ponte era sospeso su un
baratro pauroso, sul fondo del quale c'era l'acqua. Peggio an-
cora, non esisteva nessuna balaustra, non c'era neanche un
corrimano di legno a cui aggrapparsi. E la brezza piuttosto
fresca oggi.
Luthar e Novedita parevano preoccupati quanto lui. Solo
che loro hanno gambe che funzionano bene e non sentono
dolore. Soltanto Bayaz attraversava quella lunga bretella sen-
za inquietudine apparente, sicuro come se stesse percorrendo
un sentiero di campagna.
L'avanzata si svolse sempre all'ombra del Palazzo del
Creatore, ovviamente, e pi ci si avvicinava, pi l'edificio
sembrava gigantesco, tanto che il parapetto pi basso supera-
va di gran lunga l'altezza delle mura della cittadella. Una
montagna desolata e nera, che si ergeva a picco sul lago sot-
tostante, oscurando la luce del sole. Il prodotto di un'epoca
diversa, costruito secondo una diversa scala di dimensioni.
Glokta si gir a guardare il portone alle sue spalle. Aveva
forse visto qualcosa di sfuggita tra le merlature del muro so-
vrastante? Un Pratico che ci osserva? Avrebbero visto il
vecchio fallire nell'apertura del portale e allora l'avrebbero
aspettato per riportarlo indietro. Ma fino ad allora, non pos-
so fare niente. Non era un pensiero confortante.
E di conforto Glokta ne aveva tanto bisogno. Zoppicando
lungo il ponte, si instill in lui una fastidiosa paura. Non era
solo per l'altezza, n per la strana compagnia, e neanche per
l'immane torrione che incombeva davanti a lui. Si trattava di
una paura primitiva, irrazionale. Il terrore animale di un in-
cubo. La sensazione aumentava a ogni suo passo strascicato.
Era in vista del portale ormai, un quadrato di metallo scuro
incassato nelle pietre lisce della torre, al cui centro erano
scolpite delle lettere che formavano un cerchio. Per qualche
ragione, quella vista gli dava la nausea, ma si costrinse ad
avanzare. Poi vide che i cerchi erano due, concentrici: lettere
grandi dentro lettere piccole di una scrittura filiforme che
Glokta non conosceva. Ma lo stomaco gli si rivolt quando
si accorse che i cerchi, in realt, erano molti, e le lettere e le
linee, troppo dettagliate per vederle bene, presero a fluttuare
davanti ai suoi occhi umidi. Non riusc ad andare oltre e se
ne rimase l impalato, appoggiato al suo bastone, cercando
di contrastare con tutta la sua volont il bisogno di cadere in
ginocchio, girarsi e strisciare via.
Novedita non se la stava passando tanto meglio, perch
ansimava pesantemente dal naso e in faccia gli si leggevano
il pi profondo orrore e disgusto. Ma Luthar stava peggio di
tutti, perch era paralizzato e sembrava respirare a fatica,
stringeva i denti e aveva un pallore mortale sulla faccia, cos
fin con l'accasciarsi lentamente su un ginocchio proprio
mentre Glokta gli passava vicino.
Bayaz invece non mostrava paura. Si piant davanti al
portale e fece correre le dita sui simboli pi grandi. Undici
moniti e undici moniti al contrario. Segu coi polpastrelli il
cerchio di caratteri pi piccoli. E undici volte undici. Il
suo dito corse sulla linea pi fina che li circondava entrambi.
possibile che anche quel cerchio sia fatto di minuscole let-
tere? Chi pu dire quante centinaia di caratteri ci siano?
davvero un incantesimo potentissimo!
Il senso di timore fu stemperato appena dal rumore di Lu-
thar che vomitava oltre il bordo del ponte. Che cosa dice?,
gracchi Glokta, dopo essersi ricacciato il vomito in gola.
Il vecchio gli sorrise. Non lo sentite, Inquisitore? Dice
"vattene". Dice "volgi altrove i tuoi passi". Dice
"nessuno passer". Ma il messaggio non per noi. Si in-
fil una mano nel colletto della camicia e tir fuori il baston-
cino, che era fatto dello stesso metallo scuro della porta.
Non dovremmo essere qui, brontol Novedita da dietro.
Questo posto morto. Dovremmo andarcene. Ma Bayaz
parve non sentirlo nemmeno.
La magia abbandona il mondo a poco a poco, lo sent
mormorare Glokta, e tutte le conquiste di Juvens giacciono
in rovina. Si soppes la chiave in mano, poi la sollev len-
tamente. Ma le opere del Creatore resistono, pi forti che
mai. Il tempo non le ha indebolite e mai le indebolir. A
prima vista sembrava non esserci neanche una serratura, ep-
pure la chiave scivol pian piano nella porta. Adagio, nel
centro esatto dei cerchi. Glokta trattenne il fiato.
Clic.
E non accadde nulla. La porta non si apr. Questo tutto,
allora. Lo scherzo finito. Sent un'ondata di sollievo dila-
gargli dentro, mentre si girava verso l'Agriont per fare un se-
gnale ai Pratici sulle merlature. Non ho bisogno di andare
oltre. Non mi serve. Poi, un'eco di risposta si ud provenire
dalle viscere della torre.
Clic.
Glokta si sent i muscoli della faccia contrarsi in accordo
con il suono. L'ho immaginato? Lo sper con tutto se stesso.
Clic.
Di nuovo. No, non mi sbaglio. E ora, di fronte ai suoi oc-
chi increduli, i cerchi sul portale cominciarono a girare. Fece
un passo indietro per lo stupore e il suo bastone stridette sui
mattoni del ponte.
Clic, clic.
Non gli era sembrato che il metallo fosse costituito da pi
pezzi, non c'erano fessure, n solchi, nessun meccanismo,
eppure i cerchi giravano, ciascuno a velocit diversa.
Clic, clic, clic
Pi veloci ancora, velocissimi. Glokta si sent la testa leg-
gera. L'anello pi interno, quello coi caratteri pi grandi, gi-
rava molto lentamente, ma quello pi esterno, il pi fino,
vorticava in modo talmente rapido che i suoi occhi non riu-
scirono pi a seguirlo.
clic, clic, clic, clic, clic
Cominciarono ad apparire delle forme tra i simboli che si
sfioravano tra loro: righe, quadrati, triangoli, incredibilmente
intricati, come in una danza di fronte a Glokta e subito svani-
ti man mano che i cerchi giravano
Clic.
Poi tutto si ferm all'improvviso, ma i caratteri erano di-
sposti secondo un nuovo schema. Bayaz estrasse la chiave.
Si sent un lieve fruscio, come dell'acqua corrente in lonta-
nanza, dopo di che sul portale comparve una lunga fessura
verticale. Le due met si mossero piano, senza rumore, sepa-
randosi l'una dall'altra per lasciare uno spazio sempre pi
ampio tra di loro.
Clic.
Scivolarono all'interno del muro, sparendo nei lati dell'ar-
chitrave squadrato. Il portale era dunque aperto.
Questo s, mormor Bayaz, che fine artigianato.
Nessun vento fetido spir da dentro, nessun puzzo di mar-
cescenza o decomposizione, nulla che lasciasse pensare che
fossero passati tanti anni; li invest soltanto una zaffata d'aria
fredda, ma asciutta. Eppure, la sensazione quella di aver
aperto una bara.
Silenzio, a parte il sibilo del vento che correva sui mattoni
scuri, il respiro raspante di Glokta nella sua gola secca e lo
sciabordio distante dell'acqua sotto di loro. Il terrore ultrater-
reno era scomparso e gli aveva lasciato solamente una pro-
fonda preoccupazione, che lo assal mentre fissava il buio ol-
tre il passaggio aperto. Non poi tanto peggio di quando
aspetto di entrare nell'ufficio dell'Arcilettore. Bayaz si gir,
tutto sorridente.
Sono passati lunghi anni da quando ho sigillato questo
posto, e da allora nessun uomo ha oltrepassato la soglia. Per
voi tre un vero onore. Ma Glokta non si sentiva onorato,
si sentiva male. Ci sono pericoli dentro. Non toccate nulla e
dirigetevi solo dove mi dirigo io. Restate sempre dietro a me,
perch le vie mutano l dentro.
Mutano?, chiese Glokta. Com' possibile?
Il vecchio si strinse nelle spalle. Io sono solo il portiere,
disse rinfilandosi la chiave e la catenina dentro la casacca,
non l'architetto. Detto ci, si spinse tra le ombre.

Jezal non si sentiva per niente bene, e non solo per la tre-
menda nausea provocata chiss come da quei simboli. C'era
dell'altro: un'ondata di disgusto e sgomento improvvisi,
come accostare le labbra a un bicchiere e poi rendersi conto
che non contiene acqua, ma qualcos'altro. Forse piscio, in
quel caso. Ecco, quell'esatta sensazione di brutta sorpresa,
solo prolungata per minuti, per ore. Le cose che aveva accan-
tonato come sciocchezze o vecchie storie ora si erano rivela-
te a lui come fatti concreti. Il mondo era un posto diverso da
quello che era stato fino al giorno prima, trasformato in un
luogo bizzarro e sconcertante, quando lui lo avrebbe di gran
lunga preferito come era stato fino ad allora.
Non capiva perch aveva dovuto assistere a quella cosa.
Jezal ne sapeva poco di storia. Kanedias, Juvens, lo stesso
Bayaz, erano nomi chiusi tra le pagine di libri impolverati,
nomi che aveva sentito da bambino e che nemmeno allora
avevano attirato il suo interesse. Era solo sfortuna, tutto qua.
Aveva vinto il Torneo e ora eccolo, a vagare in qualche stra-
na torre decrepita. Perch solo di questo si trattava, di una
strana torre decrepita.
Benvenuti, fece Bayaz, nel Palazzo del Creatore.
Jezal alz gli occhi dal pavimento e rimase a bocca aper-
ta. La parola "palazzo" non rendeva giustizia alla vastit del-
lo spazio buio in cui si trovava. Tutto il Cerchio dei Lord ci
sarebbe entrato tranquillamente l dentro, anzi l'intero edifi-
cio, e non l'avrebbe neanche riempito. Le pareti erano fatte di
pietre rozze squadrate alla bell'e meglio, senza malta, impila-
te a casaccio l'una sull'altra fino a un'altezza vertiginosa. So-
pra il centro della sala, in alto, era sospeso qualcosa. Un og-
getto immenso, affascinante.
A Jezal ricord lo strumento di un navigatore, ma reso in
scala enorme. Si trattava di un sistema di giganteschi anelli
di metallo, incastrati l'uno attorno all'altro e luccicanti alla
poca luce, con altri anelli pi piccoli messi tra i grandi, den-
tro di essi, attorno a essi. A centinaia, forse, tutti segnati da
minuscole incisioni che potevano essere iscrizioni, oppure
graffi senza senso. Al centro pendeva una grossa sfera nera.
Bayaz stava gi avanzando dentro il grande cerchio sul
pavimento, che era coperto di intricate linee di metallo lumi-
noso, incise sulla pietra scura, mentre i suoi passi riecheggia-
vano verso l'alto. Jezal gli and dietro cauto, perch c'era
qualcosa di spaventoso e di vertiginoso nel camminare in
uno spazio cos immenso.
Questo il Midderland, disse Bayaz.
Cosa?
Il vecchio indic il pavimento. Le sinuose linee di metallo
cominciarono ad acquistare un senso e divennero coste,
montagne, fiumi, terra e mare. La forma del Midderland, che
Jezal aveva ben chiara nella testa dopo aver visto centinaia di
mappe, si dispiegava sotto i suoi piedi.
L'intero Circolo del Mondo. Bayaz indic una per una
le terre con il braccio disteso. Da quella parte c' l'Angland,
e oltre, il Nord. Gurkhul laggi. Quello lo Starikland, e il
Vecchio Impero, e laggi le citt Stato della Styria, oltre le
quali ci sono Suljuk e la lontana Thond. Kanedias osserv
che le terre del mondo conosciuto formavano un cerchio, il
cui centro esatto si trovava proprio qui, nel suo Palazzo,
mentre il punto pi lontano passava per l'isola di Shabulyan,
all'estremo ovest, oltre il Vecchio Impero.
I confini del mondo, mormor Logen, annuendo lenta-
mente.
Che arroganza, intervenne Glokta, pensare che casa
tua sia il centro di tutto.
Mh. Bayaz guard la vastit degli spazi attorno a s.
Al Creatore l'arroganza non mancava, e neanche ai suoi fra-
telli.
Jezal teneva gli occhi fissi in alto come un cretino. L'al-
tezza della stanza era addirittura maggiore della sua larghez-
za, tanto che il soffitto, se c'era, era perso nell'ombra. Una
ringhiera di ferro correva lungo le rozze pareti rocciose, for-
se a proteggere una galleria, venti piedi sopra la loro testa.
Ancora pi in alto, si vedeva un'altra ringhiera, e poi un'altra,
e poi un'altra ancora, vagamente distinguibili nella semioscu-
rit, e su tutto incombeva lo strano marchingegno.
Sussult all'improvviso quando si rese conto che si stava
muovendo! Tutto quanto! Lentamente e in silenzio, gli anelli
giravano con facilit, si spostavano, ruotavano l'uno attorno
all'altro. Non riusciva a immaginare che cosa lo avesse mes-
so in moto; forse la chiave nella serratura aveva innescato
qualcosa oppure aveva girato incessantemente per tutti
quegli anni?
Si sentiva stordito. Tutto il meccanismo sembrava girare,
ruotare sempre pi velocemente, e con esso le gallerie, che si
spostavano in direzioni opposte. Fissare verso l'alto non lo
aiutava ad attenuare il senso di disorientamento, cos punt
gli occhi per terra, sulla mappa del Midderland sotto i suoi
piedi, ma trattenne il fiato. Peggio di prima! Anche il pavi-
mento sembrava girare! Tutta la stanza vorticava attorno a
lui! Gli architravi che conducevano fuori erano una dozzina,
o anche di pi, ed erano tutti identici. Adesso era impossibile
indicare quella da cui erano entrati, e Jezal fu sopraffatto dal
panico. Soltanto il nero globo distante al centro del meccani-
smo restava immobile, per cui fiss disperatamente gli occhi
annebbiati su quello e tent di calmare il respiro.
Poi la brutta sensazione pass. La vasta sala era di nuovo
immobile, o quasi. Gli anelli si muovevano ancora, ma in
modo quasi impercettibile, di pollice in pollice. Jezal ingoi
un bel po' di saliva, incurv le spalle e si affrett a seguire gli
altri a testa bassa.
Non da quella parte!, rugg all'improvviso Bayaz, con
la voce simile a una deflagrazione nella densit di quel silen-
zio, uno schianto la cui eco rimbalz centinaia di volte nello
spazio cavernoso.
Non da quella parte!
Non da quella parte!
Jezal balz all'indietro. Il passaggio ad arco che dava sul-
l'apertura buia sembrava identico a quello per cui erano pas-
sati gli altri, i quali, ora Jezal se ne accorgeva, erano lontani
alla sua destra. In qualche modo, si era girato e stava proce-
dendo nella direzione sbagliata.
Andate solo dove vado io, ho detto!, sibil il vecchio.
Non da quella parte!
Non da quella parte!
Mi spiace, balbett Jezal, con una voce che sembrava
pietosamente sottile in quell'immensit. Pensavo qui
tutto uguale!
Bayaz pos una mano rassicurante sulla sua spalla e lo
guid gentilmente in un'altra direzione. Non volevo spaven-
tarvi, amico mio, ma sarebbe un vero peccato se uno tanto
promettente come voi dovesse perdere la vita a una cos gio-
vane et. Jezal deglut ancora, scrut l'ingresso buio, pen-
sando a cosa lo avrebbe aspettato dall'altra parte, e la sua
mente elabor un certo numero di possibilit sgradevoli.
Gli echi gli giungevano ancora come sussurri, mentre si
lasciava alle spalle il passaggio sbagliato. non da quella
parte, non da quella parte, non da quella parte

Logen odiava quel posto. Le pietre erano fredde e morte,


l'aria era immobile e morta, persino i suoni dei loro passi
sembravano attutiti e senza vita. Non faceva n caldo n
freddo, eppure sentiva il sudore scorrergli copioso lungo la
schiena, la nuca formicolargli per una paura generica. Si vol-
tava di scatto ogni quattro o cinque passi, colto dall'improv-
visa sensazione di essere osservato, ma dietro di s non tro-
vava mai nessuno, a parte il ragazzo Luthar e lo storpio
Glokta, che parevano confusi e preoccupati almeno quanto
lui.
Lo inseguimmo per queste sale, fece Bayaz a bassa
voce. Eravamo in undici. Tutti i Maghi, insieme per l'ultima
volta. Tutti tranne Khalul. Zacharus e Cawneil si scontrarono
con il Creatore proprio qui ed entrambi furono sopraffatti,
ma anche abbastanza fortunati da fuggire di qui vivi. Ansel-
mi e Denterotto non furono altrettanto favoriti dalla sorte.
Kanedias li uccise. Quel giorno persi due buoni amici, due
fratelli.
Costeggiarono una stretta balconata, illuminata da una
sottile cortina di luce. Da una parte le pietre si innalzavano
lisce, dall'altra cadevano a picco perdendosi nei buio. Un
abisso nero, pieno d'ombre, senza fondo n soffitto. A dispet-
to della vastit dello spazio non c'erano echi, perch l'aria
non si muoveva; non c'era un alito di vento l dentro e l'odo-
re di chiuso e stantio era simile a quello di una tomba.
Di certo scorre dell'acqua qui sotto, disse Glokta, guar-
dando oltre la ringhiera con la fronte aggrottata. Perch c'
qualcosa sul fondo, non vero? Alz gli occhi socchiusi.
Dov' il soffitto?
Questo posto puzza, gemette Luthar, che con una mano
si copriva il naso.
Per una volta, Logen fu d'accordo con lui. Era un odore
che conosceva bene e le sue labbra si curvarono per l'odio.
Puzza di fottuti Testapiatta.
Oh, s, disse Bayaz, anche gli Shanka sono opera del
Creatore.
Opera sua?
Esatto. Prese dell'argilla, del metallo, degli avanzi di car-
ne, e li cre.
Logen lo guard con gli occhi spalancati. Li cre?
Per farli combattere in guerra. Contro di noi, i Maghi.
Contro suo fratello Juvens. Diede vita ai primi Shanka qui, e
poi li lasci liberi per il mondo affinch crescessero, si ripro-
ducessero e distruggessero. Quello era il loro scopo. Per
molti anni dopo la morte di Kanedias li abbiamo cercati, ma
non siamo riusciti a catturarli tutti. Li abbiamo ricacciati ne-
gli angoli pi bui del mondo, ma l si sono di nuovo molti-
plicati, e oggi continuano a crescere e distruggere. Il loro
scopo rimasto inalterato. Logen rimase a bocca aperta.
Shanka, ridacchi Luthar scuotendo la testa.
Non c'era proprio niente da ridere sui Testapiatta. Logen
si gir di colpo verso di lui, ingombrando la stretta balconata
con il suo corpo, e si erse davanti a Luthar nella penombra.
Ti fa ridere?
Beh, volevo dire, tutti sanno che non esiste niente del ge-
nere.
Io li ho combattuti con le mie mani, ringhi Logen,
per tutta la vita. Hanno ucciso mia moglie, i miei figli e i
miei amici. Il Nord zeppo di fottuti Testapiatta. Si pieg
su di lui. Quindi non dirmi che non esiste niente del
genere.
Luthar era impallidito. Guard Glokta in cerca di soste-
gno, ma l'Inquisitore stava appoggiato contro il muro a mas-
saggiarsi la gamba, con le fine labbra serrate e la faccia sca-
vata imperlata di sudore. Non me ne frega un cazzo in ogni
caso!, rispose brusco.
Ci sono un mucchio di Shanka in giro per il mondo, si-
bil Logen, con la faccia a pochi pollici da quella di Luthar.
Forse un giorno ne incontrerai qualcuno. Poi si volt e
prese a seguire Bayaz con ampie falcate, anche perch il
Mago stava gi svanendo attraverso un passaggio ad arco in
fondo alla balconata e Logen non aveva alcuna intenzione di
rimanere indietro in quel posto.

Un'altra sala. Enorme, costeggiata su entrambi i lati da


una silenziosa foresta di colonne, tra le quali regnava una
moltitudine di ombre. Dardi di luce calavano dall'alto rica-
mando strane trame sul pavimento di pietra, forme di luce e
d'ombra, linee nere e bianche. Quasi come delle lettere. C'
forse scritto un messaggio per me? Glokta tremava. Se guar-
dassi solo un minuto di pi, forse capirei
Poi Luthar lo sorpass, la sua ombra si proiett sul pavi-
mento spezzando le linee e la sensazione scomparve. Glokta
tent di riscuotersi. Sto perdendo la ragione in questo posto
maledetto. Devo pensare con razionalit. Attieniti ai fatti,
Glokta, solo ai fatti.
Da dove proviene la luce?, chiese.
Bayaz fece un gesto con la mano. Dall'alto.
Ci sono finestre?
Forse.
Il bastone di Glokta toccava la luce, toccava l'ombra, lo
stivale sinistro si trascinava dietro di lui. Ci sono soltanto
corridoi e passaggi qui? Che senso ha?
Chi pu conoscere la mente del Creatore?, inton Ba-
yaz solennemente. O scandagliare i suoi grandi piani?
Sembrava quasi che il non dare mai risposte dirette lo ren-
desse orgoglioso.
Da quel che Glokta vedeva, tutto quel posto sembrava un
gigantesco spreco di fatica. In quanti vivevano qui dentro?
Tanti anni fa, in tempi pi felici, molte centinaia. Perso-
ne di ogni tipo servivano Kanedias e lo aiutavano nella sua
opera. Ma il Creatore era sempre diffidente e geloso dei suoi
segreti. Cos, a uno a uno, scacci tutti i suoi seguaci, rele-
gandoli nell'Agriont, nell'Universit. Verso la fine, solo in tre
vivevano qui: Kanedias, il suo assistente Jaremias, Bayaz
fece una pausa, e sua figlia Tolomei.
La figlia del Creatore?
S, allora?, ribatt il vecchio.
Niente, niente. Eppure, tutto il suo smalto venuto
meno, anche se solo per un momento. strano che conosca
cos bene i meandri di questo posto. E voi quando vivevate
qui?
Bayaz sfoggi uno sguardo contrariato. Non gradisco
troppe domande.
Glokta lo osserv allontanarsi. Sult si sbagliava. Neppure
l'Arcilettore infallibile, dopotutto. Ha sottovalutato questo
Bayaz, e ci gli coster caro. Chi questo pelato irascibile
per ridicolizzare e mandare a gambe all'aria l'uomo pi po-
tente dell'Unione? Ma l dentro, nelle viscere di quel posto
ultraterreno, la risposta non sembr affatto strana.
Il Primo Mago.

Eccoci.
Dove?, chiese Logen. Il corridoio proseguiva su en-
trambi i lati, curvando appena per poi scomparire nell'oscuri-
t, con le sue mura di mattoni enormi e ininterrotti.
Bayaz non rispose. Faceva correre pian piano le mani sul-
le pietre, in cerca di qualcosa. S, ci siamo. Il Mago tir
fuori la chiave dalla casacca. Meglio che vi teniate pronti.
Per cosa?
Bayaz inser la chiave in una serratura invisibile, al che
uno dei blocchi che formavano il muro svan all'improvviso
all'interno del soffitto, con uno schianto tremendo. Logen
barcoll all'indietro e scosse la testa. Vide Luthar piegarsi in
due con le mani premute sulle orecchie. Tutto il corridoio
parve risuonare all'infinito di tonfi.
Aspettatemi qui, fece Bayaz, anche se Logen lo ud a
stento al di sopra del fischio che gli riempiva le orecchie.
Non toccate nulla e non muovetevi. Oltrepass l'apertura,
ma lasci la chiave infilata nel muro.
Logen sbirci per vedere che razza di posto fosse e intra-
vide un barlume di luce che brillava lungo un passaggio
strettissimo, mentre uno sciabordio diffuso lasciava pensare
che ci fosse un corso d'acqua da qualche parte. Si sent stuz-
zicato da una strana curiosit, cos rivolse lo sguardo agli al-
tri due. Magari Bayaz parlava a loro quando aveva detto di
non muoversi, cos si pieg e imbocc il passaggio.
Davanti a s vide una sala rotonda invasa dalla luce, che
entrava brillante dall'alto quasi a trafiggere le tenebre; faceva
male guardarla, dopo tutta quell'oscurit in cui aveva cammi-
nato. Le pareti curve erano perfette, fatte di liscia roccia
bianca e percorse da rivoli d'acqua che andavano a racco-
gliersi in una pozza circolare al di sotto. L'aria era fredda e
umida sulla pelle di Logen. Il passaggio terminava in uno
stretto ponte con dei gradini che salivano verso l'alto e porta-
va a un colossale pilastro bianco che si levava dall'acqua.
Bayaz era l sopra, sulla cima di quel pilastro, con lo sguar-
do abbassato su qualcosa.
Logen strisci verso il Mago, ansimando. C'era un blocco
di roccia bianca lass. L'acqua gocciolava dall'alto sul centro
liscio e duro della pietra - uno stillicidio regolare, sempre
nello stesso punto -, e sul sottile strato d'acqua erano posate
due cose: una scatola quadrata fatta di semplice metallo scu-
ro, forse grande abbastanza per contenere la testa di uomo, e
un altro oggetto molto pi strano.
Un'arma, magari, come un'ascia. Si trattava di una lunga
asta composta da minuscoli tubi metallici, tutti intrecciati tra
di loro come rami di vecchi rampicanti, con un'impugnatura
scanalata che ne costituiva un'estremit; all'altro capo c'era
un pezzo di metallo piatto e bucherellato, che finiva in un
lungo uncino sottile. La luce si riverberava sulle numerose
superfici scure, facendo scintillare le gocce d'acqua. Strana,
bellissima, affascinante. Sull'impugnatura brillava una singo-
la lettera argentea, che risaltava sul metallo nero. Logen la ri-
conobbe, ce n'era una uguale sulla sua spada: il marchio di
Kanedias. Opera del Sommo Creatore.
Che cos'?, domand allungando un braccio.
Non toccarla!, grid Bayaz, dandogli uno schiaffo sulla
mano. Non ti avevo detto di aspettare?
Logen fece un incerto passo indietro. Non aveva mai visto
il Mago tanto preoccupato, ma non riusciva a staccare gli oc-
chi dallo strano oggetto sulla lastra di pietra. un'arma?
Bayaz emise un lungo, lento sospiro. Un'arma terribile,
amico mio, dalla quale nessun acciaio, nessuna pietra, nessu-
na magia, possono proteggerti. Ti avviso, non avvicinarti
neanche. pericolosa. La Separatrice, la chiam Kanedias, e
con questa uccise suo fratello Juvens, il mio maestro. Una
volta mi disse che ha due lame: una qui e una nell'Aldil.
Che diavolo significa?, mormor Logen. Lui di lame
che tagliavano non ne vedeva neanche una su quella cosa.
Bayaz scroll le spalle. Se lo sapessi sarei il Sommo
Creatore, invece che Primo Mago. Si protese e sollev la
scatola, facendo smorfie come se fosse molto pesante. Puoi
aiutarmi con questa?
Logen intrecci le mani sotto l'oggetto ma subito gli man-
c il fiato, perch neanche se fosse stata un blocco di ferro
solido avrebbe pesato di pi. Pesa, grugn.
Kanedias la forgi perch fosse forte. Forte quanto la sua
grande abilit gli permise di crearla. Ma non per tenere il suo
contenuto al sicuro dal mondo. Si avvicin e abbass la
voce. Per tenere il mondo al sicuro dal suo contenuto.
Logen la guard con sguardo accigliato. Che c'
dentro?
Niente, rispose Bayaz. Per ora.

Jezal stava cercando di pensare ai tre uomini che odiava


di pi al mondo. Brint? No, era solo un idiota pieno di s.
Gorst? Quello aveva semplicemente usato le sue misere ca-
pacit per cercare di batterlo in un duello di scherma. Varuz,
allora? Nient'altro che un asino decrepito e presuntuoso.
No. Erano quei tre uomini a stare in cima alla sua lista. Il
vecchio arrogante con le sue stupide ciance e quell'aura di
sufficienza e mistero di cui si circondava; l'enorme selvaggio
pieno di brutte cicatrici, con quel perenne broncio minaccio-
so; lo storpio che adorava fare le paternali e lanciava in con-
tinuazione quei commenti sprezzanti con la pretesa di sapere
tutto della vita. Loro tre, combinati all'aria stagnante e alla
perpetua oscurit di quell'orribile posto, sarebbero bastati per
farlo vomitare di nuovo. Jezal riusciva a immaginare solo
una cosa peggiore di quella compagnia, cio il non avere af-
fatto una compagnia. Guard le ombre che si addensavano
tutte intorno a lui e rabbrivid al pensiero di trovarsi l dentro
da solo.
Eppure il suo stato d'animo miglior un poco dopo che
ebbero svoltato un angolo. C'era un quadratino di luce pi
avanti e Jezal vi si precipit, sorpassando Glokta che si tra-
scinava con il suo bastone e pregustando il momento in cui
sarebbe uscito di l, di nuovo alla luce del sole.
Chiuse gli occhi per il piacere di respirare all'aria aperta.
Il vento freddo gli sferzava la faccia e lui ne inspir tutte le
boccate che pot. Il sollievo era inimmaginabile, neanche
fosse stato intrappolato l dentro al buio per settimane; fu
come se una mano stretta attorno al suo collo avesse all'im-
provviso mollato la presa. Avanz su un ampio spazio aperto,
pavimentato con pietre piatte e rozze. Novedita e Bayaz era-
no poco pi avanti, l'uno di fianco all'altro, affacciati a un
parapetto che arrivava loro alle cintole, e al di l
L'Agriont. Un tappeto di mura bianche, tetti grigi, finestre
scintillanti e verdi giardini. Non si trovavano neanche vicini
alla cima del Palazzo del Creatore, bens su uno dei tetti pi
bassi, sopra il portale, ma comunque paurosamente in alto.
Jezal riconobbe la fatiscente Universit, la cupola lucida del
Cerchio dei Lord, la forma tarchiata del Palazzo degli Inter-
rogatori. Si vedeva la Piazza dei Marescialli, simile a una
ciotola di panche di legno tra gli edifici, magari anche il mi-
nuscolo accenno del cerchio giallo al centro. Oltre la citta-
della, circondata dalle bianche mura e dal fossato luccicante,
la citt si espandeva come una macchia grigia sotto il cielo
opaco, via via fino al mare.
Jezal rise, incredulo e deliziato. La Torre delle Catene era
alta quanto una scaletta rispetto a quella dov'era. Si trovava
cos in alto sul mondo che tutto sembrava in qualche modo
immobile, sospeso nel tempo. Si sentiva come un re visto
che nessun uomo aveva visto una cosa del genere nelle ulti-
me centinaia di anni. Jezal si sent grande, immenso, molto
pi importante delle persone minuscole che vivevano e lavo-
ravano nei piccoli palazzi l sotto. Si gir a guardare Glokta,
ma lo storpio non stava ridendo, anzi, era pi pallido che mai
e guardava la citt in miniatura con lo sguardo aggrottato,
mentre il suo occhio sinistro era colto da spasmi d'angoscia.
Paura delle grandi altezze?, rise Jezal.
Glokta rivolse il viso cinereo verso di lui. Non c'erano
scale. Non abbiamo salito scale per arrivare quass! Il ghi-
gno di Jezal cominci a svanire. Niente scale, capisci?
Com' possibile? Come? Dimmelo!
Jezal deglut, ripercorrendo a mente il tragitto che aveva
fatto fino ad allora. Lo storpio aveva ragione. Niente scale,
n rampe, n salite, n discese. Eppure erano l, pi in alto
delle torri pi elevate dell'Agriont. Cominci di nuovo a sen-
tirsi male, e quella veduta gli sembr all'improvviso vertigi-
nosa, disgustosa e oscena. Si ritrasse dal parapetto con passo
vacillante. Voleva solo tornarsene a casa sua.

Lo seguii attraverso l'oscurit, da solo, e qui lo affrontai.


Kanedias, il Sommo Creatore. Ci scontrammo qui. Fuoco,
acciaio e carne. Proprio in questo punto. Gett Tolomei dal
tetto davanti ai miei occhi. Io vidi tutto, ma non riuscii a fer-
marlo. La sua stessa figlia. Te lo immagini? Nessuno se lo
meritava meno di lei. Mai pi esistito uno spirito tanto in-
nocente. Logen corrug la fronte, perch non sapeva pro-
prio che dire.
Lottammo su questo balcone, mormor Bayaz, coi
grossi pugni serrati sul parapetto di pietra nuda. Io lo aggre-
dii con fuoco e acciaio, e carne, e lui aggred me. Lo feci
precipitare. Cadde avvolto dalle fiamme e si schiant sul
ponte. E cos l'ultimo figlio di Euz lasci questo mondo, e
tanti loro segreti andarono persi per sempre. Si distrussero
l'uno con l'altro, tutti e quattro. Che spreco.
Bayaz si gir a guardare Logen. Ma stato molto tempo
fa, eh, amico mio? Molto tempo. Gonfi le guance e fece
uscire tutta l'aria, rannicchiandosi nelle spalle. Andiamoce-
ne di qui. Sembra di stare in una tomba. Beh, una tomba.
Sigilliamola di nuovo e con essa sigilliamo anche i ricordi. Il
passato passato.
Mmh, disse Logen. Mio padre diceva che i semi del
passato danno i frutti nel presente.
cos, infatti. Bayaz allung lentamente una mano e
con le dita sfior il metallo scuro e freddo della scatola che
Logen sosteneva. vero. Tuo padre era un uomo saggio.

La gamba di Glokta era preda di un dolore lancinante e la


sua ritorta spina dorsale era interamente percorsa da insop-
portabili fitte, dal culo alla testa. In bocca gli sembrava di
avere la segatura, tanto era secca; la sua faccia sudata veniva
colta da spasmi improvvisi e il respiro gli sibilava dal naso,
ma tir dritto nell'oscurit, via dalla vasta sala dell'orbe nero
con quello strano aggeggio intorno, e oltre verso il portale
aperto. Alla luce.
Se ne rest l con la testa inclinata all'indietro, sul ponte
stretto davanti allo stretto accesso, con la mano tremante sul
pomello del bastone, poi si strofin gli occhi sotto le palpe-
bre che battevano, prendendo grosse boccate d'aria pulita e
sentendo la brezza fredda sulla faccia. Chi l'avrebbe detto
che il vento potesse dare una cos bella sensazione? Meglio
che non abbia incontrato scale, comunque. Non ce l'avrei
mai fatta.
Luthar era arrivato gi a met del ponte, neanche avesse
un demone alle calcagna. Novedita lo seguiva da vicino, col
fiato mozzo, e ripeteva farfugliando qualcosa nella lingua del
Nord. Glokta pens che potesse essere: "Ancora vivo". Le
sue grosse mani erano strette attorno alla scatola di metallo e
i tendini si gonfiavano sotto la sua pelle come se l'oggetto
pesasse quanto un'incudine. Questa visita guidata non sta-
ta fatta solo per dimostrare che il Mago aveva ragione. Che
cosa hanno riportato indietro da l? Che cos' che pesa cos
tanto? Si guard alle spalle, dove vide l'oscurit, e rabbrivi-
d. Non era sicuro di volerlo sapere.
Bayaz usc dalla galleria all'aria aperta con fare tranquillo,
pi compiaciuto di prima. Allora, Inquisitore, disse alle-
gramente, vi piaciuta la visita al Palazzo del Creatore?
Un incubo strano, contorto e orribile. Avrei addirittura
preferito ritornare nelle prigioni dell'Imperatore per qualche
ora. Un modo come un altro di trascorrere la mattinata, ri-
batt.
Sono cos contento che l'abbiate trovato divertente, ri-
dacchi Bayaz, mentre si tirava fuori dalla casacca il baston-
cino di metallo. E ditemi, credete ancora che io sia un bu-
giardo? Oppure i vostri sospetti sono stati finalmente
fugati?
Con la fronte aggrottata, Glokta guard la chiave, il vec-
chio, l'oscurit soverchiante del Palazzo del Creatore. I miei
sospetti crescono col passare delle ore. Non sono mai fugati,
cambiano solo forma. Onestamente? Non so a cosa
credere.
Bene. Ammettere la propria ignoranza il primo passo
verso l'illuminazione. Per detto tra noi, io penserei a qual-
cos'altro da dire all'Arcilettore. La palpebra di Glokta prese
a tremolare. Farete meglio a cominciare ad andare avanti,
eh, Inquisitore? Io intanto chiudo.
Il tuffo nell'acqua gelata sotto di lui non pareva pi una
prospettiva tanto spaventosa. Se cadessi, almeno morirei alla
luce. Glokta si guard indietro una volta sola, quando sent le
porte del Palazzo del Creatore chiudersi con un lieve clic-
chettio, mentre i cerchi ritornavano nella loro posizione ori-
ginaria. Tutto tornato com'era prima che arrivassimo. Vol-
t la schiena formicolante, risucchi l'aria tra le gengive con-
tro i consueti attacchi di nausea e, tra un'imprecazione e
un'altra, attravers il ponte zoppicando.
Luthar batteva disperatamente i pugni sui vecchi battenti
dall'altra parte. Fateci entrare! Quasi singhiozzava quando
Glokta si avvicin, e nella sua voce rotta si riscontrava una
nota di panico. Fateci entrare! Infine il portone si apr tra-
ballando e dietro di esso comparve lo stupefatto Guardiano.
Peccato. Ero sicuro che il Capitano Luthar sarebbe scoppia-
to in lacrime. Il fiero vincitore del Torneo, il giovane pi co-
raggioso dell'Unione, il fiore della virilit, che frigna come
una fanciulla in ginocchio. Vederlo in quello stato avrebbe
dato pi senso a questa visita. Luthar si fiond oltre la porta
aperta, seguito da un cupo Novedita che stringeva ancora la
scatola di metallo tra le braccia. Il Guardiano squadr Glokta
mentre arrivava zoppicando fino al portone. Tornati cos
presto?
Vecchio imbecille. Ma che diavolo dici, cos presto?
Io non ho neanche finito le uova. Siete stati via neanche
mezz'ora.
Glokta scoppi in una risata senza gioia. Mezza giornata,
forse. Ma si accigli nello scrutare il cortile al di l della
porta e constatare che le ombre erano quasi nella stessa,
identica posizione di quando l'avevano attraversato. Ancora
prima mattina, ma com' possibile?
Una volta il Creatore mi disse che il tempo tutta que-
stione di mente. Glokta fece una smorfia di dolore quando
volt la testa e vide che Bayaz era quasi arrivato e si stava
picchiettando la tempia liscia con un grosso dito. Potrebbe
andare peggio, credetemi. C' da preoccuparsi davvero quan-
do si esce prima di essere entrati. Sorrise e i suoi occhi
scintillarono, investiti dal fascio di luce che proveniva da ol-
tre il portone. Fa il cretino, o mi sta prendendo in giro? In
ogni caso, questi giochetti alla lunga stufano.
Basta con gli indovinelli, ringhi Glokta. Perch non
mi dite che andate cercando?
Il Primo Mago, se questo era, sorrise ancora di pi. Voi
mi piacete, Inquisitore, davvero. Non mi sorprenderebbe se
foste l'ultimo uomo onesto rimasto in questo dannato Paese.
Dovremmo fare due chiacchiere, voi e io, un giorno di que-
sti. Due chiacchiere riguardo ci che vado cercando io e ci
che andate cercando voi. Poi il suo sorriso svan all'improv-
viso. Ma non oggi.
E super il portone, lasciando Glokta da solo nella pe-
nombra.
40.

Il cane di nessuno

Perch a me?, bofonchi West tra i denti sbarrati, in vi-


sta del ponte al Cancello Sud. Quella ridicola faccenda al
porto gli aveva preso molto pi tempo del previsto, ma d'al-
tra parte non era sempre cos negli ultimi giorni? Certe volte
gli sembrava di essere l'unico in tutta l'Unione che si stesse
seriamente preparando a una guerra, l'unico a dover organiz-
zare da solo tutto quanto, occupandosi persino della ferratura
dei cavalli. Era gi in ritardo per l'appuntamento quotidiano
con il Maresciallo Burr e sapeva di dover concludere un cen-
tinaio di cose impossibili quel giorno. Tutti i giorni era cos,
e rimanere invischiato in quell'inutile ritardo al portale del-
l'Agriont era proprio l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Perch, perch proprio a me? L'ormai troppo familiare
mal di testa che gli pulsava dietro agli occhi stava gi ritor-
nando e pareva arrivare sempre prima, ormai, e andare a fini-
re sempre peggio.
A causa del caldo degli ultimi giorni, alle guardie era stato
accordato il permesso di entrare in servizio senza l'armatura
completa, ma West immagin che almeno due di loro se ne
stessero pentendo in quel momento. Uno stava rannicchiato
per terra accanto al portale e gemeva rumorosamente con le
mani ficcate tra le gambe. Il suo sergente, bench ancora in
piedi, stava piegato in due accanto a lui, con il naso goccio-
lante di sangue, di cui alcune gocce si erano sparse sui mat-
toni del ponte ai suoi piedi. Gli altri due soldati della guardia
tenevano le lance abbassate, le punte dirette verso un giova-
ne macilento dalla pelle scura, vicino al quale c'era un altro
uomo del sud, con lunghi capelli grigi, appoggiato alla rin-
ghiera a guardare la scena con un'aria di profonda rassegna-
zione.
Il giovane si guard rapidamente dietro le spalle e West si
sorprese nel vedere che in realt era una donna. Aveva capel-
li neri e corti, che le rimanevano dritti sulla testa in una mas-
sa di spuntoni unticci; una manica del suo vestito era strap-
pata all'altezza della spalla e lasciava cos scoperto un lungo
braccio muscoloso, la cui mano brandiva un affilatissimo pu-
gnale ricurvo brillante come uno specchio, l'unica cosa di lei
a sembrare pulita. Tutto il lato destro della sua faccia, dal so-
pracciglio nero alle labbra sdegnose, era sfregiato da una fina
cicatrice grigia. Tuttavia furono i suoi occhi a cogliere West
in contropiede: lievemente a mandorla, socchiusi, ostili e so-
spettosi, ma soprattutto gialli. Ai suoi tempi, quando aveva
combattuto a Gurkhul, ne aveva visti di Kantichi, ma nessu-
no con occhi cos profondi e intensi, di quel giallo dorato, si-
mile al
Piscio. Tale era anche il suo odore quando si fu avvicinato
un poco a lei. Piscio, sporco e sudore acido, stantio. Anche
quello era un ricordo della guerra, la puzza degli uomini che
non si lavavano da un'eternit. Accostandosi a lei, West re-
presse l'istinto di storcere il naso e mettersi a respirare con la
bocca, e allo stesso modo cerc di resistere al bisogno impel-
lente di stare alla larga da quella lama scintillante. Mai farsi
vedere impauriti quando si deve calmare una situazione a ri-
schio, anche se te la stai facendo addosso, l'esperienza gli
aveva infatti insegnato che se mostri di avere tutto sotto con-
trollo sei gi a met dell'opera.
Che accidenti succede qui?, ringhi al sergente dalla
faccia insanguinata. Non dovette nemmeno fingere di essere
seccato, visto che il suo ritardo e la sua rabbia aumentavano
con il passare dei secondi.
Questi mendicanti fetenti pretendono di entrare nell'A-
griont, signore! Ho provato a mandarli via, ovviamente, ma
hanno delle lettere!
Lettere?
Lo strano vecchio picchiett la spalla di West, gli conse-
gn un foglio di carta ripiegato, lievemente sporco sui margi-
ni, e lui lo lesse con un'espressione via via sempre pi cupa.
Questa una lettera di permesso firmata da Lord Hoff in
persona. Dovete lasciarli passare.
Ma non armati, signore! Gli ho detto che non potevano
entrare con le armi! Il sergente sollev le braccia onde mo-
strare uno strano arco di legno scuro in una mano e una spa-
da del tipo ricurvo che si usava a Gurkhul nell'altra. Ci ab-
biamo messo un po' per farle consegnare queste, ma quando
ho tentato di perquisirla questa cagna Gurkish La don-
na sibil e fece un rapido passo avanti, al che il sergente e le
due guardie si ritrassero nervosamente, chiudendosi in grup-
po.
Calma, Ferro, sospir il vecchio in lingua kantica. Per
l'amor di Dio, calma. La donna lanci uno sputo sulle pietre
del ponte e sibil un insulto che West non riusc a compren-
dere, poi agit la lama avanti e indietro come a dire che sa-
peva come usarla, ed era pi che disposta a farlo.
Perch a me?, mormor West sottovoce. Era chiaro che
non sarebbe andato da nessuna parte finch non avesse risol-
to quella questione. Come se non avesse gi tante cose di cui
preoccuparsi. Prese un respiro profondo e fece del suo me-
glio per mettersi nei panni della donna maleodorante: una
straniera, circondata da uomini bizzarri della cui lingua non
capiva una sola parola, gente che le puntava contro le lance
mentre provava a perquisirla. Probabilmente anche lei in
quel momento stava pensando a quando puzzasse West. Do-
veva essere pi disorientata e spaventata che pericolosa. Non
che sembrasse innocua, certo, e neanche impaurita, a dirla
tutta.
Il vecchio sembrava sicuramente il pi ragionevole dei
due, quindi West si rivolse a lui per primo. Voi due venite
da Gurkhul?, chiese in un kantico stentato.
L'altro lo guard con occhi stanchi. No. A Sud non ci
sono solo i Gurkish.
Kadir, allora? Taurish?
Conosci il Sud?
Un po'. Ho combattuto in guerra l.
Il vecchio fece uno scatto della testa verso la donna, che li
fissava sospettosa con quelle schegge gialle. Lei viene da
un posto chiamato Muntaz.
Mai sentito.
Certo, perch dovresti averlo sentito? Il vecchio scroll
le spalle ossute. Un paesino vicino al mare, a est di Shaffa,
oltre le montagne. I Gurkish lo conquistarono anni fa e il suo
popolo venne disperso, oppure schiavizzato. A quanto pare,
lei intrattabile da allora. La donna li scrut accigliata,
sempre tenendo d'occhio i soldati.
E tu?
Oh, io vengo da molto pi a sud, da oltre Kanta, al di l
del deserto. Fuori dal Circolo del Mondo, addirittura. La ter-
ra in cui sono nato non segnata sulle tue mappe, amico. Il
mio nome Yulwei. E gli offr una lunga mano nera.
Collem West. La donna li osserv con diffidenza men-
tre si stringevano la mano.
Questo si chiama West, Ferro! Ha combattuto contro i
Gurkish! abbastanza perch ti fidi di lui? Yulwei non
sembrava molto speranzoso, e in effetti le spalle della donna
erano comunque curvate e pronte a scattare, n la sua presa
sull'impugnatura del coltello s'era allentata. Uno dei soldati
scelse proprio quel momento inopportuno per avanzare di un
passo, portando avanti la lancia verso di lei, cos la donna
ringhi, sput di nuovo e grid altri insulti incomprensibili.
Adesso basta!, la voce di West rugg al soldato. Tirate
su quelle fottute lance! Loro lo guardarono esterrefatti e lui
lott per far tornare la sua voce a un tono normale. Non
penso sia un'invasione su larga scala, non credete? Per cui ti-
ratele su!
Le punte di lancia si allontanarono dalla donna con rilut-
tanza. West le si piant davanti, tenendo gli occhi fissi su di
lei con tutta l'autorit di cui era capace. Non mostrare paura,
pens, anche se il suo cuore martellava. Apr il palmo di
fronte a lei, tanto vicino che poteva quasi toccarla.
Il coltello, le disse seccamente nel suo pessimo kantico.
Ti prego. Nessuno ti far del male, hai la mia parola.
La donna lo guard con quegli occhi esotici, gialli e bril-
lanti, poi squadr le guardie con le lance, prima di ritornare a
fissare lui. Si prese parecchio tempo per decidere. West se ne
stava l, con la bocca secca, la testa che gli pulsava, il ritardo
che si accumulava, sudando nella divisa sotto il sole rovente
e cercando di ignorare il fetore della donna. E intanto il tem-
po passava.
Dio Santo, Ferro!, intervenne bruscamente il vecchio
all'improvviso. Ho una certa et! Abbi piet di me! Mi ri-
mangono pochi anni da campare! Dagli il coltello, prima che
ci muoia davanti a questo cancello!
Ssssss, sibil lei, torcendo le labbra. West si sent stor-
dito mentre il pugnale veniva alzato, ma poi l'elsa sbatt sul
suo palmo aperto e lui, sollevato, si concesse di inghiottire
un grumo filamentoso di saliva. Fino all'ultimo aveva temuto
che gliel'avrebbe piantata in corpo, quella lama.
Grazie, disse con una calma che non sentiva. Consegn
il pugnale al sergente. Mettete via le armi e scortate i nostri
ospiti nell'Agriont, e se dovesse accadere loro qualcosa di
brutto, soprattutto a lei, vi riterr personalmente responsabili.
Ci siamo spiegati? Lanci un'occhiata bieca al sergente,
poi, prima che qualcos'altro potesse andare storto, super il
cancello ed entr di fretta nella galleria, lasciandosi alla spal-
le sia il vecchio che la donna puzzolente. La testa gli pulsava
anche pi di prima. Maledizione, era in ritardo!
Perch a me, perch?, brontol tra s e s.

Temo che le armerie siano chiuse per oggi, ghign il


Maggiore Vallimir, guardando West dall'alto in basso come
se fosse un mendicante lagnoso in cerca di qualche moneta.
Le nostre quote sono state raggiunte e siamo in anticipo coi
tempi, per cui, per questa settimana, non accenderemo pi le
fucine. Forse, se foste arrivato prima Il martello che West
sentiva nella testa batteva pi forte che mai, ma si costrinse a
respirare lentamente, a mantenere la voce calma e regolare,
perch perdendo le staffe non avrebbe ottenuto nulla. In quel
modo non si otteneva mai nulla.
Capisco, Maggiore, fece West paziente, ma c' una
guerra in corso. Molte delle nuove reclute non possiedono
delle armi e il Maresciallo Burr ha chiesto che le fucine ven-
gano riaccese, onde fornire loro l'equipaggiamento di cui
hanno bisogno.
Non era proprio tutto vero, ma da quando era entrato nello
Stato Maggiore del Maresciallo, West aveva pi o meno
smesso di dire la verit a tutti, dal momento che in quel
modo nessuno gli dava retta. Adesso ricorreva a una combi-
nazione di moine, spacconerie, vere e proprie menzogne,
umili suppliche e minacce velate, ed era diventato piuttosto
bravo nel giudicare quale fosse la tattica pi giusta da usare
con ciascuna persona.
Sfortunatamente, per, doveva ancora toccare la corda
giusta con il Maggiore Vallimir, Comandante delle Armerie
Reali. In un certo senso, il fatto che i due fossero di pari gra-
do rendeva le cose molto pi difficili, perch non poteva fare
il gradasso con quell'uomo, ma non riusciva nemmeno a ri-
dursi a implorarlo.
Inoltre, in termini di scala sociale, non erano per niente
allo stesso livello. Vallimir faceva parte della vecchia nobil-
t, era nato da una famiglia potente e la sua arroganza aveva
dell'incredibile, al punto che Jezal dan Luthar sembrava umi-
le e altruista rispetto a lui; e poi, la sua totale mancanza di
esperienza sul campo lo spingeva a comportarsi doppiamente
da asino, nel tentativo di compensare quel difetto. Perci le
istruzioni di West, bench provenissero direttamente dal Ma-
resciallo Burr, erano di solito accolte come quelle di un sudi-
cio porcaro.
E quel giorno non faceva eccezione. Le quote di questo
mese sono state raggiunte, Maggiore West, Vallimir lo pro-
nunci come a sbeffeggiarlo, pertanto le fucine sono chiuse.
Questo tutto.
E vorreste che dicessi questo al Lord Maresciallo?
Armare le reclute una responsabilit dei Lord che le ar-
ruolano, snocciol formalmente. Io non posso essere biasi-
mato se loro trascurano i loro obblighi. Semplicemente, non
un nostro problema, Maggiore West, Provate a dire questo
al Lord Maresciallo.
Era sempre cos. Avanti e indietro: dagli uffici di Burr ai
vari ufficiali di reparto, e da l ai comandanti delle compa-
gnie, dei battaglioni o dei reggimenti, poi dritto fino ai ma-
gazzini sparsi per l'Agriont e per la citt, passando per le ar-
merie, i baraccamenti, le stalle o il porto, da dove i soldati e
il loro equipaggiamento si sarebbero imbarcati di l a pochi
giorni; e poi di nuovo indietro presso altri reparti, con cui si
ritrovava al punto di prima, dopo aver camminato miglia e
miglia senza concludere niente. Tutte le notti crollava nel let-
to come un sasso e si svegliava qualche ora dopo solo per ri-
cominciare tutto da capo.
Quando comandava un battaglione, il suo mestiere era
stato quello di combattere il nemico con l'acciaio, ma come
ufficiale di Stato Maggiore, apparentemente, il suo compito
era quello di combattere il suo stesso Paese con le scartoffie;
era un segretario, pi che un soldato. Si sentiva come uno
che spinge un masso su per una collina e fatica da morire
senza smuoverlo di un pollice, e senza poter smettere di
spingere per il timore che il masso lo schiacci. E intanto, ba-
stardi arroganti come quello, gente che correva il suo stesso
pericolo, se ne stava a braccia conserte sul pendio accanto a
lui, dicendo: Beh, non il mio sasso.
Solo adesso capiva perch, durante la guerra a Gurkhul,
certe volte gli uomini non avevano abbastanza cibo da man-
giare e vestiti da indossare, perch mancavano sempre carri
per il trasporto degli approvvigionamenti, o addirittura i ca-
valli con cui trainare i carri, e tutte quelle altre cose che era-
no tanto necessarie quanto prevedibili.
West si sarebbe dannato, ma mai avrebbe permesso a cose
simili di accadere per colpa di una sua distrazione, e allo
stesso modo non avrebbe ammesso la morte di uomini per
scarsit di armi con cui combattere. Cerc di calmarsi per
l'ennesima volta, ma a ognuna di quelle difficolt la sua testa
pareva sempre pi vicina al punto di scoppiare. Poi parl con
voce rotta nello sforzo di placarsi: E che succede se rima-
niamo impantanati nell'Angland, con un'orda di contadini
mezzi nudi e senza armi a cui dover badare? Che faremmo,
Maggiore Vallimir? Di chi sar la responsabilit, allora? Non
la vostra, oserei dire! Voi ve ne starete ancora qui, con le fu-
cine fredde al posto di una compagnia!
Non appena lo disse, West seppe di essersi spinto troppo
in l, e infatti l'altro reag con durezza: Come osate, voi, si-
gnore? State mettendo in discussione il mio onore personale?
La mia famiglia fa parte della Guardia del Re da nove gene-
razioni!
West si strofin gli occhi, non sapendo se piangere o ride-
re. Non metto in dubbio il vostro coraggio, ve lo assicuro,
non era questo che intendevo. Cerc di mettersi nei panni di
Vallimir, perch dopotutto non sapeva a che tipo di pressioni
fosse sottoposto lui, magari voleva comandare dei soldati
piuttosto che dei fabbri no, era inutile. Quell'uomo era uno
stronzo e West lo odiava. Qui il punto non il vostro onore,
Maggiore, o quello della vostra famiglia. Qui il punto poter
affrontare una guerra preparati!
Gli occhi di Vallimir s'erano trasformati in due pezzi di
ghiaccio. Ma con chi credi di parlare, sporco bifolco? La
posizione che hai raggiunto la devi a Burr, che un altro
babbeo delle province con una fortuna sfacciata! West sbat-
t le palpebre. Di certo era ci che tutti dicevano alle sue
spalle, ma sentirselo dire in faccia era un'altra cosa. E quan-
do Burr non ci sar pi che ne sar di te, eh? Dove te ne an-
drai, quando non potrai pi nasconderti dietro di lui? Non hai
sangue nobile, non hai una famiglia! La labbra di Vallimir
assunsero una smorfia di scherno. A parte quella sorella che
ti ritrovi, e da ci che sento in giro
West non seppe come, ma si avvicin a lui rapidamente.
Cosa?, ringhi. Che hai detto? Doveva avere un'espres-
sione tremenda in faccia, perch Vallimir impallid all'im-
provviso.
Io io
Credi che abbia bisogno di Burr per combattere le mie
battaglie, eh, fottuto verme senza fegato? Prima di accor-
gersene, era avanzato di un altro passo, mentre Vallimir era
arretrato contro il muro, girando la testa con una smorfia
mentre alzava il braccio per proteggersi in attesa di un pu-
gno. West fece di tutto per non afferrare il piccolo bastardo e
sbatacchiarlo fino a staccargli la testa. La sua di testa batteva
e pulsava terribilmente, e sentiva che la pressione stava per
fargli schizzare gli occhi dalle orbite. Prese dal naso respiri
lunghi e lenti, strinse i pugni fino a farsi male e allora la rab-
bia si affievol a poco a poco, tornando al punto in cui stava
per prendere il sopravvento sul suo corpo. Adesso ribolliva
soltanto, gli dava la sensazione di una stretta al petto.
Se hai qualcosa da dire in merito a mia sorella, sussurr
con calma, puoi dirlo, ma fallo adesso. Lasci che la sua
mano scivolasse lentamente fino all'elsa della spada. Cos
possiamo risolvere questa faccenda fuori dalle mura della
citt.
Il Maggiore Vallimir si fece piccolo piccolo. Non ho sen-
tito dire niente, sussurr, niente di niente.
Niente di niente. West fiss un momento ancora la sua
faccia pallida, prima di fare un passo indietro. Ora, sareste
cos gentile da riaprire le fucine per me? Abbiamo molto la-
voro da fare.
Vallimir sbatt gli occhi. Ma certo. Le faccio accendere
subito.
West gir sui tacchi e si allontan a grandi passi, coscien-
te che l'uomo gli stava scoccando alle spalle degli sguardi ta-
glienti come pugnali e di aver reso peggiore una situazione
gi sfavorevole. Un altro nemico d'alto rango, tra i tanti che
gi annoverava. La cosa pi irritante era che Vallimir aveva
ragione: senza Burr era bell'e finito. Non aveva famiglia, a
parte quella "sorella" che si ritrovava. Dannazione, gli scop-
piava la testa.
Perch a me?, sibil tra i denti. Perch?

C'era ancora molto da fare quel giorno, il lavoro di una


giornata intera, in realt, ma West non ne poteva pi e la te-
sta gli doleva cos tanto che aveva la vista annebbiata. Dove-
va stendersi al buio con uno straccio bagnato sulla faccia, an-
che solo per un'ora, per un minuto. Cerc la chiave nella ta-
sca, mentre con l'altra mano faceva pressione sugli occhi
gonfi, serrando la mascella. Poi sent un rumore oltre la por-
ta, un lieve tintinnio di vetro. Ardee.
No, sibil tra s e s. Non ora! Ma perch diavolo le
aveva dato una chiave? Imprecando a bassa voce, alz il pu-
gno per bussare, sulla porta di casa sua. A quel punto erano
arrivati. Ma le sue nocche non toccarono mai il legno, perch
un'immagine sgradevole cominci a prendere forma nella
sua mente: Ardee e Luthar, nudi e sudati, che si rotolavano
sul suo tappeto. Gir velocemente la chiave nella serratura e
spalanc la porta.
Ardee era affacciata alla finestra, da sola e, con suo gran
sollievo, vestita. Tuttavia fu meno contento di vederla versar-
si un bicchiere di vino dalla caraffa, riempiendolo fino all'or-
lo. Lei sollev un sopracciglio quando lo vide entrare in quel
modo.
Oh, sei tu.
E chi altro dovrei essere?, ribatt West. Queste sono
ancora le mie stanze, no?
Qualcuno di pessimo umore stamattina. Un po' di
vino trabocc dall'orlo del bicchiere e si vers sul tavolo, al-
lora Ardee ci pass sopra una mano per pulirlo, si succhi le
dita e bevve un lungo sorso dal bicchiere, tanto per essere si-
cura. Ogni movimento della sorella lo infastidiva.
West fece una smorfia e chiuse la porta. Devi per forza
bere cos tanto?
Mi pare di capire che una signora dovrebbe avere un
passatempo salutare. Le sue parole erano noncuranti, come
sempre, ma anche con l'emicrania West era in grado di vede-
re che c'era qualcosa di strano, perch Ardee continuava a
guardare il tavolo e cominciava a muoversi in quella direzio-
ne, ma lui arriv per primo e not che c'era un pezzo di carta
poggiato sul ripiano. Lo prese e vide che sopra c'era scritta
una sola riga.
Che cos'?
Niente! Dammelo!
La tenne a distanza con un braccio e lesse:

Domani notte al solito posto


A.

West inorrid. Niente? Niente? Agit il biglietto sotto il


naso di sua sorella, che si ritrasse girando la testa come per
scacciare una mosca, senza aggiungere nulla prima di tornare
a sorseggiare rumorosamente il vino. West digrign i denti.
Luthar, non vero?
Io non l'ho detto.
Non ce n' stato bisogno. Il Maggiore strinse il biglietto
nella morsa bianca del suo pugno, accartocciandolo in una
minuscola pallina di carta bianca. Tremante e teso, si volt
un poco verso la porta, con una mezza idea di fiondarsi fuori
a strangolare il piccolo bastardo seduta stante, ma si conces-
se un attimo per pensare.
Jezal, quello stronzo ingrato L'aveva proprio deluso,
ma non era sorpreso, perch sapeva che quell'uomo era un
asino. D'altra parte, se metti il vino in una bisaccia bucata
non puoi pretendere che non sgoccioli via. E poi, non era Je-
zal quello che scriveva bigliettini. A cosa sarebbe servito
spezzargli il collo? Tanto al mondo ci sarebbero stati sempre
giovani come lui, uomini con la testa vuota.
Dove pensi che ti porter questa cosa, Ardee?
Lei si sedette sulla cassapanca e gli lanci un'occhiataccia
gelida sopra il bordo del bicchiere. Che cosa, fratello?
Lo sai che cosa!
Non siamo una famiglia? Non possiamo essere diretti tra
di noi? Se hai qualcosa da dire, dillo apertamente e basta!
Dove pensi che mi porter?
Direttamente nella merda, se proprio vuoi saperlo! Si
costrinse ad abbassare il tono di voce con grande difficolt.
Questa storia con Luthar andata troppo avanti. Lettere!
Lettere? L'avevo avvertito, ma a quanto pare non era lui il
problema! Ma a che diavolo pensi? Ragioni, oppure no?
Devi troncare prima che la gente cominci a parlare! Sent
una stretta soffocante al petto, fece un respiro profondo, ma
la sua voce sbott lo stesso. La gente parla gi, dannazione!
Questa storia finisce qui, mi senti?
Ti sento, rispose lei con aria di sufficienza, ma a chi
importa cosa dicono gli altri?
A me!, rispose quasi urlando. Lo sai che devo lavorare
come un cane? Credi che sia uno stolto? Tu non sei una
sprovveduta, Ardee! La faccia di lei diventava ogni secondo
pi scura, ma lui continu. E non neanche la prima volta!
Devo forse ricordarti che non sei stata esattamente fortunata
con gli uomini?
Hai ragione, soprattutto con quelli della mia famiglia!
Adesso sedeva diritta come un fuso, pallida di rabbia e tesa.
E che ne sai tu della mia fortuna? Per dieci anni ci siamo a
malapena parlati!
Stiamo parlando adesso!, sbrait West, scagliando il bi-
glietto accartocciato dall'altra parte della stanza. Hai mai
pensato a come potrebbe andare a finire? E se dovessi spo-
sarlo? Hai mai considerato le conseguenze? Credi che la sua
famiglia sarebbe entusiasta della sua timida sposina? Non ti
rivolgerebbero mai la parola, se ti va bene, e se ti va male vi
taglierebbero fuori entrambi! Punt un dito tremante verso
la porta. Non hai notato che Luthar un porco arrogante e
vanitoso? Tutti lo sono! Come pensi che farebbe a campare
senza la sua rendita? Senza i suoi amici dei piani alti, eh?
Non saprebbe da dove cominciare! Come potreste essere fe-
lici insieme? La sua testa era sul punto di spaccarsi a met,
ma continu a strepitare. E che succede se, cosa molto pi
probabile, dovesse abbandonarti? Eh? Saresti finita, ci hai
pensato? Ci sei gi andata vicina una volta! E tu dovresti es-
sere quella sveglia! Stai diventando lo zimbello di tutti! L'i-
ra lo stava quasi strozzando. E anche io, per colpa tua!
Ardee trattenne il fiato. Ah, dunque cos!, grid. A
nessuno frega un cazzo di me, ma se la tua reputazione in
pericolo
Stupida puttana dei cazzo! La caraffa vortic a mezz'a-
ria, infrangendosi sul muro non lontano dalla testa di Ardee e
schizzando frammenti di vetro ovunque, mentre il vino pren-
deva a colare sull'intonaco. Ci lo rese ancora pi furioso.
Perch non mi ascolti, cazzo!
Attravers la stanza in un baleno, tanto che Ardee rimase
esterrefatta per un istante, poi il pugno di lui incontr la fac-
cia della sorella che si stava alzando in piedi. Il corpo non
tocc neanche terra, perch le mani dell'uomo la afferrarono
prima, sollevandola di peso e sbattendola al muro.
Ci distruggerai! La testa di lei colp la parete, una, due,
tre volte. Lui le chiuse le dita attorno alla gola, serr i denti e
il suo corpo la schiacci contro il muro. Si sent un rantolo
quando West cominci a stringere.
Inutile, egoista dannata puttana!
I capelli di Ardee le si erano aggrovigliati sulla faccia, e
lui vedeva soltanto un pezzetto di pelle, l'angolo della bocca,
un occhio scuro che lo fissava, ma privo di dolore e paura.
Vuoto, inespressivo come quello di un cadavere.
Lui stringeva, lei rantolava, lui stringeva ancora.
Sempre di pi
Poi West si riebbe con un sobbalzo nauseato. Le dita si
aprirono all'istante e la mano si ritrasse di scatto. Sua sorella
rimase in piedi contro il muro. Il suo respiro era corto, la
sentiva ansimare. Oppure era lui a farlo? Pareva che la testa
gli si stesse aprendo in due. E quell'occhio che lo fissava an-
cora
Aveva senz'altro immaginato tutto. S, sicuramente. Si sa-
rebbe svegliato dopo qualche secondo e l'incubo sarebbe pas-
sato. Un sogno. Ma poi lei si scost i capelli dalla faccia.
Era cerea, pallida come la morte, e su quel biancore il ri-
volo di sangue che le scendeva dal naso pareva quasi nero. I
segni rossi attorno al collo di sua sorella erano vividi, erano i
segni che le avevano lasciato le sue dita. Era tutto vero, allo-
ra.
Lo stomaco di West si rivolt. Apr bocca ma non riusc a
fiatare, intanto che fissava il sangue sul labbro di lei. Ar-
dee Era talmente disgustato che quasi vomit nel pronun-
ciare il suo nome. Sentiva il sapore della bile in fondo alla
gola, eppure continu a balbettare. Scusa scusa Stai
bene?
Sono stata peggio. Lei sollev una mano lentamente e
si tocc il labbro con la punta di un dito, allora il sangue le
imbratt la bocca.
Ardee Allung una mano verso di lei, ma la ritrasse
immediatamente, nel timore di ci che avrebbe potuto fare.
Perdonami
Lui chiedeva sempre perdono, ricordi? Ci picchiava e
poi piangeva. Gli dispiaceva sempre, ma questo non lo ha
mai fermato e le volte successive era sempre la stessa storia.
Te lo sei dimenticato?
West ebbe un conato e si ricacci nuovamente il vomito in
gola. Se lei avesse pianto o urlato, o se l'avesse preso a pu-
gni, sarebbe stato molto pi semplice per lui, perch poteva
sopportare tutto, ma non questo. Cercava di non pensarci, ma
non se l'era dimenticato. No, sussurr, ricordo.
Pensi che si sia fermato quando sei andato via? No.
peggiorato. L'unica differenza che mi nascondevo da sola.
Sognavo che tu saresti tornato a salvarmi, ma quando tornavi
restavi solo qualche giorno, e le cose tra noi erano cambiate.
Non hai fatto nulla.
Ardee io non sapevo
Oh, sapevi invece, ma sei scappato. Era pi semplice
non fare niente. Fingere. Io lo capisco e, sai, non ti biasimo
nemmeno. Allora mi consolava sapere che almeno tu te n'eri
andato. Il giorno in cui mor fu il pi felice della mia vita.
Era nostro padre
Ah, s. La mia sfortuna. La mia sfortuna con gli uomini.
Al funerale piansi come una figlioletta devota, piansi e piansi
finch gli altri non cominciarono a temere che uscissi di sen-
no. La notte rimasi sveglia nel mio letto in attesa che tutti
dormissero, allora uscii pian piano di casa, tornai alla sua
tomba e rimasi a guardarla per un po' poi ci pisciai sopra!
Mi tirai su la sottoveste, mi accucciai e gli pisciai addosso! E
per tutto il tempo pensavo che non sarei pi stata il cane di
nessuno!
Si pul il sangue dal naso con il dorso della mano. Avre-
sti dovuto vedere quanto ero contenta quando mi hai manda-
to a chiamare! Ho letto la lettera un centinaio di volte, e tutti
quei piccoli sogni patetici che nutrivo hanno ripreso vita.
Speranza, eh? Una fottuta maledizione! Andare a vivere con
mio fratello, il mio protettore Lui si prender cura di me,
mi aiuter, e magari persino io potr avere una vita! Ma ho
scoperto che sei diverso da come ti ricordavo. Cresciuto,
come no. Prima mi ignori, poi mi fai la predica, poi mi pic-
chi e ora ti dispiace. Sei il degno figlio di tuo padre!
West lanci un gemito. Era come se gli stesse ficcando un
ago diritto nella testa, ma si sarebbe meritato di peggio. Ar-
dee aveva ragione a dire che l'aveva abbandonata, ed era suc-
cesso molto prima di quel momento. Mentre lui se ne stava a
giocare con le spade e a leccare culi di persone che lo di-
sprezzavano, lei aveva sofferto per tutto il tempo. Ci sarebbe
voluto solo un piccolo sforzo, ma non era mai riuscito ad af-
frontare la situazione, e il senso di colpa aveva rovinato ogni
minuto trascorso con lei. Un peso opprimente, insopportabi-
le, come un sasso nello stomaco.
Ardee si allontan dal muro. Quasi quasi vado a trovare
Jezal. Sar pure l'idiota pi superficiale di tutta la citt, ma
penso che non alzerebbe mai un dito su di me, non credi?
Lo spinse da parte e si avvi alla porta.
Ardee! La prese per un braccio. Ti prego Ardee
mi dispiace
Lei tir fuori la lingua, la arrotol e gli sput in faccia
sangue e saliva, che colarono densi sul pettorale della sua di-
visa. Questo per le tue scuse, bastardo.
La porta si chiuse davanti a lui con un tonfo.
41.

Ogni uomo venera se stesso

Ferro fiss quel muso rosa con gli occhi socchiusi e lui le
restitu lo sguardo. Lo scambio andava avanti gi da un bel
po', e infatti si erano guardati, se non per tutto il tempo, al-
meno per la maggior parte. Erano brutti tutti, quegli affari
flaccidi e bianchicci, ma lui era un caso a parte.
Era orribile.
Lei sapeva di essere sfregiata, segnata dal sole e dal ven-
to, e logorata dagli anni trascorsi all'aperto, ma la pelle chia-
ra sulla faccia di quel tipo sembrava uno scudo martoriato in
battaglia, tutta piena di bozzi e tagli, ammaccature e cicatrici.
Era sorprendente vedere degli occhi ancora vivi su una fac-
cia cos malridotta, eppure eccoli l, e la fissavano.
Aveva deciso che era pericoloso.
Non era solo grosso, ma anche forte. Brutalmente forte.
Pesava il doppio di lei, forse, e quel collo massiccio era tutto
muscoli. Ferro avvertiva la forza che si irradiava da lui. Pro-
babilmente avrebbe potuto sollevarla con una mano, ma lei
non se ne preoccupava troppo, perch prima avrebbe dovuto
prenderla. La stazza e la forza possono rendere un uomo len-
to.
E lento e pericoloso non vanno d'accordo.
Le cicatrici la impensierivano anche meno. Significava
solo che aveva combattuto un sacco di volte, ma mica che
aveva vinto. Erano altre cose a metterla in allarme, come il
modo in cui stava seduto, immobile ma mai rilassato, pronto,
paziente. Il modo in cui muoveva quegli occhi astuti e atten-
ti, guardando prima lei e poi il resto della stanza, e poi di
nuovo lei; occhi scuri, guardinghi, meditabondi che la soppe-
savano. C'erano grosse vene sui dorsi delle mani, ma le dita
erano lunghe e intelligenti, sporche sotto le unghie. Gli man-
cava un dito, per cui aveva un moncone bianco, e questo non
le piaceva affatto. Puzzava di pericoloso.
Mai avrebbe voluto combattere contro di lui disarmata.
Per aveva consegnato il pugnale a quel muso rosa al
ponte. Era stata sul punto di sgozzarlo, ma all'ultimo mo-
mento aveva cambiato idea perch qualcosa nei suoi occhi le
aveva ricordato Aruf, prima che i Gurkish mettessero la sua
testa su una picca. Triste e sincero, come se la capisse, come
se lei fosse una persona e non una cosa. Sicch, all'ultimo
momento, suo malgrado, aveva consegnato la lama e aveva
permesso a quegli altri di portarla l dentro.
Stupida!
Se ne pentiva adesso, e amaramente, ma avrebbe combat-
tuto con le unghie e coi denti se fosse stata costretta. La gen-
te non si rende conto di quanto il mondo sia pieno di armi:
cose da lanciare o su cui lanciare i nemici, cose da rompere o
usare come mazze, panni da avvoltolare per strangolarli, ter-
riccio con cui accecarli. E in mancanza di tutto questo, gli
avrebbe azzannato la gola. Tir indietro le labbra e gli mo-
str i denti come a dirgli che ne era capace, ma lui non le
diede la bench minima soddisfazione e se ne rimase seduto
l a osservare tutto, silenzioso, immobile, brutto e pericolo-
so.
Musi rosa di merda, sibil tra s e s.
Il tipo secco, invece, non sembrava per niente pericoloso,
malaticcio semmai, con quei capelli lunghi da femmina. Gof-
fo e scattoso, non faceva altro che leccarsi le labbra, e ogni
tanto le lanciava qualche sguardo, ma si girava subito quan-
do lei ricambiava bieca le sue occhiate e deglutiva facendo
muovere il pomo d'Adamo su e gi. Pareva impaurito, perci
non era una minaccia, ma Ferro lo teneva d'occhio lo stesso,
anche se era concentrata soprattutto su quello grosso. Meglio
non trascurarlo, quello.
La vita le aveva insegnato ad aspettarsi sempre delle sor-
prese.
E poi c'era il vecchio. Non si fidava di nessun muso rosa,
ma di quel pelato si fidava meno di tutti. Tante rughe profon-
de sulla faccia, attorno agli occhi e al naso. Rughe di crudel-
t. Ossa dure e pesanti sugli zigomi, grosse mani tozze, con
peli bianchi sui dorsi. Se avesse dovuto ucciderli tutti e tre,
per quanto quello grosso sembrasse pericoloso, decise che
avrebbe ucciso il vecchio per primo, perch aveva gli occhi
di uno schiavista e la guardava freddo dall'alto in basso,
come a stabilire il suo prezzo.
Bastardo.
Bayaz, l'aveva chiamato Yulwei, e pareva che i due vecchi
si conoscessero bene. Allora, fratello, inizi il muso rosa
in lingua kantica, anche se era chiaro che non erano parenti,
come va nel grande Impero di Gurkhul?
Yulwei sospir. Ha preso la corona da un anno soltanto e
gi Uthman ha sbaragliato gli ultimi ribelli e sedato i gover-
natori. Il giovane Imperatore gi pi temuto di quanto lo
fosse suo padre. Uthman-ul-Dosht, lo chiamano i suoi solda-
ti, e ne vanno fieri. Quasi tutta Kanta nella sua morsa. Re-
gna supremo su tutto il Mare Meridionale.
A parte Dagoska.
S, ma guarda a essa con cupidigia. Le sue armate si diri-
gono verso la penisola e le sue spie sono molto attive dietro
le grandi mura della citt. Ora che c' una guerra al Nord,
passer poco tempo prima che decida di porla sotto assedio,
e quando lo far, non penso che Dagoska resister a lungo
contro di lui.
Sei sicuro? L'Unione controlla ancora i mari.
Yulwei si accigli. Abbiamo visto delle navi, fratello.
Enormi e tante. I Gurkish hanno costruito in segreto una flot-
ta molto potente. Devono aver cominciato anni fa, durante
l'ultima guerra. Temo che l'Unione controller i mari ancora
per poco.
Una flotta? Speravo di avere qualche anno in pi per
prepararmi. Il suo tono era cupo. Dovr attuare i miei pia-
ni in fretta.
Ferro s'era stufata di quelle chiacchiere. Era abituata a non
stare mai ferma ed essere sempre un passo avanti agli altri,
quindi odiava starsene l senza fare niente. Se resti troppo a
lungo nello stesso posto i Gurkish ti trovano. Non le interes-
sava diventare qualcosa che quei curiosi porci pallidi potes-
sero studiare. Mentre i due vecchi parlavano all'infinito, si
mise a gironzolare per la stanza, con la fronte aggrottata in
un'espressione minacciosa e i denti serrati attraverso cui ri-
succhiava l'aria. Oscillava le braccia avanti e indietro, pren-
deva a calci le assi logore del pavimento, toccava i tessuti
appesi ai muri e sbirciava dietro di essi, faceva correre le dita
sui bordi dei mobili, schioccava la lingua e sbatteva i denti.
Rendendo nervosi tutti quanti.
Pass accanto all'orribile e grosso muso rosa sulla poltro-
na, abbastanza vicina perch le sue braccia dondolanti toc-
cassero quasi la sua pelle segnata. Giusto per dimostrargli
che a lei non fregava un cazzo n della stazza, n delle cica-
trici, n di nessun'altra cosa. Poi and con andatura impettita
dall'uomo nervoso, quello scheletrico coi capelli lunghi, il
quale deglut quando lei gli si avvicin.
Sssss, gli sibil, al che lui mormor qualcosa e strisci
via, lasciandole libero il posto vicino alla finestra aperta.
Ferro si mise a guardare fuori, di spalle alla stanza. Giusto
per dimostrare agli altri che non gliene fregava un cazzo di
nessuno di loro.
All'esterno c'erano dei giardini con alberi, piante e ampie
macchie di prato, il tutto sistemato ordinatamente. Gruppi di
uomini e donne, pallidi e ciccioni dal primo all'ultimo, poltri-
vano al sole sull'erba ben tagliata, rimpinzandosi di roba da
mangiare. Ogni tanto tracannavano anche qualcosa da bere.
Ferro li osserv con disprezzo: maiali, grassi, brutti, pigri e
senza Dio, perch loro credevano soltanto nelle abbuffate e
nello starsene senza far niente.
Giardini, sogghign.
C'erano giardini anche nel palazzo di Uthman e lei era so-
lita guardarli dalla finestrella della sua stanza, o meglio, del-
la sua cella molto prima che egli diventasse Uthman-ul-Do-
sht, quando era solo il figlio minore dell'Imperatore. Quando
lei era una dei suoi tanti schiavi, ma sua prigioniera. Ferro si
sporse in avanti e sput dalla finestra.
Odiava i giardini.
Odiava le citt in generale, perch erano luoghi di schiavi-
t, paura e degradazione, circondate da mura che erano come
le sbarre di una prigione. Prima se ne sarebbe andata da quel
posto maledetto e prima sarebbe stata contenta. O almeno un
po' meno infelice. Si tolse dalla finestra e aggrott di nuovo
la fronte. Tutti la stavano guardando.
Quello di nome Bayaz parl per primo. Hai scoperto una
cosa davvero stupefacente, fratello. Non passa certo inosser-
vata, eh? Sei sicuro che lei sia quello che cerco?
Yulwei la fiss per un po'. Non potrei esserlo di pi.
Guardate che io sono qui, disse loro con un ringhio, ma
il porco pelato continu a parlare come se lei non ci fosse.
Sente dolore?
Poco. Ha lottato contro un Mangiatore durante il viag-
gio.
Davvero? Bayaz ridacchi a bassa voce. L'ha ferita
gravemente?
S, ma nel giro di due giorni gi poteva camminare e una
settimana dopo era guarita. Ora non mostra neanche un graf-
fio. Non normale.
Abbiamo visto molte cose non normali ai nostri tempi.
Dobbiamo esserne sicuri. L'uomo senza capelli si infil una
mano in tasca e Ferro lo osserv sospettosa mentre tirava
fuori qualcosa stretto nel pugno e lo posava sul tavolo: due
sassi lisci e levigati.
Il vecchio si pieg in avanti. Dimmi, Ferro, qual la pie-
tra blu?
Lei gli lanci un'occhiata dura e poi si concentr sui sassi,
ma sembravano identici. Tutti la guardavano, tutta l'attenzio-
ne era rivolta a lei, cos digrign i denti.
Quella. Indic il sasso sulla sinistra.
Bayaz sorrise. esattamente la risposta che speravo.
Ferro scroll le spalle. Che fortuna, pens, aver azzeccato
quella giusta. Ma poi not l'espressione sulla faccia del gros-
so maiale pallido, che fissava concentrato le due pietre come
se ci fosse qualcosa che non comprendeva.
Sono entrambe rosse, disse Bayaz. Non vedi nessun
colore, vero, Ferro?
Cos il pelato gli aveva giocato un brutto tiro. Non sapeva
come aveva fatto a dare la risposta giusta, ma era sicura che
non le era piaciuto per niente. Nessuno mette alla prova Fer-
ro Maljinn. Perci scoppi in una risata che pareva pi un
gorgoglio, tanto era brutta, rozza e innaturale.
Poi si lanci oltre il tavolo.
L'espressione di sorpresa cominciava appena a formarsi
sul muso del vecchio quando il pugno di Ferro gli colp il
naso. L'uomo emise un grugnito e si gett all'indietro, facen-
do rovesciare la sedia e finendo a gambe all'aria per terra.
Lei sal sul tavolo per avventarsi su di lui, ma Yulwei le af-
ferr una gamba e la trattenne, quindi le sue mani tese non
riuscirono a ghermire il collo del bastardo. Per rovesci il
tavolo, e i due sassi scivolarono lontano lungo le assi del pa-
vimento.
Riusc dunque a liberarsi la gamba e si lanci di nuovo
contro il vecchio porco, che proprio allora stava cercando di
rialzarsi da terra, ma Yulwei le prese un braccio per trattener-
la ancora, urlando per tutto il tempo "Calma!". Il vecchio si
prese una gomitata in faccia per essersi disturbato, dopo di
che si afflosci contro il muro, con Ferro che gli cadde sopra.
La ragazza si alz immediatamente, pronta a scagliarsi di
nuovo contro il bastardo pelato.
Per adesso quello grosso s'era alzato in piedi e le veniva
incontro senza mai staccarle gli occhi di dosso. Ferro gli sor-
rise, i pugni stretti lungo i fianchi. Ora avrebbe visto quanto
era pericoloso in realt.
Lui fece un passo avanti.
Ma Bayaz allung un braccio per fermarlo. Teneva l'altra
mano premuta sul naso, nel tentativo di fermare il sangue, e
all'improvviso cominci a ridacchiare.
Molto bene! Tossicchi. Molto feroce, e anche danna-
tamente rapida. Sei senz'altro tu quella che cerchiamo! Spero
che accetterai le mie scuse, Ferro.
Cosa?
Per le mie pessime maniere. Si pul il sangue dal labbro
superiore. Me lo sono meritato, ma dovevo esserne sicuro.
Mi spiace. Mi perdoni? Sembrava un po' diverso adesso,
anche se nulla era cambiato, ma c'era in lui qualcosa di ami-
chevole, cortese, onesto. E dispiaciuto. Tuttavia ci voleva
ben altro per conquistare la sua fiducia. Tanto altro.
Vedremo, sibil.
Non chiedo di meglio. A parte pregarti di lasciare me e
Yulwei a discutere qualche faccenda che meglio trattare
in privato.
Va tutto bene, Ferro, intervenne Yulwei, questi sono
amici. Lei era dannatamente sicura che non erano amici
suoi, ma permise comunque al vecchio di condurla fuori dal-
la stanza, dietro i due musi rosa. Cerca di non ammazzarli,
per cortesia.
La camera nuova era in tutto simile all'altra. Dovevano
essere ricchi, quei porci, pure se a vederli non si sarebbe det-
to. C'erano un grosso caminetto fatto di una pietra scura con
delle venature pi chiare, cuscini e tessuti soffici attorno alla
finestra, ricoperti di minuscoli fiori e uccelli ricamati. E poi
c'era il ritratto di un uomo severo con una corona in testa,
che guardava Ferro dal muro con aria di riprovazione. Lei lo
guard allo stesso modo. Lusso.
Ferro odiava il lusso anche pi dei giardini.
Ti imprigiona quanto le sbarre di una gabbia, i morbidi di-
vani sono letali come un'arma. A lei servivano solo terreno
duro e acqua gelata. Le cose molli ti rendono floscio, e quel-
la era l'ultima cosa che lei voleva.
Nella stanza c'era un altro uomo, che aspettava cammi-
nando in cerchio con le mani intrecciate dietro la schiena,
come se non sopportasse di rimanere fermo troppo a lungo.
Non era proprio un muso rosa, perch la tonalit della sua
pelle dura era a met tra il colore loro e quello di Ferro. Ave-
va la testa rasata come quella di un sacerdote, e ci non le
piacque.
Perch odiava i sacerdoti pi di ogni altra cosa.
Bench Ferro gli indirizzasse ghigni malefici, l'uomo si il-
lumin quando la vide e le corse incontro. Era un tipetto stra-
no con indosso cenciosi abiti da viaggio, e la sua testa le arri-
vava appena all'altezza della bocca. Io sono Fratel Piede-
lungo, disse agitando le mani in modo frenetico, del gran-
de Ordine dei Navigatori.
Fortunato tu. Ferro si gir di lato, con le orecchie tese
per origliare ci che i due vecchi si stavano dicendo al di l
della porta, ma Piedelungo non demorse.
una vera fortuna, s! Eccome se lo ! Dio mi ha davve-
ro benedetto! Ve lo assicuro: mai nella storia esistito un
uomo pi adatto alla sua professione, o una professione a un
uomo, di quanto io, Fratello Piedelungo, sia adatto alla nobi-
le scienza della Navigazione! Dalle montagne innevate del
lontano Nord, alle sabbie inondate di calore dell'estremo
Sud, tutto il mondo casa mia! Precisamente!
Le sorrise con una fastidiosa aria compiaciuta, ma Ferro
lo ignor. I due musi rosa, quello grosso e quello secco,
chiacchieravano dall'altra parte della stanza in una lingua che
non comprendeva. Sembravano due maiali che grufolavano.
Parlavano di lei forse, ma non le importava, poi uscirono da
un'altra porta e la lasciarono sola con il sacerdote, che non
smetteva di biascicare.
Poche sono le nazioni del Circolo del Mondo che io,
Fratel Piedelungo, non abbia visitato, eppure non riesco a ca-
pire le vostre origini. Attese una risposta, che Ferro non gli
diede. Volete che indovini, allora? Beh, un vero rompica-
po. Vediamo i vostri occhi hanno la forma delle genti della
lontana Suljuk, dove le montagne nere si ergono a picco sul
mare scintillante, gi, proprio cos, ma la vostra pelle
Chiudi il becco, stronzetto.
L'uomo si zitt a met frase, diede un colpo di tosse e si
allontan, lasciando Ferro a occuparsi delle voci oltre la por-
ta. Lei sorrise tra s e s. Il legno era spesso e i suoni giunge-
vano attutiti, ma i due vecchi non avevano calcolato quanto
le sue orecchie fossero fini. Parlavano ancora in kantico, e
ora che quell'idiota di un Navigatore finalmente taceva, lei
pot distinguere ogni parola di Yulwei.
Khalul infrange la Seconda Legge e quindi tu devi in-
frangere la Prima? Non mi piace, Bayaz! Juvens non lo
avrebbe mai permesso! Ferro aggrott la fronte. La voce di
Yulwei aveva una strana sfumatura, come di paura. La Se-
conda Legge. Ne aveva parlato anche ai Mangiatori, ricord
Ferro. proibito mangiare la carne degli uomini.
Dopo sent la risposta di quello pelato. La Prima Legge
un paradosso. Tutta la magia proviene dall'Aldil, persino la
nostra. Ogni volta che modifichi una cosa tocchi il mondo
sotterraneo, per ogni azione che compi prendi in prestito la
magia dall'Aldil, e ci comporta sempre un costo.
Ma il costo stavolta potrebbe essere troppo elevato!
maledetto, questo Seme, dannato. Nulla pu germogliare
da esso se non il caos! I figli di Euz, cos saggio e potente,
sono stati spazzati via per colpa del Seme, tutti quanti, e tutti
in modi diversi. Ti ritieni pi saggio di Juvens, Bayaz? Ti ri-
tieni pi astuto di Kanedias? Pi forte di Glustrod?
Niente di tutto ci, fratello, ma dimmi quanti Mangia-
tori ha creato Khalul?
Una lunga pausa. Non saprei con esattezza.
Quanti?
Un'altra pausa. Forse duecento, forse di pi. I sacerdoti
pattugliano il Sud in cerca di gente adatta. Li crea con velo-
cit sempre maggiore, ma gran parte di loro giovane e de-
bole.
Duecento o anche pi, e in continuo aumento. Molti
sono deboli, ma tra di loro potrebbe esserci qualcuno in gra-
do di affrontare te o me. Coloro che erano apprendisti di
Khalul nell'Epoca Antica, quello che chiamano Vento dell'Est
e quelle maledette, dannatissime gemelle.
Accidenti a quelle cagne!, grugn Yulwei.
Per non parlare di Mamun, le cui menzogne hanno dato
luogo a questo caos.
Ma il problema aveva gi messo radici profonde molto
prima che lui nascesse, e tu lo sai, Bayaz. Mamun si trovava
nelle Terre Arse. L'ho sentito vicino, e la sua forza cresciu-
ta in modo spaventoso.
Quindi sai che ho ragione. E nel frattempo, quelli come
noi sono sempre meno.
Credevo che questo Quai promettesse bene.
S, allora ci servono soltanto altri cento come lui e ven-
t'anni per addestrarli. Poi si potrebbe fare un confronto. No,
fratello, no. Dobbiamo rispondere al fuoco col fuoco.
Anche se il fuoco ridurr te e l'intero mondo in cenere?
Lascia che mi rechi a Sarkant. Khalul potrebbe ancora senti-
re ragioni
Una risata. Ha reso schiavo mezzo mondo! Quando ti
sveglierai, Yulwei? Quando avr schiavizzato anche l'altra
met? Non posso permettermi di perderti, fratello!
Ricorda, Bayaz, che esistono cose peggiori di Khalul.
Molto peggiori. La sua voce si affievol in un sussurro e
Ferro tese le orecchie per sentire. I Rivelatori di Segreti
sono sempre in ascolto
Basta, Yulwei! meglio non pensarci neanche! Ferro
aggrott le sopracciglia. Cos'erano tutte queste sciocchezze
senza senso? Rivelatori di Segreti? Quali segreti?
Ricorda ci che ti disse Juvens, Bayaz. Attento all'orgo-
glio. Hai usato l'Arte, lo so. Vedo un'ombra su di te.
Al diavolo le tue ombre! Far quel che devo! Ricorda
ci che Juvens disse a te, Yulwei. Non si pu vegliare in eter-
no. Il tempo fugge e io non ho pi intenzione di stare a guar-
dare. Io sono il Primo. La decisione mia.
Non ho forse sempre seguito ogni tuo passo? Sempre,
anche quando la mia coscienza mi suggeriva di fare altri-
menti?
E ti ho mai condotto su un sentiero sbagliato?
Questo da vedere. Tu sei il Primo, Bayaz, ma non sei
Juvens. mio compito contestarti e Zacharus far altrettanto.
A lui piacer meno che a me. Molto meno.
Ma non abbiamo scelta.
Altri pagheranno il prezzo, come sempre stato. Questo
Uomo del Nord, Novedita, sa parlare con gli spiriti?
S. Ferr si accigli. Spiriti? Quel monco di un maiale,
a vederlo, a stento sapeva parlare con un altro uomo.
E se trovi il Seme, fece la voce di Yulwei da oltre la
porta, vuoi che Ferro lo custodisca?
Il sangue ce l'ha, e qualcuno deve farlo.
Sta' attento, allora, Bayaz. Ricorda, io so come sei. Pochi
ti conoscono meglio di me. Dammi la tua parola che la terrai
al sicuro, anche dopo che il tuo scopo sar raggiunto.
La sorveglier da vicino, pi che se fosse figlia mia.
Sorvegliala meglio di quanto hai fatto con la figlia del
Creatore e io mi riterr soddisfatto.
Segu un lungo silenzio. Ferro mosse la mascella mentre
ponderava su ci che aveva sentito. Juvens, Kanedias, Za-
charus, erano nomi che non significavano nulla per lei. E
quale seme avrebbe potuto ridurre tutto il mondo in cenere?
Lei non ne voleva sapere niente, poco ma sicuro. Il suo posto
era a Sud, a combattere i Gurkish con armi che comprende-
va.
La porta si apr e i due vecchi uscirono. Non avrebbero
potuto essere pi diversi tra loro: uno era scuro di pelle, alto
e ossuto e con capelli lunghi, l'altro era bianco, massiccio e
calvo. Li guard entrambi con diffidenza. Quello bianco par-
l per primo.
Ferro, ho un'offerta per
Non ci vengo con te, vecchio stupido muso rosa.
Una lievissima ombra di disappunto pass per un attimo
sulla faccia dell'uomo calvo, ma scomparve subito. Perch?
Che altro hai da fare di tanto importante?
Non dovette neanche pensarci su. Vendetta. La sua pa-
rola preferita.
Ah, capisco. Odii i Gurkish?
S.
Sono in debito con te, per ci che ti hanno fatto?
S.
Per averti portato via la tua famiglia, la tua gente, il tuo
Paese?
S.
Per averti reso una schiava, sussurr. Allora lei lo guar-
d malamente, chiedendosi come facesse a conoscere cos
tanti dettagli e se non dovesse aggredirlo di nuovo. Ti han-
no derubata, Ferro, di tutto ci che possedevi. Si sono presi
la tua vita. Se fossi in te se avessi sofferto quanto hai sof-
ferto tu tutto il sangue del Sud non potrebbe placarmi. Do-
vrei uccidere ogni singolo soldato Gurkish per ritenermi sod-
disfatto, dovrei bruciare ogni loro citt, vedere il loro Impe-
ratore marcire in una gabbia davanti al suo stesso palazzo,
prima di ritenermi soddisfatto!
S!, sibil con un sorriso feroce. Ora s che parlavano la
stessa lingua. Yulwei non le aveva mai detto queste cose.
Forse il vecchio muso slavato non era poi tanto male. Tu
capisci! per questo che devo tornare a Sud!
No, Ferro. Tocc all'uomo calvo sorridere adesso. Non
ti rendi conto dell'opportunit che ti sto offrendo. L'Impera-
tore regna su Kanta solo in apparenza. Per quanto sembri po-
tente, balla la musica di un altro, uno ben nascosto. Kahlul,
lo chiamano.
Il Profeta.
Bayaz annu. Se ti tagliano, detesti il coltello o colui che
lo impugna? L'Imperatore, i Gurkish, sono solo strumenti di
Khalul, Ferro. Gli imperatori vanno e vengono, ma il Profeta
c' sempre, ed dietro di loro. Sussurra, consiglia, ordina.
con lui che hai un conto in sospeso.
Khalul s. I Mangiatori avevano usato quel nome.
Khalul. Il Profeta. Il Palazzo dell'Imperatore era pieno di sa-
cerdoti, tutti lo sapevano, cos come i palazzi dei governato-
ri. I sacerdoti erano ovunque, a sciami, come insetti. Nelle
citt, nei villaggi, tra i soldati, sempre a spargere le loro
menzogne, a sussurrare, a consigliare, a ordinare. Yulwei
aveva un broncio infelice sulla faccia, ma Ferro sapeva che il
vecchio muso rosa aveva ragione. S, capisco.
Aiutami e ti dar la tua vendetta, Ferro. Quella vera.
Non la morte di un soldato, o di dieci, ma di migliaia! E ma-
gari anche dell'Imperatore stesso, chi lo sa? Scroll le spalle
e si gir un poco. Comunque, non posso costringerti. Torna
alle Terre Arse, se lo desideri. Nasconditi, scappa, rovista
nella sabbia come un topo, se questo ci che ti soddisfa. Se
questa tutta la vendetta che cerchi. I Mangiatori, i figli di
Khalul, ti vanno cercando, e senza di noi ti prenderanno pri-
ma di quanto pensi. Ciononostante, la scelta tua.
Ferro aggrott la fronte. Tutti quegli anni nella natura sel-
vaggia, a combattere con le unghie e coi denti, sempre in
fuga, non l'avevano portata a niente. Nessuna vendetta che
fosse degna di essere chiamata tale. Se non fosse stato per
Yulwei, adesso sarebbe morta. Un mucchio d'ossa bianche
nel deserto, carne nei ventri dei Mangiatori. Una schiava in
una gabbia davanti al Palazzo dell'Imperatore.
Putrefatta.
Non poteva dire di no e lo sapeva, ma non le piaceva per
niente. Quel vecchio sapeva esattamente che cosa offrirle e
Ferro odiava non avere scelta.
Ci penser, disse tuttavia.
Di nuovo, un leggerissimo accenno di rabbia subito dissi-
mulata adombr la faccia del vecchio senza capelli. Pensaci
pure, ma non metterci troppo. I soldati dell'Imperatore si
stanno ammassando e il tempo poco. Detto questo, segu
gli altri fuori dalla stanza e la lasci sola con Yulwei.
Non mi piacciono questi maiali, disse ad alta voce, per
farsi sentire dal vecchio appena uscito in corridoio, ma poi
aggiunse abbassando il tono: Dobbiamo andare con loro?
Tu devi. Io me ne torno al Sud.
Cosa?
Qualcuno deve tenere d'occhio i Gurkish.
No!
Yulwei cominci a ridere. Hai provato due volte a ucci-
dermi, una volta a scappare, ma ora che me ne vado vuoi che
resti? Non c' modo di capirti, Ferro.
Lei si accigli. Questo pelato dice che pu darmi la mia
vendetta. Mente?
No.
Allora devo andare con lui.
Lo so. Perci ti ho portato qui.
Non sapeva che dire. Abbass lo sguardo, ma Yulwei la
sorprese avvicinandosi all'improvviso. Ferro sollev una
mano per parare un colpo, invece lui le mise le braccia attor-
no al corpo e la strinse in un abbraccio. Strana sensazione,
essere cos vicini a qualcun altro. Sentiva calore. Poi Yulwei
la lasci, ma le pos una mano sulla spalla. Cammina sul
sentiero di Dio, Ferro Maljinn.
Mh. Qui non ce l'hanno un Dio.
Ne hanno molti, piuttosto.
Molti?
Non hai notato? Qui ogni uomo venera se stesso. Lei
annu poich era pi o meno la verit. Sii prudente, Ferro. E
presta ascolto a Bayaz. Lui il primo del mio ordine e pochi
al mondo sono saggi quanto lui.
Non mi fido.
Yulwei le si avvicin all'orecchio. Non ho mica detto che
devi fidarti. Dunque sorrise e si volt. Ferro lo osserv
camminare lentamente fino alla porta, poi fuori in corridoio,
ascolt i suoi piedi scalpicciare sulle mattonelle mentre se ne
andava, i suoi bracciali tintinnare dolcemente.
Finch non rimase sola con il lusso, coi giardini e coi
musi rosa.
42.

Vecchi amici

Qualcuno buss violentemente alla porta. Glokta alz la


testa di scatto e il suo occhio sinistro prese a fremere. Chi
diavolo viene a bussare a quest'ora? Gelo? Severard? O
qualcun altro? Il Superiore Goyle, magari, che venuto a
trovarmi in compagnia dei suoi fenomeni da baraccone?
possibile che l'Arcilettore si sia gi stancato del suo giocat-
tolo zoppo? Non si pu certo dire che il banchetto sia anda-
to come previsto, e Sua Eminenza non un tipo che perdona
facilmente. Corpo galleggiante rinvenuto al molo
I colpi si ripeterono, forti, sicuri. Del tipo che pretende
immediata risposta, prima che la porta venga buttata gi.
Arrivo!, grid, mentre con gambe malferme si tirava in
piedi da dietro il tavolo, la voce un po' incrinata per lo sfor-
zo. Arrivo subito! Afferr il bastone e giunse zoppicando
alla porta d'ingresso, davanti alla quale fece un respiro pro-
fondo prima di armeggiare con il chiavistello.
Non era Gelo, n Severard, e non era neanche Goyle o
uno dei suoi bizzarri Pratici. Si trattava di qualcuno che pro-
prio non si aspettava di vedere, e infatti sollev un sopracci-
glio, appoggiandosi allo stipite della porta. Maggiore West.
Che sorpresa.
Talvolta, quando due vecchi amici si rincontrano, le cose
tornano subito com'erano tanti anni prima; l'amicizia ripren-
de spontaneamente, intatta, come se non avesse mai subito
interruzioni. Talvolta, ma non oggi. Inquisitore Glokta,
mormor West goffo e imbarazzato, non senza una certa esi-
tazione. Mi spiace disturbarvi a un'ora cos tarda.
Non ditelo neanche per scherzo, rispose Glokta con ge-
lida formalit.
Il Maggiore fece quasi una smorfia. Posso entrare?
Ma certo. Glokta chiuse l'uscio dietro di s, poi segui
West in sala da pranzo, zoppicando. Il Maggiore si sedette su
una delle sedie, lui ne occup un'altra, e cos rimasero per un
po', l'uno di fronte all'altro, senza parlare. Ma che diavolo
vuole a quest'ora, o a qualsiasi altra ora? Glokta scrut il
viso del suo vecchio amico al bagliore del focolare e dell'uni-
ca guizzante candela. Ora che poteva vederlo chiaramente, si
rese conto di quanto fosse cambiato. Sembra vecchio. I suoi
capelli stavano retrocedendo sulle tempie, gi ingrigiti attor-
no alle orecchie, e il suo viso era pallido, teso, vagamente
scavato. preoccupato. A terra, sull'orlo del baratro. West
si guard attorno in quella stanza misera, con il suo misero
fuoco e i suoi miseri mobili, poi con cautela alz lo sguardo
su Glokta, solo per riabbassarlo un istante dopo. Era nervoso
come se qualcosa lo stesse tormentando. a disagio. E fa
bene.
Non sembrava pronto a rompere il silenzio, cos Glokta lo
fece al posto suo. Allora, quanto tempo passato, eh? A
parte quella notte in citt quella non possiamo contarla,
no?
Il ricordo di quello sfortunato incontro aleggi per un mo-
mento su di loro come una scorreggia, dopo di che West si
schiar la gola. Nove anni.
Nove anni. Ma pensate. Da quel giorno sul promontorio;
voi e io, due vecchi amici che guardavano il fiume pi in
basso, il ponte e tutti quei Gurkish dall'altra parte. Sembra
passata una vita intera, vero? Nove anni. Ricordo come mi
imploraste di non scendere laggi, ma io non volli saperne.
Che stolto ero, eh? Credevo di essere la nostra unica speran-
za, credevo di essere invincibile.
Ci salvaste tutti quel giorno. Tutto l'esercito.
Ah s? Magnifico. Credo che se fossi morto su quel pon-
te, adesso ci sarebbero statue con le mie sembianze ovunque.
un vero peccato che sia sopravvissuto. Un vero peccato per
tutti.
West fece una smorfia e si mosse sulla sedia, sempre pi a
disagio. Vi cercai, dopo, mormor.
Mi cercasti? Com' fottutamente nobile da parte tua! Sei
proprio un vero amico. Ma non serv a un bel niente quando
fui trascinato in agonia, con la gamba ridotta a un trito di
carne. E quello fu solo l'inizio. Non siete venuto a parlare
dei vecchi tempi, West.
No no, infatti. Sono qui per mia sorella.
Glokta fece una pausa, visto che quella risposta proprio
non se l'aspettava. Ardee?
Ardee, s. Presto partir per l'Angland e speravo che
magari voi poteste tenerla d'occhio per me mentre sono via.
Per un istante, gli occhi di West si alzarono nervosi su di lui.
Tu sei sempre stato bravo con le donne Sand. Glokta
fece una smorfia udendo il proprio nome. Nessuno lo chia-
mava pi cos. Nessuno a parte mia madre. Ci sapevi parla-
re. Ricordi quelle tre sorelle? Come si chiamavano? Le avevi
tutte ai tuoi piedi. West sorrise, ma Glokta non pot.
Ricordava, s, ma i ricordi ormai erano sbiaditi, fiochi e
incolori. I ricordi di un altro uomo. Di un morto. La mia vita
iniziata a Gurkhul, nelle prigioni dell'Imperatore. Da quel
momento in poi, i miei ricordi sono molto pi reali. Al mio
ritorno rimasi abbandonato nel letto come un cadavere, nel
buio pi completo, ad aspettare amici che non vennero mai.
Guard West, e seppe che la sua occhiata era terribilmente
fredda. Credi di potermi conquistare con quella faccia one-
sta e le belle chiacchiere sui vecchi tempi? Come un cane
scappato di casa, che alla fine torna fedelmente dal suo pa-
drone? No, non mi faccio abbindolare. Tu puzzi, West. Puzzi
di tradimento. Almeno questo ricordo ancora ce l'ho.
Glokta si appoggi lentamente sullo schienale. Sand dan
Glokta, mormor, come se stesse ricordando un nome che
non sentiva pi da tanto. Che ne stato di lui, eh, West?
Sai, quel tuo amico, quel giovane cos brillante, bello, fiero e
impavido? Quello che ci sapeva fare con le donne? Quello
amato e rispettato da tutti, destinato a grandi cose? Che fine
ha fatto?
West lo fiss con aria sgomenta e insicura, ma non disse
nulla.
Glokta si pieg verso di lui, con le mani aperte sul tavolo,
ritraendo le labbra per mostrare la sua bocca devastata.
Morto! morto sul ponte! E cosa rimane di lui? Una dan-
nata carcassa che porta il suo nome! Un'inquietante ombra
che zoppica! Un fantasma storpio, che resta aggrappato alla
vita come l'odore di piscio resta aggrappato a un vagabondo!
Non ha amici, questo disgustoso avanzo di merda, e non ne
vuole avere! Vattene, West! Torna da Varuz e da Luthar, e da
tutti quei bastardi con la testa vuota! Qui non c' nessuno che
conosci! Le sue labbra bagnate di sputo tremarono per la re-
pulsione, ma non sapeva chi lo disgustasse di pi, se West o
se stesso.
Il Maggiore sbatt le palpebre, i muscoli della sua mascel-
la si mossero, ma non parl. Poi si alz in piedi, tremando.
Mi spiace, disse gi di spalle.
Dimmi una cosa!, grid Glokta, e l'altro si ferm all'i-
stante davanti alla porta. Tutti gli altri, loro mi sono rimasti
vicini fintanto che gli servivo, fintanto che ero qualcuno. Ma
questo l'ho sempre saputo. Non sono rimasto sorpreso che
non volessero pi saperne niente di me al mio ritorno. Ma tu,
West, pensavo che fossi un amico migliore, un uomo miglio-
re. Pensavo che almeno tu, e tu soltanto, saresti venuto a tro-
varmi. Scroll le spalle. Ma suppongo che mi sbagliassi
sul tuo conto. Glokta si gir dall'altra parte, rivolgendo il
viso accigliato verso il fuoco, in attesa di sentire la porta di
casa che si chiudeva.
Non te l'ha detto?
Glokta lo guard. Chi?
Tua madre.
Sbuff. Mia madre? Dirmi che?
Che sono venuto. Due volte. Non appena seppi che eri
tornato. Lei mi sbatt fuori dai cancelli della vostra tenuta.
Disse che eri troppo malato per ricevere visite, e che, in ogni
caso, non volevi avere pi niente a che fare n con l'esercito,
n con me in particolare. Tornai qualche mese dopo, perch
pensavo di dovertelo, ma quella volta fu un servo a mandar-
mi via. Tempo dopo seppi che eri entrato nell'Inquisizione e
che eri partito per l'Angland. Cos ti dimenticai e poi ci
siamo rincontrati quella notte in citt La voce di West
si spezz.
Ci volle un po' perch Glokta comprendesse la portata di
quelle parole, ma quando lo fece si rese conto di essere rima-
sto a bocca aperta. Cos semplice. Nessuna cospirazione,
nessuna ragnatela di menzogne. Voleva quasi ridere per la
stupidit della cosa. Mia madre l'ha sbattuto fuori dai can-
celli e a me non mai venuto il dubbio che mi stessi sba-
gliando su di lui. Lei ha sempre odiato West. Un amico estre-
mamente inadeguato, molto al di sotto del suo adoratissimo
figlio. Senza dubbio incolp lui per quello che mi era suc-
cesso. Avrei dovuto immaginarlo, ma ero troppo occupato a
crogiolarmi nel dolore e nell'amarezza. Troppo occupato ad
essere tragico. Inghiott. Venisti a trovarmi?
West scroll le spalle. Per quel che vale.
Beh. Che possiamo fare, a parte cercare di migliorare?
Glokta chiuse un attimo gli occhi e fece un respiro profondo.
Io ehm mi dispiace. Dimentica ci che ho detto, se
puoi. Ti prego. Siediti. Mi stavi dicendo qualcosa in merito a
tua sorella.
S. S. Mia sorella. West torn alla sedia con andatura
incerta, gli occhi fissi al pavimento e il volto di nuovo ani-
mato da un'espressione preoccupata e colpevole. Presto par-
tiremo per l'Angland e non so quando torner o se
torner Lei non avr amici qui in citt e, beh Mi pare
che tu l'abbia incontrata una volta, quando sei venuto a casa
nostra.
S, certo, ma l'ho vista anche molto pi recentemente, in
realt.
Davvero?
S. In compagnia del nostro comune amico, il Capitano
Luthar.
West divenne, se possibile, ancora pi pallido. C' dell'al-
tro che non mi sta dicendo. Ma Glokta non se la sent ancora
di impicciarsi degli affari del suo unico amico, non cos pre-
sto, perch il loro rapporto era appena rinato, dunque tacque,
e dopo un po' il Maggiore riprese a parlare.
La vita stata difficile per lei. Io avrei potuto fare
qualcosa. Avrei dovuto. Fiss il tavolo con aria infelice, poi
uno spasmo gli distorse i lineamenti del viso. Lo conosco
bene, quello. uno dei miei preferiti. Disprezzo nei confron-
ti di se stessi. Ma ho scelto di dare precedenza ad altre cose
e ho fatto del mio meglio per dimenticare, fingendo che tutto
andasse bene. Lei ha sofferto e la colpa mia. Toss, deglut
con difficolt, poi le labbra cominciarono a tremargli e si co-
pr la faccia con le mani. colpa mia se dovesse accader-
le qualcosa Le sue spalle presero a sussultare in silenzio,
cos Glokta sollev le sopracciglia sorpreso, anche se era
abituato a vedere la gente piangere in sua presenza. Ma di
solito devo mostrargli i miei strumenti prima.
Andiamo, Collem, questo non da te. Si protese lenta-
mente sul tavolo, ritraendo un po' la mano all'inizio, per poi
dare delle pacche goffe sulla spalla del suo amico scosso dai
singhiozzi. Hai commesso degli errori, ma chi non sbaglia?
Il passato passato, e non si cambia. L'unica cosa che si pu
fare cercare di migliorare, non pensi? Cosa? Sono io che
parlo? L'Inquisitore Glokta, che consola gli afflitti? Ma West
sembr calmarsi. Alz la testa, si pul il naso umido e guard
Glokta con occhi lacrimanti e speranzosi.
Hai ragione, hai ragione, certo. Devo riparare ai miei
sbagli. Devo! Mi aiuterai, Sand? La terrai d'occhio, quando
me ne sar andato?
Far tutto il possibile per lei, Collem, puoi fidarti di me.
Una volta ero fiero di dichiararmi tuo amico e lo sarei an-
cora. Strano, ma Glokta sent quasi una lacrima bagnargli
l'occhio. Io? possibile? L'Inquisitore Glokta, un amico fi-
dato? L'Inquisitore Glokta, un protettore di fanciulle vulne-
rabili? Quasi scoppi a ridere all'idea, eppure era cos. Non
avrebbe mai pensato di avere bisogno di un amico, ma era
bello averne di nuovo uno.
Hollit, disse Glokta.
Come?
Quelle tre sorelle, si chiamavano Hollit. Ridacchi,
mentre il ricordo gli giungeva un poco pi chiaro di prima.
Adoravano la scherma. Ne andavano matte! Credo avesse
qualcosa a che fare con il sudore, se non sbaglio.
S, fu proprio allora che decisi di dedicarmi alla scherma
anch'io! West scoppi a ridere, poi distorse tutta la faccia
nel tentativo di ricordare qualcosa. Come si chiamava il no-
stro quartier-mastro? Gli piaceva la pi piccola, era fuori di
s per la gelosia. Ma come diavolo si chiamava? Quello
grasso.
Glokta non ebbe alcuna difficolt a ricordarlo. Rews. Sa-
lem Rews.
Rews, ecco! Mi ero proprio dimenticato di lui. Rews!
Sapeva raccontare storie come nessun altro, quello l. Passa-
vamo la notte in piedi ad ascoltarlo, tutti a rotolarci dalle ri-
sate! Che ne stato di lui?
Glokta fece una pausa. Penso che abbia lasciato l'eserci-
to per diventare un mercante di non so cosa. Agit la
mano con un gesto vago. Ho sentito che si trasferito a
Nord.
43.

Tornato alla terra

Carleon non era per niente come Mastino se la ricordava,


anche perch se la ricordava pi che altro in fiamme. Diffici-
le dimenticare immagini del genere: tetti che crollavano, fi-
nestre in frantumi, orde di soldati ovunque, completamente
ebbri di dolore e vittoria - beh, anche di roba da bere -, impe-
gnati a razziare, a uccidere, ad appiccare incendi e a fare tut-
te le cose spiacevoli che si fanno in quei casi. Le donne stril-
lavano, gli uomini gridavano, puzzolenti di fumo e di paura.
Un saccheggio, insomma, con lui e Logen al centro degli
eventi.
Dopo aver spento gli incendi, Bethod si impossess della
citt e ci and a vivere, cominciando a ricostruirla. Non ave-
va tirato su molti edifici quando esili Logen, Mastino e gli
altri, ma da quel momento in poi doveva aver costruito in-
cessantemente. Era grossa il doppio, anche pi di com'era
prima che venisse bruciata, copriva tutta la collina e il pen-
dio, fino al fiume. Pi grande di Uffrith. Pi grande di tutte
le citt che Mastino aveva visto fino ad allora. Da dove si
trovava lui, in alto tra gli alberi, dall'altra parte della vallata,
non si vedevano le persone, ma sicuramente l dentro era
zeppo di gente. Tre strade nuove conducevano fuori dal por-
tale e c'erano due enormi ponti nuovi. Ovunque sorgevano
edifici giganteschi appena costruiti dove prima ce n'erano
stati di piccoli, si levavano in gran numero ed erano fatti pre-
valentemente di pietra, con tetti d'ardesia e vetri su alcune fi-
nestre.
Si sono dati da fare, comment Tretronchi.
Le mura sono nuove, not il Cupo.
E tante, aggiunse Mastino. Perch infatti circondavano
tutta la citt: ce n'era uno bello spesso all'esterno, con vere e
proprie torri, fossato e tutto il resto, mentre un altro ancora
pi grande cingeva la sommit della collina, dove prima c'era
stato il Palazzo di Skarling. Una cosa immensa. Mastino si
chiese dove avessero preso tutte le rocce per costruirlo. il
muro pi grosso che abbia mai visto, dannazione, dichiar.
Tretronchi scosse la testa. Non mi piace. Se catturano
Forley, non riusciremo mai pi a tirarlo fuori da l.
Se catturano Forley rimarremo in cinque, capo, e ci cer-
cheranno. Lui non una minaccia per nessuno, ma noi s. Ti-
rarlo fuori da l sar l'ultimo dei nostri problemi. Se la cave-
r, come sempre. Probabilmente ci seppellir tutti.
Non mi stupirebbe, rispose Tretronchi. Il nostro un
lavoro pericoloso.
Strisciarono all'indietro tra i cespugli, di ritorno all'accam-
pamento. L trovarono Dow il Nero, anche pi intrattabile
del solito, insieme a Tul Duru, che stava rattoppando con l'a-
go un buco nella sua giubba, la faccia tutta concentrata men-
tre le dita tozze armeggiavano con la finissima scheggia di
metallo. Forley sedeva accanto a lui, con lo sguardo alzato al
cielo, oltre il tetto di foglie.
Come ti senti, Forley?, chiese Mastino.
Male, ma se non hai paura non hai nemmeno coraggio.
Mastino gli sorrise. Cos dicono. Allora penso che siamo
entrambi eroi, eh?
Gi, forse, disse restituendogli il sorriso.
Tretronchi non pensava ad altro che al lavoro. Sei sicuro
che vuoi farlo, Forley? Sicuro che vuoi entrare l dentro?
Perch una volta che sei entrato potresti non uscire mai pi,
non importa quanto ci sai fare con le parole.
S, sono sicuro. Mi star anche cagando sotto, ma ci
vado lo stesso. Sar pi utile l che qua fuori. Qualcuno do-
vr pure avvisarli degli Shanka. Lo sai, capo. E chi altri, se
non io?
Il vecchio annu tra s e s, lento come il sole che sorge.
Come sempre, si stava prendendo il suo momento. D'accor-
do. Va bene. Digli che lo aspetto qua fuori, vicino al vecchio
ponte. Digli che sto da solo. Nel caso Bethod dovesse deci-
dere che non sei il benvenuto, capisci?
Capisco. Sei solo, Tretronchi. Soltanto noi due ce l'ab-
biamo fatta a tornare dalle montagne.
Si erano radunati tutti in cerchio, e Forley sorrise a ognu-
no di loro. Bene, ragazzi, stato bello, no?
Chiudi il becco, Debole, lo rimbrott Dow. Bethod
non ha niente contro di te, per cui tornerai indietro.
Ma se invece non dovessi tornare, sappiate che stato
bello. Mastino, imbarazzato, gli fece un cenno con la testa.
Erano le stesse facce sporche e sfregiate di sempre, solo pi
lugubri che mai. A nessuno piaceva l'idea che uno della com-
pagnia si mettesse spontaneamente in pericolo, ma Forley
aveva ragione: qualcuno doveva farlo, e lui era il pi adatto.
Certe volte la debolezza uno scudo migliore della forza,
pens Mastino. Bethod era un bastardo malefico, ma non era
uno stupido. Gli Shanka stavano arrivando e doveva essere
avvisato. L'unica speranza era che fosse grato per l'avverti-
mento.
Lo accompagnarono fino a dove finivano gli alberi, con
gli sguardi rivolti al sentiero che attraversava il vecchio pon-
te, per poi proseguire serpeggiante nella valle e giungere in-
fine alle porte di Carleon. Nella fortezza di Bethod.
Forley fece un respiro profondo e Mastino gli diede una
manata sulla spalla. Buona fortuna Forley. Buona fortuna.
Anche a te. Strinse per un minuto la mano di Mastino
nella sua. E a tutti voi, ragazzi, eh? Poi si gir e si incam-
min verso il ponte a testa alta.
Buona fortuna, Forley!, grid Dow il Nero, spaventan-
do tutti.
Il Debole si gir per un attimo sulla sommit dell'arco del
ponte, poi sorrise e scomparve.
Tretronchi sospir. Alle armi, disse, nel caso in cui
Bethod non ne voglia sapere di essere ragionevole. E aspetta-
te il segnale, eh?
L'attesa sembr infinita, lass tra il fogliame. Mastino se
ne stava immobile e silenzioso a guardare in basso, verso
quelle immense mura appena costruite. Era steso sul torace
con l'arco a portata di mano, e fissava, aspettava, chiedendosi
come se la stesse cavando Forley l dentro. Un'attesa lunga e
snervante. Poi li vide: uomini a cavallo che uscivano dal por-
tale pi vicino e attraversavano uno dei ponti nuovi sopra il
fiume. Li seguiva un carretto, di cui Mastino non cap la fun-
zione, ma la cosa non gli piacque neanche un po'. Di Forley
non c'era traccia. Non era sicuro se questo era un bene o un
male.
Avanzarono veloci, spronando i cavalli a risalire il fianco
della vallata, lungo il sentiero scosceso, in direzione degli al-
beri, del corso d'acqua e del vecchio ponte che serviva ad at-
traversarlo. Dritti verso Mastino, che gi sentiva gli zoccoli
dei loro cavalli pestare il fango. Erano tanto vicini che pot
contarli e dargli una bella occhiata: lance, scudi e armature
buone, elmi e cotte di maglia. Erano in dieci, pi altri due se-
duti sul carro a entrambi i lati di quello che guidava, e quei
due portavano delle armi che sembravano piccoli archi su dei
blocchi di legno. Mastino non sapeva che avessero in mente
e detestava non saperlo, perch era lui quello che voleva ri-
servare sorprese agli altri.
Cos arretr nella boscaglia senza alzarsi, attravers il ru-
scello, poi corse verso il margine degli alberi, da dove poteva
godere di un'ottima visuale del vecchio ponte; una volta l,
agit la mano verso Tretronchi, Tul e Dow, che si trovavano
nei dintorni dell'estremit pi vicina. Il Cupo non poteva ve-
derlo, doveva essersi gi nascosto tra gli alberi oltre il ponte.
Mastino fece agli altri un segno per dire "uomini a cavallo",
sollev un pugno che significava "dieci" e si port la mano
aperta sul petto per comunicare che indossavano armature.
Dow impugn spada e ascia, dopo di che si precipit in
mezzo a un gruppo di massi frastagliati che sovrastavano il
ponte, tenendosi basso e silenzioso. Tul scivol lungo la
sponda e si gett nell'acqua, che fortunatamente gli arrivava
fino alle ginocchia in quel momento, poi si appiatt, grande e
grosso com'era, sul lato opposto dell'arco, con la possente
spada lunga tenuta in alto sulla testa per non farla bagnare.
Mastino era un po' nervoso, perch vedeva chiaramente Tul
da dove stava lui, ma i cavalieri non l'avrebbero visto se fos-
sero venuti dritti lungo il ponte. Inoltre, si aspettavano un
uomo solo e Mastino sperava che non si sarebbero disturbati
a controllare per sicurezza, perch altrimenti sarebbe stato un
fottuto disastro.
Osserv Tretronchi: il capo si assicur lo scudo al braccio
prima di estrarre la spada e farsi scrocchiare il collo, quindi
se ne rimase fermo ad aspettarli, grosso e massiccio, bloc-
cando la strada all'estremit pi vicina del ponte. Sembrava
solo al mondo.
Mastino poteva sentire chiaramente il rumore degli zocco-
li adesso, oltre allo sferragliare del carro al di l degli alberi.
Tir fuori qualche freccia e la piant per terra davanti a s,
dove avrebbe fatto presto a prenderla. Fece del proprio me-
glio per ricacciarsi la paura in gola, ma anche se le sue dita
non smettevano di tremare, non importava, perch avrebbero
funzionato bene al momento giusto.
Aspetta il segnale, sussurr tra s e s. Aspetta il se-
gnale.
Incocc una freccia e tir appena la corda, mirando verso
il ponte. Porca puttana, quanto doveva pisciare!
Poi la punta della prima lancia apparve sulla cresta della
collina, seguita da altre. Man mano che i cavalieri salivano
sul ponte, Mastino vedeva prima gli elmi che ballonzolava-
no, poi i petti coperti dalle cotte di maglia e infine i musi dei
cavalli. Il carro, trainato da un grosso e ispido cavallo da tiro,
era in coda, con a bordo quello che guidava e i due buffi pas-
seggeri.
Sopra la curva del ponte, il primo cavaliere scorse Tre-
tronchi che lo stava aspettando pi avanti e spron la sua ca-
valcatura. Mastino si rilass un poco vedendo che gli altri lo
seguivano al trotto in un gruppo compatto, tutti arzilli. Dun-
que Forley doveva aver detto ci che gli era stato ordinato,
che si aspettassero un uomo solo. Mastino vide Tul che sbir-
ciava da sotto l'arco muscoso, mentre i cavalli gli passavano
sulla testa. Per i morti, quanto gli tremavano le mani! Teme-
va che la freccia gli sarebbe partita per sbaglio con la corda
tirata a met, rovinando tutto.
Il carro si ferm sulla sponda opposta, al che i due uomini
si alzarono in piedi e puntarono gli strani archi verso Tre-
tronchi. Mastino aveva sotto mira uno di loro, quindi tir la
corda al massimo. Quasi tutti i cavalieri ora erano sul ponte,
e i loro cavalli si agitavano, non troppo contenti di starsene
tutti appiccicati. Il primo uomo tir le redini davanti a Tre-
tronchi, con la lancia abbassata verso di lui. Il capo per non
arretr di un passo - non lui - e aggrott la fronte, senza con-
cedere ai cavalieri la possibilit di girargli intorno, cos che
rimanessero tutti stipati sul ponte.
Bene, bene, Mastino sent dire il primo cavaliere.
Rudd Tretronchi. Pensavamo che fossi morto da un pezzo,
vecchio. Riconobbe la voce di uno degli Scagnozzi di Be-
thod che stava con lui da tanto tempo. Lo chiamavano il Tre-
mendo.
Perch mi restano ancora una o due battaglie in corpo,
rispose Tretronchi, ancora piantato l.
Il Tremendo si diede un'occhiata intorno e sbirci tra gli
alberi, poich si era accorto di non godere di una posizione
molto buona, ma non parve sospettare niente. Dov' il resto
della compagnia? Dov' quel fottuto Dow, eh?
Tretronchi alz le spalle. Ci sono solo io.
tornato alla terra, vero? Mastino scorse a malapena il
sorriso del Tremendo al di sotto dell'elmo. Peccato. Speravo
di essere io ad ammazzare quello sporco bastardo.
Mastino fece una smorfia, in attesa che Dow uscisse da
dietro quei massi per fiondarsi all'attacco, ma di lui non c'era
traccia. Non ancora, almeno. Aspettava il segnale, per una
volta.
Dov' Bethod?, chiese Tretronchi.
Il Re non esce fuori per quelli come te! Comunque,
nell'Angland, a prendere a calci in culo l'Unione. Il Principe
Calder si occupa di tutto mentre lui non c'.
Tretronchi sbuff. Principe adesso, eh? Me lo ricordo at-
taccato alla tetta della madre, e neanche quello era buono a
fare.
Molte cose sono cambiate, vecchio. Moltissime.
Per i morti, Mastino non vedeva l'ora che finisse quella
storia, in un modo o nell'altro. Non ce la faceva pi a tratte-
nere il piscio. Aspetta il segnale, borbottava a se stesso,
giusto per cercare di far stare ferme le mani.
I Testapiatta sono dovunque, continu Tretronchi. Ver-
ranno a Sud all'inizio della prossima estate, forse anche pri-
ma. Bisogna fare qualcosa.
Beh, perch non vieni con noi allora, che ne dici? Potrai
avvisare Calder di persona. Abbiamo portato anche un carro
che ti conduca dentro. Quelli della tua et non dovrebbero
pi camminare. Un paio di cavalieri risero a quella battuta,
ma Tretronchi no.
Che fine ha fatto Forley?, ringhi. Dov' il Debole?
Altre risatine dai cavalieri. Oh, qui vicino, rispose il
Tremendo, molto pi di quanto pensi. Perch non sali sul
carretto, cos ti portiamo subito da lui? Poi ci mettiamo tutti
seduti in cerchio e parliamo dei Testapiatta. Calmi e tranquil-
li.
Mastino sentiva puzza di bruciato. Non si fidava. Aveva
una bruttissima sensazione. Devi avermi preso per una spe-
cie di imbecille, ribatt Tretronchi. Io non mi muovo di
qui finch non ho visto Forley.
Il Tremendo aggrott la fronte a questa risposta. Non sei
nella posizione di dirci quello che vuoi fare. Una volta potevi
anche essere un grande uomo, ma ora sei meno di niente,
un fatto. Adesso dacci la spada e monta sul fottuto carretto
come ti ho detto, prima che perda la pazienza.
Prov a far avanzare il cavallo, ma Tretronchi non cedet-
te. Dov' Forley?, ringhi. O mi dai una risposta o le tue
budella.
Il Tremendo sorrise in direzione dei suoi uomini dietro di
s e loro fecero altrettanto. E va bene, vecchio, visto che ci
tieni. Calder ci ha detto di aspettare, ma io non sto nella pel-
le, voglio proprio vedere la tua faccia. Il Debole sul carret-
to. Gran parte di lui, almeno. Sorrise e lasci cadere dalla
sella un sacco di tela che racchiudeva un oggetto. Mastino
gi aveva capito di cosa si trattasse. La sacca piomb per ter-
ra accanto ai piedi di Tretronchi, allora il contenuto rotol
fuori e dalla faccia del capo Mastino vide che aveva indovi-
nato bene. La testa di Forley.
Beh, era fatta, ovviamente. Fanculo al segnale. La freccia
di Mastino becc uno di quelli sul carretto in pieno petto,
cos l'uomo lanci un grido e si butt all'indietro, trascinando
con s anche quello che guidava. Era stato un ottimo tiro, ma
non c'era tempo di starci a pensare adesso, perch era troppo
impegnato a prendere un'altra freccia e a urlare. Neanche lo
sapeva che cosa urlava, sapeva solo che lo stava facendo.
Anche il Cupo doveva aver scoccato, dal momento che uno
degli Scagnozzi sul ponte emise uno strillo, cadendo da ca-
vallo e piombando nel ruscello.
Tretronchi si era acquattato per ripararsi dietro allo scudo
mentre arretrava davanti al Tremendo, che era deciso a fic-
cargli la lancia in corpo. Lo Scagnozzo di Bethod affond gli
sproni nei fianchi del cavallo, per spingerlo a superare il
ponte e proseguire sul sentiero al lato. Il cavaliere dietro di
lui lo super aggirandolo, ansioso di togliersi dal ponte an-
che lui, ma cos facendo arriv proprio accanto ai massi.
Fottuti bastardi! Dow si butt dalle rocce e atterr sul
cavaliere, quindi entrambi piombarono per terra in una con-
fusione di membra e armi, ma Mastino vide che Dow era
quello che stava sopra. La sua ascia si alz e cal un paio di
volte, velocemente. Uno in meno di cui preoccuparsi.
La seconda freccia di Mastino manc il bersaglio di pa-
recchio, tanto era impegnato a gridare fino a farsi scoppiare
la testa, ma prese uno dei cavalli sulla coscia posteriore e fu
la cosa migliore che potesse succedere, poich la bestia co-
minci a impennarsi, a dimenarsi, e ben presto tutti gli altri
cavalli presero a girare su se stessi, nitrendo come pazzi; i
loro cavalieri vennero sbatacchiati sulle selle tra un'impreca-
zione e l'altra, mentre le loro lance si muovevano impazzite
in aria. Ovunque c'era caos e baccano.
Tutto d'un tratto, il cavaliere in fondo si spacc in due in
una fontana di sangue. Testadituono era risalito da sotto il
ponte e gli era arrivato alle spalle, e nessuna armatura avreb-
be potuto proteggere l'altro da un colpo del genere. Il gigante
rugg e alz di nuovo quel grosso pezzo di metallo insangui-
nato sopra la testa; l'uomo successivo fece in tempo a solle-
vare lo scudo, ma avrebbe anche potuto evitare di prendersi
il disturbo. La spada di Tul ne tagli via un bel pezzo, per
poi rompere in due il cranio del nemico e sbatterlo a terra. Il
colpo fu talmente forte che fece ruzzolare anche il cavallo.
Un altro cavaliere aveva fatto voltare il proprio animale e
stava avanzando dal fianco con la lancia abbassata in direzio-
ne di Tul, ma prima di raggiungerlo sussult, arcuando la
schiena con un grugnito. Mastino vide le piume della freccia
che gli spuntavano da un fianco. Il Cupo. L'uomo cadde dalla
sella, ma un piede gli rimase incastrato in una staffa e lui ri-
mase l a ciondolare. Gemeva, si lamentava, cercava di tirar-
si su, per il suo cavallo glielo impediva perch si agitava as-
sieme a tutti gli altri, facendolo ballare sottosopra, sbattendo
la sua testa contro il ponte. L'uomo lasci cadere la lancia nel
ruscello e tent per l'ennesima volta di tirarsi su, poi il caval-
lo gli assest un mezzo calcio su una spalla, che tuttavia riu-
sc a liberarlo. Cadde sotto gli zoccoli dei cavalli imbizzarri-
ti, e quello fu il momento in cui Mastino smise di occuparsi
di lui.
Il secondo arciere stava ancora seduto sul carretto, a mala-
pena ripresosi dallo shock, e intanto puntava il suo arco biz-
zarro verso Tretronchi, che stava ancora accucciato dietro
allo scudo. Mastino scocc, ma troppo in fretta e mentre ur-
lava, perci il dardo manc il bersaglio per andare a colpire
invece la spalla di quello che guidava e che si era appena
rialzato dal retro del carretto. La freccia lo ributt gi.
Lo strano arco schiocc, Tretronchi sussult dietro lo scu-
do, e Mastino ebbe un attimo di preoccupazione, poi vide
che la freccia aveva spaccato il legno fuoriuscendo dall'altra
parte, ma non era affondata abbastanza da colpire Tretronchi
in faccia. Rimase l, piantata nello scudo, piume da una par-
te, punta dall'altra. Era un arco malefico, pens Mastino.
Subito dopo si sent il ruggito di Tul e un altro cavaliere
piomb nel ruscello, seguito da un altro ancora, che cadde
con una freccia del Cupo conficcata nella schiena. Dow gir
su se stesso e amput con la spada le zampe anteriori del ca-
vallo del Tremendo, cos la bestia scivol scalzando il cava-
liere. Infine, con Dow e Tretronchi a un capo del ponte e Tul
dall'altro, gli ultimi due erano in trappola; i cavalli terrorizza-
ti e privi di guida non gli permisero di girarsi per tentare la
fuga tra i boschi. Ormai erano alla merc del Cupo, che non
era d'umore troppo pietoso, a quanto pareva, quindi non ci
mise molto a beccarli.
Quello con l'arco tent la fuga, gettando via il suo pezzo
di legno e balzando gi dal carretto, ma stavolta Mastino ci
pens un attimo prima di scoccare, prese bene la mira e poi
moll la corda; l'uomo non fece neanche un passo prima che
la freccia lo prendesse dritto in mezzo alla schiena, allora si
mise a strisciare per terra, anche se non strisci a lungo. Il
guidatore del carretto prov a riaffacciarsi di nuovo, mentre
grugniva e stringeva la mano attorno alla freccia nella spalla.
Di solito Mastino non uccideva uomini gi a terra, ma quel
giorno decise di fare un'eccezione, cos la saetta si piant
nella bocca del guidatore, e anche lui fu sistemato.
Mastino vide uno dei cavalieri che si allontanava, zoppi-
cando con una freccia del Cupo cacciata in una gamba, e fu
sul punto di scoccare a lui il suo ultimo dardo quando arriv
Tretronchi e lo colp alle spalle con la spada. Ce n'era un al-
tro che si muoveva ancora, che si sforzava di tirarsi su in gi-
nocchio, cos Mastino prese la mira anche su di lui, ma non
fece in tempo a mollare la freccia perch Dow gli tagli la
testa con un fendente. Sangue ovunque. I cavalli erano anco-
ra imbizzarriti e nitrivano scivolando sulle pietre lisce del
ponte.
Rimaneva soltanto il Tremendo, che ancora respirava; do-
veva essergli caduto l'elmo quando era stato sbalzato dalla
sella e avanzava carponi nel ruscello, rallentato dal peso del-
la cotta di maglia. Aveva mollato scudo e lancia per scappare
pi agilmente, ma non si era reso conto che stava andando
proprio verso Mastino.
Prendetelo vivo!, url Tretronchi. Tul si lanci all'inse-
guimento lungo un argine, ma avanzava troppo lentamente,
scivolando sul fango che il carretto aveva smosso. Prende-
telo vivo! Dow sguazzava nel ruscello tra un'imprecazione
e l'altra, diretto verso il nemico. Il Tremendo era molto vici-
no ormai, tanto che Mastino poteva sentire i rantoli di terrore
accompagnare la sua faticosa fuga nel ruscello.
Aah!, ulul, quando la freccia di Mastino lo prese alla
gamba, appena sotto la cotta di maglia. Il Tremendo cadde di
fianco sull'argine e subito il suo sangue arross l'acqua fan-
gosa che lo circondava, poi prese a trascinarsi sull'erba ba-
gnata che costeggiava la sponda.
Basta, Mastino!, grid Tretronchi. Vivo!
Mastino usc fuori dagli alberi, scese verso il fiumiciatto-
lo, sguain il coltello. Tul e Dow erano ancora lontani, ma si
avvicinavano rapidamente. Il Tremendo si rotol nel fango,
con la faccia distorta dal dolore alla gamba, e quando lo vide
alz le mani. Va bene, va bene, mi ar ah!
Ti ar cosa?, domand Mastino guardandolo.
Aah, ripet quello con un'espressione di estrema sor-
presa in faccia e la mano premuta sul collo, dove il sangue
gli ruscellava tra le dita per poi colorare il pettorale della cot-
ta bagnata.
Dow li raggiunse sollevando una quantit di schizzi, e se
ne rimase l a guardarli. Beh, questo mette fine alla questio-
ne, comment.
Perch l'hai fatto?, sbrait Tretronchi, mentre si affret-
tava verso di loro.
Eh?, domand Mastino, poi abbass lo sguardo sul pu-
gnale, che era tutto insanguinato. Ah. Fu allora che si rese
conto di aver sgozzato il Tremendo.
Gli potevamo chiedere delle cose!, fece Tretronchi.
Poteva portare un messaggio a Calder, dirgli chi aveva fatto
questo e perch!
Svegliati, capo, intervenne Tul Duru, che gi stava ri-
pulendo la spada. A nessuno frega pi un cazzo delle vec-
chie maniere. E poi, presto ci verranno a cercare. A che serve
fargli sapere pi del necessario?
Dow diede una manata sulla spalla di Mastino. Hai fatto
bene. La testa di questo bastardo andr bene come messag-
gio. Mastino non era sicuro che l'approvazione di Dow fos-
se proprio quello che andava cercando, ma ormai era troppo
tardi. A Dow bastarono un paio di accettate per staccare la te-
sta del Tremendo, poi la prese per i capelli e se la port die-
tro dondolante, trattandola come se fosse un sacco di rape,
allora trov una lancia nel ruscello e un posto che gli piace-
va.
Le cose non sono pi quelle di una volta, bofonchiava
Tretronchi nell'incamminarsi lungo la sponda verso il ponte,
dove il Cupo stava gi esaminando i cadaveri.
Mastino lo segu, e intanto osservava Dow piantare la te-
sta del Tremendo sulla picca, ficcare l'estremit di legno nel-
la terra e fare un passo indietro con le mani sui fianchi per
ammirare il suo lavoro. La gir un po' pi a destra e un po'
pi a sinistra, prima di decidere che andava bene cos, a quel
punto sorrise a Mastino.
Perfetto, no?, disse.
E ora che si fa, capo?, chiese Tul. Che si fa?
Tretronchi era chinato sulla sponda a sciacquarsi le mani
sporche di sangue nel ruscello.
Gi, che facciamo?, domando Dow.
Il capo si alz lentamente, asciugandosi le mani sulla
giubba, e si prese un momento per pensare. Andremo a sud.
Seppelliremo Forley per strada. Prenderemo questi cavalli
qui, perch adesso ci inseguiranno, e poi ce ne andremo a
sud. Tul, meglio sganciare quel carretto, l'unico che possa
trasportarti.
A sud?, chiese Testadituono, confuso. A sud dove?
Nell'Angland.
Nell'Angland?, ribad Mastino, sicuro che tutti la pen-
sassero come lui. A fare che? Non c' una guerra laggi?
Certo che c', ecco perch voglio andare l.
Dow aggrott la fronte. Noi? Che abbiamo noi contro
l'Unione?
No, idiota, rispose Tretronchi. Voglio combattere con
loro, non contro di loro.
A fianco dell'Unione?, domand Tul arricciando le lab-
bra. Con quelle donnicciole del cazzo? Quella non la no-
stra guerra, capo!
Ogni guerra contro Bethod adesso anche la mia. Voglio
vederlo crepare. Ora che Mastino ci pensava bene, non ave-
va mai visto Tretronchi cambiare idea neanche una volta in
vita sua. Chi con me?, chiese.
Lo erano tutti. Ovviamente.

Pioveva, ma era quella pioggerella finissima che intrideva


il mondo d'umidit. Dolce come il bacio di una fanciulla,
come si diceva, anche se Mastino neanche se lo ricordava
pi com'era il bacio di una fanciulla. Pioggia. In qualche
modo, pareva proprio adatta all'occasione. Dow, che aveva
appena finito di riempire la fossa, tir su col naso e piant la
vanga nel terreno accanto alla tomba. La strada era lontana, e
parecchio anche, ma non volevano che qualcuno la trovasse
e disseppellisse Forley. Tutti - solo in cinque ormai - si radu-
narono attorno al cumulo di terra e abbassarono gli occhi.
Era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui avevano se-
polto uno dei loro. Gli Shanka si erano presi Logen, certo, e
nemmeno tanto tempo prima, ma non avevano mai trovato il
corpo. Era solo uno in meno, ma a Mastino sembr una man-
canza enorme.
Tretronchi aggrott la fronte, si prese il suo momento per
pensare a cosa dire. Meno male che era lui il capo, quello a
dover trovare le parole, perch Mastino giudic che non sa-
rebbe stato in grado di spiccicare una sillaba. Dopo un minu-
to, Tretronchi cominci a parlare, lento come la luce che sva-
nisce al tramonto.
Questo qui non era un uomo forte. Debole, infatti, era il
suo nome. Fa ridere, chiamare un uomo il Debole. Il guerrie-
ro peggiore che riuscirono a trovare per arrendersi a Novedi-
ta. Un guerriero debole, senza dubbio, ma dal cuore forte,
dico io.
Gi, convenne il Cupo.
Cuore forte, disse Tul Duru.
Il pi forte, aggiunse Mastino, che, ad essere onesti,
sentiva un groppo in gola.
Tretronchi annu tra s e s. Ci vuole fegato per andare
incontro alla morte come ha fatto lui. Andare, senza lamen-
tarsi. Chiederla. E non per se stesso, bens per altri che nem-
meno conosceva. Tretronchi serr la mandibola e si prese
un momento ancora, guardando la fossa. Tutti lo fecero.
Non ho altro da dire. Torniamo alla terra assieme a te, For-
ley. Ora noi siamo pi poveri e la terra pi ricca.
Dow si inginocchi e pos la mano sul terreno smosso di
fresco. Tornato alla terra, disse. Per un momento, Mastino
pens di vedere una lacrima colargli lungo il naso, ma dove-
va essere solo pioggia, perch quello era Dow il Nero, dopo-
tutto. Si alz e se ne and a testa bassa verso i cavalli, segui-
to dagli altri, uno dopo l'altro.
Addio, Forley, disse Mastino. Niente pi paura.
E in quel momento comprese che era lui adesso il codardo
della compagnia.
44.

Infelicit

Jezal aggrott la fronte. Di solito la trovava sempre l al


suo arrivo, qualunque fosse il posto convenuto, ma quel gior-
no Ardee era stranamente in ritardo. Non gli piaceva affatto
doverla attendere, essendo gi costretto ad aspettare sempre
le sue lettere, perci starsene l come un idiota lo faceva sen-
tire anche pi schiavo di quello che era.
Alz lo sguardo accigliato verso il cielo nuvoloso, grigio
come il suo umore. I rovesci erano sporadici, ma ogni tanto
sentiva una goccia di pioggia pungergli la faccia. La superfi-
cie opaca del lago era increspata da cerchi, il verde degli al-
beri e il grigio degli edifici erano venati da pallidi rivoli d'ac-
qua. La forma scura del Palazzo del Creatore era offuscata
dalla pioggia, e fu proprio guardando in quella direzione che
il suo scontento aument.
Non sapeva proprio che farsene, ormai, di tutta quella fac-
cenda, che era stata come un incubo delirante e, in quanto
tale, voleva semplicemente ignorarla, fare finta che non fosse
mai successa. Ci sarebbe pure riuscito, se quel dannato coso
non fosse stato costantemente visibile con la coda dell'oc-
chio, sempre presente tutte le volte che metteva il naso fuori
di casa e sempre pronto a ricordargli che il mondo era pieno
di misteri incomprensibili, in agguato appena sotto la super-
ficie delle cose.
Al diavolo, mormor, e al diavolo anche quel pazzo di
Bayaz.
Spinse lo sguardo incupito sui prati umidi. La pioggia al-
lontanava la gente dal parco, che perci era deserto come
non lo aveva visto quasi mai. Un paio di uomini dall'aria tri-
ste sedevano svogliatamente sulle panchine, a crogiolarsi
nelle loro tragedie personali; qualche passante sui sentieri si
affrettava per andare chiss dove, e uno, avvolto in un lungo
mantello, stava venendo proprio verso di lui.
L'inquietudine di Jezal svan. Era Ardee, la vedeva anche
se aveva il cappuccio tirato fin sopra la faccia. Faceva fred-
do, d'accordo, ma vestita cos sembrava un tantino esagerata.
Non avrebbe mai creduto che due gocce di pioggia potessero
scoraggiare una come lei. Comunque, era contento di veder-
la. Ridicolmente contento, per cui sorrise e le and subito in-
contro, ma poi, quando si trovarono a un paio di passi l'uno
dall'altra, lei si tir indietro il cappuccio.
Jezal trattenne il fiato inorridito. C'era un grosso livido
violaceo sulla sua guancia, attorno all'occhio e all'angolo del-
la sua bocca! Rest immobile, raggelato per un momento,
desiderando stupidamente di essere stato lui a farsi male,
perch il dolore sarebbe stato minore. Si rese conto di avere
una mano premuta sulla bocca, di strabuzzare gli occhi come
una nervosa ragazzina che vede un ragno nella tinozza, ma
non riusciva a controllarsi.
Ardee lo guard con fare interrogativo. Che c'? Non hai
mai visto un livido prima?
Beh, s, ma stai bene?
Certo che s. Gli gir intorno e si incammin lungo il
sentiero, ma cos rapidamente che Jezal dovette fare una cor-
setta per raggiungerla. Non niente, sono solo caduta. Sono
una sciocca imbranata, lo sono sempre stata. Per tutta la
vita. Lo disse con un po' d'amarezza, sembr a lui.
Posso fare qualcosa?
E che vorresti fare? Dargli un bacino cos passa tutto?
Se fossero stati soli non gli sarebbe dispiaciuto fare un tenta-
tivo, ma l'espressione di lei gli fece capire che non era il
caso. Era strano, perch quei lividi avrebbero dovuto fargli
ribrezzo, invece non era affatto ci che provava. Piuttosto,
sentiva un istinto quasi irrefrenabile di prenderla tra le brac-
cia, accarezzarle i capelli e mormorarle parole di conforto.
Patetico. Probabilmente Ardee lo avrebbe preso a schiaffi se
ci avesse provato, e avrebbe pure avuto ragione. Lei non ave-
va bisogno del suo aiuto. Inoltre, non poteva toccarla poich
c'era gente intorno, accidenti a loro, occhi ovunque, e non si
poteva mai dire chi stesse guardando. Quel pensiero lo rese
alquanto nervoso.
Ardee non rischioso? Voglio dire, che succede se tuo
fratello
Lei sbuff. Dimenticati di lui. Non far niente. Gli ho
detto di non ficcare il naso nei miei affari. Jezal non pot
fare a meno di sorridere, pensando a quanto la scena doveva
essere stata divertente. E poi, ho saputo che partirai per
l'Angland con la prossima marea e non potevo lasciarti anda-
re senza dirti addio, non pensi?
Io non lo avrei mai fatto!, disse, di nuovo colto dall'or-
rore. Era penoso persino sentirle pronunciare la parola "ad-
dio". Voglio dire che, beh, li avrei lasciati partire senza di
me, ma ti avrei salutato!
Ah.
Camminarono in silenzio per un momento, fianco a fian-
co, costeggiando il lago, entrambi con gli occhi abbassati
sulla ghiaia. Non era l'addio agrodolce che Jezal aveva im-
maginato, era agro e basta. Passarono in mezzo a un gruppo
di salici, i cui rami morbidi sfioravano l'acqua al di sotto. Era
un punto appartato, protetto da occhi indiscreti, e Jezal giudi-
c che non avrebbe trovato un posto migliore per dirle quello
che doveva dire. Cos la spi con la coda dell'occhio e fece
un respiro profondo.
Ardee, senti, io non so quanto star via. Voglio dire, sup-
pongo passeranno dei mesi Si morse il labbro superiore e
pens che le parole non stavano uscendo come aveva spera-
to. Quel discorso se l'era ripetuto davanti allo specchio una
ventina di volte, finch non aveva trovato l'espressione pi
giusta: seria, sicura, leggermente suadente. Adesso, per, le
parole vennero fuori goffe e tutte insieme. Spero che in-
somma, magari spero che vorrai aspettarmi?
Di certo sar ancora qui. Non ho altro da fare. Ma non
preoccuparti, avrai molto a cui pensare nell'Angland: la guer-
ra, l'onore, la gloria, e tutte quelle cose. Presto ti dimentiche-
rai di me.
No!, grid, afferrandole il braccio. No, non lo far!
Ritrasse subito la mano, preoccupato che qualcuno potesse
vederli. Quantomeno adesso lei io stava guardando, un po'
stupita per la veemenza della sua smentita, forse, ma non
meravigliata quanto lui.
Jezal la scrut sbattendo le palpebre. Non male come ra-
gazza, s, ma era troppo scura, troppo abbronzata e di gran
lunga troppo intelligente; i suoi vestiti erano semplici e disa-
dorni, la sua faccia era tumefatta, e nella mensa degli ufficia-
li avrebbe a stento suscitato qualche commento. Allora
com'era possibile che a Jezal sembrasse la donna pi bella
del mondo? La Principessa Terez faceva schifo rispetto a lei.
Il discorso che aveva cos accuratamente preparato si dilegu
nella sua mente, e lui parl senza pensare, guardandola dritto
negli occhi. Forse quella era ci che chiamavano sincerit.
Senti, Ardee, so che pensi che sono uno stronzo e, beh,
credo che tu abbia ragione, ma non sempre lo faccio apposta.
Non so neanche perch mi guardi, non so nulla di queste
cose ma, ecco Penso a te tutto il tempo. Non riesco a con-
centrarmi su nient'altro ormai. Fece un altro respiro profon-
do. Io penso Si guard attorno di nuovo, giusto per con-
trollare che nessuno stesse guardando. Io penso di amarti!
Ardee scoppi a ridere. Sei veramente uno stronzo, dis-
se. Disperazione. Jezal era letteralmente prostrato. Tanta era
la delusione che non riusciva neanche a respirare, e il suo
volto si distorse tutto, la testa gli cadde inerte sul petto. Si ri-
trov a fissare il terreno mentre le lacrime gli riempivano gli
occhi. Lacrime vere. Pietoso. Ma aspetter. Subito la gioia
torn a gonfiargli il petto ed eruppe sotto forma di un singul-
to da femmina. Non poteva farci niente. Era ridicolo il modo
in cui lei lo teneva in pugno. La differenza tra l'infelicit e la
gioia dipendeva dalle sue parole. Lei rise di nuovo. Ma
guardati, sciocchino.
Gli pos una mano sulla guancia e gli asciug una lacrima
con il pollice. Aspetter, ripet, prima di sorridergli, con
quel suo sorriso sghembo
La gente, il parco, la citt, il mondo, erano scomparsi tut-
ti. Jezal fiss Ardee non seppe per quanto tempo, nel tentati-
vo di imprimersi nella mente ogni minimo dettaglio del suo
volto. Per qualche ragione, aveva la sensazione che il ricordo
di quel sorriso avrebbe dovuto aiutarlo a superare tante cose.

Il porto era sovraffollato, persino per essere un porto. Le


persone si ammassavano sulle banchine, facendo rimbomba-
re l'aria di voci e schianti. Soldati e scorte formavano file in-
finite sulle scivolose passerelle, in attesa di salire sulle navi.
Casse a mezz'aria, barili che venivano fatti rotolare, centinaia
di cavalli con la schiuma alla bocca, che rivoltavano gli oc-
chi mentre venivano trainati, spinti a bordo o presi a calci.
Gli uomini tiravano cordami bagnati, issavano travi intrise
d'acqua tra grugniti di fatica, tutti sudati e urlanti sotto la
pioggia battente; alcuni slittavano sui ponti bagnati delle
navi, correndo qua e l in una confusione inaudita.
Ovunque c'era gente che si abbracciava e si baciava, o che
si salutava da lontano: mogli e mariti, madri e figli, figli e
padri, tutti ugualmente inzaccherati dalla pioggia. Alcuni af-
frontavano la partenza dei loro cari con coraggio, mentre al-
tri piangevano e si disperavano. E poi ce n'erano certi altri
ancora a cui non importava nulla, ma erano solo degli spetta-
tori venuti ad assistere alla follia.
Ma niente di tutto ci aveva significato per Jezal, appog-
giato alla ringhiera erosa della nave che lo avrebbe portato
nell'Angland. Era sprofondato in un umore tetro, gli colava il
naso e i capelli gli si erano appiccicati sulla testa per via del-
l'acqua. Ardee non c'era, eppure era ovunque. Sentiva la sua
voce che lo chiamava al di sopra del baccano, oppure la ve-
deva di sfuggita che lo stava guardando, allora il respiro gli
si mozzava in gola, poi, quando sollevava una mano verso di
lei, tutto sorridente, si accorgeva che non era Ardee, ma sol-
tanto qualche altra donna dai capelli scuri, che sorrideva a un
altro soldato. Cos, ingobbiva di nuovo le spalle, e ogni volta
la delusione era pi cocente.
Solo allora si rese conto di aver commesso un terribile er-
rore. Perch diavolo le aveva chiesto di aspettarlo? Aspettare
che, poi? Non poteva sposarla, e questo era un dato di fatto.
Impossibile. Ma il pensiero che guardasse un altro uomo lo
faceva sentire male. Era a pezzi.
Amore. Odiava ammetterlo, ma doveva essere quello.
Aveva sempre considerato la cosa con molto disprezzo, come
una parola stupida inventata perch qualche poeta da strapaz-
zo vi si arrovellasse sopra, o perch donne sciocche potesse-
ro chiacchierarne in gruppo; un'idea rintracciabile nelle sto-
rie per bambini, che non aveva attinenza alcuna con il mon-
do reale, dove invece le relazioni tra uomo e donna giravano
attorno a scopate e denaro. Eppure, eccolo l, impelagato in
quell'orribile pantano di paura e senso di colpa, lussuria e
confusione, perdita e dolore. L'amore. Quale maledizione.
Mi piacerebbe vedere Ardee, mormor Kaspa in modo
malinconico.
Jezal si gir a guardarlo. Come? Che cosa hai detto?
un bel vedere, disse il Tenente alzando le mani, tutto
qui. Tutti si comportavano in modo pi cauto con lui sin da
quella partita a carte, come se temessero di vederlo esplodere
da un momento all'altro.
Jezal si rivolse imbronciato alla folla, dove vide un qual-
che tipo di subbuglio intorno a un cavaliere solitario che si
faceva strada a forza nel caos, spronando il cavallo schiu-
mante con frequenti "Muoviti!". Persino sotto la pioggia le
ali del suo elmo scintillavano. Un Cavaliere Araldo.
Brutte notizie per qualcuno, disse Kaspa.
Jezal annu. Sta' a vedere che siamo noi. In effetti, il ca-
valiere stava venendo dritto verso la loro nave, lasciandosi
alle spalle una scia arrabbiata di soldati e operai confusi.
Smont e si avvi con passo deciso sulla passerella, nella
loro direzione con espressione cupa e l'armatura lucida rico-
perta da una patina d'acqua che sferragliava a ogni suo passo.
Capitano Luthar?, chiese.
S, rispose Jezal, chiamo il Colonnello.
Non serve. Il mio messaggio per voi.
Per me?
L'Alto Giudice Marovia desidera vedervi nei suoi uffici.
Immediatamente. Sarebbe meglio che prendeste la mia ca-
valcatura.
Jezal aggrott la fronte. Non gli piaceva quella storia, e
inoltre l'unica ragione a cui riusciva a pensare, per la quale
un Cavaliere Araldo dovesse portargli un messaggio, era la
sua disavventura nel Palazzo del Creatore. Ma non voleva
avere pi niente a che fare con quella storia, desiderava rele-
garla nel passato e dimenticarla assieme a Bayaz, al suo
Uomo del Nord e a quello storpio disgustoso.
L'Alto Giudice attende, Capitano.
S, naturalmente. Sembrava proprio che non potesse
esimersi.

Ah, Capitano Luthar! un onore vedervi di nuovo! Je-


zal non fu sorpreso di imbattersi in quello squilibrato di Zol-
fo, persino l, fuori dagli uffici dell'Alto Giudice. Non sem-
brava neanche pi uno svitato, bens parte di un mondo che
era impazzito del tutto. Un onore assoluto!, lo bland.
Altrettanto, rispose Jezal per circostanza.
Sono stato cos fortunato a incontrarvi, visto che entram-
bi partiremo cos presto! Il mio maestro mi affida ogni tipo
di commissione. Fece un sospiro profondo. Non c' mai un
attimo di pace, eh?
No, so che intendi.
Ma un vero onore vedervi, e da vincitore del Torneo
per giunta! Io ho visto tutto lo spettacolo, sapete, ed stato
un privilegio assistervi. Fece un ampio sorriso e i suoi occhi
di colori diversi si illuminarono. E pensare che eravate con-
vinto di lasciar perdere la scherma Ah! Ma non avete mol-
lato, proprio come avevo detto io! Oh, s, e adesso ne racco-
glierete i frutti! I confini del mondo, sussurr pian piano,
come se pronunciarlo ad alta voce potesse attirare disastri. I
confini del mondo. Ve lo immaginate? Vi invidio, dico dav-
vero!
Jezal sbatt le palpebre. Cosa?
Cosa! Ah! "Cosa", dice! Avete un bel coraggio, signore!
Un bel coraggio! Dopo di che Zolfo si allontan ridacchian-
te sotto la pioggia attraverso la Piazza dei Marescialli. Jezal
era talmente meravigliato che non ebbe neanche la presenza
di spirito di chiamarlo "dannato idiota" dopo che non fu pi a
portata d'orecchio.
Uno dei molti scrivani di Marovia lo scort in un ingresso
vuoto e pieno di echi, verso un paio di porte gigantesche, da-
vanti alle quali si ferm e buss, poi attese di sentire un gri-
do di consenso e abbass la maniglia, spingendo in avanti
uno dei battenti e facendosi educatamente da parte per lasciar
passare Jezal.
Potete entrare, disse a bassa voce, dopo che erano rima-
sti l per un po'.
S, s, ma certo.
Nella cavernosa sala oltre la porta regnava un silenzio si-
nistro. Stranamente, c'erano pochi mobili in quell'enorme
spazio ricoperto da pannelli, e quei pochi che c'erano sem-
bravano sproporzionati, come se fossero adatti a persone di
dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di Jezal. La cosa
gli diede la netta sensazione di essere appena arrivato al suo
processo.
L'Alto Giudice Marovia, seduto a un'enorme scrivania dal
ripiano lucido come uno specchio, lo accolse con un'espres-
sione gentile, forse anche lievemente compassionevole. Il
Maresciallo Varuz, seduto alla sua sinistra, fissava con aria
colpevole il suo riflesso indistinto sul ripiano. Jezal aveva
pensato di non potersi deprimere pi di cos, ma quando vide
il terzo elemento del gruppo si accorse di aver parlato troppo
presto: Bayaz, con un sorrisetto compiaciuto sulla faccia. Si
sent quasi colto dal panico quando la porta si chiuse dietro
le sue spalle, e il rumore del chiavistello suon come il clan-
gore del grosso catenaccio di una prigione.
Bayaz si alz in piedi e and verso di lui, facendo il giro
della scrivania. Capitano Luthar! Che gioia che avete potu-
to raggiungerci. Il vecchio prese la mano umida di Jezal e la
strinse con decisione nelle sue, conducendolo intanto verso il
centro della stanza. Grazie per essere venuto. Grazie davve-
ro.
Ehm, prego. Come se avesse avuto altra scelta.
Beh, adesso probabilmente vi starete chiedendo che raz-
za di storia questa. Permettetemi di spiegare. Arretr e si
appoggi sul bordo del tavolo, come uno zio gentile che rac-
conta una storia a un bambino. Io e alcuni coraggiosi com-
pagni - persone scelte, voi capite, persone con certe qualit -
stiamo per intraprendere un grande viaggio! Un viaggio epi-
co! Una grandiosa avventura! Non ho dubbi che, se avremo
successo, si racconteranno storie su di noi per molti anni a
venire. Per moltissimi anni a venire. La fronte di Bayaz si
incresp quando sollev le bianche sopracciglia. Allora che
ne pensate?
Ehm Jezal lanci occhiate nervose a Marovia e Va-
ruz, ma da loro non ricevette indizi su che cosa stesse succe-
dendo. Posso parlare liberamente?
Ma certo, Jezal posso chiamarti Jezal, vero?
S, beh ecco, suppongo di s. Insomma, la cosa Mi
chiedevo che cosa avesse a che fare tutto questo con me.
Bayaz sorrise. Ci manca un uomo.
Segu un lungo, pesante silenzio. Una goccia di pioggia
scivol sulla testa di Jezal, gli corse lungo i capelli e il naso,
per poi cadere sul pavimento ai suoi piedi. L'orrore cominci
a strisciargli in corpo, dallo stomaco fino alle punte delle
dita. Io?, gracchi.
La strada sar lunga e difficile, probabilmente gremita di
pericoli. Abbiamo molti nemici l fuori, tu e io, pi di quanti
riusciresti a credere. E chi meglio di uno spadaccino provetto
come te potrebbe rendersi utile? Nientemeno che il vincitore
del Torneo!
Jezal inghiott la sua angoscia. Apprezzo l'offerta, dav-
vero, ma temo di dover declinare. Il mio posto nell'esercito,
voi capite. Fece un incerto passo indietro in direzione della
porta. Sono diretto a Nord. La mia nave salper tra poco
e
Ho paura che sia gi salpata, Capitano, intervenne Ma-
rovia, con quella voce calda che lo immobilizz. Non do-
vrete pi preoccuparvi di questo. Non andrete nell'Angland.
Ma, vostra Grazia, la mia compagnia
Troveremo un altro comandante, sorrise l'Alto Giudice,
comprensivo, paziente, ma orribilmente deciso. Apprezzo il
vostro senso del dovere, davvero, ma consideriamo pi ur-
gente questo. importante che l'Unione venga rappresentata
in questa faccenda.
Terribilmente importante, aggiunse Varuz, ma con poca
convinzione. Jezal guard i tre vecchi con gli occhi stretti.
Non c'era modo di tirarsene fuori. Dunque era quella la sua
ricompensa per aver vinto il Torneo? Un viaggio da squinter-
nati fino a chiss dove, in compagnia di un vecchio demente
e di un branco di selvaggi? Come desiderava, adesso, di non
aver mai iniziato a tirare di scherma! Di non aver mai visto
una spada in vita sua! Ma desiderare non serviva a nulla.
Non poteva pi tornare indietro.
Io ho bisogno di servire il mio Paese, mormor.
Bayaz scoppi a ridere. Ci sono altri modi di servire il
tuo Paese, ragazzo mio, piuttosto che essere un cadavere in
un mucchio, lass tra i ghiacci del Nord. Partiamo domani.
Domani? Ma le mie cose sono
Non preoccuparti, Capitano, e il vecchio scivol gi dal
tavolo per venirgli a dare un'entusiastica pacca sulla spalla,
gi tutto pronto. Le tue valigie sono state scaricate dalla
nave prima che salpasse. Hai tempo stasera per scegliere
qualcosa da portarti, ma sappi che dovremo viaggiare legge-
ri. Armi, naturalmente, e resistenti abiti da viaggio. Assicura-
ti di mettere in valigia anche un paio di stivali buoni, eh?
Niente uniformi, temo, poich potrebbero attrarre l'attenzio-
ne di persone sbagliate nel luogo in cui siamo diretti.
No, capisco, disse infelice Jezal. Posso chiedervi
dove stiamo andando?
Ai confini del mondo, ragazzo mio, ai confini del mon-
do! Gli occhi di Bayaz scintillarono. Andata e ritorno
spero.
45.

Novedita il Sanguinario

Una cosa si poteva ben dire di Logen Novedita: che era


felice. Finalmente se ne andavano. A parte qualche vago ac-
cenno al Vecchio Impero e ai confini del mondo, non aveva
idea di dove stessero andando e non gliene importava un bel
niente. Tutti i posti che non fossero quel luogo maledetto per
lui andavano bene, e prima era, meglio era.
L'ultimo membro aggiunto della compagnia, per, non
sembrava condividere il suo entusiasmo. Da quando era arri-
vato, quel Luthar, il giovane altezzoso del portale, quello che
aveva vinto il duello di spade grazie ai trucchi di Bayaz a
stento aveva messo insieme due parole, e adesso se ne stava
l, con la faccia dura come il marmo e pallida come il gesso,
a guardare fuori dalla finestra, tutto dritto neanche gli aves-
sero ficcato una lancia nel culo.
Logen gli si avvicin fingendosi disinvolto. Se devi viag-
giare con un uomo e forse anche combattere al suo fianco,
meglio che ci parli e, se puoi, ci ridi, cos capisci com' fatto
e impari a fidarti. la fiducia che lega tra di loro i membri di
un gruppo, e l fuori, nella natura selvaggia, questo pu fare
la differenza tra la vita e la morte. Costruire quel tipo di fidu-
cia richiede tempo e sforzo, perci Logen decise che era me-
glio cominciare da subito; e poi, quel giorno in particolare,
aveva buonumore da vendere. Cos and accanto a Luthar e
si mise a guardare il parco assieme a lui, in cerca di un terre-
no comune in cui piantare i semi di un'amicizia improbabile.
Bellissima, casa tua. Non lo pensava davvero, ma non
gli venne in mente nient'altro.
Luthar si gir e lo guard sprezzante dall'alto in basso. E
tu che ne sai?
Credo che il pensiero di un uomo valga quanto quello di
un altro.
Ah, ghign gelido il giovane. Allora suppongo che in
questo siamo diversi. E torn a guardare fuori.
Logen prese un respiro profondo. La fiducia ci avrebbe
messo un po' ad arrivare, cos lasci perdere Luthar e and
da Quai, ma l'apprendista non sembrava molto pi propenso
alle chiacchiere, sbracato com'era sulla poltrona, con lo
sguardo preoccupato perso nel vuoto.
Logen gli si sedette accanto. Non sei contento di tornare
a casa?
Casa, mormor svogliatamente l'apprendista.
S, il Vecchio Impero o come si chiama.
Tu non sai com' l.
Potresti dirmelo, allora, rispose Logen, nella speranza
di sentir parlare di placide valli, citt, fiumi e quant'altro.
una terra piena di sangue. Piena di sangue e priva di
legge, e la vita l vale quanto un pugno di polvere.
Piena di sangue e priva di legge. Tutto questo gli era pe-
nosamente familiare. Non dovrebbe esserci un Imperatore o
qualcosa del genere?
Ce ne sono molti, ma sempre in guerra tra loro. Stringo-
no alleanze che durano una settimana o un'ora, e poi gareg-
giano per essere i primi ad accoltellare la schiena degli altri.
Quando cade un Imperatore, ne viene subito un altro, e poi
un altro, e poi un altro ancora, e intanto, ai margini, i dispe-
rati e i senza casa rovistano tra i rifiuti, rubano e ammazza-
no. Le citt si sgretolano, le grandi opere del passato cadono
in rovina, i raccolti vanno sprecati e la gente ha fame. Spar-
gimenti di sangue, tradimenti si susseguono da centinaia di
anni ormai. Le faide sono cos radicate e complicate che nes-
suno pi in grado di dire chi odia chi, e perch. Ormai non
c' pi bisogno di avere delle motivazioni.
Logen fece un ultimo sforzo. Non si pu mai dire. Maga-
ri le cose sono migliorate.
Perch dovrebbero?, borbott l'apprendista. Perch?
Logen stava disperatamente cercando una risposta quando
una delle porte si apr all'improvviso e Bayaz percorse la
stanza con uno sguardo torvo. Dov' Maljinn?
Quai inghiott. Se n' andata.
Lo vedo questo! Ti avevo detto di tenerla qui!
S, ma non mi avete detto come, fece l'apprendista con
una vocina.
Il maestro lo ignor. Che diavolo ne stato di quella ma-
ledetta donna? Dovevamo partire entro mezzogiorno! La co-
nosco solo da tre giorni e gi non la sopporto pi! Serr i
denti e prese un respiro profondo. Trovala, Logen, ti
spiace? Trovala e riportala qui.
E se non vuole tornare?
Non lo so, prendila in braccio e portacela di forza! Puoi
anche prenderla a calci per tutto il tragitto, per quanto mi ri-
guarda!
Facile a dirsi, ma Logen non aveva tanta voglia di provar-
ci. Comunque, se doveva farlo prima che partissero, tanto
valeva farlo subito. Cos sospir, si alz dalla sedia e si av-
vi alla porta.

Logen si nascose nell'ombra a ridosso del muro e osserv.


Merda, sussurr. Proprio adesso, quando stavano per
partire. Ferro era a venti passi di distanza, che se ne stava
tutta impettita imbronciata anche pi del solito. Attorno a lei,
c'erano tre uomini mascherati e tutti vestiti di nero che tene-
vano i randelli abbassati lungo le gambe, in parte celati die-
tro la schiena, ma a Logen fu subito chiaro che cosa avessero
in mente. Sent uno di loro parlare sibilando attraverso la
maschera, dire qualcosa riguardo al seguirli con calma. Ma
la calma non era nello stile di Ferro.
Si chiese allora se non dovesse ritirarsi per avvertire gli
altri, perch, d'altra parte, quella donna non gli piaceva poi
molto, o almeno non abbastanza da farsi fracassare la testa
per lei. Ma se li avesse lasciati fare, in tre contro una, il tem-
po di ritornare e l'avrebbero ridotta a pezzi, trascinata via
chiss dove. E in quel caso non sarebbe pi riuscito ad an-
darsene da quella dannata citt.
Cominci quindi a calcolare le distanze, pens al modo
migliore di attaccarli, soppes le sue possibilit; solo che era
stato troppo tempo inattivo e la sua mente era lenta. Ci stava
ancora pensando quando Ferro balz all'improvviso all'attac-
co contro uno di loro e lo atterr con un grido atroce, poi
fece in tempo ad assestargli un paio di violenti cazzotti in
faccia, prima che gli altri due la afferrassero e la tirassero in
piedi.
Merda, sibil Logen. I tre lottarono nel vicolo come
folli, sbatterono contro i muri, grugnirono e imprecarono,
senza smettere di tirare calci e pugni in un groviglio di brac-
cia in movimento. A quanto pareva, il tempo per un approc-
cio ben calcolato era scaduto, quindi Logen strinse i denti e
part alla carica.
Mentre gli altri due lottavano per tenere ferma Ferro,
quello a terra s'era rimesso in piedi e cercava di scuotersi il
torpore dei pugni dalla testa. Sollev in alto il bastone cari-
cando il colpo con la schiena, pronto a rompere in due il cra-
nio di Ferro, ma Logen lanci un ruggito e la faccia masche-
rata si gir di scatto verso di lui in preda alla sorpresa.
La spalla di Logen impatt violentemente contro le costo-
le dell'uomo e la forza dello scontro fu tale da sollevarlo da
terra e mandarlo a gambe all'aria qualche passo pi gi. Con
la coda dell'occhio vide un altro alzare il bastone su di lui,
ma siccome li aveva colti con la guardia abbassata, il colpo
fu troppo debole, perci lo par con l'avambraccio, poi fece
uno scatto in avanti sotto il randello e assest due pugni ben
messi, uno con ciascuna mano, sulla maschera dell'uomo. Il
nemico agit le braccia, gi cadendo all'indietro, ma non ne
ebbe il tempo perch Logen gli afferr la giubba nera con en-
trambe le mani, lo alz e lo scagli a testa in gi contro il
muro. L'uomo rimbalz con un singulto e si accasci sull'ac-
ciottolato.
Logen si volt rapidamente coi pugni stretti, ma l'ultimo
degli uomini giaceva con un ginocchio di Ferro premuto sul-
la schiena, mentre lei lo teneva per i capelli e gli sbatteva la
testa per terra, gridando per tutto il tempo imprecazioni sen-
za significato.
Ma che cazzo hai fatto?, le grid Logen prendendola
sotto il gomito per tirarla su.
Lei si liber della sua morsa e se ne rimase l ad ansima-
re, coi pugni stretti lungo i fianchi e un rivolo di sangue che
le colava dal naso. Niente, ringhi in risposta.
Logen fece cautamente un passo indietro. Niente? Che
significa tutto questo, allora?
Lei scand ogni singola parola e gliela sput in faccia nel
suo brutto accento. Non lo so. Si pul le labbra san-
guinanti con una mano, poi si gel. Logen si guard dietro le
spalle e vide che altri tre uomini mascherati correvano verso
di loro lungo il vicoletto.
Merda!
Muoviti, muso rosa! Ferro si diede alla fuga e Logen la
segu. Che altro poteva fare? Correre. Quella terribile corsa a
perdifiato delle prede, l'attesa di un colpo alla schiena, l'ansi-
mare affaticato, gli echi dei piedi degli inseguitori.
Alti edifici bianchi scorrevano rapidi su entrambi i lati,
assieme a finestre, porte, statue, giardini. E persone anche,
che si tuffavano urlando da una parte o si schiacciavano con-
tro i muri per non essere travolte. Logen non aveva idea di
dove fossero, n di dove stessero andando. Un uomo spunta-
to dall'ingresso di una casa gli si piazz davanti con un gros-
so fascio di fogli in mano, e lui, suo malgrado, gli and ad-
dosso. I due caddero e rotolarono pi e pi volte fino a finire
nell'immondizia, avvolti dai fogli che svolazzavano tutti at-
torno a loro.
Logen prov a rialzarsi, ma gli facevano male le gambe
e non vedeva niente! Aveva un pezzo di carta sulla faccia,
e mentre lo strappava sent qualcuno prenderlo sotto il brac-
cio per trascinarlo via con s. In piedi, muoviti! Ferro. Lei
non aveva neanche il fiatone, mentre i polmoni di Logen era-
no sul punto di scoppiare nel tentativo di starle dietro; eppure
la donna lo distanziava in continuazione, senza fermarsi mai,
testa bassa e piedi scattanti.
Imbocc come un fulmine un passaggio ad arco poco pi
avanti e gli stivali dell'affaticato Logen slittarono mentre
svoltava l'angolo. Si ritrovarono in un grande spazio in pe-
nombra, circondati da travi che arrivavano in alto, come una
strana foresta di tronchi squadrati. Dove diavolo erano finiti?
C'era la luce abbagliante del giorno davanti a loro e Logen si
precipit fuori, sbattendo gli occhi. Ferro era appena dietro
di lui, che ansimava nel guardarsi in giro. Erano in mezzo a
un piccolo cerchio d'erba.
Allora Logen comprese che erano nell'arena in cui aveva
assistito al duello di spade, seduto in mezzo alla folla. Le
panche vuote si estendevano tutte intorno, costellate di car-
pentieri all'opera con seghe e martelli; gli operai avevano gi
smontato parte dei posti verso il fondo e le intelaiature svet-
tavano solitarie come costole di giganti. Logen si pieg in
due per riprendere fiato, poggi le mani sulle ginocchia mal-
ferme e lanci qualche sputo.
Che facciamo adesso?
Da questa parte. Logen si tir su con grande sforzo e la
segu barcollante, ma Ferro stava gi tornando indietro.
Non da quella parte!
E Logen vide di nuovo le nere figure mascherate. Quella
davanti, una donna alta con una selva di capelli rossi tutti
dritti sulla testa, avanz silenziosa verso il cerchio in punta
di piedi, poi fece un gesto del braccio alle proprie spalle per
ordinare agli altri due di disporsi sui lati, onde tagliare a Lo-
gen ogni via di fuga e circondarlo. Lui scocc occhiate ovun-
que in cerca di un'arma, ma non c'era nulla, solo le panche
vuote e le mura bianche dietro di esse. Ferro arretrava verso
di lui a neanche dieci piedi di distanza e, davanti a lei, altre
due maschere che avanzavano guardinghe oltre i recinti con
dei randelli tra le mani. Cinque. Cinque in tutto.
Merda, disse Logen.
Che cosa diavolo li sta trattenendo?, ringhi Bayaz,
mentre camminava avanti e indietro per la stanza. Jezal non
lo aveva mai visto contrariato e, per qualche motivo, il malu-
more del vecchio lo innervosiva. Ogni volta che si avvicina-
va, avvertiva il bisogno di ritrarsi. Io vado a farmi un ba-
gno, maledizione. Potrebbero passare mesi fino al prossimo.
Mesi! Il vecchio usc dalla stanza a grandi passi e sbatt la
porta del bagno dietro di s. Allora Jezal rimase da solo con
l'apprendista.
A parte l'et, forse, non avevano null'altro in comune da
quanto Jezal poteva vedere, quindi lo fiss con malcelato di-
sprezzo. Era pallido, ambiguo e secco, il tipico topo di bi-
blioteca. Ma che aveva tanto da lamentarsi, con quel muso
lungo che aveva messo su? Era patetico, e maleducato per
giunta! Un dannato incivile! Jezal ribolliva di rabbia, per
tacque. Chi si credeva di essere, quel poppante presuntuoso?
Non era a lui che avevano strappato la vita di dosso.
Comunque, se doveva restare solo con uno di loro, ammi-
se che gli sarebbe potuta andare peggio, perch poteva tocca-
re a quell'imbecille di Uomo del Nord, con le sue goffe, vane
chiacchiere e il suo brutto accento, oppure alla strega Gurki-
sh, sempre a fissare e fissare con quei suoi malevoli occhi
gialli. Jezal rabbrivid al solo pensiero. Persone con certe
qualit, aveva detto Bayaz. Sarebbe scoppiato a ridere, se
non fosse stato sull'orlo delle lacrime.
Si gett sui cuscini di una poltrona con lo schienale alto,
ma non trov molto conforto. In quel momento i suoi amici
erano sulla strada per l'Angland e gi gli mancavano: West,
Kaspa, Jalenhorm, persino quello stronzetto di Brint. Sulla
strada per l'onore, sulla strada per la fama. La campagna mi-
litare sarebbe gi stata conclusa da molto per quando fosse
tornato dal buco sperduto in cui il vecchio svitato lo stava
conducendo - se mai ne sarebbe tornato -, e chi lo sapeva
quando sarebbe scoppiata la prossima guerra, la prossima
opportunit per conseguire la gloria?
Quanto avrebbe voluto essere partito con gli altri per
combattere contro gli Uomini del Nord! Quanto avrebbe vo-
luto starsene con Ardee! Gli sembr fosse passata una vita
intera da quando era stato felice, e ora la sua esistenza era or-
ribile. Orribile. Si abbandon apaticamente sulla poltrona e
si chiese se le cose potevano andare peggio di cos.

Argh!, gorgogli Logen. Un randello gli colp il brac-


cio, un altro la spalla e un altro ancora il fianco. Vacill al-
l'indietro, quasi in ginocchio, e cerc di parare le batoste me-
glio che poteva. Sentiva le urla di Ferro da qualche parte alle
sue spalle, ma non capiva se fossero grida di furore oppure di
dolore, perch era troppo occupato a prendersi le botte.
Qualcosa lo colp alla testa con durezza tale da farlo in-
dietreggiare verso gli spalti. Barcoll fino a perdere l'equili-
brio e piomb in avanti, sbattendo con violenza il petto sulla
prima panca. Il respiro gli si spezz e si accorse di avere san-
gue ovunque: sulla testa, sulle mani, sulla bocca. Gli occhi
presero a lacrimargli per una botta al naso, e le nocche delle
mani sanguinavano per le escoriazioni, malconce quasi quan-
to i suoi vestiti strappati. Giacque immobile per un momen-
to, nel tentativo di recuperare le poche forze che gli restava-
no, poi scorse uno spesso pezzo di trave buttato per terra die-
tro la panca, allora lo afferr sentendo che era slegato. Lo at-
tir verso di s e apprezz la bella sensazione di possedere di
nuovo un'arma tra le mani. Era pesante.
Prese un respiro profondo in vista del prossimo sforzo,
quindi mosse pian piano le braccia e le gambe per capire se
poteva farcela, ma sembrava non avere nulla di rotto a parte
il naso, forse, e comunque non sarebbe stata la prima volta.
Sent i passi di qualcuno che si avvicinava, passi lenti, pon-
derati.
Si tir in piedi, lentamente, e cerc di fare finta di essere
stordito, ma poi si volt all'improvviso con un ruggito di bat-
taglia e sollev la trave sopra la testa. L'asse si ruppe in due
con un poderoso schianto sulla spalla del nemico e una met
vol in aria atterrando rumorosamente a una certa distanza
da loro. L'uomo emise un gemito attutito e poi croll a terra
con gli occhi strizzati, una mano premuta sul collo e l'altra
che penzolava inerte dopo aver mollato il randello. Logen
brand il corto pezzo di legno rimanente per colpirlo in fac-
cia, allora la testa dell'uomo scatt all'indietro e il suo corpo
si accasci sull'erba, intanto che da sotto la maschera strap-
pata il sangue gli si riversava a fiotti dalla bocca.
D'un tratto Logen sent come un'esplosione accecante nel-
la testa, cos potente da farlo crollare sulle ginocchia. Qual-
cuno lo aveva colpito alla nuca, e forte anche. Se ne rimase
l a ondeggiare per un momento, cerc con tutto se stesso di
non cadere in avanti, poi all'improvviso tutto torn chiaro e
vide distintamente la donna dai capelli rossi che lo sovrasta-
va, con il randello pronto a calare.
Il mondo vorticava attorno a lui, le orecchie gli ronzava-
no, ma bench goffamente, si tir in piedi per scagliarsi con-
tro di lei. Cerc di afferrarle il braccio, un po' appoggiandosi,
un po' tirandola. Per qualche attimo barcollarono di qua e di
l, avanti e indietro nel cerchio d'erba, mentre il randello ve-
niva strattonato come fosse una bottiglia contesa tra due
ubriachi, e intanto lei gli sferrava pugni ai fianchi con la
mano libera, colpi duri, dritti nelle costole.
Aargh!, ringhi. Tuttavia, si era ripreso ormai, e la don-
na pesava la met di lui, cos le torse il braccio che teneva il
randello fino a bloccarglielo dietro la schiena; lei sferr un
altro pugno, ma questa volta su un lato della sua faccia, cos
Logen torn a vedere le stelle per un istante. Poi riusc ad af-
ferrarle anche l'altro braccio e bloccarlo allo stesso modo,
dunque la costrinse a piegarsi all'indietro, poggiandosela sul
ginocchio.
Lei scalciava, si dimenava, i suoi occhi trasformati in due
fessure di collera, ma Logen la tenne stretta. Liber il brac-
cio destro dal groviglio di arti, lev il pugno in alto e glielo
piant con forza nello stomaco, al che la donna spalanc gli
occhi e cacci fuori tutta l'aria, prima di afflosciarsi. Lui la
gett da una parte, cos lei strisci a terra per un paio di pie-
di, si tolse la maschera e cominci a vomitare sull'erba.
Logen vacill per lo stordimento, scroll la testa sputando
sangue e terriccio. Oltre alla donna che vomitava, c'erano al-
tre quattro figure in nero nel cerchio, stese oppure raggomi-
tolate, una delle quali emetteva deboli grugniti mentre Ferro
la riempiva di calci. La ragazza aveva la faccia tutta insan-
guinata, ma sorridente.
Sono ancora vivo, mormor Logen tra s e s. Anco-
ra Ma poi vide altre maschere arrivare dal passaggio ad
arco. Si volt e per poco non cadde alla vista di altri quattro
che venivano dal lato opposto. Erano in trappola.
Muoviti, muso rosa! Ferro gli pass accanto come una
saetta e balz sulla prima panca, poi sulla seconda, poi sulla
terza, superandole tutte con ampie falcate. Follia. Dove sa-
rebbe andata una volta arrivata in cima? Capelli Rossi aveva
finito di vomitare e proprio allora strisciava in direzione del
suo randello, mentre gli altri li stavano rapidamente accer-
chiando, pi numerosi che mai. Ferro aveva gi risalito un
quarto degli spalti e non dava segno di voler rallentare, ma
saltava da una panca all'altra facendo traballare il legno.
Merda. Logen inizi a seguirla di corsa, ma dopo una
dozzina di panche i suoi polmoni erano di nuovo in fiamme,
perci smise di cercare di superarle a balzi e prese ad arram-
picarsi come poteva. A ogni schienale che scavalcava, poteva
vedere dietro di s gli uomini mascherati che lo inseguivano,
disposti a raggiera sugli spalti, che osservavano, indicavano,
gridavano.
Gradualmente Logen inizi a rallentare come se ogni pan-
ca fosse come una montagna, e ormai l'uomo pi vicino era
soltanto pochi posti pi in basso di lui. Tuttavia prosegu im-
perterrito la sua salita, sempre pi in alto, aggrappato al le-
gno con le mani sanguinanti, scorticandosi le ginocchia in-
sanguinate sulle panche. Il suo stesso ansimare gli rimbom-
bava nella testa, la sua pelle sudata formicolava per la paura.
D'improvviso trov il vuoto di fronte a s e si blocc sull'or-
lo del baratro con il fiato mozzo, agitando le braccia in cerca
d'equilibrio.
Era vicinissimo ai tetti degli altri edifici dietro la struttura,
ma molti dei posti a sedere sul fondo erano gi stati gi
smontati, quindi restavano soltanto le travi verticali, simili a
enormi colonne collegate da strette assi, e ai lati soltanto un
vuoto vertiginoso. Ferro salt da un montante all'altro, poi
corse lungo un'asse traballante, senza curarsi del salto pauro-
so sotto di lei, per finire su un tetto piatto dall'altra parte,
molto pi in alto rispetto a lui. A Logen sembr una bella di-
stanza da coprire.
Merda. Cominci ad attraversare la trave pi vicina,
con le braccia spalancate per mantenere l'equilibrio e i piedi
che strusciavano come se fosse un vecchio. Il cuore gli batte-
va come il martello sull'incudine di un fabbro, senza contare
che le ginocchia indebolite dall'arrampicata gli tremavano.
Tent di non fare caso alle urla e al tramestio degli uomini
che lo inseguivano e prov a concentrarsi solo sulla superfi-
cie irregolare della trave, ma non riusciva a farlo senza vede-
re anche la ragnatela di travature sotto di s e le minuscole
lastre di pietra della piazza sul fondo. In basso, molto pi in
basso.
Attravers barcollando un tratto di passerella ancora intat-
to, poi, una volta arrivato dall'altra parte, si iss su una trave
sopra la sua testa, vi strinse le gambe attorno e si trascin
con il culo ben saldo sul legno, mentre si sussurrava ripetuta-
mente: Sono ancora vivo. La maschera pi vicina era in-
tanto arrivata alla passerella e la stava percorrendo di corsa
nella sua direzione.
La trave di Logen era collegata a uno dei montanti verti-
cali, un quadrato di legno largo un piede o due, oltre il quale
c'era un salto di due passi nel vuoto; dopo di che, si incontra-
va un quadrato identico a quello, il culmine di un'altra trave
alta quanto l'albero di una nave, e poi finalmente l'asse che
conduceva al tetto piatto. Ferro lo fissava, affacciata al para-
petto.
Salta!, gli grid. Salta, bastardo di un maiale!
E Logen salt, circondato dal sibilo del vento. Con il pie-
de sinistro atterr sul piccolo scampolo di legno, dopo di che
non ebbe modo di fermarsi e il destro si pos sull'asse suc-
cessiva, poi una storta alla caviglia, un cedimento del ginoc-
chio, e il mondo si inclin. Il piede sinistro si poggi met
sul legno e met sul nulla, facendo traballare l'asse. Per un
attimo che sembr infinito rimase sospeso nel vuoto, dimen-
sionandosi in cerca di equilibrio.
Uuuf! Il parapetto gli sbatt contro il torace e lui lo arti-
gli con le mani nel tentativo di tirarsi su, ma non aveva pi
fiato, cos, pollice per pollice, in modo terribilmente lento,
cominci a scivolare. All'inizio poteva vedere la superficie
del tetto, poi solo le sue mani, e poi soltanto le pietre davanti
alla sua faccia. Aiuto, sussurr, ma non venne nessuno.
Era un bel volo, Logen lo sapeva, un volo spaventoso, e
questa volta sul fondo non c'era l'acqua in cui cadere, ma
solo roccia piatta, dura e mortale. D'un tratto sent il rumore
della maschera che stava attraversando l'asse alle sue spalle e
l'urlo di qualcuno, ma nulla aveva pi importanza ormai. Sci-
vol un altro po', mentre le sue unghie raspavano sulla malta
sgretolata. Aiuto, gracchi, ma non si fece vivo nessuno.
C'erano solo Ferro e le maschere, e quelli non parevano tipi
da aiutarti.
Poi ci fu uno schianto, seguito da un grido disperato. Fer-
ro aveva spostato l'asse con un calcio e la maschera era pre-
cipitata; il suo grido parve durare molto, ma si affievol a
poco a poco, fino a cessare bruscamente con un tonfo distan-
te. Il corpo della maschera s'era ridotto in poltiglia sul terre-
no cos lontano sotto di lui, e Logen sapeva che presto avreb-
be fatto la stessa fine. Bisogna essere realisti in queste cose.
Non ci sarebbe stato nessun fiume, nessuna sponda su cui
trascinarsi stavolta. Le sue dita scivolavano pian piano, la
malta cominciava a spaccarsi. La lotta, la corsa, l'arrampica-
ta, gli avevano risucchiato tutte le forze e adesso era troppo
debole per farcela. Si chiese che razza di suoni avrebbe lan-
ciato precipitando nel vuoto. Aiuto, borbott a mezza boc-
ca.
E delle dita forti si chiusero saldamente attorno al suo pol-
so, dita scure e sporche. Sent il grugnito di qualcuno che gli
tirava il braccio con forza. Grugn anche lui, e subito dopo il
parapetto ricomparve di fronte ai suoi occhi, assieme a Ferro,
che teneva i denti stretti e gli occhi strizzati, quasi chiusi per
lo sforzo. Vide le vene gonfie sul suo collo, la cicatrice livida
che le correva lungo la faccia scura. Logen si afferr al para-
petto con l'altra mano, si iss fino al torace e riusc infine a
poggiare un ginocchio sulla pietra.
Lei fece il resto. Logen si rotol fino ad abbandonarsi di
schiena dall'altra parte, boccheggiando come un pesce strap-
pato all'acqua, fissando il cielo bianco sopra di lui. Sono an-
cora vivo, biascic tra s e s dopo un momento, incapace
di crederci. Non sarebbe rimasto sorpreso se invece Ferro gli
avesse schiacciato le dita per farlo cadere.
La faccia di lei comparve sopra la sua, con quegli occhi
gialli puntati su di lui, i denti sbarrati in un ringhio. Stupi-
do, pesante, bastardo di un maiale!
Ferro si volt, scuotendo la testa, si diresse a un muro, co-
minci ad arrampicarsi e in un attimo s'era gi issata su un
tetto leggermente rialzato. Logen la guard con una smorfia.
Ma non si stancava mai quella? Le sue braccia erano un disa-
stro, tutte contuse e piene di graffi, e le gambe non stavano
tanto meglio, per non parlare del naso, che aveva ripreso a
sanguinare. Gli faceva male tutto. Si gir a guardare di sotto
e vide una maschera che lo scrutava dal bordo degli spalti, a
venti passi in linea d'aria; pi gi, altri si affrettavano di qua
e di l, in cerca di un modo per salire, e pi in basso ancora,
nel cerchio d'erba ingiallita, una figura esile coi capelli rossi
puntava un dito verso i posti, poi verso di lui, dando ordini ai
suoi uomini.
Prima o poi avrebbero trovato il modo di salire. Ferro sta-
va appollaiata sulla cima del tetto sopra di lui, un'ombra dai
contorni irregolari stagliata contro il cielo luminoso. Resta
qua se vuoi, abbai, poi si gir e scomparve. Logen emise
un grugnito mentre si tirava in piedi, per poi trascinarsi, sem-
pre tra i lamenti, fino al muro. Sospir e inizi a cercare un
appiglio.

Ma dove sono finiti tutti?, chiese Fratel Piedelungo.


Dov' il mio illustre datore di lavoro? Dove sono Mastro
Novedita e quell'affascinante fanciulla, Maljinn?
Jezal si guard intorno. Il pallido apprendista era troppo
concentrato sul suo scoramento personale per rispondere.
Non so che fine abbiano fatto gli altri due, ma Bayaz si sta
facendo il bagno.
Giuro di non aver mai incontrato un uomo che ama la-
varsi pi di lui. Spero che gli altri non tardino troppo. tutto
preparato, capite? La nave pronta a salpare, le provviste
sono state caricate a bordo, e rimandare una partenza non
da me. No, non lo affatto! Dobbiamo sfruttare la marea, o
rimarremo bloccati qui fino a L'ometto fece una pausa,
fissando Jezal con improvvisa preoccupazione. Ma voi siete
turbato, mio giovane amico, siete molto inquieto. Io, Fratel
Piedelungo, posso esservi di qualche aiuto?
Jezal aveva una mezza idea di dirgli di farsi gli affari suoi,
ma opt per un irritato No, no.
Scommetto che c' di mezzo una donna. Ho ragione?
Jezal gli scocc un'occhiata omicida, chiedendosi come ave-
va fatto a indovinare. Vostra moglie, forse?
No! Non sono sposato! Non nulla del genere. che,
beh, cerc le parole giuste per descrivere ci che sentiva,
ma non riusc a trovarle. Non nulla del genere, tutto qui.
Ah, fece il Navigatore, ghignando come uno che la sa
lunga. un amore proibito, dunque, un amore segreto?
Con suo grande fastidio, Jezal sent che stava arrossendo.
Ho ragione, vedo! Non c' frutto pi dolce di quello che
non si pu assaggiare, eh, mio giovane amico? Eh? Eh?
Alz e abbass le sopracciglia in un modo che a Jezal parve
molto sgradevole.
Mi chiedo che cosa stia trattenendo quei due. Non che a
Jezal importasse qualcosa, ma avrebbe detto di tutto per
cambiare argomento.
Maljinn e Novedita? Ah!, rise Fratel Piedelungo, e si
pieg verso di lui. Magari anche tra loro c' un amore se-
greto come il vostro, eh? Forse si sono rintanati in qualche
posticino a fare ci che viene loro naturale! Diede una go-
mitata alle costole di Jezal. Ve li immaginate, quei due?
Che strano sarebbe, vero? Ah ah!
Jezal fece una smorfia. Sapeva gi che l'orrendo Uomo
del Nord era una specie di animale e, dal poco che aveva vi-
sto, quella donna malefica poteva essere addirittura peggiore
di lui. La sola cosa che poteva venire naturale tra quei due
era la violenza. Nient'altro. L'idea era letteralmente rivoltan-
te. Si sentiva sporco anche solo a pensarci.

I tetti sembravano susseguirsi all'infinito. Uno su, uno gi.


Si arrampicarono sulle superfici spioventi, coi piedi che sci-
volavano su ciascun lato, costeggiarono cornicioni cammi-
nando come i granchi, saltarono su sezioni di mura che erano
sul punto di crollare. Di tanto in tanto, quando Logen alzava
lo sguardo per un momento, veniva colto dalle vertigini ve-
dendo l'ardesia umida, le tegole bucherellate e il piombo vec-
chio formare una massa compatta che si spingeva fino alle
mura distanti dell'Agriont, ma in alcuni punti si riusciva a
vedere anche oltre. Sarebbe stato stupendo se Ferro, rapida e
sicura, non lo avesse incalzato a suon di continui insulti, sen-
za dargli il tempo di pensare alla veduta o ai precipizi pauro-
si che sfioravano, o alle figure nere che di sicuro li stavano
ancora cercando l sotto.
Una delle sue maniche era stata strappata a un certo punto
durante la lotta e ora la met penzolante le sventolava attorno
al polso dandole impaccio nell'arrampicata, cos ringhi e la
strapp del tutto all'altezza della spalla. Logen sorrise, ripen-
sando agli sforzi che Bayaz aveva fatto per riuscire a farle
buttare quei vecchi stracci puzzolenti, in cambio di indumen-
ti nuovi. Adesso Ferro era pi sudicia che mai, con quella ca-
sacca inzaccherata di sudore, macchiata di sangue in alcuni
punti e incrostata dalla sporcizia raccolta a forza di strisciare
sui tetti. Ferro si guard indietro e lo sorprese mentre la os-
servava. Muoviti, muso rosa, gli sibil.
Tu non vedi i colori, giusto? Lei lo ignor e prosegu la
salita. Gir agilmente attorno a un comignolo fumante, poi
strisci sulla pancia lungo le tegole d'ardesia lurida e scivol
su uno stretto cornicione tra due tetti. Logen scese con molta
meno grazia. Nessun colore in assoluto.
Allora?, rispose lei voltando solo la testa.
Allora perch mi chiami muso rosa?
Questa volta, Ferro si gir. Perch, non sei rosa?
Logen si guard gli avambracci. A parte le chiazze livide,
i graffi rossi e le vene azzurre, erano abbastanza rosa, in ef-
fetti, perci aggrott la fronte.
Come pensavo. Lei si mosse lesta tra i tetti e, giunta al-
l'estremit opposta dell'edificio, sbirci di sotto. Logen la se-
gu, sporgendosi con cautela oltre il bordo, e vide un paio di
persone che camminavano per il viottolo l sotto. Anche l
era un bel salto e non c'era modo di scendere, pertanto dove-
vano tornare indietro da dove erano venuti; e infatti, Ferro
era gi tornata sui propri passi.
Ma poi un lato della faccia di Logen fu investito da una
raffica d'aria. Un piede di Ferro schiocc sul bordo del tetto e
la donna spicc il volo, con la schiena inarcata e gli arti im-
pazziti. Lui rimase a guardarla a bocca aperta mentre atterra-
va su un tetto piatto, fatto di piombo con screziature di mu-
schio verde. Ferro rotol una volta e balz in piedi senza
sforzo.
Logen si umett le labbra e si punt un dito al petto, al
che lei annu. Sebbene il tetto si trovasse grosso modo dieci
piedi pi in basso, in linea d'aria era distante una ventina di
piedi, e in mezzo c'era solo il vuoto. Logen arretr lentamen-
te per darsi una bella rincorsa. Prese un paio di respiri pro-
fondi, chiuse gli occhi per un momento.
Sarebbe stato perfetto, in un certo senso, se fosse caduto.
Niente canzoni su di lui, niente storie. Solo una macchia di
sangue spiaccicata su una strada da qualche parte. Cominci
a correre lo stesso. I suoi piedi tonfavano sulla pietra, l'aria
gli fischiava nella bocca, gonfiandogli i vestiti strappati. Il
tetto piatto gli venne rapidamente incontro dal basso, e Lo-
gen vi atterr con uno schianto che scosse tutto il palazzo. Si
rotol una volta, proprio come aveva fatto Ferro, e si alz in
piedi accanto a lei. Era ancora vivo.
A-ha!, grid. Che te ne pare di questo?
Si sent uno scricchiolio, poi un botto, prima che il tetto
cedesse sotto i suoi piedi. Si aggrapp disperatamente a Fer-
ro, la quale non pot fare altro che cadere assieme a lui, im-
potente. Logen precipit nel vuoto per uno spaventoso mo-
mento, gemendo mentre le sue mani si chiudevano sul nulla.
Ma alla fine si arrest contro qualcosa.
Tra colpi di tosse e nuvole di polvere, Logen scosse la te-
sta e prov a muoversi fra mille dolori. Si trovava in una
stanza che appariva buia come l'inchiostro dopo la luminosi-
t dell'esterno, mentre la polvere formava una cascata perfet-
ta, laddove la luce penetrava dal foro che il suo peso aveva
aperto nel soffitto. C'era qualcosa di morbido sotto di lui: un
letto tutto storto e mezzo collassato ormai, con le coperte
disseminate di pezzi di intonaco. Qualcosa giaceva sulle sue
gambe: Ferro. Lui scoppi in una risata accorata, perch era
passato cos tanto tempo, ma finalmente si trovava di nuovo
a letto con una donna; sfortunatamente, non proprio nel sen-
so che aveva sperato.
Stupido muso rosa del cazzo!, ringhi lei, poi si tir su
e si avvi subito verso la porta, mentre dalla schiena impol-
verata le cadevano schegge di legno e intonaco. Prov a gira-
re la maniglia. Chiusa! ch Logen le sfrecci davanti,
dando alla porta una spallata cos poderosa da scardinarla e
piombare assieme a essa sul pavimento del corridoio dall'al-
tra parte.
Ferro lo super mentre era ancora a terra. Su, rosa, for-
za! Un pezzo di legno dall'aspetto molto utile si era spacca-
to dallo stipite della porta, con un paio di chiodi che spunta-
vano da un'estremit. Logen lo afferr, poi si rimise in piedi
a fatica e cominci a percorrere il corridoio con passo pesan-
te, finch non giunse a un bivio. Altri due corridoi in penom-
bra si dipartivano su entrambi i lati, con delle finestrelle che
gettavano piccole pozze di luce fredda sul pavimento di stuo-
ia scura. Non c'era modo di indovinare da che parte fosse an-
data Ferro, perci decise di andare a destra, in direzione di
una rampa di scale.
C'era una figura che incedeva cautamente verso di lui lun-
go il corridoio scuro, lunga ed esile come un ragno nero nel
buio, in equilibrio sulla punta dei piedi. Una scheggia di luce
le illumin i capelli rossi.
Ancora tu, disse Logen, soppesando il pezzo di legno
nella mano.
Esatto. Ancora io. Si ud un tintinnio, poi si vide il bale-
nare scintillante del metallo nelle tenebre, e Logen sent che
il pezzo di legno gli veniva strappato dalle mani, per volarse-
ne oltre la spalla della donna e cadere con un clangore sul
corridoio dietro di lei. Cos era di nuovo disarmato, ma non
ebbe il modo n il tempo di preoccuparsene. Lei aveva qual-
cosa in mano, qualcosa di simile a un coltello. Qualunque
cosa fosse, gliela scagli contro, ma lui la schiv togliendosi
di mezzo e ne sent solo il fischio vicino a un orecchio; allora
la donna fece uno scatto fulmineo con l'altro polso e qualco-
sa apr un taglio sulla guancia di Logen, proprio sotto l'oc-
chio. Lui arretr contro il muro, nel tentativo di capire con
che razza di magia avesse a che fare.
Era come una croce di metallo, la cosa che aveva in
mano, con tre lame ricurve, una delle quali terminava a for-
ma di uncino, e sull'impugnatura c'era un anello da cui pen-
deva una catena, che la donna si faceva scomparire dentro la
manica.
La specie di coltello balen di nuovo e manc di un polli-
ce la faccia di Logen, ma solo perch lui si abbass prima;
sulla via del ritorno, l'arma raschi contro il muro creando
una pioggia di scintille, e poi torn con uno schiocco nel pal-
mo dell'agile mano della sua proprietaria. La donna lasci
calare la catena fino a che gli uncini non toccarono terra tin-
tinnando, poi la scagli di nuovo con un movimento improv-
viso del polso, mentre si avvicinava a Logen balzando come
una gatta. Stavolta lui non fece in tempo a spostarsi e la cosa
gli apr un lungo taglio sul petto. Alcune gocce di sangue
schizzarono sul muro.
Si tuff verso di lei, ma le sue braccia protese afferrarono
il nulla. Sent un lieve sferragliare, dopo di che il suo piede
fu trascinato via da sotto il suo corpo. La caviglia si distorse
in modo doloroso, presa dalla catena che la donna, accuccia-
ta, stava manovrando. Logen cadde di faccia e subito comin-
ci a rialzarsi, ma la catena gli avvolse il collo come un ser-
pente. Per fortuna riusc a inserire la mano tra s e il metallo
appena prima la donna cominciasse a tirare. Lei gli stava so-
pra adesso, con un ginocchio premuto sulla sua schiena, il re-
spiro sibilante attraverso la maschera, e intanto la catena
sempre pi tesa gli si conficcava nel palmo della mano.
Logen grugn, si alz in ginocchio e poi in piedi su gambe
malferme. Lei gli stava ancora aggrappata alla schiena con
tutto il suo peso, mentre stringeva la catena pi forte che po-
teva. Logen cerc di prenderla con la mano libera, ma non ci
arrivava, e non riusciva nemmeno a scrollarsela di dosso; era
come una cozza attaccata a uno scoglio, e lui ormai non re-
spirava quasi pi. Avanz barcollando di qualche passo,
quindi si gett all'indietro.
Aargh!, gli sussurr la donna all'orecchio quando tutto
il suo peso la schiacci sul pavimento. La catena si allent
abbastanza perch lui potesse sfilarsela dal collo. Era libero.
Per cui si gir e chiuse la mano sinistra attorno al collo della
donna, cominciando a stringere. Lei lo prendeva a ginocchia-
te, a pugni, ma lui la schiacciava con il suo peso e i colpi era-
no deboli. Trattennero il fiato, ringhiarono, si scambiarono
versi rochi, suoni animali con le facce distanti solo pochi
pollici. Un paio di gocce di sangue caddero dal taglio di Lo-
gen sulla maschera della donna, che cercava di graffiargli la
faccia, di respingergli la testa. Alla fine, le sue dita si fecero
strada fino al naso di Logen.
Aaaaah!, grid lui, colto da una scarica di dolore acuto
alla testa. Lasci andare la donna e si alz in piedi vacillante,
con una mano premuta sulla faccia. Tra colpi di tosse, lei
strisci via da sotto di lui e gli assest un calcio nelle costole
che lo fece piegare in due, ma Logen non aveva ancora mol-
lato la presa sulla catena, perci la tir con tutta la sua forza.
Il braccio della donna venne strattonato e lei emise un sin-
gulto mentre veniva attirata verso di lui, o meglio, verso il
suo ginocchio, che le affond nel fianco e le tolse il respiro.
Logen la prese per il retro della casacca, la sollev quasi da
terra e la scaravent per le scale.
La donna rotol, rimbalzando e sbattendo contro gli scali-
ni, finch non si ferm su un fianco a qualche gradino dalla
base. Logen era mezzo tentato di scendere a finire il lavoro
iniziato, ma non aveva tempo, perch da dove era venuta lei
ne sarebbero venuti altri, dunque si volt e prese a zoppicare
dalla parte opposta del corridoio, maledicendo la caviglia do-
lorante.
Gli giungevano rumori da tutte le direzioni, suoni di pro-
venienza sconosciuta che riecheggiavano tra le mura fino a
lui. Sferragliamenti, schianti lontani, grida, urla. Avanzava
claudicante, sudato fradicio, con una mano poggiata al muro
per sostenersi, e intanto fissava l'oscurit davanti a s. Sbir-
ci da dietro un angolo per vedere se c'era via libera e fu al-
lora che sent qualcosa di freddo strisciargli sotto il collo. Un
coltello.
Ancora vivo?, gli sussurr una voce nell'orecchio.
Non muori tanto facilmente, eh, muso rosa? Ferro. Lenta-
mente, Logen le allontan il braccio.
Dove hai preso il coltello? Anche lui ne voleva uno.
Me l'ha dato lui. C'era una figura raggomitolata per ter-
ra nell'ombra a ridosso del muro, attorno alla quale il pavi-
mento di stuoia era tutto intriso di sangue nero. Per di qua.
Ferro si mosse furtiva lungo il corridoio, piegata in avanti
e celata dall'oscurit. Logen poteva ancora sentire rumori
sotto di loro, vicino a loro, tutto intorno a loro. Scesero una
rampa di scale che portava a un andito buio, ricoperto da
pannelli di legno scuro. Ferro passava rapida di ombra in
ombra, ma Logen non poteva fare altro che seguirla zoppi-
cando sulla gamba malconcia, sempre sforzandosi di non
lanciare lamenti ogni volta che scaricava il peso sulla cavi-
glia.
Eccoli! Sono l! Figure, nel corridoio tenebroso alle
loro spalle. Logen si gir per fuggire, ma Ferro allung un
braccio per fermarlo: ce ne erano altri che arrivavano dalla
parte opposta. Poi, alla sua sinistra, Logen scorse una grossa
porta socchiusa.
Qui dentro! Spalanc l'uscio seguito da Ferro, che si
fiond immediatamente dietro di lui. Appena superata la por-
ta, c'era un mobile pesante, una specie di massiccia credenza
con degli scaffali pieni di piatti sulla parte alta. Logen ne af-
ferr un lato, trascin il mobile davanti alla porta, mandando
in frantumi un paio di piatti, e poi vi si appoggi con la
schiena. Questo li avrebbe fermati almeno per qualche mo-
mento.
Si trovavano in un'ampia stanza con il soffitto a volta
dove due enormi finestre occupavano quasi tutta una parete
rivestita di pannelli di legno, mentre sul muro opposto c'era
un grande caminetto di pietra. In mezzo alla sala c'era un
lungo tavolo, affiancato da dieci sedie per ciascuno dei due
lati, apparecchiato con posate e candele. Era dunque una spa-
ziosa sala da pranzo, con una sola entrata. E quindi anche
una sola uscita.
Logen sent delle grida attutite da oltre la porta, poi la
grossa credenza traball a contatto con la sua schiena. Un al-
tro piatto cadde da uno scaffale, gli rimbalz sulla spalla e si
spacc in mille pezzi sul pavimento.
Gran bella idea del cazzo hai avuto!, ringhi Ferro. I
piedi di Logen slittavano a terra mentre cercava di tenere in
piedi il mobile che dondolava. Lei si precipit alla finestra
pi vicina, armeggi con l'intelaiatura di metallo che soste-
neva le piccole lastre di vetro e cerc di far leva con le un-
ghie, ma non c'era modo di uscire di l.
Allora Logen scorse un antico spadone montato sul cami-
no per decorazione. Un'arma. Diede un'ultima spinta alla cre-
denza, prima di correre ad afferrare la lunga elsa con tutte e
due le mani e strappare cos la spada dai suoi sostegni. Seb-
bene fosse affilata quanto un aratro e punteggiata dalla ruggi-
ne, la pesante lama appariva ancora resistente non tanto da
tagliare un uomo in due, ma abbastanza da atterrarlo. Si vol-
t proprio nel momento in cui la credenza si ribaltava e una
cascata di stoviglie scrosciava frantumandosi sul pavimento
di pietra.
Figure nere, mascherate, presero a riversarsi nella stanza.
Il primo impugnava un'ascia dall'aspetto letale, quello dopo
una spada con la lama corta, e quello dopo ancora - pelle
scura e anelli dorati infilati nelle orecchie - una lunga daga
ricurva in ciascuna mano.
Quelle non erano armi fatte per stordire un uomo, quanto
piuttosto per fargli uscire le cervella dal cranio, dunque, a
quanto pareva, quei tipi non avevano pi intenzione di fare
prigionieri. Armi di morte, fatte per uccidere. Beh, tanto me-
glio, si disse Logen. Una cosa si pu ben dire di Logen No-
vedita, proprio l'unica possibile: che un assassino. Squadr
gli uomini mascherati di nero, che scavalcavano la credenza
rovesciata e si disponevano cautamente lungo la parete oppo-
sta. Logen scocc un'occhiata a Ferro, che aveva le labbra ri-
tratte e brandiva il coltello con occhi gialli e scintillanti. Ta-
st l'impugnatura della spada rubata, che era pesante, brutale.
L'arma adatta allo scopo, per una volta.
Si lanci con un urlo micidiale contro la maschera pi vi-
cina a lui, mulinando la spada in alto sopra la testa, e anche
se l'uomo cerc di schivare il colpo, la punta della lama gli
trafisse una spalla e lo fece annaspare. Dopo di lui, un altro
balzato al suo posto inizi a menare accettate, di fronte alle
quali Logen si ritrasse, incespicante e ansimante ogni volta
che scaricava il peso sulla caviglia distorta.
Agit il braccio con la spada in pugno, ma erano in troppi.
Uno si frappose tra lui e Ferro salendo sul tavolo, poi qualco-
sa colp Logen alla schiena e lui si gir scivolando sui piedi
malfermi, mentre la lama trapassava qualcosa di morbido. Si
sent un grido, ma gi quello con l'ascia stava per avventarsi
di nuovo. Tutto era un caos di maschere e ferro, schianti e ra-
schi d'armi, imprecazioni, grida, singulti.
Logen cercava di anticipare i colpi, ma era talmente stan-
co, talmente ferito e dolorante che la spada, gi pesante,
sembrava diventarlo ogni attimo di pi. Quando la maschera
zigzag lontana dalla sua lama, questa sbatt contro il muro
con un clangore e spacc un grosso pezzo della pannellatura
di legno, fino a intaccare l'intonaco sotto di essa. Il forte col-
po per poco non gli strapp la spada dalle mani.
Uuuff, esal, prendendosi una ginocchiata nello stoma-
co. Qualcosa lo colp a una gamba e lui rischi di cadere per
terra. Sentiva qualcuno che gridava alle sue spalle, ma sem-
brava distante. Il petto gli faceva male, la bocca era amara,
c'era sangue su di lui - ne era ricoperto - e non riusciva a re-
spirare. La maschera si fece sotto una, due volte, mentre sor-
rideva gi nel pregustare la vittoria. Logen arretrava sempre
di pi verso il camino, trascinando il piede, e alla fine croll
su un ginocchio.
Tutte le cose giungono alla fine.
Non ce la faceva pi a sollevare quel vecchio spadone, la
forza in lui s'era prosciugata. Basta. I contorni della stanza
iniziarono a offuscarsi.
Tutte le cose giungono alla fine, altre invece rimangono
semplicemente sopite, dimenticate
Logen sent una sensazione di gelo strisciargli nello sto-
maco, una sensazione che non sentiva pi da tanto tempo.
No, sussurr. Mi ero liberato di te. Ma era troppo tardi.
Troppo tardi
c'era sangue su di lui, e questo era bene. C'era sempre
sangue. Solo che era inginocchiato, e questo era male, perch
Novedita il Sanguinario non si inginocchia davanti a nessu-
no. Le sue dita cercarono le crepe tra i mattoni del camino,
insinuandosi tra di esse come radici di alberi antichi. Si tir
su e sorrise quando sent che gli faceva male la gamba, per-
ch il dolore era come legno che alimentava le fiamme.
Qualcosa si muoveva di fronte a lui: uomini mascherati. Ne-
mici.
Cadaveri, dunque.
Sei ferito, Uomo del Nord! Gli occhi di quello pi vici-
no brillarono al di sopra della maschera, mentre la lama scin-
tillante dell'ascia danzava nell'aria. Non vuoi ancora arren-
derti?
Ferito? Novedita il Sanguinario gett la testa all'indie-
tro e scoppi a ridere. Te lo faccio vedere io chi cazzo fe-
rito! Si tuff in avanti, si abbass sotto l'ascia con un movi-
mento fluido, sfuggente come i pesci nel fiume, e con la pe-
sante spada tracci un ampio arco in basso. In questo modo,
con un unico movimento, prima gli falci un ginocchio, che
si pieg all'indietro in maniera innaturale, poi gli stronc an-
che l'altra gamba, strappandogliela via da sotto il corpo, allo-
ra l'uomo lanci un grido soffocato dalla maschera e gir pi
volte su se stesso, quasi sospeso a mezz'aria con le gambe fe-
rite che si agitavano.
Qualcosa affond nella schiena del Sanguinario, ma egli
non sent dolore. Era un segno, un messaggio in una lingua
segreta che soltanto lui poteva capire. Gli diceva dov'era il
prossimo uomo che sarebbe morto. Vortic, e la spada lo se-
gu in un furioso, stupendo arco inarrestabile, che and a fi-
nire nelle budella di qualcuno. L'impatto fu talmente forte
che non solo l'uomo si pieg in due, ma fu anche sollevato
da terra e scagliato contro il muro accanto al caminetto, dove
si accasci assieme a una pioggia di pezzi di intonaco.
Un pugnale balen, sibilante, penetrando con uno schioc-
co umido nella spalla del Sanguinario. Quello nero, quello
con gli anelli infilati alle orecchie, gliel'aveva lanciato da ol-
tre il tavolo, tutto sorridente e compiaciuto di aver colto il
bersaglio. Terribile errore, perch Novedita il Sanguinario
stava andando a prenderlo. Un altro coltello gli sfrecci vici-
no, ma fin contro il muro, cos il Sanguinario sal sul tavolo
con la spada in mano.
L'uomo nero schiv il primo grande fendente e anche il
secondo. Rapido, astuto, ma non abbastanza. Il terzo tentati-
vo lo prese al fianco, ma fu soltanto un piccolo assaggio che
gli ruppe le costole e lo fece inginocchiare con un grido.
L'ultimo colpo fu molto meglio: un fendente di carne e ferro,
che gli affond nella guancia e si port via met del cranio,
dopo di che un getto di sangue lord i muri. Il Sanguinario si
strapp il pugnale dalla spalla, lo gett per terra, e un fiotto
di sangue prese a ruscellare dalla ferita, creando una grossa
macchia rossa, tiepida e deliziosa.
L'uomo nero ciondol inerte e poi cadde come foglia che
si stacca dall'albero, rotolando sul pavimento. Un altro uomo
gli si lanci contro, ma la sua spada con la lama corta tagli
soltanto l'aria dove prima c'era il Sanguinario e, prima che
potesse voltarsi, la furia fu su di lui, con la mano sinistra che
gli avvolgeva i polsi. La maschera prov a dibattersi, ma era
inutile; la presa del Sanguinario era salda come le radici del-
le montagne e implacabile come la marea. Mandano quelli
come te a combattermi? Sbatt l'uomo contro il muro e co-
minci a stringergli le mani attorno all'impugnatura dell'ar-
ma, forzandole a girarsi finch la lama non fu rivolta dritta al
petto del suo proprietario. Un fottuto insulto!, rugg, spu-
tando sulla sua stessa spada.
L'uomo grid, ancora e ancora, dietro la sua maschera, ma
il Sanguinario rise e continu a girare la lama. Logen avreb-
be avuto piet, ma Logen era lontano in quel momento e il
Sanguinario era impietoso come l'inverno. Anche di pi.
Conficc, squarci, tagli, sorrise, mentre le urla morivano a
poco a poco; e quando l'uomo smise di gridare, il Sanguina-
rio lasci che il cadavere si afflosciasse sulle pietre fredde.
Le sue dita erano viscide di sangue e lui se le pul sui vestiti,
sulle braccia, sulla faccia, come doveva essere.
Quello accanto al caminetto era seduto con il capo abban-
donato all'indietro, il corpo inerte e gli occhi simili a sassi
umidi che fissavano il soffitto. Era tornato alla terra, ormai,
per il Sanguinario gli fracass la faccia lo stesso, tanto per
essere sicuro. Meglio non restare nel dubbio. Quello con l'a-
scia, invece, strisciava verso la porta, trascinando lungo il
pavimento le gambe distorte in posizioni innaturali; senza
smettere di frignare, n di ansimare.
Silenzio adesso. La pesante lama affond nei retro del
cranio dell'uomo e liber una marea di sangue sui pavimento.
Ancora, sussurr, mentre si girava per la stanza in cerca
del prossimo da ammazzare. Ancora!, url. Scoppi a ri-
dere, e le mura, i cadaveri, tutti risero assieme a lui. Dove
sono gli altri?
Allora vide una donna dalla pelle scura, con uno sfregio
sanguinante in faccia e un pugnale in mano. Non pareva
come gli altri, ma avrebbe comunque fatto al caso suo, cos
sorrise e avanz guardingo verso di lei, la spada sollevata
sulla testa con entrambe le mani. La donna arretr senza
staccare lo sguardo da lui e and a ripararsi dietro il tavolo,
fissandolo con certi occhi duri, gialli come quelli del lupo.
Una vocina gli disse che lei stava dalla sua parte. Peccato.
E cos tu sei l'uomo che viene dal Nord, eh?, chiese una
sagoma gigantesca comparsa sulla porta.
S. Chi vuole saperlo?
Lo Spaccamassi.
Quello era bello grosso, tosto e selvaggio. Se ne accorse
dal modo in cui scans la credenza con l'enorme stivale e
avanz schiacciando le stoviglie in frantumi. Ma per Novedi-
ta il Sanguinario non faceva alcuna differenza, poich lui era
fatto per spezzare uomini come quello. Tul Duru Testadituo-
no era pi grosso, Rudd Tretronchi era pi tosto, e Dow il
Nero era selvaggio il doppio di quel bestione, eppure il San-
guinario li aveva piegati a s, quelli e molti altri oltre a loro.
Pi fosse stato grosso, tosto e selvaggio, peggiore sarebbe
stata la sua sconfitta.
Il Cacamassi?, rise il Sanguinario. Chi cazzo se ne fre-
ga? Sei il prossimo a crepare e nient'altro! Alz la mano si-
nistra, imbrattata di sangue, divaric tre dita e ghign attra-
verso il buco dove in passato, tanto tempo prima c'era stato il
dito medio. Mi chiamano Novedita il Sanguinario.
Bah! Lo Spaccamassi si strapp la maschera e la gett
per terra. Bugiardo! Ci sono tanti uomini nel Nord che han-
no perso un dito, e non tutti sono Novedita!
No, infatti. Solo io.
Il faccione si contrasse per la rabbia. Sei un fottuto bu-
giardo! Credi di spaventare lo Spaccamassi con un nome che
non il tuo? Io ti apro il culo, verme! Ti cancello dalla faccia
della terra, ti ammazzo, fottuto bugiardo cagasotto!
Ammazzare me? Il Sanguinario rise pi forte che mai.
Sono io che ammazzo qui, idiota!
Il colloquio era finito. Lo Spaccamassi lo aggred con l'a-
scia in una mano e la mazza nell'altra, entrambe armi molto
pesanti, ma lui le brandiva con sufficiente rapidit. Diede su-
bito un ampio colpo di mazza, che ruppe il vetro di una delle
finestre, poi si fece sotto con l'altra arma spaccando a met
una delle doghe del tavolo, sul quale i piatti saltarono e le
candele si rovesciarono. Il Sanguinario si scans svelto come
una rana saltatrice e attese il suo momento.
La mazza gli manc la spalla di un pollice mentre lui si
rotolava sul tavolo, quindi cal su una delle grosse mattonel-
le piatte del pavimento, spaccandola al centro e facendo
schizzare in aria frammenti di pietra. Lo Spaccamassi rugg e
mulin le armi: schiant in due una sedia, stacc un pezzo di
roccia dal caminetto, apr un grosso foro nel muro. Poi la sua
ascia si incastr nel legno per un istante e il Sanguinario ne
approfitt per spaccarne il manico in due met scheggiate,
con un solo, rapido fendente. Lo Spaccamassi era rimasto so-
lamente con un bastone di legno rotto tra le grinfie, perci lo
gett via e sollev la mazza, che brand con ferocia ancora
maggiore e grida ancora pi furiose.
La mazza falci l'aria, ma la spada del Sanguinario la
morse appena sotto la punta, strappandola dalla grossa mano
che la impugnava e facendola vorticare in aria per atterrare
in un angolo. Allora lo Spaccamassi si fece sotto con le gros-
se mani aperte, ma era troppo vicino per la spada del Sangui-
nario adesso, perci sorrise quando chiuse le enormi braccia
attorno al corpo dell'avversario e cominci a stringere, a
strizzare. Preso!, grid, avvolgendolo in un abbraccio da
spezzare le ossa.
Terribile errore. Sarebbe stato meglio abbracciare le fiam-
me cocenti.
Crac!
La fronte del Sanguinario impatt contro la bocca dello
Spaccamassi. Non appena sent la presa del nemico allentarsi
un po', il Sanguinario inizi a contorcere le spalle in cerca di
spazio, a dimenarsi, a strisciare via come una talpa nella sua
tana. Tir la testa pi indietro che pot come un caprone che
carica. La seconda testata spacc a met il naso piatto dello
Spaccamassi, il quale emise un grugnito e allent, suo mal-
grado, ancora di pi la presa. Dopo la terza testata, che gli
frantum io zigomo, finalmente le sue braccia caddero. La
quarta gli ruppe la poderosa mascella. Adesso era il Sangui-
nario a trattenere l'altro, sorridendo mentre con la fronte gli
faceva a pezzi la faccia gi devastata. Come un picchio che
martella. Cinque. Sei. Sette. Otto. Un ritmo appagante scan-
diva la rottura delle ossa della sua faccia. Nove, e moll lo
Spaccamassi, che si afflosci di lato e piomb per terra in
una posizione scomposta, la faccia distrutta ridotta a una pol-
tiglia di sangue.
Allora, ne hai abbastanza?, rise il Sanguinario nel pulir-
si il sangue dagli occhi, prima di dare un paio di calci al cor-
po senza vita dello Spaccamassi. La stanza girava attorno a
lui, pareva fluttuare, e lui rideva, rideva. Ne hai cazzo
Fece un passo vacillante, sbatt gli occhi come se avesse
molto sonno, come un fal che comincia a spegnersi. No
non ancora Croll sulle ginocchia. Non ancora. C'era an-
cora altro da fare, c'era sempre altro da fare.
Non ancora, ringhi, ma il suo tempo era scaduto

Logen lanci un grido e cadde a terra. Il dolore era


ovunque, alle gambe, alle spalle, alla testa. Gemette fintanto
che il sangue non gli scese in gola e minacci di strozzarlo,
allora toss, ansim e si gir sul torace raspando il pavimen-
to. Il mondo era tutto offuscato. Rigurgit il sangue e se lo
lasci colare dalle labbra, e quando ebbe finito ricominci a
gemere.
Una mano gli tapp la bocca. Smettila di piagnucolare,
dannato maiale! Mi senti? Una voce gli sussurrava all'orec-
chio con una certa urgenza. Una voce strana, dura. Smettila,
o ti lascio qui, chiaro? Hai una sola possibilit! Quando la
mano si allontan, l'aria fuoriusc dai suoi denti sbarrati in un
lamento acuto, profondo, ma non troppo rumoroso.
Una mano gli afferr il polso con forza per sollevargli il
braccio, e lui trattenne il fiato quando sent il suo stesso arto
distendersi, tutto il suo corpo trascinato su qualcosa di duro.
Una tortura. In piedi, bastardo, non posso portarti in spalla!
In piedi, adesso! Ultima possibilit, chiaro?
Venne sollevato pian piano e si aiut con una spinta delle
gambe. Il respiro sibilava come se gli si fosse incagliato in
gola, ma poteva farcela. Piede sinistro, piede destro. Facile.
Ma il ginocchio cedette e una scarica di dolore gli percorse
tutta la gamba, cos grid di nuovo e cadde strisciando sul
pavimento. Meglio restare fermi. Gli occhi si chiusero da
soli.
Poi sent qualcuno schiaffeggiarlo forte in faccia, una, due
volte. Emise un grugnito. Qualcosa gli si insinu sotto l'a-
scella e cominci a tirarlo in piedi.
Muoviti, muso rosa! In piedi, o me ne vado. Ultima pos-
sibilit, mi senti?
Inspira, espira. Piede sinistro, piede destro.
Piedelungo non stava fermo un attimo per la preoccupa-
zione. Prima tamburellava le dita sul bracciolo della poltro-
na, poi le picchiettava singolarmente, mentre scuoteva la te-
sta in uno sproloquio continuo a proposito della marea. Jezal
taceva, nella fievole speranza che i due selvaggi fossero an-
negati nel fossato e che tutta l'avventura si sarebbe perci ri-
solta nel nulla. C'era ancora tempo sufficiente per raggiunge-
re l'Angland. Forse non tutto era perduto
Ud la porta aprirsi dietro di s e tutti i suoi sogni svaniro-
no in un soffio, anzi la disperazione lo assal di nuovo ma,
non appena si gir, venne subito soppiantata dall'orrore e
dallo sgomento.
All'ingresso c'erano due figure malridotte, ricoperte di
sangue e sporcizia. Demoni, di certo, scappati dai portali del-
l'inferno. La donna Gurkish imprecava nel trascinarsi nella
stanza. Novedita teneva un braccio appoggiato sulle spalle di
lei, e l'altro che ciondolava come fosse pesantissimo, mentre
il sangue gocciolava dalla punta delle dita, e la testa era ab-
bandonata da una parte.
Fecero un paio di passi barcollanti, prima che l'Uomo del
Nord inciampasse contro la gamba di una sedia e sia lui che
la donna crollassero al suolo. Lei ringhi, si scroll di dosso
il braccio molle dell'uomo, lo spinse da parte e si tir in pie-
di. Novedita si rotol lentamente sulla pancia tra un lamento
e l'altro, mostrando un taglio profondo sulla spalla, dal quale
il sangue prese a riversarsi sul tappeto. Era rosso in quel pun-
to, come la carne fresca nella bottega di un macellaio. Jezal
deglut, inorridito e affascinato allo stesso tempo.
Oh, respiro divino!
Sono venuti a prenderci.
Cosa?
Chi venuto?
Una donna gir cautamente attorno allo stipite della porta.
Aveva i capelli rossi, era vestita interamente di nero, e porta-
va una maschera sulla faccia. Una Pratica, diceva la mente
intorpidita di Jezal, ma non riusciva a capire perch fosse
piena di lividi e zoppicasse in quel modo. Un altro uomo
comparve dietro di lei, ma armato di una spada pesante.
Tu vieni con noi, esord la donna.
Obbligami! Maljinn le sput. Jezal vide scioccato che
aveva tirato fuori un coltello da chiss dove, e insanguinato
per giunta. Non avrebbe dovuto portare armi, non l nell'A-
griont!
Poi si ricord come uno stupido che anche lui portava una
spada. Ma certo che la portava. Dunque armeggi con l'elsa e
la estrasse, con la vaga intenzione di colpire di piatto la nuca
del demonio Gurkish prima che potesse causare altri danni.
Se l'Inquisizione la voleva, che se la prendesse pure, lei e tut-
ti gli altri. Sfortunatamente, per, i Pratici fraintesero le sue
intenzioni.
Buttala, sibil la donna dai capelli rossi, lanciandogli
uno sguardo assassino dagli occhi socchiusi.
Certo che no!, ribatt Jezal, tremendamente offeso che
la donna l'avesse giudicato dalla parte di quei bruti.
Ehm, fece Quai.
Aaaah, gemette Novedita, afferrando il tappeto con la
mano insanguinata per attirarlo a s facendo spostare il tavo-
lo sopra di esso.
Un terzo Pratico scivol oltre la porta, super la donna dai
capelli rossi e brand una grossa mazza nella mano inguanta-
ta. Arma dall'aspetto poco amichevole. Jezal non pot fare a
meno di immaginarsi l'effetto di quella cosa picchiata dura-
mente sulla sua testa. Tast l'elsa della spada con le dita insi-
cure e sent il terribile bisogno che qualcuno gli dicesse cosa
fare.
Con noi, ripet la donna, mentre i suoi due amici avan-
zavano lenti nella stanza.
Oh, povero me, mormor Piedelungo, e si ripar dietro
il tavolo.
D'un tratto, la porta del bagno sbatt contro la parete. Ba-
yaz se ne stava l, completamente nudo e gocciolante di
schiuma. Con lentezza, il suo sguardo si pos prima su Fer-
ro, corrucciata e con il pugnale in mano, poi su Piedelungo
nascosto dietro il tavolo, quindi su Jezal con la spada snuda-
ta, e infine su Quai con la bocca aperta. Vide Novedita steso
in una pozza di sangue e le tre figure nere mascherate con le
armi pronte.
Segu una pausa carica di tensione.
Che cazzo succede?, rugg, mentre si portava deciso al
centro della stanza, intanto che l'acqua gli gocciolava dalla
barba, gli scivolava tra i peli grigi e bianchi del petto e scor-
reva fin gi, agli organi sbatacchianti. Era uno strano vedere:
un vecchio nudo che affrontava tre Pratici armati dell'Inqui-
sizione. Ridicolo, eppure nessuno rideva. C'era qualcosa di
misteriosamente terrificante in lui, anche se era senza vestiti
e bagnato fradicio. Stavolta furono i Pratici ad arretrare, con-
fusi, persino spaventati.
Lei viene con noi, ribad la donna, malgrado la sua
voce avesse assunto un tono pi dubbioso. Uno dei suoi
compagni avanz cautamente verso Bayaz.
Allora Jezal sent una strana sensazione nello stomaco,
come se qualcosa gli avesse risucchiato tutto dentro e gli
avesse lasciato solo un vuoto. Simile a ci che gli era succes-
so sul ponte, all'ombra del Palazzo del Creatore, ma stavolta
era peggiore. La faccia dello stregone era diventata durissi-
ma. La mia pazienza si sta esaurendo.
Come una bottiglia caduta da una grande altezza, il Prati-
co pi vicino esplose. Non ci furono schianti di tuoni, soltan-
to un dolce sciaguattare. Un momento era l, tutto intero, che
si muoveva verso il vecchio con la spada alzata, e il momen-
to dopo era ridotto in un migliaio di pezzi. Qualche parte di
lui, chiss quale, si spiaccic viscida sull'intonaco accanto
alla testa di Jezal. La spada del Pratico cadde sferragliando
sulle assi.
Dicevi?, ringhi il Primo Mago.
Jezal rimase a bocca aperta, le ginocchia presero a tremar-
gli, assalito dalle vertigini e dal senso di svenimento dentro
sentiva soltanto un vuoto atroce. C'erano gocce di sangue
sulla sua faccia, ma non os muovere un muscolo per pulirsi
e rimase invece a fissare l'uomo nudo, incapace di credere ai
suoi occhi. Dunque, aveva appena visto il vecchio guitto be-
nintenzionato trasformarsi in un brutale assassino, che aveva
ucciso senza la bench minima esitazione.
La donna dai capelli rossi, lorda di sangue, pezzi di carne
e frammenti d'osso, aveva due occhi spalancati grossi come
due piatti. Inizi a indietreggiare pian piano verso la porta, e
l'altro che la seguiva per poco non inciamp sul piede di No-
vedita, tanta era la fretta di svignarsela. Tutti gli altri rimase-
ro immobili come statue. Jezal sent i passi veloci dei due
Pratici lungo il corridoio che scappavano per salvarsi e lui
quasi li invidi, perch loro stavano fuggendo da quell'incu-
bo, mentre lui vi era intrappolato.
Dobbiamo andarcene immediatamente!, sentenzi Ba-
yaz, facendo una smorfia come di dolore. Non appena mi
sar infilato un paio di calzoni. Piedelungo, aiutalo!, grid
rivolto all'indietro. Una volta tanto, il Navigatore non sapeva
che dire, e si limit a sbattere le palpebre, alzarsi da dietro il
tavolo e piegarsi sull'Uomo del Nord ancora privo di sensi.
Strapp un brandello della sua camicia cenciosa per usarlo
come fasciatura, ma poi si blocc e corrucci la fronte, come
se non sapesse da dove cominciare.
Jezal deglut. Teneva la spada ancora in mano, ma solo
perch gli mancava la forza per rinfoderarla. I pezzi dello
sventurato Pratico erano sparsi per tutta la stanza, incollati ai
muri, al soffitto e alle persone. Jezal non aveva mai visto un
uomo morire, e di una morte cos innaturale e raccapricciante
poi! Sapeva di dover provare orrore, per ci che provava
davvero era un senso di sollievo opprimente. Le sue preoccu-
pazioni sembrarono all'improvviso tutte sciocchezze.
Lui, quantomeno, era ancora vivo.
46.

Gli strumenti che ci restano

Glokta se ne stava nello stretto ingresso ad aspettare, ap-


poggiato al suo bastone. Dall'altra parte della porta sentiva
delle voci che urlavano.
Ho detto niente visitatori!
Sospir. Aveva cose ben pi importanti da fare, invece
che restarsene l impalato con la gamba in fiamme, ma aveva
dato la sua parola e intendeva mantenerla. Un misero, banale
ingresso in una misera, banale casetta tra centinaia di altre
uguali. Tutto il quartiere era di costruzione recente e proget-
tazione all'avanguardia, fatto di case a schiera in legno e mu-
ratura su tre livelli, perfette per una famiglia e un paio di ser-
vi, forse. Ce n'erano a centinaia cos, una identica all'altra.
Abitazioni per gente benestante, il nuovo ceto abbiente. Ple-
bei arricchiti, come li avrebbe chiamati Sult: banchieri, mer-
canti, artigiani, negozianti, impiegati. Magari ci trovi anche
la casa di qualche signorotto di campagna che ha avuto suc-
cesso nella vita, proprio come in questo caso.
Le voci erano cessate. Glokta sent del trambusto, un tin-
tinnio di vetro, poi la porta si apr di uno spiraglio e la dome-
stica, una ragazza bruttina con due occhioni umidi che sbir-
ciavano con aria colpevole e spaventata, si affacci. Tanto ci
sono abituato. Tutti sembrano colpevoli e spaventati di fron-
te all'Inquisizione.
Ora pu ricevervi, mormor la serva. Glokta annu e si
trascin nella stanza superando la ragazza.
Aveva ricordi vaghi di quella settimana estiva trascorsa a
casa della famiglia di West nell'Angland, forse una dozzina
d'anni prima, anche se sembrava trascorso un secolo. Ricor-
dava di come tirava di scherma assieme a West nel cortile di
quella casa, di fronte agli occhi di una ragazzina coi capelli
scuri e la faccia seria che li guardava ogni giorno. Ricordava
di aver incontrato una giovane donna al parco non molto
tempo addietro e che lei gli aveva chiesto come stesse. In
quel momento, un dolore lancinante gli stava offuscando la
vista, quindi non rammentava distintamente il volto della ra-
gazza. Dunque non sapeva che aspettarsi, per di certo non si
aspettava i lividi. Rimase un tantino scioccato, sul momento.
Anche se lo nascondo bene.
Scuri, violacei, marroni e gialli sotto l'occhio sinistro; il
labbro inferiore era molto gonfio e anche un angolo della
bocca era tumefatto, escoriato e spaccato. Glokta ne sapeva
molto sui lividi, pochi erano pi esperti di lui. E non penso
proprio che se li sia procurati per sbaglio. Qualcuno l'ha
presa a pugni in faccia, qualcuno che ne aveva tutta l'inten-
zione. Guard quei brutti segni e ripens al suo amico Col-
lem West, che si era sciolto in lacrime nella sua sala da pran-
zo mentre lo implorava di aiutarlo. Allora colleg le due
cose.
Interessante.
Lei rest tutto il tempo seduta a ricambiare il suo sguardo
con il mento all'ins, porgendogli il lato del viso coi lividi
peggiori, come se volesse sfidarlo a dire anche solo una pa-
rola. Non somiglia molto a suo fratello. Anzi, non gli somi-
glia per niente. Non penso che sia il tipo da scoppiare a
piangere nella mia sala da pranzo, o in qualunque altro po-
sto.
Cosa posso fare per voi, Inquisitore?, gli chiese gelida.
Glokta si accorse che "Inquisitore" fu pronunciato in modo
leggermente farfugliato. ubriaca ma lo nasconde bene.
Il bere non basta a renderla stupida. Glokta arricci le lab-
bra. Per qualche ragione sent di dover fare molta attenzione.
Non sono qui per ragioni professionali. Vostro fratello
mi ha chiesto di
La ragazza lo interruppe ineducatamente. Lui? Davvero?
Siete dunque venuto a vedere che non mi scopi l'uomo sba-
gliato? Glokta fece una pausa, in attesa di recepire per bene
quelle parole, poi cominci a ridacchiare piano tra s e s.
Oh, grandioso! Inizia a piacermi, questa ragazza! Qualcosa
vi fa ridere?, domand lei irritata.
Perdonatemi, ribatt lui, asciugandosi l'occhio lacri-
mante con un dito, ma ho passato due anni nelle prigioni
dell'Imperatore. Ammetto che, se all'inizio avessi saputo di
doverci rimanere cos a lungo, avrei fatto uno sforzo maggio-
re per farmi ammazzare. Settecento giorni, grosso modo, nel-
la pi completa oscurit. Viene da pensare che un uomo non
possa andare pi vicino all'inferno di cos. Il punto questo:
se volete turbarmi dovrete ricorrere ad altro, perch il lin-
guaggio volgare non mi impressiona.
Glokta le rivolse il suo ghigno pi rivoltante, sdentato e
folle. Poca gente aveva il fegato di sostenere quel sorriso a
lungo, ma la ragazza non distolse lo sguardo per un istante,
anzi, presto anche lei gli rivolse un ghigno, un sorriso
sghembo tutto suo che Glokta trov stranamente disarmante.
Forse un cambio di direzione.
Vedete, vostro fratello mi ha chiesto di prendermi cura di
voi mentre sar via. Per quanto mi riguarda, voi potete sco-
parvi chi volete, ma la mia esperienza del mondo in generale
mi dice che, quando in ballo la reputazione di giovani fan-
ciulle, meno si scopa e meglio . Mentre vero il contrario
per i giovani uomini. ingiusto, ma d'altra parte la vita in-
giusta in cos tanti modi che questo in particolare non merita
neanche di essere discusso.
Mh. In questo non vi sbagliate.
Bene, comment Glokta, dunque ci capiamo. Vedo
che vi siete fatta male in faccia.
Lei scroll le spalle. Sono caduta. Sono una sciocca im-
branata.
Io so come ci si sente. Sono talmente imbranato che mi
sono strappato met dei denti dalle gengive e mi sono ridotto
la gamba in poltiglia. E guardatemi adesso: uno storpio. in-
credibile dove possa portarti una piccola sciocchezza, se non
si pone subito riparo. Noi tipi imbranati dovremmo stare in-
sieme per controllarci l'un l'altro, non credete?
Lei lo guard pensosa per un momento, toccandosi i lividi
sulla mascella. S, rispose infine, suppongo di s.

La Pratica di Goyle, Vitari, era sbracata su una poltrona di


fronte a Glokta, appena fuori dalle porte scure dell'ufficio
dell'Arcilettore. Pi che sbracata, era come infossata, squa-
gliata sulla poltrona, abbandonata come uno straccio bagna-
to, le lunghe braccia penzoloni e la testa reclinata all'indietro.
Di tanto in tanto, i suoi occhi si spostavano pigri per la stan-
za sotto le palpebre pesanti, a volte si posavano su Glokta e
l indugiavano sgarbatamente per diversi istanti. Non voltava
la testa, n muoveva un muscolo, come se anche quello ri-
chiedesse uno sforzo troppo penoso.
E, probabilmente, sar proprio cos.
Era evidente che la Pratica era stata coinvolta in una rissa
molto violenta, un corpo a corpo. Appena sopra il colletto
nero, la sua pelle era una lastra di lividi, ma ne aveva altri,
molti altri, attorno alla maschera, oltre a un lungo taglio sulla
fronte. Una delle sue mani ciondolanti era avvolta da una pe-
sante fasciatura, mentre le nocche dell'altra erano escoriate e
piene di croste. Si presa pi di un paio di cazzotti. Ha com-
battuto per la vita contro qualcuno che faceva sul serio.
La campanella tintinn. Inquisitore Glokta, annunci il
segretario, mentre accorreva da dietro la scrivania per aprir-
gli la porta, Sua Eminenza pronta a ricevervi.
Glokta sospir e, appoggiandosi al bastone, si alz in pie-
di con un grugnito. Buona fortuna, disse la donna nel ve-
derlo zoppicare verso le porte.
Come?
Lei fece un cenno della testa appena percettibile verso
l'ufficio dell'Arcilettore. di pessimo umore oggi.
Mentre la porta si apriva, la voce di Sult invase l'antica-
mera, passando da un mormorio attutito a un urlo a voce
spiegata, in conseguenza del quale il segretario si ritrasse
come se lo avessero schiaffeggiato.
Venti Pratici!, strillava l'Arcilettore da oltre l'arco.
Venti! In questo momento dovremmo avere quella cagna
sotto torchio e invece ce ne stiamo qui a leccarci le ferite.
Quanti Pratici?
Venti, Arcilet
Venti, maledizione! Glokta fece un respiro profondo e
sgusci attraverso la porta. E quanti morti? L'Arcilettore
camminava rapidamente avanti e indietro sul pavimento pia-
strellato del suo enorme ufficio circolare, e intanto agitava le
lunghe braccia in aria. Era vestito tutto di bianco, pi candi-
do che mai. Ma oggi mi sembra di vedere un capello o due
fuori posto. Deve essere veramente infuriato. Quanti?
Sette, mormor il Superiore Goyle, che sedeva curvo
sulla sedia.
Un terzo! Un terzo di loro! Quanti feriti?
Otto.
Quasi tutti gli altri! Contro quante persone?
In tutto, erano sei
Davvero? L'Arcilettore sbatt il pugno sul tavolo e si
pieg verso lo spaventato Superiore. Io sapevo due. Due!,
grid nel fare l'ennesimo giro della scrivania. Ed entrambi
selvaggi! Due, mi hanno detto! Uno bianco e uno nero, e
quello nero era una donna! Una donna! Diede un rabbioso
calcio alla sedia accanto a Goyle, e questa vacill avanti e in-
dietro sulle gambe. E quel che peggio che c'erano innu-
merevoli testimoni che hanno assistito a questa disgrazia!
Non vi avevo detto di essere discreti? Quale parte della paro-
la "discreti" non capisci, Goyle?
Ma Arcilettore, le circostanze non potevano
Non potevano? Il tono gi acuto di Sult si alz di un'ot-
tava ancora. Non potevano? Come osi dirmi "non
potevano", Goyle? Io ho chiesto discrezione e tu hai scatena-
to un dannato massacro per mezza Agriont, senza neanche
riuscire a prenderli! Facciamo la figura degli idioti! Anzi,
peggio, di idioti deboli! I miei nemici del Consiglio Ristretto
non ci metteranno niente a volgere questa farsa a loro van-
taggio. Marovia sta gi suscitando un vespaio, quel vecchio
trombone, e non fa altro che pigolare sulla libert, su control-
li pi stretti e su un sacco di altre sciocchezze! Dannati uo-
mini di legge! Loro l'hanno avuta vinta, e noi non abbiamo
concluso nulla! La colpa tutta tua, Goyle! Io temporeggio,
chiedo scusa, cerco di mettere le cose nella miglior luce pos-
sibile, ma una merda una merda, qualunque sia la luce in
cui la presenti! Hai la minima idea del danno che hai causa-
to? Dei mesi di lavoro che hai buttato nella latrina?
Ma Arcilettore, ora non hanno forse lasciato
Torneranno, cretino! Non si preso tanto disturbo solo
per levare le tende, imbecille! S, se ne sono andati, brutto
idiota, e si sono portati via anche le risposte che cercavamo!
Chi sono, che vogliono, chi li comanda! Lasciato? Lasciato?
Che tu possa crepare, Goyle!
Sono costernato, Vostra Eminenza.
La tua costernazione non basta!
Posso soltanto domandare perdono.
Sei fortunato a non doverlo domandare sulla forca! Sult
fece una smorfia di disgusto. Ora sparisci da davanti ai miei
occhi!
Nell'uscire dalla stanza con aria mortificata, Goyle lanci
a Glokta un'occhiata che esprimeva tutto il suo odio per lui.
Addio, Superiore Goyle, addio. La furia dell'Arcilettore non
poteva ricadere su un candidato pi meritevole di te. Glokta
non riusc a trattenere un leggerissimo sorriso nel vederlo an-
dar via.
Lo trovi divertente? La voce di Sult era di ghiaccio,
mentre gli porgeva la bianca mano inguantata su cui scintil-
lava la gemma viola.
Glokta si pieg a baciarla. Ma certo che no, Vostra Emi-
nenza.
Bene. Perch non hai niente di cui ridere, te lo assicuro!
Chiavi?, sogghign. Storie? Manoscritti? Ma che mi pre-
so quando ho prestato ascolto alle tue chiacchiere?
Lo so, Arcilettore, domando scusa. Glokta avvicin
umilmente la sedia che Goyle aveva da poco lasciato vuota.
Ah, anche tu! Tutti mi domandano scusa! Non so che
farmene delle vostre scuse! Meno scuse e pi successi, di
questo ho bisogno! E pensare che nutrivo le pi fervide spe-
ranze su di te. Adesso suppongo che dovremo adoperare gli
strumenti che ci restano.
Ovvero? Ma Glokta tacque.
Abbiamo problemi molto seri al Sud.
Al Sud, Arcilettore?
Dagoska. La situazione laggi drammatica. Truppe
Gurkish si riversano sulla penisola in gran numero. Superano
gi la nostra guarnigione di dieci a uno, e tutte le nostre forze
sono impegnate al Nord. Tre reggimenti della Guardia del Re
rimangono ad Adua, ma in met del Midderland la rivolta dei
contadini ci sta sfuggendo di mano, per cui dovremo impe-
gnare anche quelli. Il Superiore Davoust mi ha tenuto infor-
mato via corrispondenza tutte le settimane. Lui era i miei oc-
chi, Glokta, capisci? Aveva il sospetto che una cospirazione
serpeggiasse all'interno della citt, una cospirazione atta a
consegnare Dagoska nelle mani dei Gurkish. Tre settimane
fa le lettere da parte sua sono cessate, finch ieri non sono
venuto a sapere che il Superiore Davoust scomparso.
Scomparso! Un Superiore dell'Inquisizione! Dissoltosi in
aria. Ora sono cieco, Glokta. Brancolo nel buio in un'ora
molto critica! Ho bisogno di qualcuno laggi di cui possa fi-
darmi, capisci?
Il cuore di Glokta martellava. Io?
Oh, cominci a imparare, ghign Sult. Sei il nuovo Su-
periore di Dagoska.
Io?
Tante congratulazioni, ma perdonami se rimando i fe-
steggiamenti a un momento pi tranquillo! Tu, Glokta, tu!
L'Arcilettore si pieg su di lui. Va' a Dagoska e scava. Sco-
pri che successo a Davoust. Estirpa le erbacce, sradica la
slealt. Tutto e tutti. Cuocili a fuoco lento! Mi serve sapere
che sta succedendo, per cui metti sullo spiedo il Lord Gover-
natore finch non avr scolato tutto il grasso!
Glokta deglut. Il Lord Governatore sullo spiedo?
C' forse un'eco qui dentro?, ringhi Sult, abbassandosi
su di lui ancora di pi. Scova il marcio ed eliminalo! Tran-
cialo! Brucialo! Tutto, di qualunque cosa si tratti! Se devi,
prendi tu stesso il comando delle difese della citt. Eri un
soldato una volta! Si allung e fece scivolare un foglio di
pergamena sul ripiano del tavolo. Questo il mandato del
Re, sottoscritto da tutti e dodici i membri del Consiglio Ri-
stretto. Tutti. Ho sudato sangue per ottenerlo. All'interno del-
la citt di Dagoska avrai pieni poteri.
Glokta fiss il documento, che era un semplice foglio di
pergamena color crema su cui erano tracciate lettere a in-
chiostro nero, con un gigantesco sigillo rosso sul fondo. Noi,
i sottoscritti, conferiamo al Superiore Sand dan Glokta, ser-
vo fedele di Sua Maest, i nostri pieni poteri e la nostra au-
torit Seguivano poi diversi paragrafi di scrittura ordinata,
e sotto due colonne di nomi che non erano altro che scara-
bocchi scritti di fretta, ghirigori, sgorbi quasi illeggibili.
Hoff, Sult, Marovia, Varuz, Halleck, Burr, Torlichorm e tutti
gli altri. Nomi potenti. Glokta si sent svenire quando prese il
documento tra le mani tremanti; sembrava pesare una tonnel-
lata.
Ma ora non montarti la testa! Devi ancora andarci cauto.
Non possiamo sopportare altre figuracce, ciononostante i
Gurkish dovranno starsene buoni a tutti i costi, almeno fin-
ch non avremo risolto questa faccenda nell'Angland. A tutti
i costi, mi hai capito bene?
Capisco eccome. Un incarico in una citt circondata da
nemici e zeppa di traditori, dove un Superiore gi miste-
riosamente scomparso. pi una coltellata alla schiena che
una promozione, ma dobbiamo adoperare gli strumenti che
ci restano. Capisco, Arcilettore.
Bene. Tienimi ben informato. Voglio essere sommerso
dalle tue lettere.
Sar fatto.
Hai due Pratici, giusto?
S, Vostra Eminenza, Gelo e Severard, entrambi
molto
Non bastano! Non potrai fidarti di nessuno laggi, nean-
che dell'Inquisizione. Sult parve pensarci su un momento.
Soprattutto dell'Inquisizione. Ho scelto una dozzina di uo-
mini di comprovato talento, compresa la Pratica Vitari.
Quella donna, che mi guarda le spalle? Ma
Arcilettore
Non voglio sentire nessun "ma"!, sibil Sult. Non osa-
re contraddirmi con un "ma", non oggi! Potrei renderti pi
storpio di quello che sei, chiaro?
Glokta chin la testa. Perdonatemi.
Rifletti, non cos? Vedo le rotelle che si muovono in
quella tua testa. Stai forse pensando che non vuoi uno degli
uomini di Goyle tra i piedi? Sappi che prima di lavorare per
lui, Vitari lavorava per me. styriana, di Sipano. Quello un
popolo freddo come la neve, e lei la pi fredda di tutti, te lo
assicuro. Perci non devi preoccuparti. Non di Goyle, co-
munque. No, infatti. Solo di voi, che molto peggio.
Sar onorato di averla tra i miei. Star dannatamente
attento, piuttosto.
Sii onorato quanto ti pare, ma non deludermi! Incasina
tutto quanto e ci vorr pi di quel pezzo di carta per salvarti.
La nave gi al porto, pronta per salpare. Va', ora.
Certo, Vostra Eminenza.
Sult si gir e and alla finestra. Glokta si alz senza far
rumore, accost pian piano la sedia sotto il tavolo, e poi si
trascin in silenzio fuori dalla stanza. L'Arcilettore, con le
mani incrociate dietro la schiena, non si era ancora mosso
dalla finestra quando Glokta richiuse le porte con molta at-
tenzione, ma solo dopo che sent lo scatto della maniglia si
rese conto che stava trattenendo il fiato.
Com' andata?
Si volt bruscamente, e il collo gli scrocchi in modo do-
loroso. Strano che non abbia ancora imparato a non farlo.
La Pratica Vitari, ancora abbandonata sulla poltrona, lo guar-
d con occhi stanchi. Lui ebbe l'impressione che non si fosse
mossa affatto per tutto il tempo in cui era stato dentro. Com'
andata? Si pass la lingua sulle gengive senza denti, valu-
tando la cosa. Questo resta da vedere. Interessante, disse
dopo un po'. Parto per Dagoska.
Cos hanno detto anche a me. Ora che ci faceva caso,
l'accento della donna si sentiva. Una lieve zaffata dalle Citt
Libere.
Credo che tu debba venire con me.
Gi. Eppure lei non si mosse.
Siamo piuttosto di fretta.
Lo so. Gli porse la mano. Potreste aiutarmi ad alzar-
mi?
Glokta sollev le sopracciglia. Era un bel po' di tempo
che non mi veniva rivolta questa domanda. Aveva una mezza
idea di dire di no, ma alla fine le afferr la mano, giusto per
la novit della cosa. Le dita di lei gli si chiusero attorno al
palmo e cominciarono a tirare. La donna aveva gli occhi soc-
chiusi e il respiro sibilante mentre si alzava lentamente dalla
poltrona. Faceva male doverla sollevare in quel modo, male
al braccio e alla schiena. Ma fa pi male a lei. Era sicuro
che, dietro alla maschera, Vitari stesse stringendo i denti;
muoveva gli arti uno alla volta, con cautela, non sapendo
quale le avrebbe fatto male e quanto. Glokta non pot fare a
meno di sorridere. Una routine che io vivo tutte le mattine.
stranamente corroborante vederlo fare a qualcun altro.
Finalmente la donna era in piedi, ma si premeva la mano
fasciata sulle costole. Puoi camminare?
Mi scioglier.
Che ti successo? Cani?
La Pratica scoppi in una tetra risata. No. Un grosso
Uomo del Nord mi ha pestato a sangue.
Glokta sbuff. Beh, almeno diretta. Vogliamo andare?
Lei abbass lo sguardo sul suo bastone. Suppongo che
non ne avete uno in pi di quelli, vero?
Temo di no. Ho solo questo e non posso camminare sen-
za.
So come vi sentite.
Non credo. Glokta si volt e si allontan zoppicando dal-
l'ufficio dell'Arcilettore. Non credo proprio. Sentiva la donna
claudicare dietro di lui. stranamente corroborante che
qualcuno si sforzi di tenere il mio passo. E il passo lo au-
ment, per quanto gli facesse male. Ma fa pi male a lei.
Si torna al Sud, allora. Si lecc le gengive sdentate. Non
un posto di ricordi felici. Combattere di nuovo i Gurkish,
dopo quello che mi costato. Sradicare la slealt in una cit-
t in cui non ci si pu fidare di nessuno, soprattutto di quelli
mandati ad aiutarmi. Lottare contro il calore e la polvere,
per un'impresa ingrata che quasi di certo si risolver in un
fallimento. E il fallimento, molto probabilmente, significher
la morte.
Sent uno spasmo alla guancia e la palpebra cominci a
tremolargli. Per mano dei Gurkish? Per mano dei congiurati
contro la corona? Per mano di Sua Eminenza o dei suoi
agenti? O svanendo semplicemente nel nulla, proprio come
il mio predecessore? Quale uomo ha mai avuto una cos am-
pia gamma di morti tra cui scegliere? L'angolo della sua
bocca si sollev appena. Non vedo l'ora di cominciare.
La stessa domanda gli attanagliava la mente, sempre la
stessa. Una domanda a cui non aveva ancora trovato risposta.
Perch lo faccio?
Perch?
Ringraziamenti

Quattro persone senza le quali

Ben Abercrombie, che lo ha letto


finch non gli facevano male gli occhi

Nick Abercrombie, che ne ha sentito parlare


finch non gli facevano male le orecchie

Rob Abercrombie, che ha voltato le pagine


finch non gli facevano male le dita

Lou Abercrombie, che mi ha sostenuto


finch non gli facevano male le braccia

E inoltre

Matthew Amos, per i saggi consigli in un momento critico

Gillian Redfearn, che ha letto l'inizio


e mi ha convinto a cambiarlo

Simon Spanton, che lo ha comprato prima di leggerlo tutto


Indice

1. La Fine

PARTE PRIMA

2. I sopravvissuti
3. Interrogatori
4. Non davvero una scelta
5. Giocare coi coltelli
6. Denti e dita
7. Il vasto e desolato Nord
8. Allenamenti di scherma
9. Il rituale del mattino
10. Il Primo Mago
11. Il brav'uomo
12. Sulla lista
13. Un'offerta e un dono
14. Il Re degli Uomini del Nord
15. Una strada tra due dentisti
16. Testapiatta
17. Il corso del vero amore
18. Come si addestrano i cani
19. T e vendetta

PARTE SECONDA

20. Com' fatta la libert


21. La Giustizia del Re
22. Vie di fuga
23. Tre segni
24. Dal costumista di scena
25. Barbari alle porte
26. Il prossimo
27. Meglio che morire
28. Farsi notare
29. Domande
30. Nobilt
31. Lavoro infame
32. Parole e polvere
33. Gli eccezionali talenti di Fratel Piedelungo
34. Quelli come lei combattono contro tutto
35. Non m'ama
36. Il Seme
37. Mai scommettere contro un mago
38. Il pubblico ideale
39. Il Palazzo del Creatore
40. Il cane di nessuno
41. Ogni uomo venera se stesso
42. Vecchi amici
43. Tornato alla terra
44. Infelicit
45. Novedita il Sanguinario
46. Gli strumenti che ci restano

Ringraziamenti
Gargoyle Books
www.gargoylebooks.it
info@gargoylebooks.it

1. Chelsea Quinn Yarbro, Hotel Transilvania


2. Joseph Nassise, Riverwatch
3. J.G. Passarella, Wither
4. Michael Laimo, Dal profondo delle tenebre
5. Christopher Golden, Di Santi e d'Ombre
6. Robert R. McCammon, Hanno sete
7. Caitln R. Kiernan, La Soglia
8. Chelsea Quinn Yarbro, Il Palazzo
9. John Passarella, La Pioggia di Wither
10. Graham Masterton, Spirit
11. Gianfranco Manfredi, Magia Rossa
12. Chelsea Quinn Yarbro, Giochi di sangue
13. Robert R. McCammon, L'ora del lupo
14. Dan Simmons, L'estate della paura
15. Francesco Dimitri, La ragazza dei miei sogni
16. John Passarella, L'eredit di Wither
17. David Niall Wilson, Il Vangelo della Maddalena
18. Chelsea Quinn Yarbro, Il sentiero dell'eclissi
19. F. Paul Wilson, Messa di mezzanotte
20. Robert R. McCammon, La Via Oscura
21. Dan Simmons, L'inverno della paura
22. Joseph S. Le Fanu, Lo Zio Silas
23. J.H. Watson, Sherlock Holmes contro Dracula
24. J.C. Chaumette, Le stagioni del Maligno
25. Chelsea Quinn Yarbro, Un destino di sfida
26. Clanash Farjeon, Le Memorie di Jack Lo Squartatore
27. J.H. Watson, Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Holmes
28. Gianfranco Manfredi, Ho freddo
29. F. Pezzini, A. Tintori, The Dark Screen
30. Dan Simmons, Danza macabra
31. Claudio Vergnani, Il 18 vampiro
32. Robert R. McCammon, La maledizione degli Usher
33. Danilo Arona, L'estate di Montebuio
34. Emilio de' Rossignoli, Io credo nei vampiri
35. Graham Masterton, Il sangue di Manitou
36. Chelsea Quinn Yarbro, Le cronache di Saint-Germain
37. Gianfranco Manfredi, Ultimi vampiri
38. Jack Ketchum, La ragazza della porta accanto
39. Simon Raven, Il morso sul collo
40. Joseph S. Le Fanu, L'ospite maligno - La stanza al Dragon Volant
41. Raymond Rudorff, Gli archivi di Dracula
42. George R.R. Martin, Il battello del delirio
43. T.P. Prest, J.M. Rymer, Varney il vampiro - Il banchetto di sangue
44. Robert R. McCammon, Mary Terror
45. Barbara Hambly, Kim Newman e altri, Il Grimorio di Baker Street
46. Clanash Farjeon, I vampiri di Ciudad Juarez
47. T.P. Prest, J.M. Rymer, Varney il vampiro - L'inafferrabile
48. Claudio Vergnani, Il 36 Giusto
49. Gianfranco Manfredi, Tecniche di resurrezione
50. Andrea G. Colombo, Il Diacono
51. T.P. Prest, J.M. Rymer, Varney il vampiro - All'ombra del Vesuvio
52. F. Pezzini, A. Tintori, Peter & Chris, I Dioscuri della notte
53. Tim Lucas, Il libro di Renfield
54. Riccardo D'Anna, La figura di cera
55. Marie Corelli, Vendetta!
56. D. Arona, S. Pascarella, G. Santoro, L'alba degli zombie
57. Javier Mrquez Snchez, La festa di Orfeo
58. Clanash Farjeon, I vampiri dell'11 settembre
59. Richard Laymon, Il circo dei vampiri
60. Marjorie Bowen, Magia nera
61. Claudio Vergnani, L'ora pi buia
62. Michael Talbot, Vivono di notte
63. Anne Perry, Loren D. Estleman e altri, Un Natale in Holmes
64. Charles Dickens, Il mistero di Edwin Drood
65. Marie Corelli, La vita eterna
66. Tom Piccirilli, Nell'abisso profondo
67. Felicia Carparelli, Omicidio in biblioteca - Sulle tracce di Sherlock
Holmes
68. Stephen Seitz, Sherlock Holmes e il morbo di Dracula
69. Claudio Vergnani, I vivi, i morti e gli altri
Gargoyle Extra
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1. Loren D. Estleman, Hollywood Detective


2. John Scalzi, Morire per vivere
3. George R.R. Martin, In fondo il buio
4. Richard K. Morgan, Sopravvissuti
5. Stephen J. Cannell, I collezionisti di destini
6. Ursula K. Le Guin, Citt delle illusioni
7. Tony Pollarci, I segreti del Lazarus Club
8. Joe Abercrombie, The Heroes
9. Wil Mara, The Gemini Virus
10. John Scalzi, Le Brigate Fantasma
11. George R.R. Martin, Armageddon Rag
12. Joe Abercrombie, Il richiamo delle spade
In libreria per Gargoyle

Se siete in astinenza dal Trono di Spade,


dovete sapere che l'autore di quella saga,
George R.R. Martin, ha un giovane erede.
Si chiama Joe Abercrombie

Vanity Fair
Finito di stampare
nel mese di marzo 2013
presso Grafiche del Liri Srl
per conto della Gargoyle Srl

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