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CINEMA, TELEVISIONE E MEDIA

ARRIVAL/ Il film "sorprendente" sull'uomo e le sue


paure

Lucia Devescovi

domenica 22 gennaio 2017

Se siete stanchi del genere fantascientifico perch lo trovate monotono e ripetitivo, Arrival pu senza dubbio
farvi cambiare idea. E per gli amanti del genere? No problem, perch Denis Villeneuve mischia con maestria tutti
quegli elementi tipici del fanta-action (alieni, tecnologia e astronavi), unendo a essi qualcosa di inaspettato e
profondamente innovativo che vi stupir. Garantito. Tutto comincia quando sulla Terra arrivano 12 strani "gusci"
extraterrestri che se ne stanno sospesi a pochi metri dal suolo in varie parti del Pianeta. I "visitatori" cercano di
dialogare, aprendo una volta al giorno il "portellone" per lasciare entrare gli umani.
A svolgere il difficile compito di capirli viene chiamata la dottoressa Louise Banks (Amy Adams), eccellenza in
materia di linguaggio e comunicazione. Affiancata dal fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner), dovr entrare
nello strano monolite per cercare un dialogo con gli extraterrestri, per capire cosa vogliano e se abbiano buone
intenzioni o meno. Louise e Ian, seppur con un'idea diversa di scienza, mettono insieme le proprie conoscenze e
insegnano come si fa con dei bambini la maniera di destreggiarsi nella difficolt linguistica.
Dall'iniziale e comprensibile timore dei due esperti, che finalmente sdogana la figura degli eroi "normali" che
altro non sono che due studiosi amanti del loro mestiere, al primo incontro con gli strani esseri a otto tentacoli,
fino alle prove di comprensione: tutto si gioca tra due dimensioni, tra la gravit terrestre e lo strano mondo dei
visitatori. La situazione cambia quando appare evidente un'incomprensione, l'utilizzo ambiguo di una parola
diventa motivo di spavento e di allerta. Inizia una corsa contro il tempo per scongiurare la distruzione cieca degli
extraterrestri, senza permettere loro di spiegarsi in una lingua di cui essi non padroneggiano le sfumature.
Villeneuve fa qualcosa di straordinario. Al centro non mette le astronavi e le tecnologie futuristiche, ma l'uomo e
la sua paura, con a disposizione pochissimo se non la sua intelligenza e gli strumenti che conosciamo oggi, banali
come un tablet. Non sono pi gli alieni in s l'oggetto della ricerca, ma il linguaggio e la difficolt di comprendere
chi ha un modo di pensare diverso e che interpreta le parole con significati opposti. La comunicazione verbale e
scritta che l'uomo ha perfezionato sempre di pi nel tempo ora sembra non bastare per comprendere quella
scrittura cos strana, circolare, che non ha n tempo, n spazio.
Nell'accettare la scoperta sensazionale che racchiusa nella conoscenza dell'altro e che insidiata dalla scarsa
capacit dell'uomo di avere fiducia nei suoi simili, si sprigionano tutta l'energia e la carica emotiva del film. Amy
Adams, in grande forma (candidata agli oscar come miglior attrice protagonista), si ritrova a fluttuare tra ricordi
e futuro, tra la Terra e un mondo quasi etereo. Il dialogo con gli "eptapodi" investe la sua vita, nell'intimo, la fa
immedesimare nei loro meccanismi cognitivi, la immerge nel loro mondo.
Le scene si susseguono velocemente, dal pieno dell'azione a momenti di estrema e spaventosa calma in cui tutto
si mescola e diventa incomprensibile. Ma solo fino a un certo punto, quando, improvvisamente, tutto appare
chiaro anche agli spettatori che, con il fiato sospeso, riescono a capire anche il perch di un'apertura iniziale cos
singolare per un film di questo tipo. Proprio perch si capisce (anche se non per nulla banale), un peccato che
Villeneuve non abbia avuto fiducia e abbia voluto dire esplicitamente, con l'ultima battuta del film, quello che
sarebbe stato pi elegante lasciare non detto, ma solo suggerito.
A parte questo piccolo neo, complimenti a un film che dice la sua sulla fantascienza, inserendo temi talmente
attuali che mai si sarebbe potuto pensare andassero d'accordo con una narrazione di fantasia. E non un caso la
sua nomination agli oscar per i migliori effetti speciali.

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