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Libri per cominciare

Ci sono diversi libri che chi si interessa di architettura non pu non leggere.
Su alcuni tutti sono daccordo: per esempio Spazio, tempo e architettura di
Giedion o Verso una architettura di le Corbusier sono letture che qualunque
esperto consiglierebbe a chi voglia iniziare. Pi difficili le esclusioni: perch
dipendono da criteri fondati su giudizi di valore. Io ne ho scelto tre.
Primo: ho tolto o i libri pi noiosi e quelli scritti in architettese. Ne esistono a
milioni e spesso sono solo aria fritta. Aveva ragione Benedetto Croce: chi
scrive male o difficile solo perch ha le idee ancora confuse.
Secondo: ho privilegiato i libri di critica a quelli di storia pura. Credo infatti
che una introduzione allarchitettura debba avvenire soprattutto attraverso le
idee. Nellultima parte del capitolo sono, comunque, citati alcuni manuali di
storia. Non ho accennato, per motivi di spazio, alle biografie. In italiano non
ce ne sono molte ma in inglese ce ne sono diverse. Le consiglio vivamente
perch mettono in luce il lato umano di architetti che altrimenti rischiano di
essere visti come pure idee, cio in una luce irreale.
Terzo: ho privilegiato i libri degli autori che credono alla sperimentazione e
allinnovazione. Ho quasi del tutto evitato i saggi di tradizionalisti, reazionari,
nostalgici. Soprattutto in Italia sono numerosi e allignano nelle facolt di
architettura. I loro scritti si riconoscono subito dal numero delle note che
supera la lunghezza del testo, dalla citazione di seconda mano dei cinque o
sei filosofi Nietzsche, Heidegger, Virilio, Derrida, Deleuze- che in quel
momento vanno per la maggiore e dallatteggiamento pignolo, triste e
sussiegoso di chi ha grande reputazione di s stesso ma non tenuto
sufficientemente in considerazione. Vi avrebbero dato unidea inaccettabile
dellarchitettura, fatta di tipi, di regole, di norme. Larchitettura pi
complessa, meno riducibile a formulari che naturalmente bisogna
conoscere per mettere subito dopo da parte- e proprio per questo molto pi
interessante.

Giedon, Pevsner e Le Corbusier


Spazio, tempo e architettura di Siegfried Giedion , come accennavamo, un
libro che non si pu non leggere, anche se oggi mostra i suoi oltre sessanta
anni. Fu scritto infatti nel 1941 da un critico la cui influenza stata
notevolissima sugli architetti del Movimento Moderno e sulle generazioni
successive. Giedion infatti, partecipa attivamente ai fatti che descrive. Sin
dalla met degli anni venti, lega con Le Corbusier, Mies van der Rohe e
Gropius e prende parte alle battaglie per lanciare la nuova architettura. E
membro fondatore del CIAM nel 1928, lorganizzazione che promuove i
congressi di architettura moderna che diffondono il nuovo credo e ben presto
ne diventa lonnipotente segretario. Nel 1938 chiamato da Gropius
alluniversit di Harvard dove prepara questo libro, che un compendio di
storia dellarchitettura teso a dimostrare che il linguaggio moderno, e in
particolare quello di Mies, Le Corbusier e Gropius, la logica continuazione
ed evoluzione dell antico perch in linea con il nuovo spirito dellepoca e con
le sue evoluzioni tecnologiche ed artistiche ( come si vede, anche allora si
facevano marchette accademiche, anche se di livello superiore a quelle
attuali). Sebbene la tesi sia eccessivamente tagliata e non priva di
semplificazioni - per esempio Giedion ignora la pluralit e la ricchezza delle
tendenze contemporanee, quali larchitettura dellespressionismo alla quale di
fatto chiude le porte del CIAM- il libro la prima chiara sintesi delle nuove
poetiche, viste da un testimone che oltretutto le ha vissute in prima persona.
Nelle edizioni successive Giedion introdurr, accanto alla triade Mies,
Gropius, Le Corbusier, la figura di Alvar Aalto. Ambivalente il rapporto con
Wright di cui riconosce la genialit ma che relega al ruolo di precursore.
Wright, che nel 1936 con la Casa della Cascata e gli edifici della Johnson
Wax, aveva iniziato un nuovo periodo creativo non gliela perdoner. Si
racconta che, la volta in cui conobbe Giedion e questi si present
qualificandosi come storico, gli ricord, non senza quella divertente acidit
che lo caratterizzava, che non sono gli storici a fare la storia ma gli
architetti. E, ovviamente, sottintendeva: gli architetti come lui. Ergo,
reputandosi unico, lui e basta.
Centrale nel libro la concezione dello spazio e la temporalit della sua
fruizione. Da qui alcuni accostamenti, che oggi troviamo avventati anche se
stimolanti, con la teoria dello spazio tempo di Einstein e con le innovazioni
dellarte figurativa contemporanea, in particolare il cubismo. Il libro, in
italiano pubblicato dalla Hoepli, si legge con piacere perch scritto da un
teorico esperto di cose darte formatosi alla scuola del grande Wlfflin ma
anche studioso dellingegneria e scrittore dilettante autore di una commedia,
Arbeit, prodotta da Max Reinhardt.
Forse pi importante ma meno famoso il libro successivo, Lera della
meccanizzazione, in Italiano pubblicato da Feltrinellli, nel quale lautore cerca
di approfondire le modalit attraverso le quali la nuova tradizione cos la
chiama- si impone nella societ moderna dominata dalle nuove tecnologie ,
in particolare dalla meccanica.
Andando a ritroso nel tempo, cinque anni prima di Spazio, tempo e
architettura, e cio nel 1936, era uscito il libro Pionieri dellarchitettura
moderna di un altro autore tedesco emigrato in Gran Bretagna, Nicolaus
Pevsner. E un racconto affascinante che ricostruisce la storia dellarchitettura
moderna a partire dalla prima met dellottocento ed esamina il ruolo che vi
giocano i cosiddetti precursori quali il movimento delle Arts and Crafts e poi
Sullivan, Wright, Mackintosh, Loos, Beherens. Il libro, di un centinaio di
pagine, si legge tutto dun fiato ed anchesso tra le letture che chi vuole
occuparsi di architettura non pu non fare. Unica nota negativa la quasi
totale idiosincrasia di Pevsner per forme darchitettura che non siano quelle
razionali. Quando parla di Gaud o di artisti che ripudiano langolo retto
Pevsner si trova chiaramente a disagio. E il suo eroe , alla fine, il meno
dotato degli architetti del Movimento Moderno, Walter Gropius alle fabbriche
del quale la Fagus Werke del 1910-11 ad Alfeld an der Leine attribuisce il
merito di aver dato forma alla nuova architettura. Il libro pubblicato in Italia
dalla Garzanti si trova in paperback.
Risale al 1923 il libro Verso una architettura di Le Corbusier. E una raccolta
di scritti apparsi per la rivista LEsprit Noveau, inventata e gestita con il
pittore Ozenfant per propugnare le nuove idee del Purismo, un movimento
che si proponeva di andare oltre il Cubismo soprattutto in pittura e in
architettura. Scritto con il linguaggio di un manifesto punteggiato di frasi
brevi, taglienti, di grande effetto. Si inneggia alla nuova societ di massa, ai
progressi registrati nel campo della meccanica, al bisogno di trasformare le
abitazioni in macchine per abitare. Sottostante al libro unipotesi
controversa: che la bellezza frutto di un gioco di proporzioni e di rapporti
matematici e che la macchina con la sua essenzialit meccanica lerede
dellideale armonico e di perfezione classica messo a punto gi dai greci con
il Partendone. Gliela contestarono, a ragione, sia gli architetti espressionisti,
quali Hugo Hring, con il quale Le Corbusier entr in feroce competizione, sia
i seguaci della Nuova Oggettivit quali Teige con il quale i rapporti furono pi
ambivalenti. Giudicato da molti il pi importante libro di architettura del
Novecento, una sorta di bibbia, Verso una architettura una lettura
importante per capire il clima culturale nel quale nacque larchitettura
contemporanea. Continuamente ristampato in tutte le lingue si trova in
italiano edito da Longanesi e si pu facilmente reperire anche nelle librerie
che trattano i libri di seconda mano. Chi fosse affascinato dallo stile,
sicuramente energico e coinvolgente ma ripetitivo e apodittico dellarchitetto
svizzero, potrebbe pensare di acquistare gli scritti principali, recentemente
ripubblicati dalla Mondadori nella collana dei Meridiani.

La trilogia ( pi uno) di Bruno Zevi


Saper vedere larchitettura di Bruno Zevi un testo su cui si sono formate
generazioni di studenti, architetti e uomini semplicemente interessati alla
materia. E , nonostante i quasi sessanta anni, ancora non ha perso smalto e
fascino. Pubblicato nel 1948 ad appena tre anni dalla fine della guerra,
lopera pi riuscita di un critico formatosi alla scuola di Croce, Venturi e
Marangoni e che, costretto a emigrare negli USA a causa delle persecuzioni
razziali contro gli ebrei messe in atto dal regime fascista, si laurea e si
specializza ad Harvard con Walter Gropius. La tesi di Saper vedere
larchitettura chiara sin dal sottotitolo, saggio sullinterpretazione spaziale
dellarchitettura: lo spazio che differenzia larchitettura dalle altre arti.
Pertanto sbagliato limitarsi a esaminare un edificio per i valori pittorici
quasi fosse un quadro, per i valori plastici quasi fosse una scultura, cavarne
concetti, metafore o fraseggi poetici quasi fosse un testo letterario o limitarsi
a metterne in luce gli aspetti tecnici o ingegneristici come se fosse una
macchina. Si tratterebbe nota Zevi, di un errore non solo di metodo ma di
impostazione filosofica. E si rinuncerebbe ad apprezzare larchitettura per ci
che ha di specifico, per il tipo di esperienza unica che pu procurare.
Corollario di questa concezione: linteresse per i vuoti a scapito dei pieni. Il
suggerimento zeviano presta per il fianco ad alcune critiche. Se
larchitettura il vuoto come la mettiamo con gli obelischi e il tempio greco
che di vuoto ne hanno poco e nulla? E i prospetti degli edifici, che tanto
hanno occupato gli architetti del passato sono un lavoro inutile? Nel libro,
Zevi risolve brillantemente la questione sminuendo il valore architettonico ed
esaltando quello scultoreo dei primi: il Partenone- afferma opera non-
architettonica, ma non per questo cessa di essere un capolavoro darte, ed in
sede di storia della scultura noi possiamo affermare che chi non ama il
Partendone non ha sensibilit estetica. Inoltre ovvia alle difficolt
architettoniche degli edifici-scultura introducendo il tema dello spazio urbano
o dellambiente naturale. Lo spazio in molti casi anche esterno allopera non
solo interno.
Punto di forza dellapproccio spaziale la temporalit. I vuoti, infatti, si
percepiscono solo percorrendoli cio nella temporalit dellagire umano. Da
qui il fascino di edifici con una intensa o travolgente dinamica spaziale e il
giudizio negativo per i contenitori chiusi, statici, scatolari.
Il libro, che si legge tutto dun fiato, perch scritto in uno stile semplice,
chiaro, passionale e avvincente ha il pregio di offrire una rapida carrellata
della storia dellarchitettura nel capitolo Le diverse et dello spazio e una
veloce sintesi delle pi importanti teorie architettoniche nel capitolo Le
interpretazioni dellarchitettura. Come tutti i libri di Zevi, Saper vedere
larchitettura si caratterizza anche per la scelta delle fotografie che illustrano
perfettamente i punti affrontati e quasi da sole riescono a spiegare le tesi
dellAutore.
Ripubblicato in continuazione e tradotto in tutte le principali lingue, Saper
vedere larchitettura si trova in edizione economica e con un po di fortuna
anche nelle librerie che vendono libri scontati o di seconda mano.
Una volta letto consigliabile passare a Saper vedere di Matteo Marangoni, il
libro che lo ispir, e non solo nel titolo. E un testo, scritto negli anni trenta,
di introduzione alla pittura e alla scultura. Lo consigliamo perch anchesso
semplice ed efficace anche se meno intenso e brillante. Ci introduce al
linguaggio artistico e ci mostra quanto siamo distratti quando ci avviciniamo
unopera darte, la guardiamo ma non vediamo. Lapproccio di Marangoni
attribuisce infatti grande importanza alla lettura dellopera e delle sue forme
cos come si relazionano tra loro e si presentano a noi. Il libro, pubblicato da
Garzanti in due volumi, dovrebbe trovarsi ancora nelle librerie e sicuramente
disponibile in qualsiasi biblioteca anche non particolarmente fornita. (Chi
non lo trovasse e volesse in poco tempo procurarsi qualche nozione di pittura
e scultura e, insieme, cominciare a imparare un metodo per avvicinarsi alle
arti figurative -che troppi architetti troppo poco conoscono- pu anche
sostituirlo con La storia dellarte raccontata da E.H:Gombrich della Einaudi.)
Due sono i libri dello stesso Zevi che completano Saper vedere larchitettura.
Sono Poetica dellarchitettura neoplastica e Il linguaggio moderno
dellarchitettura.
Poetica dellarchitettura neoplastica, scritto nel 1953, ma aggiornato nel
1974 proprio a seguito della pubblicazione de Il linguaggio moderno
dellarchitettura che dellanno precedente, ha per sottotitolo: il linguaggio
della scomposizione quadridimensionale. Esamina il modo in cui il teorico e
artista olandese van Doesburg introduce la dimensione temporale
nellarchitettura scomponendo per piani lo spazio abitativo, ispirandosi in
parte alla tecnica che in pittura stava mettendo in atto Mondrian. Il secondo,
che ha per sottotitolo Guida al codice anticlassico, sintetizza sette in varianti
che, a parere di Zevi, caratterizzerebbero il parlare moderno in architettura.
Le invarianti sono : lelenco come metodologia progettuale; asimmetria e
dissonanze; tridimensionalit antiprospettica; la scomposizione
quadridimensionale; strutture in aggetto, gusci, membrane;temporalit dello
spazio;reintegrazione edificio-citt-territorio. Se ne possono aggiungere
continua Zevi- altre dieci, venti o cinquanta, a condizione che non
contraddicano le precedenti. La validit di questo approccio va per
collaudata sulle opere e sui tavoli da disegno. Ognuno pu esercitarsi nella
verifica di questo basic language.
Le invarianti, che molti hanno inteso come regole, in realt non lo sono. Sono
piuttosto principi, che corrispondono ad altrettante esigenze pratiche e
morali. Elenco vuol dire edifici che rispondano alle funzioni piuttosto che a
schemi formali precostituiti, asimmetria e dissonanze implica l accettazione
della pluralit della vita piuttosto che di unastratta idea di ordine; la
tridimensionalit antiprospettica implica il rifiuto di un punto di vista statico,
immobile; la scomposizione quadridimensionale comporta uno spazio che
non sia chiuso, scatolare; le strutture in aggetto, i gusci e le membrane
impongono una maggiore attenzione verso la tecnologia e le sue possibilit
anche formali; la temporalit dello spazio si relaziona con il movimento della
vita; la reintegrazione edificio-citt-territorio impone un punto di vista
organico alla scala territoriale ma senza isterismi ecologici.
Le sette invarianti, costituiscono, a nostro avviso uno dei punti pi
controversi se non di caduta del discorso zeviano anche intendendole
semplicemente come una guida, sia pure sui generis cio sotto forma di
precetti di moralit artistica- per rendere trasmissibile e facilmente
applicabile da tutti il linguaggio contemporaneo. Larte infatti, per sua natura,
tende a contraddire regole e antiregole sia pure deboli che i teorici cercano di
teorizzare per percorrere sempre strade impensate e portare alla scoperta di
nuovi territori.
I tre libri di Zevi, Saper vedere larchitettura, Poetica dellarchitettura
neoplastica e Il linguaggio moderno dellarchitettura sono stati riuniti
dallAutore nel 1996 in un solo testo, pubblicato da Marsilio, dal titolo
Leggere, scrivere, parlare architettura, con il chiaro intento di esplicitare un
disegno unitario che mira allacquisizione e alla rielaborazione di un unico
linguaggio basato proprio sulla centralit dello spazio.
Di Zevi dobbiamo ricordare, inoltre, Ebraismo e Architettura, un libro della
Giuntina del 1993 che raccoglie numerosi scritti sul tema. Nel volume, poco
noto ma molto importante per meglio capire la concezione filosofica
dellAutore, Zevi collega il proprio pensiero alla sua matrice ebraica. Il
pensiero ebraico, per Zevi, infatti proiettato nel tempo, portato allazione,
non crede nellidolatria dellimmagine e privilegia la dimensione esistenziale
dello spazio, cio di uno medium che non pu essere ipostatizzato n
monumentalizzato e che ha senso solo allinterno della concretezza della vita.
Nel pensiero ebraico- conclude Zevi - la concezione temporale ha sempre
prevalso, in quanto lebraismo da nessun punto di vista riducibile a una
concezione spaziale. La nega alla radice, la stessa idea ebraica di Dio. Dio
non mai un atto ma una azione . Non aggiunge niente di nuovo, ma
interessante per una lettura molto tagliata della critica architettonica il libro
uscito nel 2003, a tre anni dalla morte del critico, Profilo della critica
architettonica, Newton & Compton editori.

Tra Rossi e Venturi.


Quattro libri editi negli anni sessanta che non si pu fare a meno di leggere
sono: Larchitettura della citt di Aldo Rossi, Architettura senza architetti di
Bernard Rudofsky , Teoria e disegno nella prima et delle macchine di Reyner
Banham e Complessit e contraddizioni in Architettura di Robert Venturi.
Il primo un libro pi poetico che scientifico. Scritto nel 1966, esalta le citt,
i monumenti , la storia. Stigmatizza larchitettura che non riesce a fare i
conti con il contesto urbano. Teorizza il valore della citt come opera darte.
Esalta il ruolo della memoria e dellimmaginario urbano. E sicuramente una
lettura da consigliare a chi creda che si possano risolvere i problemi della
citt intervenendo solo con edifici di forte effetto visuale ma di scarso valore
contestuale. Ma una lettura da sconsigliare a chi ha la propensione,
tipicamente italica, al restauro a tutti i costi, allo storicismo , allimitazione
stilistica. Gli effetti di questo libro sono stati in Italia disastrosi, soprattutto
per colpa delle architetture degli epigoni ( anche se occorre dire che
numerose opere dello stesso Aldo Rossi, quali il teatro Carlo Felice a Genova,
brillano per ottusit sia nel mostruoso impatto con lesterno sia nel ridicolo e
strapaesano allestimento interno). Pi interessante, per chi fosse interessato
alla linguistica e alla filosofia della scienza, il libro di Giorgio Grassi, La
costruzione logica dellarchitettura ( Marsilio 1967) con il quale si tenta di
giustificare unarchitettura ultra tradizionalista che, per pescare a ci che vi
di pi essenziale della tradizione disciplinare, evita a bella posta qualsiasi
contenuto che ne comprometterebbe la purezza e pertanto si struttura come
una proposizione logica, totalmente autonoma rispetto a ogni interferenza
della realt esterna.
A questi due libri di autori italiani che hanno esaltato lautonomia della
disciplina, contrapponiamo il saggio di Rudofsky , scritto nel 1964, che,
invece, ci mostra quanto la buona architettura sia influenzata dalla vita che le
scorre parallela. Con il risultato paradossale che spesso gli spazi pi
interessanti sono creati proprio dalle persone che hanno studiato di meno le
discipline accademiche perch pi liberi e meno costretti da preconcetti. Su
una lunghezza donda, diversa ma concomitante nel privilegiare la
dimensione eteronoma, Reyner Banham che mostra quanto larchitettura
contemporanea dipenda da invenzioni tecniche quali lascensore, laria
condizionate, i nuovi materiali e le nuove concezioni strutturali. Banham,
detto per inciso, fu uno degli ispiratori degli Archigram che, come abbiamo
avuto occasione di accennare, introdussero negli anni sessanta una maggiore
attenzione ai problemi delle tecnologie moderne che presto sfoci nelle
ricerche della cos detta architettura High Tech.
Pubblicato nel 1966, Complexity and Contraddiction in Architecture di Robert
Venturi fu tra i primi e sicuramente il pi efficace nel porre in maniera chiara
il problema dellesaurimento dellInternational Style, cio di quello stile fatto
di geometrie banali e semplificate che a partire dagli anni trenta si era diffuso
nei paesi occidentali, e era stato applicato su vasta scala e con risultati
deprimenti nella ricostruzione degli anni cinquanta. Ad una estetica
minimalista fondata sullassunto che less is more ( il meno il pi) Venturi
risponde che less is a bore ( il meno una noia).Per evitare la noia non c
che una ricetta: la rilettura della storia e delle sue complessit e
contraddizioni (da qui il titolo del libro). Non potr che derivarne una nuova
estetica pi giocosa e pi interessante perch in grado di scandagliare
creativamente il passato e proiettarsi al futuro, sporcandosi con i fatti della
vita.

Dalla complessit al postmodern


Al libro Complexity and Contraddiction in Architecture segue nel 1972 (una
nuova edizione del 1977) da Learning from Las Vegas, scritto con Denise
Scott Brown e Steve Izenour.
La tesi molto semplice: Las Vegas, la citt del peccato poco pianificata e
patria del cattivo gusto, con la sua straripante vitalit molto pi
interessante di molte citt pianificate. Si potrebbe anzi paradossalmente
affermare che potrebbe essere un modello per gli architetti, un antotodo ai
loro schemi bloccati, tristi, noiosi.
Il libro di Venturi, da molti liquidato come un omaggio alla cultura della pop
art, rappresenta invece una via di uscita rispetto allo storicismo che negli
stessi anni sta cominciando a dilagare, veicolandosi attraverso il post modern
teorizzato da Jenck e esposto alla Biennale di Architettura di Venezia del
1980 curata da Portoghesi con il titolo La presenza del passato.
A essere influenzato da Lerning from Las Vegas sar sicuramente lolandese
Rem Koolhaas nel 1978 pubblicher Delirious New York, un libro di grande
successo ( da qualche anno si trova in italiano, tradotto da Electa), che
sostiene una tesi simile. New York, la capitale del XX secolo, una citt
bellissima indipendentemente dagli architetti. Anzi se la analizziamo
attentamente, scopriremo che, il grattacielo, la tipologia edilizia prevalente a
Manhattan, proprio lantitesi di quanto il Movimento Moderno ha predicato.
Nel grattacielo le funzioni si accostano senza integrarsi, non c rispondenza
tra interno e esterno, non si possono applicare i principi della composizione
architettonica.
Perch, continua Koolhaas, la citt di New York cos attraente? Perch
incarna il fantastico metropolitano, il desiderio di densit sociale. E la
proiezione architettonica di un immaginario. La concretizzazione di una
molteplicit di potenzialit che, esplose, danno forma al principio di irrealt
del reale secondo il quale ci che effettivamente accade pi utopico,
imprevedibile e, in fin dei conti, pi desiderabile di qualsiasi astratta utopia
fondata su principi razionali. Provate a girare per New York o a viverci e vi
accorgerete quanto questo esperimento urbano, mai progettato da alcuno
se non attraverso una debole griglia e poche ma essenziali regole sui
distacchi- sia riuscito.
Se vogliamo essere conseguenti, dobbiamo allora augurarci la fine dellutopia
intesa come un progetto esterno alleffettivo andamento delle cose. E imporci
di scoprire laspetto fantastico, irreale, creativo interno ad ogni fenomeno.
Pensando a un approccio i cui metodi siano vicini a quelli del surrealismo,
lunica poetica che riuscita a trasfigurare il reale lavorando al suo interno.
Salvator Dal, insomma, pi che gli schemi delle citt ideali e razionali.
Ma il surrealismo anche citazione, gusto di riprendere frammenti di
architetture del passato e montarle con una logica nuova, Un atteggiamento
che Koolhaas non esita a applicare anche ai propri progetti nei quali sono
citati Le Corbusier, Mies, i costruttivisti russi, Constant.
Daltra parte luso della citazione uno strumento teorizzato negli anni
settanta. Per esempio nel 1977 da Jencks nel suo The Language of Post
Modern Architecture, un testo fortunatissimo che comincia ricordando la
tragica fine ( abbattuto con la dinamite nel 1972) di un complesso di edilizia
residenziale, il Pruitt-Igoe housing a St. Luis pensato dallarchitetto Yamasaki
su principi razionali ma presto divenuto un luogo degradato e inabitabile. Il
libro, ha avuto sei edizioni ed stato tradotto in dieci lingue. Cerca, a partire
dalla crisi del Movimento Moderno esemplificata in questo episodio
emblematico, di trovare nuove strade per larchitettura e di recuperare una
valenza iconica e popolare repressa dal linguaggio degli architetti
dellInternational Style. Propone per pasticci formali che alla fine si
riveleranno controproducenti. E a superarli saranno in primo luogo quegli
architetti, quali Koolhaas, che allinizio sono affascinati da alcune tesi post-
moderne ma che presto non fanno fatica a leggerle come eccessivamente
superficiali e formaliste.
Storie dellarchitettura contemporanea
Nel prossimo capitolo ci occuperemo di libri scritti in questi ultimi anni, utili
per seguire il dibattito attualmente in corso. Prima per unocchiata alle
numerose storie dellarchitettura del novecento con lavvertenza che almeno
un paio occorre leggerle. La descrizione che segue , in larga parte, tratta dal
libro Forme e Ombre ( Testo & Immagine) che fa parte di una trilogia
dedicata alle avanguardie del novecento.

La Storia dellarchitettura moderna di Zevi , a giudizio di chi scrive, la pi


appassionante. La scelta, tuttavia, di separare lo svolgimento
dellarchitettura europea da quella americana, rispettivamente trattate nel
primo e nel secondo volume, pu provocare disorientamento. La
finalizzazione dello scritto allo sviluppo di tesi operative, rappresenta il punto
di forza dei due volumi ma costituisce, per alcuni interpreti tra questi
Manfredo Tafuri- un aspetto problematico della critica detta
appunto,operativa, di cui Bruno Zevi il principale assertore ed esponente.

La Storia dellarchitettura contemporanea di Manfredo Tafuri e Francesco Dal


Co, Electa, Milano 1976 un lavoro che ha goduto in Italia di notevole
fortuna, soprattutto negli anni ottanta e novanta. Prevalentemente orientato
verso la critica dellideologia politica sottesa al discorso architettonico,
trascura, per, lanalisi formale delle singole opere e mostra scarsa
attenzione verso architetti quali Pierre Chareau,Rudolf Schindler, Buckminster
Fuller che non rientrano allinterno del quadro delineato. Redatto nello stile
tipico della scrittura impegnata degli anni settanta, offre pagine molto dense
ma spesso involute e a tratti innervosenti.

La Storia dellarchitettura moderna di Kenneth Frampton, Zanichelli, Bologna


1982 e successive riedizioni, il manuale a tuttoggi pi diffuso. Ha il merito
di offrire una ampia trattazione dei numerosi argomenti che compongono il
composito quadro contemporaneo, analizzandoli ciascuno in un singolo
capitolo. Frampton si rif alla teoria delle microstorie: per quanto possibile
afferma- ho cercato di consentire una lettura del testo a pi chiavi: perci lo
si pu seguire come un resoconto continuo, o ci si pu tuffare dentro a caso
. La scelta, per, se ha il merito di presentare i singoli fenomeni nella loro
interezza, corre il rischio di disorientare il lettore nei collegamenti sincronici,
dando limpressione che gli eventi si svolgano per compartimenti stagni e
allinterno di rigide poetiche: per esempio lesperienza del Bauhaus, pur
essendo composita e coprendo ben tredici anni, viene presentata in un unico
capitolo; similmente in un unico capitolo presentata la produzione di le
Corbusier dal 1907 al 1931 e, infine, nel ventiquattresimo capito, dopo aver
trattato Alvar Aalto sino al 1957 e il Razionalismo Italiano sino al 1943
ancora si fa riferimento a eventi accaduti nel 1914, a proposito dei rapporti
tra Architettura e Stato.
Larchitettura moderna del Novecento di J.R. Curtis, Bruno Mondadori, Milano
1999 si caratterizza per completezza e seriet, prediligendo i fatti alle tesi, la
lettura delle opere alle semplici dichiarazioni di poetica, laspetto analitico sul
sintetico, in linea con i metodi del Courtaud Institute of Art di Londra. Di
taglio ancora pi spiccatamente analitico, ma non privo di clamorose sviste
soprattutto sullarchitettura organica o i fenomeni che si discostano
dallInternational Style -di cui lAutore stato uno dei promotori-,
Larchitettura dellOttocento e del Novecento di Henry-Russel Hitchcock,
Einaudi 1971 e successive ristampe.

Un approccio semiologico si trova in Renato de Fusco, Storia dellarchitettura


contemporanea, Laterza, Bari 1974 e succ.riedizioni ( lultima del 2000,
aggiornata sino ai giorni nostri). La divisone dei capitoli in due parti - una di
carattere generale e una dedicata allanalisi dei capolavori- pu essere molto
utile a chi voglia scoprire e leggere aspetti formali la cui individuazione in
altre opere di storia dellarchitettura viene data per scontata. Una storia che
ha un efficace taglio didattico anche Lineamenti di Storia dellarchitettura
contemporanea di Alessandra Muntoni, Laterza, Bari 1977 e successive
ristampe. Pur nella trattazione stringata, il volume affronta, senza ridurla a
un minimo comune denominatore, la pluralit delle scelte linguistiche del
Movimento moderno. Un testo introduttivo ma ancora pi stringato : Gillo
Dorfles, Larchitettura moderna, Garzanti, Milano 1954 e successive ristampe
e riedizioni.

La Storia dellarchitettura contemporanea di Giovanni Fanelli e Roberto


Gargiani, Laterza, Bari 1998 e successiva ristampe, analizza il tema da un
punto di vista della tecnica costruttiva, rifacendosi in larga misura alla analisi
delle relazioni intercorrenti tra spazio, struttura e involucro. Il metodo, che
nellanalisi delle opere di personaggi quale Perret, si rivela efficace, in altre
mostra i suoi limiti portando allesclusione dalla trattazione interi movimenti
e a inclusioni, per es. Giovanni Muzio o Paul Bonatz, che lasciano perplessi se
non sgomenti. Un approccio tettonico tentato, a nostro avviso con maggior
successo, da Kenneth Frampton in Studies in Tectonic Culture,The MIT Press,
Cambridge 1995 (tradotto in italiano da Electa). Una lettura fondata
sullanalisi della formalizzazione delle scelte costruttive, per quanto acuta,
spiega tuttavia con difficolt le scelte di molti architetti che con la tettonica
non si confrontano affatto o lo fanno in maniera superficiale e risulta un
metodo deludente con progettisti quali Wright che, pur formalizzando un
certo tipo di costruttivit, per esempio con le case in cemento armato a Los
Angeles, in realt finalizzano a tuttaltre mete le proprie ricerche.

La Storia dellarchitettura moderna di Leonardo Benevolo, Bari 1960 e succ.


riedizioni e integrazioni, si caratterizza per lattenzione alle condizioni di
contorno dellarchitettura, ai temi sociali, alle utopie urbane, ai problemi
dellindustrializzazione, quasi una storia sociale dellarchitettura il cui ideale
punto di riferimento potrebbe essere la Storia sociale dellArte di Arnold
Hauser.

Larchitettura del Novecento, Garzanti, Milano 1981 di Cesare De Seta


affronta con dovizia di particolari e giudizi taglienti il caso italiano. Fa parte
della monumentale Storia dellArte in Italia edita dalla stessa casa editrice.

Il testo di Paolo Portoghesi, I grandi architetti del Novecento, Newton &


Compton editori, Roma 1998 una raccolta non sistematica di rapidi profili
scritti in forma piana e discorsiva con taglio giornalistico.

I saggi contenuti nei libri di Giovanni Klaus Koening, Architettura del


Novecento. Teoria, storia, pratica critica, Marsilio, Padova 1995 e Dodici note
di architettura, a cura di Cesare Birignani, Testo & Immagine, Torino 2001,
affrontano il tema dellarchitettura dellespressionismo, con brillanti profili
critici di Taut, Scharoun, Mendelsohn, Hring.

Tra i libri recentemente pubblicati in lingua inglese vi Alan Colquhoun,


Modern Architecture, Oxford University Press, Oxford 2002. Il manuale, che
fa parte della collana della Oxford History of Art, affronta le interrelazioni tra
le correnti architettoniche dei primi del Novecento, mentre lascia seriamente
perplessi per lanalisi dei fenomeni successivi.

Per uno studio analitico pu essere utile anche consultare il Dizionario di


Architettura del Novecento, Skira, Milano 2000, a cura di Vittorio Magnago
Lampugnani e Topocronologia dellArchitettura europea, Zanichelli, Bologna
1999 a cura di Renato de Fusco, Alfredo Buccaro, Alessandro Castagnaro,
Alessandra Martini, Livio Sacchi.
Una ottima antologia degli scritti degli architetti : Mara De Benedetti, Attilio
Pracchi, Antologia dellarchitettura moderna. Testi, manifesti, utopie,
Zanichelli, Bologna, 1988. Antologie pi tagliate sul dibattito contemporaneo
sono: Charles Jencks, Karl Kropf, Theories and Manifestoes of Contemporary
Architecture, Academy Editions, Chichester 1977 e Neil Leach ( a cura di),
Rethinking Architecture. A Reader in Cultural Theory, Routlege, London and
New York,1997.
Per quanto riguarda la critica si pu vedere di Manfredo Tafuri, Teorie e
storie dellarchitettura, Laterza, Bari 1968 un testo che ha avuto molto
successo in Italia ma, a mio avviso, superato se non altro dagli oltre
trentacinque anni intercorsi dalla sua pubblicazione e il gi citato ma per
molti aspetti deludente libro di Bruno Zevi, Profilo della critica architettonica.
Per chi volesse, infine, trovare un elenco di dodici libri giudicati classici,
recensiti da luminari del calibro di Ackerman o Rykwert, cfr. lHarvard Design
Magazine, Fall 1998.

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