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E. ABBENA, S. CONSOLE, S.

GARBIERO

GRUPPI DI LIE

Corso tenuto nellambito del VI Ciclo del

Dottorato di Ricerca in Matematica

A. A. 1990/1991

Dipartimento di Matematica Universita di Torino


INTRODUZIONE

Queste note sono relative al Corso di Gruppi di Lie tenuto, nellambito del VI Ci-
clo di Dottorato in Matematica, presso il Dipartimento di Matematica dellUniversita
di Torino, nellAnno Accademico 1990/91.
Lo scopo del Corso e stato quello di fornire unintroduzione alla teoria dei gruppi
di Lie e delle metriche Riemanniane invarianti. Dato il prevalente fine didattico, si
e cercato di ridurre al minimo i prerequisiti, che consistono in una conoscenza delle
nozioni principali sulle variet
a differenziabili e sui campi vettoriali. In ogni caso, le
definizioni e le propriet
a richieste si possono trovare nel testo di W. Boothby [BO], le
cui notazioni sono state ampiamente adottate nel corso dellesposizione. Si e deciso,
inoltre, di limitare il numero delle dimostrazioni riportate integralmente, preferendo
sviluppare maggiormente gli aspetti pi
u pratici come, ad esempio, calcoli dettagliati
su esempi significativi.
Desideriamo ringraziare, in modo particolare, i Proff. Franco TRICERRI, dellU-
niversit
a di Firenze, che tenne il Corso di Gruppi di Lie a Cortona nel 1983, a cui
queste note si sono largamente ispirate, e Alfred GRAY dellUniversita di Maryland,
per aver messo a nostra disposizione le sue note dei Corsi di Ph.D.

Torino, settembre 1991.


.
INDICE

Introduzione

I Gruppi e algebre di Lie, generalit


a pag. 1
I.1 Definizioni ed esempi 2
I.2 Algebra di Lie di un gruppo di Lie 9
I.3 Lapplicazione esponenziale 15
I.4 Relazioni tra un gruppo e la sua algebra di Lie 23
I.5 Forme differenziali invarianti ed equazioni di struttura 28
I.6 Sottogruppi di Lie 37
I.7 Rivestimenti di gruppi di Lie 50
I.8 Rappresentazione aggiunta 54
I.9 Algebre e gruppi di Lie semisemplici e risolubili 59
I.10 Classificazione delle algebre di Lie reali di dimensione 3 69
I.11 Cenni sulla classificazione dei gruppi di Lie di dimensione 4 77

II Richiami di geometria Riemanniana pag. 78


II.1 Variet
a Riemanniane ed isometrie 79
II.2 Connessioni su varieta Riemanniane 87
II.3 Tensori di curvatura 93
II.4 Equazioni di struttura di Cartan 100
II.5 Geodetiche e Teorema di Myers 105

III Geometria Riemanniana dei Gruppi di Lie pag. 108


III.1 Metriche invarianti a sinistra e metriche biinvarianti 109
III.2 Metriche invarianti a sinistra su gruppi di Lie di dimensione 3 121
III.3 Curvatura sezionale di una metrica invariante a sinistra 127
III.4 Curvature di Ricci e scalare delle metriche invarianti a sinistra 136

Appendice pag. 142


A.1 Topologia degli spazi proiettivi e dei gruppi classici 143
A.2 Cenni sullomotopia e gruppo fondamentale 147
A.3 Rivestimenti 153

Bibliografia pag. 158



I. GRUPPI E ALGEBRE DI LIE, GENERALITA

In questo capitolo vengono presentate le propriet


a principali dei gruppi e delle
algebre di Lie.
I.1 Definizioni ed esempi

Le varieta differenziabili considerate in queste note sono spazi di Hausdorff che ver-
ificano il secondo assioma di numerabilit
a (esiste una base numerabile per la famiglia
degli aperti).

Definizione 1.1. Un gruppo di Lie (reale) e una varieta differenziabile analitica


reale G tale che
i) G ha la struttura di gruppo,
ii) le applicazioni

G G G , (a, b) 7 ab,
G G , a 7 a1

sono analitiche (G G e dotato della struttura differenziabile prodotto).

Osservazioni
(1) La condizione ii) e equivalente alla seguente
ii) lapplicazione G G G , (a, b) 7 ab1 , e analitica.
(2) Se nella definizione precedente si suppone che G sia una varieta complessa,
si ottiene un gruppo di Lie complesso. Si noti che, essendo ogni varieta
complessa una varieta reale, un gruppo di Lie complesso e anche un gruppo di
Lie reale.
(3) Se, invece, si suppone che G sia soltanto uno spazio topologico di Hausdorff e
che le applicazioni considerate nel punto ii) siano continue, si ha la definizione
di gruppo topologico.

evidente che ogni gruppo di Lie e un gruppo topologico. Un famoso problema,


E
proposto da Hilbert (V problema), consiste nel provare che un gruppo topologico
localmente euclideo (tale cioe che ogni punto abbia un intorno omeomorfo ad un
aperto di Rn ) ammette sempre ununica struttura di varieta analitica rispetto alla
quale diventa un gruppo di Lie. La dimostrazione di tale affermazione si deve a Von
Neumann (1933), nel caso compatto, ed a Gleason, Montgomery e Zippin (1952) nel

2
caso generale. Questo risultato implica, tra laltro, che lipotesi di analiticit
a per i
gruppi di Lie non e affatto restrittiva.
Esempi
(1) Rn e un gruppo di Lie reale abeliano, rispetto alla struttura differenziabile
ordinaria. Analogamente, Cn e un gruppo di Lie complesso abeliano.
(2) Indichiamo con GL(n, R) il gruppo lineare generale, ossia linsieme delle
matrici reali di ordine n con determinante diverso da zero. Identificando una
2
matrice di ordine n con un punto di Rn , si vede che la funzione

det : M(n, R) R , A 7 detA

(M(n, R) denota linsieme di tutte le matrici di ordine n) e continua; linsieme


2
det1 (0) e chiuso e, quindi, GL(n, R) = M(n, R) det1 (0) e aperto in Rn .
Pertanto, GL(n, R) ha la struttura di varieta analitica reale aperta, indotta
da quella di M(n, R). Ricordando le espressioni del prodotto di due matrici e
della matrice inversa, si ha che GL(n, R) e un gruppo di Lie di dimensione n2 .
In generale, se V e uno spazio vettoriale reale di dimensione n, GL(V ), il
gruppo degli isomorfismi lineari di V , e un gruppo di Lie, isomorfo a GL(n, R)
(fissata una base in V ).
(3) Consideriamo la circonferenza unitaria nel piano

S 1 = {z C / |z| = 1} = {z C / z = ei = cos + isin, R}.

S 1 ha una struttura naturale di variet


a analitica di dimensione 1 (le funzioni
sin e cos sono omeomorfismi locali su opportuni aperti che ricoprono S 1 ).
Inoltre, S 1 e un gruppo abeliano rispetto al prodotto di numeri complessi. S 1
e isomorfo ai seguenti gruppi

cos sin
i) SO(2) = A M(2, R) / A = , R ;
sin cos

ii) R/Z, gruppo quoziente rispetto alla congruenza modulo Z.

Mediante gli isomorfismi precedenti, non e difficile verificare che S 1 e un gruppo


di Lie.

Introduciamo ora la nozione di omomorfismo tra gruppi di Lie.

3
Definizione 1.2. Siano G e H due gruppi di Lie. Si dice omomorfismo analitico
ogni applicazione analitica : G H che sia anche un omomorfismo di gruppi. Se
e un isomorfismo di gruppi e un diffeomorfismo, prende il nome di isomorfismo
analitico.

Dati due gruppi di Lie G e H, e possibile costruire altri gruppi di Lie nel modo
seguente. Supponiamo che per ogni a G esista un automorfismo a di H in se tale
che
(1) per ogni a, b G
ab = a b ,

(2) lapplicazione

GH H
(a,h) 7 a (h)

sia analitica.
In tal caso, si verifica che la variet
a analitica H G, dotata delloperazione

(h, a)(h0 , b) = (ha (h0 ), ab), h, h0 H, a, b, G,

e un gruppo di Lie, detto prodotto semidiretto di H e G rispetto ad ed


indicato con H o G.
Se a = idH , per ogni a G, si ha il prodotto diretto e si scrive H G. Si noti
che H e un sottogruppo normale di H o G.

Esempi
(1) Siano G = GL(n, R), H = Rn , A GL(n, R), A : H H, u 7 Au. Allora
a di Rn . Si osservi che si pu
H o G non e altro che il gruppo delle affinit o
identificare H o G con il gruppo di matrici

A tu n
K = B GL(n + 1, R) / B = , A GL(n, R), u R .
0 1

(2) Se G = S 1 , il prodotto diretto

T n = S1 S1
| {z }
n volte

4
si dice toro reale di dimensione n. Si noti che T n e analiticamente isomorfo a
Rn /Zn , gruppo quoziente di Rn rispetto alla relazione di congruenza modulo
Zn .
Introduciamo ora delle particolari algebre che, come vedremo, sono strettamente
collegate ai gruppi di Lie.

Definizione 1.3. Un algebra di Lie reale e uno spazio vettoriale reale g dotato di
unapplicazione bilineare (detta parentesi di Lie o semplicemente bracket)

[ , ]: g g g
(X, Y ) 7 [X, Y ]

che verifica le seguenti propriet


a
i) [X, Y ] = [Y, X],
ii) SX,Y,Z [[X, Y ], Z] = [[X, Y ], Z] + [[Y, Z], X] + [[Z, X], Y ] = 0,
per ogni X, Y, Z g (SX,Y,Z denota la somma sulle permutazioni cicliche di X, Y ,
Z). La ii) e detta identit
a di Jacobi.

Definizione 1.4. Un omomorfismo di algebre di Lie e unapplicazione lineare


: g g0 tale che
([X, Y ]) = [(X), (Y )],
per ogni X, Y g. I monomorfismi, gli epimorfismi e gli isomorfismi di algebre
di Lie si definiscono in modo ovvio.

Siano a, b due sottospazi vettoriali di unalgebra di Lie g. Poniamo


( )
X
[a, b] = ai [Xi , Yi ], Xi a, Yi b, ai R .
i
Definizione 1.5. Un sottospazio vettoriale h di g si dice sottoalgebra di Lie se
[h, h] h. h e un ideale di g se [h, g] h.

Vale la seguente proprieta, la cui dimostrazione consiste in una semplice verifica.


1.1. Sia : g g0 un omomorfismo di algebre di Lie. Allora
Proprieta
(1) ker e un ideale di g e im e una sottoalgebra di g0 ;
(2) se h e un ideale di g, g/h e ancora unalgebra di Lie con parentesi di Lie data
da
[X + h, Y + h] = [X, Y ] + h, X, Y, g.

5
Esempi
(1) g = Rn , con parentesi di Lie definita da [u, v] = 0 per ogni u, v Rn , e
unalgebra di Lie abeliana. In generale, si dice abeliana unalgebra di Lie la
cui parentesi di Lie e identicamente nulla.
(2) Sia g = gl (n, R) lo spazio vettoriale delle matrici reali di ordine n (come
insieme coincide con M(n, R)) dotato delloperazione

[A, B] = AB BA,

per ogni A, B gl (n, R). Si verifica che gl (n, R) e unalgebra di Lie. Pi


u in
generale, se V e uno spazio vettoriale reale, indichiamo con gl (V ) lalgebra di
Lie degli endomorfismi lineari di V . La parentesi di Lie e data da

[f, g] = f g g f,

per ogni f, g gl (V ). Se V ha dimensione n, scelta una base di V , gl (V ) e


isomorfa, come algebra di Lie, a gl (n, R).

Definizione 1.6. Sia g unalgebra di Lie. Un endomorfismo (di spazi vettoriali)


di g si dice derivazione di g se

([X, Y ]) = [(X), Y ] + [X, (Y )],

per ogni X, Y g.

Indicato con Der (g) linsieme delle derivazioni di g, si verifica che:


(1) se , Der (g) e a R, allora: + Der (g), a Der (g) e
[, ] = Der (g).
(2) Der (g) e una sottoalgebra di Lie di gl(g) , detta algebra di Lie delle derivazioni
di g.

Si noti che, se X g, lendomorfismo lineare

adX : g g
Y 7 adX Y = [X, Y ]

6
e una derivazione di g, detta derivazione interna. Si prova che
(1) [adX , adY ] = ad[X,Y ] , per ogni X, Y g.
(2) ad(g) = { Der (g) / = adX , X g} e unalgebra di Lie, sottoalgebra di
Der (g), detta algebra di Lie delle derivazioni interne.

Definizione 1.7. Siano g e h due algebre di Lie e : g Der (h) un omomorfismo


di algebre di Lie. Si consideri h g dotato della struttura di spazio vettoriale somma
diretta e si definisca il prodotto in h g nel modo seguente

[(U, X), (V, Y )] = ([U, V ] + (X)V (Y )U, [X, Y ]),

per ogni U, V h e X, Y g. Si ottiene cosi unalgebra di Lie, denotata con h g,


detta somma semidiretta di h e g rispetto a .

Si noti che h e un ideale di h g. Se (X) = 0, per ogni X g, si parla di somma


diretta di algebre di Lie e si scrive semplicemente h g.

Esercizi

1.1 Descrivere esplicitamente la struttura analitica di S 1 (atlante delle carte locali


e funzioni di transizione) e verificare che S 1 e un gruppo di Lie. Ripetere lo
stesso esercizio nel caso di GL(n, R).

1.2 Provare che il prodotto semidiretto H o G di due gruppi di Lie e un gruppo


di Lie. Verificare che H e un sottogruppo normale di H o G.

1.3 Verificare che


(a) Der (g) una sottoalgebra di gl (g);
(b) adX Der (g), per ogni X g;
(c) ad(g) e una sottoalgebra di Lie di Der (g).

1.4 Provare che la somma semidiretta h g di due algebre di Lie e effettivamente


unalgebra di Lie e che h e un ideale di h g.

1.5 Supponiamo che lalgebra di Lie g sia la somma diretta, come spazio vettoriale,
di due sottoalgebre h e k.

7
(a) Stabilire che g = h k e somma diretta di algebre di Lie se e solo se h e k sono
due ideali.
(b) Provare che g e somma semidiretta di h e k se h e un ideale di g. (Suggerimento:
g = h k dove (X) = adX , X k).

8
I.2 Algebra di Lie di un gruppo di Lie

Sia G un gruppo di Lie. Per ogni a G consideriamo le seguenti applicazioni

La : G G, b 7 ab;
Ra : G G, b 7 ba;
Ia : G G, b 7 aba1 .

La e Ra sono diffeomorfismi analitici (ma non omomorfismi di gruppi), detti tra-


slazione sinistra e traslazione destra, rispettivamente. Ia e un automorfismo
analitico di G, detto automorfismo interno corrispondente allelemento a di G.
Si ricordi che se : M N e una funzione differenziabile tra due varieta differen-
ziabili, il differenziale di nel punto p M e unapplicazione lineare tra gli spazi
tangenti Tp M e T(p) N, indicata con |p .

Definizione 2.1. Sia X un campo vettoriale analitico su G. X si dice invariante


a sinistra (invariante a destra) se

(La )|b Xb = Xab , ((Ra )|b Xb = Xba )

per ogni a, b G.

Vale la seguente

2.1. Se X e Y sono due campi invarianti a sinistra (a destra), anche i


Proprieta
campi X + Y , X, con R, e [X, Y ] sono invarianti a sinistra (a destra).

dimostrazione: Le prime due affermazioni sono conseguenza del fatto che il dif-
ferenziale e unapplicazione lineare. Per provare la terza, si osservi che, se e un
diffeomorfismo di G in G, dato un campo vettoriale X, si definisce il campo X nel
modo seguente
( X)a = |1 (a) X1 (a) , per ogni a G.

In tal caso, vale la relazione

[X, Y ] = [ X, Y ]

9
e la tesi segue dal fatto che un campo X e invariante a sinistra (a destra) se e solo se
(La ) X = X ((Ra ) X = X), per ogni a G.

Dalla Propriet
a precedente si vede che linsieme dei campi vettoriali invarianti a
sinistra ha la struttura di algebra di Lie, detta algebra di Lie del gruppo di Lie
G.

Teorema 2.2. Sia G un gruppo di Lie di dimensione n. La sua algebra di Lie g


e isomorfa (come spazio vettoriale) a Te G, spazio tangente a G nellelemento neutro
e G. Di conseguenza, anche g ha dimensione n.

dimostrazione: Iniziamo col provare che, dato un vettore x Te G, esiste un unico


campo vettoriale invariante a sinistra X g tale che Xe = x. Si definisce X nel modo
seguente: per ogni a G, Xa = (La )|e x.
(i) X e invariante a sinistra poiche

Xab = (Lab )|e x = (La )|b (Lb )|e x = (La )|b Xb , a, b G.

(ii) X e un campo analitico.


Dato che X e invariante a sinistra, e sufficiente verificare che X e analitico in
un intorno di e. A tal fine consideriamo una carta locale (U, ) centrata in e (cioe
(e) = o Rn ). Indicate con x1 , x2 , . . . , xn le funzioni (analitiche) coordinate locali
su U , vale lespressione
n
X
X|U = Xi
xi
i=1

e, quindi, il campo X e analitico se e solo se le funzioni X i : U R sono analitiche.


Poiche X e invariante a sinistra, si ha

X i (a) = Xa (xi ) = ((La )|e Xe )(xi ) = Xe (xi La )

e, pertanto, basta provare che le funzioni

U R, a 7 Xe (xi La ), i = 1, . . . , n,

sono analitiche.

10
Dato che lapplicazione G G G, (a, b) 7 ab, e analitica (in particolare e con-
tinua), esiste un intorno aperto V di e, contenuto in U , tale che V V U , dove
V V = {c G / c = ab, a, b V }. Introdotte le funzioni analitiche

F i :V V R
(a, b) 7 F i (a, b) = xi (ab), i = 1, . . . , n,

dal diagramma
Fi
V V R
x

y
i

(V ) (V ) (V ) (V ).
si deduce che le funzioni

i = F i ( )1 : (V ) (V ) R
(y 1 , . . . , y n , z 1 , . . . , z n ) 7 i (y 1 , . . . , y n , z 1 , . . . , z n )

sono analitiche nelle 2n variabili e che

F i (a, b) = i (x1 (a), . . . , xn (a), x1 (b), . . . , xn (b)).

Di conseguenza, anche le funzioni

(xi La 1 )(z 1 , z 2 , . . . , z n ) = xi (a1 (z 1 , z 2 , . . . , z n )) = F i (a, 1 (z 1 , z 2 , . . . , z n ))


= i (x1 (a), . . . , xn (a), z 1 , . . . , z n )

sono analitiche. Infine, lanaliticita delle X i (a) in un intorno di e si ricava dalle


seguenti espressioni
n
X
i i
X (a) = Xe (x La ) = X h (e) (xi La )|e
xh
h=1
n
X
= X h (e) (xi La 1 )|(0,...,0)
z h
h=1
Xn
i
= X h (e) |(x1 (a),...,xn (a),0,...,0) .
z h
h=1

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Da (i) e (ii) risulta che il campo X, univocamente determinato a partire da x Te G,
appartiene a g. Non e difficile verificare che lapplicazione

g Te G, X 7 Xe ,

e un isomorfismo di spazi vettoriali.

In base al risultato precedente, si puo introdurre su Te G una struttura di algebra


di Lie definendo, per ogni x, y Te G,

[x, y] = [X, Y ]e ,

dove X e Y sono gli unici campi invarianti a sinistra tali che Xe = x, Ye = y. In


tal modo, Te G risulta isomorfo, come algebra di Lie, a g. In seguito, spesso, le due
algebre di Lie saranno identificate.

Esempio
Siano G = GL(n, R) ed e = I la matrice unita. Allo scopo di determinare esplicita-
mente lalgebra di Lie di GL(n, R), si pu
o introdurre un sistema di coordinate globali
su GL(n, R) ponendo
xij (a) = aij , i, j = 1, . . . , n,

dove a = (aij ) GL(n, R). Ogni vettore tangente in I a GL(n, R) si pu


o scrivere nel
modo seguente
n
X

x= Aij , Aij R.
xij |I
i,j=1

Di conseguenza, lapplicazione

TI (GL(n, R)) gl (n, R),


x 7 (Aij ) = A,

e un isomorfismo di spazi vettoriali. Verifichiamo che e anche un isomorfismo di


algebre di Lie. Sia x TI (GL(n, R)); per determinare il campo invariante a sinistra
X tale che XI = x, si consideri la curva

(t) = I + tA, t (, ) R.

12
Osservato che, a causa della continuit
a della funzione determinante, det(I+tA) 6= 0
per t sufficientemente piccolo, si ha che e una curva in GL(n, R) per la quale

d
(0) = I, (0)
= |t=0 = x.
dt

Sia a GL(n, R), dalla definizione di differenziale segue che

de

(La )|I x = |t=0 ,
dt

dove

e
(t) = (La )(t) = a + taA.

Quindi
n
X
eij (t) = xij (e
(t)) = aij + t aik Akj
k=1

n
X n
X n
X
de
ij
(La )|I x = |t=0 |a = aik Akj |a = xik (a)Akj |a .
dt xij xij xij
i,j=1 i,j,k=1 i,j,k=1

Dallespressione precedente, si vede che il campo invariante a sinistra X tale che


XI = x e dato da
n
X
X= xik Akj .
xij
i,j,k=1

Analogamente, considerato un secondo vettore y TI (GL(n, R)) del tipo

n
X
y= Bij |I , Bij R,
i,j=1
xij

il campo invariante a sinistra Y tale che YI = y e: dato da

n
X
Y = xik Bkj .
xij
i,j,k=1

13
Pertanto
n
X n
X

[X, Y ] = xik Akj , xlr Brs
xij xls
i,j,k=1 l,r,s=1
Xn n
X
xlr xik
= xik Akj Brs xlr Brs Akj
xij xls xls xij
i,j,k,l,r,s=1 i,j,k,l,r,s=1
X n n
X

= xik Akj Bjs xlr Brs Asj
xis xlj
i,j,k,s=1 j,l,r,s=1
X n

= xik (Akj Bjs Bkj Ajs )
xis
i,j,k,s=1
X n

= xik [A, B]ks .
xis
i,k,s=1

Pn
Quindi [X, Y ]|I = i,s=1 [A, B]is xis |I e TI (GL(n, R)) e isomorfo, come algebra di
Lie, a gl (n, R).

Esercizi

2.1 Siano G un gruppo di Lie e : G G un diffeomorfismo. Dato un campo


vettoriale X su G, si definisca il campo vettoriale X nel modo seguente

( X)b = |1 (b) X1 (b) , per ogni b G.

(a) Provare che X e invariante a sinistra se e solo se (La ) X = X, per ogni a G.


(b) Verificare che se X e Y sono campi vettoriali su G, allora [X, Y ] = [ X, Y ].

2.2 Dimostrare che, a meno di isomorfismi, esistono solo due algebre di Lie, reali di
u precisamente, data unalgebra di Lie reale g di dimensione
dimensione due. Pi
due, provare che o g e abeliana (il bracket e identicamente nullo) oppure g
e isomorfa alla seguente sottoalgebra di gl (2, R)

a b
h= , a, b R .
0 a

14
I.3 Lapplicazione esponenziale

Sia g unalgebra di Lie. Dato un campo X g, indichiamo con X la curva integrale


di X passante per lelemento neutro e di G, cioe tale che

X (0) = e, X (t) = XX (t) , t (, ) R.

In generale, una curva integrale e definita solo per t sufficientemente piccolo. Tuttavia,
poiche X e invariante a sinistra, si pu
o provare che la curva X e definita su tutto R.
Supposto, infatti, che X sia definita solo per |t| ( > 0), si consideri la curva

(t) = X ()X (t ), t 2.

e una curva integrale di X dato che


d d
|t = (LX () )|X (t) X (t )|t
dt dt
= (LX () )|X (t) XX (t)
= XX ()X (t) = X(t) .

Di conseguenza
X (t), |t|
X (t) =
(t), < t 2
e una curva integrale di X che estende X allintervallo reale t 2. Per
induzione, si estende X a tutto R.

3.1.
Proprieta
(1) X (t + s) = X (t)X (s), per ogni t, s R.
(2) X (ts) = tX (s), per ogni t, s R.
(3) La curva integrale di X passante per a G e: (t) = aX (t) = (La X )(t).

dimostrazione: (1) Fissiamo t R. Allora (s) = X (t + s) e una curva integrale


di X passante per (0) = X (t). Dato che anche e(s) = X (t)X (s) e una curva
integrale di X passante per e(0) = X (t)X (0) = X (t), dallunicita delle soluzioni
di un sistema di equazioni differenziali ordinarie, assegnate le condizioni iniziali, si
o concludere che (s) = e
pu (s).
(2) Si prova in modo analogo in quanto (s) = X (ts) e (s) = tX (s) sono curve
integrali di tX passanti per e.

15
sufficiente verificare che
(3) E

d
(aX (t))|t = (La )|X (t) X (t) = (La )|X (t) XX (t) = XaX (t) .
dt

Si noti che, a causa della Proprieta precedente, lapplicazione

X : R G, t 7 X (t),

e un omomorfismo di gruppi di Lie. Per questo motivo, X (R) prende il nome di


sottogruppo ad un parametro di G.

Allo scopo di determinare esplicitamente i sottogruppi ad un parametro di


GL(n, R), si consideri la seguente serie di matrici:

X Xk
X 1 1
e = I + X + X 2 + X 3 + ... = ,
2! 3! k!
k=0

dove X gl (n, R). Si ha il

Teorema 3.2.
(1) La serie eX converge assolutamente per ogni X gl (n, R). La convergenza e
uniforme sui sottoinsiemi compatti di gl (n, R).
(2) La funzione gl (n, R) gl (n, R), X 7 eX , e analitica.
(3) Se X, Y gl (n, R) e XY = Y X, allora eX+Y = eX eY .
(4) eX GL(n, R), per ogni X gl (n, R).
(5) det(eX ) = etrX , per ogni X gl (n, R) (trX e la traccia della matrice X).
(6) Se X gl (n, R), X (t) = etX .

dimostrazione: (1) Sia X = (Xij ) gl (n, R). Posto

= sup1i,jn |Xij |,

si prova per induzione che

|(X k )ij | (n)k , k N,

da cui segue la tesi.

16
(2) Poiche la convergenza e uniforme sui compatti di gl (n, R) e le somme parziali
sono polinomi nelle variabili Xij , si ha che la funzione X 7 eX e analitica.
(3) Se X, Y gl (n, R) e XY = Y X, si prova per induzione che

m
X X r Y mr
(X + Y )m
= .
m! r=0
r! (m r)!

La tesi segue dalle propriet


a del prodotto di due serie assolutamente convergenti.
(4) Per la (3) si ha
I = e0 = eXX = eX eX ,

quindi (eX )1 = eX , ossia eX GL(n, R).


(5) Siano 1 , .., r gli autovalori distinti (eventualmente complessi) di X con mol-
teplicita m1 , .., mr rispettivamente. Dato che X e simile ad una matrice triangolare
superiore (forma canonica di Jordan), gli autovalori di X k sono k1 , .., kr con le stesse
molteplicita. Pertanto gli autovalori di eX saranno e1 , .., er , da cui la (5).
(6) Consideriamo X = (Xij ) gl (n, R) come un campo vettoriale invariante a
sinistra su GL(n, R), cioe (cfr. lEsempio del I.2)

n
X
X= xik Xkj .
xij
i,j,k=1

La curva integrale X di X passante per I soddisfa il sistema di equazioni differenziali


ordinarie d
dt
= XX (t)
.
X (0) =I
Posto X (t) = (ij (t)), in coordinate locali il sistema precedente si riscrive come
dij Pn
dt = k=1 ik Xkj
.
ij (0) = ij
P 1 k k
Anche la curva (t) = etX = k=0 k! t X verifica lo stesso sistema con le medesime
condizioni iniziali. Quindi
X (t) = etX .

17
Osservazioni
a) La funzione analitica

e: gl (n, R) GL(n, R), X 7 eX ,

si dice applicazione esponenziale per le matrici.


b) Se V e uno spazio vettoriale di dimensione finita (reale o complesso), si definisce
in modo del tutto analogo unapplicazione esponenziale

X 1 k
e: gl (V ) GL(V ), f 7 ef = f ,
k!
k=0

per la quale valgono le stesse proprieta del Teorema 3.2.

Sia ora G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Tenuto conto della (6) del Teorema
3.2, e naturale introdurre la seguente

Definizione 3.1. Lapplicazione esponenziale di un gruppo di Lie G e la funzione

exp: g G, X 7 expX = X (1),

dove X e il sottogruppo ad un parametro generato da X.

Vale il

Teorema 3.3.
(1) exp(t + s)X = (exp tX)(exp sX), X (t) = exp tX, per ogni X g e t, s R.
(2) Lapplicazione exp: g G e analitica.
(3) Se f e una funzione a valori reali definita su G, analitica in un intorno di a G,
si ha
k
X t
f (a exp tX) = X k (f )(a), |t| < .
k!
k=0

(4) exp e un diffeomorfismo di un intorno di o g in un intorno di e G.


(5) Per ogni X, Y g si ha

t2
(exp tX)(exp tY ) = exp(t(X + Y ) + [X, Y ] + O(t3 )),
2
(exp tX)(exp tY )(exp(tX)) = exp(tY + t2 [X, Y ] + O(t3 )),

18
dove O(t3 ) indica una funzione analitica di t, a valori in g, tale che il vettore
1 3
t3 O(t ) sia limitato per t 0.
(6) Se G = GL(n, R) e g = gl (n, R), allora

expX = eX , X gl (n, R).

dimostrazione: (1) Segue dalla Propriet


a 3.1, punti (1) e (2).
(2) Sia (U, x1 , . . . , xn ) una carta locale analitica di G centrata in e. I vettori

( x 1
|e , . . . , x n |e ) formano una base di Te G. I corrispondenti campi invarianti a sini-
stra E1 , . . . , En sono dati da
n
X
Ei = ij ,
xj
j=1

dove le funzioni ij sono analitiche nellintorno U . Se X e un campo invariante a


Pn
sinistra tale che Xe = i=1 i x i
|e (i R), si ha

n
X n
X
X= i
Ei = i ij .
xj
i=1 i,j=1

Sia X la curva integrale di X passante per e. Posto

i (t) = xi (X (t)), t R,

le funzioni i sono soluzioni del sistema


( Pn
di
dt
= j=1 i ij (X (t))
.
i
(0) =0

Si tratta di un sistema di equazioni differenziali ordinarie che dipendono dai parametri


(1 , .., n ). Dalla teoria generale di tali sistemi (cfr. [BO], pag. 130), e noto che esiste
un intorno W di 0 Rn , tale che le soluzioni dipendono analiticamente dai parametri
(1 , .., n ) W . Pertanto anche X (t) dipende analiticamente da X se X appartiene
ad un opportuno intorno V di o g. Quindi, exp e analitica su V . In generale, se
X g, si consideri un numero reale p tale che 1p X V . Dalla (1), si deduce che

1
expX = (exp X)p
p

19
e, quindi, exp e analitica anche in un intorno di X. In conclusione, exp e una funzione
analitica su tutto g.
(3) Se f e analitica in un intorno di a G, f(a exp tX) e analitica per |t| < e
quindi
k k
X t d
f (a exp tX) = f(a exp tX)|t .
k! dtk
k=0
d
Poiche dt f (a exp tX)|t = (La ) |exptX (Xexp tX )(f) = Xa exp tX (f ) = (Xf)(a exp tX),
per induzione si prova che

dk
f (a exp tX) = X k (f)(a exp tX).
dtk

Per t = 0 si ha la formula cercata.


sufficiente dimostrare che il differenziale di exp in o g non e singolare.
(4) E
Poiche g e uno spazio vettoriale, To g e isomorfo a g mediante lisomorfismo

d
g To g, Y 7 |t = 0,
dt

dove (t) = tY . Posto = exp, se Y g si ha

d d
|o (Y ) = (tY )|t=0 = (exptY )|t=0 = Ye
dt dt

e, quindi, |o : g(' To g) Te G, Y 7 Ye , e un isomorfismo.


(5) Si pone (exp tX)(exp tY ) = exp(Z(t)), con Z(t) funzione analitica. Allora

Z(t) = tZ1 + t2 Z2 + O(t3 ),

Z1 , Z2 g. Mediante alcuni calcoli in cui interviene la (3), si trova

1
Z1 = X + Y e Z2 = [X, Y ].
2

(6) E una conseguenza del Teorema 3.2, punto (6), e della definizione di esponen-
ziale.

Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Denotiamo con G0 la componente


connessa dellelemento neutro e di G, vale a dire il pi
u grande sottoinsieme connesso
che contiene e. Essendo g connessa e lapplicazione esponenziale analitica, limmagine

20
exp(g) e contenuta in G0 . In generale, exp non e suriettiva su G0 ; tuttavia si pu
o
provare che exp: g G e suriettiva nei casi seguenti:
i) G e connesso e compatto;
ii) G e connesso e nilpotente;
(vedi [HE], p. 135 e p. 147).

Notiamo, infine, che G0 e sia un sottoinsieme chiuso sia un sottogruppo di G (cfr.


I.6). Si verifica che G0 e un gruppo di Lie rispetto alla struttura analitica indotta.
Inoltre, dato che G0 e aperto in G, Te G e isomorfo a Te G0 e, di conseguenza, G e G0
hanno la stessa algebra di Lie.

Esercizi

3.1
(a) Verificare che linsieme

0 a b
n = A gl (3, R)/A = 0 0 c , a, b, c R

0 0 0

un ideale?
e una sottoalgebra di gl (3, R). E
(b) Determinare etA , per ogni A n, t R.
(c) Verificare che n e isomorfa (come algebra di Lie) alla somma semidiretta

2 0 t
R R, con (t) = , t R.
0 0

3.2 Siano G = GL(2, R) e g = gl (2, R),


(a) Verificare che G0 = {a G/ deta > 0} e la componente connessa dellidentita
di G.
1 1
(b) Data la matrice a = G, provare che a / exp(g). (Suggerimento:
0 1
supposto che a = expX, X g, che cosa si pu
o dire degli autovalori di X?)

3.3 Si dia per scontato che SL(n, R) = {a GL(n, R)/ deta = 1} e un gruppo di
Lie la cui algebra di Lie e

sl (n, R) = {X gl (n, R)/ trX = 0},

21

0
dove trX indica la traccia della matrice X. Sia a = SL(2, R),
0 1
6= 0, 1. Considerati uguali due sottogruppi ad un parametro se essi sono
generati da vettori proporzionali, verificare che se > 0, a appartiene ad
un unico sottogruppo ad un parametro; se = 1, a appartiene ad infiniti
sottogruppi ad un parametro; se < 0, 6= 1, a non appartiene ad alcun
sottogruppo ad un parametro.

22
I.4 Relazioni tra un gruppo di Lie e la sua algebra di Lie

Sia : G G0 un omomorfismo analitico tra due gruppi di Lie G e G0 ; si indi-


chino con g e g0 le loro algebre di Lie, rispettivamente. Dato X g, il vettore
|e Xe Te0 G0 , dove e ed e0 sono gli elementi neutri di G e di G0 , rispettivamente.
Consideriamo pertanto lunico elemento X 0 di g0 tale che

Xe0 0 = |e Xe .

Si noti che, per ogni a G, si ha

0
X(a) = (L(a) )|e0 Xe0 0
= (L(a) )|e0 |e Xe = (L(a) )|e Xe
= ( La )|e Xe = |a Xa .

In altri termini, i campi X e X 0 sono -riferiti (cfr. [BO], pag.119).


Posto: X 0 = X, si ha il

Teorema 4.1. : g g0 , X 7 X, e un omomorfismo di algebre di Lie ed il


diagramma

g g0


expG y
exp 0
y G

G G0

commuta, cioe (expG X) = expG0 ( X), X g.

dimostrazione: e lineare; inoltre, se X 0 e Y 0 sono -riferiti a X e Y , allora


[X 0 , Y 0 ] e -riferito a [X, Y ] (cfr. [BO], Teorema 7.9). Quindi, e un omomorfismo
di algebre di Lie. La commutativita del diagramma segue dalla definizione stessa di
applicazione esponenziale.

Si osservi che il Teorema precedente e ancora vero anche se e un omomorfismo


locale, cioe se : U U 0 e una funzione analitica (dove U e U 0 sono intorni di e G
ed e0 G0 , rispettivamente) per la quale si ha

(ab) = (a)(b),

23
per ogni a, b U tali che ab U e (ab) U 0 . Infatti, per costruire si utilizza solo
il differenziale di in e e, quindi, e sufficiente conoscere il valore di in un intorno
dellelemento neutro.
Un isomorfismo locale tra due gruppi di Lie G e G0 e un omomorfismo locale
: U U 0 che e anche un diffeomorfismo analitico. In tal caso, e un isomorfismo
di algebre di Lie. Si possono provare i seguenti Teoremi.

Teorema 4.2 (Primo teorema di Lie). Se due gruppi di Lie G e G0 sono local-
mente isomorfi, le loro algebre di Lie g e g0 sono isomorfe.

Teorema 4.3 (Secondo teorema di Lie). Due gruppi di Lie G e G0 , le cui algebre
di Lie g e g0 siano isomorfe, sono localmente isomorfi.

dimostrazione (cenno): E basata sulla formula di CampbellHausdorff. Se


X, Y g, si pu
o scrivere

expX expY = expf (X, Y ),


P
dove f(X, Y ) = n=1 cn (X, Y ) e una serie che converge in un intorno di (o, o) g g.
Con alcuni calcoli, si trova che
c1 (X, Y ) =X + Y,
1
c2 (X, Y ) = [X, Y ],
2
1
c3 (X, Y ) = {[X, [X, Y ]] + [Y, [Y, X]]}, ecc.
12
La formula di CampbellHausdorff esprime induttivamente il termine generale cn in
funzione di brackets iterati (cfr. [SW], pag. 134). Percio, se e un isomorfismo di
algebre di Lie,
(f (X, Y )) = f((X), (Y )), X, Y g.

Supponiamo allora che : g g0 sia un isomorfismo tra le algebre di Lie di G e G0 .


Consideriamo un intorno U di e G tale che

expG : W U, (W intorno di o g),

sia un diffeomorfismo analitico. Scegliendo W sufficientemente piccolo, si pu


o sup-
porre che W 0 = (W ) abbia la stessa proprieta, cioe

expG0 : W 0 U 0

24
sia un diffeomorfismo analitico. Si ha il diagramma seguente

g W W 0 g0


expG y
exp 0
y G

G U U 0 G0

dove = expG0 exp1 0


G :U U e un diffeomorfismo analitico. Verifichiamo che
e un isomorfismo locale. Siano X, Y W , allora
(expG XexpG Y ) = {expG f (X, Y )} = expG0 {f(X, Y )} = expG0 {f((X), (Y ))}
= expG0 (X)expG0 (Y ) = (expG X)(expG Y ).

Una seconda dimostrazione di questo Teorema verr


a data nel I.7.

In certi casi un isomorfismo locale si pu


o estendere ad un isomorfismo globale (in
modo unico). Per esaminare questa situazione sono necessarie alcune premesse.

Sia U un intorno aperto dellelemento neutro e G. Poiche il prodotto in G e


una funzione continua, esistono due intorni V1 , V2 di e tali che V1 V2 U . Poniamo
V = V1 V2 e W = V V 1 dove V 1 = {a1 /a V }. E evidente che W e un
intorno aperto di e G tale che

1)W U ; 2)W 2 = W W U ; 3)W = W 1 .

W si dice intorno simmetrico di e. Pertanto, ogni intorno U di e contiene un


intorno simmetrico. Si ha il

Teorema 4.4. Sia G un gruppo di Lie e U un intorno aperto di e G.


(1) Se U e simmetrico, allora H = n
n=1 U e un sottogruppo aperto e chiuso di G
(dove U n = U
| .{z
. . U}). Inoltre, se U e connesso anche H e connesso.
n volte
(2) Se G e connesso, G = n
n=1 U . In altri termini: ogni intorno aperto di e
genera G.

dimostrazione: (1) Se U e simmetrico si controlla immediatamente che H e un


sottogruppo di G. Inoltre
U 2 = aU aU

25
e un aperto perche ogni aU, a U , e aperto. Ma se H e aperto anche

K = aU
/ aU

e aperto e, pertanto, H = G K e chiuso.


(2) Sia W un intorno simmetrico di e contenuto in U . Allora

H = n n
n=1 W n=1 U G

e H e contemporaneamente aperto e chiuso in G. Poiche G e connesso si ha


G = H = n
n=1 U .

Sia G0 la componente connessa dellelemento neutro di G (cfr. I.3). Si ha

Teorema 4.5.
(1) G0 e un sottogruppo normale chiuso di G.
(2) Se a G, la componente connessa di a e aG0 .
(3) G/G0 e discreto.
(4) Se U e un intorno di e G, allora

G0 = ( n 0
n=1 U ) G .

dimostrazione: (1) Dato che ogni La e un omeomorfismo, se a G0 , a1 G0 e un


connesso che contiene e. Quindi

a1 G0 G0

e, pertanto, G0 e un sottogruppo. Analogamente, se x G, x1 G0 x e un connesso


che contiene lelemento neutro e da cui

x1 G0 x G0 ,

cioe G0 e normale in G. Infine, se G0 e connesso anche G 0 e connesso, dove G


0 indica
la chiusura di G0 in G. Cio implica che G0 = G 0 e chiuso.
(2) Se a G, aG0 e un connesso che contiene a. Sia C(a) la componente connessa di
a. Allora aG0 C(a). Anche a1 C(a) e connesso e contiene e, quindi

a1 C(a) G0 ,

26
ossia
C(a) aG0 ,

da cui la tesi.
(3) Indichiamo con
: G G/G0

la proiezione canonica. Introdotta in G/G0 la topologia quoziente, si ha che e una


funzione aperta e quindi, se U e un intorno aperto dellelemento neutro e, (U ) e
un intorno aperto di eG0 G/G0 . Se U e connesso, U G0 e (U ) = {eG0 } e un
aperto. Di conseguenza, G/G0 e dotato della topologia discreta.

Supponiamo ora che : U G G0 sia un omomorfismo locale. Se G e connesso,


in base al Teorema 4.4, punto (2), uneventuale estensione di ad un omomorfismo
globale e unica. La condizione topologica che assicura lesistenza di tale estensione
e che G sia semplicemente connesso (cfr. Definizione 6, A.2). Vale infatti il
seguente Teorema che verr
a dimostrato nel I.7 (cfr. Teorema 7.4).

Teorema 4.6 (Principio di monodromia). Se G e connesso e semplicemente con-


nesso, ogni omomorfismo locale : U G G0 si pu
o estendere in modo unico ad un
omomorfismo analitico globale : G G0 .

Pertanto si pu
o concludere che

Teorema 4.7. Due gruppi di Lie connessi e semplicemente connessi sono analitica-
mente isomorfi se e solo se le loro algebre di Lie sono isomorfe.

Per completezza ricordiamo, infine, il

Teorema 4.8 (Terzo Teorema di Lie). Data unalgebra di Lie g esiste sempre
un gruppo di Lie G la cui algebra di Lie e g.

Un cenno della dimostrazione verr


a dato nel I.6.

27
I.5 Forme differenziali invarianti ed equazioni di struttura

Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Una 1forma differenziale su G si


dice invariante a sinistra se, per ogni a G,

(La ) = ,

dove, per definizione, (La ) e la 1forma data da

((La ) )b Xb = ab ((La )|b Xb ),

per ogni b G e X g. Quindi, e invariante a sinistra se e solo se

ab ((La )|b Xb ) = b (Xb ),

cioe se e solo se
a ((La )|e Xe ) = e (Xe ),

per ogni a, b G e X g. Segue che, se X e un campo invariante a sinistra e e


una 1forma invariante a sinistra, allora la funzione

(X)(a) = a (Xa ) = a ((La )|e )Xe = e (Xe )

e costante (non dipende da a G). Pertanto, vale la

5.1. e una 1forma invariante a sinistra se e solo se


Proprieta

(X) = costante = e (Xe )

per ogni X g.

Esempio. Determiniamo le 1forme invarianti a sinistra su G = GL(n, R). Consi-


derato X g, algebra di Lie di GL(n, R), e noto che (cfr. pag. 13)

n
X
X= xih Ahj ,
xij
i,j,h=1

28
dove A = (Ahj ) gl (n, R). Una base per le 1forme su G e data da (dx11 , . . . , dxnn )
e una 1forma su G si pu
o scrivere nel modo seguente
n
X
= ij (x)dxij
i,j=1

dove le ij : GL(n, R) R sono funzioni analitiche. Poiche


n
X
(X) = ij (x)xim Amj ,
i,j,m=1

e invariante a sinistra se e solo se (cfr. Proprieta 5.1)

(X) = I (XI ), X g (I: matrice unita),

cioe se e solo se
n
X n
X
ij (x)xim Amj = ij (I)xim (I)Amj
i,j,m=1 i,j,m=1
X n n
X
= ij (I)im Amj = ij (I)Aij .
i,j,m=1 i,j=1

Tale relazione deve essere verificata per ogni X g, vale a dire per ogni A gl (n, R).
Quindi
n
X
ij (x)xim = mj (I) = costante,
i=1

da cui si deduce
n
X
ij (x) = hj (x1 )hi ,
h=1

dove si e posto: hj = hj (I) =costante e (x1 )hi denota lelemento di posto (h, i)
nella matrice x1 , inversa di x GL(n, R). Pertanto
n
X
= hj (x1 )hi dxij
i,j,h=1

e, quindi, ogni 1forma invariante a sinistra e una combinazione lineare, a coefficienti


costanti, delle 1forme
n
X
ij = (x1 )ih dxhj
h=1

29
che individuano la base duale di g, rispetto alla base dei campi invarianti a sinistra
data da
n
X
Xij = xmi , i, j = 1, . . . , n.
m=1
xmj

Ritornando al caso generale, sia (E1 , . . . , En ) una base di g e sia (1 , . . . , n ) la


base duale. Poniamo
n
X
[Ei , Ej ] = ckij Ek , ckij R.
k=1

Le ckij si dicono costanti di struttura dellalgebra di Lie g e verificano le seguenti


relazioni

i) ckij = ckji ,
Xn
ii) (cm k m k m k
ij cmh + cjh cmi + chi cmj ) = 0, (identita di Jacobi).
m=1

Viceversa, assegnate n3 costanti ckij che verifichino le condizioni i) e ii), esiste una
sola algebra di Lie le cui costanti di struttura siano proprio le ckij date.

Se e una 1forma differenziale, il differenziale di e la 2-forma d definita da

2d(X, Y ) = X(Y ) Y (X) ([X, Y ]),

per ogni coppia di campi vettoriali X e Y . In particolare, se X, Y sono campi


invarianti a sinistra e e una 1forma invariante e sinistra, lespressione precedente
si riduce a
2d(X, Y ) = ([X, Y ]).

Quindi, se ( 1 , . . . , n ) e la base duale di (E1 , . . . , En ), si ha


n
X
k k
2d (Ei , Ej ) = ([Ei , Ej ]) = clij k (El ) = ckij ,
l=1

da cui si ricava
n
k 1 X k i
(*) d = cij j .
2
i,j=1

30
Queste espressioni prendono il nome di equazioni di MaurerCartan. Vedremo
che esse determinano (localmente) loperazione prodotto in G. A tal fine e opportuno
considerare un particolare sistema di coordinate valido in un intorno di e G. Sia
Pn Pn
V = {X g/X = i=1 ai Ei , i 2 2
i=1 (a ) < r , r 0} un intorno sferico di o g.
Se r e sufficientemente piccolo, exp e un diffeomorfismo su V . Allora U = exp(V ) e
un intorno aperto di e G. Introduciamo un sistema di coordinate analitiche su U:
se a U, si definisce

xi (a) = ai , ai R, i = 1, . . . , n,

dove
n
X
X= ai Ei = exp1 (a) V.
i=1

(x1 , . . . , xn ) si dicono coordinate canoniche di prima specie e si ha

n
X
xi (exp tX) = tai , X= ai Ei V.
i=1

Teorema 5.2. Sia ( 1 , . . . , n ) la base duale della base (E1 , . . . , En ) di g. Posto


Pn
i = i j 1 n
j=1 j dx , i = 1, . . . , n ((x , . . . , x ) coordinate canoniche), si consideri la
matrice di funzioni
= (ji ).

Allora

X
1 m1
(**) = B ,
m=1
m!

dove B = (Bij ) e le funzioni Bij sono definite da

n
X n
X
adX (Ei ) = [X, Ei ] = al cjli Ej = Bij Ej .
j,l=1 j=1

Identificando adX con la sua matrice rispetto alla base (E1 , . . . , En ), si pu


o anche
scrivere
X
1
= (adX )m1 .
m=1
m!

31
Pn
dimostrazione: Poiche xi (exp tX) = tai , dove X = i=1 ai Ei , si ha
n
X
XexptX = ai |exptX ,
i=1
xi

quindi
i (X) = ai .

Consideriamo la funzione

: R Rn G
n
!
X
(t, a1 , . . . , an ) 7 (t, a1 , . . . , an ) = exp t ai Ei
i=1

e poniamo
e i = i .

Dato che commuta con il differenziale esterno, dalle equazioni di MaurerCartan


(*) si ricava
n
i 1X i j
de
= cjk ek.
e
2
j,k

e i si possono anche calcolare direttamente nel modo seguente


Le 1forme
n
X
i i
e = =
(ki )d(xk ),
k=1

dove
(xk )(t, a1 , . . . , an ) = tak

e
d(xk ) = ak dt + tdak .

Inoltre
n n
n
!
X X X
ki ((t, a1 , . . . , an ))ak = ki exp t al El ak
k=1 k=1 l=1
!
n
X n
X n
X
= ki exp t al El k aj Ej
k=1 l=1 j=1
n
!
X
= i |exp t Pn ak Ek ak Ek = ai
k=1
k=1

32
e, pertanto,
n
X
e i = ai dt dai +
t(ki )dak .
k=1

Posto !
n
X
eij (t, a1 , ..., an ) = tji exp t ak Ek ,
k=1

e i , si ha
differenziando lespressione precedente di

i i
n
X eij
de
= dt da + dt daj + . . . (termini senza dt).
t
j=1

Daltra parte
n n
1 X i j X
de
=i
e
cjk k
e = cilm al em j
j dt da + . . . (termini senza dt).
2
j,k=1 l,m,j=1

Uguagliando le ultime due espressioni, si ricava


i
ej Pn
t = ji m,l=1 al cilm em
j
.
ei
j (0) = 0
Pn
Considerate le matrici e = (eij ) e B = (Bji ) dove Bji = l=1 al clj , il sistema
precedente si riscrive come segue
(
e

t = I + B e
.
e
(0) =0

e = P
E evidente che (t) tm m1
B e lunica soluzione.
m=1 m!

Osservazione. Il Teorema precedente prova che le costanti di struttura determinano


univocamente una base di 1forme invarianti a sinistra (dette forme di Maurer
Cartan).

Teorema 5.3. Si considerino valide le ipotesi del Teorema precedente.


Sia : U Rn , a 7 (x1 (a), . . . , xn (a)). Allora le funzioni

F i = xi La 1

33
sono soluzioni del sistema di equazioni differenziali
( Pn
F i 1 i
xj
= h=1 (A )h (F 1 (x), . . . , F n (x))Ahj (x)
,
i
F (0, . . . , 0) = xi (a)

dove si e posto x = (x1 , . . . , xn ) e

Aij (x1 , . . . , xn ) = ji ( 1 (x1 , . . . , xn )).

dimostrazione: Sia una qualsiasi 1forma invariante a sinistra. Allora se


n
X
= i dxi , i C (U ),
i=1

per ogni a, b G , si ha
n
X
(La ) b = i (ab)d(xi La )|b
i=1
Xn
(xi La 1 )
= (i La 1 )|(b) |(b) dxj|b
i,j=1
xj
X n
= (j 1 )|(b) dxj|b ,
j=1

in quanto (La ) = .
In particolare, se (1 , . . . , n ) e una base delle 1forme invarianti a sinistra, posto
Pn
i = j=1 ji dxj , i = 1, . . . , n, si trova

n
X (xk La 1 )
(ki La 1 ) j
= ji 1 .
x
k=1

Definite le funzioni Aij = ji 1 , si ha che Aij (0) = ji e, quindi, la matrice delle


funzioni A = (Aij ) e invertibile in un intorno di O Rn . Da cio si deduce il Teorema.

Osservazione. Il sistema di equazioni differenziali che compare nel Teorema prece-


dente e completamente integrabile. Infatti le condizioni di integrabilit
a coincidono con
le equazioni di Maurer-Cartan e con lidentita di Jacobi per le costanti di struttura.
Le soluzioni del sistema individuano la legge di composizione del gruppo, nellintorno

34
a. Si noti che le funzioni F i dipendono solo dalle forme di MaurerCartan,
dellidentit
le quali, a loro volta, sono completamente determinate dalle costanti di struttura. Di
conseguenza, algebre di Lie isomorfe danno origine a gruppi di Lie localmente isomorfi
e, in tal modo, si ha unaltra dimostrazione del Secondo Teorema di Lie (Teorema
4.3).

Esempio
Sia g uno spazio vettoriale reale di dimensione 3 con base (E1 , E2 , E3 ). Posto

[E1 , E2 ] = 0, [E1 , E3 ] = 0, [E2 , E3 ] = E1 ,


P3
g ha la struttura di algebra di Lie. Se X = i=1 xi Ei g, si trova

0 x3 x2
adX = 0 0 0
0 0 0
e, quindi, (adX )2 = 0. Allora
1 3

X 1 2x 12 x2
1 1
= (adX )m1
= I adX = 0 1 0
m! 2
m=1 0 0 1
e
1 12 x3 1 2
2x
1
= 0 1 0 .
0 0 1
Dunque

1 12 F 3 (x) 1 2
2
F (x)
1 1 1 2 3
A (F (x)) = A (F (x), F (x), F (x)) = 0 1 0
0 0 1
e
1 3
1 2
x 12 F 3 (x) 12 x2 + 12 F 2 (x)
1
A (F (x))A(x) = 0 1 0 .
0 0 1
Il sistema del Teorema precedente, scritto in modo esplicito, e dato da


F 1 F 1 1 3 1 3 F 1 1 1

1
= 1, 2
= x F (x), 3
= x2 + F 2 (x)

x x 2 2 x 2 2

F 2 F 2 F 2
= 0, = 1, =0 .

x 1 x2 x3


3 3 3
F = 0, F = 0, F = 1

x1 x2 x3

35
Dalle ultime due righe, si ha subito che

F 2 (x) = x2 + a2 , F 3 (x) = x3 + a3 ,

con a2 , a3 costanti di integrazione.


Sostituendo nella prima riga e integrando, si trova la soluzione
1 1 2 3
F (x , x , x ) = x1 12 a3 x2 + 12 a2 x3 + a1


F 2 (x1 , x2 , x3 ) = x2 + a2
.

F 3 (x1 , x2 , x3 ) = x3 + a3

i
F (0, 0, 0) = ai , i = 1, 2, 3

Ne segue che la legge di composizione del gruppo e data da


1 1 1 1 2 3 3 2
x (ab) = a + b + 2 (a b a b )

x2 (ab) = a2 + b2 .

3 3 3
x (ab) = a + b

Tali funzioni sono definite su tutto R3 e sono analitiche. Esiste un unico gruppo di
Lie connesso e semplicemente connesso che ha g come algebra di Lie. Si pu
o provare
che tale gruppo e isomorfo al gruppo di Heisenberg

1 x z
He = 0 1 y, x, y, z R .

0 0 1

Esercizio

5.1 Si consideri il gruppo di Lie G = R3 dotato delloperazione prodotto cosi


definita

1
(a, b, c) (a0 , b0 , c0 ) = (a + a0 + (bc0 b0 c), b + b0 , c + c0 ).
2

Provare che G e isomorfo al gruppo di Heisenberg He .

36
I.6 Sottogruppi di Lie

Iniziamo con alcuni richiami sulle sottovariet


a di una varieta differenziabile, rin-
viando al Capitolo III di [BO] per maggiori dettagli e per le relative dimostrazioni.

Definizione 6.1.
(1) Una funzione differenziabile f: M N tra due varieta differenziabili si dice
immersione se, per ogni p M, f|p : Tp M Tf (p) N e iniettivo.
(2) Sia f: M N unimmersione iniettiva. Il sottoinsieme N e = f(M), dotato
un diffeomorfismo, si dice
della struttura differenziabile che rende f : M N
sottovarieta immersa di N .
(3) Se Ne = f (M) e una sottovariet e e la topologia
a immersa e la topologia di N
e si dice sottovariet
indotta, N a regolare di N.

Esempi
1) f: R R2 , t 7 (2cos(t 2 ), sin2(t 2 )) e unimmersione non iniettiva. f(R)
in questo caso e la figura otto.

In base alla definizione precedente, f (R) non e una sottovarieta di R2 .


2) g: R R2 , t 7 (2cos(h(t) 2 ), sin2(h(t) 2 )) dove h(t) = + 2arctgg(t) (si
noti che h e crescente, h(0) = , limt h(t) = 0, limt h(t) = 2). Limmagine
di g(R) e la figura otto aperta.

g e unimmersione iniettiva e, pertanto, g(R) e una sottovarieta immersa. Tuttavia

37
la topologia di g(R) che rende g: R g(R) un diffeomorfismo non e la topologia
indotta da R2 ma e pi
u fine di questultima. (Per esempio, nella topologia indotta,
e + sono vicini in g(R)). g(R) non e una sottovarieta regolare di R2 .
3) f: R R3 , t 7 (cos2t, sin2t, t) e unimmersione iniettiva. Limmagine f(R)
e lelica cilindrica. La sua topologia coincide con quella indotta e, pertanto, f(R) e
una sottovarieta regolare di R3 .

In seguito, col termine sottovariet


a si intendera sia una sottovarieta immersa sia
una sottovarieta regolare.

I Teoremi seguenti sono molto utili per provare che certi sottoinsiemi sono sottova-
rieta.

Teorema 6.1. Siano M e N due varieta differenziabili di dimensione m ed n, rispet-


tivamente. Sia f: M N una funzione differenziabile tale che f abbia rango costante
k su M. Allora, per ogni q f(M), f 1 (q) e una sottovarieta regolare chiusa di M,
avente dimensione m k.

Teorema 6.2. Sia f: M N una funzione differenziabile tra due varieta tali che
(1) dim N = n m = dim M,
(2) f ha rango n in ogni punto dellinsieme A = f 1 (a), a N .
Allora A e una sottovarieta regolare chiusa di M di dimensione m n.

Esempi
Pn
1) f : Rn R, (x1 , .., xn ) 7 i=1 (x
i 2
) , ha rango 1 in ogni punto di f 1 (1). Quindi
S n1 = f 1 (1) e una sottovarieta regolare di dimensione n 1.
2
2) f : R3 R, (x1 , x2 , x3 ) 7 a ((x1 )2 + (x2 )2 )1/2 + (x3 )2 , a > 0, f ha rango
1 in ogni punto di f 1 (b2 ), per ogni b tale che a > b > 0. f 1 (b2 ) e il Toro di R3 .

Rivediamo le nozioni precedenti nel caso dei gruppi di Lie.

Definizione 6.2. Sia G un gruppo di Lie e sia H un sottogruppo (in senso algebrico)
di G. H si dice sottogruppo di Lie se
(1) H e una sottovarieta analitica di G,

38
(2) H ha la struttura di gruppo di Lie (rispetto alla struttura analitica del punto
precedente).

In generale, la topologia di un sottogruppo di Lie e pi


u fine della topologia indotta.
Quindi, un sottogruppo di Lie non e necessariamente un sottogruppo topologico,
in quanto, per definizione, un sottogruppo topologico deve necessariamente avere la
topologia indotta.

Esempio
Sia T 2 = S 1 S 1 il Toro bidimensionale. Poiche S 1 ' SO(2) (cfr. I.1), si pu
o
identificare T 2 con il seguente insieme di matrici


cos1 sin1 0 0

sin1 cos1 0 0
T2 = ,
1 2 , R .

0 0 cos2 sin2

0 0 sin2 cos2

Se e sono due interi non contemporaneamente nulli, consideriamo i sottoinsiemi


H, di T 2 cosi definiti


cost sint 0 0

sint cost 0 0
H, = , t R, .

0 0 cost sint

0 0 sint cost

Si prova che

(1) T 2 e un sottogruppo di Lie di GL(4, R);


(2) per ogni , Z, H, e un sottogruppo di Lie di T 2 ;

(3) se
e razionale, H, e una curva chiusa su T 2 e, quindi, una sottovarieta
regolare di T 2 ;

(4) se
e irrazionale, H, e una curva densa in T 2 e, quindi, H, non ha la
topologia indotta.

Ritornando al caso generale, sono importanti le seguenti proprieta dei sottogruppi


di Lie.

39
Teorema 6.3. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g.
(1) Se H e un sottogruppo di Lie con algebra di Lie h, allora h e una sottoalgebra
di Lie di g e inoltre
expH = expG |h .

(2) Sia h una sottoalgebra di Lie di g. Esiste un unico sottogruppo di Lie connesso
H di G, la cui algebra di Lie e h.

dimostrazione: (1) Poiche H e un sottogruppo di Lie di G, limmersione canonica


i: H G e un omomorfismo iniettivo di gruppi di Lie. Pertanto i h = h e una
sottoalgebra di Lie di g (cfr. Proprieta 1.1,). Inoltre, per ogni X h,

expH X = i(expH X) = expG (i X) = expG X.

(2) (Cenno; per i dettagli si veda [HE]). Sia H il sottogruppo astratto generato
da exp(h). Consideriamo un intorno V di o g tale che exp: V U G sia un
diffeomorfismo. Vogliamo definire una topologia su H. Iniziamo con il richiedere che
exp(V h) sia aperto e, poi, mediante le traslazioni sinistre, definiamo gli intorni
aperti di ogni punto di H. In modo analogo, si introduce una struttura analitica su
H richiedendo che lapplicazione V h 7 exp(V h) sia analitica. Resta da provare
che H e sia un gruppo di Lie sia una sottovarieta analitica di G.

Osservazione. Dal Teorema precedente segue il Terzo Teorema di Lie, (cfr. Teorema
4.8). Infatti, Ado ha dimostrato che se g e unalgebra di Lie reale, g e isomorfa ad
una sottoalgebra di gl (n, R), con n opportuno; quindi, esiste un sottogruppo di Lie
di GL(n, R) la cui algebra di Lie e isomorfa a g.

Vale il seguente risultato concernente la topologia dei sottogruppi di Lie (cfr. [VA],
Teorema 2.5.4).

Teorema 6.4. Un sottogruppo di Lie H di G e una sottovarieta regolare se e solo


se H e chiuso in G.

Infine, per completezza, citiamo le seguenti proprieta, la cui dimostrazione si pu


o
trovare in [HE].

40
Teorema 6.5. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Se H e un sottogruppo
(astratto) chiuso di G, esiste ununica struttura analitica tale che H sia un sottogruppo
di Lie di G.

Teorema 6.6. Se H e un sottogruppo di Lie di G, allora la sua algebra di Lie e data


da
h = {X g/exptX H, per ogni t R}.

Esempi
1) G = GL(n, R), H = SL(n, R) = {a GL(n, R)/deta = 1}. Si verifica facil-
mente che SL(n, R) e un sottogruppo di GL(n, R) detto gruppo speciale lineare.
Poiche SL(n, R) = det1 (1), esso e chiuso in GL(n, R) e, quindi, per il Teorema 6.5
e un sottogruppo di Lie di GL(n, R).
Si puo trovare lo stesso risultato usando il Teorema 6.1. Consideriamo la funzione
f: GL(n, R) R = R {0} = GL(1, R) : a 7 det(a). f e un omomorfismo anali-
tico suriettivo. Verifichiamo che il rango di f e costante su tutto GL(n, R). Fissiamo
a GL(n, R) e poniamo = deta GL(1, R) = R . Per ogni x GL(n, R), si ha

f (x) = detx = (deta)(deta1 x) = (L f La1 )(x).

Quindi
(f )|x = (L ) |det(a1 x) (f )|a1 x (La1 ) |x .
Dato che (L ) |det(a1 x) e (La1 ) |x sono isomorfismi, si ha

rg(f )|x = rg(f )|a1 x .

Se a = x, si trova rg(f )|x = rg(f )|e , ossia il rango di f e costante. Quindi, per il
Teorema 6.1, SL(n, R) = f 1 (1) e una sottovarieta regolare di GL(n, R). Si controlla
direttamente che SL(n, R) e un gruppo di Lie.
2) In modo analogo, si vede che

O(n) = {a GL(n, R)/t aa = I}

e un sottogruppo di Lie, detto gruppo ortogonale (t a indica la trasposta della


matrice a). In questo caso, si considera la funzione

f : GL(n, R) GL(n, R),


a 7t aa.

41
2
O(n) e compatto (e un chiuso limitato di Rn ) ma non e connesso; le sue due com-
ponenti connesse sono

SO(n) = {a O(n)/deta = 1} = O(n) SL(n, R),


O (n) = {a O(n)/deta = 1}.

SO(n) e un sottogruppo di Lie di O(n) (coincide con la componente connessa delle-


lemento neutro), detto gruppo speciale ortogonale.
3) Determiniamo le algebre di Lie di SL(n, R) e O(n) (e, quindi, anche di SO(n)).
Sia sl (n, R) lalgebra di Lie di SL(n, R). Dal Teorema 6.6 si ha

sl (n, R) = {X gl (n, R) / etX SL(n, R), t R}.

Ma etX SL(n, R) se e solo se 1 = detetX = ettrX , cioe se e solo se trX = 0. Quindi

sl (n, R) = {X gl (n, R) /trX = 0}

e
dim SL(n, R) = dim sl (n, R) = n2 1.

Indichiamo con so (n, R) lalgebra di Lie di O(n). Dato che


t
so (n, R) = {X gl (n, R) / esX es X
= I, s R},

derivando rispetto a s, si ha
t t
XesX es X
+t XesX es X
= 0.

In particolare, se s = 0, si trova

X +t X = 0,

ossia
so (n, R) = {X gl (n, R) / X +t X = 0}

e
n(n 1)
dim O(n) = dim SO(n) = dim so (n, R) = .
2

Consideriamo ora il gruppo degli automorfismi Aut(g) di unalgebra di Lie g.


Aut(g) e un sottogruppo di Gl(g), chiuso perche definito da un numero finito di
equazioni algebriche. Per il Teorema 6.5, Aut(g) e un sottogruppo di Lie di Gl(g).

42
6.7. Lalgebra di Lie di Aut(g) e Der (g), algebra di Lie delle derivazioni
Proprieta
di g.

Dimostrazione: Sia h lalgebra di Lie di Aut(g). Dal Teorema 6.6 si ha

h = {A gl (g) / exptA Aut(g), t R}.

Sostituiamo etA a exptA; allora, se A h


etA [X, Y ] = etA X, etA Y , X, Y g.

Derivando rispetto a t, si ha


Aet [X, Y ] = AetA X, etA Y + etA X, AetA Y .

Per t = 0, dato che e0 = I, si ottiene

A[X, Y ] = [AX, Y ] + [X, AY ], X, Y g,

ossia A Der (g).


P 1 m m
Viceversa, sia A Der (g). Proviamo che etA = m=0 m! t A Aut(g), per ogni
t R. Per induzione, si dimostra che
m
X
m m
A [X, Y ] = Amk (X), Ak (Y ) X, Y g,
k
k=0

quindi
X
X m X
tA tm mk k
tl+n l
e [X, Y ] = A (X), A (Y ) = A (X), An (Y )
m=0 k=0
k!(m k)! l!n!
l,n=0
X l
t l tn n
= A (X), A (Y ) = etA (X), etA (Y ) ,
l! n!
l,n=0

per ogni X, Y g e t R.

Come applicazione dei risultati precedenti, determiniamo lalgebra di Lie del pro-
dotto semidiretto G = H o K, dove : K Aut(H).

43
6.8. Lalgebra di Lie di H o K e la somma semidiretta delle algebre di
Proprieta
Lie h e k, di H e K, rispettivamente.

Dimostrazione: Sappiamo che per ogni a K, (a) : H H e un automorfismo


e quindi (a) : h h e un automorfismo dellalgebra di Lie h. Lapplicazione

: K Aut(h), a 7 (a) ,

e un omomorfismo di gruppi; verifichiamo che e pure analitica. Per ogni Y h, si


ha
(a)(expH Y ) = expH ((a) Y ),

da cui si deduce che (a) dipende analiticamente da a K. Posto

= : k Der (h),

si prova che e un omomorfismo di algebre di Lie e lalgebra di Lie di H o K e


isomorfa a h k (per i dettagli, cfr. [NS]).

Infine, come applicazione dei Teoremi 6.3 e 6.5, abbiamo il

Teorema 6.9. Sia : G G0 un omomorfismo analitico di gruppi di Lie.


(1) H = ker e un sottogruppo di Lie di G la cui algebra di Lie e h = ker .
(2) Se G e connesso, K = (G) e un sottogruppo di Lie connesso di G0 la cui
algebra di Lie e k = im .

Dimostrazione:
(1) ker e un sottogruppo normale e chiuso di G; allora, per il Teorema 6.5, e un
sottogruppo di Lie di G. Inoltre, X h se e solo se expG tX H, per ogni
t R, ossia se e solo se (expG tX) = e0 , elemento neutro di G0 . Ma

(expG tX) = expG0 (t (X)) = e0 , t R,

se e solo se (X) = o g0 . Quindi h = ker .


(2) Sia K il sottogruppo di Lie connesso di G0 la cui algebra di Lie e k = Im (cfr.
Teorema 6.3). Si e visto che K e generato dallinsieme {expG0 (X), X g}.

44
Per ipotesi, G e connesso e, quindi, e generato da elementi del tipo expG X,
X g. Di conseguenza, (G) sara generato da elementi del tipo
(expG X) = expG0 (X), X g.
Poiche K e (G) sono gruppi connessi aventi gli stessi generatori, si pu
o con-
cludere che K = (G).

Osservazione. Nel Teorema 2.7.3 di [VA], si prova che (G) e un sottogruppo


di Lie di G, senza richiedere che G sia connesso. Se G non e connesso, allora
(G0 ) = (G)0 = K, dove K e lunico sottogruppo di Lie connesso la cui algebra
di Lie e im (G0 e (G)0 sono le componenti connesse degli elementi neutri di G e
(G), rispettivamente.

Esercizi

6.1 Si identifichi Cn con lo spazio vettoriale reale R2n mediante lisomorfismo R-


lineare
: Cn R2n
(z 1 , .., z n ) 7 (Re(z 1 ), .., Re(z n ), Im(z 1 ), .., Im(z n )).
(a) Verificare che si estende ad un monomorfismo di algebre di Lie
: M(n, C) M(2n, R)

A B
A + iB 7
B A
detto rappresentazione reale di M(n, C). (M(n, K) e lo spazio vettoriale delle
matrici quadrate di ordine n ad elementi nel corpo K).
e di gruppi di Lie tra GL(n, C) e
(b) Provare che induce un monomorfismo
GL(2n, e(GL(n, C)) = {a GL(2n, R)/aJ = Ja}, dove
R) tale che
0 In
J= GL(2n, R).
In 0

6.2 Considerare i seguenti insiemi di matrici


U (n) = {a GL(n, C)/t aa = I},
SU (n) = {a U (n)/det(a) = 1},
Sp(n, R) = {a GL(2n, R)/t aJa = J}.

45
(a) Provare che sono gruppi di Lie reali.
(b) Verificare che le loro algebre di Lie sono, rispettivamente

= 0},
u(n) = {X gl (n, C)/t X + X
su (n) = {X u(n)/trX = 0},
sp (n, R) = {X gl (2n, R)/J t X + XJ = 0}.

Calcolare le loro dimensioni determinandone esplicitamente una base.


(c) Considerato il prodotto scalare hermitiano su Cn ,
n
X
hz, wi = ziw
i,
i=1

dove z = (z 1 , .., z n ) e w = (w 1 , .., w n ), verificare che

U (n) = {a GL(n, C)/haz, awi = hz, wi}.

(d) Scrivere esplicitamente gli elementi di SU (2) e provare che SU (2) e


P4
omeomorfo a S 3 = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) R4 / i=1 (xi )2 = 1}.

6.3 Sia {1, i, j, k} la base canonica di R4 . Posto


(i) 1i = i, 1j = j, 1k = k,
2 2 2
(ii) i = j = k = 1,
(iii) ij = ji = k,
si estenda per linearita tale prodotto a tutti gli elementi di R4 .
(a) Verificare che, con tale prodotto, R4 ha la struttura di corpo detto
corpo dei quaternioni e lo si indichi con H. Verificare, inoltre, che H e
anche unalgebra associativa su R.
(b) Se q = a+bi+cj +zk H, il coniugato di q e dato da q = abicj dk.
Verificare che
(i) q + q 0 = q + q0 ,
(ii) qq 0 = q0 q,
(iii) qq e reale e non negativo,
1
(iv) |q| = (
q q) 2 e una norma su H,
per ogni q, q 0 H.

46
6.4 Se q = a + bi + cj + dk H, si ponga q = u + jv, dove u = a + ib, v = c id.
(a) Si consideri Hn come uno spazio vettoriale a destra su C. Verificare che
lapplicazione

: Hn C2n
(q 1 , . . . , q n ) 7 (u1 , . . . , un , v 1 , . . . , v n )

e un isomorfismo tra spazi vettoriali complessi, dove q h = uh + jv h ,


h = 1, . . . , n.
(b) Sia A M(n, H) una matrice ad elementi quaternionici. Provare che
induce un monomorfismo R-lineare

: M(n, H) M(2n, C)

A B
A + jB 7
B A

che rende commutativo il diagramma

A
Hn Hn


y

y
(A)
C2n C2n

(si identifica una matrice con il corrispondente endomorfismo).


(c) Verificare che induce un monomorfismo e tra i gruppi di Lie GL(n, H)
e GL(2n, C).

6.5 Si consideri Hn come spazio vettoriale su H a destra e si ponga


n
X
0
hq, q i = qi q 0i
i=1

dove q = (q 1 , .., q n ), q 0 = (q 01 , .., q 0n ).


Verificare che
(i) hq, q 0 + qi = hq, q 0 i + hq, qi;
(ii) hq, q 0 i = hq 0 , qi;
q 0 i , hq, q 0 i = hq, q 0 i;
(iii) hq, q 0 i = hq,

47
(iv) hq, qi 0 e hq, qi = 0 se e solo se q = 0;
0 i;
(v) hAq, q i = hq,t Aq
0

per ogni q, q 0 , q Hn e per ogni H. h, i si dice prodotto scalare


quaternionico.

6.6 (a) Stabilire che

Sp(n) = {a GL(n, H)/t aa = I}

e un gruppo di Lie reale la cui algebra di Lie e

= 0}.
sp (n) = {X gl (n, H)/t X + X

1
(b) Posto kqk = (hq, qi) 2 , verificare che

Sp(n) = {a GL(n, H)/kaqk = kqk, per ogni q Hn }.

(c) Sia lapplicazione definita nellEsercizio 6.4. Dopo aver verificato che
e
(Sp(1)) = SU (2), provare che

e Sp(1) SU (2)
:

e un isomorfismo di gruppi di Lie. Poiche Sp(1) = S 3 si ha un altra dimostra-


zione dellEsercizio 6.2, punto (d).
(d) Posto

Sp(n, C) = {a GL(2n, C)/t aJ a = J},

verificare che
e
(Sp(n)) = Sp(n, C) U (2n)

e che
e Sp(n) Sp(n, C) U (2n)
:

e un isomorfismo di gruppi di Lie.

6.7 Sia q Sp(1) = S 3 un quaternione unitario.

48
(a) Verificare che lapplicazione

A(q): H H
x 7 qxq 1

e una isometria di H (considerato come spazio vettoriale reale e quindi come


R4 ).
(b) Posto H = R R3 , dove R = L(1) e R3 = L(i, j, k), verificare che A(q)
lascia fisso R e induce una isometria di R3 in se, cioe A(q)|R3 O(3).
(c) provare che
A: Sp(1) SO(3)

e un omomorfismo suriettivo di gruppi tale che kerA = {I, I}. Quindi

Sp(1)/{I, I} ' SO(3)

e Sp(1) e il rivestimento universale di SO(3) (cfr. A.3).

6.8 Sia F : S 3 S 3 gl (H) definita nel seguente modo: se p, q S 3 , considerato


come gruppo dei quaternioni di norma 1, allora

F (p, q): H H
w 7 pwq 1 .

Si verifichi che
(i) F (p, q) SO(4).
(ii) F e un omomorfismo continuo.
(iii) kerF = {(1, 1), (1, 1)}.
(iv) F e suriettiva se e considerata come applicazione F : S 3 S 3 SO(4).

49
I.7 Rivestimenti di gruppi di Lie

Per le nozioni ed i risultati usati in questo paragrafo, si rinvia allAppendice.


Ricordiamo che ogni rivestimento di un gruppo di Lie e esso stesso un gruppo
di Lie e ogni gruppo di Lie ammette un rivestimento universale (unico, a meno di
isomorfismi).
In questo paragrafo si determineranno il gruppo fondamentale di alcuni gruppi
classici e il loro rivestimento universale.
Innanzi tutto si osservi che lo studio dal punto di vista topologico di GL(n, R)
(rispettivamente GL(n, C)) pu
o essere ricondotto a quello di SO(n) (rispettivamente
SU (n)), per maggiori dettagli si veda il A.1. Tenuto conto che alcuni gruppi di
matrici come SL(n, R), oppure SL(n, C), sono riducibili a meno di omotopia a SO(n)
(oppure SU (n)), si riconosce che la descrizione delle proprieta topologiche di SO(n)
e di SU (n) serve a caratterizzare anche la maggior parte dei gruppi classici.
Determiniamo il gruppo fondamentale di SO(n).

Teorema 7.1.


0 se n = 1

1 (SO(n)) = Z se n = 2 .


Z2 se n > 2

dimostrazione: Si propongono due dimostrazioni diverse.


I Metodo: SO(n) e un CWcomplesso e SO(k) per k < n e uno scheletro di
k(k1)
dimensione 2 di SO(n). Per avere unidea di questo fatto, si pensi che SO(2) e
S e che SO(3) e isomorfo al gruppo quoziente di S 3 modulo il sottogruppo discreto
1

a 2, A.1) e, quindi, e omeomorfo a RP3 . Ne segue che RP3


{1, 1} (cfr. Propriet
ha come 0scheletro SO(1), come 1scheletro SO(2) e come 2scheletro uno spazio
omeomorfo a RP2 . Questa situazione si ripete, in generale, per SO(n). Allora la tesi
segue dal Teorema 2, A.2.
II Metodo: Se n = 1, 2, 3 il Teorema e ovvio. Sia, allora, n > 3 e supponiamo
che 1 (SO(n 1))
= Z2 . Considerati N = (0, . . . , 0, 1) S n1 , U = S n1 {N},
V = S n1 {N} e lapplicazione q: SO(n) S n1 cosi definita: 7 (N ), indi-
chiamo con s lapplicazione continua di U in SO(n) che ad ogni x = (x1 , . . . , xn ) U
associa la rotazione nel piano orientato, generato dalla coppia (N, x), che manda N

50
in x. Si ha
x1
xi xj
ij 1+xn
...
s(x) = .
xn1
x1 ... xn1 xn
Posto = (s(0, 0, . . . , 1, 0))2 , segue 2 = 1. Si definiscono le applicazioni

1 : U SO(n 1) SO(n) : (x, ) 7 s(x),


2 : V SO(n 1) SO(n) : (x, ) 7 s(x),

dove si pensa SO(n 1) immerso in SO(n) mediante le applicazioni ortogonali che


lasciano fisso N . Si osservi che q1 (x, ) = x, q2 (x, ) = x e 1 e 2 sono
omeomorfismi su q 1 (U) e q 1 (V ), rispettivamente (1
1 : 7 (q(), s(q())1 ),
1
2 : 7 (q(), s(q())1 )). Per n > 3, S n1 {N, N} ha lo stesso tipo
di omotopia di En1 {punto} e quindi di S n2 (che e semplicemente connesso).
Dunque le applicazioni, definite in modo naturale,

(U V ) SO(n 1) U SO(n 1)

e
(U V ) SO(n 1) V SO(n 1)

inducono isomorfismi tra i gruppi fondamentali. Ne segue che le inclusioni corrispon-


denti (mediante 1 e 2 )

q 1 (U) q 1 (V ) = q 1 (U V ) q 1 (U)

e
q 1 (U ) q 1 (V ) = q 1 (U V ) q 1 (V )

inducono isomorfismi e, per il Corollario 4, A.2, si ha che 1 (SO(n)) ' 1 (q 1 (U )).


Poiche anche linclusione di SO(n 1) in q 1 (U ) = 1 (U ) SO(n 1) induce un
isomorfismo a livello di gruppi fondamentali, segue che 1 (SO(n)) = 1 (SO(n 1))
e dallipotesi induttiva si ha la tesi.

Corollario 7.2.

0 se n = 1
1 (GL(n, R))
= Z se n = 2 .


Z2 se n > 2

51
Per quanto concerne SU (n) si pu
o provare, con metodi analoghi al Teorema 7.1
(cfr. [GO] pag. 102) il seguente

Teorema 7.3. SU (n) e semplicemente connesso.

Come applicazione dei Teoremi precedenti, diamo ora unidea di quali siano i rive-
stimenti universali dei gruppi classici. Per quanto osservato, e sufficiente considerare
SO(n). Per n = 2, SO(n) = S 1 , dunque il suo rivestimento universale e R. Se n > 2,
SO(n) e un gruppo compatto avente gruppo fondamentale isomorfo a Z2 . Come
semplice conseguenza del punto (iii) dellEsercizio 2, A.3, si vede che il rivestimento
universale di SO(n) e un rivestimento a due fogli, che viene indicato con Spin(n). Si
osservi che Spin(3) e isomorfo a S 3 .

Teorema 7.4. Siano G un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso, H un


gruppo di Lie arbitrario e g, h le loro algebre di Lie. Dato : g h, omomorfismo
di algebre di Lie, esiste un unico omomorfismo analitico f: G H tale che f = .

dimostrazione: G H ha come algebra di Lie g h e k = {X (X)/X g} e


una sottoalgebra di Lie di g h. Per il Teorema 6.3, esiste un sottogruppo di Lie K
di G H che ha k come algebra di Lie. Consideriamo i seguenti omomorfismi

inclusione proiezione inclusione proiezione


w1 : K G H G, w2 : K G H H.

Poiche (w1 ) (X (X)) = X, si ha ker(w1 ) = {o}. Ma ker(w1 ) e lalgebra di


Lie di kerw1 e, quindi, kerw1 ha dimensione zero, cioe e un sottogruppo discreto di
G H. DallEsercizio 1, A.3, segue che w1 : K G e un rivestimento. Siccome G e
semplicemente connesso, w1 e un isomorfismo. Si definisce f : G H come w2 w11 .
Se X g, si trova infine

f (X) = (w2 ) (w1 )1


= (w2 ) (X (X)) = (X).

Si osservi che dal Teorema 7.4 segue il Principio di Monodromia (Teorema 4.6).

Per concludere questo paragrafo osserviamo che ogni gruppo di Lie compatto ha
caratteristica di EuleroPoincare nulla.

52
Ricordiamo che cosa si intende per caratteristica di EuleroPoincare di un CW-
complesso finito, osservando che ogni varieta compatta ha il tipo di omotopia di un
CWcomplesso finito (cfr. [MI1], pag.36).

Definizione 7.1. Se X e un CWcomplesso n-dimensionale con icelle i (j =


0, j > n), la caratteristica di Eulero Poincar e (X) di X e data da
Xn
(X) = (1)i i .
i=0

Ad esempio, la caratteristica di EuleroPoincare di S n e 2, per n pari, e 0, per n


dispari.
Si pu
o verificare (per la dimostrazione si rimanda ad un testo di Topologia Al-
gebrica, ad esempio [GH]) che la definizione della caratteristica di EuleroPoincare
dipende solo dal tipo di omotopia del CWcomplesso e non dalla scelta della decom-
posizione cellulare.

Si pu
o vedere con metodi sufficientemente elementari (ad esempio in [GH]) che
esistono campi vettoriali mai nulli su S n se e solo se n e dispari (cioe se e solo se la
caratteristica di EuleroPoincare e nulla). Questo e un caso particolare del seguente
risultato pi
u generale (cfr. [ST], pag. 201).

Teorema 7.5. Sia X e una variet


a compatta e connessa. Esiste un campo vettoriale
mai nullo su X se e solo se (X) = 0.

Esercizi

7.1 Sia p: Spin(n) SO(n) il rivestimento universale di SO(n), per n 3. Esiste


una funzione continua g: SO(n) Spin(n) tale che p g = id?

7.2 Determinare i gruppi fondamentali ed i rivestimenti universali di


O(n), GL(n, R), GL(n, C), SL(n, R), SL(n, C).

7.3 Sia f : SO(3) SO(2) una funzione continua. Stabilire se f e necessariamente


omotopa a zero.

53
I.8 Rappresentazione aggiunta

Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e sia g unalgebra di Lie reale.
Una rappresentazione di g su V di rango n e un omomorfismo di algebre di Lie
: g gl (V ). Se G e un gruppo di Lie, una rappresentazione di G su V e un
omomorfismo analitico
: G GL(V ).

Nel caso in cui V = Rn , la rappresentazione si dice matriciale.

Definizione 8.1. Se g e unalgebra di Lie, la rappresentazione aggiunta di g su


g e definita da
ad: g gl (g), X 7 adX ,

dove adX : g g e dato da adX (Y ) = [X, Y ]. Il centro di g e il nucleo di ad e si


indica con z(g) (oppure, semplicemente, con z), quindi

z(g) = {X g/[X, Y ] = 0, Y g}.

Si noti che ad(g) Der (g) gl (g), e che z(g) e un ideale di g.

Ogni gruppo di Lie ammette una rappresentazione molto importante sulla sua al-
gebra di Lie, costruita nel modo seguente. Se a G, Ia : G G, b 7 aba1 , e un
automorfismo di G (cfr. I.2) e, quindi, (Ia ) e un automorfismo dellalgebra di Lie g
di G. Si pu
o, pertanto, definire lapplicazione

Ad : G GL(g), a 7 Ad(a) = (Ia )

e provare il

Teorema 8.1. Ad e una rappresentazione di G in g, detta rappresentazione ag-


giunta di G in g.

dimostrazione: Verifichiamo che Ad e un omomorfismo di gruppi. Si noti che, per


ogni X g ed ogni a G, si ha

expAd(a)X = exp(Ia ) X = Ia (expX) = a(expX)a1

54
e

exptAd(ab)X = ab(exptX)b1 a1 = a(exptAd(b)X)a1 = exptAd(a)Ad(b)X,

per ogni a, b G e t R. Se |t| < , con numero reale positivo opportuno,


lapplicazione esponenziale e biiettiva (cfr. Teorema 3.3, punto (4)) e, quindi,

tAd(ab)X = tAd(a)Ad(b)X,

ossia Ad(ab) = Ad(a)Ad(b), per ogni a, b G.


Vediamo ora che Ad e analitica. Data una base (E1 , . . . , En ) di g, siano (x1 , . . . , xn )
le coordinate canoniche associate (cfr. pag.31). Se a G,
n
X
Ad(a)Ei = (Ia ) (Ei ) = aji (a)Ej .
j=1

Per provare che Ad e analitica basta verificare che le funzioni aji (a) sono analitiche
o allora supporre che a = expX, per un certo X g. Se
in un intorno di e G. Si pu
Pn
X = i=1 a Ei , ai R, si ha xi (a) = ai . Poniamo bi = expEi . Allora
i

Xn
Ia bi = Ia (expEi ) = exp((Ia ) Ei ) = exp( aji (a)Ej ),
j=1

ed anche (Teorema 3.3, punto (5))

Ia bi = abi a1 = (expX)(expEi )(exp(X)) = exp(Ei + [X, Ei ] + . . . )

(i termini non scritti sono costituiti da brackets iterati). Tenuto conto della biiet-
tivita di exp, se X appartiene ad un intorno piccolo di o g, dalle due espressioni
precedenti si deduce
n
X
aji (a) = ij + xh (a)cjhi + . . . ,
h=1

(cjhi sono le costanti di struttura) da cui si vede che le funzioni aji dipendono anali-
ticamente dalle coordinate canoniche di a.

Teorema 8.2.
(1) Ad |e = ad (e: elemento neutro di G),
(2) Ad(expG X) = eadX , per ogni X g.

55
dimostrazione: (1) Siano X, Y g. Dai Teoremi 4.1 e 3.3, si ha

exp(Ad(exptX)tY ) = I(exptX) (exptY )


= (exptX)(exptY )(exp(tX)) = exp{tY + t2 [X, Y ] + O(t3 )}.

Se |t| < , exp e biettiva, quindi

O(t3 )
Ad(exptX)Y = Y + t[X, Y ] + ,
t

cioe
Ad(exptX) = I + tadX + O(t2 ).
dAd(exptX)
In definitiva, Ad (X)|e = dt |t=0 = adX .
(2) Si verifica facilmente che il diagramma

Ad |e =ad
g gl (g)

exp
expG y y GL(g)=e
Ad
G GL(g)

e commutativo, ossia Ad(expG X) = expGL(g) (adX ) = eadX .

Il Teorema seguente e molto utile per determinare la rappresentazione aggiunta dei


sottogruppi di Lie di GL(V ), dove V e uno spazio vettoriale reale. In particolare, il
risultato vale per i sottogruppi di GL(n, R).

Teorema 8.3. Sia H un sottogruppo di Lie di GL(V ) con algebra di Lie h. Allora,
per ogni a H e per ogni X h, si ha

Ad(a)X = aXa1 .

dimostrazione: Tenuto conto che exp|H = expGL(V ) |H , si ottiene

expH (tAd(a)X) = Ia (expH tX) = a(expH tX)a1


1
= aetX a1 = etaXa = expH (taXa1 ), t R.

56
Se |t| < , allora tAd(a)X = taXa1 , cioe Ad(a)X = aXa1 .

Definizione 8.2. Sia g unalgebra di Lie. Il gruppo aggiunto e il sottogruppo


di Lie connesso di Aut(g) la cui algebra di Lie e ad(g) (che e una sottoalgebra di
Der (g)). Tale gruppo viene indicato con Int(g).

8.4. Int(g) e un sottogruppo normale di Aut(g).


Proprieta

dimostrazione: Se X g, adX ad(g) e eadX Int(g). Se Aut(g), allora

1
eadX 1 = eadX = ead(X) .

Poiche Int(g) e connesso, ogni elemento di Int(g) e generato da elementi del tipo
eadX . Quindi, Int(g) e normale in Aut(g).

Sia G un gruppo di Lie connesso. Per il Teorema 6.9, si sa che Ad(G) e un sotto-
gruppo di Lie la cui algebra di Lie e

imAd |e = im(ad) = ad(g).

Quindi Ad(G) e Int(g) sono gruppi di Lie connessi che hanno la stessa algebra di Lie.
Poiche i gruppi di Lie connessi sono generati dagli intorni dellelemento neutro (cfr.
Teorema 4.4), si ha
Ad(G) = Int(g).

Se G non e connesso, allora Int(g) = Ad(G)0 , componente connessa dellelemento


neutro di Ad(G).

Vediamo ora di caratterizzare le sottoalgebre di Lie dei sottogruppi di Lie normali.

Teorema 8.5. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Consideriamo un suo
sottogruppo di Lie connesso H con algebra di Lie h.
(1) Se H e normale in G, allora h e un ideale di g.
(2) Supponiamo che anche G sia connesso. Se h e un ideale di g, allora H e un
sottogruppo normale di G.

57
dimostrazione: (1) Sia H normale in G. Per ogni a G, si ha

aexptXa1 = exptAd(a)X H, X h, t R.

Per il Teorema 6.6, Ad(a)X h, cioe

Ad(a)h h;

in particolare, se a = exptY , Y g si trova (Teorema 8.2)

Ad(exptY )X = etadY (X) h.

Esercizi

8.1 Sia G un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso. Provare che ogni
sottogruppo di Lie di G normale e connesso e necessariamente chiuso.

8.2 Sia G = C C R il gruppo di Lie reale di dimensione 5 con il prodotto


definito da

(c1 , c2 , r)(c01 , c02 , r 0 ) = (c1 + e2ir c01 , c2 + e2ihr c02 , r + r 0 ),

dove h e un numero irrazionale fissato e c1 , c2 , c01 , c02 C, r, r 0 R.


(a) Siano s, t R. Poniamo

s,t : G G
(c1 , c2 , r) 7 (e2is c1 , e2it c2 , r).

Provare che s,t e un isomorfismo analitico.


(b) Se t = hs + hn, con n Z, s,t coincide con lautomorfismo interno
I((0, 0, s + n)).
(c) Sia g lalgebra di Lie di G. Poniamo As,t = (s,t ) Aut(g). Provare
che se sn s0 , tn t0 , allora Asn ,tn As0 ,t0 in Aut(g).
(d) Verificare che A0, 13
/ Int(g). Dedurre dal punto (c) che Int(g) non e
chiuso in Aut(g).

58
I.9 Algebre e gruppi di Lie semisemplici e risolubili

Sia g unalgebra di Lie. Si verifica facilmente che lapplicazione

B:g g R
(X, Y ) 7 B(X, Y ) = tr(adX adY )

e una forma bilineare simmetrica, detta forma di Killing di g. Unimportante


a della forma di Killing e che e invariante rispetto agli automorfismi di g e,
propriet
pertanto, dipende solo dalla classe di isomorfismo di g. Valgono le seguenti

9.1.
Proprieta
(1) Se Aut(g), allora

B(X, Y ) = B(X, Y ),

per ogni X, Y g.
(2) Se D Der(g), allora

B(DX, Y ) + B(X, DY ) = 0.

In particolare,
B(adZ X, Y ) + B(X, adZ Y ) = 0,

per ogni X, Y, Z g.
(3) Se h e un ideale di g, allora

h = {X g/B(X, Y ) = 0, Y h}

e ancora un ideale di g. In particolare,

kerB = g = {X g/B(X, Y ) = 0, Y g}

e un ideale di g.
(4) Se h e un ideale di g, la forma di Killing di h coincide con la restrizione di B
ad h h.

59
dimostrazione: (1) Se e un automorfismo di g, si ha


ad(X) (Y ) = [(X), Y ] = X, 1 (Y ) = adX 1 Y,

ossia
ad(X) = adX 1 .

Dunque

B((X), (Y )) =tr(ad(X) ad(Y ) )


= tr( adX 1 adY 1 )
= tr( adX adY 1 )
= tr( 1 adX adY ) = tr(adX adY ) = B(X, Y ).

(2) Sia D Der (g), allora etD Aut(g), per ogni t R, e

B(etD X, etD Y ) = B(X, Y ), X, Y g.

Derivando rispetto a t lespressione precedente, per t = 0 si ottiene infine

B(DX, Y ) + B(X, DY ) = 0, X, Y g.

(3) Siano X h e Y g. Per ogni Z h, si ha

B([X, Y ], Z) = B(adY X, Z) = B(X, adY Z) = 0

in quanto adY Z h e X h . Quindi [X, Y ] g, cioe h e un ideale.


(4) Siano dimh = r, dimg = n, (E1 , . . . , Er ) una base di h, (E1 , . . . , Er , Er+1 , . . . , En )
una base di g. Se X h, adX Ei h, i = 1, . . . , n, perche h e un ideale. Quindi, la
matrice di adX e del tipo
A1 A2
A= .
0 0

B1 B2
Sia B = la matrice di adY , Y h. Allora
0 0.

A1 B1 A1 B2
AB = .
0 0

60
Osservato che A1 ed A2 sono, rispettivamente, le matrici di adX e adY , pensate come
endomorfismi di h in h, segue che, per la forma di Killing Bh di h, si ha

Bh (X, Y ) = tr(A1 B1 ) = tr(AB) = B(X, Y ),

per ogni X, Y g, ossia


Bh = B|hh .

Introduciamo ora una classe molto importante di algebre di Lie.

Definizione 9.1. Unalgebra di Lie g si dice semisemplice se B e non degenere,


ossia kerB = {o}. g si dice semplice se e semisemplice e non contiene ideali proprii.

9.2.
Proprieta
(1) Se g e semisemplice, z(g) = {o}.
(2) Sia h un ideale di unalgebra di Lie semisemplice g. Allora anche h e h sono
ideali semisemplici e g = h h (somma diretta di algebre di Lie).

dimostrazione: (1) Basta osservare che, in generale, z(g) kerB.


(2) Supponiamo che dimh = r. Poiche B e non degenere, h ha dimensione n r,
dove n = dimg. Infatti, considerata una base (E1 , . . . , Er , . . . , En ) di g tale che
(E1 , . . . , Er ) sia una base di h, si ha che X h se e solo se

B(X, E ) = 0, 1 r,
Pn
ossia se e solo se, posto X = i=1 X i Ei , valgono le relazioni
n
X
X i Bi = 0, 1 r,
i=1

dove Bi = B(Ei , E ). Dato che la matrice (Bi ) ha rango r, si deduce che



dimh = n r. Sappiamo che h h e un ideale. Proviamo ora che h h e
abeliano. Siano X, Y h h e Z g. Allora, B([X, Y ], Z) = B(Y, [X, Z]) = 0,
poiche Y h e [X, Z] h. Siccome B e non degenere, si ha [X, Y ] = 0. Sia ora
X h h . Per ogni Y g, si trova

(adX adY )(Z) = [X, [Y, Z]] h h , Z g.

61
In particolare, se Z h h anche [Y, Z] h h e, quindi, (adX adY )(Z) = o. Sia
(E10 , . . . , Ep0 , Ep+1
0
, . . . , En0 ) una base di g tale che (E10 , . . . , Ep0 ) sia una base di h h .
Per quanto visto in precedenza, la matrice di adX adY e del tipo

0
0 0

dove denota una matrice di p righe e (n p) colonne. Quindi, B(X, Y ) = 0, se


X h h e Y g. Dato che B e non degenere, X = o, cioe h h = {o} e
g = h h . Dalla Proprieta 9.1, punto (4), si ricava che ogni ideale di unalgebra di
Lie semisemplice e semisemplice.

La principale proprieta delle algebre di Lie semisemplici e illustrata dal seguente

Teorema 9.3. Se g e semisemplice allora g e somma diretta di ideali semplici, cioe

g = g1 ... gr

dove ogni gi e un ideale semplice di g. Se h e un qualsiasi ideale di g, h e somma


diretta di un certo numero di ideali gi .

dimostrazione: Se g non e semplice, per definizione esiste un ideale h di g non


banale. Allora h e un ideale semisemplice e

g = h h .

Ripetendo il ragionamento per h e h , si arriva, dopo un numero finito di passi, a


scrivere g come somma diretta di ideali che non contengono ideali non banali, cioe di
ideali semplici. Sia h un ideale qualsiasi di g. Per ogni i = 1, .., r, gi h e un ideale di
gi e, quindi, gi h = {o} oppure gi h = gi , poiche gi e semplice. Di conseguenza,
h e somma diretta di un certo numero di ideali gi .

Osservazione. Vale anche laffermazione reciproca: se g = g1 ... gr e somma


diretta di ideali semplici, allora g e semisemplice. Infatti kerB e un ideale di g e se
fosse kerB 6= {o}, esisterebbe un ideale gi tale che kerB gi = gi . Ma allora B|gi gi
sarebbe nulla, in contrasto con lipotesi che gi sia semplice. Quindi, kerB = {o}.

62
9.4.
Proprieta
(1) Se g e semisemplice ogni derivazione di g e interna, ossia

ad(g) = Der (g).

(2) Int(g) = Aut(g)0 , se g e semisemplice.

dimostrazione: (1) Poiche g e semisemplice, z(g) = ker(ad) = {o} e g e isomorfa


ad ad(g), cioe ad(g) e semisemplice. Sia D Der (g), allora, se X g,

[D, adX ] = DadX adX D = adD(X) ad(g),

ossia ad(g) e un ideale di Der (g). Per la Proprieta 9.1, ad(g) e un ideale di Der (g)
e, quindi, anche ad(g) ad(g) e un ideale di Der (g). Dato che ad(g) e semisemplice,
a 9.2 segue che ad(g) ad(g) = {o}.
dalla Propriet
Sia ora D ad(g) . Per ogni X g si ha

adD(X) = [D, adX ] ad(g) ad(g) ,

ossia adD(X) = 0. Quindi D(X) ker(ad) = z(g), per ogni X g. Ma z(g) = {o},
cioe D(X) = 0, per ogni X g. In conclusione, D = 0, ad(g) = {o} e

ad(g) = Der (g).

(2) Basta ricordare che Int(g) e Aut(g) hanno la stessa algebra di Lie.

Definizione 9.2. Un gruppo di Lie si dice semisemplice (semplice) se la sua


algebra di Lie g e semisemplice (semplice).

Osservazioni. Da quanto si e visto, la classificazione delle algebre di Lie semisem-


plici reali si riconduce alla classificazione delle algebre di Lie semplici reali. Dal-
tro canto, le algebre di Lie semplici reali ricadono in uno dei due tipi seguenti
(cfr. [HE], pag. 443):
(A) g e unalgebra di Lie complessa semplice pensata come algebra di Lie reale;
(B) la complessificata di g, gC = g R C e unalgebra di Lie complessa semplice.
In questo caso si dice che g e una forma reale di unalgebra di Lie complessa.

63
In conclusione, basta classificare le algebre di Lie complesse semplici e le loro forme
reali.

Esempio
sl (2, C) e unalgebra di Lie complessa semplice. Poiche
sl (2, C) = sl (2, R)C ,
sl (2, R) e una forma reale di sl (2, C); tale forma reale non e unica dato che anche
su (2) = {A gl (2, C)/ t
A + A = 0, trA = 0}
e una forma reale di sl (2, C).

Si pu
o dimostrare che ogni algebra di Lie semplice complessa ammette ununica
forma reale compatta, cioe e lalgebra di Lie di un gruppo compatto. Per esempio,
su (2) e la forma reale compatta di sl (2, C) perche su (2) e lalgebra di Lie di SU (2)
che e compatto (infatti e omeomorfo a S 3 ).

Lelenco delle algebre di Lie complesse e delle loro forme reali compatte e dato dalla
tabella seguente

Algebre di Lie Gruppi di Lie Forma reale Gruppi di Lie semplici


complesse semplici semplici complessi compatta compatti connessi
An , n 1, sl (n + 1, C) SL(n + 1, C) su (n + 1) SU(n + 1)
Bn , n 2, so (2n + 1, C) SO(2n + 1, C) so (2n + 1) SO(2n + 1)
Cn , n 3, sp (n, C) Sp(n, C) sp (n) Sp(n)
Dn , n 4, so (2n, C) SO(2n, C) so (2n) SO(2n)
g2 GC
2 G2 ,
f4 F4C F4 ,
e6 E6C E6 ,
e7 E7C E7
e8 E8C E8

Gli ultimi cinque gruppi, indicati nella tabella precedente, prendono il nome di
gruppi eccezionali. Essi hanno dimensione (reale): 14, 45, 78, 133, 248, rispettiva-
mente.

64
Consideriamo ora unaltra importante classe di algebre di Lie.
Sia g unalgebra di Lie. E facile verificare che D 1 g = [g, g] e un ideale di g, detto
algebra derivata o derivato primo di g. I derivati successivi si definiscono per
induzione

D n g = D(Dn1 g) = Dn1 g, D n1 g .

Si ottiene che
...D n g ...D 2 g D1 g g

e ogni Dn g e un ideale di D n+1 g.

Definizione 9.3. g e risolubile se esiste un intero n tale che Dn g = {o}.

Esempio
Sia t2 lalgebra di Lie delle matrici triangolari superiori

a b
t2 = , a, b, c R .
0 c

Dato che 0
a b a b0 0 ab0 + bc0 a0 b b0 c
, = ,
0 c 0 c0 0 0
si trova
1 0
D t2 = , R
0 0
e
2 0 0
D t2 = ,
0 0
ossia t2 e risolubile. In modo analogo, si verifica che

a11 a22 ... a1n

0 a22 ... a2n
tn = , aij R
0
0 ... ...

0 0 0 ann

e risolubile.

Sia g unalgebra di Lie. Poniamo

g1 = D 1 g, g2 = [g, g1 ], . . . , gn = [g, gn1 ].

65
Si ha
... g2 g1 g

e ogni gn e un ideale di gn1 .

Definizione 9.4. g si dice nilpotente se esiste un intero n tale che

gn = {o}.

Si noti che, essendo


Dn g gn ,

ogni algebra di Lie nilpotente


e anche risolubile. Tuttavia non e vera laffer-
mazione reciproca. Per esempio, nel caso di g = t2 si ha

1 1 0
g =D t2 = , R ,
0 0
g2 =[g, g1 ] = [t2 , D1 t2 ] = g1

e, quindi, g1 = g2 = .... 6= {o}, ossia t2 e risolubile ma non e nilpotente.


Invece, lalgebra di Lie delle matrici strettamente triangolari superiori

0 a12 ... a1n

0 0 ... ...
n= , aij R
0
0 0 an1n

0 0 0 0

e nilpotente.

Definizione 9.5. Un gruppo di Lie si dice risolubile (nilpotente) se la sua algebra


di Lie e risolubile (nilpotente).

Valgono le seguenti Proprieta (per le dimostrazioni, si veda [HE], oppure [SW]).

9.5.
Proprieta
(1) Sia h una sottoalgebra di g. Se g e risolubile (nilpotente) anche h e risolubile
(nilpotente).

66
(2) Se g e risolubile (nilpotente) e h e un ideale di g, g/h e risolubile (nilpotente).
(3) Se h e un ideale risolubile (nilpotente) di g tale che g/h sia risolubile (nilpo-
tente), allora g e risolubile (nilpotente).
(4) g e risolubile se e solo se D1 g e nilpotente.
(5) (Teorema di Engel) g e nilpotente se e solo se adX e un endomorfismo nilpo-
tente, per ogni X g (cioe, se esiste un intero n tale che (adX )n = 0).

Definizione 9.6. Sia g unalgebra di Lie.


(1) Il radicale (risolubile) di g e lunico ideale risolubile massimale r contenuto
in g (r e massimale nel senso che contiene ogni ideale risolubile proprio di g).
(2) Il radicale nilpotente (o nilradicale) di g e lunico ideale massimale nilpo-
tente.

Si provano i seguenti risultati fondamentali (cfr. [VA]).

Teorema 9.6 (Criterio di Cartan). g e semisemplice se e solo se r = {o}.

cev). Ogni algebra di Lie g ammette una decomposizione


Teorema 9.7 (LeviMal
del tipo
g =r+s

(somma diretta di spazi vettoriali) dove r e il radicale risolubile e s e una sottoalgebra


semisemplice di g.

Si noti che, nel Teorema precedente, la somma non e diretta rispetto alle algebre
di Lie. Pero g = r s, dove (X) = adX , X s.

Esercizi

9.1
(a) Considerata la seguente base di sl (2, R)

0 1 1 0 0 0
A= , B= , C= ,
0 0 0 1 1 0

67
calcolare la matrice della forma di Killing e verificare che sl (2, R) e semisem-
plice.
(b) Provare che sl (2, R) e semplice (usare la base precedente per dimostrare
che se h 6= {o} e un ideale allora h = sl (2, R)).
(c) Provare che, in generale, se g e unalgebra di Lie semisemplice di dimen-
sione 3 allora g e semplice.

9.2 Sia g unalgebra di Lie reale. Si consideri su g g la seguente struttura di


spazio vettoriale complesso

(X, Y ) + (X 0 , Y 0 ) = (X + X 0 , Y + Y 0 ),
(a + ib)(X, Y ) = (aX bY, bX + aY ), a + ib C, X, Y, X 0 , Y 0 g.

(a) Verificare che, dotata del prodotto

[(X, Y ), (X 0 , Y 0 )] = ([X, X 0 ] [Y, Y 0 ], [X, Y 0 ] + [Y, X 0 ]),

g g ha la struttura di algebra di Lie complessa, che si indica con gC e prende


il nome di complessificata di g.
Identificate le coppie (X, 0) con X e (0, Y ) con iY , gli elementi di gC si
scrivono nella forma X + iY , X, Y g.
(b) Provare che su (2) e una forma reale di sl (2, C), ossia che
su (2)C = sl (2, C).

68
I.10 Classificazione delle algebre di Lie reali di dimensione 3

In questo paragrafo, seguendo larticolo di J. Milnor [MI2], ci proponiamo di


esporre la classificazione completa, a meno di isomorfismi, delle algebre di Lie di
dimensione 3. Verranno dati solo i punti essenziali delle dimostrazioni, lasciando i
dettagli per esercizio.
Sia g unalgebra di Lie reale. Considerata la funzione

: g R, X 7 tr(adX )

e tenuto conto che


trad[X,Y ] = tr[adX , adY ] = 0,

si ha ([X, Y ]) = 0, per ogni X, Y g, in altri termini e un omomorfismo di algebre


di Lie. Di conseguenza, u = ker e un ideale di g, detto nucleo unimodulare. g si
dice unimodulare se g = ker, ossia se

tr(adX ) = 0, per ogni X g.

Supponiamo che dimg = 3 e consideriamo un prodotto scalare

< , >: g g R.

o identificare g con R3 e definire un prodotto


Scelto un orientamento su g, si pu
vettoriale su g

: g g g
(X, Y ) 7 X Y.

Si noti che dipende dallorientamento scelto su g.

10.1.
Proprieta
(1) Esiste ununica applicazione lineare L: g g tale che [X, Y ] = L(X Y ), per
ogni X, Y g.
(2) g e unimodulare se e solo se L e simmetrica, ossia se

< LX, Y >=< X, LY >,

69
per ogni X, Y g.
(3) Se g e unimodulare, esiste una base ortonormale (E1 , E2 , E3 ) di g tale che

[E2 , E3 ] = 1 E1 , [E3 , E1 ] = 2 E2 , [E1 , E2 ] = 3 E3 .


P3 P3
Inoltre, se X = i=1 X i Ei , Y = i=1 Y
i
Ei , la forma di Killing B di g assume
la seguente espressione

B(X, Y ) = 2{2 3 X 1 Y 1 + 1 3 X 2 Y 2 + 1 2 X 3 Y 3 }.

dimostrazione: (1) Sia (e1 , e2 , e3 ) una base ortonormale positiva di g. Definiamo

L(e1 ) = [e2 , e3 ], L(e2 ) = [e3 , e1 ], L(e3 ) = [e1 , e2 ].

Poiche e1 e2 = e3 , e1 e3 = e2 , e2 e3 = e1 , si vede che

L(ei ej ) = [ei , ej ], i, j = 1, 2, 3

e, quindi, L(X Y ) = [X, Y ], per ogni X, Y g.


P3
(2) Poniamo L(ei ) = j=1 aji ej . Allora

tradX = X 1 (a23 a32 ) + X 2 (a31 a13 ) + X 3 (a12 a21 ).

Dunque tradX = 0, per ogni X, Y g se e solo se L e simmetrica.


(3) Basta considerare una base ortonormale positiva (E1 , E2 , E3 ) che diagonalizzi L
(tale base esiste perche L e simmetrica).

La classificazione cercata verra suddivisa in due casi, a seconda che g sia o meno
unimodulare.
Supponiamo che g sia unimodulare. Considerata una base ortonormale positiva
(E1 , E2 , E3 ) che diagonalizza L e indicati con 1 , 2 , 3 gli autovalori di L, si pre-
sentano le seguenti possibilita

1) 1 2 3 6= 0;
2) 1 2 6= 0, 3 = 0;
3) 1 6= 0, 2 = 3 = 0;
4) 1 = 2 = 3 = 0.

70
Osservazioni.
Si hanno, nei vari casi, le seguenti situazioni.
1) B e non degenere, cioe g e semisemplice. Dato che dimg = 3, g e semplice (cfr.
Esercizio 9.1).

2) Poiche
[E2 , E3 ] = 1 E1 , [E3 , E1 ] = 2 E2 , [E1 , E2 ] = o,

si ha

D1 g =L(E1 , E2 ),
D2 g ={o}

cioe g e risolubile. Ma g2 = [g, D1 g] = L(E1 , E2 ) = g1 e, quindi, g non puo essere


nilpotente.

3) Si ha
[E2 , E3 ] = 1 E1 , [E3 , E1 ] = [E1 , E2 ] = o.

Quindi D1 g = L(E1 ) e g2 = [g, D1 g] = {o}, ossia g e nilpotente.

4) g e abeliana ed e isomorfa a R3 .

Esaminiamo, ora, pi
u in dettaglio i singoli casi.
Caso 1) Le segnature possibili di B sono (0, 3) e (1, 2). Poiche B e invariante per
isomorfismi, ci sono almeno due algebre di Lie non isomorfe. Consideriamo, allora, i
seguenti sottocasi
1)A 1 > 0, 2 > 0, 3 > 0.
Considerata la nuova base

1 1 1
U1 = E1 , U2 = E2 , U3 = E3 ,
2 3 1 3 1 2

si ha
[U2 , U3 ] = U1 , [U3 , U1 ] = U2 , [U1 , U2 ] = U3

e si trova unalgebra di Lie isomorfa a su (2).


1)B 1 > 0, 2 > 0, 3 < 0.

71
Si pone

1 1 1
U1 = E1 , U2 = E2 , U3 = E3 ,
2 3 1 3 1 2

da cui si ricava

[U2 , U3 ] = U1 , [U3 , U1 ] = U2 , [U1 , U2 ] = U3 .

Le corrispondenti algebre di Lie sono isomorfe a sl (2, R).


Caso 2) Si presentano due sottocasi: 1 > 0, 2 > 0 oppure 1 > 0, 2 < 0.
2)A 1 > 0, 2 > 0 implicano B(X, X) 0. Come prima, si pu
o costruire una
base (U1 , U2 , U3 ) tale che

[U2 , U3 ] = U1 , [U3 , U1 ] = U2 , [U1 , U2 ] = o.

Si noti che h = L(U1 , U2 ) e un ideale abeliano, quindi, g e isomorfa alla somma


semidiretta R2 R di R2 con R, dove

0 1
(U3 ) =
1 0

(R2
= h = L(U1 , U2 ), R
= k = L(U3 )). g e isomorfa allalgebra di Lie di E(2),
gruppo dei movimenti rigidi del piano.
2)B 1 > 0, 2 < 0 implicano B(X, X) 0. Le corrispondenti algebre di Lie non
sono isomorfe alle precedenti. In questo caso, in una base opportuna, si ha

[U2 , U3 ] = U1 , [U3 , U1 ] = U2 , [U1 , U2 ] = o.

Anche qui h = L(U1 , U2 ) e un ideale abeliano e g e isomorfa allalgebra di Lie dei


movimenti rigidi del piano di Minkowski E(1, 1) = R2 o R dove

et 0
(t) = .
0 et

Caso 3) Posto
U 1 = 1 E 1 , U2 = E2 , U3 = E 3 ,

si ha
[U2 , U3 ] = U1 , [U3 , U1 ] = [U1 , U2 ] = o.

72
Allora h = L(U1 , U2 ) e un ideale abeliano e g e isomorfa alla somma semidiretta
R2 R, dove
0 t
(t) = .
0 0
Si tratta dellalgebra di Lie del gruppo di Heisenberg He.

Riassumendo, nel caso unimodulare, si ha la seguente tabella

Segnatura di B Algebra di Lie Tipo Gruppo di Lie sempl. connesso


+ + + su (2) semplice SU (2)
= Sp(1)
+ + sl (2, R) semplice gR)
SL(2,
+ + 0 R2 R risolubile E(2) = R o SO(2)
+ 0 R2 R risolubile E(1, 1) = R o SO(2)
+ 0 0 R2 R nilpotente He
0 0 0 R3 abeliana R3

Nel caso non unimodulare, si prova il

Teorema 10.2. Sia g unalgebra di Lie di dimensione 3 non unimodulare. Allora


esiste una base (U1 , U2 , U3 ) di g tale che

[U1 , U2 ] = U2 + U3 ,
[U1 , U3 ] = U2 + U3 ,
[U2 , U3 ] = o,

dove , , , R e + = 2. Se


A= 6= I,

allora det(A) e un invariante per isomorfismi, cioe due algebre di Lie g e h sono
isomorfe se e solo se det(A) = det(A0 ). Tutte le algebre di Lie di questo tipo sono
risolubili ma non nilpotenti; h = L(U1 , U2 ) e un ideale abeliano e g e isomorfa alla
somma semidiretta di R2 e R.

dimostrazione: Sia u il nucleo unimodulare di g. Dato che g non e unimodulare,

: g R, X 7 tradX

73
e una forma lineare non nulla e dimu = 2. Si verifica che u e abeliano. Sia (U2 , U3 )
una base di u. Allora
[U2 , U3 ] = o.

Consideriamo un elemento U1 g che non appartenga ad u. Dato che tradU1 6= 0, si


pu
o supporre tradU1 = 2. Introdotto il seguente endomorfismo

: u u, X 7 [U1 , X] = adU1 (X).

si presentano due possibilita


1) (X) = X, per ogni X u;
2) esiste un Y u tale che Y e (Y ) sono linearmente indipendenti.
I due casi danno luogo ad algebre di Lie non isomorfe.
Caso 1) Dato che adU1 (X) = (X) = X e tradU1 = 2, deve essere = 1, quindi

[U1 , U2 ] = U2 , [U1 , U3 ] = U3 , [U2 , U3 ] = o,

cioe
1 0
A= .
0 1
Caso 2) Poiche u e un ideale

[U1 , U2 ] = U2 + U3 ,
[U1 , U3 ] = U2 + U3 ,
[U2 , U3 ] = o,

vale a dire
0 0 0
adU1 = 0 e tradU1 = + = 2.
0
Resta da provare che det(A) determina completamente la classe di isomorfismo. Ci
o si
ottiene costruendo una base di g che dipende solo da det(A). Consideriamo V2 , V3 u
tali che V3 = (V2 ) e V2 siano linearmente indipendenti. Posto V1 = U1 , (V1 , V2 , V3 )
e una base di g tale che

[V1 , V2 ] = (V2 ) = V3 ,
[V1 , V3 ] = (V3 ) = hV2 + kV3 ,
[V2 , V3 ] = o.

74

0 h
Poiche = adU1 |u , le matrici A e B = sono simili. Quindi
1 k
k = trB = trA = 2 e h = detB = detA, cioe

[V1 , V2 ] = (V2 ) = V3 ,
[V1 , V3 ] = (V3 ) = det(A)V2 + 2V3 ,
[V2 , V3 ] = o.

Se g e g0 sono tali che det(A) = det(A0 ), scegliendo basi del tipo precedente, si
individua un isomorfismo tra g e g0 .

Esercizi

10.1 Sia g unalgebra di Lie di dimensione 3 non unimodulare. Provare che il nucleo
unimodulare di g e un ideale abeliano.

10.2 Sia g unalgebra di Lie reale di dimensione 3 e sia (E1 , E2 , E3 ) una sua base.
(a) provare che se

[E1 , E2 ] = E3 , [E1 , E3 ] = E2 , [E2 , E3 ] = E1 ,

allora g e isomorfa a su (2) (nel caso del segno +), oppure a sl (2, R) (nel caso
del segno ).
(b) Trovare lalgebra di Lie g0 del gruppo delle isometrie del piano
E(2) = R2 o R, dove

cost sint
(t) = .
sint cost

Verificare che se

[E1 , E2 ] = o, [E1 , E3 ] = E2 , [E2 , E3 ] = E1 ,

g e isomorfa a g0 .
(c) Trovare lalgebra di Lie g0 del gruppo delle isometrie del piano di Minkow-
ski E(1, 1) = R2 o R, dove

et 0
(t) = .
0 et

75
Verificare che se

[E1 , E2 ] = o, [E1 , E3 ] = E2 , [E2 , E3 ] = E1 ,

g e isomorfa a g0 .

76
I.11 Cenni sulla classificazione dei gruppi di Lie di dimensione 4

I risultati riportati in questo paragrafo, tratti dallarticolo di L. Berard Bergery


[BB2], sono una rilettura in chiave moderna dellarticolo di S. Ishihara, [IS]. Si ri-
manda ad [IS] per le dimostrazioni.
Lo scopo e quello di dare la classificazione dei gruppi di Lie, connessi e semplice-
mente connessi, di dimensione 4.
I Teoremi principali sono i seguenti.

Teorema 11.1. Un gruppo di Lie, di dimensione 4, connesso e semplicemente con-


nesso, e isomorfo ad uno dei seguenti gruppi
(1) G gruppo di Lie risolubile,
(2) SU (2) R,
gR) R, ( SL(2,
(3) SL(2, gR) indica il rivestimento universale di SL(2, R), che e
diffeomorfo a R3 ).

Teorema 11.2. Sia G un gruppo risolubile, connesso e semplicemente connesso,


di dimensione 4. Allora esiste un sottogruppo G0 di G, di dimensione 3, risolubile,
unimodulare, semplicemente connesso, tale che

G = G0 o R,

dove (R) e un gruppo ad un parametro di automorfismi di G0 .

Dal Teorema precedente segue che, per classificare tutti i gruppi di Lie risolubili
di dimensione 4, e sufficiente considerare i sottogruppi di dimensione 3, risolubili,
unimodulari, semplicemente connessi, e i loro gruppi di automorfismi.
Pi
u precisamente, facendo riferimento alla classificazione riportata nel paragrafo
precedente, si ha

Teorema 11.3. I gruppi di Lie risolubili, connessi e semplicemente connessi, di di-


mensione 4 sono isomorfi ad uno dei gruppi seguenti
(1) E(2) o R, con E(2) gruppo dei movimenti rigidi del piano euclideo;
(2) E(1, 1) o R, con E(1, 1) gruppo dei movimenti rigidi del piano di Minkowski;
(3) He o R, con He gruppo di Heisenberg;
(4) R3 o R.

77
II. RICHIAMI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

In questo capitolo si intendono riassumere le nozioni di geometria Riemanniana che,


nel prossimo capitolo, saranno applicate ai gruppi di Lie.
Per maggiori dettagli, dimostrazioni ed esempi, si consiglia la consultazione dei testi
[BO], [SP], [KN], indicati in Bibliografia.

78
II.1 Variet
a Riemanniane ed isometrie

Nel corso di tutto il Capitolo si indichera con M una varieta differenziabile C ,


paracompatta, di dimensione n. Inoltre, X(M) e F(M) saranno, rispettivamente,
lalgebra di Lie dei campi vettoriali C su M e lanello delle funzioni C su M a
valori reali.
Si ricordi che una varieta differenziabile M si dice paracompatta se ogni suo rico-
primento aperto ammette un raffinamento localmente finito. E noto che ogni varieta
differenziabile, di Hausdorff e con base numerabile, e paracompatta e, per questo
motivo, ammette sempre una partizione dellunita subordinata ad ogni ricoprimento
aperto.

Definizione 1.1. Una metrica Riemanniana g su M e una funzione che ad ogni


punto p di M associa un prodotto scalare gp , definito sullo spazio tangente Tp M, che
dipende differenziabilmente da p. Pi
u precisamente, per ogni coppia X, Y di campi
vettoriali C su M , lapplicazione

p 7 gp (Xp , Yp ), X, Y X(M)

e differenziabile di classe C .

La Definizione 1.1 e equivalente alla seguente

Definizione 1.2. Una metrica Riemanniana g su M e un campo tensoriale due volte


covariante, simmetrico, definito positivo. In altri termini, una metrica Riemanniana
e unapplicazione
g : X(M) X(M ) F(M)

F(M)bilineare, simmetrica

g(X, Y ) = g(Y, X), X, Y X(M ),

e definita positiva, ossia

gp (x, x) 0 e gp (x, x) = 0 x = o, p M, x Tp M.

Osservazioni
p
(1) Se x Tp M, la norma del vettore x e il numero reale kxk = gp (x, x).

79
(2) Se si richiede che g sia solamente non degenere, ma non necessariamente de-
finita positiva, g prende il nome di metrica Riemanniana indefinita o
metrica pseudoRiemanniana.

Definizione 1.3. La coppia (M, g) si dice variet


a Riemanniana.

Si possono dimostrare le seguenti Proprieta.


(1) Se U e un aperto di M , la restrizione ad U della funzione g(X, Y ) dipende
solo dalle restrizioni dei campi vettoriali X e Y a U . Pertanto ogni metrica
Riemanniana su M induce una metrica Riemanniana su ogni aperto U di M.
(2) Viceversa, dato un ricoprimento aperto R di M, se per ogni U R e assegnata
una metrica Riemanniana gU tale che per ogni V di R, con U V 6= , si
abbia gU = gV su U V , allora esiste ununica metrica Riemanniana g definita
globalmente su M tale che g |U = gU .
(3) Dalle osservazioni precedenti segue che per assegnare una metrica Riemanniana
g su M e sufficiente considerare un atlante di M e definire g su ogni carta
locale, rispettando certe condizioni di compatibilit
a che ora saranno precisate.
Sia (U, x1 , x2 , . . . , xn ) una carta locale; considerati due campi vettoriali locali
n
X X n
i
X= X i
, Y = Y j j , X i , Y j F(U )
x x
i=1 j=1

(F(U) indica lanello delle funzioni C su U a valori reali), si ha la seguente


espressione
n
X
g(X, Y ) = X i Y j gij ,
i,j=1


dove gij = g , . Le funzioni gij prendono il nome di componenti
xi xj
locali di g rispetto alle coordinate (x1 , x2 , . . . , xn ).
Sia (V, y 1 , y 2 , . . . , y n ) unaltra locale tale che U V 6= . Tenuto conto che
X xi n

= ,
y i=1
y xi


le componenti locali g = g , nei punti di U V verificano le
y y
seguenti condizioni di compatibilit
a
n
X xi xj
(*) g = gij .
y y
i,j=1

80
(4) Da quanto si e visto, dare una metrica Riemanniana su M equivale ad asse-
n(n+1)
gnare, per ogni aperto di un ricoprimento di M , 2 funzioni gij tali che
la matrice (gij ) sia in ogni punto simmetrica, definita positiva e valgano le
condizioni di compatibilita (). Il tensore metrico assume, quindi, la seguente
espressione locale
n
X
g= gij dxi dxj .
i,j=1

La forma quadratica associata a tale forma bilineare si indica solitamente con


n
X
(**) ds2 = gij dxi dxj ,
i,j=1

dove dxi dxj e il prodotto simmetrico di due tensori, dato da


1
dxi dxj = (dxi dxj + dxj dxi ).
2
ds2 prende il nome di elemento darco; tale denominazione e collegata alla
nozione di distanza tra due punti (cfr. punto (7)).
(5) Usando la partizione dellunit
a, e possibile provare che ogni variet
a differenzia-
bile ammette sempre una metrica Riemanniana. Si noti che questa proprieta
non vale nel caso delle metriche Riemanniane indefinite; infatti non e sempre
possibile costruire metriche di assegnata segnatura su una varieta differenzia-
bile qualsiasi. Per esempio, sulle varieta compatte non esistono metriche di
segnatura (1, n 1) (le cosiddette metriche di Lorentz).
(6) Data una carta locale (U, x1 , x2 , . . . , xn ), applicando il procedimento di or-

togonalizzazione di Gram-Schmidt ai campi i 1
, 2 , . . . , n , si possono
x x x
costruire n campi vettoriali locali E1 , E2 , ..., En tali che

g(Ei , Ej ) = ij .

In altri termini, su ogni aperto di M esistono sempre dei riferimenti orto-


normali locali che, in generale, non si estendono a dei riferimenti globali. Se
( 1 , 2 , . . . , n ) e il riferimanto duale di (E1 , E2 , . . . , En ), allora il tensore me-
trico g assume la seguente semplice espressione
n
X
g= i i .
i=1

81
Tuttavia,
in certi casi e pi u opportuno
usare il riferimento coordinato

, , . . . , n dato che , j = 0, in contrasto col fatto che,
x1 x2 x xi x

in generale, [Ei , Ej ] 6= 0. Daltra parte, , , . . . , n ha lo svantag-
x1 x2 x
gio non essere quasi mai un riferimento ortonormale.
(7) Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa. A partire dalla metrica g e
possibile introdurre la nozione di distanza di due punti di M . Considerata una
curva su M
: [a, b] R M,

differenziabile a tratti, di classe almeno C 1 , la sua lunghezza e definita da


Z b q Z b
L = (t))dt
g(t) ((t), =
k(t)kdt.
a a

Si pu
o dimostrare che L non dipende dalla parametrizzazione scelta. Consi-
deriamo la funzione
Z tq
s(t) = L (t) = (t))dt,
g(t) ((t),
a

che, da un punto di vista geometrico, rappresenta la lunghezza dellarco di


curva compreso tra i punti (a) e (t). Se (U, x1 , x2 , . . . , xn ) e una carta locale,
le coordinate di (t) sono (x1 (t), x2 (t), . . . , xn (t)), dove xi (t) = (xi )(t).
Quindi

12
Z t n
X
dxi dxj
s(t) = L (t) = gij (x(t)) dt.
a i,j=1
dt dt

Questa espressione giustifica sia la denominazione di elemento darco per la


forma quadratica (**) sia la notazione ds2 .
Dati due punti p, q M, si definisce la distanza d(p, q) tra p e q come
lestremo inferiore delle lunghezze di ogni curva , differenziabile a tratti, di
classe almeno C 1 , che unisce p a q. Si verifica che (M, d) e uno spazio metrico e
che la topologia di M coincide con la topologia di spazio metrico indotta dalla
distanza.

82
Definizione 1.4. Siano (M, g) e (M 0 , g0 ) due variet
a Riemanniane. Un diffeomorfi-
smo
f : M M 0

si dice isometria se
f g0 = g,

ossia se
(f g0 )p (x, y) = gf0 (p) (f|p x, f|p y) = gp (x, y),

per ogni p M e x, y Tp M . In altri termini, per ogni p M , il differenziale

f|p : Tp M Tf (p) M 0

e unisometria lineare tra gli spazi vettoriali euclidei (Tp M, gp ) e (Tf (p) M 0 , gf(p)
0
).

Si possono dimostrare le seguenti Proprieta.


(1) Unisometria tra due varieta Riemanniane (M, g) e (M 0 , g0 ) induce unisome-
tria, nel senso degli spazi metrici, tra (M, d) e (M 0 , d0 ) e viceversa.
(2) Linsieme I(M) di tutte le isometrie di una varieta Riemanniana in se e un
gruppo rispetto alla composizione di isometrie. Si puo, inoltre, considerare su
I(M ) la topologia compatta aperta e definire una struttura di varieta differen-
ziabile in modo tale che I(M ) risulti essere un gruppo di Lie. In tal caso,
n(n + 1)
dim I(M )
2
dove n = dim M. Questo importante risultato si deve a Myers e Steenrood,
[MS].
possibile dimostrare che se dimI(M) = n(n+1)
E 2 , allora (M, g) ha curvatura
sezionale costante (per la definizione si veda il successivo II.3).
Lalgebra di Lie di I(M) coincide con lalgebra di Lie dei campi di Killing
completi su M (per i dettagli si veda, per esempio, [KN, Vol. I, pag. 236]).
Si noti che il gruppo dei diffeomorfismi di M non e un gruppo di Lie.

Definizione 1.5. Siano (M, g) e (M 0 , g 0 ) due varieta Riemanniane. Una funzione


differenziabile
f : M M 0

83
si dice isometria locale se, per ogni p M ,

f|p : Tp M Tf(p) M

e unisometria lineare di spazi vettoriali euclidei.

Come diretta conseguenza del Teorema della funzione inversa, si ha che se f e


unisometria locale,per ogni punto p di M , esistono un intorno U di p e un intorno U 0
di f(p) tali che
f |U : U U 0

sia un diffeomorfismo. Ad esempio, la sfera S n e lo spazio proiettivo reale RPn sono


localmente (ma non globalmente) isometrici.
Un problema importante in geometria Riemanniana e quello di capire quando due
varieta Riemanniane sono isometriche, almeno localmente. In molti casi, una risposta
soddisfaciente si ottiene mediante il confronto di particolari campi tensoriali che sono
invarianti per isometrie, detti invarianti Riemanniani.
Nei prossimi paragrafi saranno introdotti alcuni importanti invarianti Riemanniani.

Esempi
(1) M = Rn con la metrica euclidea gE e un esempio di varieta Riemanniana. Se
(x1 , x2 , . . . , xn ) e il sistema di coordinate globali standard su Rn , si ha

gE = dx1 dx1 + dx2 dx2 + + dxn dxn .




Si osservi che, in questo caso, , , . . . , n e un riferimento ortonor-
x1 x2 x
male globale.
o verificare facilmente che il gruppo delle isometrie di Rn , rispetto alla
Si pu
metrica euclidea, e dato da

I(Rn ) = {f : Rn Rn /f (x) = Ax + a, A O(n), a Rn },

con il prodotto (si identifica f I(Rn ) con la coppia (a, A))

(a, A)(a0 , A0 ) = (Aa0 + a, AA0 ), A, A0 O(n), a, a0 Rn .

Pertanto, I(Rn ) e il prodotto semidiretto di O(n) e Rn .

84
(2) Siano (M, g) e (M 0 , g 0 ) due varieta Riemanniane di dimensione n ed m, rispet-
a differenziabile prodotto M M 0 pu
tivamente. La variet o essere dotata, in
modo naturale, di una metrica prodotto e g definita su ogni spazio tangente
T(p,p0 ) (M M 0 )
= Tp M Tp0 M 0 , p M, p0 M 0 , nel modo seguente

ge(p,p0 ) (v + v0 , w + w0 ) = gp (v, w) + gp0 0 (v0 , w0 ),

per ogni v, w Tp M e v0 , w0 Tp0 M 0 . Se (U, x1 , . . . , xn ) e una carta locale di


M tale che
n
X
g= gij dxi dxj
i,j=1

e se (V, y 1 , . . . , y m ) e unaltra carta locale di M 0 rispetto alla quale


m
X
0
g = gab dy a dy b ,
a,b=1

g, rispetto alla carta (U V, x1 , . . . , xn , y 1 , . . . , y m )


allora lespressione locale di e
di M M 0 , e
n
X m
X
i j
e
g= gij dx dx + gab dy a dy b .
i,j=1 a,b=1

(3) Siano M ed M 0 due variet


a differenziabili e f : M M 0 unimmersione
(cfr. Definizione 6.1, Capitolo I). Data una metrica Riemanniana g0 su M 0 , la
metrica g = f g 0 e una metrica Riemanniana su M , detta metrica indotta.
Se M e una sottovarieta di M 0 , ossia f e iniettiva, la coppia (M, g) prende il
a Riemanniana di (M 0 , g 0 ).
nome di sottovariet
Pn
Per esempio, la sfera S n (r) = {(x1 , . . . , xn ) Rn / i 2
i=1 (x ) = r 2 }, di
raggio r 0, e una sottovarieta di Rn+1 e la metrica standard su S n (r) e
la metrica indotta dalla metrica euclidea di Rn+1 (cfr. punto (1)). Si pu
o
dimostrare che il gruppo delle isometrie di S n coincide col gruppo ortogonale
O(n + 1).
(4) Sul toro T n = S 1 S 1 (cfr. I.1) si pu
o considerare la metrica Rieman-
| {z }
nvolte
niana prodotto della metrica standard di S 1 (indotta dalla metrica euclidea di
R2 ). In questo caso, T n prende il nome di toro piatto.

85
Esercizio

1.1 Si consideri la sfera S n (r) come sottovariet


a di Rn+1 . Si dia lespressione
in coordinate locali della metrica di S n (r), indotta dalla metrica euclidea di
Rn+1 .

86
II.2 Connessioni su variet
a Riemanniane

noto che in Rn ha senso parlare di derivata direzionale di un campo tensoriale


E
rispetto ad un campo vettoriale. Per poter estendere tale concetto ad una varieta
differenziabile qualsiasi e necessario considerare dei particolari operatori, detti con-
nessioni lineari, che hanno le stesse proprieta formali della derivata direzionale.

Definizione 2.1. Una connessione lineare su una varieta differenziabile M e


unapplicazione

: X(M ) X(M ) X(M), (X, Y ) 7 X Y,

per cui valgono le seguenti proprieta


(1) e F(M )lineare rispetto ad X, ossia

f X Y = fX Y, X, Y X(M), f F(M).

(2) e una F(M )derivazione rispetto ad Y , ossia

X fY = X(f)Y + fX Y, X, Y X(M), f F(M).

Loperatore X prende il nome di derivata covariante rispetto al campo vettoriale


X.

Esempi
Pn i
Pn j
(1) Sia M = Rn . Dati i campi vettoriali X = i=1 X xi , Y = j=1 Y xj ,
X i , Y j F(Rn ), lapplicazione definita da
n
X n
X
i Y i
X Y = X(Y ) i = Xj j
x x xi
i=1 i,j=1

e una connessione lineare che, in questo caso, coincide con la derivata direzio-
nale di Y rispetto ad X.
(2) Siano G un gruppo di Lie e g la sua algebra di Lie. Data unapplicazione
bilineare : g g g, poniamo

X Y = (X, Y ),

87
per ogni X, Y g, ed estendiamo la definizione di a tutti i campi vettoriali
su G mediante gli assiomi (1) e (2) della Definizione 2.1. In questo modo
si ottiene una connessione lineare su G. Scelte particolari di individuano
alcune importanti connessioni; ad esempio, se e identicamente nulla si ha la
cosiddetta () connessione di Cartan-Schouten (cfr. [KN], Vol. I, pag.
198).

Ritornando al caso generale, data una connessione lineare su una varieta diffe-
renziabile M , si dimostrano i seguenti fatti.
(1) Se U M e un aperto, la restrizione di X Y ad U dipende solo dalle restrizioni
ad U di X e Y , vale a dire: considerati altri campi vettoriali X 0 , Y 0 X(M)
tali che X 0 |U = X|U e Y 0 |U = Y |U , allora (X Y )|U = (X 0 Y 0 )|U .
(2) Assegnare una connessione lineare su M equivale ad assegnare una connessione
su ogni aperto di un ricoprimento R di M, rispettando opportune condizioni
di compatibilit
a sullintersezione degli aperti.
(3) Mediante la partizione dellunita, si prova che ogni varieta differenziabile am-
mette sempre infinite connessioni lineari.
Determiniamo lespressione in coordinate locali del campo vettoriale X Y . Se
Pn
Pn j
(U, x1 , . . . , xn ) e una carta locale su M, allora X = i=1 X i x i, Y = j=1 Y xj ,
dove X i , Y j F(U ). Tenuto conto della Definizione 2.1, si ha

n
X Xn

X Y = X Y j = j
X(Y ) j + Y X j .j
xj x x
j=1 j=1

Dato che
X n
i
X = X ,
xj xi xj
i=1

il campo vettoriale X Y |U e noto quando sono noti i campi
xj
. Posto
xi

X n
k
= ij ,
xi xj xk
k=1

dove kij F(U ), lespressione in coordinate locali della connessione e



Xn Xn
X(Y k ) +
X Y = kij X i Y j k .
i,j=1
x
k=1

88
Le funzioni kij sono le componenti locali della connessione sullaperto U e prendono
il nome di simboli di Christoffel. Se (V, y 1 , . . . , y n ) e unaltra carta locale di M
tale che U V 6= , posto
X n
ec ,

b
= ab
ya y c=1
y c

e c nei punti di U V e
la relazione che intercorre tra le componenti locali kij e ab

n
X k 2 k n
X i j
e c x = x +
k x x
.
ab c a y b ij a y b
c=1
y y y
ij=1

Introduciamo ora due importanti campi tensoriali associati ad una connessione


lineare.

Definizione 2.2. Sia una connessione lineare su una varieta differenziabile M.


La torsione di e il campo tensoriale T di tipo (1, 2) definito da

T : X(M) X(M ) X(M ), (X, Y ) 7 T (X, Y ) = X Y Y X [X, Y ].

La curvatura di e il campo tensoriale R di tipo (1, 3) dato da

R : X(M ) X(M ) X(M) X(M ), (X, Y, Z) 7 RXY Z = [X,Y ] Z [X , Y ]Z.

Osservazioni
(1) T ed R sono campi tensoriali per i quali valgono le seguenti proprieta di anti-
simmetria

T (X, Y ) = T (Y, X), RXY Z = RY X Z,

per ogni X, Y, Z X(M).


(2) Il segno della curvatura nella Definizione 2.2 e quello adottato da J. Milnor
([MI2]) ed e opposto a quello scelto da S. Kobayashi e K. Nomizu ([KN]).

Loperazione di derivazione covariante pu


o essere estesa a campi tensoriali di tipo
qualsiasi. Tuttavia, per semplicita daremo la definizione solo nel caso dei campi
tensoriali che verranno usati in seguito.

89
Definizione 2.3. La derivata covariante di un campo tensoriale, rispetto ad un
campo vettoriale X, e definita nel modo seguente
- se f F(M ),
X f = X(f ) = df (X);

- se e un campo tensoriale di tipo (0, k), vale a dire unapplicazione F(M)


multilineare
: X(M) X(M ) F(M ),
| {z }
kvolte

allora
k
X
(X )(X1 , . . . , Xk ) = X((X1 , . . . , Xk )) (X1 , . . . , X Xi , . . . , Xk );
i=1

- se A e un campo tensoriale di tipo (1, k), cioe unapplicazione F(M )multilineare

A : X(M) X(M) X(M)


| {z }
kvolte

allora
k
X
(X A)(X1 , . . . , Xk ) = X (A(X1 , . . . , Xk )) A(X1 , . . . , X Xi , . . . , Xk ),
i=1

dove X, X1 , . . . , Xk X(M ).
Il differenziale covariante di un campo tensoriale e dato da

(X; X1 , . . . , Xk ) = (X )(X1 , . . . , Xk ),

se e un campo tensoriale di tipo (0, k), e da

A(X; X1 , . . . , Xk ) = (X A)(X1 , . . . , Xk ),

se A e un campo tensoriale di tipo (1, k).

Osservazioni
(1) Se e un campo tensoriale di tipo (0, k), e un campo tensoriale di tipo
(0, k+1).
(2) Se A e un campo tensoriale di tipo (1, k), A e un campo tensoriale di tipo
(1, k+1).

90
Le dimostrazioni di queste Proprieta sono lasciate per esercizio (Esercizio 2.3).

Una connessione su una varieta Riemanniana (M, g) si dice metrica se g = 0.


In base alla Definizione precedente, cio equivale alla condizione

Xg(Y, Z) = g(X Y, Z) + g(Y, X Z),

per ogni X, Y, Z X(M ).

Teorema 2.1 (lemma fondamentale della geometria Riemanniana). Su una


varieta Riemanniana (M, g) esiste ed unica una connessione lineare che sia
(1) priva di torsione (T = 0, ovvero X Y Y X = [X, Y ], per ogni X, Y X(M )),
(2) metrica.
Tale connessione prende il nome di connessione di Levi Civita o connessione
Riemanniana.

Cenno di dimostrazione: Siano X, Y X(M ). Definiamo X Y come lunico


campo vettoriale tale che

2g(X Y, Z) =Xg(Y, Z) + Y g(Z, X) Zg(X, Y )


(*) + g([X, Y ], Z) g([Y, Z], X) + g([Z, X], Y ),

per ogni Z X(M).


Si noti che, essendo gp un prodotto scalare su ogni spazio tangente Tp M , la defini-
zione (*) e una buona definizione. Infatti, se gp (x, y) = gp (x0 , y), per ogni y Tp M,
si ha gp (xx0 , y) = 0 e, poiche gp e non degenere, si deduce xx0 = o, cioe x = x0 . Si
lascia per esercizio (Esercizio 2.4) il provare che la (*) definisce ununica connessione
lineare priva di torsione e metrica.

Osservazioni
(1) I simboli di Christoffel di una connessione di Levi Civita verificano la condizione

kij = kji

in quanto la torsione e nulla.

91
Mediante la relazione (*), e possibile esprimere i simboli di Christoffel in
funzione delle componenti locali della metrica
n
X
1 gjk gki gij
lij glk = + .
2 xi xj xk
l=1

immediato verificare che la connessione lineare X Y , definita nellesempio


(2) E
(1) di pag. 87, coincide con la connessione di Levi Civita della metrica euclidea
gE di Rn . In questo caso, i simboli di Christoffel sono tutti nulli.
(3) Se e la connessione di Levi Civita di (M, g) e se f e unisometria, allora

f (X Y ) = f X f Y, X, Y X(M ).

In altri termini, e invariante per isometrie.

Esercizi

2.1 Siano (U, x1 , . . . , xn ) e (V, y 1 , . . . , y n ) due carte locali, ad intersezione non


vuota, di un atlante di una varieta differenziabile M. Si determini la relazione
intercorrente tra le componenti locali di una connessione lineare , definita su
M , nei punti di U V .

2.2 Sia una connessione lineare su una varieta differenziabile M .


(1) Verificare che la torsione T di e un campo tensoriale di tipo (1, 2), antisim-
metrico.
(2) Verificare che la curvatura R di e un campo tensoriale di tipo (1, 3), anti-
simmetrico rispetto ai primi due argomenti.

2.3 Sia un campo tensoriale di tipo (0, k) definito su di una varieta differenziabile
M e sia una connessione lineare su M. Si provi che e un campo tensoriale
di tipo (0, k + 1). Si verifichi che, nel caso di un campo tensoriale A di tipo
(1, k), A e un campo tensoriale di tipo (1, k + 1).

2.4 Si completi la dimostrazione del Teorema 2.1.

92
II.3 Tensori di curvatura

Siano (M, g) una varieta Riemanniana e la sua connessione di Levi Civita.

Definizione 3.1. Il tensore di curvatura Riemanniano e il campo tensoriale di


tipo (0, 4), denotato ancora con R, definito da

RXY ZW = g(RXY Z, W ),

per ogni X, Y, Z, W X(M ) (il tensore R che compare a secondo membro e la curva-
tura di , cfr. Definizione 2.2).

3.1. Il tensore di curvatura Riemanniano verifica le seguenti proprieta


Proprieta
(1) RXY ZW = RY XZW ,
(2) RXY ZW = RXY W Z ,
(3) RXY ZW = RZW XY ,
(4) SXY Z RXY ZW = 0, (Prima identita di Bianchi),
(5) SXY Z (X R)Y ZW U = 0, (Seconda identit
a di Bianchi),
per ogni X, Y, Z, W, U X(M) (SXY Z denota la somma rispetto alle permutazioni
cicliche di X, Y, Z).

La dimostrazione viene lasciata come esercizio (Esercizio 3.1).

Osservazioni
(1) Il tensore di curvatura R della connessione di Levi Civita e invariante per
isometrie, vale a dire

f (RXY Z) = Rf Xf Y f Z,

per ogni X, Y, Z X(M ) e per ogni isometria f di (M, g). Se M ha dimensione


2, questo risultato e noto come Teorema Egregium di Gauss.
(2) Le derivate covarianti successive m R del tensore di curvatura sono anchesse
invarianti per isometrie.
(3) Il fatto che R sia un campo tensoriale implica che R individua un tensore su
ogni spazio tangente Tp M, p M. Infatti, se x, y, z, w Tp M , posto

Rxyzw = (RXY ZW )p ,

93
dove X, Y, Z, W X(M) sono campi qualsiasi tali che Xp = x, Yp = y, Zp = z,
Wp = w, si controlla che il valore di Rxyzw non dipende dalla scelta dei campi
X, Y, Z, W .

Definizione 3.2. Siano (M, g) una varieta Riemanniana e p un suo punto. Si con-
sideri un sottospazio di dimensione 2 dello spazio tangente Tp M . La curvatura
sezionale K del piano e definita da
Rxyxy
Kxy = ,
kxk kyk2 g(x, y)2
2

dove (x, y) e un base di .

Osservazioni
(1) Per la disuguglianza di CauchySchwartz, il denominatore di Kxy non e mai
nullo. Questo non e pi
u vero per le metriche pseudoRiemanniane. In tal caso,
nella definizione di curvatura sezionale si considerano solo basi per le quali il
denominatore non e nullo.
(2) La curvatura sezionale non dipende dalla base scelta. Infatti, se e un piano
vettoriale di Tp M e se (x, y) e (u, v) sono due basi qualsiasi di , allora

Kxy = Kuv

(cfr. Esercizio 3.3). Si noti che se (x, y) e una base ortonormale di , allora
Kxy = Rxyxy .
(3) La curvatura sezionale determina completamente il tensore di curvatura Rie-
manniano. Pi
u precisamente, posto K(X, Y ) = RXY XY , si ha

1
RXY ZW = {K(X + Z, Y + W ) K(X + W, Y + Z) K(X, Y + W )
6
K(Z, Y + W ) K(Y, X + Z) + K(X, Y + Z) K(W, X + Z)
+ K(W, Y + Z) + K(Y, X + W ) + K(Z, X + W )
+ K(Y, Z) + K(X, W ) K(Y, W ) K(X, Z)},

per ogni X, Y, Z, W X(M ). Si noti che, conosciuto il valore della curvatura


sezionale K in ogni punto di M, allora e noto K(X, Y ), per ogni X, Y X(M).

94
Definizione 3.3. Sia (M, g) una varieta Riemanniana e sia R il tensore di curvatura
Riemanniano. La curvatura di Ricci e la curvatura scalare sono definite nel
modo seguente
n
X
(X, Y ) = RXEi Y Ei , X, Y X(M ),
i=1
n
X
= (Ei , Ei ),
i=1

dove (E1 , E2 , . . . , En ) e un riferimento ortonormale locale.

Osservazioni
(1) Non e difficile verificare che le definizioni di e non dipendono dal riferimento
ortonormale locale.
(2) La curvatura di Ricci e un campo tensoriale di tipo (0, 2) simmetrico, vale a
dire
(X, Y ) = (Y, X), X, Y X(M ).

La curvatura scalare e una funzione differenziabile a valori reali, ossia


F(M).

Esempi


1) Se g e una qualsiasi metrica su Rn tale che g xi , xj sia costante per ogni
i, j = 1, . . . , n (si ricordi che (x1 , . . . , xn ) e un sistema di coordinate gobali su Rn ), la
curvatura Riemanniana di g e nulla.
2) La curvatura di una variet
a Riemanniana di dimensione 1 e sempre identicamente
nulla.
3) Se M e una varieta Riemanniana di dimensione 2, in ogni punto p M vi e
una sola curvatura sezionale, che coincide con la curvatura Gaussiana nel caso delle
superfici di R3 . Pi
u precisamente, si pu
o pensare alla curvatura sezionale come ad
una funzione K : M R, p 7 K(p) = Ruvuv , dove (u, v) e una base ortonormale
di Tp M. Determiniamo lespressione Rxyzw con x, y, z, w Tp M. Posto

x = au + bv, y = cu + dv, z = eu + fv, w = gu + hv,

95
con a, b, c, d, e, f, g, h R, si ha

Rxyzw = (ad bc)(eh f g)K(p)


= [(ae + bf )(cg + dh) (ag + bh)(ce + df)]K(p)
= K(p)[g(x, z)g(y, w) g(x, w)g(y, z)],

ossia, in termini di campi vettoriali

RXY ZW = K[g(X, Z)g(Y, W ) g(X, W )g(Y, Z)], X, Y, Z, W X(M ).

Si noti che la curvatura sezionale determina completamente la curvatura, come e gi


a
stato osservato in precedenza.

Consideriamo, ora, una classe particolarmente importante di varieta Riemanniane.

Definizione 3.4. Una varieta Riemanniana M ha curvatura sezionale puntual-


mente costante se, in ogni punto p M , K(1 ) = K(2 ), per ogni coppia di piani
1 e 2 di Tp M . Questo valore della curvatura sezionale (che dipende solo da p) sara
indicato con K(p).
Se M ha curvatura sezionale puntualmente costante e se la funzione K : M R,
p 7 K(p), e costante, si dice che M e a curvatura sezionale costante, oppure a
curvatura costante.

Contrariamente al caso delle superfici, le due definizioni precedenti coincidono per


le varieta Riemanniane aventi dimensione maggiore di 2. Infatti vale il

Teorema 3.2 (Schur). Sia M una varieta Riemanniana di dimensione n con n 3.


Se M e a curvatura sezionale puntualmente costante allora e a curvatura sezionale
costante.

Osservazioni
(A) Le varieta Riemanniane (M, g) a curvatura sezionale costante K, connesse,
semplicemente connesse e complete (nel senso che M e uno spazio metrico completo
rispetto alla distanza indotta da g), sono classificate in tre classi. Pi
u precisamente
(1) se K > 0, (M, g) e isometrica alle sfera S n (r), di raggio r = 1 , dotata della
K
metrica indotta dalla metrica euclidea di Rn+1 .

96
(2) Se K = 0, (M, g) e isometrica ad Rn con la metrica euclidea.
(3) Se K < 0, (M, g) e isometrica al semispazio di Poincar
e

Hn (r) = {(u1 , . . . , un ) Rn /u1 > 0},

con metrica
r2
g= ((du1 )2 + ... + (dun )2 ),
(u1 )2
dove r = 1 .
K

Se vengono omesse le ipotesi topologiche (semplice connessione e completezza) la


classificazione e solo locale.

(B) Il semispazio di Poincare Hn ha anche la struttura di gruppo di Lie dove il


prodotto e dato da

(x1 , . . . , xn )(y 1 , . . . , y n ) = (x1 y 1 , x1 y 2 + x2 , . . . , x1 y n + xn ).

Si osservi che Hn e un gruppo di Lie risolubile ed e prodotto semidiretto di R {0}


e Rn1 .

Una caratteristica notevole delle varieta Riemanniane a curvatura costante e quella


di avere lo stesso tensore di curvatura delle variet
a bidimensionali.

3.3. Sia M una variet


Proprieta a Riemanniana a curvatura sezionale costante K.
Allora il tensore di curvatura Riemanniano e dato da

RXY ZW = K[g(X, Z)g(Y, W ) g(X, W )g(Y, Z)].

per ogni X, Y, Z, W X(M).

Definizione 3.5. Una varieta Riemanniana (M, g) si dice variet


a di Einstein se
il tensore di Ricci e multiplo di g, ossia se esiste una funzione F(M) tale che

(X, Y ) = g(X, Y ),

per ogni X, Y X(M ).

Anche in questo caso, si dimostra che

97
3.4. Sia (M, g) una variet
Proprieta a di Einstein. Se dimM 3 allora e una
funzione costante.

Si osservi che ogni varieta Riemanniana di dimensione 2 e di Einstein, ma non e


necessariamente costante.
Lo studio delle varieta di Einstein riveste una grande importanza nellambito della
geometria Riemanniana. Per unesposizione dettagliata dei principali risultati si veda
la monografia di A. L. Besse [BE].
Nel caso particolare delle metriche di Lorentz, le varieta di Einstein hanno un ruolo
fondamentale nella teoria della Relativit
a Generale.

3.5. Se (M, g) e una varieta Riemanniana di dimensione n, a curvatura


Proprieta
sezionale costante K, il tensore di Ricci e la curvatura scalare hanno le seguenti
espressioni

(X, Y ) = (n 1)Kg(X, Y ), X, Y X(M),


= n(n 1)K.

In particolare, ogni varieta a curvatura sezionale costante e di Einstein.

Osservazione. Si puo provare ([KN] vol. I, pag. 293) che se una varieta Rieman-
niana (M, g) ha dimensione 3 ed e di Einstein allora e a curvatura sezionale costante.
Infatti, si dimostra che

RXY ZW = g(X, Z)(Y, W ) + g(Y, W )(X, Z) g(X, W )(Y, Z)



g(Y, Z)(X, W ) {g(X, Z)g(Y, W ) g(X, W )g(Y, Z)}
2

e, quindi, il tensore di Ricci determina completamente la curvatura. Pertanto, la


ricerca delle varieta di Einstein diventa interessante solo quando la dimensione e
almeno 4.

Esercizi

3.1 Dimostrare la Proprieta 3.1.

98
3.2 Siano il tensore di Ricci e la curvatura scalare di una varieta Riemanniana
(M, g).
Si provi che
(i) e un campo tensoriale di tipo (0,2) simmetrico;
(ii) le definizioni di e non dipendono dalla scelta del riferimento ortonor-
male locale.

3.3 Dimostrare laffermazione contenuta nellosservazione (2) di pag. 94.

3.4 Siano (M1 , g1 ) e (M2 , g2 ) due varieta Riemanniane. Considerata la varieta


M = M1 M2 dotata della metrica prodotto ge = g1 g2 (cfr. lesempio (2)
di pag. 85), determinare la relazione che intercorre tra la connessione di Levi
Civita di e
g e le connessioni di Levi Civita di g1 e g2 . Trovare le analoghe
relazioni tra i tensori di curvatura Riemanniani, le curvature di Ricci e le
curvature scalari.

99
II.4 Equazioni di struttura di Cartan

Ricordiamo che una pforma differenziale e una applicazione F(M )lineare

: X(M) X(M) F (M )
| {z }
p volte

che e anche antisimmetrica rispetto a tutti i suoi argomenti, cioe

(X1 , . . . , Xi , . . . , Xj , . . . , Xp ) = (X1 , . . . , Xj , . . . , Xi , . . . , Xp ).

Lo spazio vettoriale delle pforme differenziali su M viene solitamente indicato con


p (M).
Se p (M ) e s (M ), il prodotto esterno di e e la (p+s)forma
definita da
1 X
( )(X1 , . . . , Xp+s ) = ()(X(1) , ..., X(p) )(X(p+1) , . . . , X(p+s) ),
(p + s)!
P

dove P denota linsieme delle permutazioni di {1, . . . , p + s} e () e il segno della


permutazione .
In particolare, se , 1 (M ), allora
1
( )(X, Y ) = ((X)(Y ) (Y )(X)), X, Y X(M ).
2
Il differenziale esterno e lapplicazione

d : p (M ) p+1 (M ),

definita da
p+1
1 X i , . . . , Xp+1 )
d(X1 , . . . , Xp+1 ) = { (1)i+1 Xi (X1 , . . . , X
p+1
i=1
X
+ (1)i+j ([Xi , Xj ], X1 , . . . , Xi , . . . , Xj , . . . , Xp+1 )},
1i<jp+1

dovesignifica che il relativo campo vettoriale deve essere omesso.


In particolare, se 1 (M), allora
1
d(X, Y ) = {X(Y ) Y (X) ([X, Y ])} , X, Y X(M ).
2

Il seguente risultato di Algebra Multilineare e necessario per alcune dimostrazioni


successive.

100
Lemma 4.1 (di Cartan). Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo
K e siano 1 , . . . , p V (spazio vettoriale duale di V ) delle 1forme linearmente
indipendenti. Se 1 , . . . , p V sono 1-forme tali che

p
X
= 0,
=1

allora esistono degli scalari K per cui


Pp
= =1
.
=

dimostrazione: Completiamo linsieme ( 1 , . . . , p ) in modo da ottenere una base


Pn
( 1 , . . . , p , p+1 , . . . , n ) di V e poniamo = i=1 i i . Dato che le 2forme
( i j , 1 i < j n) individuano una base di 2 V , dalla relazione

p
X X X
0= = ( ) + i i ,
=1 1<p 1p;p+1in

si deduce = e i = 0.

Sia (M, g) una varieta Riemanniana di dimensione n. Si consideri un riferimento


ortonormale locale (E1 , . . . , En ) definito su un aperto U M . In altre parole,
(E1 |p , . . . , En |p ) e una base ortonormale di Tp M, per ogni p U. Sia ( 1 , . . . , n )
il riferimento duale, ossia tale che i (Ej ) = ij . In tal caso, i (X) = g(X, Ei ) e
Pn
li-esima componente locale del campo X e si pu o scrivere X = i=1 g(X, Ei )Ei .
Pn
Sia la connessione di Levi Civita. Posto Ei Ej = k=1 kij Ek , dove kij sono
le componenti locali di rispetto al riferimento scelto (le kij non sono, in generale,
simmetriche rispetto agli indici inferiori), consideriamo le 1forme

n
X
ji = ikj k , i, j = 1, . . . , n.
k=1

Si noti che, per ogni campo vettoriale X X(U),

n
X
ji (X) = ikj k (X) = i (X Ej ) = g(X Ej , Ei ).
k=1

101
Le ji sono dette 1forme locali della connessione . E chiaro che le ji deter-
minano completamente la connessione .
Le 2-forme locali di curvatura ij , i, j = 1, . . . , n, sono definite nel modo se-
guente
2ij (X, Y ) = i (RXY Ej ), X, Y X(U ).

A questo punto, possiamo enunciare il seguente Teorema che rappresenta la versione


in termini di forme differenziali del Teorema 2.1.

Teorema 4.2 (Cartan). Sia (E1 , . . . , En ) un riferimento ortonormale locale su una


varieta Riemanniana (M, g) di dimensione n e sia ( 1 , . . . , n ) il riferimento duale.
Valgono le seguenti equazioni di struttura di Cartan
( Pn
d i = j=1 ji j
(1) ,
ji + ij = 0

( Pn
ij = dji + i
k=1 k jk
(2) .
ij + ji = 0

Inoltre, le 1forme ji che verificano le equazioni (1) sono uniche.

La dimostrazione di questo Teorema consiste in una semplice verifica ed e lasciata


come esercizio (Esercizio 4.1). Si noti che, per provare lunicita delle forme di connes-
sione, e necessario usare il Lemma di Cartan (cfr. Lemma 4.1).

Nel seguito, ci si riferira al sistema (1) (rispettivamente, al sistema (2)) col nome
collettivo di prima (rispettivamente, di seconda) equazione di struttura.
Come si vedra nellesempio seguente, le equazioni di struttura forniscono il metodo
pi
u comodo per determinare il tensore di curvatura di una varieta Riemanniana.

Esempio
Sia S 2 (r) la sfera, di centro lorigine e raggio r, in R3 Consideriamo la carta locale
(S 2 (r) S, ) = (S 2 (r) S, u1 , u2 ), costruita mediante la proiezione stereografica dal

102
polo sud S. Rispetto alle coordinate ui , la metrica g, indotta dalla metrica euclidea
di R3 , ha lespressione

4r 4
g= (du1 du1 + du2 du2 ),
(r2 + kuk2 )2

dove kuk2 = (u1 )2 + (u2 )2 .


Una base ortonormale locale per le 1forme su S 2 (r) e data da

2r 2 2r 2
1 = du1 , 2 = du2 .
r 2 + kuk2 r 2 + kuk2

Poiche
d(kuk2 ) = 2(u1 du1 + u2 du2 ),

si trova

1 2 1
d = 2r 2 2 2
(2u du + 2u du ) du1
1 1 2 2
(r + kuk )
4r2 1
= 2 2 2
u2 du2 du1 = 2 u2 2 1 .
(r + kuk ) r

Analogamente, si ottiene
1 1 1
d 2 = u 2.
r2
Allo scopo di determinare le 1forme di connessione, si ponga 21 = a1 + b 2 . Dalla
prima equazione di struttura, si deduce

r12 u2 2 1 = (a1 b2 ) 2
,
r12 u1 1 2 = (a1 + b2 ) 1

da cui si ottiene
1 2 1 1
a= u , b= u
r2 r2
e quindi
1 2 1 1 1
21 = 2
u + 2 u1 2 = 2 (u1 2 u2 1 ).
r r r
Calcolato il differenziale di 21 , dalla seconda equazione di struttura si ricava

1 1
12 = 2,
r2
1
da cui si vede che la curvatura Gaussiana di S 2 (r) vale proprio r2 , come ci si aspettava.

103
Esercizi

4.1 Dimostrare il Teorema 4.2.

4.2 Determinare la curvatura sezionale della metrica

dx2 + dy 2
ds2 = ,
y2

definita sul semipiano di Poincare

R2+ = {(x, y) R2 /y > 0}.

4.3 Si consideri la famiglia di metriche Riemanniane su R3

ds2 = Adx2 + Bdy 2 + C(dz ydx)2 , A, B, C R+ .

((x, y, z) sono le coordinate standard di R3 ).


Determinare il tensore di curvatura Riemanniana, la curvatura di Ricci e la
curvatura scalare per ciascuna di tali metriche.

4.4 Si consideri la seguente metrica Riemanniana su R4+ = {(x1 , x2 , x3 , x4 )


R4 /x1 > 0} (detta metrica di Willmore)

ds2 = (x1 )4 (dx21 + dx22 + dx23 ) + x2 2


1 dx4 .

Dimostrare che tale metrica e Riccipiatta (ossia = 0), nonostante che il


tensore di curvatura Riemanniano non sia nullo.

104
II.5 Geodetiche e Teorema di Myers

Sia M una variet


a differenziabile dotata di una connessione lineare . Si pu
o
provare che, dati i campi vettoriali X, Y X(M ) e fissato un punto p M , il
vettore (X Y )p dipende solo da Xp e dai valori del campo Y in un intorno di p. Pi
u
precisamente, vale la

5.1. Siano X X(M ) e : (a, b) R M la sua curva integrale


Proprieta
passante per p M . Se Y, Y 0 X(M ) sono due campi che coincidono lungo , ossia
0
tali che Y(t) = Y(t) per ogni t (a, b), allora

(X Y )p = (X Y 0 )p .

In altri termini, (X Y )p dipende solo dal valore di Y lungo la curva .

In base alla Proprieta precedente, si puo introdurre la nozione di derivata covariante


di un campo vettoriale lungo una curva. Data una curva : (a, b) R M e un
campo vettoriale Y lungo , si definisce

(t)
Y = (X Ye )(t) ,

dove X, Ye sono campi qualsiasi tali che X(t) = (t)


e Ye(t) = Y(t) . Ha senso, quindi,
la seguente

Definizione 5.1. Un campo vettoriale X si dice parallelo (rispetto a ) lungo una


curva : (a, b) R M se

(t)
X = 0, per ogni t (a, b).

Mediante questa Definizione si perviene al concetto di geodetica.

Definizione 5.2. Una curva : (a, b) M si dice autoparallela se il campo


tangente (t)
e parallelo lungo , vale a dire se

(t)
(t)
=0 per ogni t (a, b).

105
Le geodetiche di una variet
a Riemanniana sono le curve autoparallele rispetto alla
connessione di Levi Civita.

Elenchiamo, ora, alcune propriet


a delle geodetiche.

(1) Siano M e N due variet


a Riemanniane, f : M N unisometria e
: (a, b) R M una geodetica. Anche la curva = f e una geo-
detica di N .
(2) Sia (M, g) una varieta Riemanniana. Se una curva : [a, b] R M e
parametrizzata mediante lascissa curvilinea (cfr. pag. 82) e ha lunghezza
minore di ogni curva che unisce (a) con (b), allora e una geodetica. Per
esempio, le geodetiche di Rn e S n sono, rispettivamente, le rette ed i cerchi
massimi.
(3) Sia M una variet
a differenziabile dotata di una connessione lineare . Le curve
autoparallele sono soluzioni di un sistema di equazioni differenziali ordinarie
del secondo ordine. Poiche tali soluzioni sono uniche, una volta fissate le con-
dizioni iniziali, per ogni vettore v Tp M , esiste una sola curva autoparallela
U : I M (I R intervallo aperto contenente 0) tale che
i) U (0) = p, U (0) = v;
ii) U e massimale, ossia non e la restrizione ad I di unaltra autoparallela
definita su unintervallo contenente propriamente I.

Definizione 5.3. Una varieta Riemanniana (M, g) si dice completa se e possibile


estendere ogni geodetica : (a, b) R M ad una applicazione : R M .

Osservazione. Si prova che questa definizione di completezza e equivalente allusuale


concetto di completezza per gli spazi metrici, vale a dire che ogni successione di Cauchy
e convergente.

La completezza di una varieta Riemanniana e legata alla sua topologia, infatti vale
il

Teorema 5.2. Ogni varieta Riemanniana compatta e completa.

106
Daltra parte, vi sono molte varieta Riemanniane complete ma non compatte. Tut-
tavia, mediante opportune ipotesi sulla curvatura, si pu
o, in un certo senso, invertire
il Teorema 5.2.

Teorema 5.3 (Myers). Sia (M, g) una varieta Riemanniana completa. Supponiamo
che esista un numero reale positivo tale che, per ogni p M e per ogni vettore
unitario x Tp M , si abbia
(x, x) >

(ossia la curvatura di Ricci e sufficientemente positiva). Allora M e compatta ed il


suo gruppo fondamentale 1 (M) e finito.

Osservazione. Il fatto che 1 (M) sia finito e una conseguenza della compattezza
f M pu
di M . Infatti, il rivestimento universale : M o essere dotato (usando le
trivializzazioni di ) di una metrica che rende unisometria locale. Applicando il
Teorema di Myers a M, f si ottiene che M
f e compatto. La fibra 1 (p) di un punto
f. Infine, e noto che 1 (p) e in
p M e un sottospazio discreto e, quindi, finito di M
biiezione con 1 (M ) (cfr. A.3).

In seguito vedremo, come importante conseguenza del Teorema di Myers, che il


rivestimento universale di un gruppo di Lie semisemplice e compatto e compatto.

107
III. GEOMETRIA RIEMANNIANA DEI GRUPPI DI LIE

Lo scopo di questo capitolo e lo studio delle metriche invarianti a sinistra sui gruppi
di Lie e delle loro principali proprieta.
La Bibliografia su tali argomenti non e molto estesa. A parer nostro, larticolo che,
meglio di ogni altro, ne riassume i principali risultati e quello di J. Milnor [MI2], a
cui si far
a costantemente riferimento nel corso di tutto il capitolo.

108
III.1 Metriche invarianti a sinistra e metriche biinvarianti

Tra tutte le metriche Riemanniane che possono essere definite su di un gruppo


di Lie, hanno una particolare importanza quelle che sono collegate al prodotto del
gruppo.

Definizione 1.1. Una metrica Riemanniana g su un gruppo di Lie G si dice inva-


riante a sinistra se, per ogni a G, la traslazione sinistra La e unisometria di
(G, g).

Osservazioni
(1) Dalla Definizione precedente segue che g e invariante a sinistra se e solo se

ga (Xa , Ya ) = ga ((La )|e Xe , (La )|e Ye ) = (La ) ge (Xe , Ye ) = ge (Xe , Ye ),

per ogni a G e per ogni X, Y g, algebra di Lie di G. In altri termini, g e


invariante a sinistra se e solo se la funzione g(X, Y ) e costante, per ogni coppia
di campi invarianti a sinistra X e Y .
(2) Per quanto si e appena visto, non e difficile provare che esiste una corrispon-
denza biunivoca tra linsieme delle metriche invarianti a sinistra su G e linsieme
dei prodotti scalari di g.
(3) Si possono definire, in modo ovvio, le metriche invarianti a destra: esse hanno
proprieta del tutto speculari a quelle invarianti a sinistra.

Esempio
Consideriamo il gruppo di Heisenberg

1 x z
He =
0 1 y , x, y, z R GL(3, R),

0 0 1

la cui algebra di Lie e



0
he = 0 0
, , , R gl (3, R).

0 0 0

109
Determiniamo una base per lo spazio vettoriale delle 1forme invarianti a sinistra su
He. Considerati due elementi

1 a12 a13 1 b12 b13

A= 0 1 a23 ,
B= 0 1 b23
0 0 1 0 0 1

di He, si ha

1 a12 + b12 b13 + a12 b23 + a13

LA B = AB = 0 1 a23 + b23 .
0 0 1

Se (x, y, z) sono le funzioni coordinate globali su He, si trova

x(LA B) =a12 + b12 = x(B) + a12 ,


y(LA B) =a23 + b23 = y(B) + a23 ,
z(LA B) =b13 + a12 b23 + a13 = z(B) + y(B)a12 + a13 ,

ossia

x LA =x + a12 ,
y LA =y + a23 ,
z LA =z + ya12 + a13 .

Dalle espressioni precedenti si deduce

LA (dx) = d(x LA ) = dx,


LA (dy) = d(y LA ) = dy,
LA (dz) = d(z LA ) = dz + a12 dy.

Di conseguenza, le 1forme dx e dy sono invarianti a sinistra su He, mentre questo


non succede per dz. Ma

LA (dz xdy) = LA (dz) (x LA )LA (dy)


= dz + a12 dy (x + a12 )dy = dz xdy

110
e, quindi, dz xdy e una 1forma invariante a sinistra. Si vede facilmente che
(dx, dy, dz xdy) e una base dello spazio vettoriale delle 1forme invarianti a si-
nistra sul gruppo di Heisenberg. Un semplice calcolo mostra che la base duale e data
da

E1 = , E2 = +x , E3 = .
x y z z
evidente che
E
ds2 = dx2 + dy 2 + (dz xdy)2
e una metrica invariante a sinistra su He e che (E1 , E2 , E3 ) e un riferimento ortonor-
male globale.
Usando le equazioni di struttura di Cartan (cfr. II.4), determiniamo la curvatura
del gruppo di Heisenberg. Posto

1 = dx, 2 = dy, 3 = dz xdy,

la prima equazione di struttura di Cartan si traduce nel sistema




0 = 21 2 31 3

0 = 21 1 32 3 ,


1
2 = 31 1 32 2
le cui soluzioni (necessariamente uniche) sono date da
1 1 1
21 = 3 , 31 = 2 , 32 = 1 .
2 2 2
Dalla seconda equazione di struttura si ricavano le forme di curvatura
3 1 1
12 = 1 2 , 13 = 1 3 , 23 = 2 3 ,
4 4 4
da cui si ottiene che le componenti non nulle del tensore di curvatura Riemanniano
sono date da
3 1 1
R1212 = , R1313 = , R2323 = ,
4 4 4
dove si e posto Rijhk = REi Ej Eh Ek . La curvatura di Ricci di He e data da
(ij = (Ei , Ej ))
1 1 1
11 = , 12 = 23 = 13 = 0, 22 = , 33 = .
2 2 2
La curvatura scalare vale = 12 .

La connessione di Levi Civita ed il tensore di curvatura di una metrica Riemanniana


invariante a sinistra hanno delle espressioni particolarmente semplici.

111
1.1. Sia G un gruppo di Lie dotato di una metrica invariante a sinistra
Proprieta
g. La connessione di Levi Civita su G e univocamente determinata da

(*) 2g(X Y, Z) = g([X, Y ], Z) g([Y, Z], X) + g([Z, X], Y ), X, Y, Z g.

dimostrazione: Dalla Definizione di connessione di Levi Civita (cfr. Teorema 2.1,


Capitolo II), si ha

2g(X Y, Z) = Xg(Y, Z) + Y g(Z, X) Zg(X, Y )


+ g([X, Y ], Z) g([Y, Z], X) + g([Z, X], Y ), X, Y, Z g.

Essendo g invariante a sinistra, g(X, Y ) e costante in ogni punto, per ogni X, Y g,


quindi Xg(Y, Z) = Y g(Z, X) = Zg(X, Y ) = 0, da cui la tesi.

Si osservi che la formula (*) determina completamente il valore di per i campi


vettoriali qualsiasi.

Introduciamo lapplicazione bilineare simmetrica

U : gg g

cosi definita

2g(U (X, Y ), Z) = g([Z, Y ], X) + g([Z, X], Y ), X, Y g.

Dalla Propriet
a 1.1 si deduce che
1
X Y = [X, Y ] + U (X, Y )
2
e
RXY Z = [X,Y ] Z [X , Y ]Z,

per ogni X, Y, Z g. Con semplici calcoli si trova


3 1 1
RXY XY = k[X, Y ]k2 g([X, [X, Y ]], Y ) g([Y, [Y, X]], X)
4 2 2
2
(**) + kU (X, Y )k g(U (X, X), U (Y, Y )),

per ogni X, Y g.

In generale, le traslazioni destre non sono isometrie rispetto ad una metrica inva-
riante a sinistra. Le metriche che godono anche di questa proprieta sono particolar-
mente importanti.

112
Definizione 1.2. Una metrica Riemanniana su un gruppo di Lie si dice biinva-
riante se le traslazioni destre e sinistre sono isometrie.

Vediamo di trovare delle condizioni equivalenti alla Definizione precedente. Sia g


una metrica invariante a sinistra su un gruppo di Lie G. Allora, per ogni a G, si ha

(Ra1 ) g = (Ra1 ) (La ) g = (Ra1 La ) g = (Ia ) g

dove (Ia ) e lautomorfismo interno corrispondente allelemento a G (cfr. pag. 9).


Pertanto, le traslazioni destre sono isometrie se e solo se, per ogni a G,

(Ia ) g(X, Y ) = g((Ia ) X, (Ia ) Y ) = g(X, Y ), X, Y g.

Tenuto conto che, per definizione di rappresentazione aggiunta di G, (Ia ) = Ad(a)


(cfr. I.8), si pu
o concludere che una metrica Riemanniana g e biinvariante se e solo
se
g(Ad(a)X, Ad(a)Y ) = g(X, Y ), X, Y g,

per ogni a G. In altri termini, g deve essere invariante rispetto alla rappresentazione
aggiunta.
Sia g una metrica biivariante su un gruppo di Lie G. Ricordato che Ad = ad e
Ad(expG tX) = etadX , t R (Teorema 8.2, Capitolo I), si ha

g(Y, Z) = g(Ad(expG tX)Y, Ad(expG tX)Z) = g(etadX Y, etadX Z), X, Y, Z g, t R,

ovvero, per definizione di esponenziale di unapplicazione lineare (vedi pag. 18)

g(Y, Z) = g(Y + tadX Y + O(t2 ), Z + tadX Z + O(t2 ))


= g(Y, Z) + t {g([X, Y ], Z) + g(Y, [X, Z])} + O(t2 ).

Quindi, se g e biivariante, vale la condizione

g([X, Y ], Z) + g(Y, [X, Z]) = 0,

per ogni X, Y, Z g, che equivale a

g(adX Y, Z) + g(Y, adX Z) = 0, X, Y, Z g.

Se G e connesso, e noto che G e generato da ogni intorno dellelemento neutro (cfr.


Teorema 4.4, Capitolo I) e, pertanto, la condizione precedente e anche sufficiente
affinche g sia una metrica biinvariante. Abbiamo cosi provato il

113
Teorema 1.2. Sia G un gruppo di Lie connesso. Una metrica g su G e biinvariante
se e solo se
g(adX Y, Z) + g(Y, adX Z) = 0,
per ogni X, Y, Z g.

Determiniamo, ora, la connessione di Levi Civita e le varie curvature, nel caso di


una metrica biinvariante.

Teorema 1.3. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica biinvariante g. Allora


(1) X Y = 12 [X, Y ],
(2) RXY = 14 ad[X,Y ] ,
(3) RXY ZW = 14 g([X, Y ], [Z, W ]),
1 k[X,Y ]k2
(4) KXY = 4 kXk2 kY k2 g(X,Y )2 ,
(5) (X, Y ) = 14 B(X, Y ),
(6) X R = 0,
per ogni X, Y, Z, W g. indica la connessione di Levi Civita, R il tensore di
curvatura Riemanniana, K la curvatura sezionale, il tensore di Ricci e B la forma
di Killing dellalgebra di Lie g.

La dimostrazione consiste in semplici calcoli e viene lasciata per esercizio (Esercizio


1.3).

Esaminiamo alcune conseguenze immediate, ma importanti, del Teorema 1.3.

Teorema 1.4. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica biinvariante g. Allora la


curvatura sezionale di g e non negativa, vale a dire

KXY 0, X, Y g.

Teorema 1.5. Il tensore di Ricci di un gruppo di Lie G dotato di metrica biinvariante


g non dipende dalla particolare metrica scelta ma solo dalla classe di isomorfismo
dellalgebra di Lie g.

Dimostrazione: Dal Teorema 1.3, si vede che il tensore di Ricci e proporzionale


alla forma di Killing che, a sua volta, e invariante rispetto agli automorfismi di g (cfr.
Propriet
a 9.1, Capitolo I).

114
Osservazione. Il punto (6) del Teorema 1.3 mostra che ogni gruppo di Lie, dotato
di una metrica biinvariante, e uno spazio localmente simmetrico. Per una dettagliata
trattazione di questa importante classe di variet
a Riemanniane, si rinvia al testo di
S. Helgason [HE].

Come prevedibile, non tutti i gruppi di Lie ammettono metriche biinvarianti. Tut-
tavia dimostreremo che su ogni gruppo di Lie compatto pu
o essere definita una metrica
biinvariante. Sono necessarie alcune premesse sui gruppi di Lie unimodulari.
Consideriamo un gruppo di Lie G, con algebra di Lie g. Siano (E1 , E2 , . . . , En ) una
base di g e (1 , 2 , . . . , n ) la base duale. La nforma differenziale

= 1 2 ... n

e non nulla in ogni punto di G ed e invariante rispetto alle traslazioni sinistre, vale a
dire (La ) = , per ogni a G. In particolare, ci
o implica che ogni gruppo di Lie e
orientabile (cfr. [BO], pag 213). Unaltra importante conseguenza, e la possibilita di
estendere ai gruppi di Lie la nozione di integrale. Pi
u precisamente, si dimostra che
esiste ununica funzione (a meno di un fattore costante), detta misura di Haar,

: FC (G) R,
Z
f 7 (f ) = f
G

(FC (G) denota lanello delle funzioni continue su G, a valori reali ed a supporto
compatto) avente le seguenti proprieta
(1) e Rlineare: (af + bh) = a(f ) + b(h), per ogni f, h FC (G) e a, b R;
(2) e positiva: se f FC (G) e f 0, allora (f) 0;
(3) e invariante rispetto alle traslazioni sinistre: (f La ) = (f), per ogni
f FC (G) e a G.

Definizione 1.3. Un gruppo di Lie G si dice unimodulare se la sua misura di Haar


(invariante a sinistra per definizione) e anche invariante a destra.

Una condizione equivalente, utile per verificare se un gruppo di Lie e unimodulare,


e la seguente.

115
Teorema 1.6. Un gruppo di Lie G e unimodulare se e solo se

|detAd(a)| = 1

per ogni a G.

dimostrazione: Ricordiamo che, se F e un diffeomorfismo di G in se, allora per


ogni f FC (G) si ha Z Z
(f F ) = f (F ),
G G

dove il segno dipende dal fatto che F conservi o meno lorientamento (cfr. [BO],
Teorema 2.2, Capitolo VI). Pertanto, se la misura di Haar e anche invariante a
destra, si ha Z Z
(f Ra1 ) = (f Ra1 ) = f (Ra )
G G

per ogni f FC (G) e a G. Dato che

Ra = Ra (La1 ) = (Ra La1 ) = (Ia1 ) ,

se X1 , X2 , . . . , Xn sono elementi di g, si trova

(Ia1 ) (X1 , X2 , . . . , Xn ) = ((Ia1 ) X1 , X2 , . . . , (Ia1 ) Xn )


= (Ad(a1 )X1 , Ad(a1 )X2 , . . . , Ad(a1 )Xn )
= (detAd(a1 ))(X1 , X2 , . . . , Xn ),

dove detAd(a1 ) > 0 se Ra conserva lorientamento e detAd(a1 ) < 0 se Ra inverte


lorientamento. In conclusione
Z Z
(f Ra1 ) = f(Ra )
= f (detAd(a1 ))
G
Z G
= (detAd(a1 )) f = (detAd(a1 ))(f),
G

da cui la tesi.

Dimostriamo ora un risultato che mette in relazione il concetto di algebra di Lie


unimodulare (vedi pag. 69) con quello di gruppo di Lie unimodulare.

116
1.7. Siano G un gruppo di Lie connesso e g la sua algebra di Lie. Le
Proprieta
seguenti affermazioni sono equivalenti
(1) G e unimodulare,
(2) g e unimodulare, cioe tr(adX ) = 0, per ogni X g.

dimostrazione: Siccome G e connesso, dal Teorema precedente si ha che G e uni-


modulare se e solo se |det(Ad(expX))| = 1, per ogni X g. La tesi segue dal fatto
che det(Ad(expX)) = deteadX = etradX .

Teorema 1.8. Un gruppo di Lie G e unimodulare nei seguenti casi


(1) G e compatto,
(2) G e semisemplice,
(3) G e connesso e nilpotente.

dimostrazione: (1) Sia G un gruppo di Lie compatto. La funzione


: G R+ , a 7 |det(Ad(expX))| (R+ e pensato come gruppo moltiplicativo), e
analitica ed e anche un morfismo di gruppi, grazie al fatto che Ad(ab) = Ad(a)Ad(b),
a, b G (cfr. I.8). Di conseguenza, (G) e un sottogruppo compatto di R+ , da cui
(G) = {+1}.
(2) Se G e semisemplice, la forma di Killing B e non degenere ed e invariante rispetto
agli automorfismi di g (Proprieta 9.1, Capitolo I). In particolare, identificando le varie
applicazioni con le rispettive matrici, si trova

t
Ad(a)BAd(a) = B,

per ogni a G. Dato che detB 6= 0, si conclude che |det(Ad(expX))| = 1, per ogni
a G.
(3) Se G e nilpotente, per il Teorema di Engel (cfr. Proprieta 9.5, Capitolo I), anche
la sua algebra di Lie g e nilpotente e pure adX e nilpotente (cioe esiste un intero k
tale che (adX )k = 0, per ogni X g). Allora esiste una base opportuna rispetto alla
quale ogni endomorfismo adX e rappresentato da una matrice triangolare superiore,
il che implica tr(adX ) = 0, per ogni X g.

Possiamo ora provare il seguente

117
Teorema 1.9. Ogni gruppo di Lie G compatto ammette una metrica biinvariante.

dimostrazione: Dal Teorema precedente si ha che se G e compatto allora e unimo-


dulare. Si sfrutta tale propriet
a per costruire esplicitamente una metrica biinvariante.
Tenuto conto delle osservazioni che seguono la Definizione 1.2, e sufficiente definire
un prodotto scalare su g, invariante rispetto alla rappresentazione aggiunta di G in
g. Fissati X, Y g ed una qualsiasi metrica invariante a sinistra g, consideriamo la
funzione analitica

fXY :G R
a 7 g(Ad(a)X, Ad(a)Y )

e poniamo Z
g(X, Y ) = fXY = (fXY ).
G

Per le proprieta della misura di Haar, g e un forma bilineare simmetrica, definita posi-
tiva. Resta solo da verificare che e invariante rispetto alla rappresentazione aggiunta.
Per ogni a, b G, si ha

fAd(b)XAd(b)Y (a) = g(Ad(a)Ad(b)X, Ad(a)Ad(b)Y ) = g(Ad(ab)X, Ad(ab)Y )


= fXY (ab) = (fXY Rb )(a).

Poiche la misura di Haar, per ipotesi, e anche invariante rispetto alle traslazioni destre,
si pu
o concludere che

g(Ad(b)X, Ad(b)Y ) = (fAd(b)XAd(b)Y ) = (fXY Rb )


= (fXY ) = g(X, Y ),

per ogni b G ed ogni X, Y g.

Una propriet
a notevole delle metriche biinvarianti e che le geodetiche sono comple-
tamente determinate dai sottogruppi ad un parametro.

Teorema 1.10. Sia g una metrica biinvariante su un gruppo di Lie G. Ogni sotto-
gruppo ad un parametro di G e una geodetica di g. Viceversa, ogni geodetica passante
per lelemento neutro e G coincide con un sottogruppo ad un parametro.

118
dimostrazione: Sia X g, algebra di Lie di G, e sia X : R G, t 7 X (t), il
sottogruppo ad un parametro individuato da X. Dal Teorema 1.3 si ottiene

1
X (t) X (t) = (X X)X (t) = [X, X]X (t) = 0,
2
ossia X e una geodetica.
Viceversa, sia : I G, t 7 (t), una geodetica tale che (0) = e e (0)
=X
Te G
= g. Il sottogruppo ad un parametro X e una geodetica soddisfaciente le stesse
condizioni iniziali di . Per la propriet
a (3) di pag. 105, coincide con X .

Osservazioni
(1) Dato che le traslazioni sinistre sono isometrie, le geodetiche in un generico
punto di G coincidono con le traslate dei sottogruppi ad un parametro.
(2) Se G e compatto, i Teoremi 1.9 e 1.10 implicano che G e completo (cfr. Defini-
zione 5.3, Capitolo II). Questo risultato, peraltro gi
a noto, (cfr. Teorema 5.2,
Capitolo II), pu
o essere esteso a tutti i gruppi di Lie, e questo sar
a provato nel
Teorema seguente. Inoltre, se G e anche connesso, lapplicazione esponenziale
e suriettiva (cfr. pag. 21).

Teorema 1.11. Un gruppo di Lie e completo rispetto ad ogni metrica Riemanniana


invariante a sinistra.

Dimostrazione: Si applica lo stesso procedimento usato per estendere ogni sotto-


gruppo ad un parametro a tutto R (cfr. linizio del I.3). Sia : (, ) R G,
una geodetica di una metrica invariante a sinistra su G. La curva : (, 2) R G
definita da (t) = ()(t ) = L() (t ), e una geodetica che estende al-
lintervallo reale (, 2). Infatti, se denota la connessione di Levi Civita di g, si
ha

(L() ) (t)
(L() ) (t
) = (L() ) (t)
(t
) = 0,

in quanto le traslazioni sinistre sono isometrie.

Per concludere questo paragrafo, vogliamo determinare la relazione intercorrente


tra il tensore di curvatura di un gruppo di Lie, dotato di metrica invariante a sinistra,
e le costanti di struttura del gruppo stesso.

119
Sia G un gruppo di Lie g dotato di una metrica invariante a sinistra g. Fissata una
base ortonormale ( 1 , 2 , . . . , n ) di g, algebra di Lie di G, confrontiamo le equazioni
di MaurerCartan
n
1 X k i
dk = cij j , k = 1, . . . n,
2
i,j=1

(ckij denotano le costanti di struttura) con la prima equazione di struttura (cfr. pag.
102)
n
X
d k = jk j , k = 1, . . . n,
j=1
Pn
(le jk sono le 1forme di connessione). Posto ji = k=1
i k
jk , si sostituiscano
tali espressioni nella prima equazione di struttura. Applicando il Lemma di Cartan
(Lemma 4.1, Capitolo II) si trova
n
1X
ji = (cijk cjki + ckij ) k .
2
k=1

Mediante la seconda equazione di struttura, si ottengono le 2forme di curvatura

1 X n k o
n
ij = cml (cijk cjki + ckij ) + (cikl ckli + clik )(ckjm cjmk + cm
kj ) l m,
4
klm=1

da cui si vede che le componenti del tensore di curvatura sono funzioni delle costanti
di struttura.

Esercizi

1.1 Si ricavi la formula (**) di pag. 112.

1.2 Siano G un gruppo di Lie e g una metrica invariante a sinistra su G. Si provi


che la () connessione di Cartan-Schouten (vedi pag. 88) e metrica ma non e
la connessione di Levi Civita di g.

1.3 Si dimostri il Teorema 1.3.

120
III.2 Metriche invarianti a sinistra su gruppi di Lie di dimensione 3

Lo scopo di questo paragrafo e quello di ricavare le principali proprieta della cur-


vatura delle metriche invarianti a sinistra sui gruppi di Lie di dimensione 3. E gi
a
stato osservato che, in questo caso, la curvatura di Ricci determina completamente il
tensore di curvatura della variet
a (cfr II.3). Basta, quindi, considerare solamente il
tensore di Ricci. Come si e visto nella classificazione delle algebre di Lie di dimensione
3 data nel paragrafo I.10, sono da distinguere due casi, a seconda che il gruppo di Lie
sia o meno unimodulare.

Iniziamo con il caso di un gruppo di Lie G unimodulare. Si e visto che lalgebra di


Lie g di G ammette una base (E1 , E2 , E3 ) tale che

[E2 , E3 ] = 1 E1 , [E3 , E1 ] = 2 E2 , [E1 , E2 ] = 3 E3 , 1 , 2 , 3 R.

Se ( 1 , 2 , 3 ) denota la base duale, dalle equazioni di MaurerCartan (cfr. I.5), si


ricava
d 1 = 1 2 3 , d 2 = 2 1 3 , d 3 = 3 1 2 .

Considerata la metrica invariante a sinistra

ds2 = ( 1 )2 + (2 )2 + ( 3 )2 ,

rispetto alla quale la base (E1 , E2 , E3 ) e ortonormale, dalla prima equazione di strut-
tura di Cartan (cfr. Teorema 4.2, Capitolo II) si ottengono le 1forme di connessione

1 1 1
21 = (1 2 + 3 ) 3 , 31 = (1 2 + 3 )2 , 32 = (1 2 3 ) 1 .
2 2 2

Introdotti i numeri reali

1
i = (1 + 2 + 3 ) i , i = 1, 2, 3,
2

le forme di connessione assumono la semplice espressione

21 = 3 3 , 31 = 2 2 , 32 = 1 1 .

121
Dalla seconda equazione di struttura di Cartan si ricavano le 2forme di curvatura

12 = [3 (1 + 2 ) 1 2 ]1 2 ,
13 = [2 (1 + 3 ) 1 3 ]1 3 ,
23 = [1 (2 + 3 ) 2 3 ]2 3 .

Il tensore di Ricci, che per definizione e dato da

3
X
=2 ij (Ek , Ej ) i k ,
ijk=1

assume, in questo caso, la seguente espressione

= 2(2 3 1 1 + 1 3 2 2 + 1 2 3 3 ),

da cui si vede che la base (E1 , E2 , E3 ) diagonalizza anche . Il valore della curvatura
scalare si trova facilmente dalla formula precedente.
In base alla classificazione delle algebre di Lie di dimensione 3 che, come si e visto,
dipende dal segno degli scalari 1 , 2 , 3 , si ottengono le possibili segnature della
forma quadratica associata al tensore di Ricci e il segno della curvatura scalare. I
dettagli sono lasciati per esercizio. La tabella seguente riepiloga questi risultati.

Gruppo connesso Segnatura della forma q. di Ricci Curvatura scalare


SU (2) + + +, + 0 0, + > 0, = 0, < 0
SL(2, R) + , 0 0 <0
E(2) 0 0 0, + = 0, < 0
E(1, 1) + , 0 0 <0
He + <0

Osservazioni
1) Come e gi
a stato ottenuto nellesempio del III.1, ogni metrica invariante a
sinistra sul gruppo di Heisenberg He ha segnatura (+, , ).
2) Il gruppo dei movimenti rigidi del piano E(2), pur non essendo commutativo,
ammette una metrica invariante a sinistra piatta.

122
3) Il determinante della forma quadratica di Ricci, dato dal prodotto delle curvature
principali di Ricci (E1 , E1 ), (E2 , E2 ), (E3 , E3 ), e sempre non negativo. Se si
annulla, almeno due curvature principali di Ricci sono nulle.

Determiniamo i gruppi di Lie unimodulari, di dimensione 3, che ammettono una


metrica a curvatura sezionale costante (cfr. Definizione 3.4, Capitolo II). Cio equivale
a richiedere che tale metrica sia di Einstein (cfr. Definizione 3.5, Capitolo II). Nel
nostro caso, in base allespressione del tensore di Ricci, tale condizione implica

1 3 = 1 2 = 2 3 .

Le soluzioni di queste equazioni sono


(1) 1 = 2 = 3 = 0, ossia 1 = 2 = 3 = 0;
(2) i = j = 0, k 6= 0, i, j, k = 1, 2, 3, i 6= j 6= k, ossia i = 0,
j = k 6= 0, i, j, k = 1, 2, 3, i 6= j 6= k;
(3) 1 = 2 = 3 6= 0, ossia 1 = 2 = 3 6= 0.
In base alla classificazione delle algebre di Lie unimodulari di dimensione 3, si deduce
il

Teorema 2.1. Gli unici gruppi di Lie connessi e unimodulari, di dimensione 3, che
ammettono metriche Riemanniane a curvatura sezionale costante sono: R3 , E(2) e
SU (2)
= S 3.

Occupiamoci ora dei gruppi di Lie di dimensione 3, non unimodulari. Dal Teorema
10.2, Capitolo I, mediante un opportuno cambiamento di base, si ricava il seguente

Teorema 2.2. Sia G un gruppo di Lie non unimodulare di dimensione 3. Esiste una
base (E1 , E2 , E3 ) della sua algebra di Lie g tale che

[E1 , E2 ] = E2 + E3 , [E1 , E3 ] = E2 + E3 , [E2 , E3 ] = o,

dove i numeri reali , , , verificano le seguenti condizioni

, , + > 0, + = 0.

Inoltre lo scalare

D=4
( + )2

123
costituisce un sistema completo di invarianti per isomorfismi di algebre di Lie. In altri
termini: due algebre di Lie, di dimensione 3, non unimodulari sono isomorfe se e solo
esistono delle basi rispetto alle quali D assume lo stesso valore.

Procedendo come nel caso unimodulare, determiniamo il tensore di Ricci. Fissata


una metrica invariante a sinistra, sia ( 1 , 2 , 3 ) il riferimento duale della base ortonor-
male (E1 , E2 , E3 ) dellalgebra di Lie del gruppo. Dalle equazioni di MaurerCartan
si deducono le espressioni

d 1 = 0, d 2 = 1 2 1 3 , d 3 = 1 2 1 3 ,

che, insieme con la prima equazione di struttura, permettono di trovare le forme di


connessione

1 1 1
21 = 2 + ( + ) 3 , 31 = ( + ) 2 + 3 , 32 = ( ) 1 .
2 2 2

Dalla seconda equazione di struttura di Cartan si ricavano le forme di curvatura

1
12 = (42 3 2 + 2 2)1 2 ,
4
1
13 = ( 2 3 2 4 2 2) 1 3 ,
4
1
23 = [( + )2 4] 2 3
4

e, successivamente, il tensore di Ricci



1 1 2
= ( + ) + ( + ) + ( ) 2 2
2 2 2 1 1 2
2 2

1
+ ( + ) + ( 2 2 ) 3 3 .
2

Si osservi che, anche in questo caso, la base (E1 , E2 , E3 ) diagonalizza il tensore di


Ricci.

Dal Teorema 2.2 e dalle espressioni precedenti, si deducono le possibili segnature


della forma quadratica associata al tensore di Ricci e il segno della curvatura scalare.
I risultati a cui si perviene sono riassunti nella seguente tabella.

124
Segno di D Segnatura della forma q. di Ricci Curvatura scalare
D<0 + <0
D=0 + , 0 <0
D>0 + , 0 , <0

Unesame delle due tabelle precedenti permette di concludere che

Teorema 2.3. Non esistono gruppi di Lie di dimensione 3 che ammettono metriche
invarianti a sinistra con forma quadratica del tensore di Ricci di segnatura (+, +, )
oppure (, , 0).

Osservazione. Milnor [MI2] afferma di non conoscere analoghe restrizioni per


gruppi di Lie di dimensione maggiore di 3. Secondo Berard Bergery [BB2], P. Na-
bonnand, nella Tesi di Dottorato discussa a Nancy nel 1978, ha dimostrato che, nel
caso di gruppi di Lie di dimensione 4, la forma quadratica del tensore di Ricci pu
o
avere qualsiasi segnatura, tranne (+, +, +, +) e (+, +, 0, 0).

Come e stato fatto in precedenza, determiniamo i gruppi di Lie non unimodulari,


di dimensione 3, che ammettono metriche a curvatura costante. Dalla condizione di
Einstein e dallespressione del tensore di Ricci della pagina precedente, si ottengono
le equazioni
1 1 1
2 2 ( + )2 = ( + ) + ( 2 2 ) = ( + ) + ( 2 2 ),
2 2 2
le cui soluzioni sono
= , = 0.

Si ha cosi il seguente

Teorema 2.4. Un gruppo di Lie G di dimensione 3, non unimodulare, ammette una


metrica invariante a sinistra con curvatura sezionale costante se e solo se e possibile
trovare una base ortonormale (E1 , E2 , E3 ) della sua algebra di Lie g per cui valga una
delle seguenti condizioni.
(1) [E1 , E2 ] = E2 + E3 , [E1 , E3 ] = E2 + E3 , [E2 , E3 ] = o, > 0, > 0.
In questo caso D > 1 ed esistono gruppi di Lie non isomorfi che hanno metriche
con curvatura sezionale costante negativa.

125
(2) [E1 , E2 ] = E2 , [E1 , E3 ] = E3 , [E2 , E3 ] = o, > 0.
In questo caso D = 1 ed esistono infiniti gruppi di Lie, con algebre di Lie
isomorfe, che ammettono infinite metriche a curvatura sezionale costante ne-
gativa, non isometriche.

Esercizi

2.1 Sia G un gruppo di Lie unimodulare di dimensione 3 dotato di una metrica


invariante a sinistra.
(1) Si ricavi lespressione del tensore di Ricci data a pagina 122.
(2) Si studi, nei vari casi, la segnatura della forma quadratica associata al
tensore di Ricci.
(3) Si trovino, infine, i gruppi di Lie di dimensione 3 unimidulari che am-
mettono metriche invarianti a sinistra a curvatura sezionale costante.

2.2 Si ripeta lEsercizio 2.1 nel caso di un gruppo di Lie G non unimodulare.

126
III.3 Curvatura sezionale di una metrica invariante a sinistra

In questo paragrafo si intende correlare il segno della curvatura sezionale di una


metrica invariante a sinistra su di un gruppo di Lie con le propriet
a topologiche del
gruppo stesso.
Assegnata una metrica Riemanniana invariante a sinistra, K indichera sempre la
sua curvatura sezionale.
Iniziamo con il seguente risultato, dovuto a J. Milnor [MI2].

3.1. Siano G un gruppo di Lie, g la sua algebra di Lie e g una metrica


Proprieta
Riemanniana invariante a sinistra. Supponiamo che esista un campo X g tale che
adX sia un endomorfismo antisimmetrico. Allora

KXY 0, per ogni Y g

e KXY = 0 se e solo se X e ortogonale ad ogni campo del tipo [Y, Z], con Z g.

Dimostrazione: Non e restrittivo supporre che kXk = kY k = 1 e g(X, Y ) = 0. Nel


paragrafo III.1 si e visto che

3 1 1
KXY = RXY XY = k[X, Y ]k2 g([X, [X, Y ]], Y ) g([Y, [Y, X]], X)
4 2 2
(*) + kU (X, Y )k2 g(U (X, X), U (Y, Y )),

dove U e definita da

2g(U (X, Y ), Z) = g([Z, X], Y ) + g([Z, Y ], X), X, Y, Z g.

Poiche adX e antisimmetrico, si ha che g(U(X, X), Z) = 0, per ogni Z g. Con-


sideriamo una base ortonormale (E1 , E2 , . . . , En ) di g tale che E1 = X e E2 = Y e
determiniamo KXY = KE1 E2 . Dallespressione (*), tenuto conto che lantisimmetria
di adX implica che
cj1i + ci1j = 0, i, j = 1, . . . , n,

dove ckij sono le costanti di struttura, con un po di calcoli, si ricava

n
1 X 1 2
KE1 E2 = (c ) ,
4 m=1 m2

127
da cui segue che KXY e positivo o nullo, per ogni Y g. Inoltre, KE1 E2 = 0 se e solo
Pn
se c1m2 = 0, m = 1, . . . , n. Se Z = m=1 am Em e un generico elemento di g, allora

n
X n X
X n
[Y, Z] = [E2 , Z] = am c12m E1 + cl2m El ,
m=1 l=2 m=1

da cui segue la tesi.

Come immediata conseguenza della Proprieta precedente, si ha il

Corollario 3.2. Siano G un gruppo di Lie, dotato di metrica invariante a sinistra


g, e z il centro della sua algebra di Lie g. Se X z, allora KXY 0 per ogni Y g.

J. Milnor in [MI2] congettura che valga anche la proprieta reciproca del Corollario
3.2. Una risposta affermativa e stata data da O. R. Abib, [AB], che, come conseguenza
di questo fatto, prova il

Teorema 3.3. Un gruppo di Lie G, connesso, e abeliano se e solo se KXY 0, per


ogni X, Y g, dove g e lalgebra di Lie di G e K indica la curvatura sezionale di una
qualsiasi metrica invariante a sinistra su G.

In altri termini, se per qualche X, Y g si ha KXY < 0, lalgebra di Lie g non e


abeliana.

Si noti che il Teorema 1.4 e unimmediata conseguenza della Proprieta 3.1.

Occupiamoci, ora, pi
u in dettaglio, delle propriet
a di un gruppo di Lie dotato di
una metrica biinvariante.

Lemma 3.4. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. Se g e una metrica
biinvariante su G, allora il complemento ortogonale h di ogni ideale h di g e ancora
un ideale di g.

Dimostrazione: h e un ideale di g se e solo se [h , g] h , ossia se e solo se


g([X, Y ], Z) = 0, per ogni X h , Y g e Z h. Tale condizione e certamente
verificata se la metrica e biinvariante (cfr. Teorema 1.2).

128
Teorema 3.5. Sia g una metrica biinvariante su di un gruppo di Lie G. Lalgebra di
Lie g di G si decompone nella somma diretta ortogonale del suo centro z e dellalgebra
derivata [g, g], ossia
g = z [g, g],

dove [g, g] e semisemplice.

Dimostrazione: Si presentano due possibilita.


(A) Se g e semplice (cfr. I.9), allora kerB = {o} e g non ha ideali proprii (B
e la forma di Killing). Poiche g non pu
o essere abeliana, si deduce che z = {o} e
g = [g, g].
(B) Se g non e semplice, allora esiste un ideale h tale che g = h h . Per il Lemma
precedente, anche h e un ideale e si hanno nuovamente due casi.
1) h e semplice, quindi non e decomponibile nella somma diretta di ideali, mentre

h pu
o essere ulteriormente scomposto (eventualmente).
2) h non e semplice, quindi esiste un suo ideale proprio k tale che h = k k .
Comunque, dopo un numero finito di passi, si perviene ad una decomposizione del
tipo
g = a1 a2 aq ,

dove ogni ideale ai o ha dimensione 1 oppure e semplice.


Proviamo che ogni ideale ai di g, di dimensione 1, e contenuto nel centro z. Dalla
decomposizione precedente, segue che

[ai , g] = [ai , a1 ] + + [ai , ai ] + + [ai , aq ].

Se dimai = 1, allora [ai , ai ] = {o} e [ai , aj ] ai aj = {o} (ogni ai e un ideale e la


somma e diretta). In conclusione ai z.
Se, invece, ai e semplice, allora z ai = {o}, in quanto z ai e un ideale di ai .
In altri termini, z non interseca gli ideali semplici e, pertanto, e somma diretta degli
ideali di dimensione 1. Allora

g = z h1 hp ,

dove gli hi sono ideali semplici. Infine si osserva che

[hi , hj ] hi hj = {o}, i 6= j, [hi , hi ] = hi ,

129
da cui h1 hp = [g, g].

Il Lemma seguente, riguardante la curvatura di Ricci, permette di dimostrare alcune


importanti Proprieta delle metriche biinvarianti.

Lemma 3.6. Siano G un gruppo di Lie, g la sua algebra di Lie e g una metrica
invariante a sinistra su G. Se esiste un campo unitario X g tale che adX sia
antisimmetrico, allora (X, X) 0 e (X, X) = 0 se e solo se X e ortogonale a [g, g],
dove e il tensore di Ricci.

Dimostrazione: Considerata la base ortonormale (E1 = X, E2 , . . . , En ) di g, si ha


n
X n
X
(X, X) = RXEi XEi = KXEi ,
i=1 i=2

da cui (X, X) 0, per la Proprieta 3.1.


(X, X) = 0 se e solo se ogni curvatura sezionale KXEi si annulla, ossia se e solo
se X e ortogonale a [Ei , g], i = 2, . . . , n.

Teorema 3.7. Sia G un gruppo di Lie semisemplice. Allora il tensore di Ricci ,


relativo ad una metrica biinvariante g, e definito positivo.

Dimostrazione: Se g e una metrica biinvariante, adX e antisimmetrico per ogni


X g. Dal Teorema precedente si ha che (X, X) = 0 se e solo se X e ortogonale
a [g, g]. Ma g = z [g, g], con [g, g] semisemplice (Teorema 3.5). Per ipotesi g e
semisemplice, quindi g = [g, g], da cui la tesi.

Osservazioni
1) Si e visto che = 14 B, dove e la curvatura di Ricci relativa ad una metrica
biinvariante e B e la forma di Killing (Teorema 1.3). Questa proprieta ed il Teorema
3.7 provano che, se un gruppo di Lie semisemplice ammette una metrica biinvariante,
allora la forma di Killing e definita negativa.
2) Nel III.2 abbiamo visto che la forma di Killing di SL(2, R) e non definita.
Quindi SL(2, R), essendo un gruppo semplice, non ammette metriche biinvarianti.

Come annunciato al termine del II.5, siamo ora in grado di dimostrare unimpor-
tante conseguenza del Teorema di Myers (cfr. Teorema 5.3, Capitolo II).

130
Teorema 3.8. Se un gruppo di Lie semisemplice G ammette una metrica Rieman-
e e anchesso compatto.
niana biinvariante, e compatto e il suo rivestimento universale G

Dimostrazione: Sia il tensore di Ricci di una metrica biinvariante su G. Dal


Teorema 3.7 si ricava che esiste una costante > 0 tale che

e (Xe , Xe ) > (n 1) > 0,

per ogni campo unitario X g, dove g e lalgebra di Lie del gruppo G, n = dimG,
ed e e lelemento neutro di G. Dato che le traslazioni sinistre sono isometrie e e
invariante per isometrie, la disuguaglianza precedente e valida in ogni punto di G.
Sono quindi verificate le ipotesi del Teorema di Myers, da cui la tesi.

Osservazione. Dai Teoremi 1.9 e 3.7 si vede che un gruppo di Lie semisemplice
ammette una metrica biinvariante se e solo se e compatto.

Il Teorema seguente caratterizza i gruppi di Lie connessi che ammettono una me-
trica biinvariante.

Teorema 3.9 ([MI2]). Un gruppo di Lie connesso G ammette una metrica Rieman-
niana biinvariante se e solo se G e isomorfo al prodotto diretto di Rk e di un gruppo
di Lie compatto H.

Dimostrazione: Supponiamo che G


= Rk H. Considerate una metrica invariante
a sinistra g1 su Rk (tale metrica e necessariamente biinvariante perche Rk e abeliano)
e una metrica biinvariante g2 su H (esiste in quanto, per ipotesi, H e compatto), la
metrica prodotto g1 g2 e una metrica biinvariante su G.
Viceversa, supponiamo che g sia una metrica biinvariante sul gruppo di Lie G.
Lalgebra di Lie g di G si decompone nella somma diretta ortogonale

(*) g = z h1 hq ,

dove z e il centro di g e ogni hi e un ideale semplice di g (cfr. la dimostrazione del


Teorema 3.5). Di conseguenza, il rivestimento universale di G sar
a del tipo

e = Rm H
G f1 H
fq ,

131
fi e lunico gruppo di Lie semplice, connesso e
dove Rm corrisponde al centro e ogni H
e G e un
semplicemente connesso con algebra di Lie hi . Inoltre, la proiezione : G
isomorfismo locale e = ker e un sottogruppo normale di G,e discreto e abeliano,

e e i gruppi di
isomorfo al gruppo fondamentale 1 (G). Il gruppo G e isomorfo a G
e hanno algebre di Lie isomorfe.
Lie G e G
Poiche vale la (*), la metrica biinvariante g si decompone nel prodotto delle metriche
biinvarianti g0 = g| , su z, e gi = g| i i , i = 1, . . . , q, sugli hi . Per il Teorema 3.8,
fi e compatto. Si noti che G
ogni H e non e, in generale, compatto anche se ogni H fi e
compatto.
Poniamo H e = H f1 H
fq (per il Teorema di Tychonoff, He e compatto) e
consideriamo lomomorfismo analitico p1 : G e = Rm H e Rm . Essendo un
e si ha che p1 () = 1 e un sottogruppo discreto di Rm .
sottogruppo discreto di G,
Allora esiste un insieme di vettori linearmente indipendenti {e1 , e2 . . . , ep } in 1 tale
che
1 = {m1 e1 + + mp ep , mi Z}.

Si completi {e1 , . . . , ep } in modo tale che (a1 , . . . , amp , e1 , . . . , ep ) sia una base di Rm .
Considerati i sottospazi vettoriali V = L(e1 , e2 . . . , ep ) e W = L(a1 , a2 . . . , amp ), si

e = V W H
ha G e e G = (V W H) e . E abbastanza facile provare che opera

banalmente su W = R mp
e, quindi, G = R mp e
(V H) . Resta solo da

dimostrare che (V H)e e compatto. Si consideri il sottoinsieme compatto di V


K = {1 e1 + 2 e2 + + p ep 0 i 1, i = 1, . . . , p}

e = K H.
e si ponga K e Non e difficile verificare che K
e e un compatto, la cui orbita,
rispetto allazione di , coincide con V H.

Osservazione. Se un gruppo di Lie G e semisemplice e ammette una metrica biin-


variante, allora la forma di Killing B e definita negativa (cfr. Osservazione (1), pag.
130). Quindi, posto
g(X, Y ) = B(X, Y ),

per ogni X, Y g, algebra di Lie di G, g definisce una metrica biinvariante su G.


Con questo sistema, si possono costruire, in modo standard, metriche biinvarianti sui
gruppi semplici e compatti e per esempio su O(n) e U (n) (cfr. Esercizio 3.2).

132
Riepilogando i risultati precedenti si ha il

Teorema 3.10. Sia G un gruppo di Lie semisemplice. Le seguenti affermazioni sono


equivalenti
(1) G ammette una metrica biinvariante,
(2) la forma di Killing B su G e definita negativa,
(3) G e compatto.

Il Teorema precedente giustifica la seguente

Definizione 3.1. Unalgebra di Lie g si dice compatta se esiste un gruppo di Lie


compatto con algebra di Lie g.

Alla luce di questa Definizione, i risultati appena discussi possono essere riformulati
come segue

Teorema 3.11.
(1) Unalgebra di Lie semisemplice e compatta se e solo se la sua forma di Killing
e definita negativa.
(2) Unalgebra di Lie g e compatta se e solo se

g = z [g, g],

dove z e il centro di g e [g, g] e semisemplice e compatta.

Per i gruppi semplici vale il seguente Teorema dovuto a J. Milnor, [MI2].

Teorema 3.12. Sia G un gruppo di Lie compatto e semplice. Allora G ammette una
sola metrica biinvariante (unica a meno di un fattore costante). Inoltre tale metrica
e di Einstein.

Dimostrazione: Siano g e g 0 due metriche biinvarianti su G. Poiche entrambe in-


dividuano un prodotto scalare sullo spazio tangente Te G
= g (e: elemento neutro
di G), esiste un automorfismo di spazi vettoriali S : g g tale che g 0 (X, Y ) =
g(S(X), Y ), X, Y g. Inoltre, S e simmetrico, ossia g(S(X), Y ) = g(X, S(Y )). Es-
sendo adX , X g, antisimmetrico rispetto ad entrambe le metriche, si ha

133
adX S = S adX . Se e un autovalore di S, allora lautospazio V e un ideale
di g. Ma, per ipotesi, g e semplice, quindi V = g, ossia S = I, con I automorfismo
identico su g e g0 = g. Il fatto che la metrica biinvariante sia di Einstein e una
conseguenza della proporzionalita del tensore di Ricci e della forma di Killing.

Osservazione. Dalla classificazione dei gruppi di Lie semplici (cfr. pag. 63) segue
che SU (n), SO(n), Sp(n) e tutti i gruppi eccezionali ammettono ununica metrica
biinvariante del tipo descritto dal Teorema 3.12.

Tenendo presente la Propriet


a 3.1, ci si pu
o chiedere in quali casi la curvatura
sezionale di una metrica invariante a sinistra sia strettamente positiva. Una risposta
sorprendente a tale questione e stata data da Wallach [WA], con il seguente

Teorema 3.13. SU(2)


= S 3 e lunico gruppo di Lie semplicemente connesso che
ammette una metrica invariante a sinistra con curvatura sezionale strettamente posi-
tiva.

I gruppi di Lie che ammettono metriche Riemanniane con curvatura sezionale po-
sitiva o nulla sono caratterizzati da Berard Bergery, [BB1], nel modo seguente.

Teorema 3.14. Sia G un gruppo di Lie connesso. Le tre affermazioni seguenti sono
equivalenti:
(1) G ammette una metrica Riemanniana invariante a sinistra con curvatura se-
zionale positiva o nulla,
(2) G ammette una metrica Riemanniana invariante a sinistra con curvatura di
Ricci positiva o nulla (cfr. Teorema 4.2),
(3) Il rivestimento universale di G e dato dal prodotto semidiretto di un sotto-
gruppo normale, che ammette una metrica invariante e sinistra a curvatura
sezionale nulla, e di un sottogruppo semisemplice che opera sul precedente
mediante isometrie, dotato di una metrica invariante a sinistra piatta.

Per quanto riguarda la caratterizzazione dei gruppi di Lie G che ammettono una
metrica invariante a sinistra a curvatura sezionale nulla, si pu
o sicuramente affermare

134
che se G e commutativo allora ogni metrica invariante a sinistra su G e piatta. Daltra
parte, e gi
a stato notato (cfr. III.2) che, per esempio, E(2) ammette una metrica
piatta senza essere abeliano. Il seguente Teorema, attribuito ad Hano, [MI2], risolve
tale problema.

Teorema 3.15. Se un gruppo di Lie G ammette una metrica invariante a sinistra


piatta allora G = H o K, dove H e un sottogruppo normale abeliano e K e un
sottogruppo abeliano di G che opera su H mediante isometrie.

Per esercizio, si consiglia di verificare il Teorema precedente nel caso di E(2) (cfr.
Esercizio 10.2 , Capitolo I).

Infine, nel caso della curvatura sezionale negativa, ci limitiamo al seguente Teorema
di Milnor [MI2], anche se esistono classificazioni complete date da Heintze (caso di
K < 0) e da Azencott e Wilson (K 0). Esse richiedono alcune nozioni della Teoria
degli spazi omogenei e, pertanto, non possono essere riportate in queste note.

Teorema 3.16. Se G e un gruppo di Lie connesso dotato di metrica invariante a


sinistra con curvatura sezionale negativa o nulla allora G e risolubile. Se G e anche
unimodulare, tale metrica e piatta.

Per le dimostrazioni di tutti questi risultati si rimanda agli articoli man mano citati.

Esercizi

3.1 Sia G = H o K il prodotto semidiretto di un sottogruppo H connesso e nor-


male e di un sottogruppo K. Supponiamo che H e K siano dotati di metriche
invarianti a sinistra tali che K operi su H mediante isometrie. Dimostrare che
la metrica prodotto su G e invariante a sinistra.

3.2 Determinare i valori delle curvature sezionali di O(n) e di U (n) (cfr. Osserva-
zione di pag. 132).

135
III.4 Curvatura di Ricci e scalare di una metrica invariante a sinistra

In questo paragrafo, intendiamo proporre un survey sugli stretti legami che esi-
stono tra le propriet
a topologiche di un gruppo di Lie ed i segni delle curvature (di
Ricci e scalare) delle metriche invarianti a sinistra.
Iniziamo con il considerare il caso di metriche con tensore di Ricci definito positivo.

Teorema ([MI2]). Un gruppo di Lie G, connesso, ammette una metrica invariante


a sinistra con tensore di Ricci definito positivo se e solo se G e compatto, con gruppo
fondamentale finito. In tal caso, G possiede una metrica biinvariante di Einstein.

Dimostrazione: Se il tensore di Ricci e definito positivo, allora la tesi segue dal


Teorema di Myers (cfr. Teorema 5.3, Capitolo II).
Viceversa se G e compatto con gruppo fondamentale 1 (G) finito, anche il suo

e e compatto, in quanto G
rivestimento universale G = Ge 1 (G) (cfr. A.3). In
particolare, la sua algebra di Lie g e compatta (cfr. Definizione 3.1) e, per il Teorema
3.1, si ha
g = z [g, g],

dove z e il centro di g mentre [g, g] e semisemplice e compatta. La proiezione : g z


e un epimorfismo di algebre di Lie che individua un morfismo analitico : G e Rp tra
i gruppi di Lie, connessi e semplicemente connessi, corrispondenti alle algebre di Lie
g e z (Teorema 7.4, Capitolo I). Essendo Ge compatto, anche (G)e e un sottogruppo
= {o}. Cio implica che z = im = {o}, ossia g = [g, g]
compatto di Rp , quindi (G)
e semisemplice. Il gruppo di Lie G e, dunque, semisemplice. Essendo compatto per
ipotesi, G ammette una metrica biinvariante con curvatura di Ricci definita positiva
(cfr. Teorema 3.7). Infine, si noti che la metrica data dallopposto della forma di
Killing e di Einstein (cfr. Osservazione a pag. 132).

Osservazione. Si noti che nel caso della dimensione 3, che solo SU (2)
= S 3 ammette
metriche Riemanniane con tensore di Ricci definito positivo (cfr. III.2); infatti, per
SU (2) risultano verificate le ipotesi del Teorema 4.1.

Il caso delle metriche con tensore di Ricci positivo o nullo e stato risolto da L.
Berard Bergery (per la dimostrazione si veda [BB1]).

136
Teorema 4.2. Un gruppo di Lie connesso ammette una metrica invariante a sinistra
con tensore di Ricci positivo o nullo se e solo se ammette una metrica invariante a
sinistra con curvatura sezionale positiva o nulla.

Le metriche con tensore di Ricci nullo, dette Riccipiatte, rivestono un particolare


interesse, specialmente per le loro applicazioni in Fisica Matematica. Si noti che, nel
caso di una generica variet
a Riemanniana di dimensione superiore a 3, una metrica
Riccipiatta non e, necessariamente, una metrica piatta. Per quanto riguarda i gruppi
di Lie vale, invece, il sorprendente

Teorema 4.3 (D.V. Alekseewski, B.N. Kimelfeld). Sia G un gruppo di Lie


connesso. Ogni metrica invariante a sinistra su G e Riccipiatta se e solo se e piatta.

Per la dimostrazione di questo risultato, valido per la pi


u ampia classe degli spazi
Riemanniani omogenei, si rinvia a [BE], Teorema 7.61. La stessa proprieta non e pi
u
valida per le metriche indefinite (cfr. [DF]).

Se il gruppo di Lie e nilpotente, la curvatura di Ricci di ogni metrica invariante a


sinistra ha autovalori sia positivi sia negativi. Infatti vale il

Teorema 4.4 ([MI2]). Se G e un gruppo di Lie nilpotente, non commutativo, e


g e una metrica invariante a sinistra su G, esistono due campi vettoriali V, W g
(algebra di Lie di G) tali che (V, V ) > 0 e (W, W ) < 0, dove e la curvatura di
Ricci.
In altri termini, esiste una direzione in cui la curvatura di Ricci e strettamente
positiva ed una direzione in cui la curvatura di Ricci e strettamente negativa.

Il Teorema precedente e un caso particolare del

Teorema 4.5. Se lalgebra di Lie g di un gruppo di Lie G contiene tre campi vetto-
riali V, W, Z linearmente indipendenti, tali che [V, W ] = Z, allora esiste una metrica
invariante a sinistra la cui curvatura di Ricci e tale che (V, V ) < 0 e (Z, Z) > 0.

I Teoremi 4.4 e 4.5 hanno come conseguenza un interessante Corollario, dovuto a


G. Jensen [JE1].

137
Corollario 4.6. Un gruppo di Lie nilpotente e di Einstein se e solo se e commuta-
tivo.

Osservazione. Si consiglia di controllare sul gruppo di Heisenberg He le conclusioni


dei tre Teoremi precedenti.

Daremo solo la dimostrazione del Teorema 4.4; per le altre si rinvia agli articoli
necessario premettere alcuni Lemmi.
citati. E

Lemma 4.7. Sia G un gruppo di Lie dotato di metrica invariante a sinistra g. Sup-
poniamo che la sua algebra di Lie g contenga un ideale h di codimensione 1. Fissato
un campo vettoriale X appartenente al complemento ortogonale h , consideriamo
lapplicazione L : h h, Y 7 L(Y ) = adX Y , e la sua aggiunta L : h h definita
da g(L (Y ), Z) = g(Y, L(Z)), per ogni Y, Z h. Siano la connessione di Levi
Civita di g e la sua restrizione a h h. Allora

(1) X X = 0;
(2) W X = S(W );
(3) X W = 12 (L L )(W );
W V + g(S(W ), V ),
(4) W V =
per ogni W, V h, dove si e posto S = 12 (L + L ).

Dimostrazione: Si tratta di un semplice calcolo, che viene lasciato per esercizio.

In un certo senso, il Lemma 3.6 puo essere invertito, almeno nel caso dei gruppi di
Lie nilpotenti.

Lemma 4.8. Siano G un gruppo di Lie nilpotente con algebra di Lie g. Data una
metrica g invariante a sinistra, con tensore di Ricci , supponiamo che esista un
campo X g ortogonale a [g, g]. Allora (X, X) 0 e (X, X) = 0 se e solo se adX
e antisimmetrica.

Dimostrazione: Non e restrittivo supporre che kXk = 1. Allora h = L(X) e


un ideale di codimensione 1 in g. Fissata una base ortonormale (E2 , . . . , En ) di h
(n = dimg), si ha
n
X
(X, X) = KXEi ,
i=2

138
dove K indica la curvatura sezionale. Dal Lemma 4.7, si deduce che, per ogni campo
invariante W h,

L L
KXW = g(SL(W ), W ) + g S(W ), W .
2

Se (E2 , . . . , En ) e una base formata da autovettori di L, cioe L(Ei ) = i Ei , i =


2, . . . , n, un facile calcolo mostra che

KXEi = 2i ,

da cui
n
X
(X, X) = 2i = tr(S 2 ) 0.
i=2

Inoltre, (X, X) = 0 se e solo se S = 0 ossia se e solo se L = L , vale a dire adX


antisimmetrica.

A questo punto siamo in grado di provare il Teorema 4.4.


Dimostrazione del Teorema 4.4: Per ipotesi, G e nilpotente ma non commuta-
tivo. Allora
g [g, g] [g, [g, g]] . . . gn = {o}.

Se X gn1 , dato che [g, gn1 ] = gn = {o}, allora X appartiene centro z. Lendo-
morfismo adX e, quindi, antisimmetrico e, dal Lemma 3.6 segue che (X, X) > 0. Si
noti che (X, X) 6= 0 in quanto X [g, g].
Proviamo, ora, che esiste un campo Y 6= o ortogonale a z + [g, g]. Se, per assurdo,
fosse g = z + [g, g] si avrebbe g2 = [g, [g, g]] = [g, g] e g sarebbe nilpotente soltanto se
[g, g] = {o} , in contrasto con lipotesi. Per il Lemma 4.8, (Y, Y ) 0 e (Y, Y ) = 0
se e solo se adY e antisimmetrico. In tal caso, adY , essendo nilpotente (cfr. Proprieta
9.5, Capitolo I) risulterebbe identicamente nullo. Cio e assurdo, poiche Y 6= o e
ortogonale a z. In conclusione, deve essere necessariamente (Y, Y ) < 0.

Le proprieta seguenti prendono in considerazione la curvatura scalare di un gruppo


di Lie dotato di metrica invariante a sinistra. Le dimostrazioni saranno quasi sempre
omesse. Per maggiori dettagli si rimanda agli articoli citati man mano.

139
Teorema 4.9 ([BB1]). Sia G un gruppo di Lie connesso. Il rivestimento universale
e di G e diffeomorfo ad uno spazio euclideo (Rn ) se e solo se ogni metrica invariante
G
a sinistra su G e piatta oppure ha curvatura scalare strettamente negativa.

Dimostrazione (cenno): Consideriamo la decomposizione di LeviMalcev (cfr.


Teorema 9.7, Capitolo I) dellalgebra di Lie g di G

g = r + s,

dove r e il radicale risolubile di g, e s e una sottoalgebra semisemplice. Si tratta di


una somma di spazi vettoriali e di una somma semidiretta di algebre di Lie, ossia

g = r s,

dove (X) = adX , X r. In base a tale decomposizione dellalgebra di Lie, il


e di G e del tipo (cfr. la dimostrazione del Teorema 3.9)
rivestimento universale G

e=R
G e o (H
f1 H
fp ),

e e risolubile e ogni H
dove R fi , i = 1, . . . , p e semplice. E
abbastanza chiaro che
e
R = Rm , essendo risolubile, mentre ogni H fi fi
= Rk se e solo se H gR)
= SL(2, = R3 ,
essendo semplice. La tesi segue dal fatto che la curvatura scalare di ogni metrica
invariante a sinistra su SL(2, R) e strettamente negativa (cfr. III.2).

Si consiglia di controllare, a titolo di esercizio, la validita di questo Teorema nel


caso dei gruppi di Lie di dimensione 3.

N. Wallach considera il caso opposto a quello preso in esame da Berard Bergery e


prova il
e di un gruppo di
Teorema 4.10 (Wallach [WA]). Se il rivestimento universale G
Lie connesso G non e omeomorfo a Rn (ci
o equivale a richiedere che G contenga un
sottogruppo compatto non commutativo) allora G ammette una metrica invariante a
sinistra di curvatura sezionale strettamente positiva.

Concludiamo, infine, con un risultato relativo alla curvatura scalare.

140
rard Bergery [BB1], Jensen [JE2]). Sia G
Teorema 4.11 (Milnor [MI2],Be
un gruppo di Lie connesso e risolubile. La curvatura scalare di ogni metrica invariante
a sinistra su G e negativa o nulla. Se la curvatura scalare e nulla allora la metrica e
piatta.

141
APPENDICE

In questa appendice vengono richiamati alcuni concetti di Topologia Algebrica che


sono utilizzati in varie parti del Corso.

142
A.1 Topologia degli spazi proiettivi e dei gruppi classici

Siano E n = {x Rn /kxk 1} il disco ndimensionale, I lintervallo reale chiuso


[0, 1] e S n1 la sfera bordo di E n .
Iniziamo con alcune osservazioni sulla topologia dei gruppi lineari.

(a) Lapplicazione 7 ( det() , det()) e un isomorfismo da U (n) in SU (n) S 1 e
da O(n) in SO(n) {1, 1}.
(b) SO(2) e U (1) sono isomorfi a S 1 .
(c) SU (n), U (n) e SO(n) sono connessi per archi (cfr. [GO], pag. 37).

1 (decomposizione polare di una matrice). GL(n, C) (rispettiva-


Proprieta
2 n(n+1)
mente GL(n, R)) e omeomorfo a U (n) Rn (rispettivamente a O(n) R 2 ).
In particolare, ogni matrice di GL(n, C) si pu
o rappresentare univocamente come
prodotto di una matrice unitaria e di una matrice hermitiana con autovalori positivi.

dimostrazione: (cenno; i dettagli vengono lasciati per esercizio).


Se = (ij ) gl (n, C), indichiamo con = (ij ) laggiunta di , dove ij = ji .
Una matrice si dice hermitiana se = . Una tale matrice e diagonalizzabile e
ha autovalori reali. Indicheremo con H lo spazio delle matrici hermitiane e con H +
quello delle matrici hermitiane definite positive (cioe con autovalori positivi). Si pu
o
verificare che
(i) Lapplicazione esponenziale exp: H H + e un omeomorfismo.
(ii) Esiste un unico omeomorfismo f di H + su se stesso tale che (f ())2 = . In

tal caso, si pone f () = .
(iii) Per ogni GL(n, C), H + .
(iv) h : (, ) 7 e un omeomorfismo da U (n)H + su GL(n, C). Lapplicazione

inversa e data da 7 (( )1 , ). Inoltre, h e pure un omeomorfismo di
O(n) (H + gl (n, R)) su GL(n, R).

2. SO(3, R) e isomorfo (come gruppo topologico) al quoziente di S 3


Proprieta
(pensato come gruppo moltiplicativo dei quaternioni di norma 1) modulo {I, I}.

dimostrazione: Sia H il corpo dei quaternioni (per le definizioni, si veda lEser-


cizio 6.3 del Capitolo I). Ricordato che S 3 = {q = x0 + x1 i + x2 j + x3 k H/

143
kqk = 1}, per ogni q S 3 lapplicazione A(q): H H : x 7 qxq 1 e una trasforma-
zione ortogonale di H (considerato come spazio vettoriale e, quindi, identificato con
R4 ) tale che A(R3 ) R3 = {q H/q = x1 i+x2 j +x3 k}. Viene dunque determinato,
per ogni q S 3 , un elemento A(q) O(3); in altri termini si ha un omomorfismo di
gruppi

A: S 3 O(3).

Essendo S 3 connesso, A(S 3 ) SO(3). Un elemento del nucleo di A deve commutare


con i, j, k, perci
o kerA = {I, I}.

Resta da provare che A: S 3 SO(3)e suriettiva. Se B SO(3), B deve lasciare


fisso almeno un vettore, cioe esiste un u 6= o in R3 con kuk = 1 tale che B(u) = u.
Dato che B(u ) u e dimu = 2, B|u : u ue una rotazione di un certo angolo
. Sia x u con kxk = 1; il prodotto vettoriale u x e ortogonale sia ad u sia a
x e, quindi, (x, u x) e una base ortonormale di u e B(x) = cos()x + sin()u x.
Posto q = cos( 2 ) + sin( 2 )u H, u R3 , si ha A(q) = B (basta osservare che se u e
x sono quaternioni puri ux = u x), da cui segue la tesi.

Definizione 1. Lo spazio proiettivo reale RPn e lo spazio quoziente di Rn+1


{o} mediante la relazione di equivalenza che identifica il vettore x Rn+1 {o} con
x Rn+1 {o} dove R {0}. In modo equivalente, RPn si pu
o ottenere dalla
sfera S n identificandone i punti antipodali.

Definizione 2. Lo spazio proiettivo complesso CPn e lo spazio quoziente di


Cn+1 {o} mediante la relazione di equivalenza che identifica x Cn+1 {o} con
x Cn+1 {0}, dove C {0}. In modo equivalente, CPn si pu
o ottenere dalla
sfera S 2n+1 identificando i punti x e x, dove S 1 .

Dati due spazi topologici X e Y , un sottospazio chiuso E di X e una applicazione


continua f : E Y , si definisce lo spazio incollamento di X e Y mediante f,
denotato con X f Y , nel modo seguente: si considera lunione disgiunta X t Y e si

144
identificano x E e f (x) Y . In altri termini X f Y e il push-out

f
E Y


iy yh
k
X X f Y

ed e caratterizzato dalla seguente proprieta universale: per ogni spazio topologico Z


e per ogni coppia di applicazioni continue l: Y Z e m: X Z tali che l f = m i,
esiste ununica applicazione continua q: X f Y Z tale che q h = l e q k = m.

Esempi
(1) Se X = E 2 , E = S 1 , Y e un punto qualsiasi e f : S Y e lapplicazione
costante, allora X f Y = S 2 .
(2) Se X = E 1 , E e un punto qualsiasi, Y = S 1 ed e introdotta lapplicazione
continua f che manda E in y Y , allora X f Y e dla figura otto (vedi pag.
37).

Definizione 3. Un CWcomplesso n dimensionale e uno spazio topologico X a


cui e associata una filtrazione

X 0 X 1 ... X n

(X i e detto ischeletro di X) tale che


(1) X 0 e uno spazio topologico discreto;
(2) X i e ottenuto da X i1 incollando icelle (una icella e uno spazio omeo-
morfo al disco E i ). Pi
u precisamente, se {Ei } e una collezione di i-celle,
si considerino le funzioni di incollamento (dette funzioni caratteristiche)
f : Si1 X i1 e si costruisca, per ogni , lo spazio di incollamento
X i1 f Ei . X i e lunione su degli spazi topologici ottenuti in questo
modo.

Si noti che la restrizione allinterno di Ei dellapplicazione : Ei X i1 f Ei e


un omeomorfismo. Si pu
o provare (cfr. [MI1]) che il tipo di omotopia di X dipende
solo dalla classe di omotopia delle funzioni caratteristiche.

145
Esempi
(1) Ogni grafo finito (cioe con un numero finito di vertici e di archi) e un CW
complesso (per la definizione di grafo si veda, ad esempio, [GO]). Si parta,
infatti, da un insieme finito X 0 di punti, si considerino delle funzioni continue
f da 0sfere S0 (cioe da una coppia di punti) in X 0 e si incollino delle 1
celle E2 mediante le f . Se f manda i due punti di S0 in punti distinti si
ottengono dei segmenti. Se, invece, f manda i due punti di S0 nello stesso
punto si ottengono degli archi chiusi, omeomorfi a S 1 .
(2) Ogni complesso simpliciale e un CWcomplesso.
(3) S n e un CWcomplesso il cui 0scheletro (che coincide con lischeletro, per
ogni i n 1) e un punto e lnscheletro e ottenuto dall(n 1)scheletro
incollando una ncella.
(4) RPn e un CWcomplesso con filtrazione

RP0 RP1 ... RPn

e RPi e ottenuto da RPi1 incollando una i-cella (cfr. Esercizio 1.2).


(5) CPn e un CWcomplesso con filtrazione

CP0 CP1 ... CPn ,

dove ogni CPi e il (2i)-scheletro e CPi e ottenuto da CPi1 incollando una


(2i)-cella (cfr. Esercizio 1.2).

Esercizi

1.1 Si dimostri la Proprieta 1.

1.2 Provare che RPn (rispettivamente CPn ) e omeomorfo allo spazio di incolla-
mento E n p RPn1 (rispettivamente E 2n p CPn1 ), dove p e lapplicazione
quoziente da S n1 in RPn1 (rispettivamente da S 2n1 in CPn1 ).

146
A.2 Cenni sullomotopia e gruppo fondamentale

In questo paragrafo si ricorderanno alcune definizioni e proprieta dellomotopia


e del gruppo fondamentale. La trattazione sar
a necessariamente molto sintetica e
non verra data alcuna dimostrazione. Per le dimostrazioni e per maggiori dettagli
sullargomento si rimanda, ad esempio, a [GH] oppure a [GO].

Definizione 1. Date due funzioni continue f, g : X Y , si dice che f


e omotopa
a g, e si scrive f s g, se esiste una funzione continua F : X I Y (I indica, al
solito, lintervallo reale chiuso [0, 1]) tale che

F|X{0} = f, F|X{1} = g.

Geometricamente si pu
o pensare che f s g se esiste una deformazione continua che
manda f in g.
Non e difficile dimostrare che lomotopia e una relazione di equivalenza nellinsieme
delle funzioni continue da X in Y e che la composizione di funzioni omotope d
a luogo
a funzioni ancora omotope. Ha dunque senso considerare classi di funzioni omotope
ed operare su queste in luogo delle singole funzioni.

Definizione 2. Unapplicazione continua f : X Y e una equivalenza omotopica


se esiste una seconda applicazione continua g: Y X tale che f g s idY e gf s idX .

Due spazi topologici equivalenti, a meno di omotopia, si diranno avere lo stesso tipo
di omotopia e saranno, in questambito, indistinguibili. Infatti, si pu
o introdurre
una classe di oggetti che sono, in questa categoria banali.

Definizione 3. Uno spazio topologico X si dice contrattile se esiste un punto


x0 X tale che lidentita di X e la funzione costante x0 siano omotope (si dice che
lidentit
a e omotopa a zero o inessenziale).

Si pu
o provare che uno spazio topologico X e contrattile se e solo se, per ogni
spazio topologico Y ed ogni applicazione continua f : Y X, si ha che f e omotopa
a zero (cioe ad una funzione costante).

147
Esempi
(1) Rn e contrattile; ogni funzione continua a valori in Rn e omotopa a zero.
(2) Il disco chiuso E n (cfr. A.1) e contrattile; in generale ogni sottospazio convesso
di Rn e contrattile (Esercizio 2.3).

Definizione 4. Un sottospazio A di uno spazio topologico X si dice retratto di X


se esiste una funzione continua r: X A tale che, indicata con j linclusione di A in
X, si abbia r j = idA . A prende il nome di retratto di deformazione di X se,
inoltre, j r e omotopa allidentit
a di X, in particolare se A e X hanno lo stesso tipo
di omotopia.

Esempi
(1) S n1 e un retratto di deformazione di Rn {o} (Esercizio 2.4).
(2) S 1 {0} e un retratto di deformazione dei cilindri S 1 R e S 1 I.
(3) La figura otto e un retratto di deformazione del complementare di due punti
in R2 e del complementaren di un punto nel toro T 2 .
(4) S 1 e un retratto di deformazione del nastro di Moebius.
(5) S 1 non e un retratto di E 2 (Esercizio 2.5).

Siano , : I X due cammini con gli stessi punti iniziali e finali (cioe (0) =
(0) = x0 e (1) = (1) = x1 ).

Definizione 5. Si dice che s rel (0, 1) se esiste unomotopia con estremi fissi
tra e , cioe se esiste unomotopia F : I I X di e tale che

F|{0}I = x0 , F|{1}I = x1 .

Se x0 = x1 allora e prendono il nome di cappi. In tal caso, si pu


o definire il
cappio prodotto come

1
(2t) 0t
( )(t) = 2

(2t 1) 1
t 1.
2

148
Valgono le seguenti proprieta.
(1) Lomotopia e una relazione di equivalenza nellinsieme dei cappi centrati in un
punto x0 .
(2) Il prodotto di cappi e ben definito nellinsieme quoziente dei cappi rispetto alla
relazione di omotopia con estremi fissi. Indicata con [] una classe di omotopia
di cappi, si pone
[ ] = [] [].

(3) Sia 1 (X, x0 ) linsieme delle classi di equivalenza dei cappi centrati in x0 , mo-
dulo la relazione di omotopia estremi fissi. Si pu
o provare che 1 (X, x0 ) e un
gruppo, detto gruppo fondamentale di X relativo al punto base x0 .
(4) Se f: (X, x0 ) (Y, y0 ) e una funzione continua di X in Y che manda x0 in y0 ,
allora lapplicazione

1 f: 1 (X, x0 ) 1 (Y, y0 )
[] 7 [f]

e ben definita ed e un morfismo di gruppi. Inoltre 1 e un funtore, cioe

1 (id) = id, 1 (f g) = 1 f1 g.

(5) Se X e connesso per cammini, il gruppo fondamentale di X non dipende dal


punto base; pi
u precisamente se x0 , x1 X, allora 1 (X, x0 ) e isomorfo a
1 (X, x1 ).
(6) Il gruppo fondamentale di un gruppo topologico (in particolare di un gruppo
di Lie) e abeliano (Esercizio 2.1).

Esempi
(1) Il gruppo fondamentale di Rn e triviale.
(2) Il gruppo fondamentale di E n e triviale.
(3) Si vedra in seguito che il gruppo fondamentale di S 1 e isomorfo a Z; intuitiva-
mente si pu
o pensare che il suo generatore e il cappio un giro.
(4) Il gruppo fondamentale di S n , per n 2, e triviale.

149
Definizione 6. Uno spazio connesso per cammini X si dice semplicemente con-
nesso se 1 (X) e triviale.

Si prova (ma non e banale come potrebbe sembrare!) che uno spazio topologico
contrattile e semplicemente connesso. Inoltre, si pu
o dimostrare che il gruppo fon-
damentale di uno spazio topologico X dipende solo dal tipo di omotopia di X. In
altre parole, unequivalenza omotopica induce un isomorfismo tra i gruppi di omoto-
pia. In particolare, se A e un retratto di deformazione di X, A e X hanno gruppi
fondamentali isomorfi.

Esempi
(1) I complementari di un punto in Rn e in S n1 hanno lo stesso gruppo fonda-
mentale.
(2) Il nastro di Moebius e S 1 hanno lo stesso gruppo di omotopia. Esiste una
retrazione che manda il nastro di Moebius nel suo bordo?

Alcuni Teoremi permettono di calcolare il gruppo fondamentale di uno spazio topo-


logico riconducendosi al gruppo fondamentale di spazi topologici pi
u semplici. Per
esempio

Teorema 1. 1 (X Y, (x0 , y0 ))
= 1 (X, x0 ) 1 (Y, y0 ).

Da questo Teorema si deduce, ad esempio, che il gruppo fondamentale del Toro e


isomorfo a Z Z.

Teorema 2. Se X e un CWcomplesso e X 2 e il suo 2scheletro, allora linclusione


di X 2 in X induce un isomorfismo tra 1 (X 2 ) e 1 (X).

Esempi
(1) Come conseguenza del Teorema 2 si ha che S n e semplicemente connesso per
n 3. (Anche S 2 e semplicemente connesso ma cio e una conseguenza del
prossimo Teorema).
(2) CPn e semplicemente connesso.

150
Teorema 3 (di Seifert e Van Kampen). Se X = U V con U e V aperti e U V
non vuoto e connesso per cammini, allora il diagramma
1 (i1 )
1 (U V ) 1 (U )


1 (i2 )y
(j )
y 1 1
1 (j2 )
1 (V ) 1 (X)

dove i1 , i2 , j1 , j2 sono le inclusioni, e un diagramma di push out (cfr. A.1).

Corollario 4. Si considerino valide le ipotesi del Teorema 3.


(1) Se U V e semplicemente connesso allora 1 (X) e isomorfo al prodotto libero
di 1 (U ) e 1 (V ).
(2) Se 1 (i1 ) e 1 (i2 ) sono isomorfismi allora anche 1 j1 e 1 j2 lo sono.

Esempi. Come conseguenza del Teorema 3 si pu


o dedurre che
(1) S 2 e semplicemente connesso.
(2) 1 (RP2 ) ' Z2 (che cosa si puo dire di 1 (RPn )?).

Esercizi

2.1 Sia G un gruppo topologico con prodotto ed elemento neutro e. Indicato con
(G, e) linsieme dei cappi con punto base in e, se f, g (G, e) si definisca il
cappio prodotto f g come

(f g)(s) = f (s) g(s).

Si provi che
(i) ((G, e), ) e un gruppo.
(ii) induce una operazione su 1 (G, e).
(iii) Loperazione e lusuale prodotto di classi di cappi su 1 (G, e) coin-
cidono. (Suggerimento: calcolare (f ce ) (ce g), dove ce e il cappio costante
in e).
(iv) 1 (G, e) e abeliano. (Suggerimento: definire una nuova operazione
su (G, e) tale che (f g)(s) = g(s) f(s)).

151
2.2 Provare che CPn e semplicemente connesso.

2.3 Verificare che se X Rn e un insieme convesso allora X e contrattile.

2.4 Dimostrare che il complementare di un punto in Rn ha S n1 come retratto di


deformazione.

2.5 Provare che S 1 non e un retratto di E 2 .

152
A.3 Rivestimenti

In questo paragrafo si intende dare la definizione di rivestimento di uno spazio


topologico, che sara, poi, particolarizzata al caso di un gruppo topologico e di un
gruppo di Lie.

Definizione 1. Dati due spazi topologici E ed X e unapplicazione continua


p: E X, p si dice rivestimento di X se, per ogni x X, esiste un intorno aperto
U di x tale che p1 (U ) e lunione disgiunta di aperti Ui di E ognuno dei quali e omeo-
morfo ad U mediante p|Ui . Lintorno U si dice coperto regolarmente o intorno
trivializzante. Gli aperti Ui sono i fogli; p1 (x) e la fibra di x.

Come conseguenza immediata della Definizione 1 si ha


(1) La fibra di ogni punto e discreta.
(2) p e un omeomorfismo locale.
(3) X e dotato della topologia quoziente.

Osservazioni
(1) Se X e una variet
a differenziabile, si vede facilmente che E ha ununica strut-
tura differenziabile per cui p e una applicazione differenziabile (cfr. [GO]).
(2) Un rivestimento e un caso particolare di fibrato: infatti un rivestimento e un
fibrato localmente triviale con fibra discreta. Il gruppo fondamentale 1 (X)
(cfr. A.2) pu
o essere considerato come gruppo strutturale del fibrato (pensato
come gruppo di Lie discreto) e lo spazio omogeneo 1 (X)/p 1 (E) e la fibra.
In questottica, i fibrati principali sono dei particolari rivestimenti detti rivesti-
menti regolari (o di Galois). Per maggiori dettagli si veda, a questo proposito,
[ST].

Esempi
(1) I rivestimenti della circonferenza S 1 sono
(a) id: S 1 S 1 .
(b) S 1 (spazio discreto).
Questi due primi esempi sono, in un certo senso, banali.

153
(c) p: R S 1 , dove S 1 e identificato con linsieme dei numeri complessi di
norma 1 (cfr. I.1) e p : x 7 e2ix .
(d) pn : S 1 S 1 con pn : e2ix 7 e2inx , ed n e numero naturale fissato.
(2) Per quanto riguarda i rivestimenti del Toro, basta usare una propriet
a gene-
rale in cui si afferma che il prodotto cartesiano di rivestimenti e ancora un
rivestimento e utilizzare gli esempi precedenti.
(3) Un rivestimento di RPn e dato da p: S n RPn , dove p e lapplicazione
quoziente.

Dato un rivestimento p: E X e unapplicazione continua f: Y X, dove Y e


un altro spazio topologico, si intende stabilire quando e possibile sollevare f ad
unapplicazione continua fe: Y E. A questo proposito si ha

del sollevamento). Siano p: E X un rivestimento e


Teorema 1 (Unicita
f: Y X una funzione continua arbitraria, con Y spazio topologico connesso. Se
esiste una funzione continua fe: Y E (detta sollevamento di f ) per cui p fe = f
e 0 ) = e0 , allora, tale
e se, dati e0 E, x0 X, y0 Y , si ha f (y0 ) = x0 e f(y
sollevamento e unico.

Sotto particolari ipotesi, il sollevamento di unapplicazione continua e sempre pos-


sibile. Per esempio, vale il

Teorema 2 (Sollevamento dei cammini). Sia p: E X un rivestimento. Se


e un cammino su X di punto iniziale x0 X, allora, per ogni e0 p1 (x0 ), esiste un
unico cammino e0 0 di E tale che p e0 0 = .

Esempio
Si prenda in considerazione lEsempio (1), punti (c) e (d). Nel caso del rivestimento
pn , un cappio n giri di S 1 si solleva ad un cappio, mentre un cappio k giri (k 6= n)
si solleva soltanto ad un cammino. Nel caso del rivestimento p nessun cappio si solleva
ad un cappio. Rivestimenti del tipo di p verranno chiamati universali; intuitivamente
tali rivestimenti slegano tutti i cappi.

Teorema 3 (Sollevamento dellomotopia). Siano p: E X un rivestimento ed

154
f: (Y, y0 ) (X, x0 ) una funzione continua ( f(y0 ) = x0 ) che ammette un sollevamento
f 0 : (Y, y0 ) (E, e0 ). Allora ogni omotopia F : Y I X con F (y, 0) = f(y), per
o essere sollevata ad unomotopia F 0 : Y I E con F 0 (y, 0) = f 0 (y),
ogni y Y , pu
per ogni y Y . Inoltre, se lomotopia F lascia fisso un sottospazio W di Y , anche F 0
fissa lo stesso sottospazio.

Corollario 4. Sia p: E X un rivestimento. Se e sono cammini in X con


lo stesso punto iniziale x0 e s rel (0, 1), allora e0 0 s e0 0 rel (0, 1), per ogni
e0 p1 (x0 ). In particolare, e0 0 e e0 0 hanno lo stesso punto finale.

Come applicazione dei Teoremi di sollevamento ora enunciati, determiniamo il


gruppo fondamentale della circonferenza S 1 . Utilizzando il rivestimento di S 1 p: R
S 1 (cfr. Esempio (1), punto (d)), definiamo un omomorfismo

: 1 (S 1 ,1) Z
[] 7 e0 0 (1),

dove e0 0 e il sollevamento di a partire dal punto 0 R. Si pu


o verificare (cfr.
[GH]) che e un isomorfismo.

In generale, se G e un gruppo topologico semplicemente connesso e H un suo


sottogruppo normale e discreto, si ha
(i) p: G G/H e un rivestimento.
(ii) 1 (G/H)
= H = kerp.
(iii) H e contenuto nel centro di G.
(Le Proprieta (i) e (iii) non dipendono dalla semplice connessione di G).

Corollario 5. Se p: (E, e0 ) (X, x0 ) e un rivestimento, allora

1 (p): 1 (E, e0 ) 1 (X, x0 )

e un monomorfismo.

Si puo individuare una condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione


continua tra due spazi topologici possa essere sollevata. Vale il

155
Teorema 6 (Criterio di sollevamento delle funzioni). Siano p: (E, e0 )
(X, x0 ) un rivestimento e f : (Y, y0 ) (X, x0 ) unapplicazione continua, dove Y e
uno spazio connesso e localmente connesso per archi. Allora f ammette un (unico)
sollevamento f 0 : (Y, y0 ) (E, e0 ) se e solo se

1 (f )1 (Y, y0 ) 1 (p)1 (E, e0 ).

Definizione 2. Un rivestimento p: U X si dice universale se lo spazio topologico


U e semplicemente connesso.

Osservazione. Come conseguenza del Teorema 6, il rivestimento universale e unico


a meno di omeomorfismi. Inoltre, se p: U X e il rivestimento universale di uno
spazio topologico X, e q: E X e un rivestimento di X, allora esiste una funzione
continua f : E U tale che p f = q (f solleva q). In altre parole il rivestimento
universale riveste ogni altro rivestimento.

Tutti gli spazi topologici di cui ci si e occupati in questo Corso sono dotati di rive-
stimento universale. Infatti, se uno spazio topologico X e quasi localmente semplice-
mente connesso allora ammette il rivestimento universale. Tale condizione significa
che, per ogni punto x X, esiste un intorno aperto V di x tale che lomomorfismo
(indotto dallinclusione) 1 (V ) 1 (X) sia il morfismo nullo. Chiaramente ogni
varieta topologica gode di questa proprieta.

Si pu
o provare che ogni rivestimento di un gruppo topologico (rispettivamente,
di Lie) e un gruppo topologico (di Lie). Questa e una conseguenza del Criterio di
sollevamento dei cammini (Teorema 2), che viene proposta come esercizio.

Esercizi

3.1 Dimostrare che CPn e semplicemente connesso.

3.2 Siano G un gruppo topologico semplicemente connesso e H un suo sottogruppo


normale e discreto.

156
Si provi che
(i) p: G G/H e un rivestimento.
(ii) 1 (G/H)
= H = kerp.
(iii) H e contenuto nel centro di G.
(Le proprieta (i) e (iii) non dipendono dalla semplice connessione di G).

3.3 Siano p: E X un rivestimento e x0 X. Si definisca unazione di 1 (X, x0 )


sulla fibra p1 (x0 ) nel modo seguente

p1 (x0 ) 1 (X, x0 ) p1 (x0 )


(e, []) 7 e0 (1),

dove e0 e il sollevamento di a partire dal punto e p1 (x0 ).


Verificare che
(i) il sottogruppo di isotropia di un punto e0 p1 (x0 ) e p 1 (E, e0 ).
(ii) Se E e connesso per archi, lazione e transitiva (in particolare i sotto-
gruppi {p 1 (E, e)} al variare di e in p1 (x0 ) sono tutti coniugati).
(iii) p1 (x0 ) e in biiezione con 1 (X, x0 )/p 1 (E, e0 ).

3.4 Provare che 1 (RP2 )


= Z2 e dedurre da questo risultato che 1 (RPn )
= Z2
per n 2.

3.5 Siano X un gruppo topologico connesso e localmente connesso per archi e


p: E X un rivestimento di X. Indicato con x0 lelemento neutro di X e
fissato un punto e0 p1 (x0 ), provare che esiste ununica struttura di gruppo
topologico su E rispetto alla quale e0 e lelemento neutro e p e un omomorfismo.
(Suggerimento: si applichi il Teorema 6 alle mappe (p p) m e a p i dove
m: X X X, (x, y) 7 xy, i: X X, x 7 x1 ).

157
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