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Domande e risposte Legislazione dei beni ambientali

1. La tutela dell’ambiente nella normativa internazionale, con particolare riferimento al Protocollo di


Kyoto del 1997.
Inizialmente, fino alla seconda metà del XX° secolo, l’unica normativa riferita alla tutela ambientale era
quella di carattere consuetudinario, che si esprimeva, in definitiva, nell’applicazione del “Divieto di
inquinamento transfrontaliero” e nel’ “obbligo di cooperazione fra stati”. A seguito di alcuni gravi incidenti,
fra cui quello della petroliera “Torrey Canion” nel 67, si accelerò il processo di evoluzione del diritto
ambientale internazionale da consuetudinario in convenzionale. Fu quindi nel 1972, con la Conferenza di
Stoccolma che 113 Nazioni si riunirono per addivenire all’adozione di un “Documento di principi” ed alla
creazione del “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). Successivamente al 1972, si
susseguirono molti altri trattati in tema ambientale, fra cui quello tenutosi a Kyoto nel 1997, relativamente ai
cambiamenti climatici. Fu sancito l’obbligo di operare una riduzione, fra il 2008 ed il 2012, delle emissioni di
gas inquinanti, a carico principalmente delle Nazioni economicamente avanzate che avevano maggiori
responsabilità circa la situazione di degrado. Il Concordato divenne operativo solo nel Febbraio 2005, dopo
che la Russia ufficializzò la ratifica al Protocollo, che prevedeva, per l’entrata in vigore, la ratifica di almeno
55 Stati, che rappresentassero almeno il 55% delle emissioni inquinanti globali. Per l’Italia, nonostante grandi
contestazioni del Governo, l’obbligo di riduzione entro il 2012 è pari al 6,5 %. Gli USA, che ancora non
hanno ratificato l’accordo, criticando i termini del trattato per gli squilibri di distribuzione degli obblighi.
2. La definizione del concetto giuridico di ambiente e dettato costituzionale.
Con il sostantivo “ambiente” si indica, in generale e secondo una concezione antropocentrica, l’habitat entro il
quale l’uomo vive, raccordandosi ottimamente con la definizione scientifica, per la quale l’ambiente risulta
l’insieme dei fattori “biotici” (organismi viventi) ed “abiotici” (aria, acqua, suolo, etc.). Dal punto di vista
giuridico l’ambiente raffigura tutto ciò che garantisce ed assicura la preservazione della persona umana. In tal
senso l'ambiente, essendo fruibile dall’individuo e dalla collettività, rappresenta un bene giuridico e dunque
deve essere “oggetto di diritto”. Prima della Legge Costituzionale 3/2001, la Costituzione trattava
marginalmente il tema dell’ambiente all’articolo 2 (al vertice dell’ordinamento vi è la persona umana),
all’articolo 9 (che prevede la tutela del paesaggio) ed all’articolo 32 (per cui la Repubblica tutela la salute, che
viene intesa nell’accezione più ampia). Con la Legge sopra citata (art.117 Cost.), la materia ambientale
diventa oggetto di specifica disciplina, attribuendo alla legislazione dello Stato la tutela dell’ambiente e dei
beni culturali e riservando alle Regioni la tutela della salute, il governo del territorio e la valorizzazione dei
beni ambientali e culturali.
3. La valutazione di impatto ambientale sull’ordinamento giuridico italiano.
Il D.L. 152 del 2006, stabilisce le procedure di attuazione della “valutazione di impatto ambientale”(VIA), di
“Valutazione ambientale strategica” (VAS) e di “autorizzazione integrata ambientale” AIA). La valutazione di
impatto ambientale è un procedimento incidentale ed aperto alla partecipazione del pubblico che, a seguito di
un’istruttoria tecnico-scientifica, sfocia in un “giudizio preventivo” riferito alla compatibilità ambientale di un
determinato progetto (pubblico o privato). Tale giudizio può prevedere, oltre che l’idoneità o meno, anche
delle prescrizioni correttive.
Il procedimento VIA si articola nelle seguenti fasi:
- introduttiva (il committente invia apposita domanda, allegando progetto e studio di impatto
ambientale)
- di studio dell’impatto ambientale (predisposto dal committente e contenente descrizione progetto,
descrizione misure cautelative per non arrecare danni al territorio ed i dati necessari per individuare eventuali
effetti negativi, sia in fase di realizzazione che di esercizio)
- della pubblicità (diffusione a mezzo stampa dell’avvenuto deposito del progetto)
- della partecipazione al procedimento(entro 45 dalla pubblicazione possono essere forniti da eventuali
interessati elementi riferiti a possibili effetti dell’opera proposta)
- dell’istruttoria tecnica (da parte della Commissione tecnica per le valutazioni ambientali)
- del giudizio di compatibilità (si rende entro 90 gg. dalla pubblicazione)
Non si procede a VIA nei casi di “interventi destinati ad opere di difesa nazionale” ed in quelli di “interventi
per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza”
4. Il diritto convenzionale in materia di tutela dell’ambiente.
Inizialmente, fino alla seconda metà del XX° secolo, l’unica normativa riferita alla tutela ambientale era
quella di carattere consuetudinario, che si esprimeva, in definitiva, nell’applicazione del “Divieto di
inquinamento transfrontaliero” e nel’ “obbligo di cooperazione fra stati”. A seguito di alcuni gravi incidenti,
fra cui quello della petroliera “Torrey Canion” nel 67, si accelerò il processo di evoluzione del diritto
ambientale internazionale da consuetudinario in convenzionale. Fu quindi nel 1972, con la Conferenza di
Stoccolma che 113 Nazioni si riunirono per addivenire all’adozione di un “Documento di principi” ed alla
creazione del “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). Successivamente al 1972, si
susseguirono molti altri trattati in tema ambientale, fra cui:
- la Convenzione di Ginevra del 1979 sull’inquinamento atmosferico (piogge acide)
- la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 1982;
- le Convenzioni di Vienna del 1985 e 1986, rispettivamente per la protezione della fascia di ozono e
sul tema dell’energia nucleare;
- la Convenzione sui cambiamenti climatici di New York del 1992;
- la Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1994 sull’ambiente e lo sviluppo, che si
concluse con la redazione di tre importanti documenti (la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo,
l’Agenda XXI e la Dichiarazione di principi per la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste);
- il Protocollo di Kyoto del 1997, avente come principale obiettivo la riduzione delle emissioni dei
gas a effetto serra nel periodo tra il 2008 ed il 2012. Tale Protocollo e’ entrato in vigore il il 16 febbraio 2005
a seguito della ratifica da parte della Russia, il 30 settembre 2004.
- gli accordi di Marrakech del 2001, per la definizione del sistema di scambi dei permessi di
emissione e della vendita dei diritti di emissione;
5. I principi della politica ambientale comunitaria.
I criteri cui si ispira l'azione comunitaria, enunciati nell'art. 174 TCE 2° Paragrafo, sono:
- il principio di prevenzione: ha finalità di evitare i danni ambientali pertanto richiede il controllo dei progetti
mediante una Valutazione di Impatto Ambientale, richiesta agli Stati membri con la direttiva comunitaria n.
337/85, per garantire un'omogenea sostenibilità dello sviluppo. La preventiva valutazione è condicio sine qua
non;
- il principio “chi inquina paga”: fondato sull’imputazione di responsabilità per danni causati. L'addebito dei
costi a chi causa l'inquinamento incita a ridurlo ed a ricercare prodotti e tecnologie meno inquinanti. Finalità
ultima è quella di ridurre l'imposizione fiscale per l'ambiente sui cittadini e garantire la concorrenza tassando
in eguale misura identiche produzioni inquinanti. Sono strumenti di attuazione:
- rispetto di standard di inquinamento e di livelli di massima accettabilità delle emissioni inquinanti;
- strumenti economico finanziari. (tasse per l'utilizzo delle risorse ambientali nei processi produttivi e
sussidi per incentivare l'adozione di tecnologie antinquinanti);
- il principio precauzionale: (15° principio della Dichiarazione di Rio) impone l’adozione di misure
preventive prima che inizi un processo di degrado. È fortemente correlato al principio “chi inquina paga”;
- il principio di correzione: chi causa danno deve provvedere a correggere alla fonte la lesione;
- il principio dell'integrazione (Trattato di Amsterdam), affianca la tutela dell’ambiente alle politiche
economiche e settoriali della Comunità.
6. Il diritto all’ambiente e sviluppo sostenibile nell’ordinamento giuridico statale.
Il diritto all’ambiente è considerato come il diritto fondamentale dell’uomo alla preservazione delle condizioni
indispensabili alla sua sopravvivenza. Inizialmente nel ns. ordinamento veniva riconosciuta ai soggetti una
tutela relativamente ai beni ambientali da essi utilizzati;
Successivamente il sistema giuridico ha ritenuto di poter considerare l’ambiente come bene giuridico
riconosciuto da norme costituzionali. Infatti, la Corte Costituzionale ha stabilito, con sentenza 641 del 30
novembre 1987 che la protezione dell’ambiente e’ imposta da valori costituzionali e deve, perciò, essere eletta
a valore primario assoluto.
In questo ambito si innesta il concetto di Sviluppo Sostenibile che prevede una utilizzazione delle risorse
naturali oculata e razionale tale da garantire sia alla generazione attuale che a quelle future il soddisfacimento
dei propri bisogni.
Tale principio è legato a due concetti basilari:
- La carring capacity, intesa come la capacità portante del pianeta, regolata da equilibri fragili

- La programmazione sostenibile, con la quale conseguire il soddisfacimento dei propri bisogni di oggi,
senza compromettere quello delle generazioni future.
Per addivenire allo sviluppo sostenibile bisogna tener conto del principio del rendimento sostenibile,
secondo il quale la velocità con cui l’uomo attinge alle risorse naturali rinnovabili deve corrispondere alla loro
velocità di rigenerazione, e del principio degli interventi compensativi, per cui bisogna bilanciare in
maniera compensativa lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili.
7. La conferenza delle Nazioni Unite di Stoccolma del 1972, con particolare riferimento alle convenzioni
che ne scaturiscono.
La conferenza di Stoccolma del 1972 indica il passaggio dal “diritto internazionale ambientale
consuetudinario” a “diritto internazionale ambientale convenzionale”. Infatti , a seguito di alcuni gravi
incidenti (fra cui quello della petroliera “Torrey Canion” nel 67), divenne evidente l’esigenza improrogabile
di disporre di normativa a carattere internazionale. Il processo di avvio verso una definizione di regole
internazionali iniziò proprio con la Conferenza di Stoccolma che stabilì l’adozione di un “Documento di
principi”che ribadì:
- la necessità di prevenire le principali cause di inquinamento ed i maggiori rischi ecologici
- la libertà di sfruttare le risorse naturali, in modo da garantire soddisfacenti condizioni di vita
- una politica di cooperazione secondo un principio di uguaglianza
Venne anche stabilito il “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente” (UNEP), con funzioni di studio,
programmazione, razionalizzazione ed assistenza tecnica agli Stati.
La conferenza di Stoccolma diede l’avvio all’adozione di importanti convenzioni:
• la Convenzione di Ginevra del 1979 sulle piogge acide;
• la Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare;
• la convenzione di Vienna del 1985 sull'assottigliamento della fascia di ozono;
• la Convenzione di Vienna del 1986 sull'energia nucleare;
• la Convezione di New York del 1992 sui cambiamenti climatici;
• la Convenzione di New York del 1994 con l'istituzione di zone di protezione ecologica;
• la Convenzione sul diritto all'utilizzazione dei corsi d'acqua internazionali (Assemblea Generale
delle Nazioni Unite a New York del 1997).
8. I principali ambiti di intervento sulla teoria dell’ambiente nel diritto dell’Unione Europea.
Solo a partire dagli anni ’60 fu avvertita la necessità di una politica comune dei Paesi comunitari in tema
d’ambiente. Documenti fondamentali per l’attuazione della politica ambientale comunitaria sono i Programmi
d’azione (se ne sono susseguiti 6, dal ‘73 ad oggi).
I principali ambiti di intervento sul tema dell’ambiente in ambito comunitario, dettati appunto dal VI°
Programma di Azione dei Paesi dell’Unione Europea (01 gennaio 2001-31 dicembre 2010) denominato
“Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” sono:
 l’inquinamento delle acque, la protezione delle falde acquifere, i livelli di qualità delle acque
potabili/balneabili; la protezione delle acque superficiali interne, di transizione e sotterranee.
 l’inquinamento atmosferico. Allo scopo di ridurre la concentrazione di piombo ne e’ stata limitata
la presenza nelle benzine destinate agli autoveicoli e le case costruttrici di automobili sono state obbligate a
dotare gli autoveicoli di catalizzatori. Inoltre, l’allarmante riduzione dello strato di ozono ha portato
all’adozione di una serie di misure tese alla limitazione e riduzione dell’uso dei clorofuorocarburi (CFC), per
cui e’ stata disposta la totale eliminazione a partire dal 1 gennaio 1995;
 l’inquinamento da rumore, con l’adozione di direttive miranti a determinare i livelli massimi di
rumorosità per motoveicoli, veicoli a motore, aerei subsonici, elettrodomestici etc.;
 lo smaltimento e trattamento dei rifiuti, con una direttiva quadro sullo smaltimento, riciclaggio e
trattamento dei rifiuti ed altre integrative sui rifiuti tossici e pericolosi;
 la protezione della flora e della fauna: sono state emanate direttive sulla caccia, la protezione e la
limitazione al commercio di alcune specie, sulla protezione degli animali destinati a scopi sperimentali o
scientifici;
 la valutazione dell’impatto ambientale: con 3 direttive e’ stato introdotto l’obbligo di una
valutazione di impatto ambientale (VIA) per i principali interventi di sviluppo pubblici o privati concernenti
l’agricoltura, l’industria o le infrastrutture.
9. Ambiente e paesaggio e relativa ripartizione di funzioni tra Stato e Regioni.
In passato i termini ambiente e paesaggio erano utilizzati indifferentemente, sia nell’ambito legislativo che
nell’uso comune . Il D Lgs 490/99 era intitolato “testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali ed ambientali”, mentre più tardi il D.Lgs. 42/ 2004, fu invece intitolato “codice dei beni culturali e
del paesaggio”, evidenziando che il termine “bene ambientale” era stato sostituito dal termine “paesaggio”.
Ciò creò grandi difficoltà di interpretazione e problemi nell’identificazione delle competenze. Con il Testo
Unico dell’Ambiente (D.Lgs.152/2006) si è tentato di riordinare, coordinare ed integrare le varie disposizioni
già emanate in tema ambientale, al fine, tra l’altro, di chiarire le reali competenze tra Stato e Regioni.
Allo Stato è riservata la potestà esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni
culturali; alle Regioni, in virtù della capacità legislativa concorrente, viene riconosciuta la tutela della salute,
del governo del territorio, di protezione civile, della produzione,trasporto e distribuzione della energia, di
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.
Le Regioni sono tenute ad istituire le “Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente” (ARPA) le cui
principali attribuzioni sono:
• fornire un supporto tecnico alla pianificazione e agli interventi regionali;
• gestire le informazioni a livello locale;
• provvedere ai controlli e alle azioni di prevenzione ambientale tramite le proprie strutture tecniche
presenti nel territorio;
• organizzare programmi di educazione e formazione ambientale a livello regionale.
10. Il divieto di inquinamento transfrontaliero nel diritto internazionale.
E’ una regola diritto internazionale per la quale nessuno Stato ha diritto di usare il proprio territorio o
permetterne l'uso in modo da causare danno al territorio di un altro Stato. Tale divieto la sua prima
applicazione nella sentenza resa l'11/3/41 da un Tribunale Arbitrale; è ribadito sia nel Principio 21 della
Dichiarazione di Stoccolma (1972), sia nel Principio 2 della Dichiarazione di Rio de Janeiro (1992).
Dall'esistenza di tale divieto deriva:
- dovere della due diligence, dovere di ogni Stato di adottare tutte le misure opportune per eliminare o
attenuare i rischi di danni transfrontalieri al fine di accertare la legittima utilizzazione del territorio.
- obbligo di prevenzione, va ad aggiungersi a quello di riparazione e consiste nell'adozione di tutte le misure
preventive necessarie ad impedire che la realizzazione di date attività rechi pregiudizi transfrontalieri. È
adempiuto con un comportamento improntato sulla due diligence e la prova dell'adozione di criteri di
diligenza elimina ogni responsabilità dello Stato.
- principio di precauzione, stabilisce l’obbligo di agire preventivamente al fine di evitare il prodursi di un
danno, anche a prescindere dalla certezza scientifica che possa giustificare una data azione e la cui
acquisizione potrebbe risultare tardiva – Principio 15 Dichiarazione di Rio. Il documento di Rio afferma,
inoltre, che le misure per prevenire il degrado devono avere un costo inferiore a quello che si sarebbe
sostenuto se il danno si fosse realmente prodotto.
- principio “chi inquina paga”, Principio 16 Dichiarazione di Rio, non solo richiede che l'autore di un danno
all'ambiente sia considerato responsabile e tenuto a risarcire i danneggiati, ma, soprattutto, impone agli Stati
di non legiferare in modo da garantire che l'autore del danno non sia tenuto al risarcimento.
11. I programmi di azione delle politiche comunitarie in materia ambientale.
I Programmi di Azione costituiscono dei documenti fondamentali per l'attuazione delle politiche comunitarie
in materia ambientale. Dal ’73 ad oggi la Comunità Europea, al fine di creare una strategia comune
d’intervento, ha approvato i sei seguenti programmi :
I Programma (1973-1977) con il quale la Comunità assume ufficialmente il compito di guidare i Paesi
membri verso la realizzazione di una politica ambientale uniforme, secondo i sotto riportati obbiettivi:
- prevenzione, riduzione o eliminazione dei danni ambientali
- mantenimento degli equilibri ecologici
- gestione equilibrata delle risorse naturali
- sviluppo qualitativo delle condizioni di vita e di lavoro
- riguardo verso i problemi ambientali
- cooperazione internazionale, anche con i paesi extra-comunitari.
II Programma (1977-1981) indirizzato in modo particolare verso una politica di prevenzione (controllo di tutti
i prodotti chimici prima dell’immissione nel mercato, dispositivi di sicurezza nelle produzioni pericolose,
valutazione dell’incidenza sull’ambiente di nuove attività, classificazione sistematica delle caratteristiche del
territorio comunitario).
III Programma (1981-1985) che disciplina la politica ambientale in rapporto ad altri elementi quali
l'economia, l'occupazione, l'innovazione tecnologica, l'informazione ai cittadini e, sopratutto, i rapporti e la
collaborazione con i Paesi terzi.
IV Programma (1987-1992) che sollecita gli Stati membri ad operare una ricognizione dello stato ambientale
del proprio territorio, per prevenire l’inquinamento, per migliorare la gestione delle risorse, per potenziare la
collaborazione internazionale e per sviluppare una maggiore tutela ambientale.
V Programma (1993-2000) getta le basi per una politica comune dell'ambiente ed estende l'obbiettivo della
prevenzione in campo ambientale a tutti gli aspetti dell'azione comunitaria. In particolare, al fine di
responsabilizzare maggiormente la Comunità verso l’aspetto ambientale, affianca alle azioni “punitive” già
previste in tema di inquinamento ambientale, azioni premianti verso chi rispetta gli standard ambientali.
VI Programma (2001-2010) individua gli obbiettivi generali da perseguire e le azioni prioritarie delle future
politiche ambientali dell'UE.
I principali ambiti di intervento sono:
• l'inquinamento delle acque
• l'inquinamento atmosferico
• l'inquinamento da rumore
• lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti
• la protezione della fauna e della flora
• la valutazione dell'impatto ambientale
12. La convenzione de L’Aja per la protezione dei beni culturali da adottare durante i conflitti armati.
Sula base del concetto fondamentale che i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi
appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell'umanità intera, poiché ogni popolo
contribuisce alla cultura mondiale, è emersa, già da tempo l’esigenza primaria di assicurare la tutela della
conservazione dei beni culturali, nei casi di conflitti armati.
Già tra il 1922 e il 1923 furono stabilite, a livello internazionale, alcune regole, valide a patto che gli Stati
belligeranti si astengano dall'usare i beni culturali per scopi militari ed accettino un regime speciale di
controllo.
Nel 1954, con la Convenzione dell’Aja, vennero sanciti i seguenti obblighi di protezione dei beni culturali in
caso di conflitto armato, a carico dei paesi firmatari:
a) astenersi da ogni attacco e da ogni danneggiamento dei beni culturali protetti o dall'utilizzarli per degli
scopi che potrebbero esporli ad attacchi nemici;
b) prevenire ogni atto di furto, vandalismo e distruzione;
c) proibire ogni misura di rappresaglia o di requisizione di beni culturali;
d) proibire, nei territori occupati, l'esportazione dei beni culturali e porre in essere ogni utile azione
ritenuta necessaria per salvaguardarli e conservarli;
e) rispettare in ogni occasione il personale responsabile della protezione dei beni culturali.
La tutela che viene riconosciuta ai beni culturali in caso di conflitto armato può essere:
(*) semplice cioè riferita a tutti i beni culturali, riconosciuti dallo Stato ove i beni si trovano, che risultano
quindi protetti in forma semplice da attacchi;
(*)speciale che non è concessa dallo Stato, ma dagli Stati, ed è limitata ad un piccolo numero di monumenti di
straordinaria importanza inseriti nel “Registro dei beni culturali posti sotto protezione speciale”. Questi vanno
contrassegnati con un distintivo azzurro e bianco ripetuto tre volte, che tutela, non solo il bene, ma anche il
personale addetto alla sua sorveglianza.
Ovviamente, sempre ed in ogni caso, queste tutele decadono se il bene culturale è utilizzato per scopi militari
o se nelle sue immediate vicinanze ci siano obiettivi militari.
13. Il concetto di bene culturale.
Per bene culturale si intende un bene mobile o immobile che abbia interesse storico, artistico, monumentale,
archeologico, archivistico o librario (vedasi D.L. 112 del 1998),
Partendo da questa definizione si capisce che la tutela di questi beni è spinta. non soltanto da motivi estetici,
ma soprattutto storici, evidenziando così l’importanza che l’opera o il bene ha avuto per la storia e per il
progresso umano. Sono considerati beni culturali:
- le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie
- gli archivi e i singoli documenti
- le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico o archeologico.
14. L'ambiente nei trattati istitutivi dell'Unione Europea e i principali principi della politica
comunitaria.
Nei Trattati istitutivi delle tre Comunità europee (CECA-CEE.CE) non esistevano riferimenti ad una politica
ambientale comunitaria. Solo con la Conferenza di Stoccolma (1972) si concretizzò questo indirizzo, ribadito
poi nella Conferenza di Parigi dello stesso anno quando gli Stati furono invitati ad elaborare un programma
d’azione. Con la firma del trattato di Amsterdam (1997) tutte le politiche devono tener conto della
salvaguardia dell'ambiente soprattutto nella prospettiva dello sviluppo sostenibile (art. 6)
Gli scopi cui mirano le azioni della Comunità nel settore ambientale sono:
• la salvaguardia, la tutela ed il miglioramento della qualità dell'ambiente;
• la protezione della salute umana;
• l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
• la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello
regionale o mondiale.
I criteri sono:
- il principio della prevenzione con finalità tese ad evitare danni ambientali; pertanto prevede il controllo dei
progetti mediante una VIA, intesa come “condicio sine qua non”, per garantire un'omogenea sostenibilità
dello sviluppo.
- il principio del “chi inquina paga”, fondato sull’imputazione di responsabilità per danni causati.
L'addebito dei costi a chi causa l'inquinamento incita a ridurlo e a ricercare prodotti e tecnologie meno
inquinanti.
• il principio precauzionale affermato dal 15° principio della Dichiarazione di Rio che impone
inoltre l’adozione di misure preventive prima che inizi un processo di degrado. È fortemente correlato al
principio “chi inquina paga”;
• il principio di correzione, per il quale chi causa danno deve provvedere a correggere alla fonte la
lesione
• il principio di integrazione delle esigenze ambientali nell’ambito delle altre politiche europee.
15. Ambiente e dettato costituzionale.
La Costituzione, inizialmente, non considerava l’ambiente quale materia necessitante di una specifica tutela,
pertanto si è ritenuto di poter ricavare solo un principio di salvaguardia indiretta attraverso un’interpretazione
dei seguenti artt:. 2 con il quale sono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo; l’art. 9 attraverso il
quale si promuove la cultura a la ricerca scientifica e tecnica, e si tutela il paesaggio ed il patrimonio storico
ed artistico della Nazione; l’art. 32 che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo.
Con la Legge Costituzionale n.3/2001, la materia ambientale diventa oggetto di specifica disciplina e viene
anche stabilito il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Per cui allo Stato viene riconosciuta potestà
legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; Le Regioni
assumono capacità di legislazione concorrente in materia di tutela della salute, governo del territorio,
protezione civile, produzione trasporto e distribuzione dell’energia e di valorizzazione dei beni culturali e
ambientali. Questa capacità legislativa deve essere esercitata nel rispetto dei principi costituzionali, nonché
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Per quanto riguarda le Regioni, esse possono:
-Partecipare alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari
-Provvedere all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’ Unione Europea
-Concludere accordi con Stati ed intese con enti territoriali interni ad altro Stato,nei casi e con le norme
previste da leggi dello Stato.
La revisione della Costituzione ,dunque, ha fornito una copertura giuridica costituzionale al ruolo delle
Regioni e delle Provincie autonome che così sono direttamente partecipi della fase attuativa ed esecutiva degli
atti dell’Unione Europea ma ha anche previsto l’intervento dello Stato nei casi d’inerzia o inadempienza.
16. Sviluppo sostenibile.
Una prima definizione dello “sviluppo sostenibile” fu data durante la Conferenza mondiale sull'ambiente e
lo sviluppo dell'ONU nel 1987, con il rapporto della norvegese Brundtland, la quale lo esprime come “uno
sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni “.
Più tardi tale definizione, che è basata per lo più sul concetto di equilibrio economico ed equità sociale, ha
subito inevitabili evoluzioni, inquadrando lo “sviluppo sostenibile” come l'insieme delle relazioni tra le
attività umane nella loro dinamica la biosfera con le sue dinamiche. Queste relazioni devono permettere alla
vita umana di continuare apportando variazioni tali da non distruggere il contesto biofisico.
La definizione di sviluppo sostenibile è correlata a due concetti:
1. carring capacity: che individua la capacità portante della Terra;
2. programmazione sostenibile: proiezione dello sviluppo economico, tecnologico e sociale
compatibile con la successione ecologica, cioè tale da garantire il soddisfacimento delle esigenze di oggi
senza compromettere quello delle generazioni di domani.
Gli elementi fondamentali dello sviluppo sostenibile sono:
• principio dell'uso equo delle risorse naturali ;
• principio di equità intergenerazionale; (pari opportunità fra differenti generazioni)
• principio di equità intragenerazionale; (pari opportunità fra elementi stessa generazione)
• concetto di integrazioni tra le politiche dello sviluppo e quelle della tutela ambientale.

17. L'obbligo di cooperazione tra Stati in materia di ambiente.
L’'obbligo di cooperazione tra Stati in materia di ambiente rappresenta uno dei principi del Diritto
internazionale consuetudinario, successivamente codificato sia dalla Conferenza di Stoccolma del ’72, che da
quella di Rio del ’92. Secondo tale norma gli Stati “devono cooperare..... per conservare, proteggere e
ristabilire la salute e l'integrità dell'ecosistema della Terra” e “devono cooperare..... nel campo dello sviluppo
sostenibile”.
Il principio di collaborazione presenta tre obblighi di carattere procedurale:
 l'obbligo di informare gli altri Stati circa la propria volontà di intraprendere attività potenzialmente
“pericolose” per l'ambiente;
 l'obbligo di avviare le consultazioni necessarie al fine di arrivare ad un componimento pacifico
della vertenza;
 l'obbligo della notifica d'urgenza delle catastrofi naturali e di tutte quelle situazioni atte a
provocare danni all'ambiente.
18. Gli sviluppi in materia di tutela ambientale.
Inizialmente, fino alla seconda metà del XX° secolo, l’unica normativa riferita alla tutela ambientale era
quella di carattere consuetudinario, che si esprimeva, in definitiva, nell’applicazione del “Divieto di
inquinamento transfrontaliero” e nel’ “obbligo di cooperazione fra stati”. A seguito di alcuni gravi incidenti,
fra cui quello della petroliera “Torrey Canion” nel 67, si accelerò il processo di evoluzione del diritto
ambientale internazionale da consuetudinario in convenzionale. Fu quindi nel 1972, con la Conferenza di
Stoccolma che 113 Nazioni si riunirono per addivenire all’adozione di un “Documento di principi” ed alla
creazione del “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). Successivamente al 1972, si
susseguirono molti altri trattati in tema ambientale, fra cui:
- la Convenzione di Ginevra del 1979 sull’inquinamento atmosferico (piogge acide)
- la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 1982;
- le Convenzioni di Vienna del 1985 e 1986, rispettivamente per la protezione della fascia di ozono e
sul tema dell’energia nucleare;
- la Convenzione sui cambiamenti climatici di New York del 1992;
- la Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1994 sull’ambiente e lo sviluppo, che si
concluse con la redazione di tre importanti documenti (la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo,
l’Agenda XXI e la Dichiarazione di principi per la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste);
- il Protocollo di Kyoto del 1997, avente come principale obiettivo la riduzione delle emissioni dei
gas a effetto serra nel periodo tra il 2008 ed il 2012. Tale Protocollo e’ entrato in vigore il il 16 febbraio 2005
a seguito della ratifica da parte della Russia, il 30 settembre 2004.
- gli accordi di Marrakech del 2001, per la definizione del sistema di scambi dei permessi di
emissione e della vendita dei diritti di emissione;
19. L'agenzia europea per l'ambiente.
L’agenzia europea per l’ambiente (EEA) fu istituita con una direttiva della CEE nel 1990 e divenne operativa
nel 1994. Con sede a Copenaghen, ha compiti di coordinamento delle attività, in tema di tutela ambientale,
delle istituzioni comunitarie. Tale Agenzia ha istituito, al fine di disporre degli opportuni dati, una rete
europea di informazione ed osservazione (EIONET) che fornisce informazioni aggiornate sullo stato
dell’ambiente delle Nazioni aderenti. Ad oggi l’EEA, che è aperta anche verso Stati non UE, conta 32 Stati
membri (i 25 Stati membri dell'UE, i 3 paesi candidati all'adesione, nonché il Liechtenstein, l'Islanda, la
Norvegia e la Svizzera).
20. Ambiente, beni culturali e paesaggio nella legislazione vigente.
Lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico
sono tutelati dall’art. 9 della Costituzione. Nel 1966 la Commissione Franceschini, istituita con la L.310/64,
pubblicò i risultati di una indagine, durata due anni, che metteva in luce la drammaticità della situazione del
patrimonio culturale e ambientale italiano. Veniva anche delineato un progetto di riforma che divideva questa
materia in 5 categorie. Purtroppo tutto ciò non diede i risultati sperati. La legislazione degli anni seguenti è
stata scarsa e per lo più derivante dal recepimento di disposizioni comunitarie o di trattati internazionali. In
mezzo a questa proliferazione normativa il Legislatore ha deciso di adottare la forma del Testo Unico per
disciplinare la tutela dei beni culturali ed ambientali (D. Lgs.490/99 in vigore fino al 30/4/2004). Tale
provvedimento rappresenta una semplificazione normativa rispetto alla precedente disciplina.

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