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CAPITOLO I
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di base in cui si apprendano i fondamenti della misurazione prima di poter affrontare
qualsiasi tipo di misura specialistica. I concetti fondamentali da apprendere riguardano i
principi base della scienza delle misure, come lincertezza, lanalisi statistica dei dati,
linterpretazione dei risultati, l'affidabilit, la certificazione, in specie quella di
qualit, inoltre occorre imparare a conoscere la strumentazione di base che
essenzialmente di tipo numerico.
Per eseguire una misura ci si serve di opportuni strumenti costruiti in modo da
rendere semplice l'esecuzione e facile la lettura. A questo scopo si sono molto diffusi in
tutti i campi gli strumenti elettrici, elettronici analogici e digitali. In particolare negli
ultimi trent'anni si avuto uno straordinario impulso della strumentazione elettronica
digitale, con la diffusione di strumenti accurati, precisi, sensibili, dedicati, intelligenti ed
esperti. Gli strumenti digitali sono estremamente flessibili e questo ha determinato una
loro proliferazione e differenziazione. Inoltre l'avvento dei sensori intelligenti ha
notevolmente e ulteriormente espanso il loro campo di applicazione. In Fig. 1.1
mostrato uno schema a blocchi semplificato di un generico strumento digitale singolo. Il
primo elemento della catena di misura un sensore, ovvero un elemento di un sistema
di misura che direttamente soggetto allazione di un fenomeno, di corpi o di sostanze
che trasmettono la grandezza da misurare. Come mostrato in figura il segnale in uscita
al sensore condizionato prima di essere inviato al convertitore analogico digitale
(ADC) e a una memoria dalla quale poi sono trasmesse le informazioni al sistema di
visualizzazione, il tutto operato in modo automatico tramite un sistema di controllo.
Limportanza di avere sensori precisi e accurati aumentata con lavvento di IoT
(Internet of Things) un sistema di condivisione in rete non solo di software, ma anche
di dispositivi di misura.
Una misura deve iniziare con unappropriata specificazione del misurando, del
metodo di misura e della procedura di misura. Per misurando si intende una quantit
soggetta a misura, valutata nello stato assunto dal sistema in osservazione durante la
stessa misura.
Per metodo di misura sintende la sequenza logica di operazioni, descritte in
modo generico, impiegate nellesecuzione delle misure.
Per procedura di misura sintende linsieme di operazioni, descritte in modo
specifico, utilizzate nellesecuzione di particolari misure, in accordo a un metodo
prefissato.
Con lo strumento di figura si esegue una misura con metodo diretto. Spesso una
prova consiste nell'esecuzione di diverse misure dirette, ottenute mediante l'uso di
specifici strumenti. Un metodo diretto di misura permette di ottenere il risultato della
misura dalla lettura dello strumento senza necessit di conoscere esplicitamente valori
di altri parametri, eccetto quelli delle grandezze dinfluenza, che saranno esaminate nel
capitolo terzo.
Molto pi diffusi sono sistemi che prevedono ingressi analogici e digitali multipli. I
sistemi di acquisizione dati hanno la peculiarit di facilit di adattamento al processo
industriale da controllare. Si va sempre pi affermando una nuova filosofia di misura
che, partendo dal punto di vista classico di misurare solo una grandezza con uno
strumento a ci dedicato, si sta orientando verso un vero e proprio sistema di misura
basato su un calcolatore in grado di elaborare una gran quantit di dati provenienti da
pi sensori. A volte dalla combinazione di risultati di misure dirette su parametri
funzionalmente legati al misurando si risale, mediante l'esecuzione di calcoli, al risultato
di una misura, in tal caso si parla di misure indirette o di metodo indiretto di misura.
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Fig. 1.1 Schema semplificato di uno strumento digitale singolo
La misurazione definita dal VIM (International vocabulary of basic and general terms
in metrology) il processo per ottenere sperimentalmente uno o pi valori che possono
essere ragionevolmente attribuiti ad una grandezza. Essa richiede teoricamente un
confronto tra una quantit incognita e una nota, assunta come campione. Nessun
risultato di una misura esente da incertezza. Quando si fornisce il risultato di una
misura, occorre riportare unindicazione quantitativa sulla qualit del risultato, in modo
che gli utilizzatori possano valutarne la sua attendibilit. Senza tale indicazione
impossibile confrontare i risultati tra loro o con quelli forniti da uno strumento campione.
stato quindi necessario standardizzare una procedura per valutare ed esprimere la
sua incertezza. L'incertezza di misura il parametro, associato al risultato di una
misura, che caratterizza la dispersione dei valori che potrebbero essere
ragionevolmente attribuiti al misurando. Le cause, facilmente intuibili, alle quali
addebitare queste incertezze possono essere:
1. la imperfezione strutturale nei componenti degli strumenti utilizzati;
2. la inadeguatezza del campione di confronto;
3. la limitatezza della scala o del sistema numerico di visualizzazione dello
strumento;
4. fretta o eccessiva sicumera da parte delloperatore.
Daltra parte il solo fatto di esser obbligati ad inserire uno strumento di misura in
un sistema altera le condizioni iniziali del sistema stesso e non consente la misura del
valore che il misurando assumeva prima dellinserzione. Il processo di misura disturba il
sistema e altera il valore delle quantit fisiche da misurare. Lentit del disturbo varia
con il tipo di strumento usato per la misura. Lo studio dei mezzi per minimizzare questo
disturbo uno tra i principali scopi della scienza delle misure.
In letteratura si incontrano correntemente le dizioni di valore vero o valore
convenzionalmente vero, valore atteso e valore teorico a significare il valore della
grandezza che si tende a misurare. La scelta delluna o dellaltra dizione o di dizione
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analoga stata oggetto di discussioni e dispute filosofiche, che qui non il caso di
esaminare; si preferir nel prosieguo far riferimento a quanto riportato nella GUM
Guide to the expression of uncertainty in measurement dellISO (International
Organization for Standardization) stampata nel 1993, corretta nel 1995, nel seguito
indicata come Guida. La Norma europea ENV 13005 del 1999 recepisce l'articolato
della GUM dell'ISO e nel luglio del 2000 diventata norma italiana sperimentale UNI
CEI ENV 13005 "Guida all'espressione dell'incertezza di misura". In tale Norma alla
definizione di errore si afferma: "dato che un valore vero non si pu determinare, in
pratica si usa un valore convenzionale". In essa si afferma che scopo di una misura di
determinare il valore (non il valore vero) del misurando.
Oggi si assiste ad una netta distinzione tra un approccio classico (CA "Classical
Approach") alla teoria della misurazione, contrapposto a quello basato sull'incertezza
(UA "Uncertainty Approach"). Questa contrapposizione sta creando, tra quanti si
occupano di misurazioni, una pericolosa spaccatura, che vede da una parte i difensori
del CA e dall'altra i sostenitori dell'UA. Si rischia, proseguendo cos le cose, sia di non
far progredire ed affermare i nuovi concetti metrologici, legati all'incertezza, sia di far
perdere un prezioso patrimonio di conoscenze, basato sugli sviluppi che negli anni
passati ha avuto la teoria degli errori. La teoria degli errori ha consentito lo sviluppo di
nuove metodologie scientifiche e il raggiungimento di eccellenti risultati in diversi campi
del sapere. In particolare la tecnica di minimizzazione degli errori uno strumento di
indubbia utilit, che continua ad essere giustamente ancora molto usato in diversi
settori della scienza e delle tecnologie.
Prima di eseguire una misura si pu avere una stima, A, del valore del misurando.
Questa stima A pu essere assunta come valore convenzionalmente vero del
misurando; la sua valutazione pu derivare dalla disponibilit di un campione e dalla
conoscenza del suo valore e della sua incertezza, o anche dalla definizione
convenzionale a priori del valore del misurando, o dal valor medio di misure
precedentemente eseguite con cura sullo stesso misurando, o da una indagine
attraverso banche dati su risultati di misure eseguite da altri sullo stesso misurando, o
da altri casi ancora.
Allo scopo anche di operare alcune possibili correzioni alle misure eseguite,
tradizionalmente risultato utile introdurre il concetto di errore. Il VIM definisce errore la
differenza tra il valore della grandezza misurata e quello di una grandezza di
riferimento, derivante ad esempio da un campione di misura. Gli errori di misura
possono essere espressi come: assoluto, relativo, percentuale.
Nel caso specifico esaminato precedentemente, l'errore assoluto, E, definito
come la differenza fra il valore misurato, X, e il valore di una grandezza di riferimento
A, assunta come valore convenzionalmente vero:
E=X-A (1-1)
evidente che essendo A solo una stima del valore del misurando, lerrore E un
concetto idealizzato e non pu essere mai conosciuto esattamente, quindi la
correzione non potr mai essere completa.
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Ne deriva che una misura sar sempre affetta da incertezza. Occorre distinguere
le parole errore e incertezza, che non sono assolutamente dei sinonimi, ma
rappresentano concetti completamente differenti, come sar chiarito in seguito. Essi
non devono essere confusi luno con laltro, n scambiati tra loro.
L'errore relativo, e, definito come il rapporto tra lerrore assoluto, E, e il valore
A:
X A E
e (1-2)
A X
f f f
dX da db dc ............. (1-4)
a b c
si pu scrivere la seguente relazione tra lerrore assoluto sulla X, Ex, e quelli sulle
grandezze misurabili, Ea, Eb, Ec, ......:
f f f
Ex Ea Eb E ............. (1-5)
a b c c
In base all'Eq.1-4 facile esprimere l'errore relativo sulla X, in funzione degli errori
relativi su a,b,c,..... :
a f b f c f
ex ea eb ec ............. (1-6)
X a X b X c
Ax = X(1-ex) (1-7)
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Considerando le espressioni dei valori dei misurandi delle grandezze misurabili, a
e b, in funzione degli errori relativi delle grandezze stesse, si ha:
Lultima uguaglianza deriva dal fatto che il prodotto eaeb risulta trascurabile rispetto ai
singoli fattori ea ed eb. Dal confronto tra lEq.1-7 e l'Eq.1-8 si ottiene la seguente
uguaglianza:
ex = ea + eb (1-9)
ab ba
ex ea eb ea eb
X X
dalla quale si ricava che l'errore relativo su un rapporto dato dalla differenza degli
errori relativi su dividendo e divisore. Poich spesso accade in pratica che gli errori
relativi non siano noti con esattezza in entit e segno, se ne fissano i limiti che
delimitano la fascia di incertezza. Si preferisce quindi in genere fornire una stima del
valore massimo dellerrore relativo, ponendosi nell'ipotesi del "caso peggiore" e
sommando i moduli dei due errori relativi. Alternativo al criterio del "caso peggiore"
quello del "valore pi probabile", che consiste nel calcolo della radice quadrata della
1/2
somma dei quadrati dei valori pi grandi degli errori relativi: (ea2+ eb2) . Questa
quantit maggiore di ea o di eb, ma minore della loro somma.
Si consideri ora la somma di due grandezze X=a+b; dallapplicazione dell'Eq.1-6
si ha:
a ea b eb
ex (1-11)
ab
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Infine si consideri la differenza di due grandezze X=a-b; dall'applicazione
dell'Eq.1-6 si ha:
aea beb
ex (1-12)
a b
LEq.1-12 si modifica nel caso in cui si applichi il criterio del caso peggiore nella
seguente espressione:
a ea b eb
ex (1-13)
a b
in base alla quale lerrore relativo su una grandezza ottenuta per differenza tanto
maggiore quanto pi le grandezze misurabili a e b sono vicine tra loro. Ne risulta che un
metodo di misura basato sulla differenza fra due grandezze misurabili va applicato solo
in casi particolari.
A=X+C (1-15)
A = CF X (1-16)
ora opportuno sottolineare che lincompleta conoscenza del valore richiesto per
la correzione contribuisce allincertezza del risultato e che il risultato della misura, dopo
la correzione, ancora solo una stima del valore del misurando a causa dellincertezza,
dovuta sia allimperfetta correzione, sia alla presenza degli effetti accidentali. Dopo la
correzione il risultato di una misura potrebbe essere molto vicino al valore del
misurando, ovvero lerrore sistematico residuo potrebbe essere molto piccolo, ma
lincertezza di misura potrebbe essere molto grande, in quanto i fattori che la
determinano (come per esempio l'incertezza sulla correzione effettuata) non vanno
confusi con gli errori. Per dirla in altri termini, lincertezza del risultato di una misura
non va confusa con lerrore sistematico residuo non corretto.
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1.5 ACCURATEZZA E PRECISIONE
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Esse dipendono sia dalla qualit degli strumenti utilizzati, sia della cura esercitata
dalloperatore nellesecuzione della misura.
La precisione, in una visione estensiva, implica sia ripetibilit di una serie di
misure, sia un sufficiente numero di cifre significative. Quanto maggiore la
precisione della misura tante pi cifre significative la rappresentano e gli scarti tra le
misure sono piccoli tra loro. Viceversa una misura non precisa, anche se gli scarti tra
pi misure sono piccoli, quando sono poche le cifre significative che la rappresentano.
Per esempio se si disponesse di uno strumento digitale che consentisse la lettura di
sole due cifre della grandezza da misurare, si avrebbe una serie di misure
probabilmente ripetibili, ma non precise.
Sorge ora il problema se una misura precisa anche accurata e viceversa.
Ebbene si pu affermare che la precisione un requisito auspicabile ma non sufficiente
per assicurare accuratezza. Ovvero si auspica che una misura accurata sia anche
precisa e rappresentabile con un sufficiente numero di cifre significative, ma una misura
precisa non detto che sia anche accurata. Infatti si ipotizzi di avere uno strumento
digitale che permetta di leggere sei cifre della grandezza da misurare e inoltre di
eseguire diverse misure abbastanza vicine tra loro. Si pu affermare di avere eseguito
una misura precisa, nellipotesi che pi misure si scostino poco tra loro, ma non detto
che essa sia accurata, potendo lo strumento risultare non correttamente tarato o
potendo aver perso le sue caratteristiche nel tempo a causa di degradazione di
componenti o per motivi accidentali. In alcune applicazioni, come per esempio nel
controllo di processo, spesso si richiede ripetibilit delle indicazioni, ovvero unottima
precisione, che risulta pi importante dellaccuratezza.
Per una semplice comprensione della differenza tra accuratezza e precisione
spesso si fa riferimento al tiro con larco. Si pensi ad un bersaglio costituito da tante
corone circolari attorno al cerchio centrale, che simula il misurando, mentre i tiri sono le
misure. Quando si effettuano diversi tiri e le frecce si concentrano nel cerchio centrale
le misure sono accurate e precise, se invece sono sparse su tutte le corone circolari,
dalle pi centrali alle pi estreme, allora le misure non sono n accurate n precise.
Pu per capitare che le frecce, pur essendo distanti dal cerchio centrale, siano molto
vicine tra loro, in tal caso le misure saranno precise, ma non accurate. Soffermiamoci
su questa condizione. Le frecce vicine tra loro lasciano supporre buona abilit da parte
del tiratore. Perch allora le frecce non sono finite nel cerchio centrale? Probabilmente
a causa di un effetto sistematico dellarco, per esempio di un non corretto allineamento
del mirino (se larco ne dispone di uno) o della corda non tesa bene. Correggendo
questi effetti sistematici, ovvero nel caso di uno strumento, effettuando una sua
regolazione, si potranno avere tiri, ovvero risultati, precisi ed accurati. Daltra parte il
costruttore dellarco pu anche aver evidenziato leffetto sistematico nel foglio di
accompagnamento dello strumento, indicando la correzione da apportare, in termini di
scostamento del tiro dal cerchio centrale. Larbitro della gara pu allora accettare come
validi i tiri, se riscontrasse che, una volta apportata la correzione, i tiri risulterebbero tutti
nel cerchio centrale. Unultima condizione si pu verificare quando il livello di
accuratezza richiesto non elevato e si ritengono accettabili i tiri allinterno non solo del
cerchio centrale, ma anche della prima corona circolare vicina al cerchio centrale. Se le
frecce sono sparse lungo la circonferenza della suddetta corona circolare, ma ne
cadono allinterno, i tiri, ovvero i risultati, saranno accurati, ma non precisi. Questa
condizione permette di chiarire un aspetto importante della sensoristica in campo
industriale. Il fine del costruttore certamente quello di realizzare sensori con le migliori
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prestazioni possibili, tenendo sempre in conto il bilancio costi benefici. Tutto sta ad
intendersi su quali sono le prestazioni del sensore che lo rendono idoneo alluso. Un
sensore idoneo quando rispetti la sua classe di accuratezza (quasi sempre nei testi
italiani indicata come classe di precisione), indicata con un numero o un simbolo,
ovvero soddisfi requisiti metrologici stabiliti, tesi a mantenere gli errori di misura o le
incertezze strumentali entro limiti specificati in relazione a determinate condizioni
operative. Quindi importante che il sensore rispetti le specifiche indicate dalla
normativa vigente per la particolare applicazione in cui esso sar impiegato.
Riprendendo la metafora del tiro con larco, larco sar idoneo se assicurer ai tiri di
cadere nel cerchio centrale e nella prima corona ad esso adiacente, quando questo
previsto dal regolamento della gara. inutile perfezionare larco perch i tiri cadano nel
cerchio centrale, specie se ci comporta una spesa aggiuntiva. Tale perfezionamento
sar necessario solo se il regolamento della gara riterr validi solo i tiri che raggiungono
il cerchio centrale. Non va sottaciuta a questo punto la necessit di abilit, che deriva
dallesperienza, da parte del tiratore. Un arco idoneo nelle mani di un inesperto non
fornir risultati soddisfacenti. Un sensore nelle mani di chi non lo sa usare serve a molto
poco. Per passare da indicazioni prevalentemente qualitative sulla bont di una misura,
ottenibili attraverso laccuratezza e la precisione, a rappresentazioni quantitative del
risultato di una misura, occorre quantificare lincertezza che un parametro sia
qualitativo sia quantitativo.
La definizione dell'incertezza presuppone lesistenza del misurando all'interno di
una fascia di valori, che dipende da una deviazione standard, stabilita in base ad un
ben preciso livello di confidenza. Ne deriva chiaramente che lanalisi dell'incertezza
richiede semplicemente il ricorso ai principi noti della probabilit e della statistica.
Labbandono dellapproccio deterministico rende superata e inutile la definizione di
valore vero del misurando, che un'entit inconoscibile, ma rende pi difficile la
comprensione di come migliorare laccuratezza di una misura. Infatti per accuratezza si
intende il grado di concordanza tra il risultato di una misurazione e il valore
convenzionalmente vero del misurando.
Normalmente si parte dal concetto di accuratezza per introdurre la taratura di uno
strumento e per far comprendere che ottenere una misura precisa, ovvero ripetibile non
fornisce assicurazioni sulla bont della misurazione e dello strumento, se non stata
regolata recentemente la sua curva di taratura e se la misura non stata corretta,
ovvero depurata dagli errori sistematici.
Si detto in precedenza che lincertezza del risultato di una misura riflette la
mancanza dellesatta conoscenza del valore del misurando e si anche sottolineato
che il risultato di una misura dopo la correzione solo una stima del valore del
misurando. Per poter quantificare lincertezza occorre introdurre alcuni semplici concetti
di statistica, che sono esaminati nei successivi paragrafi.
Per stabilire in modo compiuto il valore del segnale di uscita di uno strumento di misura,
di un sensore, in condizioni di regime stazionario del misurando occorre che sia nota
una serie di parametri che definiscono le caratteristiche metrologiche in regime
permanente. La pi importante fra queste caratteristiche la curva di taratura o
calibrazione. Purtroppo spesso si fa confusione tra taratura e regolazione della
caratteristica, per cui nel seguito si cercher di chiarire la loro differenza. Per taratura o
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calibrazione si intende loperazione che, in condizioni specificate, in una prima fase
stabilisce una relazione tra i valori della grandezza misurata con dei campioni di misura
(tenendo conto delle loro incertezze di misura) e le corrispondenti indicazioni dello
strumento o del sensore, con associate le sue incertezze strumentali, e in una seconda
fase utilizza questa informazione per stabilire una relazione, che consenta di ottenere il
risultato di misura da unindicazione dello strumento. Attraverso la taratura si determina
lincertezza strumentale dello strumento o del sensore, valutata in genere come
semi ampiezza dellintervallo di massimo scostamento tra i valori del misurando
corrispondenti ad una stessa indicazione dello strumento o del sensore. Perch la
taratura sia effettuata correttamente lincertezza strumentale deve essere grande in
confronto con le incertezze di misura associate ai valori della grandezza ottenuti dai
campioni di misura. Il costruttore tenuto ad indicare le condizioni operative di
riferimento definite come quelle prescritte per la valutazione delle prestazioni del
dispositivo o per il confronto dei risultati di misura. La specifica delle condizioni
operative durante la taratura richiede che siano forniti gli intervalli dei valori sia del
misurando sia delle grandezze dinfluenza.
Lespressione grafica, per esempio su un piano cartesiano, della relazione tra
lindicazione dello strumento, posta su un asse, e il corrispondente risultato di misura,
posto sullaltro asse, definita come diagramma di taratura. In genere ad una stessa
indicazione dello strumento corrispondono diversi valori della grandezza misurata, i cui
valori limite superiori ed inferiori definiscono la fascia dincertezza (a volte
erroneamente denominata banda derrore) e permettono la valutazione dellincertezza
strumentale dello strumento. Per eseguire la taratura si deve disporre di un generatore
variabile del misurando, in grado di fornire valori in tutto il campo di misura del
dispositivo, e di uno strumento di misura, assunto come campione e, quindi, con
unincertezza strumentale molto minore di quella del dispositivo in prova. Si fa variare il
misurando entro tutto il campo di misura del dispositivo e si ripete il ciclo diverse volte,
registrando su un grafico e in una tabella per ogni indicazione del dispositivo la
corrispondente misura fornita dallo strumento assunto come campione. Per facilitare la
raccolta dei dati si possono fissare in genere da otto a dodici valori dellindicazione del
dispositivo e si opera sul generatore variabile finch non si abbiano quelle indicazioni in
uscita al dispositivo, in corrispondenza delle quali si registrano le misure fornite dallo
strumento campione. Si eviti di fissare, in modo alternativo, i valori del misurando e di
registrare le corrispondenti indicazione del dispositivo, in quanto queste hanno meno
cifre significative dello strumento campione. Raccordando i punti superiori del grafico, in
corrispondenza delle diverse indicazioni del dispositivo precedentemente fissate, e i
punti inferiori, si delineano due curve che delimitano la fascia dincertezza. Allinterno di
tale fascia dincertezza si pu ricavare una relazione biunivoca, in modo tale che ad una
indicazione del dispositivo corrisponda uno ed un sol valore della grandezza misurata,
generalmente il valor medio fra quelli relativi ad ogni singola indicazione del dispositivo.
Questa curva definita curva di taratura e non d indicazioni sullincertezza.
Pertanto quando si fornisce la curva di taratura ad essa va associata lincertezza
strumentale del dispositivo o una tabella di taratura o una serie di funzioni che
consentano di delimitare la fascia dincertezza. In realt lutente interessato
principalmente a conoscere lincertezza strumentale del dispositivo sullintero campo di
misura. Il costruttore quindi in genere fornisce semplicemente il valor massimo della
semi ampiezza della fascia dincertezza, esprimendo tale incertezza strumentale o in
valore assoluto o in valori percentuali riferiti alla portata o valore di fondo scala (%
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FSO). Il diagramma e la curva di taratura forniscono informazioni sul comportamento
del dispositivo in condizioni di regime permanente. Quando la curva di taratura
riconducibile ad una retta, il dispositivo caratterizzato da ununica costante che lega
ingresso e uscita, denominata costante di taratura del dispositivo.
Uno strumento e un sensore ideali presentano una relazione tra ingresso e uscita
ben definita data da una curva di taratura teorica, che, come si detto, pu essere
fornita dal costruttore in forma di equazione matematica, di grafico o di tabella di valori.
La curva teorica ideale quella rappresentata da una linea retta. Lo scostamento della
curva reale da quella ideale dovuto a varie cause di errore, le pi frequenti fra le quali
sono la non linearit, la deviazione dallo zero e le variazioni di sensibilit. La
conoscenza degli effetti di queste cause di errore pu consentire di effettuare la loro
correzione mediante unopportuna regolazione e quindi di aumentare la veridicit delle
misure.
Si detto che il legame y=f(x) tra il misurando x e lindicazione dello strumento o
sensore y in condizioni di regime stazionario potrebbe essere rappresentato da una
costante, condizione auspicabile, in quanto presupporrebbe una relazione lineare tra i
segnali dingresso e di uscita, rendendo applicabile limportante principio di
sovrapposizione degli effetti. Limportanza di avere una relazione lineare tra misurando
e indicazione tale che, come sar meglio evidenziato nel paragrafo successivo,
spesso gli strumenti o semplicemente i sensori sono dotati di una serie di componenti
aggiuntivi per la linearizzazione della caratteristica. Le relazioni fra i due segnali
possono essere scritte nel modo seguente:
y=kx x = kt y
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la sua indicazione sar disturbata dalle altre componenti o da altri segnali a frequenza
differente da quella che si vuole misurare.
Il parametro kt la costante di taratura dello strumento o del solo sensore che il
rapporto tra il segnale di ingresso e il segnale di uscita in risposta all'ingresso. Essa
un parametro che ha dimensioni date dal rapporto delle unit di misura del misurando e
di quella di uscita (per esempio nel caso di un sensore di spostamento con in uscita una
tensione elettrica si ha che la costante di taratura espressa in metri al volt o, con una
dizione preferita a livello internazionale, metri per volt). La costante di taratura il
fattore per cui va moltiplicata lindicazione dello strumento o del solo sensore al fine di
ottenere il valore del misurando e che, in base alle relazioni precedentemente scritte,
risulta linverso della sensibilit. Le relazioni scritte precedentemente presuppongono
che la curva di taratura non solo sia una retta, ma che passi anche per lorigine degli
assi cartesiani, caratterizzanti il piano (x,y). Questa condizione non sempre si verifica a
causa della presenza di soglie, grandezze note anche con il termine inglese molto
diffuso di offset. Il VIM definisce una soglia di discriminazione come la pi grande
variazione del valore del misurando che non produce alcuna variazione rivelabile nella
corrispondente indicazione dello strumento o del solo sensore. In realt le oscillazioni
della caratteristica intorno allo zero possono causare linsorgere sia di una soglia sia di
unindicazione del sensore presente anche in assenza di segnale in ingresso, in alcuni
testi inglesi indicato come piedistallo, che pu essere sia positivo sia negativo.
Linsorgere di una soglia di discriminazione pu essere causato dalla deriva
strumentale dello strumento o del solo sensore, ovvero da una variazione continua o
incrementale nel tempo di unindicazione, dovuta ad alcune variazioni nelle propriet
metrologiche dello strumento o del solo sensore.
Quando, come spesso accade, lindicazione a esempio di un sensore di natura
elettrica possibile controllare la deriva e correggere gli effetti sistematici dovuti agli
offset, riportando la curva di taratura del sensore a ripartire dallorigine. Questo
aggiustamento rientra nella regolazione del sensore, definita come linsieme di
operazioni eseguite sul sensore in modo che esso fornisca le indicazioni prescritte
corrispondenti a determinati valori del misurando. La regolazione non dovrebbe essere
confusa con la taratura, che un suo prerequisito, anzi a rigore, dopo la regolazione il
sensore dovrebbe essere ritarato. Per effettuare la regolazione baster aggiungere o
sottrarre, mediante un dispositivo sommatore-sottrattore, in uscita al sensore una
grandezza uguale ed opposta a quella di offset, in modo da riportare la retta nella
posizione iniziale. La deriva strumentale del sensore pu causare non solo problemi di
offset, ma anche di variazioni della pendenza della retta con una conseguente modifica
della costante di taratura. Per comprendere come effettuare la correzione di questo
ulteriore effetto sistematico, si consideri la relazione y = k x. Quando lindicazione del
sensore di natura elettrica il contributo prevalente alla sensibilit k dato dal
guadagno di un amplificatore o di una catena di amplificatori, posti a valle del sensore.
Sar quindi sufficiente dotare tale catena di un amplificatore a guadagno variabile, in
modo che con una sua opportuna regolazione si riporti il valore della pendenza della
retta, ovvero della sensibilit e quindi della costante di taratura, che il suo inverso, ai
valori iniziali o nominali, indicati nelle specifiche del sensore.
Quando il campo nominale del sensore non comprenda lo zero, la regolazione,
ovvero le correzioni da apportare in seguito alla deriva strumentale del sensore,
risultano leggermente pi complesse. In tal caso necessario conoscere i valori limite
del campo di misura e le corrispondenti indicazioni del sensore. Si indichino con (xmin,
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ymin) e (xmax,ymax) le coordinate dei punti relativi ai suddetti valori. Per apportare la
correzione generalmente si applica allingresso del sensore il valore xmin del misurando
e si aggiunge o sottrae a monte dellamplificatore una grandezza tale da render nullo il
segnale in ingresso allamplificatore e quindi lindicazione del sensore. Con questa
operazione si fatta traslare la retta facendola passare per il punto di coordinate
(xmin,0). Allingresso dellamplificatore si ha tensione nulla che non influenza il valore del
suo guadagno. Poich al valore del misurando xmin deve corrispondere lindicazione
nota ymin del sensore, occorre attraverso un sommatore aggiungere in uscita
allamplificatore una tensione pari proprio a ymin, in modo tale che al valore xmin del
misurando corrisponda lindicazione ymin del sensore. A questo punto si applica al
sensore un valore del misurando pari a xmax e, agendo sullamplificatore a guadagno
variabile, si fa assumere alla retta la pendenza corrispondente alla sua costante di
taratura nominale, condizione raggiunta quando la tensione in uscita allamplificatore
risulta pari a ymax - ymin, in modo tale che la corrispondente indicazione del sensore sia
ymax, visto che alluscita dellamplificatore sempre sommata una tensione pari a ymin.
Quindi, anche in questo caso, impiegando due semplici sommatori-sottrattori, uno a
monte e uno a valle dellamplificatore, con una sola traslazione della caratteristica e una
sola variazione del guadagno si sono apportate le correzioni necessarie a riportare il
sensore allinterno delle sue specifiche. Al termine di queste operazioni il sensore
stato regolato. Quando queste operazioni sono effettuate automaticamente, si dice che
il sensore dotato della funzione di autoregolazione della curva di taratura. Spesso
questa operazione detta impropriamente autotaratura. Poich lautoregolazione pu
essere eseguita frequentemente e allo scopo di non sollecitare indebitamente il sensore
con il valore massimo del suo misurando si scelgono coppie di valori misurando-
indicazione differenti da quelle limiti del campo nominale. Ci presuppone che la
caratteristica non si discosti da un andamento lineare, il che consente di considerare
due punti qualsiasi, purch non troppo vicini tra loro, per le inevitabili incertezze che
accompagnano tutti i processi di misura.
Un altro effetto sistematico pi difficile da correggere rappresentato dallisteresi
che la massima differenza tra le indicazioni dello strumento o del solo sensore
corrispondenti al medesimo misurando quando la misura eseguita procedendo per
valori prima crescenti e poi decrescenti del misurando stesso nellambito del suo
intervallo di misura. Essa d luogo ad un errore sistematico in genere espresso in per
cento del fondo scala, presente in diversi componenti ed causata da un ritardo
nellazione di un elemento. Valori diversi dellisteresi si presentano al variare del campo
di escursione del misurando. Essa massima quando il misurando varia dallinizio della
scala fino al fondo scala e viceversa. Un errore analogo a quello causato dalla presenza
dellisteresi quello di frizione, presente ad esempio nei potenziometri dove una
spazzola scorre su delle spire.
Al costruttore si richiede di assicurare la ripetibilit delle misure durante tutta la
vita utile dello strumento o del solo sensore, quali che siano le grandezze dinfluenza
che su esso possano agire. La ripetibilit nel tempo detta stabilit, definita come la
propriet dello strumento o del solo sensore di conservare le sue caratteristiche
metrologiche costanti nel corso del tempo. Quanto pi sar stabile il dispositivo tanto
minore sar nel tempo il numero di regolazioni da apportare alla curva di taratura.
Per ottenere la curva di taratura, una volta disponibile il diagramma di taratura, si
possono utilizzare diversi algoritmi matematici, il metodo pi utilizzato quello dei
minimi quadrati, noto anche con lacronimo inglese LSM (least square method), che
15
sar esaminato nellultimo paragrafo di questo capitolo. Lalgoritmo LSM ormai
disponibile non solo tra i pacchetti software di statistica, ma anche nelle calcolatrici
scientifiche tascabili. Si assume per ogni indicazione dello strumento o del solo sensore
il valor medio fra quelli del misurando relativi alla suddetta indicazione. Operando in tal
modo si ottengono tante coppie di coordinate, in numero n, quante sono le indicazioni
del dispositivo prefissate in sede di taratura (come si detto in precedenza, in genere si
fissano da otto a dodici indicazioni), ottenendo altrettanti punti sperimentali sul piano
cartesiano. Si inizia con il fissare come curva teorica una retta di equazioni y=k1x+q,
dove k1 la sensibilit di misura e q rappresenta il valore del possibile offset. Per il
calcolo dei due parametri k1 e q, si applica lLSM, minimizzando la somma degli scarti
quadratici fra i punti sperimentali sul piano cartesiano e la retta di equazione data, tale
somma definita funzione obiettivo, F. Si passa poi a fissare come curva teorica una
quadratica, per esempio del tipo y=k2x2+k1x+q, e si applica nuovamente lLSM. Se il
minimo della nuova funzione obiettivo inferiore a quello ottenuto per la retta vorr dire
che la funzione quadratica raccorda i punti sperimentali meglio di quanto non avvenga
con la retta. Si passa quindi a fissare come curva teorica una cubica, per esempio del
tipo y=k3x3+k2x2+k1x+q, e si applica nuovamente lLSM. Se il minimo della nuova
funzione obiettivo inferiore a quello ottenuto per la funzione quadratica vorr dire che
la funzione cubica raccorda i punti sperimentali meglio di quanto non avvenga con le
due curve precedenti. Il processo si ferma non appena la curva di taratura rientra
allinterno della fascia di incertezza, specie se tale funzione una retta, in quanto la
caratteristica rettilinea particolarmente apprezzata negli strumenti di misura. Si pu
anche verificare che lo scarto tipo o deviazione standard della funzione obiettivo,
calcolata come la radice quadrata della stessa funzione diviso per il numero n di punti
sperimentali, =(F/n)1/2, risulti minore della semi ampiezza del massimo scarto misurato
sulla fascia dincertezza, ovvero dellincertezza strumentale del dispositivo.
Quando si effettua la verifica della taratura si assume come curva teorica di
riferimento per lapplicazione per esempio dellLSM quella fornita dal costruttore. La
verifica della taratura positiva se lampiezza massima della fascia dincertezza
misurata inferiore al doppio dellincertezza strumentale indicata dal costruttore. Tra i
dati della verifica che si forniscono vi anche il massimo scarto tra la curva di taratura
sperimentale ricavata e quella fornita dal costruttore.
Quando la curva di riferimento una retta si fornisce lerrore di linearit, che
unindicazione di quanto la curva di taratura si discosti dall'andamento rettilineo. A
significare la sua rilevanza si fa presente che lerrore di linearit una delle
caratteristiche indicate dal costruttore nel foglio illustrativo o nel manuale di
accompagnamento dello strumento o del sensore. Lerrore di linearit, indicato molto
spesso semplicemente come linearit, espresso in funzione del valor massimo dello
scostamento dei singoli punti della curva di taratura da una retta di riferimento
opportunamente definita.
Esistono tanti tipi di linearit quanti sono i modi di stabilire la retta di riferimento. La
linearit riferita alla retta teorica relativa ad una retta di equazione y=kx, che passa
per lo zero e per il punto che ha coordinate prefissate, senza alcun riferimento a valori
misurati. Se queste coordinate corrispondono al cento per cento del fondo scala sia del
misurando sia dellindicazione dello strumento o del sensore, si ha la cosiddetta
linearit terminale. La linearit riferita agli estremi relativa alla retta che si ottiene
congiungendo i punti estremi ottenuti durante la taratura dello strumento o del sensore.
In tal caso in genere si richiede che siano fornite le incertezze con cui sono stati ottenuti
16
questi punti estremi. La linearit indipendente riferita alla retta migliore ottenuta
come linea media tra due rette parallele il pi vicino possibile tra loro e in grado di avere
al loro interno tutti i valori misurati nel corso della taratura. La linearit secondo i
minimi quadrati fa riferimento alla retta ottenuta applicando il metodo dei minimi
quadrati, ovvero minimizzando la somma dei quadrati degli scostamenti. Si trovano
anche altri tipi di linearit ottenute imponendo il passaggio della retta da punti prefissati,
come ad esempio quello corrispondente al misurando nullo (linearit riferita allo zero),
ma quelle precedentemente esaminate sono le pi utilizzate.
1 n
X Xi
n i 1
(1-17)
Nel calcolo della media a volte pu essere conveniente attribuire maggiore rilievo
a delle misure pi attendibili o maggiormente significative. Allo scopo si moltiplica
ciascuna misura per un appropriato fattore peso, wi, e si divide la somma di questi
prodotti per la somma dei fattori peso ottenendo una media pesata , X p:
n
w X i i
Xp i 1
n
(1-18)
w
i 1
i
19
Si noti che l'Eq.1-18 coinciderebbe con l'Eq.1-17 nel caso in cui tutti i pesi fossero
uguali. Si pu utilizzare come i-esimo peso la quantit 1/2ui2, dove ui l'incertezza
relativa della i-esima misura.
In base alle considerazioni fatte sugli errori, prescindendo momentaneamente
dallincertezza di misura, indicati con Esi e Eai gli errori sistematici e accidentali relativi
alla i-esima misura, questa potrebbe essere scritta nel modo seguente:
1 n 1 n
X A si n
n i 1
E
i 1
Eai (1-20)
Gli errori accidentali Eai rappresentano una tipica variabile aleatoria con valor
medio che si approssima a zero per n che tende all'infinito.
Dall'Eq.1-20 si ricava quindi che la media aritmetica di un insieme di misure una
stima del valore del misurando, tanto migliore quanto maggiore il numero di misure e
quanto pi sono stati corretti gli errori sistematici.
Si noti inoltre che l'Eq.1-20 si pu esprimere anche nella forma:
1 n
X A Esi
n i 1
(1-21)
La differenza fra il valor medio e la stima A del misurando si definisce "bias", che
ha una difficile traduzione in italiano, da alcuni tradotto come polarizzazione, da altri
distorsione ed un indice dell'inaccuratezza di una misura.
La polarizzazione rappresenta la media degli errori sistematici e sar tanto pi
piccola, quanto migliori saranno le correzioni apportate alle misure. Essa detta anche
errore sistematico e con il segno meno rappresenta la correzione totale da apportare
alle misure per migliorarne laccuratezza. Tale correzione sempre accompagnata da
una propria incertezza.
La dispersione delle misure intorno al valor medio si pu valutare introducendo la
definizione di deviazione della misura Xi come la seguente differenza:
di = Xi - X (1-22)
20
1 n 1 n 1 n
di n
n i 1 i 1
(Xi X ) Xi X 0
n i 1
(1-23)
Si definisce invece come varianza del campione delle misure il quadrato della
deviazione standard, ovvero la somma delle deviazioni quadratiche delle misure dal loro
valor medio diviso per il numero delle misure:
1n 2 1n
di (Xi X)2
2
(1-26)
n i1 n i1
la presenza del segno di allincirca uguale presente nelle Eq.1-25 e Eq.1-26 deriva dal
fatto che la varianza di un campione di una popolazione cos come la deviazione
standard, definite dalle precedenti equazioni, rappresentano stime distorte dei loro
valori attesi. Infatti il numero di deviazioni indipendenti ovvero il grado di libert non
=n bens =n -1, in quanto per il calcolo della deviazione standard e della varianza
occorre valutare la media, servendosi dello stesso insieme di dati. I gradi di libert di
una variabile aleatoria o di una statistica in genere, esprimono il numero di dati
effettivamente disponibili per valutare la quantit d'informazione contenuta nella
statistica. Infatti, quando un dato non indipendente, l'informazione che esso fornisce
gi contenuta implicitamente negli altri. possibile quindi calcolare le statistiche
utilizzando soltanto il numero di osservazioni indipendenti, consentendo in questo modo
di ottenere stime non distorte dei risultati. Il concetto di gradi libert fu introdotto in
statistica da Ronald Fisher negli anni 1920. Stime non distorte della deviazione
standard e della varianza sono date dalle seguenti espressioni:
1 n
s ( X i X )2
n 1 i 1
(1-27)
1 n
s2 ( X i X )2
n 1 i 1
21
Esse sono note anche come stime corrette di Bessel. La sostituzione di n con n-1
non ha importanza pratica, in quanto, per avere una buona precisione, n deve essere
abbastanza grande, come in genere accade. bene sottolineare, in base all'Eq.1-27,
che sia la deviazione standard sia la varianza decrescono al ridursi degli errori
accidentali, il che chiarisce l'importanza dell'approccio statistico per la minimizzazione di
questi errori e per ridurre l'incertezza La varianza anche comunemente indicata come
scarto quadratico medio. Si definisce momento centrale di ordine q la media
aritmetica della potenza q-esima della differenza tra i valori misurati e la loro media:
1n
n i1
(Xi X)q (1-28)
22
dove Xic il valor medio delle misure nell'intervallino Xi. La media risulta pertanto
indipendente dal numero n di prove eseguite. In base all'Eq.1-29 si pu affermare che la
media di una serie di eventi ripetibili una media pesata i cui pesi sono rappresentati
dalle frequenze relative fi. Nel caso in cui i risultati siano raggruppati in classi, si
assumer per Xic, da porre nell'Eq.1-29, come si detto il valor medio dei risultati
relativi alla generica classe o intervallino Xi. La deviazione media, la deviazione
standard e la varianza assumono le seguenti espressioni:
k k
f i X ic X f (X i ic X) 2
f i ( X ic X ) 2
2
(1-30)
i i 1 i 1
p( x ) 1
i 1
i (1-33)
23
In Tabella 1-1 sono riportate le probabilit relative ai risultati del lancio di due dadi. Si
pu verificare facilmente che la somma di tutte le probabilit pari ad 1.
TABELLA 1-1
x pi xpi
1/36 1/18
1/18 3/18
1/12 1/3
1/9 5/9
5/36 5/6
1/6 7/6
5/36 10/9
1/9 1
1/12 5/6
1/18 11/18
1/36 1/3
la funzione densit di probabilit indicata a volte anche con f(x). In base all'Eq.1-36 si
ha:
p( x)dx 1
(1-37)
24
x x
Pr ( x X x x) F ( x x) F ( x) x
p( x)dx (1-38)
la probabilit uguale all'area sottesa dalla curva della densit p(x) compresa tra x e
x+ x.
La funzione densit di probabilit, se nota a priori completamente o parzialmente,
pu essere utilizzata per migliorare la precisione della misura e anche per ridurre
l'incertezza.
Essa stata considerata una funzione continua, in cui la variabile x pu
assumere tutti i valori nel campo , il che contrasta con il campione limitato da
cui si partiti.
In realt un numero finito di osservazioni pu essere considerato solo un
campione di un insieme infinito che presenta una certa funzione densit di probabilit.
L'istogramma delle probabilit di occorrenza degli eventi relativi al campione una
approssimazione della curva p(x) e il grado di approssimazione dipende dal numero di
prove e dall'ampiezza in cui i risultati sono raggruppati.
Per distinguere i risultati ottenuti con un piccolo numero di prove da quelli relativi ad
un numero molto grande, si usa considerare i risultati derivanti da un numero limitato di
prove come una stima di queste funzioni.
In termini statistici il valore atteso, o speranza matematica, o semplicemente
laspettazione, o la media statistica di una variabile aleatoria discreta {xi} si esprime
simbolicamente come E[xi]. A tale funzione si applicano le stesse propriet della
sommatoria per le variabili discrete e dell'integrale per le variabili continue:
k
x E X pi xi (1-39)
i 1
x p( x)dx ( x ) p( x)dx 2 (x ) (1-41)
2 2
p( x)dx
Si noti quindi che per il calcolo delle aspettazioni necessario conoscere, per
variabili aleatorie discrete, la funzione di probabilit di massa, per variabili aleatorie
continue, la funzione densit di probabilit. Si detto che la media aritmetica
rappresenta una stima del valore del misurando quando siano stati corretti gli errori
sistematici correggibili. bene precisare che mentre la media aritmetica una stima
dellaspettazione la grandezza A, che compare nellEq.1.1, una stima
dellaspettazione del misurando
25
1.12 DISTRIBUZIONE UNIFORME
b2 a 2 a b
b
1
b a a
xdx
2(b a ) 2
b b
1 1
( x ) 2 dx x12 dx1
2
ba a b a a
(1-44)
(b )3 (a )3 1 b a b a
3 3
3(b a) 3(b a ) 2 2
(b a ) 2
12
26
1.13 DISTRIBUZIONE DI GAUSS
A
Ae dx e z dz 1
h 2 ( x m )2 2
e dz
z 2
si ricava:
27
h
A (1-46)
Per la simmetria della curva tracciata in Fig.1.6 ovvio che m coincide con la
media della distribuzione, ma ci pu essere verificato matematicamente, in base
allEq.1-40:
h 1 z
h
h 2 ( x m )2 z2
xp ( x)dx xe dx ( m ) e dz
z z2
1 m m
e dz m
z
e dz
2
h
Nell'equazione precedente l'integrale
z e z dz 0
2
nullo per la simmetria della funzione p(z) rispetto allascissa zero. Il calcolo della
varianza procede in modo analogo; in base alla terza espressione dell'Eq.1-41 si ha:
h
( x ) p( x)dx (x ) e
( x )2
2 h
dx
2
2 2
1 1 1
z e z dz
2
2
h 2
h 2
2 2h 2
da cui si ricava:
1
(1-47)
h 2
1
p( x) e ( x ) / 2
2 2
(1-48)
2
Questa funzione rappresentativa di una distribuzione normale della variabile x
la cui deviazione standard .
28
Fig.1.6 Funzione di densit di probabilit(k=A) Fig.1.7 Curve di densit di probabilit
e quindi la probabilit che una misura cada nellintervallo compreso tra due valori x1 e
x2:
x2
1
e
( x ) 2 / 2 2
Pr( x1 X x2 ) F ( x2 ) F ( x1 ) dx (1-50)
2 x1
pari all'area sottesa dalla curva p(x) fra le suddette ascisse. L'integrale presente
nell'Eq.1-49 ed Eq.1-50 non pu essere calcolato con i metodi elementari, ma pu
essere espresso come differenza di due integrali del seguente tipo:
z z2
1
( z )
2
e
2
dz (1-51)
29
che la funzione di distribuzione normale standard ovvero la distribuzione normale
con media 0 e varianza 1, le cui soluzioni, ottenute mediante approssimazioni
numeriche, sono tabulate. In base all'Eq.1-50 ed Eq.1-51, posto z1=(x1-)/ e z2= (x2-
)/, si pu verificare che sussiste l'importante relazione:
30
TABELLA 1-2
0.01 5040 0.61 7291 1.21 8869 1.81 9649 2.41 9920
0.02 5080 0.62 7324 1.22 8888 1.82 9656 2.42 9922
0.03 5120 0.63 7357 1.23 8907 1.83 9664 2.43 9925
0.04 5160 0.64 7389 1.24 8925 1.84 9671 2.44 9927
0.05 5199 0.65 7422 1.25 8944 1.85 9678 2.45 9929
0.06 5239 0.66 7454 1.26 8962 1.86 9686 2.46 9931
0.07 5279 0.67 7486 1.27 8980 1.87 9693 2.47 9932
0.08 5319 0.68 7517 1.28 8997 1.88 9699 2.48 9934
0.09 5359 0.69 7549 1.29 9015 1.89 9706 2.49 9936
0.1 5398 0.7 7580 1.3 9032 1.9 9713 2.5 9938
0.11 5438 0.71 7611 1.31 9049 1.91 9719 2.51 9940
0.12 5478 0.72 7642 1.32 9066 1.92 9726 2.52 9941
0.13 5517 0.73 7673 1.33 9082 1.93 9732 2.53 9943
0.14 5557 0.74 7704 1.34 9099 1.94 9738 2.54 9945
0.15 5596 0.75 7734 1.35 9115 1.95 9744 2.55 9946
0.16 5636 0.76 7764 1.36 9131 1.96 9750 2.56 9948
0.17 5675 0.77 7794 1.37 9147 1.97 9756 2.57 9949
0.18 5714 0.78 7823 1.38 9162 1.98 9761 2.58 9951
0.19 5753 0.79 7852 1.39 9177 1.99 9767 2.59 9952
0.2 5793 0.8 7881 1.4 9192 2 9772 2.6 9953
0.21 5832 0.81 7910 1.41 9207 2.01 9778 2.61 9955
0.22 5871 0.82 7939 1.42 9222 2.02 9783 2.62 9956
0.23 5910 0.83 7967 1.43 9236 2.03 9788 2.63 9957
0.24 5948 0.84 7995 1.44 9251 2.04 9793 2.64 9959
0.25 5987 0.85 8023 1.45 9265 2.05 9798 2.65 9960
0.26 6026 0.86 8051 1.46 9279 2.06 9803 2.66 9961
0.27 6064 0.87 8078 1.47 9292 2.07 9808 2.67 9962
0.28 6103 0.88 8106 1.48 9306 2.08 9812 2.68 9963
0.29 6141 0.89 8133 1.49 9319 2.09 9817 2.69 9964
0.30 6179 0.90 8159 1.50 9332 2.10 9821 2.70 9965
0.31 6217 0.91 8186 1.51 9345 2.11 9826 2.71 9966
0.32 6255 0.92 8212 1.52 9357 2.12 9830 2.72 9967
0.33 6293 0.93 8238 1.53 9370 2.13 9834 2.73 9968
0.34 6331 0.94 8264 1.54 9382 2.14 9838 2.74 9969
0.35 6368 0.95 8289 1.55 9394 2.15 9842 2.75 9970
0.36 6406 0.96 8315 1.56 9406 2.16 9846 2.76 9971
0.37 6443 0.97 8340 1.57 9418 2.17 9850 2.77 9972
0.38 6480 0.98 8365 1.58 9429 2.18 9854 2.78 9973
0.39 6517 0.99 8389 1.59 9441 2.19 9857 2.79 9974
0.40 6554 1.00 8413 1.60 9452 2.20 9861 2.80 9974
0.41 6591 1.01 8438 1.61 9463 2.21 9864 2.81 9975
0.42 6628 1.02 8461 1.62 9474 2.22 9868 2.82 9976
0.43 6664 1.03 8485 1.63 9484 2.23 9871 2.83 9977
0.44 6700 1.04 8508 1.64 9495 2.24 9875 2.84 9977
0.45 6736 1.05 8531 1.65 9505 2.25 9878 2.85 9978
0.46 6772 1.06 8554 1.66 9515 2.26 9881 2.86 9979
0.47 6808 1.07 8577 1.67 9525 2.27 9884 2.87 9979
0.48 6844 1.08 8599 1.68 9535 2.28 9887 2.88 9980
0.49 6879 1.09 8621 1.69 9545 2.29 9890 2.89 9981
0.5 6915 1.1 8643 1.7 9554 2.3 9893 2.9 9981
0.51 6950 1.11 8665 1.71 9564 2.31 9896 2.91 9982
0.52 6985 1.12 8686 1.72 9573 2.32 9898 2.92 9982
0.53 7019 1.13 8708 1.73 9582 2.33 9901 2.93 9983
0.54 7054 1.14 8729 1.74 9591 2.34 9904 2.94 9984
0.55 7088 1.15 8749 1.75 9599 2.35 9906 2.95 9984
0.56 7123 1.16 8770 1.76 9608 2.36 9909 2.96 9985
0.57 7157 1.17 8790 1.77 9616 2.37 9911 2.97 9985
0.58 7190 1.18 8810 1.78 9625 2.38 9913 2.98 9986
0.59 7224 1.19 8830 1.79 9633 2.39 9916 2.99 9986
0.6 7257 1.2 8849 1.8 9641 2.4 9918 3 9987
31
1.15 DEVIAZIONE STANDARD DELLA MEDIA
1 m n 2
2 d ji
mn j 1 i 1
(1-54)
1 m 2
Dm j
2
m (1-55)
m j 1
1 n 1 n 1 n
Dm j X j X ji ( X ji ) d ji (1-56)
n i 1 n i 1 n i 1
32
1 m 1 n 2 1 m n 2 1 m n 2 s2
2m d ji
d ji mn 2 d ji n
(1-57)
m j 1n i1 mn2 j 1
i 1 j 1i 1
m (1-58)
n
s2 ( X i ) 1 n
s (X )
2
n
n(n 1) i 1
( X i X )2 (1-59)
n
s( X i ) 1
s( X )
n
n(n 1) i 1
( X i X )2 (1-60)
33
1.16 DEFINIZIONE E CALCOLO DELLINCERTEZZA
34
n
s( X i ) 1
u ( x) s ( X )
n
( X i X )2
n(n 1) i 1
(1-61)
s2 ( X i ) 1 n
u 2 ( x) s 2 ( X )
n
n(n 1) i 1
( X i X )2
ab (b a) 2
x u 2 ( x) (1-62)
2 12
36
1.16.3 Raccomandazioni sullincertezza
importante sottolineare che le incertezze non possono essere classificate come
gli errori in sistematiche e accidentali (o aleatorie), n si pu associare a un errore
sistematico una valutazione di Tipo B dellincertezza, n a un errore accidentale una
valutazione di Tipo A dellincertezza. Infatti lincertezza associata alleffettuazione di una
correzione e quindi a un errore sistematico pu essere valutata con i metodi
caratteristici di Tipo A o anche con quelli di Tipo B. Cos viceversa lincertezza
associata a un errore accidentale pu essere valutata con i metodi tipici di Tipo B,
invece che con quelli di Tipo A.
Proprio allo scopo di evitare queste possibili fonti di confusione, si classificano i
metodi per valutare le componenti dellincertezza piuttosto che le componenti stesse.
bene sottolineare che la classificazione delle modalit di valutazione
dellincertezza in due tipi ha solo utilit didattica, non essendoci differenza nella natura
dellincertezza calcolata nei due modi sopra indicati, infatti come si visto entrambi i tipi
di valutazione sono basati su distribuzioni di probabilit e le componenti dellincertezza
risultanti da ambedue i metodi sono quantificate mediante varianze o deviazioni
standard.
Unincertezza con valutazione di Tipo A ottenuta da una funzione densit di
probabilit derivata da una distribuzione di frequenza osservata, mentre unincertezza
con valutazione di Tipo B ottenuta da una funzione densit di probabilit ipotizzata
sulla base del grado di fiducia nel verificarsi di un evento, sovente chiamata probabilit
soggettiva. Ambedue i metodi utilizzano le conoscenze statistiche precedentemente
esaminate ed altre note in letteratura.
Nellipotesi che per il calcolo dellincertezza della stima x di una misura ci si sia
avvalsi di valutazioni sia di Tipo A sia di Tipo B, si deve procedere alla loro
combinazione in un unico valore di incertezza standard u(x), a volte con lindicazione di
una stima della sua incertezza.
Indicati per semplicit di trattazione con uA(x) e uB(x) le incertezze standard con
valutazioni di Tipo A e B e le varianze con i quadrati delle stesse grandezze,
lincertezza totale sulla stima x sar data da:
u ( x) u A2 u B2 (1-63)
37
dalla media aritmetica, X , che il valore pi prossimo all'aspettazione, X, di
quell'insieme di misure effettuate sullo stesso misurando.
La stima del misurando, X , sar tanto migliore quanto pi saranno stati corretti gli
errori sistematici, in quanto in tal caso essa si avviciner ad A e quindi a A. Cio si
hanno due valori conoscibili X ed A appartenenti entrambi a due distribuzioni di
probabilit con medie statistiche rispettivamente X e A.
Nel caso specifico, in base a quanto precedentemente esposto, l'errore assoluto,
E, si pu definire come la differenza fra il valore misurato, X, e la stima A: E = X - A;
evidente che essendo A solo una stima del valore del misurando, la correzione
dell'errore E potr semplicemente portare ad avvicinarsi alla migliore stima del
misurando, o alla sua aspettazione, A, ovvero la correzione non potr mai essere
completa, ma contribuir alla quantificazione dell'incertezza con una sua componente
che si indicher con us(X).
Indicati con Esi e Eai gli errori sistematici e accidentali relativi alla i-esima misura,
questa pu essere scritta come: Xi = A + Esi + Eai, che consente di esprimere la media
aritmetica nella forma seguente:
1 n 1 n
X A Esi Eai
n i 1 n i 1
Gli errori accidentali Eai rappresentano una tipica variabile aleatoria con valor medio
che si approssima a zero per n che tende all'infinito. L'errore sistematico assimilabile
ad un'interferenza e quello aleatorio a un rumore, il che permette di considerare la
tecnica dell'averaging o della media, come strumento elementare per ridurre gli effetti
del rumore.
Anche gli errori aleatori non sono completamente eliminabili e contribuiscono
all'incertezza con una componente ur(X). Ipotizzando l'esistenza delle sole due
incertezze precedentemente indicate l'incertezza tipo, complessiva sar data da:
u ( X ) us2 ( X ) ur2 ( X )
38
1.17 INCERTEZZA STANDARD COMBINATA E PROPAGAZIONE DELLE
INCERTEZZE
funzione di diverse quantit misurabili: X1, X2, X3...., XN, le quali prendono il nome di
grandezze dingresso e in genere dipendono da altre quantit, incluse tutte le
correzioni e i fattori di correzione, che possano originare sul risultato della misura una
componente dincertezza significativa.
Le incertezze da cui sono affette le misure delle grandezze X1, X2, X3...., XN si
propagano su Y, che prende il nome di grandezza duscita, e tale propagazione pu
essere studiata mediante semplici tecniche matematiche.
Le grandezze dingresso possono, con le loro incertezze, essere determinate
direttamente da misure effettuate sul misurando. Possono essere ottenute da una
singola osservazione, o da misure ripetute, o da un giudizio basato sullesperienza.
Tra le grandezze dingresso e le loro incertezze possono essere incluse anche
informazioni esterne, come grandezze associate con campioni di misura tarati, materiali
di riferimento certificati, dati di riferimento ricavati da manuali o da banche dati.
Una stima del misurando Y, indicata con y, pu essere facilmente ricavata dalle
stime x1, x2, x3...., xN delle N grandezze X1, X2, X3...., XN:
1 n 1 n
y Y Yi f ( X 1,i , X 2,i ,......, X N ,i ) (1-66)
n i 1 n i 1
Questo modo di ottenere la stima in genere, quando f una funzione non lineare
delle grandezze dingresso, preferito allaltro, basato sul calcolo delle medie
aritmetiche delle singole grandezze dingresso:
y f ( X 1 , X 2 ,......, X N ) (1-67)
I due metodi sono identici quando f funzione lineare delle grandezze dingresso.
39
Lincertezza standard combinata, indicata con uc(y), determinata dalla
deviazione standard stimata, associata a ciascuna delle stime dingresso xi,
denominate incertezze standard e indicate con u(xi). Ciascuna stima delle grandezze
dingresso xi e ciascuna incertezza standard u(xi) sono ricavate da una distribuzione di
valori possibili delle grandezze dingresso Xi.
Queste distribuzioni di probabilit possono essere basate su valutazioni Tipo A,
ovvero su una serie di osservazioni e sulle relative distribuzioni di frequenza, o su
valutazioni Tipo B, ovvero su distribuzioni a priori.
Nel paragrafo 1.3 si considerata la propagazione dell'errore su misure
indirette, si vuole ora mostrare come sia possibile calcolare la incertezza standard
combinata di grandezze misurate indirettamente quando siano note sia le stime x1,
x2, x3...., xN delle N grandezze X1, X2, X3...., XN misurate, sia le incertezze standard
u(x1), u(x2), u(x3),...., u(xN).
Lincertezza standard combinata uc(y) della stima y del misurando la radice
quadrata positiva della varianza standard combinata. Lo sviluppo dellEq.1-65 in serie di
Taylor intorno ai valori di aspettazione delle xi, E[xi]=i, troncato al primo ordine,
consente di confondere la differenza con il differenziale. Quindi per piccoli scostamenti
di y intorno alla y in funzione di piccoli scostamenti delle xi intorno alle i possibile
scrivere:
2 2
N f f N 1 N
f f
y
N
( xi i )
2
i
( x ) 2
2 ( xi i )( x j j ) (1-68)
i 1 xi i 1 xi i 1 j i 1 xi x j
y i
2
Passando dal quadrato dello scostamento (y-y) al suo valore atteso, che la
2 2
varianza di y y =E[(y-y) ], indicando con i =E[(xi- i) ] la varianza di xi e con covij=
E[(xi- i)(xj- j)] la covarianza di xi e xj, dall'Eq.1-68 si ha:
2
f 2
N N 1 N
f f
2
i 2 i j ij (1-69)
i 1 xi i 1 j i 1 xi x j
y
40
1.17.1 Grandezze dingresso non correlate
In una prima analisi si ipotizzi che le grandezze dingresso siano tutte indipendenti.
In tal caso le variabili casuali associate alle grandezze dingresso possono essere
ritenute scorrelate.
Ci pu accadere quando le grandezze dingresso siano state misurate
ripetutamente, ma non simultaneamente in esperimenti indipendenti distinti, o perch
rappresentano grandezze risultanti da valutazioni distinte fatte indipendentemente, o se
le grandezze dingresso possono essere trattate come costanti, o se vi informazione
insufficiente per valutare la covarianza associata alle stime delle grandezze dingresso.
Nei casi esemplificati lEq.1-69 si semplifica nella seguente:
2
N
f 2
2
i (1-70)
i 1 xi
y
Ciascuna incertezza u(xi) standard ottenuta con valutazioni sia di tipo A sia di
Tipo B. Le derivate parziali presenti nellEq.1-71 sono pari alle derivate parziali rispetto
alle grandezze dingresso, valutate nei valori di aspettazione delle Xi, anche se si
calcolano per X1= x1:
f f
ci (1-72)
xi X i x1 , x2 ,......., xN
41
quadrata pu pertanto essere scritta come la seguente somma di termini costituiti dalle
incertezze quadrate delle grandezze dingresso:
N N N
u ( y ) ci u ( xi ) ci u ( xi ) ui2 ( y )
2
2
c
2 2
(1-73)
i 1 i 1 i 1
dove si sono indicate con ui(y)=|ci|u(xi) le incertezze standard della stima y generate
dalle incertezze standard delle stime xi. Ci valido in quanto nelle ipotesi di piccole
variazioni di xi, cui corrisponda una variazione di y, si ha (y)i= cixi. Pertanto, inbase
allEq.1-73, la incertezza combinata quadrata pu essere vista come la somma delle
incertezze della stima duscita y generate dalle incertezze quadrate stimate associate
alle stime dingresso xi.
I coefficienti di sensibilit, ci, a volte invece di essere calcolati in base alla
conoscenza della funzione f, possono essere valutati sperimentalmente. In tal caso si
misura la variazione prodotta su Y da una variazione di una specifica grandezza
dingresso Xi, mantenendo costanti le altre grandezze dingresso: ci=y/xi (costanti
tutte le grandezze dingresso diverse da xi).
LEq.1-71 e le sue derivate sono valide solo se le grandezze dingresso, Xi, sono
indipendenti o scorrelate.
Se alcune delle Xi sono correlate in misura significativa, bisogna tener conto delle
correlazioni e in base allEq.1-11 lespressione della varianza combinata risulta:
2
f 2
N N 1 N
f f
u ( y)
2
u ( x ) 2 u ( xi , x j )
i 1 xi i 1 j i 1 xi x j
c i
2
N
f 2 N 1 N
f f
u ( xi ) 2 u ( xi )u ( x j )r ( xi , x j ) (1-74)
i 1 xi i 1 j i 1 xi x j
N N 1 N
ci2u 2 ( xi ) 2 c c u ( x )u ( x )r ( x , x )
i j i j i j
i 1 i 1 j i 1
42
2
N f N
2
u ( y)
2
u ( xi ) ci u ( xi ) (1-75)
i 1 xi
c
i 1
La covarianza stimata di due grandezze dingresso (Xi, Xj) correlate, stimate dalle
medie determinate da n coppie indipendenti di osservazioni simultanee ripetute data
da:
n
1
u ( xi , x j ) s ( X i , X j ) ( X ik X i )( X jk X j )
n(n 1) k 1
(1-76)
u ( xi ) j
r ( xi , x j ) (1-77)
u ( x j ) i
Nel campo industriale e commerciale, cos come in quello sanitario o l dove siano
coinvolte la salute e la sicurezza pubbliche, preferibile introdurre lincertezza estesa
U, ottenuta moltiplicando lincertezza standard combinata uc per un fattore di
copertura k:
U kuc ( y ) (1-78)
43
Lincertezza estesa quella grandezza che definisce un intervallo, intorno al
risultato della misura, che ci si aspetta contenga una frazione rilevante della
distribuzione di valori, ragionevolmente attribuibili al misurando.
La scelta del fattore k, di solito compreso tra 2 e 3, basata sulla probabilit di
copertura o livello di confidenza o ancor meglio grado di confidenza richiesto
allintervallo. Tale fattore deve essere dichiarato, in modo che si possa ricavare
lincertezza standard della grandezza misurata, da usarsi nel calcolo dellincertezza
standard combinata di altri risultati di misure eventualmente dipendenti da quella
grandezza.
Il risultato di una misura espresso in modo appropriato come:
Y y U (1-79)
LEq.1-79 sta a significare che la migliore stima del valore attribuibile al misurando
Y y e che ci si aspetta che lintervallo [y-U, y+U] comprenda una gran parte della
distribuzione di valori ragionevolmente attribuibili a Y. Un intervallo di questo tipo
anche espresso come:
y U Y y U (1-80)
44
TABELLA 1.3
Y=y U
45
I coefficienti di correlazione dovrebbero essere scritti con tre cifre significative
se i loro valori assoluti sono prossimi a uno.
Esistono delle convenzioni sulle cifre significative da riportare nella presentazione
di un risultato. Anche se non vi un accordo internazionale ben definito, alcune scelte
sono accettate da tutti. Normalmente l'ultima cifra significativa di un risultato quella
su cui ricade l'incertezza della misura. Inoltre nell'arrotondamento di un numero,
l'ultima cifra che si conserva aumentata di una unit se la prima cifra eliminata
maggiore di 5 o 5. Ovvero l'ultima cifra non variata solo quando la prima cifra
eliminata inferiore a 5. Nella presentazione dellincertezza si pu in alcuni casi
arrotondare per eccesso anche quando la prima cifra eliminata inferiore a 5.
TABELLA 1-5
ELENCO DI PREFISSI
Y yotta 1024
Z zetta 1021
E exa 1018
P peta 1015 PHz
T tera 1012 TWh
G giga 109 GHz
M mega 106 MW
k kilo 103 kV
h etto 102 hg
da deca 10
d deci 10-1 dm
c centi 10-2 crad
m milli 10-3 mA
micro 10-6 s
n nano 10-9
p pico 10-12 pF
f femto 10-15
a atto 10-18
z zepto 10-21
y yocto 10-24
47
I punti sperimentali vanno evidenziati sul grafico, senza l'indicazione dei valori
delle coordinate, e nel caso si riportino pi curve sullo stesso grafico bene distinguere
i punti relativi a ciascuna di loro con segni differenti.
Poich i fenomeni macroscopici sono continui, i punti sperimentali vanno
raccordati con curve continue, salvo quando si tratti di caratteristiche discontinue,
nel qual caso si pu ricorrere anche a una spezzata o a un istogramma.
Quando il raccordo dei diversi punti risulta difficoltoso necessario interpolarli, il
che lo si pu fare ad occhio o ricorrendo a particolari algoritmi ai quali si accenner in
seguito.
importante sottolineare al riguardo che ogni linea che raccordi i punti
sperimentali matematicamente accettabile come una rappresentazione grafica del
fenomeno fisico in esame se la massima deviazione dei punti sperimentali dalla
curva inferiore ai valori limite delle possibili incertezze di misura. Tuttavia fra le varie
curve che si possono tracciare ve ne una che risulta la migliore, in grado di
minimizzare la somma algebrica degli scarti tra i punti sperimentali e quelli
corrispondenti giacenti sulla curva stessa. Il miglior accordo tra curva e punti
sperimentali si ottiene mediante opportune tecniche di regressione.
Uno speciale tipo di prova, spesso utilizzata per verificare la equivalenza tra una
funzione di densit di probabilit di dati, relativi a un campione di una popolazione, e
una funzione teorica di densit di probabilit, la prova del 2 o della bont
dell'approssimazione. Un esempio pu chiarire il significato della prova.
Al paragrafo 1-8, in Tabella 1-1, sono stati forniti i dati relativi alla legge di
probabilit, pi, relativa al lancio di due dadi.
La validit di tale legge legata all'ipotesi di perfetta realizzazione dei dadi. Nel
caso si esegua un gran numero di lanci e i risultati siano tali da non rispettare la
suddetta legge di probabilit, sorge il dubbio che i dadi siano truccati.
Il problema quello di stabilire un criterio per quantificare il disaccordo tra le due
leggi. Con riferimento alle variabili discrete, la funzione di probabilit in genere
espressa in termini di frequenze dei vari eventi F(x).
In particolare si consideri un campione di n misure della variabile x e si presuma di
conoscere la funzione di probabilit p(x) (nel caso di variabili continue si far riferimento
alla densit di probabilit).
Le n misure si raggruppino in k intervalli, o classi, di prefissata ampiezza x, che
insieme formano un istogramma delle frequenze. Il numero di misure che cadono
all'interno dell'i-esima classe chiamato la frequenza misurata nell'i-esima classe e
sar indicata con Fi(x).
Il numero di osservazioni, che si attenderebbe cadere entro la i-esima classe in
base alla funzione di probabilit attesa, sar dato dal prodotto del numero di
osservazioni n per la probabilit che la misura cada nell'intervallo i-esimo, detta
frequenza attesa: npi(x).
48
TABELLA 1-7
2 Pr 2 Pr 2 Pr
49
La differenza tra la frequenza attesa e quella misurata data da npi(x)-Fi(x)
per la i-esima classe. Un indicatore della differenza totale, relativa a tutte le classi, il
2 definito nel modo seguente:
x x
2
i (1-82)
i 1
50
d n
x xi 0
2
(1-83)
dx i 1
i 1 dx i 1 i 1
da cui:
1 n
x xi
n i 1
(1-84)
y = mx + q (1-85)
di = mxi + q - yi (1-86)
Se i punti sperimentali sono raccordabili con una retta, l'esistenza di valori non
nulli delle deviazioni deriva dalla presenza di errori sperimentali sulle variabili x e y. I
valori pi probabili di m e q, ovvero quelli che consentono di individuare la retta che
meglio raccordi i punti sperimentali, sono ottenibili dalla minimizzazione della seguente
quantit:
n n
d mxi q yi
2
i
2
(1-87)
i 1 i 1
n 2 n 2
d 0
m i 1 i
d 0
q i 1 i
(1-88)
i 1 i 1 i
m x qnx xi yi
n i 1 i 1 (1-89)
2 n mx q y
di 2(mxi q yi )
i 1 q i 1
x i y i nx y xi yi nx y
m n i 1
i 1
n x2
2
xi nx
2
i 1
n n n n
(1-90)
y xi2 x xi yi y xi2 x xi yi
q i 1
i 1 i 1 i 1
n
n x2
2
xi2 nx
i 1
che comporta la determinazione di m+1 incognite. In tal caso le coppie di misure (xi,yi)
devono essere in numero n maggiore di m+1. Le costanti ak possono essere valutate
imponendo che sia minima la somma delle seguenti deviazioni:
52
1.23 RETTE DI REGRESSIONE E COEFFICIENTE DI CORRELAZIONE
y mx q (1-93)
y y m( x x ) (1-94)
53
n
x y nx y
i i
r mm ' i 1
(1-95)
n x y
y y xx xx y y
r r (1-96)
y x x y
Purtroppo in molti casi l'esame su un grafico dei punti sperimentali mostra che non
esiste una relazione lineare tra i punti sperimentali. Tuttavia la conoscenza delle leggi
fisiche che governano il processo possono spesso suggerire trasformazioni tali da
ottenere una rappresentazione grafica approssimabile con una relazione lineare.
Tipico il caso in cui le due variabili siano legate da una legge di tipo
esponenziale, in quanto diagrammando, sui due assi cartesiani, i logaritmi delle due
variabili si ottiene una relazione lineare che pu essere stimata da una regressione
lineare ai minimi quadrati.
Quando non nota la legge fisica che lega le due variabili e la
rappresentazione grafica mostra che i dati non siano raccordabili con una retta, le
tecniche di regressione vanno applicate stimando i parametri di polinomi di ordine
superiore, finch si ottiene una curva che approssimi i dati sperimentali in modo
soddisfacente.
Uno dei requisiti fondamentali nelle tecniche di regressione che la massima
deviazione fra i diversi dati e la curva calcolata sia inferiore allincertezza di misura
calcolata e che determina la fascia di incertezza. Questa condizione non sempre
soddisfatta, per cui occorre un criterio che consenta di stabilire quale curva approssimi
meglio di unaltra i dati sperimentali. Si tratta anche in questo caso di trovare un
opportuno coefficiente di correlazione o qualcosa di analogo. Le cosiddette prove di
confidenza, tese a questo scopo, sono diverse, una di queste consiste nel calcolare la
somma S delle deviazioni quadratiche relative ad un dato polinomio, che leghi le due
variabili x e y e con il quale si tentato di raccordare i dati, e nel confrontarlo con il
valore di S calcolato per la curva di regressione di un ordine superiore. La curva che si
riterr raccordare meglio delle altre i dati sperimentali sar quella che presenter il
valore di S, tale che tutti i dati cadano allinterno della fascia dincertezza. Esistono altre
prove di confidenza che vanno oltre gli scopi del corso.
54