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In
14 aprile 2003
Note del
Note del corso
corso di
di Metodi
Metodi Matematici
Matematici
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Marco Spadini
Pe 3
rl
A n -2 00
no Ac 00 2
ca de mi co, 2
L. da Vinci
Indice
Introduzione ix
Bibliografia 119
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Elenco delle tabelle
6.1 Riduzione a forma canonica delle equazioni lineari del secondo or-
dine a coefficienti costanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
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2.1 Ortogonalit`a delle famiglie di curve determinate dalle parti reale e com-
plessa di una funzione differenziabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Esempio di propagazione del calore: caso stazionario . . . . . . . . 14
2.3 Integrazione su curve chiuse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.4 R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
B.1 Alcune somme parziali della serie di Fourier relativa allonda quadra
2-periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
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Introduzione
Queste note sono pensate essenzialmente come aiuto didattico per gli studenti del
corso di Metodi Matematici, sono dunque, nello spirito, soltanto un brogliaccio di
appunti. Non pretendono infatti di sostituire un testo specializzato ma intendono
esporre il lettore ad alcune delle idee e dei metodi dellanalisi matematica utili
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asse reale
Spesso, in luogo della coppia (a, b) si preferisce scrivere 2
a c a+c
a + ib. Noi utilizzeremo la notazione pi` u conveniente a
seconda delle circostanze. Figura 1.1: Somma di
Osserviamo inoltre (come `e facile dimostrare) che le numeri complessi
operazioni di somma e prodotto definite nelle (1.1) sono
associative, commutative e distributive.
Usando la notazione tradizionale le (1.1) assumono la forma
(a + ib) + (c + id) =a + c + (b + d)i, (1.1a)
(a + ib) (c + id) =ac bd + (ad + bc)i. (1.1b)
1
Il simbolo denota il prodotto cartesiano di insiemi
2
Questa `e una notazione pi`u tradizionale. A volte, specie nei testi di Ingegneria, la lettera i `e
sostituita dalla j.
2 Alcune nozioni sui numeri complessi
Dato un numero complesso z = a + ib, se ne definisce il modulo |z| = a2 + b2
ed il coniugato z = a ib. Si noti che, con le definizioni appena date, vale la
relazione: |z|2 = zz = zz.
Si pu`o inoltre dimostrare che valgono le seguenti affermazioni.
Proposizione 1.1.1. Se z1 e z2 sono numeri complessi dati, allora
|z1 + z2 | |z1 | + |z2 |, (disuguaglianza triangolare),
|z1 z2 | |z1 | |z2 |,
|zw| = |z| |w|.
Linsieme delle coppie (a, b) R R, dotato delle operazioni definite sopra
e della norma | |, si chiama campo complesso e si denota con il simbolo C. Se
z = a + ib, chiamiamo Re(z) = a la parte reale di z e Im(z) = b la sua parte
def. def.
immaginaria. Notiamo che le parti reale ed immaginaria di un numero complesso
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Asse immaginario
dove (, ] `e langolo formato dal semias-
2
se positivo delle x e dalla semiretta fuoriuscen- 2 +b
a
te dallorigine e passante per z. Langolo si r=
chiama argomento (principale) di z e si indi- =arg z
ca con = arg z. Con semplici considerazio- a
ni geometriche si vede che cos(arg z) = a/|z| Asse reale
e sin(arg z) = b/|z|. In particolare, se a > 0,
arg z = arctan ab .
Quindi, in generale, un numero complesso z Figura 1.2: Rappresentazio-
si pu`o sempre scrivere nella forma z = (cos + ne trigonometrica dei numeri
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(ib)k b2k b2k+1
ea+ib =ea eib = ea = ea (1)k +i (1)k
k! 2k! (2k + 1)!
k=0 k=0 k=0
cos(n) + i sin(n) = 1.
Questo `e vero se e solo se sin(n) = 0, cio`e = nk per k Z. Quindi le soluzioni
sono esattamente i numeri complessi della forma e i(k/n) , k Z. Osserviamo che
di questi numeri ce ne sono esattamente n distinti cio`e quelli corrispondenti a
k = 0, . . . , n 1.
Esercizio 1.1.10. Determinare le soluzioni in C di z 3 = i|z|z. (Suggerimento:
scrivere z nella forma z = rei .)
1.1.3 Struttura di C
Come abbiamo visto dalla definizione di numero complesso, C `e naturalmente
in corrispondenza biunivoca con R2 . In altre parole, dato z = x + iy C, ad
esso risulta naturalmente associato il punto (x, y). Osserviamo che questa cor-
rispondenza conserva le distanze, cio`e, dati z 1 = x1 + iy1 e z2 = x2 + iy2 , si
ha
|z1 z2 | =
(x1 , y1 ) (x2 , y2 )
.
Questo vuole dire che la corrispondenza tra C ed R 2 `e molto pi`u profonda di una
semplice corrispondenza biunivoca e coinvolge anche la geometria di questi due
spazi. In particolare i dischi di C corrispondono ai dischi di R 2 (con lo stesso
raggio).
Sfruttiamo la corrispondenza con R 2 per definire un topologia nel campo com-
plesso.4 Un sottoinsieme di C `e detto aperto se esso corrisponde ad un aperto
4
Ricordiamo che dare una topologia su un insieme X significa assegnare una famiglia di
sottoinsiemi A di X con le seguenti propriet` a:
1. , X A,
2. Per ogni insieme di indici I e famiglia di sottoinsiemi {Ai }iI si ha Ai A.
iI
3. Per famiglia finita di insiemi A1 , . . . , An A si ha Ai A.
i{1,...,n}
Pn (z) = an z n + an1 z n1 + . . . + a1 z + a0 ,
Esercizio 1.2.4. Dato il polinomio 5(z 2 1)(z 2 +1)2 , scriverne una fattorizzazione
in C della forma (1.4).
6 Alcune nozioni sui numeri complessi
2i 2i
Questo ci suggerisce di definire
eiz eiz
sin z = .
2i
Analogamente, definiamo
eiz + eiz
cos z =
2
e
sin z eiz eiz
tan z = = .
cos z i(eiz + eiz )
`e facile estendere al campo complesso la validit`a delle usuali formule di trigono-
metria. Si veda, per esempio, il seguente esercizio:
Esercizio 1.3.1. Verificare che valgono le formule:
(sin z)2 + (cos z)2 = 1,
sin(z) = sin z, cos(z) = cos z, tan(z) = tan z,
sin(z1 + z2 ) = sin z1 cos z2 + cos z1 sin z2 ,
cos(z1 + z2 ) = cos z1 cos z2 sin z1 sin z2 ,
Funzioni iperboliche
Le funzioni iperboliche, analogamente al caso reale, sono definite come segue:
ez ez
sinh z =
2
ez + ez
cosh z =
2
sinh z ez ez
tanh z = = z
cosh z e + ez
1.3 Funzioni sui complessi a valori complessi 7
Radici n-sime
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Logaritmi
Dato un numero complesso non nullo z si cercano i complessi w tali che z = e w .
Scriviamo z = |z|ei , con = arg z, e poniamo w = x + iy. Allora |z| = |e w | =
x
e , da cui segue x = ln |z|. Poiche deve essere
z = |z|ei = ew = ex eiy = |z|eiy ,
si ricava ei = eiy da cui segue y = + 2k. Si ottengono cio`e infiniti numeri com-
plessi (uno per ogni scelta di k Z) che risolvono lequazione e w = z. Facciamo
la convenzione di scegliere = arg z (, ] e k = 0; allora si determina un solo
valore di w. Questo definisce la funzione logaritmo, cio`e
ln z = ln |z| + i arg z.
8 Alcune nozioni sui numeri complessi
Potenze
Dati z, w C, cosa significa lespressione z w ? La formula = eln z , valida per ogni
n Z e C, ci suggerisce di definire
z w = ew ln z .
Osserviamo che questespressione dipende dalla scelta di una determinazione del
logaritmo. Per esempio (1)1/2 da luogo, a seconda della determinazione scelta,
a i. Questo e coerente con quanto affermato a proposito delle radici.
Esercizio 1.3.3. Calcolare ii .
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafi 1.1 1.3: [1], [6, cap. 1], [7, cap. 1], [16, cap. 1].
5
Si ricordi che, in base a quanto affermato sulle radici di numeri complessi, 1 z2 =
1 z2
Capitolo 2
La definizione di limite per funzioni complesse `e analoga a quelle gi`a note per
funzioni reali. Per semplicit`a ci limiteremo a funzioni definite su aperti di C.
se e solo se per ogni > 0 esiste > 0 con la propriet`a che |f (z) `| < per ogni
z tale che 0 < |z z0 | < .
Diremo inoltre che f `e continua in z 0 se limzz0 f (z) esiste e, inoltre,
Se questa relazione `e vera per ogni z 0 allora diremo che f `e continua (in ).
limzz0 f (z)g(z) = l1 l2 ,
Inoltre, se l2 6= 0,
limzz0 f (z)/g(z) = l1 /l2 .
Osserviamo che le funzioni z 7 Re(z), z 7 Im(z), z 7 |z| e z 7 z sono
continue.
Proposizione 2.1.4. Sia un aperto di C. Una funzione f : C `econtinua
in un punto di C se e solo se le funzioni z 7 Re f (z) e z 7 Im f (z) lo sono.
In altre parole, scrivendo f (z) = f (x, y) = u(x, y) + iv(x, y), f `e continua se e
solo se le funzioni u e v sono continue.
Proposizione 2.1.5. Sia un aperto di C. Se f : C e g : C sono
continue allora le funzioni z 7 f (z)g(z) e z 7 f (z) + g(z) sono continue. Di
conseguenza tutte le funzioni polinomiali (a coefficienti reali o complessi) sono
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continue.
Inoltre, dato z0 C, se g(z0 ) 6= 0 allora z 7 f (z)/g(z) `e continua in z 0 .
Conseguentemente, tutte le funzioni razionali, cio`e le funzioni della forma
am z m + am1 z m1 + . . . + a0
z 7 ,
bn z n + bn1 z n1 + . . . + b0
con m, n Z e am , . . . , a0 , bn , . . . , b0 C, sono continue in ogni z0 tale che bn z0n +
bn1 z0n1 + . . . + b0 6= 0.
2.2 Derivazione
Sia un aperto di C. Data f : C diremo che `e derivabile in z 0 se esiste
` C tale che
f (z0 + h) f (z0 )
` = lim . (2.1)
h0 h
In tale caso si pone f 0 (z0 ) = `.
Osservazione 2.2.1. E ` facile vedere che le consuete regole formali per la deriva-
zione delle funzioni reali sono ancora valide.
Osservazione 2.2.2. Supponiamo che f : C U C sia differenziabile,
e U aperti, e che esista una funzione g : U tale che z = g f (z) per ogni
z e w = f g(w) per ogni w U . Dato z0 U , poniamo z0 = g(w0 ). Allora,
come nel caso di funzioni reali, si pu`o provare che se f 0 (z0 ) 6= 0, allora g 0 (w0 ) `e
ben definito ed inoltre:
1 1
g 0 (w0 ) = 0 = 0 .
f (z0 ) f g(w0 )
In realt`a si pu`o provare di pi`
u:
Teorema 2.2.3. Supponiamo che la funzione complessa f sia differenziabile in
un intorno di z0 e che f 0 (z0 ) 6= 0 allora f `e localmente invertibile in un intorno
di z0 , cio`e esistono intorni e U ed una funzione g come nellosservazione 2.2.2.
2.2 Derivazione 11
d z u v
f 0 (z) = e = (x, y) + i (x, y) = ex cos y + iex sin y = ez .
dz x x
Esercizio 2.2.9. Usare il risultato dellEsempio 2.2.8 e lOsservazione 2.2.1 per
verificare che
d
dz sin z = cos z,
d
dz cos z = sin z,
d 1
dz tan z = (cos z)2
.
2u 2u
(x, y) + (x, y) = 0. (2.5)
x2 y 2
2v 2v
(x, y) + (x, y) = 0. (2.6)
x2 y 2
Questo mostra che le parti reale e immaginaria di una funzione differenziabile sod-
disfano rispettivamente le equazioni (2.5) e (2.6). Queste sono esempi di equazioni
alle derivate parziali del secondo ordine. Le equazioni di questa forma si chiamano
equazioni di Laplace.
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v(x,y)=k 1
v(x,y)=k 0
u(x,y)=c 1
u(x 0, y 0)
U (x 1,y1)
v(x 0, y 0)
(x 0,y0)
(x 0,y0) u(x,y)=c 0
u(x,y)=c 0
v(x,y)=k 1
Figura 2.1: Ortogonalit`a delle famiglie di curve determinate dalle parti reale e complessa
di una funzione differenziabile
u(x, y) = c.
u(x, y) 6= 0 (2.7)
9
Esempio 2.2.10. Consideriamo, nel semipiano
y > 0, i due rami di iperbole di equazioni xy = 1
linee di flusso
8
7
del calore
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4
Isoterme mipiano contenuta tra queste curve sia posto un
3 conduttore di calore uniforme e isotropo, e che
2
le due iperboli siano mantenute a temperatura
1
0
costantemente uguale a T1 e T2 rispettivamen-
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Se poniamo
T2 T 1 2
(x y 2 ) = va,b (x, y),
v(x, y) =
4
si ha che le curve descritte implicitamente dallequazione v(x, y) = k sono le
linee di flusso del calore cio`e quelle curve lungo cui `e maggiore la variazione di
temperatura. (Si veda la figura 2.2.)
2.3 Integrazione in C
Sia I R un intervallo di estremi a, b e : I C, una curva regolare a tratti.
Per ogni t I possiamo scrivere (t) = (t)+i(t), con e funzioni opportune.
Data una funzione f : C, si pu`o scrivere f (x + iy) = u(x, y) + iv(x, y), con u
e v funzioni opportune.
Supponiamo che f sia continua. Definiamo lintegrale di f lungo come segue:
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Z Z b
f dz = u (t), (t) 0 (t) v (t), (t) 0 (t) dt
def.
a
Z b
v (t), (t) 0 (t) + u (t), (t) 0 (t) dt
+i
a
Z Z
= P ds + i Q ds,
Dove `e la curva di R2 data da t 7 (t), (t) e Q e P sono i campi vet-
toriali in R2 dati da (x, y) 7 v(x, y), u(x, y) e (x, y) 7 u(x, y), v(x, y)
rispettivamente.2
Esempio
R 2.3.1. Sia la circonferenza di centro lorigine e raggio 1. Calcoliamo
z dz. Siccome () = cos + i sin per 0 < 2, si ha
Z Z 2
d d
z dz = (cos i sin ) cos + i(cos i sin ) sin d
0 d d
Z 2
= (cos i sin ) sin + i(cos i sin ) cos d
0
Z 2
= i (cos )2 + (sin )2 d = 2i
0
R R
curve 1 e 2 (tenendo conto dellorientazione) allora f (z) dz = 1 f (z) dz +
R
2 f (z) dz.
sono conservativi.
Si ha allora che, se `e chiusa e contenuta in un dominio semplicemente
connesso C ed f `e differenziabile in , allora
Z
f (z) dz = 0. (2.9)
Osservazione 2.3.3. Osserviamo che la formula (2.9) implica che, data f diffe-
renziabile in un dominio aperto ,
Z Z
f (z) dz = f (z) dz
1
Nellanalisi reale il calcolo degli integrali `e spesso facilitato dal teorema fonda-
mentale del calcolo. In analisi complessa `e possibile fare qualcosa di simile.
Data una funzione continua f : C, diremo che una funzione F , differen-
ziabile in , `e una primitiva di f se F 0 (z) = f (z) per ogni z . Chiaramente,
se F `e una primitiva, allora anche F (z) + c lo `e per ogni costante c.
Supponiamo che F sia una primitiva della funzione continua f e che : [a, b]
sia una curva regolare a tratti in . Scriviamo f (z) = u(z) + iv(z) e F (z) =
U (z) + iV (z), allora per la (2.3) si ha
U V
(z) = u(z), (z) = v(z). (2.10)
x x
2.3 Integrazione in C 17
Scriviamo (t) = (t), (t) . Tenendo conto delle (2.10) e delle condizioni di
Cauchy-Riemann (2.2) per la funzione F , si ha che nei punti in cui `e derivabile
vale:
d
F (t) =
dt
U U V V
(t) 0 (t) + (t) 0 (t) + i (t) 0 (t) + (t) 0 (t)
x y x y
0 0 0
= u (t) (t) v (t) (t) + i v (t) (t) + u (t) 0 (t) .
Allora,
Z Z b
d
f (z) dz = F (t) dt = F (b) F (a) .
a dt
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Questa formula `e utile nel caso in cui sia semplice determinare una primitiva della
funzione integranda, tuttavia essa va usata con prudenza: a questo proposito si
veda il successivo paragrafo 2.3.1.
R 2
Esercizio 2.3.4. Calcolare lintegrale zez dz, dove `e una qualunque curva
che congiunge 0 con 1 + i.
Vediamo ora un tipo di ragionamento che spesso risulta utile nel calcolo di
integrali lungo curve chiuse complicate.
Dato un aperto C, consideriamo due curve
A semplici chiuse C c C1 in tali che C1 sia racchiusa
R1
da C e percorsa nello stesso senso. Sia f : C una
funzione differenziabile, allora
Z Z
A C1 P
1 2 2
f (z) dz = f (z) dz. (2.11)
Q 1
Q2
C1 C
1
B1
P1
Nella figura a fianco, per esempio, si sono aggiunti i
C
segmenti 1 e 2 in modo tale che, tenendo conto delle
R2 orientazioni, risulta
Z Z
B
f (z) dz f (z) dz =
C C1
Figura 2.3: Integrazione Z Z
su curve chiuse. f (z) dz + f (z) dz = 0.
_ _
P1 BP2 B1 P2 AP1 A1
g(z) = zz0
f 0 (z0 ) se z = z0 .
Da cui,
Z X
1 z n f ()
f (z) = d per |z| r.
2i n+1
n=0
si ha
X
f (z) = an z n , per |z| r.
n=0
Il teorema appena dimostrato vale per un disco centrato nellorigine ma, chia-
ramente, `e valido un risultato analogo per un qualunque disco aperto D centrato
in un punto z0 C. In tale caso si ottengono sviluppi della forma:
X
f (z) = an (z z0 )n , per z D.
n=0
Viceversa, `e ovvio che una funzione f che sia rappresentata in D da una serie
di potenze `e ivi differenziabile4 . Dunque, le funzioni analitiche in D sono tutte e
sole quelle che sono differenziabili in D.
Questaffermazione si pu`o estendere agli aperti di C. Pertanto la classe delle
funzioni differenziabili in un aperto C coincide con quella delle
funzioni analitiche in .
3
Si usa un risultato di integrazione per serie analogo a quello noto nel campo reale.
4
Si usa un risultato di derivazione per serie analogo a quello noto per le serie di potenze nel
campo reale.
20 Elementi di analisi complessa
dove
X h(n) (z0 )
(z) = (z z0 )nk
n!
n=k
`e una funzione non nulla in un intorno di z 0 . Si `e dunque provato che gli zeri
delle funzioni differenziabili (non identicamente nulle) sono isolati.
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e (z0 ) 6= 0.
Singolarit`
a essenziali: Si dice che z 0 `e una singolarit`
a essenziale di f se `e
una singolarit`a non eliminanabile che non `e un polo.
Osservazione 2.3.8. Nel caso in cui z 0 sia una singolarit`a eliminabile, il limite
di f (z) per z che tende a z0 esiste. Per eliminare la singolarit`a, allora, `e sufficiente
modificare la funzione f nel punto z0 : basta definire
R R
(a) esistano R0 > 0 ed M > 0 con la propriet`a che |F (z)| M/|z| 1+ , con
> 0;
(b) F ammette un numero finito di poli nel semipiano superiore (parte
immaginaria non negativa) p1 , . . . , pn .
1
R + 1
Esempio 2.3.15. Calcoliamo 1+x 2 dx. I poli della funzione F (z) = 1+z 2
sono i (sono poli semplici, cio`e di ordine 1) di cui solo i `e contenuto nel semipiano
superiore. Il residuo di F in i vale 1/(2i). Ne segue che
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Z +
1
dx = .
1 + x2
R + 1
Esempio 2.3.16. Calcoliamo 0 (x2 +a2 )2
dx, a R. La funzione F (z) =
1
(z 2 +a2 )2 ha due poli di ordine 2 in |a|i, inoltre
1
R|a|i (F ) = .
4|a|3 i
Ne segue che
Z + Z +
1 1 1 2iR|a|i (F )
2 2 2
dx = dx = = .
0 (x + a ) 2 (x2 2
+a ) 2 2 4|a|3
R + 1
Esercizio 2.3.17. Calcolare 1+x+x2 dx.
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafi 2.1 2.2: [6, cap. 2], [7, capp. 1,2], [16, capp. 1,8].
Paragrafo 2.3: [3, cap. 8], [4, parte V, cap. 1], [6, capp. 3,4,5], [16, cap. 5] [18,
cap. 9], [20, cap. 17]
Capitolo 3
4 3
3
= 1+ i 2
2 1
1
0
3
e 2 1 0 1 2 3
e
0 1
1.3 0.9 0.5 0.1 0.3 0.7 1.1
1 2
= 1 i
2 3
1.3
z z2
2.0
0.9
1.6
0.5
1.2
0.1
0.8
1.2 0.8 0.4 0 0.4 0.8 1.2
0.3
0.4
0.7
0
1.1 0.4
0.8
1.2
1.6
2.0
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Questo teorema ci dice che una funzione complessa differenziabile con derivata
mai nulla `e una mappa conforme. Osserviamo che questo non implica linvertibilit`a
di tali mappe. Infatti la mappa C \ {0} C data da z 7 z 2 non `e ne suriettiva
ne iniettiva. La stessa cosa si pu`o dire di dellapplicazione C C data da z 7 e z .
Osservazione 3.1.3. Date due curve e come sopra, langolo da esse formato
nel punto z0 = (t0 ) = (s0 ) pu`o essere espresso anche nella forma
= arg 0 (t0 ) arg 0 (s0 ) = arg 0 (t0 )0 (s0 ) . (3.1)
Questa formula si giustifica facilmente osservando che arg 0 (t0 ) e arg 0 (s0 )
rappresentano, rispettivamente, gli angoli formati da 0 (t0 ) e 0 (s0 ) con la direzione
dellasse reale.
immagine sar`a il supporto della curva F (t) = t2 1 + 2it, t [1, 1]. Per
identificare questa curva poniamo
x(t) = Re F (t) = t2 1,
y(y) = Im F (t) = 2t.
2.59 2.0
2.07 1.6
immagine
1.56 1.2
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
0.00 0.0
1.92 1.18 0.45 0.28 1.02 1.75 2.49 3.22 3.95 4.69 5.42 3.330 2.764 2.198 1.632 1.066 0.500 0.066 0.632 1.198 1.764 2.330
0.52 0.4
1.04 0.8
1.56 1.2
2.07 1.6
2.59 2.0
mediante lequazione
z + Az + B = 0,
A A C, B R.
z + Az + B = 2(ax by) + B.
Infatti, posto A = a + ib e z = x + iy, si ha A
Analogamente, si verifica che una qualunque circonferenza in C pu`o essere
rappresentata mediante unequazione della forma
Cz z + Az + B = 0,
z + A A C, B, C R. (3.2)
cio`e
= |w| x cos y sin ,
= |w| x sin + y cos .
Dati w C \ {0} e c C, le trasformazioni del tipo z 7 wz + c sono dette
lineari. Chiaramente, queste trasformazioni, oltre ad essere conformi, hanno la
propriet`a di mandare figure geometriche in figure simili.
30 Trasformazioni del piano complesso
Bz z + Az + C = 0,
z + A
da cui segue che linversione trasforma cerchi che non passano per lorigine in
cerchi, cerchi che passano per lorigine in rette, rette che passano per lorigine in
rette che passano per lorigine, e rette che non passano per lorigine in cerchi.
Osserviamo che linversione lascia fisso il cerchio di raggio 1 centrato nellori-
gine e che scambia i punti interni con quelli esterni.
Dati A, B, C, D C la trasformazione z 7 B A,B,C,D (z) con
Az + B
BA,B,C,D (z) = ,
def. Cz + D
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
`e detta bilineare o di M
obius. Osserviamo che se C = 0 questa `e semplicemente
una trasformazione lineare. Se viceversa C 6= 0 possiamo scrivere
Az + B A B AD/C
= + .
Cz + D C Cz + D
Quindi BA,B,C,D (z) `e la composizione delle seguenti trasformazioni (in questordi-
ne):
AD A
z 7 1 = Cz + D, 1 7 2 = 1/1 , 2 7 B 2 + .
def. def. C C
Osserviamo che, se ADBC = 0, lultima di questa catena di trasformazioni porta
tutto il piano complesso in un punto. Se supponiamo AD BC 6= 0 abbiamo che
BA,B,C,D (z) trasforma cerchi generalizzati in cerchi generalizzati. Chiameremo
non singolari le trasformazioni bilineari per cui vale questa disuguaglianza.
Si pu`o provare facilmente la seguente affermazione:
Proposizione 3.1.8. La composizione di due trasformazioni bilineari `e ancora
una trasformazione bilineare. Inoltre, date due trasformazioni bilineari B A,B,C,D
e BE,F,G,H , i coefficienti trasformazione composta B a,b,c,d = BA,B,C,D BE,F,G,H
sono i coefficienti della matrice prodotto
a b A B E F
=
c d C D G H
Dz B
z 7
Cz + A
`e una trasformazione bilineare (non singolare) che inverte B A,B,C,D .
Una trasformazione bilineare non singolare `e univocamente determinata dai
valori assunti in tre punti distinti. Pi`
u precisamente, si pu`o provare che vale la
seguente affermazione.
arco di curva, non dipende dalla forma della curva ma solo dai suoi estremi. 3 In
particolare, se fissiamo un punto (x 0 , y0 ) si pu`o definire su una funzione a
valori reali , detta funzione di flusso, come segue:
Z
(x, y) = h~n, ~v i ds,
(x, y) = v1 (x, y) e (x, y) = v2 (x, y). (3.3)
y x
Assumiamo che il campo ~v sia irrotazionale, cio`e che
v1 v2
(x, y) (x, y) = 0 per ogni (x, y) .
y x
Dal momento che abbiamo supposto semplicemente connesso, ~v `e conservativo.
Definiamo unaltra funzione a valori reali, detta potenziale di velocit`
a, come segue:
Z
(x, y) = ~v d,
quindi ~v (x, y) = Re f 0 (z), Im f 0 (z) .
i
Esempio 3.2.3 (Vortice puntuale). Consideriamo f (z) = 2 ln z con un
numero reale (si veda la nota relativa allesempio precedente). In questo caso, la
parte reale di f (z) `e 2 arg(z), mentre la sua parte immaginaria `e 2 ln |z|. Si
nota subito che le linee di flusso sono circonferenze centrate nellorigine. Si pu`o
verificare che il flusso attraverso una qualunque curva chiusa che non racchiude
lorigine `e nullo mentre la circuitazione lungo una qualunque curva semplice chiusa
che racchiude lorigine `e . Questo tipo di flusso `e chiamato vortice puntuale di
intensit`a . (Si veda la figura 3.4(c).)
allora
f (z) = ln(z a) ln(z + a).
2 2
Facciamo ora avvicinare la sorgente ed il pozzo (facendo tendere a 0) in
modo tale da mantenere costante il prodotto = 2a. Si pu`o scrivere
def.
ln(z + a) ln(z a)
f (z) = . (3.5)
4 a
Prendiamo il limite del membro destro della (3.5) per a 0. Si pu`o dimostrare
che si ottiene
.
2z
Questo `e il potenziale complesso di un dipolo. (Si veda la figura 3.4(d).)
f (z) = z + g(z),
con lim|z| g 0 (z) = 0 e tale che le linee di flusso attorno allostacolo siano ade-
renti al bordo. La condizione sul limite di g 0 , fisicamente, significa che lontano
dallostacolo la velocit`a ha modulo vicino alla costante . La seconda condizio-
ne significa che il flusso deve mantenersi tangente agli ostacoli. Questo spesso `e
daiuto per determinare il potenziale complesso. (Si veda anche lesempio 3.2.5.)
3.2 Potenziale complesso 35
3.07
1.84
linee di flusso
arg w
1.84
2.46
3.07
2.65
2.46 1.59
linee di flusso
1.84
1.23
1.23
1.59
1.84
linee equipotenziali
2.12
2.46
3.07
2.65
5
Si tratta, in questo caso di curve che non sono vere e proprie linee di flusso, infatti non
sono curve regolari. Ciononostante, le continueremo a chiamare in questo modo a causa del loro
significato fisico. La condizione di tangenza del flusso sar`
a da intendersi valida in tutti i punti
del bordo in cui esiste la tangente.
36 Trasformazioni del piano complesso
2 2
$&%
&%
$&$%&% $&%
$&% $&%
&%
$&% &$&$
$&% $&% &$&$
1 1
&$%
&$% $ $&% $ $&% &$
5 4 3 2 1
$&$%&%
&%
0
$&%
$ &%
0 &%
$ $ &$&$
1 2 3 4 5 5 4 3 2 1
0
0 1 2 3 4 5
2
J 0 (z) = 1 .
z2
Cosicche J 0 (z) = 0 se e solo se z = . Questo, per il Teorema 3.1.1, implica che
J `e una trasformazione conforme per ogni z 6= , pertanto non applicheremo la
trasformazione J a regioni che contengono questi punti nel loro interno, anche se
essi potranno appartenere alla frontiera.
Consideriamo una circonferenza di raggio r > centrata nellorigine, e deter-
miniamone limmagine secondo la trasformazione J. Scriviamo la circonferenza
parametrizzandola nella forma
2
t 7 J reit = reit + it
re
2
= r(cos t + i sin t) +
r(cos t + i sin t)
(3.6)
r 2 (cos t + i sin t) + 2 (cos t i sin t)
=
r
r 2 + 2 r 2 2
= cos t + i sin t,
r r
quindi limmagine di una circonferenza di raggio r > , centrata nellorigine, `e
unellisse con fuochi in .
Esercizio 3.3.2. Dimostrare che i fuochi dellellisse t 7 J reit , t [0, 2), sono
proprio i punti .
(Ricordando la definizione elementare di ellisse, far vedere che
J reit + J reit +
`e costante)
1.425
1.10
0.88 J 1.140
0.66
0.855
0.44
r=1.1
=1 0.570
0.22 0.285
0.00
0.000
1.457 1.145 0.834 0.523 0.211 0.100 0.411 0.723 1.034 1.345 1.657
2.00 1.60 1.19 0.79 0.39 0.02 0.42 0.82 1.23 1.63 2.03
0.22
0.285
0.44
0.570
0.66
0.88 J( ) 0.855
1.140
1.10
1.425
1.204 1.552
0.983
J 1.268
0.762 0.984
0.542 =1 0.699
0.321
r=1.104 0.415
0.100 0.131
1.462 1.150 0.837 0.525 0.212 0.100 0.412 0.725 1.037 1.350 1.662
1.995 1.592 1.190 0.788 0.385
0.154 0.017 0.419 0.822 1.224 1.627 2.029
0.121
0.438
0.342
0.722
0.562
1.007
0.783
1.291
1.004
2
2r + ,
2r
3.3 Trasformazione di Joukowski 39
2
2r + + .
2r
Una stima superiore dello spessore del profilo si pu`o ottenere osservando che
il profilo deve essere contenuto nellimmagine del cerchio centrato nellorigine e
avente raggio = 2r . Dalla (3.6) si ottiene che lo spessore `e minore di
2 2 22
2 = 4r 2 .
2r
d 1 f 0 () f 0 () 2
F 0 (z) = f 0 () J (z) = 0 = 2 .
dz J () 2
non sia un punto stazionario del flusso (cio`e con velocit`a relativa del fluido nulla),
le particelle del fluido devono svoltare bruscamente per poter seguire il profilo.
Nei fluidi reali, in cui c`e un po di viscosit`a, questo fenomeno non pu`o verifi-
carsi. In effetti, la presenza della viscosit`a provoca la nascita di un moto vorticoso
attorno allostacolo. Per studiare questo fenomeno, consideriamo il flusso dellE-
sempio 3.2.6 supponendo che sia lostacolo circolare sia il vortice siano centrati in
s C. Il potenziale complesso del flusso `e dato da
vr 2 ei
(z) = vei z + + i log(z s).
zs
d 1 0 () 2
0 (z) = 0 () J (z) = 2 ,
dz 2
Allora, se si vuole che la velocit`a del flusso sia nulla nello spigolo, deve essere
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafi 3.1 e 3.2 [7, cap. 7], [9, cap. 3], [16, cap. 8], [18, cap. 8], [20, cap.
17].
4.1 Generalit`
a sulle equazioni alle derivate parziali
Unequazione alle derivate parziali (EDP) di ordine n pu`o essere vista come una
relazione del tipo
u u 2 u 2u nu
F x1 , . . . , xm , u, ,..., , , , . . . , n = 0, (4.1)
x1 xm x21 x1n1 x2 xm
dove u : Rm R `e la funzione incognita delle variabili indipendenti x 1 , . . . , xm .
Una funzione sufficientemente regolare che sostituita insieme alle sue derivate
parziali nella (4.1), renda tale relazione vera identicamente in un aperto U di R m
`e detta soluzione della (4.1) in U .
C`e da notare che non tutte le derivate parziali devono necessariamente ap-
parire in una equazione alle derivate parziali, si pensi a quelle viste nel capitolo
precedente.
Conviene essere pi` u precisi sulla regolarit`a richiesta ad una soluzione. Noi
richiederemo che u sia continua assieme a tutte le sue derivate fino
allordine n, cio` e che u sia di classe C n . Tale definizione `e per`o troppo
restrittiva per alcune applicazioni. In realt`a, lo spazio di funzioni in cui si cerca
la soluzione dipende dal problema in esame; per esempio, potremmo limitarci
a richiedere che u sia continua assieme a tutte le sue derivate che compaiono
esplicitamente nellequazione.
Notazione. Per brevit`a, conviene adottare una notazione un po pi` u compatta
m
per le derivate parziali. Data u : R R scriveremo per esempio uxi (x1 , . . . , xm )
u 2u
invece di x i
(x1 , . . . , xm ) e uxi xj (x1 , . . . , xm ) al posto di xi x j
(x1 , . . . , xm ).
x0
u x1 x1 + . . . + u xn xn = 0 (4.2)
r 2xi xi
= p 2 = (x1 , . . . , xn ) 6= 0.
xi 2 x1 + . . . + x2n r
4.2 Equazioni dalla fisica 43
con a e b costanti.
conseguentemente1
Z
dm
(t) = (x, y, z, t) dx dy dz.
dt t
1
Per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale
44 Equazioni alle Derivate Parziali: introduzione
Ora, sia v(x, y, z, t) il campo di velocit`a al tempo t del sistema materiale che
occupa (si pu`o pensare ad esempio ad un fluido composto di tantissime particelle
materiali; in tale caso v(x, y, z, t) `e la velocit`a della particella che allistante t
occupa la posizione (x, y, z)). Il tasso di variazione della massa in `e uguale alla
velocit`a con cui il sistema materiale entra o esce attraverso , cio`e `e uguale al
flusso di v attraverso . Ovvero2
Z
dm
(t) = (x, y, z, t)hv(x, y, z, t), n(x, y, z)i dS
dt
Ne segue che
Z
(x, y, z, t) div (x, y, z, t)v(x, y, z, t) dx dy dz = 0.
t
Larbitrariet`a di implica che deve valere
(x, y, z, t) div (x, y, z, t)v(x, y, z, t) = 0, (4.3)
t
che `e anche detta equazione di continuit` a.
Se il sistema materiale considerato `e un fluido incomprimibile (cio`e tale che
`e costante) allora lequazione di continuit`a si riduce a
div v(x, y, z, t) = 0
2
`e un integrale superficiale!
3
La divergenza del campo vettoriale v `e data da div(v) = vx + vy + vz ; nel nostro caso t `e
considerato fissato.
4.2 Equazioni dalla fisica 45
y(x,t)
posizione di X sulter`a quindi completamente descrit-
x equilibrio to da una funzione y(x, t) che esprime
0 x x+x lordinata al tempo t del punto di ascis-
sa x. In questo modo, lipotesi (4) si-
gnifica che y(x, t) `e piccolo, mentre la (5) significa che y x (x, t) `e piccolo. Le
ipotesi (4) e (5) prese insieme implicano che la tensione F della corda pu`o essere
considerata costante.
Siano P e Q due punti di ascissa rispettivamente x e x + x . e siano e
+ gli angoli formati dalla corda con la direzione dellasse x nei punti P e Q.
_
Siano inoltre x + x , 0 1, la posizione del centro di massa dellarco P Q e
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
dove c2 = F > 0.
Lequazione (4.5) `e un importante rappresentante di quella famiglia di equazio-
ni del secondo ordine note come equazioni iperboliche. Essa `e un caso particolare
della cosiddetta equazione delle onde in R n
n
X
utt uxi xi = f (t, x1 , . . . , xn ) (4.6)
i=1
soggetta alla forza tempo-dipendente f (t, x, y). Allora, con opportune unit`a di mi-
sura, la funzione u(t, x, y) che rappresenta la forma della membrana in dipendenza
dal punto e dal tempo soddisfa la (4.6).
Tipici problemi che si possono porre in relazione alla (4.6) sono i seguenti
(scriviamoli a titolo puramente esemplificativo nel caso di due sole variabili
spaziali):
Problema di Cauchy-Dirichlet Si cerca una soluzione di (4.6) che soddisfi
)
u(x, y, 0) = h(x, y),
(x, y) , (4.7)
ut (x, y, 0) = k(x, y),
u(x, y, t) = (x, y, t), (x, y) , t>0 (4.8)
dove h, k e sono funzioni assegnate. Nel caso in cui = la condizione
(4.8) ovviamente scompare. Per esempio, per la (4.5) nel caso di lunghezza
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Questa equazione descrive, con unopportuna scelta delle unit`a di misura, la dif-
fusione di calore in un corpo omogeneo e isotropo, in questo caso f rappresenta
la quantit`a di calore per unit`a di volume prodotta o sottratta da una sorgente
(positiva o negativa) presente nel corpo. La (4.10) pu`o anche rappresentare la
diffusione di un fluido in un dato ambiente in questo caso u rappresenta la densit`a
del fluido e f `e, come sopra, un termine di sorgente.
I problemi tipici che si pongono per la (4.10) sono (ci limitiamo per semplicit`a
ed a titolo puramente esemplificativo al caso di tre sole variabili spaziali):
u
(x, y, z, t) = (x, y, z, t) (x, y, z) , t > 0, (4.13)
n
dove n `e un versore normale a e `e una funzione assegnata. (Questa si
chiama: condizione di Neumann.)
u = f (x1 , . . . , xn ). (4.14)
u = 0
Abbiamo gi`a visto, nel caso di due sole variabili, una situazione in cui le-
quazione di Laplace si presenta naturalmente (si veda pagina 13). Solitamente le
equazioni di Laplace e Poisson rappresentano dei fenomeni stazionari.
Consideriamo, ad esempio un corpo omogeneo e isotropo che occupa una regio-
ne dello spazio R3 . Supponiamo che in siano presenti delle sorgenti (positive
o negative) di calore e che f , rappresentante la quantit`a di calore prodotta o as-
sorbita per unit`a di volume in ogni punto del corpo, sia indipendente dal tempo.
Allora la distribuzione del calore in , con unopportuna scelta delle unit`a di
misura, obbedisce allequazione (4.14).
Un altro esempio, stavolta in due sole dimensioni spaziali, `e il seguente: Con-
sideriamo una membrana elastica omogenea che in posizione di riposo occupa la
regione del piano xy. Se f (x, y) rappresenta la forza per unit`a di superficie ap-
plicata in direzione verticale (rispetto al piano xy) nel punto di coordinate (x, y),
la membrana si incurver`a assumendo la forma z = u(x, y). Sotto opportune ipotesi
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
u = , su
u
= , su .
n
I problemi studiati fino qui, ed altri che vedremo pi` u avanti, sono esempi di proble-
mi lineari, nel senso che sia lequazione sia le condizioni supplementari (condizioni
iniziali, condizioni al bordo) sono lineari.
Il cosiddetto principio di sovrapposizione `e uno strumento molto utile per il
calcolo delle soluzioni nel caso di problemi lineari. Per illustrarlo, vediamo una
notazione che permette di unificare tutti i problemi lineari. Una volta fissato lo
spazio X di funzioni in cui cercare le soluzioni e lo spazio Y in cui sono assegnati
i dati ed il termine noto dellequazione 4 , tutti i problemi lineari possono essere
schematizzati come segue:
L1 u = 1 ,
..
.
Lr u = r ,
4
Nel nostro caso X = C 2 (- n , - ) e Y = C 0 ((- n , - ) ma, in generale, si possono cercare soluzioni
ed assegnare condizioni anche in altri spazi, per esempio di funzioni meno regolari.
50 Equazioni alle Derivate Parziali: introduzione
Ogni problema lineare si pu`o scrivere nella forma Lu = , con unopportuna scelta
degli operatori , L1 , . . . , Lr e degli elementi f, 1 , . . . , r .
La linearit`a delloperatore L fa si che se u 1 e u2 sono soluzione dei problemi
Lu = 1 e Lu = 2 rispettivamente, allora, dati , R, u 1 + u2 `e soluzio-
ne del problema Lu = 1 + 2 . In altre parole gli effetti dei dati iniziali si
sommano (sovrappongono) nella soluzione. Questo fatto `e noto come principio di
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
sovrapposizione.5
dove f rappresenta la forza esterna (per unit`a di lunghezza) agente nel punto di
ascissa x.
Se la corda, nellistante iniziale ha la forma u(x, 0) = h(x) ed i suoi punti
hanno velocit`a verticale ut (x, 0) = k(x), per determinare il moto negli istanti
successivi possiamo trovare le soluzioni u 1 e u2 dei due problemi (ai valori iniziali)
utt c2 uxx = f (x), utt c2 uxx = 0,
u(x, 0) = 0, u(x, 0) = h(x),
ut (x, 0) = 0, ut (x, 0) = k(x).
Esistenza della soluzione Cio`e stabilire se, assegnato un dato iniziale, esiste
una soluzione. Nel caso di un problema lineare u = si tratta di stabilire
la suriettivit`a di ; per il principio di sovrapposizione questo pu`o essere
ridotto a stabilire lesistenza di soluzioni di problemi pi`
u semplici.
Unicit`
a della soluzione Stabilire se, per qualche dato si pu`o trovare pi` u di una
soluzione. Nel caso di un problema lineare u = , la questione si pu`o
ridurre a stabilire se la funzione nulla sia lunica soluzione del problema
omogeneo associato = 0. Per vederlo, `e sufficiente osservare che se u 1 e
u2 sono soluzioni di u = , allora, per la linearit`a, u 1 u2 `e soluzione di
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
= 0.
2 2 tn
Con facili calcoli, si vede che un (x, t) = en sin(nx), per cui
2 2 n
un (x, 1) = en sin(nx).
Si osservi che, prendendo n si ottiene
|un (x, 0)| 0 per ogni x (0, 1),
mentre
sia u(x) 0. Inoltre, se v e w sono soluzioni del problema (4.20) allora, per il
principio di sovrapposizione, si ha che u = v w `e soluzione del problema (4.21).
Conseguentemente v(x) w(x). Si `e quindi provata lunicit`a delle soluzioni del
problema (4.20).
Il Teorema 4.5.1 pu`o essere usato anche per stabilire la dipendenza continua
delle soluzioni del problema (4.20) dalle condizioni iniziali. Infatti, se u `e una
soluzione,
1
u + max |F ()| kxk2 0
4
e conseguentemente, se R `e il raggio di un cerchio contenente ,
1 1
u+ max |F ()| kxk2 max f () + R2 max |F ()|,
4 4
u(x) = F (x) x ,
u(x) = f (x) x ,
54 Equazioni alle Derivate Parziali: introduzione
u| = f.
Questo teorema, insieme agli altri ragionamenti fatti in questo paragrafo,
mostra che il problema di Dirichlet per lequazione di Laplace `e ben posto.
Questo, visto che ku(x)k2 `e una funzione continua e non negativa, implica
u(x) = 0.
Si `e quindi provato che il problema (4.23) ammette come soluzione tutte le
costanti. Ragionando come nellOsservazione 4.5.2 si ha che: Se il problema di
Neuman (non omogeneo) per lequazione di Laplace
u(x) = 0 x ,
u
(x) = f x ,
n
ammette soluzione, allora essa `
e determinata a meno di una costante
additiva arbitraria.
Assegnato t, consideriamo ora il seguente problema di Cauchy-Dirichlet per
lequazione di diffusione:
ut u = 0 x , 0 < t < t,
u(x, 0) = 0 x , (4.24)
u(x, t) = 0 x , 0 < t < t.
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafi 4.1 e 4.2 [8], [13, cap. 7 1], [11], [12], [21].
a(x, y)ux (x, y) + b(x, y)uy (x, y) + c(x, y)u(x, y) = d(x, y), (5.2)
g(x, y, z) = c
le equazioni alle derivate parziali, invece, consiste nella ricerca di una soluzione il
cui grafico contenga una curva data.
u precisamente, sia R3 e sia : I , con I R un intervallo, una
Pi`
curva in data da s 7 (s), (s), (s) . Supponiamo che le funzioni , e
siano di classe C 1 e consideriamo la curva in R2 data da s 7 (s) = (s), (s) ;
cio`e la proiezione ortogonale di sul piano xy. Diremo che u `e una soluzione
(locale) del problema di Cauchy:
P (x, y, u)ux + Q(x, y, u)uy (x, y) = R(x, y, u), (5.3a)
u (s), (s) = (s), s I, (5.3b)
(s) lungo la curva (s), per questo diremo che i dati iniziali sono assegnati lungo
la curva .
cio`e che
P (s) 0 (s) Q (s) 0 (s) 6= 0. (5.5)
In altri termini, le proiezioni di f e di sul piano xy devono essere trasverse.
per ogni s, sono dette linee caratteristiche. Nel caso di equazioni lineari, la con-
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dizione (5.6) pu`o essere espressa dicendo che la curva su cui sono assegnati
i dati iniziali non deve essere tangente in alcun punto ad una linea
caratteristica.
Osserviamo inoltre che, nel caso di equazioni lineari, la condizione (5.6) non
dipende dai dati assegnati lungo la curva
Qui, chiaramente, il problema di Cauchy non `e nella forma (5.3). Per metterlo
nella forma richiesta definiamo (s) = (s, 1, 1 + s),s R.
Il campo vettoriale f (~x) = P (~x), Q(~x), R(~x) `e dato da f (x, y, z) = (y +
z, y, x y). Per ogni s R,
P (s) 0 (s) Q (s) 0 (s) = 1 6= 0,
3
3
Ovviamente dovr`
a necessariamente essere U 1 (x, y) - 2
: (x, y, z) 2 e, inoltre,
(s), (s) 4 U per ogni s I.
60 Equazioni del primo ordine
k1 (s) k0 (s) e k2 (s)e + k3 (s). Sostituendo nella prima delle (5.8) si ottiene,
necessariamente k3 (s) 0. La condizione iniziale, poi, ci permette di ottenere
unespressione per k0 , k1 e k2 ; basta risolvere il sistema
x (0) = k1 + k2 = s,
y (0) = k0 = 1,
z (0) = k1 k2 1 = 1 + s.
Z
Y
1.50 1.7
1.6
1.5
0.71 1.4
1.3
1.2
curve caratteristiche
0.08
Linee caratteristiche
0.50 1.1
0.53
X
X
1.57 1.0
1.000 1.246 Y 1.492 0.7 0.3 0.1 0.5 0.9 1.3 1.7 2.1
a(u)ux + ut = 0 (5.16)
(la variabile y usata nel paragrafo precedente sar`a qui rimpiazzata dalla variabile t
rappresentante il tempo). Questo tipo di equazioni differenziali si incontra in molte
applicazioni. Esse modellano il flusso attraverso una superficie di una qualche
grandezza fisica, che non possa venire creata o distrutta (da cui il nome). 5
Noi studieremo il caso unidimensionale, questo significa che esamineremo feno-
meni fisici che possono venire modellati con una sola variabile spaziale, non che i
processi studiati accadono solo in una dimensione. Per maggiore semplicit`a, dove
non diversamente specificato, i dati iniziali saranno considerati assegnati su tutto
lasse x; il caso in cui i dati sono assegnati solo su un intervallo I non `e molto
diverso.
Consideriamo il problema di Cauchy
a(u)ux + ut = 0, (5.18a)
u(x, 0) = h(x), (5.18b)
5
I termini creazione e distruzione si riferiscono allaggiunta o sottrazione dallesterno del
sistema in esame della grandezza fisica studiata.
5.3 Leggi di conservazione 63
Perch
e leggi di conservazione ?
Per fissare le idee, supponiamo che u(x, y) sia la densit` a di massa di un fluido contenuto
in un tubo disposto lungo lasse x (assumiamo questo per comodit` a, quello che `e
importante `e che il fenomeno sia unidimensionale).
Fissiamo un tratto di tubo I = [x1 , x2 ]. Se il tubo non ha fori nel tratto I attraverso
Ri xquali
2
venga aggiunto o tolto fluido, la massa contenuta in I al tempo y `e data da
x1 u(x, y) dx. Il fluido pu`o entrare nel tratto I di tubo solo attraverso le estremit` a
x1 e x2 , supponiamo che la quantit` a in ingresso (o in uscita) di fluido sia funzione
soltanto della densit` a u nei punti x1 e x2 . Si ha
Z
d x2
u(x, t) dx = f u(x1 , t) f u(x2 , t) , (5.17)
dt x1
dove la funzione f modella il passaggio del fluido attraverso le estremit` a del tubo. Se
u `e sufficientemente regolare, per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale,
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Z x2
ut (x, t) dx = f u(x1 , t) f u(x2 , t) .
x1
Se f `e di classe C 1 si ha:
Z x2
1
ut (x1 , t) = lim ut (x, t) dx
x2 x1 x2 x 1 x1
f u(x1 , t) f u(x2 , t)
= lim = f 0 u(x1 , t))ux (x1 , t).
x2 x1 x2 x 1
a di x1 , ut (x, t) + f 0 u(x, t) ux (x, t) = 0, che `e della forma (5.16).
Per larbitrariet`
esiste un intorno
U di (x0 , 0) ed una funzione u tale che, posto z = u(x, t), si ha
x, t, u(x, t) = 0 per ogni (x, t) U .
Sia V un insieme aperto in cui u `e differenziabile (non necessariamente coin-
cidente con U ), in ogni punto di V valgono le seguenti relazioni: 6
h0 x a(z)t
ux (x, t) = ,
1 + h0 x a(z)t a0 (z)t
(5.22)
a(z)h0 x a(z)t
ut (x, t) = .
1 + h0 x a(z)t a0 (z)t
Perci`o ux e ut tendono a diventate infinite quando la (5.21) tende a zero. In realt`a
quando la (5.21) diventa zero la soluzione u ha una discontinuit`a nota come shock
(o urto).7 Notiamo che la (5.21) `e sempre strettamente maggiore di 0 quando |y|
`e sufficientemente piccolo.
Per capire meglio come si sviluppano gli shocks, osserviamo che le soluzioni
della (5.19) sono costanti lungo le linee caratteristiche 8 che come sappiamo (vedere
lOsservazione 5.2.1) sono curve del piano xt.
Fissiamo x0 R e poniamo z0 = h(x0 ). Tutti i punti della retta
3 x a(z0 )t = x0 ,
r = (x, t, z) R : R3 ,
z = z0
3
6
Per ricavarle, `e sufficiente osservare che g(x, t) = x, t, u(x, t) 4 = 0 per ogni (x, t) U allo-
def. 3 3
ra gx (x, t) = gy (x, t) = 0. Per esempio, si ha gx (x, t) = x x, t, u(x, t) 4 + z x, t, u(x, t) 4 ux (x, t),
da cui si ricava la prima delle (5.22). La seconda si pu` o ottenere in modo analogo.
7
Quindi in quei punti u non `e una soluzione, almeno non nel senso in cui la intendiamo noi.
In realt`a, uno studio approfondito degli shocks richiede lestensione della nozione di soluzione,
cosa che non tratteremo.
8
Non si devono confondere le linee caratteristiche con le curve caratteristiche anchesse defi-
nite nel paragrafo precedente. Infatti le curve caratteristiche (che sono curve di - 3 ), in quanto
soluzioni di un problema di Cauchy per equazioni ordinarie autonome di classe C 1 , non si possono
intersecare; le linee caratteristiche invece, come vedremo, possono.
5.3 Leggi di conservazione 65
x a(z0 )t = x0 (5.23)
x a(z1 )t = x1 , e x a(z2 )t = x2 ,
z = (x zt), (5.19)
1 t 6= 0.
In tale caso si ha
x
u(x, t) = z = .
1t
Chiaramente, per t = 1 la soluzione perde di validit`a ed `e presente uno shock. Per
ogni x0 R, sia z0 = h(x0 ) = x0 . Lequazione della retta (5.23) diventa
x + x0 t = x0 , (5.23)
Z
Z
X
0.8 1.0
Linee caratteristiche
0.8
0.6
Soluzione definita
0.4
(0,1)
0.2
0.4
Soluzione definita
X 0.6
Curve caratteristiche
(u + 1)ux + ut = 0,
u(x, 0) = x 1.
Le soluzioni u come sopra che lungo soddisfano (5.25) sono dette soluzioni durto.
a
La curva divide D in due parti: destra D d e sinistra D s . Supponiamo che per ogni
punto p = (t) e per ogni successione (xi , ti ) Dd e (xj , tj ) Ds convergenti a p, u+ (p) =
limj u(xj , tj ), u (p) = limi u(xi , ti ), ed il salto [u](p) = u+ (p) u (p) siano definiti
indipendentemente dalla scelta delle successioni
z (x, t, s)
= 0, con dato dalla (5.20); altrimenti, per il Teorema della Funzione
Implicita esisterebbe ununica soluzione locale. Si ha
1 + tF 0 (s) = 0. (5.26b)
Tenendo conto della (5.21), della definizione di F e del fatto che z = h(s) in (x, t),
si osserva che la (5.26b) `e equivalente a s (x, t, s) = 0. Infatti lequazione (5.19)
non deve essere risolubile (rispetto a (x, t)) nei punti di .
La curva `e linviluppo delle linee caratteristiche. Risolvendo le (5.26) rispetto
a s si ottiene una rappresentazione parametrica della curva . Cio`e:
F (s) 1
s 7 x(s), t(s) = s 0 , 0 (5.27)
F (s) F (s)
x.
Esempio 5.3.6. La curva relativa al problema di Cauchy (5.18) `e degenere: si
riduce al solo punto (0, 1). Il tempo critico `e 1.
Esempio 5.3.7. La curva relativa al seguente problema di Cauchy
uux + ut = 0,
u(x, 0) = x2 ,
`e rappresentata parametricamente dalla curva
1
x( ), t( ) = , .
2
Il tempo critico `e 0, quindi non esiste nessuna striscia della forma R , > 0,
in cui lequazione sia risolubile. Osserviamo che questo non `e in contrasto con il
teorema di esistenza ed unicit`a.
Pertanto, Z x2
q
(x, t) + (x, t) dx = 0.
x1 t x
Larbitrariet`a del segmento [x1 , x2 ] implica che
q
(x, t) + (x, t) = 0. (5.28)
t x
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
(x, t) + G0 (x, y) (x, t) = 0. (5.29)
t x
Quindi il nostro modello per il flusso di traffico lungo unautostrada si riduce ad
una legge di conservazione.
La funzione G dipender`a dalle caratteristiche della strada. Una legge empirica
`e la seguente:
r
G(r) = cr 1 ,
1
dove c `e la velocit`a libera (cio`e quella di unauto che viaggia sola e indisturbata)
e corrisponde nei casi normali al limite di velocit`a, e 1 `e la densit`a massima di
auto (cio`e quando le auto sono una a toccare laltra). Con questa scelta di G e
ponendo u = /1 (densit`a normalizzata), lequazione (5.29) diventa
u u
+ c(1 2u) = 0. (5.30)
t x
Sia h(x) la densit`a iniziale sul tratto autostradale interessato. Lo studio del-
levoluzione del traffico `e ricondotto al problema di Cauchy per lequazione (5.30)
con condizione iniziale u(x, 0) = h(x). Si pu`o dimostrare che se h `e decrescente
non si verificano shocks. Tuttavia, se h `e crescente in qualche tratto, allora prima
o poi si verificher`a uno shock (la derivata della densit`a diventer`a infinita). La
situazione `e rappresentata nelle figure 5.3, 5.4 e 5.5.
Esercizio 5.3.8. Discutere il significato fisico della figura 5.3.
X X
6 4
5 c=2 c=1
3
4
3 2
2
1
0
0
1 1
2
2
3
t t
4 3
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0
1
Figura 5.3: Linee caratteristiche per la (5.30) con h(x) = x2 +1
e diverse velocit`a
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
massime: c = 1 e c = 2.
X
3
3 c=1
t
4
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0
1
Figura 5.4: Linee caratteristiche per la (5.30) con h(x) = 1 x2 +1
.
X
3
5
c=1
6
t
7
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
e
{0} . . . {0} = (x, y, 0, . . . , 0) : (x, y) .
| {z } | {z }
n volte n volte
9
Cio`e derivabile in ogni punto interno di I e tale che 0 (t) 6= (0, 0) per ogni t I.
72 Equazioni del primo ordine
(Queste sono n equazioni.) Dal momento che la curva `e regolare, almeno uno
dei 10 (t) o 20 (t) `e non nullo.
Supponiamo per fissare le idee che sia 10 (t) 6= 0.
i
Ricavando ux 1 (t), 2 (t) , i = 1, . . . , n, e sostituendo le espressioni trovate nel
sistema (5.31), si ottiene per t fissato
n
X bi1 10 ai1 20 uiy + ai1 vi0
= f1 t, g(t), v1 (t), . . . , vn (t) ,
10
i=1
.. (5.33)
.
n
X bin 10 ain 20 uiy + ain vi0
= fn t, g(t), v1 (t), . . . , vn (t) ,
10
i=1
Teorema 5.4.1. Se la curva non `e in alcun punto tangente ad una linea carat-
teristica, allora il problema (5.31)-(5.32) ammette ununica soluzione definita in
un intorno sufficientemente piccolo del sostegno di .
10
In matematica, si dice che la relazione ' se e solo se entrambi determinano la stessa
direzione `e una relazione di equivalenza e che linsieme
[] =
def.
1 ' 2
:
per qualche p n (infatti alcuni dei primi coefficienti della (5.35) potrebbero
essere nulli). Fissato un punto (x0 , y0 ), le soluzioni reali dellequazione
sono i coefficienti angolari delle tangenti a quelle linee caratteristiche passanti per
(x0 , y0 ) che sono della forma y = g(x). Quindi, se z `e una soluzione di (5.37),
(1, z) `e una direzione caratteristica in (x 0 , y0 ).11
Esempio 5.4.3. Consideriamo il seguente sistema
1
ux + u1y + u3y = ex ,
u2 = u 1 u 3 ,
y3
ux = u2 x.
da cui segue che le direzioni caratteristiche sono determinate dai vettori (1, 0),
(1, 1) e (0, 1).
11
Questo metodo permette di trovare tutte le direzioni caratteristiche del tipo [1 , 2 ] con
1 6= 0 (dividendo per 1 si resta nella stessa classe di equivalenza). La direzione [0, 2 ] deve
essere considerata a parte.
74 Equazioni del primo ordine
da cui `e facile ricavare le linee caratteristiche. Infatti, per trovare le linee ca-
ratteristiche che passano per il punto (x 0 , y0 ) si deve risolvere il problema di
Cauchy: 0
y (x) 1 y 0 (x) = 0,
y(x0 ) = y0 ,
Si ottiene che le linee caratteristiche cercate sono le rette y = y 0 e y = x + y0 .
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
a11 = 1 b11 =1
1a equazione a12 = 0 b12 =0 f1 = e x
a13 = 0 b13 =0
a21 = 0 b21 =0
2a equazione a22 = 0 b22 =1 f2 = u 1 u 3
a23 = 0 b23 =0
a31 = 0 b31 =0
3a equazione a32 = 0 b32 =0 f3 = u 2 x
a33 = 1 b33 =0
Rispetto ai dati riportati nella tabella 5.1 relativamente allesempio 5.4.3, cambia
solamente il valore di b11 . Per trovare le direzioni caratteristiche si deve considerare
lequazione
x1 2 0 2
det 0 1 0 = 0.
0 0 2
Si ottiene che le direzioni caratteristiche sono determinate dai vettori (1, 0) e (0, 1).
Determiniamo le curve caratteristiche della forma y = y(x) passanti per x 0 , y0 .
Poiche
1 y0 0 y0
det 0 1 0 = y 0 (1 y 0 ),
0 0 y0
5.4 Sistemi di equazioni lineari 75
x2 2y0 x20
y(x) = y0 , y(x) = + ,
2 2
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafi 5.1 e 5.2 [8], [11], [12], [21, cap. 3].
Poniamo
p0 (t) = ux (t) , (6.3)
q0 (t) = uy (t) . (6.4)
3 3 3
1
Per vederlo basta osservare che k 0 (t), 0 (t) 4 k = = 0 (t) 4
2
+ 0 (t) 4
2
= k 0 (t)k e che
Per la (6.2a)
a (t) uxx (t) + b (t) uxy (t) + c (t) uyy (t) = 0 (t), (6.5)
dove si `e posto2
0 (t) = f (t) (t) p0 (t) (t) q0 (t) (t) (t).
Il sistema ha ununica soluzione uxx , uxy , uyy (omettiamo lindicazione della di-
pendenza da t) se e solo se
0 0
0
det 0 0 0 = c( 0 )2 b 0 0 + a( 0 )2 6= 0.
a b c
determina una direzione caratteristica. Una curva regolare tangente in ogni suo
punto ad una direzione caratteristica `e detta linea caratteristica.
Osserviamo che il numero di direzioni caratteristiche in un punto fissato di-
pende solo dal discriminante b2 4ac dellequazione (6.6).
6.1.2 Classificazione
Le equazioni della forma (6.1) si classificano punto per punto a seconda del numero
di direzioni caratteristiche. Pi`
u precisamente:
`e ellittica in ogni punto del semipiano y > 0, iperbolica in ogni punto del semipiano
y < 0 ed `e parabolica nei punti della retta y = 0. Infatti, fissato (x 0 , y0 ) R2 ,
nellequazione (6.7) a(x0 , y0 ) = y0 , b(x0 , y0 ) = 0 e c(x0 , y0 ) = 1; quindi b2 4ac =
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
4y0 .
Supponiamo che la (6.1) sia dello stesso tipo in tutti i punti di . Si pu`o
dimostrare, sotto opportune ipotesi di regolarit`a dei coefficienti dellequazione,
che con un opportuno cambiamento di coordinate = (x, y), = (x, y), la (6.1)
pu`o sempre essere riportata ad una (ed una sola) delle seguenti forme canoniche:
1. u + u + . . . = 0: caso ellittico;
3. u + . . . = 0: caso parabolico;
qui i puntini stanno ad indicare termini che contengono solo derivate di ordine
inferiore al secondo (anche nullo). Abbiamo visto come queste equazioni siano
originate da problemi fisici di tipo essenzialmente diverso.
Non entriamo nei dettagli del metodo per determinare le trasformazioni neces-
sarie per portare le equazioni in forma canonica (metodo che `e intimamente legato
alle caratteristiche). Ci limitiamo a mostrare che i cambiamenti di coordinate
buoni non alterano il tipo di unequazione.
Osserviamo un cambiamento di variabili non singolare (cio`e con jacobiano non
nullo) non altera il segno del discriminante della (6.6) corrispondente allequazione
con le variabili cambiate. Per vederlo, effettuiamo il seguente cambiamento di
variabili
= (x, y),
= (x, y),
e consideriamo
U (x, y), (x, y) = u(x, y).
80 Equazioni lineari del secondo ordine
Af 00 (x + y) + Bf 00 (x + y) + C2 f 00 (x + y) = 0.
Se vogliamo che questa uguaglianza sia soddisfatta per ogni funzione f , deve essere
C2 + B + A = 0. (6.10)
Nel caso B 2 4AC < 0 non ci sono soluzioni (reali) della forma richiesta. Se
B 2 4AC 0 denotiamo con 1 e 2 le radici (eventualmente coincidenti) di
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
x + 1 y = c1 x + 2 y = c2 ,
Ellittica: = 2aybx2
>
4acb Non ci sono linee caratteristiche.
b2 4ac < 0 =x
a=0
=x
Parabolica
b2 4ac = 0
e
> =y
x = cost.
b=0
a 6= 0
= ay 2b x
o
> =x
2ay bx = cost.
b 6= 0
= ay + 1
? b + b2 4ac @ x 2ay + ? b + b2 4ac @ x = cost.
>
Iperbolica: 2
b b2 4ac @ x 2ay + ? b b2 4ac @ x = cost.
a 6= 0
?
1
= ay +
b2 4ac > 0 2
=x x = cost.
a=0
> = by cx by cx = cost.
Tabella 6.1: Riduzione a forma canonica delle equazioni lineari del secondo ordine
a coefficienti costanti
82 Equazioni lineari del secondo ordine
(6.11b)-(6.11c) per trovare f e g in modo tale che u(x, t) = f (x at) + g(x + at)
sia soluzione di (6.11).
Imponendo le (6.11b)-(6.11c), si ottiene
u(x, 0) = f (x) + g(x) = (x),
ut (x, 0) = af 0 (x) + ag 0 (x) = (x),
da cui si ricava subito (
g(x) = (x) f (x),
0
f 0 (x) = a (x)(x)
2a .
Dalla seconda si ottiene f (x) = F (x) + c con c una costante e F una primitiva di
a 0 (x) (x))/(2a), dalla prima si deduce quindi g(x) = (x) F (x) c. Osser-
viamo che f e g sono determinate a meno di una costante c; tale indeterminazione
tuttavia scompare nella soluzione u del problema di Cauchy.
Riassumendo, la soluzione di (6.11) si pu`o scrivere come la sovrapposizione
(cio`e la somma) delle onde viaggianti f (x at) e g(x + at) che si spostano con
velocit`a a:
Z xat 0
a (s) (s)
u(x, t) =f (x at) + g(x + at) = ds + (x + at)
x+at 2a
Z x+at (6.12)
(x + at) + (x at) 1
= + (s) ds.
2 2a xat
La formula (6.12) si chiama formula di DAlembert.
Esercizio 6.1.3. Determinare la soluzione del problema di Cauchy usando la
formula di DAlembert
uxx utt = 0,
2
u(x, 0) = ex ,
ut (x, 0) = 0,
e discuterne il significato fisico. Spiegare in particolare la Figura 6.1
6.1 Problema di Cauchy e classificazione 83
z z
1.0 0.6
0.9
0.5
0.8
0.7
0.4
0.6
0.5 0.3
0.4
0.2
0.3
0.2
0.1
0.1
x x
0 0
6 4 2 0 2 4 6 6 4 2 0 2 4 6
(a) t = 0 (b) t = 2
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
z
0.6
0.5
x
0.4
0.3
z
1.0
0.2
0
0.5
0.1
x
x
0.0
0
6 4 2 0 2 4 6 0
3 6
t 6
u(x, 0) = (x),
uy (x, 0) = (x).
84 Equazioni lineari del secondo ordine
Osserviamo anche che ux (x, 0) = 0 (x). Lipotesi che non sia tangente in nessun
punto ad una direzione caratteristica si traduce nellipotesi che lasse x non sia
una linea caratteristica.
Sia u C 2 , introduciamo le nuove funzioni u1 = ux e u2 = uy e poniamo
u3 = u. Chiaramente, queste nuove funzioni non sono indipendenti tra di loro ma
sono legate per esempio dalle relazioni u 1y = u2x e u3y = u2 . Il problema (6.2) `e
dunque equivalente al sistema
au1x + bu1y + cu2y + u1 + u2 + u = f (x, y),
u1 u2 = 0,
y3 x
uy = u 2 ,
(6.13)
u1 (x, 0) = 0 (x),
u2 (x, 0) = (x),
3
u (x, 0) = (x).
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Si osservi che lipotesi che abbiamo fatto che lasse x non sia tangente a nessuna
direzione caratteristica (per lequazione del secondo ordine) si traduce nellipotesi
corrispondente per il sistema (6.13).
come lestremo inferiore dellinsieme degli s per cui tale integrale `e finito. Cio`e
poniamo Z +
(u) = inf s R : u(t)est dt < + .
0
Chiaramente Lu `e definita su tutto ((u), +).
Si osservi che se u `e di ordine esponenziale a allora (u) a. In particolare,
le funzioni limitate sono di ordine esponenziale 0, pertanto, in tale caso (u) 0.
Esercizio 6.2.1. Determinare lascissa di convergenza per u(t) = |t| e per u(t) =
e3t .
La trasformata di Laplace porta la funzione assegnata u della variabile t (con t
nel cosiddetto dominio temporale) nella funzione U della variabile s (appartenente
al dominio della trasformata).
Osserviamo che u 7 (Lu) `e un operatore lineare, cio`e
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
L u1 + u2 (t) = (Lu1 ) (t) + (Lu2 ) (t),
s2 U (s) 1 + U (s) = 0;
86 Equazioni lineari del secondo ordine
2
e
2 /(4t)
e s = er dr.
t
s
0
erf( t) 1 0 Le funzioni erf ed erfc sono usate nella
s s+1
e s teoria della probabilit`
a.
erfc 4t s 0
Alcune delle principali propriet`a della trasformata di Laplace sono raccolte nella
tabella 6.3.
Esempio 6.2.5. Determiniamo lantitrasformata della funzione s 7 1/(s 2 1).
Possiamo scrivere,
1 1 1 1 1 t
1 t
= = L[e ] (s) L[e ] (s)
s2 1 2 s 1 s + 1 2 2
t
e et
= L (s).
2
88 Equazioni lineari del secondo ordine
Antitrasformata di Laplace.
Supponiamo di conoscere una funzione F che sappiamo essere la trasformata di Lapla-
ce di una qualche funzione f ; cio`e (Lf ) = F . Come si pu`
o, in generale, determinare
f ? Se a R `e tale che a destra della retta complessa Re z = a, F risulti estendibile
mediante una funzione analitica, si pu` o dimostrare che
Z
a+iR
1
f (t) = lim est F (s) ds.
2i R+
aiR
t t
Quindi lantitrasformata `e la funzione t 7 e e . Osserviamo che
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
2
t
e et
= 1.
2
Un esempio che ci servir`a in seguito `e il seguente.
Esempio 6.2.6. Sia u una funzione di ordine esponenziale. Definiamo
(
u(t) t 0,
v(t) =
0 t < 0.
0.960 o
temp
0.010
0.08 0.4
0.07
0.3
0.06
0.05
0.2
0.04
0.03 0.1
u(1,t) 0.02 u(1,t) 0
0.01
0
0.1
0.01
0.02 0.2
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
1.0 1.0
0.8 0.8
0.6 0.6
0.4 0.4
0.2 0.2
f(t) 0 f(t) 0
0.2 0.2
0.4 0.4
0.6 0.6
0.8 0.8
1.0 1.0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
s2
Uxx U = 0.
k2
La trasformata della condizione u(0, t) = f (t) `e U (0, s) = F (s), dove Lf = F .
Tenendo conto della condizione di limitatezza, otteniamo
Osserviamo che k esprime la velocit`a con cui si propaga la perturbazione (si veda
la Figura 6.4), e che la soluzione trovata non `e una soluzione classica (cio`e di
classe C 2 ) infatti le sue derivate parziali hanno una discontinuit`a lungo la semiretta
t = x/k, x > 0.
tem
po
3 parte non
raggiunta dalla
0.0
0 perturbazione
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
3
0.0
ine
rig
al lo
z ad
tan
5.0 dis
t
9.9 14.8
R b = e 4 .
2
2
s ds =
si ha e . Ne segue f()
si ha fb = g.
Conseguentemente, per f S, si ha
Z
1
f (x) = fb()eix d,
2
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
si pone Z
f g(x) = f (x y)g(y) dy.
def.
Con questa definizione di convoluzione si pu`o dimostrare che, date f e g come
sopra,
f[ b g ().
g() = f()b
La tabella 6.5 raccoglie alcune delle principali propriet`a della trasformata di Fou-
rier.
6.3 Trasformata di Fourier e problemi su domini illimitati 95
Osserviamo che questa equazione differenziale ammette infinite soluzioni, qui stia-
mo cercando di determinare solo quella che appartiene ad S.
Prendendo la trasformata di entambi i membri e risolvendo rispetto a fb otte-
niamo
b = 1 gb().
f()
1 + 2
1
Dalla tabella 6.4 sappiamo che 1+ 2
`e la trasformata di e|x| /2. Allora, per la
propriet`a della convoluzione,
Z
e|x| 1
f (x) = g(x) = e|xy| f (y) dy.
2 2
cx (, t) = ib
u u(, t),
2
d
u xx (, t) = ub(, t).
0.8
0.6
0.4
0.15
4
4 0.1 0.2
2
2 x
0.05
x
0
0 2
2
0.5 4
0.5 4
0.1
1 1
t 0.15 t
1.5 1.5
2 2
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
0.8
0.4 0.4
3 2 1 1 2 3 3 2 1 1 2 3
0.4
y y
bt (, t) = k 2 2 u
u b(, t). (6.21)
Osserviamo che per poter procedere come sopra si deve assumere che f sia F-
trasformabile (qui avevamo assunto addirittura f S). Tuttavia, si pu`o verificare
che la formula ottenuta fornisce una soluzione anche sotto condizioni molto meno
restrittive sulla f . Qui, per esempio, assumendo una nozione di soluzione pi` u
debole della usuale, basta che f sia continua e limitata.
Quanto appena detto esemplifica una strategia generale: cercare di ottenere
una soluzione sotto tutte le ipotesi che possano essere necessarie per operare e
poi verificare che quanto ottenuto sia veramente una soluzione nel senso che ci
interessa. Nella figura 6.5 `e rappresentata la soluzione del problema per due
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Esempio 6.4.1. Consideriamo una corda di lunghezza l tesa tra i suoi estremi
che assumiamo fissati. Supponiamo che la corda sia libera di muoversi soltanto in
un piano verticale. Fissiamo un sistema di riferimento in modo tale che gli estremi
abbiano coordinate (0, 0) e (l, 0), e che il piano in cui avviene il moto sia il piano
xy. Supponiamo inoltre che la corda sia inizialmente in quiete e che la posizione
iniziale del punto di ascissa x [0, l] sia data da (x). Assumendo che il peso
della corda sia trascurabile rispetto alla tensione, vogliamo determinare il moto
della corda.
98 Equazioni lineari del secondo ordine
`e una soluzione della (6.23a) che soddisfa le condizioni (6.23b) e (6.23d). Affinche
sia soddisfatta la (6.23c), si devono scegliere i coefficienti b n in modo tale che
X nx
(x) = u(x, 0) = bn sin .
n=1
l
(x) = h sin(x/l).
isolante
(1,1)
componente verticale
del gradiente nulla
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
nulla: u(0,y)=0
temperatura
temperatura
u(1,y)=h(y)
(x,y)
temperatura
u(x,y) isolante x
Per stabilire quale sia la temperatura nei punti della piastrina dobbiamo risol-
vere il seguente problema per lequazione di Laplace.
f 00 (x) g 00 (y)
= .
f (x) g(y)
`e una soluzione della (6.26a) che soddisfa le condizioni (6.26b) e (6.26c). Affinche
sia soddisfatta la (6.26d), si devono scegliere i coefficienti a n in modo tale che
X
1
h(y) = u(1, y) = a0 x + An sinh(n) cos(ny).
2 n=1
f 00 (x) g 0 (t)
= 2 .
f (x) k g(t)
f (x) = c1 x + c2 e g(t) = c3 ,
T0 T s
u
(x, t) = x + Ts
l
`e una soluzione dellequazione del calore che soddisfa le condizioni al contorno ma
non soddisfa la condizione iniziale a meno che non sia T s = T0 .
Rimane da considerare il caso < 0. Conviene scrivere = 2 . Dalle (6.28)
seguono
2 2
f (x) = c1 cos(x) + c2 sin(x) e g(t) = c3 e k t ,
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
e quindi 2 2
(x, t) = C1 cos(x) + C2 sin(x) e k t
u
`e una soluzione dellequazione del calore per ogni scelta delle costanti C 1 e C2 .
In generale, neppure la soluzione appena trovata contiene abbastanza para-
metri liberi per poter soddisfare tutte le condizioni imposte. Tuttavia, il principio
di sovrapposizione ci viene in aiuto.
Cerchiamo le soluzioni (non identicamente nulle) della forma u che valgono
zero sul bordo. Per il principio di sovrapposizione, la somma di un qualunque
numero di tali soluzioni con u d`a ancora una soluzione che, chiaramente, soddisfa
le condizioni al bordo.
Imponiamo le condizioni u (0, t) = 0 e u
(l, t) = 0. Si ottiene
2 k2 t 2 2
C1 e =0 e C1 cos(l) + C2 sin(l) e k t = 0.
T0 T s X nx n2 2 k2 t
u(x, t) = x + Ts + bn sin e l2 (6.29)
l n=1
l
104 Equazioni lineari del secondo ordine
cio`e
T0 T s X nx
T0 T s x= bn sin .
l l
n=1
Quindi An sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier della funzione x 7
T0 Ts T0 T
l
s
x estesa in modo dispari a [l, l], cio`e della funzione:
(
T0 Ts T0 T
l
s
x 0<xl
x 7 T0 Ts
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
l x + Ts T0 l < x 0
Dunque si ha
Z l nx
2 T0 T s
bn = T0 T s x sin dx
l 0 l l
Z nx
2(T0 Ts ) l 1 2(T0 Ts )
= 1 x sin dx = .
l 0 l l n
Sostituendo nella (6.29) i valori di b n trovati, si ottiene finalmente la soluzione
cercata:
T0 T s
X 2(T0 Ts ) nx n2 2 k2 t
u(x, t) = x + Ts + sin e l2 .
l n l
n=1
f 00 (x) = f (x),
(6.31)
g 0 (t) = k 2 g(t).
2 2
u(x, t) = f (x)g(t) = c1 cos(x) + c2 sin(x) e k t .
h sin(l) + cos(l) = 0,
X
(x) = u(x, 0) = bn sin(n x). (6.33)
n=1
P
Osserviamo che n=1 bn sin(n x) non ` e una serie di Fourier nel senso usuale (i
numeri n non sono equispaziati). Si pu`o provare, analogamente al caso delle
serie Fourier, che, affinche valga la (6.33), la seguente scelta dei coefficienti b n `e
106 Equazioni lineari del secondo ordine
necessaria:6
Rl Z l
0 (x) sin(n x) dx 2
bn = Rl = [cos(n l)]2
(x) sin(n x) dx,
2
0 [sin(n x)] dx l 1+ hl
0
6
Si pu`
o verificare che, similmente al caso delle serie di Fourier,
A l
0 m 6= n,
sin(m x) sin(n x) dx = B
0 6= 0 n = m.
dove h `e una funzione assegnata con la propriet`a che h(1) = h(r) = h(1) =
h(r) = 0. Poniamo U (, ) = u(e cos , e sin ). Il nostro problema al bordo su
D si trasforma nel seguente problema al bordo (per U ) su D
U (, ) = 0, (, ) D
U (, 0) = h(e ) = U (, ), 0 ,
U (0, ) = 0 = U (, ), 0 ,
che pu`o essere risolto per esempio con il metodo di separazione delle variabili.
Dalla soluzione trovata si pu`o poi risalire alla soluzione del problema originale
invertendo la trasformazione.
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
y
+ i
e
1 r
Riferimenti ed approfondimenti
Paragrafo 6.1 [8], [11], [13, cap. 7 1], [20, cap. 11], [21, cap. 5].
Paragrafo 6.2: [11, cap. 5 19], [8, cap. 2 6], [15] [18, cap. 11], [19, capp.
13-14].
Paragrafo 6.3: [2, cap. 6], [8, cap. 2 6], [15], [18, cap. 10].
Paragrafo 6.4: [13, cap. 7 1], [12, cap. 2], [20, cap. 11], [19, cap. 12].
Appendice A
Calcolo integrale in Rn
1
Un dominio di - n si dice regolare se `e unione di un numero finito di domini semplici. Si dice
che D `e un dominio semplice di - n , n > 1, se esiste un dominio semplice D di - n1 e funzioni
: D - e : D - tali che rispetto ad una qualche coordinata i-sima,
Allora Z Z
lim fk (x) dx = lim fk (x) dx.
D k+ k+ D
D1 D 2 . . . D k . . .
D1 D 2 . . . D k . . .
Proposizione A.1.4. Supponiamo che esista una costante K tale che |f (x, t)|
K per ogni (t, x) D A. Allora F `e una funzione continua.
Allora F `e di classe C 1 in A e
Z Z
F f
(t) = f (x, t) dx = (x, t) dx.
tj tj D D tj
110 Calcolo integrale in Rn
per j = 1, . . . s.
In particolare, se A R,
Z
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
(t)
0 0 0 f
G (t) = f (t), t (t) f (t), t (t) + (x, t) dx.
(t) t
Si dimostra facilmente che questa definizione non dipende dalla scelta della rap-
n
parametrica di ; cio`e che, se : [, ] R `e tale che [a, b] =
presentazione
= [, ] , allora
Z b Z
0
f (t) k (t)k dt = f (t) k0 (t)k dt.
a
R
Osserviamo che f ds `e indipendente dal verso in cui viene percorsa. Inoltre,
si ha Z
Lunghezza() = 1 ds.
Risulta inoltre utile la seguente notazione. Sia F : R n un campo vettoriale
continuo. Si pone
Z Z b
F d~s = F (t) 0 (t) dt.
def.
a
Come nel caso precedente si vede che questa definizione `e ben data. Inoltre, posto
0 (t)
T~ (t) = 0 ,
k (t)k
A.2 Integrali di linea 111
si ha Z Z
F d~s = F T~ ds.
Osserviamo
R che invertendo il senso di percorrenza di si cambia il segno di
F d~
s.
Potenziale
Supponiamo che il campo F sia definito nellaperto D R n contenente . Si
pu`o dimostrare che se esiste una funzione U : D R di classe C 1 tale che
U (x) F (x) (cio`e un potenziale di F ) allora
Z
F d~s = U (b) U (a) . (A.1)
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
Fi Fj
= i, j {1, . . . , n}. (A.2)
xj xi
Si pu`o dimostrare che questa definizione `e ben data nel senso che lintegrale al
membro sinistro dipende solo da e non dallimmersione F ; cio`e, se G : W R n
`e unaltra immersione tale che {G(x) : x W } = = {F (x) : x } allora
Z
p
F (x) det (JF (x) [JF (x)]t ) dx =
Z
p
G(x) det (JG(x) [JG(x)]t ) dx.
W
Conseguentemente
Z Z
Teorema della diver-
genza div u(x) dx = u n dS.
u v
v(x)u(x) u(x)v(x) dx = v u dS
n
Z Z Z
u
v(x)u(x) dx = u(x) v(x) dx v dS.
n
Appendice B
Serie di Fourier
Lidea che sta alla base degli sviluppi in serie di Fourier `e quella di approssimare,
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
a0 X
n
sn (x) = + ak cos kx + bk sin kx . (B.1)
2
k=1
Z 2 Z 2
1 1
ak = f (x) cos kx dx, bk = f (x) sin kx dx.
0 0
k = 0, 1, 2, . . . k = 1, 2, . . .
Teorema B.1.1. Supponiamo che f sia 2-periodica ed integrabile in [0, 2], al-
lora, al variare di sn tra tutti i polinomi trigonometrici di ordine n della forma
(B.1), lo scarto quadratico En `e minimo quando i coefficienti di sn sono scelti
come nella Tabella B.1. In questo caso si ha
Z 2 n
!
a 0
X
En = f (x)2 dx + (a2k + b2k ) .
0 2
k=1
Inoltre (identit`
a di Parseval)
Z
!
2
a0 X 2
f (x)2 dx = + (ak + b2k ) ,
0 2
k=1
cio`e lim En = 0.
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
La serie
a0 X
+ ak cos kx + bk sin kx . (B.2)
2
k=1
con i coefficienti dati dalla Tabella B.1 `e detta serie di Fourier di f . Si pu`o
dimostrare che Z
1 sin(n + 1/2)t
sn (x) = f (x + t) dt.
2 sin(t/2)
Questa formula `e utile per il calcolo numerico di s n (x), infatti richiede il computo
di un solo integrale ed evita la somma (numericamente instabile) di termini di
diversa grandezza.
` facile vedere che se f : R R `e una funzione 2-periodica pari, cio`e tale
E
che f (x) = f (x) per ogni x R, allora nella sua serie di Fourier compaiono
solo coseni (cio`e 0 = a0 = a1 = . . .); se invece f `e dispari, ovvero tale che
f (x) = f (x) per ogni R, allora nella sua serie di Fourier compaiono soltanto
seni (cio`e 0 = b1 = b2 = . . .).
Osserviamo inoltre che ogni funzione definita sullintervallo [0, 2] pu`o sempre
essere estesa ad una funzione 2-periodica su tutto R. Inoltre, ogni funzione
f definita definita sullintervallo [0, ] pu`o essere estesa sia ad una funzione 2-
periodica pari su R, sia ad una funzione 2-periodica dispari su R dando cos`
luogo ad uno sviluppo in (soli) coseni o in (soli) seni di f .
a0 X
n
sTn (x) = + ak cos(kx) + bk sin(kx) , (B.3)
2
k=1
116 Serie di Fourier
`e reso minimo dalla scelta dei coefficienti come nella Tabella B.2
Z T Z T
2 2
ak = f (x) cos(kx) dx, bk = f (x) sin(kx) dx.
T 0 T 0
k = 0, 1, 2, . . . k = 1, 2, . . .
Pi`
u precisamente vale il seguente risultato
Teorema B.2.1. Supponiamo che f sia T -periodica ed integrabile in [0, T ], allora,
al variare di sTn tra tutti i polinomi trigonometrici di ordine n della forma (B.3),
lo scarto quadratico EnT `e minimo quando i coefficienti di sTn sono scelti come nella
Tabella B.2. In questo caso si ha
Z T n
!
T 2 T a0 X 2 2
En = f (x) dx + (ak + bk ) .
0 2 2
k=1
Inoltre (identit`
a di Parseval)
Z
!
T
2 T a0 X 2 2
f (x) dx = + (ak + bk ) ,
0 2 2
k=1
La serie
a0 X
+ ak cos(kx) + bk sin(kx) .
2
k=1
con i coefficienti dati dalla Tabella B.2 `e detta serie di Fourier di f .
f (x+
0) = lim f (x) f (x
0) = lim f (x).
def. xx+
0
def. xx
0
Teorema B.3.1. Sia f come sopra. Allora i coefficienti di Fourier sono ben
definiti e la serie di Fourier converge per ogni x 0 alla media dei limiti destro e
sinistro di f , cio`e
a0 X f (x+ ) + f (x )
0 0
+ ak cos(kx0 ) + bk sin(kx0 ) =
2 2
k=1
1 se 0 x <
f (x) = 0.1
1 se < x < 0
0.5
Questo fatto `e noto come fenomeno di Gibbs (si veda per esempio [14, Cap. 2
10]) ed `e del tutto generale nei punti di discontinuit`a.
scegliendo, per k Z, (
ak ibk
2 for k 0,
ck = ak +ibk
2 for k 0,
dove si `e posto b0 = 0.
La serie di Fourier (B.2) di una funzione f si pu`o allora scrivere nella forma:
+
X
ck eikx ,
k=
Ultimo aggiornamento: 10 aprile 2003
[4] Gherardelli F. - Rosati L.A. - Tomassini G., Lezioni di Geometria II, CEDAM,
Padova, 1980.
[5] Kavian O., Introduction a ` la theorie des points critiques et applications aux
probl`emes elliptiques. Springer-Verlag, Paris, 1993.
[6] Knopp K., Theory of Functions, vol. I. Dover, New York, 1945.
[11] Piva A., Equazioni Differenziali alle Derivate Parziali. Pitagora, Bologna,
1993.
[12] Prouse G., Equazioni Differenziali alle Derivate Parziali. Masson, Milano,
1987.
[13] Pagani C.D. - Salsa S., Analisi Matematica, vol. II. Masson, Milano, 1994.
[16] Silverman R.A., Complex Analysis with Applications. Dover, New York, 1984.
[18] Weinberger H.F., A first course in Partial Differential equations. Dover, New
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[19] Widder D.V., Advanced Calculus, II edition. Dover, New York, 1989.