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Stefano Balassone I Mass Media fra società, potere e mercato 15/07/2010

book in progress - sezione II Mass Media come Imprese


capitolo 6: Movie Business
Abstract
Il business del cinema dalle origini, alla formazione delle Majors, all’incontro
con la tv, fino alla formazione dei Gruppi Integrati

Cinema ................................................................................................................................................ 1
Origini ...................................................................................................................................... 1
Nascita di Hollywood............................................................................................................... 4
- Star System ............................................................................................................................ 8
I decreti Paramount e lo Sherman Act ..................................................................................... 9
L’incontro con la televisione.................................................................................................. 11
La nascita dei gruppi integrati. ............................................................................................... 13
La egemonia USA .................................................................................................................. 14

Cinema
Origini

Il regno dell’hardware

L’antenato del proiettore è stato il cinetoscopio, un visore individuale brevettato 1 da


Thomas Edison nel 1891, subito dopo il fonografo, sullo stimolo dalle ricerche del fotografo
Edward Muybridge 2 e utilizzando la pellicola cinematografica inventata in quegli stessi anni
dall’imprenditore statunitense George Eastman 3.Da sottolineare che, secondo una logica ferrea
secondo la quale non c’è strumento di comunicazione che possa aver successo senza contenuti
adeguati, per poter sfruttare commercialmente il suo cinetoscopio Edison aveva bisogno di un
repertorio di film. Fu così che nel 1893 costruì un piccolo teatro di posa (Black Maria), il primo
studio cinematografico americano 4. Prendendo spunto dall’esperienza della commercializzazione
del fonografo, Edison installò l’apparecchio a pagamento in varie botteghe (le penny arcade) 5.
Nel contempo diversi inventori sperimentavano la proiezione su schermo di immagini di
soddisfacente qualità. Il problema fu risolto dai Lumière che nel 1895 brevettarono il cinematografo

1
Testo del brevetto, citato in Clark R. W., 1977, Edison: the man who made the future, G. Rainbird, London, cit. in
Flichy P., op. cit., p. 126.
2
Il fotografo statunitense Muybridge aveva realizzato, fin dal 1872, una serie di fotografie in successione che gli
consentirono di ricostruire il galoppo di un cavallo. In Europa fu, invece, un fisiologo, il francese Marey, a compiere
esperimenti analoghi (a partire dal 1882) per studiare il volo degli uccelli; Flichy P., 1994, Storia della comunicazione
moderna, Baskerville, Bologna.
3
Eastman iniziò la produzione di pellicole trasparenti fondando la Eastman Dry Plate co. e la Film co. nel 1888 mise in
commercio gli apparecchi kodak, che conquistarono in breve tempo il mercato della fotografia e della
cinematografia; Wikipedia, voce George Eastman, in www.wikipedia.it.
4
Bordwell, D., Thompson, K., 2005, Storia del cinema e dei film. Dalle origini a oggi, Il Castoro, Milano.
5
Flichy P., op. cit., p. 127.

1
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ed effettuarono, al Grand Café del Boulevard des Capucines a Parigi, la proiezione


(ecco l’esempio dell’Arrivo del Treno 6) che segna la nascita del nuovo mezzo di comunicazione7
nella sua concretezza di spettacolo collettivo registrato.
Nella prima fase di sviluppo del cinema, analogamente a quanto avverrà di lì a venti anni con la
Radio, produzione e distribuzione di film erano integrate con produzione e distribuzione di
apparecchiature, che solo in seguito divennero business autonomi 8. Insomma, chi trainava il
business era l’hardware. Significativo, a tal riguardo, il fatto che sia Edison sia Charles Pathé, che
nel 1900 acquistò i diritti di sfruttamento dell’invenzione dei fratelli Lumière, fossero
contemporaneamente editori di cilindri fonografici e produttori di film. Per questo motivo Edison si
oppose inizialmente alla proiezione su grande schermo, temendo che questa avrebbe determinato un
calo delle vendite dei suoi cinetoscopi. Ben presto, tuttavia il modello di business che puntava a
raccogliere gli spettatori in gruppi davanti a uno schermo comune si rivelò più conveniente e, forse,
anche più comunitario. Allora Edison abbandonò i suoi cinetoscopi (il suo modello di “consumo per
singoli” sarebbe ricomparso trionfalmente un secolo dopo, con videocassette e DVD) che
intendevano estendere al video il modello del consumo singolo –più simile all’uso del fonografo- e
si convertì al cinema, sfruttando al meglio la posizione strategica garantitagli dai suoi brevetti e
tentando di creare un monopolio della produzione e della stampa di film 9. Dopo aver accettato di
produrre il proiettore Vitascope di Armat e le pellicole per il suo funzionamento

, Edison iniziò, infatti, una dura battaglia giudiziaria (la cosiddetta “guerra dei
brevetti”) per impedire l’uso degli apparecchi francesi in America, rivendicando il diritto esclusivo
all’uso dell’invenzione, anche contro le altre case di produzione che nel frattempo andavano
sorgendo negli Stati Uniti. Il cinema, infatti, era già diventato in quegli anni una forma di spettacolo
estremamente popolare. Le prime proiezioni nei teatri vaudeville o in fiere e spettacoli itineranti
attiravano un vasto pubblico e fecero aumentare la domanda di pellicole, favorendo l’ingresso nel
mercato di nuovi concorrenti, come l’American Mutoscope & Biograph Company (che utilizzava
una cinepresa inventata dall’ex collaboratore di Edison, Dickson) e l’American Vitagraph (fondata
da Blackton e Smith nel 1897).
Il director system
L’aumento della domanda e la concorrenza delle nuove case di produzione costrinsero Edison a
girare molte più pellicole e di maggiore durata. Si iniziò, inoltre, a valorizzare la messa in scena e il
film narrativo a scapito delle riprese dal vero e si venne a delineare la figura del regista, come
responsabile della concezione del film e supervisore della sua lavorazione (inaugurando il

6
http://www.youtube.com./watch?v=1dgLEDdFddk&feature=related
7
Come ricorda Flichy, nonostante l’apporto tecnico dei Lumière si sia limitato al miglioramento di un’invenzione, essi
crearono un nuovo sistema di comunicazione: la differenza rispetto al cinetoscopio è nel contenuto e nel rapporto
con il pubblico. Sintomatico, il fatto che Lumière abbia girato un centinaio di film, prima di effettuare la proiezione.
Ibidem.
8
Perretti F., Negro G., 2003, Economia del Cinema. Principi economici e variabili strategiche del settore
cinematografico, ETAS, Milano, p. 16.
9
Flichy P., op. cit., p. 129.

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10
cosiddetto “director system”) .
Fu in quel periodo (1900) che Edison assunse Edwin S. Porter, uno dei più importanti registi
americani, cui sono state attribuite praticamente tutte le innovazioni del periodo antecedente al 1908
(l’invenzione del montaggio come lo concepiamo oggi e la realizzazione del primo film narrativo-
life of an American Fireman 11 - del 1903) 12.

Le sale di proiezione

Nel 1905 fecero la loro comparsa le sale di proiezione . Fu Charles Pathé ad


inaugurare le prime sale, mettendo in atto la “strategia classica di un trust che vuole avere il
controllo su ciò che produce, ma che desidera anche dare una struttura a quella che diventerà la
gestione dell’industria cinematografica” 13. La Pathè Frères, infatti, fu una delle prime imprese a
sviluppare una concentrazione verticale (controllando produzione, distribuzione ed esercizio) e ciò
rappresentò un notevole punto di forza.
Il grande sviluppo del numero delle sale rappresentò la tendenza principale dell’industria
cinematografica americana negli anni 1905-1907. Le sale erano, in genere, piccoli magazzini con
meno di duecento posti a sedere e un solo proiettore. Avevano il vantaggio di essere più
economiche rispetto ai teatri di varietà e offrire prezzi più regolari degli spettacoli ambulanti:
l’entrata costava solo un nickel (la monetina da cinque centesimi di dollaro), da cui la

denominazione “nickelodeon” . Tutti i nickelodeon, inoltre, erano ubicati nel


quartiere degli affari o nelle zone industriali delle grandi città. I nicklodeon permisero, in tal modo,
la fruizione dello spettacolo cinematografico ad un pubblico di massa, formato prevalentemente da
immigranti e contribuirono a creare la struttura di base dello studio system hollywoodiano: i fratelli
Warner, Carl Laemmle (il futuro fondatore della Universal), Louis B.Mayer (che sarebbe diventato
la seconda “M” della Metro-Goldwin-Mayer) e anche altri dirigenti degli studios, tra cui Adolph
Zukor (successivamente della Paramount) e William Fox (che fondò la 20th Century-Fox)
cominciarono proprio gestendo un nickelodeon 14.
Intorno al 1908 i nickelodeon erano diventati la principale modalità di proiezione e proiettavano
regolarmente programmi composti da tre film della lunghezza di una bobina ciascuno, sostituiti
giornalmente 15.
La maggior parte dei film veniva dall’estero. Pathé, Gaumont, Hepworth, Cines, Nordisk e altre

10
Per una descrizione più dettagliata, cfr. Staiger, J, 1985, The Hollywood mode of production to 1930, in Bordwell, D.,
Staiger, J., Thompson, K., The classical Hollywood cinema: film, style & mode of production to 1960, Columbia
University Press, New York, pp. 113 ss.
11
http://www.youtube.com./watch?v=p4C0gJ7BnLc
12
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 72. Cfr. anche Alovisio, S., op. cit., pp. 15 ss.
13
Flichy P., op. cit., p. 129.
14
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 81.
15
Perretti F., Negro G., op. cit., p. 23.

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società europee dominavano il programma di distribuzione settimanale 16. Anche a causa dello stallo
produttivo dovuto alla “guerra dei brevetti”, le case di produzione americane non riuscivano a
coprire la crescita della domanda interna 17.
Il monopolio MPPC e la sua crisi
Esse trovarono, perciò, un accordo e costituirono la Motion Pictures Patents Company (MPPC), un
cartello con a capo Edison. Oltre ad Edison, l’MPPC annoverava tra i suoi soci le principali case di
produzione di apparecchi e di film statunitensi (Edison, Vitagraph, American Mutoscope &
Biograph, Selig, Lubin, Essanay e Kalem) e tre produttori stranieri (Pathè, Meliès, Kleine), nonché
il principale fornitore di materie prime, la Eastman-Kodak 18. Il principale obbiettivo consisteva nel
controllo e nella razionalizzazione dell’offerta di apparecchiature e prodotti cinematografici, ma
non era secondaria l’esclusione dal mercato delle imprese concorrenti attraverso la creazione di
barriere all’entrata, associate con la proprietà dei brevetti 19.
Nel 1909 la MPPC subì una scissione da cui nacque la Universal (1912). Nel 1914 undici società di
distribuzione locale si riunirono nella Paramount, che fu il primo distributore nazionale di soli
lungometraggi. Nel giro di pochi anni sorsero una serie di compagnie “indipendenti” (dal trust di
Edison) in tutto il paese 20.
La nascita della distribuzione
Nel 1911, con l’arrivo dei primi lungometraggi importati dall’Europa e con l’uscita della Eastman-
Kodak dal cartello creato da Edison, si impose una svolta per l’intero settore. Il successo delle
importazioni obbligò le case di produzione americane a realizzare film lunghi da distribuire in
un’unica soluzione. I lungometraggi sostituirono i vecchi cortometraggi ed il mercato si trovò a
dover ripartire da zero, con costi di produzione in rapido aumento 21.
La crescita della domanda di pellicole per rifornire i nickelodeon determinò, inoltre, la progressiva
specializzazione delle attività nelle principali fasi della filiera: produzione, distribuzione ed
esercizio. I proprietari e i gestori dei teatri iniziarono ad affittare, anziché acquistare, le pellicole e
la distribuzione cinematografica si trasferì dai produttori di apparecchi ad imprese specializzate nel
noleggio delle pellicole. Nello stesso tempo, gli esercenti smisero gradualmente di combinare le
proiezioni con altri spettacoli, incrementando ulteriormente il processo di specializzazione.
Il producer system
Fu allora che fecero la loro comparsa le prime sceneggiature e i primi produttori. Tranne alcune
eccezioni eccellenti, come Sennet, De Mille, e Chaplin, il regista divenne responsabile unicamente
delle riprese del film, mentre al produttore spettò il compito di presiedere all’intera lavorazione.
Nacque così il producer system, in cui era il produttore, e non il regista, al centro del processo di
lavorazione del film 22.

Nascita di Hollywood

Nel frattempo, era nata Hollywood. L’area intorno a Los Angeles si impose nei primi anni Dieci

16
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit. p. 81.
17
Alovisio, S., 2002,op. cit., p. 6.
18
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p.83.
19
Perretti F., Negro G., op. cit., p. 24.
20
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p.83.
21
Già dal 1909, alcuni produttori avevano realizzato film di più di un rullo, ma gli esercenti potevano proiettare soltanto
una parte di film alla volta, dal momento che il rigido sistema della MPPC permetteva di distribuire un solo rullo
alla settimana; fu solo nel 1915che il film La nascita di una nazione di David Griffith impose la regola, divenuta poi
canonica, di una durata di circa un’ora e mezza o due ore; ivi p. 86.
22
Ivi, pp. 123 ss.

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come il principale centro di produzione degli Stati Uniti. Da New York e, soprattutto, da Chicago, i
produttori indipendenti (dal trust di Edison) iniziarono a trasferirsi nel sud della California, ad
Hollywood. Il nuovo contesto era giudicato ottimale dal punto di vista climatico e paesaggistico ed
offriva, per di più, ai produttori indipendenti il vantaggio di potersi sottrarre al monopolio della
MPPC, che in quello stato non era legalmente valido 23. Nel 1915, una sentenza emessa dalla corte
distrettuale di New York dichiarò illegali le pratiche utilizzate dall’MPPC e quando nel 1917 la
MPPC venne smantellata per disposizioni governative, Hollywood si trovò nella posizione ideale
per divenire “la Mecca del cinema” 24.

Primo Dopoguerra: l’inizio della egemonia USA


A consolidare la posizione delle case di produzione americane contribuì lo scoppio della prima
guerra mondiale. Durante la guerra, infatti, i produttori europei furono notevolmente penalizzati 25 e
molti paesi si rivolsero all’industria Hollywoodiana. A partire dal 1916, l’esportazione americana
crebbe a ritmi vertiginosi, favorendo (come premessa all’aumento degli investimenti nel settore
cinematografico, verificatosi a partire dalla metà degli anni Venti) l’innalzamento dei budget
produttivi e il conseguente maturare di condizioni di irreversibile predominio nell’industria del
cinema USA rispetto a quella di ogni altro paese.
La centralità dell’esercizio
La attività cinematografica è segnata dell'enorme divario tra i costi a monte, al momento della
produzione, e i vantaggi a valle, al momento del consumo. Infatti:
i costi di produzione da recuperare sono altissimi, tanto più dovendo conteggiare tutta la produzione
che deve essere realizzata, con tentativi ed errori, prima di arrivare a realizzare un vero “film di
successo”. Per non parlare delle spese generali di gestione, dell'ammortamento dei prestiti contratti
con le banche etc.
in compenso è richiesta una parte minima del budget per la riproduzione dei film nel numero di
copie richiesto dalla proiezione. In sostanza, grazie alla natura “pubblica” del film, il costo
marginale per proiettare in una sala aggiuntiva (e, oggi, per stampare un DVD o entrare in una
offerta televisiva) è praticamente pari a zero.
Dunque la distribuzione è per un produttore assolutamente necessaria e infinitamente utile. Ma, se il
produttore ha bisogno del distributore, è vero anche l'inverso. Il distributore sopporta costi fissi
(patrimoniali, manutenzioni, salari) e, per evitare il rischio della sala vuota, si rivolge ai produttori,
specie a quelli più grossi, capaci di rifornire regolarmente lo schermo e di sostituire rapidamente un
eventuale flop.
Per questo risulta vantaggiosa la integrazione verticale delle due attività, sia mediante il diretto
controllo del prodotto e delle sale sia mediante accordi e collaborazioni con produttori e distributori
indipendenti.

Studio system, Majors, Minors e fordismo


Lo studio system, che prende corpo nel primo dopoguerra, è un modello industriale che vede poche
imprese integrate verticalmente (i cosiddetti major studios) in tutti e tre i comparti –produzione,
distribuzione, esercizio- della filiera. Prima fu la First National Exhibitors’ Circuit. Nel 1916 la
Paramount Pictures Corporation si fuse con la società di distribuzione Lasky Feature Play Company
e, in virtù della quota di mercato acquisita, iniziò ad esercitare un notevole potere contrattuale nei
confronti degli esercenti 26 spingendosi poi ad assorbire direttamente centinaia di sale
cinematografiche. Ben presto l’esempio della Paramount venne seguito da altre società, generando
23
Wikipedia, voce Hollywood, in www.wikipedia.it.
24
Microsoft Encarta, Enciclopedia Online 2009, Cinema statunitense, http://it.encarta.msn.com.
25
In Francia gli stabilimenti della Pathé erano costretti a produrre munizioni e a utilizzare i teatri di posa come caserme.
La produzione cessò quasi del tutto; Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 143.
26
Perretti F., Negro G., op. cit., p. 28.

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una catena di fusioni e acquisizioni, la più importante delle quali creò nel 1924 il gruppo Lowe’s-
MGM (unione delle imprese di produzione Metro e Goldwyn con il circuito di sale Loew’s).
L’insieme del mercato era controllato dalle “tre grandi” (la Paramount, la MGM e la First National),
che controllavano la maggior parte delle catene di sale cinematografiche, e dalle “piccole cinque”
(Universal, Fox, Producers Distributing Corporation, Film Booking e Warner Bros, quest’ultima
portata al successo dalla serie Rin Tin Tin e dai film di Lubitsch.), che integravano solo
parzialmente tutti e tre i segmenti del business. Separata dalle “tre grandi” e dalle “piccole cinque”,
c’era la United Artists, creata da quattro artisti-proprietari, fra i quali Chaplin e Griffith, che fece la
sua fortuna negli anni Venti, grazie alla scrittura di Rodolfo Valentino 27. In seguito due delle
compagnie minori passarono di grado. La Warner Bros, acquisita Vitaphone produsse nel 1926 il
primo film sonoro (Don Juan di Alan Crosland, con John Barrymore) sviluppando un accordo
tecnico con la Western Electric (e risolvendo problemi non lievi anche per l’attrezzatura delle sale,
un pò come più tardi con il grande schermo e il 3D). Con la successiva produzione, sempre affidata
a Crosland (Il cantante di jazz con Al Jolson) incassò moltissimo e anche le altre case di
produzione si convinsero ad adottare il sonoro 28. Entrando anch’essa nel sonoro, un’altra delle
piccole 5, la compagnia Film Booking Office, istituì Radio Keith Orpheum Corporation (RKO),
forte di sale acquisite nel frattempo da Pathe. Nel 1928, WB si espande orizzontalmente
(“orizzontale” è la acquisizione di un’altra impresa avente le stesse caratteristiche) acquistando First
National. Il gruppo Paramount, che poco prima aveva tentato la stessa mossa mirando alle sale di
proiezione di First National, cerca di opporsi, anche appoggiandosi allo Sherman Act, la normativa
antitrust 29, ma la WB dispone degli appoggi finanziari e delle relazioni politiche che le consentono
di mantenere il controllo della società acquisita, sia pure con qualche transitorio accorgimento 30.
A questo punto le majors pienamente integrate sono quattro. Le piccole rimaste, ovvero la
Universal Pictures, la Columbia Pictures e la United Artists gestivano solo piccoli circuiti di sale,
ma soprattutto agivano come finanziatori-distributori, prestando denaro ai produttori indipendenti e
distribuendo i loro film 31.
L’esercizio rappresentava l’area a cui le majors indirizzavano i maggiori investimenti durante l’era
degli studios 32. Il potere delle majors si basava sul controllo dei movie palaces, le sale di prima
visione nelle grandi città, dove si realizzava il 70 per cento dei ricavi del settore 33. Le majors,

27
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 218.
28
Lo stesso Thomas Edison aveva brevettato una maniera per aggiungere il sonoro alle sue pellicole, ma quando gli
esperimenti raggiunsero un livello qualitativo accettabile, ormai gli studios e la distribuzione nelle sale si erano
organizzati al meglio per la produzione muta, per cui l’avvento del sonoro venne giudicato non necessario e
rimandato a lungo. La tecnica fu poi perfezionata ulteriormente nel 1930, creando il doppiaggio e la sonorizzazione;
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., pp. 298 e ss.
29 “Ogni contratto, società o altro e ogni cospirazione volta a restringere la libertà negli affari è dichiarata
illegale. Le Corti distrettuali si pronunciano in materia di prevenzione e repressione delle violazioni. In attesa del
giudizio conclusivo la Corte può prendere provvedimenti ispirati ai principi di questa legge.”. Da notare che le Corti
americane agiscono su richiesta di qualcuno che vede i propri affari minacciati da qualcun altro. Quindi la norma
antitrust funziona solo se la concorrenza esiste e si sente minacciata. Dove non esiste affatto la norma antitrust non
trova utenti. In sostanza, è la concorrenza che inventa l'antitrust e non viceversa.
30 Come l'obbligo, per qualche tempo, di tenere separata la nuova controllata dalle altre attività del gruppo.
31
Balio, T., 1985, op. cit., p. 540.
32
King, G., 2004, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni sessanta all’era del blockbuster, Einaudi, Torino, p.
33. Secondo quanto sostiene Geoff King, riprendendo dati forniti da Douglas Gomery (1986, The Hollywood studio
system, Macmillian, Basingstocke, pp. 8-14), gli enormi impianti di produzione e le retribuzioni delle star incidevano
solo per il 5 per cento sugli investimenti degli studios degli anni Trenta e Quaranta; la distribuzione gravava solo per l’1
per cento, mentre il 94 per cento degli investimenti era vincolato nella proprietà di sale cinematografiche in tutti gli
USA.
33
Secondo Tino Balio, le Big Five non avevano il controllo della maggior parte dei cinema: nel 1943 le major ne
possedevano solo 3000 dei 18000 cinema esistenti negli USA, poco più del 15 per cento; Balio, T., 1985, op. cit., p.
255.

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inoltre, esercitavano un controllo anche sulle catene di sale indipendenti, attraverso una pratica
commerciale chiamata block booking, in base alla quale gli esercenti potevano proiettare i grandi
film solo se accettavano anche una serie di pellicole di minor richiamo. Questa pratica assicurava
agli studios uno sbocco quasi garantito anche per i prodotti più scadenti. Il block booking fu la
pratica prevalente presso i major studios di Hollywood dagli anni Trenta finché fu dichiarata
illegale da una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti (United States v. Paramount Pictures,
Inc., 1948) 34. Un’altra pratica commerciale controversa utilizzata dagli studios nei confronti degli
esercenti era il blind bidding, la pratica di presentare offerte di pellicole senza la possibilità di
visione anticipata rispetto alla consegna.
All’inizio degli anni Trenta, grazie all’utilizzo di questo tipo di pratiche commerciali, alle loro
strutture produttive, ai contratti a lungo termine con le star e alla proprietà delle principali sale di
prima visione, le major trasformarono di fatto il mercato americano in un potente oligopolio 35.

L’integrazione verticale della catena del valore si accompagnava ad un modello produttivo


centralizzato e standardizzato, basato su processi produttivi di tipo fordista. I film erano prodotti in
una sorta di catena di montaggio. Il sistema era cioè basato su una “suddivisione, rigida e regolata
del lavoro e sulla subordinazione totale di tutte le componenti professionali, dagli attori agli
sceneggiatori, ai registi, alla figura del produttore” 36. L’organizzazione interna in ogni fase del
processo produttivo diventò sempre più simile ad una vera e propria produzione in serie, ispirata ai
principi della ripetitività e frammentazione delle mansioni 37, mentre l’offerta al pubblico si
avvaleva di uno specifico sistema di fidelizzazione: lo star system.
Tutte le Major si poingono prima o poi l’obiettivo di espandersi nei settori contigui della
comunicazione: la radio, le edizioni musicali, i cartoons, i parchi a tema.
L'integrazione fra una Major cinematografica e la radio, e le edizioni musicali, è utile sotto vari
aspetti:
1) la comunicazione (la radio raggiunge il pubblico a casa, , promuove i film, alimenta e sfrutta
il gossip attorno allo star system);
2) le relazioni istituzionali (la radio costituisce uno strumento di potenziale pressione sulla
politica nazionale e locale. Analogo l'investimento in patriottismo in occasione delle due
guerre mondiali 38) e l'adesione, a partire dal secondo dopoguerra, alla caccia alle streghe
filocomuniste contro suoi stessi dipendenti)
3) le economie di scala per le seguenti opportunità:
1. possibilità di abbassare, spalmandola su una base di attività più ampia, la incidenza delle
spese per personale, logistica, amministrazione
2. possibilità di vendere la pubblicità in radio e nelle sale formando “pacchetti” di
inserzioni meglio ritagliati sulle richieste degli inserzionisti
3. possibilità di usare le orchestre sia per la sonorizzazione dei film sia per le esecuzioni
radio
4. possibilità di allargare il campo di attività, e quindi l'attaccamento a WB degli script
writers
4) le economie di scopo, grazie alle seguenti possibilità:
1. le musiche composte per un film possono essere trasmesse dalla radio
2. i diritti acquisiti per l'adattamento filmico di opere letterarie sono estendibili alle
versioni radiofoniche

34
Wikipedia, voce Block booking, http://en.wikipedia.org/.
35
Balio, T., 1985, op. cit., p. 131.
36
Celata, G., Caruso, F., 2003, Cinema. Industria e marketing, Guerini e Associati, Milano, p. 25.
37
Storper, M., 1989, The transition to flexible specialization in the U.S. film industry: external economies, the division
of labour and the crossing of industrial divides, in “Cambridge Journal of Economics”, 13, p. 278.
38 Oltre a una serie di film anti tedeschi, WB coordinò la sottoscrizione di obbligazioni per le spese di guerra, la
raccolta di plasma sanguigno, e centinaia di impiegati e attori, anche famosi, si arruolarono..

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Riguardo al cartoon va tenuto presente che:
1) non è affatto un prodotto minore rispetto al film, anzi. Esso infatti unisce all'”effetto di
realtà” del movimento, l'effetto di irrealtà del disegno, mobilitando in profondità e ampiezza
l'apparato percettivo e simbolico dello spettatore 39..
2) consente di realizzare, se l'investimento e adeguato e continuativo, uno star power basato su
personaggi propri, incontendibili dalla concorrenza: tra i più noti Bugs Bunny, Daffy Duck,
Tweety Bird and Sylvester.
I vantaggi sono talmente forti che Disney, che non faceva parte delle Major, è tuttavia divenuto,
proprio a partire dal cartoon, la più importante industria cinematografica del mondo
I parchi a tema, a partire dall’esempio Disney, sono un evidente esempio di ricaduta narrativa della
produzione filmica.

- Star System

Come la pubblicità è, a parte i suoi usi tattici, un modo per gli oligopoli di saturare la visibilità e
rendere impossibile il subentro di nuovi concorrenti, così lo star system occupa le risorse di
immeginazione e empatia del pubblico e rende impossibile produrre film a chi ne sia privo.
Una star è sostanzialmente un individuo che si caratterizza nei confronti del pubblico con una
personalità che trascende quella dei singoli personaggi che ha incarnato o potrà incarnare sullo
schermo.
Lo star system nacque non appena i produttori compresero che la gente si affezionava agli attori che
vedeva sul grande schermo; essi favorirono, perciò, questo attaccamento, promuovendo
pubblicamente gli artisti per renderli ancora più popolari e pagando ingaggi altissimi. Il divo
interpretava ruoli fissi che incontravano il favore del pubblico.
Lo star system è dunque un Olimpo di personaggi tipici, popolato da attori che prestano la loro
maschera, fisica e di carattere, agli attanti delle storie narrate nei film. Gli attanti, come si sa da
quando Propp e Greimas ce lo hanno spiegato, sono le funzioni intrinseche ad ogni sviluppo
narrativo, cosicché in ogni storia c'è una forza propulsiva che deve superare un qualche forza
oppositiva, con tanto di forze ausiliarie a contorno. In ogni film gli attanti si distribuiscono tra i
personaggi della storia e assumono il volto e il carattere degli attori scritturati per interpretarli.
Scorrendo l'elenco dei protagonisti noi, prima ancora di vedere il film, ne conosciamo il sapore
narrativo. John Wayne assicura azione, James Stewart sottigliezza, Richard Burton un pizzico di
depravazione, e così via. La loro identità narrativa resta la medesima in ogni film, come quella di
Ercole quando passa da una fatica all'altra 40. La star, in sostanza, è uno stereotipo e lo star system è
un magazzino di identità standard, paragonabile al catalogo delle automobili prodotte da una grande
industria.
Dal punto di vista economico, produttore e star tendono al conflitto, ognuno sentendosi sfruttato
dall'altro. È inevitabile che, una volta acquisito un valore di mercato, le star cerchino di incassarlo
in prima persona, a spese del guadagno del produttore, minacciando di passare alla concorrenza o,
addirittura, di produrre in proprio se erano stelle (come Chaplin, che costituì nel 1924 la United
Artists) tanto luminose da non temere l’oscuramento da parte dei loro ex padroni. 41.
Il risultato di queste tensioni è che i budget di produzione si gonfiano per i compensi sempre più

39 Su questo S. Balassone, COME CAVARSELA IN TV, Meltemi 2001, pag ????


40 I mitografi della koinè greca dovevano risolvere lo stesso problema dei produtturi di film: utilizzare i
materiali che il pubblico già conosce (quegli dei, quegli eroi) per imbastire variazioni e sviluppi nuovi delle loro
imprese.
41 Le star della United Artists, che avevano comunque diverse frecce al loro arco, nel 1948 fecero
causa alle Major che furono costrette a separare le attività di produzione da quelle di distribuzione. Un po' come deve
fare Telecom che possiede i fili per arrivare alle case degli italiani, ma deve gestirli con una società separata per
dimostrare che anche le altre società telefoniche possono usufruirne a condizioni eque.

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capitolo 6: Movie Business
elevati che le star sono in grado di farsi assegnare. Un grattacapo per le Majors 42, ma anche una
formidabile barriera contro nuovi ingressi nello spazio dell'oligopolio perché costringe un nuovo ad
affrontare un investimento stratosferico giacché non gli basterebbe produrre, ad esempio, un film,
ma dovrebbe impadronirsi di una intera library di titoli e diritti storicamente accumulati, al fine di
proporsi come fornitore agli operatori già presenti da anni nel mercato in alternativa agli incumbents
che già vi operano; e in più, non potendo attendere il maturare di nuove star, dovrebbe strappare a
suon di compensi le star che assicurano il successo dei film.

Secondo Dopoguerra
Durante il conflitto il cinema rappresentava il modo preferito dagli americani per impiegare il
tempo libero e gli studios realizzarono consistenti profitti 43.
Al termine della seconda guerra mondiale l’industria cinematografica americana godeva di ottima
salute: gli incassi del 1946 furono i più alti nella storia del cinema americano (gli studios di
Hollywood guadagnarono 122 milioni di dollari 44) e anche il mercato internazionale di Hollywood
si allargò progressivamente. Alla fine degli anni Quaranta, infatti, le esportazioni generavano circa
il 35% delle entrate totali 45.
L’esportazione di film americani, tramite iniziative del Ministero del commercio e pressioni
diplomatiche, fu sostenuta dal governo, che considerava il cinema come la migliore propaganda per
la democrazia americana. Anche se molti paesi approvarono leggi protezionistiche che fissavano
quote, sussidi alla produzione e restrizioni all’esportazione di valuta, le società americane
aggirarono il problema esportando i guadagni in modo indiretto (mediante investimenti in film
stranieri poi importati negli Stati Uniti, oppure girando film nei paesi che impedivano l’esportazione
di valuta ed evitando, in tal modo, anche il più alto costo del lavoro negli Stati Uniti) 46. Tuttavia il
sistema non potè riposare sugli allori.

I decreti Paramount e lo Sherman Act

Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta del XX secolo, l’industria cinematografica statunitense
fu colpita da una serie di avvenimenti che la costrinsero a riorganizzarsi. Il primo di questi eventi fu
la sentenza emessa nel 1948 dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, sentenza passata alla storia come
“Paramount degree”. La Corte Suprema riconobbe le cinque grandi imprese integrate (majors) e le
tre imprese semi-integrate (minor) colpevoli di ridurre la concorrenza nel settore cinematografico e
impose loro:
• di interrompere l’utilizzo delle pratiche commerciali che vincolavano l’acquisto di film da
parte degli esercenti (come il block booking);
• di operare una separazione formale e sostanziale di ciascuna delle cinque imprese
completamente integrate in imprese di produzione e distribuzione, da un lato, e imprese di
esercenti, dall’altro 47.
La sentenza rappresentò “la chiusura del canale tradizionale nella struttura delle majors,

42 La WB cercava di temperare il fenomeno mediante contratti di esclusiva di lunghissima durata. Ma i rapporti di


forza si spostarono sempre più a favore della star dopo che Olivia De Haviland si liberò dall'impegno ottenendo in
tribunale il riconoscimento che non potevano esserci esclusive più lunghe di sette anni. Da quel momento, il
pacchetto delle star non fu più una risorsa stabilmente integrata nella economia dell'impresa, come invece erano le
sale di proiezione e gli studios.
43
Ivi, p. 281.
44
Liscia, S., 2003, Cinem, tv e next media, Apogeo, Milano, p. 1.
45
Ivi, p. 7.
46
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 450.
47
Borneman E., 1985, United States Versus Hollywood: The Case Study of An Antitrust Suit, in Balio, T., 1985, op. cit.,
pp. 449 ss.

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sconvolgendo l’organizzazione aziendale degli studios” 48. Non essendo più in grado di esercitare un
controllo diretto sui botteghini, gli studios videro contrarsi drasticamente il loro fatturato, tanto che
una delle “cinque grandi”, la RKO, cessò l’attività nel 1957 49.
La questione delle pratiche monopolistiche si ripropone peraltro instancabilmente dato che la
tendenza di ogni impresa è ovviamente quella di tentare di eliminare la concorrenza. Come
esempio, traiamo dall’Annual Report 2008 (pag 270) di Time Warner 50 la segnalazione della causa
contro di essa intentata da NBC Universal e altri fornitori di contenuti con l’accusa di imporre ai
distributori l’acquisto di programmi ”a pacchetto” (“on bundled basis”). Gli oppositori si appellano
alle prime due sezioni dello Sherman Antitrust Act che qui, con l’occasione, riportiamo

A: Trusts, etc., in restraint of trade illegal; penalty

"Every contract, combination in the form of trust or otherwise, or conspiracy, in restraint of trade or
commerce among the several States, or with foreign nations, is declared to be illegal. Every person
who shall make any contract or engage in any combination or conspiracy hereby declared to be
illegal shall be deemed guilty of a felony, and, on conviction thereof, shall be punished by fine not
exceeding $10,000,000 if a corporation, or, if any other person, $350,000, or by imprisonment not
exceeding three years, or by both said punishments, in the discretion of the court."

B: Monopolizing trade a felony; penalty

"Every person who shall monopolize, or attempt to monopolize, or combine or conspire with any
other person or persons, to monopolize any part of the trade or commerce among the several States,
or with foreign nations, shall be deemed guilty of a felony, and, on conviction thereof, shall be
punished by fine not exceeding $10,000,000 if a corporation, or, if any other person, $350,000, or
by imprisonment not exceeding three years, or by both said punishments, in the discretion of the
court."

Mutamenti sociali e box office


Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, contribuirono a ridurre il consumo di
cinema anche altri cambiamenti sociali. In primo luogo, la rapida espansione economica del
dopoguerra consentì ad una parte consistente della popolazione americana di migliorare le proprie
condizioni di vita; l’aumento dei salari e la diminuzione delle ore di lavoro permisero a molte
persone di dedicare il tempo libero ad altre attività (come lo sport) che minarono l’abitudine di
andare al cinema. Nel dopoguerra si verificò, inoltre, uno spostamento di popolazione di
considerevoli dimensioni dai centri delle grandi città nei sobborghi e nelle periferie, dove le sale
cinematografiche erano relativamente poche in quegli anni. Le nuove case erano attrezzate con
mezzi autonomi per il tempo libero (come la televisione). A ciò si aggiunse, infine, il baby boom:
l’aumento delle nascite negli anni successivi alla guerra aumentò il numero delle coppie con figli
piccoli, meno propense ad uscire per andare al cinema 51.
A seguito di questi cambiamenti, si registrò un costante calo del numero di spettatori: le presenze
settimanali nelle sale calarono del 73,4% tra il 1946 (anno in cui avevano raggiunto il picco storico
di 90 milioni) e il 1962 52, determinando una forte contrazione dei ricavi del botteghino, in parte

48
Liscia, S., op. cit., p. 18.
49
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 463.
50
http://ir.timewarner.com/phoenix.zhtml?c=70972&p=irol-reportsAnnual
51
King, G., 2004, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni sessanta all’era del blockbuster, Einaudi, Torino, p.
44.
52
Celata, G., Caruso, F.,op. cit., p. 29.

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compensata dall’aumento del costo dei biglietti 53.

La “New Hollywood”.
Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, il cinema statunitense visse un periodo di grande
rinnovamento, che portò la riassetto dello studio system e all’inizio di una nuova fase di evoluzione
della cinematografia, sia dal punto di vista stilistico sia da quello dell’organizzazione industriale:
una specie di New Hollywood..
Per superare la crisi in cui si era imbattuta alla fine degli anni Sessanta, l’industria cinematografica
modificò in primo luogo il proprio approccio alla produzione. Il vecchio sistema industriale di tipo
fordista si era rivelato inadeguato a gestire la perdita di sicurezza rappresentata dalla proprietà delle
sale cinematografiche provocato dalla sentenza Paramount e il calo del numero degli spettatori e fu
sostituito da un “sistema decentrato flessibile” o package unit system 54. La riduzione della domanda
determinò, cioè, un generale decentramento delle attività di produzione: società di produzione
indipendenti e imprese specializzate di servizi si sostituirono alle majors nel controllo di una serie
di operazioni. I maggiori studios iniziarono, infatti, a cercare professionalità e risorse esterne, da
acquisire in funzione del singolo progetto, con cui ripartire il rischio in caso di fallimento. In
pratica, i grandi teatri di posa di proprietà delle majors vennero affittati per produzioni indipendenti,
cui le majors stesse partecipavano in varia misura. Queste ultime conservarono interamente solo
un’esigua quota di progetti e si concentrarono sul controllo della distribuzione e sul finanziamento
della produzione 55.
La produzione del film, precorrendo un modello organizzativo a rete che sarebbe stato seguito
anche nel resto delle industrie manifatturiere, era impostata come una rete di relazioni temporanee
(che nasceva in vista della realizzazione di un prodotto e finiva nel momento in cui veniva
raggiunto lo scopo) tra tre tipi di soggetti 56:
gli studios nelle vesti di distributori e finanziatori;
i produttori indipendenti come realizzatori di film finanziati e distribuiti dagli studios;
le agenzie di rappresentanza di attori e autori, che sostituirono i contratti a lungo termine.
A partire dagli anni Cinquanta la produzione indipendente divenne, pertanto, sempre più frequente:
già nel 1956 i produttori indipendenti erano più che raddoppiati rispetto a dieci anni prima 57. Gli
indipendenti assumevano il personale necessario alla realizzazione di un film volta per volta,
creando un “pacchetto” con il quale ottenere i finanziamenti; una volta realizzato, il film era
distribuito da uno degli studios 58.

L’incontro con la televisione

Nel frattempo, la televisione si era trasformata in un importantissimo mercato da rifornire


costantemente. produzione tv
La produzione di telefilm impiega moltissimo del know how, dello star power etc già utilizzato per
realizzare i film. La differenza sta nel fatto che qui il produttore non decide cosa si proietta, ma solo
come produrre. La posizione di forza già raggiunta consente tuttavia alle Major di vendere ai canali
i soli diritti per la diffusione in un certo numero di repliche, in USA. Così le Major trattengono per
sé ogni altra possibilità di sfruttamento ai vali livelli del mercato tv USA (dai network alle stazioni
locali) nonché il mercato internazionale e le altre forme di uso, compreso, ad esempio, lo
sfruttamento pubblicitario dei personaggi. La prospettiva di questi affari induce la Major a investire
53
Liscia, S., op. cit., p. 3.
54
Perretti F., Negro G, op. cit., p. 39.
55
Storper M., 1989, op. cit.
56
Celata, G., Caruso, F., op. cit., p. 38.
57
Liscia, S., 2003, op. cit., p. 19.
58
Bordwell, D., Thompson, K., op. cit., p. 483.

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nella produzione budget più elevati dello stesso prezzo pagato dal canale tv. Ovviamente queste
strategie sono rese possibili dal fatto che le Major avevano già una potente posizione nel mercato
internazionale.
Nel 1955, Le majors arrivarono a produrre il 20% dei programmi televisivi in prima serata e il 40%
dei palinsesti delle televisioni locali. Negli anni Sessanta, Warner, MGM e Columbia ricavavano il
30% del loro bilancio dalla produzione di telefilm. Hollywood diventò la “cittadella della
produzione televisiva” 59.

Specializzazione del cinema


Mentre mettevano radici nel piccolo schermo gli studios rilanciavano la competitivita del cinema in
sala aumentando la resa del grande schermo. Generalizzazione del colore, effetti speciali,
Cinemascope. Gli studios iniziarono a produrre una minor quantità di pellicole, in cui investivano
una maggior quantità di denaro, in modo che fossero in grado di catturare, costi quel che costi,
l’attenzione del pubblico. L’aumento dei costi, provocato dall’abbassamento dei volumi di
produzione e dalla differenziazione dei prodotti, fece però aumentare il rischio finanziario e rese
meno certo il ritorno dell’investimento. Film come Ben Hur (1959) o Lawrence d’Arabia (1962),
battezzati spectaculars, erano, infatti, molto più elaborati e costosi da realizzare e richiedevano
ingenti investimenti anche nella promozione e nella pubblicità. Nella seconda metà degli anni
Sessanta, perciò, gli studios inciamparono in una grave crisi: il calo delle vendite al botteghino era
proseguito e le majors si trovarono ad affrontare anche una serie di guai finanziari dovuti ad
investimenti sbagliati. Gli studios, e in particolare la Twentieth Century Fox, investirono ingenti
cifre in una serie di musical spettacolari che tuttavia si rivelarono un flop. La Fox rischiò addirittura
la bancarotta 60. Nello stesso periodo, l’aumento della concorrenza (dovuto all’entrata nel mercato
cinematografico di tre nuove società, tra cui due reti televisive, la Cbs e Abc) contribuì a far salire i
budget produttivi. Le reti televisive, inoltre, iniziarono ad investire in produzioni autonome61,
sviluppando formati alternativi: i film per la tv alla fine degli anni Sessanta e più tardi le mini-
serie 62.

Caccia alle Majors


Ciò creò ulteriori buchi nei bilanci delle majors, che diventarono terra di conquista per gruppi
esterni al settore cinematografico. Nel 1966 la Paramount fu acquistata da Gulf & Western, un
conglomerato con un’ampia gamma di interessi tra cui i servizi finanziari, l’editoria, lo zucchero, lo
zinco, i fertilizzanti e le proprietà immobiliari. Prima dell’acquisizione, la Paramount era
moribonda: presentava perdite crescenti in bilancio, inefficienze produttive e scarsa capacità
contrattuale nei mercati di sbocco. La società fu costretta a vendere le sue stazioni televisive, il
Paramount Building di New York e i suoi diritti sui film prodotti prima del 1948 63. Il nuovo
presidente, Charles Bluhdorn, rivoluzionò l’organizzazione, aprendo ai produttori indipendenti ed
entrando nel mercato televisivo con l’acquisizione della Desilu Productions, impresa attiva nel
settore della produzione di telefilm. Negli stessi anni la United Artists divenne una consociata di
Transamerica Corporation, gruppo del settore finanziario e assicurativo. Nel 1967, la Warner Bros.
fu rilevata dalla Seven Arts e nel 1969, sotto l’egida dell’impero finanziario multinazionale della
Kinney National Company cambiò la sua denominazione in Warner Communications Inc., che fu
consociata della Warner Bros. Pictures e della Warner Music Group durante gli anni Settanta e
Ottanta. Nello stesso anno, la MGM fu acquistata da Kirk Kerkorian, uomo d’affari impegnato nel
settore alberghiero e dei casinò.
59
Izod J., Hollywood and the box office 1895-1986, Columbia University Press, New York, 1988, p. 173.
60
King, G., 2004. op. cit. p. 44.
61
Izod, J.,1988,op. cit., p. 173.
62
Gomery, D., 1992, Shared Pleasures: a history of movie presentation in the United States, Brithish Film Institute,
London, cit. in Neale S., Smith M., 1998, op. cit., p. 30.
63
Balio, T., 1985, op. cit., p. 443.

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Superata la crisi degli anni Sessanta, la cinematografia hollywoodiana conobbe un periodo di
rinascita grazie ad una nuova generazione di registi, come Martin Scorsese, Steven Spielberg e
Francis Ford Coppola e George Lucas. Film come Il padrino (1972), Star Wars (1977) o Lo squalo
(1977) ottennero profitti mai raggiunti prima, risollevando la sorte degli studios. Il boom degli anni
Settanta spinse delle nuove compagnie, le ‘mini major’ Orion Pictures, Cannon Films e Dino De
Laurentiis Entertainment ad entrare nell’industria cinematografica, ma il mercato rimase saldamente
nelle mani delle sette grandi majors. Warner Communications, Gulf & Western (proprietaria della
Paramount), Disney, MCA (proprietaria della Universal), MGM/UA Corporation, Twentieth
Century Fox e Columbia continuavano, infatti, a controllare la distribuzione interna e internazionale
dei film statunitensi e si erano ormai avviate, in seguito all’ondata di fusioni degli anni Sessanta,
nell’era dei conglomerati.

La nascita dei gruppi integrati.

Durante gli anni Ottanta, la domanda mondiale di film aumentò ad un tasso senza precedenti, come
risultato di alcuni fattori come la crescita economica nell’Europa dell’Est, nell’area del Pacifico e in
America latina, la fine della guerra fredda, la privatizzazione dei sistemi di broadcasting statali e lo
sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione, che portarono Hollywood nell’era della
globalizzazione 64.
La globalizzazione impose ai maggiori operatori economici di sviluppare strategie di lungo termine
per acquisire una maggiore presenza in tutti i più importanti mercati del mondo 65. Le compagnie
promossero le operazioni internazionali, espandendosi orizzontalmente nei mercati emergenti e
verticalmente stringendo alleanze con i produttori indipendenti e attraverso partnership con
investitori esteri per assicurarsi nuove fonti di finanziamento. Il perseguimento di questi obiettivi
diede luogo ad Hollywood ad un movimento di fusioni che è ancora in corso 66. Nel 1985 Rupert
Murdoch, proprietario della News Corporation, acquistò la Twentieth Century Fox. Poi fu la volta
di Warner Communication, che nel 1989 si fuse con Time Inc., che portava con sé due dozzine di
periodici (tra cui Time, Life, People, Sport Illustrated, Fortune, Fortune Italia in joint venture con la
Mondadori), cinque case editrici, varie società di produzione televisiva e la maggiore rete televisiva
via cavo d’America, Hbo (Home Box Office, letteralmente “il botteghino di casa”) 67.
Attraverso la fusione con Warner, Time riuscì inoltre a respingere il tentativo di acquisizione ostile
della Paramount 68. L’ondata di fusioni proseguì, nello stesso anno, con l’acquisizione della
Columbia TriStar da parte di Sony; nel 1994 Viacom acquistò la Blockbuster (distribuzione video) e
la Paramount; nel 1995 alla Time Warner si associò la Turner Broadcastimg System, mentre Disney
acquisì l’American Broadcasting Corporation (Abc), ampliando le sue tradizionali competenze
nell’entertainment con una rete di diffusione informativa; nel 1998 l’editore tedesco Bertelsmann
ottenne la proprietà di Random House; Vivendi acquisì Universal, ), Viacom si fuse con la
Columbia Broadcasting System (Cbs).

64
Balio, T., 1998, A major presence in all of the world’s important markets: The globalization of Hollywood in the
1990s, in Neale, S., Smith, M., op. cit. p. 58.
65
Time Warner Inc., 1990, 1989 Annual Report, Time Warner Inc., New York, p. 1.
66
Balio, T., 1998, op. cit.
67
Franceschini, E., 1989, Al battesino Time Warner, gigante della comunicazione, La Repubblica, 26 luglio 1989 p. 36
sezione economia.
68
La fusione fu autorizzata da una sentenza della Corte Suprema del Delaware: l’offerta da 200 dollari ad azione (pari a
12 miliardi di dollari) avanzata dalla Paramount, appariva più vantaggiosa per gli azionisti di Time; ma i giudici
ritennero che, nel lungo termine, la fusione amichevole fra Time e Warner (realizzata con l’acquisto di oltre il 50 per
cento della Warner a 70 dollari ad azione, per un totale di 14 miliardi di dollari da parte di Time) fosse più proficua
per gli interessi della società, e in ultima analisi anche degli azionisti. Franceschini, E., 1989, art. cit.

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La egemonia USA

La centralità USA non deriva solo da dinamiche imprenditoriali, ma anche da fattori culturali.
L'industria cinematografica si sviluppò più rapidamente e ampiamente dove il pubblico di massa era
una realtà già consolidata, sia dalla parte dei consumatori che da quella degli autori-produttori.
Sotto il primo profilo era necessario che esistessero ceti medi e classe operaia dotati del surplus di
reddito capace di acquistare intrattenimento. Dalla parte dei produttori servivano persone portate
alla comunicazione popolare. Negli USA si realizzavano ambedue le condizioni sia grazie allo
sviluppo della base industriale sia per l'incontro fra la narratività anglosassone e il melting pot di
consumatori provenienti dalle più varie culture nazionali. Il tutto in un Paese fondato sulla piena
libertà di comunicare 69 e sulla “opinione pubblica”. Per queste ragioni i mass media USA, a partire
dalla stampa quotidiana, si trovarono non tanto a creare, quanto a potenziare una cultura di massa
(o, se si preferisce, il senso della massa da parte della cultura) che era comunque elemento
caratterizzante della nazione che si veniva formando 70.
Nei paesi europei, dove la cultura era retaggio aristocratico, furono invece proprio i mass media a
dare inizio al formarsi stesso della cultura di massa che si sviluppò dunque in ritardo rispetto
all'America e in un ambiente meno fecondo per l'esistenza di limiti (in Europa continentale) alla
libertà di comunicare 71. Tanto più in ritardo dove minore era lo sviluppo economico, come
nell'Italia a cavallo fra XIX e XX secolo.
Conseguentemente, e fin dal primo sorgere, il cinema fu pensato negli USA in funzione del
consumo di massa, e dunque come una industria con tecnologia culturale mentre in Europa iniziò
piuttosto come un'arte con tecnologia industriale. Fu così che il cinema americano, espressione di
una cultura popolare, sviluppò le caratteristiche che ne determinarono il favore da parte delle masse
europee 72 prima e meglio dello stesso cinema europeo, conquistando posizioni di mercato che da
allora non hanno mai cessato di rafforzarsi.
Fattori industriali e culturali si intrecciano nei due strumenti che riescono a catturare l’attenzione
del pubblico: il racconto e gli effetti speciali.
In quanto racconto il cinema, oltre ai divi che svolgono la funzione di maschere convenzionali come
gli dei dell’Olimpo (ogni popolo ha un Olimpo), utilizza gli elementi costanti del mito dimogni
tempo. David Mamet, sceneggiatore e regista, osserva 73 che “All’apparenza, Il Padrino

parla di un manipolo di teppisti sanguinari. In realtà, però, è la nostra Casa di


Atreo 74. È la storia di una famiglia americana, con i suoi dei, semidei, Parche, Furie, clown,

69 Costituzione USA: Il Congresso non può fare leggi rispetto ad un principio religioso, e non può proibire la libera
professione dello stesso: o limitare la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi
pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per riparazione di torti. Nei fatti è accaduto che limiti
anche pesanti alla libertà di espressione siano stati imposti, ma mai per legge bensì per ondate di proibizionismo
moralista (come il codice Hay per i film negli anni '30) che agiscono sulle aziende con la forza della pressione
sociale, per il timore di boicottaggi, etc.
70 Al riguardo vale, ancora all'alba dei mass media, la fondamentale analisi della democrazia americana fatta da Alexis
de Tocqueville negli anni '30 del XIX sec.
71 Statuto albertino del 848 (sostanzialmente analogo all'art 21 della Costituzione del 1948)
Art. 28. - La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.
72 Svolgendo con ciò il ruolo del romanzo popolare. Si pensi a film-mito come “Via col Vento”, feticcio romantico di
almeno tre generazioni, e alla nota diffidenza del pubblico italiano per i film degli autori nazionali, sospettati di non
saper suscitare la passione e la meraviglia del cosiddetto “uomo comune”, e cioé dell'individuo formato dalla
rivoluzione industriale e immerso nella società post aristocratica..
73
D. Mamet, Bambi contro Godzilla, pag 28 e seg. Minimum Fax 2008
74
La Casa di Atreo era per i greci l’emblema della rivalità tra fratelli. Atreo, come è noto, giunge a servire al fratello
Tieste, i suoi figlioletti ridotti a spezzatino (ad Agamennone e Menelao che erano invece i figli di Atreo, per questo

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proprio come la vostra famiglia e la mia. La famiglia in questione si dà il, caso


sia composta da criminali. Ciò non soltanto è accettabile dal punto di vista drammatico; è una

convenzione approvata storicamente. I mafiosi sono semplicemente i Plantageneti 75 dei


giorni nostri: distanti, esaltati, al di sopra della legge”.
Come strumento narrativo il cinema somiglia alla radio parlata, che emula la sala cinematografica
per la capacità di afferrare l’attenzione del pubblico e non mollarla fino alla fine. L’attenzione che
costruiscono è simile a una linea continua, senza fratture..
In quanto agli Effetti Speciali il cinema somiglia invece alla televisione e alla radio musicale: si fa
notare solo quando la continuità viene interrotta dalla baraonda. Come Avatar conferma, gli Effetti
Speciali sono la parte più industrializzabile del modo di produzione cinematografico poiché la resa
spettacolare è proporzionale al budget. In questo settore l’egemonia USA è esclusivamente dovuta
alle quantità; mentre nel film il racconto discende, almeno finora, da una qualità narrativa che ha
potuto farsi industria.

detti Atridi, andò meglio e interpretarono l’Iliade. Menelao ebbe una parte anche nell’Odissea).
75
La famiglia reale, con Enrico II, Eleonora d’Aquitania, Giovanni senza terra e Riccardo Cuor di Leone che continuò
dall’XI al XIII secolo la dinastia di Guglielmo il Conquistatore e con le sue beghe dette ricca materia di racconto
anche a Shakespeare

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