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Marco

Aurelio Rivelli

L'ARCIVESCOVO DEL GENOCIDIO

KAOS EDIZIONI


Copyright 1998 Kaos Edizioni Milano Prima edizione febbraio 1999

Trama

Nello Stato indipendente di Croazia, voluto dai nazifascisti negli anni 1941-1945, si consum una
delle pagine pi terribili della Seconda guerra mondiale. Gli ustascia di Ante Pavelic, sostenuti da Hitler
e Mussolini, sterminarono centinaia di migliaia di serbo-ortodossi e decine di migliaia di ebrei e rom, in
nome di una "soluzione finale" etnico-religiosa perseguita anche attraverso l'imposizione di
"conversioni" di massa al cattolicesimo. In quello che passer alla storia come l'Olocausto balcanico, un
ruolo decisivo, diretto e indiretto, lo ebbe Santa Romana Chiesa: l'arcivescovo di Zagabria, monsignor
Alojzije Stepinac, collabor attivamente con la dittatura ustascia; settori del clero cattolico croato
parteciparono in prima persona allo sterminio e alle "conversioni" di massa; il Vaticano avall il
genocidio etnico-religioso attuato da Ante Pavelic. Questo libro ricostruisce l'Olocausto balcanico, e
documenta il "collaborazionismo" di monsignor Stepinac e della Chiesa di Roma con il nazifascismo
croato, MARCO AURELIO PIVELLI (Genova 1935}, laureato in Scienze politiche con la tesi "La
politica razziale e religiosa dello Stato indipendente croato (1941-1945)", ha pubblicato il libro Le
gnocide occulte - tat indpendant de Croatie 1941-1945 (L'Ago d'Homme, Losanna 1998).



Colui che, potendolo fare, omette di denunciare un crimine, lo favorisce SENECA
Le troiane

PROLOGO


Citt del Vaticano, gioved 1 ottobre 1998.
Giovanni Paolo II si appresta a partire per Zagabria. E' l'ottantaquattresimo viaggio all'estero del
Pontefice, il secondo in Croazia (la prima volta era stata il 10-11 settembre 1994).
Alla vigilia, la notizia del viaggio suscita polemiche per lo scopo della visita pastorale. Il Papa,
infatti, in Croazia intende procedere alla beatificazione del cardinale Alojzij e Viktor Stepinac (1898-
1960)
1. Nominato arcivescovo di Zagabria nel 1937, e Primate cattolico di Croazia durante gli anni della
feroce dittatura ustascia, dell'occupazione nazifascista, e del primo periodo del regime di Tito, Stepinac
una delle figure pi scabrose e controverse della storia della Chiesa di Roma. Nell'imminenza dell'arrivo
del Pontefice per la solenne cerimonia, il presidente della Repubblica croata Franjo Tudjman ha definito
Stepinac martire del regime comunista tracciandone una fanatica apologia.
Il "Centro Simon Wiesenthal", la pi nota struttura internazionale di indagine sui crimini nazisti e sulle
responsabilit nell'Olocausto, ha chiesto al Pontefice di rimandare la beatificazione fino alla
realizzazione di uno studio approfondito sul comportamento tenuto da Stepinac durante il periodo di
guerra, studio basato sulla possibilit di un completo accesso agli archivi del Vaticano. Nell'occasione,
il direttore del settore Relazioni internazionali del Centro, Shimon Samuels, ha ricordato i numerosi
documenti attestanti il sostegno dato dal cardinale Stepinac allo Stato ustascia fantoccio della Germania
nazista e la benedizione del suo capo, Ante Pavelic, e ha concluso: La decisione di attendere il freddo
giudizio di storici indipendenti cancellerebbe la sensazione di un atto nella migliore delle ipotesi
provocatorio, e nella peggiore esempio di revisionismo storico. Ma la Santa Sede ha confermato il
viaggio pastorale e la prevista cerimonia di beatificazione.


Zagabria, venerd 2 ottobre 1998.

All'arrivo a Zagabria, il Papa viene accolto da ali di folla festante.
Nel santuario di Marija Bistrica (a 50 chilometri dalla capitale croata)
tutto pronto per la solenne cerimonia religiosa che l'indomani far "beato" Sua Eminenza Stepinac.
Alle schiere di cattolici che lungo le strade della capitale croata salutano il suo arrivo, il Pontefice
predica la riconciliazione e il perdono.

2. Accenna anche al doloroso e tragico passato dicendo: Auspico di cuore che in questo lembo
d'Europa non si ripetano mai pi le situazioni disumane che vi si sono verificate in questo secolo a pi
riprese.
In effetti il passato della Croazia doloroso e tragico: negli anni 1941-1945 quel "lembo d'Europa"
stato insanguinato da situazioni disumane, fino al genocidio. Ma ci che Giovanni Paolo II ha cura di
tacere, che quel genocidio ha avuto proprio nell'arcivescovo Alojzije Stepinac un complice decisivo,
con il pieno avallo del Vaticano.
2 Dopo la violenta e crudele guerra nella quale si trovata coinvolta [nei primi anni Novanta, la terra
croata conosce finalmente un periodo di pace e libert. Ora tutte le energie delle popolazioni sono
indirizzate verso il risanamento delle profonde ferite del conflitto, verso un'autentica riconciliazione fra
tutte le componenti etniche, religiose e politiche della popolazione, verso una sempre maggiore
democratizzazione della societ.

PARTE PRIMA


IL FUCILE E LA CANDELA

CAPITOLO 1


Il nazionalismo croato degli ustascia

Dalle macerie degli Imperi centrali distrutti dalla Prima guerra mondiale, nei primi giorni del
dicembre 1918 nasce il Regno federativo degli Slavi del Sud (cio gli jugoslavi), ratificato a grande
maggioranza dal Parlamento nel giugno 1921. Alla base dello Stato unitario jugoslavo c' l'intento di
unificare in una struttura federativa e monarchica le popolazioni serbe, croate, slovene, montenegrine e
macedoni, assegnando pari dignit a ogni etnia; nei fatti il governo centrale di Belgrado diviene
un'estensione, molto centralizzata, della Serbia. Anche perch il sovrano re Alessandro, ex principe del
regno di Serbia.
Ma sul nuovo Stato jugoslavo sono appuntate le rivendicazioni e le ambizioni di conquista di alcuni
Paesi confinanti. E' il caso dell'Italia fascista, che ritenendosi defraudata dalla mancata attuazione del
Trattato di Londra mira ad annettersi la Dalmazia. L'Ungheria, invece, vuole rientrare in possesso delle
fertili regioni della Vojvodina; mentre la Bulgaria rivendica la Macedonia. Neppure il Vaticano vede di
buon occhio il nuovo Regno di Jugoslavia, dove la Chiesa prevalente quella ortodossa dei serbi.
Insidiato sul piano internazionale, il nuovo Stato federativo jugoslavo in difficolt anche all'interno,
afflitto dalla difficile convivenza tra le varie etnie, dai profondi squilibri economici che le caratterizzano,
e dal conflitto fra le due religioni dominanti, quella ortodossa dei serbi e quella cattolica dei croati. La
giovane Jugoslavia minata all'interno soprattutto dal separatismo croato, sostenuto in forma moderata
dal Partito croato dei contadini, e in forma estremistica dal Partito croato del diritto.
L'ideale autonomista moderato del Partito croato dei contadini mira all'istituzione di una pacifica e
unitaria Repubblica contadina croata nell'ambito dello Stato jugoslavo federativo e monarchico, e si
avvale di un forte seguito popolare. Ma il suo leader, Stjepan Radic, nel giugno 1928 viene assassinato in
pieno Parlamento riunito, e alla guida del Partito croato dei contadini gli succede Vladko Macek.
L'ideale indipendentista perseguito dal Partito croato del diritto punta invece alla secessione e alla
fondazione di uno Stato croato.
Caratterizzato da accenti fascistoidi, con un consenso elettorale modesto e una precaria leadership
affidata all'avvocato Perci, il Partito del diritto ha al suo interno la forte fazione della destra estrema
guidata da Ante Pavelic, la quale ben presto diviene egemone.
Nato il 19 maggio 1889 a Bradina, in Erzegovina (figlio del commerciante Lovro Pavelic), Ante
Pavelic aveva cominciato l'attivit politica in giovane et. Rappresentante al consiglio comunale di
Zagabria e deputato al parlamento di Belgrado, il nuovo leader del Partito del diritto ne radicalizza
l'ideologia: il contadino come pilastro del popolo croato, la famiglia come perno della societ, il
cattolicesimo come unica autorit spirituale, con una forte avversione per la democrazia liberale, per il
comunismo e per il capitalismo plutocratico.
Il 26 novembre 1928, sulle pagine del suo periodico "Hrvatski Domobran" ("Milizia croata"), il
Partito croato del diritto guidato da Pavelic ribadisce con chiarezza il proprio obiettivo politico di un
libero Stato della Croazia, rimarca il rifiuto di ogni prospettiva federativa, e rivendica la legittimit del
ricorso a metodi violenti per perseguire lo sbocco indipendentista.
Scosso dalle forti tensioni etniche e pressato da una grave crisi economica, alla fine del 1928 lo Stato
jugoslavo in crisi. Nel gennaio 1929 il sovrano, re Alessandro, sospende la Costituzione e scioglie il
Parlamento. La monarchia jugoslava pone fuorilegge i partiti politici dell'opposizione. Il pugno di ferro
del monarca si sostanzia nella "Legge per la sicurezza dello Stato", che fra l'altro conferisce alle forze di
polizia ampi poteri. La repressione poliziesca colpisce in particolare i leader politici dell'opposizione
comunista e il nazionalismo croato: il nuovo leader del Partito croato dei contadini, Vladko Macek, viene
arrestato e incarcerato.
Il capo del Partito del diritto. Ante Pavelic, riesce invece a sottrarsi alla cattura fuggendo dalla
Croazia: prima raggiunge Vienna, poi si nasconde in Ungheria e in Bulgaria, e infine ripara in Italia,
accolto con benevolenza dal regime mussoliniano ". E' la fine del Partito croato del diritto, e l'inizio di
una lunga permanenza in Italia del suo leader.
Protetto dal Duce italiano, nel 1931 Pavelic d vita a un nuovo movimento politico, che assume il
nome di "Ustascia". Un movimento che riprende e accentua i tratti ideologici del defunto Partito del
diritto: lo Stato indipendente croato come obiettivo politico da perseguire mediante il terrorismo e la
lotta armata; un cattolicesimo di impronta medievale, fanatico e oscurantista, quale "matrice spirituale";
la dottrina "superomistica" mutuata dal nazionalsocialismo di Adolf Hitler e basata sulla superiorit
razziale dei croati rispetto ai serbi; il culto autoritario del capo-condottiero assoluto (sulla scorta del
Duce italiano e del Fhrer nazista).
Il movimento ustascia comincia a diffondersi nei luoghi di maggiore concentrazione dell'emigrazione
croata. In Italia e in Ungheria vengono allestiti alcuni campi paramilitari per i seguaci di Pavelic; a
Vienna nasce uno dei primi centri di propaganda e proselitismo, e altri ne sorgono a Berlino e in Belgio.
Il comando del movimento ustascia in Italia: prima a Torino, poi a Bologna, in seguito Pavelic abita in
una villa-residenza nei pressi di Pesaro, assegnatagli dal regime mussoliniano".
Il primo campo militare ustascia in Italia viene organizzato nel 1931 a Bovegno (in provincia di
Brescia); seguono poi quelli di Borgotaro (nei pressi di Parma) e di San Demetrio (nelle vicinanza
dell'Aquila). In Ungheria viene allestito quello di Janko Puszta". In Jugoslavia l'organizzazione di
integralisti cattolici dei "Krizari" (cio "Crociati", poich intendono perseguire alla maniera di una
crociata la liberazione della Croazia) sostiene e diffonde l'ideologia ustascia in forma clandestina.
Ante Pavelic, intanto, assume il titolo di "Poglavnik", e gli adepti del movimento ustascia prestano
giuramento nelle sue mani mediante una cerimonia rituale: davanti a un tavolo, coperto da un panno nero,
sul quale vi sono un pugnale, una croce, un fucile e una candela accesa.
La propaganda politica degli ustascia fa leva sulla constatazione che nel regno jugoslavo la Croazia
fortemente penalizzata rispetto alla Serbia, dove ha sede la monarchia. In effetti, la monarchia di re
Alessandro, con una nuova Carta costituzionale approvata nel settembre 1931, ha ulteriormente
accentrato a Belgrado lo Stato federativo, e i serbi monopolizzano ormai le strutture statali, l'esercito, la
polizia, l'istruzione. Un'egemonia, quella serba, tale da esacerbare le spinte separatiste croate, spingendo
verso il movimento ustascia gran parte del ceto piccolo-borghese urbano. Anche molti giovani
intellettuali croati, a causa delle scarse prospettive di promozione sociale e di carriera
nell'amministrazione pubblica monopolizzata dai serbi, divengono seguaci di Pavelic.
Mentre gli ustascia, in nome di uno Stato croato autonomo e indipendente, preparano la lotta armata
contro la monarchia dello Stato federale jugoslavo, nell'inverno 1932-33 in Croazia l'opposizione
autonomista moderata accentua la propria iniziativa politica, e pubblica il "Manifesto di Zagabria",
firmato da dieci tra i pi noti leader anti-monarchici (non solo croati, ma anche serbo-croati della Bosnia
e della Vojvodina). La monarchia reagisce con una nuova stretta repressiva: fra gli altri viene nuovamente
arrestato il leader moderato Vladko Macek, subito condannato a tre anni di carcere.

(Note: Poglacnik: Cio "Capo"; corrisponde all'italico "Duce" e al germanico "Fuhrer". Fucile e
candela: Una simbologia che sintetizza i due capisaldi ideologici degli ustascia: la lotta armata (pugnale,
fucile) e la fede cattolica (la croce, la candela accesa). Il "Manifesto di Zagabria" contiene un appello al
sovrano perch conceda indipendenza e sovranit alla Croazia, ma anche a tutti gli altri tenitori
controllati dallo Stato jugoslavo: in pratica, una "secessione pacifica" che secondo i firmatari in un
secondo tempo porterebbe ancora a una federazione unitaria, ma non pi centralizzata a Belgrado n
egemonizzata dai serbi.

All'ombra del Fascio littorio

Mentre in Jugoslavia i croati autonomisti subiscono la repressione della dittatura monarchica. Ante
pavelic ospite dell'Italia fascista, la quale si prepara a divenire un prezioso e interessato alleato
dell'indipendentismo croato. Mussolini accarezza l'ambizioso progetto di costituire una grande
internazionale fascista di stampo italiano in Europa, e tiene dunque il futuro Poglavnik croato sotto la
propria protezione interessata, anche se deve farlo in modo discreto e ufficioso per non provocare
tensioni con il governo jugoslavo. In quel momento la politica estera mussoliniana infatti a doppio
binario: orientata a raggiungere un accordo con la Jugoslavia per attirarla nell'orbita italiana, il Duce
coltiva per anche la speranza di una disintegrazione dello Stato jugoslavo che permetterebbe il
compiersi degli antichi progetti fascisti di annessione della Dalmazia e delle isole, determinando una
nuova supremazia italiana in tutta l'area balcanica.
" La politica mussoliniana nei confronti della Jugoslavia sar sempre duplice, nel tentativo ora di
calamitarla nella sfera italiana e ora di disintegrarla. Mussolini coltivava ora l'una ora l'altra e a volte
contemporaneamente le vie alternative di un assoggettamento del Paese [jugoslavo] o parte di esso: di
romperlo dall'interno fomentando le correnti separatiste come aveva fatto sin dagli inizi, o
salvaguardarne l'unit per legarlo al proprio carro; L'Italia del Fascio, dunque, aiutando Pavelic,
favorisce il crearsi dei presupposti per una secessione croata. Una secessione cui seguirebbe il
riconoscimento italiano della "legittimit" del nuovo Stato (eventualmente a carattere federativo con
l'Austria e l'Ungheria) subito posto sotto la protezione di Roma: la Croazia diverrebbe cos uno Stato-
cuscinetto di grande utilit politico-militare, capace di allontanare la "minaccia jugoslava" dal confine
nord-orientale. Nei programmi del Duce, in pratica, Pavelic e i suoi ustascia sono il potenziale
grimaldello dell'imperialismo fascista oltre Adriatico.
In Italia gli ustascia ricevono sostegno politico, finanziamenti, armi e addestramento militare.
Mussolini pone Pavelic sotto la tutela per proteggerlo, ma anche per controllarlo dell'ispettore generale
di Pubblica sicurezza Ercole Luigi Contils, mentre ad Arnaldo Mussolini viene affidato il compito di
propagandare in Italia gli "stoici eroismi" dei profughi croati indipendentisti e del loro leader costretti
all'esilio. In questa prima fase, comunque, il Duce ha cura di non incontrare pubblicamente Pavelic, per
non compromettere i rapporti dell'Italia con la monarchia jugoslava.
Mentre protegge Pavelic, Roma continua per a non escludere altre prospettive, e intrattiene rapporti
anche con il Partito croato dei contadini: A. Kosutic, nuovo segretario del partito (ha sostituito Macek,
incarcerato dalla monarchia jugoslava), il 13-14 ottobre 1929 incontra Roberto Forges Davanzali,
incaricato dal governo italiano dei contatti con i croati; cfr. Diario di Dino Grandi, 18 ottobre 1929, e in
De Felice, Mussolini il Duce: lo Stato totalitario, Torino 1981, La propaganda del regime mussoliniano,
intanto, tesse le lodi del movimento ustascia. "Il Resto del Carlino" del 4 giugno 1930 attribuisce a
Pavelic la rappresentanza di tutto il popolo croato; "La Gazzetta del Popolo" del 18 giugno 1931 scrive
che gli argomenti del futuro Poglavnik rappresentano non la tesi di un emigrato politico, ma il pensiero
del popolo croato; "La Stampa" del 25 giugno 1931 scrive che Pavelic a capo di migliaia di
connazionali esiliati.
A Palazzo Chigi (sede del ministero degli Affari esteri) Mussolini istituisce la sezione segreta
"Croazia", dotata di fondi e di personale propri (fra gli altri, i funzionari Antonio Cortese, Quinto
Mazzolini e Luigi Vidan). Tutti i finanziamenti che il fascismo italiano eroga agli ustascia provengono da
un fondo segreto del ministero degli Affari esteri. Ma l'aiuto mussoliniano a Pavelic anche di tipo
operativo: un gruppo di carabinieri, per esempio, viene distaccato presso i campi militari italiani del
movimento ustascia. In quei campi vengono studiate e organizzate azioni di sabotaggio e attentati
terroristici da compiersi in Jugoslavia, finalizzati al duplice obiettivo di destabilizzare lo Stato e di
fomentare l'insurrezione separatista croata.
Nell'aprile 1932 un primo commando ustascia riesce a penetrare in Jugoslavia con obiettivi terroristici
molto ambiziosi. Ma costretto per lungo tempo alla clandestinit inattiva, e infine riesce ad attuare solo
un modesto attentato dinamitardo ai danni della gendarmeria del villaggio di Brusani. Scoperto e
braccato dalla polizia jugoslava, il commando di Pavelic ritorna precipitosamente in Italia, dove la
stampa mussoliniana ne esalta le eroiche imprese arrivando a descrivere una inesistente sollevazione
della Lika (cio della zona dove il commando si tenuto nascosto).
In realt la strada dell'insurrezione popolare in Croazia dove il moderato Partito dei contadini
maggioritario appare impraticabile.
Cos gli ustascia provano a percorrere quella del regicidio: la decapitazione dello Stato jugoslavo
mediante l'uccisione del sovrano potrebbe essere il passo decisivo verso il suo dissolvimento. Pavelic
organizza due attentati contro re Alessandro.
Il primo, attuato a Zagabria nel dicembre 1933, fallisce.
Il comando degli ustascia era guidato da Andrija Artukovic, che nel 1941 verr nominato ministro
dell'Interno dello stato indipendente croato.
Il 9 ottobre 1934, a bordo del cacciatorpediniere "Dubrovnik", il sovrano jugoslavo arriva a Marsiglia
in visita di Stato, e mentre sta salendo sulla vettura ufficiale del ministro degli Esteri francese Louis
Barthou viene bersagliato dai colpi di pistola del sicario ustascia Petrus Kalemen; nell'attentato perdono
la vita sia re Alessandro, sia il ministro francese. Subito dopo il regicidio, Kalemen viene ferito dalle
sciabolate del colonnello della scorta francese Piollet, quindi viene linciato dalla folla. Le successive
indagini della polizia francese portano all'arresto di tre complici di Kalemen, e dai loro interrogatori
emerge che l'organizzatore dell'attentato il caporione ustascia Eugen Kvaternik-Dido.
I tre compiici dell'attentato, condannati dalla giustizia francese e incarcerati, verranno liberati nel 1940
dagli occupanti hitleriani.
Tornati a Zagabria nel 1941, i tre ustascia verranno subito internati da Pavelic in un campo di
sterminio: colpevoli di "alto tradimento" per avere fatto il nome di Kvaternik-Dido.
Alla Societ delle nazioni, il governo jugoslavo accusa il governo ungherese di complicit con gli
attentatori, e al termine della discussione la deliberazione del Consiglio temperata: stigmatizza la
negligenza di alcune autorit ungheresi, esortando il governo magiaro a imporre sanzioni agli ustascia
presenti sul suo territorio (cfr. L.
Salvatorelli, G. Mira, op. cit.).
Lo storico jugoslavo B. Krizman sostiene che il regicidio di Marsiglia stato progettato dal governo
italiano, il quale ha fornito agli attentatori armi, denaro e documenti falsi (cfr. Jugoslavija u vanjskoj
politici jugoslavenske drzave 1918-1941, Rijeka 1973). Dello stesso parere sono anche G. Salvemini
(cfr. J.W. Borejsza, op. cit., pag.
197), il successore al trono jugoslavo re Pietro II (cfr. ibidem, pag.
196), e il conte Sforza (cfr. R. De Felice, op. cit., voi. I, pag. 516).
Lo storico Dennis Mack Smith convinto che Mussolini fosse quantomeno a conoscenza del progetto
degli attentatori (cfr. op. c;(.,pag. 239).
J.B. Duroselle, invece, ritiene che i pi interessati all'assassinio del sovrano jugoslavo fossero i
tedeschi e gli ungheresi (cfr. Storia diplomatica dal 1919 al 1970, Roma 1972, pag. 159); una tesi, questa,
condivisa anche da Renzo De Felice, il quale sostiene che il Duce non aveva alcun interesse a favorire
l'attentato, essendo in preparazione un accordo tra Italia e Francia.
Bench il quadro delle complicit internazionali che hanno reso possibile l'uccisione di re Alessandro
rimanga questione controversa, certo che il regime mussoliniano, dopo l'omicidio di Marsiglia,
mantiene la speciale protezione del Fascio ai capi ustascia.
Incalzato dalle pressioni internazionali, il Duce a tutta prima fa arrestare Pavelic e Kvaternik-Dido
(che vengono entrambi rinchiusi nel carcere di Torino), e confina al domicilio coatto nell'isola di Lipari
tutti gli altri capi ustascia presenti e attivi in territorio italiano; ma alla successiva richiesta di
estradizione di Pavelic e Kvaternik-Dido avanzata dalle autorit francesi, il regime mussoliniano oppone
un netto rifiuto, e qualche mese dopo tutta la dirigenza ustascia viene rimessa in libert.
Il regicidio di Marsiglia non determina in Jugoslavia alcuna insurrezione popolare: la corona del
defunto re Alessandro viene assunta da suo figlio, Pietro II, ma essendo questi minorenne accede al trono
come reggente il principe Paolo, cugino del defunto sovrano e imparentato con la monarchia inglese. Nel
maggio 1935 la Lega radicale jugoslava vince le elezioni, e il suo leader, Milan Stojadinovic, a giugno
forma un governo di coalizione con il Partito cattolico sloveno e quello musulmano. Stojadinovic un
primo ministro molto abile: stabilizza la situazione interna sul versante economico, e sul piano
internazionale allenta i legami jugoslavi con gli anglo-francesi e sviluppa una politica di cauto
avvicinamento alla Germania hitleriana e all'Italia mussoliniana. Le buone relazioni del governo
Stojadinovic con il Fascio italiano sfociano, nel 1937, in un accordo diplomatico bilaterale, in seguito al
quale il Duce ordina la chiusura dei campi paramilitari ustascia, e dispone che i fuorusciti croati in Italia
siano sparpagliati per tutta la penisola.
La giustizia francese condanna in contumacia alla pena capitale Eugen Kvatemik-Dido e Ante Pavelic
quali mandanti del duplice omicidio di Marsiglia.
L'accordo, stipulato fra il ministro degli Affari esteri italiano (e genero del Duce) Galeazzo Ciano e il
premier jugoslavo Stojadinovic, prevede fra l'altro che la Jugoslavia possa controllare l'attivit degli
emigrati croati in Italia mediante un proprio delegato accreditato presso la polizia italiana.
Ante Pavelic si stabilisce a Siena insieme a sua moglie Mara e alle loro figlie; il sostentamento del
Poglavnik e della sua famiglia non in discussione, garantito dal ricco appannaggio che il regime
mussoliniano continua a corrispondergli.
Siena diventa cos il nuovo centro di gravit del movimento ustascia.
Nel corso del 1938, presso la Certosa senese, Pavelic ha numerosi incontri con religiosi cattolici
provenienti dalla Croazia, incontri documentati dai resoconti del sacerdote Branimir Zupancic, ex
parroco di Bosanska Gradiska. Per attuare il suo piano politico, il Poglavnik cementa i legami degli
ustascia con la Chiesa cattolica croata: un'alleanza che si riveler decisiva.
Nel febbraio 1939, a pochi mesi dallo scoppio della Seconda guerra mondiale, a Belgrado il reggente
Paolo, pressato da Londra, destituisce il premier Stojadinovic, e accorda una speciale autonomia politica
alla regione croata coinvolgendo nel nuovo governo guidato da Dragisa Cvetkovic il Partito croato dei
contadini di Iadko Macek. Con l'uscita di scena di Stojadinovic l'Italia vede spezzarsi l'equilibrio
geopolitico raggiunto a Est negli ultimi anni.
Il regime mussoliniano decide di affrettare i tempi dell'occupazione dell'Albania, e riprende la politica
finalizzata alla rottura dall'interno dello Stato jugoslavo. Il Duce rinnova il pieno e attivo sostegno al
movimento ustascia; tenta anche di agganciare il leader del Partito croato dei contadini, il moderato
Vladko Macek (il quale in Croazia vanta un seguito popolare molto pi esteso rispetto all'estremista
Pavelic).
Alcuni dei croati residenti in Italia rientrano in patria avvalendosi di una apposita amnistia varata dal
governo jugoslavo.
La sostituzione di Stojadinovic con il primo ministro Cvetkovic, voluta dal reggente della monarchia
jugoslava, viene considerata da Mussolini alla stregua di un "colpo di Stato" in chiave anti-italiana.
Si sviluppa cos quell'azione parallela che porta il governo di Roma a dare nuovo impulso all'azione
degli ustascia di Pavelic e a stabilire contatti diretti con i leader del Partito contadino croato, mentre si
accentua il contrasto tra le potenze dell'Asse nel settore balcanico".
In Croazia anche il moderato Macek persegue una tattica politica ambivalente: da un lato allaccia
contatti e avvia trattative segrete con l'Italia, e dall'altro sostiene il nuovo governo di Cvetkovic voluto
dal principe reggente Paolo. Quest'ultima si dimostra l'opzione pi concreta e vantaggiosa a medio
termine: il 26 agosto 1939 il leader del Partito croato dei contadini firma a Belgrado l'accordo per dare
vita a un governo di coalizione, con Macek alla vicepresidenza e con altri quattro ministri croati.
A quel punto, a Mussolini rimane da giocare la sola "carta Pavelic".
Cos in Italia riprendono gli addestramenti militari dei commando ustascia, affiancati da una massiccia
opera di propaganda: a Roma cominciano le pubblicazioni del periodico "Ustasa", e analoghi giornali
vengono editi a Vienna e Berlino. Intanto, la Wehrmacht hitleriana ha invaso la Polonia, e Francia e Gran
Bretagna hanno dichiarato guerra alla Germania: cominciata la Seconda guerra mondiale.
Prima attraverso il marchese di Bombelles (molto amico del reggente jugoslavo, il principe Paolo), e
poi tramite l'ingegner Amedeo Carnelutti (cittadino croato di origine italiana con entrature negli ambienti
diplomatici mussoliniani), Macek prende contatti con Galeazzo Ciano, il quale offre al Partito dei
contadini l'appoggio finanziario e militare del regime mussoliniano in cambio di una precisa
contropartita. Il 26 maggio 1939 le trattative Carnelutti-Ciano vengono formalizzate in un verbale: l'Italia
finanzier con 20 milioni di dinari il partito di Macek; in cambio Macek si impegna a preparare e attuare,
entro 4-5 mesi, una insurrezione popolare, a invocare poi l'intervento delle truppe italiane per ristabilire
l'ordine, e a proclamare infine uno Stato indipendente di Croazia federato con l'Italia. Ma al momento di
sigLare l'accordo, Macek rifiuta di firmare il patto.
In Germania gli ustascia sono capeggiati dall'avvocato Jelic e dall'ex colonnello dell'esercito
austroungarico Slavko Kvaternik.
L'attivismo ustascia, alimentato da Mussolini, diviene febbrile. Il movimento raduna tutti i croati
presenti in Italia. Viene istituita una milizia, la "Ustaska Vojnica", e viene intensificato l'addestramento
militare, mentre Pavelic progetta la struttura del futuro governo ustascia. In Croazia, i fuorusciti tornati in
patria grazie all'amnistia del 1937 cominciano a svolgere un'intensa opera di proselitismo pro-ustascia,
aiutati dalla Chiesa cattolica locale: importanti centri di aggregazione del movimento di Pavelic sono i
ginnasi francescani di Siroki Brijeg (vicino a Zagabria) e di Travnik (in Erzegovina), e la facolt di
Teologia del capitolo zagabrese (cio il seminario di Zagabria dove studiano gli aspiranti sacerdoti). Del
resto, gi da tempo, a Roma, noto che Pavelic pu contare sul pieno e attivo sostegno di elementi
antisemiti che fanno capo alla Curia arcivescovile di Zagabria; tanto quanto evidente che uno Stato
indipendente di Croazia non potrebbe nascere senza l'assenso della potente Chiesa cattolica croata.
Nei primi giorni del gennaio 1940, mentre l'Italia mantiene la posizione di non belligeranza rispetto al
conflitto che oppone gli anglo-francesi e la Germania hitleriana, Mussolini ordina a Galeazzo Ciano di
accelerare i tempi per la disgregazione dello Stato jugoslavo. Il 21 gennaio il ministro mussoliniano
riceve a Roma il nobile croato marchese di Bombelles, gi emissario di Vladko Macek e ora generico
portavoce del malcontento croato. Nel suo Diario, Ciano annota: [Bombelles] dice che [a Zagabria] la
situazione precipita, che il controllo serbo sempre pi odiato e meno efficiente e che a breve scadenza
tutto pronto per il movimento [insurrezionale]. Propone un mio incontro con Pavelic che non confermo
n escludo. La nostra eventuale linea di azione deve essere la seguente: insurrezione, occupazione di
Zagabria, arrivo di Pavelic, invito all'Italia di intervenire, costituzione del Regno di Croazia, offerta
della corona al Re d'Italia. L'indomani, nel suo Diario, Ciano torna sulla questione: Mussolini
d'accordo sull'opportunit di un mio incontro con Pavelic, che avr luogo a casa, domani... In linea di
massima la questione croata sembra avviata a soluzione.
L'incontro Ciano-Pavelic avviene il 23 gennaio, alla presenza del capo di gabinetto Filippo Anfuso
(che si occupa della stesura del verbale) e di Bombelles. Al termine del colloquio Ciano annota:
Pavelic un uomo deciso e sereno, che sa dove vuole arrivare e che non teme la responsabilit pur di
realizzare i suoi scopi. Abbiamo fissato i punti principali della preparazione e dell'azione.
Il 10 maggio nuovo incontro di Ciano con Pavelic, che il gerarca mussoliniano riassume cos: La
situazione croata matura, e se da parte nostra vi saranno troppi ritardi molte simpatie si orienteranno sulla
Germania. Adesso preparer una carta che indichi le esatte posizioni delle forze rivoluzionarie e i
bisogni pi urgenti. Poi passeremo alla fase esecutiva. Non ho fissato alcun momento, anzi ho
raccomandato di evitare uno scoppio prematuro. Abbiamo avuto le prove che Bombelles un traditore al
soldo di Belgrado. Subir l'implacabile legge degli ustascia. Riferisco al Duce il colloquio. Egli pensa
che bisogna stringere i tempi. Segna sul calendario una data, verso i primi di giugno, e dispone che
Gambara [Castone, generale comandante delle truppe mussoliniane nella guerra civile spagnola, sia
richiamato dalla Spagna onde assumere il comando delle forze che dovranno operare lo sfondamento.
Il 10 giugno, mentre i successi della Wehrmacht nazista sono gi evidenti con la repentina
capitolazione della Francia, l'Italia mussoliniana dichiara guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Il
Duce intende procedere al pi presto anche sul fronte jugoslavo, ma l'alleato nazista riluttante. E il 17
agosto perviene a Roma il perentorio veto tedesco all'attuazione del piano Pavelic-Mussolini per la
Croazia.
(Nota: Preso il potere, Pavelic far internare Bombelles nel campo di sterminio di Stara Gradiska, e lo
far uccidere all'inizio del 1942).
Al momento, infatti, Hitler non intende coinvolgere nel conflitto l'area danubiano-balcanica, e
Galeazzo Ciano annota: E' un altol completo, su tutta la linea. Mussolini non pu che adeguarsi al
diktat di Berlino: alla fine di settembre ordina la smobilitazione dell'armata italiana riunita nel Veneto e
pronta a entrare in azione.
Il 28 ottobre l'Italia del Fascio dichiara guerra alla Grecia, informandone l'alleato tedesco solo a cose
fatte. Il conflitto arriva cos ai confini della Jugoslavia.
L'armata era formata da 25 divisioni organiche, alle quali era stata aggiunta altra forza, equivalente ad
altre 5 divisioni; Il Fhrer arriva a Firenze, per incontrarsi con Mussolini, la mattina dello stesso 28
ottobre, e il Duce lo informa dell'avvenuto attacco italiano alla Grecia. Il successivo 20 novembre Hitler
invier a Mussolini un messaggio di aspra critica per l'andamento della infausta campagna di Grecia.


L'operazione "Castigo"

Il 5 marzo 1941, mentre solo la Gran Bretagna e la Grecia resistono allo strapotere militare dell'Asse
nazifascista, Adolf Hitler convoca nella citt tedesca di Berghof il reggente jugoslavo, principe Paolo, e
gli intima di stipulare un'alleanza con le forze dell'Asse: in caso contrario, il regno di Belgrado verr
considerato ostile e occupato militarmente. La Germania si prepara infatti a invadere l'Unione Sovietica,
e intende garantirsi una certa stabilit nel settore balcanico. Ignorando le pressioni contrarie del premier
britannico Winston Churchill, il principe Paolo accetta il diktat nazista.
Il 25 marzo il primo ministro Dragisa Cvetkovic e il ministro degli Affari esteri Aleksandar Cincar
Markovic firmano a Berlino l'adesione della Jugoslavia al Patto anti-Comintern dei nazifascisti. Un
accordo sostenuto anche dal vicepremier croato Vladko Macek che sembra consolidare sul piano
internazionale la monarchia jugoslava e ridimensionare il pericolo ustascia: prevede espressamente
l'impegno hitleriano a non violare i confini jugoslavi, salvo il diritto di transito delle truppe tedesche per
raggiungere la Grecia. Ma all'interno del Regno la situazione precipita nel volgere di ventiquattr'ore.
La notte del 27 marzo, a Belgrado, il generale Dusan Simovic, appoggiato dai servizi segreti
britannici, dalle Forze armate jugoslave, da settori politici serbi e dal clero ortodosso contrari
all'adesione all'Asse nazifascista, attua un colpo di Stato incruento.
Viene deposto il reggente Paolo e sale al trono il giovanissimo re Pietro III, viene destituito il governo
Cvetkovic. La guida del nuovo governo filo-britannico viene assunta dallo stesso generale Simovic, il
quale, come primo atto, si affretta a inviare comunicazioni diplomatiche a Berlino e a Roma per
assicurare il Fuhrer e il Duce che il putsch militare di Belgrado non avr alcuna ripercussione sugli
scenari internazionali; una rassicurazione alla quale Hitler e Mussolini non credono.
Winston Churchill, alla Camera dei comuni britannica, annuncia l'avvenuto putsch jugoslavo
dichiarando: Stamane, nelle prime ore dell'alba, la Jugoslavia ha ritrovato se stessa. Il colpo di Stato
del generale Simovic viene accolto con favore anche dalla sinistra jugoslava, e suscita un diffuso
consenso popolare, salutato da manifestazioni deliranti a Belgrado, nel corso delle quali la folla sput
contro l'automobile dell'ambasciatore tedesco.
A Berlino la reazione non tarda: la Jugoslavia filo-britannica del generale Simovic deve essere
conquistata militarmente. Se fino ad allora Hitler aveva accettato che il territorio croato fosse nella sfera
d'influenza italiana", adesso il Fuhrer propenso a incorporare la Croazia nell'Ungheria", lasciando
all'Italia la sola Dalmazia; ma Roma non d'accordo. In seguito alle pressanti insistenze di Mussolini,
alla fine Hitler accetta la soluzione di uno Stato indipendente croato sotto il protettorato italo-tedesco, a
capo del quale il Fuhrer intende per insediare il moderato Vladko Macek e non l'estremista Ante
Pavelic. Ma Macek rifiuta il ruolo di premier-fantoccio delle forze dell'Asse nazifascista"",
dichiarandosi comunque disponibile a sostenere qualunque governo croato indipendente. A quel punto,
anche a Berlino risulta evidente che rimane solo l'opzione Pavelic.
Il 3 aprile 1941 un ufficiale croato dell'esercito jugoslavo, il colonnello Kren, si reca a Graz, in
Austria, e fornisce ai nazisti notizie dettagliate sulle Forze armate serbe, compresa la precisa
dislocazione delle basi nascoste dell'Aviazione.
Il 5 aprile la Jugoslavia del generale Simovic stipula un inutile patto di amicizia e di non aggressione
con l'Unione Sovietica.
Dall'Italia, Pavelic comincia a diffondere comunicati utilizzando "Radio Firenze" (ribattezzata "Radio
Velebit"); i comunicati, irradiati anche oltre Adriatico, sono in lingua croata. Il capo degli ustascia
annuncia e prepara il suo ritorno a Zagabria come Poglavnik, incoronato da Hitler e Mussolini.
In realt il patto jugoslavo-sovietico viene firmato il 6 aprile, proprio mentre i nazifascisti cominciano
a invadere la Jugoslavia: ma Stalin, per non farlo sembrare un atto di aperta ostilit verso la Germania,
pretende che il documento venga datato 5 (cfr. J.B. Duroselle, op. cit., pag. 275).
"Il precedente 29 marzo, a Villa Torlonia, Pavelic stato ricevuto da Mussolini, al quale ha fornito
ampie rassicurazioni sulla fedelt ustascia ai progetti del regime italiano: Pavelic ribadisce gli impegni
assunti in precedenza verso l'Italia, d la garanzia che manterr le promesse e fuga Qualsiasi dubbio sulla
propria fedelt.
Pur essendo appoggiato dai tedeschi, egli sa quanto deve all'Italia. Il succo di tutto il problema la
Dalmazia. Sar in grado, il Poglavnik, e in quale misura, di soddisfare le aspirazioni dei suoi
connazionali, messo di fronte all'irredentismo italiano? Pavelic non nasconde che gli sar difficile.
Mussolini pronuncia la parola "Dalmazia". Pavelic conferma e risponde "Croazia" e, ancor meglio,
"Unione croato-italiana".
Pavelic non cerca nemmeno di evitare il problema della Dalmazia. Egli convincer i croati dalmati sui
vantaggi di una federazione con l'Italia.
Il 6 aprile, senza alcuna preventiva dichiarazione di guerra, le forze militari dell'Asse attaccano la
Jugoslavia. E l'operazione "Castigo", condotta dai nazifascisti mediante 24 divisioni tedesche, 23 italiane
e 6 brigate ungheresi, sostenute da 2.200 aerei da combattimento. Come primo atto, gli aggressori
distruggono tutte le basi aeree jugoslave, localizzate grazie al tradimento del colonnello croato Kren. Il
bombardamento aereo di Belgrado comincia quello stesso giorno, e quando l'8 aprile torna il silenzio
sulla capitale devastata, oltre 17.000 cittadini giacciono morti nelle strade e sotto le macerie.
Le armate tedesche dilagano dal nord, le truppe ungheresi occupano parte della Vojvodina e della
Slovenia; truppe italiane raggiungono Lubiana, mentre altri reparti, convergendo dall'Albania e da Fiume,
invadono la costa dalmata. La Romania e la Bulgaria, dai cui territori muove l'attacco tedesco, non
partecipano direttamente all'aggressione, ma dopo il passaggio della Wermacht le truppe bulgare
occupano la maggior parte della Macedonia e un settore della Serbia. Le Forze armate jugoslave si
disintegrano; il governo di Belgrado e re Pietro si rifugiano prima a Sarajevo e poi nel Montenegro,
quindi ripareranno al Cairo, e in seguito a Londra.
Il 17 aprile cessa ogni forma organizzata di resistenza jugoslava all'aggressione militare. Alle ore 21, a
Belgrado, viene firmato l'atto di resa incondizionata, che diviene operativo alle ore 12 del successivo 18
aprile. Gli invasori nazifascisti concludono le operazioni militari registrando perdite contenute: 558 unit
tedesche e 3.334 unit italiane (tra morti, feriti e dispersi)".
Lo Stato jugoslavo viene cancellato, e i suoi territori vengono divisi fra le diverse forze di
occupazione. La Germania assume l'amministrazione dei due terzi settentrionali della Slovenia e di gran
parte della Serbia (compresa Belgrado). All'Italia spetta la parte meridionale della Slovenia (compresa
Lubiana), e l'accesso al mare a sud di Fiume con le isole di Veglia, Lussino e altre isole dell'Adriatico
settentrionale; Mussolini ottiene inoltre buona parte del litorale dalmatico, da Zara a Spalato, comprese
le relative isole e quelle di Lissa e Curzola, pi una piccola parte della Bosnia, l'intero Montenegro (con
l'importante porto di Cattare), una parte del Kosovo-Metohija, e il sangiaccato di Novi-Pazar (che viene
annesso all'Albania gi controllata dagli italiani). La Macedonia viene assegnata alla Bulgaria;
l'Ungheria si annette alcune parti della Backa, la Baranja con il Banato occidentale e le altre terre a ovest
del Danubio.
Il Banato orientale, oltre il Danubio, viene affidato a un'amministrazione delle popolazioni di origine
tedesca (cio il "Volkdeutsche Verwaltung").
L'8 aprile, appena le truppe della II Armata italiana varcano i confini jugoslavi, Ante Pavelic parte alla
volta di Zagabria, scortato da circa 300 ustascia in precedenza radunati a Trieste.
Dal successivo mese di agosto, a Belgrado si insedier il governo-fantoccio filotedesco guidato dal
generale Milan Nedic, che rester in carica fino al 1944. Arrestato alla fine della guerra dalle Forze
armate di Tito, il generale Nedic si suicider durante la prigionia.
Il Poglavnik accompagnato da due ufficiali del Servizio segreto italiano (il maggiore Sangiorgio e il
capitano Tabuini), e dal funzionario di polizia Ercole Luigi Conti, il quale segue Pavelic come sua
guardia del corpo-controllore per conto di Mussolini.
Il convoglio del capo ustascia dispone di uno speciale "ordine di precedenza", che gli permette di
procedere con rapidit lungo le strade bloccate dalle unit militari d'invasione. Ma a Karlovac, sulla
linea che divide le zone di influenza italiana e tedesca, il corteo viene fermato dalla polizia militare
hitleriana. Da Zagabria arrivano il capo ustascia Slavko Kvaternik e il rappresentante diplomatico
tedesco Weesenmayer (uomo di fiducia del ministro degli Affari esteri tedesco Joachim Von Ribbentrop),
i quali avviano serratissime trattative con Ante Pavelic.
Subito informato, Mussolini invia a Karlovac, con il proprio aereo personale, il capo di gabinetto
degli Affari esteri Filippo Anfuso, che ha l'incarico di ottenere da Pavelic un impegno scritto delle intese
raggiunte il 29 marzo a Villa Torlonia. Anfuso riesce a sbloccare la situazione: ottiene dal leader ustascia
il documento richiesto dal Duce, e Pavelic pu cos proseguire alla volta di Zagabria. Ma evidente che
nelle trattative di Karlovac, oltre a rinnovare gli impegni gi assunti con il regime mussoliniano, il
Poglavnik ha dovuto fare altre concessioni anche al Fuhrer per ottenere via libera verso il potere.
Il collaborazionismo con l'invasore nazifascista da parte dei militari croati arruolati nelle Forze armate
jugoslave (tradimenti, boicottaggi, diserzioni) verr rivendicato dagli ustascia un anno dopo, nel
dicembre 1942, con un articolo pubblicato dal giornale "Nova Hrvatska" ("Nuova Croazia"): Ci caro
affermare che l'Esercito Tedesco, con la sua ondata vittoriosa, con la sua eccezionale dotazione tecnica,
il suo indescrivibile entusiasmo morale, la sua competenza e la sua devozione, stato il principale fattore
che ha provocato la sconfitta del nemico nei Balcani e che ha sconfitto la Grecia...
Va comunque sottolineato che una parte altrettanto importante nel collasso del fronte balcanico stata
opera dei Croati, che vi hanno sviluppato un ruolo interno, rivoluzionario e di distruzione interna, che ha
fatto in modo che nulla fosse in ordine, niente fosse al proprio posto, niente fosse pronto al momento
giusto... In questo ruolo, l'operato dei Croati stato splendido.
Come si sono dimostrati capaci in tempo di pace di lottare contro la megalomania e l'egemonia serba,
contro il terrore e lo sfruttamento, cos ora, in guerra, tutti i Croati hanno agito come un solo uomo,
rifiutando l'obbedienza e ignorando gli ordini, facendo saltare i legami, creando il panico, sparando
volontariamente fuori bersaglio, manomettendo carri armati e fucili, distruggendo ogni sorta di
attrezzatura militare, nonch disarmando e sparpagliando i soldati e la popolazione serba. In sintesi, in
tutte le battaglie i Croati hanno agito rispettando un ordine primario: distruggere dall'interno le linee
nemiche (serbe) sul fronte balcanico, cos come i Tedeschi hanno fatto per quelle esterne...
Nel corso della guerra ci sono stati molti casi di sabotaggio e di disfattismo da parte dei Croati
aggregati all'esercito jugoslavo...
Quanto accaduto negli aeroporti militari oggi noto. La Domenica delle Palme la situazione era
normale, ma il successivo marted tutto era distrutto. I tecnici e i meccanici, cos come tutto il resto del
personale di terra Croato, aveva abbandonato gli aeroporti, lasciando senza assistenza gli ufficiali serbi,
in condizione di non poter utilizzare i loro aeroplani e impedendogli cos di attaccare dal cielo il
nemico... Anche l'artiglieria, grazie ai Croati, stata messa fuori uso sull'intero fronte balcanico, a
Nishava, Kolubara, Bregalnica, Struma, e a Vardar. Cinque-sei settimane prima dell'inizio della guerra,
esperti, competenti e coraggiosi soldati Croati sono stati dislocati in quei fondamentali siti, e mettendo a
rischio le proprie vite sono riusciti a fare s che l'un tempo grande, potente, indivisibile e imbattibile
esercito jugoslavo divenisse impotente e battibile...
Nel corso della grande offensiva germanica verso Nis, Pirot, Skopjie, quando per la Serbia era venuta
l'ora di combattere, la mano Croata, fin quella dell'ultimo artigliere Croato aveva messo fuori uso i
cannoni, e sul fronte tutto era andato per il verso sbagliato... Grazie ai Croati, tutti i tiri di artiglieria
erano andati fuori bersaglio, i cannoni che pure erano riusciti a sparare erano rimasti subito danneggiati, i
meccanismi di puntamento erano fuori uso. Infine i soldati Croati avevano disertato o si erano arresi, e i
serbi, di fronte alla distruzione della loro linea pi forte e decisiva, erano rimasti paralizzati, stupefatti
dal boicottaggio Croato.
Pur essendo parte di una piccola nazione, i Croati hanno giocato un ruolo fondamentale nel collasso
del fronte balcanico, un ruolo che hanno pagato con un pesante tributo di sangue. I Croati sono stati
determinanti, in collaborazione con i Tedeschi, nel distruggere la Jugoslavia, e questo anche se stato
loro negato di combattere fianco a fianco nell'ultima guerra. Queste sono state le grandi realizzazioni dei
Germanici e dei Croati, che abbattendo la Jugoslavia hanno assestato un colpo fatale agli inglesi,
distruggendo il pi tenace, resistente e sanguinario Stato sostenitore del patto di Versailles nei Balcani, e
subito dopo stato creato lo Stato Indipendente Croato.
La resa dell'esercito jugoslavo agli invasori nazifascisti nell'aprile 1941 non totale. Sparute frange,
sostenute da partigiani monarchico-nazionalisti guidate dal colonnello Dragoljub ("Draza")
Mihailovic, si rifugiano nelle zone montuose e avviano la Resistenza. Da Londra, re Pietro promuove
seduta stante Mihailovic generale, e lo nomina ministro della Guerra del governo jugoslavo in esilio. In
luglio, dopo l'aggressione nazista all'Urss, comincia anche la Resistenza dei partigiani comunisti guidati
da Josip Broz detto Tito, dal 1937 segretario del clandestino Partito comunista jugoslavo.


Lo Stato croato degli ustascia

L'avvento della "Nezavisna Drzava Hrvatska", lo "Stato Indipendente Croato", viene proclamato dai
microfoni di "Radio Zagabria", alle ore 17.45 del 10 aprile 1941, dall'ex colonnello dell'esercito austro-
ungarico Slavko Kvaternik, il quale parla a nome del Poglavnik Ante Pavelic. Alla proclamazione
radiofonica del 10 aprile segue la cerimonia ufficiale del giorno 12. Nasce lo Stato indipendente croato,
che di "indipendente" ha solo il nome, essendo sotto la ferrea tutela delle forze di occupazione
nazifasciste. Il territorio dello Stato comprende la Croazia storica, la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina e
parte della Dalmazia, ma una invisibile linea di demarcazione lo divide in due zone separate: a ovest
sotto il controllo italiano, e a est sotto quello tedesco.
Il "Corriere della Sera" dell'11 aprile 1941 titola a tutta pagina: Le vittorie dell'Asse spezzano le
catene dei popoli. Ante Pavelic atteso col pi grande entusiasmo a Zagabria.
La propaganda del Poglavnik arriver poi a retrodatare la proclamazione dello Stato indipendente
croato al giorno 8 aprile. Accadr il 25 luglio 1944, sulle pagine del quotidiano "Hrvatski Narod"
("Popolo croato"): tracciando l'apologetico necrologio del sacerdote cattolico Ilja Tomas, il giornale
ustascia scriver che il religioso defunto, dopo avere organizzato i disertori croati insieme al sacerdote
cattolico Juro Vrdoljak-Bisevic, proclam, fin dall'8 aprile 1941, lo Stato Indipendente Croato.
Il nuovo Stato-fantoccio creato dal Fuhrer nazista e dal Duce fascista pu contare sull'entusiastico
sostegno della Chiesa cattolica croata, un sostegno non privo di concretezza. L'11 aprile, attraverso
"Radio Zagabria", le autorit ustascia hanno invitato la popolazione cittadina a rivolgersi agli uffici
parrocchiali, dove i sacerdoti avrebbero impartito loro le direttive sul comportamento collaborativo da
tenere verso gli occupanti nazifascisti.
Il leader moderato Vladko Macek mantiene la promessa: il 9 aprile ha abbandonato i colleghi del
gabinetto ministeriale rifugiatisi nel Montenegro, e si subito recato a Zagabria per esprimersi
pubblicamente a favore del nuovo regime, assicurando a Pavelic l'indispensabile sostegno del Partito dei
contadini. Emerger poi che Macek era stato preventivamente informato dell'invasione nazifascista della
Jugoslavia: il 31 marzo il corrispondente della agenzia giornalistica tedesca "Dne" gli aveva trasmesso il
suggerimento di von Ribbentrop di tenersi lontano da Belgrado.
Ante Pavelic arriva a Zagabria il 15 aprile. Per prima cosa, il Poglavnik invia telegrammi alle potenze
dell'Asse chiedendo il riconoscimento ufficiale del nuovo Stato. Da Roma Mussolini risponde: Saluto
con grande soddisfazione la nuova Croazia che riacquista la libert lungamente agognata, oggi che le
potenze dell'Asse hanno distrutto l'artificiosa costruzione jugoslava. Mi gradito esprimervi il
riconoscimento dello Stato indipendente della Croazia da parte del Governo fascista, che sar lieto di
intendersi liberamente col Governo nazionale croato per la determinazione dei confini del nuovo Stato, a
cui il popolo italiano augura ogni fortuna". Analogo riconoscimento ufficiale arriva da Hitler, dagli altri
membri del Tripartito, e dal Manciuku". Lo stato-fantoccio costituito dai giapponesi nel 1934 in
Manciuria, nel corso del conglitto schieratosi a fianco delle forze dell'asse.
L'indomani, 16 aprile, in Italia il "Corriere della Sera" informa che a Zagabria un ordine emanato dal
dottor Pavelic dispone l'immediato scioglimento di tutti i partiti politici in Croazia. Come primissimo
provvedimento, il Poglavnik instaura nel nuovo Stato di Croazia la dittatura.
Il 16 aprile 1941, a Zagabria, si insedia il primo governo ustascia: lo presiede Ante Pavelic, che come
primo atto chiede la benedizione del Pontefice inviando a Pio XII un accorato messaggio: La Divina
Provvidenza mi ha affidato le redini del governo, il mio primo proposito che il popolo resti fedele al
suo glorioso passato, al Santo Apostolo Pietro e ai suoi successori, e che la nostra Nazione, compenetrata
dalle parole del Santo Vangelo, diventi il Regno di Dio. E per assolvere tale compito grandioso che
imploro umilmente Vostra Santit di concedermi il Suo appoggio.
Al di l dell'obiettivo indipendentista e del costante richiamo ideologico-religioso al cattolicesimo
integralista, il movimento ustascia non aveva mai elaborato un preciso programma politico. Alla lacuna
sopperisce il Poglavnik, nella veste di dittatore-primo ministro dello Stato indipendente croato,
attraverso una specie di "programma d'intenti" che culmina in un preciso imperativo: l'azione dello Stato
deve essere finalizzata a fare della Croazia la patria di un popolo puro nel corpo e nello spirito, privo di
commistioni razziali e depurato degli individui estranei alla sua Fede cattolica. Lo Stato croato che Ante
Pavelic si accinge a governare conta circa 6 milioni e mezzo di abitanti: di essi, oltre 2 milioni sono gli
odiati serbi di religione ortodossa (cio circa un terzo della popolazione), e poco meno di 90 mila sono
gli ebrei.
Quello ebraico, per gli ustascia, non il "problema razziale" principale: sia per la scarsa consistenza
numerica degli israeliti di Croazia, sia perch la stessa moglie del Poglavnik, Mara, di origini ebraiche
( figlia dell'ebrea Ivana Herzfeld), e anche numerosi gerarchi ustascia hanno ascendenze israelite; per il
Poglavnik la persecuzione antisemita in pratica necessaria soprattutto per compiacere il potentissimo
alleato nazista. La vera "soluzione finale", per la dittatura ustascia, lo sterminio dei serbi: la sola etnia
in grado di "inquinare" la "pura razza croata", gli "scismatici" ortodossi contrari alla Chiesa di Roma, gli
antichi oppressori del Regno di Jugoslavia.
Il dittatore ustascia non perde tempo. Gi il 18 aprile, il Poglavnik vara i primi decreti di tipo razziale:
prevedono la nomina di commissari statali nelle imprese private di propriet di imprenditori serbi o
ebrei, e dispongono la confisca di tutti i loro automezzi. Lo stesso giorno viene diramata anche una
seconda Ordinanza, dell'Ufficio centrale ustascia (denominazione provvisoria del futuro ministero degli
Interni), che intima l'arresto di tutti i serbi e di tutti gli ebrei noti come comunisti anche in base a
semplici indizi.
Un altro decreto-legge, varato il 25 aprile 1941, proibisce l'uso della scrittura cirillica sia nella vita
privata che in quella pubblica.
Cinque giorni dopo, il decreto Per la difesa della razza ariana e dell'onore del popolo croato
istituisce il Fiduciariato per la politica della razza, autorizzato a stabilire o modificare le decisioni in
tutti i casi di dubbia appartenenza razziale; il decreto impone l'identificazione pubblica razziale
religiosa, obbligando i cittadini serbi a indossare un bracciale di colore blu con impressa la lettera "P"
(iniziale di Pravoslavni, "Ortodosso"), e quelli ebrei a portare la stella di David sulla manica (e in
seguito sulla schiena).
Lo stesso 30 aprile entra in vigore anche il decreto-legge intitolato Sulla nazionalit croata, il quale
stabilisce che il diritto di cittadinanza nel nuovo Stato croato spetta solo a colui che di origine
ariana... Ebrei e serbi non sono cittadini dello Stato Indipendente Croato, ma appartenenti allo Stato...
Solo gli ariani godono dei diritti politici. Ai serbi, agli ebrei e ai nomadi viene proibita la circolazione
sui marciapiedi e la frequentazione dei luoghi pubblici, dei negozi e dei ristoranti, mentre sui mezzi di
trasporto vengono affissi dei cartelli con scritto: Vietato ai serbi, ebrei, zingari e cani.
Particolarmente rigide sono le norme antisemite disposte nella Capitale dal capo della polizia di
Zagabria (e futuro capo di tutta la polizia croata), il filo-nazista Eugen Kvaternik-Dido, che il 7 giugno
1941 vara una Ordinanza cos concepita: A tutti gli ebrei vietato uscire o partire dal territorio della
citt di Zagabria. E' severamente proibito agli ebrei acquistare merci o generi alimentari nei negozi e sui
mercati prima delle ore 10.00. Gli ebrei possono fare acquisti solamente nei negozi degli ebrei. Tutti i
negozi gestiti dagli ebrei devono immediatamente apporre cartelli indicatori come segue: su un cartone
della grandezza 16 per 25 cm. deve essere scritto a lettere nere, per tutta la lunghezza, "Negozio ebraico".
Queste indicazioni devono essere incollate [su] tutte le vetrine all'altezza di 150 cm da terra, ovvero dal
pavimento, visibili dalla strada, ovvero dalla parte di chi entra. Tutti gli ebrei di cittadinanza tedesca
devono presentarsi presso la Polizia Ustascia, Sezione Ebrei, [per] prelevare i contrassegni ebraici. Si
ammoniscono tutti gli ebrei a non trattenersi e a non passeggiare nelle zone della citt vietate agli ebrei.
L'arcivescovo cattolico di Zagabria, monsignor Alojzije Stepinac, approva con il silenzio-assenso
questa ordinanza antisemita in vigore nella sua diocesi.
Con la messa fuorilegge di tutti i partiti politici, i loro dirigenti vengono arrestati e internati nei lager
che sono in via di allestimento".
Viene soppressa la libert di stampa: le sole testate "informative" ammesse sono quelle ustascia e
quelle cattoliche. La religione cattolica vero collante spirituale della dittatura del Poglavnik, viene
proclamata religione ufficiale di Stato. Nello Stato indipendente croato hanno voce solo due entit: il
regime ustascia e la Chiesa cattolica.
Queste prime leggi e provvedimenti sono la premessa alla terribile crociata etnico-religiosa che il
Poglavnik si appresta a scatenare e che ha nel "problema serbo" il suo epicentro. Gli oltre 2 milioni di
serbi rappresentano un terzo dell'intera popolazione dello Stato croato, dunque non opportuno n
possibile sterminarli tutti: una buona parte deve essere eliminata per salvaguardare la "pura razza
croata", e la parte restante deve essere "convertita" al cattolicesimo. E' il programma etnicoreligioso di
Pavelic per fare della Croazia la patria dei croati e la Nazione di Dio.
Premessa alla loro eliminazione fisica, come stabilisce il decreto-legge Per la difesa della Nazione e
dello Stato, varato dal governo del Poglavnik il 17 aprile 1941 e pubblicato dalla "Narodne Novine"
("Gazzetta ufficiale") il giorno successivo: Art. 1 Chiunque offende o ha offeso in qualsiasi modo
l'onore e gli interessi vitali del popolo croato, o in qualsiasi modo minaccia l'esistenza dello Stato
Indipendente di Croazia o del potere statale, anche se l'atto rimasto solo un tentativo, commette reato di
alto tradimento. Ar(. 2-11, colpevole ai sensi dell'articolo precedente viene condannato a morte.
Art. 3 Per i processi in materia di questo Decreto-legge, il ministro di Giustizia istituisce i Tribunali
straordinari popolari composti da tre persone, le quali devono giudicare con procedura sommaria in base
alle norme dell'abolito Regolamento croato di procedura penale per le corti marziali. Art. 4 Il ministro di
Giustizia nomina i membri del Tribunale.
Al momento, i cattolici croati sono 3 milioni e mezzo, mentre i cristiani serbo-ortodossi sono 2 milioni
e 200 mila. Ci sono anche circa 700 mila musulmani, nella cui comunit diffuso uno storico odio anti-
serbo (infatti saranno in prevalenza alleati della dittatura ustascia). I croati di religione ebraica sono
circa 90 mila; ma nel territorio dello Stato indipendente croato vivono anche circa 70 mila protestanti, i
quali non soffriranno alcuna persecuzione in quanto protetti dalle truppe di occupazione naziste.
Cos alle popolazioni serbe in un primo momento viene intimato di lasciare il territorio dello Stato,
secondo il motto ustascia Oltre la Drina oppure nella Drina; la sola possibilit di sottrarsi
all'espulsione quella di abiurare il rito cristiano ortodosso abbracciando la fede cattolica (ma spesso
neppure i serbi neo-convertiti al cattolicesimo riusciranno a sottrarsi alla persecuzione, secondo il detto
ustascia Avete salvato l'anima, ma il vostro corpo ci appartiene ). Poi i serbi vengono accusati di
storiche atrocit e delitti a carico della gente croata, e in nome di una loro pretestuosa responsabilit
collettiva a decine di migliaia vengono condannati a morte con sentenze emesse da 34 corti di
giustizia appositamente istituite . La rozza "via giudiziaria" comunque solo una copertura: la strada
maestra seguita dagli ustascia per lo sterminio quella militare. Interi villaggi serbi cominciano a essere
rasi al suolo, e i loro abitanti trucidati in massa.
Il programma razziale del Poglavnik viene enunciato e ribadito, a tutti i livelli, dalle massime autorit
ustascia, nel pi assoluto e connivente silenzio della Chiesa cattolica croata. Il futuro ministro degli
Esteri Miaden Lorkovic, per esempio, il 27 luglio 1941, nella citt di Donji Miholiac, dichiara: Il
movimento ustascia insiste nella soluzione energica del problema serbo in Croazia. Quelli che stanno al
di l della Sava e della Drina gridano che noi siamo intolleranti, che agiamo disumanamente contro i
serbi. Noi rispondiamo a tutti che il dovere del Governo Croato di fare in modo che la Croazia
appartenga soltanto ai Croati. E nostro dovere mettere a tacere per sempre quegli elementi che hanno
maggiormente contribuito a far cadere la Croazia sotto il dominio serbo nel 1918. In una parola
dobbiamo sterminare i serbi in Croazia! E' nostro dovere farlo, e noi lo faremo. Andremo fino in fondo,
senza curarci di quello che dicono al di l della Sava e della Drina a proposito di sentimenti di umanit.

(Nota: Il fiume Drina delimita il confine tra lo Stato indipendente croato e la Serbia.)

Il Governo dello Stato Croato, sotto la guida del nostro meraviglioso Poglavnik, ha preso nelle sue
mani capaci la soluzione di questo problema e lo risolver radicalmente.
Il Governo Croato ha preso nelle sue mani anche la soluzione del problema ebraico. Voi sapete chi
sono gli ebrei. Essi furono sempre e sono ancora amici e servi di tutti i nemici del popolo croato. Questi
ebrei, che sono i maggiori responsabili di questa guerra, perch sono stati loro a congiurare contro la
Grande Germania e il suo alleato, l'Italia, non possono attendersi altro che di essere trattati come
meritano.
La Croazia dovr essere ripulita da tutti questi elementi che rappresentano una sciagura per la nazione,
che sono stranieri e nemici del popolo Croato... Questi elementi da distruggere sono i nostri serbi e i
nostri ebrei.
Il massacro etnico-religioso scatenato dalla dittatura ustascia la Compagnia del Ges del
nazionalismo croato nell'aprile-maggio 1941
solo l'inizio di quello che accadr nei successivi quattro anni. E per quanto efferate siano le atrocit
dei nazisti di Hitler contro gli ebrei e contro le popolazioni dei territori occupati, il genocidio attuato
dagli ustascia in Croazia dimostrer che alle nefandezze umane c' sempre un peggio.

CAPITOLO 2


La Nazione di Dio

IL 16 aprile 1941 il dittatore Pavelic istituisce le Forze di Autodifesa ("Hravtsko Domobrantsvo")
dello Stato indipendente croato: Forze di terra, di aria, di mare, Gendarmeria e Servizio di lavoro.
La componente pi numerosa quella dell'esercito ("Kopnena Vojska"), inizialmente strutturato in 5
divisioni e con circa 45 mila effettivi; arruolati per coscrizione obbligatoria, i "Domobrani" ("Difensori
della patria") arriveranno poi a contare circa 100 mila unit. Modestissima invece la Marina croata
("Hrvatska Mornarica"), mentre l'Aviazione ("Hrvatsko Zrakoplovtsvo") annovera 20 squadroni,
equipaggiati con obsoleti aerei italiani, tedeschi e francesi (questi ultimi catturati dalle forze dell'Asse e
ceduti ai croati). All'Aviazione aggregato un battaglione di paracadutisti, essenzialmente impiegato
nella guerra antipartigiana a supporto delle forze militari dell'Asse.
La Gendarmeria croata ("Hrvatsko Oruznistvo") viene organizzata in 7 reggimenti, comprensivi di 142
plotoni distrettuali, con un organico di circa 100 mila guardie e funzionari, ed affiancata dalla Polizia
urbana ("Redarstvena Straza"), formata da circa 5 mila agenti. Il Servizio di lavoro ("Drzava Casna
Radna Sluzba") viene organizzato sulla falsariga dell'analoga struttura del Terzo Reich, ed comprensivo
di circa 100 mila effettivi, ai quali viene formalmente affidato il compito di sorvegliare i condannati ai
lavori forzati nei "campi di lavoro"; alla guardia dei "campi di concentramento" invece preposto il
Servizio di sorveglianza ("Ustaska Nadzorna Sluzba"), l'apparato di sicurezza del regime comandato da
Andrija Artukovic e del quale fa parte il comandante del lager di Jasenovac, il frate francescano
Miroslav Filipovic Majstorovic.
L'elite militare della dittatura ustascia, l'equivalente delle "SS" naziste, la milizia "Ustaska Hrvatska
Revolucionera Organizacija" ("Organizzazione rivoluzionaria degli insorti croati"), cio il braccio
armato del movimento di Pavelic. Strutturata in 37 battaglioni di effettivi ("Ustaske Djelatne Bojne") e in
27 battaglioni di riservisti ("Ustaske Pripremne Bojbe"), fornisce i migliori elementi alla Brigata di
guardie del corpo personali di Ante Pavelic ("Poglavnikov Tjelesni Zdrug"). La punta di diamante del
Corpo la Legione nera ("Crna Legija"), capitanata dal colonnello Juraj Francetic, che semina il terrore
nella Bosnia orientale accanendosi contro la popolazione serba.
A parte il battaglione Paracadutisti e il 369 Reggimento "Vrazja Divizija" ("Divisione diabolica"),
schierati contro i partigiani jugoslavi, tutti gli altri reparti militari ustascia mai impegnati in azioni di
guerra vengono impiegati sul fronte interno, cio applicati alla massiccia opera di "pulizia" etnico-
religiosa.
Tutti i reparti delle Forze di autodifesa ustascia dispongono di cappellani cattolici: alcuni di essi,
bench indossino l'abito talare, partecipano in prima persona all'azione di sterminio; gli altri si limitano
ad avallare il massacro etnico-religioso "in nome di Dio".

(Note: In realt tra queste ultime due strutture paramilitari non vi alcuna sostanziale differenza, in
quanto i "campi di lavoro" sono in realt "campi di sterminio"; idem i "campi di concentramento".
In una sola occasione le truppe di Pavelic saranno impegnate in guerra: nell'estate 1941, quando come
tutti i Paesi satelliti della Germania nazista anche la Croazia invier un proprio contingente militare sul
fronte Orientale. Per celebrare l'evento, lo Stato indipendente croato stamper una serie di francobolli
apologetici. In Russia, i militari croati si distingueranno per la temerariet spesso spinta al limite del
fanatismo suicida; cfr. E. Corti, Le cheval rouge, Losanna 1997
(l'autore, combattente nella "campagna di Russia", ne racconta le "eroiche gesta").

I cappellani militari sono 150 e sono sottoposti al Vicario militare apostolico, cio al Primate di
Croazia monsignor Alojzije Stepinac.
Nato l'8 maggio 1898 nel villaggio croato di Brezaric (a 40 chilometri da Zagabria, e nel distretto
della parrocchia di Krasic presso la quale era stato battezzato il giorno successivo), figlio
dell'agricoltore-possidente Josip Stepinac e della sua seconda moglie Barbara Penic, Alojzije Viktor
Stepinac era il quinto degli otto figli avuti dalla coppia, ai quali si univano i tre che il padre aveva avuto
dal suo primo matrimonio. Alunno della scuola elementare di Krasic, Alojzije Stepinac nel settembre
1909 si era trasferito a Zagabria: si era iscritto all'Orfanotrofio vescovile, e aveva frequentato # il
Ginnasio della Citt alta. Negli anni del liceo, il suo "padre spirituale" era stato il parroco della chiesa
di San Pietro a Zagabria, don Josip Loncar. Il 28 giugno 1916 Stepinac si era diplomato, ed era stato
arruolato nell'esercito austroungarico: dopo un corso semestrale di allievo ufficiale a Rijeka, aveva
ottenuto il grado di sottotenente ed era stato dislocato sul fronte italiano, nei pressi di Gorizia; nel giugno
1918, durante le battaglie nella zona del Piave, era stato fatto prigioniero. Liberato alla fine della guerra,
nel dicembre 1918, era stato congedato dall'esercito imperiale nella primavera del 1919.
Nell'autunno 1919 Stepinac si era iscritto alla Facolt di Agronomia presso l'universit di Zagabria,
ma ben presto aveva abbandonato gli studi e fatto ritorno presso il podere di famiglia, dedicandosi
all'attivit di agricoltore.

(Nota: Negli anni del regime ustascia, Loncar sar tra i pochi religiosi cattolici (insieme
all'ultraottantenne vescovo di Mestar, Alois Misic) ad avversare pubblicamente i crimini di Pavelic.
Condannato a morte per le sue prediche contro la dittatura ustascia in nome del 5 comandamento (non
uccidere), Loncar avr salva la vita grazie all'energico intervento di Stepinac presso il Poglavnik.
Secondo il giornalista francese Gerard Delaloye, che cita la storica Annie Lacroix-Riz e il suo saggio
Le Vatican, l'Europe et le Reich, durante la prigionia Stepinac si infiltra in ambienti serbi per svolgere
opera di spionaggio per gli imperi centrali. Un fatto normale, poich egli dipende dall'Austria-Ungheria,
ma da tali attivit egli si procura relazioni utili (cfr. "Le Temps", 2 ottobre 1998).

In quel periodo si era fidanzato con una giovane maestra di Brezaric, Marija Horvat. Nel 1924, rotto il
fidanzamento, Stepinac aveva deciso di diventare sacerdote.
L'allora arcivescovo di Zagabria, Antun Bauer, gli aveva fatto completare gli studi religiosi a Roma,
presso il Collegio Germanicum-Hungaricum. E dopo gli studi all'Universit Pontificia Gregoriana,
conclusi con la laurea in Teologia e in Filosofia, Stepinac il 26 ottobre 1930 era stato ordinato sacerdote:
a Roma, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, aveva celebrato la sua prima Messa.
Tornato a Zagabria nel luglio 1931, aveva cominciato il servizio sacerdotale nell'arcidiocesi croata, e
l'arcivescovo Bauer gli aveva subito affidato incarichi di fiducia. Il 29 maggio 1934 Pio XI aveva
ordinato vescovo il trentaseienne Stepinac nominandolo anche arcivescovo coadiutore di Bauer con
diritto di successione: era il pi giovane vescovo della Chiesa di Roma dell'epoca. Dotato di notevole
capacit organizzativa e di grande attivismo, Stepinac che parlava e scriveva correntemente anche in
latino, italiano, francese e tedesco aveva animato e diretto varie associazioni che facevano capo
all'Azione cattolica croata; alla vigilia della Seconda guerra mondiale, la struttura cattolica locale era
arrivata a contare circa 700 sezioni, con oltre 30 mila aderenti non-religiosi, e una fitta rete di
pubblicazioni.
Morto l'arcivescovo Bauer (7 dicembre 1937), il non ancora quarantenne Stepinac aveva assunto la
guida dell'arcidiocesi zagabrese, avviando molte nuove parrocchie (14 nella sola Zagabria), e il primo
convento carmelitano (a Brezovica). Da quel momento, oltre a curare le strutture curiali e quelle
dell'Azione cattolica croata, aveva dedicato particolare attenzione alla promozione della stampa
religiosa, contribuendo in maniera decisiva alla sua espansione.

(Nota: Facente funzioni di arcivescovo-cerimoniere, Stepinac era anche stato nominato
amministratore-commissario di alcune parrocchie (Samobor, Sv. Ivan Zelina) scosse da contrasti fra i
parroci e i parrocchiani.)

Su sua iniziativa era nato il quotidiano cattolico "Hrvatski Glas"), testimoniata dagli oltre 100
periodici legati all'episcopato croato editi in Jugoslavia prima della Seconda guerra mondiale.
Acceso fautore dell'indipendentismo croato e dell'integralismo religioso, monsignor Stepinac era
soprattutto un anticomunista viscerale: si diceva convinto che un giorno non lontano anche l'Urss si
sarebbe convertita al cattolicesimo, e che una statua della Madre di Dio verr posata nel Cremlino.
Nel 1941 ricorre il 13 centenario della conversione al cattolicesimo della Croazia, storica ricorrenza
in vista della quale Papa Pio XI aveva accordato al popolo croato un Giubileo speciale.
L'atmosfera di celebrazione religiosa aleggia a Zagabria anche il 13 aprile, giorno di Pasqua, mentre la
dittatura ustascia sta preparando i primi decreti razziali. Dal pulpito della cattedrale di Zagabria i toni
dell'arcivescovo Stepinac sono all'apparenza neutri: Ges, nostro Salvatore risorto! Io ti prego di dire
al popolo croato, per il quale ha inizio una nuova ra, ci che dicesti agli Apostoli dopo la Resurrezione:
la pace sia con voi. Ma il 15 aprile, all'arrivo di Ante Pavelic in citt, l'arcivescovo Stepinac non
nasconde il suo entusiasmo, e rivolge un commosso benvenuto all'assassino di re Alessandro e imminente
dittatore-genocida: Il grande uomo giunto per realizzare il maggior compito della sua intera esistenza.
Il fatto che il Primate della Chiesa cattolica croata appoggi senza riserve l'avvento della dittatura
ustascia voluta da Hitler e Mussolini, e che in qualche modo ne condivida i progetti razziali etnico-
religiosi annunciati e gi operativi con i primi decreti-legge, lo conferma la Lettera Pastorale che
monsignor Stepinac diffonde il successivo 28 aprile: Chi potrebbe rimproverarci di aver preso parte,
come responsabili delle attivit spirituali, all'entusiasmo e alla gioia del popolo, innalzando preghiere di
profonda gratitudine alla Maest divina? A domino factum est istud et est mirabile in oculis nostris (E'
opera di Dio ci che stupisce i nostri occhi: Salmo 117, verso 33). Io vi chiedo e vi prego di impegnarvi
al massimo perch la Croazia diventi la Nazione di Dio: solo in tal modo i doveri essenziali dello Stato,
rivolti ad assicurare il benessere del popolo, possono essere realizzati. Per questa ragione dovete
rispondere al nostro appello e consacrarvi alla salvaguardia e al progresso dello Stato indipendente di
Croazia.
Conoscendo gli uomini che oggi hanno nelle loro mani il destino del popolo croato, noi siamo convinti
che i nostri sforzi sono capiti e aiutati.
Io mi rivolgo a Voi, venerabili fratelli di sacerdozio! Non stancatevi di invitare alla preghiera tutti
coloro che credono in Dio. E Voi, dinanzi agli altari del Signore, invocate il Padre dei cieli stellati,
perch Egli la fonte di ogni perfezione, e pregatelo perch ispiri il Capo del nostro Stato indipendente e
lo renda consapevole del fatto che egli pu disporre della saggezza che gli permetter di compiere la sua
missione in onore di Dio e per la salvezza del popolo, in piena giustizia e verit. Ordino pertanto che
domenica prossima, 4 maggio, in tutte le Chiese sia cantato il Te deum e invito le autorit locali e la
popolazione ad assistervi.
La Pastorale di monsignor Stepinac prosegue esortando il clero cattolico a seguire il Poglavnik e a
sostenere il nuovo Stato non in quanto croato, ma in quanto esso rappresenta la Santa Chiesa Cattolica,
e specifica: E' facile qui ravvisare la mano di Dio. Quanto avvenuto la realizzazione di un ideale
accarezzato e desiderato da tanto tempo.
L'identificazione della Chiesa cattolica con lo Stato ustascia del dittatore Ante Pavelic non potrebbe
essere pi esplicita.
Il giorno dopo la diffusione della Pastorale, monsignor Stepinac invia una lettera personale a Pavelic,
nella quale scrive: Questa consapevolezza [che lo Stato indipendente croato rappresenti la Chiesa
cattolica, ci porta oggi davanti a Voi per salutarvi di tutto cuore, in qualit di rappresentanti legittimi
della Chiesa di Dio nella Croazia indipendente, come suo Capo di Stato, con la promessa della nostra
sincera e leale collaborazione per un migliore avvenire della nostra Patria.
Il pieno sostegno di monsignor Stepinac alla dittatura ustascia non si limita alle prese di posizione
pubbliche e alle benedizioni. Appena proclamato lo Stato indipendente croato, l'arcivescovo di Zagabria
si attiva subito per sollecitare il riconoscimento diplomatico del nuovo Stato ustascia da parte della
Santa Sede. Nel Diario di Stepinac, alla data del 27 aprile, c' annotato: E' arrivato a Zagabria da
Belgrado l'Uditore di Nunziatura in viaggio per Roma. Ha fatto visita all'Arcivescovado e in questa
occasione l'Arcivescovo gli ha esposto la situazione e l'ha pregato di andare dal Santo Padre per
riferirgli tutto, dato che la posta non funziona.
L'Arcivescovo si raccomandato caldamente perch la Croazia indipendente sia quanto prima
riconosciuta de facto dalla Santa Sede...
Dopo il suo colloquio con l'Uditore, l'Arcivescovo ha fatto visita al Poglavnik comunicandogli di
avere fatto i primi passi per ottenere il primo contatto fra la Santa Sede e lo Stato indipendente croato. Il
Poglavnik ha ascoltato con grande attenzione.


(Nota: Dal Diario dell'arcivescovo, agli atti del processo Stepinac dell'autunno 1946. Il Diario si
compone di 5 volumi manoscritti, per oltre duemila pagine, che riguardano il periodo dal maggio 1934 al
13 febbraio 1945, con un'interruzione dal 25 settembre 1941 al 1 gennaio 1943; ha carattere ufficiale, ed
stato materialmente redatto dai segretari di Stepinac che si sono succeduti nel tempo. Contiene anche
copie di lettere spedite o ricevute. E' conservato a Zagabria, nell'"Uredu za Kriminoloska ispitivanja"
("Istituto di ricerche criminologiche"). Il gesuita Fiorello Cavalli, agiografo di Stepinac, sosterr che il
Diario sarebbe un falso, e che nel 1946, durante il processo di Zagabria, l'arcivescovo avrebbe smentito
di esserne l'autore: in realt, a una precisa domanda del pubblico ministero, Stepinac non ne ha affatto
negato la paternit. Cfr. alle pagg. 249-55.
Questa nota del Diario stata materialmente scritta dal segretario di Stepinac, padre Cvetan.)

La (sincera e leale collaborazione) assicurata da Monsignor Stepinac alla dittatura del Poglavnic e
l'attivismo dell'arcivescovo per il riconoscimento da parte della santa sede, sono successivi alle notizie
dei primi massacri razziali da parte degli ustascia; tant' vero che il ministro fascista Galeazzo Ciano, a
Roma, annota: [In Croazia] spoliazioni, rapine, uccisioni sono all'ordine del giorno. N l'arcivescovo
di Zagabria il solo alto prelato cattolico a sostenere fattivamente il sanguinario regime di Pavelic:
analogo atteggiamento di avallo e fattiva collaborazione lo assume monsignor Ivan Saric, Primate della
Chiesa cattolica in Bosnia-Erzegovina".
Il 26 giugno 1941, quando Ante Pavelic concede udienza solenne e ufficiale all'episcopato cattolico, il
regime ustascia ha gi insanguinato la Croazia con la prima fase dello sterminio di serbi e ebrei
(compresa l'uccisione di tre vescovi e di oltre cento sacerdoti ortodossi). Ma nel corso dell'incontro,
monsignor Stepinac non manca di rivolgere lodi al Poglavnik, come documentano i periodici cattolici
"Katolicki List" e "Hrvatski Narod" del 30 giugno, che tra l'altro riportano le seguenti parole
dell'arcivescovo di Zagabria: Noi sappiamo che il Signore, nella sua misericordia, illumina l'azione del
Poglavnik... e che la sua [di Pavelic] fede sincera.
Il 15 maggio 1941 lo Stato indipendente di Croazia assume la forma monarchica. Alcuni settori del
nazionalismo croato sono orientati a offrire la corona a Otto di Asburgo; ma il pretendente al trono
austriaco inviso a Hitler, e inoltre tale investitura disattenderebbe gli impegni riservati assunti da
Pavelic con Mussolini. La scelta cade quindi su un principe di Casa Savoia che dovr essere designato
da re Vittorio Emanuele III.

(Nota: Cfr. V. Novak, Magnum Crimen, Zagabria 1948. Nel Dopoguerra, monsignor Saric riparer
nella Spagna franchista, dove continuer a svolgere una intensa attivit filo-ustascia; cfr. a pag. 228.)

Il 17 maggio una delegazione guidata personalmente da Pavelic si reca a Roma. Ne fanno parte tra gli
altri diversi prelati: il vicario generale dell'Arcivescovado di Zagabria, Sallis Sewis (in rappresentanza
di monsignor Stepinac), il curato di Ogulin Ivan Mikan, il sacerdote Vilim Ceceija, e il frate francescano
Radoslav Glavas. Lo scopo della missione di offrire formalmente la corona croata a un principe
sabaudo, ma anche di definire con il governo italiano (cio con Mussolini) gli aspetti politici, giuridici e
militari dei rapporti fra Italia e Croazia; quindi di ottenere udienza e avallo da papa Pio XII.
La delegazione croata Stato-Chiesa viene accolta a Roma con tutti gli onori. Al Quirinale re Vittorio
Emanuele III designa alla corona di Croazia suo nipote Aimone d'Aosta, Duca di Spoleto e secondo figlio
del Duca d'Aosta. Mentre Pavelic ospite del re d'Italia, in un discorso pubblico ripreso da tutta la
stampa italiana il neo-ministro dell'Istruzione croato Mile Budak rivendica apertamente la responsabilit
ustascia nell'uccisione di re Alessandro: Noi, noi soli, rivendichiamo questo onore!; "Radio Londra"
commenta: Non riusciamo a capire come re Vittorio possa accogliere nella sua casa un regicida.
Aimone d'Aosta viene rintracciato a Milano, mentre si intrattiene in un albergo di terz'ordine con una
prostituta, e viene condotto in tutta fretta a Roma, dove assume la corona di Croazia con il nome di
Tomislavo II; ma avr il buongusto, malgrado le sollecitazioni italiane, di non mettere mai piede nel suo
regno inondato di sangue, forse per il timore di finire come Massimiliano d'Austria in Messico.
Al rientro in Croazia, il francescano Glavas parteciper ai massacri di serbo-ortodossi a Mehino
Polje, a Furjan e a Svenica.
"A. Russo, op. cit., pag. 48. Nel 1997 a Mile Budak verranno intitolate alcune strade a Spalato, Knin e
Dubrovnik.
Il duca di Spoleto pare che non abbia alcuna voglia di mettersi in capo quella corona, tanto che in
questo senso avrebbe persino scritto al Duce (P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, Milano 1958,
pagg. 56 e 76).
Lo stesso 17 maggio Ante Pavelic viene ricevuto da papa Pio XII.
All'arrivo in Vaticano del sanguinario dittatore ustascia, un reparto di guardie svizzere gli rende gli
onori riservati ai capi di Stato, mentre "L'Osservatore Romano" del 19 maggio definisce il Poglavnik
uomo di Stato. Per antica prassi la Santa Sede non riconosce, sotto l'aspetto diplomatico, nuove entit
statali determinate da conflitti bellici ancora in corso (infatti il Vaticano mantiene ufficialmente le
relazioni diplomatiche con il governo in esilio del regno jugoslavo). E tuttavia evidente che l'udienza
accordata da Pio XII al Poglavnik in pratica un "riconoscimento di fatto" dello Stato croato e del suo
feroce dittatore.
Dopo avere incontrato il Re d'Italia e il Pontefice, Pavelic si reca a Palazzo Venezia per sottoscrivere
gli accordi fra i due Stati. Il Trattato di Roma, firmato dal Poglavnik poco prima di incontrare il Duce,
una doverosa formalit per il dittatore croato, ma anche fonte di delusione per Mussolini: l'Italia si
annette parte della Dalmazia ma non tutta, e le molte zone costiere comprese nello Stato croato, con le
loro insenature naturali facilmente trasformabili in nuove basi navali, lasciano irrisolta la questione del
controllo dell'Adriatico.


(Nota: Massimiliano d'Austria, fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe, nel 1864 venne indotto da
Napoleone III ad accettare la corona del Messico; venne fucilato nel 1867, a Queretaro, per ordine del
leader repubblicano Benito Juarez.9

L'accoglienza solenne riservata dal Pontefice al dittatore ustascia provoca la protesta del ministro
degli Esteri britannico sir Anthony Eden, il quale si rivolge al delegato apostolico monsignor William
Godfrey dicendogli: Sono molto turbato dall'accoglienza fatta a Pavelic e non posso accettare la
definizione di uomo di Stato che il Vaticano applica a costui... Trovo incredibile che Sua Santit possa
aver ricevuto un uomo simile (A. Rhodes, op. cit., pag. 336).
In seguito l'Italia arriver a osteggiare con fermezza la costituzione di una forza navale croata in
Adriatico; ma la dittatura ustascia allestir comunque una modesta flottiglia di pescherecci armati, che
verr impiegata soprattutto nel mar d'Azov e nel mar Nero a fianco della marina tedesca.

L'Adriatico non diventa quindi il "lago italiano" voluto da Mussolini.
Pavelic ha potuto eludere l'impegno assunto in precedenza perch, subito dopo la nascita dello Stato
croato, i nazisti hanno indotto il regime ustascia a negare a Roma l'annessione dell'intera Dalmazia. Del
resto, la serrata propaganda anti-italiana dei tedeschi alimenta una sotterranea ostilit dello Stato
indipendente croato verso il Duce italiano.
Il 6 giugno 1941 il Poglavnik si reca in Germania, a Berchtesgaden, per un colloquio con Hitler.
Presenti all'incontro il maresciallo del Reich Hermann Gring e il ministro degli Affari esteri Joachim
von Ribbentrop.
Dopo il vertice con il Fhrer, Pavelic si reca a Venezia, dove il 15 giugno sigla il protocollo di
adesione della Croazia all'alleanza militare Roma-Berlino-Tokyo; e in risposta al discorso di benvenuto
pronunciato da Ciano, il Poglavnik dichiara: La Croazia aderisce pienamente ai princpi e alle ragioni
che ispirano un fronte unito per la creazione di un nuovo ordine in Europa e nel mondo asiatico. La
Croazia fiera di appartenere al consorzio degli Stati retti da regimi totalitari, rinnovati dalle
Rivoluzioni sociali e politiche.
Il 10 giugno 1941 Mussolini, esprimendo a Ciano il malumore nei confronti dell'alleato nazista, gli
dice: Non ha importanza che i tedeschi riconoscano sulla carta i nostri diritti in Croazia, quando in
pratica si prendono tutto e a noi lasciano un mucchietto di ossa. Sono canaglie in malafede e vi dico che
cos non potr durare a lungo. Non so nemmeno se gli intrighi tedeschi permetteranno ad Aimone di salire
veramente sul trono croato (G. Ciano, op. cit., pag. 523).

PARTE SECONDA


IL PUGNALE E LA CROCE

CAPITOLO 3


In nome di Dio

Fin dall'aprile 1941 evidente che la priorit assoluta dello Stato indipendente croato la "pulizia"
etnico-religiosa del Paese. Mentre il Poglavnik, rivolto alla milizia, spiega che un buon ustascia
quello che sa usare il pugnale per strappare il figlio dal grembo della madre, il pragmatico gerarca
Viktor Gutic, in un suo discorso alla milizia ustascia del 26 maggio 1941 a Banja Luka, annuncia che
tutti gli elementi indesiderabili saranno presto sterminati senza che ne rimanga traccia. Il giorno
seguente, a Bosancki Most, Gutic precisa meglio il concetto: Ho impartito disposizioni drastiche perch
i serbi siano annullati, dapprima economicamente e quindi in ogni senso. Nessuna falsa piet nei loro
confronti: distruggeteli ovunque se ne presenti l'occasione... Vi accompagneranno la benedizione del
Signore e la mia approvazione.
Che la "benedizione divina" del massacro delle popolazioni serbe sia acquisita, lo conferma il
periodico dell'arcivescovado di Sarajevo (retto da monsignor Ivan Saric) "Katolicki Tjednik", il 15
giugno: Bisogna ammettere che corrono tempi duri per i serbi che pagano il prezzo del nostro
programma e ne sopportano il peso. Noi siamo umani.
Noi siamo sensibili alle questioni che riguardano la vita, l'esistenza, la famiglia. Una tale tragedia ci
rattrista profondamente. E carne viva, quella che viene straziata. Cuori angustiati, lacrime, affanni, urla di
maledizione... Ma la politica un'altra cosa: essa richiede, in nome del bene comune e del pubblico
interesse, una disciplina dura, brutale, ferrea. E' chi governa ad assumere le responsabilit. Ci non
riguarda l'individuo come tale e nemmeno la nostra coscienza religiosa di cattolici! Noi abbiamo un'altra
sfera d'azione, intima e circoscritta, di cui rispondere dinnanzi a Dio e alla nostra condizione d;
cristiani.
Il periodico cattolico dell'arcivescovado di Sarajevo, il successivo 31 agosto, ricorre a parole pi
chiare per esprimere concetti pi espliciti. "Katolicki Tjednik" scrive infatti: Fino a oggi Dio ha parlato
attraverso le encicliche papali, i sermoni, i libri di dottrina, la stampa cristiana, le missioni, gli esempi
eroici dei santi. Ma essi [;' serbi ortodossi, non hanno prestato ascolto.
Sono rimasti insensibili. Ora Dio ha deciso di usare altri metodi. Egli ispirer la nostra opera, la
nostra missione universale! Questa non sar guidata da religiosi, ma da autentici soldati di Hitler. I
sermoni saranno finalmente ascoltati, con l'aiuto di cannoni, mitra, carri armati e bombardieri.
Confortato dalla esplicita benedizione o dal silenzio-assenso dei massimi esponenti del clero
cattolico croato, il regime Ustascia procede alacremente a completare il corpo di leggi e disposizioni che
codificano la "pulizia" etnico-religiosa dello Stato Croato.
Il cattolicissimo regime ustascia sapr poi manifestare all'Arcivescovado di Sarajevo un adeguata
gratitudine: nel novembre 1941 il governo conferir a monsignor Saric la gran Croce con Stella, alta
onorificenza del Poglavnik, con la seguente motivazione: Per la sua attivit, animata da uno schietto
spirito ustascia.
Il ministero degli Interni, affidato ad Andrija Artukovic, ben noto come l'Himmler croato, il 3 giugno
1941 vara un decreto-legge che dispone la chiusura di tutte le scuole elementari e gli asili dipendenti
dagli enti religiosi serbi ortodossi.
Il giorno seguente, Artukovic firma un ulteriore decreto-legge, stavolta riservato alla popolazione
ebraica, che fra l'altro prescrive: E' fatto divieto di contrarre matrimonio fra ariani e non-ariani... Sono
vietati i rapporti sessuali extramatrimoniali di persone non ariane con donne di origine ariana, per chi
non ottempera prevista la pena di morte... [E' fatto] divieto agli ebrei e ai serbi di esporre la bandiera
croata... Sono posti fuori legge i cognomi ebraici... E fatto divieto agli ebrei di occuparsi di letteratura,
giornalismo, arti figurative, musica, urbanismo, cinema e teatro, nonch qualsiasi presenza nelle
organizzazioni ed enti sociali, culturali, sportivi, nelle attivit giovanili e di altro genere del popolo
croato... Agli ebrei vietato trattenersi nei parchi pubblici, entrare nei locali pubblici e riunirsi nelle
abitazioni private.
La dittatura ustascia attribuisce particolare rilievo alla "pulizia" etnico-religiosa della capitale croata,
Zagabria. Il cruciale compito urbano affidato a Eugen Kvaternik-Dido, figlio del maresciallo Slavko
Kvaternik, che a questo scopo viene nominato capo della polizia.
L'8 maggio 1941 Kvaternik-Dido dirama una Ordinanza che prepara la deportazione di massa di serbi
ed ebrei residenti in citt, con l'avallo del silenzio-assenso da parte dell'arcivescovo di Zagabria
monsignor Stepinac: Entro 8 giorni devono trasferirsi nelle altre zone di Zagabria tutti i serbi e gli ebrei
che abitano nella zona settentrionale di via Maksimir, via Vlaska, piazza Jelaric, Ilica fino alla Mitnica;
serbi ed ebrei devono inoltre trasferirsi da quei rioni cittadini che si trovano a nord della linea indicata.
Coloro i quali non osserveranno questa ordinanza saranno forzatamente evacuati a loro spese, e puniti
secondo le vigenti norme di legge... Serbi ed ebrei residenti nella citt di Zagabria possono muoversi nel
territorio [della citt] soltanto dalle ore 6 del mattino alle ore 9 di sera. Dalle 9 di sera alle 6 del mattino
[devono] trattenersi nelle proprie abitazioni... Entrare nella citt di Zagabria e uscire dal territorio della
citt di Zagabria permesso soltanto ai serbi muniti di permesso rilasciato dalle autorit di polizia. I
permessi verranno rilasciati soltanto in casi eccezionali.
La maggior parte degli evacuati dalle zone cittadine indicate dall'Ordinanza divengono profughi a tutti
gli effetti: nessuno a Zagabria disposto a ospitarli, n ad affittargli nuove abitazioni.
Appena lasciano la citt, gli sfollati vengono subito trucidati dalle milizie ustascia, oppure vengono
internati nei campi di sterminio (in via di allestimento e ancora segreti); in entrambi i casi, vengono
requisiti tutti i loro beni. Bench le notizie di questi primi massacri si diffondano rapidamente e si
susseguano, il clero cattolico continua a tacere e a dare pieno sostegno alla dittatura ustascia. Al punto
che nel luglio 1941 Eugen Kvaternik-Dido viene ricevuto in Vaticano insieme a 100 agenti ustascia in
divisa.
Rapida e spietata a Zagabria, l'epurazione etnico-religiosa procede con analogo efficientismo anche
nelle altre principali citt dello Stato indipendente croato. Lo testimonier un esposto presentato nel
marzo 1942 dai capi della comunit israelitica di Mestar al generale comandante della Divisione italiana
"Cacciatori delle Alpi", esposto nel quale denunceranno alle autorit italiane di occupazione quanto sta
avvenendo nella loro citt: Fin dai primi giorni della fondazione [dello Stato croato] coloro che hanno
assunto il potere civile e militare hanno cominciato a far sentire la loro attivit distruttiva contro certe
classi della popolazione, e in primo luogo contro la popolazione ebraica... Questi elementi hanno
distrutto, demolito e poi saccheggiato il Tempio israelita [di Mestar].
Invasolo, hanno distrutto tutti gli oggetti sacri, candelabri, lampade e altri attrezzi preziosi, devastando
anche la parte pi santa del Tempio, coi libri di Mos, i pentateuci in pergamena... Contemporaneamente
stata distrutta la biblioteca ebraica, comprendente dei rarissimi e preziosi libri e dei vecchi annali del
secolo XVI, cio dell'epoca dell'inquisizione spagnola e della venuta degli ebrei in Bosnia.
Nel 1945, dopo la fuga degli assassini ustascia, bauli pieni d'oro, gioielli e altri beni preziosi verranno
trovati nell'arcivescovado di Zagabria, in chiese e conventi cittadini, affidati in custodia da Pavelic a
monsignor Stepinac e al suo clero: sar questo uno dei principali capi d'accusa del processo di Zagabria
contro Alojzije Stepinac (autunno 1946).
Ne d notizia in un breve articolo "L'Osservatore Romano" del 22 luglio 1941.

Nello stesso tempo, senza alcuna base giuridica, la polizia e gli ustascia di propria iniziativa hanno
nominato in tutte le imprese ebraiche dei commissari, alcuni dei quali subito, altri dopo alcune settimane,
hanno semplicemente espulso i proprietari senza dare loro alcun risarcimento o compenso... Detti
commissari sono stati nominati senza alcun riguardo alle loro qualifiche (per esempio un fornaio stato
nominato commissario in un negozio di manifatture, un barbiere in una maglieria, un oste in un negozio di
ferramenta), l'unica qualit richiesta essendo la divisa di ustascia. Nel contempo gli ustascia armati e la
polizia locale penetravano, di propria iniziativa, di giorno e di notte, negli appartamenti degli ebrei,
commettendo atti di violenza, requisendo il loro denaro e altri oggetti di valore [che] venivano consegnati
dai proprietari impauriti. Per di pi famiglie intere venivano espulse dalle loro case senza poter portare
con s neppure il minimo necessario... Agli ebrei stato proibito il libero movimento nella citt,
l'assistere agli spettacoli nei teatri, nei cinema, l'uso dei bagni, e la frequentazione dei locali pubblici.
L'uso del tram stato permesso soltanto nell'ultima piattaforma. L'acquisto dei viveri stato permesso
solamente nei negozi ebraici, e nelle ore prescritte dagli ustascia. E stata proibita severamente l'uccisione
degli animali secondo il rito ebraico, ed stato inoltre introdotto uno speciale coprifuoco per gli ebrei in
modo da impedirne il servizio santo nei Templi.
La dottrina ustascia del "difensore della cristianit cattolica" Ante Pavelic una visione carismatica,
tenebrosa e medievale del cristianesimo. Un'ideologia razzial-religiosa fanatica e sanguinaria che nella
sua pratica attuazione si avvale del pieno sostegno hitleriano, della discreta complicit mussoliniana, e
del silente imprimatur vaticano.
Cos, mentre nelle maggiori citt' croate, la dittatura del Poglavnik affronta la "pulizia" etnico-religiosa
ricorrendo alle leggi razziali, nei centri minori la milizia ustascia procede spietata come una truculenta
orda barbarica. Dalla seconda met dell'aprile al giugno 1941, le azioni di sterminio si susseguono in
tutta la provincia croata.
A Koritza gli ustascia massacrano 176 serbo-ortodossi. Nel distretto di Ljubiski i miliziani, comandati
dal capo ustascia Juro Borota, ne massacrano 4.500. A Capljina le vittime serbe dei massacri ordinati da
Franjo Vego (collaboratore del ministro Artukovic) sono circa 5.000. Nel campo di aviazione dislocato
tra Svjice e Livno, 280 serbi vengono buttati nelle cisterne e cosparsi di calce viva. A Galinjevo
centinaia di serbi vengono buttati nel fiume Drina dal ponte di Prisoj legati due a due con filo di ferro.
A Otocac, il 2 maggio, 331 serbi vengono obbligati a scavare un gigantesco fossato, e concluso lo
scavo vengono tutti massacrati a colpi d'ascia. Tra le vittime c' il pope ortodosso, ed ex deputato del
Parlamento di Belgrado, Branko Dobrosaljevic, ucciso dai miliziani ustascia (tra i quali c' il frate Jovan
Popovic) dopo essere stato costretto ad assistere all'esecuzione di suo figlio, e dopo essere stato torturato
per ore.
Il 28 giugno, per ordine di Eugen Kvaternik-Dido, viene distrutta con la dinamite la cattedrale
ortodossa di Bihac, mentre nel corso della stessa giornata vengono massacrati circa 2.000 fra serbi ed
ebrei. Migliaia di ortodossi ed ebrei vengono buttati nei gorghi della Drina. In Erzegovina, 559 serbi
vengono gettati nel precipizio di Golubinka (dove, negli anni successivi, finiranno altre migliaia di
vittime); al massacro assistono due preti cattolici (forse impegnati a impartire l'estrema unzione...). I
villaggi serbi di Srebrenica, Ozren, Vlasenica, Kladanj vengono devastati dalla milizia ustascia. Nel
distretto di Sanki Most e di Kijuc, in tre giorni, le vittime serbe e ebree arrivano a circa 5.000 unit.
Dal 29 luglio, nei villaggi di Krnjac, Krotinje, Siroka Reka, Rakovic, una colonna ustascia guidata da
Bozidar Cerovski procede allo sterminio di circa 3.000 serbi. Altri 907 vengono uccisi dal 9 agosto tra
Ornice, Divoselo e Citiuk. Oltre 500 fra donne e bambini vengono buttati nei crepacci del Monte Tusnica,
80 fra donne e bambini vengono massacrati all'interno della scuola comunale di Celebic. Rinchiusi nelle
loro case di Baska e Perna, 540 serbi vengono arsi vivi.
A Korenica, dal 22 agosto, le milizie ustascia torturano e uccidono centinaia di serbi. Alcuni dei
cadaveri hanno naso e orecchie recisi; altri hanno aghi conficcati sotto le unghie. A tutte le vittime sono
stati strappati gli occhi, conservati dagli ustascia come macabri trofei; testimonier il medico inglese L.
Rogers: Raccolsi la borsa [di un miliziano ustascia catturato dai partigiani, e l'aprii. Da principio
credetti di vedere molluschi sgusciati, ma poi, guardando meglio, mi resi conto che si trattava di occhi
umani".
Nel settembre 1941, a Dvor niUni, la milizia ustascia, nell'occasione guidata personalmente dal
vicario parrocchiale di Divusa Ante Diuric, uccide il segretario comunale, il direttore della posta, il
capo delle guardie forestali e altre 11 persone serbe, dopo aver bruciato loro braccia e gambe. Pavelic
attribuir poi al sacerdote, la croce al merito.

(Nota: Per i dati riportati, cfr. V. Novak, op. cit., pag. 127. Si stima che tra il 1941 e il 1945 nel
territorio dello Stato indipendente croato vennero uccisi dagli ustascia non meno di 63.000 bambini serbi
di et inferiore ai 12 anni. Nel Dopoguerra il ricercatore Dragoje Lukic, membro di una Commissione di
Stato jugoslava, rediger un elenco di 53.626 bambini trucidati dalla dittatura del Poglavnik, indicati con
nomi e cognomi.
Cfr. E. Paris, op. cit., pag. 183.
L. Rogers, Guerrilla Surgeon, Londra 1957, pag. 46. Rogers un ufficiale medico inglese che fa parte
di una missione britannica aggregata ai partigiani di Tito.
Della macabra predilezione degli ustascia per i bulbi oculari delle loro vittime testimonier anche lo
scrittore italiano Curzio Malaparte.
Raccontando un suo incontro con Ante Pavelic, Malaparte scrive: Mentre si parlava, io osservavo un
paniere di vimini posto sulla scrivania, alla sinistra del Poglavnik. Il coperchio era sollevato, si vedeva
che il paniere era colmo di frutti di mare, cos mi parvero, e avrei detto di ostriche, ma tolte dal guscio,
come quelle che si vedono talvolta esposte, in grandi vassoi, nelle vetrine di Fortnum and Mason, in
Piccadilly a Londra. Casertano [ministro italiano a Zagabria, mi guard, stringendo l'occhio: "Ti
piacerebbe, eh, una bella zuppa di ostriche!". "Sono ostriche della Dalmazia?", domandai al Poglavnik.
Ante Pavelic sollev il coperchio del paniere e mostrando quei frutti di mare, quella massa viscida e
gelatinosa di ostriche, disse sorridendo, con quel suo sorriso buono e stanco: "E' un regalo dei miei
fedeli ustascia: sono venti chili di occhi umani"; C. Malaparte, Kaputt, Firenze 1964, pag.429.)

Nel Dopoguerra, una commissione d'indagine del governo jugoslavo, affiancata da osservatori Alleati,
descriver i risultati seguiti all'esumazione di decine di migliaia di cadaveri in ogni parte della Croazia:
Dall'esame dei resti delle vittime si deduce che alcuni furono strangolati con filo di ferro, altri abbattuti
con bastoni di legno, altri ancora con magli, mazze e martelli e con altri oggetti metallici provocando la
rottura dei crani, altri ancora fucilati alla nuca, al petto e alla testa, con pistole e fucili).
Le testimonianze di quei primi massacri sono numerose. Maria Bogunovic, per esempio, originaria di
Lijevno, dichiarer al personale del Centro rifugiati di Belgrado: Il 20 agosto 1941 gli ustascia
arrestarono tutti gli uomini serbi della mia citt e li condussero nella vicina foresta di Koprivnica, dove
li trucidarono. Poi fu la volta dei loro familiari nello stesso luogo. Violentarono le donne e le fanciulle;
tagliarono loro i seni, impalarono i bambini, squartarono i vecchi dopo averli accecati ".
Attraverso la testimonianza del solo superstite sar possibile ricostruire il massacro di Glina.
Adagiato sulla riva dell'omonimo fiume, Glina un piccolo borgo della Krajina; una cittadina come tante,
abitata in prevalenza da contadini. Il 14 maggio 1941 tutti gli abitanti di origine serba, circa 700 persone,
vengono convogliati nel locale tempio ortodosso per il Te Deum celebrativo della fondazione dello Stato
indipendente croato, e per sottoporsi al rito di "conversione" collettiva al cattolicesimo. Prima dell'inizio
della funzione religiosa, nel tempio ortodosso irrompe un reparto ustascia, il cui comandante chiede ai
presenti chi di loro possegga il "certificato di conversione" (i due soli possessori del documento vengono
allontanati dalla chiesa); dopodich gli aguzzini del Poglavnik procedono alla mattanza di tutti i presenti,
e fra i primi viene trucidato il pope ortodosso Bogdan Opacic.
Il massacro di Glina stato organizzato dal ministro ustascia Mirko Puk (originario della cittadina), e
dal frate francescano Ermenegildo, padre guardiano del monastero di Cuntic. Il solo superstite, Ljubo
Jednak, nell'autunno 1946, al processo di Zagabria contro monsignor Stepinac, render la seguente
testimonianza: [A una delle prime vittime] fecero appoggiare la testa sul tavolo, un ustascia gli tagli la
gola col pugnale gridando: "Canta adesso!", e quello cominci a cantare. Il sangue gli fiott dalla gola,
sprizzando fino a due metri di distanza.
Uno di noi disse: "Faranno cos a tutti, uno alla volta". A quelle parole gli ustascia urlarono: "Scanna
quel figlio di puttana serba!". Si gettarono addosso a quello che aveva parlato e lo colpirono con due-tre
pugnalate. Quando cadde a terra, altri due ustascia gli si gettarono addosso e gli fracassarono la testa; poi
lo trascinarono fuori dalla chiesa e lo gettarono sul camion con gli altri. Continu cos a lungo.
Un camion dopo l'altro furono caricati di cadaveri. Scannarono quasi tutti quelli che stavano nella
chiesa. Restammo io e una decina di altri vivi. Io stavo in un angolo presso la porta e vedevo gli ustascia
che trascinavano fuori i corpi insanguinati. Il pavimento della chiesa era un lago di sangue, la chiesa era
illuminata dalle candele. A un certo punto, quando vi fu silenzio, mentre gli ustascia erano fuori a
caricare i cadaveri sul camion, io uscii dal mio angolo e mi gettai in mezzo a un mucchio di sgozzati.
Allargai le braccia, mi adagiai per terra nel sangue, e stetti l come se fossi morto.
Tornarono gli ustascia, ispezionarono la chiesa, ma non scoprirono tre persone nascoste dietro l'altare,
nello sgabuzzino in cui il pope tiene i libri. Poi cominciarono a trascinare fuori i corpi di quelli del
mucchio dove stavo io. Uno, due, tre... Venne anche il mio turno. Un ustascia mi sal sulla schiena, poi mi
diede un calcio sulla testa e disse: "E' tutto finito". "No, c' ancora qualcuno vivo", disse un altro.
Quello che mi aveva dato il calcio si allontan, io spostai leggermente la testa e vidi i due ustascia,
che avevano afferrato un uomo tenendolo per le braccia. L'uomo implorava: "Non mi uccidete, non ho
fatto niente di male, sono rimasto vivo io solo, risparmiatemi!". L'uomo aveva grandi baffi. Gli ustascia
gli chiesero se avesse famiglia, e l'uomo rispose che aveva una sorella di diciotto anni e un'altra di
ventidue.
"Quella di diciotto me la prendo io!", disse un ustascia.
"E l'altra mia", aggiunse il secondo. Poi, ridendo, presero una candela e bruciarono i baffi all'uomo.
Urlava di dolore, gli ustascia gli bruciarono anche gli occhi, prima uno, poi l'altro. L'uomo emise un urlo
bestiale, e l'ustascia gli sferr un colpo alla schiena col calcio del fucile. Poi lo gettarono a terra e gli
schiacciarono la testa a calci e col fucile. Poi col pugnale lo trafissero una decina di volte in tutto il
corpo.
Infine sollevarono anche me, io facevo il morto, ero insanguinato dalla testa ai piedi. Uno mi prese per
le braccia, l'altro per le gambe, mi portarono fuori e mi gettarono su un camion sopra gli altri morti. Non
emisi un lamento, non dissi una parola, trattenni il respiro. I morti erano affastellati in tre file, a pancia in
gi. Quando mi gettarono sul mucchio, la catasta di cadaveri croll e io picchiai la testa sul parapetto del
camion. Era troppo carico, perci presero me e alcuni altri cadaveri e ci gettarono sopra un altro camion.
I camion erano cinque. Scaricandomi dal primo camion, uno mi prese per le gambe tirandomi gi, cos
sbattei la testa per terra e riportai una frattura al cranio. Cos conciato finii sull'altro camion e sopra di
me gettarono altri quattro-cinque cadaveri. Uno di questi mi cadde addosso, e dalla sua gola sgozzata il
sangue mi scorreva sul viso... Mi colava negli occhi, nella bocca, su tutto il corpo. Provai orrore...
Il camion si mosse col suo carico di cadaveri. Quelli che lo accompagnavano ammonirono: "Fate
attenzione che non sia rimasto qualcuno ancora vivo. Se ne resta vivo uno solo meglio che non torniate
a Glina". Io mi dissi: "Sono ancora vivo, e posso sperare di rimanere vivo". Il camion attravers Ukinaci
e Prekop, io sollevai un po' la testa e vidi due ustascia seduti nel camion: stavano l e tacevano. Il camion
gir a destra verso Novo Selo. Conoscevo quel posto. Poi attravers un campo, e quando si ferm
c'erano l degli ustascia ad aspettarlo.
Cominciarono a scaricarci. I camion si erano fermati accanto a una grande fossa, cos i corpi cadevano
direttamente nella fossa. Mi presero per i piedi e le braccia e mi gettarono gi nel mucchio. La fossa era
quasi piena. Ero tutto raggomitolato, quattro-cinque cadaveri mi caddero sulle gambe, c'era una donna
che dava ancora segni di vita. Dio mio, cosa non fecero a quella disgraziata! La violentarono l, sulla
fossa, quella urlava e strepitava. "Di dove sei tu?", le chiesero. "Sono maestra a Bovic", rispose. Poi le
sferrarono una mazzata sulla testa e anche lei ricadde nella fossa. Un ustascia disse: "Vediamo se
troviamo qualche anello d'oro, si possono vendere a un bel prezzo". Allora uno di essi scese nella fossa e
cominci a rovistare.
Altri, con mazze e accette, davano colpi qua e l nel mucchio dei corpi insanguinati.
Part un camion, ne arriv un altro, poi un altro ancora. C'erano gi altre fosse pi avanti, tre o quattro,
e anche quelle si riempirono.
Ogni tanto tra i cadaveri qualcuno gridava: "Joi, Joi, figli miei, mamma mia, ma che vi ho fatto?". C'era
sempre qualcuno ancora vivo e gli ustascia allora lo finivano con le accette e le mazze... Credo che nella
mia fossa ci fossero oltre cento sgozzati. Le altre fosse non so quanto fossero larghe e profonde...
Poi ci fu silenzio. Tesi l'orecchio per sentire, ma niente... tutto taceva. Sollevai un po' il capo per
ascoltare meglio, e dopo un po' sentii qualcuno che diceva: "Guardate che qui tutti non ci stanno, la fossa
non si pu coprire. Bisogna trasportarli in un'altra fossa. E sistemarli bene, per farceli stare tutti". Due
ustascia cominciarono a trascinare i cadaveri. Arrivarono anche ai cadaveri che mi stavano sopra. Ne
presero uno, poi un altro, un terzo... Il quarto si mosse da solo. "Porca sua madre p... qua ce n' uno che
non morto", bestemmi un ustascia. "Sparagli!". Fecero fuoco due-tre volte, e un colpo mi prese alla
gamba... qui, sopra il ginocchio... Quando sollevarono i cadaveri che mi stavano sopra, presero anche me
per le braccia, mi tolsero la maglia, mi rivoltarono a faccia in gi e mi allungarono le gambe per
sistemarmi meglio. Mi lasciarono nella fossa. Mi sembr un'eternit, smisi di respirare, non feci un
movimento. Continuavo a ripetermi: "Devo restare vivo"....
Ljubo Jednak riesce a sopravvivere. Esce dalla fossa nel corso della notte, e trascinandosi sulla gamba
ferita raggiunge la fattoria di uno zio, dove trova rifugio. Gli altri tre superstiti dell'eccidio nella chiesa
ortodossa di Glina, rimasti nascosti per tre giorni nello sgabuzzino dietro l'altare, senza cibo n acqua, il
quarto giorno sono costretti a uscire allo scoperto; salgono sul campanile per chiedere un po' d'acqua a un
passante: ricevono l'acqua, ma subito dopo arriva un drappello di ustascia che procede alla loro
uccisione.
L'8 maggio 1941 la Legazione jugoslava presso la Santa Sede trasmette una nota alla segreteria di
Stato vaticana, nella quale scritto che grandi persecuzioni e assassini! si stanno compiendo in Croazia
contro l'elemento serbo... La Legazione Reale di Jugoslavia ha l'onore di pregarVi di voler trovare i
mezzi per intervenire contro questo sterminio arbitrario e ingiustificato dell'elemento serbo in tutte queste
regioni occupate dal nemico.
La nota rimane senza alcun seguito.
Il mese successivo lo stesso sovrano jugoslavo, re Pietro II, che scrive a Pio XII un'accorata missiva
di denuncia: I trattamenti inflitti al popolo serbo nelle province occupate della Jugoslavia sono tali che
la coscienza del mondo civile si deve rivoltare... Truppe tedesche, durante l'occupazione, si sono date a
impiccagioni e fucilazioni di massa della popolazione serba... Nel reame croato, preteso indipendente, i
serbi sono votati allo sterminio sistematico. Al fine di rendere questo sterminio pi rapido e pi efficace,
una delle leggi pi brutali, tanto odiosa al mondo civile, la legge contro gli ebrei, ugualmente applicata
contro la popolazione serba. Sminuiti a rango di razza inferiore destinata alla sparizione, i serbi sono
privati da questa legge di tutti i diritti e di tutti i mezzi di sussistenza... Mai fino a oggi alcun popolo
cristiano stato abbassato a questo livello e perseguitato da una autorit che si fregia anch'essa di essere
cristiana.
Pio XII fa rispondere al sovrano jugoslavo che il Pontefice pensa molto al popolo serbo, e che sta
facendo tutto quanto in suo potere per alleviarne le sofferenze.
Insieme allo sterminio di massa, gli ustascia procedono alla sistematica distruzione dei luoghi di culto
non cattolici. Prima della fine della guerra, nello Stato indipendente croato le milizie del Poglavnik
distruggeranno 299 chiese ortodosse, uccidendo sei vescovi e 222 religiosi della Chiesa serbo-
ortodossa.
Le esecuzioni dei religiosi ortodossi vengono attuate con particolare efferatezza. Il vescovo monsignor
Antonij Dositej, ordinario ortodosso di Zagabria, muore sotto tortura nel marzo 1942: il suo cadavere
viene privato degli organi genitali, e impalato. Il vescovo ottantenne Petar Simonie, metropolita di Debar,
viene arrestato dal sacerdote cattolico Bozidar Bralo, quindi internato nel campo di sterminio di
Jasenovac, dove verr sgozzato. L'ottantunenne vescovo di Banja Luka, monsignor Platon Jovanovic,
rimasto in citt in seguito alla promessa del vescovo cattolico Jozo Garic di intercedere per la sua
salvezza, viene arrestato di notte e condotto, insieme al sacerdote ortodosso Dusan Sabotic, in una
localit nei pressi di Banja Luka, dove i due religiosi vengono torturati: gli viene strappata la barba
(simbolo distintivo dei pope ortodossi), e prima di essere ucciso gli vengono asportati occhi, naso e
orecchie. Il vescovo di Plaski, monsignor Sava Triajic, viene torturato e ucciso insieme a tre suoi
sacerdoti mentre in corso il massacro dell'isola di Pago. Il vescovo di Ototac, monsignor Branko
Dobrosavljevic, viene arrestato insieme a suo figlio: il ragazzo viene fatto a pezzi a colpi di scure in
presenza del padre, al quale vengono poi strappati la barba, i capelli e gli occhi e infine ucciso, anche lui
a colpi di scure. Analoghe torture precedono l'uccisione del vescovo ortodosso di Zica, monsignor
Nikolaj Velimirovic.
Alla distruzione della Chiesa ortodossa e all'uccisione dei suoi religiosi si accompagna una minuziosa
opera di spoliazione dei beni.
L'operazione, finalizzata a favorire in primo luogo l'episcopato cattolico guidato da monsignor
Stepinac, si avvale di due strutture specificamente adibite da Pavelic al sistematico saccheggio delle
chiese ortodosse.

(Nota: Il Segretario dell'arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric, Bozidar Bralo in seguito diventer
prefetto ustascia della Bosnia Orientale, e in quella veste sar direttamente responsabile dei massacri di
Reijevo e di Alipasin Most.
"A Pago vengono massacrati circa 10.000 serbi; il 20 agosto 1941 l'isola viene occupata dalle truppe
italiane, che forniranno dettagliate testimonianze dell'eccidio locale compiuto dagli ustascia; cfr. alle
pagg. 98-99.)
il "Consiglio di Stato per la ricostruzione", e il "Comitato per la confisca delle chiese ortodosse e dei
relativi beni"; entrambe le strutture sono preposte a coordinare l'esproprio dei beni della Chiesa
ortodossa in favore di quella cattolica croata.
A questa opera di saccheggio talvolta partecipa direttamente lo stesso clero cattolico. Il 21 marzo
1942, per esempio, monsignor Stepinac rivolge alla dittatura ustascia la richiesta di assegnare il
monastero ortodosso di Orahovici ai frati trappisti, allontanati dai tedeschi dal loro monastero di
Reichenburg. Il vescovo cattolico di Krizevak, Janko Simrak, si annette invece il monastero ortodosso di
Lepavina.
L'arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric si appropria di beni che appartengono a cittadini di religione
ebraica, e ottiene perfino che il Legato apostolico monsignor Giuseppe Ramiro Marcone solleciti le
autorit ustascia a ratificare la rapina. Infatti, il 21 dicembre 1943, il rappresentante vaticano scrive al
ministro ustascia Nikola Mandic: L'arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric ha chiesto e ottenuto in dono dal
governo croato alcuni beni immobili, che erano stati di propriet di un ebreo di origine ungherese. Alcuni
appartenenti al clero e alcuni cittadini dell'Arcidiocesi di Sarajevo, mal giudicando questo dono, mi
hanno informato e mi hanno pregato di meglio comporre la questione. Ho proposto al dottor Antonio
Filipovic, all'epoca ministro del Tesoro, di permutare quei beni immobili, gi appartenenti all'ebreo, con
altri o con denaro da assegnare all'Arcivescovo Saric. Il suddetto dottore ha accettato benevolmente il
mio consiglio, tuttavia stato colpito, poco dopo, da una grave malattia e costretto a lasciare la carica.
Prego quindi Vostra Eccellenza affinch si possa possibilmente perfezionare il predetto affare secondo
questi miei desideri.
Nelle zone in precedenza abitate perlopi da serbi, alcune delle chiese sottratte al culto ortodosso non
vengono riutilizzate a scopi di culto dai nuovi padroni cattolici: gli edifici vengono trasformati in
magazzini, bagni pubblici, stalle. Ma la maggior parte degli edifici razziati alla Chiesa ortodossa
divengono chiese cattoliche: una "riconversione" che viene attuata in ben 22 diverse localit croate.
Nella Sirmia, dove gli ustascia sterminano il 90 per cento del clero serbo, vengono distrutti i 16
monasteri di Fruska, che rappresentano l'Athos ortodosso sul Danubio; le reliquie dei santi ortodossi che
i miliziani ustascia si apprestano a distruggere vengono requisite dalle truppe di occupazione tedesche
(che le affidano alla Chiesa protestante, e quest'ultima provveder in seguito a riconsegnarle al clero
ortodosso).
La dittatura ustascia procede anche contro il culto israelita e contro tutto il popolo "nemico del Dio
cattolico".
Il 16 aprile 1941 reparti militari nazisti e ustascia devastano la splendida sinagoga di Sarajevo, con la
sua biblioteca e gli antichi archivi. Pochi giorni dopo analoga sorte tocca al tempio ebraico di Mostar. I
primi eccidi antisemiti vengono attuati dagli ustascia con la stessa spietata ferocia applicata ai serbo-
ortodossi. Gli arresti di massa degli ebrei nelle principali citt croate vengono legalizzati il 15 giugno
1941, mediante il varo di un decreto-legge che applica il criterio della responsabilit collettiva:
Constatato che gli ebrei diffondono notizie false che influenzano l'opinione pubblica, e con i loro noti
sistemi di speculazione rendono difficile l'approvvigionamento della popolazione, essi vanno ritenuti
collettivamente responsabili e pertanto si agir nei loro confronti: oltre a subire le pene detentive
previste dalla legge, saranno concentrati nei campi di raccolta all'aperto.
La persecuzione del popolo ebraico, alla quale collabora fattivamente anche l'occupante tedesco, viene
supportata dalla dittatura ustascia riesumando l'antico anatema cattolico della "colpa originaria" degli
israeliti, riassunta dal padre della Chiesa Origene: Il sangue di Ges ricade non solo sugli ebrei del
tempo, ma su tutte le generazioni di ebrei fino alla fine del mondo. E che l'approdo della persecuzione
antisemita attuata dagli ustascia sia la "soluzione finale" teorizzata da Hitler lo annuncia a chiare lettere
Ante Pavelic in persona l'11 giugno 1941: La questione ebraica sar liquidata nel pi breve tempo
possibile... Nella sola Zagabria vi erano 18 mila ebrei; ne sono rimasti 4 mila, e anche questi verranno
inviati in campi di lavoro o in campi di concentramento.
Fra il 1941 e il 1945, le milizie ustascia massacreranno circa 50 mila ebrei (cio oltre la met della
popolazione ebraica residente nello Stato croato). Compresi tutti i 47 rabbini, alcuni dei quali
letteralmente macellati. Si sottrarranno al massacro solo gli ebrei che riusciranno a riparare sulle
montagne, o che si troveranno sotto la giurisdizione militare italiana.
Del resto, l'odio antisemita pervade la Chiesa cattolica fin dalla notte dei tempi, da Sant'Agostino (il
quale scrisse che gli ebrei che respinsero e uccisero Cristo furono per conseguenza dispersi per tutta la
faccia della terra), passando per i Concili ecumenici del XII Secolo (che per primi stabilirono che gli
ebrei dovessero portare addosso una stella gialla per essere riconoscibili), fino all'istituzione dei primi
ghetti ebraici, in Italia, su disposizione di Papa Paolo IV.

(nota: "A. Russo, op. c;(.,pag. 118. Il concetto viene ribadito anche da EugenKvatemik-Dido, il quale
afferma: Gli ebrei devono scomparire, inesorabilmente (ibidem, pag. 119).
"Accade nel luglio 1941 a Rogatica, dove 17 ministri del culto ebraico vengono prima torturati e poi
squartati dall'ustascia Longo, di professione macellaio; cfr. G. Scotti, op. cit., pag. 136.)

Neppure di fronte all'evidenza dello sterminio antisemita la Chiesa cattolica croata manifesta il bench
minimo segno di dissenso. Anzi, in qualche caso autorevoli voci del clero cattolico forniscono al
genocidio antisemita del Poglavnik un esplicito supporto ideologico-religioso. Ne testimonianza il
giornale dell'arcivescovado di Sarajevo, "Katolicki Tjednik", che il 25 maggio 1941 scrive: I
discendenti di coloro che odiarono Ges, che lo condannarono a morte, che lo crocifissero e
immediatamente dopo presero a perseguitare i suoi discepoli, sono ancora pi colpevoli dei loro
antenati. Il loro appetito cresce. Gli ebrei, che hanno condotto l'Europa e il mondo intero al disastro
morale, culturale ed economico, manifestano un'ambizione crescente che solo il dominio su tutta la terra
potrebbe soddisfare...
Satana li ha aiutati a creare il socialismo e il comunismo. La carit ha per i suoi limiti. Il movimento
che mira a liberare il mondo dagli ebrei un movimento che porter alla rinascita della dignit umana.
Dio onnisciente e onnipotente sostiene questo movimento.
Cos il genocidio degli ebrei di Croazia prosegue indisturbato. E gi nel maggio 1942, la propaganda
del dittatore Pavelic sostiene l'imminente "soluzione finale" del "problema ebraico". Inaugurando una
"Esposizione sull'attivit ostile degli ebrei", il capo dell'Ufficio statale di informazione e
controspionaggio, Viiko Rieger, afferma: E' significativo il fatto, e ne siamo orgogliosi, che proprio la
Croazia ustascia, oggi, l'unico Stato in questa parte d'Europa ad avere risolto radicalmente, per sempre
e con giustizia, il problema ebraico...
Senza la soluzione del problema ebraico non pu esserci l'ordine nuovo per il quale si batte oggi
l'Europa unita in lotta contro le democrazie e il bolscevismo.
In realt l'annientamento del popolo ebraico di Croazia non affatto compiuto. Le affermazioni
propagandistiche degli ustascia sono essenzialmente finalizzate a compiacere il potente alleato-occupante
nazista. Cos il 27 luglio 1942 il Poglavnik vara un nuovo decreto-legge: Tutte le persone di stirpe serba
ed ebraica, indipendentemente dalla loro conversione al cattolicesimo o ad altra fede, dal permesso di
residenza o di lavoro, dal loro matrimonio con persona di origine ariana o mista, dalla carica che
ricoprono o dal servizio che svolgono, devono registrarsi presso le Autorit. Colui che non presenter
denuncia della propria origine entro il 31 luglio 1942 sar immediatamente deportato nei campi di
lavoro.
Il diplomatico del Vaticano a Zagabria, monsignor Giuseppe Ramiro Marcone, il 17 luglio 1942 invia
un messaggio alla Santa Sede: Sono stato informato confidenzialmente dal maresciallo Kvaternik che
entro sei mesi dovr deportare in Germania tutti gli ebrei croati, compresi vecchi, donne e fanciulli.
Kvaternik si dichiara disposto a prendere tempo se il Vaticano interverr per chiedere di annullare
l'ordine.
Kvaternik fa presente di essere a conoscenza che gi due milioni di ebrei sono stati uccisi in
Germania.
In quegli stessi giorni, il Rabbino capo di Zagabria si rivolge direttamente a Pio XII inviandogli una
lettera che in sostanza conferma le allarmanti notizie gi riferite da monsignor Marcone alla Santa Sede,
supplicando il Pontefice di intervenire in favore dei resti dei resti della nostra comunit.
Nonostante l'evidente, pressante urgenza delle due richieste di intervento rivolte alla Santa Sede, il
Pontefice risponde solo il 6 ottobre, e solo al Legato apostolico a Zagabria: Pio XII invita monsignor
Marcone a profittare di una occasione propizia per richiamare, con tutto il tatto necessario, l'attenzione
delle Autorit [e] ottenere un trattamento pi benevolo verso questi sfortunati ebrei di Croazia.
La "pulizia" etnico-religiosa di Pavelic non trascura neppure le marginali popolazioni nomadi dei rom.
Alla fine della dittatura, i rom trucidati dal regime saranno valutati in circa 28 mila sull'originaria
popolazione di circa 30 mila. Un dato indicativo e difficilmente verificabile, poich il nomadismo
comporta la mancanza dei dati burocratici presso l'anagrafe delle citt o nelle parrocchie.
Il popolo nomade di Croazia non ha "colpe bibliche", non possiede chiese o sinagoghe da depredare o
da distruggere, e nemmeno influenza socio-economica. Per la dittatura ustascia la colpa dei rom di
essere zingari, e come tali portatori di disordine sociale, ma soprattutto di essere semi-pagani in quanto
seguaci di un sincretismo religioso inviso al cattolicesimo. Cos entrano anche loro a pieno diritto tra le
vittime dell'Olocausto balcanico.

CAPITOLO 4


I campi di sterminio

I primi campi di sterminio in Croazia vengono allestiti dagli ustascia fin dall'aprile-maggio 1941.
Vengono "legalizzati" il 23 novembre 1941, con il nome di "Campi di internamento e di lavoro", mediante
un apposito decreto-legge firmato dal Poglavnik e dal ministro degli Interni Andrija Artukovic. Noti
come logor, sono disseminati in tutto il territorio dello Stato indipendente croato.
L'internamento nei campi non viene disposto dai tribunali, ma dal "Servizio ustascia di controllo"
(Uns), le cui decisioni sono inappellabili: lo stabilisce la legge che li istituisce. In realt, qualunque
reparto delle milizie del Poglavnik ha il potere di catturare e internare chiunque nei logor. 1 campi attivi
nel territorio dello Stato croato sono 22, ma la maggior parte lo rimarr per breve tempo il tempo
necessario per contribuire al genocidio etnico-religioso. Solo due campi quello di Jasenovac e quello di
Stara Gradiska rimarranno funzionanti fino al 1945. Sar impossibile accertare l'esatto numero di vittime
uccise o perite per stenti e malattie nei logor: tutti i registri e il materiale documentale (ma in alcuni
campi non veniva tenuta alcuna documentazione degli internati) verranno distrutti dai carnefici ustascia in
fuga.
Inizialmente il comandante in capo dei logor Mijo Babic, ma la sua reggenza molto breve: nel
giugno 1941 Babic viene ucciso dai partigiani serbi. A succedergli viene chiamato Vieroslav Luburic, il
quale, il 9 ottobre 1942, nel corso di una cerimonia ufficiale, si vanter di avere eliminato [nel lager di
Jasenovac] pi persone che l'impero ottomano nel lungo periodo in cui occup Paesi europei; sua
sorella, Nada Luburic, invece, si distingue per le efferatezze che riserva alle prigioniere del logor di
Stara Gradiska.
La guardia dei campi di sterminio affidata a uno speciale corpo chiamato "Ustaska Nadzorna
Sluzba".
Saranno numerose le testimonianze degli orrori compiuti in quei lager eufemisticamente definiti "di
internamento" e "di lavoro": nei lager del Poglavnik la morte garantita, e viene inflitta con i metodi pi
crudeli.
Le modalit di cattura, la preparazione al viaggio, e l'internamento nei campi vengono descritte
nell'esposto che la comunit ebraica di Mestar inoltra il 2 marzo 1942 al comandante della divisione
italiana "Cacciatori delle Alpi": [Di notte] gli ustascia e gli organi della polizia entravano armati nei
quartieri degli ebrei ordinando loro di vestirsi e di seguirli immediatamente prendendo con s soltanto
l'indispensabile.

(Note: Di Luburic si occuper un rapporto firmato dall'addetto di polizia dell'ambasciata tedesca a
Zagabria: [Luburic un] colonnello ustascia [di] Zagabria. Dal 1928 al 1941 in esilio. Fondatore e
primo comandante dei campi di concentramento di Croazia. Su suo ordine liquidati finora a Stara
Gradiska 80.000, a Jasenovac 120.000 e in altri campi 20.000 uomini. Luburic ha preso parte
personalmente ai massacri; grande sadista, ammalato di nervi, tipo patologico. Ubbidientissimo al
Poglavnik e sua arma fidata, pronto a tutto. Politicamente attivo, forza motrice per le sanguinose rese di
conti in Croazia (cfr. AA.VV., Dokumenti o protinarodnom radu i zlocinima jednog dela katolickog klera
"Documenti sull'attivit antinazionale e sui crimini di una parte del clero cattolico", Zagabria 1946). Nel
Dopoguerra, rifugiatosi nella Spagna franchista, Luburic curer la pubblicazione del periodico ustascia
"Drina".
A Stara Gradiska era uno spettacolo quotidiano vedere mucchi di persone sgozzate e mutilate... Fra
gli aguzzini pi feroci ricordo Nada Luburic. Di notte si divertiva a pugnalare le prigioniere o a
strozzarle con le proprie mani. [...] Giorno e notte sceglievano nuove vittime.
Venivano il satnik Stjepan Bosak, le ustascia Nada Luburic, Maja Budjon e Bozica Obradovic,
facevano la scelta, e le prescelte venivano sgozzate in una cella. (Dalle testimonianze di Pauline Weiss e
Rozika Sinko, superstiti all'internamento nel lager, cfr. Zlocini..., cit.).

Cos venivano deportate intere famiglie, vecchi e vecchie, ammalati, invalidi, bambini lattanti e
deboli. Ci si protraeva dalla mezzanotte all'alba, di strada in strada, finch il numero di questi
disgraziati non sembrava sufficiente per formare un trasporto oppure finch la luce del giorno non
impediva di continuare quest'opera vergognosa. Portati alla periferia della citt vicino alla stazione
ferroviaria, rimanevano molte ore all'aperto, sotto la pioggia e il freddo, affamati e assetati, per poi
essere caricati nei vagoni da bestiame a 60-70 persone in ciascun vagone, chiudendoveli senza
riscaldamento, senza luce e senza gabinetto.
Durante tutto il viaggio questa gente non riceveva n nutrimento n acqua, bench viaggiassero
parecchie giornate... Questo primo trasporto per il cosiddetto campo di concentramento stato il preludio
di continue e sistematiche persecuzioni degli ebrei. Esso consisteva in circa 1.000 persone di ambo i
sessi [che] sono state condotte nel campo di concentramento di Kruscica, vicino a Travnik.
A Kruscica erano stati riuniti in vecchie baracche di legno con tetto e muri bucati, privi di pavimenti,
di stufe e di ogni impianto igienico.
In queste baracche avevano vegliato e dormito giorno e notte sulla terra umida, sia i vecchi che le
madri coi loro piccoli, per cui dopo una settimana avevano cominciato a verificarsi fra loro malattie
infettive ed epidemiche tanto che vi erano stati parecchi morti e centinaia di ammalati. [...]
Dopo questo primo trasporto erano seguiti, a distanza di una o due settimane, nuovi trasporti cogli
stessi modi e trattamenti disumani e cogli stessi atti immorali nei campi di concentramento croati... Ci si
ripeteva di giorno in giorno ed durato fino alla fine dell'anno scorso [1941]. Cos accaduto che la
citt di Sarajevo senza parlare delle altre citt della Bosnia che prima di queste persecuzioni aveva una
popolazione israelita di circa 8.500 abitanti, stata quasi completamente "pulita" dagli ebrei.
Arrivate dai campi di concentramento le prime grida di questi disgraziati, un immenso panico ha preso
tutta la popolazione ebraica di Sarajevo. Tale panico stato giustificato per la mostruosit delle
violenze, delle angherie e degli atti di terrore che avevano luogo in questi campi di concentramento e che
venivano eseguite dalle guardie ustascia con raffinatezza e crudelt che nessuna mente umana pu
immaginare. Essere portato in un campo di concentramento croato significava e significa tuttora essere
condannato a morte, ma a una morte lunga e progressiva, dovuta alle immense pene e sofferenze; morte
che si aspetta nei giorni e nelle notti insonni come una liberazione e come una grazia di Dio....
Il primo campo di sterminio viene situato dagli ustascia a Danica, presso Koprivnika, e viene aperto
negli ultimi giorni dell'aprile 1941, quando le carceri dello Stato croato sono ormai stracolme di
prigionieri. Il primo convoglio di circa 300 internati vi arriva il 29 aprile; a met maggio i prigionieri del
campo di Danica sono gi 3.000.
Arrivano rinchiusi dentro vagoni ferroviari piombati che sulle fiancate recano la scritta "Frutta
avariata". Il campo funziona sia come centro di smistamento verso altri lager in via di allestimento e
completamento, sia come luogo di eliminazione. A luglio i prigionieri del logor di Danica raggiungono le
9.000 unit; vengono alimentati con mezzo chilo di pane al giorno per ciascun gruppo di 14 prigionieri.
Alla fine di quello stesso luglio il lager viene chiuso: molti prigionieri vengono trasferiti in altri campi,
altri vengono eliminati.
Il campo di Jadovno, situato nei pressi del monte Velebit, il primo lager ustascia concepito
esclusivamente come struttura di sterminio. E' attivo dal 22 maggio 1941, con l'arrivo dei primi
prigionieri che contribuiscono a erigerlo: circondato da un recinto di filo spinato alto quattro metri che
circoscrive un campo aperto. Due baracche, una per il comando e una per i guardiani, sono collocate
all'esterno del recinto. All'interno del recinto non c' niente: i prigionieri dormono sulla nuda terra. Verso
la fine di giugno a Jadovno arrivano a ondate successive altri prigionieri, che vengono subito eliminati: al
ritmo di 3-400 al giorno, gli internati, in gran parte serbi e ebrei, vengono condotti verso un dirupo che
dista dal campo cinque chilometri, la "Fossa di Saranova"; l vengono sgozzati o colpiti alla testa con
mazze di ferro, quindi gettati nel burrone. Alla fine di luglio, la "Fossa di Saranova" una fossa comune
che raccoglie oltre 10.000 cadaveri. In agosto il numero di prigionieri in arrivo al campo di Jadovno di
varie migliaia al giorno. Cos si intensifica anche il ritmo delle esecuzioni, che ora avvengono anche
presso la "Fossa di Grgin Brijeg". Alla fine del mese il campo viene smantellato; gli ultimi 1.500
prigionieri vengono mitragliati sul ciglio delle due fosse. Ma ne restano ancora 150, impegnati a
completare lo smantellamento del campo e a cancellarne le tracce; concluso il lavoro, finiscono anche
loro uccisi in fondo al precipizio. A seconda delle fonti, il numero stimato di prigionieri trucidati a
Jadovno varia da 35.000 a 75.000 persone.
Il 18 maggio 1941, in un castello a 25 km da Zagabria, viene allestito il campo di Kerestinec, nel quale
vengono internati intellettuali e personalit arrestati nella capitale croata. Le fucilazioni cominciano l'8
luglio, ma nella notte fra il 13 e il 14 un gruppo di partigiani jugoslavi penetra nel campo e tenta di
liberare i prigionieri. L'azione fallisce: solo 14 internati riescono a salvarsi, gli altri vengono tutti
fucilati. Il giorno 16 il campo viene smantellato.
Altro lager di breve durata quello allestito a Slano, sull'isola di Pago. Il primo gruppo di prigionieri
ci arriva il 25 giugno 1941. In meno di due mesi, i trucidati assommano a circa 10.000. Il 20 agosto,
quando le truppe italiane prendono possesso dell'isola, trovano montagne di cadaveri accatastati in una
profonda fossa comune in localit Fornace. Il 22 settembre 1941 il comandante medico della I Sezione
sanitaria del V Corpo d'armata italiano. Santo Strazzi (inviato a Slano con una squadra di soldati per
procedere alla cremazione dei cadaveri, stante il pericolo di epidemie fra i soldati), inoltra al Direttore
sanitario presso il comando del Corpo il seguente rapporto: [...] Rimossi i sassi, sotto alcuni centimetri
di terra sono venute alla luce numerose braccia, spesso legate con fili elettrici, piedi nudi o calzati,
teste... Dalla posizione dei cadaveri si deduce che i prigionieri, legati a due e a tre, abbiano prima
scavate le fosse e che poi siano stati fucilati sulle stesse fosse o abbattuti con armi da taglio... Le fosse
sono state frettolosamente ricoperte quando non ancora tutte le vittime erano morte, come dimostra la
tragica espressione facciale della maggioranza dei cadaveri... In alcuni posti i cadaveri, buttati alla
rinfusa, formavano cinque o sei strati l'uno sull'altro...
Quasi tutti i cadaveri maschili avevano gli arti superiori e inferiori legati... Nei pressi delle fosse sono
stati rinvenuti dei bossoli di mitragliatrici, ma nella maggioranza dei cadaveri stato possibile constatare
ferite mortali da armi da taglio al petto, alla schiena, al collo. A una giovane donna sono stati asportati
nettamente i seni. In due fosse abbiamo rinvenuto soltanto cadaveri di donne e di bambini, in altre erano
mescolati uomini, donne e bambini... Siamo riusciti a recuperare e cremare 791 salme: 407 maschi, 293
donne e 91 bambini dai 5 ai 15 anni, e un neonato di 5 mesi... La persona che ci ha fatto da guida nella
ricerca delle varie zone mi ha riferito che nella stragrande maggioranza i deportati venivano gettati nel
mare, legati a grosse pietre, e che molti si sono suicidati gettandosi da soli in mare.
Circa 1.000 tra donne e bambini serbi e ebrei, evacuati da Pago prima dell'arrivo dei militari italiani,
vengono deportati dagli ustascia nel campo di Kruscica, in Bosnia, appositamente allestito. Le baracche
sono prive di tetto, all'interno non ci sono giacigli, e i prigionieri dormono nel fango. Salvo le donne
anziane, tutte le altre, comprese le bambine, subiscono violenze sessuali dai carcerieri ustascia. A fine
settembre i prigionieri detenuti nel campo arrivano a 3.000 unit; poi vengono smistati nei logor di
Loborgrad e Jasenovac, e il lager di Kruscica viene smantellato.
Nel campo di Loborgrad, allestito all'interno di un antico castello, vengono rinchiusi 1.500 donne e un
centinaio di bambini, tutti in condizioni pietose dopo la durissima detenzione a Kruscica. Le internate
vengono ammassate negli stanzoni della fortezza in condizioni igieniche raccapriccianti; un'epidemia di
tifo miete numerose vittime. Il campo viene chiuso nell'ottobre 1942, e le prigioniere superstiti vengono
trasferite nel lager nazista di Auschwitz, da dove nessuna far ritorno.
Il campo di Djalovo viene allestito nel dicembre 1941, e lo comanda Jozo Matijevic. All'inizio vi sono
reclusi 1.830 fra donne e bambini ebrei, e una cinquantina di ragazze serbe. Il 24 febbraio 1942 un
convoglio ferroviario porta nel campo altre 1200 donne e alcune centinaia di bambini. Nei locali dell'ex
mulino, al centro del lager, non c' posto per tutti, cos molti prigionieri vengono ammassati in un
magazzino senza porte n finestre, mentre la temperatura invernale arriva a 25 gradi sotto zero.
Un'epidemia di tifo petecchiale provoca ogni giorno 5-6 vittime; a ognuna di esse, prima della sepoltura,
vengono strappati i denti d'oro. Nel campo di Djalovo le razioni alimentari sono minime; molte donne
vengono uccise a bastonate, altre vengono stuprate. Un testimone, Antun Miler, che all'epoca ha 10 anni,
racconter di un suo coetaneo rinchiuso in un magazzino e sbranato da un cane aizzatogli contro dai
guardiani ustascia. Un altro superstite, Juraj Kezic, riferir le torture inflitte a una donna che si era
rifiutata di strappare i denti d'oro alla vecchia zia morta di stenti. Nel luglio del 1942 il campo di
Djalovo viene smantellato, e circa 2.400 donne e bambini vengono convogliati nel lager di Jasenovac.
Stara Gradiska una vecchia fortezza situata sulla sponda della Sava, nell'attuale territorio sloveno; l
il campo di sterminio destinato in prevalenza a donne e bambini viene allestito nell'autunno 1941. E' un
lager particolare: dispone di un gruppo di suore-carceriere che aiutano gli aguzzini ustascia. Il 25 aprile
1945 le truppe dell'Esercito di liberazione nazionale jugoslavo arriveranno nel campo smantellato da
poche ore: oltre ai cadaveri delle vittime, ci troveranno solo sei superstiti nascosti in un pozzo, tre
uomini e tre donne: Ante Benicki, Branko Jelicic, Ziad Midzic, Emica Vagner, Ljuibica Djaji e Rajka
Pivcevic. In quattro anni, le persone trucidate a Stara Gradiska verranno stimate in circa 75.000.
Altri logor sono attivi a Lepoglava, Virovitika, Vinkovci, Kostajnica, Hravtska Dubica, Donji
Miholjac, Procide, Zemun, Gornja Rijeka, Jastrebarsko, Slavonska Pozega, Sisag. Tutti lager nei quali si
dispiegano le pi atroci violenze ustascia. Ma nessuno di essi pu competere con il campo di Jasenovac,
l'Auschwitz dei Balcani.
Quello di Jasenovac il pi importante e terribile campo di sterminio allestito dalla dittatura ustascia.
Il suo "architetto", il ministro dell'Interno Andrija Artukovic, confesser che vi sono stati uccisi circa 700
mila internati.
Lo testimonia, ad esempio, Pauline Weiss, ebrea inglese residente in Croazia e internata a Stara
Gradiska dal 22 dicembre 1942 al 15 luglio 1943.
La spaventosa ammissione numerica verr fatta da Artukovic nel 1986, mentre l'ex ministro dell'Interno
ustascia sotto processo a Zagabria.
Fuggito nel Dopoguerra negli Usa, Artukovic per un quarantennio riuscito a evitare l'estradizione in
Jugoslavia, concessa dagli Usa appunto nel 1986. Il carnefice morto in carcere, mentre il processo era
ancora in corso.
Il logor di Jasenovac, situato a 28 km da Stara Gradiska, viene allestito nel maggio 1941. In origine, il
campo formato da baracche erette dagli stessi prigionieri; poi viene allargato con un altro complesso,
chiamato "Jasenovac 2". Nel novembre 1941 lo straripamento dei fiumi Sava e Strug sommerge entrambe
le strutture, e i prigionieri vengono costretti a costruirne una terza; nel corso dei lavori circa 650 di loro,
rivelatisi inadatti al lavoro pesante, vengono uccisi dai carcerieri ustascia a colpi di mazza ferrata e di
accetta. Jasenovac diviso in quattro reparti, destinati rispettivamente a serbi, ebrei, croati "dissidenti" e
nomadi; globalmente ha una capienza di 4.000 posti. L'afflusso di nuovi prigionieri costante, come
costante il ritmo delle uccisioni. Ogni giorno gli internati devono scavare nuove fosse e seppellire
nuovi cadaveri; molti corpi vengono invece buttati nei fiumi Sava e Strug.
Alle atrocit praticate in tutti i campi di sterminio ustascia, a Jasenovac si unisce un efficientismo pi
propriamente nazista. Tra gennaio e febbraio 1942, nel lager vengono infatti attivati due forni crematori
progettati dal colonnello ustascia Hinko Piccilli; gli impianti funzionano senza soste, notte e giorno, fino
al successivo mese di maggio (quando verranno fermati per ragioni ignote), cio per circa tre mesi.
Periodo nel corso del quale vengono cremati circa 15.000 corpi".
Per un certo periodo, i bambini rimangono nelle baracche insieme ai loro familiari internati. Poi, nel
dicembre 1941, ne vengono radunati circa 400, di et compresa fra i 4 e i 14 anni,
(Nota: Nei campi furono organizzate gare di abilit tra i carnefici, consistenti nel tagliare il pi
rapidamente possibile la gola agli internati con lo speciale pugnale ricurvo chiamato graviso. Il vincitore
di tali competizioni fu Petar Brzica, gi allievo del collegio francescano di Siroki Brijeg e membro della
confraternita dei Crociati.
Nella notte del 29 agosto 1942, nel campo di Jasenovac, egli sarebbe riuscito a uccidere 1.300
persone (AA.VV., Zlocini..., cit.).
I guardiani ustascia non sono sufficienti per mantenere il tremendo ritmo delle cremazioni: cos a loro
si uniscono un centinaio di nomadi, che da prigionieri vengono costretti a trasformarsi in complici degli
aguzzini con la qualifica di groban ("becchini").
e il comandante dei campi di sterminio, Vieroslav Luburic, ordina che venga messa a loro disposizione
una baracca e che maestri e professori, scelti fra i prigionieri, insegnino loro a leggere, a scrivere e a
cantare. La messinscena dell'istruzione forzata ha un fine: il comandante del campo di sterminio in
attesa della visita di un gruppo di giornalisti e osservatori stranieri accompagnati da una delegazione
croata; quattro giorni dopo il sopralluogo dei giornalisti nel campo, tutti i bambini e i loro insegnanti
vengono massacrati.
Nel gruppo di giornalisti-osservatori che alla fine di gennaio 1942 ispeziona il lager di Jasenovac c'
anche l'italiano Alfio Russo, il quale tenta inutilmente di rivolgere domande agli internati (ai quali stato
proibito di rispondere). Per l'occasione il campo di sterminio stato "ripulito", gli orrori celati, e
tuttavia il giornalista italiano annota: Ogni giorno entrano nuovi inquilini appena numerati, ogni giorno
altri escono morti di dolore e di fatica. La macabra atmosfera del campo di sterminio risulta chiara al
giornalista italiano, ma sfugge al segretario della nunziatura vaticana, don Giuseppe Masucci, e al
segretario di monsignor Stepinac, il sacerdote Stjepan Lackovic, entrambi presenti nella delegazione
accolta nel lager dal capo della polizia ustascia Eugen Kvaternik-Dido.
Il 19 novembre 1943, circa 800 ebrei internati nel logor di Jasenovac vengono caricati su alcune
chiatte e trasportati sull'altra sponda della Sava, dove sono costretti a scavare delle fosse: sono le loro
tombe, perch ultimati i lavori di scavo vengono massacrati dagli ustascia a colpi di mazza.

(Nota: Della particolare ferocia di Luburic verso i bambini testimonier nel primo Dopoguerra il
diciannovenne ustascia Joso Oreskovic, arrestato dai partigiani: Luburic mi ordin di alzare il piede
destro. Lo alzai, ed egli mi mise sotto il piede [un] bambino. "Colpisci", mi ordin: colpii col piede e
schiacciai la testa del bambino (AA.VV., Zlocmi..., cit.).
"A. Russo, op. cit., pag. 89.)
La presenza dei due religiosi nella delegazione si evince dal rapporto inviato a Berlino
dall'ambasciatore tedesco a Zagabria, Siegfried Kasche, il 6 febbraio 1942.)

Lo stesso mese, il nuovo comandante del campo, Ivica Matkovic, sottopone 160 intellettuali (perlopi
insegnanti) prigionieri nel lager a un "esperimento": vuole appurare quanto tempo un essere umano possa
sopravvivere senza acqua n cibo. Molti muoiono dopo i primi giorni, ma una quarantina di "cavie"
riesce a sopravvivere mangiando l'erba del campo e in qualche caso la carne dei morti. Alla vigilia di
Natale i superstiti, approfittando di un nubifragio, riescono a superare i reticolati del campo e a tuffarsi
nella Sava; i carcerieri ustascia ne ripescano dal fiume 35 vivi, e li rinchiudono nudi in una baracca: la
temperatura a -30 C, e muoiono tutti assiderati.
Durante l'inverno 1944-45 nel lager di Jasenovac il ritmo delle esecuzioni aumenta: la fine della
dittatura del Poglavnik si approssima, e i carnefici stringono i tempi. Nel marzo-aprile 1945, 15.000
nuovi internati vengono sterminati al loro arrivo; i prigionieri superstiti vengono costretti a seppellire le
migliaia di cadaveri. Dopodich, per cancellare le tracce degli orrori, una parte del lager viene data alle
fiamme.
Il 20 aprile gli ultimi sopravvissuti del logor di Jasenovac tentano di evadere in massa. La maggior
parte viene falciata dalle mitragliatrici, e solo una cinquantina riesce a fuggire. Qualche giorno dopo, i
guardiani ustascia minano e fanno esplodere gli ultimi resti del campo di sterminio, abbandonando le
macerie ai reparti dell'esercito di liberazione jugoslavo.
Il primo comandante del campo di sterminio di Jasenovac il gerarca ustascia Ljubo Milos. Nel 1948,
rinchiuso in carcere a Zagabria, Milos avr lunghi colloqui con lo scrittore inglese G. Bilainkin:
racconter, fra l'altro, come fossero stati creati degli speciali pugnali per rendere pi rapide le uccisioni,
come vennero utilizzati martelli per uccidere uomini e donne, e come i suoi agenti camminassero sui
corpi e sulle teste dei bambini per assassinarli. testimoni Nikola Kuhada, Brajer e Sime Riboli
riferiranno di avere assistito ai raccapriccianti pasti, cfr. gli atti del processo Stepinac.

Il successore di Milos al comando del lager ustascia di Jasenovac il frate francescano Miroslav
Filipovic Majstorovic, chiamato "Fra' Satana" e amico personale del Poglavnik (che arriver a insignirlo
con il grado di maggiore della Milizia ustascia). Quando assume il comando del campo di sterminio,
"Fra' Satana" ha gi una reputazione che non lascia dubbi: il cattolico francescano stato comandante di
una brigata delle "Guardie del corpo del Poglavnik", squadracce ustascia della morte che nell'ottobre
1941, nella zona compresa tra Banja Luka e Motica, hanno massacrato oltre 4.800 serbi, e che nel
novembre 1941, nella scuola elementare di Krivaja, hanno massacrato a pugnalate gruppi di bambini
serbo-ortodossi. Nel lager, "Fra' Satana" non si limita a comandare: provvede di persona a uccidere gli
internati. Lo testimonier Sime Riboli, prigioniero nel campo di Jasenovac: E' semplicemente
impensabile che un francescano potesse dimostrarsi tanto sanguinario.

(Nota: Nel corso dell'eccidio di Motica, frate Miroslav Filipovic uccide a pugnalate il bambino Dura
Glamocan, e di fronte all'orrore che turba perfino alcuni dei suoi sottoposti ustascia, il religioso urla: Io
sto convertendo il Diavolo in nome di Dio, seguite il mio esempio! All'episodio accenna brevemente
anche l'apologeta di monsignor Stepinac Fiorello Cavalli, che definisce il massacro dei serbi di Motica
una spedizione punitiva, originata da un attentato serbo a una miniera di carbone della zona, e
finalizzata anche a proteggere gli abitanti cattolici della citt.
Un testimone oculare di quel massacro racconter: Vestito in abiti da frate ma con la bustina ustascia
in testa, Filipovic entr in classe seguito da alcuni ustascia: ordin alla maestra di separare i bambini
ortodossi da quelli cattolici e musulmani. La maestra, nulla sospettando, chiam fuori dai banchi gli
alunni serbi. Quando i ragazzi uscirono nel corridoio. Fra' Filipovic si scagli sul gruppo col pugnale e li
scann tutti alla presenza degli altri ragazzi, che urlavano dal terrore. Con le gole e i petti squarciati e
sanguinanti, i ragazzi correvano impazziti per il corridoio, tornavano nell'aula urlando di dolore e in
preda al terrore (Dokumenti, cit.).
Ivica Matkovic, gi vicecomandante di Jasenovac, stato al comando del lager per un breve periodo,
in attesa del definitivo avvicendamento tra Ljubo Milos e "Fra' Satana".)

Al contrario di Matkovic e milos, che nell'atteggiamento rivelavano la loro bassezza spirituale, frate
Filipovic era di modi gentili e affabili, fuorch durante i massacri. Allora diventava incomparabile.
Egli a Gradina guid gli autori dell'eccidio di massa.
Usciva ogni notte per dirigere le stragi, e rientrava all'alba con la veste macchiata di sangue. Nessuno
tra gli assassini aveva la sua resistenza... Un giorno, mentre pranzava, un ustascia gli si accost e gli
sussurr alcune parole all'orecchio. L'ustascia si rec poi al cancello del campo e fece ritorno
accompagnando un prigioniero. Frate Filipovic si alz e lo uccise. Lo sventurato cadde sul pavimento. Il
frate si sedette di nuovo e fin tranquillamente il pasto, dopo aver urlato: "Fate venire il becchino!" Le
atrocit commesse dal sanguinario religioso cattolico provocano proteste e pressioni rivolte al Primate di
Croazia monsignor Stepinac.
L'arcivescovo di Zagabria interverr assai tardivamente, nel 1943, disponendo la semplice
"sospensione a divinis" del frate-carnefice, ed evitando di adottare provvedimenti pi drastici.
D'altronde, se Miroslav Filipovic senza dubbio uno dei pi efferati carnefici nei campi di sterminio
ustascia, altrettanto sicuramente non il solo religioso cattolico attivo in quei lager.
L'organizzazione dello sterminio nel logor di Jasenovac verr raccontata da uno dei suoi massimi
artefici, l'ex comandante del lager Ljubo Milos, nel corso della testimonianza che render il 9 giugno
1948 davanti al Tribunale di Zagabria: Dopo la creazione del campo III-Mattonificio, cominciarono gli
arrivi di nuovi gruppi, e a intervalli successivi i gruppi furono sempre pi numerosi e pi frequenti.
All'inizio i gruppi contavano circa 300 persone, poi salirono a 500, 1.000 e pi e fino a 1.500. In casi
straordinari i singoli trasporti superavano anche questa cifra... Il numero dei prigionieri nel campo,
tuttavia, si aggirava costantemente sui 3.000. Che cosa succedeva agli altri? Devo anzitutto spiegare che i
prigionieri mandati a Jasenovac erano di due tipi. Quelli muniti del decreto venivano registrati nella
cartoteca [ufficio addetto alla ricezione, del campo; quelli senza decreto non venivano nemmeno
registrati. Questi ultimi erano in numero di gran lunga maggiore e venivano subito portati alla
liquidazione. Fra quelli che arrivavano col decreto c'erano condannati a pene detentive varie da sei mesi
a tre anni. Quelli che arrivavano col decreto di tre anni, nella maggioranza dei casi venivano anch'essi
liquidati. Su questo punto esisteva un accordo, cio questi erano gli ordini di Luburic: liquidare subito i
prigionieri senza decreto e quelli col decreto di tre anni. Mi noto che ogni volta che andava a Zagabria
per riferire, Luburic era ricevuto da Pavelic e lo informava di tutto. Pi volte Luburic mi disse che non
faceva nulla arbitrariamente, ma su ordine dei pi alti superiori, cio per ordine di Pavelic. Ogni volta
che il numero di prigionieri a Jasenovac supera il limite fissato, in seguito ai nuovi arrivi, allora veniva
obbligatoriamente ordinata la riduzione del numero mediante la liquidazione, eliminando in primo luogo i
vecchi, gli ammalati e quelli fisicamente inadatti al lavoro.
Gli orrori dei campi di sterminio ustascio non sembrano avere scosso la coscienza collettiva dei
croati. Il 31 luglio 1966, in occasione dell'inaugurazione del Mausoleo in memoria delle vittime di
Jasenovac, tra le autorit presenti alla cerimonia c' anche il presidente del parlamento della Repubblica
di Croazia, Stevo Krajacic. Conclusa la cerimonia, e ritenendo di avere il microfono spento, Krajacic
borbotta, rivolto ai reduci di guerra serbi: Qui ne abbiamo uccisi troppo pochi di voi; ma i microfoni,
invece, sono accesi, ne nasce uno scandalo, e qualche giorno dopo Krajacic costretto a rassegnare le
dimissioni.

CAPITOLO 5


Il silenzio complice di Monsignor Stepinac

Mentre il clero cattolico croato guidato da monsignor Stepinac, con il silenzio connivente o con la
fattiva collaborazione, appoggia la sanguinosa dittatura di Ante Pavelic, gli esponenti di altri culti
religiosi levano la loro voce contro le persecuzioni etnico-religiose e contro la pratica delle
"conversioni" forzate al cattolicesimo.
Il 13 novembre 1941, per esempio, le maggiori autorit della comunit musulmana di Banja Luka
inviano al Poglavnik una lettera di denuncia e di protesta, dalla quale traspare anche un'accesa polemica
verso la Chiesa cattolica croata per la sua connivenza: L'uccisione dei preti e dei capi senza un giudizio,
senza un tribunale, la fucilazione in massa di persone molto spesso del tutto innocenti, di donne e di
bambini, l'allontanamento di intere famiglie dalle loro case nel termine di una o due ore al massimo, la
loro deportazione in destinazioni ignote, l'appropriazione dei loro beni e il loro forzato passaggio alla
fede cattolica, sono tutti fatti che hanno riempito di stupore le persone di buon senso e che a noi
musulmani di queste regioni hanno lasciato una pessima impressione... Ci che avviene da noi dubitiamo
che si possa trovare nella storia di qualunque altro popolo...

(NOTA: La popolazione musulmana dello Stato croato non viene perseguitata dagli ustascia in quanto
comunit marginale, che non costituisce un "pericolo" per la "purezza razziale" croata, e non dedita al
proselitismo religioso.)
la tolleranza religiosa che, nella Bosnia e nella Erzegovina era di un alto livello malgrado la
molteplicit delle fedi, si sgretolata. Le offese e le provocazioni dei nostri cattolici sono molto spesso
di tali dimensioni nei nostri riguardi che siamo costretti a rifletterci seriamente. Una parte del clero
cattolico ritiene che sia arrivata la sua ora e la sta sfruttando senza scrupoli. La propaganda per il
cattolicesimo diventata cos pressante da ricordare l'Inquisizione spagnola. Con il benestare della
Chiesa e la tolleranza degli organi pubblici, si sono fatti passare al cattolicesimo molti cristiani in massa.
In questo modo coloro che finora non godevano di alcun diritto civile, hanno ottenuto l'equiparazione e
sono diventati di nazionalit croata solo per il fatto di avere abbracciato la Chiesa cattolica. Il pari
valore dell'islamismo, che stato spesso riconosciuto anche dalle massime autorit, viene in pratica
messo in dubbio, e il passaggio all'islamismo, per il quale noi non abbiamo sviluppato alcuna
propaganda, nella prassi non d quelle garanzie che d il passaggio alla fede cattolica. Molti intellettuali
hanno pagato con la vita tale tentativo, come nella citt di Travik... Spesso si sentono cantare dai cattolici
delle canzoni nelle quali sono offesi i sentimenti religiosi dei musulmani, non solo, ma viene loro
predetta la stessa sorte degli ortodossi... Conosciamo dei casi nei quali gli ustascia hanno ucciso delle
persone tenendo in testa il fez [simbolo dei musulmani balcanici, Cos successo nella citt di Bosanki
Novi, dove quattro camion pieni di ustascia con in testa il fez, e accompagnati da delinquenti musulmani,
hanno ucciso in massa degli ortodossi... Perfino alcuni settori della stessa Chiesa cattolica non croata
cominciano a manifestare allarme e ripulsa per gli orrori della dittatura ustascia, fin dai primi mesi del
1942. Il 1 marzo una rappresentanza dei sacerdoti cattolici sloveni riparati in Serbia invia un esplicito
memorandum all'arcivescovo cattolico di Belgrado, monsignor Josip Ujcic: In Slovenia, noi non
abbiamo ucciso vescovi e preti [ortodossi] e i loro corpi non sono stati gettati nei fiumi. Nel nostro
Paese, non abbiamo bruciato e distrutto le chiese e non abbiamo mai ucciso i fedeli durante la Santa
Messa. Non abbiamo massacrato popolazioni di vilaggi interi cos come si abbatte del bestiame, non
abbiamo ucciso padri di famiglia sulla soglia di casa davanti agli occhi delle spose e dei figli, e non
abbiamo sotterrato persone vive. Nello Stato Indipendente di Croazia tutti i vescovi e i sacerdoti
ortodossi sono stati uccisi, o imprigionati, o internati nei campi di concentramento. Le loro chiese e i
monasteri distrutti, i loro beni confiscati...
Dati di parte serba indicano che a tutt'oggi sono stati uccisi oltre 380 mila serbi. Speriamo che queste
cifre siano esagerate, ma non c' dubbio che i serbi siano attualmente sottoposti alla pi dura
persecuzione della loro storia. Tutti gli osservatori possono confermare che ci che i serbi hanno subito
nel corso degli ultimi dieci mesi nel territorio dello Stato Indipendente Croato non pu essere comparato
nemmeno alle violenze e alle persecuzioni pi feroci dell'epoca ottomana...
Le masse serbe sono convinte che tutta intera la nazione croata sia responsabile di questi atti perch
non ha opposto resistenza n fatto niente per impedire la distruzione dei serbi che vivono nel suo seno. E'
ancora pi triste vedere che l'odio verso i croati si trasforma in qualcosa di pi nei confronti della Chiesa
cattolica... Fra i fedeli ortodossi serbi non si capisce, al momento, perch nello Stato Indipendente
Croato non ci sia stato un solo vescovo cattolico romano disposto a ergersi a difesa dei cristiani
ortodossi, a costo di mettere a rischio la sua posizione e, se necessario, la sua stessa persona. Un tale
eroismo apostolico sarebbe stato necessario non soltanto per difendere l'onore della Chiesa cattolica, ma
anche per garantire il prestigio futuro del cattolicesimo nei Balcani...
L'osservatore imparziale non pu non riconoscere che le conversioni dei serbi ortodossi al
cattolicesimo hanno avuto luogo sotto tremende pressioni politiche. E fuor di dubbio che il numero di
ortodossi divenuti cattolici per intima convinzione pu essere contato sulle dita di una mano. A dispetto
delle raccomandazioni dei vescovi le conversioni forzate proseguono... le conversioni che, secondo gli
insegnamenti della Chiesa cattolica dovrebbero essere ritenute nulle, sono tanto numerose che i vescovi
croati, durante la Conferenza del 1 novembre scorso, hanno formato due comitati per studiare il
problema... Le conversioni forzate di massa dei serbi, le torture inflitte ai loro sacerdoti, la distruzione
delle loro chiese, sono avvenute si detto nell'interesse superiore della Chiesa cattolica. I serbi non
comprendono le ragioni che hanno motivato il silenzio della Santa Sede dinanzi agli orrori commessi in
Croazia. La conversione, ovvero la "croatizzazione" dei serbi ha costituito uno scopo comune
dell'episcopato croato e del governo ustascia...
Noi sappiamo che la Santa Sede ha incaricato il suo inviato a Zagabria di studiare la situazione croata.
Siamo certi che, informato dei fatti, il Vaticano si opporr al tragico destino che attende i serbi e salver
in tal modo il prestigio del cattolicesimo croato.
Quanto sta avvenendo in Croazia suscita anche lo sdegno e le proteste delle Chiese cristiane riformate
internazionali. Il 12 marzo 1942, "The International Christian Press", periodico protestante calvinista di
Ginevra, pubblica un articolo di denuncia del genocidio e di condanna delle responsabilit del clero
cattolico croato: Nel territorio della odierna Croazia, i Serbi ortodossi sono perseguitati con sistemi
crudeli. Tra i vescovi ortodossi orientali, alcuni sono stati uccisi, altri imprigionati o costretti ad
abbandonare il Paese. Identica sorte hanno incontrato i sacerdoti ortodossi, numerosi dei quali sono stati
massacrati. E' stato accertato che diverse centinaia di migliaia di ortodossi sono stati vittime di una
persecuzione sistematica: imprigionati, maltrattati, spogliati dei loro beni, uccisi. Molte chiese ortodosse
sono state distrutte, molte confiscate e trasformate in chiese cattoliche. I monasteri, molti dei quali ricchi
di tradizioni, sono stati trasferiti agli ordini cattolici romani. Alcuni periodici cattolici, che si stampano
in Croazia, hanno approvato questa persecuzione. L'organo dell'arcivescovo di Sarajevo, per esempio,
difende l'uso dei metodi rivoluzionari "al servizio della verit, della giustizia e di Cristo", e afferma che
"la battaglia contro il diavolo deve essere condotta senza troppi riguardi".
Ma il Primate cattolico di Croazia, monsignor Stepinac, tace, e collabora fattivamente con la dittatura
del Poglavnik. Interessatissimo alla "conversione" al cattolicesimo delle anime serbe, l'arcivescovo di
Zagabria non si cura minimamente dei corpi massacrati degli ortodossi.
Impegnato a collaborare con i carnefici ustascia per costruire la "pura razza" croato-cattolica, la
massima autorit dei cattolici croati non si preoccupa dello sterminio razzial-religioso di serbi e ebrei,
n della distruzione delle chiese degli altri culti.
Le testimonianze del genocidio etnico-religioso in Croazia sono innumerevoli. Non solo quelle dei
superstiti, o quelle di parte jugoslava e britannica: ci sono anche le testimonianze degli stessi alleati del
regime di Pavelic.
La sistematicit e l'efferatezza dei criminali ustascia tale da arrivare a turbare perfino le stesse
autorit militari hitleriane di occupazione, stanziate nel settore croato controllato dalla Germania.
Nel dicembre 1942, il generale Glaise von Horstena informa il maresciallo Slavko Kvaternik
comandante delle Forze armate croate, che verr proposto a Hitler di sostituire il Poglavnik con un
governo guidato daVladko Macek, questo perch nel corso di questi ultimi anni [ho] vissuto tante
orribili cose di questo genere, [ma] niente pu essere comparato ai crimini commessi dai croati. In un
rapporto dello stesso periodo inviato al comando generale germanico dalla 7183
Divisione di fanteria tedesca, si legge che il reggimento ustascia "Francetic" stato disarmato dalla
polizia militare tedesca in quanto responsabile di atrocit contro la popolazione serba, e che i militari
della Wehrmacht hanno giustiziato alcuni ustascia colpevoli dei massacri, fra i quali il prete cattolico
Mata Gravanovic.
Il capo dello spionaggio militare tedesco nell'Europa del Sud-Est, Walter Hagen, scriver nelle sue
memorie: Un vero odio mortale si esprimeva contro i serbi e gli ebrei [di Croazia], che erano stati
ufficialmente dichiarati fogelfrei, cio si poteva fare di loro ci che si voleva e ucciderli impunemente...
Massacri di una ampiezza senza precedenti sono stati organizzati nell'estate 1941... Villaggi interi sono
stati distrutti in modo sistematico. Regioni intere della Croazia, erano soggette a uccisioni di massa.

(Nota: Scrive l'enciclopedia britannica: Il massacro dei serbi durante la Seconda guerra mondiale fu
superato, in termini di violenza selvaggia, soltanto dallo sterminio in massa degli ebrei polacchi.
E pi in generale, i resoconti dei massacri dei serbi sono troppo ben documentati per essere posti in
dubbio.)

Il 1 marzo 1942 il capitano della Wermacht Arthur Haeffner inoltra al generale Glaise von Horstenau
un rapporto nel quale scrive: Circa 8 giorni fa, nei villaggi di Drakulic e di Sargovac, nei dintorni di
Banja Luka, circa 2.300 persone, di cui molte donne e bambini, sono state sterminate. Per motivare questa
azione, gli ustascia hanno invocato il fatto che dalla popolazione di questi villaggi era stato progettato un
atto di sabotaggio contro la miniera di carbone "Laus". In realt, all'origine di questo nuovo massacro di
massa sarebbero stati i monaci di un convento francescano nelle vicinanze... Circa due settimane fa, la
testa di un partigiano stata esibita sulla punta di una picca sulla piazza principale di Brcko, come si
usava ai tempi dei turchi.
Quando fu richiesta una giustificazione al capo del distretto, da parte dei croati, a proposito di questo
atto barbaro, questi ha risolto la questione in maniera curiosa, spiegando che questa testa decapitata di
cetnico era stata esibita sulla picca solo a fini di identificazione, perch si era creduto potesse trattarsi di
quella del capo dell'insurrezione in Serbia, generale Draza Mihailovic... Degli ustascia forestieri sono
recentemente apparsi a Brcko, hanno caricato sui camion tutto il magazzino di tre grandi esercizi di
chincaglieria di propriet di ortodossi, e poi sono scomparsi nel nulla, senza lasciare alcuna ricevuta ai
proprietari. Gli ustascia si sono rifiutati di dare qualunque indicazione sui loro mandatari e sulla
destinazione della merce, cos che questo sequestro ha sollevato le proteste anche della popolazione
croata e musulmana.


(Nota: Il capitano tedesco autore del rapporto citato mosso soprattutto dal timore della imminente e
completa bancarotta dell'amministrazione e dell'economia dello Stato croato, provocata dalla
incapacit d'insieme del regime ustascia, una bancarotta che risulterebbe indubbiamente
pregiudizievole per gli interessi del Reich, la cui forza l'unica protezione per questo regime.)

L'ondata di massacri avviata nella primavera-estate 1941 dagli ustascia del dittatore Pavelic secondo
il programma di "pulizia" etnico-religiosa, viene sostenuta da continui appelli all'odio razziale diffusi
dalla propaganda del Poglavnik, e spesso perfino dai pulpiti delle chiese cattoliche. Nella primavera del
1942 secondo una stima del cardinale Eugne Tisserant le vittime dei massacri hanno gi superato le 350
mila unit. All'inizio del 1943 questa feroce crociata razzialreligiosa assumer connotati di guerra
antipartigiana, mantenendo comunque l'originario connotato etnico-razziale. Nel 1945, alla fine della
dittatura ustascia, le vittime dell'olocausto balcanico verranno stimate fra 700 mila e un milione, cio tra
il 10 e il 15 per cento dell'intera popolazione dello Stato indipendente croato (una percentuale che sale al
30-40 per cento per la sola popolazione serba)".
Scriver lo storico tedesco Walter Gorlitz: Disgraziatamente una delle prime misure adottate dal
regime cattolico ustascia stata una terribile impresa militare di sterminio nei confronti della parte di
popolazione appartenente alla religione greco-ortodossa'" In un rapporto firmato dal maggiore generale
Ernst Fik della Brigata SS, datato 16 maggio 1944 e inviato al comandante supremo delle SS, il
reichsfhrer Heinrich Himmler, c' scritto: La parte ustascia cattolica. E' mal guidata, manca di
disciplina, non affidabile nel combattimento ed conosciuta per avere assassinato, con metodi
balcanici, dalle 600 alle 700 mila persone di differente religione e di differenti opinioni politiche... Si
sono denominati essi stessi le "SS croate" .
Altre testimonianze dei massacri etnico-religiosi da parte degli ustascia sono quelle dei militari
italiani presenti in Croazia con le truppe mussoliniane di occupazione.
Quando arrivano a Ljubinje, i soldati italiani della Divisione "Cacciatori delle Alpi" trovano cataste
di cadaveri privati degli occhi, bambini cui sono stati tagliati i piedi, cadaveri di donne incinte sventrati.
Il colonnello Giuseppe Angelini, comandante di un Reggimento della Divisione "Re", scriver nelle
sue memorie: A migliaia i serbi furono accecati e atrocemente torturati, intere famiglie massacrate senza
alcun rispetto per sesso e per et. Gli organizzatori e gli esecutori celebravano spesso la strage
banchettando allegramente, cos come festeggiarono nell'agosto '41 l'uccisione del figlio del preside della
scuola secondaria di Gospic quale loro millesima vittima.
Analoghe testimonianze perverranno in seguito da molti altri militari italiani, come il tenente Salvatore
Loi, testimone oculare di decine di eccidi; o come l'ufficiale dei Bersaglieri Enzo Gataldi, il quale
scriver delle stragi perpetrate dai croati che, fra gli anni 1941-1942, portano alla carneficina di
356.000 ortodossi e di decine di migliaia di ebrei.
Altre testimonianze sono nei resoconti dei giornalisti italiani inviati in Croazia, pubblicate nonostante
l'occhiuta censura del regime fascista italiano. Il corrispondente Roberto Battaglia, per esempio, scrive:
I croati hanno posto in atto il tentativo, quasi riuscito, del pi totale annientamento dei serbi. Le
corrispondenze di Corrado Zoli, pubblicate dal quotidiano bolognese "II Resto del Carlino" a partire dal
settembre 1941, descrivono le stragi ustascia e denunciano l'attiva collaborazione al massacro di frati
francescani fanatici e crudeli.
Il generale Furio Monticelli, ai tempi comandante della divisione "Sassari", dichiarer al quotidiano
"Il Tempo" del 10 settembre 1953: Quattro lustri di odio sono esplosi in un massacro che in un breve
lasso di tempo ha avuto quale risultato lo sterminio di 350 mila serbi e di decine di migliaia di ebrei...
Tutti furono uccisi con torture inimmaginabili... Tutto pu essere facilmente accertato e apparire in tutta la
sua atrocit... Gli orrori che gli ustascia hanno commesso sulle ragazze serbe superano ogni idea...
Centinaia di fotografie confermano i misfatti subiti dai pochi sopravvissuti: colpi di baionetta, lingua e
denti strappati, occhi estirpati, seni tagliati, tutto ci accadeva dopo che esse erano state violentate. I
sopravvissuti furono condotti nei nostri ospedali per essere curati....
L'8 febbraio 1942 il politico croato Prvoslav Grizogono, fervente cattolico, ex ministro di diversi
governi jugoslavi d'anteguerra, indirizza all'arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac la seguente
lettera: Io vi scrivo da uomo a uomo, da cristiano a cristiano. Avevo da diversi mesi l'intenzione di
farlo, sperando sempre che le spaventose notizie provenienti dalla Croazia cessassero, cos da potermi
concentrare e scrivervi in pace. Nel corso degli ultimi dieci mesi i serbi sono stati uccisi e distrutti in
Croazia nella maniera pi brutale possibile, mentre le loro propriet, valutate molti miliardi di dinari,
sono state espropriate. Il rossore della vergogna e della collera copre il viso di tutti i croati onesti.
Il massacro dei serbi cominciato dal primo giorno della costituzione dello Stato Indipendente Croato
(vedi Gospic, Gudovac, Bosanka Krajina, ecc.) ed proseguito senza interruzione fino a oggi. L'orrore
non consiste unicamente nell'assassinio. La strage include tutti: vecchi, donne e bambini, ed
accompagnata da torture barbare... I fiumi Sava e Drava, il Danubio, con i loro affluenti, hanno
trasportato migliaia e migliaia di cadaveri serbi. Sono stati trovati dei cadaveri recanti l'iscrizione:
"Direzione Belgrado inviato a re Pietro". In una barca alla deriva sulla Sava stato rinvenuto un cumulo
di teste di fanciulli con la testa di una donna (probabilmente una delle madri di questi bambini) con la
scritta: "Carne per il mercato di Jovanovo a Belgrado".
Il caso di Mileva Bozinic, di Stabandza, particolarmente orribile: suo figlio le stato strappato dalle
viscere. C' anche il caso delle teste arrostite in Bosnia, i recipienti colmi di sangue serbo, il caso dei
serbi che sono stati forzati a bere il sangue ancora caldo dei loro cari assassinati. Innumerevoli donne,
ragazze e ragazzine le madri davanti alle figlie, e le figlie davanti alle madri sono state violentate o
spedite nei campi ustascia per servirvi gli ustascia. Violenze sono state altres commesse sugli altari
delle chiese ortodosse. Presso la citt di Petrinja, un ragazzo stato costretto a violare la propria madre.
Il massacro dei serbi nella chiesa ortodossa di Glina non ha precedenti nella storia.
Esistono rapporti dettagliati su tutti questi orrori. Gli stessi tedeschi e italiani sono rimasti esterrefatti
da questi crimini. Essi hanno scattato fotografie di innumerevoli casi di massacri di questo genere. I
tedeschi dicono che i croati hanno agito nella stessa maniera, in Germania, durante la guerra dei trent'anni
e che per questa ragione esiste ancora il motto "Che Dio ci preservi dalla peste, dalla fame e dai croati".
I tedeschi [della provincia di Srem] ci disprezzano per questo e si comportano in modo molto pi umano
con i serbi. Gli italiani hanno fotografato un recipiente contenente [pi di] 3 chili di occhi di serbi, un
croato che portava una collana di occhi di serbi, mentre un altro croato, proveniente da Dubrovnik,
indossava una cintura dalla quale pendevano lingue tagliate ai serbi.
Gli orrori dei campi, dove migliaia di serbi sono stati uccisi o sono morti a causa delle intemperie,
della fame o del freddo, sono troppo orribili per essere riportati.
I tedeschi parlano di un campo della provincia di Lika dove si trovavano migliaia di serbi, ma quando
i tedeschi sono arrivati hanno trovato il campo vuoto, inondato di sangue e cosparso di indumenti
insanguinati.
Hanno detto che un vescovo serbo ha perso la vita in quel campo.
Migliaia e migliaia di serbi sono sul punto di essere torturati a Jasenovac, dove trascorrono questo
inverno feroce in capanne di legno senza paglia n tetto, sopravvivendo con razioni di due patate a testa
al giorno. Non ci sono stati casi simili nella storia d'Europa.
Occorre andare in Asia all'epoca di Tamerlano o di Gengis Khan, o ancora in Africa in Paesi di Re
assetati di sangue, per trovare una situazione similare.
Questi avvenimenti hanno coperto di vergogna il nome della Croazia per i secoli a venire. Niente potr
mai assolverli da ci. Noi non saremo in grado nemmeno di parlare all'ultimo miserabile dei Balcani
della cultura millenaria della Croazia, poich nemmeno gli zingari hanno mai perpetrato tali crudelt.
Perch scrivo questo a Voi che non siete una personalit politica, e che non potete portare la
responsabilit di tutto ci? Eccone la ragione: la nostra Chiesa cattolica ha partecipato in due modi a tutti
questi barbari crimini, senza precedenti, che sono pi che empi...
Un gran numero di membri del clero, dei preti, dei monaci, e dei membri delle organizzazioni della
giovent croata hanno attivamente partecipato a tutto ci. Ci sono stati anche dei casi dove dei preti
cattolici sono diventati guardiani dei campi e complici degli ustascia, approvando cos le torture e i
massacri dei cristiani. Un sacerdote cattolico ha lui stesso ucciso con le sue mani un religioso ortodosso.
Essi non avrebbero potuto fare ci senza il permesso dei loro vescovi, e se essi lo avessero fatto senza il
permesso dei loro vescovi, allora avrebbero dovuto perdere la loro posizione ed essere sottomessi alla
giustizia.
Non essendosi ci verificato, significa che i loro vescovi ne avevano dato il permesso.
In secondo luogo, la Chiesa cattolica ha utilizzato tutto ci per convertire i serbi che erano
sopravvissuti. E allora, mentre la terra fumava ancora del sangue di queste vittime innocenti, mentre i
lamenti sfuggivano dai petti dei sopravvissuti, i preti, i monaci e i religiosi [cattolici] tenevano in una
mano il pugnale ustascia e nell'altra i messali e i rosari.
Tutta la provincia di Srem inondata di dispense redatte dal vescovo cattolico Aksamovic e stampate,
su suo ordine, a Djakovo che richiedono ai serbi di salvare le loro vite e i loro beni convertendosi al
cattolicesimo. E come se la nostra Chiesa volesse mostrare che essa poteva distruggere le anime cos
come le autorit ustascia distruggevano i corpi.
C' inoltre una pi grande lordura sulla Chiesa cattolica poich, nel medesimo tempo, numerose chiese
ortodosse e tutti i monasteri ortodossi sono stati confiscati, i loro beni saccheggiati cos come numerosi
tesori storici. La stessa chiesa del patriarca a Sremski Karlovci non stata risparmiata.
Tutta questa violenza contro la coscienza e la ragione ha gettato ancora pi disonore sulla nazione e sul
nome della Croazia.
Questa lettera a monsignor Stepinac non il primo tentativo effettuato dal croato Grizogono presso le
gerarchie cattoliche per contrastare il genocidio ustascia: gi il precedente 24 giugno 1941, Grizogono
aveva scritto una missiva all'arcivescovo cattolico di Belgrado, monsignor Josip Ujcic, esortandolo ad
attivarsi presso il Vaticano per far fermare lo sterminio ustascia in Croazia. Ma la Chiesa di Roma aveva
taciuto, e anche il Primate dell'arcidiocesi di Zagabria tace. Il Vaticano e monsignor Stepinac fingono di
essere sordi e ciechi. Cos il massacro continua.
La lettera di Grizogono agli atti del ministero degli Esteri britannico (Foreign Office, R.
5182/246/92, Sir Ronald Campbell, Public Record Office, London, FO 371/37630, 163060). Prvoslav
Grizogono risiedeva a Belgrado, e come molti altri croati era rimasto in Serbia sotto l'occupazione
tedesca.

CAPITOLO 6


Le truppe italiane in Croazia

Nell'aprile 1941 le truppe italiane di occupazione vengono accolte con un qualche favore dalla
popolazione croata. Ma il clima si raffredda un mese dopo, quando il Trattato di Roma ratifica il
carattere imperialista della presenza mussoliniana: l'annessione all'Italia di buona parte della Dalmazia
viene osteggiata dalla pubblica opinione croata, e si fa strada un nuovo irredentismo alimentato dal
dittatore Pavelic, il quale sempre pi legato alla Germania hitleriana. Gli stessi tedeschi soffiano sul
fuoco delle tensioni italo-croate, riscuotendo un certo consenso popolare.
Anche il clero cattolico croato partecipa attivamente alla propaganda pro-Hitler e anti-Mussolini.
Significativo un articolo pubblicato da "Nedeija", settimanale "crociato" vicino alla curia di Zagabria, il
27 aprile 1941: Dio, che regge i destini delle nazioni e governa i cuori dei Re, ci ha dato Ante Pavelic e
ha spinto Adolf Hitler, capo di un popolo amico e alleato, a impiegare le sue truppe per distruggere i
nostri oppressori e consentirci di fondare uno Stato Indipendente di Croazia. Sia gloria a Dio. Vadano la
nostra gratitudine ad adolf Hitler e la nostra incondizionata lealt ad Ante Pavelic, nostro condottiero.
La penetrazione tedesca in Croazia durante gli anni della dittatura ustascia diventer via via pi
massiccia, fino a trasformarsi in controllo totale dell'economia e dei trasporti del Paese. A fronte del
rinsaldarsi dei legami fra i nazisti e gli ustascia, il fascismo italiano non cesser mai di fornire sostegno e
armamenti ai settori monarchici della Resistenza, in modo da contrapporre un blocco italo-cetnico a
quello egemonizzato da Berlino. Sull'argomento cfr. E.
Collotti, T. Sala, Le potenze dell'Asse e la Jugoslavia, Milano 1974.
Mussolini e l'intervento italiano vengono ostentatamente ignorati"' Le forze italiane stanziate nello
Stato indipendente croato hanno la veste giuridica di Truppe stazionanti nel territorio di uno Stato
indipendente amico e alleato: la loro funzione quella di sostenere i primi passi del nascente Stato,
senza per interferire in alcun modo nei suoi affari interni (anche se evidente che la dislocazione di
grandi unit militari nell'area balcanica finalizzata soprattutto a salvaguardare gli interessi
mussoliniani).
Ma i massacri attuati dal regime ustascia provocano orrore fra i militari italiani, i quali,
contravvenendo al principio della "non ingerenza" ribadito da Roma, spesso si oppongono alla ferocia
degli aguzzini del Poglavnik, e in alcuni casi intervengono in difesa di serbi ed ebrei perseguitati. Si
tratta di episodi isolati, che espongono i soldati italiani a gravi rischi: il caso, per esempio,
dell'aiutante di battaglia Abate, ucciso dagli ustascia perch si ribellato ai massacri ". A Graciac.
Del resto l'astio anti-italiano del clero cattolico croato non cosa nuova: gi nel 1931, un vescovo
cattolico jugoslavo aveva firmato una Pastorale diffusa anche nelle chiese fuori della sua diocesi nella
quale invitava a pregare per i croati e gli sloveni oppressi in Italia (cfr. L.
Salvatorelli, G. Mira, op. cit., pag. 758).

Nella zona di Gospic, Abate interviene per sottrarre alle milizie ustascia un gruppo di donne e bambini
serbi, e viene ucciso dai miliziani croati; tre dei responsabili dell'omicidio del sottufficiale italiano, tra i
quali c' il francescano Janko Lopovic, vengono poi fucilati dalle truppe italiane.
Il 24 agosto 1941 il generale Vittorio Ambrosio scrive in un suo rapporto al Comando supremo
italiano: Soprattutto dal mese di giugno in poi, gli incidenti si sono moltiplicati. La presenza delle
truppe italiane malvista, soprattutto perch le truppe italiane sono uno scomodo testimone dei selvaggi
massacri che [gli ustascia] compiono, di cui si vergognano gli stessi croati onesti (cfr. G. Angelini, op.
cit., pag. 19).
Altro esempio, i Bersaglieri italiani arrivano ad aprire il fuoco contro la milizia di Pavelic allo scopo
di impedire l'eccidio di alcune centinaia di serbi.
In qualche caso le atrocit degli ustascia provocano la reazione dei serbi. Accade, per esempio, con la
rivolta della Lika del 27 luglio 1941, nel corso della quale la popolazione serba riesce a sopraffare le
milizie croate. La nuova situazione induce i militari italiani a estendere l'occupazione fino a ridosso della
linea di demarcazione con la zona di influenza tedesca, e questa presenza salver la vita e i beni di
numerosi serbi-ortodossi). Nel Dopoguerra, il generale Mario Roatta ascriver a merito della II Armata
italiana la salvezza di 600 mila serboortodossi e di alcune migliaia di ebrei.
Bench sia eccessivo il plauso del ministro del governo reale jugoslavo in esilio Branko Miljus (il
quale scriver che l'Esercito italiano estese l'occupazione per schierarsi a favore dei perseguitati, un
fatto che la presenza in Croazia dei militari italiani determina anche risvolti positivi. La presenza
italiana, per esempio, interrompe le persecuzioni a carattere religioso e le "conversioni" forzate,
suscitando non solo le proteste degli ustascia, ma anche il disappunto delle locali autorit religiose
cattoliche. In una lettera indirizzata all'arcivescovo Stepinac, il 7 novembre 1941, il vescovo di Mestar,
Alois Misic, scrive: Gli italiani sono tornati e hanno assunto l'autorit civile e militare. Le chiese
scismatiche hanno ripreso vita e i sacerdoti ortodossi, prima nascosti, sono ricomparsi liberamente. Gli
italiani si mostrano favorevoli ai serbi, severi verso i cattolici. Ricevuta la missiva, monsignor Stepinac
si attiva subito indirizzando una lettera di protesta al Cavaliere Raffaello [Raffaele, Casertano, ministro
d'Italia a Zagabria, nella quale scrive: Che tale stato di cose abbia un carattere religioso, e non solo
politico e nazionale, evidente. Inoltre si deve notare la circostanza che il popolo italiano
eminentemente cattolico e ha la fortuna di avere nella sua capitale il Vicario di Cristo, capo della Chiesa
cattolica, circostanza che rende pi sensibile qualsiasi scandalo commesso dagli appartenenti al nobile
popolo italiano, quando questi offendono il diritto del popolo residente nei territori croati occupati e
annessi. Cos avvenuto che nei territori croati annessi all'Italia si osserva una costante decadenza della
vita religiosa, come pure una certa tendenza al passaggio dal cattolicesimo allo scisma. La colpa e
responsabilit avanti a Dio e alla storia l'avr l'Italia cattolica, se quella parte pi cattolica della Croazia
cesser di esserlo nell'avvenire. Questo carattere religioso del problema di cui parlo mi impone il
dovere religioso di dirvi chiaramente e apertamente quanto sopra, essendo io responsabile per il bene
religioso della Croazia.
Lo storico slavo Leon Poliakov documenter anche i contrasti e le tensioni, fra i tedeschi e le autorit
militari italiane, per la persecuzione della popolazione ebraica di Croazia.
Nell'autunno del 1942 la dittatura ustascia e gli occupanti nazisti intendono stringere i tempi della
"soluzione finale" antisemita, e premono sulle autorit italiane perch procedano al rastrellamento e alla
consegna degli ebrei presenti nelle zone controllate dalle truppe mussoliniane. Da Roma viene subito
impartito l'ordine di censire, rastrellare e consegnare la popolazione di religione ebraica; ma dal
comando militare italiano in Croazia si frappongono forti perplessit, come testimonia un "Appunto
segreto" del Comando supremo, III reparto, ufficio Affari generali: I. Si prende atto delle disposizioni
contenute nel telespresso del ministero degli Affari esteri e si forniscono i dati richiesti circa la entit
numerica approssimativa degli ebrei rifugiati nella zona da noi direttamente controllata (costa e Mostar).
2. Si fa presente che quasi tutta la 32 Zona e parte anche della 28 ora direttamente amministrata dalle
Autorit Croate, che sono praticamente libere di fare quel che vogliono.
3. Anche nei pochi centri della 38 Zona tuttora presidiati dalle nostre truppe, le Autorit militari
italiane... non hanno opposto alcuna difficolt a che i croati procedessero a nuovi arresti e internamenti di
ebrei (ci avvenuto a Karlovac anche recentissimamente).
4. Gli ebrei che si trovano rifugiati a Mestar e in alcuni centri della costa sotto il nostro diretto
controllo sono relativamente pochi e la maggior parte di essi pertinente ai tenitori della 13 Zona... Per
conformarsi alle istruzioni di Roma, Supersioda Il Comando supremo delle Forze armate italiane in
Dalmazia e Slovenia, incomincer quindi a fare la cernita tra questi rifugiati per identificare gli ebrei
croati.
5. E' da prevedersi che questi ultimi rappresenteranno un numero assai limitato, giacch la massima
parte degli ebrei residenti in Croazia o anche nella 28 o nella 3 Zona stata massacrata dagli ustascia
nell'estate scorsa (soprattutto nei campi di concentramento di Gospic e di Pago).
6. Pur assicurando di ottemperare alle istruzioni superiori, non si pu fare a meno di far presente che la
consegna alle Autorit Croate degli ebrei rifugiati nella zona sotto il nostro controllo: a) porter un grave
colpo al prestigio dell'Armata italiana in tutta la Croazia e i Balcani; b) verr da tutti interpretata come la
violazione delle garanzie a suo tempo da noi date alle popolazioni delle zone occupate (garanzie che
esplicitamente escludevano ogni discriminazione di religione o di razza); c) avr una ripercussione
dannosa anche tra le popolazioni ortodosse, le quali potrebbero temere che anch'esse, dopo gli ebrei,
verranno date in potere degli ustascia "selvaggi", e tale timore potrebbe avere gravi conseguenze sullo
stato d'animo delle masse e sulla pacificazione del Paese.
7. E' lecito supporre infine che il suggerimento tedesco stato unicamente fatto su istigazione dei
croati, i quali avevano gi pi volte e invano rivolto la stessa richiesta alle nostre autorit militari; ed
anche lecito pensare che lo scopo dei croati, nel reclamare la consegna dei pochi superstiti ebrei, non sia
tanto quello di difendere lo Stato dal pericolo costituito da questa minoranza razziale, quanto quello di
approfittare di ci per fare delle vendette personali e soprattutto per appropriarsi dei beni e dei valori
che gli internandi ancora possiedono.
Da Roma, il ministero degli Esteri italiano ribadisce la disposizione, e il 3 novembre 1942 il
comandante della II Armata italiana, Vittorio Ambrosio, scrive allo Stato maggiore generale,
confermando che i militari italiani stanno eseguendo l'ordine, ma avanza ulteriori obiezioni: A seguito
ordini superiori, la II Armata sta concentrando attualmente in determinate localit gli ebrei della 2"' Zona
(3.000 persone circa, delle quali pi della met donne e fanciulli). Il concentramento precede la loro
consegna ai Croati, i quali alla loro volta li consegneranno ai Tedeschi. Questi ultimi non nascondono che
il loro fine quello di addivenire alla soppressione violenta di questa gente. [...] Se alla consegna e
quindi alla soppressione dei 3.000 ebrei della 2 Zona si volesse a tutti i costi arrivare, occorrerebbe
almeno evitare che l'Esercito italiano si imbratti materialmente le mani in questa faccenda.
Le resistenze e le obiezioni delle autorit militari italiane in Croazia inducono Roma a temporeggiare.
Finch si attiva in prima persona Ante Pavelic, il quale chiede l'immediato intervento di Joachim von
Ribbentrop presso il regime italiano. Il ministro degli Esteri di Hitler ottiene da Mussolini l'ordine di
un'immediata espulsione degli ebrei di Croazia dalla zona italiana, cio la loro virtuale condanna a
morte. Il generale Mario Robotti, comandante delle truppe italiane in Slovenia e Dalmazia, viene
convocato a Roma insieme al generale Alessandro Pirzio Biroli (governatore del Montenegro) per
ricevere quest'ordine tassativo concordato fra Ribbentrop e Mussolini. Ma il generale Robotti riesce a
convincere il Duce a revocare l'ordine, sia pure in modo ufficioso.

Temporeggiando, le truppe italiane riescono a non consegnare agli ustascia e ai nazisti i superstiti
ebrei dislocati nei territori della loro giurisdizione, e al comando della II Armata perverr una lettera di
gratitudine a nome di 1.611 ebrei scampati alla deportazione e alla morte.
Saranno svariate migliaia gli ebrei e i serbo-ortodossi di Croazia che avranno la vita salva grazie alla
giurisdizione italiana . Molti di loro finiranno internati nei campi di concentramento italiani, come quello
di Arbe, dove soffriranno, patiranno fame e soprus, m riusciranno a a scampare allo sterminio.

Questi giorni resteranno un ricordo durevole per tutti noi e nessun avvenimento potr mai cancellare
nei nostri cuori l'eterna gratitudine che serbiamo per l'Esercito italiano: dalla lettera di ringraziamento
scritta da un gruppo di sopravvissuti, cit. da L'Viii Armata e gli ebrei, in "Politica estera", 1944, n 9.
Di tutt'altro segno l'azione delle forze militari italiane in Dalmazia, Croazia e Slovenia, verso coloro
che la propaganda mussoliniana definisce ribelli: cio i partigiani jugoslavi in lotta per liberare la
patria dagli invasori nazifascisti.
La repressione antipartigiana dei militari italiani durissima e attuata da tutti i reparti (ma si
distinguono per accanimento la Milizia fascista e gli Alpini), in questo del tutto analoga alla durissima
repressione antipartigiana scatenata dalle truppe naziste.
Il "doppio binario" dei militari italiani in Jugoslavia verr sintetizzato cos da Edward Kardelj in un
rapporto a Tito il 29 marzo 1942: Da una parte [gli italiani] incendiano villaggi e deportano
selvaggiamente le popolazioni nei campi di concentramento... Dall'altra ci sono i reparti che raccolgono i
fuggiaschi, li riconducono sulle macerie fumanti delle loro case, gli danno un po' di viveri, e gli stessi
soldati li aiutano a ricostruire le case distrutte dal fuoco.
Cose da pazzi! In pratica la repressione militare italiana in Croazia avr sempre e soltanto
connotazione di guerra antipartigiana, senza alcuna complicit con le persecuzioni etnico-religiose attuate
da ustascia e nazisti.
Edward Kardelj, all'epoca tra i pi stretti collaboratori di Tito, nel Dopoguerra diventer ministro
degli Esteri della Repubblica federativa jugoslava. Il rapporto citato stato pubblicato nel volume Jesen
1942
("Autunno 1942"), edito a cura dell'Istituto per la storia del movimento operaio, Lubiana 1963.

PARTE TERZA



LA CROAZIA USTASCIA DI CRISTO

CAPITOLO 7


Creatura di Dio

Prima del 1941 la Chiesa cattolica croata aveva subito per molti anni torti e angherie. Il passato
regime monarchico dello Stato jugoslavo, egemonizzato dai serbi, aveva sempre privilegiato la religione
serbo-ortodossa, a scapito degli altri culti (che il regime si limitava a tollerare), Ma la piena e fattiva
adesione del clero cattolico croato alla dittatura ustascia non una semplice rivalsa dopo anni di soprusi,
bens una partecipazione fondativa allo Stato indipendente croato concepito dal nazifascista Pavelic e
sostenuto da Hitler e Mussolini. Del resto lo si visto il caposaldo spirituale dell'ideologia ustascia il
fanatismo cattolico pi oscurantista.
Secondo lo storico Falconi, nella connivenza del clero cattolico con la dittatura di Pavelic
determinante fu il carattere di movimento nazionale iperconfessionale del movimento ustascia, che
voleva restaurare, in un certo senso, l'antico regno croato vassallo del Papa. Le discriminazioni anti-
cattoliche verranno ricordate cos da monsignor Stepinac, nel corso del processo di Zagabria: Sarei un
malfattore se non sentissi pulsare in me il cuore del popolo croato, che era schiavo nell'antica
Jugoslavia... Non si permetteva ai croati di raggiungere i gradi elevati nell'esercito, o di entrare in
diplomazia, se non alla condizione di cambiare religione [cio abiurare il cattolicesimo, o di sposare una
donna d'altra fede; un movimento, quello di Poglavnik, attivo "in nome di Dio", e caratterizzato da un
iper-cattolicesimo tale da distinguerlo nettamente dal nazionalsocialismo tedesco e dal fascismo italiano;
gi negli anni della clandestinit il movimento di Pavelic aveva raccolto numerosi attivisti fra i settori
pi integralisti del clero croato, e senza il pieno appoggio della diffusissima ed egemone Chiesa cattolica
lo Stato croato non sarebbe potuto sorgere.
La quasi totalit dei sacerdoti cattolici croati, e le loro congregazioni, accordano dunque la pi piena e
convinta adesione alla nascente dittatura ustascia. Un'adesione che si spinge fino alla complicit
apertamente e orgogliosamente rivendicata, anche dopo i primi massacri etnici. Ne esempio un articolo,
pubblicato il 10 aprile 1942 dal giornale "Vrmbosna", firmato dal reverendo Dragutin Kamber, segretario
dell'arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric: [Possiamo] affermare, senza tema di essere smentiti, che noi
sacerdoti cattolici croati ci siamo trovati, nella stragrande maggioranza, fin dall'inizio, dalla parte di
quegli uomini che hanno preparato l'avvento della Croazia indipendente. Questo Stato una nostra
creatura.
Il 21 aprile 1941 l'organo ufficiale dell'arcivescovado di Zagabria, "Katolicki List", commentando
l'invasione della Jugoslavia da parte delle truppe nazifasciste, l'arrivo a Zagabria di Pavelic, e
l'instaurazione della dittatura ustascia, attribuisce tali eventi alla Onnipotente Provvidenza: Questi
avvenimenti hanno reso possibile la fondazione dello Stato Indipendente Croato. Lo Stato Croato perci
un fatto. I nostri antenati lo hanno recato in loro per secoli come un ideale, finch l'Onnipotente
Provvidenza non lo ha realizzato nell'anno del grande giubileo del popolo. La Chiesa cattolica, che per
1.300 anni ha guidato spiritualmente il popolo croato in tutte le sue giornate, gravi, difficili e liete, unisce
la sua gioia a quella del popolo croato in queste giornate della sua ascesa e del riacquisto
dell'indipendenza statale.
Lo stesso giornale "Katolicki List" che fa capo all'arcivescovo di Zagabria monsignor Stepinac nel n
41 del 7 giugno 1941 pubblica un articolo intitolato Lo Stato Indipendente Croato, firmato dal canonico
Janko Penic (redattore del periodico), nel quale si inneggia al dittatore ustascia Pavelic: Il Poglavnik ha
restituito alla Chiesa cattolica la sua antica, tradizionale autorit divina, che nella vecchia Jugoslavia
aveva gravemente sofferto. Il Poglavnik dedica grande attenzione alla fede e ai miracoli.
La piena adesione della Chiesa cattolica croata alla dittatura ustascia arriva ad avallarne perfino il
fanatismo antisemita. Lo testimonia la rivista cattolica "Glasnik sv. Ante", periodico statutariamente
dedicato al culto di Sant'Antonio, che nel numero 5-6 del giugno 1941 scrive: In Croazia vi sono oltre
30.000 ebrei. Nella zona di Zagabria ve ne sono 12.000... Nelle nostre regioni pi povere (Lika,
Erzegovina, Gorski Kotar, Dalmatinska Zagora e le altre isole dalmate) non vi nessun ebreo, poich l
essi non hanno occasioni di rubare. Il Poglavnik ha dichiarato che la questione ebraica sar radicalmente
risolta.
L'Azione cattolica (organizzata e sviluppata personalmente da monsignor Stepinac), la "Grande
confraternita dei Crociati", la Societ accademica "Domagoj", l'Associazione cattolica studentesca
"Mahnic", la "Grande Unione delle sorelle crociate", le numerosissime parrocchie, i circoli ricreativi, le
scuole e i convitti cattolici: tutta la capillare struttura della Chiesa cattolica croata si mobilita per
sostenere e divulgare l'ideologia ustascia, e per convincere i fedeli che la feroce dittatura del Poglavnik
benedetta da Dio.
Intrisa di un particolare misticismo fanatico l'associazione cattolica dei "Krizari" ("Crociati"), il cui
segno distintivo ovviamente la croce. Nati nel 1920 come "Hrvatski Orlovi" ("Aquile croate"), nel
1941 i "Krizari" contano 540 sezioni locali, con circa 30 mila giovani affiliati (studenti, contadini,
operai), e un frenetico attivismo (riunioni di studio, seminari, conferenze e campeggi). Dispongono di due
organi di stampa: il settimanale "Nedeija" ("La Domenica", destinato ai "Crociati") e il mensile "ZaVjern
i Dom" ("Per la Fede e per la Patria", destinato alle "Krizarice", cio le "Crociate"). Con l'avvento di
Ante Pavelic, i "Crociati" diventano in massa anche militanti ustascia, e i loro dirigenti gerarchi di primo
piano della dittatura: il presidente dei "Krizari", Feliks Niedzieiski, diviene viceprefetto e dirigente della
Giovent ustascia.
La propaganda "crociata" un blasfemo miscuglio di apologia ustascia e fanatismo religioso, espresso
cos dalla rivista "Nedeija" il 6 luglio 1941: La Croazia ustascia sar di Cristo e nostra, e di nessun
altro. Tutto il popolo croato, dal nostro amato Poglavnik sino al pi piccolo bambino, ha sentito in queste
giornate la mano di Cristo. E un mese dopo "Nedeija" pubblica un articolo intitolato I Crociati nello
Stato indipendente croato, nel quale si afferma: E cos come fermamente crediamo in Dio, altrettanto
fermamente crediamo nel Poglavnik... Si compie giustizia, cadono i nostri avversari. Vari esponenti
delle organizzazioni crociate disseminate nella provincia, come quella di Gospic (a capo della quale vi
il prefetto ustascia Jurica Frkovic), collaborano a organizzare gli eccidi in massa. Nel corso di
un'udienza concessa ai "Krizari" nell'autunno 1942, monsignor Stepinac li benedir cos: Possa il nostro
odierno incontro servire di ispirazione alla vostra attivit ed essere prova di carattere operoso e vasto
della vostra organizzazione.
La piena complicit della Chiesa cattolica croata con la dittatura ustascia viene ufficializzata il 26
giugno 1941, quando, in occasione di un solenne incontro tra i massimi dignitari della Chiesa e il
Poglavnik, monsignor Stepinac assicura a Pavelic sincera e leale collaborazione per il migliore
avvenire della nostra patria. Una collaborazione che il Primate di Croazia conferma e ribadisce in
numerose occasioni pubbliche, presenziando spesso anche a cerimonie del regime ustascia e delle forze
di occupazione nazifasciste: nella sua veste di arcivescovo di Zagabria, Stepinac presenzia per esempio
all'inaugurazione della Settimana universitaria per i militari tedeschi e croati del 1941, e alla cerimonia
inaugurale del Convegno organizzato a Zagabria il 28 ottobre 1941 (celebrativo dell'anniversario della
marcia fascista su Roma).
Un'intesa politico-ideologico-religiosa, quella fra il Poglavnik e monsignor Stepinac, assai concreta: il
regime ustascia si propone di trasformare lo Stato indipendente croato nell'unico Paese al mondo Citt
del Vaticano a parte popolato soltanto da ferventi cattolici; e il clero cattolico tributa a Pavelic la
doverosa riconoscenza. Il canonico Kolarek, su "Katolicki List" dell'8 agosto 1941, definisce il
Poglavnik primo figlio del popolo croato, il rinnovatore dello Stato croato, una personalit storica
come da molti secoli non si era vista, e argomenta che lo Stato croato un fatto portato nel cuore come
un ideale da generazioni, fino a che la mano della Provvidenza [attraverso Ante Pavelic] lo ha
realizzato.
La "Gazzetta ufficiale" dello Stato indipendente croato ("Narodne Novine"), il 5 maggio 1941,
pubblica la Legge relativa alla conversione religiosa, firmata dal ministro dell'Istruzione e del Culto
Mile Budak e dal Poglavnik. Un atto legislativo, funzionale al programma di "pulizia" etnico-religiosa,
gi preannunciato in discorsi pubblici dai gerarchi ustascia, che un brutale diktat rivolto ai serbi (di
religione cristiano-ortodossa): o convertirsi al cattolicesimo, o morire.
Il "Katolicki List", organo ufficiale della curia di Zagabria, il 15 maggio 1941 pubblica una circolare
dell'ufficio di monsignor Stepinac che definisce i serbi rinnegati della Chiesa Cattolica, e plaude con
entusiasmo al varo della legge che obbliga gli ortodossi alla conversione cattolica. Lo stesso giornale, il
31 luglio 1941, incita la dittatura ustascia ad accelerare il processo delle "conversioni" forzate.
In un discorso tenuto a Zagabria il 29 aprile 1941, lo stesso Budak si cos espresso: Una parte dei
serbi l'ammazzeremo, un'altra la deporteremo, e quelli che resteranno li battezzeremo nella religione
cattolica trasformandoli cos in croati (V. Novak, Velika Optuzba, cit., pag. 54).
Dalla "conversione" forzata al cattolicesimo sono esclusi gli ebrei.
Il 13 giugno 1941, mentre le stragi etnico-religiose sono in corso da molte settimane, il parroco di
Udbine, don Mate Mogusa, predica rivolto ai suoi fedeli: Finora abbiamo operato per la fede cattolica
con il libro delle preghiere e con la croce di Cristo. E' venuto il momento di agire con il fucile e con la
pistola. Cacceremo dalla Croazia o stermineremo la popolazione serba in Croazia. E sar felice quando
potremo distribuire ai croati la terra dei serbi. Gli ustascia si batteranno senza risparmio e stermineranno
senza piet tutti coloro che non sono fedeli allo Stato indipendente croato e al suo Poglavnik e fondatore.
Guarda, o popolo, questi sedici ustascia qui presenti al mio fianco. Hanno sedicimila pallottole nelle
giberne e ammazzeranno sedicimila serbi.
Comincia cos la massiccia campagna di "conversione" forzata al cattolicesimo di un popolo quello
serbo che per secoli ha abbracciato la fede ortodossa. Nel volgere di due anni i neo-cattolici ex ortodossi
saranno oltre 240 mila. Ne scrive lo stesso monsignor Stepinac, in un memorandum che il Primate di
Croazia consegna a papa Pio XII in occasione di un suo viaggio in Vaticano nel maggio 1943: L'enorme
responsabilit che ho quale vescovo della capitale dell'unico Stato cattolico nei Balcani e metropolita
della Croazia e Slavonia mi costringe a riportare con piena responsabilit di preoccupato pastore dinanzi
a Voi l'infernale piano per l'annientamento del cattolicesimo sulla costa orientale dell'Adriatico, che
stanno preparando i nemici della Chiesa in quelle regioni.
Qui non parliamo del terribile destino, che toccherebbe ai cattolici in Croazia in caso di vittoria della
belva bolscevica e in caso che questa occupasse quelle regioni che entrano nella sfera dei suoi interessi,
e tale l'intera penisola balcanica e il bacino del Danubio, a cui appartiene anche lo Stato Indipendente
di Croazia. In tal caso la sorte dei cattolici in Croazia non differirebbe affatto da quella dei [ cattolici in
Polonia e in Romania e di questa possibilit, dalla quale la misericordia di Dio ci guardi, non intendo qui
parlare.
Santo Padre, oggi sono rivolti gli occhi di tutta l'umanit sanguinante da migliaia di ferite a Voi, come
quello, che per il mirabile significato del Vostro nome, portate al misero genere umano, quello che gli fa
bisogno, pacem coeli. Portando la pace al mondo, pensate, Santo Padre, alla nazione sempre fedele a
Cristo e a Voi. Il giovane Stato croato, nato in condizioni pi terribili e difficili che per qualsiasi altro
Stato per pi secoli, combattendo disperatamente per la sua esistenza, mostra con tutto ci, in ogni
occasione, che desidera restare fedele alle sue splendide tradizioni cattoliche e assicurare una migliore e
pi chiara prospettiva alla Chiesa cattolica in questo angolo del globo. Al contrario, con la sua perdita o
riduzione fatale migliaia dei migliori fedeli e sacerdoti sacrificherebbero volentieri e con gioia la loro
vita per impedire questa terribile possibilit non sarebbero solo annientati quei 240.000 convertiti
dall'ortodossismo serbo ma anche tutta la popolazione cattolica di tali tenitori con tutte le sue chiese e i
suoi conventi.
Nell'ordine naturale delle cose, se Dio non facesse un grande miracolo, il progresso del cattolicesimo
legato strettamente al progresso dello Stato croato, la sua esistenza all'esistenza di questo, il suo
salvamento al salvamento di questo.
Santo Padre, profondamente credendo alla Misericordia Divina e alla Provvidenza di Dio, del quale
siete l'istrumento eletto, raccomando alla Vostra cura paterna e alle Vostre preghiere il nostro Stato
Croato Indipendente, ritenendo che con ci nello stesso tempo raccomando anche nella migliore maniera
la Santa Fede nella mia patria e nei Balcani.
Le "conversioni" forzate al cattolicesimo cui la dittatura ustascia obbliga, a norma di legge, i serbo-
ortodossi, sono parte integrante del programma di "pulizia" etnico-religiosa che costituisce la base
fondante dello Stato indipendente croato concepito dai nazifascisti. Una pratica criminale che procede
alacremente e che inebria la chiesa cattolica croata.
Il gesuita Fiorello Cavalli sosterr che, come il Diario, anche questo scritto di Stepinac sarebbe un
falso. Ma "L'Osservatore Romano" dell'11 ottobre 1946 pubblicher la seguente nota: In una seduta del
2 ottobre del processo di Zagabria, il Pubblico ministero ha prodotto a carico del Mons. Stepinac la
traduzione in croato di una lettera che l'arcivescovo avrebbe indirizzato alla Santa Sede il 18 maggio
1943.
Siamo autorizzati a dichiarare che, eseguite ricerche negli Archivi della Segreteria di Stato, non si
sono trovati che alcuni fogli, recanti la data del 18 maggio 1943, il cui contenuto corrisponde solo in
parte al riassunto fattone dal Pubblico ministero. L'ambigua conferma-smentita dell'autenticit del
documento, da parte del quotidiano della Santa Sede, attesta che in realt tale documento esiste, ed
firmato da Stepinac.
Il n 38 del giornale dell'arcivescovado di Zagabria, "Katolicki List", informa che l'intero villaggio
dei Budicmi stato convertito al Cattolicesimo il 14 settembre 1941.
Il frate francescano Sidonje Scholz ha impartito le disposizioni preparatorie. Diversi sacerdoti e il
prefetto dipartimentale di Baranja hanno assistito alla cerimonia. Durante il banchetto conclusivo,
discorsi e brindisi in onore del Poglavnik e della Croazia.
Il francescano Sidonje Scholz citato da "Katolicki List" uno dei pi instancabili "convertitori", un
vero professionista di "conversioni" collettive forzate. A Makiosevac, Zoljan, Lisine, Londzica, Granice,
Podici, Partinci, Cenkovo, Kucanci, Caglin, Nasice, Slatina, Sarvas, Vukovac, Balenice, e in tutti gli altri
centri dei distretti di Nasice e Slavonska Pozega, il frate Scholz, spalleggiato dalla milizia ustascia,
"converte" centinaia di serbi ortodossi minacciandoli di internamento e morte. Minacce che non sono
prive di seguito, come testimonier Petar Kovacevic, un insegnante di Palenice: Quanti si convertirono
al cattolicesimo lo fecero perch indotti dal terrore. Sidonje Scholz era a capo dei missionari cattolici
che ci radunarono nel distretto di Nasice.
Egli ordin l'uccisione del nostro sacerdote, Djordj Babic, che venne arrestato di notte e orribilmente
torturato. Gli ustascia gli tagliarono il naso, le orecchie e la lingua, e gli strapparono la barba prima di
pugnalarlo nello stomaco ".
Il frate francescano Sidonje Scholz verr poi ucciso da un gruppo di serbi ribellatisi alla
"conversione" forzata. Il "Katolicki List" gli riserver un necrologio adeguato: L'edificazione di uno
Stato libero, come quello che noi ardentemente desideriamo, ha richiesto il sacrificio di questo nuovo
martire, caduto per la religione e per la Croazia cattolica.
Molti altri sacerdoti croati si impegnano strenuamente e in prima persona nella pratica della
"conversione" forzata degli ortodossi al cattolicesimo; fra gli altri: Mihailo Razum, Kuz. La
testimonianza di Kovacevic conservata nell'archivio del Commissariato per i rifugiati di Belgrado.
manie, Silvije Frankovic, Bozidar Bralo, Franjo Herman, Augustin Juretic, Nikola Borie, Janko Kalaj; e i
frati Ante Zeno, frate Vasili, frate Glavas, fino al truce "Fra' Satana" Filipovic Majstorovic (comandante
del lager di Jasenovac).
La dittatura ustascia, con il decreto governativo n 11689 del giugno 1941, istituisce a Zagabria un
apposito dipartimento religioso preposto alle conversioni, guidato dal sacerdote cattolico Dionis
Juricevic (capo dei "missionari" incaricati delle "conversioni").
Rivolgendosi agli abitanti di Staza, dove si recato per procedere all'ennesima "conversione" forzata
di massa, Dionis Juricevic li ammonisce con queste parole: Sappiamo bene dove spediremo coloro i
quali dovessero rifiutare il battesimo. Qui, nelle regioni settentrionali, ho gi fatto piazza pulita di tutti,
dai bambini in fasce ai vecchi. E se sar necessario, lo far anche qui, perch oggi non peccato
uccidere anche un bambino di sette anni se da fastidio al nostro regime ustascia... Non lasciatevi
ingannare dai miei abiti sacerdotali. Sappiate che io, quando necessario, prendo il mitra in mano e
stermino tutti quelli che si oppongono allo Stato e alle autorit ustascia ".
Il sacerdote Ivo Guberina, professore all'Universit di Zagabria e dirigente dell'Azione cattolica
croata, scrive su "Hrvatska Smotra" del 7 luglio 1941: La Croazia si purificher di tutti i suoi veleni con
ogni mezzo, anche con la spada. Il concetto verr ripreso e articolato da Guberina il 7 ottobre 1943,
sempre dalle colonne di "Hrvatska Smotra": Certi elementi in Croazia, che durante la Jugoslavia
avevano il compito di liquidare l'organismo nazionale e statale della Croazia e di cercare di renderle
impossibile la vita e di ostacolarla nel ruolo assegnatole dalla Provvidenza (quello di avanguardia del
cattolicesimo verso l'Oriente), dopo la caduta della Jugoslavia sono rimasti nell'organismo croato senza
minimamente mutare le loro intenzioni contro i croati. E' un diritto naturale dello Stato croato e del
popolo croato di risanare il proprio organismo da questo veleno. Il movimento ustascia ha iniziato questo
lavoro. Esso adopera i mezzi di cui si serve ogni medico nel risanare un organismo. Dove necessario,
opera. Il movimento ustascia preferirebbe che questi elementi eterogenei e finora ostili si assimilassero
liberamente oppure che tutto questo veleno si allontanasse dall'organismo (che si trasferissero nei Paesi
d'origine). Ma se essi non lo vogliono e anzi intendono rimanere in Croazia come una quinta colonna...
allora secondo tutti i principi della morale cattolica essi si devono ritenere aggressori e lo Stato croato
ha diritto di annientarli con la spada... Contro tale nemico permessa la difesa con la spada e, secondo la
necessit, anche preventivamente, senza aspettare il momento dell'attacco... Questi sono i princpi su cui
si fonda la stessa legge naturale e perci ogni cattolico obbligato dalla sua stessa coscienza a
contribuire perch si realizzino... In tale situazione, sarebbe un peccato contro il Creatore mettersi in
disparte nella lotta decisiva e sarebbe un vero tradimento della causa di Dio trovarsi sulle barricate
opposte... I cattolici croati hanno qui l'occasione per mostrare in quale misura sono soldati di Dio... La
Chiesa sar pi contenta se i suoi fedeli saranno coscienti di lottare nelle file del movimento ustascia,
che, secondo la sua tradizione, e secondo i suoi capi, e specialmente secondo il suo programma, gravita
verso uno Stato sociale e politico nel quale la Chiesa potr realizzare senza incontrare ostacoli la sua
missione soprannaturale.
La pratica delle "conversioni" forzate diviene per la popolazione serbo-ortodossa anche una terribile
merce di scambio. Le testimonianze sono innumerevoli. L'arcivescovo Saric rifiuta di intercedere per il
dottor Dusan Jeftanovic, che viene torturato e ucciso. Alla moglie di questi risponde che non poteva farlo
essendo il marito ortodosso. Il curato di Vinkovci, Andjeiko Grecie, a una madre che lo implora di
salvare le proprie figlie, deportate nel locale campo di sterminio, risponde che nulla pu fare poich esse
non hanno accettato la "conversione" e che la stessa sorte subiranno tutti coloro che non aderiscono al
cattolicesimo ".
Il 21 maggio 1941, a Knin, il frate Viekoslav Simic si presenta al generale Furio Monticelli,
comandante della Divisione italiana "Sassari" stanziata nella parte della Croazia sotto il controllo
italiano, e chiede di poter assumere i poteri civili nella zona. Al generale che vuole sapere la ragione
della richiesta, Simic precisa: Voglio uccidere tutti i serbi nel pi breve tempo possibile. Nei suoi
ricordi, l'alto ufficiale italiano annoter: Mi stupisce che non si comprenda l'orrore di un tale
programma e che ad annunziare questo sia un francescano.
Il 24 giugno 1941 il quotidiano "Hrvatski Narod" da conto dell'udienza concessa dal Poglavnik a
monsignor Pavao Jesin, capogruppo dell'Azione cattolica, il quale, dopo aver consegnato doni al
sanguinario dittatore ustascia, conclude l'incontro dicendo a Pavelic: Noi siamo nel vero quando
pensiamo che Iddio vi ha concesso il Suo aiuto, dal momento che voi siete riuscito a purificare il campo
della cristianit in Croazia.
Guidati dallo spirito di Nostro Signore, e dai princpi ustascia, noi siamo pronti a batterci per la difesa
della nostra amatissima patria.
Il 14 luglio 1941, il ministero dell'Istruzione e del Culto dirama una circolare (n 42.678-B-1941),
firmata dal Poglavnik, controfirmata dal ministro Mile Budak, e indirizzata agli Ordinari vescovili dello
Stato indipendente croato, mediante la quale la dittatura ustascia regolamenta la pratica delle
"conversioni" forzate: Preghiamo l'esimio Ordinariato di comunicare in forma confidenziale a tutti gli
uffici parrocchiali le modalit relative all'accettazione degli ortodossi nella Chiesa cattolica. Agli
ortodossi non dovr essere permesso in nessun caso il passaggio alla Chiesa greco-cattolica. Il Governo
croato ha l'intenzione di non accettare nella Chiesa cattolica i preti, i maestri, e in breve tutta
l'intellighenzia e infine i ricchi commercianti e artigiani ortodossi, perch pi avanti nei loro confronti
saranno promulgate ordinanze specifiche e anche per evitare manomissioni al prestigio del Cattolicesimo.
Tuttavia se qualcuna di tali persone fosse legata in qualche maniera alla fede cattolica, come per esempio
se fosse coniugata con una persona di fede cattolica e di nazionalit croata, allora pu essere accolta,
previo benestare del ministero della Giustizia e del Culto... In tale caso d'importanza decisiva che il
matrimonio sia stato contratto nella Chiesa cattolica e che i figli abbiano ricevuto un'educazione
cattolica... E permesso accettare il popolo ortodosso e povero, previa istruzione sulle verit cattoliche...
Da parte sua, l'episcopato cattolico di Croazia si prepara ad accogliere nel suo grembo misericordioso i
neo-convertiti ex ortodossi scampati allo sterminio, impartendo precise istruzioni. Anzitutto vengono
stabiliti i doveri religiosi dei neo-cattolici, precisati in un apposito "avviso" diramato il 14 maggio 1941
dalla parrocchia di Santa Teresa di Bjelovar, e ripreso dal quotidiano "Nezaviusna Hrvatska": Tutti
coloro che hanno chiesto di essere convertiti al cattolicesimo dovranno, a partire dal giorno in cui hanno
inoltrato la domanda, assistere a tutte le Messe e in particolari ai sermoni. Le Messe con le prediche si
tengono dalle ore 6 alle 11. Ai convertiti prescritto di munirsi di una agenda in cui tutte le domeniche e
i giorni festivi verranno annotate le loro presenze ai servizi religiosi.
Prima della fine del 1941, il ritmo delle "conversioni" forzate diviene tale che alcune diocesi sono
costrette a organizzarsi per fronteggiarle.
La diocesi di Banja Luka, per esempio, prepara un modulo prestampato, intitolato Regole per la
conversione dalla religione greco-ortodossa alla religione cattolica romana, che gli "aspiranti" alla
"conversione" devono limitarsi a completare con i loro dati anagrafici e firmare: Io sottoscritto ...,
dichiaro e chiedo quanto segue: Sono nato il..., battezzato nella Chiesa orientale greca e iniziato al rito
orientale greco.
Con solenne giuramento io oggi dichiaro, alla presenza dei testimoni le cui firme sono apposte in
calce, di accettare di mia spontanea volont e scelta, senza alcuna pressione esterna, la religione
cattolica, convinto come sono che soltanto nella Chiesa cattolica romana la mia anima incontrer la
salvezza e acquister l'immortalit. Per questa ragione io desidero entrare nell'ambito della Chiesa
cattolica. Al tempo stesso io prometto di adempiere tutti i doveri alla stessa stregua degli altri membri e
credenti sinceri della Chiesa cattolica. Mi sono state lette le regole che precedono e io mi impegno a
osservarle, come attestato dalla mia firma.
Firmato ... A titolo di ricevuta, ai "neo-convertiti" viene consegnato un "attestato", ripreso da un
formulario-tipo stabilito dal vescovo Jozo Garic: Su vostra richiesta vi concediamo il permesso di
cessare subito ab excommunicatione pro foro externo, e di essere accolto nella Chiesa cattolica, con
diritto alla Santa Comunione.
Il vescovo di Mestar Alois Misic, il 18 agosto 1941, scrive all'arcivescovo Stepinac: Le circostanze
nelle quali viviamo sono incresciose sotto ogni riguardo. Bisogna ammetterlo e riconoscerlo: vi sono
difficolt per le autorit civili, ma ve ne sono altre per la Chiesa, relativamente alla sua missione divina
e all'opera rivolta alle anime. Una gran parte degli ortodossi di Mostar disposta a passare alla religione
cattolica. Le autorit civili superiori di Zagabria hanno a pi riprese dato alle autorit subalterne
istruzioni sulle conversioni ad altra religione. In realt, per le direttive a cui sono ispirate, queste
istruzioni non sono di tal natura da servire al bene generale della Chiesa e neppure a quella dello Stato.
Per grazia di Dio si presenta oggi una occasione come mai in passato di dare aiuto alla causa croata, di
salvare un gran numero di anime, uomini di buona volont, pacifici contadini che vivono in mezzo ai
cattolici. Essi conoscono e sono conosciuti dai cattolici.
La conversione facile e accertabile. Disgraziatamente le autorit con le loro vedute ristrette, pongono
degli ostacoli alla causa croata e cattolica. Le autorit supreme non sono colpevoli, ma ogni sorta di
persone si intromette in questa faccenda: giovani senza istruzione e senza esperienza; in luogo
dell'intelligenza e della ragione si fa uso del fuoco, della violenza. Nessuna meraviglia quindi se ne
derivano conseguenze assai spiacevoli per la causa croata e cattolica... In molte parrocchie della Diocesi
di Mostar, per esempio a Duvno Polje, Stolac, Klpeci, Coranici, Gradar, ecc., degli onesti contadini che
vivono in ambienti cattolici hanno manifestato l'intenzione di passare alla Chiesa Cattolica; vanno alla S.
Messa, imparano il catechismo cattolico, fanno battezzare i loro bambini; ma degli intrusi si arrogano il
diritto di dare ordini: mentre i neo-convertiti sono in chiesa ad assistere alla S.
Messa, li prendono, giovani e vecchi, uomini e donne, li spingono fuori come delle bestie e... li fanno
passare all'eternit in massa. Ci non pu servire alla santa causa cattolica, n alla causa croata. Fra
qualche anno tutti condanneranno tali atti di incoscienza e intanto noi perdiamo una bella occasione da
utilizzare a favore della causa croata e della santa causa cattolica, di divenire in Bosnia e Erzegovina, da
minoranza che siamo, una maggioranza; di non attendere i favori degli altri, ma di poterne fare noi stessi.
Io considero ci come una causa santa e nobilissima. Nell'interesse della causa croata e cattolica io
faccio presente all'Ecc.mo Presidente la necessit di tutto intraprendere per impedire ogni conseguenza
funesta, per appianare le strade, per preparare cos dei tempi pi felici per la causa croata e per la causa
cattolica.
Il 7 novembre 1941, il vescovo Misic indirizza a monsignor Stepinac una seconda lettera: Un tempo
io ritenevo che un gran numero di scismatici sarebbe passato alla Chiesa cattolica: invece quelli che sono
stati nominati come storzenik e logornik ["capoplotone " e "capomanipolo", gradi militari ustascia, hanno
abusato della loro situazione, hanno sfruttato i cattivi istinti della massa, hanno eccitato i lati deboli della
natura umana, di guisa che ne derivato un vero orrore. E da nessuna parte si vede alcun rimedio... Si
catturavano gli uomini come fossero bestie, si assassinavano, si gettavano vivi nei precipizi. Il
sottoprefetto di Mostar, Baljic, musulmano, ha affermato ad alta voce dovrebbe tacere e non fare simili
dichiarazioni che a Ljubinj in una sola giornata 700 scismatici sono stati gettati in una fossa. Da Mostar e
da Capljina sono stati portati dei vagoni pieni di donne, giovanotte e bambini al disotto dei dieci anni,
fino alla stazione di Surmnaci. L sono stati fatti discendere, sono stati condotti sulle montagne e madri e
figli sono stati scaraventati nei precipizi: tutti sono morti in questa maniera. Nella parrocchia di Klpeci
700 scismatici sono stati assassinati. Troppo lontano andrei se volessi continuare queste enumerazioni.
Nella stessa citt di Mostar sono stati legati a centinaia, condotti fuori della citt e assassinati come
bestie. Si giunti alla fine alla deportazione dei serbi in Serbia. Pianti, lamenti, tristezza: tutti fuggono da
ogni parte; una delegazione anche andata a Roma da Mussolini ed facile immaginare che cosa hanno
detto e chiesto.
La conseguenza stata una nuova occupazione italiana dell'Erzegovina.
Gli italiani sono tornati e hanno assunto l'autorit civile e militare.
Le chiese scismatiche hanno subito ripreso vita, i sacerdoti ortodossi fino allora nascosti si sono
mostrati liberamente, gli italiani si mostrano favorevoli ai serbi. La Chiesa cattolica non desidera fare
atti di violenza. Condanna sempre la violenza e la condanna anche in questa occasione. Ma il passaggio
da un estremo all'altro significativo: la nuova autorit di occupazione si subito mostrata amichevole
verso i serbi, severa verso i cattolici: ci sono stati degli imprigionamenti e anche delle fucilazioni.
Naturalmente gli storzenik, i logornik, i tiranni sono fuggiti in tutte le direzioni; gli innocenti hanno cos
pagato per loro.
Nessuna meraviglia quindi se per tali ragioni la conversione degli ortodossi al cattolicesimo
completamente fallita. La ferocia degli storzenik e dei logornik, la brutalit di alcuni isolati,
l'incomprensione delle autorit pi elevate, ha recato grave danno non solo al bene della religione, ma
anche a quello dello Stato. Se il Signore avesse dato ai competenti maggior comprensione e ragione per
compiere la conversione al cattolicesimo senza urti, in tale occasione propizia, il numero dei cattolici
sarebbe aumentato almeno di cinque-seicentomila e cos in Bosnia ed Erzegovina i cattolici sarebbero
passati dalla cifra di settecentomila a un milione e trecentomila".
Il 17 novembre 1941 si svolge a Zagabria la Conferenza plenaria dell'Episcopato cattolico. Presieduta
dal Primate, monsignor Stepinac, la conferenza istituisce un apposito comitato formato dallo stesso
Stepinac, dal vescovo di Senj Viktor Buric, e dall'amministratore apostolico del vescovado di Krizevac
Janko Simrak al quale viene attribuita l'autorit e il compito di ratificare e benedire le "conversioni" al
cattolicesimo dei serbo-ortodossi. La conferenza pubblica anche una risoluzione (n 253-41) mediante la
quale sulla base delle istruzioni della Santa Congregazione per la Chiesa Orientale del 17 luglio 1941
impartisce precise istruzioni inerenti le modalit che dovranno essere seguite nella pratica delle
"conversioni.
In sostanza, l'episcopato croato ratifica e avalla la pratica criminosa delle "conversioni" forzate di
massa dei serbo-ortodossi, decisa dal Poglavnik quale strada parallela dello sterminio: Approfittando
della psicosi diffusa, [l'episcopato cattolico] si mise con la complicit degli ustascia a convertire alla
religione cattolica i serbi ortodossi, promettendo ai convertiti che avrebbero avuto salva la vita e che
avrebbero conservato i propri beni.
Al termine della "Conferenza plenaria" del 17-18 novembre 1941, l'Episcopato invia una missiva al
Poglavnik. La lettera rivendica alla Chiesa cattolica croata la gestione operativa delle "conversioni" al
cattolicesimo dei serbo-ortodossi: [l'Episcopato] ritiene come un principio dogmatico che l'esame e la
decisione di tutte le domande concernenti il passaggio dei grecoorientali alla fede cattolica appartengono
esclusivamente alla competenza della gerarchia della Chiesa cattolica, che l'unica autorizzata dalla
volont di Dio e dalle disposizioni canoniche a emanare direttive e norme al riguardo, cos che, oltre
all'autorit ecclesiastica, deve essere escluso ogni altro intervento in questo senso. Di conseguenza
nessuno, oltre la gerarchia della Chiesa cattolica, ha diritto di nominare "missionari" per promuovere la
conversione dei grecoorientali alla fede cattolica. Ogni missionario deve ricevere la sua missione e la
giurisdizione per il suo lavoro spirituale dall'Ordinario del luogo. Di conseguenza antidogmatico e
anticanonico che le autorit comunali o regionali, oppure gli incaricati ustascia come pure la Sezione per
il Culto della Direzione statale per il rinnovamento o qualunque altra autorit secolare, affidino tale
missione senza il permesso dell'Ordinario diocesano. Nel loro lavoro spirituale i missionari devono
essere sottoposti solo all'Ordinario del luogo o direttamente o indirettamente per mezzo del parroco. La
Chiesa cattolica pu riconoscere per validi solo quei passaggi che si sono svolti o che si svolgeranno
secondo tali princpi dogmatici. Le autorit secolari non possono "annullare" quei passaggi che sono
avvenuti non solo secondo le norme ecclesiastiche ma anche secondo le norme civili. A questo scopo;
l'Episcopato cattolico croato elegge tra i suoi membri un Comitato di tre persone, di cui fanno parte: il
Presidente della Conferenza Episcopale, arcivescovo Stepinac, il vescovo di Senj, monsignor dottor
Viktor Buric, e l'amministratore apostolico della diocesi di Krizevac, dottor Janko Simrak. Questo
Comitato discuter tutte le questioni che verranno sollevate in occasione delle conversioni dei greco-
orientali alla fede cattolica. Il Comitato lavorer in accordo con il signor Ministro per la Giustizia e il
Culto nell'emanare disposizioni intorno ai passaggi. Come membri del Comitato esecutivo delle
conversioni dei greco-orientali alla fede cattolica, l'Episcopato croato ha scelto le seguenti persone:
dottor Franjo Herman, professore nella facolt teologica di Zagabria; dottor Augustin Juretic, consultore
della Conferenza dei vescovi; dottor Janko Kalaj, professore di religione nelle scuole e nella facolt di
Teologia di Glacoljica; Nikola Borie, direttore della Cancelleria dell'arcivescovado di Zagabria; e
dottor Krunoslav Draganovic, professore della facolt di Teologia.
Questo Comitato svolger tutte le pratiche relative alle domande di conversione dei greco-orientali
alla fede cattolica, sotto la sorveglianza dei Comitato dei vescovi per le conversioni.
[Queste deliberazioni sono state assunte dall'Episcopato in nome] del grande amore e della cura per il
popolo croato, per lo Stato Indipendente Croato e per la fede cattolica, che la fede per la maggioranza
del popolo croato: qui si tratta solo degli errori per causa dei quali la conversione dei greco-orientali
non si potuta sviluppare nelle proporzioni e col successo che sarebbe stato possibile... Di essi non
diamo colpa al Governo dello Stato Indipendente Croato. Non vogliamo presentarli come un sistema, ma
come le risultanze di elementi irresponsabili che non erano coscienti delle loro grandi responsabilit...
Sappiamo che questi elementi sono la reazione alla politica degli ultimi vent'anni e dei misfatti dei
cetnici e dei comunisti, che hanno perpetrato tanti fatti di sangue contro il nostro pacifico popolo croato.
Ringraziarne Dio onnipotente perch, per la vostra opera, Poglavnik, la situazione comincia a essere pi
ordinata e perci l'Episcopato cattolico croato Vi espone quanto sopra non per recriminare, ma perch
nel futuro sia impedita l'azione degli elementi irresponsabili e si possa scoprire la ragione del fallimento
della causa della conversione e cosa bisognerebbe fare perch il lavoro entri nella direzione opportuna
senza perdersi in esperimenti inutili.
L'attivismo congiunto della dittatura ustascia e del clero cattolico croato impegnato nelle brutali
"conversioni" forzate ben testimoniato dal quotidiano di regime "Nova Hrvatska". Nell'edizione del 13
gennaio 1942 il giornale scrive: Ieri mattina a Kamensko [nella diocesi di Stepinac, nei pressi di
Karlovac, sono stati convertiti gli abitanti di rito greco orientale della zona di Popovic. Ha officiato il
reverendo Kuzmanic, curato di Kamensko. Presenziavano 400 persone tra le quali il prefetto della contea,
il capo della polizia, il rappresentante della locale organizzazione ustascia, l'inviato della Giovent
ustascia di Zagabria, il capo della Propaganda e altre personalit... Dopo il rito [il curato Kuzmanic] si
rivolto ai convertiti esortandoli a osservare le leggi del Vangelo di Cristo e ad avere fede nel Signore,
nello Stato indipendente e nel suo Poglavnik. Ha infine preso la parola il prefetto Ante Niksic: "Oggi",
egli ha detto, "siete divenuti liberi cittadini dello Stato Indipendente di Croazia". Dopo la celebrazione
della Messa i presenti hanno inneggiato allo Stato Indipendente Croato.
Il successivo 25 febbraio 1942 "Nova Hrvatska" da conto di un'altra cerimonia simile: A Petrinja ha
avuto luogo con solennit la "ricristianizzazione" organizzata dal curato Mihailo Razum. Un reparto di
ustascia ha presenziato al rito.

CAPITOLO 8


Collaborazionismo in Vaticano

Di quanto sta avvenendo all'interno dello Stato indipendente croato appena istituito massacri etnico-
religiosi, campi di sterminio, "conversioni" forzate la Santa Sede costantemente e precisamente
informata, e da pi fonti: dal proprio clero in loco, dalle proteste internazionali accompagnate da appelli
umanitari rivolti al Papa, e dalle stesse autorit italiane. Del resto, il Vaticano dispone anche di
informazioni autonome fin dall'estate 1941, quando attiva una "linea diretta" con la dittatura di Ante
Pavelic: tramite il proprio Legato apostolico a Zagabria, monsignor Giuseppe Ramiro Marcone (abate
benedettino e non diplomatico di carriera), il quale rimarr nella capitale croata fino al termine della
guerra, trasmettendo al clero e all'episcopato croati le istruzioni della Santa Sede, e svolgendo l'attivit
di collegamento fra gli apparati diplomatici di Roma e di Zagabria. Bench inviato nella capitale croata
in forma ufficiosa, monsignor Marcone di fatto l'ambasciatore vaticano in Croazia.
Si visto come fin dall'aprile 1941, alla nascita dello Stato indipendente croato, l'arcivescovo di
Zagabria monsignor Stepinac si fosse adoperato affinch la Santa Sede stabilisse subito relazioni
diplomatiche ufficiali con la dittatura ustascia. Quei primi appelli di monsignor Stepinac contrastavano
con la tradizionale prassi vaticana, ribadita in pi occasioni dal segretario di Stato, cardinale Luigi
Maglione: La Santa Sede non devier dal suo principio di neutralit e imparzialit riconoscendo
cambiamenti di frontiera e divisioni di Stati finch durano le ostilit; tutto questo sar definito dopo il
termine del conflitto . Il Vaticano avrebbe voluto legittimare ufficialmente lo Stato croato dei
nazifascisti, ma non poteva farlo per prassi consolidata essendo la guerra in corso. L'occasione per
superare l'impasse era arrivata grazie a un memorandum inviato alla Santa Sede il 24 luglio 1941
dall'arcivescovo di Belgrado, monsignor Josip Ujcic: con tatto diplomatico, l'alto prelato ipotizzava
eventuali angherie esercitate dagli ustascia ai danni dei serbi ortodossi. cos, l'indomani, l'abate
Marcone partiva alla volta di Zagabria, ufficialmente per accertare la situazione e riferire alla Santa
Sede, in realt come rappresentante diplomatico defacto di Santa Romana Chiesa.
Le ambiguit ufficiose del Vaticano divengono concretezze ufficiali a Zagabria, dove il Legato
apostolico monsignor Marcone ottiene subito lo status di diplomatico: nell'elenco ufficiale dei
diplomatici accreditati a Zagabria, stampato a cura del ministero degli Affari esteri dello Stato
indipendente croato, l'emissario vaticano viene infatti indicato come decano degli ambasciatori.
La necessaria reciprocit dei rapporti diplomatici viene ben presto garantita, entro l'autunno del 1941,
con l'arrivo in Vaticano del rappresentante dello Stato croato Nikola Rusinovic. E i costanti rapporti
inviati da Rusinovic al ministero degli Esteri di Zagabria sono la conferma del pieno riconoscimento
ancorch coperto da un alone di ipocrisia curiale accordato dalla Santa Sede alla dittatura ustascia.
Si visto come, nel luglio 1941, le eventuali angherie ventilate dall'arcivescovo di Belgrado
avessero gi assunto i contorni dello sterminio di massa.
E lo stesso monsignor Stepinac, in una sua lettera inviata al segretario di Stato vaticano, cardinale
Maglione, il 6 marzo 1942, scrive: ... poich l'abate Marcone il rappresentante della Santa Sede in
Croazia... Nei primi mesi della dittatura ustascia, Nikola Rusinovic stato ambasciatore dello Stato
croato in Bulgaria, poi viene trasferito a Roma.
L'8 febbraio 1942, da Roma, Nikola Rusinovic invia al governo del dittatore ustascia di Zagabria il
seguente rapporto: Finalmente, il 4 febbraio, sono stato ricevuto dal cardinale Maglione [segretario di
Stato vaticano, Ma gi prima mi era stato fatto pensare che il carattere della mia missione era
assolutamente di natura privata: e che tuttavia la Santa Sede accoglieva e salutava con piacere la persona
inviata dal Poglavnik. Il cardinale Maglione stato molto cordiale. Io l'ho salutato a nome del Poglavnik
e ho messo in rilievo il cattolicesimo del popolo croato, accentuando i rapporti con la Santa Sede dal
loro battesimo fino a oggi. Egli mi ha ringraziato per i saluti, pregandomi di ricambiarli al Poglavnik. Ha
aggiunto che la Santa Sede non pu riconoscere de jure lo Stato Indipendente Croato, perch questo
l'atteggiamento che essa ha adottato da almeno un secolo, non riconoscendo le situazioni politiche
determinatesi nel corso di eventi bellici... Tuttavia la Santa Sede non dimentica i suoi figli fedeli che
passano attraverso ardue prove durante la guerra in corso e non vuole nuocere loro neppure porgendo
l'occasione di pensare che essa se ne sia dimenticata. La Santa Sede pensa alla Croazia perch per lei
croato sinonimo di cattolico e non si pu immaginare un croato che non sia tale... Al momento di
separarci, l'ho pregato di ottenermi l'udienza del Santo Padre; egli ha subito accettato, ma ha sottolineato
di nuovo che tale udienza dovr avvenire in forma rigorosamente privata e un po' pi avanti. Ritengo che
le udienze speciali del Santo Padre siano segnalate dall'Osservatore Romano", cos che se io fossi
ricevuto immediatamente dopo essere stato dal Segretario di Stato, la mia udienza verrebbe considerata
come ufficiale, e ci darebbe occasione ai nostri nemici di protestare presso il Vaticano, cosa che il
Vaticano intende evitare.
Bench al momento, di guerra in corso, non possa ancora ricevere in udienza ufficiale un
rappresentante diplomatico dello Stato indipendente di Croazia creato dai nazifascisti, Papa Pio XII non
manca di rivolgere espliciti segnali di benevolenza alla dittatura di Zagabria. Accade il 6 febbraio 1942,
quando il Pontefice riceve in udienza privata 206 ustascia in uniforme, e nell'occasione dona a ciascuno
medagliette-ricordo. La notizia viene riportata con grande risalto dal periodico cattolico croato
"Katolicki Tjednik" del successivo 15 febbraio: Il giorno 6 febbraio, 206 appartenenti alla Giovent
crociata della Croazia, in uniforme ustascia, sono stati ricevuti in udienza privata dal Papa, in una delle
sale pi sacre del Vaticano. Il momento pi toccante della cerimonia stato quando la giovent ustascia
ha pregato il Santo Padre di benedire il loro Poglavnik, lo Stato Indipendente e il popolo croato.
Nello Stato del Poglavnik, intanto, prosegue il sanguinoso programma ustascia di "pulizia" etnico-
religiosa. E proseguono anche le "conversioni" forzate, che avvengono in forma collettiva nelle
parrocchie, con la sola firma di documenti prestampati, e con cerimonie meticolosamente organizzate in
tutti gli aspetti (compreso quello, imprescindibile, della tassa da versare dalla Chiesa cattolica), alla
presenza delle autorit civili e religiose. Una pratica di massa basata sulla violenza e sul terrore, della
quale la Santa Sede perfettamente a conoscenza. Lo conferma Rusinovic, nel rapporto che invia l'8
febbraio 1942 a Zagabria, relazionando in merito al colloquio avuto con monsignor Pietro Sigismondi
della segreteria di Stato vaticana: La Santa Sede se ne rallegra [delle "conversioni" forzate, ma mi ha
ripetuto che per questo la stampa americana e inglese ci aggrediscono dicendo che le conversioni
vengono effettuate sotto una forte pressione governativa. A tutto questo la Santa Sede non crede; tuttavia
si raccomanda di agire gradualmente per evitare i rimproveri e le calunnie e le seccature per la Santa
Sede stessa".
A Zagabria, intanto, il rappresentante ufficioso della Santa Sede, monsignor Marcone, allaccia stretti
rapporti con le alte gerarchie ustascia, in particolare con il dittatore Ante Pavelic: numerose fotografie
ritraggono il delegato di Santa Romana Chiesa mentre passa in rassegna battaglioni ustascia, oppure
ospite della famiglia del Poglavnik.
Nikola Rusinovic, almeno in quella prima fase della sua attivit diplomatica presso il Vaticano, deve
fronteggiare alcune difficolt. In un rapporto che invia a Zagabria il 26 febbraio 1942, informa Pavelic
che gli ambienti del clero romano sono divisi fra pr e anti-ustascia.
Tra i favorevoli alla dittatura del Poglavnik secondo il diplomatico croato in Vaticano ci sono l'Istituto
di San Girolamo, retto da monsignor Juraj Madjerec, l'arcivescovo Clemente Micara (che Rusinovic
incontra spesso, e che definisce buon amico della Croazia), e monsignor Ettore Felici; quest'ultimo,
scrive Rusinovic nel suo rapporto, si prodiga con cautela ma senza riserve per lo Stato indipendente
croato [ed ] contento che "L'Osservatore Romano" abbia riportato gli auguri inviati da Pavelic al Papa
per l'anniversario della sua elevazione al Soglio Pontificio. Ci significa, sostiene Felici, gi un certo
riconoscimento dello Stato Indipendente Croato.

(Note: Il 7 febbraio 1942 il cardinale Maglione aveva inviato una lettera all'ambasciatore vaticano in
Croazia Mons. Marcone, ordinandogli: Nella corrispondenza con Noi dovete indicare gli ortodossi
come scismatici o dissidenti... ...in tutte le cerimonie ufficiali [a Marcone] veniva immancabilmente
ceduta la precedenza, quale decano del Corpo diplomatico... Ogni suo compleanno e onomastico
venivano festeggiati ufficialmente, ricordati dalla stampa e dalla radio, e il 26 marzo 1943 fu
particolarmente festeggiato il XXV della sua consacrazione ad abate (C. Falconi, op. cit., pag. 421).
Felici stato Nunzio apostolico a Belgrado, presso il governo reale, fino all'invasione nazifascista;
richiamato in Vaticano dopo l'invasione, continua a essere ufficialmente accreditato dalla Santa Sede
presso il governo jugoslavo in esilio a Londra.)

Quanto alla seconda fazione, quella che osteggia lo Stato-fantoccio di Croazia e la dittatura del
Poglavnik, nel rapporto del febbraio 1942 il diplomatico ustascia presso la Santa Sede indica i gesuiti,
che non hanno per noi alcuna simpatia, anzi ci sono molto nemici, come dimostra un articolo pubblicato
su un'importante rivista cattolica svizzera, "Apologetische Rundschau" di Zurigo, n 2, intitolato "Sulle
persecuzioni della Chiesa cattolica in Slovenia".
In bilico tra le due posizioni vaticane sempre a detta di Rusinovic c' il "sottosegretario agli Esteri"
della Santa Sede, il prosegretario di Stato cardinale Domenico Tardini, il quale, commentando le notizie
dei massacri etnico-religiosi compiuti dagli ustascia, dice a Rusinovic che la Croazia una nazione
giovane, ancor pi giovane come Stato, e i giovani spesso commettono errori legati alla loro et.
Dubbioso anche un esponente di primissimo rilievo delle gerarchie della Santa Sede, il sostituto alla
segreteria di Stato vaticana Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI), che incontrando la prima
volta Rusinovic gli domanda: Cos' successo in Croazia? Perch si fa tanto rumore nel mondo su di
essa? E' possibile che siano accaduti tanti delitti? E' vero che si maltrattano gli internati?; ma Rusinovic
lo rassicura, e Montini si dichiarato soddisfatto e ha aggiunto che in effetti la Santa Sede accetta le
notizie contro la Croazia con riserva.
Ostile alla dittatura ustascia, e senza riserve, invece il cardinale francese Eugne Tisserant,
segretario della Sacra congregazione per la Chiesa orientale, e unico porporato non italiano membro
della Curia vaticana. Rusinovic il 6 marzo 1942 scrive a Zagabria che Tisserant gli ha rinfacciato le
uccisioni, gli incendi, gli atti di banditismo e di preda [che in Croazia] sono all'ordine del giorno, e
riporta queste parole del cardinale francese: Non so se tutto ci vero, ma so con certezza che sono i
francescani stessi, come per esempio il padre Simic di Knin, che hanno preso parte agli attacchi contro la
popolazione ortodossa e per distruggere la Chiesa ortodossa. So per certo che i francescani della Bosnia-
Erzegovina si sono comportati miseramente... [So che] gli italiani non vi sono amici e perci ci saranno
molte cose non vere [nelle loro testimonianze delle crudelt commesse dagli ustascia, ma il caso di Simic
mi ben noto, come pure quello della distruzione della chiesa di Banja Luka e che ci sono state
persecuzioni verso la popolazione ortodossa.
Tuttavia Rusinovic, nei numerosi rapporti che invia alla dittatura ustascia, segnala un atteggiamento di
fondo prevalentemente positivo delle alte gerarchie vaticane verso il regime del nuovo Stato croato,
specie all'inizio del 1942, quando a Zagabria viene insediato il Parlamento croato. Il 27 gennaio 1942,
infatti. Ante Pavelic istituisce il Parlamento dello Stato indipendente croato, all'interno del quale undici
seggi sono riservati ad alti esponenti del clero cattolico croato, primo fra tutti al loro capo, monsignor
Alojzije Stepinac).
Il nuovo Parlamento varato dalla dittatura ustascia per attribuirsi una qualche parvenza "legalitaria"
viene inaugurato il 23 febbraio 1942, e nell'occasione l'arcivescovo Stepinac rivolge un alto elogio al
Poglavnik: La riapertura del Parlamento croato la prova di quanto Voi siate profondamente
consapevole della Vostra responsabilit, un onore che Vi proponete di condividere con i Vostri
connazionali. Questa riapertura accompagnata dalle preghiere della Chiesa e mie personali.
Oltre a quello riservato all'arcivescovo di Zagabria, gli altri seggi parlamentari assegnati dalla
dittatura alla Chiesa cattolica croata sono occupati dal vescovo Antuna Aksamovic, e dai sacerdoti
Vladko Irgolic, Ante Loncaric, Stjepan Pavunic, Matija Polic, Juraj Mikan, Toma Severovic, Boniface
Sipic, Franjo Skrinjar, e Stipe Vucetic; Il biografo vaticano di monsignor Stepinac, il gesuita Cavalli, a
proposito dell'inaugurazione sosterr invece che l'Arcivescovo s'era indotto a malapena a prender parte
alla cerimonia e aveva proibito espressamente ai suoi Sacerdoti, non esclusi quelli gi ad essa deputati,
l'appartenenza all'Assemblea. ma agli atti del Parlamento croato risultano esservi numerosi interventi in
Assemblea dei citati esponenti del clero croato guidati da Stepinac.
Alla seduta inaugurale del parlamento partecipa anche il Legato apostolico del Vaticano monsignor
Marcone. Nel suo rapporto al Poglavnik datato 4 marzo 1942, Rusinovic scrive: Il lavoro del
Parlamento [croato] viene seguito dalla gente del Vaticano ed registrato nell'Osservatore Romano", ma
non ho capito perch non hanno riportato che tutto il Parlamento e il Governo con a capo il Poglavnik
sono andati in chiesa per il Veni Creator, il che in fin dei conti avrebbe dovuto interessarli pi d'ogni
altra cosa, e io ne ho fatta colpa alla redazione. Tardini mi ha detto che non si trattava di altro che d'una
svista, perch la notizia era certamente stata ripresa dall'Agenzia Stefani o da qualche altra. Invece
questo atto piaciuto molto.
A proposito dell'organo informativo ufficiale della Santa Sede, il 20 marzo 1942 Rusinovic riferisce
alla dittatura ustascia di essersi recato in visita nella redazione dell'Osservatore Romano" per sollecitare
il quotidiano della Santa Sede a dedicare pi spazio allo Stato indipendente croato; stato ricevuto dal
redattore del giornale, monsignor Boehm, il quale gli ha assicurato che "L'Osservatore" pubblicher tutto
il materiale che gli verr inviato, purch non sia in contrasto con i princpi della politica vaticana.
In effetti, da quel momento "L'Osservatore Romano", nel suo "Notiziario internazionale", comincia a
dedicare pi ampio spazio e rilievo agli eventi croati: ma non agli eccidi razziali, non alle stragi nei
campi di sterminio, n alla tremenda pratica delle "conversioni" forzate, bens all'annuncio dei vasti
programmi di lavori pubblici annunciati dalla dittatura del Poglavnik, alle visite a Roma dei gerarchi
ustascia, alle azioni della resistenza partigiana presentate dal giornale vaticano come attentati organizzati
da terroristi serbi ai danni dello Stato indipendente croato.
Una delle notizie provenienti dalla Croazia che suscitano maggiore interesse negli ambienti della Curia
vaticana quella relativa alla costituzione di una "Chiesa ortodossa croata", nella primavera del 1942.
Infatti il cattolicissimo Poglavnik ha ordinato la costituzione del culto "scismatico": un'operazione
propagandistica finalizzata a smentire e tacitare, presso la pubblica opinione internazionale, le denunce
degli Alleati anglo-americani delle persecuzioni etnico-religiose che sono in corso nello Stato croato.
A capo dell'artificiosa "Chiesa ortodossa" che non avr alcun seguito popolare viene posto il
metropolita russo emigrato in Croazia Germogen; e tutti gli alti prelati sono transfughi della Chiesa
serbo-ortodossa, riparati per avere salva la vita sotto l'ala del culto inventato dalla dittatura ustascia.
Secondo il Rapporto inviato da Rusinovic a Zagabria il 9 maggio 1942, le gerarchie vaticane accolgono
con favore la fondazione della nuova "Chiesa croata ortodossa" decisa dal Poglavnik, e suggeriscono che
vi venga affidato un ruolo di primo piano all'alto prelato del rito cattolico bizantino Janko Simrak; il
Poglavnik segue subito il consiglio della Santa Sede, e Simrak viene nominato vescovo di Krizevci, unica
diocesi ammessa di rito croato-ortodosso.
Il Vaticano affronta con il rappresentante diplomatico Nikola Rusinovic anche la questione della
nomina dei nuovi vescovi cattolici nelle sedi vacanti in Croazia. Per la diocesi di Mostar, che scoperta,
i frati francescani croati stanno operando pressioni sia sul regime ustascia sia presso le gerarchie
vaticane perch venga nominato vescovo un rappresentante del loro ordine. Ma gi il 27 aprile 1942
Rusinovic informa la dittatura di Zagabria che a Mostar il Vaticano non vuole un francescano per
vescovo nonostante che i francescani facciano di tutto per ottenerlo; e il diplomatico "ufficioso" presso
la Santa Sede notifica al ministero ustascia degli Affari esteri l'altrettanto "ufficiosa" volont vaticana.
Sulla controversia vescovile, Rusinovic torna a relazionare il regime di Zagabria il successivo 5
giugno. Ribadisce che la Santa Sede si oppone alla nomina di un francescano alla guida della diocesi di
Mostar, e sottolinea come la questione abbia una rilevanza primaria per le buone relazioni diplomatiche
tra la Chiesa di Roma e lo Stato croato: Sin dall'inizio, appena arrivato in questa sede, oltre al resto mi
sono occupato della questione della nomina dei nuovi vescovi, perch ritenevo che ci per noi potesse
costituire un successo.
Ho saputo dagli stessi spagnoli quanto lottano per avere i vescovi per le sedi vacanti in Spagna e non
riescono ad averli, tanto che oggi vi sono 11 sedi scoperte. Quando il Vaticano vuole dimostrare la sua
disapprovazione per certi avvenimenti che si verificano in un Paese, non nomina i vescovi e questo gli
serve come una specie di rappresaglia.
Bench affronti con il rappresentante croato tutte le pi delicate questioni diplomatiche, la Santa Sede
continua per a non ufficializzare la presenza e il ruolo di Nikola Rusinovic presso il Vaticano. Una
semi-clandestinit che arriva ad assumere risvolti grotteschi, come testimonia il rapporto che il
diplomatico croato invia a Zagabria il 28 maggio 1942, per relazionare la dittatura ustascia di un suo
incontro con il Nunzio apostolico Ettore Felici. Il cardinale Felici ha invitato il diplomatico croato a un
appuntamento "extraterritoriale": poich Rusinovic non pu intervenire alle cerimonie papali in San
Pietro in quanto si troverebbe a fianco del rappresentante ufficiale del governo reale jugoslavo in esilio,
il cardinale-diplomatico lo ha invitato a una cerimonia in onore del Papa che si terr presso l'Accademia
Gregoriana, cerimonia alla quale non pu presenziare il rappresentante della corona jugoslava in quanto
l'Accademia situata in territorio italiano, al di fuori della Citt del Vaticano.
I bizantinismi e le ipocrisie della Santa Sede a Roma, a Zagabria non hanno ragione d'essere. Il Legato
apostolico monsignor Marcone sempre invitato ed sempre presente a tutte le cerimonie organizzate
dalla dittatura ustascia: non solo a quelle di primario rilievo, ma anche a molte di quelle pi marginali.
Del resto, al diplomatico vaticano monsignor Marcone il governo ustascia mette spesso a disposizione
un aereo militare per agevolarne gli spostamenti in territorio croato.
Il 31 luglio 1942 Nikola Rusinovic viene avvicendato, e nell'incarico diplomatico presso la Citt del
Vaticano gli subentra il principe Erwein Lobkowicz. Un mutamento che corrisponde a una nuova fase dei
rapporti tra Santa Romana Chiesa e la dittatura ustascia.
Il 20 dicembre 1942 Lobkowicz inoltra al ministero degli Affari esteri a Zagabria il resoconto di
un'udienza accordatagli da papa Pio XII il precedente 22 ottobre. L'udienza ha avuto carattere riservato e
il diplomatico ustascia stato ammesso alla presenza di Pio XII sotto mentite spoglie: qualificato come
"cameriere segreto" del Papa. Nel suo rapporto al Poglavnik, Lobkowicz riassume cos l'incontro: II
Santo Padre mi ha accolto come sempre in maniera estremamente benevola, sottolineando, con un sorriso
pieno di comprensione, che mi riceveva come suo "cameriere segreto" e che spera che fra poco sar
altrimenti. Ho informato il Santo Padre della situazione in Croazia, e a questo riguardo egli ha dimostrato
grande interesse e comprensione. Ho colto l'occasione per riferire al Santo Padre il trattamento
impossibile del Governo italiano nelle regioni occupate e annesse. Il Santo Padre ha ascoltato anche
questo, ma senza dire nulla. In ogni caso non si poteva approfittare di questo primo incontro per entrare
nei particolari.
Si visto come nei territori croati presidiati dalle Forze armate italiane le persecuzioni etnico-
religiose vengano ostacolate: la protesta di Lobkowicz con Pio XII per il trattamento impossibile del
Governo italiano nelle regioni occupate e annesse in pratica una richiesta di intervento del Vaticano
affinch l'ostacolo venga rimosso.
Analoga richiesta, anche se meno esplicita, viene avanzata al massimo responsabile della diplomazia
vaticana, il segretario di Stato Luigi Maglione, nel successivo dicembre, dal vescovo di Senj, monsignor
Srebrnic: in missione in Vaticano, il vescovo croato protesta per il comportamento delle truppe di
occupazione italiane nel territorio della sua diocesi, che a suo dire favorirebbero il ritorno degli
"scismatici" serbo-ortodossi.
L'ipocrita "prudenza" del Vaticano nei riguardi del regime di Zagabria va sciogliendosi come neve al
sole. Il nuovo rappresentante croato presso la Santa Sede, Erwein Lobkowicz, pu disporre subito di una
propria struttura diplomatica, a capo della quale, con la carica di primo segretario, c' un esponente della
Compagnia di Ges (in precedenza ostile alla dittatura ustascia), il padre gesuita Antun Wurster.
La nuova disponibilit, non pi clandestina, di Santa Romana Chiesa verso la cattolicissima dittatura
del Poglavnik viene degnamente celebrata il 31 gennaio 1943, quando Papa Pio XII riceve Erwein
Lobkowicz in udienza ufficiale, stavolta accolto senza travestimenti e accompagnato dai suoi familiari.
Dopo l'udienza, il diplomatico ustascia scrive nel suo rapporto a Zagabria: Il Papa stato molto
amabile, ha espresso la sua contentezza per la lettera personale indirizzatagli dal nostro Poglavnik, che
gli ho consegnato insieme alla traduzione latina dei Princpi Ustascia [libro apologetico del regime
ustascia e delle "conversioni "forzate scritto dal sacerdote Ivan Seguic, Questo segno di attenzione ha
visibilmente rallegrato il Santo Padre. Il Santo Padre si interessato in particolare delle attivit della
nostra Giovent ustascia, di cui gli ha dato diversi ragguagli la mia figlia maggiore.
L'ufficializzazione di fatto dei rapporti fra il Vaticano e la dittatura ustascia che insanguina lo Stato
croato viene avallata dal sostituto alla segreteria di Stato Giovanni Battista Montini (non pi dubbioso,
come in precedenza, verso il regime del Poglavnik). Il 14 aprile 1943, relazionando a Zagabria dopo un
suo incontro con monsignor Montini, Lobkowicz scrive: [Montini] convinto che la Croazia sia un
baluardo contro il bolscevismo... Dice che la Santa Sede lo sa e che nell'interesse di tutti che la Croazia
conservi i suoi confini attuali verso l'Oriente. I croati non potranno mai essere amalgamati con i serbi.
Per ha detto: "Non potete immaginare quante proteste arrivano dalla stessa Croazia per le rappresaglie
delle autorit ustascia"... Infine [Montini] ha soggiunto che il Santo Padre era sinceramente felice del
telegramma del Poglavnik in occasione dell'anniversario della sua incoronazione.
Il 17 marzo 1943 il segretario di Stato vaticano cardinale Maglione scrive al Legato apostolico a
Zagabria monsignor Marcone : poich la propaganda serbo-ortodossa accusa i cattolici croati, e in
particolare l'episcopato, di non avere osato levare la voce contro il trattamento inflitto in Croazia ai
serboortodossi e di essere, per conseguenza, complice, il cardinale Maglione chiede al Legato
apostolico di fargli pervenire tutti gli elementi necessari a una eventuale risposta vaticana alla pubblica
opinione.
La risposta di monsignor Marcone datata 7 aprile 1943: Si deve ammettere che gli ustascia,
miliziani del governo croato, si sono scatenati qua e l, pi di propria iniziativa che per ordini superiori,
contro la popolazione scismatica, la quale non si adattava, e non si adatta, facilmente alla nuova
situazione. Si deve anche riconoscere che il capo del governo, Ante Pavelic, nel corso di tutto l'anno
1941, ha nutrito l'idea d'un rapido passaggio alla fede cattolica di tutti gli scismatici... Ho cercato di far
comprendere al Poglavnik la necessit di procedere lentamente e prudentemente alla conversione dei
dissidenti e l'ho anche dissuaso dal distruggere tutte le loro chiese.
D'altra parte, la maggioranza dei ribelli di religione scismatica ed quindi chiaro che il governo
croato, o meglio le truppe d'occupazione, reagiscono contro le bande armate. Da ci discende l'equivoco
della propaganda straniera. In queste condizioni il nostro episcopato croato non aveva e non ha ragioni
particolari di protestare pubblicamente contro il governo in favore degli scismatici.
Poche settimane dopo, nel maggio 1943, monsignor Stepinac invia un proprio rapporto al segretario di
Stato vaticano. Il Primate di Croazia scrive: Il governo croato lotta energicamente contro l'aborto [che
] principalmente suggerito da medici ebrei e ortodossi; ha proibito severamente tutte le pubblicazioni
pornografiche, che erano anch'esse dirette da ebrei e serbi. Esse costituivano una vera peste per la
giovent croata. Ha abolito la massoneria e fatto una guerra accanita al comunismo, ha promulgato i
decreti contro la bestemmia [e] vuole che i soldati siano educati cristianamente, insiste sull'educazione
religiosa nelle scuole, ha aumentato le dotazioni dei seminari... delle istituzioni ecclesiastiche cos come
quelle mensili dei preti, da aiuti per la costruzione e riparazione di chiese.
Eminenza, se la reazione dei croati a volte crudele, noi la condanniamo e deploriamo, ma fuor di
dubbio che questa reazione stata provocata dai serbi, i quali hanno violato tutti i diritti del popolo
croato nel corso di venti anni di loro vita in comune nella Jugoslavia.
Il giornale "Hrvatski Narod" del 4 giugno 1944 pubblica in prima pagina una fotografia di monsignor
Stepinac mentre benedice reparti militari ustascia.

CAPITOLO 9


Pastori e lupi del Signore

Mentre la diplomazia vaticana esplicita e intensifica i suoi rapporti con la dittatura ustascia, in Croazia
proseguono quelli che verranno definiti i massacri inconsueti anche all'epoca pi oscura della storia.
L'escalation del genocidio etnico-religioso, e le responsabilit morali (ma non solo) della Chiesa
cattolica, vengono confermate dallo stesso dittatore Ante Pavelic. Intervistato dal giornalista italiano
Alfio Russo, il sanguinario Poglavnik afferma che qualche serbo s' ribellato, e se altri serbi si
ribelleranno li uccideremo; e se si ribelleranno tutti, li uccideremo tutti, e precisa: Queste non sono
stragi, ma atti di giustizia. Il giornalista, che vede frati e preti sciorinar fazzoletti e clamorosamente
applaudire, gli domanda: Com' che frati e preti proteggono un uomo e un regime che praticano la
violenza?, il Poglavnik risponde: Tu non sai niente: qui frati e preti odiano gli ortodossi... I serbi sono
stranieri sgraditi e nemici feroci; Russo a queste parole protesta: Ma non potete ucciderli!, e Pavelic
replica: Nessun accordo possibile fra l'uomo e il lupo. E anche se il lupo diventa domestico, qualche
volta morde e uccide.
Del resto, il devoto Poglavnik solo aveva permanentemente attorno a s consiglieri sacerdoti e un
sacerdote era pedagogo dei suoi figli, ma aveva il proprio confessore, e nel suo palazzo ostentava la
presenza di una cappella.
Saranno innumerevoli le testimonianze della partecipazione diretta di religiosi cattolici al genocidio
etnico-religioso attuato dal Poglavnik: per esempio di frate Agostino Cievola (del monastero francescano
di Split), posto alla guida di reparti ustascia con tonaca e pistola; del prete Bozidar Bralo, anch'egli
accusato di avere partecipato al massacro di 180 serbi aAlipasin-Most; del sacerdote Nikolas Pilogrv di
Banja Luka, responsabile delle sistematiche stragi di serbo-ortodossi nel suo distretto; del francescano
Josip Vukelic (cappellano della Direzione del Primo distretto ustascia), che ordina saccheggi, incendi di
abitazioni e stragi di serbi nella zona di Banja; del prete Zvonimir Brekalo (cappellano delle milizie
ustascia col grado di capitano), che tortura e uccide personalmente molti internati nei campi di sterminio
di Culine, Cvitan e Lipovac; del parroco di Visegrad, Ivan Miletic, il quale dietro appello del capitano
[ustascia] Gavez, si reca dai soldati di quest'ultimo per confortare gli stanchi, rafforzare gli incerti, e a
tutti rialzare il morale e la volont di lotta, e si mischia ai migliori soldati per seminare la morte intorno a
s fra i ribelli bolscevichi serbi [cio i partigiani di Tito, come scrive di lui sul periodico "Hrvatski
Narod" il religioso e cappellano militare Eugen Buluhan; del frate e cappellano militare Dionis Juricevic,
che dirige incursioni contro i villaggi serbi, e muore ucciso dai partigiani in occasione dell'aggressione
ustascia a Dicma; del sacerdote cattolico e cappellano militare Josip Bulanovic (detto "Prete Jole"), che
nel 1944 sar viceprefetto di Gospic e in tale ruolo si occuper di persona della liquidazione degli ultimi
serbi presenti in citt.
Il fenomeno stato tale da caratterizzare in modo inconfondibile lo stile dei massacri ustascia di fronte
a quello degli stermini perpetrati in ogni altro Paese durante la Seconda guerra mondiale, al punto che
quasi impossibile immaginare una spedizione punitiva delle squadracce ustascia senza un sacerdote e
soprattutto senza un francescano che le guidi e le inciti.
La sanguinosa crociata di molti religiosi cattolici croati proseguir fino all'epilogo dello Stato
indipendente croato. Lo testimonier un telegramma inviato il 30 marzo 1945 dal capitano Evelyn Wauch,
della 373
Missione militare britannica a Belgrado, al ministero degli Esteri a Londra: Da qualche tempo i
francescani della Croazia hanno causato preoccupazioni a Roma sia per il loro atteggiamento
indipendente sia per il loro gretto patriottismo. La maggioranza di essi proviene dal settore meno colto
della popolazione, ed stata attirata a entrare nell'Ordine, come dimostrano molti elementi, dalla
sicurezza e dalla vita relativamente comoda che esso offre. Molti di questi giovani sono stati mandati in
Italia per l'addestramento e hanno trascorso il periodo di noviziato nei pressi del quartier generale di
Pavelic presso Siena. In quel luogo sono stati avvicinati dagli agenti degli ustascia che li hanno
impregnati delle idee di Pavelic. A loro volta essi, rientrati in patria, hanno trasmesso quelle idee agli
alunni delle loro scuole.
Sarajevo viene credibilmente definita un centro dell'ustascismo francescano.
Uno scellerato in uniforme, dal nome di Majstorovic, noto per gli atti di crudelt da lui commessi sui
prigionieri del famigerato campo di concentramento di Jasenovac, stato identificato come l'ex frate [dal
1943 stato "sospeso a divinis", padre Filipovic. Nello stesso campo un altro religioso, padre Brkijacic,
prestava servizio in qualit di ufficiale. Un terzo, padre Bulanovic, ha svolto le funzioni di prefetto di
Gospic, dove si dice, ed verosimile, che abbia preso parte al massacro di alcuni contadini ortodossi.
Quello che verr definito "ustascismo francescano" solo un aspetto delle responsabilit del clero
cattolico croato nel genocidio etnico-religioso che insanguina la Croazia negli anni 1941-45.
Responsabilit multiple e articolate, dirette e indirette, queste ultime nutrite dall'avallo implicito, dalla
omissione di soccorso, dal giustificazionismo interessato, dal silenzio connivente o pavido.
Le corrispondenze dalla Croazia del giornalista italiano Corrado Zoli contengono una puntuale
denuncia delle corresponsabilit della Chiesa cattolica croata nel genocidio concepito e attuato dal
Poglavnik. Zoli scrive in piena guerra, in un periodo nel quale ogni articolo sottoposto alla ferrea
censura dal regime fascista, e mentre la dittatura mussoliniana intrattiene ottimi rapporti con la Chiesa di
Roma. Ciononostante il 18 settembre 1941, sul "Resto del Carlino", in un articolo intitolato Gli uccellini
di Graciac, Zoli racconta di come una folla di cattolici guidata da un frate francescano abbia forzato il
portale di una chiesa ortodossa, dove si trovavano rifugiati 500 serbi (perlopi donne e bambini) e li
abbia uccisi tutti; poi commenta: [In Croazia] la situazione si complica dei pericolosissimi aspetti di
una guerra di religione. Ci sono bande di massacratori che erano, e verosimilmente sono ancora,
capeggiate e infiammate da sacerdoti e da monaci cattolici. La cosa arciprovata: a Travnik, un centinaio
di chilometri a sud di Banja Luka, nei primi giorni, un frate, sorpreso a incitare col crocifisso una banda
da lui stesso capeggiata, stato passato per le armi [dalle truppe italiane. Medioevo, dunque, aggravato
dall'impiego delle mitragliatrici, delle bombe a mano, delle latte di benzina, delle cartucce di dinamite...
Tutti i guai sono avvenuti per la calata dei pochi veri ustascia, giunti qui da Zagabria, che hanno
organizzato, armato e diretto il movimento di persecuzione contro gli ortodossi con la connivenza, e
talvolta col concorso diretto, del fanatico clero cattolico rurale... Quel primo francescano di Assisi ha
chiamato fratelli e sorelle gli uccellini, mentre questi suoi discepoli e discendenti spirituali, pieni di
odio, che vivono nello Stato indipendente croato, uccidono le persone innocenti, loro fratelli nel Padre
dei cieli, nella stessa lingua, nello stesso sangue, nella stessa terra d'origine... uccidono, seppelliscono i
vivi e buttano i morti nei fiumi, nel mare o negli abissi.
Un fanatico clero cattolico rurale al quale la dittatura ustascia esprimer sempre un'assoluta
devozione e un'imperitura riconoscenza, manifestata cos dal Poglavnik: Sono convinto che i posteri
saranno grati ai sacerdoti croati di avere inculcato ai primi soldati del nostro Stato indipendente
sentimenti puri, un'alta moralit e il rispetto di Dio, come pure coraggio e decisione nell'affrontare il
nemico, in patria e fuori. Un clero cattolico il cui massimo esponente, il Primate di Croazia monsignor
Alojzije Stepinac, il 21 marzo 1944, verr infatti insignito della "Velered", la massima onorificenza della
dittatura ustascia riservata a non militari.
L'attribuzione della "Velered" a Stepinac sar questione controversa.
Secondo E. Paris, la decorazione venne effettivamente conferita a monsignor Stepinac. C. Falconi
sostiene invece che venne soltanto proposta (ma non spiega se l'arcivescovo la accett o la rifiut).
Risulta all'Autore che l'onorificenza venne proposta a Stepinac dal ministro Mile Budak e che venne
accettata, come del resto ammetter lo stesso arcivescovo nel corso del processo di Zagabria, sostenendo
che se l'avesse rifiutata il Poglavnik si sarebbe offeso.

PARTE QUARTA


NEL CANALE DEI TOPI


CAPITOLO 10

La fine del Poglavnik



Nell'estate del 1943, con lo sbarco degli Alleati anglo-americani in Sicilia (9 luglio), il regime di
Mussolini comincia a sgretolarsi.
L'inizio della fine del fascismo non dispiace al Poglavnik: la dittatura ustascia si libera di un alleato-
protettore scomodo, rinsalda i suoi legami privilegiati con la Germania nazista, e dal ripiegamento
nell'Italia settentrionale dei fascisti guadagna l'annessione formale della Dalmazia (che dall'aprile 1941
faceva parte del Regno d'Italia, e ora passa sotto il controllo croato).
Ma anche la situazione del Terzo Reich volge al peggio: bench la forza della Wehrmacht sia ancora
enorme, la "campagna di Russia" del Fhrer avviata nel giugno 1941 segna il passo per l'imprevista
riscossa sovietica. E' evidente che il destino della Germania nazista legato all'esito della guerra
all'Urss, e che il futuro della dittatura ustascia in Croazia dipende dal Reich hitleriano.
All'inizio dell'autunno 1943 i partigiani jugoslavi guidati da Tito hanno ormai assunto il controllo di
tutto il territorio montuoso della Croazia, della Bosnia e del Montenegro. E dopo la costituzione del
"Comitato nazionale per la liberazione della Jugoslavia", nel novembre 1943, le formazioni partigiane
comuniste possono contare sull'appoggio degli Alleati anglo-americani e sulla non ostilit del sovrano
jugoslavo in esilio, re Pietro II.
Nei primi mesi del 1944, mentre l'esercito di liberazione riesce a controllare settori di territorio
jugoslavo sempre pi estesi, le truppe hitleriane sono costrette a ripiegare verso i confini tedeschi.
La presenza dei nazisti in Croazia si fa precaria. La Wehrmacht impegnata nella guerra all'Urss in
rotta, l'impero hitleriano ormai agonizzante.
L'imminente fine del Terzo Reich costringe la dittatura ustascia a correre ai ripari. Pavelic tenta di
avviare trattative con i governi Alleati: sostiene la necessit di salvaguardare lo Stato indipendente
croato quale preciso interesse anche degli angloamericani, per scongiurare il pericolo di una Croazia
riassorbita all'interno di uno Stato jugoslavo retto da un regime comunista e nell'orbita sovietica.
L'episcopato cattolico croato per anni silente e complice dei crimini della dittatura ustascia ritrova
subito voce, e sostiene il tentativo del Poglavnik presso gli Alleati: denuncia a sua volta il pericolo di
una possibile fine dello Stato indipendente croato, riassorbito in una Jugoslavia comunista, e la necessit
di scongiurarlo. Il 7 luglio 1944, l'arcivescovo di Zagabria, monsignor Alojzije Stepinac, pronuncia una
omelia nel corso della quale dichiara: La Croazia attraversa gravi momenti ed possibile che le accada
qualcosa di ancora pi grave, ma noi dobbiamo credere con fiducia, ed essere sempre ottimisti, che la
Croazia rester e che nessuno potr distruggerla. Il popolo croato versa il suo sangue per il suo Stato ed
esso conserver e salver il suo Stato. Tutti i movimenti contro il popolo e l'autonomia croata non devono
togliere il coraggio ad alcuno, ma tutti devono mettersi a difendere e a costituire lo Stato con ancora
maggior forza.
Mentre il Primate di Croazia, turbato dall'incombente crollo della dittatura del Poglavnik, inneggia al
sangue e al coraggio, fra i pi pragmatici gerarchi ustascia si fa strada l'idea di poter salvare lo Stato
croato sbarazzandosi del filo-hitleriano Pavelic. Cos, nell'agosto 1944, viene organizzata una congiura
per eliminare il Poglavnik, sulla falsariga di quella fallita attuata a luglio in Germania da Klaus von
Stauffenberg per uccidere Adolf Hitler. Ma la congiura viene scoperta, i suoi promotori, il ministro degli
Affari esteri Vokic e quello delle Forze armate Miaden Lorkovic vengono arrestati, e il 30 agosto
vengono giustiziati.
Settori della gerarchia ustascia tentano allora di salvare lo Stato croato ricorrendo al moderato Vladko
Macek (da tempo relegato dalla dittatura al domicilio coatto), il quale dovrebbe assumere la Presidenza
dello Stato, guidare un fronte di solidariet nazionale in chiave anticomunista insieme ai partigiani cetnici
di Draza Mihailovic, occupare militarmente una larga fascia della costa adriatica, e invocare poi
l'intervento pacificatore degli Alleati anglo-americani. Il piano prevede la destituzione di Pavelic
mediante un putsch militare "concordato", tale da permettere al Poglavnik di avere salva la vita riparando
in Svizzera. Ma anche questo tentativo fallisce: l'emissario dei congiurati, Ivan Babic, inviato a Bari per
concordarne l'attuazione con gli Alleati, viene tratto in arresto.
Secondo varie fonti, il progetto di destituire il nazifascista Pavelic e di ricorrere a Macek ha il pieno
sostegno delle alte gerarchie del clero cattolico croato, in primo luogo di monsignor Stepinac. Nel
settembre 1946, davanti al Tribunale supremo della Croazia, l'ex ministro dello Stato indipendente croato
Alajbegovic testimonier che esisteva un progetto secondo il quale Stepinac avrebbe assunto la carica
di locum tenens dopo l'eliminazione di Pavelic. In relazione a ci Stepinac fece visita a Macek
accompagnato dal generale Moskov. Un'altra testimonianza in questo senso arriver dall'ex gerarca
ustascia Slavko Kvaternik, mentre secondo lo storico jugoslavo A. Donlagic si trattato di un tentativo
progettato dallo stesso Macek, e condiviso da alti dignitari del clero cattolico, per scendere a patti con
gli Alleati in nome di una comune prospettiva anticomunista senza pi i connotati nazifascisti
rappresentati dagli ustascia del Poglavnik.
Nel febbraio 1945 l'aviazione anglo-americana bombarda la citt tedesca di Dresda. In marzo, Hitler
dirama la sua ultima direttiva: l'autoannientamento della nazione tedesca.
Ante Pavelic punta sulla possibilit che la Seconda guerra mondiale, crollato il nazifascismo, degeneri
ulteriormente in un conflitto tra Unione Sovietica e anglo-americani; del resto, quella anticomunista la
sola carta che il dittatore ustascia pu ancora tentare per salvare il proprio regime dal crollo. Cos il
Poglavnik si prepara a costituire un fronte "antibolscevico" alleandosi con il generale cetnico Draza
Mihailovic. E' proprio quest'ultimo a evidenziare il ruolo politico della Chiesa cattolica croata, inviando
a monsignor Stepinac un memorandum con scritto: Dimenticando tutti quei momenti e circostanze che
hanno potuto o potrebbero dividerci, ritengo mio dovere pregarvi di impegnare tutta la Vostra autorit e
di profondere ogni sforzo al fine di attivare tutte le forze nazionalistiche del popolo croato contro il
bolscevismo ".
Ma gli Alleati non appoggiano il binomio Pavelic-Mihailovic, e la Conferenza di Yalta attesta che non
vi sar alcuna appendice bellica anticomunista. A quel punto il Poglavnik, senza pi scampo, predispone
una via di fuga. Con la collaborazione dei tedeschi, Pavelic organizza un treno speciale che il 30 aprile
(proprio mentre Hitler si suicida nel bunker della Cancelleria di Berlino) parte alla volta di Salisburgo: a
bordo del convoglio ci sono sua moglie Mara, e una parte dell'ingente bottino che ha accumulato nei
quattro anni della dittatura (48 casse colme d'oro, e altre contenenti gioielli e preziose collezioni
numismatiche).
Il 3 maggio Pavelic tenta un'estrema mossa politica: vara un decreto-legge che parifica, quanto a diritti
e doveri, tutti i cittadini dello Stato croato, quale che sia la loro appartenenza razziale, sancendo cos
la fine della persecuzione etnico-religiosa che ha sostanziato di orrori il regime ustascia. Si tratta di un
atto disperato, scopertamente strumentale e privo di qualunque credibilit.
Prima di fuggire verso quello che comunque ritiene un momentaneo "esilio", il Poglavnik,
accompagnato dal leader moderato Macek, si reca nel palazzo dell'arcivescovado di Zagabria, dove
incontra monsignor Alojzije Stepinac, e affida al Primate cattolico di Croazia numerose casse contenenti
dossier governativi e 36 bauli contenenti oro, gioielli e altri beni preziosi.
Il 5 maggio Ante Pavelic lascia Zagabria, e protetto dalle superstiti retroguardie naziste si rifugia in
Austria. Insieme al dittatore ci sono alcune migliaia di fedelissimi ustascia, ma anche circa 500 fra
religiosi cattolici e suore ", compreso l'arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric e il vescovo di Banja Luka
Jozo Garic; in un primo momento, tutti i religiosi fedelissimi del Poglavnik trovano rifugio nei conventi
francescani e di altri ordini austriaci nei pressi di Klagenfurt. Nei conventi francescani d'Austria si
rifugiano anche lo stesso Pavelic e il suo braccio destro AndrijaArtukovic: i due si nascondono prima in
quello di S. Gilgen, vicino a Salisburgo, e poi in quello di Bad Ischi, nei pressi di Linz (convento protetto
dall'arcivescovo di Klagenfurt monsignor Rorbach).
L'8 maggio tre giorni dopo la fuga del dittatore la capitale croata viene liberata dall'Esercito jugoslavo
guidato da Tito. Il Poglavnik, dal rifugio austriaco, comincia a operare per riprendere il potere: in gran
segreto, Pavelic invia emissari in territorio croato per tessere rapporti e trame.
Nel febbraio 1946 l'ex dittatore ustascia viene arrestato in Austria dalle forze britanniche e incarcerato
nel campo di concentramento Alleato di Klagenfurt. La Jugoslavia chiede subito la consegna dell'ex
Poglavnik, ma la richiesta viene respinta, come confermer il segretario generale del governo di
Belgrado Mitar Bakic al "New York Herald Tribune" del 14 agosto: Nel febbraio 1946 il Dipartimento
per i crimini di guerra del Comando supremo americano a Wiesbaden ha informato le nostre autorit che
Pavelic era caduto nelle mani degli inglesi... Le autorit britanniche hanno per rifiutato di consegnare
Pavelic ai nostri funzionari.
Perch i britannici rifiutino di consegnare l'ex Poglavnik alla giustizia jugoslava rimarr per sempre un
mistero. Un mistero non troppo gaudioso: Pavelic viene addirittura rimesso in libert, e ci accade
proprio quando nella zona di Klagenfurt arriva il prelato, ed ex funzionario ustascia del ministero croato
per la Colonizzazione interna (l'ente responsabile della confisca dei beni della popolazione serba in
Bosnia e in Erzegovina), monsignor Krunoslav Draganovic. Appena nominato dalla Santa Sede direttore
del Dipartimento per i Balcani, monsignor Draganovic dispone di un lasciapassare, rilasciatogli dalle
autorit militari Alleate, che lo autorizza a circolare liberamente nei campi di prigionia allestiti dalle
truppe angloamericane. arrestato, e quindi fucilato dall'esercito jugoslavo, il vescovo Janko Simrak,
mentre ignota la fine del vescovo Josip Karevic.
Lo storico jugoslavo Sime Balen sostiene che, riottenuta la libert, Pavelic rimane nascosto nel
convento di S. Gilgen fino alla primavera del 1948: dopodich si trasferisce a Roma, dove vive sotto il
falso nome di "padre Gomez" presso il "Collegio Pio Latino Americano"; l'anno dopo sempre secondo
Balen Pavelic ripara in Argentina grazie all'aiuto di monsignor Draganovic".
In realt, verr accertato che Pavelic arriva a Roma gi nel 1946, e vi rimane, sotto la protezione
curiale, fino al 1947: nel centro mondiale del cattolicesimo, il sanguinario ex dittatore ustascia vive
presso l'Istituto di San Girolamo degli Illirici coperto con la falsa identit di "padre Benarez". Nel 1947,
grazie all'aiuto di monsignor Draganovic, Pavelic si mette in viaggio alla volta dell'Argentina peronista:
si imbarca a Genova, sulla nave italiana "Andrea C.", indossando l'abito talare; viaggia sotto il falso
nome di "Aranjos Pai", con passaporto n 74369 della Croce rossa internazionale, vistato il 5 luglio 1947
dall'Ambasciata argentina di Roma su raccomandazione della segreteria di Stato vaticana.
L'ex dittatore ustascia, nel settembre 1947, sbarca a Buenos Aires, dove il presidente argentino Juan
Domingo Peron gli mette a disposizione una confortevole villa situata in calle Aviador Mermoz 643 di
Ciudad Jardin, a Lomas del Palomar. Nella capitale argentina, Pavelic costituisce il "Governo in esilio
dello Stato Indipendente Croato", con sede in Avenida Boedo 1061, del quale assume la carica di
presidente, e nomina suo vice il criminale ustascia Viekoslav Vrancic (fra l'altro responsabile delle
deportazioni di molti ebrei croati nei lager nazisti di Germania, Austria e Polonia). A Buenos Aires
cominciano anche le pubblicazioni del periodico "Hrvatska", definito "Organo ufficiale del governo
croato in esilio".
Nell'ottobre 1955 cade il regime di Peron, e la protezione garantita dallo Stato argentino all'ex
dittatore ustascia pur confermata, diviene meno sicura. Il 10 aprile 1957 anniversario della
proclamazione dello Stato indipendente croato Pavelic rimane ferito nel corso di un attentato: un esule
serbo esplode contro l'ex Poglavnik quattro colpi di pistola.
Nel 1958 Pavelic ripara nell'isola caraibica di Santo Domingo, dove ottiene la protezione del dittatore
locale Leonida Rafael Trujilo, il quale gli mette a disposizione una villa nella citt di San Cristobal, e ne
protegge l'incolumit con un reparto di truppe scelte agli ordini del generale Felipe Ciprian. All'interno
della villa di San Cristobal, Pavelic dispone di una cappella privata, nella quale ogni mattina assiste alla
Santa Messa celebrata da un frate. A Santo Domingo, il cattolicissimo ex Poglavnik frequenta
assiduamente l'arcivescovo Octavio Beras Rojas, Primate della Chiesa cattolica dominicana.
Nel gennaio 1959 Pavelic lascia il dorato rifugio di Santo Domingo e si trasferisce a Santiago del
Cile. Dopodich si reca nella Spagna del dittatore Francisco Franco, e si stabilisce definitivamente a
Madrid.
Alloggia in un convento francescano, al quale stato indirizzato dall'ex arcivescovo di Sarajevo Ivan
Saric. Nel novembre 1959 l'ex Poglavnik viene ricoverato presso l'ospedale tedesco della capitale
spagnola, dove muore il successivo 28 dicembre. Il sanguinario dittatore Ante Pavelic, pio duce di un
pio Stato cattolico, primo responsabile dell'Olocausto balcanico, passa a miglior vita attorniato da
fedeli seguaci, amici e familiari, in tutta serenit.
Nel febbraio 1960, il mensile ustascia, Hracska, edito a Madrid, e "Hravtska Zora" (di Monaco di
Baviera) pubblicano il Comunicato ufficiale sulla morte del Poglavnik Ante Pavelic. Un solenne,
religiosissimo e fanatico necrologio che cos si conclude: Il 18 dicembre 1959 il francescano Mihail
Marie, dopo aver raccolto la confessione del Poglavnik, gli ha somministrato la Santa Comunione. Il 27
dicembre il francescano reverendo Branko Marie gli ha impartito l'estrema unzione. Lo stesso giorno il
papa Giovanni XXIII gli ha fatto pervenire la sua personale benedizione. Il Poglavnik, cos com'era
vissuto, morto in grazia di Dio con la benedizione di Santa Romana Chiesa.

CAPITOLO 11


Uomini e topi

Nel novembre 1945, a pochi mesi dalla conclusione del conflitto, gli Alleati anglo-americani
istituiscono i Tribunali per processare i criminali di guerra. Ma la Chiesa di Roma si attiva per sottrarre i
criminali nazifascisti alla giustizia terrena, e il Vaticano diviene la pi grande organizzazione implicata
nel traffico illegale di emigranti criminali.
Varie entit cattoliche predispongono una via di fuga che partendo dall'Austria porta fino alla Citt del
Vaticano: una via parallela e connessa alla struttura organizzata dall'intelligence dell'esercito Usa
chiamata The Rat Channell, "IL canale dei topi"". Grazie a questo "canale" misericordioso, alcune
migliaia di criminali di guerra, a ondate successive, arrivano a Roma: ospitati in luoghi protetti
dall'extraterritorialit, vengono muniti di passaporti con false identit (spesso documenti della Croce
rossa internazionale), e infine indirizzati in sicuri rifugi nell'America del Sud, in particolare in Argentina,
Cile e Uruguay, nazioni rette da regimi autoritari nelle quali la Chiesa cattolica ha molto potere.
L'organizzazione cattolica che utilizza il "canale dei topi" guidata dal prelato ustascia monsignor
Krunoslav Draganovic, e pu contare sulla fattiva collaborazione (o anche sulla semplice compiacenza)
di una nutrita schiera di sacerdoti e prelati cattolici. Grazie a questa "provvidenza divina", nei primi anni
del Dopoguerra oltre 4.000 criminali di guerra, tra i quali almeno 200 ex gerarchi ustascia, riescono a
sottrarsi ai tribunali e alla giustizia. Attraverso il "canale dei topi", fuggono per fare solo qualche nome,
l'organizzatore della "soluzione finale" antisemita Adolf Eichmann, l'ideatore delle camere a gas mobili
Walter Rauff, il medico di Auschwitz Josef Mengele, il comandante dei lager di Sobibor e Treblinka
Franz Stangl, il teorico dell'eutanasia degli "esseri inferiori" Gehrard Bohne, il "boia di Lione" Klaus
Barbie, e molti altri criminali nazisti.
La cabina di rega del settore cattolico del "canale dei topi" situata a Roma, in via Tomacelli 132,
presso la sede del Collegio ecclesiastico di San Girolamo degli Illirici, storico centro del catto-
nazionalismo croato; all'avvento dello Stato indipendente croato, nell'aprile 1941, i seminaristi del
Collegio avevano subito ammainato la bandiera jugoslava sostituendola con quella dello Stato croato.
Durante la guerra, nel Collegio ecclesiastico venivano ospitate le delegazioni ustascia, si organizzavano
gli incontri tra queste e gli esponenti della Curia romana, con l'ambasciatore argentino Liobet, con padre
Agostino Gemelli (fondatore dell'Universit cattolica del Sacro Cuore di Milano, molto potente in
Vaticano e presidente dell'Accademia pontificia delle scienze). Nell'ottobre 1943, nel Collegio di San
Girolamo, era stato presentato il libro, scritto da monsignor Draganovic e da Ivo Guberina, Croazia
sacra, un'ode alla pratica delle "conversioni" forzate al cattolicesimo degli "scismatici" ortodossi.
Il pi famigerato ustascia messo in salvo dal settore cattolico del "canale dei topi" Ante Pavelic. Ma
l'ex Poglavnik solo il primo di una lunga serie.
Nel 1945 il primo comandante del lager di Jasenovac, Ljubo Milos, detenuto insieme all'ex
comandante in capo dei campi di sterminio ustascia, Vieroslav Luburic, nel campo di prigionia Alleato di
Fermo, in Italia. All'arrivo nel campo di prigionia di monsignor Draganovic, i due criminali ustascia,
vestendo l'abito talare, riescono a fuggire e a raggiungere l'ospitale Collegio di San Girolamo degli
Illirici, a Roma.
Del primo si perderanno le tracce, il secondo raggiunger a Madrid monsignor Ivan Saric per fondare,
insieme all'ex arcivescovo di Sarajevo, il periodico ustascia "Drina" e il gruppo "Resistenza nazionale
croata". Nel 1967 Luburic firmer la Prefazione al libro di Giuseppe Masucci, Missione in Croazia
1941-1945, un'opera apologetica dello Stato indipendente croato e del suo Poglavnik. Nel 1969 Luburic
verr ucciso a revolverate nei locali della tipografia ustascia.
Attraverso il "canale dei topi" predisposto da Santa Romana Chiesa fugge l'ex ministro dell'Interno
ustascia Andrija Artukovic. Fugge il responsabile di deportazioni di massa nei lager nazisti Viekoslav
Vrancic (per il quale l'Argentina, dove si rifugiato, nel dicembre 1977 negher l'estradizione richiesta
dal governo jugoslavo). Fugge l'ex ambasciatore ustascia in Spagna Petar Pejasevic, e fuggono gli ex
diplomatici del Poglavnik in America latina Branko Benzon (che riparer anche lui in Argentina, dove
diverr medico personale del presidente Peron), e Domagoj Antonio Petric (che nei primi anni Novanta
sar reclutatore in Argentina di mercenari filo-croati attivi nella guerra contro i serbi). Fugge l'ex capo
della polizia segreta ustascia Gorg Vrantic. Fugge l'ex capo delle guardie di Pavelic Vlado Svescen.
Fugge l'ex ministro dell'Agricoltura della dittatura Stjepan Hefer. Fuggono i gerarchi Ivan Asancaic e
Josip Markovic. Fugge l'ex comandante dell'esercito croato Josip Tomlianovic.
Fugge l'ex comandante dell'Aviazione ustascia Vladimir Kratc. Fugge l'ex capo della polizia di
Zagabria Radomil Vergovitc. Fuggono l'ex generale Ivan Herencic e l'ex colonnello Daniel Crijen.
Fuggono l'ex capo della Giovent ustascia Orsanic e il suo sodale Milo Bogetic. Fugge l'ex ufficiale
dell'esercito ustascia Ivo Bogdan (che a Buenos Aires fonder la rivista "Studia Croatica").
Fra i criminali ustascia messi in salvo attraverso il Rat Channell cattolico c' anche l'ex gerarca Ivo
Rojnica. Prefetto della citt di Dubrovnik, responsabile dello sterminio di migliaia di serbi e di ebrei, nel
1945 Rojnica fuggito portandosi appresso il bottino sottratto alle vittime. Arrestato a Trieste dopo
essere stato riconosciuto da una donna ebrea originaria di Dubrovnik, Rojnica stato liberato per
intervento di monsignor Draganovic e fatto espatriare in Argentina. Diventato industriale tessile nel Paese
sudamericano, nel 1977 la giustizia jugoslava ne ha richiesto l'estradizione, negata dalle autorit
argentine. Nel 1991 il presidente croato Franjo Tudjman nominer Rojnica ambasciatore di Croazia in
Argentina, bench il nome dell'ex gerarca ustascia sia incluso nell'elenco dei criminali di guerra ancora
ricercati; il benestare del governo argentino arriver con sollecitudine, ma la nomina verr revocata in
seguito a un'energica campagna di denuncia della stampa argentina.
Fra le decine di gerarchi ustascia riparati nella compiacente Argentina, la sola Nada Luburic (l'ex
giovane carnefice del campo di sterminio di Stara Gradiska, sorella di Vieroslav Luburic) avr problemi
con la giustizia, ma di breve durata: arrestata il 19 luglio 1998 dall'Interpol a Santa Teresita, nella
provincia di Buenos Aires, e accusata di delitti contro l'umanit, la Luburic ha dichiarato al giudice
federale argentino Hernan Bernasconi di aspettare con ansia la richiesta di estradizione in Croazia per
potersene finalmente tornare in patria.
Estradata a Zagabria il 2 novembre 1998, Nada Luburic viene subito rimessa in libert.
Stretto collaboratore di monsignor Draganovic nelle operazioni del Rat Channell il vescovo tedesco
Alois Hudal, titolare della basilica di Santa Maria dell'Anima a Roma, il quale si impegna nel
salvataggio dei criminali di guerra sotto la copertura della Pontificia opera di assistenza. Gi aderente al
Partito nazionalsocialista tedesco, autore nel 1937 del libro Die Grundiagen des Nationalsozialismus {I
fondamenti del nazionalsocialismo, con dedica a Adolf Hitler, definito il Sigfrido della grandezza
tedesca), e fondatore nel 1947 della rivista nazista edita in Argentina "Der Weg", nei suoi Diari romani
Hudal racconter il proprio attivismo per il "canale dei topi", rivendicher di avere personalmente
contribuito a salvare oltre 1.000 perseguitati, e definir tutta l'operazione come un compito svolto per
incarico del Vaticano".
Del resto, che l'operato di monsignor Hudal nell'ambito del Rat Channell cattolico avesse la
benedizione delle alte sfere pontificie lo dimostra una lettera inviatagli il 4 aprile 1949 da monsignor
Giovanni Battista Montini, sostituto segretario di Stato vaticano: una missiva che reca al vescovo tedesco
filonazista la benedizione del Santo Padre con annesso contributo di Lire Italiane 30.000. La rega
vaticana nel "canale dei topi" dimostrata anche dal sacerdote nazista Karl Bayer: fuggito dal campo di
prigionia di Ghedi (detenutovi perch era stato effettivo nel corpo dei Paracadutisti hitleriani), poi tra i
pi attivi nell'organizzazione cattolica di aiuto ai criminali di guerra, nel 1950
Bayer verr premiato con la nomina a segretario generale della Caritas Internationalis.
Nel Rapporto top secret inviato il 15 maggio 1947 dall'addetto militare Usa a Roma Vincent La Vista
al segretario di Stato americano George Marshall, sono elencate in dettaglio le responsabilit vaticane e
la partecipazione di numerosi religiosi all'attivit illegale e clandestina connessa al Rat Channell. Tutti i
criminali che ne hanno beneficiato sono accomunati dal pi fanatico fervore anticomunista e per questo
"figli prediletti" della Chiesa cattolica.
Nel 1997 si apre il contenzioso fra le organizzazioni ebraiche internazionali e gli istituti bancari della
Confederazione elvetica per la vicenda dell'oro sottratto dai nazisti alle loro vittime e nascosto nei
caveau delle banche svizzere.
Emerge cos un nuovo aspetto delle complicit della Santa Sede con la dittatura di Ante Pavelic: come
i gerarchi nazisti, anche quelli ustascia hanno nascosto denaro, oro e preziosi, razziati durante l'Olocausto
balcanico, nei "paradisi bancari" della Svizzera; e una parte di quel sanguinoso "tesoro" finito anche
nei forzieri della Citt del Vaticano.
Il 22 luglio 1997 il quotidiano francese Le Matin" pubblica un articolo intitolato Oro croato al
Vaticano? L'amministrazione americana indaga su un trasferimento di 800 milioni di franchi francesi, nel
quale scritto: Bill Clinton ha annunciato ieri che il Dipartimento del Tesoro sta studiando il documento
d'archivio che rivela che la Santa Sede ha conservato dell'oro dell'antico regime fascista di Croazia.
Secondo il documento, diffuso da una rete televisiva americana, una parte rilevante delle riserve d'oro
del regime fascista di Croazia, del valore di circa 800 milioni di franchi, sotto forma di lingotti d'oro,
sarebbe stato immagazzinato presso il Vaticano, verso la fine della Seconda guerra mondiale, per evitare
che venisse sequestrato dagli Alleati... Datato ottobre 1946, il documento stato scritto da un
responsabile dell'epoca del Dipartimento americano del Tesoro, Emerson Bigelow. Citando il direttore
delle ricerche monetarie, Bigelow assicura che sul finire della Seconda guerra mondiale il regime
ustascia di Zagabria aveva tentato di far uscire dal suo territorio 350 milioni di franchi svizzeri". I
britannici ne avevano intercettati 150 milioni. Secondo voci insistenti, queste riserve, essenzialmente
costituite da lingotti d'oro, in seguito sarebbero state dirottate, a cura del Vaticano, verso la Spagna e
l'Argentina, [Paesi] nei quali si era rifugiato Ante Pavelic, il dittatore fascista di Croazia... [Nel
documento del 1946]
Bigelow afferma di ritenere che queste voci siano state diffuse dal Vaticano per nascondere la verit:
secondo lui queste riserve non hanno mai lasciato la Citt pontificia.
La Santa Sede, attraverso il portavoce del Papa, Joaquin Navarro Valls, smentisce tutto, definendo le
notizie riportate dal quotidiano francese informazioni senza alcun fondamento.
Il contenzioso fra le organizzazioni ebraiche e gli istituti bancari svizzeri porta alla luce ulteriori
elementi che attestano le responsabilit vaticane.
Nel dicembre 1997, a Londra, si svolge la Conferenza internazionale sull'oro trafugato dai nazisti, alla
quale prendono parte delegazioni di 41 Paesi. Al termine della Conferenza viene diramato un appello
firmato dal rappresentante della Gran Bretagna, lord Janner, dal rappresentante dello Stato di Israele, e
dal sottosegretario di Stato Usa Stuart E. Eizenstat con il quale si sollecita la Santa Sede ad aprire gli
archivi vaticani risalenti agli anni dello sterminio antisemita ".
Una somma equiparabile a circa 20 mila miliardi di lire odierne.
Pressata dalle iniziative diplomatiche e dall'opinione pubblica internazionale, il 16 marzo 1998 la
Santa Sede diffonde un documento intitolato We Remember ("Noi ricordiamo"), presentato dal cardinale
Edward Cassady.
Con questo documento, la Chiesa cattolica manifesta un qualche vago pentimento per la sua mancata
difesa degli ebrei perseguitati dai nazifascisti. Ma si tratta di un sostanziale atto di autoassoluzione
ipocrita e mistificatorio: da un lato, infatti, la Santa Sede circoscrive a singoli e imprecisati esponenti del
cattolicesimo le pavidit e le complicit rispetto alla persecuzione antisemita; dall'altro esalta la figura e
il ruolo di Pio XII, cio del primo responsabile del connivente silenzio accordato da Santa Romana
Chiesa ai nazifascisti impegnati per anni nel genocidio razziale.
La questione dell'oro trafugato dai nazisti e degli ustascia ai serbi e agli ebrei oggetto di uno
specifico rapporto del sottosegretario di Stato americano Stuart E. Eizenstat del giugno 1998.
Il capitolo intitolato Il destino del tesoro di guerra degli ustascia si sofferma in particolare sulle
relazioni fra il regime ustascia e il Vaticano: A. Instaurazione del regime ustascia croato in tempo di
guerra [...] In una certa misura i leader americani e britannici erano a conoscenza delle azioni assassine
del regime ustascia contro serbi, Israeliti e Rom, che vivevano sotto il controllo del regime croato.

(Nota: Il documento vaticano finge di ignorare per fare solo un esempio, che la Santa Sede tacque
prima, durante e dopo la retata nazista di 1.200 ebrei romani, rastrellati nel ghetto di Roma il 16 ottobre
1943 e deportati a Auschwitz (da dove ne tornarono vivi pochissimi): sospinti dalle SS, i 1.200 ebrei
romani rastrellati transitarono sotto le finestre del Vaticano, dalle quali non si affacci nessuno.

Non chiaro se i leader alleati si rendessero conto che 700.000 vittime, la maggior parte serbe, erano
state assassinate nei campi della morte ustascia, a Jasenovac come altrove, con i metodi pi crudeli e
primitivi, incluse le fucilazioni di massa, i colpi di mazza, e la decapitazione. Gli Alleati cominciarono
ad accogliere i rifugiati jugoslavi in Italia negli ultimi mesi del 1943, dopo lo sbarco nella penisola.
Pochi erano gli ebrei: i nazisti e gli ustascia ne avevano sterminato la maggior parte. Se pure non
compresero quale fosse stata la sorte di ebrei e rom, le autorit americane capirono chiaramente ci che
era accaduto ai serbi nel territorio sottoposto al controllo ustascia. Nell'agosto 1941, l'ambasciatore
jugoslavo, Constantin Fotic, ricevette dal Capo dell'Ufficio Balcanico del Dipartimento di Stato un
rapporto che descriveva la "vasta politica di sterminio della razza serba [compiuta dagli ustascia] nello
Stato Indipendente di Croazia", e che riferiva dei brutali e atroci massacri che venivano compiuti.
Il 20 dicembre 1941, Fotic si appell al presidente Roosevelt ed esamin insieme a lui un
memorandum sulle atrocit commesse contro i serbi. Il Presidente [Roosevelt] rimase scioccato da quel
rapporto, domandandosi come i serbi potessero, dopo tali crimini, sperare di vivere in un futuro Stato
comune con i croati. Nel marzo 1943, quando il ministro britannico degli Affari esteri, Anthony Eden, si
rec in visita alla Casa Bianca per un riesame degli obiettivi bellici Alleati, ebbe modo di udire "la
ripetuta opinione" del Presidente Roosevelt che l'antagonismo fra serbi e croati escludeva la possibilit
di una loro coesistenza in uno stesso Stato e che i croati dovevano essere posti sotto amministrazione
controllata.
Il Vaticano, che mantenne un Legato apostolico a Zagabria dal giugno 1941 fino alla fine della guerra,
era consapevole della campagna di massacro, che cominci con l'internamento della maggioranza (da
35.000 a 45.000) degli ebrei di Croazia nella primaveraestate 1941, proseguendo poi con la fuga di circa
5.000 ebrei dalle zone dello Stato croato sotto occupazione tedesca verso la parte italiana del
protettorato, e con la deportazione in Germania di tutti gli ebrei rimasti nel luglio 1942. Le autorit
cattoliche croate condannarono le atrocit commesse dagli ustascia, ma d'altra parte continuarono a
sostenere il regime. Nel corso della sua visita in Croazia del marzo 1943, il ministro tedesco degli
Interni, Heinrich Himmler, richiese che i pochi ebrei rimasti venissero deportati in Germania (compresi
quelli che erano stati battezzati o che erano sposati con cattolici). La Germania moltiplic gli sforzi,
durante la guerra, per forzare gli italiani a deportare gli ebrei che avevano trovato rifugio nella Dalmazia
da loro occupata. Molti di questi ebrei finirono per trovare rifugio nell'isola di Rab, al largo della costa
dalmata.
All'inizio del 1944, gli occupanti tedeschi si vantarono di avere completamente eliminato la
popolazione ebrea di Croazia (con l'eccezione di quelli che erano riusciti a garantirsi la protezione
italiana o a scappare unendosi ai partigiani).
B. Il tesoro ustascio e il suo trasferimento in Svizzera.
I rapporti del Dopoguerra indicarono che una parte del tesoro del regime ustascia era costituito dai
beni preziosi rubati alle vittime deportate durante la campagna di pulizia etnica ustascia. Gli esperti
dell'intelligence americana arrivarono alla conclusione che dopo la guerra i capi ustascia disponessero di
oltre 80 milioni di dollari Usa (350 milioni di franchi svizzeri) [valore dell'epoca, perlopi sottoforma di
monete d'oro, di cui una parte era stata confiscata alle vittime dell'Olocausto croato. Altri rapporti non
verificati dei primi anni Cinquanta suggerirono l'ipotesi che il tesoro fosse pi modesto e di dislocazione
incerta. Nel 1944 il regime ustascia cominci a trasferire beni presso la banca svizzera per occultarli. Il
31 maggio 1944 la Banca Nazionale Svizzera accett 358 chilogrammi d'oro [dalla]
Croazia, seguiti da altri 980 chilogrammi il 4 agosto 1944.
Il deposito d'oro croato del 4 agosto 1944 non era stato accettato come acquisto dalla Banca Nazionale
Svizzera, ed era stato trasferito in Svizzera senza un precedente consenso della Banca, e senza la prevista
autorizzazione. Ciononostante la Banca Nazionale Svizzera accett la consegna illegale e ne consent
l'accredito presso il conto aperto dalla Banca di Stato Croata il precedente 31 maggio. L'oro croato
trasferito alla Bns nell'agosto 1944 sembra corrispondere ai 980 chilogrammi prelevati nel 1941 dalle
autorit croate presso la filiale di Sarajevo della Banca Centrale del dissolto Regno di Jugoslavia.
L'oro croato trasferito in Svizzera nell'agosto 1944 accompagnava 25 tonnellate di argento acquistate
dalla Bns per il conio di monete. Nell'ottobre del 1944 rappresentanti del governo-fantoccio di Croazia
tentarono senza successo di persuadere la Bns a permettere che l'oro venisse trasferito presso un conto
croato in Germania. Nel dicembre 1944 la Bns respinse la richiesta croata di rimandare l'oro a Zagabria,
e il Consiglio federale svizzero congel tutti i beni croati in Svizzera.
D. La rete sotterranea ustascio a Roma e l'oro ustascio.
Secondo le informazioni raccolte in tempi diversi dai servizi d'informazione Usa, il collegio di San
Girolamo degli Illirici, a Roma, che ospitava i croati studenti in Vaticano durante e dopo la Seconda
guerra mondiale, fu un centro di attivit clandestine croate e di una rete sotterranea croata che aiutava i
fuggiaschi e i criminali ustascia a fuggire dall'Europa del Dopoguerra. Nel marzo 1946, anche i servizi
segreti britannici identificarono San Girolamo come una chiesa per gli ustascia, diretta da una
confraternita di preti croati, la "Confraternita di San Girolamo". Tale confraternita procurava falsi
documenti d'identit agli ustascia in fuga, permettendo loro di scappare e sfuggire all'arresto degli
Alleati.
Monsignor Juraj Madjerec, identificato dal rapporto d'informazioni quale partigiano ustascia, era il
direttore di questo collegio, ma il principale animatore di questa attivit ustascia a Roma era il segretario
del collegio, padre [in realt monsignore, Krunoslav Stefano Draganovic, gi colonnello ustascia ed ex
ufficiale del "Ministero della colonizzazione interna" croata, l'Ente responsabile della confisca dei beni
serbi in Bosnia e Erzegovina.
Considerato dagli ufficiali d'informazione americani l'"alter ego" di Ante Pavelic, padre Draganovic,
nato in Croazia, era stato professore di Teologia all'Universit di Zagabria. Nel 1943 si trasfer a Roma,
ufficialmente come rappresentante della Croce rossa croata, ma verosimilmente per coordinare le
operazioni ustascia in Italia.
Approfittando dei suoi contatti nella Croce rossa internazionale e in altre organizzazioni di aiuto ai
profughi, Draganovic aiut i fuggitivi ustascia a emigrare illegalmente verso l'America del Sud,
procurando loro abiti ecclesiastici e falsi documenti, cos come il trasporto, in particolare verso
l'Argentina. I rapporti dei servizi informativi americani attribuiscono un ruolo rilevante al prete
Draganovic nel sostegno agli ustascia che cercavano protezione in Roma all'indomani della guerra.
Risulta altres che egli avesse l'incarico di salvaguardare gli archivi della Legazione ustascia di Roma,
ci che fece in parte dentro il Vaticano, occupandosi anche dei beni al seguito degli ustascia in fuga...
Sotto la direzione di Draganovic, la rete sotterranea croata di San Girolamo svilupp un'organizzazione
clandestina efficace che forniva un servizio d'evacuazione ai nazionalisti croati, in fuga dal regime
jugoslavo. L'organizzazione di Draganovic collabor anche con il Rat Channell, [struttura] fondata e
diretta dai Counter Intelligence Corps (Cic) dell'Esercito americano, al fine di aiutare i transfughi,
informatori e attivisti sovietici e dell'Est europeo, a fuggire dai territori controllati dai comunisti. Nel
1951 Draganovic collabor con i Cic per organizzare la fuga in Sud America dell'informatore
anticomunista e criminale di guerra nazista Klaus Barbie. Alla met di ottobre 1958, pochi giorni dopo la
morte di Papa Pio XII (9 ottobre), Draganovic ricevette dal Sottosegretario di Stato vaticano l'ordine di
lasciare il collegio di San Girolamo. Nel 1962, i Cic lo scaricarono come agente "con pregiudizi, per
ragioni di sicurezza e mancanza di controllo".
Negli anni successivi le relazioni tra Jugoslavia e Vaticano migliorarono e vennero infine normalizzate
nel giugno 1966. Draganovic, che aveva rotto con Ante Pavelic nel 1955, benefici di una amnistia
accordata dal regime di Tito nei primi anni Sessanta. Nel 1967 si rec a Trieste e attravers a piedi il
confine jugoslavo. Pochi giorni dopo pronunci un discorso alla radio jugoslava nel quale denunciava gli
ustascia e lodava i progressi compiuti dal regime di Tito a partire dalla fine della guerra. Tutto indica che
Draganovic visse poi tranquillamente in Jugoslavia, dove mor nel luglio 1983.
Dall'inizio del 1946 alla fine 1947 gli ustascia di Roma offrirono rifugio a Ante Pavelic, cos come ad
altri capi ustascia. Pavelic era arrivato a Roma nel 1946 travestito da prete con passaporto spagnolo. I
rapporti affermano che nei due anni successivi egli visse sia al San Girolamo sia in altre basi di Roma. Il
sostegno della rete sotterranea croata di Roma fu cruciale per la fuga di Pavelic dall'Europa verso
l'Argentina.
I Cic, che avevano la responsabilit del reperimento dei criminali di guerra, sapevano della presenza
di Pavelic in Italia e tennero per quasi due anni sotto osservazione le sue attivit, tentando anche di avere
un preciso quadro dei suoi spostamenti. Alla fine di luglio del 1947, dopo che un rapporto del Cic indic
che Pavelic viveva in un particolare edificio romano di propriet del Vaticano, e dopo consultazioni a
Washington, il Dipartimento di Stato diede istruzioni al Comando Supremo delle Forze Alleate in Italia,
secondo le quali "gli Stati Uniti devono collaborare con le autorit italiane per quanto questo caso lo
richieda". Quattro giorni dopo il Governo britannico diede il proprio assenso all'iniziativa. Gli agenti dei
Cic assegnati all'osservazione delle attivit di Pavelic in previsione del suo arresto informarono del fatto
che egli godeva sia della protezione britannica sia di quella vaticana, e sconsigliarono un'azione
unilaterale americana per estradare Pavelic in Jugoslavia, allo scopo di non perdere il sostegno dei
cattolici e degli emigrati anticomunisti. Il servizio segreto militare Usa sottoline il fatto che l'arresto di
Pavelic avrebbe alienato il sostegno dei croati leali alla causa ustascia, i quali venivano sempre pi
spesso impiegati come informatori delle agenzie di intelligence americane. Infine le forze Usa si
ritirarono dall'Italia senza agire in maniera decisiva per catturare Pavelic. [Ma] l'interessamento dei Cic
[indusse] Pavelic a lasciare Roma per un monastero vicino alla residenza estiva del Papa a Castel
Gandolfo, dove rimase vari mesi prima della sua partenza dall'Europa.

CAPITOLO 12


Alla ricerca del tesoro ustascio

I documenti ufficiali Usa rivelano una conoscenza imperfetta del destino del tesoro ustascia,
comprensivo dell'oro e dei valori rubati alle vittime ebree, serbe e zingare dalla politica di pulizia etnica
ustascia e dalle deportazioni e assassini degli ebrei e altri dai tedeschi. Una descrizione completa degli
avvenimenti del periodo ustascia in Croazia e della fuga dei suoi dirigenti, finanziata in una certa misura
dai resti del tesoro ustascia, deve trovarsi negli archivi di altre nazioni e verosimilmente del Vaticano...
Ci sono prove che almeno una parte degli archivi del ministero croato degli Affari esteri fu inviata in
Vaticano verso la fine della guerra...
Nelle sue memorie, James V. Milano, comandante del 430 distaccamento del controspionaggio
dell'UsArmy's Counter Intelligence Corps, parla di distruzione completa della documentazione completa
della "via dei topi" da parte dell'Esercito americano, e dei suoi rapporti con il gruppo croato.
Oltre alle prove concernenti l'attivit clandestina ustascia nel Collegio San Girolamo, sussiste la
questione dell'atteggiamento dell'amministrazione pontificia. Durante la Seconda guerra mondiale, il Papa
dell'epoca. Pio XII, osserv una neutralit studiata che stata oggetto di controversie storielle
considerevoli. Il suo atteggiamento nei confronti dei cattolici croati del Collegio San Girolamo, e di altri,
ha dato luogo a molte speculazioni. Anche se non sono state trovate prove dell'implicazione diretta del
Papa, o dei suoi consiglieri, nelle attivit degli ustascia in Italia nel Dopoguerra, sembra inverosimile
che essi abbiano del tutto ignorato quanto stava accadendo. Le autorit vaticane [dicono] di non aver
trovato alcun documento suscettibile di fare luce sulla questione dell'oro ustascia.
Il 3 giugno 1998 il "Corriere della Sera" pubblica una corrispondenza da Washington di Ennio Caretto:
Ustascia, fuga con l'oro degli ebrei.
Washington accusa: in Vaticano sapevano ma non denunciarono i fascisti croati.
Nell'articolo, Carretto informa della conferenza stampa tenuta dal sottosegretario di Stato Usa
Eizenstat per illustrare i contenuti del rapporto, e fra l'altro scrive: Con i tesori sottratti agli ebrei, alla
fine della Seconda guerra mondiale gli ustascia, i fascisti croati, finanziarono la propria fuga in America
Latina, e quella di criminali di guerra nazisti come Klaus Barbie, con l'aiuto del Collegio pontificio di
San Girolamo, a Roma. Lo ha affermato ieri il sottosegretario di Stato Usa Eizenstat, invitando il
Vaticano ad aprire i propri archivi per fare luce sul controverso capitolo. "Molto probabilmente, il
Collegio pontificio dove essi trovarono protezione venne finanziato almeno in parte dai tesori ebrei
rubati dagli ustascia", ha sostenuto Eizenstat. "Non abbiamo le prove che il Papa e i suoi consiglieri
fossero implicati nella cosiddetta Rat Line, la rotta dei topi, ma restano inquietanti interrogativi ed
difficile che essi ne ignorassero l'esistenza"... Il sottosegretario di Stato ha fatto capire che l'Italia
dovrebbe formare una commissione di storici, sull'esempio di altri 16 Paesi, per accertare le sue
eventuali responsabilit: "IL San Girolamo situato fuori dal Vaticano, e paga le tasse allo Stato
italiano".
Non la prima volta che il Collegio di San Girolamo a Roma viene accusato di avere fornito rifugio
agli ustascia e ai nazisti tedeschi.
Ma la prima volta che si parla dei suoi finanziamenti tramite l'oro ebreo e che l'America esorta il
Vaticano a pubblicare la relativa documentazione... Secondo il sottosegretario di Stato americano, gli
ustascia rubarono agli ebrei croati 80 milioni di dollari in oggetti d'oro, cifra allora enorme, e la
trasferirono parzialmente in Svizzera nel 1944. L'anno successivo, essa fu rimborsata a Tito. Ma il capo
degli ustascia Ante Pavelic, rifugiatosi presso gli inglesi alla fine della guerra, avrebbe portato con s
fino a 35 milioni di dollari...
[Eizenstat] riferisce che il leader ustascia si nascose a Roma dal 1946 al 1948 "senza che i servizi
segreti inglesi e Usa facessero il minimo sforzo per catturarlo". Era gi cominciata la Guerra Fredda, e la
principale preoccupazione di Londra e Washington era il contenimento di Mosca: in quell'ambito, esse
usavano come spie o informatori persino gli ustascia e i nazisti. Il San Girolamo ha scritto il
sottosegretario si trasform in un centro clandestino di assistenza ai criminali di guerra.
Il suo segretario don Krunoslav Draganovic, un croato, adoper certi contatti con la Croce rossa
internazionale per farli emigrare illegalmente in Sud America con falsi documenti. I mezzi non
mancarono: erano l'oro di Pavelic e compagni.
Eizenstat non ha risparmiato neppure i servizi segreti americani. "Tra la fine degli anni Quaranta e
l'inizio dei Cinquanta collaborarono con gli ustascia nella gestione della rotta dei topi"... L'ultimo
j'accuse di Eizenstat riguarda Tito. Nel 1946, ha ricordato il sottosegretario di Stato, "gli Stati Uniti si
resero conto che la Jugoslavia perseguitava i suoi nemici politici... Una serie di attacchi agli aerei
americani, il tentativo di annettersi Trieste, alcuni casi di spionaggio anti occidentale indussero
Washington e Londra a prendere posizione contro il regime comunista". Sulle attivit degli ustascia e del
Vaticano venne perci steso un velo di silenzio....
Due giorni dopo, il quotidiano di Belgrado "Novosti" riprende le accuse di Washington al Vaticano per
l'oro ebraico trafugato dagli ustascia.
Poi riporta la reazione ufficiale di parte vaticana, espressa dal portavoce pontificio Joaquin Navarro
Valls: II segretario dell'Istituto San Girolamo, che era all'epoca il dottor Krunoslav Draganovic, ha forse
utilizzato quest'oro unicamente a proprio titolo, senza l'autorizzazione dell'Istituto e senza che il Vaticano
lo sapesse.

CAPITOLO 13


La condanna del presunto martire

L'8 maggio 1945 l'esercito di liberazione jugoslavo entra a Zagabria.
Ante Pavelic, tre giorni prima, fuggito in Austria. I gerarchi della dittatura rimasti in Croazia vengono
arrestati e incarcerati. I primi interrogatori portano al rinvenimento e al sequestro del "tesoro" (oro,
preziosi e documenti) affidato dal Poglavnik in fuga all'arcivescovo di Zagabria.
Monsignor Stepinac viene arrestato il 17 maggio 1945 e rimane in stato di detenzione fino al
successivo 3 giugno. Il 4 giugno, appena riottenuta la libert, Stepinac ha un colloquio riservato con Tito
(il quale, due giorni prima, si incontrato con alcuni altri rappresentanti della Chiesa cattolica di
Zagabria): il nuovo regime jugoslavo intende instaurare buoni rapporti con la Santa Sede, dalla quale si
aspetta, in cambio del silenzio sulle responsabilit del clero croato nel genocidio degli ortodossi una
politica di apertura e collaborazione. Ma la politica estera vaticana rimane segnata dal pi viscerale
anticomunismo, e la Chiesa di Roma non solo non manifesta alcuna apertura verso la "nuova Jugoslavia",
ma la osteggia con veemenza.
Alle elezioni per l'Assemblea costituente del nuovo Stato jugoslavo federativo, svoltesi l'il novembre
1945, il Fronte di liberazione popolare, egemonizzato dalla Lega dei comunisti jugoslavi e presente come
lista unica, raccoglie il 90 per cento dei suffragi. Il 25 novembre l'Assemblea costituente dichiara
decaduta la monarchia, e il giorno 29 dello stesso mese viene proclamata la Repubblica socialista
federativa di Jugoslavia, retta da un governo federale guidato dal maresciallo Tito. Il 31 gennaio 1946
viene promulgata la nuova Carta costituzionale.
All'insegna del concetto di fratellanza e unit dei popoli del Paese, il nuovo assetto federativo
jugoslavo prevede il riconoscimento di sei entit statali federate (Serbia, Croazia, Slovenia, Montenegro,
Bosnia-Erzegovina e Macedonia), alle quali si aggiungono due entit autonome (la provincia della
Vojvodina e il distretto del Kosovo-Metohija). I confini dello Stato croato vengono riportati a quelli
dell'agosto 1939.
In Croazia, dopo il crollo del regime ustascia e l'avvento di Tito, la Chiesa cattolica la sola struttura
superstite e attiva: bench pesantemente coinvolto nella sanguinosa dittatura del Poglavnik, l'Episcopato
cattolico mantiene comunque il proprio potere.
Le ritorsioni anti-cattoliche delle popolazioni serbe e ebree perseguitate durante gli anni della dittatura
ustascia sono marginali e episodiche: il 4 novembre 1945, per esempio, una sassaiola accoglie
monsignor Stepinac a Zapresic, nei pressi di Zagabria. Le autorit arrestano i sacerdoti pi coinvolti
nelle persecuzioni: alcune centinaia di religiosi cattolici vengono sottoposti a regolari processi, al
termine dei quali molti di essi vengono condannati a morte.
A riprova che la dittatura ustascia aveva il pieno appoggio della Chiesa cattolica croata, monsignor
Stepinac, fin da subito, leva alta la propria voce contro la nuova Repubblica socialista: contesta alla
radice l'assetto del nuovo Stato jugoslavo, attacca a fondo il nuovo potere comunista, contrasta
strenuamente i provvedimenti legislativi del governo popolare, e si attiva per un ritorno degli ustascia e
dello Stato indipendente croato. L'arcivescovo di Zagabria diviene cos il punto di riferimento dei
nostalgici del Poglavnik e di tutte le posizioni anticomuniste in Croazia e nel nuovo Stato jugoslavo,
come confermer la testimonianza di un ufficiale inglese, coperto dall'anonimato, nel 1946: Lo storico
jugoslavo M. Bulajic ha ricostruito un elenco di 629 religiosi cattolici direttamente responsabili dei
massacri ustascia.
Diciotto mesi or sono [primavera 1945, mentre mi trovavo in Jugoslavia come ufficiale di
collegamento, lessi sulla stampa controllata dai tedeschi e udii alla radio di Zagabria l'invito rivolto
dall'arcivescovo al suo popolo perch si stringesse attorno allo Stato croato ormai in dissoluzione,
opponendosi alle armate alleate che procedevano verso la vittoria finale. Alcune settimane dopo
Zagabria veniva liberata. L'arcivescovo rimase al suo posto mentre Pavelic fugg.
Ritornato a Zagabria un anno dopo, rimasi sorpreso nel constatare che, nonostante i profondi mutamenti
avvenuti in Jugoslavia, monsignor Stepinac era ancora il Primate di Croazia. L'arcivescovo mi concesse
un'udienza, intrattenendomi per oltre un'ora in colloquio privato. Egli mi spieg con franchezza che lui e i
suoi sacerdoti avevano collaborato con i tedeschi perch, di fatto, la guerra si era identificata in uno
scontro tra fascismo e comunismo: egli aveva scelto di schierarsi sul primo fronte, e i britannici sul
secondo. Espresse il suo rammarico per gli errori verificatisi sotto l'occupazione nazista, ma precis di
preferirli a quelli dell'attuale regime, in primo luogo perch, a suo parere, questo era stato imposto dai
serbi, e in secondo luogo perch i tedeschi e gli ustascia avevano bruciato le chiese e distrutto le
congregazioni [di ortodossi ed ebrei, mentre i comunisti, attraverso le loro riforme scolastica e agraria,
minacciavano l'esistenza stessa della Chiesa servendosi delle sue scuole e dei suoi beni. Egli si augurava
che l'Occidente usasse la bomba atomica per imporre la sua civilt a Mosca e Belgrado, prima che fosse
troppo tardi.
Mentre riattraversavo i chiostri ombreggiati della piazza della cattedrale, mi chiedevo stupito quanto a
lungo ancora monsignor Stepinac avrebbe mantenuto la guida spirituale della Croazia".
Per ascoltare un primo, ancorch vaghissimo, accenno autocritico da parte dell'Episcopato cattolico
croato rispetto al recente passato della dittatura ustascia col suo carico di orrori, occorre aspettare il 20
settembre 1945. Noi ammettiamo che ci sono stati dei preti che, fuorviati dalla passione nazionale,
hanno peccato contro la legge divina e la carit cristiana e, per questo, meritano di rispondere dei loro
atti davanti alla Giustizia terrena: un passo contenuto nella Lettera Pastorale dei vescovi cattolici
jugoslavi, seguita alla Conferenza vescovile plenaria di Zagabria. La Pastorale firmata da Stepinac, da
altri 2 arcivescovi, da 10 vescovi e da 4 vicari generali risolve in queste 4 righe la questione
dell'Olocausto balcanico e il collaborazionismo della Chiesa cattolica con la feroce dittatura del
Poglavnik. Per il resto, la Pastorale tutta dedicata a una lunga, vibrante arringa contro il nuovo regime
jugoslavo del comunista Tito, accusato di essere autoritario e di perseguitare il clero cattolico: In primo
luogo, cari fedeli, ci addolora e ci fa pensare la dolorosa e terribile sorte di molti pastori spirituali delle
vostre anime. Gi durante la guerra caduto un grande numero di sacerdoti, non tanto nei combattimenti e
nelle battaglie, quanto per condanne delle attuali autorit civili e militari... Quando sono terminate le
operazioni militari non sono cessate le condanne a morte dei sacerdoti cattolici.
Il loro numero, secondo i nostri dati, ammonta a 243 morti; 269 si trovano nelle carceri e nei campi di
concentramento, 89 sono dispersi: un totale di 491 vittime. A questi bisogna aggiungere l'uccisione di 19
chierici, 3 fratelli laici e 4 suore... I tribunali che hanno emanato queste sentenze capitali hanno proceduto
sommariamente. Gli imputati, il pi delle volte, non sapevano nulla dell'accusa a loro carico fino al
dibattimento... Chi pu dimostrare che tanti sacerdoti condannati a morte siano in realt dei malfattori,
che meritano la pena capitale?
Sono stati forse tutti costoro degli assassini? Cos, per esempio, sono stati uccisi nel convento dei
Francescani a Siroki Brijeg tutti i francescani, 28 di numero, senza alcun processo, sebbene nessuno di
essi avesse preso in mano un fucile e tanto meno avesse combattuto contro l'Esercito nazionale di
liberazione, come sono stati falsamente accusati, e per quanto fossero quasi tutti ben noti come contrari a
ogni ideologia... Un grande numero di sacerdoti si trova nei vari campi di concentramento, condannati ai
lavori forzati per lunghi anni. Ma non basta: sino a oggi si tolta al Vescovo greco-cattolico dottor Janko
Simrak la libert, mentre ignoriamo la sorte del Vescovo Karevic. Nei campi di concentramento [molti]
devono compiere lavori che avviliscono la loro dignit sacerdotale. Spesso loro impedito di assistere
alla funzione domenicale, sebbene ce ne sia la possibilit; ancor meno loro permesso di celebrare il
Santo Sacrificio, la qual cosa sarebbe a loro di grande conforto e sollievo spirituale, e non solo a loro,
ma anche agli altri numerosi reclusi...
La mancanza della stampa la seconda dolorosa piaga nella vita della Chiesa cattolica. Dei quasi
cento giornali che avevano prima della guerra, oggi non ne esce pi nessuno. Quando abbiamo chiesto il
permesso per la stampa, ci hanno addotto i pi svariati argomenti per non concedercelo. Tra l'altro, ci
hanno fatto presente pure la mancanza di carta, ma soltanto dal palazzo arcivescovile di Zagabria sono
stati asportati parecchi vagoni di carta, che dovevano servire per la stampa cattolica... Le stamperie
cattoliche sono in gran parte chiuse e condannate all'inerzia. La Tipografia nazionale di Zagabria stata
ostacolata in tutti i modi. E poich non si riusciva nell'intento, il suo direttore stato condannato alla
perdita dell'onore nazionale e la tipografia, che non era di sua propriet, stata confiscata, e appena
alcuni giorni fa ci stata restituita in seguito alle nostre proteste.
Il grande stabilimento tipografico della Societ cattolica di Lubiana stato tolto ai cattolici...
In non migliori condizioni si trovano i seminari cattolici... Bench la guerra sia gi da tempo finita,
pure parte di questi locali occupata dai soldati, parte requisita come a Zagabria sulla Salata, a Spalato,
a Travnik, a Lubiana, a Maribor, a Segna e altrove...
Nel campo educativo sono stati inferti alla Chiesa cattolica una serie di colpi, prima di tutto per quello
che riguarda l'insegnamento religioso nelle scuole. In tutte le scuole, infatti, l'insegnamento religioso
considerato come non obbligatorio, cosicch chi vuole frequentarlo deve prenotarsi. Siamo fieri di
riconoscere che i genitori cattolici hanno plebiscitariamente votato per l'insegnamento religioso in tutte le
scuole ove ne sono stati richiesti. In Croazia l'insegnamento religioso nelle pagelle scolastiche annuali
messo all'ultimo posto, come la materia meno importante, dopo tutte le materie secondarie. Inoltre,
l'insegnamento religioso in tutte le scuole elementari e medie ridotto da 2 ore settimanali a una... Nelle
classi superiori delle scuole medie in Croazia, l'insegnamento religioso stato abolito, motivandolo con
il principio della libert di coscienza...
Oltre le scuole private, la Chiesa cattolica aveva numerosi istituti e collegi per l'educazione della
giovent delle scuole medie e di quella operaia, come pure dei bambini. Questi collegi sono oggi in
maggioranza chiusi o sono loro preposti quasi dappertutto commissari e commissarie.
Sull'attivit di questi istituti cattolici certuni, che mai sottoscrivono nei giornali i loro articoli,
riportano false accuse e caricature ingiuriose. Costoro proclamano l'educazione religiosa in questi istituti
come medioevale e retrograda...
La giovent nei villaggi e nelle citt esposta a nuovi pericoli morali a causa dei balli, che si
protraggono a lungo nella notte e alle volte fino all'alba. Cos avviene che la giovent maschile e
femminile rimane alle volte assieme tutta la notte, sotto l'influenza di bevande alcoliche e senza la
sorveglianza dei genitori. Nessuno dica che in ci non si nascondano gravi pericoli per l'educazione
morale della giovent... L'esperienza sta a dimostrare che tanti giovani, specialmente le ragazze, hanno
rimpianto per anni e anni simili occasioni e le loro conseguenze. Quello che maggiormente ci da pensiero
che i genitori e gli educatori non osano pi contraddire ai propri figli...
Al matrimonio cristiano stata tolta la sua santit con il fatto che stato praticamente introdotto il
matrimonio civile... E evidente che la solidit del matrimonio celebrato davanti alle autorit civili del
tutto differente da quella indissolubile del sacramento del matrimonio.
Inoltre le autorit civili annullano nel proprio campo i matrimoni contratti nella Chiesa cattolica,
ignorandola completamente, e ci in contrasto con le chiare disposizioni del diritto divino...
Oggi la "Charitas" ha un commissario di Stato, perch lo Stato non ha fiducia nell'agire di questa,
mentre tutti sanno bene che la "Charitas" dava regolarmente i resoconti dei suoi istituti e delle spese,
giustificando in tal modo la fiducia dimostratale dalla vasta massa del popolo...
La riforma agraria, com' pesantemente sanzionata dall'Assemblea Nazionale provvisoria, costituisce
un grave torto alla Chiesa cattolica.
I possedimenti terrieri che ha oggi la Chiesa, li ha acquistati in modo legale e onesto... La riforma
agraria toglie ed espropria la Chiesa di tutti i possedimenti terrieri con tutti gli impianti economici senza
alcun risarcimento, come se la Chiesa li avesse acquistati con furto.
Quel "minimum" che si lasciato alla Chiesa non potr affatto bastare al mantenimento dei seminari,
degli uffici vescovili centrali, delle cattedrali, delle chiese parrocchiali e di tante altre chiese e del clero
della diocesi centrale...
Nei cimiteri di Zagabria [e] di altre citt vengono rimosse dalle autorit superiori dirette, le croci
dalle tombe degli ustascia e dei soldati tedeschi. Le tombe stesse vengono livellate col terreno cosicch
non possibile riconoscere dove uno stato sepolto. Davanti alla morte tutti gli uomini s'inchinano.
Anche il nemico dopo morto cessa di esser tale: secondo leggi non scritte della civilt umana, che
provengono dalla carit cristiana, anch'egli ha diritto a una tomba dignitosa...
Le condizioni attuali della Chiesa cattolica in Jugoslavia differiscono, secondo la nostra opinione, solo
nel nome da una aperta persecuzione della Chiesa... Qualunque cosa avvenga noi guardiamo con fiducia
all'avvenire. A ci ci incoraggia la rinnovata vita religiosa di larghe masse di fedeli in tutte le regioni del
nostro Stato; in modo speciale poi ci conforta e ci allieta la rinnovata e molto aumentata devozione alla
Madonna, cos cara e vicina ai cuori dei nostri fedeli cattolici. Ci appare nei pellegrinaggi imponenti ai
santuari nazionali della Vergine, oggi frequentati come non mai nel passato.
Le critiche e le denunce, pi o meno fondate, contenute nella Pastorale dei vescovi cattolici diffusa nel
settembre 1945 primo firmatario monsignor Stepinac rendono ancora pi fragoroso il silenzio complice
accordato invece, per ben cinque anni, alla dittatura ustascia, mai denunciata n criticata n contrastata
dall'episcopato cattolico croato.
L'ennesima conferma della piena complicit del Primate Stepinac con il Poglavnik Pavelic.
Nell'autunno 1945 contro la nuova Repubblica jugoslava guidata dal comunista Tito comincia a
svilupparsi l'attivit clandestina, a scopo eversivo, dei "Krizari", i "Crociati di Dio" integralisti cattolici
e nostalgici ustascia.
L'ex capo della polizia del Poglavnik, colonnello Erik Lisak, rientrato nel Paese con un falso
passaporto intestato a tale "Retrovie", coordina gli ustascia superstiti in territorio croato per tentare di
destabilizzare il nuovo Stato jugoslavo. A Zagabria, i "Krizari" e i superstiti ustascia hanno come
interlocutore politico-spirituale monsignor Stepinac. Lisak viene infatti ricevuto, sotto la falsa identit di
"Retrovie" e in gran segreto, dal Primate di Croazia nel palazzo dell'Arcivescovado. I rapporti con i
"Crociati" monsignor Stepinac li tiene attraverso il suo segretario, il sacerdote Josip Salic.
Nel dicembre 1945 Lisak viene arrestato insieme all'ex gerarca ustascia Pavao Gulin.

(Nota: Non dissimile l'atteggiamento dei vescovi tedeschi verso la dittatura nazista in Germania: a
eccezione del vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, fino agli ultimi giorni del Reich hitleriano i
rappresentanti della Chiesa di Roma avevano ingiunto ai loro fedeli l'abnegazione verso la patria nazista
(cfr. G. Lewy, I nazisti e la Chiesa, Milano 1965, pag. 334).

Nel corso degli interrogatori, i due ammettono la loro attivit clandestina, e rivelano i loro contatti con
l'arcivescovado di Zagabria.
La magistratura jugoslava dispone gi di un'ampia e circostanziata documentazione sulle molteplici
responsabilit di monsignor Stepinac rispetto alla dittatura ustascia, e intende processare l'alto prelato.
Ma il nuovo regime jugoslavo, consapevole delle ripercussioni interne e internazionali di un processo
a carico del potentissimo Primate di Croazia, procede con grande cautela: i "persecutori comunisti" non
hanno alcuna intenzione di trasformare monsignor Stepinac in un "martire", dopo che l'alto prelato, per
anni, stato dalla parte dei carnefici ustascia. Cos, vengono fatte filtrare alla stampa indiscrezioni sugli
interrogatori di Lisak e Gulin, i giornali jugoslavi accennano all'incontro di Lisak con monsignor
Stepinac, e il 17 dicembre l'arcivescovo di Zagabria nega di essersi incontrato con l'ex gerarca ustascia.
Nei primi giorni del gennaio 1946 le autorit jugoslave consegnano al rappresentante ufficiale della
Santa Sede in Jugoslavia, monsignor Patrizio Hurley (succeduto a Marcone a met maggio 1945, subito
dopo la fine della guerra), un'ampia documentazione sulle attivit collaborazioniste di monsignor
Stepinac e di gran parte del clero croato con la dittatura di Ante Pavelic. L'iniziativa diplomatica ha lo
scopo di indurre la Santa Sede a rimuovere l'arcivescovo da Zagabria, destinando monsignor Stepinac ad
altro incarico pastorale in altra nazione: una mossa che permetterebbe di evitare il processo, e di
salvaguardare le relazioni diplomatiche fra Belgrado e il Vaticano>.
Ma la Santa Sede ha bisogno di un "martire" anticomunista, di una campagna propagandistica nel ruolo
di "vittima, La circostanza viene confermata il 7 novembre 1946 dal segretario del Partito comunista
italiano Palmiro Togliatti. Su "l'Unit", Togliatti scrive che il leader jugoslavo Tito lo aveva informato da
tempo che vi erano le prove della collaborazione di monsignor Stepinac con gli ustascia e con i nazisti, e
che il leader jugoslavo ne aveva subito informato il Reggente della Nunziatura apostolica di Belgrado:
per suo tramite, Tito aveva invitato la Santa Sede a ritirare Stepinac, cos da sottrarre l'arcivescovo di
Zagabria all'altrimenti inevitabile processo. di un caso politico-giudiziario capace di riaccendere il
fanatismo del cattolicesimo croato e di creare difficolt, interne e internazionali, al regime "materialista",
"ateo" e "bolscevico" della nuova Jugoslavia di Tito. Per cui il Vaticano conferma monsignor Stepinac
nella carica di Primate di Croazia.
Cos, il 18 settembre 1946, la magistratura di Zagabria dispone l'arresto di Alojzije Stepinac,
accusandolo di collaborazionismo e di attivit eversiva contro lo Stato jugoslavo.
Il processo all'arcivescovo di Zagabria comincia il 30 settembre 1946, sulla base dell'atto d'accusa
firmato dal magistrato croato Jakov Blazevic. I principali capi d'accusa a carico dell'imputato Alojzij e
Stepinac sono sei: 1) II sostegno fornito dall'arcivescovo agli occupanti nazifascisti e la sua
collaborazione con la dittatura ustascia dall'aprile 1941 all'aprile 1945. Ne sono prova le pubbliche
dichiarazioni dell'episcopato in quegli anni, gli scritti della pubblicistica cattolica del periodo,
l'attivismo filo-ustascia delle varie organizzazioni cattoliche capeggiate dal Primate di Croazia, le molte
cerimonie religiose officiate in favore del regime (come le Messe solenni del 10 aprile di ogni anno per
celebrare l'avvento dello Stato indipendente croato); 2) la diretta responsabilit dell'arcivescovo
nell'organizzare e praticare le "conversioni" forzate al cattolicesimo dei serboortodossi di Croazia,
Bosnia e Erzegovina, "conversioni" ottenute sotto la minaccia del massacro; 3) la responsabilit di
monsignor Stepinac nel genocidio etnico-religioso di serbi, ebrei e rom, in quanto Vicario apostolico
militare delle Forze armate ustascia, cio capo di tutti i cappellani che assistevano spiritualmente le
milizie assassine; 4) le responsabilit dell'arcivescovo di Zagabria per non avere mai adottato alcun
provvedimento a carico di quella nutrita schiera di religiosi che si sono macchiati di orrendi delitti,
partecipando in prima persona ai massacri ustascia; 5) l'attivismo politico di monsignor Stepinac
nell'ultima fase della dittatura di Pavelic per tentare di evitare il crollo del regime ustascia, tentativo
culminato con l'occultamento, presso l'arcivescovado di Zagabria, dell'archivio del ministero degli
Esteri dello Stato indipendente croato e della Prefettura presso il Poglavnik; 6) il sostegno di monsignor
Stepinac all'attivit eversiva dei "Krizari" e degli ustascia Lisak e Gulin, impegnati clandestinamente a
organizzare la riscossa del nazionalismo croato.
In pratica, l'accusa rivolta a Stepinac quella prevista da tutti gli ordinamenti giuridici e dalle stesse
leggi internazionali di "tradimento" e "collaborazionismo". Infatti, il Regno di Jugoslavia, aggredito
nell'aprile 1941 dai nazifascisti per crearvi il posticcio Stato indipendente croato, non aveva cessato di
esistere, tant' che il suo governo in esilio aveva continuato a essere riconosciuto da tutti i Paesi-Vaticano
incluso non dell'Asse. E come tutti i cittadini croati, dunque, anche monsignor Stepinac non aveva perso
il suo status giuridico di cittadino jugoslavo, e negli anni 1941-45 si era appunto reso colpevole di
"tradimento" e "collaborazionismo".
Nel corso del dibattimento vengono prodotte le centinaia di articoli editi dalla pubblicistica cattolica
negli anni 1941-45, articoli che hanno sostenuto apertamente la dittatura ustascia, ne hanno condiviso
oppure avallato il fanatismo religioso e gli aberranti assunti razziali, hanno inneggiato al nazifascismo e
al Poglavnik, hanno rivendicato la pratica delle "conversioni" forzate, hanno taciuto i massacri etnico-
religiosi attuati nel frattempo dalle milizie ustascia, e hanno nascosto i campi di concentramento e le
deportazioni di serbi, ebrei e rom.
Vengono poi ripercorse e documentate tutte le cerimonie ufficiali della dittatura ustascia celebrate o
presenziate personalmente da monsignor Stepinac. Fino alla solenne onorificenza "Velered" attribuita dal
Poglavnik all'arcivescovo il 21 marzo 1944, e da questi accettata.
Perch l'aveva accettata? Monsignor Stepinac si difende sostenendo la tesi della costrizione: Se
avessi rifiutato quella onorificenza, sarebbero successe delle cose ancora pi terribili.
Ma poco dopo, affrontando la questione delle "conversioni" forzate, l'arcivescovo-imputato cade in
una plateale contraddizione. Stepinac nega con veemenza che quelle "conversioni" fossero forzate: Noi
abbiamo stabilito in modo chiaro i princpi delle conversioni, gli ortodossi erano liberi e nello stato
spirituale di convertirsi o meno. E il pubblico ministero ha buon gioco nel replicare: Poco fa, alla
domanda del perch non abbiate rifiutato la onorificenza conferitavi da Pavelic, avete risposto che
l'avevate accettata per evitare "cose ancora pi terribili"... Eppure adesso affermate che gli ortodossi,
allorch venivano massacrati, avevano la libert di convertirsi al cattolicesimo o meno, mentre voi, come
arcivescovo, non avevate la libert di rifiutare un'onorificenza?!; a questo punto l'imputato Stepinac
china la testa e tace.
Numerose testimonianze, durante il processo, confermano anche il ruolo politico di monsignor
Stepinac, nel 1944-45, per salvare dal crollo il regime ustascia e lo Stato indipendente di Croazia.
Eccone alcune: Testimonianza di Kosak, ex ministro del regime ustascia: Dopo la capitolazione
dell'Italia [mussoliniana, anche il regime dello Stato indipendente di Croazia cadde in una profonda
crisi... Il ministro Miaden Lorkovic condusse trattative con A. Kosutic [segretario del Partito croato dei
contadini, per la formazione di un nuovo governo, ma Pavelic pose Mandic alla testa del Gabinetto.
Successivamente ci fu un'iniziativa tedesca: si parl di un Consiglio di reggenza, sotto la guida del
Partito contadino croato, del quale doveva far parte l'arcivescovo Stepinac come primo membro...
Doveva essere un compromesso fra gli ustascia e i dirigenti del Partito contadino croato.
Si parl anche di un Governo del quale avrebbe dovuto essere presidente l'arcivescovo Stepinac.
Testimonianza di Alajbegovic, ex ministro degli Esteri del regime ustascia: Esisteva un progetto
secondo il quale monsignor Stepinac avrebbe assunto la carica di locum tenens {governatore, dopo
l'eliminazione di Pavelic. In relazione a ci, Stepinac fece visita a Vladko Macek accompagnato dal
generale Moskov.

(Nota: Cfr. G. Leonardi, L'arcivescovo alla sbarra. Roma 1947, pag. 38.
Secondo Alajbegovic, monsignor Stepinac si era attivato anche per salvare una parte dell'esercito
ustascia: una piccola parte avrebbe seguito Pavelic per coprirne la fuga, mentre il grosso dell'esercito
sarebbe stato riorganizzato e unificato con i reparti dei "Krizari".)

Testimonianza del maresciallo Slavko Kvaternik, ex comandante delle Forze armate ustascia:
Personalmente scrissi a monsignor Stepinac due lettere. In una lo informavo della mia partenza [fuga,
dal Paese; non avevo avuto tempo di prendere commiato personalmente dall'arcivescovo, e Stepinac mi
rispose augurandomi ogni bene. Gli inviai la seconda lettera, tramite Hocevar, scrivendogli che
bisognava fare tutto il possibile per spodestare Pavelic. Devo precisare, infine, che allorquando
proclamai lo Stato indipendente di Croazia, il 10 aprile 1941, monsignor Stepinac venne subito a farmi
visita senza che io lo avessi chiamato.
Testimonianza del generale Moskov, ex ufficiale dell'esercito ustascia: Pavelic aveva l'intenzione di
cedere il potere, ovvero di trasferire la sovranit all'arcivescovo Stepinac. Nell'occasione il ministro
Bulat gli aveva detto: "Questo rientra nell'antico Diritto croato internazionale.
Quando il Bano [il reggente dei banali, unit amministrative dell'antica Jugoslavia, lasciava il Paese,
nei tempi antichi, cedeva il potere all'arcivescovo". Proprio in quei giorni, monsignor Stepinac aveva
fatto visita a Vladko Macek. I pi stretti collaboratori di Pavelic, tuttavia, si erano opposti, e del
trasferimento dei poteri a monsignor Stepinac non se ne era fatto niente.
Altre testimonianze, nel corso del processo, confermano l'attivismo clandestino di monsignor Stepinac,
nei mesi successivi alla Liberazione partigiana, per riorganizzare gli ustascia superstiti e tramare contro
la nuova Repubblica socialista di Jugoslavia: L'ex capo della polizia ustascia, colonnello Erik Lisak,
conferma di avere clandestinamente incontrato monsignor Stepinac, nell'autunno 1945, nel palazzo
dell'arcivescovado, e di avergli chiesto aiuto per l'attivit eversiva; conferma di essere stato messo da lui
in contatto con Pavao Gulin e altri cospiratori ustascia e "Crociati". Alla domanda se durante la dittatura
del Poglavnik monsignor Stepinac avesse mai protestato per i crimini ustascia, l'ex capo della polizia
risponde: Non l'ho mai saputo.
Poi il turno del sacerdote Ivan Salic, segretario di monsignor Stepinac. Salic conferma due visite del
clandestino e latitante Lisak presso l'arcivescovado di Zagabria, conferma la collaborazione di
monsignor Stepinac con l'attivit dei cospiratori. Racconta della benedizione di una bandiera ustascia poi
nascosta dagli eversori in un bosco, e di un'automobile data da monsignor Stepinac a Josip Simecki
[sacerdote, insegnante di Religione in un Liceo di Zagabria, attivo nel nascente gruppo eversivo catto-
ustascia.
Il sacerdote Simecki, in Tribunale, dichiara: Mi noto che l'arcivescovo Stepinac era informato della
benedizione della bandiera [avvenuta] nella cappella [dell'arcivescovado]. Quando mi sono recato, un
giorno prima dell'arresto del segretario Salic, dall'arcivescovo Stepinac, egli mi ha chiesto se fossimo
stati abbastanza prudenti nel benedire la bandiera [ustascia]. Poi il sacerdote-imputato conferma di
avere diffuso un volantino con scritto: Fratelli Croati! I boschi sono pieni dei nostri Crociati! Popolo,
non aspettare, ma colpisci dove puoi!, e di averlo consegnato anche a Stepinac: S, l'ho dato
all'arcivescovo e alle monache che erano con lui.
Il sacerdote-imputato Djura Marie (un altro dei cospiratori, laureato in una Universit pontificia a
Roma, ex ufficiale ustascia e confessore della guardia del corpo del Poglavnik) conferma di avere
effettuato "conversioni" forzate su ordine di monsignor Stepinac. Ricercato dalle autorit partigiane dopo
la liberazione di Zagabria, conferma di essere in un primo tempo riparato in Italia grazie a una lettera di
raccomandazione dell'arcivescovo di Zagabria indirizzata al vescovo di Trieste.
Il frate Modesto Martincic, Provinciale dei francescani croati, dichiara di avere ricevuto e seppellito
nel proprio convento 37 casse contenenti una parte dell'oro depredato dagli ustascia alle loro vittime. Le
casse gli erano state consegnate dal francescano Radoslav Glavas, alto funzionario del ministero ustascia
per il Culto, il giorno della liberazione partigiana di Zagabria (8 maggio 1945). Perch si era prestato
all'operazione? L'opinione degli alti ambienti ecclesiastici, oltre all'episcopato e all'eccellenza
Stepinac, era tale da far s che io non agissi altrimenti. Che non collaborassi con le autorit popolari, che
aspettassi e tenessi nascosto l'oro... L'atteggiamento di monsignor Stepinac era nella Pastorale [del 20
settembre 1945, e in certi segni della sua convinzione che sarebbero avvenuti dei cambiamenti...
Una volta, in occasione di una visita che gli fece un rappresentante straniero, non so se fosse
l'ambasciatore inglese o americano, non so bene, [gli domandai]: "Eccellenza, si dice che presto avverr
un mutamento di regime"; egli mi guard, sorrise e disse: "Davvero si dice gi questo?". Mi fu chiaro
allora che egli contava su di un simile cambiamento... [Altri prelati] mi dicevano essere il presente
regime di breve durata... Si agito sugli altri sacerdoti suggestionandoli con il monito: "Guardatevi bene
dal collaborare, se non volete compromettervi", il che in altre parole significava un appello alla
resistenza passiva.
Ci appare anche dal fatto che certi sacerdoti, orientali in senso ustascia, sono passati dalla resistenza
passiva a quella attiva, cominciando a organizzare e appoggiare di loro iniziativa delle azioni contro il
regime e a prendervi personalmente parte.
Alla tipica maniera dei pi consumati uomini politici, l'imputato Stepinac nega tutto, anche l'evidenza.
Nega di avere aiutato i congiurati: Se Lisak, se Leia Sopijanec, se altri sono venuti da me presentandosi
sotto falso nome, se ho ricevuto lettere che non ho nemmeno potuto leggere, se questo un delitto, se un
delitto che la gente venisse a trovarmi, ebbene accetto tranquillamente la mia condanna. E del nuovo
Stato jugoslavo, Stepinac afferma: Le scuole cattoliche, le nostre scuole, costruite con tanti sacrifici, ci
sono state tolte. E stata resa impossibile la vita ai nostri seminari. Se non avessi ricevuto sette vagoni di
viveri dall'America, quest'anno non sarebbe stato possibile mantenere il seminario [arcivescovile]. E i
seminaristi sono figli del nostro popolo delle campagne. Voi avete incamerato con la forza tutte le
propriet dei seminari. Non avete fatto nulla di meno di quanto abbia fatto la Gestapo, la quale tolse al
seminario la propriet di Mokrice.
Il 10 ottobre 1946 i giudici del Tribunale di Zagabria riconoscono l'imputato Alojzij e Stepinac
colpevole dei reati di favoreggiamento del nemico (cio "collaborazionismo") e tradimento, e lo
condannano a 16 anni di reclusione con annessi lavori forzati.
La Santa Sede definisce il procedimento di Zagabria un processo farsa.
L'Osservatore Romano" del 30-31 dicembre 1946 scrive che il solo delitto di monsignor Stepinac
di essersi fatto araldo della Fede Cristiana e della tradizione cristiana contro il materialismo ateo che il
dittatore comunista, sostenuto da Mosca, cerca d'imporre al suo Paese.
Nell'ottobre 1946 la santa sede ha intanto gi provveduto a scomunicare i giudici che hanno emesso la
sentenza di condanna a carico dell'arcivescovo di Zagabria.
Il regime di Tito opera un estremo tentativo di evitare che monsignor Stepinac sconti la pena
comminatagli dal Tribunale: gli viene offerto di lasciare il Paese, ma l'ex Primate cattolico di Croazia
rifiuta la proposta.
Trasferito nella prigione di Lopoglava, monsignor Stepinac riceve un trattamento adeguato al suo rango
di "detenuto eccellente": viene esentato dai lavori forzati disposti dalla condanna, e trascorre in carcere
solo 5 dei 16 anni stabiliti dalla sentenza: il 5 dicembre 1951 il presunto martire cattolico viene
scarcerato e ristretto al domicilio coatto nella sua cittadina di origine, a Krasic. Stepinac, a Krasic, pu
dedicarsi all'apostolato della scrittura: compone migliaia di pagine di sermoni e di altri testi religiosi;
intrattiene una fittissima corrispondenza, scrivendo circa 5 mila lettere indirizzate a autorit
ecclesiastiche e a fedeli, in Jugoslavia e all'estero.
Poco pi di un anno dopo, il 12 gennaio 1953, l'araldo della Fede Cristiana Stepinac viene nominato
cardinale, e l'elevazione viene annunciata in Vaticano da Papa Pio XII con un solenne encomio: Non
qui, ma lo abbracciamo con tenerezza fraterna... Noi vogliamo che tutti sappiano che nell'assegnargli la
dignit della porpora romana noi abbiamo voluto premiarlo conformemente ai suoi meriti.
Il cardinale Alojzije Stepinac muore a Krasic il 10 febbraio 1960, all'et di 62 anni; La causa della
morte di Stepinac l'aggravarsi della malattia che lo affligge ormai da molti anni, la policitemia
(eccessiva proliferazione dei globuli rossi). La mitologia del "martirio" che Santa Romana Chiesa
costruir intorno alla sua figura sar comprensiva dell'alone leggendario di una morte del cardinale
provocata dalle costanti umiliazioni della carcerazione e dal probabile progressivo avvelenamento;
nel ruolo di "probabili avvelenatori", ovviamente, i comunisti...
Viene sepolto dietro l'altare maggiore della cattedrale di Zagabria.
Una morte certo rattristata dal domicilio coatto: niente, rispetto alle centinaia di migliaia di morti
atroci che per anni ha finto di non vedere. Una morte non da uomo libero: un'inezia, se paragonata al
genocidio che ha avallato e benedetto per anni.

CAPITOLO 14


Autoassoluzione plenaria

Nel 1947, su preciso mandato di Santa Romana Chiesa, il gesuita Fiorello Cavalli pubblica il libro Il
processo dell'arcivescovo di Zagabria: un'agiografia di Alojzije Stepinac, un'arringa contro il processo, e
sullo sfondo un tentativo di difesa del ruolo ambiguo e gravido di responsabilit fino alla connivenza
avuto da Papa Pio XII durante il periodo bellico nazifascista e rispetto all'Olocausto.
Cavalli presenta Stepinac come la nobile figura dell'Arcivescovo, sacrificato all'odio politico e
religioso di un regime, vittima della persecuzione comunista e dei sicari che avevano le mani lorde del
sangue di centinaia di Sacerdoti nell'ambito della persecuzione mossa [dal comunismo, al
cattolicesimo in Croazia.
Le molte testimonianze sia quelle durante il processo di Zagabria, sia quelle contenute nelle molte altre
denunce dell'epoca sulle responsabilit dirette e indirette della Chiesa cattolica di Croazia nell'Olocausto
balcanico negli anni 1941-45 vengono liquidate dal disinvolto gesuita-agiografo con una parola:
mistificazioni. In merito alle centinaia di fotografie che ritraggono esponenti del clero e Stepinac sopra
tutti presenziare alle cerimonie del regime del Poglavnik, o mentre benedicono reparti ustascia in armi,
l'apologeta Cavalli se la cava ironizzando sullo straordinario contributo bellico rappresentato dalle
sigarette, dai rosari e dalle medagliette che monsignor Stepinac era solito distribuire ai militari ustascia.
L'agiografo gesuita nega i frequenti incontri tra Stepinac e i gerarchi ustascia, tra vescovi e autorit
pubbliche, dopodich si contraddice affermando che quelle visite si rivolgevano a chi allora
rappresentava l'autorit di fatto e che la Chiesa non poteva sotto il nuovo governo arrestare la sua
attivit. Quanto alle "conversioni" forzate, padre Cavalli ritiene naturale che molti di questi apostati
[cio i serbo-ortodossi costretti a convertirsi al cattolicesimo per sottrarsi alla morte, pensassero di
chiedere la riammissione nella Chiesa cattolica; lo stesso, sinistro "Comitato episcopale per le
conversioni", a detta del disinvolto agiografo gesuita, era il legittimo strumento per accertare che tali
"conversioni" fossero davvero spontanee.
L'agiografo di Santa Romana Chiesa, preso dal suo zelo falsificatore, si impegna anche ad alterare il
contenuto della fiera lettera che l'Episcopato croato (riunito nella sua Conferenza plenaria annuale il
17-18 novembre 1941) aveva indirizzato al Poglavnik il 20 novembre 1941, fra l'altro censurando con
cura le lodi al dittatore ustascia che vi erano contenute.
In realt come ha dichiarato monsignor Stepinac nel corso del processo di Zagabria il "Comitato
episcopale per le conversioni", in quegli anni si era riunito una sola volta.
In quella fiera lettera, l'Episcopato aveva rivendicato a s il diritto esclusivo di esaminare e
decidere in merito a tutte le domande concernenti il passaggio dei greco-orientali alla fede cattolica,
tentando di conferire alla pratica un qualche crisma religioso. Ma le "conversioni" forzate erano
proseguite, e nessuno dei sacerdoti che vi prendeva parte era mai stato colpito da alcun provvedimento
ecclesiastico.
Trattando dei molti religiosi cattolici che avevano attivamente partecipato alla "pulizia" etnico-
religiosa. Cavalli prima afferma che i fatti, e le dirette responsabilit di esponenti del clero, sono ben
lungi dall'essere dimostrati; poi si contraddice ammettendo che fra i persecutori c'erano effettivamente tre
religiosi (Fra' Satana, Giustino Medie e Hinko Priic), ma che monsignor Stepinac aveva provveduto a
"sospenderli a divinis" tutti e tre.
Il libro dell'agiografo gesuita il primo tentativo (ne seguiranno molti altri) di Santa Romana Chiesa di
falsificare i terribili fatti accaduti in Croazia negli anni 1941-45 e il ruolo collaborazionista che vi ha
avuto il Primate monsignor Stepinac. Assolvendo l'alto prelato, infatti, la Santa Sede assolve se stessa:
una autoassoluzione tanto pi necessaria quanto pi evidenti sono le prove che il Vaticano, di quanto
accadeva in Croazia negli anni della dittatura Pavelic, sapeva tutto.
Secondo lo storico inglese Anthony Rhodes, la Santa Sede, nel caso della Croazia, non pu affatto
addurre come nel caso delle atrocit in Polonia, la scusa che, data la distanza, non aveva sufficienti fonti
di informazione per confermare le voci correnti. La Croazia confina con l'Italia per terra e la guarda dal
mare. Le comunicazioni tra i due Paesi, durante la guerra, non furono intralciate. Le relazioni tra i due
dittatori, Mussolini e Pavelic, erano delle pi strette, e gli ufficiali, i funzionari italiani, come pure gli
emissari del Vaticano, si spostavano di continuo dall'uno all'altro territorio; la Chiesa aveva accesso alle
informazioni governative; il Legato apostolico monsignor Marcone era libero di viaggiare ovunque
volesse e pertanto doveva aver sentito dire, se non proprio visto con i suoi occhi, qualcosa di quelle
atrocit.
Anche ammesso che i vertici del clero cattolico croato complice del Poglavnik agissero
autonomamente e ne tenessero la Santa Sede all'oscuro, il Vaticano disponeva comunque di centinaia di
cappellani militari aggregati alle truppe italiane di occupazione in Croazia, tutti testimoni diretti degli
accadimenti. La Chiesa di Roma aveva a Zagabria, stabile, il suo ambasciatore de facto, monsignor
Giuseppe Ramiro Marcone. Alla Santa Sede pervenivano gli appelli e le continue denunce e proteste
ufficiali del regio governo jugoslavo in esilio, cos come erano periodiche le pubbliche denunce della
stampa e delle radio degli Alleati anglo-americani in merito alle atrocit della dittatura ustascia,
comprese le connivenze del clero cattolico croato.
Alla Santa Sede pervenivano anche documenti di denuncia ufficiali e diretti: valga come esempio il
rapporto, datato 1 marzo 1942, dell'arcivescovo di Belgrado, monsignor Josip Ujcic, il quale dava conto
delle proteste di un gruppo di sacerdoti sloveni per gli eccidi ustascia.
Del resto, tutti i rapporti inoltrati a Zagabria dai diplomatici ustascia facevano esplicito riferimento al
fatto che le gerarchie vaticane erano a conoscenza di quanto andava accadendo nello Stato indipendente
croato.
Lo stesso Pontefice, Pio XII, sapeva tutto. Quand'anche non ne fosse stato informato dagli alti dignitari
vaticani, n dagli esponenti della Santa Sede ostili alla dittatura ustascia (per esempio il cardinale
Tisserant), n dai rappresentanti ufficiali jugoslavi o anglo-americani che pure il Papa riceveva in
udienze ufficiali e anche private, in almeno una occasione il Santo Padre ne aveva avuto informazione
diretta: Branko Bokan, delegato della Croce rossa jugoslava presso la Santa Sede, ebbe dalla sua
organizzazione la missione di ottenere l'intervento e la mediazione del Vaticano a favore dei serbi di
religione ortodossa, nonch degli ebrei e degli zingari che venivano letteralmente sterminati da gruppi
fanatici di cattolici croati. Bokan afferma di avere inutilmente tentato di farsi ricevere dal Papa, ma di
essere ugualmente riuscito a fargli pervenire le informazioni.
Il Pontefice sapeva, la Santa Sede sapeva, la Chiesa di Roma sapeva.
Ma taceva. Cos come manteneva una sostanziale ambiguit silente verso il nazifascismo e le
persecuzioni antisemite. Qualche commentatore cattolico ha prospettato l'ipotesi che Pio XII ritenesse un
provvedimento inefficace quello di colpire con la scomunica i gerarchi nazifascisti e gli aguzzini
ustascia: un'interpretazione smentita dai successivi atti di Papa Pacelli, il quale nel 1949 ha proceduto a
scomunicare tutti i comunisti.
Una parte della storiografia cattolica ha ritenuto di attribuire il silenzio della Santa Sede alla
"realpolitik" di Pio XII, il Pontefice ossessionato dal comunismo. A Harold Tittman, incaricato d'affari
Usa presso la Santa Sede, Papa Pacelli disse che il Vaticano non condannava esplicitamente i nazisti
perch in tal caso avrebbe dovuto estendere la condanna anche ai bolscevichi e ci indubbiamente non
farebbe piacere agli alleati occidentali dell'Unione sovietica in guerra contro il nazifascismo.
Un "silenzio politico", quello del Vaticano rispetto alle barbarie dei nazifascisti, stigmatizzato anche
da vari esponenti cattolici, come il cardinale Tisserant: Spero che la storia non debba rimproverare
domani alla Santa Sede di aver fatto una politica di comodo a suo esclusivo vantaggio e ben poco di pi.
E cio di un'estrema tristezza, soprattutto quando si vissuti sotto Pio Xii.

(Nota: Ma in un'altra occasione, nell'estate del 1942, un inviato in Vaticano del presidente americano
Roosevelt aveva informato personalmente il Pontefice, in modo circostanziato, degli sterminii antisemiti
di massa attuati dai nazisti. Il 10 ottobre 1942, il Pontefice, in versione Ponzio Filato, aveva risposto di
non essere in grado di accertare se tali voci corrispondessero alla realt (cfr. Documenti diplomatici
Usa.)

Come l'intellettuale cattolico italiano Carlo Bo: Un Papa che misura il suo silenzio un Papa che si
adatta a una societ che da troppo tempo stata abituata a non tenere conto della verit del Vangelo e che
ha lasciato crescere l'erba degli interessi immediati sul tronco stesso dell'uomo. Come il cardinale
tedesco Dopfner, che l'8 marzo 1964, dal pulpito della cattedrale di Monaco, ha affermato: Il giudizio
retrospettivo della Storia autorizza perfettamente l'opinione che il Pontefice Pio XII avrebbe dovuto
protestare pi fermamente.
Una interpretazione storiografica laica, pi pertinente ai fatti, attribusce al "silenzio" vaticano verso
l'Olocausto balcanico la reale dimensione di omertosa complicit: nel sorgere di uno Stato
"ideologicamente" cattolico nei Balcani come quello di Croazia, la Santa Sede vedeva soprattutto la
possibilit di rafforzare in quei territori l'autorit e le strutture della Chiesa di Roma, e di avvalersi di un
caposaldo anticomunista in un'area strategica verso Est. La pi radicale ostilit nei riguardi del
comunismo, del resto, sempre stato il cardine della politica estera vaticana nel XX Secolo:
un'avversione che dalla condanna estrema e senza appello del bolscevismo sovietico si poi
concretizzata nell'appoggio garantito a tutte le forze e i regimi anticomunisti!.
Nella Croazia degli ustascia Il Vaticano ha la responsabilit di avere nascosto la verit di ci che
stava accadendo in Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale.
la Chiesa cattolica ritornava allo spirito della crociata contro gli albigesi. In nessuna altra parte del
mondo dei sacerdoti spinsero a un tal punto l'accettazione e l'approvazione di un regime costituito; ma da
nessuna parte la Chiesa seppe resistere alle tentazioni, sia pur meno scandalose, offerte da regimi che si
richiamavano alla civilt cristiana: per esempio quello di Vichy). Dunque, nessuna condanna poteva
venire da Santa Romana Chiesa per l'orrenda dittatura di Ante Pavelic, alla quale invece il papato di Pio
XII offriva sostegno e copertura proprio attraverso l'arcivescovo di Zagabria e Primate di Croazia
monsignor Alojzije Stepinac.
Le responsabilit, dirette e indirette, di monsignor Stepinac durante i sanguinosi anni della dittatura
ustascia in Croazia sono state tali in nome e per conto di Santa Romana Chiesa. In tutto il periodo 1941-
45 il Vaticano, infatti, ha sempre sostenuto, avallato e alimentato il collaborazionismo del Primate di
Croazia con lo Stato indipendente croato impegnato ad attuare il genocidio etnico-religioso, Nei primi
anni Novanta la nuova ondata di nazionalismo croato che porta alla formazione della Repubblica
indipendente di Croazia rianima lo spirito dell'Arcivescovo del genocidio. L'11 febbraio 1991 la Chiesa
cattolica croata divulga la lettera dei vescovi croati di Jugoslavia a tutti i vescovi cattolici del mondo,
un'iniziativa pastorale motivata dal rischio del ritorno alla dittatura comunista.
L'ambizioso documento ripercorre la storia della Chiesa cattolica croata a partire dal 1918. La
dittatura ustascia e il genocidio etnico-religioso viene affrontato nel paragrafo intitolato Il martirio dei
Croati e della Chiesa durante e dopo la Seconda guerra (1941-1980), e viene falsificato e liquidato con
queste parole: La Seconda guerra mondiale distrugger il Regno di Jugoslavia in dieci giorni soltanto,
nell'aprile 1941. Tutte le sue nazioni non serbe, che hanno sempre considerato questo regno come una
prigione, salutano la sua caduta e la vivono come una liberazione. Ma questo avvenimento ha luogo in
circostanze d'occupazione delle forze dell'Asse. E' in tali circostanze che viene proclamato lo Stato di
Croazia, i cui leader non sono democraticamente eletti, ma designati dalle potenze dell'Asse e dunque
asserviti a quelle. Scoppia la guerra civile: i popoli ne sopportano le conseguenze, in particolare sul
territorio di quella che era allora la Croazia. I croati subiscono gli attacchi dei gruppi armati serbi
(cetnici) mentre il regime croato (ustascia) si vendica sugli abitanti serbi di Croazia.
L'8 maggio 1998, in occasione del centenario della nascita di Alojzije Stepinac, il suo successore,
l'arcivescovo di Zagabria e Primate della Chiesa cattolica di Croazia monsignor Josip Bozanic, celebra
la solenne ricorrenza mediante una apposita Lettera Pastorale. Un documento che una nuova apoteosi di
falsificazione storica e morale: Quando nell'aprile 1941 venne fondato, nelle circostanze belliche, lo
Stato Indipendente di Croazia, Stepinac nelle difficili circostanze prende parte alle pubbliche
manifestazioni, e con l'impegno personale difende davanti ai detentori del potere la legge di Dio e chiede
la giustizia per ciascuno. Diventa il protettore e la voce di tutti coloro che vengono perseguitati e privati
dei diritti. Per quanto le circostanze glielo consentono, cerca di realizzare l'universale attivit
caritatevole nei confronti dei bisognosi. Abbraccia con grande amore pastorale i sacerdoti sloveni
sfollati. In quegli anni emerge in particolare il suo senso pastorale e la consapevolezza con cui si
impegna e combatte per la dignit e i diritti inalienabili di ogni persona umana. Con parole chiare,
coraggiose e profetiche, a nome di Dio chiede i diritti per i singoli e per i gruppi, perseguitati a causa
delle differenti convinzioni politiche, religiose o delle appartenenze etniche. [Alojzije Stepinac durante
la Seconda guerra mondiale ha lasciato] un ricco patrimonio delle proprie istruzioni da maestro
episcopale. Nel proprio uditorio ha desiderato anzitutto risvegliare una fede viva in Dio e in tutti i
misteri annunciati della verit di Dio. Ha invitato i fedeli alla pi impegnativa vita sacramentale,
incitandoli instancabilmente alla preghiera e alla generosit cristiana disinteressata. Le sue prediche
morali sono profondamente radicate nei Dieci Comandamenti, che Ges Cristo ha sintetizzato nel grande
comandamento dell'amore verso Dio e verso il prossimo. [Stepinac ] particolarmente pressante e
irremovibile quando si interessa alla inviolabilit del matrimonio e alla fecondit della famiglia come
anche all'educazione cristiana dei giovani... Ha condannato coraggiosamente e senza paura ogni
ingiustizia e ogni tipo di odio: razzista, di classe, nazionale, religioso, politico. Ha difeso senza indugio i
diritti umani di ogni uomo e di ogni popolo, in particolare degli ebrei perseguitati ", dei serbi, dei rom, e
di tutti coloro che erano privati dei diritti.
Forse monsignor Bozanic intende qui riferirsi all'acceso anti-abortismo di monsignor Stepinac. In
occasione di una sua visita presso la Santa Sede, nella primavera del 1943, l'allora Primate di Croazia
aveva fatto notare in Vaticano le nostre leggi [varate dalla dittatura ustascia, contro il crimine
dell'aborto [e] ha giustificato parzialmente i metodi contro gli ebrei [cio la persecuzione antisemita, i
quali sono da noi i pi grandi difensori e i pi frequenti esecutori di crimini del genere [cio della pratica
abortiva, cfr. Rapporto Lobkowicz del 10 giugno 1943.
Nel 1970 e nel 1994 due stravaganti cittadini israeliani di origine croata Amiel Shromony e Igor
Primorac hanno proposto l'inclusione di monsignor Stepinac nella "Lista dei Giusti di ogni nazione",
sostenendo che l'arcivescovo di Zagabria, negli anni 1941-1945, avrebbe contribuito a salvare la vita di
numerosi ebrei croati, sottraendoli allo sterminio antisemita. Ma l'inopinata candidatura di Stepinac
all'onorificenza stata respinta sia nel 1970, sia nel 1994, dallo Yad Vashem (l'autorit che nel 1953 ha
istituito la "Lista dei giusti").
La Pastorale di monsignor Bozanic, zeppa di falsificazioni fino all'oscenit, si conclude degnamente:
Stepinac l'indicatore della strada di salvezza, il faro della Chiesa del popolo croato. Egli l'esempio
e l'incoraggiamento del patriottismo e dell'amore verso il prossimo, espressione di coerente rispetto
della dignit di ogni persona umana "''.
A molti anni dal truce quinquennio 1941-45, Santa Romana Chiesa, sempre bisognosa di martiri, si
appresta a beatificare Alojzije Stepinac: l'alto prelato che collabor attivamente alla nascita dello Stato
indipendente croato voluto dalla triade Hitler-Mussolini-Pavelic; che avall l'invasione e l'occupazione
nazifascista del suo Paese; che rimase inerte e silente al cospetto di un genocidio di inaudita barbarie
protrattosi per anni; che innalz lodi ai carnefici ustascia; che partecip attivamente alla criminosa
pratica delle "conversioni" forzate di massa.
Dell'Olocausto balcanico e delle responsabilit di monsignor Stepinac vietato parlare, la storiografia
occidentale sugli anni della dittatura ustascia in Croazia pressoch inesistente: cos vuole Santa
Romana Chiesa. Pochi studiosi hanno osato e osano sfidare il tab cattolico del genocidio in Croazia
negli anni 1941-45: il rischio il boicottaggio, l'intimidazione, e perfino la persecuzione.

(Nota: A dispetto della delirante apologia che ne ha tracciato monsignor Bozanic, la figura di Alojzije
Stepinac invisa anche in Croazia.
Nell'autunno 1981, la ventilata intenzione dell'episcopato cattolico di erigere un monumento a Stepinac
all'interno del Duomo di Zagabria ha provocato proteste popolari (cfr. "la Repubblica", 27 novembre
1981).
E certamente in corso una nuova Inquisizione, che non potendo ricorrere ai metodi del passato si
adeguata ai tempi adottando sistemi repressivi moderni: ed ecco il ricorso dei tribunali all'articolo 166,
che punisce l'oltraggio alla divinit, ecco le multe e il carcere... ecco soprattutto la discriminazione sul
lavoro, l'accantonamento, l'isolamento professionale, dichiara lo storico tedesco Kariheinz Deschner
(autore di numerosi saggi dedicati alle malefatte di Santa Romana Chiesa), nel corso di un'intervista
raccolta da Ettore Mo e pubblicata dal "Corriere della Sera" il 13 aprile 1988. Il giornalista documenta
anche pressioni, minacce, ricatti, lusinghe nei confronti dell'ex sacerdote e teologo cattolico Hubertus
Mynarek, perch non pubblicasse il suo libro Herren und knechte der kirche I padroni e i servi della
chiesa.)

Il vaticano arrivato a colpire con la scomunica lo studioso Viktor Novak, autore di Magnum crimen,
un documentato saggio storiografico dedicato al'olocausto balcanico. L'estrema punizione cattolica,
quella della scomunica, mai comminata ad alcuno dei carnefici ustascia che hanno insanguinato per anni
lo stato indipendente croato "in nome di Dio".

EPILOGO


Marija Bistrica (Croazia), sabato 3 ottobre 1998

Il santuario della Vergine di Marija Districa stipato di fedeli.
Sull'altare, dove troneggia una grande statua antica della Madonna, Giovanni Paolo II celebra la
solenne funzione che sancisce la beatificazione di Alojzije Stepinac. Il Pontefice, e tutti gli alti prelati
presenti, indossano paramenti rosso porpora, il colore del martirio.
La cerimonia raggiunge il culmine quando una bambina di Dubrovnik, guarita da una paralisi per un
miracolo della Vergine del santuario mariano, porge al Santo Padre una teca d'argento a forma di guglia
gotica contenente un dito della mano destra di Stepinac, e Giovanni Paolo II si china a baciare la preziosa
reliquia. Subito dopo, nel santuario viene tolto il drappo che copre un grande ritratto del nuovo beato:
Stepinac, definito servo di Dio e martire della Fede, immortalato fra la cattedrale di Zagabria e la
basilica di San Pietro. I fedeli che stipano il santuario applaudono, entusiasti e commossi.
La solenne cerimonia volge al termine. Il presidente dello Stato croato, l'ex comunista Franjo Tudjman,
raggiunge il Pontefice sull'altare. Nella navata del santuario si alzano possenti le note dell'inno nazionale
croato, cantato a gran voce dai fedeli; il cardinale Angelo Sodano e gli altri prelati ascoltano l'inno
tenendosi la mano destra sul cuore.
Il santuario assediato da molte decine di migliaia di fedeli (secondo alcune stime, trecentomila).
Giovanni Paolo II si rivolge all'immensa folla con voce accorata: Il beato Stepinac non ha versato il suo
sangue nel senso stretto della parola: la sua morte stata causata dalle lunghe sofferenze subite, gli ultimi
quindici anni della sua vita furono un continuo susseguirsi di vessazioni... Nel beato Stepinac si sintetizza
l'intera tragedia che ha colpito le popolazioni croate e l'Europa nel corso di questo secolo segnato dai tre
grandi mali del fascismo, del nazismo e del comunismo...
Il cardinale arcivescovo di Zagabria, dopo aver subito nel proprio corpo e nel proprio spirito le
atrocit del sistema comunista, ora consegnato alla memoria dei suoi connazionali con le fulgide
insegne del martirio. Infine il Pontefice esorta al perdono: Perdonare e riconciliarsi vuol dire
purificare la memoria dall'odio, dai rancori, dalla voglia di vendetta.... Sugli anni della dittatura
ustascia e dell'Olocausto balcanico, Giovanni Paolo II non dice una sola parola.

APPENDICE


Molti tra i presenti possono testimoniare per esperienza diretta quanto abbiano abbondato in quegli
anni [del regime comunista di Tito, le sofferenze di Cristo fra le popolazioni della Croazia e di tante altre
nazioni del Continente... Stepinac ebbe accanto a s altri coraggiosi che per conservare l'unit della
Chiesa e per difenderne la libert, accettarono di pagare con lui un pesante tributo di carcere e
maltrattamenti.


Nota dell'Autore

Questo libro il risultato di anni di ricerche, e ha comportato l'esame di una documentazione
imponente: atti ufficiali, testimonianze, rapporti dell'epoca redatti dalle forze di occupazione italiane e
tedesche. Una messe documentale trascurata dalla storiografia occidentale, impegnata a occultare il
genocidio che ha insanguinato lo Stato indipendente croato voluto dai nazifascisti negli anni tra il 1941 e
il 1945. Un silenzio motivato dalla necessit di nascondere le responsabilit della Chiesa di Roma
nell'Olocausto balcanico.
Questa censura storiografica tanto pi proterva quanto pi documentato e incontrovertibile il
collaborazionismo del clero cattolico croato con la dittatura ustascia. Certo non tutti i sacerdoti e non tutti
i frati francescani collaborarono attivamente al genocidio: ma certo che nessuno di loro insorse e lott
per evitarlo, che nessuno di loro condivise il martirio delle vittime, e che nessuno di loro os sfidare gli
aguzzini ustascia. Neppure dall'Episcopato si lev mai una sola voce contro il genocidio etnico-religioso
dei serbi e del clero ortodosso, anzi alcuni suoi esponenti come i vescovi Ivan Saric, Jozo Garic e Janko
Simrak parteciparono direttamente al bagno di sangue.
La massima responsabilit la ebbe il Primate di Croazia, monsignor Alojzije Stepinac: legato
all'aristocrazia ustascia, membro del Parlamento dello Stato indipendente croato, capo di tutti i
cappellani delle milizie assassine, decorato dalla dittatura di Pavelic. Qualche interessato agiografo ha
scritto che monsignor Stepinac talvolta "protest": ma non vi alcuna traccia documentale di alcuna
"protesta", di alcun atto risoluto, di alcun deciso intervento dell'arcivescovo di Zagabria, per contrastare
e fermare le stragi ustascia. Il gesuita Peter Gumpel, relatore della causa di beatificazione di monsignor
Stepinac, ha affermato: Abbiamo le prove che almeno dodici volte [Stepinac] ha protestato in cattedrale
contro il nazismo. In Jugoslavia nessuno ha fatto pi di Stepinac per gli ebrei. Ammesso che "per dodici
volte" il Primate della Chiesa cattolica croata abbia "protestato" contro il nazismo, non risulta che abbia
mai protestato contro la dittatura del Poglavnik. Ammesso che monsignor Stepinac si sia attivato per
sottrarre alla persecuzione qualche ebreo, il gesuita Gumpel finge di non sapere che il genocidio
balcanico fu attuato dagli ustascia soprattutto per sterminare i serbo-ortodossi: e infatti non risulta alcun
intervento di Stepinac in difesa dei serbi di Croazia, che per il gesuita-beatificatore Gumpel neppure
esistono.
La verit accertata al di l di ogni ragionevole dubbio che il futuro beato monsignor Stepinac non
mosse un dito per fermare il genocidio etnico-religioso. Monsignor Stepinac non utilizz neppure un
briciolo del suo indubbio potere per richiamare alla ragione un Episcopato e un clero in preda
all'estremismo nazionalistico e docile strumento dell'egemonia tirannica. Non richiam mai i cattolici
croati all'osservanza del quinto Comandamento: non uccidere. E del resto lo si visto, la Chiesa cattolica
croata fu essa stessa parte fondante dello Stato croato voluto dai nazifascisti, interessatissima a
trasformare la Croazia in un Paese monoreligioso.
Altrettanto indiscutibile e documentato l'avallo del Vaticano al collaborazionismo dell'Episcopato
cattolico di Croazia con la dittatura ustascia. Sollecita a dare compimento alla sua vocazione di potenza
terrena, piuttosto che a quella di guida spirituale del cattolicesimo, la Santa Sede forn a propria volta
sostegno politico e copertura alla dittatura di Pavelic, un appoggio che non venne meno neppure con la
fine della Seconda guerra mondiale. Tra pavidit e collaborazionismo, il Pontefice Pio XII avall anche
l'Olocausto degli ebrei nel Continente europeo, fingendo sordit e cecit. Le persecuzioni antisemite da
parte del nazismo si concretizzarono fin dal 1935, con l'approvazione delle "leggi di Norimberga", ma
questo non imped al Vaticano di intrattenere cordiali rapporti con una dittatura che si predisponeva allo
sterminio.
Del resto, la storia millenaria della Chiesa cattolica scandita da sangue e violenza: dalla
persecuzione degli "eretici" alla "caccia alle streghe". Santa Romana Chiesa ha approvato la schiavit
dei vinti, delle popolazioni africane estirpate dalla loro terra; con il pretesto dell'evangelizzazione, ha
favorito la distruzione delle civilt precolombiane dell'America Latina. Lo stesso antisemitismo in
realt una invenzione della Chiesa cattolica, che lo ha teorizzato e praticato per secoli.
Durante la stesura di questo libro ho intervistato ex ustascia, uomini di chiesa ed ex perseguitati
sfuggiti allo sterminio.
Molti vecchi ustascia conservano intatta la loro fanatica e criminosa protervia storica, e rivendicano la
legittimit dell'Olocausto balcanico in nome di una Croazia sacra e ispirata ai pi oscurantisti dettami
della Fede cattolica.
Molti esponenti del clero negano, o minimizzano l'entit dello sterminio, oppure si avventurano in
pretestuosi "giustificazionismi".
Perlopi reagiscono con fastidio, imbarazzo, irritazione: un prelato romano arrivato a definire questa
mia ricostruzione storica come "un'opera diabolica" che mi coster l'Inferno.
Un vecchio serbo, scampato alla mattanza del campo di sterminio di Jasenovac, dove assistette alla
tortura e all'uccisione di sua sorella, di sua moglie e di tre figli, mi ha detto con le lacrime agli occhi: In
quel lager, in quel girone infernale, mi sforzavo di pensare ogni giorno a Dio: per maledirlo.

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