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I muri adesso parlano: ex-operatrici delle cliniche abortiste

raccontano la loro conversione


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L'articolo sul libro segnalato, ripreso di seguito, il nostro contributo


alla marcia per la vita del 20 maggio prossimo. L'Autore, Paolo
Pasqualucci, rivela che stata un'agonia, sia leggerlo che farne la
recensione. E cos stato per me leggere fino in fondo. Per
bisogna farsi forza: gli orrori dell'aborto devono esser conosciuti. Ma
deve anche esser conosciuta la battaglia coraggiosa di donne come
la Johnson, che ha scritto il libro e che narra la sua storia di redenta
dall'abortismo militante e praticato.
Richiamo l'attenzione sulla parte conclusiva che sviluppa tutta una
serie di argomenti, anche giuridici, da opporre agli abortisti [Fonte:
Iter]
Sicuramente questo libro e l'appassionata recensione che ne
scaturita possono essere utili alla buona battaglia.

I muri adesso parlano: ex-operatrici delle cliniche abortiste raccontano la loro conversione
Recensione di Paolo Pasqualucci

Sommario: 1. I muri adesso raccontano la vera storia. 2. Un trauma salvifico. 3. Un aborto chimico. 4.
Loscuramento e il risveglio della coscienza. 5. La vocazione a difendere i diritti e la salute delle donne e la dura
realt. 6. Un luogo tenebroso, immerso nel sangue: il Laboratorio dei Prodotti della Concezione . 7. Larma della
Preghiera per combattere con efficacia il flagello dellaborto. 8. La battaglia politico-culturale per sconfiggere
laborto: spunti e punti fermi.

Cos ho tradotto il titolo di un recente libro: Abby Johnson, with Kristin Detrow, The Walls are Talking. Former
Abortion Clinic Workers Tell Their Stories, Ignatius Press, San Francisco, 2016, pp. 155. Le testimonianze
personali(stories) narrate nel libro sono per lappunto quelle della loro conversione alla scelta per la vita( pro-life).

Come spiega nella brevissima Prefazione lAutrice, nota e coraggiosa protagonista delle attuali battaglie pro-life,
questo libro non costituisce una lettura piacevole. Tuttavia, una lettura necessaria. Infatti, narra le autentiche
esperienze di chi, avendo lavorato in passato nelle cliniche abortiste, ha acconsentito a raccontare le proprie
esperienze in questo libro, contenente anche la mia propria testimonianza[1]. LAutrice, infatti, ad un certo punto
della sua vita ha voluto interrompere una gravidanza servendosi di una pillola abortiva: la testimonianza del terribile
fatto, del quale si amaramente pentita, costituisce un paragrafo tra i pi sconvolgenti del libro.
Le sedici storie del volume sono raccontate in prima persona, con luso di nomi di fantasia, al fine di proteggere la
privacy delle protagoniste.
Limportanza del libro molteplice:

1. fa vedere come veramente funzioni lindustria dellaborto e che cosa veramente sia, per la gran parte delle
donne, la devastante esperienza di un aborto volontario, sia dal punto fisico che psichico. E ci mi sembra di
fondamentale importanza dal momento che il grande trauma psicofisico che laborto per la donna che lo
subisce, viene in genere nascosto o edulcorato. Il che anche comprensibile, se vogliamo: trattandosi di un
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evento orribile in tutti i sensi, naturale che si cerchi di rimuoverlo o di occultarne la vera natura.
2. Il libro, inoltre, mette bene a fuoco le motivazioni che hanno alla fine indotto queste donne a staccarsi dalla
industria dellaborto e, quandera il caso, a rinnegare completamente il loro passato di convinte attiviste pro-
choice. Queste donne, sottolinea lAutrice, hanno lasciato i loro [in genere ben retribuiti] posti di lavoro
nellindustria dellaborto e si sono esposte con le loro storie personali, non per desiderio di gloria o di
notoriet ma per fare la differenza. Vogliono che la conoscenza delle loro esperienze cambi in meglio la vita
degli altri. Vogliono che il caos della loro vita passata si trasformi in un messaggio di speranza (op. cit., p. 9).
3. Il libro fa riflettere anche sul modo corretto dagire per indurre le donne in crisi a non abortire nonch alla
conversione ( la parola giusta) e a far cambiare lavoro il personale delle cliniche, costituito in gran parte da
donne, molte delle quali hanno a loro volta abortito. Fa vedere, infatti, quanto sia sbagliato, oltre che poco
cristiano, cercare di terrorizzarle invocando per esse leterna dannazione e/o minacciarle verbalmente e/o
fisicamente. Bisogna, al contrario, affidarsi alla preghiera e al discorso granitico sui principi ma
misericordioso nei confronti del singolo: , del resto, il vero metodo cattolico. Soprattutto alla preghiera, ai
Rosari pubblicamente recitati davanti alle cliniche, lAutrice, convertitasi al cattolicesimo, attribuisce un
significativo impatto sulle coscienze, nonostante le apparenze.

Il perch del titolo spiegato in una breve Introduzione di sei pagine.

1. I muri adesso raccontano la vera storia.

Nel 1996 fu prodotto in America un film per la TV, con tre note attrici, intitolato: If These Walls Could Talk, se questi
muri potessero parlare. Cosa direbbero? Racconterebbero le storie di tre donne diverse che, per tre generazioni
successive, avevano abitato in una stessa casa, trovandosi tutte e tre ad un certo momento in una situazione di
gravidanza indesiderata. A causa dei pregiudizi dellepoca nessuna era riuscita ad abortire. Nel primo episodio, la
protagonista, vedova rimasta incinta del cognato dopo una occasionale notte di follia propiziata dallalcol, per la
vergogna del fatto, tenta di abortire di nascosto in casa con laiuto di una mammana e muore. Nel secondo,
abbiamo la moglie di un poliziotto, madre di quattro figli, presentata come se fosse di fatto la schiava dei quattro
figli e del marito, che riprende a studiare, a frequentare il College e a far piani finalmente personali per la sua vita,
quando si trova inaspettatamente in attesa, per la quinta volta. Ora laborto volontario diventato legale, ma la
donna non se la sente e decide, triste e avvilita, di continuare la gravidanza. Infine, il caso della promettente
studentessa universitaria che resta incinta del suo professore coniugato: nonostante le pressioni di una sua amica
molto religiosa e i clamori dei Pro-life attestati fuori della clinica, decide di abortire ma viene ammazzata da un pro-
life terrorista che irrompe in sala operatoria.

Queste le tre storie di supposta vita vissuta raccontate dai muri della casa che fa da sfondo alle eroine del film.
Come si pu vedere, si tratta di storiacce inverosimili, in specie la prima e la terza, tipiche di certi copioni di
Hollywood, scritti per diffondere una determinata ideologia. E tuttavia questo film, secondo lAutrice, ha avuto un
notevole impatto, presentando per lappunto il diritto di abortire a scelta della donna come un diritto ingiustamente
conculcato, che bisognerebbe, invece, riconoscere alle donne in nome della loro dignit e libert di scelta.

Io il film ovviamente non lho visto ma immagino che non ci fosse molto spazio per problemi etici di questo tipo:
passi per il momento di fragilit della vedova attratta o insidiata dal cognato, cosa che non ne giustificava
comunque laborto, ma che dire della studentessa universitaria diventata l'amante del suo professore ammogliato?
Non ci ha forse sempre insegnato la religione cattolica che bisogna evitare le occasioni prossime del peccato? I
problemi etici di contorno al fenomeno diffuso dellaborto volontario, sono in realt problemi fondamentali e
andrebbero pur affrontati, anche al cinema, dato che il tristo fenomeno, diventato di massa, evidentemente il
risultato di una caduta collettiva del senso morale; dellormai collettiva indifferenza (e persino del disprezzo) per i
buoni ed onesti costumi che si devono mantenere, ad ogni costo, perch la morale non pu esser impunemente
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cancellata dal libitum del nostro io, dalla pura volont del soggetto (uomo o donna che sia) di perseguire i suoi
desideri, quali che siano, pena le pi gravi conseguenze, individuali e collettive.

Il film, nota Johnson, grazie anche alla bravura delle attrici, riusciva nel suo intento, quello di insinuare lidea che
laborto dovesse ritenersi una cosa giusta, per salvare le protagoniste da una situazione scabrosa o per alleviarne il
carico familiare. Ma esso dava una rappresentazione comunque falsa del movimento pro-life, presentandolo come
un coacervo di estremisti con tendenze criminali ed inoltre, sempre sul piano della verit, glissava abilmente su
questo dato fondamentale ed indistruttibile: che per ogni donna aggravata da una gravidanza non voluta c
unaltra vita in gioco: un essere umano innocente una vita messa con facilit ai margini e dipinta semplicemente
come un fardello; un grave impaccio, unafflizione dalla quale donne sfortunate possono esser salvate solo grazie
ad un aborto sicuro e legale(p. 13).

Questultimo rilievo, estremamente pertinente, fa vedere come il film contribuisse a smorzare nelle donne listinto
materno, in loro innato e normalmente assai potente (lantitodo naturale pi efficace nei confronti di ogni propaganda
abortista), per sovrapporvi la vocazione alla felicit individuale, concepita come un diritto che lo Stato doveva
riconoscere. Il film era utilizzato in senso pedagogico dagli abortisti. Il libro ne offre un esempio. Nella clinica dove
ella stessa era manager, la saletta delle donne in attesa di procedura era chiusa a chiave, completamente isolata
dal comune. Obiettando a questo fatto, Johnson si sent rispondere dalla sua supervisora: vai a vedere If These
Walls Could Talk e capirai. Al tempo, dopo averlo visto, Johnson fu completamente convinta dallidea conduttrice
del film: ne ricav che il problema della segregazione delle donne in attesa di abortire era del tutto secondario
rispetto allesigenza di sicurezza per loro e per il personale medico, impegnato nella missione di garantire alle
donne la loro libert di scelta (pp. 14-15).

I tre scenari costruiti dal film, afferma essa oggi, sono frutto di una cattiva logica e di distorsioni. Ad essi vanno
opposte verit autentiche, come quelle difese dal movimento pro-life. Cosa che anche stata fatta, per esempio
dalla scrittrice Randy Alcorn, con il suo impegnativo testo: ProLife Answers to ProChoice Questions , expanded and
updated, revised ed. (Sisters, Oregon: Multnomah Publishers, 2000).

Perci lo scopo di questo suo libro, sottolinea, non lelaborata e sottile controversia bens la pura e semplice
testimonianza, in tutta la sua forza. Ci insegna infatti l Apocalisse: Or essi lhanno vinto [lAccusatore dei nostri
fratelli, il Demonio] in virt del sangue dellAgnello e con la parola della loro testimonianza(Ap 12, 11). Quindi:
render pubblica testimonianza della mia personale vicenda di madre postabortiva e di ex-direttrice di una clinica di
Planned Parenthood: questo diventato lo scopo della mia vita(p. 14).
Il giorno 26 settembre 2009 si verific un evento decisivo per lattuazione di una decisione che stava maturando da
tempo.

2. Un trauma salvifico.

Mi fu inaspettatamente richiesto di assistere ad un aborto provocato con gli ultrasuoni. La cosa mi eccitava. Dopo
tutto non era stata nominata Impiegata dellAnno di Planned Parenthood per il 2008? La mia ambizione era quella
di ascendere ulteriormente nella scala gerarchica e vi stavo riuscendo velocemente. Non avendo mai visto un
aborto causato dagli ultrasuoni, mi rallegravo dellopportunit di ampliare le mie conoscenze.

Invece di arricchirmi di un addestramento assai utile per la mia carriera, ci che vidi su quello schermo mi spalanc
di colpo gli occhi: vidi tutto lorrore dellaborto. Non potevo pi nascondermi la vera natura del lavoro che facevo
n giustificare i miei propri aborti. Stando in piedi immobile, vidi un bambino ancora non nato di tredici settimane
combattere e infine perdere la vita dentro il ventre di sua madre, smembrarsi e scomparire nella cannula, un tubo di
plastica attaccato con un flessibile alla macchina aspirante.

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Ancor oggi lotto di continuo con il senso di colpa, la vergogna, il peso del rimorso. Desidero con tutta lanima render
pubblica la mia esperienza e sono fermamente determinata a far capire alla gente la vera realt dellaborto. Voglio
che si conosca la verit, che cosa esso fa ad uomini, donne e nascituri. Questo il significato, lanima di questo
libro(pp. 14-15).

LIntroduzione cos si conclude.


I muri adesso parlano una raccolta di esperienze vissute, mie personali e di altre donne le cui vite sono state
mutate per sempre dallaborto. Sar una lettura difficile, a volte ardua da accettare, tuttavia i muri della clinica
potranno finalmente parlare mediante queste donne: sar bello vedere la luce della verit e del perdono rischiarare
un luogo cos tenebroso.

Prego ardentemente affinch queste donne coraggiose, parlando apertamente e condividendo le loro esperienze,
possano trovare pace e nascere ad una nuova vita; e affinch i loro racconti mostrino che cos veramente laborto.
Prego perch i bambini siano salvati, le donne siano distolte dal fare una scelta cos disperata, gli uomini
incoraggino e sostengano le loro compagne nel scegliere la vita. Imploro chi non si mai trovato nella crisi
provocata da una gravidanza indesiderata o non ha mai lavorato nellindustria dellaborto, di offrire una misura extra
di perdono [grace] e compassione mentre legge.

Come dice Ges: Chi di voi senza peccato scagli la prima pietra (Gv 8, 7)( pp. 15-16).
Di fronte ad un testo come questo, al recensore non rimangono molti commenti da fare: la cosa parla da sola, come
si suol dire. Non so se questo libro verr un giorno tradotto in italiano, con laria che tira. Cercher, pertanto, di
darne unidea articolata, cercando nello stesso tempo di far vedere i ragionamenti, le motivazioni che hanno spinto
queste donne ad uscire (per Grazia di Dio) dal girone infernale nel quale erano precipitate.

3. Un aborto chimico.

Perch lo volle fare? A poco pi di ventanni si trovava per la seconda volta con una gravidanza non voluta ed
accolta di pessima grazia. Durava da otto settimane. Il padre era suo marito, dal quale stava per divorziando. Lo
considerava un cattivo padre, per come si era comportato con i figli di un precedente matrimonio. Tutto ci bast a
convincermi che semplicemente non avrei potuto, non avrei voluto portare il figlio di questuomo(p.21; pp. 21-29 per
tutto il paragrafo).

Allepoca era solo volontarianella clinica di Planned Parenthood (vi lavorava a tempo definito, non pieno) e aveva
gi avuto un aborto chirurgico. Era abortista convinta e, inutile dirlo, femminista non meno convinta. La novit
dellaborto chimico o farmaceutico (medication abortion) lincuriosiva, e lambiente di lavoro laiutava in questa sua
scelta. Un aborto fatto a casa: una procedura semplice, non invasiva, privata, che non avrebbe compromesso la
sua dignit, come nel caso dellaborto chirurgico in ospedale. Le dissero: avrai intense emorragie e crampi
temporanei, ma non dovrebbero durare troppo a lungo, in un paio di giorni dovresti essere a posto. La pillola e
connessi da prendere le cost $ 400. Johnson si sentiva relativamente tranquilla; si mise a letto, accese la TV,
cercando di rilassarsi.

Allimprovviso comparvero dolori addominali terrificanti seguiti subito da unemorragia mai vista, inarrestabile. Poco
dopo cominciarono nausea e vomito. La poveretta era costretta a star continuamente seduta sulla toilette della sua
stanza da bagno. Cominci a sudare di un sudore insolito, prodotto dal dolore intenso e insopportabile. Dopo
alcune ore passate in quel modo, debolissima, incrostata di sudore e sangue, Abby tent di fare un bagno, nella
speranza che lacqua calda per lo meno le attenuasse i crampi. Riuscita faticosamente nellintento, cominci a
sentire un leggero miglioramento, nellacqua calda, nella forma di un benefico stordimento. Preg Dio, che la prova

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fosse prossima alla fine.

Cominciava invece la fase peggiore. Nuovi fortissimi crampi e lacqua della vasca si mut quasi di colpo in sangue.
Non ci poteva credere, scrive, non lo poteva nemmeno guardare. Riusc ad alzarsi, in lacrime, appoggiandosi al
muro dove era inserita la doccia.

A questo punto sentii qualcosa che si liberava da dentro il mio corpo, e sentii un tonfo nellacqua piena di sangue
che stava scorrendo via dallo scarico della vasca da bagno. Mi raddrizzai e piegai per capire che cosa mai fosse
uscito da me. Era un grumo di sangue grande quanto un limone. Non ci potevo credere. Era questo il mio bambino?
Non potevo nemmeno guardarlo, volevo solo liberarmene. Cos grosso non poteva passare per lo scarico della
vasca. Con entrambe le mani lacchiappai e lo gettai nella toilette. Nel frattempo, la gran parte della poltiglia
formatasi nella vasca era andata via per lo scarico e potei stare in piedi nella doccia per alcuni minuti. I crampi
sembravano meno intensi.

Ma il calvario ricominci e dovette rimettersi sulla toilette. I grumi di sangue espulsi, della dimensione circa di un
limone, furono ben pi di uno. Come Dio volle, emorragia ed espulsioni finirono, dopo diverse ore. La notte la
pass accoccolata sul pavimento del bagno, pur senza riuscire a dormire, convinta che sarebbe morta: il fresco
delle mattonelle le dava comunque un senso di sollievo.

Ma come mai non lavevano messa in guardia, alla clinica? O forse era stato il suo fisico a reagire in modo
abnorme? Venne poi a sapere (con suo grande scandalo) che la sua reazione non era stata anormale e che le
modalit di quel tipo di aborto non venivano spiegate in dettaglio alle donne, per non spaventarle. Dopo quella
sua personale, terrificante esperienza, Johnson consigliava sempre alle pazienti laborto chirurgico. La sua
avversione a quello chimico era diventata leggendaria, nellambiente. Agendo in questo modo, le sembrava di
tutelare le abortenti.

Tuttavia cominciavano ad insinuarsi in lei rimorso e senso di colpa. Le doleva dover constatare che, sebbene fosse
dovuta passare per unatroce prova di sofferenza fisica, si sentiva sollevata per il fatto di non esser pi incinta(p.
27): era contenta, non tanto per aver superato il dolore fisico, quanto per essersi liberata del peso della maternit in
formazione. E proprio questo interiore sollievo le rimordeva.
Era la voce della coscienza che cominciava a farsi sentire.

4. Loscuramento e il risveglio della coscienza.

LAutrice cita almeno due volte una frase di Pascal: Il male facile e possiede forme infinite. Laborto, essa ripete
pi volte, una cosa cattiva. un male, in s malvagio. Non lo si pu salvare da nessun punto di vista. Come
mai allora gli operatori delle cliniche abortiste laccettano, come niente fosse? Perch subiscono una forma di
oscuramento della coscienza, del quale essa stessa stata vittima per vari anni: e grazie a questa sordit, a
questo oscuramento, il male, una volta che si cominci a commetterlo, appare come una cosa facile, che penetra in
forme infinite.
La coscienza pu esser definita come unintuizione o un giudizio dellintelletto che distingue il bene dal male. Nella
prima Lettera a Timoteo persino san Paolo nomina coloro la cui coscienza stata bollata o, pi alla lettera,
cauterizzata dalla pratica del peccato continua e senza pentimento [1 Tm, 4, 2: ..ingannati da ipocriti impostori,
gi bollati a fuoco nella loro coscienza..] (p. 33).

Pertanto, si deve ritenere che gli operatori dellindustria dellaborto devono aver atrofizzato la loro coscienza, per
poter continuare nel loro lavoro. Per Johnson, tale processo negativo era cominciato durante la mia prima
conversazione con una attivista abortista che cercava volontari ad una kermesse universitaria del volontariato. Mi

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ricordo perfettamente di come il mio stomaco si contraesse alla menzione della parola aborto e dello sconcerto
che quella conversazione mi procurava. Questo conflitto interiore derivava in parte dal fatto che sapevo nel
profondo dellanimo esser laborto un male; in parte perch, pur consapevole di questo, avevo abortito in segreto il
mio bambino. Riuscii a soffocare, a sopprimere quella sensazione di rimorso per ben otto anni, fino a ridurla ad un
inaudibile sussurro( pp. 33-34).

Cerano, vero, momenti di dolorosa chiarezza interiore, ma svanivano rapidamente. Anchessa si era indurita.
Labito di indifferenza e cinismo che traspariva anche dal linguaggio in uso tra gli addetti allindustria, le battute di
humour nero, le battutacce sui Pro-life scocciatori che recitavano Rosari fuori della clinica, tutto ci anchessa ormai
lo condivideva, nonostante un certo fastidio di fondo. Mi chiedo: questo stile cos sconfortante non era il risultato
inevitabile di quel tipo di lavoro? Ogni tanto Johnson si poneva delle domande cui aveva paura di rispondere. La
coscienza, nel risvegliarsi al bene, impiega sempre un certo tempo. E lAutrice oggi ringrazia la divina Misericordia:
Mi conforta enormemente il fatto che Dio mi ha fatto il dono di una coscienza rinnovata. Il peccato senza
pentimenti che avevo ostinatamente scelto per un tempo cos lungo mi aveva reso insensibile agli avvertimenti della
coscienza, provenienti dal Padre. Tuttavia, il Padre celeste, nella sua misericordia, continuava a starmi dietro giorno
dopo giorno e finalmente mi ha consentito di scorgere la verit(p. 36).

5. La vocazione a difendere i diritti e la salute delle donne e la dura realt.

Sbaglierebbe chi pensasse che ci che spinge a lavorare nelle cliniche praticanti laborto sia solo il bisogno o
lavidit, dato che quellattivit rende bene. Nel personale, almeno nella fase iniziale, v anche una componente
idealista, convinta che laborto sia addirittura un diritto civile, da difendere strenuamente! Attualmente Abby
Johnson si trova ad esser contestata da gruppetti di Pro-choice quando le capita di tener conferenze o interventi
pubblici, sempre per denunciare il male dellaborto.

In un passato non tanto remoto, era lei a trovarsi in quei vociferanti gruppetti, a cantare slogans ritmati del tipo:
Pro-life. Bugiardi. Non vimporta se le donne muoiono! I nostri corpi! Le nostre vite! Il nostro diritto di decidere!; o
ad inalberare cartelli con su scritto, addirittura: Tenete i vostri Rosari lontano dalle nostre ovaie (p. 47). Ora
questo suo passato lo vede come da una grande distanza e le appare come minimo singolare. Oggi, va a recitare
proprio quei Rosari che disprezzava tanto! Ma allepoca era intossicata dallatmosfera di gruppo e animata dal
sincero desiderio di aiutare le donne (p. 40); convinta, come gli altri, che fosse suo dovere battersi per i diritti delle
donne, in primo luogo quello di scegliere quando e se avere un figlio(p. 48). Il desiderio era sincero: aiutare le
donne; difendere le donne dagli aborti clandestini, con tutti i loro rischi; dallo sfruttamento del loro corpo

La clinica non procurava solo aborti, si occupava anche della tutela a vasto raggio della salute delle donne, dal
cancro alla medicina generale, anche se lenfasi principale era sulla c.d. tutela della sanit riproduttiva; termine
ambiguo, perch sembra voler proteggere la maternit quando invece si applica soprattutto a ci che la mortifica e
contraddice: controllo delle nascite, pillola del giorno dopo, aborto (abortion is a safe way to end a pregnancy, si
legge sul Portale di Planning Parenthood: laborto un modo sicuro per terminare una gravidanza). Ma, nella
pratica, sino a che punto veniva tutelata e quindi ben consigliata la donna, in genere smarrita e
psicologicamente stravolta, che si presentava per abortire?

Il libro riporta il caso di una sedicenne messa in cinta di sedici settimane dal fratellastro, colti entrambi sul fatto dalla
madre e consegnato il colpevole alla polizia. La ragazza, che si teneva il suo orsacchiotto di peluche anche in
ospedale, sembrava ancor pi giovane dei suoi anni e del tutto immatura. Ma la clinica, per rispettare il suo codice
di comportamento, non poteva farla abortire oltre la quattordicesima settimana. Il chirurgo, dismessa labituale
scorza di asettica indifferenza, disse ai genitori che abortire sarebbe stato un vero trauma per la ragazza, che lui
avrebbe potuto procedere nella sua clinica privata ma che non lo riteneva opportuno: la cosa migliore era farla

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partorire e poi dare il bambino in adozione. Una soluzione umana oltre che eticamente appropriata (pp. 135-139).

Soluzione tuttavia non frequente. Proteggere le donne, nei frangenti drammatici dellaborto, era oltremodo difficile.
Anche perch il concetto era che le donne esercitavano un loro diritto nel richiedere linterruzione di gravidanza: il
come e il perch della cosa non interessava, erano affari loro. Del loro corpo, non reclamavano il diritto a fare quello
che volevano? Il fatto che, scavando nelle motivazioni nellambito delle obbligatorie consultazioni preliminari, si
sarebbe potuti anche arrivare a convincere la donna a non abortire, per il bene suo e del bambino. In questo senso,
lAutrice lamenta la mancanza di una effettiva difesa delle donne: si trattava anche di difenderle contro se stesse,
per cos dire, e contro le influenze negative dellambiente da cui provenivano. Ma questo era troppo, evidentemente,
per le possibilit e i fini dellorganizzazione.

La cosa appariva in tutta la sua evidenza quando si trattava di prostitute. Il libro ne ricorda una, nome di fantasia
Diana, un caso tristemente esemplare, si potrebbe dire. Rimasta incinta, aveva tenuto il bambino, partorito per di
nascosto in condizioni sanitarie (anche sue) pessime, pertanto malato dalla nascita, affidato alla madre di lei, che lo
accudiva e che ogni tre mesi circa trascinava la figlia dalla strada alla clinica, per i periodici controlli sulle malattie
veneree. La povera Diana, minuta di fisico, presentava sempre qualche infezione e spesso mostrava i segni di
battiture, ecchimosi, tagli. Un giorno arriv col magnaccia (pimp), un trucido gigante dalle braccia intensamente
tatuate, che chiaramente la soggiogava e dominava in tutti i sensi. Come aiutare questa donna ad emergere dal
gorgo? si chiedeva Johnson. Ma era possibile far qualcosa? In ogni caso la feriva lassoluta indifferenza del
personale della clinica: Donne come Diana mi rendevano infelice. La posizione ufficiosa della clinica sulla
prostituzione era identica a quella sullaborto. Una donna aveva il diritto di scegliere cosa fare del suo corpo. Punto.
Fine della storia. Eravamo addestrati a pensare che prostituirsi o fare spogliarelli fosse una scelta valida per una
donna, come diventare infermiera o avvocato. Eravamo l per trattare le loro malattie veneree, farle abortire, e
lasciarle andare per la loro strada. Non stava a noi giudicare il loro modo di vivere(p. 51).

Ma anche in situazioni meno difficili era praticamente impossibile aiutare le donne, cio farle ragionare in modo da
mostrar loro il pro e il contro della scelta, che avrebbe anche potuto essere quella di non abortire. Lo vediamo dalla
drammatica testimonianza degli orrori di un aborto tardivo (late-term abortion), in una clinica alluopo specializzata
Jessica, giovane e attraente donna incinta alla 28ma settimana, cio di sette mesi, aveva rotto con il suo boy-friend
e adesso voleva abortire. Sembrava convinta di quello che faceva ma si vedeva che era via con la testa, quasi del
tutto assente. La consulente voleva scuoterla e farle capire che, a quel punto, doveva partorire e caso mai dare il
bambino in adozione. Ma si rese conto che questi erano proprio gli argomenti degli aborriti Pro-life e tenne la bocca
chiusa (p. 58). La procedura durava tre giorni: inserimento nella cervice di steli di Laminaria, unalga marina
disseccata, la quale, espandendosi lentamente, avrebbe provocato la dilatazione della cervice stessa;
somministrazione della digoxina (digoxin), medicina per cardiopatici usata invece per gli aborti; lintervento, al terzo
giorno. La digoxina, iniettata per via addominale nel liquido amniotico avrebbe provocato larresto cardiaco del feto,
al massimo in 48 ore (pp. 55-70).
Jessica veniva da lontano, come molte pazienti del terzo trimestre. Dovette sistemarsi in un albergo
convenzionato con la clinica, la quale le forn una busta (a do-it-yourself kit) nel caso (raro) di parto anticipato in
albergo, una volta dilatatasi la cervice. Il secondo giorno, Jessica apparve in clinica per ulteriori inserimenti di
Laminaria e per la somministrazione della letale digoxina. Ma il terzo giorno non si present. Rintracciata, dopo
convulse ricerche, dal dottore al telefono, si mise a piangere: Voglio andare in un reparto demergenza. Voglio
salvare il bambino. Risposta implacabile del medico: Ma il feto morir tra non molto a causa della digoxina.
Questo quello che volevi. Ma il bambino si mosso tutta la notte. una cosa sconvolgente. E come and a
finire? Prelevata quasi a forza dal medico e due infermiere in albergo e trascinata gi mezza drogata in clinica
dallentrata posteriore, riempita ancora di tranquillanti poich tentava continuamente di rotolar via dal tavolo di
parto.

Servendosi degli ultrasuoni, il medico amministr unaltra dose di digoxina attraverso laddome della donna. Da
dove ero piombata a sedere vedevo bene lo schermo. Vidi il profilo perfetto del bambino. Lo vidi scalciare e girarsi
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nel tentativo di evitare lago. Il suo agitarsi alla fine cess e nella stanza regn uno sconfortante silenzio. Il
bambino ci mise quasi trenta minuti a morire. Poich Jessica era addormentata, tutto lo staff medico si impegn a
premere sul suo ventre per provocare il parto. Era un maschio. Mi ricordo di esser rimasta colpita dalla sua
bellezza. Il dottore lo acchiapp, tagli il cordone, lo avvolse in una carta blu, lo gett in una sacca rossa per il
materiale biodegradabile, come se fosse spazzatura, e porse il tutto a un addetto. Ho fatto tutto quello che dovevo
fare per te sibil alla giovane anestetizzata immobile sul tavolo - Adesso tutto pu tornare a posto, per te (p. 65).
Per quanto fossi allepoca in favore del sacro diritto di una donna ad interrompere la gravidanza ad ogni momento
della stessa, continua lautrice della testimonianza, ci che avevo visto fare a Jessica mi riemp dorrore. Cosa ci
sarebbe stato di male nellappoggiare la sua decisione di tentare di salvare il bambino? Un problema di
responsabilit in sede legale? Forse erano spaventati delle possibili conseguenze di una dose non letale di
digoxina? (ivi). Ma la storia non era ancora finita. La consulente si rec da Jessica e cerc di consolarla in qualche
modo, al risveglio. Ma non appena la donna, riavendosi, la scorse, cominci a tremare e a gridare. Voleva vedere il
bambino, a tutti i costi. Il dottore e le infermiere piombarono nella stanza redarguendola e imponendole di tacere.
Ma ella gridava ancora pi forte, ed implorava: voglio solo tenerlo in braccio, vi prego. Il dottore grid di no, che
non si poteva e fece chiamare la polizia, andandosene. Latteggiamento del personale era di totale indifferenza e
fastidio per il dramma della donna, nessuno fece nulla per cercare di calmarla.
Alla fine arriv la polizia. Ironie della vita: i poliziotti mostrarono per Jessica molta pi compassione e comprensione
di coloro che per professione lavoravano in unindustria che proclamava di difendere e servire le donne. Il pianto di
Jessica si sentiva anche dopo che i poliziotti lavevano accompagnata fuori della clinica, dal marciapiede(p. 67).

Che laborto sia qualcosa di totalmente innaturale per le donne innaturale, poich esse sono ex natura costruite
nel corpo e nella psiche per generare, per produrre la vita, per allevarla, educarla, farla fiorire unitamente ai loro
mariti e non per distruggerla - dimostrato, a mio avviso, da unaltra testimonianza, relativa ad una abortista
recidiva, se cos posso dire. Angie, una trentenne slanciata, si present per abortire per la nona volta. Pur avendo
io stessa abortito pi di una volta, racconta lanonima pentita, nove volte mi sembrava effettivamente troppo. Avevo
grande comprensione per le donne che abortivano pi di una volta. Ma nove! Mi sembrava che Angie dovesse
dimostrare un minimo di senso di colpa, questa volta. Invece, niente. Al contrario, Angie ostentava, come sempre,
indifferenza totale, nessun rimorso, persino qualche battuta di spirito (del tutto fuori posto, nella circostanza).
Impermeabile ad ogni tentativo di discorso sul controllo delle nascite, in modo da evitare di abortire.
Ma questa volta, fu diverso. Anche subito dopo la procedura, Angie come suo solito parlava in continuazione,
mentre si riprendeva, anche se nessuno la stava a sentire. Allimprovviso afferr la mano delloperatrice e chiese se
poteva vedere il feto abortito. Si trattava di una richiesta rara, che si cercava ovviamente di scoraggiare. Tuttavia
se la paziente insisteva, si cercava di accontentarla. Bisognava andare (e non era affatto piacevole) al POC lab,
Products of Conception Laboratory, individuare il suo feto di tredici settimane, metterlo in un apposito piatto ( dish).
Non sapevo come mettere insieme le parti. Era meglio pressarle in una specie di grumo in modo che nessuna
fosse riconoscibile o invece rimetterle tutte a posto, come facciamo normalmente, per esser sicuri che non ne
manchi nessuna? Non cera una regola fissa, optai per la ricostruzione accurata del feto. Sebbene io fossi ancora
del tutto cieca sulla vera natura dellaborto, poich Angie sembrava cos fuori della realt, una parte di me voleva
che si rendesse conto; voleva che lei capisse che cosa aveva fatto per nove volte. Mai mi sarei immaginata la sua
reazione.
Era distesa in una delle poltrone reclinabili della stanza di recupero [per il dopo aborto]. Si chin in avanti mentre mi
avvicinavo con il piatto contenente il corpo mutilato del suo bambino. Sorrideva e sembrava genuinamente
incuriosita. Bruscamente, posi il piatto sul tavolinetto accanto alla poltrona: - Eccolo qua, dissi. Cerano altre
pazienti nella stanza. Grazie, disse Angie, guardando nel piatto. Ma di colpo cominci a tremare mentre le veniva
la pelle doca. Allorch sporse la mano per toccare il feto, cercai di toglier via il piatto ma lei mi afferr il polso,
bloccandomi. Nessuna profferiva verbo. Feci un passo indietro e Angie cadde in avanti sulle ginocchia, sempre
abbarbicata al mio polso. Le altre pazienti nella stanza cominciarono ad agitarsi. Adesso lo porto via, Angie.
Lascia la presa, dolcezza. Tu stai a posto. Ma Angie era come pietrificata sul pavimento della clinica. Questo un
bambino, disse, in un sussurro. Questo era il mio bambino. Segu un torrente di parole, mentre continuava a
ripetere, in mezzo ai singhiozzi: - Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Alcune delle donne presenti nella stanza
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cominciarono a singhiozzare anchesse, persino coprendosi la faccia(pp. 74-75).
Nonostante laccorrere di assistenti, infermiere, Angie non si calmava, era ormai in preda ad una crisi irrefrenabile.
Non si riusciva a farla alzare da terra, si dovette trascinarla gi per le scale, in un bagno. Chiusa dentro, continuava
a piangere e a gridare. Ad un certo punto cominci ad implorare che le lasciassero portar via il suo bambino. Le
dissero di no, che non era possibile, ma lei replicava: Lo metter nel freezer.
A questo punto, osserva labortista pentita, mi colp la bizzarria della situazione. Ero seduta sul pavimento di un
bagno di Planned Parenthood accanto a una donna che aveva appena abortito felicemente per la nona volta,
cercando di convincerla che non era necessario che si portasse il feto morto a casa, per metterlo nel freezer!(p.
76).
Alla fine, dovettero chiamare il suo boyfriend del momento, che riusc a tirarla fuori dopo quarantacinque minuti circa
di discussione. Piangevano tutti e due. Angie non fu pi vista, alla clinica.

Dopo questepisodio si stabil di respingere ogni richiesta di vedere i bambini abortiti. Si neg anche la possibilit
di vedere le immagini create con gli ultrasuoni. Era ovvio che se molte donne si fossero rese effettivamente conto
di che cos laborto, come nel caso di Angie, si sarebbero rifiutate di farlo. Un fatto positivo che in America si
stanno approvando molte proposte di legge [nei singoli Stati], che autorizzano le donne a vedere limmagine dei loro
bambini non ancora nati. Queste immagini prodotte dagli ultrasuoni dimostrano la menzogna diffusa dallindustria
dellaborto. Infatti, mostrano che non stiamo parlando di semplici tessuti. Non si tratta di masse di tessuto. Qui ci
sono esseri umani, con il cuore che batte, organi interni, dita delle mani e dei piedi. Non si tratta nemmeno di
prender coscienza degli orrori espliciti dellaborto. Si tratta dellumanit del bambino non ancora nato. Per accettare
laborto, dobbiamo togliere al non ancora nato la sua umanit(p. 77).

talmente vero che sono gi esseri umani, che due dei quattro gemelli di circa tredici settimane abortiti (su pesante
e quasi criminale pressione del partner della donna) e in modo particolarmente drammatico, furono trovati
strettamenti abbracciati: ..i due neonati senza vita perfettamente formati, si tenevano abbracciati stretti lun
laltro(p. 133).

Per accettare la filosofia abortista, bisogna negare i fatti ossia fingere osservo - che feti gi perfettamente formati
come bambini non siano vita umana, fingere contro lesperienza visiva stessa. La scienza rettamente usata ci
conferma che la vita comincia dal concepimento, dallincontro del seme con lovulo. E questo ha sempre
giustamente insegnato la Chiesa cattolica, in accordo, del resto, con la ragione naturale. Se a tre settimane di vita il
feto gi si mostra con assoluta chiarezza bambino in pieno sviluppo, ci significa che quella vita giunta alla terza
settimana non era meno presente, meno vita alla prima settimana o ai primi istanti del primo giorno della prima
settimana, quando il processo, per lappunto vitale, era allinizio del suo sviluppo. Ci che era racchiuso in potenza
la vita di un altro essere umano nel seme e nellovulo (nel maschio e nella femmina in se stessi considerati, come
individui separati) viene ad essere in atto, ad esistere dal momento del concepimento vale a dire non appena
comincia ad elaborarsi, a formarsi e crescere nelle sue prime ed embrionali strutture, in accordo con le leggi della
natura. Nellembrione c gi lindividuo, non pi in potenza ma come formazione in atto, concreto processo vitale
secondo una forma prestabilita dalla natura ossia da Colui che lha creata.

6. Un luogo tenebroso, immerso nel sangue: il Laboratorio dei Prodotti della Concezione.

Per molte tra le donne che hanno lasciato, pentite, lindustria dellaborto, il POC Lab stato il luogo
dellabbrutimento e dellincubo, del Male che si tocca con mano e ti sovrasta, finch per divina Misericordia non sei
riuscita a fuggire da quellantro, da quella clinica, da quel Regno della Morte.
Il Laboratorio dei Prodotti della Concezione ossia dei neonati [babies] come preferisco chiamarli adesso un
luogo orrendo, impastato di sangue in un modo che non si pu descrivere. Ora ne sono ben consapevole. E ne sono
consapevoli i capoccia dellindustria dellaborto. Quando si commettono atrocit, i responsabili devono coprire i loro

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atti malvagi e farvi per gradi partecipare i loro inconsapevoli complici, con il convincerli che in qualche modo il male
bene che, per quanto un atto sia sgradevole, il fine giustifica i mezzi.

Non c a mio avviso esempio migliore di questo, delle centinaia di cliniche per aborti disseminate negli Stati Uniti,
ognuna di esse con il suo POC lab, dove gli addetti chiacchierano del pi e del meno mentre riuniscono le membra
lacerate di bambini morti, come in un macabro puzzle (p. 116).

La prassi di molte cliniche quella di portare per gradi i loro nuovi impiegati a conoscere la realt sanguinolenta
dellaborto. Allinizio gli fanno fare innoqui lavori dufficio, poi lentamente li passano nel POC Lab. Ma nella clinica
dove era stata assunta lautrice di questa testimonianza, si procedeva allopposto, con il mandare abbastanza
presto i nuovi impiegati nel laboratorio. A lei tocc alcuni mesi dopo esser stata assunta. La sua capa stava
assemblando i feti e voleva cominciare ad addestrarla.

Lessenziale esser sicuri che non manchi nessuna parte, disse. Mi avvicinai con gli occhi fissi sul piatto di
vetro che le stava davanti. Conteneva i resti di un neonato di dodici settimane(p. 117). Labortista pentita di
unonest impressionante: rivela che non fu n scioccata n terrorizzata ma piuttosto intrigata dalla faccenda, anche
se le sembrava di essere come in trance. Allora, pens, non era vero che le immagini orribili di feti abortiti
inalberate davanti alla clinica dai Pro-life erano tutta una falsificazione, come ci era stato detto, perch un aborto
del primo trimestre non assomigliava ad altro che a un grumo di sangue (ivi). Ma questi pensieri al momento non
influivano. E oggi si chiede se questa mancata presa di coscienza, questa voluta cecit di allora, non dipendesse
dal fatto che, oltre a lavorare nellindustria dellaborto, lei stessa aveva avuto diversi aborti (p. 118). La sua capa
lelogi per leccezionale sangue freddo dimostrato e lei si sent molto orgogliosa, anche se oggi si rende conto che
il suo proprio ego era in quel momento fuori controllo.

Leffetto che lattivit in quel macabro luogo poteva fare su chi non era mentalmente preparato, lo racconta la
medesima fonte. Per una riduzione temporanea di personale, chiesero un giorno aiuto allesterno e si offerse una
donna che lavorava da cinque anni negli uffici, come consulente della pianificazione familiare. Non aveva idea di
cosa laspettasse. Le fu chiesto di mettere insieme i resti di un bambino di 16 settimane, ma non resistette pi di
pochi secondi: letteralmente fugg e nessuno lha pi rivista. Mi rester sempre impressa nella mente la nota di
panico nella sua voce mentre strillava, correndo verso luscita: - ancora vivo! Alzai gli occhi al cielo, seccatissima
della sua debolezza ed entrai nel laboratorio per mettere ordine nel caos che aveva lasciato. La maggior parte dei
bambini arriva smembrata. Ma a volte, arrivano quasi interi. In questultimo, la testa, il torso e le braccia erano
ancora intatte. Le gambe invece non cerano pi. Cera del movimento, ma dur un attimo. Presi nota delle parti,
feci la stima del suo periodo di gestazione sulla base di un grafico, e passai al successivo(pp. 119-120).

Perch non ruppe allora con quel lavoro infame? E perch non se ne era andata gi da qualche anno? Non sa
rispondere, se non cos: I tempi e i modi di Dio sono misteriosi. Per alla fine si tir fuori, in quale occasione non
sappiamo. La testimonianza di questa donna ci fa riflettere, forsanche pi di altre, sullesistenza del Male, che tutti ci
affligge ma nel quale si trova ad un certo punto completamente immerso chi lavora in quellorrenda industria. I
lavoratori delle cliniche abortiste hanno fatto lesperienza del male in modo estremamente tangibile. Labbiamo visto,
il male, nelle bacinelle di vetro contenenti membra di bambini abortiti. Abbiamo toccato il male quando le
rimettevamo insieme. E abbiamo persino sentito lodore del male. Laborto ha un odore molto specifico, un odore
che non riuscirai mai a dimenticare, non importa da quanto tempo tu abbia lasciato quel lavoro. Quel male diventa
parte di te stesso, ti ottunde sino alla brutalit(pp. 120-1).

Per questo, ci incita giustamente Abby Johnson, dobbiamo pregare per le anime di tutti gli sventurati che lavorano
nelle cliniche abortiste, affinch il Signore illumini con la luce della sua Grazia anche i loro cuori induriti nel male.
Pregare, senza lasciarsi vincere dallo sdegno, pur legittimo, e assumere atteggiamenti sprezzanti o minacciosi nei
confronti delle singole persone (cosa che non ci compete ed controproducente). Pregare, affinch si convertano,
cambino vita, facciano mancare a quella diabolica industria la sua manodopera.
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vero, che non si vorrebbero illustrare gli orribili fatti qui elencati? E limitarsi ad una presentazione di questo libro
che si mantenga sulle generali? vero, e non ci sarebbe niente di male. Ma sarebbe un cattivo servizio alla verit
e alla salvezza delle anime, rendendone, al contrario, uno buono allipocrisia dominante, quella del politicamente
corretto, il quale, con la scusa di non voler offendere la sensibilit delle anime belle, vuol impedire anche con leggi
inique che la generalit del pubblico conosca leffettiva realt dellaborto, quello che succede dentro le cliniche che
lo dispensano.

Se di fondamentale importanza che soprattutto le donne la conoscano, non meno importante che la conoscano
anche gli uomini, spesso complici degli aborti, quando non istigatori, e quindi non meno colpevoli delle donne.
Non bisogna, dunque, tacere, anche se il dover riassumere ed esporre situazioni drammatiche cos atroci comporta
(devo dire) un notevolissimo sforzo di volont sul proprio sistema nervoso.

Pi di una testimonianza delle ex-operatrici salvatesi conferma la natura repellente e mostruosa del POC lab,
unesperienza che per alcune stata determinante nel dar loro la forza di andarsene. Una di loro scrive: Negli ultimi
pochi mesi della mia permanenza nella clinica, passai un discreto tempo nel POC lab. Lo odiavo. Era come se la
clinica aspirasse la vita non solo dai ventri delle nostre pazienti ma anche dai suoi impiegati. Quando mi trovavo in
quel laboratorio, mi sembrava di sentire la macchina aspirante [impiegata negli aborti suction machine] come se
fosse intenta ad inghiottirsi la mia vita.

Per i dottori quel laboratorio sembrava una sorta di rifugio. Erano capaci di fischiettare o chiacchierare mentre
svuotavano vasi di vetro pieni di resti in un crivello sciacquandone via il sangue, per cercare le parti dei corpi da
rimettere insieme. Mi sentivo venire la nausea quando capitava che un abortista cominciasse a parlare al bambino
che aveva smembrato appena qualche minuto prima. Okay, piccoletto - poteva canticchiare, con lo stesso tono di
un neo padre che intonasse una ninna-nanna Dov laltra gamba? Okay. E adesso, quel braccio?. Questo un
malato. Devo andarmene da qui, mi dicevo(p. 97; corsivo nel testo).

7. Larma della Preghiera per combattere con efficacia il flagello dellaborto .

Dobbiamo forse odiare i medici abortisti di cui alla sconvolgente testimonianza appena citata? No. Dobbiamo
pregare anche per loro, anzi soprattutto per loro. E anche per i padroni delle cliniche. Circa linsensibilit dei medici:
vero che esiste anche quando si muovono giornalmente tra normali reperti di laboratorio e operazioni
chirurghiche, inevitabilmente sanguinolente (pensiamo, per esempio, a quelle a cuore aperto, come si suol dire). E
non pu non rendersi impermeabile, il medico o chirurgo, al ricorrente o continuo apparire del sangue in ci che fa.
Ma questa la differenza: lattivit medica normale per sanare e guarire, per conservare la vita, nei limiti del
possibile: volta al bene; mentre quella anormale dellaborto solo per la morte: ammazza e distrugge, nientaltro
fa, accanendosi contro la vita innocente in gestazione e segnando in modo imperituro la madre. unattivit volta al
male, comunque la si voglia considerare, al male sia in senso fisico che morale. Linevitabile scorza di indifferenza
creata dallabitudine professionale non si pu accettare qui: deve esser rimossa, deve cadere il velo dellabitudine
che soffoca le domande poste dalla coscienza.
Ma come procedere, in questa che una difficile opera di conversione, che richiede, come non mai, uno spirito di
carit veramente sovrannaturale?

A questo proposito, le considerazioni finali di Abby Johnson mi sembrano assai istruttive ed utili (pp. 142-155). Essa
pone in particolare laccento sullimportanza della preghiera pubblica, quale strumento privilegiato di lotta contro
laborto, dopo aver di nuovo criticato in modo assai puntuale latteggiamento dei Pro-life oltranzisti, forse negli Stati
Uniti pi presenti che altrove, la cui azione essa considera giustamente del tutto controproducente.

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Quandera direttrice di clinica con Planned Parenthood stata da loro perseguitata. Minacce di attentati, di
attacchi fisici. LFBI addestrava lei e tutto il personale su come comportarsi in caso di attentati dinamitardi a loro
danno e in situazioni simili mentre la National Abortion Federation (c anche questo!) mandava ogni settimana
circolari intitolate Punti caldi, contenente informazioni su pericoli vari e sullattivit dei contestatori fuori delle
cliniche. Alcune di queste informazioni erano fondate, altre no (pp. 143-4).

Ma le minacce, sia vere che immaginarie, servivano unicamente a rafforzare il nostro impegno per la causa. Un
ben noto abortista assassinato da un Pro-life mentre attendeva ad un servizio nella sua chiesa divent per noi una
specie di santo. Nemmeno sei minacce di morte la distolsero da quella che sembrava diventare sempre pi una
sorta di missione. Una minaccia le giunse a casa, nominando marito e figlia; unaltra proclamava che per sua figlia
sarebbe stato meglio esser orfana che avere una madre come lei. Johnson era terrorizzata ma ad un certo
momento raccolse mentalmente la sfida e cominci ad incaponirsi nel suo atteggiamento pro-choice.

Se c una cosa che vorrei far capire allo schieramento pro-life sulla psicologia di coloro che si battono con
accanimento per laborto, questa: sentivamo laborto come un problema di diritti civili. Eravamo convinti di
combattere contro un movimento che voleva strappare alle donne i loro diritti una battaglia simile a quella
combattuta per dare alle donne il diritto al voto o per abolire la segregazione. Eravamo disposti a sacrificarci al
massimo, ad un livello che sfortunatamente non ho riscontrato nel movimento pro-life(pp. 144-5).

Sono osservazioni lucide e precise, di chi ha vissuto tutte queste cose in prima persona e si assunto
coraggiosamente la responsabilit delle proprie azioni, senza nulla nascondere. Critiche fatte per migliorare il
movimento pro-life e renderlo pi forte. Dovrebbero far riflettere.
Ugualmente critica, lAutrice, nei confronti di unaltra tattica usata dai Pro-life oltranzisti: cercare di svergognare gli
operatori delle cliniche abortiste nel quartiere dove vivevano.

Uno dei protestatari arriv al punto di stampare delle cartoline con la targa della mia macchina mandandole a tutto
il vicinato, per mettermi alla gogna come abortista. Mi paragonava ad un molestatore di bambini. Ma, ancora una
volta, questo metodo si rivel un boomerang: studentesse e madri singole della zona depressa del quartiere nel
quale vivevamo cominciarono a venirmi a trovare chiedendomi di ottener loro gratis procedure di controllo delle
nascite( p. 145).

La retorica della controparte li faceva sentire per contrappasso come guerrieri di una specie di guerra santa
femminista. Certo, continua Johnson, adesso che mi caduta la benda dagli occhi, mi rendo conto del male nel
quale ero coinvolta e capisco gli argomenti della controparte. Per il problema del pesantissimo linguaggio usato da
molti Pro-life americani rimane. Gentilezza, perdono, spirito di carit immersi nella preghiera possono penetrare
persino nei cuori pi induriti. Un linguaggio offensivo, al pari delle altre inutili strategie, non approda a nulla e non fa
che approfondire il solco(p. 146).

Sia i lavoratori delle cliniche che le donne loro pazienti consideravano tutti questi fanatici degli stravaganti
completamente folli (crazy freaks). Ce nerano che passeggiavano davanti alle cliniche vestiti come la Morte
(letteralmente: il Tetro Mietitore, the Grim Reaper). Ma forse che una minorenne, incinta allinsaputa dei genitori
(spesso di mentalit conservatrice) e gi terrorizzata di suo, si sarebbe rivolta per trovare conforto al tizio vestito
come la Morte o a fanatici che allesterno della clinica sparavano raffiche di versetti della Bibbia, senza mai offrire
un minimo di aiuto? No, di certo. Quante volte, il comportamento insensato di questi ipocriti ce le gettava in
braccio, queste ragazze. Contribuiva a far nascere uno spirito di corpo allinterno della clinica e rendeva molto pi
facile il nostro lavoro, che in definitiva altro non era che vendere aborti(p. 146).

Ma non solo ai fanatici, un po a tutti i combattenti per la vita sfugge un punto essenziale della mentalit degli
abortisti convinti, che a tuttoggi non sembrano esser pochi di numero: Questi lavoratori delle cliniche abortiste dal
proprietario allostetrico abortista alle infermiere alle segretarie hanno creduto alla menzogna spirituale secondo
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la quale laborto la cosa giusta da fare. Sono convinti di questo nel profondo dei loro cuori, cos come lo ero io. E
sono disposti a rischiare le loro vite e le loro reputazioni per ci che considerano il diritto civile dellaborto a
richiesta. E vorrebbero estenderlo ancor di pi, questo diritto; e sono disposti ad impegnarsi ancor di pi(pp. 146-
7).

Ma come si concilia questidealismo con lo spirito mercantile che indubbiamente si manifesta fortemente in
questindustria, pi volte criticato dalla stessa Johnson e da altre testimonianze (vedi, p.e. pp. 56-7; 107-114)? A
ben vedere, le due cose non sono incompatibili e comunque non devono necessariamente albergare in una stessa
persona. Voglio dire, che deve sicuramente esserci nellambiente un mix di idealisti e speculatori, nel senso di
persone che lavorano nella lucrativa industria soprattutto per amore del denaro.

Su questidea palesemente assurda che laborto on demand debba ritenersi un diritto civile, pesano anche, mi
sembra, componenti emotive, in particolare la visione che potremmo definire sentimentale o retorica, perch
corrispondente solo in parte al vero, della donna povera e senza mezzi rimasta in cinta, sola e abbandonata, vittima
sacrificale degli aborti clandestini. Le minorenni, diciottenni e variegate maggiorenni single nientaffatto povere che
oggi restano in cinta a causa dei loro liberi costumi, nonostante luso diffuso degli anticoncezionali (sesso, droga,
rock n roll nei fine settimana, come i loro coetanei maschi - uguaglianza bello); o la donna che, daccordo con il
partner, abortisce con assoluta freddezza una coppia di gemelli di sedici settimane perfettamente sana, perch
venendo al mondo avrebbe alterato il suo alto tenore di vita (p. 104); o le donne che abortiscono un feto a dire dei
medici afflitto da malformazioni o malattie; tutte costoro non appartengono certamente alla categoria della donna
vittima, che cio si ritiene debba abortire per non venir sacrificata allegoismo maschile o al bisogno.

In ogni caso, speculando sui sentimenti, lindustria dellaborto continua a giovarsi di un modo di sentire diffuso,
raccogliendo sempre fondi cospicui, su base pubblica e volontaria, per costruire sempre pi cliniche (p. 147).
Questo un fenomeno sconcertante, che i Pro-life non sanno spiegarsi, anche perch sfuggono loro le componenti
profonde dellideologia abortista, spesso rappresentate da persone assolutamente normali, con famiglie normali
(ivi).

Il giusto modo di combattere per la vita e per labolizione del diritto allaborto quello di chi affronta la lotta
evitando ingiurie ed anatemi, mostrando invece lintenzione di chi vuole aiutare, offrendo molteplici alternative, s
da rendere laborto impensabile. Di chi offre soluzioni invece di slogans, preghiere invece di proteste, sacrifici
personali invece di ipocrisia. Ci che serve un simile metodo, pacifico e fondato sulla preghiera(p. 148).
Sembrerebbe poco, per chi ignora la forza della preghiera rivolta al vero Dio, Uno e Trino, con la mediazione della
Santissima Vergine. Ci vorrebbero anche, continua lAutrice, esperti molto ben preparati, capaci di parlare con le
donne sul marciapiede [bordeggiante le cliniche] in modo da aiutarle a trovare una [diversa] soluzione alla loro
particolare situazione. Ricordatevi: dentro le cliniche, non offrono opzioni o soluzioni. Offrono solo aborti. Se
vogliamo salvare il bambino, dobbiamo entrare in contatto con le donne in crisi da gravidanza e procurar loro un
aiuto concreto, in modo che non considerino pi laborto lunica possibilit rimasta (ivi). Aiuto concreto, si intende,
spirituale e possibilmente anche materiale, se necessario.

Ma certamente, solo un piccolo numero sar allaltezza di un compito cos delicato. Non importa, continua Johnson:
ci che conta esser presenti fuori della clinica, mostrarsi e pregare, ogni giorno, con qualsiasi tempo. Chi non ha
la capacit di dir qualcosa alle donne in crisi pu comunque pregare per loro, pubblicamente.

Le preghiere delle persone allesterno della clinica [dove lavorava] hanno contribuito in modo decisivo al mio
abbandono dellindustria dellaborto (ivi). Johson convinta di questo. Era gi ampiamente in crisi, per tutti gli
orrori che aveva dovuto vedere (vedi supra). E tuttavia, sicura che senza quelle preghiere quotidiane non avrebbe
trovato la forza di lasciare un lavoro cos ben remunerato. Bisogna, dunque, organizzarsi e andare a pregare in
modo costante davanti alle cliniche del Male.

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Alcuni sono intimoriti dal pensiero di esser considerati bigotti o mentecatti. Non importa ci che la gente pensa di
voi. Altri temono di dire la cosa sbagliata alle donne. Se non siete preparati, non dite nulla. Limitatevi a star l a
pregare. La vostra presenza si far valere. Un elemento di dubbio si insinuer nella mente delle donne che entrano
nella clinica. Non ho mai visto gente che protesta con cartelli o pregando davanti al mio dentista. Perch? Perch
non c nulla di moralmente riprovevole nel curare una carie. La vostra presenza fisica allesterno di quelle cliniche
rammenta alla gente che l dentro accadono cose estremamente riprovevoli. Per illustrare il vostro punto di vista
non avete bisogno di indossare camici macchiati di sangue finto o far ciondolare membra di bambole di plastica
nelle vostre macchine. Il vostro impegno a restar l nonostante lincomodo e la fatica, parler da solo. Lindustria
dellaborto un gigante imbottito di quattrini, che gode di un sostengo immenso nella collettivit. E tuttavia, ci teme.
Perch? Lultima conferenza cui partecipai [prima di andarsene] organizz un gruppo di lavoro sul modo di
comportarsi con i contestatori. Il relatore disse che quando essi compaiono allesterno della clinica, il tasso di
assenza delle donne raggiunge quasi il 75%. Ci significa che tre quarti delle donne intenzionate ad abortire
semplicemente non si faranno vedere, se ci sar la vostra presenza orante sul marciapiede antistante(pp. 149-
150).
Per far finire gli aborti, secondo Johnson, questo il metodo migliore.

Utopia? Dilettantismo? Velleitarismo? Non credo. Linfluenza benefica delle preghiere dei Pro-life e dellapproccio
gentile (anche se fermo) di alcuni di loro su alcune delle donne che hanno poi trovato la forza di lasciare lindustria,
risulta dalle testimonianze del libro (p.e., pp. 124-5). Ma non si tratta solo di pregare. Sappiamo noi cattolici, che,
accanto alla fede, il Signore ci chiede anche le opere che testimonino di quella fede. Cos Johnson ha messo in
piedi la sua organizzazione (vedi supra, nota n. 1), per soccorrere le ex-impiegate delle cliniche, anche aiutandole a
trovare un nuovo lavoro (vedi le testimonianze, a p. 114; p. 134).

Nelle ultimissime pagine del libro (Final Thoughts from Abby, pp. 151-155) lAutrice ci offre delle spirituali
considerazioni, impressionanti per la loro sincerit, che mostrano la sua grande fede nella divina Misericordia, nella
necessit del pentimento e della conversione, nel valore del perdono per il peccatore pentito. Ribadendo, nello
stesso tempo, la sua giusta condanna dei metodi oltranzisti di una parte dei Pro-life, parte che (azzardo) non
probabilmente daccordo con il metodo proposto da Johnson e forse lo critica.

Da quando sono diventata pro-life ho sentito tanto di quel vetriolo uscire dalle bocche dei Cristiani per la vita. Da
non credere. S, continua Johnson, ho tradito migliaia di donne convincendole a sopprimere i loro bambini; non
tenevo in mano io la sonda aspirante che le fa abortire ma ero complice in questi delitti; ho mentito a tutte queste
donne non dando loro informazioni corrette, sono stata tra le peggiori peccatrici, quelle che aiutano a togliere e
distruggere la vitaHo soppresso due volte la vita dei miei bambini perch la consideravo un impaccio per me,
sono io la sola responsabile della loro morte. Ma certe frasi tipiche dei Pro-life, quali Assassini e loro simili non
dovrebbero respirare la mia stessa aria o Spero che tu bruci allInferno, sono frasi che sembrano fatte apposta
per bloccare ogni tentativo di conversione. Si applicavano a me, certamente, e tuttavia sono ancora qui, in questo
mondo, respirando la stessa aria e cercando di dedicare la mia vita a riparare al male che ho fatto. E se non si
fosse ancora pentita, sottolinea, se le fosse occorso pi tempo per capire finalmente la verit, avrebbe per questo
meritato la morte e la dannazione eterna?

Dobbiamo forse credere che il pentimento dipende dalla nostra scelta del tempo? No, di sicuro. Dipende da Dio e
dalla sua scelta del momento nel tempo, che sempre perfetta. Cristo che mi ha cambiato, ribadisce
accoratamente Johnson, grazie anche alle parole misericordiose e compassionevoli di Pro-life che ragionavano in
modo diverso da quelli che non sanno far altro che lanciare anatemi. Quando ella abbandon Planned Parenthood
e i suoi favolosi stipendi, fu accolta amorevolmente da loro, con vero spirito di carit cristiana: sapevano che ero a
pezzi e mi amarono cos comero. Quando un giornalista intervist una di loro, chiedendo: Allora, comera Abby
prima di diventare pro-life? Voglio dire, quanto cattiva era [con voi]?, ottenne questa risposta veramente cristiana:
Non ricordo comera. Ora rinata in Cristo. Non parler del suo passato, piuttosto del suo futuro (pp. 152-3).

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Nei Pensieri finali dellautrice vengono riaffermati con forza e passione i due temi di fondo del libro, accanto a quello
di far conoscere cosa accade veramente nelle cliniche abortiste. Il primo che, per combattere con efficacia
laborto, bisogna pensare a convertire, nel modo giusto, anche il personale delle cliniche, risvegliare in esso la voce
della coscienza, e smetterla una buona volta di considerarlo un coacervo di anime dannate che meritano solo di
andare allInferno il pi presto possibile. Il secondo, che tale conversione passa sempre per il ritorno a Cristo, in
sostanza per la conversione al cristianesimo.
Accanto allazione sociale e religiosa capillare intelligentemente proposta da Abby Johnson, va naturalmente presa
in considerazione anche lazione che possiamo chiamare politico-culturale. Su questultima spender qualche
parola, sempre nei limiti di una recensione.

8. La battaglia politico-culturale per sconfiggere laborto: spunti e punti fermi.

La battaglia che bisogna continuare a sostenere contro laborto e la mentalit abortista decisiva per la
sopravvivenza della nostra civilt nonch per la semplice sopravvivenza fisica dei nostri popoli, sempre pi decimati
dalluso dei contracettivi e dal gran numero di aborti. Laborto la causa pi evidente della denatalit che sta
affossando le nostre societ, quella italiana inclusa, come ben sappiamo. Non ne per lunica. Esso rappresenta il
momento pi drammatico di un modo di vivere radicalmente edonistico, senza Dio, senza religione, fatalmente
improntato al controllo delle nascite su scala globale. Nellultimo anno in Italia, riferiscono le cronache, il numero
degli aborti diminuito. Unimprovvisa fiammata di virt? Non sembra. Infatti, il numero dei neonati continua a
decrescere. I conti, allora, non tornano. O meglio, tornano in questo senso: deve esser aumentato nel frattempo
luso degli anticoncezionali, delle pillole del giorno dopo e roba del genere. Tutte queste infauste pillole sono, a
ben vedere, una forma indiretta o preventiva di aborto, dal momento che concorrono allo stesso effetto. Se non
zuppa, pan bagnato.

Il flagello calerebbe di colpo se i Governi rimettessero laborto fuori legge, considerandolo di nuovo reato. Non
sparirebbe, ma si ridimensionerebbe di sicuro. Ma nessun governo osa farlo, nemmeno quello russo, che, al
contrario di quelli euro-americani, pur si sta impegnando a fondo da anni a limitare il fenomeno, spaventato dal
basso tasso di crescita della popolazione. E nemmeno quello polacco attuale, cattolico conservatore, che sta
facendo una politica di vero aiuto alle famiglie, per sconfiggere la grave denatalit che affligge anche quel Paese.
Per la verit in Polonia laccesso allaborto stato reso molto pi difficile ma il tentativo dellottobre 2016 di arrivare
ad una sua sostanziale abolizione fallito a causa delle proteste organizzate dalle sinistre, con molte donne in
piazza, cosa che ha indotto il governo a un ripensamento.

Nessun partito di centro-destra elenca tra i suoi programmi elettorali la cancellazione dellinaccettabile diritto ad
abortire. Quali ne sono i motivi precisi? Mancanza di convinzione nei valori morali basilari? Paura di perdere il voto
delle donne, che ormai (a quanto sembra) considerano a grande maggioranza laborto un loro diritto irrinunciabile,
anche se tra di loro molte per nessun motivo lo eserciterebbero? Irrinunciabile, perch parte essenziale della loro
libert, cui tengono pi di ogni altra cosa, oggi?

E tanto ci tengono, che la scelta in ordine allaborto si dovrebbe intendere non solo come ricompresa nei diritti
civili ma addirittura nei diritti umani, come vorrebbe quella sinistra istituzione che da tempo diventata Amnesty
International? Vale a dire, come un diritto che sarebbe addirittura fondato sulla natura umana stessa, ossia della
donna in quanto donna, e non dipenderebbe dal suo esser cittadina cio soggetto attivo di una comunit politica,
condizione tutelata dai diritti civili. Tesi sballatissima, quella di Amnesty International, se solo si riflette sul fatto che
la natura della donna, la donna cos come esiste per natura, costruita per la generazione, per far nascere i
bambini non per sopprimerli nel proprio grembo.

Nei partiti, come nei Parlamenti, c ormai una larga rappresentanza femminile, il cui modo di vivere in genere

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ispirato ai valori (agli pseudo-valori) dominanti. Lopinione di queste donne deve esser tenuta ovviamente in conto
quando si elaborano i programmi dei partiti. La femminilizzazione radicale delle nostre societ , allo stato, uno
degli impedimenti pi forti alleliminazione per via legislativa del diritto di abortire. Almeno, finch le donne non
cambieranno modo di ragionare, non ritorneranno a privilegiare il sentimento materno, i figli, il matrimonio, la
famiglia secondo natura e tradizione. Ma chi le converte, le donne di oggi? Unazione di conversione come quella
proposta da Abby Johnson sembra indubbiamente la pi idonea, anche se bene non coltivare illusioni, vista la
potenza che in questepoca il Demonio sembra possedere, per punirci dei nostri molti e gravi peccati. La proposta
Johnson mira a tagliare una puleggia essenziale dellindustria dellaborto, quella rappresentata dal suo personale
femminile, che poi, da quello che ho capito dal suo libro, costituisce la quasi totalit del personale stesso. Si
tratterebbe di rompere un cerchio particolarmente perverso poich, da quello che testimonia il libro, le donne
impegnate nelle famose cliniche a far abortire altre donne, sembra abbiano a loro volta quasi tutte abortito e spesso
nelle stesse cliniche. quindi, come dire, laborto che si autoalimenta, una cosa veramente diabolica.

Che cosa, dunque, aspettarsi da una classe dirigente, come quella europea e americana (prima delle ultime elezioni
presidenziali), che, oltre ad aver legalizzato laborto volontario (on demand), ha introdotto il divorzio breve e la
legalizzazione delle coppie di fatto, anche omosessuali? Che sembra incoraggiare il fenomeno omosessuale,
consentendogli ogni sorta di aberrazione, dai matrimoni alladozione di bambini, al transessualismo e correlati?
Pensiamo, infatti, allinsana e risibile pseudo-filosofia detta del Gender e alla sua introduzione addirittura nei
programmi scolastici! E che non fa nulla contro laltro grave fenomeno rappresentato dalla diffusione della
pornografia su internet? Perch i governi occidentali non fanno come quello russo, che ha chiuso sul suo territorio,
ho letto, almeno due tra i pi grossi siti internazionali di pornografia? Forse la componente femminile delle attuali
classi dirigenti si opporrebbe anche a questa misura?

Stiamo pagando un enorme prezzo ad un concetto sbagliato di libert di espressione, come se tale libert non
potesse esser sottoposta a giusti e ragionevoli limiti mediante le leggi, come se potesse esser senza limiti, al punto
da diventare libert di corrompere, mediante il libero smercio della pornografia, dellerotismo, del turpiloquio, della
bestemmia, dellorrore, della violenza, del sadismo, e chi pi ne ha pi ne metta. Quale Paese veramente civile
ammetterebbe una simile, indiscriminata libert di espressione?

Il discorso sul grave male della pornografia, che non rovina solo i giovani, ci conduce ad un altro aspetto della lotta
contro laborto: il lavoro da fare sul contorno, sulla mentalit, sullambiente, in sostanza sui costumi che
costituiscono il marcio semenzaio dal quale scaturiscono poi gli aborti. Questo un lavoro che spetta
alleducazione, nel quale dovrebbero aver parte preponderante la Chiesa e la famiglia, cio la religione e la morale
individuale e privata da essa dipendente, come si dovrebbe attuare nella famiglia e in passato si attuava. Si tratta di
quelleducazione capace di insegnare allindividuo le norme, morali e di costume, da osservare per un
comportamento virtuoso, necessario per il bene della sua anima e le esigenze della comune convivenza.

Ora, quando si legge che ad abortire vanno anche fitte schiere di minorenni, dai tredici-quattordici anni in su, e solo
in minima parte si tratta di casi di violenza, viene spontaneo chiedersi: ma a queste fanciulle e ragazze non stato
insegnato il valore della verginit, limportanza della purezza dei costumi, del pudore e della modestia, del
conservarsi moralmente pulite, dal punto di vista del sesso, innanzitutto per se stesse, per la loro vera dignit di
donne, e in prospettiva per la famiglia che un domani avrebbero pur il dovere di costruire, con un marito? Se non si
concedessero, non si troverebbero poi nei guai. E perch si concedono? evidente che mancano di principi morali
e non solo gi a tredici o quattordici anni ma anche nel prosieguo. E ne mancano, perch non vengono loro
insegnati, perch non si addita loro un modello di vita virtuosa n si esige una disciplina di vita. Anzi, tutto il
contrario, gi in famiglia. E quando la famiglia insegna loro qualcosa di buono, oggi, ci pensano poi la scuola, la
televisione, linternet, lambiente ad insegnar loro tutte quelle cose cattive che pi attraggono.

Conclusione del discorso: se non si ha il coraggio di intervenire direttamente sullaborto diventato sciaguratamente
diritto (lobiettivo principale deve esser comunque sempre quello di cancellarlo, questo pseudo-diritto), almeno si
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abbia il coraggio di intervenire sul contorno, sui costumi corrotti dai quali nasce poi laborto come fenomeno di
massa.

Come ho detto, lo Stato potrebbe colpire la pornografia in modo duro, se volesse, e cominciare a demolire quella
che Abby Johnson chiama la pornificazione del nostro modo di vivere, fenomeno che implica laccettazione di un
clima sociale sempre pi perverso, che reifica il corpo delle donne, rappresentandolo solo come merce sessuale,
per il piacere fine a se stesso, porta aperta su tutti i vizi, e che contribuisce alla formazione di una mentalit
abortista (p. 52).

Mancando lo Stato al suo compito, perch monopolio di classi dirigenti a loro volta favorevoli alla Rivoluzione
Sessuale e pertanto abortiste convinte, femministe, omofile, insomma prone a tutti i venti della licenza dominante, e
non intervenendo pi nemmeno la Chiesa cattolica come una volta, con il suo nitido e chiaro insegnamento, che
sembra diventato incerto (anche se non sul punto dellaborto), ecco che spetta ai privati impegnarsi in unopera di
educazione mirante alla ricostruzione dei valori dimenticati e calpestati. Compito improbo, com ovvio. E allora,
perch parlarne? Perch qui noi abbiamo comunque il dovere di indicare ci che si dovrebbe fare per uscire dalla
grave crisi che ci attanaglia, a prescindere dalle possibilit di successo, al momento sicuramente minime, per le
quali ci affidiamo comunque alla Provvidenza.

Si tratta di riproporre senza tentennare la necessit imperitura di certi valori, che vanno nuovamente insegnati
perch cos piace a Dio e cos richiede la necessit del momento storico.

A proposito di questi valori, si impone anche una revisione di certi concetti giuridici che vengono assunti come valori
fondamentali. Mi riferisco a concetti come i diritti civili o i diritti umani, invocati addirittura per giustificare il diritto
di abortire volontariamente.
Consideriamo questidea bislacca dellaborto come diritto da ricomprendersi nei diritti civili. Cosa si intende,
normalmente, con diritti civili? Non diritti come ad esempio la propriet o il far testamento. Diritti che appartengono
alla sfera politica nel senso che riguardano il rapporto tra il singolo cittadino e la sfera della civitas o cosa pubblica.
Partendo dal presupposto che lesser cittadino implichi luguaglianza di tutti coloro che sono cittadini, non ci
dovrebbero esser discriminazioni per quanto riguarda lesercizio di diritti essenziali per una concezione democratica
della vita di relazione: il diritto di voto, di poter esprimere la propria opinione a voce e per iscritto, di potersi
liberamente riunire in privato e (entro certi limiti) in pubblico per scopi leciti. Insomma: libert di voto, di opinione, di
riunione.

I diritti civili sono in realt diritti politici. Com che ad un certo punto alla lista si aggiunto laborto? Come stato
possibile?

stata lazione nefasta del femminismo, cui si sono resi succubi i politici, anche perch spesso usciti a loro volta da
matrici ideologiche affini. Si cominciato con gli slogans di poche esagitate che includevano i c.d. diritti delle
donne tra i diritti civili da riconoscere. Le donne gi godevano al tempo dei diritti civili tradizionali tuttavia subivano
delle limitazioni, essendo loro precluse alcune attivit. Ad esempio, non potevano accedere alla carriera militare.
Era un loro diritto ottenere la rimozione di questi divieti?Cos si voluto credere, evidentemente. Oggi gli eserciti
occidentali sono pieni di donne, a tutti i livelli, anche nei reparti operativi, cosa che, per tacere di altri aspetti infelici,
ha comportato un serio abbassamento degli standards di addestramento, per ovvi motivi di resistenza fisica alle
fatiche peculiari alla milizia, nelle donne in genere per natura assai meno forte che negli uomini.
Ho portato questesempio per dire che, quando si parla di un diritto del soggetto, dellindividuo, bisogna anche
considerare su che cosa verta questo diritto , a qual fine debba esser riconosciuto al soggetto che lo pretende.

Il fine di questi ulteriori diritti riconosciuti alle donne, in nome del principio di uguaglianza malamente inteso, non in
se stesso immorale anche se appare inappropriato poich consente loro attivit, come il militare, per le quali non
sono tagliate, con serio svantaggio per listituzione. Ma quando il fine per il quale la donna vuole le sia riconosciuto
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un diritto dallo Stato, quello di poter liberamente sopprimere (a suo insindacabile giudizio) il bambino che porta in
grembo, allora ci troviamo o non di fronte ad fine in se stesso cattivo ed immorale, che non pu esser in alcun modo
riconosciuto da uno Stato degno di questo nome? Quale moralit ci pu essere nel sopprimere la vita innocente che
la donna porta in s proprio in quanto donna, ossia costituita per natura in modo da elaborare, far crescere dentro di
s e infine partorire, per lappunto, questa vita nel neonato perfettamente formato? La liceit del fine per il quale si
vuole ottenere il riconoscimento di un nostro diritto, in quanto individui capaci di intendere e volere, quindi
determinante quanto alla concessione stessa. E in questa liceit rientra indubbiamente anche la conformit del fine
voluto con i principi della morale, considerata anche come semplice morale naturale, che indubbiamente ci vieta
lomicidio, nelle sue varie forme, aborto compreso.

Non v dubbio che la dizione diritto di scegliere possa qui trarre in inganno. Infatti, ci che si vuole, richiedendo la
tutela di questo diritto, non tanto il poter scegliere tra linterruzione e la continuazione della gravidanza, quanto
lautorizzazione legale ad interromperla, a giudizio esclusivo della madre. C forse bisogno di unautorizzazione del
legislatore per scegliere di continuare la gravidanza? No, ovviamente. per interromperla, che essa occorre, poich
linterromperla volontariamente sempre stato sentito come cosa infame, contraria alla femminilit e penalmente
sanzionabile. Il fine perseguito con la pretesa di chi ha voluto il riconoscimento della libera scelta della donna in
relazione allaborto, non concerne quindi lo scegliere tra due corni opposti di un dilemma bens lautorizzazione a
perseguire uno dei due, quello rappresentato dalla soppressione del nascituro.

Consideriamo ora pi da vicino la nozione di un diritto dellindividuo. Stiamo parlando di quello che tradizionalmente
si chiama diritto soggettivo, nel senso di diritto che appartiene al soggetto in quanto individuo singolo dotato di
ragione e volont. Lessere umano, in quanto razionale, considerato dallordinamento giuridico titolare di diritti e
correlativamente soggetto a doveri. Lanimale, non avendo la ragione, non pu ovviamente esser considerato
titolare di diritti n sottoposto a doveri. (Il fatto che oggi si voglia parlare di diritti degli animali dimostra solo che il
rovesciamento dei valori arrivato a livelli impressionanti, al non-senso assoluto. Significativamente, coloro che
propugnano i diritti degli animali e protestano per le uccisioni degli animali dettate dalla necessit - per nutrirsi, per
evitare epidemie, per difendersi - non battono poi ciglio di fronte agli aborti, alla soppressione a freddo dei bambini
da parte delle loro stesse madri, nel loro stesso corpo: non riconoscono agli esseri umani quel diritto alla vita che
vogliono al contrario riconoscere agli animali).

Si suol dire che il diritto costituito, quanto al suo contenuto, dal potere di esercitare determinate facolt,
riconosciute dallordinamento giuridico (nel nostro caso dallo Stato) come lecite. Lecite e perci in quanto tali
meritevoli di tutela giuridica. Possiamo allora dire che il potere di agire costituisce il contenuto del diritto del soggetto
e che tale potere si attua per la realizzazione di una determinata pretesa del soggetto stesso e quindi per un fine.
Pertanto, bisogna dire che lordinamento giuridico (nel nostro caso, dello Stato) autorizza lesercizio di questo
potere perch riconosce come legittima la pretesa per la quale lo si vuole esercitare. Possiamo allora affermare che
il diritto soggettivo sia la giusta pretesa del soggetto stesso, riconosciuta come tale dallordinamento, che ne realizza
la tutela.

Ora, bisogna chiedersi: dov la giustizia nella pretesa della donna di poter scegliere di sopprimere a suo libito la
vita del nascituro, che sta crescendo dentro di lei? una vita che la natura, secondo lintenzione di Chi lha creata,
ha affidato alla madre, perch la elabori con la propria carne, la faccia crescere proteggendola e tutelandola fino
alla nascita e oltre. La madre in gestazione non solo la fattrice, anche la custode della vita che sta portando
dentro di s, essa ha il dovere di mantenerla e difenderla in tutti i modi. Questo dovere incombe su di lei, e in via
mediata sul padre, dal momento che il nascituro non pu difendersi con i suoi mezzi. Possiamo quindi dire che la
madre ha un alto compito da adempiere. Se la giustizia soprattutto dare a ciascuno il suo, allora possiamo dire
che il suo spettante al nascituro consiste proprio nel diritto ad esser difeso da colei che lo porta in grembo. La quale,
pertanto, non pu in nessun modo avere il diritto di sopprimerlo, se cos preferisce, quali possano essere i motivi
che sul momento sembrino impellenti, che non occorre ripetere qui. Riconoscere quel diritto alla madre significa
negare quello del bambino ad esser tutelato in quanto tale, negare il suo diritto alla vita, il che sarebbe patente
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ingiustizia.

Ora, la norma di giustizia allopera nel rapporto tra la madre e il figlio in gestazione sempre e giustamente stata
sentita come una norma che esiste nella natura stessa delle cose , della maternit in quanto tale e quindi della
femminilit nel suo significato nobile e profondo. Tale norma non pu esser creata dalla legge positiva ma da essa
solo riconosciuta, in quanto norma che appartiene ad un ordinamento che preesiste alla legge dello Stato ed ad
essa superiore: la legge di natura, stabilita da Dio e non dagli uomini. Per questo si sempre pensato che laborto
volontario violi in primo luogo la legge di natura e, simultaneamente, la legge divina poich la natura nel senso di
ordinamento morale e fisico dellesistente non posta dalluomo ma da Dio.

Possiamo quindi concludere che la sciagurata pretesa di tante figlie del Secolo di vedersi riconosciuto il diritto di
poter far liberamente abortire il proprio bambino, del tutto ingiusta e come tale va respinta in blocco. Non pu
esser inclusa nei diritti civili da riconoscere, nel modo pi assoluto. E ancor meno nei diritti umani, discendenti dai
diritti delluomo della Rivoluzione Francese, surrogato laico del diritto naturale di origine divina; cattivo surrogato
poich vuol vedere lorigine del diritto nellumanit antropocentricamente concepita, cio nella natura umana in se
stessa considerata, buona per natura, come se si fosse posta da se stessa. Ma anche in una natura umana cos
concepita, come se non lavesse creata Dio, impossibile trovare un fondamento a un diritto che consenta ad una
madre di abortire il suo bambino, in definitiva di travestire da diritto ci che invece costituisce soggettivamente e
oggettivamente un delitto.

Per giustificare la loro tesi, i Pro-choice sostengono che nella fase iniziale, embrionale o poco pi, la vita ancora non
si sarebbe sviluppata nel grembo materno, onde sopprimere il feto in quella fase non configurerebbe alcun illecito,
trattandosi ancora di masse di tessuto(vedi supra). E come giustificano, allora, gli aborti del secondo e del terzo
trimestre? Non vorrei sbagliarmi, ma durante la sua recente campagna elettorale, Ms Hillary Clinton, con il pieno loro
plauso, non aveva forse promesso che, se vittoriosa, avrebbe promosso una legislazione ancor pi liberale
sullaborto, da concedersi quasi al compimento dei nove mesi? Comunque, con laborto di un nascituro di poche
settimane, non si sopprime una vita gi ben presente e sviluppata? E allora, come lo si giustifica, dal punto di vista
dei Pro-choice?

In ogni caso, come ha notato una delle ex-lavoratrici pentite di Planned Parenthood, la disputa se il crimine si
compia gi distruggendo il nascituro allinizio della gravidanza, o dopo uno o due mesi, o quattro, o sei, o sette,
appare priva di significato, se la vita del nuovo individuo che deve venire al mondo incomincia gi col
concepimento. Se siamo convinti che la vita cominci al concepimento, c forse una differenza tra il bambino non
nato quando ancora un grumo di sangue o quando un essere umano gi compiutamente formato?(p. 120). Si
intende: gi compiutamente formato nellultimo stadio della gestazione. In effetti, tra il grumo di sangue dei primi
giorni e il feto che gi il bambino dei mesi successivi, non c nessuna differenza, quanto alla presenza in
entrambi della medesima vita, che prima del concepimento non cera; dellesser entrambi due momenti diversi
(scalati nel tempo) ma strettamente connessi ed ugualmente vitali di un unico processo organico, consistente nella
formazione dellessere umano nel grembo della donna. Sin dal concepimento, si ha un processo in atto nel quale
ogni momento, nessuno escluso, partecipa della formazione organica dellindividuo che alla fine nascer, maschio o
femmina.
Paolo Pasqualucci, sabato 6 maggio 2017
__________________________________________
1. The Walls Are Talking, cit., p. 9. Nelle bandelle leditore ci informa che Abby Johnson, esperta in psicologia e
counseling, ha lavorato per Planned Parenthood come clinic manager, dirigendo sia la pianificazione familiare che
i programmi abortisti. Nel 2008 fu eletta impiegata dellanno della Compagnia. Ma nel 2009 lasci quel lavoro e da
allora divenne una appassionata sostenitrice pro-life, nota a livello internazionale. Ha raccontato la storia della sua
spettacolare conversione nel libro Unplanned, un best-seller negli U.S.A. Ha anche fondato lorganizzazione And
Then There Were None [E alla fine non cera pi nessuno], che aiuta materialmente e spiritualmente gli addetti alle
cliniche abortiste a cambiare lavoro (And Then There Were None). Kristin Detrow molto impegnata nellaiutare i
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bambini afflitti da sordit che vivono in povert e nellorganizzazione creata da Abby Johnson. Sposata, ha due
gemelli maschi e una figlia adottata dallUganda. Quandera in attesa dei due gemelli, un medico le consigli di
abortire uno dei due perch gi nellutero appariva in serie condizioni. Ma essa si rifiut e oggi tutti e due i gemelli
stanno bene. Ha scritto un romanzo pro-life intitolato The Intrusion. (Tutte le traduzioni dallinglese nel presente
articolo sono mie. I diversi termini medici li ho resi secondo il linguaggio comune, eventuali oscurit sono a mio
carico).

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