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« PSICHE E COSCIENZA >» COLLANA DI TESTI E DOCUMENTI PER LO STUDIO DELLA PSICOLOGIA DEL PROFONDO PAUL WATZLAWICK JANET HELMICK BEAVIN DON D. JACKSON PRAGMATICA della COMUNICAZIONE UMANA Studio dei modellt interattivt, delle patologie e dei paradossi ‘Traduzione di MASSIMO FERRETTI ROMA ASTROLABIO MCMLXXI INTRODUZIONE In questo libro ci occupiamo degli effetti pragmatici (compor- tamentali) della comunicazione umana, con particolare attenzione ai disordini del comportamento. Finora non si & neanche provveduto a formalizzare i codici verbal e sintattici ed @ sempre pit diffuso lo scetticismo sulle possibilita di porre Je basi di una strutturazione esauriente della semantica della comunicazione umana; in tale situa- zione, ogni tentativo di organizzarne sistematicamente Ia pragmatica deve apparire una forma d'ignoranza o di presunzione. Se le nostre cognizioni attuali non ci consentono neppure di spiegare_sufficien- temente Pacquisizione del linguaggio naturale, cosa potrebbe esserci di pit remoto della speranza di astrarre i rapporti formali tra co- municazione e comportamento? Dvsltra parte, va da sé che la comunicazione @ una conditio sine qua non della vita umana e dell’ordinamento sociale. Ed @ pure evidente che un essere umano & coinvolto fin dallinizio della sua esistenza in un complesso processo di acquisizione delle regole della comunicazione, ma di tale corpo di regole, di tale calcolo della co- municazione & consapevole solo in minima parte. Non @ nostra intenzione superare di molto i limiti di tale con- sapevolezza. Il nostro obiettivo @ stato quello di tentare di-costruire un modello e di presentare quei fatti che ci sembrano consentirne la costruzione. La pragmatica della comunicazione umana @ una scien- za giovanissima, tiesce appena a leggere e scrivere il proprio nome, ed & ancora ben lontana dall’aver elaborato un linguaggio autonomo @ coetente. Soprattutto, appartiene al futuro la possibilita che essa si integri con altri campi della ricerca scientifica. Tuttavia, nella spe- ranza che tale possibilit’ si realizzi, il nostro lavoro si rivolge a coloro che operano in tutti quei campi in cui si affrontano i problemi dell'interazione ‘sistemica’ nel senso piti esteso del termine. Si pud obiettare che la nostra trattazione trascuri studi impor tanti che hanno diretta attinenza con l’argomento, Che Ia bibliogra- 7 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA fia € i rinvii espliciti alla comunicazione non verbale siano lacunosi pud costituire un motivo di critica, ed & anche criticabile Pomissione di riferimenti alla semantica generale. Ma non era possibile indicare tutte le affinita esistenti con altri campi di ricerca senza rendere enciclopedico, nel senso peggiore del termine, il nostro libro, che @ soltanto una introduzione alla pragmatica della comunicazione umana (settore che ha ricevuto finora ben poca attenzione). Per la stessa ragione ci siamo impos! iri ini i riferimenti a numerosi altri lavori so- prattutto quando tali lavori si limitano a studiare la comunicazione come un fenomeno unidirezionale (da chi parla a chi ascolta) e si atrestano prima di considerare la comunicazione come un proceso di interazione. I nostro modo di presentare l’argomento & stato condizionato dalle sue implicazioni interdisciplinari. Anche se prevalgono le ana- fogie e gli esempi tratti dalla psicopatologia, le scelte che ci sem- bravano pit adatte le abbiamo compiute su una vasta gamma di argomenti. Ci preme che sia ben chiaro che, quando siamo ricorsi per analogia alla matematica, Vabbiamo usata soltanto come linguag- gio particolarmente adatto ad esprimere relazioni intricate, ma il suo uso non implica certo che riteniamo pronti i nostri dati per la quantificazione. Per contro, molti lettori riterranno scientificamente riprovevole Y'ampio uso che abbiamo fatto di esempi letterati perché & ben misera quella dimostrazione che si fonda sui prodotti arti- stici delPimmaginazione. Tuttavia non ci siamo mai proposti di di- mostrare qualcosa con citazioni letterarie, abbiamo soltanto voluto illustrate e chiarire questioni teoriche con un linguaggio pitk acces- sibile; questo non implica affatto che Je citazioni letterarie in sé ¢ per sé dimostrino qualcosa. In breve, tali esempi e analogie sono modelli di definizione e non modelli di predizione (assertivi). Abbiamo spesso desunto da differenti campi specialistici alcuni concetti fondamentali di cui era necessario dare le definizioni; volta per volta gli esperti troveranno superflue quelle che si riferiscono al loro settore specifico. Per avvertirli di tale inconveniente, ma anche per comodita dei lettori comuni, diamo qui di seguito uno 5 Intro- duciamo nozioni fondamentali come quella di funzione (sez. 1.2)}, * Siamo ticotsi alla suddivisione decimale dei capitoli non certo per confondere © impressionaze il lettore, ma per indicare con chiarezza la struttura di ogni capitolo ¢ facilitare i rinvii alPinterno del libro. 8 ANTRODUZIONE informazione, retroazione (sez. 1.3), ridondanza (sez. 14), ¢ postu- liamg Lesistenza di un codice non ancora formalizzato, un calcolo (sez, 1.5) della comunicazione umana le cui regole vengono rispet- unicazione & efficace e violate quando & disturbata. speeificiti a tale reotia che dopo tutto tratta degli efferti, immediati © reciproci, prodotti dagli esseri_umani. Questo richiede una definizione del concetto (sez. 6.1, 2 € 6.3), ma chi ha familiarité con la letteratura sulle antinomie ¢ col paradosso di Russell in particolare pud tralasciare le sezioni in- dicate. Nella sez. 6.4 introduciamo jl concetto, molto meno noto, di paradosso pragmatico e ci soffermiamo sulla teoria del doppio Je- game e sul contributo che essa ha tecato alla comprensione della c che abbiamo scritto col proposito di mostrare le applicazioni cliniche dei modelli paradossali di comunicazione. Non rientrano ovviamente in questo discorso le considerazioni teoriche delle sez. 7.1 ¢ 7.2 ¢ la breve digressione conclusiva sul ruolo del paradosso nel gioco, postulato & che un ordine, analogo alla strutcura i Tivello dei tipi logici, pervada la consapevolezza che l'uomo ha dell’esistenza ¢ determini la conoscibilita ultima del suo. universo. Numerosi specialisti (psichiatri, biologi, ingegneri) hanno esaminato il _manoscritto e ci hanno dato il Joro givdizio; non ci ha sorpreso che una data sezione fosse giudicata troppo specialistica da taluni e addirittura rozza da altri. Lo stesso discorso possiamo ripeterlo per le definizioni (che abbiamo incluso sia nel testo che a pie’ di pagina): a uno specialista pud sembrare quasi offensivo trovare la definizione di un termine che fa parte del suo linguaggio quotidiano, ma pet il 9 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA letéore comune Ja mancanza di definizioni pud avere una implica zione assai irtitante, qualcosa come “Se non sai que A non possiamo i il dis i spi * che contiene soltanto quei termini di cui non abbiamo dato una definizione nel testo e che non si trovatio in un comune dizionario. (Nell’indice analitico i numeri in corsivo indicano le pagine in cui abbiamo dato Je definizioni). Vogliamo esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che hanno Jetto, parzialmente o per intero, il manoscritto; in particolare rin- graziamo Paul $. Achilles, John H. Weakland, Carlos E, Sluzki, A. Russell Lee, Richard Fisch e Arthur Bodin, che sono tutti nostri colleghi al Mental Research Institute; Albert E. Scheflen dell’Eastern Pennsylvania Psychiatric Institute e della Temple University School of Medicine; Karl H. Pribram, Ralph I, Jacobs e William C. Dement della Stanford University School of Medicine; Henry Longley della Western Development Laboratories (Philco); Noél P. Thompson della Palo Alto Medical Research Foundation; e John P. Spiegel del Center for Research in Personality, Harvatd University. Va da sé che & esclusivamente nostra la responsabilita per le posizioni che abbiamo preso e per gli erroti che possiamo aver commesso. > 11 nostro lavoro & stato sostenuto dal National Institute of Men- tal Health (Grant MH 07459-01), dalla Robert C. Wheeler Foun- dation, dal James ‘McKeen Cattell Fund e dalla National Association for Mental Health, if cui aiuto vogliamo qui ticonoscere con gra- titudine. Palo Alto, marzo 1966 10 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA Capitolo 1 PRESUPPOSTI! TEORICI Ll Si considerino le seguenti situazioni: In una zona del Canada del Nord il numero delle volpi aumenta e diminuisce con una periodicita degna di atten. zione. La popolazione raggiunge la punta massima in un ciclo di quattro anni, poi declina fino alla quasi estin- zione, e infine comincia a risalire. Se il biologo si limi- tasse ad osservare le volpi, questi cicli resterebbero in- spiegabili, perch non c’® nulla che spieghi tali cambia- menti né nella natura della volpe né in quella di tutta la specie. Tuttavia una volta che ci siamo resi conto che le volpi cacciano esclusivamente i conigli selvatici e che questi conigli non hanno quasi nessun altro nemico natu- rale, tale rapporto ira le due specie ci da una spiegazione soddisfacente per un fenomeno che altrimenti sarebbe misterioso. Si potra allora osservare che il ciclo dei conigli & identico ma opposto, cio& che essi aumentano di numero quando diminuiscono le volpi e viceversa: infatti, quanto pid numerose sono le volpi tanto pi numerosi sono i conigli che esse uccidono, finché il cibo diventa assai scarso, Alfora diminuiscono di numero e danno ai conigli sopravvissuti la possibilita di moltiplicarsi e di ctescere con rinnovato vigore nell’assenza di fatto del loro nemico, le volpi, Tutti questi nuovi conigli creano una situazione favorevole per le volpi che possono sopravvivere ¢ ri prodursi, ecc, Un uomo @ colto da un improvviso malore e viene prontamente trasportato in ospedale, I] medico che lo visita riscontra stato di incoscienza, pressione del sangue estremamente bassa, e in genere il quadro clinico di una intossicazione acuta da alcool o stupefacenti. Ma le analisi 13 1 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA non rivelano alcuna traccia di-tali sostanze. La condizione del paziente resta inspiegabile finché non riprende cono- scenza e dice di essere un ingegnere minerario, di aver lavorato per due anni in una miniera di rame sulle Ande a quasi 4.000 metri di altezza, e di esserne appena ritor- nato. Ora & chiaro che la condizione del paziente non @ | una malattia nel senso che di solito diamo a questo ter- mine, cio& V'insufficienza di un organo o di un tessuto, ma il problema di adattamento di un organismo clinica- mente sano a un drastico cambiamento d’ambiente. Se Lattenzione del medico sj concentrasse soltanto sul malato, e se prendesse in considerazione soltanto I’ecologia del pro- prio ambiente, lo stato del malato resterebbe misterioso. Nel giardino di una casa di campagna, visibile dal mar- ciapiede esterno, un grosso signore con tanto di barba striscia accoccolato per il prato tracciando degli otto, mentte continua a guardarsi indictro ¢ a fare ininterrot- L tamente ‘qua qua qua...’. E’ Ja descrizione che Petologo i Konrad Lorenz ci da del proprio comportamento durante uno dei suoi memorabili esperimenti con gli anatroccoli ' (nella fattispecie, si era sostituito alla loro madre), “Eto molto compiaciuto”, scrive, “dei piccoli che ubbidienti © precisi seguivano trottarellando il mio ‘qua qua’, quando a un certo momento alzai gli occhi e vidi una fa di volti allibiti affacciata sopra la siepe del giardino: una intera comitiva di turisti mi guardava stupefatta”. Lverba alta nascondeva gli anatroccoli e quello che vede- yano i turisti era qualcosa del tutto inspiegabile, un com- portamento veramente folle, (96, p. 43) Questi esempi apparentemente _cosi slegati_hanno_invece_un_deno- luppo telazioni tra un evento e la matrice in cui esso si verifica, tra un organismo e il suo ambiente, o & posto di fronte a qualcosa di ‘ misterioso’ oppure @ indotto ad attribuire al suo og- | getto di studio certe proprieta che l’oggetto pud non avere. In bio- logia & un fatto ormai accettato, mentre sembra che le scienze del comportamento continuino in larga misura a considerare P'individuo come una monade ¢ a basarsi sul metodo venetando di isolate le 14 PRESUPPOSTI TEORICI 41 variabili. Questo diventa particolarmente evidente quando Voggetto di studio @ il comportamento disturbato. Se si studia una persona dal comportamento disturbato (psicopatologia) isolandola, allora Vin- dagine deve occuparsi della natura di tale condizione e — in senso esteso — della natura della mente umana. Se invece si estende Vin- dagine fino ad includere gli effetti che tale comportamento ha sugli altri, le reazioni degli altri a questo comportamento, il contesto in cui tutto cid accade, il centro dellinteresse si sposta dalla monade isolata artificialmente alla relazione tra le parti_di_un_sistema_pii ripresa da Cat . 9) per lo studio della semiotica (la teoria generale dei segni ¢ dei linguaggi). Se si applica il primo di questi tre settori alla struttura della comunicazione umana, esso copre — si pud ben dirlo — tutto quel gruppo di problemi relativi alla tra- smissione dell’informazione. Va da sé che questo primo settore & di competenza esclusiva del teorico dell’informazione, il quale appunto si interessa ai problemi della codificazione, dei canali, della capacita, del rumore, della ridondanza, e di altre proprieta statistiche del lin- guaggio (ciot di problemi essenzialmente sintattici), mentre non si interessa del significato dei simboli del messaggio. L’interesse primario della semantica & invece il significato. E’ senz’altro* possibile trasmet- tere successioni di simboli con precisione sintattica, ma essi teste rebbero privi di significato a meno che il trasmettitore e il ricevitore non si siano accordati in precedenza sul loro significato, In tal senso, lo scambio effettivo di informazione presuppone una convenzione semantica, C’& da aggiungere, infine, che la comunicazione influenza il comportamento ed & questo V’aspetto che noi definiamo pragma- tico. Anche se una chiara divisione concettuale dei tre settori & dunque possibile, cid nonostante essi sono interdipendenti. George (55, p. 41) fa notare, che “sotto molti punti di vista @ giusto dire che la sin- tassi & Ia logica matematica, la semantica & la filosofia o la filosofia della scienza, e la pragmatica @ la psicologia, ma in realta questi campi non sono affatto ben distinti”. Nel corso della nostra_trattazione sfioreremo tutti_e tre i settori sopra indicati, ma questo pro- posito vorremmo che la ora che usiamo i termini 15 AA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA comunicazione e comportamento praticamente come sinonimi: perché i dati della pragmatica non sono soltanto le parole, Je loro configu- razioni e ¢ loro significati (che sono i dati della sintassi e della seman- tica), ma anche i fatti non verbali concomitanti come pure il lin- guaggio del corpo. Alle azioni del comportamento personale occorte inoltte aggiungere quei segni di comunicazione inerenti al contesto in cui ha Inggo la comunicazione. E’ chiaro dunque che in questa ‘ogliamo poi precisare che non interesse all’ef- fetto della comunicazione sul ricevitore (come generalmente si fa), ta ci occupiamo anche dell’effetto che la reazione del ricevitore ha sul trasmettitote, poiché titeniamo che i due effetti siano inscindibili. Non & dunque un caso se non ci soffermiamo sui rapporti trasmet- titore-segno o ricevitore-segno e preferiamo invece focalizzare il rap- porto. trasmettitore-ricevitore in quanto mediato dalla comunicazione. Questo modo di accostarsi ai fenomeni del comportamento umano (normale o anormale che sia) si basa sulle manifestazioni che si possono osservare in ogni relazione nel senso pit esteso del termine, ed & quindi concettualmente pit vicino alla matematica che alla psi- cologia tradizionale, poiché @ in una disciplina quale la matematica che i rapporti tra entitd (¢ non Ja loro natura) costituiscono Voggetto di interesse piti immediato. $i sa Paltra parte che {a psicologia tende tradizionalmente a una visiong monadica dell’uomo e di conseguenza a una telficazione di quegli aspetti che ora si rivelano sempre pit c i complessi di relazione ¢ interazione. © pose RS Ma il nostro proposito noa deve scoraggiate il lettore che ha una prepatazione matematica limitata perché non gli sottoporremo né formule né altro simbolismo speci- fico, Se & probabile che il comportamento umano trovi un giorno la sua espressione adeguata nel’ simbolismo matematico, non @ certo nostra intenzione tentare oggi una simile quantificazione. Ricorre- remo piuttosto all’enorme mole di lavoro che & stato compiuto in certe branche della matematica ogni volta che quei risultati sembrano offrirci un linguaggio capace di descrivere meglio i fenomeni della comunicazione umana, 16 PRESUPPOSTI TEORICL 42 12 L’utilita che ha per noi un concetto matematico come quello di funzione spiega a sufficienza le ragioni che ci spingono a ricorrere alla matematica come a un metodo esplicativo oppure a istituire analogie con essa, Forse una breve digressione sulla teoria del nw meto pud servite a spiegare meglio il nostro assunto. Sembra che i filosofi della scienza concordino nel ritenere che il passo pit significativo nella evoluzione del pensiero matematico moderno, da Descartes ai nostri giorni, sia stato la comparsa gra- duale di un concetto nuovo di numero. I matematici greci crede- vano che i numeri fossero grandezze concrete, reali, intuitive, pro- prieta di oggetti ugualmente reali, Scopo della geometria era misu- raze e della aritmetica contare. Oswald Spengler, nel capitolo “Sul senso dei numeri” (146), dimostra con gran lucidita non solo che la nozione di zero come numero era impensabile, ma anche che le grandezze negative non trovano posto nella tealti del mondo clas- sico: “Le grandezze negative non esistono. La formula (—2) x x (— 3} = + 6 non @ intuitiva né & una rappresentazione di grandezze”. * Per duemila anni si & creduto che i numeri fossero Fespressione di grandezze; e Spengler ne ha tratto le conseguenze: Finora non @ esistita altra civilta che abbia avuto tanta venerazione per le cteazioni di un’altra gid da tempo estinta, e che nel campo della scienza di essa abbia tanto subito influenza, come ne ® appunto il caso per la ce vilta occidentale nei riguardi di quella antica. Occorse molto tempo prima che noi trovassimo i} coraggio di pensare un pensiero nostro, Nel fondo persisteva sempre il desiderio di emulare Vantichita. E tuttavia, a ogni passo fatto in tal senso, in realtA ci si allontanava dall’ideale sognato, La storia del sapere occidentale & quella di una progressiva emancipazione dal pensiero antico, di una liberazione che fu imposta dalle profondita dell’inconscio. © O, Spengler, If tramonto dell’ Occidente, trad. it. di J, Evola, Milano, Longa. nesi, 1957, p. 132. 17 12 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA, Cost Vevoluzione della nuova matematica 2 stata una lun- 8a, Segreta e, infine, vittoriosa lotta contro il concetto di grandezza. * Non occorre soffermarci su come fu vinta questa vittoria, Basti dire che il fatto decisivo accadde nel 1591, quando Vieta introdusse la numerazione mediante le Iettere dell’alfabeto. Fu una innovazione che relegd in secondo piano Videa dei numeri come grandezze astrat- te: era sotto un concetto potente, quello di variabile, che per il matematico dell’antica Grecia sarebbe stato irreale come una allu- cinazione perché le variabili non hanno un valore indipendente, in antitesi col numero che tappresenta invece una grandezza intuiciva: una variabile ha valore solo in rapporto a un’altra variabile. Le variabili fornirono una dimensione nuova dell’informazione che con- tribui a fondare la matematica nuova. Il concetto di funzione & costi- tuito dal rapporto tra le variabili (espresso normalmente, ma non necessatiamente, come una equazione). Le funzioni, per citare an- cora Spengler, nos sono numeri in senso plastico, bensi segni per un nesso, cui mancano i caratteri della grandezza, della forma e della univocita — sono segni per una infinita di situa- zioni possibili di uno stesso tipo, che solo se comprese come unit’ sono numero. In una notazione che purtroppo usa molti segni atti a ingannate, tutta Vequazione & effettivamente un numero solo, mentre x, y © z lo sono tanto poco, quanto i segni + e =. ** Cosi, ad es., Pequazione y? = 4ax, per il fatto che stabilisce un rappotto specifico tra x e y, contiene tutte le propricta di una curva * Ibidem, p. 148. “ Thidem, pp. 14s 150. + J. David Stern (149) ha illustrato in un articolo recente quanto possa essere ingeanevole il valore dei numeti intesi come grandezze anche quando si inrende in primo Tuogo che rappresentino grandezze concrete, per es. in economia. Sctivendo del debito nazionale, Stern dimostra che se lo si esamina isolatamente, ciot in ter- mini di grandezza assoluta, occorre prendere atto che il debito nazionale degli Stati Uniti ha subito ‘un aumento sbealorditivo: dai 257 miliardi di do!lari del 1947 ai 504 milfaedi di dollar: del 1962, Tuttavia se si collocano queste cifre net contesto 18 PRESUPPOSTI TEORICL 12 E senza dubbio stimolante il parallelismo che si instaura tra laf fermazione in matematica del concetto di funzione e “il riconosci- mento in psicologia di quello di relazione. Per molto tempo — in un certo senso da Aristotele — si @ concepita la mente come un apparato di proprieti o caratteristiche di cui un individuo era dotato in maggior o minor misura, cosi come poteva avere un corpo magro © grasso, capelli rossi o biondi, ecc. Alla fine del secolo scorso si assistette in psicologia alla nascita di una eta sperimentale; tra l'al- tro, fu introdotto un vocabolario di gran lunga pit raffinato che non era perd diverso dal vecchio in un punto sostanziale: era costituito di concetti pit o meno irrelati e isolati. Questi venivano classi- ficati_ come funzioni psichiche — sfortunatamente, dobbiamo. dire, perché in realth non avevano nulla a che fare con il concetto mate- matico di funzione e nessuno aveva pensato a fate un riferimento del genere. Sappiamo che sensazioni, petcezioni, appercezioni, atten- zione, memoria ¢ diversi altri concetti sono stati definiti come ‘ fun- zioni’; come del resto sappiamo dell’enorme mole di lavoro che & stato compiuto e che tuttota si compie per studiare tali ‘ funzioni’ isolandole artificialmente. Ma Ashby, ad esempio, ha dimostrato come l’acquisizione di memoria sia in rapporto diretto con Tosser vabilita di un sistema dato, Egli fa rilevare che un osservatore che sia in possesso di tutta ’informazione necessaria non ha bisogno di rifetirsi al passato (e quindi all’esistenza di una memoria nel siste- ma): gli basta lo stato attwale del sistema per poterne spiegare il comportamento. Ashby fa questo esempio: Supponiamo che io mi trovi in casa di amici e che al passaggio di un’automobile lungo una strada, il cane di casa si rifugi in un angolo acquattandsi. Per me, questo comportamento @ immotivato e inesplicabile. Il mio amico dice, a questo punto, che il cane @ stato investito da un’automobile sei mesi prima. I] comportamento del cane pud essere ora spiegato riferendosi a un avvenimento svoltosi sei mesi fa. Se noi diciamo che il cane mostra di possedere una ‘memoria’, ci riferiamo soprattutto al fatto che il suo comportamento non @ spiegato dal suo giusto, vale a dire se si esprimono in rapporto al reddito netto personale disponibile, Fsulta evidente una flessione dal 15196 all 8096 darante questo periodo, [ profant ¢ gli uomini politici commettono Facilmente questo errore di valutazione, sebbene gli cconomisti da tempo ritengano attendibili soltanto i sistemi delle vatiabili eco- nomiche © non le unita assolute o isolate. 19 12 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA stato attuale, ma dal suo stato di sei mesi prima. Se non si sta attenti, si dird che il cane ‘ha’ memoria: si vedra cio’ il cane come ‘avente qualche cosa’, proprio acl senso in cui pud avere un ciuffo di pelo nero. Si pud allora essere tentati di mettersi a cercare quella cosa ¢ scoprite che essa ha certe proprieti molto cutiose, Evidentemente la ‘memoria’ non & qualcosa di obiet- tivo che il sistema possiede o non possiede; & un concetto a cui Posservatore ticorte per colmare la lacuna determi- nata dal fatto che il sistema & in parte inosservabile. Tanto minore @ il numero delle variabili osservabili tanto pit Posservatore sara costretto a considerare gli eventi pas- sati come rilevanti per il comportamento del sistema. Dunque, la memoria, nel cervello, & solo in parte un fatto oggettivo. Nessuna meraviglia che le sue ptoprieta siano apparse talvolta strane o addirittura paradossali, dato che, evidentemente, tutto il problema andrebbe ridiscusso fia dai fondamenti. (5, p. 117)* A nostro parere, queste osservazioni di Ashby non escludono affatto i progressi straotdinari compiuti dalla ricerca neutofisiologica sul- Vimmagazzinamento dell’informazione nel cervello, Non c’é dubbio che dal momento dell’incidente lo stato dell’animale & diverso; qual- cosa deve esserci di nuovo (un cambiamento molecolare, Vistituzione di un nuovo circuito), insomma ‘qualcosa’ che ora il cane ‘ha’. Ma il punto su cui Ashby insiste @ che si tratta di una costruzione e della sua reificazione. Una partita di scacchi &@ Panalogia a cui Bateson (17) ricorre per illustrate lo stesso concetto, In qualunque momento, si pud capire la situazione del gioco esaminando esclusiva- mente Ja configurazione attuale dei pezzi sulla scacchiera (quello degli scacchi & un gioco con informazione completa), senza riferirci ad alcuna annotazione o ‘memoria’ delle mosse passate. Anche se. disponiamo i pezzi in modo che la loro configurazione sia la memo- ria del gioco, si tratta soltanto di una interpretazione, attuale e osser- vabile, del termine ‘ memoria’. Quando finalmente si estese il vocabolario della psicologia speri- mentale a contesti interpersonal, il linguaggio della psicologia restd ancora quello monadico, Divennero oggetto di studi particolareggiati concetti come leadership, dipendenza, cstroversione e introversione, * WLR. Ashby, Introduzione alla cibernetica, wad. it. di M, Nasti, Torino, Einaudi, pp. 149-150. 20 PRESUPPOSTI TEORICI i2 nurturance, e molti altri, Naturalmente, c’@ il pericolo che questi termini (solo a ripeterli o a rifletterci sopra abbastanza a lungo) assumano una pseudo-realta autonoma e che alla fine ‘leadership’, una mera costruzione, diventi Leadership, una quantita misurabile Gella mente umana che viene concepita essa stessa come un feno- meno isolato. Una volta che si sia attata tale reificazione, non si siconosce pit che il termine non @ che Vespressione stenogtafica di una forma particolare di relazione in corso. Ogni bambino impara a scuola che il movimento @ qualcosa di zelativo che si pud percepire soltanto in rapporto a un punto di riferimento. Ma non tutti riescono a convincersi che questo prin- cipio vale praticamente per ogni percezione e quindi per ogni tap- porto dell'uomo con la tealti. Ricerche sul cervello ¢ sugli organi sensoti hanao dimostrato in modo decisivo che possiamo percepire soltanto le relazioni e i modelli delle relazioni in cui si sostanzia la nostra esperienza. Se con un espediente blocchiamo i! movimento delocchio in modo che Ia stessa immagine continui ad essere per cepita dalle stesse zone della retina non si pud pitt avere una chiara petcezione visiva. Analogamente, & difficile percepire un sono co- state e regolare; @ anzi probabile che il suono diventi del tutto impercettibile, Se vogliamo farci un’idea della durezza ¢ della trama di una superficie non basta metterci sopra un dito ma bisogna farlo scorrere avanti ¢ indietro, perché se non lo muoviamo non possiamo ricevere alcuna informazione utile, fuorché forse sulla temperatura che d’altronde dipenderebbe dalla differenza esisteate tra la tempera- tura dell’oggetto e quella del dito. Possiamo fare molti altri esempi, ma tutti confetmerebbero che in qualche modo le percezioni impli- cano un processo di cambiamento, movimento, o scansione (132, p. 173). In altre parole, sulla base di prove estremamente ampie, & stato possibile stabilire e astrarre una relazione che a nostro parere & identica al concetto matematico, di funzione. Ne consegue che la sostanza delle nostre percezioni non & costituita da ‘cose’ ma da funzioni; e come abbiamo visto le funzioni non sono grandezze isolate ma “segni per un nesso... per una infinitd di situazioni possibili di uno stesso tipo...”. Ma se le cose stano cosi non deve pri sorpren- derci neppure che Ja consapevolezza che Puomo ha di se stesso & sostanzialmente una consapevolezza delle funzioni, delle relazioni in cui si trova implicato, e qui non ha importanza quanto egli possa successivamente reificare tale consapevolezza. A proposito, ricordiamo che questi fatti (dai disturbi degli organi sensori ai problemi della autoconsapevolezza) sono confermati dalla letteratura, oggi cost ampia, sulla privazione sensoriale. 21 13 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA 13 Informazione e retroazione Freud si distaccd da molte reificazioni della psicologia tradizionale quando introdusse la teoria psicodinamica del comportamento umano. Non occorre qui sottolineare Pimportanza delle sue scopette. Ma non possiamo non soffermarci su un aspetto che ha una attinenza parti- colare col nostro assunto. La teoria psicoanalitica si basa su di un modello che non @ in contrasto con lepistemologia predominante al tempo in cui furono formulati i principi della psicoanalisi. Si parte dal postulato che il comportamento sia in primo luogo la conseguenza di una ipotizzata azione reciproca di forze intrapsichiche che si ritiene seguano sttet- iamente le leggi della fisica sulla conservazione e sulla trasformazione delPenergia. Norbert Wiener, riferendosi proprio a quel periodo, asse- risce che “il materialismo aveva evidentemente messo a punto la propria gtammvatica, ed era una grammatica dominata dal concetto di energia” (166, p. 199). In linea di massima, la psicoanalisi clas- sica restava anzitutto una teoria dei processi intrapsichici, che con- siderava di secondaria importanza V’interazione con le forze esterne anche quando tale interazione era evidente (in questo senso & esem- plare il concetto di ‘guadagno secondario’)? La ricerca psicoana- litica ha trascurato Vinterdipendenza tra l’individuo e il suo am- biente, ed & proprio a questo punto che diventa indispensabile il concetto di scanbio di informazione, ciot di comunicazione. C’e una differenza sostanziale tra il modello psicodinamico (psicoanalitico) da una parte e ogni schema che elaboti il concetto di interazione individuo-ambiente dall’altra. E’ una differenza che ci auguriamo di chiarire meglio con la seguente analogia (12). Se il piede di un uomo che sta camminande colpisce un sasso l’energia viene trasferita dal piede al sasso, Il sasso verr’ messo in movimento e spostato fin- ché non si fermera in una posizione che @ determinata esclusivamente da fattori come la quantita di energia trasmessa, la forma e il peso del sasso, la natura della superficie su cui é rotolato. Se Puomo da un calcio a un cane anziché a un sasso, il cane pud saltare su a motdetlo, In questo caso il rapporto tra il calcio ¢ il morso & di ? Naturalmente, i cosiddetti neo-freudiani hanno sottolineato con molta maggiote enexgia Vinterazione individuo-ambiente 22 wt PRESUPPOSTI TEORICI 13 un ordine assai diverso. E’ chiaro che il cane prende Venergia per la sua reazione dal proprio metabolismo e non dal calcio. Non si ha dunque trasmissione di energia ma di informazione. In altre parole, il calcio @ un comportamento che comunica qualcosa al cane, € a questa comunicazione il cane reagisce con un’altra comunicazione-com- portamento. La differenza tra la psicodinamica freudiana ¢ la teoria della comunicazione, in quanto principi esplicativi del comportamento umano, in sostanza é tutta qui. Come si vede, appartengono a ordini diversi di complessita; non si pud estendere il primo al secondo né i secondo si pud dedurre dal primo: nel loro rapporto non c’é con- tinuita concettuale, Che T’attiviti di pensiero abbia spostato i suoi interessi dal concetto di energia a quello di informazione % stato di una importanza fondamentale per lo sviluppo quasi vertiginoso della filosofia della scienza dalla fine della seconda guerra mondiale ¢ ha dato un impulso eccezionale alla nostra conoscenza dell’uomo. Rea- dersi conto che V’informazione su un effetto, se correttamente tra- smessa indietro (fed back) all’efiettore, garantisce la stabilitd di que- stultimo e Vadattamento al cambiamento d’ambiente, non soltanto ha aperto la porta alla costruzione di macchine di ordine pit clevato (cio machine perseguitrici di scopi e con controle d’ertore) ¢ ha permesso di postulare la cibernetica come nuova epistemologia, ma ci ha anche dato la possibilita di osservare in un modo davvero nuovo e illuminante il funzionamento di sistemi d’interazione assai complessi esistenti in biologia, psicologia, sociologia, economia e in altri campi. Anche se per il momento non possiamo valutare -~ nep- pure spetimentalmente — [importanza della cibernetica, i principi fondamentali che implica sono assai pitt semplici di quanto ci si aspetti, Li passiamo brevemente in rassegna qui di seguito. Finché la scienza si @ interessata allo studio dei rapporti lineari, unidirezionali e progressivi di causa-effetto, molti fenomeni di estre- ma importanza sono stati esclusi dall’immenso territorio che la scienza ha conquistato negli ultimi quattro secoli, Semplificando molto, si pud asserire che tali fenomeni hanno il loro comune denominatore nei concetii affini di crescita e cambiamento, Per includere tali fe- nomeni in una visione unitaria del mondo, 1a scienza ha dovuto far ricorso fia dal tempo degli antichi greci a concetti di cui ha dato varie definizioni ma che sono sempre rimasti nebulosi e tortuosi. Essi si basano sulla nozione che esista un fine che determina i] corso degli eventi e che il risultato finale ‘in qualche modo’ condiziona i passi che ci conducono gradatamente a questo fine; oppure erano fenomeni carattetizzati da una certa forma di ‘vitalismo’ e quindi esclusi dal dominio della scienza, In tal modo circa 2.500 23 13 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA anni fa si pose la base per una delle maggiori polemiche episte- mologiche, e la polemica @ continuata fino ai nostri giorni. Se vol- giamo la nostra attenzione a quelli che sono gli studi specifici. sul- l'uomo, vediamo subito che la psicoanalisi & classificabile nella scuola deterministica mentre non lo &, ad esempio, la psicologia analitica di Jung che fa molto assegnamento sulla ipotesi di una “entelechia’ immanente all’uomo. Lavvento della cibernetica ha cambiato tutti questi schemi ¢ ha dimostrato che i due concetti possono unificarsi in una struttura pitt esauriente. La scoperta della retroazione ha reso possibile que- sto nuovo modo di vedere Ie cose. Una catena in cui Pevento @ pro- duce Vevento 6, e poi & produce ¢, e ¢ a sua volta causa d, ece, pud sembrare che abbia le propriet’ di un sistema lineare determi stico. Ma se d riconduce ad a, i] sistema & circolare e funziona in un modo completamente diverso. Rivela ua comportamento che & sostanzialmente analogo a quello di quei fenomeni che non consen- tono di compiere l’analisi nei termini di un rigoroso determinismo lineare. La tetroazione pud essere positiva o negativa; nel corso della no- stta trattazione parleremo pit spesso di retroazione negativa perché caratterizza Pomeostasi (stato stazionario) ¢ gioca quindi un ruolo importante nel far raggiungere e mantenere la stabilitd delle rela- zioni. La retroazione positiva provoca invece un cambiamento, cioé lz perdita di stabilita o di equilibrio. In entrambi i casi, parte dei dati di uscita sono reintrodotti nel sistema céme informazione circa Puscita stessa. In caso di retroazione negativa (e qui sta la differenza) si usa questa informazione per far diminuire la deviazione all’uscita rispetto a una norma prestabilita o previsione dell’insieme — di qui Vaggettivo ‘negativa’ — mentre in caso di retroazione positiva la stessa informazione agisce come una misura per aumentare la devii zione all’uscita, ed & quindi positiva in rapporto alla tendenza gid esistente verso lartesto o la distruzione. Considereremo pit dettagliatamente nella sez. 4.4 il concetto di omeostasi nei tapporti umani, ma sia chiaro fin d’ora che sarebbe prematuro e inesatto concludere che Ia retroazione negativa & desi- derabile e che quella positiva @ distruttiva. Il punto su cui insistiamo & che i sistemi interpersonali — gruppi di estranei, coppie sposate, famiglie, relazioni psicoterapeutiche o additittura internazionali, ecc. — possono essere considerati circuiti di retroazione, poiché il compor- tamento di ogni persona influenza ed & influenzato dal comporta- mento di ogni altra persona, In un sistema simile i dati di ingresso si possono amplificare fino a produrre un cambiamento oppure neu- 24 PRESUPPOSTE TEORICI 13 tralizzare per mantenere la stabilita, a seconda che i meccanismi di retroagione siano positivi o negativi, Da quanto risulta dagli studi sulle famiglie con un membro schizofrenico non c’é il minimo dub- bio che Pesistenza del paziente una condizione indispensabile per la stabilita del sistema familiare e che il sistema reagira subito ¢ con efficacia ad ogni tentativo interno o esterno che minacci di cam- biare la sua organizzazione, Va da sé che tale tipo di stabiliti non & certo desiderabile. Poiché sia la stabilita che i! cambiamento contrad- distinguono le manifestazioni della vita, i meccanismi di retroazione negativa o positiva agiscono in essa come forme specifiche di inter- dipendenza o di complementarit, Pribram (117) ha dimostrato recentemente che il raggiungimento della stabilita contribuisce a formare uma nuova sensibilita e che scattanc subito nuovi mecca- nismi per far fronte alla situazione nuova. La stabilica non & dunque uno sterile punto finale anche in un ambiente relativamente costante, ma piuttosto come ha detto Claude Bernard con sempliciti ed_ef- ficacia “la stabilita del medium interno & la condizione per Vesi- stenza della vita libera”. F? senz’altro corretto essersi riferiti alla retroazione come al se greto dellattivit’ naturale. I sistemi a retroazione si differenziano non solo per un grado di complessita quaatitativamente pit elevato; essi sono anche qualitativamente diversi da qualsiasi fenomeno che rientri nel dominio della meccanica classica. II loro studio richiede nuovi schemi concettuali; la loro logica ed epistemologia si sono di- staccate da alcuni dogmi tradizionali dell’analisi scientifica come il concetto * si deve isolare una sola variabile’ o la convinzione di La- place che Ia conoscenza completa di tutti i fatti in un dato punto del tempo ci mettera in grado di predire tutti gli stati futuri. I si- stemi con avtoregolazione — i sistemi a retroazione — impongono una loro filosofia in cui i concetti di wodello e di informazione sono fondamentali come lo erano quelli di materia ¢ di energia all’inizio del secolo, Con questi sistemi la ricerca incontra forti ostacoli, al- meno per ora, per la mancanza di un linguaggio scientifico abba- stanza raffinato pet veicolare la loro spiegazione, e Wieser ad esempio (167, p. 33) ha suggerito che i sistemi stessi sono la pid semplice spiegazione di se stessi. 25 14 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA 14 Ridondanza Non si deve interpretare come una dichiarazione di sconforto !’in- sistenza con cui abbiamo messo in rilievo il distacco della teoria dei sistemi dalle teorie tradizionali monadiche e lineari. Abbiamo sotto- lineato le difficoltA concettuali per indicare la necessita di trovare nuove strade per accostarci ai nuovi problemi, visto che gli schemi di rifetimento tradizionali sono del tutto inadeguati. La nostra ri- cerca ci fa scoprire che si sono compiuti dei progressi in campi che hanno un’attinenza diretta con lo studio della comunicazione umana; in questo capitolo concentreremo la nostra attenzione su tali forme di isomorfismo. L’omeostato di Ashby (4, p, 93 sgg.) ne & un ot timo esempio e percid ne parleremo, sia’ pure brevemente. If conge- gno @ costituito da quattro identici sottosistemi autoregolantesi ¢ tutti interconnessi in modo tale che una petturbazione provocata in uno qualunque di essi influenza gli altri e a sua volta ciascuno rea- gisce attraverso gli altri. Nessun sottosistema pud quindi ottenere i! proprio equilibrio isolandosi dagli altri, e Ashby ha potuto mostrare che questa macchina ha delle caratteristiche ‘ comportamentali’ dav- vero degne di attenzione. Sebbene il circuito dell’omeostato sia molto semplice, se lo confrontiamo con il cervello umano o con altri con- gegni costruiti dall’'uomo, & pur sempre capace di 390.625 combi- nazioni di valori parametrici, o per dire la stessa cosa in termini pitt antropomorfici, ha tale numero di possibilita di adattamento a qual- siasi cambiamento nel suo medium esterno e interno. L’omeostato ottiene la stabilith mediante una ricerca casuale delle sue combina- zioni ¢ continua finché non raggiunge una configurazione interna adatta, E’ un comportamento identico alla ‘prova ed errore’ di molii organismi in stato di'tensione. Nel caso dell’omeostato il tempo di ricerca pud andare da alcuni secondi a delle ore. Ma evidente- mente per un organismo vivente questo ritardo sarebbe quasi sempre eccessivo ¢ costituirebbe un grave handicap per la sopravvivenza. Ashby porta questa considerazione alle estreme conseguenze logiche quando scrive: Se aspettassimo, come gli omeostati, che un ‘campo’ ci dia di colpo il nostro adattamento di adulti, aspet- veremmo eternamente. Ma il bambino non aspetta eter- 26 PRESUPPOSTI TEORICL 14 namente; anzi, la probabilita che egli raggiunga entro venti anni il suo pieno adattamento di adulto @ vicina all'unita. (4, p. 136) Ashby prosegue osservando che i sistemi naturali conservano l’adat- tamento, almeno parzialmente. Vale a dire che i vecchi adattamenti non sono distrutti dal sopravvenire dei nuovi e che non occorre cominciare da capo Ja ricerca come se prima non si fosse mai giunti a una soluzione. ‘ Forse & necessatia una considerazione per chiarire il rapporto tra quanto abbiamo appena esposto e la pragmatica della comuni- cazione. NelPomeostato, ognuna delle 390.625 configutazioni in- tetne ha in qualunque momento una eguale possibiliti di essere determinata dall’azione reciproca dei quattro sottosistemi. I! veri- ficarsi quindi di una data configurazione non ha assolutamente al- cun effetto sul verificarsi della successiva configurazione o sequenza di configurazioni. Si dice che una catena di eventi mostra di com- portarsi a caso (randomness) se ogni elemento ha una eguale pro- babilita. di verificarsi in qualunque momento. Per cui non si pud trarne alcana conclusione, come non si pud predire nulla sulla sua sequenza futura. Che & un altro modo per dite che non reca infor- mazione. Tuttavia, se un sistema come Vomeostato ha la capacita i immagazzinare gli adattamenti precedenti per usarli in futuro, la probabilita inerente alla sequenza delle configurazioni interne su- bird un drastico cambiamento nel senso che certi raggruppamenti di configurazioni diventeranno ripetitivi e per tale ragione pit pro- babili di altri. Si noti a questo punto che non occorre attribuire un significato a tali raggruppamenti: che esistano @ if fatto che meglio li spiega. A una catena del tipo che abbiamo appena desctitto si da Ja definizione di processo stocastico, un concetto fondamentale della teoria dell’informazione. Dunque, il ptocesso stocastico si riferisce alla legittimita inerente a una catena di simboli o di eventi, sia che la sequenza si presenti semplice come i risultati ottenuti estraendo palline bianche e nere da un’uma, sia complessa come i modelli specifici di elementi timbrici e orchestrali “adoprati da un certo compasitore, o luso patticolare del linguaggio che caratterizza lo stile di un autore, o lo schema grafico {che & assai importante ai fini dia- gnostici) tracciato da un elettroencefalogramma. Secondo la teoria dell’informazione i processi stocastici mostrano ridondanza o vin colo, due termini il cui uso @ intercambiabile con quello di modelo, un concetto che abbiamo adoprato liberamente nelle pagine prece- denti. A tischio di una eccessiva ridondanza, vogliamo ancora sotto- 27 I i 14 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA lineare che tali modelli non hanno alcun significato esplicative o simbolico (e in veriti non ne hanno alcun bisogno). Il che non esclude, naturalmente, Ia possibilita di metterli in correlazione con altri accadimenti, come ad esempio nel caso dell’clettroencefalogram- ma ¢ in certe condizioni mediche. La ridondanza & stata studiata ampiamente in due settori delta comunicazione umana: in quello della sintassi e in quello della se- mantica; ¢ a questo proposito dovremmo ricordaze i! lavoro pio- nieristico di Shannon, Carnap e Bar-Hillel. Una delle conclusioni che si possono tratre da questi studi & che ognuno di noi ha moltis- sime cognizioni sulla legittimitd ¢ sulla probabilita statistica ine- rente sia alla sintassi che alla semantica della comunicazione umana. Da un punto di vista psicologico queste cognizioni sono di un genere molto interessante, perché sono cognizioni di cui non abbiamo quasi nessuna consapevolezza. Forse solo ua esperto delPinformazione pad stabilire con esattezza la probabilita di ricorrenza e i livelli di fre- quenza delle lettere e delle parole di una data lingua, tuttavia tutti siamo in grado di individuare e correggere un refuso, di sostituire una parola mancante, e di esasperare un balbuziente finendo una frase per lui, Ma @ assai diverso sapere una lingua e sapere qualcosa sa una lingua. Una persona pud essere in grado di usare la propria lingua madre correttamente e fluentemente senza tuttavia conoscere la grammatica e Ja sintassi, cio8 le regole che egli osserva nel pat- jare Ia lingua. Se costui dovesse imparare un’altra lingua — ma non nello stesso modo empirico in cui ha acquisito la lingua madre —- dovrebbe anche imparare certe regole swf linguaggio’ Passando ota al problema della ridondanza e del vincolo nella pragmatica della comunicazione umana, un esame della letteratura ci rivela che finora @ stato pubblicato molto poco su tale argomento, soprattutto sulla pragmatica in quanto fenomeno di inierazione. Vogliamo dire che la maggior parte degli studi esistenti sembra che * Il grande Iinguista Benjamin Whoxf ha fatto rilevare pit: volte questo fenomeno, ad es, nel capitolo * Scienza e linguistica T linguisti’ scientific: hanno da tempo capito che la capacit’ di par- lare cotrentemente una lingua non conferisce necessariamente una conoscenza linguistica, cio’ una comprensione dei suoi fenomeni di sfondo, dei sudi processi sistematici ¢ della sua struttura, pit di quanto Ja capacita di giocare una buona partita a biliardo non ri. chieda la conoscenza delle leggi della meccanica che agiscono sul ta- volo da biliardo. (165, p. 215) * * BLL. Whotf, Linguaggio, pensievo e realtd, trad. it. di F. Ciafaloni, Torino, Boringhieri, 1970, p. 168, 28 PRESUPPOSTI TEORTCE 14 si limitino a considerate gli effetti della persona A sulla persona B, senza prendere in considerazione in eguale misura che qualunque cosa faccia B influenza la mossa successiva di A, e che essi sono so- prattutto influenzati dal contesto in cui ha luogo la loro intera- zione (e a loro volta influenzano il contesto). E’ chiaro che la ridondanza pragmatica & sostanzialmente simile alla ridondanza sintattica e semantica. Anche di essa abbiamo mol- tissime cognizioni che ci danno la possibilita di valutare, di influen- zare e di predite il comportamento. In realti, in questo settore pos- siamo facilmente incortere in molte incoerenze: i comportamenti “diversi? (fuori del contesto), ‘casuali’, o non ‘vineolati” ci col- piscono subito come se fossero molto pit: incompatibili di exrori di comunicazione puramente semantici o sintattici, E tattavia & proprio in questo settore che siamo pit sprovveduti fino al punto di igno- rare le regole che vengono osservate nella comunicazione efficace o violate in quella. disturbata, Siamo continuamente influenzati dalla comunicazione; come abbiamo ‘accennato sopra, anche la nostra au- toconsapevoiezza dipende dalla comunicazione. Hora & assai_ espli- cia @ convincente su questo punto: “Per capire se stesso I'uomo ha bisogno di essere cupito dalJ’altro. Per essere capito dall’altro, ha bisogno di capire Valtro” (85, p. 237). Ma se la comprensione di una lingua st basa sulle regole della grammatica, della sintassi, della semantica, ecc. su quali regole si basa la comprensione di cui parla Hota? Ancora una volta sembra che le sappiamo senza sapere di saperle. Siamo in costante comunicazione e tuttavia non riusciamo quasi mai a commnicare sulla contunicazione. Questo problema @ uno dei temi pil importanti del nostro libro. La ricerca di un modello & la base di ogni indagine scientifica. Dove c’é un modello c’ un senso — questa massima epistemologica vale anche pet lo studio della interazione umana. Questo studio sa- rebbe relativamente facile se ci limitassimo a interrogare coloro che si trovano in un rapporto di interazione ¢ ad apprendere diretia- mente i modelli che essi di solito seguono o, in altre parole, le re- gole di comportamento che hanno stabilito tra di loro. Una appli- cazione d'uso comune di questa idea & il questionario tecnico. Tut- tavia, una volta che ci si sia resi conto che if valore nominale delle dichiarazioni & spesso dubbio, soprattutto in psicopatologia — i sog- getti possono benissimo dire qualcosa e voler dire qualcos’altro — e che, come abbiamo appena visto, ci sono domande che ricevono risposte del tutto prive di consapevolezza, allora & chiaro che oc corrono altri metodi di indagine. Grosso modo, possiamo dire che i gradi di consapevolezza che abbiamo delle regole di comporta- 29 14 PRAGMATIGA DELLA COMUNICAZIONE UMANA mento e di interazione sono gli stessi che Freud ha postulato per i lapsus e gli errori: (1) se ne pud avere piena consapevolezza, in questo caso si possono usare il questionario e altre tecniche sem- plict di domanda-isposta; (2) possiamo non rendercene conto, ma essere capaci di riconoscerli quando ci vengono fatti notare; oppure (3) @ possibile non avetne alcuna consapevolezza fino al -punto che se anche venissero delineati con chiarezza per attirarvi la nostra attenzione, non saremmo ancora in grado di vederli, Bateson ha teso pit sottile e penetrante questa ‘analogia con i livelli di con- sapevolezza enunciendo il problema secondo i nostri schemi con- cettuali presenti: .» quando saliamo la scala degli ordini di apprendimento, entriamo in regioni di modellazione sempre pit astratta, che sono sempre meno soggette a un’analisi consapevole. Pit sono astratte — pit sono generali e formali le pre- messe che rendono possibile il montaggio dei nostri mo- delli itt esse sono profondamente inabissate ai livelli neu- tologici e psicologici € tanto meno esse sono accessibili a un controllo consapevole. Labitudine di dipendenza & molto meno percettibile per l’individuo di quanto Io sia V’aver ottenuto aiuto in una data circostanza, Pud essere in grado di riconoscere questo modello, ma riconoscere quello successivo, pitt complesso —~ che, ciot, dopo-aver cercato aiuto, in genere morde la mano che lo nutre — & una cosa che forse trova troppo difficile da esaminare con piena consapevolezza. (16) Fottunatamente per noi (che vogliamo capire l’interazione umana), il quadro appare diverso a un osservatore esterno, il quale si trova in un certo senso nella posizione di chi, vedendo giocare una par- tita a scacchi, non capisce quali siano le regole ¢ Vobiettivo del gioco. Assumiamo il gioco degli scacchi come un modello concet- tuale e supponiamo di rappresentare la mancanza di consapevolezza i ‘giocatori’ manifestano nella vita reale con una ipotesi assai semplice, ¢ cioé che l'osservatore non parli né capisca la lingua dei giocatori e non sia quindi in grado di chicdere spicgazioni. L’osser- vatore notera presto che il comportamento dei giocatori mostra diversi gradi di ripetizione, di ridondanza, da cui si possono trarre conclusioni abbastanza indicative: per esempio, che quasi sempre la mossa di un giocatore @ seguita dalla mossa di un altro giocatore, Si pud quindi dedurre subito da questo comportamento che i giocatori 30 PRESUPPOSTI TEORICE 14 stanmo seguendo [a regola di alternare le mosse. Non altrettanto fa- cilmente si possono dedurre le regole da seguire per muovere i pezzi, in parte per la complessita delle mosse e in parte per Virre- golarit’ delia frequenza con cui si spostano i pezzi singoli. Ad esempio, & senz’altro pit facile dedurre la regola da seguire per muovere gli alfieri piuttosto che per arroccare, che & certo una mossa pid insolita e meno frequente, tanto che accade che non vi si ricorta affatto nel corso di una particolare partita. L’osservatore notera anche che Varroccare comporta due mosse consecutive da parte dello stesso giocatore ¢ quindi la regola di alternare le mosse ne risulta invalidata. Ma Valternare le mosse ha una ridondanza di gran lunga maggiore dell’arroccare per cui si impone come regola generale nella teoria che Vosservatore sta elaborando. Che si deb- bano alternare le mosse & un’ipotesi che resta valida per lui, anche se larroccare una conttaddizione palese che timane irrisolta. F’ dunque probabile che, dopo aver assistito a una serie di partite, Losservatore sia in grado di stabilire con molta esattezza quali sono Ie regole e qual @ Yobiettivo del gioco (cick dare scacco matto). Ci preme sottolineare che potrebbe giungere a formulare queste re- gole senza avere la possibilita di chiedere alcuna informazione. Un risultato simile significa che losservatore ha ‘ spiegato’ il comportamento dei giocatori? Noi diremmo che ha identificato un modello compiesso di ridondanze* E’ chiaro che se volesse potrebbe attribuire un significato ad ogni singolo peo ¢ ad ogni regola. Nulla gli vieta di creare anche una mitologia complessa del gioco € del suo significato ‘ pit: profondo’ o ‘reale’ che includa anche una narrazione fantastica dell’origine del gioco, come in realta & stato fatto. Ma sono tutte cose che non servono a capire il gioco; una spiegazione del genere o una mitologia avrebbe col gioco degli scac- chi fo stesso tapporto che ha Vastrologia con lastronomia® * Scheflen (139) ha studiato esaurientemente modelli di tale complessit8, ¢ mo- delli alPinterno di modellt, a livello interpersonale (in una serie di interviste psico. terapeutiche). I] suo lavoro pionieristico dimosiz2 non soltanto che questi modelli esistono ma’ che hanno anche una natura incredibilmente ripetitiva e strut- urate "Che non ci sia alcun rappotio necessario tra fatto © spiegazione @ stato dimo- strato da Bavelas (20) in un esperimento recente: ad ogni soggetto & stato detto che stava partecipando a una riccrca sperimentale sulla *formazione del coacetio’ € 4 ciascuno & stato consegnato To stesso cartoncino grigio zigrinato che era ap- punto Toggetto sa cai doveva ‘formulate i concerti’. I soggetti furono divisi in gruppi di due e visti separatamente ma simultaneamente; ad uno dei due si disse otto volte su dieci, del tutto a caso, che le sue osservarioni sul cartoncino erano esarie; al¥altro soggetto si disse cingue volte su dieci, sempre a casaccio, che le sue 31 1S PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA Ci auguriamo che Lesempio che segue renda pitt unitaria Ja nostra trattazione della ridondanza della pragmatica della comunicazione umana, Come il lettore forse sa, per programmare un calcolatore occorre immettervi in un dato ordine un certo numero di regole specifiche (i programma); tali regole poi guidano il calcolatore in un gran numero di opetazioni abbastanza flessibili eseguite sulla base di ua modello. Abbiamo gia accennato che si ha proprio la situazione opposta quando ‘si considera Ja ridondanza della intera- zione umana. Dall’osservazione del particolare sistema in attivita si cerca poi di fissare le regole che sono alla base del suo tunziona- mento, del suo ‘programma’, per restare fedeli all’anslogia col calcolatore. 15 Metacomunicazione e concetto di calcolo Il nostro ipotetico osservatore, studiando Ja ridondanza pragma. tica di quel fenomeno comportamentale che & il ‘giocare a scac- chi’, ha acquisito delle cognizioni che hanno una stimolante ana- Jogia con il concetto matematico di calcolo. Un calcalo, secondo Boole (31, p. 4), @ “un metodo che si basa sull’impiego di simboli, Je cui leggi di combinazione sono note e generali, 2 i cui risultati consentono una interpretazione coerente”, Riteniamo che ‘sia im- plicito in quanto abbiamo gia detto che & sen7’altro possibile conce- pire una rappresentazione formale di questo tipo nella comunica- zione umana, come del resto abbiamo gid evidenziato che esistono alcune difficolta di ‘discorso’ sz questo calcolo. Quando i mate- matici non usano pitt la matematica come uno strumento di com- puto, ma fanno di tale strumento l’oggetto del loro studio — ad esempio, quando mettono in forse Ja coerenza del!’aritmetica osservazioni sul cartoncino erano esate. Le idec del soggetto che era stato ‘ ricompen. sato ' com una frequenza dell’80% restarono a un livello semplice, mentre il soggetso che era stato ‘ricompensato’ con una frequenza del 50% clabord teorie sul car- toncino complessz, sottili, astruse, senza trascurare il minimo dettaglio di fattura. Quando i due soggetti furono messi in contatto ¢ si disse loro di discutere le loro scoperie, il soggetto con Je idee pitt semplici soccombette subito alla * brillantezza’ dei concetti dell'aléro ¢ riconobbe che era stato Ialtro quello che aveva analizzato il cartoncino con vera precisione, 32 PRESUPPOSTI TEORICL 14 in quanto sistema — usano un linguaggio che 2 sulla matematica anziché farne parte. Seguendo il ‘suggerimento di David Hilbert (64) tale linguaggio @ stato chiamato: metamatematica. La struttura for- male della matematica & un calcolo; descrivere tale calcolo & metamate- matica, Nagel e Newman hanno definito la differenza tra i due con- cetti con chiarezza ammirevole: Lvimportanza, nel nostro campo, di comprendere a fondo la distinzione fra matematica e metamatematica non sata mai abbastanza sottolineata, Quando essa non é stata rispettata, sono sorte delle confusioni e dei paradossi. Quando il suo significato & stato rettamente inteso, & stato possibile mettere in chiara evidenza la struttura lo- gica del ragionamento. Il merito di questa distinzione & di implicare una precisa codificazione dei vari segni che intervengono nella costruzione di un calcolo formale, libero da ipotesi nascoste e da-associazioni di significati non pertinenti. Inoltre, essa esige le definizioni esatte delle operazioni e¢ delle regole Jogiche della costruzione e della deduzione matematica, le quali, spesso, sozo state applicate dai matematici senza una esplicita coscienza della loro natura. (108, p. 32;-corsivi nostri) * Quando non usiamo pit la comunicazione per comunicate ma per comunicare sulla comunicazione, come dobbiamo inevitabilmente fare studiando Ja comunicazione, gli schemi concettuali che adopriamo non fan parte delia comunicazione ma vertono sw di essa. Definiamo quindi metacomunicazione, per analogia con la metamatematica, la co- municazione sulla comunicazione. Rispetto alla metamatematica, il la- voro di ricerca della metacomunicazione incontra due grossi_ incon- venienti. Il primo svantaggio @ che nel campo della comunicazione umana non ci sia finora nulla di confrontabile al sistema formale del calcolo. Come vedremo tra poco, questa difficolta non esclude perd Putilita del concetto. I secondo svantaggio & strettamente col- legato al primo; mentre i matematici hanno due linguaggi (numeri e segni algebrici per esprimere fatti matematici e il linguaggio na- turale per la metamatematica), noi dobbiamo limitarci ad usare il linguaggio naturale che resta per noi i veicolo sia della comunica- * E, Nagel e J.R. Newman, La prova di Gédel, trad. it, di L. Bianchi, Torino, Boringhieri, 1961, pp. 36-37. 33 15 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA zione che della metacomunicazione. E’ un problema che dovremo affrontare pit volte nel corso della nostra trattazione. Qual & dunque Tutilité della nozione di caleolo della comunica- zione umana, se si ammette che gli clementi specifici di tale calcolo appartengono al futuro? A nostro parere @ una nozione che ci of- fre (e qui sta la sua utilita immediata) un modello potente della natura e del grado di astrazione dei fenomeni che vogliamo iden- tificate. Ricapitoliamo, dunque: stiamo cercando le ridondanze prag- matiche; sappiamo che non saranno grandezze o qualita statiche ¢ semplici ma modelli di interazione analoghi al concetto matematico di funzione; possiamo infine prevedere che tali modelli ayranno le cerattetistiche tipiche dei sistemi con controllo d’errore e che per- seguono scopi, Se una volta poste tali premesse esaminiamo con attenzione le catene di comunicazione ira due o pi comunicanti, i risultati a cui giungeremo non possono certo pretendere di costi. tuire un sistema formale, ma avranno senz’altro natura di assiomi e di teoremi di un calcato. Nel lavoro sopra citato, Nagel e Newman descrivono l’analogia tra_un gioco come quello degli scacchi ¢ un calcola matematico for- malizzato. Spiegano come I pezzi e i quadeati della scacchiera corrispondono ai segni elementari del calcolo; le posizioni permesse dei pezzi sulla scacchiera, alle formule del calcolo; Ie posi- zioni iniziali dei pezzi, agli assiomi o alle formule iniziali del calcolo; le posizioni successive dei pezzi, alle formule dedotte dagli assiomi (cio’, ai teoremi); e le regole del gioco, alla regola di inferenza (o deduzione) del caicolo, (108, p. 35)* Nagel e Newman proseguono mostrando che le configurazioni dei pezzi sulla scacchiera come tali sono ‘prive di significato’, mentre Je asserzioni su tali configurazioni sono perfettamente dotate di si- gnificato. Gli autori descrivono anche asserzioni che presentano questo tipo di astrazione: 1. teoremi generali dei ‘metascacchi’ possono venire dimostrati con ragionamenti che implicano solo un nu- * Ibidem, p. 39. 34 PRESUPPOSTI TEORICI 13 mero finito di configurazioni possibili sulla scacchiera. I teorema dei ‘ metascacchi’ sul numeto di mosse iniziali de! bianco pud essere provato secondo questa linea; e cosi pure il teorema che, se il bianco ha solo due ca- valli e il re, e il nero solo il re, & impossibile che il bianco dia scacco matto al nero, (108, p. 35)* Abbiamo citato per esteso perché si tratta di una analogia che il- Justa il concetto di calcolo che interessa non soltanto a metama- tematica ma anche la metacomunicazione. Perché se estendiamo Panalogia fino a includervi i due giocatori non stiamo pit studiando un gioco astratto ma piuttosto sequenze d’intetazione umana che sono rigidamente governate da un complesso corpo di regole. L’unica differenza sta nel fatto che noi preferiamo adoprare ii termine ‘ for- malmente indecidibile’ invece che ‘privo di significato’ quando ci riferiamo a un singolo comportamento (ad una ‘roossa', per mane tenere T’analogia col gioco degli scacchi), Un tale comportamento, 4, pud essere dovuto a un aumento di stipendio, al conflitto edi- pico, all’alcool, o a wna grandinata, ma ogni discussione sulla ra- gione che ‘realmente’ lo ha determinato sara inevitabilmente una sorta di disputa accademica sul sesso degli angeli. A meno che (o finché) non si tiescea a scoperchiare Ja scatola cranica per ossetvare la mente dall’esterno, tutto il materiale di cui possiamo disporre ci proviene dalle nostre inferenze e dai resoconti personali, ma & noto quanto siano entrambi inattendibili. Tuttavia, se si nota che il comportamento a sollecita il comportamento 4, c, d, oppure ¢ nellaltro, mentre & evidente che esclude i comportamenti x, y © z, allora si pud postulare un teorema della metacomunicazione. Rite- niamo che si possa definire Vinterazione, ricorrendo ancora all’ana- logia col gioco degli scacchi, come sequenze di ‘ mosse’ rigidamente governate da regole, ma @ irrilevante che i comunicanti siano_per- fettamente consapevoli delle regole oppure non ne abbiano alcuna consapevolezza; & invece estremamente importante che su _tali regole sia possibile fare delle asserzioni di metacomunicazione dotate tutte di significato. Tl che significa, come del resto abbiamo accennato alla sez. 1.4, che esiste un calcolo (finora privo di interpretazione) della pragmatica della comunicazione umana le cui regole vengono osservate nella comunicazione cfficace e violate nella comunicazione disturbata. Per le cognizioni che abbiamo ora, questo calcolo si pud * Tbidem, p. 39. 35 16 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA paragonare a una stella la cui esistenza e posizione sono state po- stulate dalla astronomia teorica ma che ancora gli osservatori non sono tiusciti a scoprire. 16 Conelusioni Se per studiare la comunicazione umana si adottano i criteri che abbiamo appena esposto, va da sé che occorrerd assumere nuov! schemi concettuali che ora passeremo in rassegna brevemente in un contesto specifico: quello della’ psicopatologia. Questo ovviamente non comporta che Ia validita di quei concetti sia limitata alla psi- copatologia, ma soltanto che ci sembra particolarmente evidente la loro pertinenza in tale settore. 1.61 - u, CONCETYO DI SCATOLA NERA Solo pensatori molto radicali sono del parere che la mente umana non ¢sista, ma tutti coloro che studiano i fenomeni mentali purtroppo sanno bene quali tremende difficolta incontta la loro ricetca per Passenza di un punto archimedeo fuori della mente. Pit di ogni altra disciplina la psicologia e la psichiatria riflettono se stesse: soggetto € oggetto sono identici, la mente umana studia se stessa, © ogni ipotesi tende inevitabilmente a autoconvalidarsi. L’impossi: bilita di vedere la mente ‘al lavoro’ ha fatto adottare negli ultimi anni un concetto elaborato nel settore delle telecomunicazioni, cio’ quello di ‘scatola nera’, La sua prima applicazione & stata mili- tare: si & deciso che non si potevano aprite, per esaminatle, certe apparecchiature clettroniche catturate al nemico perché éra. molto probabile che contenessero cariche distruttive. In seguito il concetto @ stato genetalizzato e si & giunti alla conclusione che hardware elettronico & cost complesso che talvolta conviene trascurare Ja struttura interna di un dispositivo e studiare esclusivamente i suoi rappotti specifici di ingresso-uscita, Anche se & vero che questi rap- 36, PRESUPPOSTI TEORICE 1.62 porti non escludono interferenze con quanto si verifica ‘ realmente’ all’interno della scatola, le cognizioni che se ne possono trarre non sono indispensabili per studiare Ja funzione del dispositivo nel si- stema pit grande di cui fa parte. Se applichiamo il concetto a pro- blemi psicologici e psichiatrici, si vede subito il vantaggio euristico che presenta: non abbiamo bisogno di ricorrere ad alcuna ipotesi intrapsichica (che & fondamentalmente inverificabile) e possiamo limitarci ad osservare i rapporti di ingresso-uscita, ciot la comuni- cazione. Riteniamo che questo modo di accostarsi ai problemi psi- cologici caratterizzi in questi ultimi anni tutta una tendenza impor- tante della psichiatria che considera i sintomi una sorta di ingtesso nel sistema familiare piuttosto che Vespressione di un conflitto in- trapsichico. 1.62 - CONSAPEVOLEZZA E NON CONSAPEVOLEZZA Lo studio del comportamento umano, sulla base del concetto di ‘scatola neta’, ci porta a considetare Puscita di una ‘ scatola’ come Vingresso di un’altra, Ma stabilire se tale scambio di informazione sia consapevole oppure no @ un quesito che non ha pitt quella impor- tanza che invece conserva in una struttura psicodinamica, 11 che non significa certo che non sia importante stabilire (per quanto ri- guarda le reazioni a un comportamento specifico) se tale comporta- menio sia consapevole o inconsapevole, volontario, involontario o sintomatico, Se a qualcuno viene pestato un piede, per lui & molto importante sapere se il comportamento dell’altro @ stato intenzio- nale o involontaric. Ma V’opinione che si fa in proposito si basa necessatiamente sulla sua valutazione dei motivi dell’altro ¢ quindi su una ipotesi di cid che passa dentro Ja testa dellaltro. E se anche chiedesse all’altro i motivi di quel gesto non potrebbe certo fidarsi della tisposta che riceverebbe, perché Paltro pud dire che il suo compor- tamento @ stato inconsapevole, quando invece sa bene che & stato intenzionale, o magari pud dichiarare che @ stato intenzionale quando in realtd & stato del tutto accidentale. Questo ripropone il problema di come attribuire il ‘significato’, che & senz’altro una nozione in- dispensabile per lesperienza soggettiva della comunicazione con gli altri; ma abbiamo appreso dalle nostre ricerche che @ una nozione oggettivamente indecidibile e quindi esula dai fini che si prefigge lo studio della comunicazione umana. 37 1.63 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA 1.63 - PRESENTE E PASSATO Non ¢’é dubbio che il comportamento sia determinato almeno in parte dall’esperienza precedente, ma si sa quanto sia inattendibile ricercarne le cause nel passato. Abbiamo gid posto nel dovuto ri- lievo (sez. 1.2) le osservazioni di Ashby sulle peculiarita della ‘ me- moria” in quanto costruzione. Non soltanto le prove soggettive su cui principalmenie si basa la memoria hanno la tendenza a distor- cere i fatti (tendenza che si suppone di eliminare con una ticerca accurata), ma bisogna anche tener presente che qualunque persona A che parli del suo passato alla persona B @ strettamente legata alla relazione in corso tra queste due persone (e ne & determinata). Se si ricorre invece all’osservazione diretta della comunicazione tra Vindividuo e le persone che contano nella sua vita — metodo che abbiamo illustrato con il gioco degli scacchi e che viene applicato nella psicoterapia congiunta delle coppie o: di intere famiglie — si possono alla fine identificare modelli di comunicazione che sono im- portanti dal punto di vista diagnostico e che consentono di proget- tare la strategia pit appropriata @intervento terapeutico. Con que- sto metodo non si ricercano dunque significati. simbolici, cause nel passato, 0 motivazioni, ma modelli qui-e-ora. 1.64 - CAUSA B EFFETTO Se le si considera da questa particolare angolazione, le cause possibili_o ipotizzabili del comportamento assumono un’importanza secondaria, mentre s’impone l’effetto del comportamento come cti- terio estremamente rilevante .nell’interazione di individui che sono in stretti rapporti di parentela. Per esempio, accade spesso che un sintomo, rimasto refrattario alla psicoterapia malgrado Vanalisi in- tensiva della sua genesi, riveli d’improvviso la sua importanza se lo si considera nel contesto di una interazione coniugale in corso tra un individuo ¢ sua moglie (o suo matito). I] sintomo pud al- fora assumere Paspetto di un vincolo, di una regola del loro par- ticolare ‘ gioco’® di interazione, anziché essere la conseguenza di © Non si sottolinerd mai abbastanza che ia questo libro il termine ‘ gioco’ non ha mai una connotazione Indica, in quanto lo abbiamo derivato dalla Teoria dei Giochi, una trattazione matematica che si riferisce a sequenze di comportamento governate da regole. 38 PRESUPPOST! TEORICI 1.68 un conflitto irtisolto tra forze intrapsichiche puramente ipotizzate. In genere, riteniamo che il sintomo sia un comportamento i cui ef fetti influenzano profondamente Vambiente del malato. A questo proposito si pud enunciare una regola empirica: dove resta oscuro Al perché? di un comportamento, la domanda a quale scopo? & pos sibile che dia una risposta valida. L.G5 - LA CIRCOLARITA DET MODELLI DI COMUNICAZIONE Tutte le parti dellorganismo formano un cerchio. Percid ogni parte @ sia il principio che le fine. - Tppocrate Mentre nelle catene causali, che sono lineari e progressive, ha senso parlare del principio ¢ della fine di una catena, tali termini sono privi di significato in sistemi con cireuiti di retroazione. Non c’& fine né principio in un cerchio. La logica di tali sistemi ci costringe ad abbandonare la nozione che evento ¢, per es., viene per primo e che Vevento b & determinato dal verificarsi di a poiché commet- tendo lo stesso ertore di ragionamento si potrebbe dite che evento } precede Pevento a, a seconda di dove si scclga — sempre arbi- trariamente — di interrompere la continuita del cerchio. Ma ve- dremo nel prossimo capitolo che un simile etrore viene fatto co- stantemente dai singoli pattecipanti a una interazione umana quando sia la persona A che la persona B dichiarano soltanto di star rea- gendo al comportamento del partner senza rendersi conto che essi a loro volta influenzano il partner con la loro reazione. Si fa lo stesso tipo di tagionamento anche per un problema senza soluzione come il seguente: 2 patologica la comunicazione di una data fami- glia perché uno dei suoi membri @ psicotico, 0 uno dei suoi mem- bri & psicotico perché la comunicazione @ patologica? 1.66 - LA RELATIVITA DELLE NOZIONI DI ‘NORMALITA’ F * ANOR- ‘ALITA’ Le prime ricerche psichiatriche furono compiute nei manicomi con Vintento di classificare i pazienti, Fu un modo di accostarsi alle malattie mentali che ebbe diversi valori pratici, non ultimo, la scoperta di certe condizioni organiche, come Ia paresi generale. Il 39 1.66 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA passo successive fu compiuto quando nel linguaggio legale furono in- corporati il concetto che differenzia Ja normalita dalla anormalita e i termini ‘sanit’’ ¢ ‘insania’, Tuttavia, una volta che si sia accet- tato il principio di comunicazione secondo’ cui un comportamento si pud studiare soltanto nel contesto in cui si attua, i termini ‘ sa- nith’ e ‘insania’ perdono praticamente il loro significato in quanto attributi di individui. Analogamente la nozione di ‘ anormaliti’ di- venta molto discutibile, perché ora generalmente si & concordi nel ritenere che la condizione del paziente non sia statica ma. vari al variare della situazione interpersonale e. dell’ottica preconcetta del- Losservatore. Inoltre; quando si considerano i sintomi_ psichiatrici come un comportamento che si adegua a una interazione in corso, emerge uno schema di riferimento che & diametralmente opposto alle teorie psichiatriche classiche. Che si sia spostato V'interesse in questa direzione ha un’impottanza che non sara mai troppo sotto- Iineata. Ne consegue che la ‘ schizofrenia’ considerata come una malattia incurabile e progressiva della mente di un individuo e la “schizofrenia’ considerata come l’unica teazione possibile a un con- testo di comunicazione assurdo e insostenibile (una reazione che segue, ¢ percid perpetua, le regole di tale contesto) sono due cose del tutto diverse, che differiscono profondamente per J’incompati- bilita delle due strutture concettuali, anche se il quadro clinico a cui esse sj riferiscono @ Io stesso in tutti e due i casi. Da modi cosi diversi di affrontare il medesimo problema detivano implicazioni pure assai diverse sia per leziologia che per la terapia; non ci sembra quindi davyvero un puro esercizio da” tavolino esaminate e¢ mettere nel dovuto tilievo Vottica che & propria della comunicazione. 40 Capitolo 2 TENTATIVO DE FISSARE ALCUNE ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE 21 Introduzione Le conclusioni a cui siamo giunti nel primo capitolo sottolineano sul_piano generale ['inapplicabilita di molte nozioni psichiatriche tradizionali alla struttura da noi proposta ¢ pertanto pud sembrare che lascino una base assai limitata allo studio della pragmatica della comunicazione umana. Vogliamo subito dimostrare linfondatezza di questa impressione. Tuttavia, per perseguite questo scopo, dobbiamo cominciare da alcune propricta semplici della comunicazione che hanno fondamentali implicazioni interpersonali. Si vedri che tali proprieta hanno natura di assiomi all’interno del nostro calcolo ipo- tetico della comunicazione umana. Quando Je avremo definite sa- remo in gtado di esaminare alcune delle loro possibili patologie nel terzo capitolo. 22 Limpossibilita. di non-comunicare 2.21 Anzitutto, c’@ una propricta del comportamento che difficilmente potrebbe essere pitt fondamentale e proprio perché & troppo ovvia viene spesso trascurata: il comportamento non ha un suo opposto. In altre parole, non esiste un qualcosa che sia un non-comporta- mento o, per ditla anche pitt semplicemente, non & possibile non avere un comportamento. Ora, se si accetta che V’intero comporta- 41 221 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA mento in una situazione di interazione! ha valore di messaggio, vale a dire & comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si pud aon comunicare. L’attivira o Vinattivita, le parole o il silen- zio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni ¢ in tal modo comunicano anche loro. Dovrebbe essere ben chiaro che il semplice fatto che non si parli o che non ci si presti atten- zione reciproca non costituisce eccezione a quanto @ stato appena asserito. L’uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola calda affollata, o il passeggero d’aereo che siede con gli occhi chiusi, stanno entrambi comunicando che non vogliono parlare con nessuno né vogliono che si rivolga loro la patola, e i vieini di solito ‘afferrano il messaggio’ e rispondono in modo’ ade- guato lasciandoli in pace. Questo, ovviamente, & proprio uno scam- bio di comunicazione nella stessa misura in cui lo & una discussione animata? E neppure possiamo dite che la comunicazione ha Luogo soltanto quando & intenzionale, conscia, 0 efficace, cio® quando si ha la com- prensione reciproca. Che il messaggio emesso eguagli o meno il mes- saggio ricevuto rientra in un ordine di analisi importante ma di- ' Si potrebbe aggiungere che nella fantesia & possibile dialogare anche da soli con le proprie allucinezioni (15) o con la vealtd (sez. 8.3), Forse una simile * comu. nicazione * interna segue le medesime regole che governano la comunicazione inter- personale; questi fenomeni, perd, che non & possibile osservare dallestetno, non rientrano nel significato che noi diamo al termine, 2 Una ricerca molto interessante in questo campo & stata compiute da Luft (98) che ha studiato ‘lo stimolo sociale di privazione *, per usare la sua definizione, Luft ha riunito in wna stanza due estranei, li ha fatti sedere uno di fronte all’altro @ ha ordinato loro ‘di non parlare né di comunicare in alcun modo *, Le interviste raccolte, subito dopo hanno rivelato ia natura altamente ansiosa di questa situa. zione. Citiamo Vautore: . «il soggetto ha di fronte a sé Valtro individuo con il suo com portamento che — per quanto possa essere controllato — @ sempre un comportamento in corso. A questo punto viene postulato che si vetifichi ua. vero esperimento interpersonale e che solo parzialmente si possa effetuarlo in modo consapevole. Per esempio: come reagisce Faltro al soggetio in questione e ai piccoli segai non verbali che il soggetto emette? L'altro renta di capite fo sguatda indagatore del sog- getto, oppare lo sguardo viene freddamente ignorato? Manifesta segni posturali di tensione che denotano una certa ansia nell'affrontare AL soggetto? Ti soggetto mostra di essere sempre pit a 3u0 agio (il che denoterebbe une certa accettazione della situazione) oppure l'altzo Jo tratterd come se fosse una cosa che non esiste? Sembra che si verifichino questi tipi di comportamento e molti altri ancora tutti facilmente discernibili . . . 42 ASSIOMI DELLA COMUNICAZTONE: 2.22 verso, in quanto in definitiva deve basarsi su valutazioni di dati specifici, introspettivi, riferiti dal soggetto, cosa che abbiamo deciso di trascurare nell’esposizione della teoria comportamentistica della comunicazione. Sul problema della comunicazione fraintesa il no- stro interesse, date certe propriet’ formali della comunicazione, & tivolto allo sviluppo delle patologie attinenti, indipendentemente dalle motivazioni o dalle intenzioni dei comunicanti (anzi, malgrado esse), 2.22 Abbiamo usato sopra il termine ‘comunicazione’ in due modi: come titolo generico del nostro studio e come unitd di comporta- mento genericamente definita, Cerchiamo ora di essere pit precisi. Naturalmente, riferendoci all'aspetto pragmatico della teoria della comunicazione umana continueremo a chiamarla semplicemente ‘co- municazione’, Per le varie uniti della comunicazione (comporta- mento), abbiamo cercato di selezionare alcuni termini che sono gid di comprensione comune. Una singola unitt di comunicazione sara chiamata messaggio, oppure, dove non si presentano possibiliti di confusione, ua comunicazione, Una serie di messaggi scambiati tra persone sari definita interazione. (A coloro che insistono a chie- dere una quantificazione pit precisa, possiamo dire soltanto che la sequenza cui ci riferiamo col termine ‘interazione’ & maggiore di un singolo messaggio ma non @ infinita). Infine, ai capitoli 4-7, ag- giungeremo modelli di interazione, cio una uniti della comunica- zione umana di livello ancor pit elevato. Inoltre, tiguardo anche alfunit’ pir semplice possibile, & evi- dente che una volia che abbiamo accettato l'intero comportamento come comunicazione, non ci occuperemo dell’uniti del messaggio monofonico; ma di un composto fluido e poliedrico di molti_mo- duli comportamentali — verbali, timbrici, posturali, contestuali, ec- cetera — che qualificano, tutti, il significato di tutti gli altsi. I vari elementi di tale composto {considerato come un tutto) sono suscet- tibili di permutazioni assai variate ¢ complesse, che vanno dal con- gruente all’incongruente e al paradossale. Sotto questo aspetto ci interessera Veffetto pragmatico di tali combinazioni nelle situazioni interpersonali. 2,23 Limpossibilit di non-comunicare @ un fenomeno che riveste un interesse pit che teorico, Ad esempio, 2 parte integtante del ‘ di- 43 2.24 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA lemma’ schizofrenico. Se il comportamento schizofrenico & osservato Jasciando in sospeso ogni considerazione eziologica, sembra che lo schizofrenico cerchi di non-comunicare. Ma poiché’ anche le assut- dita, il silenzio, il ritrarsi, l’immobilita (i] silenzio posturale), 0 ogni altra forma di diniego sono essi stessi comunicazione, lo schizofre- nico si trova di fronte al compito impossibile di negare che egli sta comunicando ¢ al tempo stesso di negare che il suo diniego & co- sunicazione. II prendere atto di questo dilemma fondamentale della schizofrenia offre una chiave per molti aspetti della comunicazione schizofrenica che altrimenti restetebbeto oscuri. Poiché ogni comu- nicazione, come vedremo, implica un impegno e quindi. definisce il modo in cui il trasmettitore considera la sua relazione col rice vitore, si pud ipotizzare che lo schizofrenico si comporta .come se volesse evitare l’impegno mediante la non-comunicazione, Se sia questo il suo scopo, in senso causale, non & possibile provarlo; che si teazti dell’effetto del comportamento schizofrenico lo considere- remo pit dettagliatamente nella sez. 3,2. 2.24 Per rlassumere, si pud postulare un assioma ‘ metacomunicazio- nale’ della pragmatica della comunicazione: non si pud non com municare, 23 Livelli comunicativi di contenuto e di relazione 231 Un altro assioma era sopra implicito quando si & accennato che ogni comunicazione implica un impegno ¢ percid definisce la tela- zione. E’ un altro modo per dire che una comunicazione non sol- tanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un com- portamento. Accettando Vimpostazione di Bateson (132, p. 179-81), si! @ giunti a considerare queste due operazioni come Vaspetto di “notizia’ (report) e di ‘comando’ (command) di ogni comunica- zione. Bateson esemplifica i due aspetti con una analogia fisiolo- gica: consideriamo che A, B e C rappresentino una catena lineare 44 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE 2.32 di neuroni. Allora Jo scatto del neurone B costituisce sia la ‘no- tizia’ che il neurone A & scattato sia il ‘comando* per i] neurone C di scattare a sua volta. L’aspetto di ‘notizia’ di un messaggio trasmette informazione ed & quindi sinonimo nella comunicazione umana del contenuto del messaggio, Questo pud riguardare qualungue cosa comunicabile senza zener conto se Vinformazione particolare sia vera o falsa, valida, non valida, indecidibile. L’aspetto di ‘comando’, @altra parte, si ri- ferisce al tipo di messaggio che deve essere assunto e petcid, in definitiva, alla relazione tra i comunicanti, Tutte queste forme te- lazionali riguardano una o parecchie delle seguenti asserzioni: “Ecco come mi vedo... ecco come ti vedo... ecco come ti vedo che mi vedi” e cosi di seguito in una catena regredente teoricamente in- finita. Cost, ad esempio, i messaggi: “E’ importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente” ¢ “Togli di colpo Ja frizione, rovinerai la trasmissione in un momento” recano pi o meno lo stesso contenuto di informazione (aspetto di ‘notizia’), ma é evi- dente che definiscono relazioni molto diverse. Per evitare ogni equi- voco su quanto abbiamo esposto, vogliamo chiarite che Ie relazioni soltanto di rado sono definite deliberatamente 0 con piena consa- pevolezza. In realtt, sembra che quanto pit una relazione & spon- tanea ¢ ‘sana’, tanto pit Vaspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo. Viceversa, le relazioni ‘malate’ sono caratte- tizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre Vaspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante. 2.32 Ce un fatio abbastanza interessante da ricordare. Prima che gli studiosi del comportamento umano cominciassero a porsi domande su questi aspetti della comunicazione umana, gli ingegneri dei cal- colatori si erano imbattuti nel loro lavoro nello stesso problema. Si erano resi conto che quando comunicavano con un organismo at- tificiale, le loro comunicazioni dovevano avere sia V’aspetto di ‘ no- tizia’ che di ‘comando’. Per esempio, se un calcolatore deve mol- tiplicare due cifre, bisogna dargli questa informazione (le due cifre) ¢ Vinformazione su tale informazione: il comaado ‘ moltiplicale’. Ora, quello che ci preme considerare & i] rapporto esistente tra Paspetto di conteauto (‘notizia’) e Vaspetto di relazione (‘co- mando’) della comunicazione, Sostanzialmente lo abbiamo gia de finito nel paragtafo precedente quando si & accennato che un calco- 45 2.33 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA iatore ha bisogno di isformazione (dati) e di informazione su tale tiformazione (istruzioni). E? chiato dunque che le istruzioni sono di ua tipo logico pit elevato dei dati: sono metainformazione poiché sono informazione szll’infotmazione ¢ ogni coafusione tra 1 due porterebbe a un tisultato privo di significato. 2.33 Se ora passiamo a considerare la comunicazione umana, troviamo che esiste anche qui Io stesso rapporto tra Paspetto di ‘notizia’ e quello di ‘comando’: il primo trasmette i ‘dati’ della comuni- cazione, il secondo if modo con cui si deve assumere tale comuni- cazione. “Questo & un otdine” oppute “Sto solo scherzando” sono esempi verbali di comunicazioni sulla comunicazione, ma si pud esprimere la relazione anche in modo non verbale (gridando, sorri- dendo, ecc.). Il contesto in cui ha Iuogo la comunicazione servira a chiaire ulterformente Ia relazione: ad es., possiamo capire meglio le frasi sopracitate se sappiamo che sono state pronunciate tra sol dati in uniforme o nell'arena di un circo. Hl lettore avra notato che Vaspetto relazionale della comunica- zione {che & comunicazione sulla comunicazione) & identico, natural- mente, al concetto di metacomunicazione che abbiamo elaborato nel primo capitolo, contenendolo perd entro i limiti della strattura con- cettuale e del linguaggio che l’analista della comunicazione deve im- piegare quando sta comunicando sulla comunicazione, Gra @ evidente che non soltanto Vanalista ma tutti si trovano di fronte a questo problema. La capacita di metacomunicare in modo adeguato non solo 2 la conditio sine gua nox della comunicazione efficace, ma & anche strettamenté” collegata con il grosso problema della consape volezza di sé e degli altri. Torneremo su questo punto con un’ana- jisi dettagliata nella sez. 3.3. Per ora vogliamo solo mostrare con qualche esempio che @ possibile costruire messaggi, soprattutto nella comunicazione sctitta, che presentino segni assai ambigui di meta- comunicazione, Chetry (34, p. 120) fa vilevare che Ja frase * Do you think that one will do?” * pud avere svariati significati a seconda della parola su cui si pone l’accento (si tratta, evidente- mente, di una indicazione che Ja lingua scritta non ci da). Un altro esempio & Pavviso che si pud leggere sulla parete di un ristorante: “T clienti che eredono che i nosiri camerieri siano scortesi_ dovreb- % A seconda che si ponga Paccento su one o su that, il significaro della frase sark “Pens che ne aster’ uno?” o “Pensi che quello andr bene?” [N.d.T.]. 46 ASSIOMT DELLA COMUNICAZIONE 2.34 bero vedere il direttore”” —. una frase che, almeno in teoria, si pud interpretare in due modi completamente diversi. Ambiguitd di que- sto tipo non sono le sole complicazioni che possono sorgere dalla strutiura di livello di ogni comunicazione, $i pensi, ad esempio, a un cartello su cui & scritto: “Ipgnorate questa indicazione”. Come vedremo nel capitolo sulla comunicazione paradossale, le confusioni e le contaminazioni tra questi due livelli — comunicazione e meta- comunicazione —- possono portare in vicoli ciechi identici nella struttura a quelli dei famosi paradossi logici. 2.34 Per i] momento cerchiamo semplicemente di riassumere quanto abbiamo detio finora con un altro assioma del nostro calcolo spe- rimentale: Ogsi comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspeito di relazione di modo che .i! secondo classifica il primo ed 2 quindi metacomunicazione3 24 La punteggiatura della sequenza di eventi 2.41 C’& un’altra caratteristica fondamentale della comunicazione che vogliamo subito esaminare: essa riguarda Vinterazione — scambi di messaggi --- tra comunicanti. Un osservatore esterno pwd conside- vare una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotia di scambi. Tuttavia, coloro che partecipano alla interazione introdu- cono sempre qualcosa di importante che, sulle orme di Whorf (165), Bateson e Jackson hanno definito ‘la punteggiatura della se- quenza di eventi’, Riportiamo la loro argomentazione. > Abbiamo preferito affermare un poco arbitrariamente che Ie relazione clas- sifica — 0 include — I'ssperto di contenuto, sebbene in logica sia ugualmente esatto dire che la classe @ definita dai suoi membri (per cui st potrebbe sostenere che & Laspetto di contenuto a definire I'aspetto di relazione). Poiché quello che maggiormente ci intetessa non & lo scambio di informazione ma Ia pragmatica della comunicazione, continueremo ad usare il tipo di approceio che abbiamo scelto. 47 241 48 PRAGMATICA DELLA COMUNIGAZTONE UMANA Lo psicologo che studia il processo di stimolo-risposta confina, tipicamente, la sua attenzione su sequenze di scambio cosi brevi che @ possibile etichettare un elemento (itera) in ingresso come ‘stimofo’ e un altro elemento come ‘rinforzo’ mentre quel che il soggetto fa tra questi due eventi viene etichettato come ‘risposta’. AlVinterno della breve sequenza cosi ritagliata, & possibile parlare della ‘ psicologia’ del soggetto. Ma le sequenze di scam- bio di cui qui ci occupiamo sono molto pit iunghe e [a loro caratteristica @ dunque quella che ogni elemento della sequenza & simultaneamente stimolo, risposta e rin- forzo. Un dato elemento del compottamento di A @ uno stimolo in quanto @ seguito da un elemento fornito da Be questo da un altro elemento fornito da A. Ma in quanto l'elemento di’ A & inserito tra due elementi forniti da B, questo costituisce una risposta. Analoga- mente, l’elemento di A & un rinforzo in quanto segue un elemento fornito da B. Ll succedersi degli scambi, poi, di cui qui ci occupiamo, costituisce una catena di anelli triadici che si sovtappongono, ciascuno dei quali @ para- gonabile alla sequenza stimolo-risposta-rinforzo. Possiamo prendere ciascuna triade dello scambio e¢ considerarla come una prova singola di un esperimento di apprendi- mento che studi il processo di stimolo-risposta. Se consideriamo gli esperimenti d’apprendimento con- venzionali da questo punto di vista, notiamo subito che le prove ripetute equivalgono alla differenziazione della relazione tra i due organismi coinvolti nel rapporto — lo spetimentatore ¢ i] suo soggeito, La sequenza delle prove & punteggiata in modo tale che sembta che sia sempre lo sperimentatore a fornire gli ‘stimoli’ ¢ i ‘rinforzi’, e il soggetto a fornire le ‘risposte’. Abbiamo messo inten: zionalmente questi termini tra virgolette perché le defi. nizioni del ruolo sono prodotie soltanto dalla propensione che ha Yorganismo ad accettare il sistema di punteggia- tura. Le definizioni del ruolo hanno la stessa ‘realia’ che ha un pipistrello di una tavola di Rorschach — si tratta dj prodotti pith o meno sovradeterminati del pro- cesso percettivo. Tl topo che ha detto: “Ho addestrato il mio spetimentatore. Ogni, volta che premo Ja leva mi da da mangiare” stava cortesemente rifiutando di accet- ASSTOMI DELLA COMUNICAZIONE, 242 tare la punteggiatura della sequenza che lo sperimentatore cereava di imporgli. E? anche vero perd che in una Iunga sequenza di scam- bio, gli organismi coinvolti — soprattutto se si trata di persone — in effetti punteggeranno la sequenza in modo che sembrer& che l’uno o V’altro abbia iniziativa, ascendente, che si trovi in posizione di dipendenza e cosi via. In altre parole, stabiliranno tra di loro modelli di scambio (su cui possono concordate 0 no) e questi modelli in realtk saranno tegole contingenti che concer- nono lo scambio di rinforzo. Mentre i topi sono troppo buoni per etichettare di nuovo l’analista, alcuni pazienti psichiatrici non lo sono e provocano nel terapeuta un trauma psicologico! (19, pp. 273-274) Non si tratta qui di discutere se la punteggiatura della sequenza di comunicazione & in genere buona 0 cattiva, anche se dovrebbe essere subito evidente che la punteggiatura organizza gli eventi comporta- mentali ed @ quindi vitale per le interazioni in corso. La nostra cultura ci fa condividere molte convenzioni della punteggiatura che, pur non essendo pili esatte né meno esatte di altri modi di con- siderare gli stessi eventi, servono a organizzare sequenze interat tive comuni e importanti, Per esempio, diamo il nome di ‘feader’ auna persona che si comporta in un certo modo in un gruppo e chiamiamo ‘seguace’ un’altra persona, sebbene a pensarci bene & difficile dire quale dei due viene per primo o quale sarebbe la po- sizione dell’uno se non ci fosse [altro. 2.42 Si trova alla radice di innumerevoli conflitti di relazione un di- saccordo su come punteggiare la sequenza di eventi. Supponiamo una coppia che abbia un problema coniugale di cui ciascun coniuge & re- sponsabile al 50%: lui chiudendosi passivamente in se stesso e lei brontolando e criticando. Quando spiegano le loro frustrazioni, 'uomo dichiara che chiudersi in se stesso la sua unica difesa contro il bron- tolare della moglie, menire lei etichetta questa spiegazione come una distorsione grossolana e volontaria di quanto ‘realmente’ accade nel loro matrimonio: vale a dire che lei critica i! marito a causa della sua passivit’. Se li sfrondiamo di tutti gli elementi effimeri ¢ fortuiti, i loro litigi si riducono allo scambio monotono dei messaggi “Io mi chiudo in me stesso petché tu brontoli” e “Io brontolo perché tu 49 2.42 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA ti chiudi in te stesso”. Abbiamo gid accennato brevemente a questo tipo di interazione nella sez. 1.65. Se vogliamo rappresentarla con un diagramma (partendo arbitrariamente da un punto qualsiasi) la loro interazione presenta in qualche modo un andamento di questo tipo: Ko nA Marito mee ~~, Hse Sear apap © HT brontola 1 7H pesos os uF apne 1 I Dans os oF apniye 1 IMT Guar 3 BY opm YS HL Osean —lei_brontola 3 “| ! 1 I | I I i ee ki Il_marito percepisce soltanto le triadi 2-3-4, 4-5-6, 6-7-8, ecc. in cui il suo compottamento (freccia non tratteggiata) & ‘'semplicemente ’ uuna risposta al comportamento della moglie (freccia tratteggiata), La moglie invece punteggia la sequenza di eventi nelle ttiadi 1-2-3, 3-4-5, 5-6-7, ecc. e vede se stessa soltanto nell’atto di reagire al compor- tamento del marito (ma non di determinarlo), Nella psicoterapia congiunta delle coppie si 2 spesso colpiti dallintensiti. di quel fe- nomeno che nella psicoterapia tradizionale si sarebbe definito ‘di- storsione della realta’ da parte di entrambe Je petsone. E? difficile 50 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE 243 conyincetsi come due individui possano avere opinioni cosi diver- genti su-tanti elementi di una esperienza comune. Ma @ un pro- blema che si pud spiegare con un argomento a cui ormai siamo ricorsi frequentemente: cio, la loro incapacith di metacomunicare in base ai tispettivi modelli di interazione. Questa interazione & di tipo oscil- latorio si-no-si-no-st, teoricamente pud continuare all’infinito e quasi sempre & accompagnata, come vedremo in seguito, da tipici attacchi di cattiveria e di follia. Anche i tapporti internazionali presentano numerosi modelli di interazione che hanno pitt di un’analogia con quello appena descritto; si veda, ad es., V’analisi della corsa agli armamenti di CE.M. Joad: ... Se, come dicono, il modo migliore per preservare la pace 8 quello di preparare Ja guerra, non é affatto chiaro per- ché tutte le nazioni dovrebbero considerare gli armamenti delle altre nazioni una minaccia per la pace. E tuttavia & proprio questa la loro interpretazione ¢ di conseguenza sono stimolate a incrementare. i propri atmamenti per superare quelli da cui suppongono di essere minacciate... Questa corsa agli armamenti, che & stata provocata dalla nazione A (i cui armamenti sarebbero solo difensivi), viene considerata dalla nazione A una minaccia e diventa un pfetesto per accumulare altri armamenti anche pit potenti per difendersi dalla minaccia. Ma questi arma- menti piir potenti sono a loro volia interpretati come’ una minaccia dalle nazioni vicine e cosi via... (79, p. 69) 2.43 Una volta di pitt la matematica ci offre una analogia descrittiva: il concetto di ‘ serie oscillante, infinita’, Anche se il termine fu in- trodotto molto pit tardi, serie di questo tipo furono studiate: per la prima volta in modo logico e coerente dal sacerdote austtiaco Ber- nard Bolzano poco prima della sua morte avvenuta nel 1848, quando tutto lascia presumere che si fosse profondamente impegnato nello studio del significato dell’infinito. I suoi pensieri apparvero in un libretto postumo intitolato I paradossi dell'infinito (30), che divenne un classico della letteratura matematica. Bolzano vi studia vari tipi di serie (S), di cui forse la pit semplice 2 la seguente: S=a—ata—ata—ata—ata—atya—. 51 244 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA Questa serie ci interessa da vicino perché si pud assumere per rap- presentare una sequenza di comunicazione costituita da affermazioni e negazioni del messaggio a. Bolzano ha dimostrato che si pud rag- gruppare — punteggiare, diremmo noi — questa sequenza in di- versi modi,’ che sono perd tutti aritmeticamente corzetti. U1 risultato un limite diverso per la serie a seconda di come si sceglie di pun- teggiare la sequenza dei suoi elementi, un risultato che lascid coster- nati molti matematici, compreso Leibniz, a cui era gid noto. Pur- troppo, a quanto ci é dato di vedere, la soluzione del paradosso che alla fine Bolzano propone non ci & di aiuto per risolvere l'analogo dilemma di comunicazione. Qui il dilemma sorge dalla sputia punteggiatura della serie, come Bateson (17) ha indicato, cio dalla pretesa che la serie abbia un principio (che infatti & l’errore dei partner ia tale situa- zione), 2.44 Possiamo dunque aggiungere un terzo assioma di metacomunica- zione: la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti, 25 Comunicazione numerica ¢ analogica 251 Nel sistema nervoso centrale le unit funzionali (neuroni) rice- vono i cosiddeiti pacchetti quantici di informazione tramite elementi * Uno dei tre modi possibili &: (a—a) + (a—a) + (@a—a) + (Qa) +... Brook Un altro modo di raggruppare (* punteggiare’) gli elementi delia serie sarebbe: S=a —(a—a)—(a—a)—(@—a) —(a—a)—.. a—O—0-0... 2 O ancora: —(a—ata—ata—ata—,..) © poiché gli clementi racchivsi tta parentesi non sono niente altzo che la serie stessa ne segue che Ssa—S Di conseguenza 25 = a,e S$ = —. (30, pp, 49-50) a 2 52 ASSIOME DELLA COMUNICAZIONE. 25 di giunzione (sinapsi). Arrivando alle sinapsi questi ‘ pacchetti’ pro- ducono potenziali postsinaptici eccitatori o inibitori che i neurone accumula e che ne eccitano o inibiscono lo scatto. Questa parte spe- cifica dell’attivita del neurone (che consiste nel verificarsi o meno del suo scatto) trasmette quindi informazione numerica binaria, D’al- tra parte, il sistema umorale non si basa sulla numerizzazione del- Tinformazione: & un sistema che comunica liberando quantita discrete di sostanze specifiche nella citcolazione del sangue. E’ inoltre noto che i moduli di comunicazione intraorganica umorali e neuronici_ non soltanto coesistono, ma sono reciprocamente complementari ¢ dipen- dono Puno dalaltto in modi spesso molto complessi. Questi due moduli fondamentali di comunicazione li troviamo operanti anche negli organismi artificiali: 5 i calcolatori_ numerici (cosi definiti in quanto fondamentalmente operano con numeri) uti- lizzano il principio tutto-o-niente delle valvole a vuoto e dei tran- sistori, mentre i calcolatori analogici (cosi definiti perché cid che manipolano sono gli analoghi dei dati) operano appunto con gran- dezze positive, discrete. Nei calcolatori numerici sia i dati che le istruzioni sono claborati in forma di cifre: & evidente dunque che spesso, soprattutto per quanto riguarda le istruzioni, ci sia soltanto una corrispondenza arbitraria tra una particolare informazione e, la sta espressione numetica. In altre parole, questi numeri sono nomi di codice assegnati arbitrariamente e la loro somiglianza con le grandezze reali & davvero minima, la stessa — per intenderci — che i numeri di telefono hanno con gli abbonati a cui sono stati assegnati. D’altra parte, come abbiamo gii visto, il principio di analogia & la base indispensabile per ogni computo analogico. Proprio come nel sistema umorale degli organismi naturali i veicoli d’in- formazione sono certe sostanze e il loro tasso nella circolazione * C’e un fatto abbastanza curioso da segnalare: sembra accertato che gli inge- gnesi dei calcolatori siano giuati a questa conclusione del tutto indipendentemente dalle cognizioni che a quel tempo { fisiologi gid avevano in materia, un fatto che in se stesso illustra stupendamente il postulato di Bertalanffy (25) ‘secondo cui i sistemi complessi hanno una loro legittimith intrinseca che & possibile riscontrare a tutti i diversi ti sistemi, cio? dell'atomo, della molecola, della cellala, dell’organismo, dell’individuo, della societa, ecc. Si racconta che durante una xiu- nione interdisciplinare di scienziati interessati ai fenomeni di retroazione (probabil. mente uno degli incontri organizzati dalla Josiah Macy Foundation) mostrarono al grande istologo von Bonin il diagramma di circuito di un apparato selettivo di let- tura ed egli disse subito: “Ma questo non & che un diagramma del terzo strato della corteccia visiva...”. Non possiamo garantire Vautenticit di questa storia, ma ci fa venite in mente un modo di dire che hanno gli italiani: “Se non @ vero, @ ben trovato”, (In italiano nel testo, N.d-T.), 53 2.52 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA del sangue, nei calcolatori analogici i dati assumono la forma di quantita discrete e quindi sempre positive, quali possono essere, ad es., Pintensiti degli impulsi di corrente, il numero di rotazioni di una ruota, i grado di dislocazione di certi componenti e cose del genere. Un esempio di calcolatore analogico semplice & Ia cosiddet- ta macchina della marea (uno strumento composto di leve, ruote dentate, bilancieri che si usa per misurare le maree in un tempo dato); un paradigma di calcolatore analogico & — non occorte spie- gatlo — Lomeostato di Ashby, di cui abbiamo fatto cenno nel primo. capitolo, anche se ® una macchina che non calcola nulla, 2.52 Nella comunicazione umana si hanno due possibiliti del tutto diverse di far riferimento agli oggetti (in senso esteso): 0 rappre- sentarli con una immagine (come quando si disegna) oppure dar loro un nome. E’ possibile sostituire con delle immagini i nomi di una frase scritta come, ad es., “Il gatto ha preso un topo”; invece se la frase fosse orale, basterebbe indicare con un gesto il gatto ¢ il topo, Va da sé che sarebbe un modo di comunicare insolito ¢ difatti normalmente si usa il ‘nome’ parlato o scritto, cioé la parola. Questi due modi di comunicare — quello mediante Pimma- gine esplicativa-e quello mediante la parola — sono sispettivamen- te equivalenti, come @ facile capire, ai concetti di analogico e di numerico. Ogni volta che si usa una parola pet sominare una cosa evidente che il rapporto tra il nome e la cosa nominata € un tap- porto stabilito arbitrariamente. Le parole sono segni arbitrari che vengono manipolati secondo la sintassi logica della lingua. Non c’é alcuna ragione particolare per cui la parola di cinque Jettere * geact-t-o’ denoti un particolare animale, In ultima analisi & soltanto una convenzione semantica della lingua italiana e fuori di tale convenzione non esiste nessun’altra cortelazione tra una parola e la cosa’ che la parola rappresenta (le parole onomatopeiche costitui- scono una eccezione che perd non @ certo importante). Bateson ¢ Jackson hanno fatto rilevare che “Non c’é nulla di specificatamen- te simile a cinque nel numero cinque; non c’é nulla di specificata- mente simile a un tavolo nella parola ‘tavolo’” (19, p. 271). Dvaltra parte, nella comunicazione analogica c’t qualcosa che & specificatamente ‘simile alla cosa’, vale a dire cid che si_usa per esprimerla. Nella comunicazione analogica si pud far tiferimento con maggiore facilita alla cosa che si tappresenta. Un esempio chia- tira meglio la differenza tra questi due moduli di comunicazione: 54 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE 2.53 non attiveremo a capire una lingua straniera ascoltandola alla radio (per quanto si possa prolungare il tempo di ascolto), mentre & pos- sibile dedurre con una cetta facilit’ informazioni fondamentali dal- Posservazione del linguaggio dei segni e dei cosiddetti ‘ movimenti di intenzione’ anche quando li osserviamo in una persona la cui cultura & completamente diversa dalla nostra. La comunicazione analogica, & bene ricordarlo, ha le sue radici in periodi molto pid arcaici della evoluzione ¢ la sua validita & quindi molto pit generale del modulo’ numerico della comunicazione verbale, relativamente re- cente e assai pit astratto. Cosa & dunque Ia comunicazione analogica? La risposta & abba- stanza semplice: praticamente @ ogni comunicazione non verbele, Che perd & un termine ingannevole perché spesso se ne limita Puso al solo movimento del corpo, al comportamento noto come cinesica. A nostro parere invece il termine deve includere le posizioni del corpo, i gesti, l’espressione del viso, le inflessioni della voce, la sequenza il ritmo e la cadenza delle stesse parole, e ogni altra espressione non verbale di cui Vorganismo sia capace, come pure i segni di comunicazione immancabilmente presenti in ogni contesto in cui ha luogo una interazione. ® 2.53 L’uomo @ il solo organismo che si conosca che usi moduli di co- municazione sia analogici che numerici,7 Tuttora non ci si rende conto, come si dovrebbe, dell’importanza di questo fatto, che co- munque non si sottolinera mai abbastanza. D’altro canto non c’é alcun dubbio che I'uomo comunichi con un modulo aumerico. In realta, se ’'uomo non avesse sviluppato il linguaggio numetico, sa- rebbeto impensabili molte, se non tutte, le opere di civilta che ha compiuto. Il linguaggio numerico ha un’importanza particolare per ché serve a scambiare informazione sugli oggetti e anche perché ha la funzione di trasmettere la conoscenza di epoca in epoca, C& * Quando si analizza Ia comunicazione umana si trascura con troppa facilita Ja estreina importanza che ha per la comunicazione il contesto in cui essa ha luo; eppure chitnque si lavasse i denti in una strada affollata invece che nel proprio bagno rischierebbe di essere portato in gran fretta al commissariato o ia manicomio (per fare sotto un esempio dey effet! pragmaict della comunicazione non vyerbale). ree ragione di ctedere che anche le balene ¢ i delfini possano usare la co. municazione numerice, ma Ia ricerca in questo settore non & ancora giunta a una conclusione soddisfecente. 55 2.54 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA perd tutto wn settore in cui facciamo assegnamento quasi esclusiva- mente sulla comunicazione analogica, spesso discostandoci assai poco dalla eredita che ci hanno trasmesso i nostri antenati mammiferi. E” questo il settore della relazione. Tenendo conto delle ricerche di Tinbergen (153), di Lorenz (96) ¢ delle proprie, Bateson (8) ha dimostrato che le vocalizzazioni, i movimenti d'intenzione e i segni di umore degli animali sono comunicazione analogica mediante la quale definiscono la natura delle loro relazioni, piuttosto che fare asserzioni denotative sugli ogeetti. Riprendiamo uno degli esempi di Bateson. Quando apriamo il frigorifero il gatto che subito accor- re_e si strofina sulle nostre gambe miagolando non vuol dire “Voglio il latte” (come fatebbe un essete umano) ma_piuttosto “Fammi da madre”: si appella, in altre parole, a una relazione specifica; difatti si pud osservare un comportamento simile soltanto tra un gattino e un gatto adulto e mai tra due animali adulti, Per contro, gli zoofili sono convinti che gli animali ‘capiscano’ il loro discorso, Cid che gli animali capiscono davvero, non occorre dirlo, non @ certo il significato delle parole, ma !a ricchezza della comu- nicazione analogica che si accompagna al discorso. Infatti ogni volta che la relazione @ il problema centrale della comunicazione, il lin guaggio numerico & pressoché privo di significato. E’ un fenomeno che non si verifica soltanto tea animali e tra uomo ¢ animale, ma in molte circostanze della vita umana (per es., quando si corteggia, quando si ama, quando si reca soccorso, quando si combatte) e naturalmente in tutti i rapporti con bambini molto piccoli e con pazienti che presentino gravi disturbi mentali, Si & sempre attribuito ai bambini, ai folli e agli animali wna intuizione particolare per quanto tiguarda la sincerita o Vinsincerita delle attitudini umane: perché @ facile dichiarare qualcosa verbalmente, ma @ difficile soste- nere una bugia nel regno dell'analogico. In breve, se si.ricorda che ogni comunicazione ha un aspetto di_contenuto ¢ uno di relazione, & lecito aspettarsi che i due mo- duli di comunicazione non soltanto coesistano ma siano reciproca- mente complementari in ogni messaggio. E’ pure lecito dedurre che Vaspetto di contenuto ha pitt probabiliti di essere trasmesso con ua modulo numerico, mentre in natura il modulo analogico avra una netta predominanza nella trasmissione dellaspetio di relazione. 2.54 Vogliamo ora considerare alcune differenze esistenti tra i moduli di comunicazione numerica e analogica la cui importanza pragms- 56 ASSIOMT DELLA COMUNICAZIONE 254 tica sta tutta nella correlazione che abbiamo appena indicato, Per meglio chiarire queste differenze, torniamo a esaminare i moduli numetici e analogici come si presentano nei sistemi di comunica- zione artificiali. Il rendimento, la precisione ¢ la versatilita dei due tipi di calco- latori — i numerici e gli analogici — sono molto diversi. I dispo- sitivi che si usano nei calcolatori analogici in logo delle grandezze teali non possono essere che approssimazioni dei valoti reali e questa inevitabile fonte d’imprecisione viene ulteriormente amplificata men- tre il calcolatore compie le operazioni. Denti di ruote dentate, in- granaggi e trasmissioni non possono mai essere costruiti in modo petfetto ¢ anche quando le macchine analogiche impiegano soltanto impulsi di corrente, resistenze elettriche, reostati, ccc. questi eventi discreti sono sempre soggetti a fluttuazioni praticamente incontrol- Jabili, D’altro canto si pud sostenere che una macchina numerica lavorerebbe con 1a massima precisione. se non si dovesse limitare lo spazio entro cui vengono immagazzinati i numeri, il che rende ne- cessatio ‘arrotondare’ tutti i risultati che vengono ad avere pitt numeri di quelli che la machina @ in grado di contenere. Chiunque abbia usato un regolo calcolatore (un esempio eccellente di calco- latore analogico) sa che pud ottenere soltanto un risultato apptos- simativo, mentre da una qualunque calcolatrice da tavolo si potra avere un tisultato esatto purché i numeri richiesti non superino il limite massimo di quelli che Ia calcolatrice & in grado di manipolare. Indipendentemente dalla sua assoluta precisione, il calcolatore nv merico ha il vanteggio enorme di essere una machina non solo arit- metica ma anche fogica. McCulloch ¢ Pitts (102) hanno dimostrato che le sedici funzioni di verita del calcolo logico si possono rap- presentare mediante combinazioni di organi tutto-o-niente: ad esem- pio, la sommatoria di due impulsi rappresenta il connettivo logico fe}, Ja esclusione reciproca di due impulsi tappresenta il connet- tivo ‘0’, un impulso che inibisce lo scatto di un elemento rappre- senta la negazione, ecc, Nulla di simile né di lontanamente confron- tabile si pud fare con i calcolatori analogici. Poiché operano con quantita discrete, positive, non possono rappresentare nessun valore negativo (compresa la negazione stessa) o nessuna delle altre fun- zioni di verita. ‘Alcune caratteristiche dei calcolatori si_possono applicare anche alla comunicazione umana: i! materiale del messaggio numerico ha un grado di complessiti, di versatilita e di astrazione molto pit elevato di quello analogico. Anzitutto occorre precisate che la co- municazione analogica non ha nulla di confrontabile alla sintassi 57 2.54 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA logica del Iinguaggio numerico, Tl che vuol dire che ael linguaggio analogico non c’é nulla che equivalga agli clementi del discorso (che hanno un’importanza vitale) come ‘se-allora’, ‘0-0’ ¢ molti altri, e che Pespressione di concetti astratti & difficile, se non impossi- bile, come lo era nella primitiva scrittura ideografica, dove ogni concetto si pud rappresentare soltanto con la sua immagine fisica. Tnoltre, sia nel linguagsio analogico che nel computo analogico man. ca la semplice negazione, cioé una espressione che sostituisca il ‘non’. Proviamo a fare qualche esempio, Ci sono lactime di dolore e lacrime di gioia; I’atto di serrare i pugni si pud interpretare come un segno di aggressivita oppure di costrizione; con un sottiso si bud esprimere comprensione oppute disprezzo; la riservatezza pud essete una manifestazione di indifferenza oppure di tatto. Insomma, artiviamo a chiederci se tutti i messaggi analogici hanno questa qua- lita curiosamente ambigua, che ci fa venire in mente il freudiano Gegensinn der Urworte (il significato opposto delle parole primor- diali). Nella comunicazione analogica non si trovano né qualificatori che specifichino quale dei due significati discrepanti & quello esatto, né indicatori che consentano di distinguere tra passato, presente, 0 futuro, ® —- qualificatori e indicator’ che invece si trovano sempre nella comunicazione numerica, anche se a quest’ultima manca un vocabolario adeguato agli accadimenti particolari della relazione. L’somo ha la necessiti di combinare questi due linguaggi (come trasmettitore e come ricevitore) e deve costantemente fradurre dal- Tuno alValtro, operazione ‘che lo pone di fronte a dilemmi assai curiosi che considereremo pitt dettagliatamente nel capitolo dedicato alla comunicazione patologica (sez. 3.5). Infatti, nella comunica- * Ormai il letzore avtd scoperto da solo quanto sia stimolante la somiglianza tra i moduli di comunicazione analogico ¢ numerico. e, tispettivamente, i concetti psicoanalitici di processo primario ve processo secondario. Se Ptoviamo a trasporli dallo schema di riferimento intrapsichico a quello interpersonale, fa descrizione che Frend i del Es civenta praticamente una definiione dalla comunicasione: ana logica: Per i processi dell’Es non valgono le lege di pensiero della logica, ¢ in ispecie non vi si formano contrasti. Impulsi antitetici sussistono Tuno aceanto all'alto, senza annullarsia vicenda o detrarsi recipro- camente [. . . }. Nell'Es non vi é nulla che si potrebbe equiparare alla negazione, ¢ si apprende altzesi con sorpresa che secondo i flo- sofi_ lo spazio e i tempo sono forme necessarie dei nostri atti psichici. (49; corsivi nostri) * * §, Freud, Introduzione allo studio della psicoanalisi, trad. i di E, Weiss, Roma, Astrolabio-Ubaldini Editore, 1947, p. 387. 58 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE: 255 vione umana in entrambi i casi @ difficile ‘ tradurre’: non solo non si ha alcuna traduzione dal modulo numerico a quello analogico senza una notevole perdita di informazione (si veda la sez. 3.55 sulla formazione del sintomo isterico), ma anche il caso contratio presenta enormi difficolt’ (parlare sulla relazione richiede una tra- Gazione adeguata dal modulo di comunicazione analogico in quello numerico). Infine, problemi di questo genere si presentano anche quando i due moduli debbono coesistere, come fa notate Haley in “Terapia del matrimonio”, un capitolo cccellente del suo libro: Quando un uomo e una donna decidono di legaliz- zare la loro unione con una cerimonia matrimoniale, si pongono un problema che continue’ a presentarsi per tutta la durata del matrimonio: ora: che sono sposati stanno insieme perché lo vogliono o perché lo debbo- no? (60, p. 219) Se si tiene conto di quanto abbiamo esposto finora, diventa assai problematico definire in un modo che non sia ambiguo il rapporto della coppia di cui sopra quando si aggiunge una numerizzazione (il conttatto mattimoniale) alfaspetto prevalentemente analogico della relazione (41 corteggiamento). ® 2.55 Per riassumete. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ba una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma’ manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il lin- guaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle re- lazioni. ? Per le stesse ragioni ci pare che il divorzio sarebbe un’esperienza molto pitt sentita se I’atto legale per ottenere la sentenza definitiva, di solito arido ¢ pro- saico, fosse completato da qualche forma di rituale analogico di sepatazione finale. 59 26 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA 2.6 Interazione complementare e simmetrica 2.61 Nel 1935 Bateson (6) tifert di un fenomeno di interazione che aveva osservato nella trib Iatmul nella Nuova Guinea e di cui si occupd poi diffusamente nel suo libro Neven (10), pubblicato anno successivo, Diede al fenomeno il nome di scismogenesi e lo defini come un processo di differenziazione delle norme del compor- tamento individuale derivante dalVinterazione cumulativa tra indi. vidui, Nel 1939 Richardson (125) applicd questo concetto all’ana- lisi della guerra e della politica estera; dal 1952 Bateson e altri hanno dimostrato quanto esso possa essere utile nella ricerca psichia- trica (cfr. 157, pp. 7-17; e€ anche 143), Riportiamo l'elaborazione che Bateson ci ha dato di questo concetto il cui valore euristico si esiende, come si pud constatare, ben oltre i confini di una singola disciplina: Quando definiamo Ia nostra disciplina nei termini delle reazioni di un individuo alle reazionj di altri indi- vidui, & subito evidente che dobbiamo tener conto che la relazione tra due individui @ soggetta a mutare di volta in volta anche senza V’intervento di qualche pertutbazione esterna. Ma non basta limitarsi a considerare le reazioni di A al comportamento di B, occorre esaminare subito dopo come queste reazioni influenzino il comportamento suc- cessivo di B e l’effetto di questo comportamento su A. F chiaro che molti sistemi di relazione, sia tra-indi- vidui che tra gruppi di individui, tendono a un progtes- sivo cambiameato. Ad esempio, se uno dei modelli del comportamento culturale, che nell’individuo A si consi- dera appropriato, viene culturalmente classificato come un modello di imposizione, mentre ci aspettiamo che B replichi a questo comportamento col comportamento che culturalmente classifichiamo di sottomissione, 2 probabile che questa sottomissione incoraggi una ulteriore imposizione e che tale imposizione tichieda ancora una ulteriore sotto- missione. Si ha quindi uno stato di cose potenzialmente ptogtessivo e — a meno che non siano presenti altri 60 ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE 2.62 fattori che limitino gli eccessi del comportamento di impo- sizione e di quello sottomesso —- A deve necessariamente imporsi sempre pit mentre B diventer’ sempre pit sot- tomesso. Va da sé che potremo assistere a tale progres- sivo cambiamento, siano A ¢ B individai separati o membri di gruppi complementari. Definiamo scismogenesi complementare i cambiamenti progressivi di questo tipo. Ma ¢’é un altro modello di relazioni tra individui e grappi di individui che ha pure in sé i germi del cambiamento progressivo. Ad esempio, se troviamo che la vanteria & il modello culturale del com- portamento di un gruppo e che Valtro gruppo replica a questo comportamento con Ja vanteria, & possibile che si sviluppi una situazione competitiva in cui l’atto di van- tarsi porta sempre pid a vantarsi, e cosi via. Questo tipo di cambiamento progressivo lo definiamo scismogenesi simmetrica, (10, pp. 176-177). 2.62 Si & giunti ad usate i due modelli appena descritti senza far riferimento ai processo scismogenctico e di solito ora si parla sem- plicemente di interazione simmetrica e complementare. Si pud an- che descriverli come relazioni basate o sulla uguaglianza o sulla differenza. Nel primo caso i modelli tendono a rispecchiare il com- portamento delPaltro (e quindi la loro intetazione & simmetrica). Debolezza o forza, bont& o cattiveria non sono qui pettinenti: ovviamenté si pud mantenere Puguaglianza in ciascuno di questi settori particolari. Nel sccondo caso il comportamento del partner completa quelio delPaltro © costituisce un tipo diverso di Gestalt comportamentale (che definiamo complementare), L’interazione sim- metrica, dunque, @ caratterizzata dall’uguaglianza e dalla ‘ minimiz- zazione’ della differenza, mentre il processo opposto caratterizza l'interazione complementare. Nella relazione complementare si hanno due diverse posizioni, Un partner assume la posizione che & stata descritta in vario modo come quella superiore, primaria o one-up, mentre T’altro tiene la posi- zione corrispondente: inferiore, secondaria o one-down. Questi ter- mini sono di grande utilita finché non vengono equiparati a ‘ buono’ © ‘cattivo’, ‘forte’ o ‘debole’. Le idiosincrasie dello stile di relazione di una particolare diade possono costituire una relazione complementare, ma pud anche essere il contesto sociale e culturale a stabilire relazioni di questo tipo (si vedano ad cs. i tappotti 61 i 2.63 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA madre-figlio, medico-paziente, o insegnante-allievo). In entrambi i casi, ci preme sottolineare la natura iaterdipendente della relazione, in cui comportamenti dissimili, ma che si sono adattati ai rispettivi ruoli, si richiamano a vicenda. Un partner non impone all’altro una rela- zione complementare, ma piuttosto ciascuno si comporta in un modo che presuppone il comportamento dell’altro, mentre al tempo stesso gliene fornisce le ragioni: sono quindi sempre calzanti le definizioni che essi danno della relazione. 2.63 E stata avanzata Pipotesi di un terzo tipo di relazione — ‘ meta- complementare’ ~~ ia cui A consente a B di assumere la direzione del proprio (di A) comportamento (0 lo costringe a farlo); analoga- mente, si potrebbe anche aggiungere una relazione ‘ pseudosimmetrica * in cui A consente a B di adottare un comportamento simmetrico (o Ie costringe a farlo), E” possibile evitare Ja regressione potenzialmente in finita di questa catena ricorrendo alla distinzione che abbiamo gid fatto (sez. 1.4) tra le ridondanze che si osservano nel comportamento e le spiegazioni che se ne possono dedurre in forma di mitologie; in altre parole, ci interessa come Ia coppia si comporta senza lasciarci_distrarre dalle motivazioni che la coppia presume deter- minino il suo comportamento, Comunque, dall’uso che fanno gli individui, coinvolti in un rapporto, dei_molteplici livelli di comuni- cazione (sez. 2.22) per esprimere modelli diversi a livelli diversi, derivano risultati paradossali di notevole importanza ptagmatica (sez. 5.41; 6.42, esempio 3; 7.5, esempio 2d), 2.64 Ci occuperemo nel prossimo capitolo delle patologie potenziali (escalation nel rapporto simmetrico, o rigidita in quello complemen- tare) di questi moduli di comunicazione. Per ora, ci limitiamo a enunciare il nostro ultimo assioma spetimentale. Tutti gli scambi di comunicatione sono simmetrici o complementari, a seconda che sieno basati sull’uguaglianza o sulla differenza. 27 Sommario Qualche considerazione generale sugli assiomi che siamo venati enun- ciando ci induce a sottolineare ultetiormente alcune qualificazioni. 62 ASSIOME DELLA COMUNICAZIONE 27 Anzitutto occorre ripetere che questi assiomi sono stati proposti in via sperimentale, che fungono da pteliminari di uno studio che non abbia- mo certo potuto esaurire, e che le definizioni che ne abbiamo dato sono piuttosto approssimative. Subito dopo bisogna aggiungere che sono abbastanza eterogenei tra loro stessi in quanto li abbiamo formulati in base a una vasta gamma di osservazioni dei fenomeni di comunicazione. L’elemento che li unifica non & la loro origine ma la loro importanza pragmatica, che a sua volta si fonda non tanto su cette particolariti quanto sulla possibilita di riferimenti interpersonali (anziché monadici) che offrono. Birdwhistell & arrivato a sostenere che un individuo non comunica: pattecipa a una comuni- cazione'o diventa parte di essa, Pud muoversi o fat rumore [...] ma non comunicare. Parallelamente, pud vedere sentire. odorare gustare avere delle sensazioni — ma non comunicate. In altre parole, un individuo non produce comunicazione, ma vi pattecipa. Non si deve con- siderare la comunicazione, in quanto sistema, sulla base di un semplice modello di azione e reazione ‘per quanto possa essere complesso e determinato. La comunicazione, in quanto sistema, va considerata a livello transazionale. (28, p. 104) Danque, Vimpossibilitd di non-comunicaré rende comunicative tutte le situazioni impersonali che coinvolgono due o pid persone; Vaspetto di xelazione di tale comunicazione specifica ulteriormente questo stesso punto, L'importanza pragmatica, interpersonale, dei moduli numerici e analogici non sta solo nell’isomorfismo (da noi ipotizzato) con il contenuto e la relazione, ma anche nell’ambiguita, inevitabile ¢ significativa, che sia il trasmettitore che il ricevitore devono affrontare nei problemi di traduzione da un modulo all’altro. La descrizione dei problemi di punteggiatura si basa proprio sulla metamorfosi: sottesa al modello classico di azione-reazione. Infine, Al paradigma simmetria-complementarita & quello che si avvicina forse di pik al concetto matematico di funzione, poiché le posizioni indi- viduali sono delle semplici variabili con infiniti valori possibili il cui significato non @ assoluto ma piuttosto emerge nella reciprocita del rapporto, 63 Capitolo 3 LA COMUNICAZIONE PATOLOGICA 3.4 Introduzione Tutti gli assiomi che abbiamo enunciato implicano, come corollari, certe patologie ad essi inerenti che ora esamineremo. Secondo noi, il modo migliore per illustrare gli effetti pragmatici degli assiomi & quello di metterli in relazione con i disturbi che possono ptesen- tarsi nella comunicazione umana: dati certi principi della comuni- cazione, esamineremo in quali modi e con quali conseguenze si possono distorcere questi principi. Le conseguenze comportamen tali di tali fenomeni, come vedremo, corrispondono spesso a varie psicopatologie individuali: in tal modo potremo esemplificare la nostra teoria e ptoporte anche un’altra struttura in cui sia possi- bile analizzare il comportamento che di solito viene considerato sin- tomatico della malattid mentale. (Prenderemo in esame le patologic di ogni assioma seguendo Vordine con cui abbiamo presentato gli assiomi nel secondo capitolo; fanno eccezione alcune tipetizioni ine- vitabili imposte dal nostro materiale che diventa rapidamente sem- pre pit complesso). # ' La traserizione degli scambi verbali semplifica notevolmente il materiale ma proprio per questa ragione &, in ultima analisi, un procedimento tanto insoddisfa- cente: il contenuto Iessicale & sovrabbondante, ma il materiale analogico & in gran parte lacunoso (mancano le inflessioni di voce, il ritmo del discorso, le pause, i toni emozionali delle risate e dei sospiti, ecc.). Per un’anelisi di esempi di intera. sione sia trascritti che incisi su nastro, ‘cir, Watalawick (137). 64 LA COMUNICAZIONE PATOLOGICA 3.2 3.2 Liimpossibilita di non-comunicare Abbiamo gii parlato brevemente (sez. 2,23) del dilemma degli schizofrenici, di come questi pazienti si comportano, dei loro ten- tativi di negate di star comunicando e poi della accessita di negare che anche il dinicgo & comunicazione. Ma si da pure il caso del paziente che pare che voglia comunicare senza perd accettare Vim- pegno inerente a ogni comunicazione. Per esempio, una giovane donna schizofrenica irruppe nello studio dello psichiatra per la sua prima intervista e enuncid ailegramente: “Mia madre ha dovuto sposarsi ed ora eccomi qua”. Ci vollero settimane per chiarire al- cuni dei molti significati che aveva condensato in questa dichia- razione, significati che erano contemporaneamente squalificati sia dalla Joro fotmulazione enigmatica sia dall’ostentazione da parte della donna di uno humour ¢ di una energia che non erano affatto auten- tici. In seguito risulté che questa sua mossa iniziale doveva infor- mare il terapeuta che (1) era il frutto di una gravidanza illegittima; (2) il fatto aveva in qualche modo provocato la sua psicosis (3) la frase ‘ha dovuto sposarsi’, riferendosi alla natura del matrimonio imposto con la forza, poteva voler dire due cose: che la Madre non era da biasimarsi perché le pressioni so- ciali Pavevano costretta al matrimonio, oppure che la Madre risentiva della natura coercitiva della situazione e per questa ragione rimproverava alla paziente di essere in vita; (4) ‘qua’ voleva dire sia lo studio dello psichiatra che l’esistenza della paziente sulla terra; era dunque implicito che la Madre Vaveva fatta impazzire ma lei doveva esserle eternamente debitrice perché la madre aveva peccato e sofferto per farla venire al mondo. 3.21 Lo ‘ schizofrenese’ 2 dunque una lingua che lascia all’ascoltatore Ja scelta tra i molti significati possibili (che non soltanto sono di- versi ma possono anche essere incompatibili). Diventa cost possibile negare paizialmente o totalmente gli aspetti di un messaggio, Se la donna fosse stata costtetta a spiegare il senso della sua frase, si pud immaginare che avtebbe detto qualcosa come: “ Oh, non lo so; 65 3.22 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA devo essere pazza”. Se le fosse stato chiesto di chiarire gli aspetti di questa sua condizione, @ probabile che avrebbe replicato: “Oh no, non volevo dire questo...”. La frase della donna (anche se & stata formulata in modo iale che non & possibile identificarne im- mediatamente il significato) descrive in modo molto convincente la situazione paradossale in cui la paziente si trova; e forse & abba- stanza appropriata anche [’osservazione “Devo essere pazza”, se si tiene conto quanto bisogna ingannare se stessi per adattarsi a un universo paradossale. Per una discussione esauriente sulla negazione di comunicazione in schizofrenia, si rimanda il lettore a Haley (60, pp. 89-90), dove trovera un’analogia stimolante con i sottogruppi clinici della schizofrenia. 3.22 La situazione opposta si trova in Through the Looking Glass (Nef mondo dello specchio) quando Ja comunicazione semplice e schictta di Alice viene corrotta dal ‘lavaggio del. cervello’ della Regina Rossa e della Regina Bianca, Esse adducono il motivo che Alice stia cercando di negare qualcosa e Jo attribuiscono al suo stato mentale: “Ma vi assicuto che non volevo dire...” stava rispon- dendo Alice, ma Ia Regina Rossa l'interruppe: “E? proprio questo che ti stavo rimproverando! Tu avresti voluto dire un’altra cosa! E a che cosa credi che serva una bambina, se non conosce il significato delle parole che dice? Anche una sciarada ha un significato... € io voglio credere che una bambina sia pir importante di una sciarada. Non puoi negarlo, anche se tenti con ambedue Je mani”. “To non nego le cose con le mani” obiettd Alice. “Nessuno dice che to hai fatto” disse la Regina Rossa “Ho detto che non puoi farlo, anche se tenti”. “E’ in un tale stato d’animo (state of mind)” disse la Regina Bianca “che vaol negare qualcosa... ma non sa che cosa negare! “Ha un carattere villano e viziato” notd la Regina Rossa. E a questo punto ci fu un silenzio pieno di disagio, che durd un paio di minuti, * Carroll, Alice nel paese delle meraviglie e nel mondo dello specchio, tad. it. di T. Giglio, Milano, Rizzoli, 1966, p. 209. 66 LA COMUNICAZIONS PATOLOGICA 3.23 Lautore tivela, in un modo che non cessa di meravigliatci, di intuire perfettamente quali sono gli effetti pragmatici di questo tipo di comunicazione illogica: dopo aver sottoposto Alice a un altro po’ di questo lavaggio del cervello la fa svenire. 3.23 Non si tratta perd di un fenomeno riscontrabile soltanto in schi- zofrenia e nelle favole: anzi, il campo dove pit si estendono le sue implicazioni & quello dell’interazione umana. E’ lecito supporre che tentativi di noncomunicate si aveanno in ogni altro contesto in cui si deve evitare l'impegno inerente a ogni comunicazione, Tn questo senso, una situazione tipica & Pincontro tra due cstranei di cui uno vuol conversare mentre l’altro non lo vuole, per esempio due passeggeri daeteo che siedono uno accanto allaltro.? Mettiamo che il pas- seggeto A sia quello che non vuole parlare. Sono due le cose che non pud fare: non pud andarsene ¢ non pud non comunicaze, La pragmatica di questo contesto di comunicazione & evidentemente assai ristretta; le reazioni possibili sono molto . poche. 3.231 * Rifiuto’ della comunicazione Con maniere pili o mero brusche il passeggero A pud far ca- pire al pesseggero B che inon ha voglia di conversare. Ma per le regole della buona educazione questo @ un modo di agire riprovevole che richiede un certo coraggio e che provochera un silenzio imbataz- zato e@ piuttosto teso; in questo modo, inoltre, A non @ certo riue io a evitare, come voleva, una relazione con B. 3.232 Accettazione della comunicazione Ll passeggero A si tassegna a conversare, E’ probabile che que- sto atto di debolezza gli fark odiare se stesso e V’altra persona, ma & un fatto che non ci interessa, L’aspetto importante della decisione del passeggero A & che presto si renderi conto della saggezza di woa regola militate secondo Ia quale “in caso di cattura dare sol- tanto il nome, il grado ¢ il numero di matricola”; @ infatti pos- sibile che il passeggero B non sia affatto disposto a fetmarsi a meta strada e voglia scoprire tutto su A, compresi i pensieri i sen- 2 Vogliamo sottolineare ancora una volta che ai fini della nostra analisi della co- municazione le rispettive morivazioni fornite dai due individui sono irrilevanti. 67 3.233 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA timenti le convinzioni. E una volta che A ha cominciato a rispon- dere, trover’ sempre pit difficile fermarsi, come sa bene chi pra- tica i] lavaggio del cervelto. 3233 Squalificazione della comunicazione La squalificazione @ una tecnica importante a cui A pud ticorrere per difendersi: egli pud comunicare in modo da invalidare Je pro- prie comunicazioni o quelle dell’altro, Rientra in questa tecnica una vasta gamma di fenomeni della comunicazione: contraddirsi, cam- biare argomento o sfiorarlo, dire frasi incoerenti o incomplete, ri- correre a uno stile oscuro o usare manierismi, fraintendere, dare una interpretazione letterale delle metafore ¢ una interpretazione meta- forica di osservazioni letterali, ecc.? La scena iniziale del film Lolita & un esempio stupendo di questo tipo di comunicazione: Quilty, minacciato da Humbert che impugna una pistola, si scatena in un parossistico sproloquio verbale e gestuale, mentre Humbert cetca invano di fargli capire il suo messaggio: “ Sta’ attento, sto per spararti!”. (Il concetto di motivazione ci serve ben poco per decidere se si tratta di puro panico o di una difesa intelligente), Un altro esempio & un delizioso nonsense logico di Lewis Carroll, Ja poesia letta dal Coniglio Bianco: Mi hanno detto che da lui sei stato e che con lui di me tu hai parlato, Lei ha giurato che non so quotare ma con cordialité mi pud trattare. Lui sctisse loro che non ero andato (e noi sappiamo che proprio cos) & stato), ma se Vinchiesta lei portasse avanti dovresti tu pregare tutti i santi. Una a lei, due a lui ne ho dato poi e voi ben tre ne regalaste a noi, Tutte da Tui a te son ritornate anche se prima mie erano state, * In campo intetnazionale, gli italiani stanno in testa a tutti con una tisposta inimitabile: ‘ma. ..°; essi possono usarla come esclamazione per esprimere, dubbio, consenso, dissenso, perplessita, noncuranza, biasimo, disprezzo, rabbia, ras. segnazione, sarcasmo, diniego ¢ forse un’altra diecina di cose per cui alla fine si svuota di contenuto € non significa pitt nulla. * L, Carroll, La réeravigliosa Alice, trad. it. di M. Valente, Milano, Area Edi. tore, 1962, p, 162, . 68 LA COMUNICAZIONE PATOLOGICA 3.233 La poesia continua per altre tre strofe senza che mutino forma e contenuto. Ci pate indicativo che la stessa forma e la stessa po- verti di contenuto abbiano pit di un punto in comune con la co- municazione di un soggetto normale che si & prestato_volontaria- mente a rispondere alle domande di un intervistatore, Si confronti la poesia con un frammento estratto dall’intervista; @ evidente che il soggetto si sente a disagio nel rispondere alle domande che l'in- tervistatore gli pone, ma. al tempo stesso si sente obbligato a rispondere. Intervistatore: Signor R., lei abita con Ja sua fa- miglia nella stessa cittd in cui vivono anche i suoi genitori, E un fatto che crea problemi? Insomma, come vanno le cose tra di voi? Signor R.: Be’ cerchiamo, uhm, voglio dite per quanto mi tiguarda... uhm preferisco che Mary (sua moglie) la prenda lei V'iniziativa invece di prenderla io. Sono contento di vederli, ma non & che mi affanno troppo per fare una corsa la o per invitarli... loro lo sanno con certezza che... oh, & stato sempre cosi anche prima di conoscere Mary, pid o meno era un fatto ac- cettato — ero figlio unico — e loro prefe- tivano non, facevano come meglio potevano, non, ah, non intromettersi mai. Non credo che ci sia... comunque penso che c’é sempre — una qualche tensione nascosta, e non ha impottanza che ci sia nella nostra famiglia o in un’altra qualunque. E’ qualcosa che anche Mary e io sentiamo quando noi... tutti ¢ due siamo piuttosto perfezionisti. E, ah, poi, siamo molto... siamo... siamo — severi e.. & una cosa che ci aspettiamo dai figli ¢ pensiamo che si deve stare attenti — voglio dire se ah... ma se i suoceri si mettono di mezzo, la pensiamo cosi, abbiamo visto altri in una si- tuazione cosi e abbiamo solo.., @ stata una cosa che la mia famiglia ha cercato di evitare, ma, ah... e cosi, uhm, cosi — perché siamo... non direi che siamo freddi con i miei, (157, pp. 20-21). 69 3.234 PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA Non sorprende che a questo tipo di comunicazione ticorra tipica- mente chiunque si trovi alle strette in una situazione in cui si sente obbligato a comunicare ma nello stesso tempo vuole evitare lim- pegno inerente a ogni comunicazione. E’ evidente che se lo con- sideriamo soltanto come un fenomeno di comunicazione non ha alcuna importanza che si tratti del comportamento -di un cosiddetto individuo normale (caduto nelle mani di un intervistatore abile) o del comportamento di un cosiddetto individuo mentalmente distur- bato (che si trovi ad affrontare il medesimo dilemma): nessuno dei due pud andarsene, nessuno dei due non pud on comunicate ma é da supporre che per certi loro motivi siano riluttanti a farlo (o ne abbiano paura), In entrambi i casi & probabile che il risultato sia uno sptoloquio. Ma Vintervistatore del malato di mente pud essere un analista de! profondo disposto a interpretare i simboli; in que- sto caso lo sproloquio sara per Jui soltanto una forma in-cui si manifesta V'inconscio, mentre & possibile che per il paziente queste comunicazioni siano un ottimo modo di fare contento il suo inter vistatore con Varte gentile di non dire nulla dicendo qualcosa. Ana- logamente, un’analisi in termini di ‘deterioramento conoscitivo’ o ‘irrazionalitd’ ignora la considerazione che si deve al contesto per valutare tali comunicazioni:4 Se da tutti i possibili punti di vista da cui si pud considerare il comportamento scegliamo quello clinico, ci sia consentito ancora una volta di far rilevare che la comunica- zione (comportamento) ‘folle’ non & necessariamente Ia manifesta- zione di una mente malata, ma pud essere Panica reazione possibile 2 un contesto di comunicazione assurdo e insostenibile. 3.234 Il sintomo come comunicazione Infine c'& una quarta possibilit’ a cui il passeggero A pud ricorrere per difendersi dalla loquacita di B: pud far finta d’aver son- no, di essere sordo o ubriaco, di non conoscere Ja lingua, o pud si- taulare qualunque altro stato di incapacita o qualunque difetto che giustifichino Pimpossibilitd di comunicare, In tutti questi casi, dun- que, il messaggio & sempre Jo stesso; vale a dire: “Non mi dispia- cerebbe parlare con lei, ma c’& qualcosa pit forte di me (c quindi non posso essere biasimato) che me lo impedisce”. Questo appel- 4 A questo ptoposito, rimandiamo il lettore a una analisi, compiuta dal punto di vista della comunicezione, del conceito psicoanal.tico di * transfert’ secondo la quale if transfert si pud considerare Punice risposta possibile a una situazione cc- cezionale, Cf, Jackson ¢ Haley (76); & ua argomento su cui torniamo anche nella sez, 7.5, esempio 2. 70

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