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Massimo Recalcati, Quando la realt anestetizza il reale, in la Repubblica, 23 aprile 2012.

La distinzione tra realt e reale in Lacan:


[...] Provo [] a definire il pi semplicemente possibile questa differenza. La realt la realt effettuale sulla
cui esistenza nessuno [...] pu dubitare. La realt di una ciabatta nella stanza o della pioggia sono fatti in s,
esterni, non sono n nella mia coscienza, n nel mio inconscio. La realt ha le caratteristiche della permanenza
indipendente dalla mia volont.
Questa realt coinvolge evidentemente anche la mia persona. Guardandomi allo specchio non mi stupisco di
essere io e che questo io che sono non coincida affatto con l'immagine riflessa, sebbene io mi riconosca in
quell'immagine. Allo stesso modo se guardo una ciabatta abbandonata in una stanza non dubito che sia una
ciabatta e che, come tale, sia destinata a certi usi e non ad altri. Ma la realt, proprio per questi attributi di
permanenza e di indipendenza dalla mia volont insinuerebbe Lacan -, un sonno. Nel senso che nella nostra
frequentazione abitudinaria della realt la mia immagine allo specchio, la ciabatta nella stanza tendiamo ad
addormentarci, cio presupponiamo che la realt risponda ad un certo ordine naturalmente evidente. Io sono io, la
ciabatta la ciabatta. Se cammino per strada, non mi interrogo sul fatto che gli edifici che ho attorno possano
crollare o non esistere. Attribuisco loro una certa fiducia, come [ per esempio la] probabilit che il sole risorger
anche domani. In questo senso la nostra vita fatta dalla routine della realt.
E il reale? Quando incontriamo il reale? Per Freud negli incubi. Ovvero in qualcosa che si sveglia e ci impedisce
di continuare a dormire (aggiunge: perch siamo arrivati troppo vicini alla verit del nostro essere pi pulsionale).
L'incontro con il reale sempre l'incontro con un limite che ci scuote, con qualcosa che ci impedisce di
continuare a dormire. L'apparizione di un nodulo che minaccia una malattia mortale, la perdita di un lavoro che
mette a repentaglio la mia vita e quella della mia famiglia, l'insistenza sorda di un comportamento sintomatico che
mi danneggia e che nessuna interpretazione riesce a far regredire; ma anche un nuovo amore, la nascita di un
figlio, un'esperienza mistica, l'incontro con un'opera d'arte, un'invenzione scientifica, una conquista collettiva.
Tutto ci che risveglia dal sonno della realt reale, compreso l'incubo di cui parla Freud. Si tratta di una forma
radicale dell'inemendabile. Non posso sottrarmi alla morte, ma nemmeno agli effetti che su di me provoca la
lettura perturbante di un libro o la visione di un film o di un quadro. Il reale ci da cui non si pu fuggire.
In questo senso per Lacan il reale associato ad un trauma che introduce nella nostra vita una discontinuit che
spezza il sonno routinario della normalit della realt. Sono davvero quell'io che vedo riflesso allo specchio
(bisognerebbe, per esempio, chiedercelo quando siamo attraversati dall'angoscia)? La ciabatta davvero solo una
ciabatta? (bisognerebbe chiederlo ad un feticista del piede...)? Il reale, se dovessimo dare una definizione secca,
non coincide mai con la realt ma ci che la scompagina. [ La definizione che ne d Lacan questa:] il reale
ci che resiste al potere dell'interpretazione.
Con una aggiunta decisiva e una distinzione: il reale non coincide con la realt poich la realt tende ad essere il
velo che ricopre l'asperit scabrosa - inemendabile - del reale. Non perch il reale sia un in-s noumenico che la
realt apparente avvolgerebbe il che finirebbe fatalmente per riprodurre un vecchio schema metafisico ma
perch la realt si costituisce a partire dalla necessit di neutralizzare proprio l'asperit scabrosa del reale. La
psicoanalisi segnala la tendenza degli esseri umani a cercare rifugio nel sonno realt per neutralizzare il trauma
del reale. La realt l'analgesico del reale. E' uno schermo che serve a proteggere la vita: io sono io, la ciabatta
la ciabatta [...].

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