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INTRODUZIONE ALLA GEOGRAFIA


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Gino De Vecchis Franco Fatigati

INTRODUZIONE
ALLA GEOGRAFIA

Edizioni Kappa
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INDICE

p.

PREFAZIONE7

Capitolo primo
GEOGRAFIA: UN LUNGO ITINERARIO DI RICERCA
1.1 La Germania, culla della geografia scientifica 9
1.2 I paradigmi del determinismo ambientale e del possibilismo10
1.3 Nuovi indirizzi e prospettive nella ricerca geografica13

Capitolo secondo
LE COORDINATE SPAZIO E TEMPO. RAPPRESENTAZIONI E MISURE
2.1 Spazio e tempo17
2.2 Orientamento18
2.3 La forma e le dimensioni della Terra19
2.4 La carta geografica22
2.5 Le carte tematiche e lAtlante24
2.6 La Terra vista dallalto26
2.7 Le misurazioni del tempo: i fusi orari 28
2.8 Le misurazioni del tempo: il calendario29

Capitolo terzo
LA CROSTA TERRESTRE E LE FORZE ENDOGENE
3.1 Le scienze della Terra31
3.2 Le vicende geologiche e le rocce31
3.3 La struttura interna della Terra e la teoria della tettonica a zolle33
3.4 Il vulcanismo37
3.5 Il vulcanismo: risorse e rischi40
3.6 I terremoti42
3.7 Il rischio sismico44

Capitolo quarto
LATMOSFERA E IL CLIMA
4.1 I caratteri generali dellatmosfera47
4.2 Gli elementi del tempo e del clima48
4.3 I fattori del tempo e del clima51
4.4 I tipi di clima54
4.5 La vegetazione naturale e il clima57
4.6 Le biocore58
4.7 Uomo e clima61

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Capitolo quinto
IDROSFERA
5.1 Il mare: risorse e problemi65
5.2 Caratteristiche del mare66
5.3 I movimenti del mare: onde, maree, correnti marine 67
5.4 Il ciclo dellacqua70
5.5 Le sorgenti e i fiumi72
5.6 I laghi e gli stagni74
5.7 I ghiacciai 75

Capitolo sesto
IL VOLTO DELLA TERRA
6.1 Le forme del terreno79
6.2 La degradazione meteorica e i movimenti franosi80
6.3 Scorrimento superficiale82
6.4 Il modellamento fluviale 84
6.5 Il modellamento glaciale87
6.6 Il modellamento costiero89
6.7 Il modellamento eolico 92
6.8 Il carsismo95

Capitolo settimo
AMBIENTE E SOCIET
7.1 Orientamenti e possibili prospettive97
7.2 Il paesaggio98
7.3 Lo sviluppo sostenibile100
7.4 Misurare lo sviluppo102

Capitolo ottavo
DINAMICHE DEMOGRAFICHE: NATURALI E MIGRATORIE
8.1 La crescita della popolazione105
8.2 La natalit107
8.3 La mortalit108
8.4 La mortalit infantile110
8.5 La struttura demografica113
8.6 Il rilevamento statistico della popolazione115
8.7 Il movimento migratorio116
8.8 Lespansione europea nei nuovi continenti119

Capitolo nono
DENSIT E DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE
9.1 Lecumene121
9.2 La densit di popolazione123
9.3 La distribuzione della popolazione124
9.4 Linsediamento rurale125
9.5 Gli spazi urbani127

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Capitolo decimo
GLI SPAZI DELLECONOMIA PRIMARIA
10.1 Economia e societ133
10.2 Gli spazi agricoli135
10.3 Lallevamento138
10.4 La pesca141
10.5 Le risorse minerarie143

Capitolo undicesimo
GLI SPAZI DELLINDUSTRIA E DEL TERZIARIO
11.1 Lenergia145
11.2 Lindustria147
11.3 Il commercio150
11.4 Comunicazioni e telecomunicazioni151
11.5 Dal sentiero allautostrada155
11.6 Le vie dacqua156
11.7 Le ferrovie157
11.8 Il traffico aereo159
11.9 Il turismo160

Capitolo dodicesimo
SPAZI POLITICI
12.1 Potere e territorio alle varie scale geografiche163
12.2 Lo Stato: territorio, popolazione e sovranit165
12.3 I confini171
12.4 La capitale173
12.5 Colonialismo e decolonizzazione174
12.6 Lodierna globalizzazione176

Capitolo tredicesimo
SPAZIO E CULTURA
13.1 Geografia e cultura179
13.2 E pluribus unum180
13.3 Geografia e lingue181
13.4 Geografia e religioni184

Nota bibliografica187

Indice analitico189

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PREFAZIONE

Linsegnamento della geografia alluniversit andrebbe rapportato con


quello svolto nei precedenti ordini di scuola, in particolare nella secon-
daria di secondo grado, che dovrebbe dotare gli allievi di un patrimonio
di conoscenze e di competenze saldo, radicato e qualitativamente sod-
disfacente.
Purtroppo, a uneccedenza di contenuti e alla scarsezza di ore asse-
gnate alla disciplina corrisponde, al termine del percorso scolastico, una
scarsa competenza geografica di base. Non agevole ripristinare con-
dizioni che rendano possibile un processo di insegnamento-apprendi-
mento efficace, tanto pi che il riordino generale dei cicli scolastici, se
da una parte ha eliminato sovrapposizioni e incongruenze prima esi-
stenti, dallaltra ha penalizzato linsegnamento della geografia, soprat-
tutto in alcuni indirizzi della scuola secondaria di secondo grado.
In ogni caso, per, una prima condizione quella di mettere in grado
gli studenti di riacquistare la conoscenza geografica di base, rapida-
mente dispersa. La pratica dellinsegnamento ha dimostrato, infatti, la
necessit di riproporre concetti, che pure dovrebbero essere ben noti
alla comune cultura degli studenti universitari, inserendo notazioni che
potrebbero apparire fin troppo scontate, se non addirittura superflue.
E proprio a simile esigenza vuole rispondere questo volumetto, che
non un manuale di geografia generale, tra laltro oggi improponibile,
ma pi semplicemente un promemoria snello, un prontuario a uso non
solo degli studenti che si riavvicinano, spesso prevenuti, allo studio della
geografia, ma anche di coloro che desiderano trovare una prima spie-
gazione sia ai tanti fenomeni derivanti dal rapporto tra uomo, societ e
natura, sia alla conformazione dei molteplici paesaggi esistenti.
La gran mole di nozioni di base richiede un criterio selettivo di ordine
funzionale e, al tempo stesso, collaudato; pertanto si scelto di proporre
la scansione della manualistica tradizionale, allo scopo di avere un
grande contenitore, pur riducendo al minimo le tematiche affrontate.
Con il superamento definitivo dello sterile insegnamento-apprendi-
mento di tipo mnemonico, alla nozione si pu oggi assegnare il valore

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di ineludibile puntello cognitivo su cui impostare qualsivoglia impalca-


tura metodologico-didattica. Ogni progetto, infatti, prevede la scan-
sione dei contenuti; questi ultimi si basano sui concetti forti di
riferimento e si scompongono in unit minime, quali sono le nozioni.
Lordine seguito e il linguaggio, volutamente piano e didascalico, in-
tendono agevolare il lettore nel costruire mappe e reti concettuali, che
consentano di ordinare in maniera logica le nozioni e di collegarle, in
modo da sistematizzare le acquisizioni e utilizzarle per affrontare ipotesi
di soluzione a problematiche ambientali e socio-economiche.

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Capitolo primo
GEOGRAFIA: UN LUNGO ITINERARIO DI RICERCA

1.1 La Germania, culla della geografia scientifica

La collettivit nelle sue relazioni con la natura costituisce loggetto


specifico e qualificante della geografia, quale scienza che studia i pro-
cessi di umanizzazione del pianeta Terra: un oggetto specifico che ha
visto una serie di interpretazioni varie, differenziatesi nel corso dei secoli
e millenni. Sebbene in questo lungo itinerario di ricerca esista una con-
tinuit, arduo il tentativo di precisarne lineamenti e contorni, prima
dellavvento della geografia scientifica del Sette-Ottocento. In prece-
denza, infatti, il sapere geografico si caratterizzava per una serie di co-
noscenze molto diversificate e scollegate tra loro, che si muovevano
dalle nozioni astronomiche alle cartografiche, dalle geodetiche alle geo-
logiche, dalle etnografiche a quelle descrittive e puramente fantastiche.
Si aggiunga linfinit di informazioni, di vario tipo e veridicit, derivanti
dai racconti di viaggio e dai resoconti di esplorazioni, che pure hanno
contribuito in larga misura alla conoscenza del mondo. Queste acqui-
sizioni, presupposto molto importante per la scienza geografica, rima-
nevano ancora in uno stato latente nelle segmentazioni della conoscenza
scientifica disciplinare.
Soltanto alla fine del Settecento, e agli inizi dellOttocento, si regi-
strato un sistematico progresso negli studi geografici. Sede del cambia-
mento e dellinnovazione stata la Germania; qui hanno operato
Immanuel Kant (1724-1804) e Johann Gottfried Herder (1744-1803),
ai quali la geografia molto deve e qui soprattutto sono nati Alexander
von Humboldt (1769-1859) e Karl Ritter (1779-1858): i pi noti geo-
grafi della prima met dellOttocento, normalmente accomunati, no-
nostante i differenti indirizzi, per il notevole contributo alla costruzione
di quei caratteri di scientificit, che hanno fatto della geografia una di-
sciplina moderna. Essenziale stato il loro apporto epistemologico ri-
guardo ai problemi legati alle relazioni tra uomo e natura, e pi di ogni

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altra cosa ai principi di interdipendenza e di comparazione, alla base


della moderna geografia.
Alexander von Humboldt stato un grande viaggiatore ed esplora-
tore, oltre che studioso appassionato di botanica e zoologia. Un lungo
viaggio in America centrale e meridionale (compiuto dal 1799 al 1804
e definito equinoziale per la posizione geografica delle regioni visitate)
lasci in lui unimpronta fondamentale. La sua formazione, in preva-
lenza fisico-naturalistica, si tradotta positivamente nellazione di svi-
luppo della geografia, per le sue impostazioni metodologiche relative
non soltanto alla localizzazione e alla distribuzione spaziale dei feno-
meni, ma anche alla loro reciprocit e causalit.
Karl Ritter stato il primo docente a ricoprire un insegnamento di
geografia comparata nellUniversit di Berlino (dal 1820 alla sua morte),
dopo aver impartito, dal 1817, Statistica militare. Allinsegnamento de-
dic quasi tutta la vita, inserendosi nella cultura del tempo come vero
e proprio maestro. Per Ritter la Terra indipendente dalluomo e il rap-
porto uomo-natura disposto in un disegno della provvidenza: un an-
tropocentrismo guidato da un ordine divino. Linflusso dellambiente
naturale rintracciato attraverso lo sviluppo nel tempo dei diversi po-
poli; lelemento storico assume, cos, grande rilievo.
Secondo Ritter la geografia quel settore della scienza che tratta del
globo in tutti i suoi aspetti, fenomeni e relazioni come ununit indi-
pendente e mostra le connessioni esistenti in questo tutto unitario. E
cos luomo, che vuole agire in maniera efficace, deve avere la coscienza
intima delle sue forze, conoscere ci che egli riceve dal di fuori, ci che
lo circonda e i rapporti che lo uniscono con ci che non se stesso: ogni
gruppo di uomini, ogni popolo, per non venire meno al suo scopo, deve
conoscere anche le sue forze interiori ed esteriori, quelle dei suoi vicini,
e il posto che egli occupa al centro dei rapporti che dal di fuori agiscono
su di lui... La Terra indipendente dalluomo; prima di lui e senza di
lui essa fu il teatro delle rivoluzioni della natura. La legge delle sue crea-
zioni non emana pertanto dalluomo. Volendo costruire la scienza della
Terra, solo la Terra che va interrogata in relazione alle sue leggi.

1.2 I paradigmi del determinismo ambientale e del possibilismo

Con la progressiva affermazione del Positivismo, il quadro di riferi-


mento costituito dalla concezione meccanicistica, vera e propria chiave

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interpretativa del mondo, distinto in quattro entit: spazio, tempo, ma-


teria, movimento. Le leggi matematiche della meccanica sarebbero in
grado di offrire la spiegazione di ciascun fenomeno che avviene nello
spazio e nel tempo. Ne consegue laccettazione del principio del deter-
minismo, che si presuppone valido per ogni sfera della realt e rimanda
perci allidea di una legge o di un sistema di leggi universali.
Un grande impulso allesaltazione della scienza venuto da Charles
Robert Darwin (1809-1882), che nel 1859, nel celebre On the origin of
species, dimostr levoluzione graduale e lautodifferenziazione delle
specie mediante il gioco congiunto delle forze ereditarie e ambientali.
Limpatto del darwinismo stato enorme su tutta la cultura del
tempo; con levoluzionismo, infatti, mutata la posizione delluomo
nella natura. La teoria ha trovato un campo fertile anche nella geografia,
che ha accolto alcuni fondamenti filosofici alla base delle interpretazioni
di Ritter e di von Humboldt nei rapporti tra uomo e natura. Ad esem-
pio, la spiegazione delle finalit dei destini dellumanit disconosciuta,
a vantaggio di unimpostazione pi scientifica, cos come proposto dal
pensiero positivista e dalle teorie evoluzioniste di Darwin.
In questo clima si affermata la personalit di un altro studioso tede-
sco, Friedrich Ratzel (1844-1904), comunemente considerato il grande
organizzatore della scienza geografica. Lincontro fecondo tra la solle-
citudine verso lo studio delle relazioni sociali e la sua formazione natu-
ralistica di matrice positivista lo ha avviato verso una concezione
unitaria della geografia, interpretata in chiave evoluzionista, secondo
gli schemi proposti dal darwinismo. Il determinismo ambientale, di cui
Ratzel spesso accusato, non di tipo meccanicistico; daltra parte bi-
sogna considerare che aspetti deterministici erano presenti da lungo
tempo anche fuori della cultura geografica.
Sono peraltro da ricondurre a Ratzel interpretazioni approfondite e
consapevoli del rapporto uomo-natura; egli ha scritto: La maggior
parte delle influenze che la natura esercita sulla vita spirituale delluomo
si manifestano attraverso il mezzo delle condizioni economiche e sociali,
le quali a loro volta sono tra loro criticamente collegate. E ancora: La
differenza fra popolo primitivo e popolo civile da ricercarsi non pi
nel grado, bens nella specie del legame che esiste fra luomo e la natura.
La civilt indipendente dalla natura non nel senso di completo affran-
camento, bens nel senso di un collegamento pi molteplice, pi vasto
e meno imperioso.

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A uninterpretazione, ispirata dal pensiero positivista prevalente nella


seconda met dellOttocento, che vedeva lambiente naturale determi-
nante rispetto a caratteri, comportamenti e azioni delluomo, si suc-
cessivamente sostituita una visione nella quale hanno assunto crescente
importanza la rivalutazione dellefficacia dellazione umana e il rifiuto
della relazione causale natura-societ. Lopera di geografi di formazione
storica, quali i francesi Paul Vidal de la Blache (1845-1918) e Jean Brun-
hes (1869-1930), ha prodotto negli studi un netto ridimensionamento
dellinfluenza ambientale sulluomo. Fu proprio un allievo di Vidal de
la Blache, Lucien Febvre (1878-1956), a chiamare possibilismo la posi-
zione di non dipendenza assoluta delle scelte delluomo nei confronti
della natura. Secondo questa chiave di lettura, i rapporti tra uomo e na-
tura, tra societ e ambiente, non si osservano come se fossero univoci,
giacch lambiente produrrebbe per luomo opportunit tra cui sce-
gliere e non necessit inderogabili.
Una gamma di possibilit di adattamento induce luomo, rispetto a
quanto la natura propone, a modificare con il proprio intervento la su-
perficie terrestre. E quanto pi egli pu avvalersi di tecnologie avanzate
e sofisticate, capaci di esaltarne la potenza, tanto pi ampie appaiono
le opportunit di scelta che gli si dischiudono: non a caso luomo uno
dei pi efficaci agenti modificatori dellambiente.
Si comprende allora perch lazione trasformatrice antropica sulla su-
perficie terrestre non possa trascurare gli aspetti di ordine etico. Que-
stultima componente, infatti, necessaria per contemperare esigenze
immediate e particolari a interessi di pi ampia portata, che abbiano
peraltro la necessaria tensione e attenzione verso il futuro.
In proposito occorre considerare preliminarmente che la storia della
natura e quella delluomo si svolgono con ritmi e tempi spesso assai di-
versi. Pur prescindendo dai tempi geologici (si pensi alla teoria della
tettonica a zolle, riguardo alla formazione delle catene montuose e ai
movimenti continentali), anche i tempi brevi della natura ad esempio
le variazioni geomorfologiche e climatiche sono calcolabili con para-
metri diversi da quelli percepibili dagli uomini.
I comportamenti umani possono, per cos dire, confliggere con i ritmi
della natura, con deviazioni, blocchi o accelerazioni rispetto ai naturali
processi, con sviluppi sconvolgenti nei confronti dellequilibrio idro-
geologico, climatico, biologico I tempi delluomo molto brevi, con
ritmi a volte pi serrati in seguito a trasformazioni repentine, sono do-

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vuti a nuovi bisogni o allaffermarsi di tecnologie innovative. Il rapporto


uomo-societ-natura non pu essere inquadrato in termini di semplice
progresso materiale e tecnologico lasciato al suo dinamismo interno,
valutato in termini quantitativi di possesso e vissuto solo come stru-
mento di benessere per la realizzazione di stabilit socio-economica e
politica. Con simili ottiche, infatti, si sacrificano la qualit dellambiente
naturale, le diversit culturali, le testimonianze del passato e lattenzione
verso il futuro.
Se vero che loggetto specifico della geografia il rapporto uomo-
societ-natura, parimenti vero che da tale oggetto costitutivo deriva
tutta una variet di oggetti, sia originati dalle forze della natura sia pro-
dotti dalle energie delluomo. Si ripresenta cos la grande pluralit e
complessit degli aspetti che scaturiscono da tali rapporti.

1.3 Nuovi indirizzi e prospettive nella ricerca geografica

La ricerca geografica si trova di fronte a quadri sociali e ambientali


parzialmente inediti, che hanno bisogno, per essere compresi, di mo-
derne chiavi interpretative, di nuove metodologie e di efficaci strumenti.
Nel panorama scientifico si assiste alla presenza simultanea di una mol-
teplicit di indirizzi, alcuni nati qualche decennio fa, ma in progressivo
cambiamento, e altri, pi recenti, in rapido sviluppo.
Ad esempio, gli impulsi provenienti dalle discipline ambientali e so-
ciali hanno esercitato una rilevante influenza sulla ricerca geografica,
che ha prodotto analisi sugli ecosistemi e sul cosiddetto cambiamento
globale, fornendo uninterpretazione complessiva dei cambiamenti fisici
e antropici del nostro pianeta. Lindirizzo ecologista della geografia si
collega alla teoria del sistema generale, che intende fornire, grazie a un
impianto coerente, visioni dinsieme relative alla reciprocit uomo-am-
biente.
Altro indirizzo di ricerca considera la geografia umana come analisi
spaziale. Questa nuova geografia ha trovato diffusione sempre pi ampia
dagli anni 60 del Novecento, grazie anche allo sviluppo di metodologie
matematico-statistiche. Il ricorso a tali procedimenti stato cos rile-
vante che si giunti a parlare di vera e propria rivoluzione: la rivoluzione
quantitativa. Lindirizzo, sviluppato soprattutto fra i geografi statuni-
tensi, inglesi, canadesi e svedesi, ha prodotto modelli per interpretare
le relazioni spaziali tra i vari fenomeni, in particolare quelli di natura

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economica e socio-economica. Volta a divenire una scienza nomotetica


(che affronta lo studio dei fenomeni in base a leggi generali che regolano
i meccanismi della natura, come pure i rapporti tra luomo e la natura
e tra luomo e la societ in cui vive), la nuova geografia rappresentava
la speranza di poter circoscrivere ogni fatto geografico entro una misu-
razione espressa in termini quantitativi.
In seguito, nella seconda met degli anni Settanta, vi stato da parte
di molti geografi un rigetto nei confronti di queste teorie, con reazioni
negative che hanno avuto diverse motivazioni:
uneccessiva subordinazione rispetto a concezioni formulate dalle
scienze economiche;
un allontanamento dal fatto reale e concreto, nella ricerca a volte
eccessiva e affrettata di nuovi modelli;
una dipendenza dalle scelte dei centri decisionali, a vantaggio e in fun-
zione di una ristretta classe di tecnocrati.
Tale indirizzo, tuttavia, pur ridimensionato rispetto alle prime ed ec-
cessive attese, ha consentito di introdurre tra i geografi le tecniche di
rilevazione e di calcolo statistico, con risultati positivi in molti settori,
tra cui la cartografia tematica computerizzata e i sistemi informativi geo-
grafici (GIS).
Ma la fine degli anni Sessanta e linizio del decennio successivo, ca-
ratterizzati da unatmosfera permeata di conflittualit, ma anche di forti
aspirazioni sociali, hanno segnato un nuovo clima che ha riscoperto e
attualizzato il pensiero marxiano, proponendo diverse riflessioni con-
cettuali con spiegazioni politico-ideologiche concordi nel rifiuto di una
geografia intenta a vedere il territorio come un semplice stato di fatto.
Nuove geografie sono pure quelle della percezione e del comporta-
mento e la geografia umanistica, con i suoi collegamenti con larte e la
letteratura.
La geografia della percezione rivolgendo linteresse sullo spazio vis-
suto (arricchito di valori psicologici) e sulle impressioni che del terri-
torio hanno i suoi fruitori ha sicuramente dilatato gli schemi
interpretativi del rapporto tra uomo, societ e ambiente. Lo spazio co-
struito dagli uomini, infatti, non deriva soltanto da esigenze economiche
o di adattamento e adeguamento allambiente naturale, ma trae origine
anche da altri itinerari, che le societ percorrono mosse da passioni,
sentimenti, impulsi, rappresentazioni.
In una geografia, che nel suo studio dello spazio implica la soggetti-

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vit, larte assume un rilievo pregnante. Il quadro percettivo di un am-


biente, filtrato dalla particolare sensibilit di uno scrittore, di un poeta,
di un pittore, pu costituire un approccio importante alla sua compren-
sione, strutturata poi attraverso letture e interpretazioni pi propria-
mente geografiche.
La matematica e la statistica da una parte (la geografia quantitativa),
la psicologia, larte e la letteratura dallaltra (la geografia della perce-
zione e umanistica) costituiscono strade di sicuro diverse, che possono,
per, essere accolte nella ricerca geografica: un ambito che propone
tanti diversi punti di vista. Ma non proprio la molteplicit di sguardi,
razionali e sensibili insieme, a costituire la ricchezza e il fascino della
geografia?

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Capitolo secondo

LE COORDINATE SPAZIO E TEMPO.


RAPPRESENTAZIONI E MISURE

2.1 Spazio e tempo

Il punto di partenza di ogni esperienza trova un suo fondamento cen-


trale nel dove e nel quando, che legano in modo indissolubile geografia
e storia: la conoscenza e i fatti del mondo. Spazio e tempo, collocati su
un diagramma cartesiano, riportano direttamente alle categorie filoso-
fiche essenziali, le quali, esprimendosi in situazioni concrete, possono
fornire chiavi interpretative utili a comprendere il mondo e insieme una
storia globale della cultura.
Trasformazioni, a volte lente e graduali a volte rapide e radicali, hanno
impresso nel corso dei millenni segni caratterizzanti e distintivi a societ
e culture. In questo procedere, scoperte scientifiche e innovazioni tec-
nologiche hanno avuto conseguenze straordinarie nel modo stesso di
sperimentare spazio e tempo.
Oggi, attraverso lesperienza di Internet, si vive nella comunicazione
globale, con laccesso rapidissimo a unenorme quantit di servizi e a
nuovi smisurati spazi dinformazione. Lopportunit di trasmissione di
notizie in tempo reale e in qualsiasi parte del pianeta ha riscontri pratici
immediati nel modo stesso di agire lo spazio. Ma vi pure la possibilit
di soddisfare, rimanendo in ufficio o a casa, fabbisogni materiali che
prima richiedevano spostamenti, anche lunghi, con i relativi tempi di
percorrenza.
Si assiste a una nuova rivoluzione spazio-tempo esito dellodierna
globalizzazione in aggiunta alle tante altre precedenti, che hanno scan-
dito il percorso dellumanit. Se vero che la geografia legata allo spa-
zio, fin nella sua stessa etimologia [geo-grafia = disegno della Terra],
anche vero che lo spazio non statico, ma collocato in una dimensione
temporale: il territorio come organizzazione dinamica dello spazio. La
geografia non pu prescindere dal tempo e, infatti, da questa dimen-

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sione trae molte delle sue possibilit e capacit di leggere e interpretare


i fatti che nel territorio hanno lasciato testimonianza: il passato analiz-
zato per comprendere meglio il presente.
Una visione attraverso il tempo (diacronica) dello spazio consente una
migliore interpretazione delle realt territoriali, soggette a una velocit
nelle trasformazioni sempre pi accentuata. La dinamicit, insomma,
deve essere pienamente compiuta in una visione prospettica in grado
di cogliere levoluzione territoriale, i cambiamenti possibili e gli esiti fu-
turi dei comportamenti in atto.
La geografia, quindi, non pu fare a meno dellattenzione al futuro,
che rappresenta il programma da compiersi ed una proiezione neces-
saria, giacch il tempo va declinato in tutte le dimensioni (passato, pre-
sente e futuro). Se il presente pu costituire il punto di partenza
dellanalisi spaziale, i momenti temporali vanno integrati per consentire
un esame completo ed efficace. Il presente, infatti, allaccia nel flusso
temporale incessante passato e futuro. Il futuro, a breve, a medio e a
lungo termine, va analizzato innanzi tutto sotto il profilo delle respon-
sabilit che comporta: ad esempio in merito alle conseguenze nel futuro
delle scelte effettuate nel presente. E cos lambiente plasmato nel pas-
sato, attuale scenario nel quale tutti agiamo, costituisce simultaneamente
materia essenziale per lesame del futuro.

2.2 Orientamento

Nella realt spaziale una delle prime esigenze delluomo stata quella
del dove, per conoscere la propria posizione nello spazio, per dare una
giusta direzione al suo agire e per cercare una pista da seguire secondo
riferimenti fissi (i punti cardinali), partendo dagli elementi primordiali
pi stabili: la Terra e il Sole.
Il quadrante dove la nostra stella nasce loriente (dal latino oriri, sor-
gere del Sole) stato il primo di quei riferimenti; non a caso Greci e
Romani orientavano i loro monumenti ponendo la facciata verso il Sole
nascente. In realt il Sole sembra sorgere e tramontare precisamente a
Est e a Ovest soltanto nei due giorni degli equinozi e raggiungere la sua
massima altezza nel cielo (culminazione), tutti i giorni dellanno, a mez-
zogiorno, a Sud. La linea virtuale, che unisce il sorgere e il tramontare
(Est e Ovest), intercetta perpendicolarmente il mezzogiorno e la mez-
zanotte (il Sud e il Nord), definendo lo spazio nella cornice del tempo.

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Dalla divisione del piano terrestre in quattro parti si rese necessario,


poi, individuare ulteriori suddivisioni, prima in otto, quindi in sedici
parti. Dalluso di definire i punti cardinali (e quelli intermedi) con le
denominazioni dei venti, la figura cos ottenuta prese il nome di rosa
dei venti.

Rosa dei venti e direzione dei venti


Tramontana o Borea Nord 0 - 360
Greco o Grecale Nordest 45
Levante o Euro Est 90
Scirocco Sudest 135
Austro o Mezzogiorno Sud 180
Libeccio o Garbino Sudovest 225
Ponente o Espero Ovest 270
Maestrale Nordovest 315

Alla rosa dei venti, nel XIII secolo, fu applicato un ago calamitato
libero di ruotare in un piano orizzontale che, indicando il Nord ma-
gnetico (assai prossimo al geografico), consentiva una immediata indi-
viduazione della direzione: la bussola.
Di notte, senza il Sole, le stelle sono preziose per lorientamento. Os-
servandole a lungo sembrano girare al di sopra delle nostre teste (in re-
alt limpressione dovuta al movimento di rotazione della Terra). Una
sola stella, quella Polare, sembra immobile. Paragonando il cielo stellato
a un immenso ombrello sul quale sono dipinte le stelle, la Polare si
trova, sempre immobile, nel punto in cui lasta dellombrello attraversa
la tela e, sebbene non si collochi perfettamente nel punto corrispon-
dente al polo nord celeste, indica, con uno scarto minimo, un riferi-
mento sicuro.

2.3 La forma e le dimensioni della Terra

La forma della Terra stata oggetto di grande attenzione gi nel


mondo antico, coinvolgendo anche la mitologia (i miti cosmogonici).
Da parte loro, i filosofi greci raggiunsero risultati che, per la loro ap-
prossimazione alla realt, si possono considerare straordinari. Oggi le
moderne tecniche di misurazione e calcolo, in aggiunta alle immagini
ricevute dallo spazio, mostrano quale sia la configurazione del pianeta.

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Il solido geometrico regolare che pi si avvicina alla forma della Terra


una sfera con un leggero schiacciamento ai due poli lellissoide di
rotazione, ottenuto dalla rotazione di una semiellisse intorno al suo asse
minore.
In realt la questione pi complicata, poich la Terra un solido
unico, uguale solo a se stesso, al quale si d il nome di geide. Questo si
pu definire come una superficie perpendicolare in ogni suo punto alla
direzione della forza di gravit e corrispondente fisicamente con il livello
marino medio (come se questo si estendesse in continuit, anche in cor-
rispondenza delle terre emerse).

La Terra presenta un leggero schiacciamento ai poli.

La continua ricerca nella determinazione della posizione trova una


pi ampia soluzione nelle coordinate geografiche individuate dai meri-
diani e dai paralleli. Il movimento di rotazione dellellissoide si compie
intorno al suo asse minore, le cui estremit sulla superficie terrestre in-
dividuano due punti: il Polo nord e il Polo sud.
Il piano perpendicolare allasse minore (quindi Polo nord-Polo sud)
ed equidistante dai poli sincontra con la superficie terrestre lungo una
circonferenza massima: lEquatore, che divide in modo uguale lemi-
sfero nord e sud del pianeta.
I circoli massimi che, tutti uguali tra loro, sulla superficie terrestre
congiungono i due poli sono denominati meridiani. Di solito con la de-
finizione di meridiani geografici sintendono le semicirconferenze che
sono comprese tra i due poli.

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Le circonferenze che tagliano perpendicolarmente i meridiani sono i


paralleli, cos denominati perch paralleli allEquatore. Essi sono sim-
metrici rispetto allEquatore, cio uguali due a due, uno nellemisfero
settentrionale e laltro in quello meridionale.
Meridiani e paralleli, infiniti e idealmente tracciati ad avvolgere tutta
la superficie della Terra, formano il reticolato geografico, una griglia di
riferimento a maglie di trapezi sferici.
Il reticolato geografico consente di localizzare qualsiasi localit della
superficie terrestre, poich ogni punto del pianeta attraversato da un
solo meridiano e da un solo parallelo. La misurazione delle coordinate
geografiche ha reso indispensabile lindividuazione di un meridiano e
di un parallelo di partenza da cui originare i calcoli e stabilire latitu-
dine e longitudine. Se per il parallelo la scelta caduta naturalmente su
quello massimo, lEquatore, per il meridiano di riferimento, per con-
venzione internazionale, si stabilito di adottare quello passante per
Greenwich, presso Londra.
Pertanto, misurando la distanza angolare di un punto dallEquatore
si ottiene la latitudine, nord o sud a seconda che esso sia situato a nord
o a sud del parallelo zero e, analogamente, misurando la distanza ango-
lare di un punto dal meridiano di Greenwich si ottiene la longitudine,
est o ovest, a seconda che esso ricada a est o ovest del meridiano zero.
Latitudine

La latitudine la distanza angolare di un punto (a) dallequatore (a), considerato il


parallelo zero o di riferimento. La latitudine misurata in gradi (a ).

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Le distanze angolari, di latitudine (da 0 a 90 gradi nord o sud dallEqua-


tore) e longitudine (da 0 a 180 gradi est o ovest del meridiano zero),
vengono misurate in gradi, primi e secondi generalmente sessagesimali.
La conformazione plano-altimetrica della superficie terrestre, con i
suoi rilievi e depressioni, rende necessaria la misurazione dellaltitudine
(o quota) rispetto al riferimento dato dal livello medio del mare, otte-
nibile tramite laltimetro o le triangolazioni trigonometriche, cui va ag-
giunto lo scandaglio utilizzato per le depressioni marine o lacustri. Da
alcuni anni si sta diffondendo un sofisticato strumento, il Global Posi-
tioning System (GPS), che si avvale di una flotta di satelliti in grado di
leggere in continuazione tutta la superficie terrestre, restituendo una
capacit di localizzazione e di navigazione di grande precisione.

2.4 La carta geografica

Il primo e grande problema cartografico deriva dalla forma della


Terra, che, simile a una sfera, non riproducibile in piano, senza alterare
le sue caratteristiche. La carta geografica, che costituisce il disegno in
piano di parte (pi o meno ampia) o di tutta la superficie terrestre, di
conseguenza approssimata per definizione. Ma, oltre a essere approssi-
mata, essa una rappresentazione ridotta e simbolica.
La migliore rappresentazione della Terra riporta direttamente al
globo, quale fedele restituzione di dimensioni, forme e posizioni. Per
la realizzazione di carte geografiche e per eseguire i relativi calcoli, la
Terra pu essere considerata una sfera o, per una maggiore precisione,
un ellissoide di rotazione.
Attraverso le proiezioni, che sono sistemi per tracciare in piano il re-
ticolato geografico della sfera, si cerca di riprodurre in piano, con il mi-
nimo di errore possibile a seconda delle finalit della carta, la curvatura
della superficie terrestre.
Le proiezioni cartografiche intervengono su tre propriet:
equidistanza: corrispondenza tra le lunghezze grafiche della carta e
quelle reali;
equivalenza: corrispondenza tra le aree grafiche della carta e quelle
reali;
isogonia: corrispondenza dei valori angolari.
Le tre propriet non sono mai presenti nello stesso tempo in una carta
geografica, che altrimenti sarebbe perfettamente fedele, a meno che la

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De Vecchis.01_Layout 1 28/02/12 16.59 Pagina 23

superficie disegnata non sia cos piccola da rendere assolutamente tra-


scurabile la curvatura terrestre. Quindi, secondo la proiezione scelta
(equidistante, equivalente, isogona o conforme), si pu preferire una
delle tre propriet e, conoscendone i limiti di errore, leggere e interpre-
tare in maniera sufficientemente corretta la carta geografica.
La carta geografica ridotta, giacch trasferisce sulla carta la superficie
reale di parte o di tutto il pianeta. Questo passaggio avviene mediante
la scala, che esprime il rapporto tra le distanze sulla carta e le rispettive
distanze nella realt. La scala di 1:1.000.000, ad esempio, indica che un
centimetro sulla carta corrisponde a un milione di centimetri (10 km)
sul terreno. Quanto pi il denominatore grande, tanto pi la superficie
reale ridotta; cos 1:10.000.000 significa che un centimetro sulla carta
corrisponde a dieci milioni di centimetri (100 km), per cui la rappre-
sentazione in scala di 1:1.000.000 pi grande di 1:10.000.000.

TIPOLOGIA DELLE CARTE E RELATIVE SCALE


Tipo di carta Scala numerica Tipologia scala Esempio
Pianta/mappa >1:10.000 Grandissima Citt/terreni
Topografica tra 1:10.000/1:150.000 Grande Regioni
Corografica tra 1:150.000 e 1:1.000.000 Media Stati
Generale tra 1:1.000.000 e 1:5.000.000 Piccola Continenti
Mappamondo
o planisfero >1:5.000.000 Piccolissima Mondo

La carta geografica, infine, simbolica perch ricorre a segni conven-


zionali per evidenziare i vari elementi fisici e antropici degli spazi terre-
stri, consentendone letture e interpretazioni.
Tuttavia esprimere, con simboli chiari e ben differenziati fra loro, una
variet enorme di argomenti impone luso di particolari accorgimenti
tecnici, che da un lato moltiplichino i simboli a disposizione e dallaltro
li rendano facilmente leggibili, a vantaggio della chiarezza, prerogativa
essenziale di qualsiasi tipo di carta geografica.
La variet dei simboli si articola su cinque possibilit combinabili tra
loro: la forma, la dimensione, lorientazione, lintensit, il colore.
I colori si usano per affinit (diverse gradazioni e intensit dello stesso
colore) o per diversit, facendo attenzione a non inserirne un numero
eccessivo, che impedirebbe una rapida e chiara lettura della carta.

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2.5 Le carte tematiche e lAtlante

Una classificazione delle carte in base ai loro contenuti prevede carte


generali, carte speciali e carte tematiche. Le prime riportano i caratteri
fisici, politici o entrambi gli aspetti. Le carte speciali trovano varie de-
stinazioni: in idrografia, per la navigazione (carte nautiche e aeronauti-
che), per il turismo ecc.
Le carte tematiche, cos chiamate perch dedicate a un fenomeno o a
un tema specifico messo in particolare evidenza, presentano una diffu-
sione enorme in pubblicazioni scientifiche, testi scolastici, riviste, gior-
nali e televisione. Grandissima risulta, quindi, la loro variet, perch
enorme la quantit dei fenomeni rappresentabili cartograficamente.
La carta tematica spesso ad alta complessit, sia per il grande numero
di informazioni che intende offrire sia per le possibilit tecnico-espres-
sive di cui portatrice.
La multispecificit delle carte tematiche ne valorizza lutilizzo per un
vasto numero di discipline, tra le quali, geologia, litologia, geomorfolo-
gia, pedologia, demografia, climatologia, meteorologia, economia e in
definitiva svariatissimi fenomeni localizzati in uno spazio determinato.
Le carte tematiche si possono classificare sia per vari tipi di fenomeni
considerati (carte geologiche, climatiche, demografiche, economiche)
sia per la metodologia di trattazione:

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De Vecchis.01_Layout 1 28/02/12 16.59 Pagina 25

carte qualitative: il tema viene affrontato nella sua globalit e nella sua
distribuzione spaziale (le specie della vegetazione o delle colture, le lin-
gue o le religioni);
carte quantitative: vengono evidenziati gli elementi di misura (la quan-
tit di precipitazioni, la densit della popolazione, la quantit di pro-
duzione del grano);
carte analitiche: lattenzione rivolta a un singolo tema o a un gruppo
di temi affini;
carte complesse: riuniscono pi temi, anche in collegamento fra loro.
LAtlante una raccolta sistematica e organica di carte geografiche,
normalmente a scala piccola o media, utilizzate per lo studio e la con-
sultazione.
La prima raccolta di questo tipo, riprodotta pi volte dal 1477, risale
al grande astronomo e geografo Claudio Tolomeo (90-168 d.C.), mentre
nel 1595, nellopera cartografica realizzata da Gerardo Mercatore, ap-
pare per la prima volta il termine Atlante, riferito al personaggio mito-
logico, al quale secondo la leggenda era stato imposto il faticoso
compito di sorreggere il Cielo. Secondo unaltra versione il nome deri-
verebbe dal re mauritano Atlante, astronomo e cartografo.
Tanti sono i tipi e i formati degli Atlanti:
Atlante scolastico, adatto soprattutto per la consultazione;
Atlante nazionale, dettagliato e particolareggiato di uno Stato (lItalia
si dotata di un Atlante nazionale, affidato al Consiglio Nazionale delle
Ricerche e al Touring Club Italiano soltanto nel 1992);
Atlante internazionale, comprendente carte della Terra e delle sue re-
gioni;
Atlante tematico, attento a un tema specifico (agricoltura, industria,
commercio).
Tutti gli Atlanti seguono criteri piuttosto uniformi e un determinato
ordine, che aiuta nella lettura e nella ricerca. Allinizio (in qualche caso
alla fine) si collocano le carte geografiche della Terra in generale, se-
guono le carte riguardanti il Paese e il Continente di edizione del-
lAtlante, infine quelle degli altri Paesi e Continenti.
Un Indice dei luoghi (o Indice toponomastico) elenca, in ordine alfa-
betico, tutti i nomi geografici riportati sulle carte. Generalmente la
prima cifra specifica la tavola (o la pagina) nella quale si trova il topo-
nimo da ricercare; seguono un numero e una lettera che individuano il
riquadro entro il quale si rinviene il toponimo considerato. Lindice ha

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lo scopo di facilitare la ricerca dei luoghi geografici, attraverso un si-


stema interno di coordinate.

2.6 La Terra vista dallalto

Le carte geografiche tradizionali, avendo tempi di realizzazione e costi


elevati, hanno lunghi tempi di aggiornamento. Negli ultimi decenni una
straordinaria evoluzione nel settore del rilevamento del territorio stata
possibile grazie al contributo dellinformatica e dei satelliti.
Con remote sensing (rilevamento a distanza o telerilevamento) sin-
tende quel complesso di tecniche e modalit grazie alle quali possibile
acquisire, registrare, elaborare e interpretare informazioni riguardanti
le propriet spaziali di una superficie distante dallo strumento di rile-
vamento. Tra le pi comuni e utilizzate tecniche di telerilevamento si
possono ricordare la fotografia aerea, le immagini da satelliti artificiali
dotati di attrezzature capaci di captare e memorizzare impulsi magnetici
e il termorilevamento.
Il telerilevamento, fornendo immagini dallalto, consente una visione
sinottica e ripetitiva della superficie terrestre; risulta cos strumento es-
senziale, e ormai indispensabile, per una gestione razionale (e quanto
pi possibile corretta) delle risorse del pianeta, facilitando anche la mi-
surazione e la rappresentazione cartografica di territori altrimenti inac-
cessibili.
Le prime immagini della Terra dallo spazio risalgono alla fine degli
anni 50 con i satelliti meteorologici e con i programmi spaziali ameri-
cani Mercury (1961-1963) e Gemini (1965-1966). Con il lancio (maggio
1973) del laboratorio spaziale americano Skylab si aperta una nuova
fase, alla quale ha fatto seguito, nel 1991, lo European Remote Sensing
Satellite (Ers-1), il primo satellite sviluppato dallAgenzia Spaziale Eu-
ropea (Esa), che ha raccolto miriadi di informazioni analizzando terreni,
acqua, ghiaccio, atmosfera e mappando la topografia dei mari e delle
terre emerse con una cospicua variet di strumenti di misura.
I dati vengono corretti e resi disponibili per lanalisi, sia sotto forma
di fotografia sia di numeri su nastri magnetici leggibili dai calcolatori
elettronici. Interessanti, ad esempio, sono le immagini a falsi colori, che
traducono i contrasti al suolo con colori diversi da quelli reali, ma molto
significativi e caratteristici. Con queste modalit le aree urbanizzate pos-
sono apparire grigio-azzurre, mentre la vegetazione densamente svilup-

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pata appare di color rosso cupo.


Il confronto diretto tra carta geografica e foto aerea presenta alcune
somiglianze e molte differenze; le prime sono riconducibili soprattutto
alla prospettiva, alla posizione, allorientamento e alla scala, mentre le
seconde riguardano la selettivit della carta geografica, poich la foto-
grafia non discrimina gli oggetti. Infatti, la carta seleziona gli oggetti da
rappresentare secondo i criteri e i temi da sottoporre allattenzione del
lettore, mentre la foto registra tutto ci che appare in quel luogo e in
quel momento. Nondimeno solo apparentemente la fotografia aerea
pi completa e ricca di informazioni, poich la carta geografica, facendo
uso dei simboli (altra importante differenza) in grado di offrire un nu-
mero enorme di indicazioni relative sia al paesaggio fisico sia a quello
culturale. Si aggiungano, inoltre, le possibilit di comunicazione date
dalla toponomastica al documento cartografico.
Lutilit delle immagini dallo spazio molto evidente riguardo agli
aspetti geomorfologici di regioni remote e ambientalmente difficili e ai
confronti in chiave temporale, come i cambiamenti stagionali (vegeta-
zione spontanea, colture, innevamento) o le trasformazioni operate
dalluomo nel paesaggio.
IL TELERILEVAMENTO E LE SUE APPLICAZIONI
Disciplina Esempi
Meteorologia rilevamento della temperatura dellatmosfera e
della superficie terrestre
Geologia produzione di carte minerarie; monitoraggio
delle eruzioni vulcaniche
Idrologia valutazione e utilizzazione delle risorse idriche,
mediante la conoscenza dello stato delle acque
superficiali
Oceanografia studio delle correnti marine; monitoraggio dei
movimenti degli iceberg
Biologia vegetale valutazione degli effetti degli incendi; diagnosi
e agraria dello stato di salute di boschi e foreste;
rilevamento delle riserve agricole nei Paesi in via
di sviluppo
Geografia urbana controllo dellinquinamento atmosferico nelle
citt; valutazione degli effetti dellespansione
delle aree urbane
Archeologia ricerca e individuazione di resti archeologici

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2.7 Le misurazioni del tempo: i fusi orari

Il mezzogiorno di una localit individuato dalla culminazione della


traiettoria del Sole, nel momento in cui, nellarco delle 24 ore, raggiunge
la massima altezza sullorizzonte. Tutti i luoghi posti sullo stesso meri-
diano (dal latino meridies = mezzogiorno) hanno contemporaneamente
il loro mezzogiorno. Se si dovesse tener conto dellora solare di ogni lo-
calit, ogni luogo avrebbe unora propria: infatti, a infiniti meridiani
corrispondono infiniti mezzogiorni. Questo problema, nel passato di
scarso interesse, divenuto di grande importanza con lavvento del te-
legrafo (inizio XIX secolo) e con lo sviluppo dei mezzi di trasporto sem-
pre pi rapidi.
La circonferenza terrestre considerabile come un angolo giro da di-
videre per le ore del giorno; si ottiene che ogni ora corrisponde a uno
spicchio della superficie terrestre di 15 gradi (360:24). La suddivisione
in 24 zone, ognuna delle quali definita fuso orario ed estesa per 7 e 30
a est e 7e 30 a ovest del meridiano al centro dello spicchio, fu stabilita
nel 1884 a Washington nella Conferenza Internazionale dei Meridiani,
da cui deriva il sistema di misurazione della longitudine a partire dal
meridiano fondamentale passante per Greenwich.
Pertanto il fuso di 15 gradi, centrato sul meridiano 0, si estende da
7 30 Ovest a 7 30 Est; il meridiano di 15 Est si estende da 7 30
Est a 22 30 Est (7 30 + 15) e cos di seguito. Questultimo fuso ora-
rio, immediatamente a est di Greenwich, quello dellItalia ed avanti
di unora [+1], per cui segna mezzogiorno quando a Greenwich sono
le undici (quindi al mezzogiorno di Greenwich corrispondono le ore
13 in Italia). In altri termini lora si sposta in avanti [+1 ora] per i fusi a
est di Greenwich e indietro [-1 ora] per quelli a ovest. Tuttavia i limiti
dei fusi non seguono quasi mai esattamente i meridiani, quanto piutto-
sto i confini politici o amministrativi, per consentire agli Stati lottimiz-
zazione degli orari nel territorio nazionale. Ci non possibile per gli
Stati molto estesi in longitudine (in senso est-ovest), come, ad esempio,
il Canada esteso su sei fusi orari.
LIndia, a cavallo di due fusi (+ 5 e + 6), ha adottato un unico orario
su tutto il territorio, corrispondente al meridiano standard che divide i
due fusi, con la conseguenza di avere differenze di mezzora rispetto
allorario dei due fusi contigui; cos a Nuova Delhi lora + 5,30 minuti
rispetto a Greenwich. La Cina, pur con una notevole estensione est-

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ovest (oltre 60 di longitudine, da 73 a 135), adotta dal 1949 un unico


fuso orario (+ 8 ore rispetto a Greenwich), risultato di una scelta poli-
tica: quando a Pechino (+ 7 rispetto a Greenwich) mezzogiorno, a
Kashgar (nello Xinjiang, allestremo occidente del Paese) sarebbero in
realt le 9. In Cina, quando si chiede uninformazione condizionata
dallora, occorre accertarsi se linterlocutore si riferisca allora reale lo-
cale o a quella di Pechino.
Il meridiano di 180, che attraversa lOceano Pacifico, segna il pas-
saggio al giorno successivo; questo meridiano definito linea interna-
zionale del cambiamento di data. E cos, un aereo in volo dallAsia verso
lAmerica, quando taglia il meridiano 180 rimane alla stessa ora, ma
del giorno precedente (passa, ad esempio, dalle ore 17 di un luned alle
ore 17 della domenica); volando, invece, dallAmerica verso lAsia,
quando supera il meridiano 180 si ritrova alla stessa ora, ma del giorno
seguente.

2.8 Le misurazioni del tempo: il calendario

La suddivisione del globo in fusi orari rende possibile la misurazione


del tempo, legata sin dallantichit, agli astri. Il giorno, il mese e lanno,
infatti, fanno riferimento ai movimenti di rotazione e di rivoluzione della
Terra, anche se, pur riflettendo la realt astronomica, costituiscono sem-
pre il risultato di un compromesso con i bisogni della vita civile. Basti
pensare che lanno solare, cio lintervallo di tempo fra due passaggi
successivi del Sole nello stesso punto, ha una durata di 365d 5h 48m 46s,
che non equivale a un numero intero di giorni, al quale, invece, si ricorre
nella vita quotidiana.
Tra le molteplici forme convenzionali che luomo sviluppa con la na-
tura nel tentativo di raccordarsi con essa, il calendario forse la pi sen-
sibile e significativa. Con questo mezzo luomo ha da sempre cercato
di adeguarsi alle periodicit della natura, con unorganizzazione spazio-
temporale di misura e di scansione del tempo.
Ogni calendario in qualche modo stato il prodotto di norme circon-
date da disposizioni sacrali, essenziali per assumere validit generale,
cos che le divisioni in giorni, settimane, mesi e anni corrispondono al
ritorno periodico di riti, feste e funzioni pubbliche e, nel suo insieme,
il calendario simboleggia il ritmo delle attivit collettive.
Il calendario giuliano la continuazione del calendario romano rifor-

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mato da Giulio Cesare: lanno, suddiviso in 12 mesi, di 365 giorni per


tre anni consecutivi e di 366 il quarto anno (anno bisestile), per com-
pensare la differenza delle ore in meno rispetto allanno solare. Tuttavia,
per la discordanza di 11m14s, che con il trascorrere dei secoli divenne
significativa, a met del Cinquecento lequinozio di primavera veniva a
cadere l11 marzo, anzich il 21 marzo. E cos il 24 febbraio 1582, Papa
Gregorio XIII adotter il calendario (elaborato dal medico catanzarese
Luigi Lilio) che porta il suo nome, sopprimendo 10 giorni successivi al
4 ottobre, a cui segu direttamente il 15 ottobre.
Con il calendario gregoriano si stabil inoltre, allo scopo di evitare nel
futuro lo stesso inconveniente, di non considerare bisestili tutti gli anni
secolari (come avveniva nel calendario giuliano), ma soltanto quelli in
cui il gruppo di cifre precedenti i due zeri fossero divisibili per 4 (il 1900
non stato bisestile, il 2000 s).
Il calendario musulmano si basa su un anno lunare di 354 o 355 giorni,
suddiviso in 12 mesi di 29 e 30 giorni. Il suo inizio, perci, anticipato
di 10 o 11 giorni ogni anno solare. Il primo degli anni lunari corrisponde
al 622, data dellEgira (la fuga di Maometto dalla Mecca a Medina, presa
come inizio dellera musulmana).
Per il calendario iraniano lanno solare, di 12 mesi, inizia allequinozio
di primavera. Anchesso, introdotto nel 1925, basato sullEgira.
Il calendario ebraico prevede lanno lunisolare: comune (12 mesi lunari
per un totale di 353, 354 o 355 giorni) o embolismico (13 mesi lunari
per un totale di 383, 384 o 385 giorni). Lintercalazione di 12 anni co-
muni con 7 embolismici costituisce un ciclo di 19 anni (ciclo di Me-
tone).
Il calendario copto ha un anno composto di 12 mesi di 30 giorni cia-
scuno, oltre a 5 giorni (epagomeni) supplementari, che divengono 6
negli anni bisestili. Gli anni vengono contati a partire dal 284 (anno
della proclamazione di Diocleziano come imperatore).

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Capitolo terzo

LA CROSTA TERRESTRE E LE FORZE ENDOGENE

3.1 Le scienze della Terra

Allinizio degli anni Cinquanta negli Stati Uniti dAmerica si assistito


a un risveglio delle ricerche scientifiche sul pianeta Terra che, ben presto
propagato in Europa, ha dato vita a un insieme di discipline diverse de-
nominate scienze della Terra (Earth Sciences), a ribadire la unitariet
del loro obiettivo: geologia, geomorfologia, pedologia, idrografia, ocea-
nografia, climatologia, meteorologia ecc.
Il pianeta considerato un oggetto fisico; operando su tale prospet-
tiva, sono stati registrati decisi progressi, sia per la rigorosa specializza-
zione sia per la maggiore propriet del linguaggio tecnico sia, infine,
per la metodologia specifica delle scienze esatte. Per lo studio delle ca-
ratteristiche e delle particolarit della Terra, queste scienze utilizzano
tecniche e strumenti altamente sofisticati, ricorrendo per lelaborazione
dei dati, a calcolatori sempre pi potenti.
Le scienze della Terra, offrendo un grande contributo allo studio delle
relazioni uomo-Terra, hanno contatti scientifici molto stretti con la geo-
grafia fisica, che individua nelluomo un punto di riferimento essenziale,
attivo e unificante, con un ruolo decisivo e determinato nelloperare
sugli stessi ecosistemi naturali, spesso sconvolti dalla sua azione.
La geografia fisica, oltre che con la geologia, presenta importanti con-
tiguit con la climatologia e la geomorfologia, come si potr vedere nei
capitoli successivi.

3.2 Le vicende geologiche e le rocce

La geologia ha il compito di ricostruire la storia della Terra e delle


rocce che la costituiscono. La Terra si formata oltre quattro miliardi
e mezzo di anni fa: un tempo estremamente lungo, soprattutto se rap-
portato alla comparsa delluomo (Homo sapiens sapiens: 180.000 anni

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fa), suddiviso in quattro lunghi periodi, detti eni:


Fanerozoico (iniziato 570 milioni di anni fa)
Proterozoico (tra 570 e 2500 milioni di anni fa
Archeozoico (tra 2500 e 4000 milioni di anni fa)
Adeano o Azoico (prima di 4000 milioni di anni fa).
I tre eni pi antichi vengono riuniti nel Precambriano, il lunghissimo
arco temporale (l85% di tutta la storia del pianeta) che precede il Cam-
briano, con il quale iniziato lene fanerozoico (o della manifestazione
della vita). Questultimo, il pi breve dei quattro, suddiviso in quattro
ere geologiche:
Paleozoica (570-245 milioni di anni fa);
Mesozoica (245-65milioni di anni fa);
Cenozoica (65-1,8 milioni di anni fa);
Neozoica (da 1,8 milioni di anni fa a oggi).

La conoscenza della storia della Terra molto importante per il rap-


porto stretto tra la formazione e la struttura delle rocce da una parte, e
le risorse minerarie del sottosuolo dallaltra. I terreni geologicamente
pi antichi possono contenere minerali di ferro, manganese, nichelio,
metalli preziosi, rame, mentre le rocce paleozoiche sono ricche di car-
bone, oltre che di rame e di mercurio, diversamente dalle rocce pi gio-
vani, povere di minerali.
La storia geologica dItalia risale a circa 250 milioni di anni fa; questo
il motivo principale della scarsit di giacimenti minerari esistenti nel
nostro Paese. Le due aree pi importanti sono: la Toscana con le Colline
Metallifere e i giacimenti dellisola dElba (le cui miniere di ferro ven-
gono sfruttate fin dallantichit) e la Sardegna occidentale (Iglesiente).
Nel settore petrolifero rivestono un qualche rilievo i giacimenti Eni
della Val dAgri, pari a 80.933 barili al giorno che entro cinque anni do-
vrebbero aumentare a quota 125.000 e contribuire al 10% del fabbiso-
gno nazionale, seguiti dai pozzi della provincia di Caltanissetta e di
Ragusa. Per quanto riguarda la produzione di gas naturale (metano), i
giacimenti della Pianura Padana hanno perso dimportanza, mentre un
peso maggiore stato acquistato da quelli presenti nellItalia meridio-
nale.
Nella costituzione delle rocce della crosta terrestre si distinguono tre
processi in successione temporale, che costituiscono un unico ciclo li-
togenetico: magmatico, sedimentario, metamorfico.

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Le rocce magmatiche (o ignee) si formano in seguito al raffreddamento


e al consolidamento del magma: materiale incandescente fuso, origina-
tosi entro la crosta terrestre. Possono essere di due tipi: intrusive (o plu-
toniche) ed effusive.
Nel primo caso il raffreddamento avviene in profondit con estrema
lentezza, tanto che queste rocce sono costituite interamente da cristalli
(olocristalline), che hanno avuto tutto il tempo necessario per consoli-
darsi. Il granito una tipica roccia intrusiva.
Nel secondo caso il raffreddamento che avviene in superficie come
nelle colate laviche relativamente brusco, passando da una tempe-
ratura di circa 1000C a quella dellambiente esterno. Il tempo tra-
scorso, quindi, non sufficiente per un completo processo di
cristallizzazione della roccia; di conseguenza si possono formare sia cri-
stalli immersi in una pasta di fondo sia strutture di tipo vetroso. Il ba-
salto una tipica roccia effusiva.
Le rocce sedimentarie sono prodotte dallaccumulo e dal deposito (se-
dimentazione) di detriti e frammenti deposti nel corso del tempo sia in
ambiente continentale sia in ambiente marino; derivano per via mec-
canica o chimica dalla disgregazione di rocce preesistenti. General-
mente sono divise in strati di diverso spessore, per cui vengono
denominate anche rocce stratificate. Le rocce sedimentarie sono molto
diverse ed eterogenee e, pur se molto diffuse in superficie, non avendo
spessore consistente, costituiscono appena il 5% della crosta terrestre.
Le rocce metamorfiche derivano da quelle eruttive o sedimentarie, in
seguito a profonde alterazioni e trasformazioni per aumenti enormi di
temperatura e di pressione. Il metamorfismo avviene quando le rocce,
per grandi fenomeni tettonici, sono portate a notevoli profondit allin-
terno della crosta terrestre, anche a decine di chilometri. Due sono i
tipi fondamentali di metamorfismo: a) di contatto; b) regionale. Il primo
interessa le aree a contatto con materiale magmatico; il secondo grandi
aree in profondit.

3.3 La struttura interna della Terra e la teoria della tettonica a zolle

Allinizio del Novecento Alfred Wegener concep una teoria relativa


alle dinamiche della Terra, secondo cui circa 200 milioni di anni fa, da
un unico grande continente, la Panga (tutta terra), circondato da un
unico oceano, la Pantalassa (tutto mare), avrebbe avuto inizio il frazio-

33
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namento delle masse terrestri fino alla loro dislocazione attuale (deriva
dei continenti). La teoria che si basava su alcune intuizioni brillanti e
su ragionamenti di tipo paleontologico, geologico, climatico era av-
valorata dallincastro pressoch perfetto delle linee di costa dellAmerica
meridionale e dellAfrica. La tesi di Wegener, per, era troppo innova-
tiva per i tempi e in contrasto con lidea allora predominante della sta-
ticit dei continenti; inoltre, non riuscendo a fornire spiegazioni
convincenti alle cause del movimento, fu ben presto abbandonata.
Verso la fine degli anni Sessanta, tecniche e tecnologie davanguardia,
elaborate da studiosi di scienze della Terra, hanno consentito di com-
prendere meglio le cause profonde della deriva dei continenti, in grado
di spiegare anche la concentrazione dei terremoti, dei vulcani e la for-
mazione delle catene montuose. Per questa molteplicit di interpreta-
zioni, la teoria pure detta tettonica globale.
Continenti e fondi oceanici sono in continuo, anche se non uniforme,
movimento e hanno modificato, nel corso di milioni di anni, pi volte
forma e posizione.
Un breve cenno alla struttura interna delle Terra agevola la compren-
sione di questi fenomeni.

Involucri concentrici della struttura interna della Terra.

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La Terra ha una struttura a strati (come una cipolla); a un primo nu-


cleo interno solido ne segue uno esterno fluido, per un totale di 3480
km; linvolucro successivo, il mantello, anchesso solido, misura uno
spessore di 2890 km. Completa la struttura una sottile pellicola esterna,
definita crosta terrestre, che varia da 5 a 70 km e ricopre interamente il
pianeta.
La crosta terrestre poggia sulla porzione superficiale del mantello, de-
nominata astenosfera (dal greco asthenos = debole). Questultima ha
una consistenza viscosa, la cui plasticit consente i movimenti di una
ventina di zolle o placche, le quali, galleggiando sopra la parte viscosa
(magma), si toccano lungo i bordi, costituendo un enorme mosaico, a
completa copertura della superficie terrestre. Alcune zolle sono molto
ampie: la pacifica, leurasiatica, la nordamericana, lafricana, lindoau-
straliana, lantartica.
La crosta e lastenosfera formano la litosfera (dal greco lithos = pietra),
in cui le zolle della crosta si scontrano, si spingono, sincuneano luna
sotto laltra, con uno scorrimento orizzontale a una velocit media va-
riabile da 1 a 20 cm lanno.
Nella parte viscosa, riscaldata dal calore interno, si formano correnti
convettive dalle zone interne pi calde a quelle esterne pi fredde, ori-
ginando forze che determinano i movimenti delle zolle. Le correnti
ascensionali spingono verso lalto il magma, che fuoriesce in corrispon-

Tettonica a zolle. Principali zolle della litosfera, con indicazioni (frecce) del movimento
(margini divergenti o convergenti) e della velocit, calcolata in centimetri allanno.

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De Vecchis.01_Layout 1 28/02/12 16.59 Pagina 36

denza delle dorsali oceaniche formando margini costruttivi o divergenti.


In queste zone, infatti, si crea nuova crosta terrestre, per raffreddamento
e solidificazione del magma fuoriuscito, che a poco a poco si allontana
dalla dorsale, man mano che nuovo magma viene eruttato. LIslanda,
un lembo emergente della dorsale medio-atlantica quindi geologica-
mente molto giovane fa parte di due distinte zolle: la nordamericana
e leurasiatica.
In altre aree la crosta terrestre, per lo scontro di due zolle in direzioni
convergenti (zona di subduzione), pu sprofondare e ritornare allo stato
fuso. In tali circostanze si formano le grandi fosse oceaniche (ad esem-
pio quella delle Marianne: 11.034 m di profondit), che costituiscono i
margini distruttivi o di convergenza. Questi ultimi, nel caso si sovrap-
pongano, danno origine a catene montuose (orogenesi).
I margini nei quali non avviene costruzione (divergenti) n distruzione
di litosfera (convergenti) sono definiti conservativi (faglie trasformi),
poich lungo tali bordi di tangenza delle zolle avviene un movimento
di scorrimento in direzione opposta o nella stessa direzione, ma con di-
versa velocit.
Le zone di frizione delle zolle possono accumulare pressioni cos forti
che lenergia accumulata, con il trascorrere del tempo, pu superare il
limite di resistenza delle rocce e, liberandosi violentemente, provocare
i terremoti.
LItalia, coinvolta nello scontro tra le placca africana ed eurasiatica,
esposta per gran parte del suo territorio al rischio sismico. Molti terre-
moti sono dovuti a fenomeni simili; ad esempio in Cina, Giappone, Fi-
lippine la convergenza della zolla pacifica flette sotto la spinta di quella
eurasiatica, mentre nelle coste pacifiche dellAmerica meridionale la
piccola zolla di Nazca piega sotto quella sudamericana.
Un cenno a parte merita il lungo tragitto che ha portato alla collisione,
tuttora in atto, tra il subcontinente indiano e il resto dellEurasia, con
la conseguente deformazione che ha originato le montagne pi elevate
del mondo (lHimalaya), interessando unarea molto vasta di 10 milioni
di km2 (dallAfghanistan fino alle coste cinesi). Dallinizio della colli-
sione (probabilmente 45 milioni di anni fa), lIndia ha proseguito il suo
spostamento verso nord di altri 2000 chilometri e ancora oggi continua
a esercitare unincredibile azione durto contro lAsia, a una velocit di
cinque centimetri lanno.

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3.4 Il vulcanismo

Le eruzioni vulcaniche e i terremoti, sebbene rappresentino momenti


circoscritti, sono spie di dinamiche di portata molto pi vasta, che coin-
volgono la struttura terrestre nel suo insieme. Hanno, inoltre, una po-
sizione di grande rilievo non solo sulle attivit antropiche, ma anche nel
condizionare numerosi comportamenti delluomo. Non stupisce,
quindi, che fin dallantichit gli uomini si siano posti domande su questi
fenomeni, senza riuscire a darsi risposte convincenti fino allelabora-
zione della teoria della tettonica a zolle.
Il vulcanismo, tra le pi appariscenti attivit della Terra, pur caratte-
rizzato da una sostanziale unit fenomenologica (eruzioni), si manifesta
con una molteplicit di aspetti diversi, riassumibili in quattro grandi
momenti:
la genesi dellattivit;
i materiali e le forme dellattivit;
le tipologie di eruzione;
la distribuzione geografica.

Il vulcanismo consiste essenzialmente nella fuoriuscita di materiali


rocciosi allo stato fluido e ricchi di gas (magmi) che, depositati in sacche
(camere magmatiche), una volta raggiunta una determinata pressione
eruttano nellatmosfera o nellidrosfera.
La genesi del processo avviene nella crosta terrestre e nella parte pi
superficiale del mantello per cause fisico-chimiche che possono dare
luogo a eventi episodici, o persistere anche per periodi lunghissimi e
caratterizzare una regione geografica per milioni di anni.
La fuoriuscita del magma legata alla sua velocit di risalita, che de-
riva da numerosi fattori, tra i quali si ricordano: la viscosit, il volume,
la profondit del punto di origine dei magmi, la temperatura, la tipolo-
gia delle rocce attraversate.
Dalla camera magmatica, posta alla base delledificio vulcanico, i
magmi risalgono fino al cratere lungo il condotto o camino vulcanico e,
una volta eruttati, liberando i gas, prendono la denominazione di lave,
che, nel continuo accumularsi, formano ledificio vulcanico. Questul-
timo caratterizzato dalle tipiche e pi diffuse aperture a cratere (vul-
cani centrali), oppure si sviluppa lungo profonde spaccature allinterno
della Terra (vulcani lineari).

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Schema di un vulcano tipo.

Altri materiali emessi sono le ceneri e le polveri vulcaniche, sostanze


pi fini trasportate dai venti, che cadono al suolo anche a distanza di
parecchi chilometri; le polveri possono addirittura rimanere in sospen-
sione nellatmosfera per alcuni anni. Piccoli frammenti sono pure i la-
pilli, mentre blocchi (in genere dalla forma affusolata) di dimensioni e
peso notevoli sono definiti bombe vulcaniche.
Diverse sono le colate di fango (dal termine indonesiano lahar): detriti
magmatici imbevuti di acqua, che si incanalano velocemente lungo i
fianchi delledificio vulcanico, inglobando in fretta tutto quello che in-
contrano nel loro percorso.
Per quanto attiene le forme delledificio vulcanico, si distinguono vul-
cani a scudo, con forma appiattita per la grande fluidit delle lave e
scarsa attivit esplosiva, e vulcani-strato, con tipica forma conica per so-
vrapposizione di colate laviche molto viscose ed emissioni esplosive.
Con una terminologia derivata perlopi da singoli vulcani si distin-
guono i seguenti tipi di eruzione:
hawaiane, effusive, con lave fluide povere di gas, a scorrimento veloce
ma tranquillo, tipiche delle isole Hawaii e dellIslanda;
stromboliane (dal vulcano Stromboli nellarcipelago delle Eolie o Li-
pari), con lava pi viscosa, alternano a colate getti di lave, fino a notevole
altezza;
pliniane (dalla descrizione di Plinio il Giovane delleruzione del Ve-
suvio del 79 d.C.), con intensa attivit esplosiva e emissione di grandi

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quantit di lapilli e cenere, che possono far collassare il cratere princi-


pale, formando una depressione detta caldera, nella quale pu generarsi
un nuovo cono;
vulcaniane (da Vulcano nelle Isole Eolie), esplosive, per la grande
quantit di acqua frammista a magma in pressione e abbondanti colate;
peleane (dal vulcano La Pele nelle Antille), con lave molto viscose
che tendono a solidificare nel camino ostruendolo; alleruzione diven-
tano semisolide con una ingente emissione di gas e vapori densi ad al-
tissima temperatura (nubi ardenti), che scorrono rapidamente sui fianchi
delledificio causando notevoli danni.

Foto del Vesuvio. ben visibile il recinto esterno (Monte Somma). Allinterno della
caldera si alza il cono vulcanico.

Unulteriore classificazione distingue vulcani attivi (con eruzioni ab-


bastanza frequenti) e spenti, sebbene il criterio appaia inadeguato, so-
prattutto alla luce di eruzioni distruttive di vulcani considerati spenti.
In Italia i vulcani attivi sono il Vesuvio, lEtna, lo Stromboli e Vulcano;
tra quelli spenti si annoverano i Colli Euganei, il Monte Amiata, i Colli
Albani, il Roccamonfina, il Vulture e il Monte Ferru.
Gli oltre 600 vulcani sulle terre emerse e lungo i fondali oceanici se-
guono una distribuzione in allineamenti, mentre solo una piccola parte
si configura in una distribuzione sparsa, per cui si possono distinguere:
allineamenti lungo le dorsali oceaniche; allineamenti lungo i margini

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continentali o catene di isole; vulcanismo in aree isolate.


I fenomeni vulcanici di fessurazione lungo le dorsali oceaniche sono i
pi estesi, contribuendo in modo rilevante alla creazione di nuova crosta
terrestre, mentre lungo i margini continentali, prossimi alle fosse abissali
o a catene di isole, si concentrano i grandi vulcani che, per oltre la met,
si dispongono lungo i margini dellOceano Pacifico a costituire la cosid-
detta cintura di fuoco, per poi proseguire verso Ovest (Sumatra e Giava)
e giungere in modo discontinuo, attraverso lAsia, fino allEgeo.

3.5 Il vulcanismo: risorse e rischi

Accanto allindubbia pericolosit di alcuni vulcani e ai rischi derivati


della loro attivit, vanno considerate le opportunit da cui luomo pu
trarre vantaggio.
Importanti ad esempio sono le risorse ricavabili dalle estrazioni di mi-
nerali e dallutilizzazione dei numerosi materiali per le costruzioni: tufi,
pozzolane, alcuni tipi di brecce e porfidi.
Le acque idrotermali sono impiegate per la cura di numerose malattie
(Ischia, Abano Terme), mentre molte attivit escursionistiche sono ef-
fettuate lungo le cornici dei crateri (Vesuvio) o nelle vicinanze delle boc-
che di eruzioni (Etna). In Costa Rica il vulcano Poas, in piena attivit,
uno dei siti turistici pi visitati del Paese. Il vulcano, sempre attivo,
circondato in uno scenario naturalistico affascinante, con terrazze che
permettono di guardare da distanza ravvicinata nel cratere pi grande,
profondo 300 metri; e cos una minaccia per gli abitanti si trasforma in
meta per i turisti. Molteplici, poi, sono gli usi nel settore energetico, che
in alcuni Paesi (ad esempio lIslanda) assumono forte rilevanza econo-
mica. Si ricordano inoltre i soffioni sfruttati in Toscana (Monte Amiata,
Larderello) per la produzione di energia elettrica.
Nelle aree vulcaniche si verificano anche fenomeni meno grandiosi
delle eruzioni: le fumarole (sorgenti di acqua calda e vapore); i gi ri-
cordati soffioni (sorgenti di vapor dacqua caldissimo e a fortissima pres-
sione), le solfatare, i geyser (emissioni di acqua calda e zampillante,
frequenti soprattutto negli Stati Uniti nord-occidentali, in Islanda, in
Nuova Zelanda). Anche questo vulcanismo secondario costituisce mo-
tivo di attrazione per moltitudini di turisti; si pensi soltanto alla ric-
chezza di tali fenomeni nel parco statunitense di Yellowstone, il pi
antico parco nazionale del mondo, istituito nel 1872 e dal 1978 dichia-

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LOld Faithful Geyser, uno dei geyser pi famosi al mondo, nel Parco nazionale di
Yellowstone (Wyoming, Usa).

rato dallUnesco Patrimonio dellumanit.


Si aggiunga, infine, la fertilit dei suoli vulcanici, grazie alla ricchezza
dei minerali esistenti. Le eruzioni producono a volte enormi disastri,
specialmente se i versanti sono molto popolati, come quelli del Vesuvio
e dellEtna.
Il rischio vulcanico, essendo ben localizzato, consente di fare previsioni
caso per caso, a differenza del sismico diffuso in aree vastissime. , per-
tanto, possibile predisporre operazioni di evacuazione delle popolazioni
interessate alla probabile eruzione. Tali previsioni si basano sulla ricerca
storica e soprattutto sul monitoraggio continuo effettuato tramite os-
servatri situati nelle immediate vicinanze dei vulcani, che di norma
lanciano segni premonitori di unimminente eruzione.
Fondamentale appare, per una difesa passiva, linformazione fornita
alle popolazioni e lorganizzazione dellevacuazione, mentre di una certa
efficacia nella difesa attiva appaiono sbarramenti realizzati per deviare
le colate lungo vie di fuga appositamente predisposte, come avvenne
nelle eruzioni dellEtna del 1983 e 1992.
Nellaprile 2010, leruzione del vulcano islandese sul ghiacciaio Ey-
jafjallajkull ha in pratica paralizzato per un lungo periodo il traffico
aereo nellEuropa centro-settentrionale. La chiusura dello spazio aereo

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si resa necessaria poich le sottili ceneri, emesse dal vulcano, avreb-


bero rappresentato un grave rischio per i motori dei velivoli; i disagi si
sono registrati in mezza Europa, con ripercussioni sul traffico aereo
anche oltre Atlantico (cancellazione del 50% dei voli con gli Stati Uniti).

3.6 I terremoti

Il terremoto o sisma [dal greco seisms = scossa] un movimento di


una parte della superficie terrestre, che genera vibrazioni (onde sismi-
che) in un punto allinterno della Terra (lipocentro, non superiore a una
trentina di chilometri di profondit), cui corrisponde, sulla sua verticale
in superficie, un punto definito epicentro.
Nonostante i terremoti siano sempre associati a eventi calamitosi, solo
una minima parte di essi provoca danni a persone e cose, poich la mag-
gior parte del diffusissimo fenomeno (gli strumenti pi sofisticati ne re-
gistrano sulla Terra uno ogni 30 secondi) molto debole, tanto da non
essere neppure avvertito dalluomo.

Esempi di sismi rilevati in Italia dallIstituto nazionale di geofisica e


Vulcanologia (Ingv), con magnitudo inferiore a 3 della scala Richter
(percepibile solo dagli strumenti)
Data Ora UTC Magnitudo Localit
2011/09/13 18:44:05 2.7 Parmense
2011/09/13 16:05:36 2.0 Montefeltro
2011/09/12 23:23:57 2.2 Costa calabra meridionale
2011/09/12 13:54:40 2.9 Monti Sibillini
2011/09/11 11:44:06 2.1 Parmense
2011/09/11 23:44:22 2.6 Monti Tiburtini-Prenestini
2011/09/11 19:18:48 2.0 Monti Iblei
2011/09/11 11:43:59 2.3 Parmense
2011/09/11 11:25:20 2.1 Costa calabra occidentale
2011/09/11 10:37:08 2.7 Prealpi venete
2011/09/11 05:44:57 2.4 Costa calabra occidentale
2011/09/11 05:24:25 2.2 Parmense
2011/09/11 03:38:51 2.2 Pianura padana lombarda
2011/09/11 02:32:41 2.2 Gran Sasso
2011/09/11 01:15:46 2.1 Etna

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Nel fenomeno sismico si distinguono diversi aspetti:


le cause;
le scale e la misurazione;
gli effetti;
la distribuzione geografica;
la prevenzione e la difesa.
Le cause del fenomeno risiedono nellistantanea liberazione di energia
che, attivando onde sismiche dallipocentro, raggiunge lepicentro sulla
superficie terrestre, propagandosi in ogni direzione come increspature
su uno specchio dacqua.
Le onde sismiche, non incontrando alcun ostacolo alla loro avanzata,
si diffondono a differenti velocit per la natura diversa delle rocce che
attraversano, diminuendo tuttavia la loro intensit con il progressivo al-
lontanamento dallepicentro.
La forza dei terremoti venne dapprima misurata (metodologia tuttora
utilizzata) con la scala MCS (Mercalli-Cncani-Sieberg), articolata su
12 gradi di diversa intensit, che valuta gli effetti prodotti nel territorio
a danno di persone e cose. In seguito stata calcolata la magnitudo (dal
latino, grandezza), ovvero lenergia meccanica prodotta e registrata dai
sismografi secondo una scala ideata da Charles Richter, articolata da 0
a 9 gradi. In altri termini, mentre la scala MCS riporta gli effetti rispetto
a unarea definita fino alle zone pi distanti dallepicentro (per cui la
forza di un sisma della stessa misura potrebbe avere effetti diversi in un
altro ambiente geografico), la magnitudo una rilevazione strumentale
obiettiva, rilevabile con la stessa intensit in ogni parte della Terra.
Gli effetti di un terremoto dipendono in misura rilevante dalla po-
tenza delle onde sismiche e dalla loro durata; negli edifici realizzati se-
condo norme antisismiche provocano danni ridotti. Nel caso di
costruzioni vecchie o in cattivo stato di conservazione oppure nuove
ma costruite senza rispetto delle regole i sismi possono produrre il
completo crollo dei manufatti. Infine la natura geolitologica del terreno
restituisce comportamenti che possono avere effetti diversi nelle strut-
ture anche di edifici contigui. Nella considerazione degli effetti, oltre
alla potenza sono determinanti la durata del sisma e lapplicazione di
normative e procedure antisismiche. Pure importanti risultano il gene-
rale livello di sviluppo (infrastrutture e vie di comunicazione), latten-
zione e il grado di addestramento delle popolazioni residenti in zone
sismiche, lora e la stagione delle scosse (di notte e in inverno i danni

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alle persone sono inevitabilmente maggiori), la densit di popolazione


residente nellarea colpita.
I terremoti, al pari di altri eventi naturali quali collassi o eruzioni vul-
caniche nei fondali marini, provocano uno spostamento di masse dac-
qua con onde superficiali che, frangendosi sulle coste, possono provocare
danni terribili. Lo tsunami (come viene definito il maremoto) dell11
marzo 2011, al largo della citt di Fukushima in Giappone, a seguito di
una scossa di 9 gradi (nella scala Richter) a 130 km nel Pacifico, ne
stata drammatica testimonianza.
La distribuzione geografica dei terremoti segue la costituzione geolo-
gica della Terra, in particolare le dorsali oceaniche (rilievi che arrivano
anche ad alcune migliaia di metri rispetto ai piani abissali), le fosse abis-
sali (depressioni del fondo marino lunghe migliaia di km) e le catene
montuose di recente formazione. Le dorsali oceaniche, lunghe 60.000
km, si snodano dal Mar Glaciale Artico verso gli oceani Atlantico e In-
diano per serpeggiare lungo il bordo meridionale e orientale del Paci-
fico. Le fosse abissali si presentano nel Pacifico occidentale, dallo
Stretto di Bering fino alla Nuova Zelanda, dalla Nuova Guinea a Su-
matra e lungo il bordo orientale dal Messico alla Terra del Fuoco e nel
Mar dei Caraibi. Le catene montuose, principalmente interessate a fe-
nomeni sismici, si dislocano lungo fasce, come quella molto ampia che
va dal Mediterraneo allHimalaya.

3.7 Il rischio sismico

Per la previsione giacch al momento impossibile stabilire con cer-


tezza momento, durata e potenza delle scosse gli studi sono orientati
a elaborazioni statistiche, che incrociando numerosi dati, tra i quali
quelli storici e recenti, evidenziano le aree a rischio sismico in cui con
maggiore probabilit il fenomeno pu avere luogo.
LItalia, con leccezione della Sardegna e di poche altre aree, presenta
un rischio sismico medio-alto fondato su approfonditi studi, ma anche
su testimonianze storiche secolari, che, pur in parte incomplete e non
sempre scientificamente attendibili, rappresentano un patrimonio sta-
tistico prezioso.
Lindicazione delle zone ad alto rischio sismico consente di predi-
sporre misure normative e di protezione civile (da attivare in tempi bre-
vissimi per contenere o almeno limitare i danni). Per le prime si

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ricordano ancora le norme antisismiche nella costruzione degli edifici,


poich gran parte delle vittime di un terremoto dovuta a crolli di strut-
ture vecchie o in cattivo stato di conservazione. Per la protezione in-
teressante segnalare la politica del governo del Giappone, il Paese con
la migliore organizzazione antisismica del mondo, che ha individuato 6
punti focali per la prevenzione/organizzazione contro i terremoti:
informazione capillare preventiva su larga scala (volantini, manuali,
documentazione varia);
strutture e cartellonistica con percorsi di emergenza;
pianificazione dettagliata per le evacuazioni post sisma;
strutture (abitazioni, tubature, cavi elettrici) antisismiche;
kit di sopravvivenza in uffici e case;
esercitazioni cicliche antisisma.
In Italia si cominciato ad agire in questa direzione dopo il catastrofico
sisma di Reggio di Calabria e Messina del 1908 e recentemente sotto
la stimolo dei disastrosi eventi del Friuli, della Valle del Belice, dellIrpi-
nia, dellUmbria e delle Marche sono state approvate Norme tecniche,
che riuniscono in un unico testo le discipline relative alla progettazione
e allesecuzione antisismica delle costruzioni. Dopo il terremoto del-
lAquila del 2009 stato dato maggiore impulso alla prevenzione sismica.

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Capitolo quarto

LATMOSFERA E IL CLIMA

4.1 I caratteri generali dellatmosfera

Latmosfera, ovvero la coltre di gas trattenuta dalla forza di gravit


per alcune centinaia di chilometri di quota, svolge un ruolo fondamen-
tale per la vita della Terra, influenzando le diverse condizioni climatiche.
Essa, inoltre, la protegge dai raggi ultravioletti del Sole; interagisce sia
con la litosfera, contribuendo a modificare la morfologia terrestre, sia
con le grandi masse oceaniche, assicurando tra laltro il compimento
del vitale ciclo dellacqua.
Latmosfera composta per il 78% da azoto e per il 21% da ossigeno
(fondamentale per la vita di uomini, animali e piante), oltre che da argon
e altri gas rari, da anidride carbonica e da vapore acqueo.
Nellatmosfera sindividuano cinque sfere concentriche, a partire dalla
crosta terrestre.
La troposfera la parte pi bassa e densa e giunge a una quota varia-
bile tra gli 8 km ai poli e i 18 km allequatore. In essa si concentrano il
75% dei gas e la quasi totalit del vapore acqueo e si formano grandis-
sima parte dei fenomeni atmosferici e climatici.
La stratosfera si estende fino a 50-60 km; i gas sono nella stessa pro-
porzione della troposfera, ma a una densit molto pi bassa. Negli ul-
timi anni, in corrispondenza dellAntartide, lo spesso strato di ossigeno
triatomico (O3), che ha la fondamentale funzione di filtrare i raggi ul-
travioletti, si pericolosamente assottigliato, tanto da creare il cosid-
detto buco dellozono.
La mesosfera, quasi priva di gas, subisce un notevole abbassamento
della temperatura fino a -80C. In questa fascia hanno origine le stelle
cadenti, piccoli meteoriti che disintegrandosi lasciano scie luminose;
oltre i 100 km laria talmente rarefatta da rendere possibile il moto
orbitale in astronautica, al confine con lo spazio cosmico.
La termosfera presenta la temperatura in forte aumento con una vi-

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gorosa ionizzazione delle particelle presenti, che rendono visibili, tra


laltro, le aurore polari.
La parte pi esterna dellatmosfera, lesosfera, infine, non presenta un
limite netto con lo spazio cosmico.

Struttura dellatmosfera che avvolge la Terra.

4.2 Gli elementi del tempo e del clima

Tempo atmosferico e clima, sebbene caratterizzati dagli stessi elementi


e fattori, esprimono due concetti con differenze significative, tanto da
venire riferiti a due scienze distinte: la meteorologia e la climatologia.
Il tempo atmosferico una combinazione momentanea dei vari ele-
menti meteorologici in un determinato luogo; in altri termini lo stato
delle condizioni atmosferiche di un luogo in un dato momento. Il clima,
invece, landamento annuale delle variet del tempo atmosferico con-
siderato su un periodo statistico piuttosto lungo (almeno un decennio,
meglio alcuni decenni). Ad esempio, a Roma, una giornata di luglio con
una temperatura di 16 C e piogge consistenti sarebbe da considerare
una condizione atmosferica anomala, poich il clima del luogo prevede,
in quel periodo, temperature medie tra i 22 e i 24 C (con punte fino a
34C), bassa nuvolosit e conseguenti scarse piogge.

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Gli elementi dellatmosfera, che costituiscono e descrivono tempo e


clima, sono:
la temperatura,
la pressione,
i venti,
le precipitazioni.

I raggi del Sole, emessi a onde corte, attraversano latmosfera senza


che questa li assorba. Sono assorbiti, al contrario, dalla Terra che li ri-
ceve e converte in calore, trasmesso poi nellaria attraverso lemissione
di raggi a onde lunghe.
Tale trasferimento di calore restituisce una grandezza fisica, la tem-
peratura, che misurata con il termometro, e indica il grado termico
(rispetto quindi a una scala) di una frazione di aria in un momento e un
luogo determinati. Le isoterme sono linee che uniscono tutti i luoghi
con la stessa temperatura; lescursione termica indica la differenza tra la
temperatura massima e minima di un luogo (diurna, nelle 24 ore, annua
tra la media del mese pi freddo e quello pi caldo).
Sebbene non si avverta, laria esercita sulla superficie terrestre un
peso, detto pressione. La pressione atmosferica misurata con il baro-
metro (dal greco baros = peso e metron = misura). Il peso medio (al li-
vello del mare, a 45 di latitudine e a una temperatura di 0 C)
corrisponde a 760 mm o a 1013 millibar; valori maggiori segnalano alta
pressione, valori minori bassa pressione.
Il peso dellaria, assai dinamico e dipendente da molte variabili, pu
cambiare in modo rapido durante la giornata. , inoltre, in stretta di-
pendenza dellaltitudine, poich con laumento della quota diminuisce
lo spessore della colonna daria sovrastante; ne sono riprova gli strati
pi bassi dellatmosfera, pi densi e pesanti, dove maggiore la forza
della gravit terrestre (attorno agli 8 km di quota laria talmente rare-
fatta da non consentire pi una respirazione autonoma).
La pressione influenzata dalla temperatura e dallumidit: laria calda
e umida, pi leggera, tende a salire; al contrario laria fredda e secca,
pi pesante, tende a scendere. La distribuzione della pressione si evi-
denzia sulle carte con linee che uniscono tutti i punti con eguale pres-
sione ridotta al livello del mare (le isobare), alla temperatura di 0C.
Le differenze tra alta e bassa pressione (anticicloniche e cicloniche) ge-
nerano gli spostamenti di masse daria, che sono allorigine del vento.

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Lintensit di questultimo elemento direttamente proporzionale alla


differenza di pressione tra due aree contermini ed tanto pi forte
quanto pi ravvicinate sono le aree di alta e bassa pressione.
La direzione del vento si misura con gli anemoscopi, ovvero le bande-
ruole o le maniche a vento (utilizzate soprattutto negli aeroporti). La
velocit (valutata in miglia o chilometri orari) si rileva con lanemometro;
infine la forza del vento misurata in base agli effetti prodotti sul moto
ondoso, su una scala ideata dallammiraglio inglese Sir Francis Beaufort
nel 1806, suddivisa in gradi, da 0 (calma di vento, velocit 0-0,2 metri
al secondo) a 12 (uragano, velocit oltre 30 metri al secondo).
Lumidit dellaria e le precipitazioni derivano essenzialmente dal
ciclo dellacqua: levaporazione per insolazione dalle superfici liquide
e in misura minore dalle piante e le conseguenti precipitazioni sulla
terraferma e sui mari.
Levaporazione porta nellaria una certa quantit di vapore, lumidit
assoluta, definibile come il peso del vapore acqueo (in grammi) in un
dato volume daria (in metri cubi).
Laria, tuttavia, pu contenere solo una quantit definita di vapore
acqueo, oltre il quale avviene la condensazione del vapore: passaggio
dallo stato gassoso allo stato liquido. La capacit dellaria di contenere
vapore direttamente proporzionale allaumentare della temperatura:
in un metro cubo di aria, a 10 C, 11 grammi di vapore acqueo costi-
tuiscono il limite di condensazione, a 30 C, questo limite aumenta a
30,4 grammi.
Il rapporto tra quantit di vapore presente in un dato volume daria
e il limite massimo che potrebbe esserci alla medesima temperatura
definito umidit relativa; questa calcolata in percentuale ed misurata
con ligrometro. Laria satura di umidit raggiunge il 100%, mentre il
valore di 33% indica che il vapore soltanto un terzo del quantitativo
occorrente per la saturazione.
Le nubi si formano quando il vapore acqueo diviene visibile, ad esem-
pio per il raffreddamento della temperatura, in microscopiche goccio-
line dacqua. La percezione delle loro dimensioni infinitesimali data
dalla nebbia, che non altro che una nube al suolo.
Laspetto delle nubi, mutevole e molto diversificato, deriva principal-
mente dal loro sviluppo altitudinale. I cumuli si estendono in verticale,
mentre gli strati presentano un andamento orizzontale; ma numerose
sono le combinazioni fra questi due tipi. Le nubi si possono sviluppare

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fino a una quota di 13 km sul livello del mare.


La formazione delle goccioline non sarebbe possibile senza la pre-
senza nellatmosfera di nuclei di condensazione, corpuscoli microscopici
come granuli di pulviscolo. Unite fra loro, le goccioline aumentano leg-
germente di volume e, diventando pi pesanti, precipitano al suolo sotto
forma di pioggia, che alla presenza di basse temperature pu originare
la neve.
Le quantit delle precipitazioni si misurano in millimetri con il plu-
viometro, uno strumento a imbuto che raccoglie lacqua (o neve e gran-
dine una volta sciolte). La quantit di precipitazioni varia da luogo a
luogo e la loro distribuzione geografica rappresentata sulle carte da
linee che uniscono i luoghi con eguale quantit di precipitazioni (iso-
iete).
Il regime pluviometrico segnala limportanza della distribuzione delle
precipitazioni nel corso dellanno: nella zona equatoriale abbondano
tutto lanno, mentre nel clima mediterraneo la stagione estiva si mani-
festa con i caratteri della siccit. Pure importante la misura dellinten-
sit, che indica la quantit di precipitazioni nellunit di tempo: 200 mm
di precipitazioni, ad esempio, producono effetti molto diversi se cadono
in un mese oppure in poche ore.

4.3 I fattori del tempo e del clima

Le cause che determinano levoluzione degli elementi sono i fattori;


da questi, infatti, dipendono le condizioni del tempo atmosferico e la
distribuzione dei climi. Tra i fattori si segnalano la latitudine, laltitu-
dine, la distribuzione delle terre e dei mari, le correnti marine, lesposi-
zione, la vegetazione e, sempre pi importante, lazione delluomo.
La latitudine fondamentale; innanzi tutto perch influisce sulla tem-
peratura, sia in funzione della quantit annua di radiazione sia per la
differente inclinazione dei raggi del Sole che colpiscono la Terra (radenti
nelle zone polari anche a mezzogiorno; perpendicolari nella fascia in-
tertropicale).
Laltitudine fa variare la temperatura rispetto al livello del mare, con
una diminuzione di circa 1 C ogni 180 metri di quota.
La distribuzione delle terre e dei mari influisce sia sullumidit, dando
un contributo diretto al suo aumento nellatmosfera, sia sulla tempera-
tura, che fortemente influenzata dalle masse continentali e da quelle

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Angolo dinclinazione dei raggi solari e intensit di insolazione al suolo.

oceaniche. Le prime, infatti, assorbono con prontezza e in misura ele-


vata il calore solare in superficie, restituendolo altrettanto rapidamente,
mentre le seconde si riscaldano a rilento ma pi a fondo, restituendo il
calore incamerato in tempi pi lunghi. Ne deriva la capacit delle masse
liquide di influenzare lescursione termica, riducendone gli estremi.
Le correnti marine sono spostamenti orizzontali di masse dacqua,
che svolgono una funzione fondamentale nellequilibrio climatico. Ber-
gen, in Norvegia, 60 nord, lambita dalla corrente calda del Golfo, pre-
senta una temperatura media minima a gennaio di 0 C, mentre Halifax
in Canada, 44 nord (e quindi molto pi a sud), a causa della corrente
fredda del Labrador registra -7 C.
Lesposizione rispetto ai punti cardinali influisce, almeno a livello lo-
cale, sulla temperatura e sulla ventilazione, oltre che sulla luce.
LItalia, con fattori geografici differenziati, mostra una grande variet
di climi e la sua posizione, molto allungata in latitudine, fa sentire in ma-
niera sensibile il suo influsso procedendo da nord a sud. Pure la dispo-
sizione dei rilievi, che coprono quasi il 77% del territorio italiano con
cime oltre i 4000 m, importante da un punto di vista climatico. Le Alpi
riparano la Pianura Padana dai venti freddi del nord, mentre gli Appen-
nini creano una suddivisione climatica tra il versante tirrenico, con venti
umidi provenienti da ovest e piogge abbondanti, e il versante adriatico,

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con piogge in minore quantit. Il Mediterraneo, inoltre, addolcisce il


clima facendo giungere i suoi effetti termoregolatori in ampie zone del-
linterno peninsulare. Il Tirreno, pi ampio e profondo dellAdriatico,
vanta una maggiore funzione mitigatrice, per cui lescursione a Viareggio
di 14 C (gennaio media 9,1 C, luglio 23,1 C), minore rispetto ai 19,2
C di Ancona (gennaio media 5,7 C, luglio 24,9 C).
Dalla rivoluzione industriale in poi sono state immesse nellaria note-
volissime quantit di particelle gassose, liquide e solide, che hanno al-
terato la composizione e la qualit dellaria, provocando, non solo in
aree urbane, un forte inquinamento atmosferico e cambiamenti clima-
tici, sia a scala locale sia globale.
Gli inquinanti da attivit agricole, industriali (basti pensare ai ritmi
di sviluppo dei Paesi emergenti sulla scena economica) e da materiali
radioattivi (seppure questi ultimi quantitativamente poco rilevanti),
sono andati ad aggiungersi agli inquinanti naturali ceneri vulcaniche,
polveri ecc. in misura sempre pi rilevante, incidendo in misura sen-
sibile sulla salubrit dellaria, fino a renderla in alcuni casi irrespirabile.
Gli inquinanti chimici da processi industriali immettono nellatmosfera
elementi ad alta tossicit, come la diossina fuoriuscita dallazienda chi-
mica Icmesa di Seveso nel 1976. Da allora si sviluppata, non solo in
Italia, una seria normativa sul trattamento dei rifiuti tossici e al con-
tempo una lotta alle attivit illegali legate al loro smaltimento da parte
delle cosiddette ecomafie. Le emissioni da combustioni sono allorigine
del maggiore degrado atmosferico, sia per il numero dei mezzi inqui-
nanti (ad esempio i motori a scoppio delle automobili e le caldaie per il
riscaldamento domestico) sia per la loro diffusione in ogni parte del
globo, considerando che il carbone, un elemento molto contaminante,
largamente utilizzato per la produzione di energia elettrica.
Il protocollo di Kyoto (siglato nel 1997), che fa seguito alla conven-
zione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, uno dei pi im-
portanti strumenti giuridici internazionali volti a combattere i
mutamenti del clima e contiene gli impegni dei Paesi industrializzati
per la riduzione delle emissioni di alcuni gas a effetto serra, responsabili
del riscaldamento del pianeta. Secondo questa intesa le emissioni totali
dei Paesi sviluppati avrebbero dovuto subire una riduzione di almeno
il 5% nel periodo 2008-2012 (rispetto ai livelli del 1990).
Un altro passo in avanti stato realizzato durante la 17a conferenza
sul clima (Durban, dicembre 2011), grazie a un accordo per arrivare a

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un trattato globale sulla lotta ai cambiamenti climatici entro il 2015.

4.4 I tipi di clima

Il clima, come sintesi dellinterazione degli elementi presenti nella tro-


posfera, caratterizza una regione. Tuttavia laffermazione una genera-
lizzazione molto ampia, poich ogni regione della Terra caratterizzata
da un proprio clima, tanta la variet dei parametri che lo connotano.
Fin dallantichit sono stati fatti vari tentativi di classificazione, privile-
giando un elemento climatico o un altro oppure affidandosi alla vege-
tazione naturale.
Grande successo, per rigore scientifico, ha ottenuto la classificazione
proposta da Wladimir Kppen nel 1918, che prevede gruppi climatici
corrispondenti a cinque grandi classi, dallequatore verso i poli.

Classificazione dei climi secondo Kppen


A B C D E
Tropicali umidi Aridi Temperati Nivali Glaciali

Il tipo A (tropicale umido), collocato tra i tropici, si caratterizza prin-


cipalmente per la temperatura media mensile piuttosto elevata, mai
sotto i 18 C (manca quindi un vero inverno); possono variare, per,
in maniera anche notevole la quantit e la distribuzione nellanno delle
precipitazioni, comunque abbondanti.
Nella fascia pi vicina allequatore insiste il clima equatoriale, con-
traddistinto da una temperatura media elevata e quasi uniforme (25-
30C), una piovosit abbondante (oltre i 1500-2000 mm annui, con
200-250 giorni piovosi lanno con punte di 300 nella fascia costiera della
Colombia) e regolare in tutti i mesi. Rientrano in questo clima, tra gli
altri, i bacini dei fiumi Congo e Rio delle Amazzoni, lInsulindia e parte
del Golfo di Guinea (Camerun).
La variante tropicale con inverno secco (o della savana) presenta minori
precipitazioni e un diverso regime pluviometrico, segnando lalternanza
delle stagioni non in base alla temperatura stagionale, calda e fredda
come avviene nei climi temperati, ma in base alla piovosit (stagione
umida e stagione asciutta).
Tali climi si trovano soprattutto in Africa (la fascia tra Guinea e Sudan
e tra Angola e Mozambico) e in America Latina (regioni del Venezuela

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e della Colombia e parte centrale del Brasile).


Con caratteristiche intermedie tra il clima della foresta pluviale e
quello della savana si colloca il monsonico, con notevoli precipitazioni
(come lequatoriale) e una distribuzione stagionale non uniforme delle
piogge (a somiglianza del clima tropicale umido con inverno secco). I
monsoni, venti periodici dellOceano Indiano, soffiano da nord-est in
inverno (monsone di terra) e da sud-ovest in estate (monsone di mare).
Questultimo, portatore di piogge abbondanti, interessa gran parte
dellIndia, dellIndocina e della costa orientale del Madagascar.
Il tipo B (clima arido o desertico) caratterizzato da precipitazioni rare
e irregolari (in genere inferiori ai 250 mm annui) e una notevole escur-
sione termica, sia annua (deserti freddi) sia giornaliera (deserti caldi),
pi che dalla temperatura. Le temperature pi alte del pianeta (58 C)
sono state registrate a El Azizia, in Libia. Inoltre levaporazione poten-
ziale maggiore delle precipitazioni, per cui nelle aree caratterizzate da
questo tipo climatico non si originano fiumi a carattere permanente.
Il clima arido si trova anche a medie latitudini, soprattutto dellemi-
sfero settentrionale, come conseguenza della particolare disposizione
di catene montuose che bloccano i venti umidi provenienti dal mare:
ad esempio, i deserti del Gobi (Mongolia), del Taklimakan (Cina occi-
dentale) e della Patagonia (Argentina meridionale). I climi aridi delle
medie latitudini differiscono dai precedenti per la presenza di un in-
verno freddo (clima desertico freddo).
Nel tipo B sono compresi pure i climi semi-aridi o predesertici, diversi
dai primi per un maggior apporto idrico (dai 250 ai 750 mm), senza che
questo, nel bilancio generale, prevalga sullevaporazione.
Il contrasto di temperatura registrabile nel corso dellanno costituisce
laspetto caratterizzante dei climi temperati (tipo C), diversi sia dai climi
caldi sia dai climi nivali polari.
Le molteplici variet allinterno della grande categoria dei climi tem-
perati si basano sia sulle differenze termiche sia sul regime pluviome-
trico.
Fra le tipologie si annoverano il clima mediterraneo o subtropicale con
estate asciutta, il sinico o subtropicale umido, il temperato fresco o ocea-
nico.
Il clima mediterraneo si ritrova, oltre che in pi o meno ampie fasce
costiere intorno al Mare Mediterraneo, in California (Usa), nel Cile cen-
trale, nella regione del Capo (Sudafrica) e nellAustralia meridionale.

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Le sue caratteristiche principali sono la mitezza degli inverni e la con-


centrazione delle piogge (in genere al di sotto dei 1000 mm lanno) nei
mesi freddi: una rarit nel quadro climatico generale.
Il clima subtropicale umido, alle stesse latitudini del clima mediterra-
neo, interessa la Cina orientale, parte del Giappone, la zona centrale e
orientale degli Stati Uniti e, nellemisfero australe, lUruguay, lArgen-
tina settentrionale, la parte sudorientale dellAustralia e la fascia costiera
sud-occidentale dellAfrica australe, distinguendosi da quello mediter-
raneo per maggiori precipitazioni e per una loro pi uniforme distribu-
zione nellanno, senza periodi siccitosi.
Fra i climi temperati vi anche loceanico dellEuropa occidentale, della
costa nordamericana dellOceano Pacifico, del Cile meridionale, della
Tasmania e della Nuova Zelanda. Temperature sotto lo 0 C, pur regi-
strandosi tutti gli anni, non sono molto frequenti, per cui gli inverni sono
piuttosto miti, con precipitazioni ben distribuite durante larco dellanno.
I climi nivali o boreali (tipo D) interessano estese aree nellemisfero
settentrionale: lEuropa orientale, la parte asiatica della Russia, la Cina
settentrionale, lisola giapponese di Hokkaido, la parte settentrionale
degli Stati Uniti e quasi tutto il Canada.
Laspetto caratterizzante questo clima linverno lungo e gelato (la
media del mese pi freddo inferiore a 3C), mentre lestate, ricca di
precipitazioni, abbastanza calda (la media del mese pi caldo supera
i 10C), con unescursione termica annua alquanto significativa. In que-
sto gruppo si possono distinguere due manifestazioni climatiche prin-
cipali: freddo a estate calda e freddo a inverno lungo. Il primo
caratterizzato da foreste decidue, con piante che perdono le foglie din-
verno, il secondo da foreste di conifere.
A latitudini molto elevate sono diffusi i climi senza estate: glaciali o
polari (tipo E). Sono contraddistinti da un freddo intensissimo e dalle
particolari condizioni dilluminazione del Sole che durante lestate non
tramonta per lunghi periodi, ma non scalda la superficie terrestre per
la forte obliquit dei raggi, che peraltro sono in parte respinti dal riflesso
della coltre di neve e ghiaccio. Le precipitazioni sono piuttosto scarse
e di solito nevose. Due sono i sottotipi principali: il clima della tundra
e quello del gelo perenne (calotte glaciali).
A queste tipologie vanno aggiunti i climi di alta montagna, che sono
assimilabili ai polari in quanto la temperatura diminuisce progressiva-
mente con laltitudine. Tuttavia, a differenza delle zone polari, nelle re-

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gioni montane a basse e medie latitudini non si registra lalternanza di


lunghi periodi dilluminazione e di oscurit. Inoltre la temperatura varia
quotidianamente, con una marcata escursione termica giornaliera, a dif-
ferenza di quanto avviene nelle zone prossime ai poli, dove lescursione
giornaliera della temperatura perde dimportanza (a seconda delle sta-
gioni il sole quasi sempre presente o quasi sempre assente nellarco
delle 24 ore).

4.5 La vegetazione naturale e il clima

La vegetazione spontanea molto sensibile al tipo di clima e alla com-


binazione dei vari elementi climatici, tanto da rappresentarne una sintesi
efficace. Non a caso si parla di clima della steppa, della savana, della
tundra ecc. Tuttavia lostacolo maggiore a una classificazione imperniata
sulle differenti associazioni vegetali deriva dal fatto che queste sono una
risposta al clima pi che una causa delle variet climatiche.
La vegetazione naturale diffusa sulle terre emerse pu classificarsi, in
base alla sua struttura e alle affinit della sua organizzazione in associa-
zioni, in quattro grandi formazioni (biocore):
arboree;
arbustive;
erbacee;
desertiche.

La distribuzione delle biocore determinata soprattutto da fattori cli-


matici, giacch temperatura, umidit e vento influenzano in modo de-
terminante il ciclo vegetativo delle piante.
Rispetto alle esigenze termiche le piante si possono distinguere in:
megaterme (necessit di temperature medie sempre superiori a 20C);
mesoterme (necessit di temperature comprese tra 15C e 20C);
microterme (necessit di temperature comprese tra 0C e 15C);
echistoterme (possibilit di vivere a temperature a lungo al di sotto di
0C).
Lacqua fondamentale per le piante. Pi importante della quantit
complessiva annua, per, la distribuzione delle precipitazioni nel corso
dei mesi (regime pluviometrico) e la loro intensit. Infatti, se le piogge
sono particolarmente intense possono essere addirittura dannose per la
vegetazione (erosione del suolo). Bisogna pure considerare le relazioni

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che vengono a instaurarsi tra temperatura e acqua (evaporazione).


In base alle necessit di acqua le piante si possono distinguere in:
igrofile (ambienti umidi);
mesofile (media umidit);
xerofile (zone secche o aride);
tropofile (successione di periodi secchi e umidi).
Pure importante il periodo di insolazione e la presenza della luce,
essenziale per i processi di fotosintesi clorofilliana. Sotto questo aspetto
vi la distinzione tra piante ombrofile ed eliofile. Le prime, a differenza
delle seconde, richiedono minore quantit di luce.
Collegate pi o meno direttamente con la vegetazione sono le asso-
ciazioni animali, anchesse in relazione a specifiche condizioni climati-
che.

4.6 Le biocore

Le formazioni arboree, distribuite in varia forma dalle regioni equa-


toriali a quelle subpolari, hanno bisogno di precipitazioni abbondanti.
Al clima equatoriale, uniformemente umido, corrisponde la foresta
equatoriale. Questa si differenzia dal bosco per molteplici aspetti: per
il gran numero di specie arboree che vegetano una accanto allaltra, per
laltezza (fino a 60 metri) degli alberi pi grandi, per la grande densit
della vegetazione. Erbe prominenti, cespugli, liane (piante rampicanti
che possono superare anche i 200 metri di lunghezza), arbusti e alberi
di altezza diversa costituiscono una massa di vegetazione densa e sem-
preverde. Questo aspetto esteriore dovuto al fatto che mancando
lalternarsi delle stagioni le foglie cambiano in periodi diversi. Tra le
piante della foresta si segnalano il mogano in Africa, il tek in Asia, lhe-
vea (lalbero del caucci) in America.
La fauna abbondante soprattutto per quanto riguarda gli uccelli
(molti con bellissimi piumaggi: pappagalli...) e le scimmie. Gli animali
che vivono a terra sono pochi e generalmente di non grandi dimensioni,
a eccezione delle tartarughe e dei coccodrilli che vivono in ambiente
anfibio. Anche il popolamento umano non favorito dalla fittezza degli
alberi; i fiumi, che costituiscono spesso importanti passaggi naturali
nella foresta, in alcuni casi hanno rappresentato le vie principali del po-
polamento.
Simili alla foresta equatoriale sono la pluviale tropicale e la monsonica;

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questultima, per, ha una struttura pi aperta rispetto alle precedenti.


Nelle regioni a clima temperato, con lalternanza di un periodo freddo
(in inverno) e di uno caldo (in estate) si ha la foresta di latifoglie (con
preponderanza di quercia e faggio) e, pi a settentrione, la foresta di
conifere (aghifoglie, con prevalenza di pino silvestre e abete).
La foresta di latifoglie, con caduta delle foglie nel periodo invernale,
caratterizzata dalla presenza di un numero ristretto di specie; spesso
soltanto una prevalente, tanto da dare il suo nome allintera forma-
zione boschiva: querceto, faggeto ecc.
Le conifere, sempreverdi a eccezione del larice che in inverno perde
le foglie, sono adatte a sopportare climi particolarmente rigidi.
Della fauna si possono ricordare la renna, lalce, il cervo, lorso, il lupo,
il visone, lermellino.
La foresta di conifere boreali ha impedito a lungo la vita delluomo,
che inizi a popolarla quando fu in grado di procurarsi pelli e pellicce
degli animali, unabitazione sicura e sufficientemente confortevole e
mezzi adeguati per la caccia e per la pesca.
Un passaggio dalla formazione arborea a quella arbustiva si ha nel
clima mediterraneo, dove si trova la foresta a sclerofille, caratterizzata
da alberi con foglie piccole e dure, che passa progressivamente alla mac-
chia sempreverde di lecci, sugheri, olivastri, corbezzoli e di tutta una
serie di specie arbustive.
Tra le pi caratteristiche formazioni arbustive in genere si annovera
la savana, che si estende nelle regioni calde tutto lanno e piovosit ab-
bondante in un solo periodo. La vegetazione presenta una composi-
zione mista di arbusti, erbe e di alberi sparsi; ha il periodo di riposo
con caduta delle foglie degli alberi e appassimento di grandissima parte
delle erbe nella stagione asciutta. Le differenze paesaggistiche nelle
diverse stagioni dellanno sono perci particolarmente evidenti. Le erbe
prevalenti (le graminacee) sono alte intorno al metro, ma possono rag-
giungere in casi eccezionali diversi metri. Tra gli alberi, che emergono
isolati sul tappeto di erbe, si segnala il baobab, caratteristico per il
tronco dalla grande circonferenza.
La fauna della savana molto ricca: vi dominano giraffe, zebre, anti-
lopi, gnu, elefanti, leoni, leopardi; anche rettili e uccelli sono molto nu-
merosi.
Le savane hanno certamente favorito linsediamento umano; la stessa
alternanza delle stagioni, piovosa e secca, determina una successione di

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occupazioni: coltivazione e raccolta durante il periodo umido, caccia


durante il periodo secco (favorito dagli incendi delle erbe in cui vivono
le prede in terreni liberi da acquitrini).
La colonizzazione europea ha portato profonde trasformazioni nel
paesaggio delle savane, rompendo in molte aree lequilibrio che si era
instaurato nel corso dei secoli tra luomo e il suolo. Lintroduzione di
coltivazioni industriali, i nuovi metodi di sfruttamento agricolo, la
grande espansione dellallevamento, lutilizzo incontrollato delle risorse
forestali hanno provocato un impoverimento del suolo, sempre pi sog-
getto allerosione.
Tra le tante formazioni arbustive quella pi tipica e che meglio ne spe-
cifica le caratteristiche senza dubbio la landa (o brughiera), costituita
da arbusti della famiglia delle ericacee, come la Calluna vulgaris; essa
tipica di alcune regioni a clima fresco e uniforme delle medie e alte la-
titudini, ad esempio lIrlanda e le coste occidentali delle Isole Britanni-
che.
La biocora della prateria caratterizzata da precipitazioni piuttosto
scarse, mentre le temperature possono variare anche in maniera note-
vole. La vegetazione quasi esclusivamente erbacea, con prevalenza di
graminacee.
A climi di tipo continentale delle medie latitudini si associano le pra-
terie a erbe alte, come quelle dellAmerica settentrionale. Formazioni,
quali le pampas dellArgentina, si registrano dove le piogge risultano
ancor pi scarse.
La steppa la formazione pi caratteristica delle praterie a erbe basse;
la vegetazione tende a raggrupparsi in ciuffi e a distribuirsi sul terreno
in maniera irregolare. La steppa, che trova diffusione dallequatore fino
a circa 55 N, si adatta sia ai climi caldi sia a quelli molto freddi.
Verso latitudini ancora pi elevate si entra nei climi polari; il freddo
condiziona la vegetazione che priva di alberi. Oltre alle temperature
molto basse e ai forti venti invernali, si aggiunge lostacolo del suolo,
spesso gelato, che non consente alle radici di penetrare in profondit.
In queste aree si ha il paesaggio della tundra, una formazione erbacea
con prevalenza di muschi e licheni.
La fauna, che in parte comune alle contigue foreste boreali, carat-
terizzata dalla presenza dellorso bianco, del bue muschiato, di molti
pinnipedi (foche e trichechi) e di numerosi uccelli.
Aspetti simili alle tundre presentano i prati di alta montagna.

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Lestrema scarsit di precipitazioni porta, infine, al deserto, caratte-


rizzato dalla mancanza di acque correnti e dalla prevalente azione eolica.
Nellambiente desertico la vegetazione nulla o molto scarsa e le poche
piante eventualmente esistenti devono adattarsi a situazioni ambientali
difficili in vari modi:
con lapprofondimento delle radici per ricercare lacqua nel sotto-
suolo;
con la presenza di foglie piccole e dure (in alcuni casi trasformate in
spine) per diminuire la superficie evaporante;
con laccumulo di riserve di acqua negli organi sotterranei o nelle parti
che sono particolarmente protette contro levaporazione.
Le specie animali che possono vivere nei deserti sono poche e limitate
a quelle resistenti alla sete, come i cammelli.
Nei deserti a inverno freddo la rara vegetazione pi arbustiva che
erbacea. Il deserto non offre certamente condizioni favorevoli alluomo;
tuttavia, sia pure in modo discontinuo, talune regioni aride accolgono
discreti nuclei di popolazione.

4.7 Uomo e clima

Si gi detto che uno dei fattori climatici oggi pi importanti rap-


presentato dallazione antropica.
Luomo nel corso del tempo si adattato alle diverse condizioni cli-
matiche. Le sue attivit hanno spesso relazioni con il clima attraverso
modificazioni volontarie: provocare la pioggia in zone aride, ridurre i
danni da grandine, diradare le nebbie invernali, diboscare intensiva-
mente, deviare fiumi e prosciugare zone umide. Il lago dAral, ad esem-
pio, sta in pratica scomparendo per le deviazioni dei fiumi Amur-Darya
in Uzbekistan e Syr-Darya in Kazakistan avviate negli anni Sessanta
dallUnione Sovietica; recente lintenzione di costruire un canale di
oltre 2 mila chilometri per deviare il 7% delle acque del fiume Ob fino
allAmur-Darya, in risposta allannoso problema dellacqua negli assetati
Paesi centro-asiatici.
Un esito delle modificazioni del clima risiede nel fenomeno sempre
pi appariscente dellurbanizzazione; e cos le attuali megalopoli (so-
prattutto quelle a medie e alte latitudini) generano effetti da lungo
tempo conosciuti e studiati, il pi importante dei quali appare lisola
termica urbana, il cui effetto pi vistoso un evidente innalzamento

61
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della temperatura (soprattutto nel periodo freddo) provocato dal calore


immesso nellaria dalle fabbriche, dal traffico automobilistico e dal ri-
scaldamento domestico.
Ma linquinamento genera anche lo smog (dallinglese smoke e fog) e
le piogge acide (prodotte dallimmissione in aria soprattutto di ossidi
di zolfo e di azoto), che causano seri danni ad animali e terreni agricoli.
Tra le variazioni involontarie con effetti sul tempo atmosferico e sul
clima va in primo luogo annoverato laumento della temperatura, do-
vuta specialmente da combustibili fossili, che porter a un ulteriore sur-
riscaldamento atmosferico globale (Global Worming), un fenomeno il
cui effetto, nella ipotesi pi catastrofica, prevede linnalzamento del li-
vello medio del mare di 90 centimetri rispetto allattuale.
Di maggiore evidenza sono andamenti climatici misurabili nellarco
di una o due stagioni successive che hanno favorito, in molti casi, situa-
zioni socio-politiche di particolare stress. Nel Corno dAfrica due sta-
gioni di scarse piogge (nel biennio 2010-2011), hanno causato la
peggiore siccit degli ultimi 60 anni, determinando un aumento fortis-
simo del prezzo del grano e riducendo la disponibilit di alimenti per
la popolazione e per il bestiame, una delle principali fonti di sussistenza.
La desertificazione la degradazione del terreno, estesa ad ampie re-
gioni (una volta estranee a tale fenomeno), come risultante di concomi-
tanti cause naturali e umane. Queste ultime si producono per la scarsa
attenzione alla sostenibilit ambientale con esiti in alcuni casi irreversi-
bili o comunque difficili da recuperare. Le cause possono essere mol-
teplici: ad esempio lindiscriminato uso del suolo, la deforestazione, gli
incendi, lo scriteriato sfruttamento delle risorse idriche, gli effetti del-
lurbanizzazione e dellindustrializzazione, limpennata nella domanda
di risorse energetiche fossili.
Il processo di desertificazione di ampi spazi, precedentemente colti-
vati e vivibili, rappresenta un grave problema. Le regioni colpite hanno
spesso climi difficili, con piovosit scarsa e molto irregolare e con tem-
perature che in alcuni casi possono essere molto calde nelle ore diurne
e molto fredde in quelle notturne. Anche le forme del terreno (o troppo
ripide o eccessivamente piatte) possono contribuire a determinare una
situazione di generale difficolt idrografica. Le caratteristiche fisiche
condizionano il tipo di suolo e di vegetazione; su entrambi interferisce
luomo. In passato le foreste tropicali che circondavano il deserto fu-
rono diboscate con il fuoco e messe a coltura; quando la fertilit di un

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terreno si esauriva, i coltivatori avanzavano sempre allinterno della fo-


resta diboscandone altre parti. Pure lintroduzione, non sempre attenta,
di nuove tecniche agricole, lo sfruttamento eccessivamente intenso del
pascolo, la coltivazione di alcune specie vegetali non originarie e non
bene ambientabili possono condurre a un grave impoverimento del
suolo, a una irregolare e non controllabile utilizzazione delle acque e,
in un secondo tempo, alla desertificazione.
Il termine desertificazione si configura, quindi, come un generico de-
grado delle terre in particolari ambiti climatici (soprattutto semiaridi e
sub-umidi secchi), e non necessariamente come lespansione dei deserti
veri e propri: desertizzazione.

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Capitolo quinto

IDROSFERA

5.1 Il mare: risorse e problemi

Oltre il 70% della superficie del pianeta Terra (pi di 360 milioni di
km2) occupato dal mare; un dato che fa comprendere la sua impor-
tanza cruciale nelle relazioni uomo-ambiente. una quantit corrispon-
dente al 97% di tutte le acque presenti nel pianeta; il restante 3% si
trova nelle calotte glaciali allo stato solido (2%) o nellacqua dolce con-
tinentale, in prevalenza laghi e fiumi (1%).
Le acque marine stanno assumendo unimportanza sempre maggiore
nella vita delluomo, tanto che le fasce costiere attraggono carichi di po-
polazione in costante e forte incremento. Pesca e acquacoltura, trasporti
e turismo costituiscono attivit diverse, ma tutte in grande sviluppo. Il
mare non solo una riserva alimentare straordinaria e una rilevante
fonte di energia, ma rappresenta anche un enorme giacimento di mate-
rie prime, con prospettive significative per il futuro, grazie ad esempio
ai noduli polimetallici: concrezioni di minerali, generalmente del dia-
metro di 5-10 cm, che si trovano sui fondali marini e sono costituite in
prevalenza di manganese, ferro, nichel, rame e cobalto.
Quantit enormi di idrocarburi, sia liquidi (petrolio) sia gassosi (gas
naturale) provengono da giacimenti offshore (ovvero da strutture geo-
logiche sedimentarie appartenenti alla piattaforma continentale). Ma
dal mare si possono ricavare fonti energetiche rinnovabili, bench il loro
impiego sia perlopi in fase sperimentale. Di grande interesse lenergia
mareomotrice, ricavabile dagli spostamenti dacqua prodotti dalle
maree; si segnala la centrale francese della Bretagna, alla foce del fiume
Rance fra Saint-Malo e Dinard, costruita tra il 1961 e il 1966.
Le possibilit di desalinizzazione per uso potabile ne fanno, poi, una
risorsa strategica dacqua dolce. Il futuro sullutilizzo delle acque marine
apre, quindi, orizzonti in parte ancora inediti.
Tuttavia, sebbene le capacit autodepurative del mare siano partico-

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larmente forti, le aggressioni che subisce da parte delle attivit del-


luomo sono tali da rendere ben visibili i danni prodotti. Linquina-
mento marino in alcune aree divenuto insostenibile, con ricadute
pesanti per luomo e la sua salute. Basti soltanto pensare che le sostanze
tossiche riversate in mare vengono da questo restituite attraverso i pro-
dotti contaminati, innanzi tutto il pesce.
Gravissimi, inoltre, sono i disastri ambientali causati dalla perdita del
petrolio in mare. Questultimo, avendo un peso specifico minore dellac-
qua, forma dapprima una pellicola superficiale impermeabile allossigeno,
che procura sia danni diretti alla macrofauna sia al plancton. La successiva
precipitazione sul fondale, poi, ha effetti nefasti sugli organismi bentonici.
La bonifica dellambiente danneggiato richiede mesi o anni. Non facile
calcolare la quantit di idrocarburi che ogni anno dispersa in mare (4
milioni circa di tonnellate, secondo alcune stime). Solo a titolo esempli-
ficativo si pu ricordare la catastrofe ambientale prodotta dalla piatta-
forma petrolifera Deepwater Horizon, con uno sversamento di petrolio
nelle acque del Golfo del Messico (Pozzo Macondo, a oltre 1.500 m di
profondit), iniziato il 20 aprile 2010 e concluso il 4 agosto 2010. Milioni
di barili di petrolio hanno galleggiato sulle acque di fronte alle coste Usa
degli Stati di Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida.

5.2 Caratteristiche del mare

Le distese maggiori, che si aprono tra un continente e laltro, sono de-


nominate oceani (Pacifico, Atlantico, Indiano), mentre con il termine
mare sintende unarea racchiusa per lunghi tratti da terre emerse. La
profondit media delle acque oceaniche di: m 4028 nel Pacifico, m
3926 nellAtlantico, m 3963 nellIndiano.
La pi nota caratteristica dellacqua del mare di essere salata. La sa-
linit si esprime calcolando quanti grammi di sale sono contenuti in un
chilogrammo di acqua. La salinit media pari al 35 (ovvero 35
grammi di sale in un chilogrammo di acqua).
Fra i vari tipi di sali disciolti nellacqua prevale (circa 25 grammi su
35) il cloruro di sodio, cio il comune sale di cucina; tra gli altri sali si
segnalano il cloruro di magnesio, il solfato di magnesio, il solfato di cal-
cio, il solfato di potassio Il grado di salinit varia da un mare allaltro,
dipendendo dallintensit dellevaporazione, dalla quantit delle preci-
pitazioni, dal disgelo dei ghiacciai, dallapporto delle acque dolci dei

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fiumi. Nei mari tropicali, caldi e poveri di piogge, la salinit risulta mag-
giore rispetto ai mari freddi.
Importanza notevolissima per la vita, vegetale e animale, riveste los-
sigeno, che trattenuto in piccole quantit insieme ad altri gas disciolti
nel mare, come azoto (il pi abbondante di tutti), argon, idrogeno e ani-
dride carbonica (rilevante nella fotosintesi clorofilliana). Lossigeno li-
bero in soluzione presente soprattutto nello strato superficiale
dellacqua marina, sia per linterazione con latmosfera sia per lattivit
della vita vegetale, giacch le piante producono ossigeno.
Pure la temperatura cambia con la profondit, con le stagioni e con la
latitudine, anche se queste variazioni sono meno marcate rispetto alle
terre emerse (funzione mitigatrice del mare). Il riscaldamento, infatti, de-
riva dai raggi solari, che agiscono sugli strati superficiali. Nellemisfero
boreale le temperature massime si registrano ad agosto, le minime a feb-
braio. Le temperature maggiori (in superficie) si riscontrano nei mari tro-
picali (28C), ma in alcuni mari quasi del tutto chiusi, come il Mar Rosso
e il Golfo Persico, si possono raggiungere temperature fino a 35C.
I mari polari hanno, al contrario, temperature superficiali prossime o
addirittura inferiori a 0C (lacqua marina gela a 2C). Nel Mar Gla-
ciale Artico e intorno allAntartide vi sono zone dove il mare, costante-
mente ghiacciato, forma la banchisa. Vi sono altre zone, invece, dove
durante la stagione estiva il ghiaccio, per linnalzamento della tempe-
ratura, si rompe in lastroni, che trascinati dalle correnti si dirigono verso
latitudini pi basse fino a sciogliersi. Gli iceberg (dallinglese monte di
ghiaccio), invece, sono costituiti da acqua continentale ghiacciata, che
si staccano dalle lingue glaciali dellAntartide o dalle isole polari e vanno
alla deriva anche in zone molto lontane dal luogo dorigine, fino a fon-
dersi. La parte sommersa di un iceberg circa 7-8 volte maggiore di
quella che emerge.
Al di sotto dei 200 metri le acque oceaniche hanno temperature
fredde, che variano in genere dai +3C a quasi 0C nelle fosse abissali.
Sui fondali atlantici si misurano temperature di 2-3C. Si stima che la
temperatura media di tutta la massa oceanica sia pari a 3,8C.

5.3 I movimenti del mare: onde, maree, correnti marine

Mari e oceani sono soggetti a continuo moto, come si osserva stando


su una spiaggia o su unimbarcazione; tali movimenti possono essere di

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vario tipo. Quello pi visibile costituito dalle onde, che sono provocate
dal vento; queste presentano una cresta (o dorso) e un cavo (o depres-
sione). La distanza fra cresta e fondo del cavo laltezza donda, mentre
quella fra due creste o cavi successivi si dice lunghezza donda.
Durante il movimento delle onde, lacqua non subisce spostamenti
orizzontali, come si nota osservando un oggetto galleggiante; questul-
timo, infatti, sale e scende senza spostarsi in modo evidente. In altri ter-
mini, il movimento ondoso in prevalenza verticale, poich ogni singola
particella dacqua descrive unorbita quasi circolare.
Laltezza delle onde, che dipende innanzi tutto dalla forza del vento,
generalmente non supera i 7-8 metri, anche se in casi eccezionali pu
giungere fino a un massimo di 15 metri. Avvicinandosi alla costa, londa
comincia a deformarsi: la parte inferiore dellonda rallenta incontrando
il fondale, fino a frangersi (formazione dei frangenti di spiaggia). Scom-
pare cos il movimento circolare, prevalentemente verticale, che so-
stituito da un vero e proprio trasporto dacqua.
Stando sulla spiaggia si pu osservare come il livello del mare vari
nellarco della giornata, con un movimento ritmico periodico (flusso =
innalzamento; riflusso = abbassamento). Unoscillazione completa, di
alta e bassa marea, si esaurisce in 12 ore e 25 minuti. La massima altezza
dellacqua detta alta marea, mentre quando il mare raggiunge il livello
minimo si parla di bassa marea. La differenza fra il livello massimo e
quello minimo si chiama ampiezza di marea o amplitudine.
Le maggiori maree si verificano nei golfi direttamente collegati con
gli oceani, dove in qualche caso si possono sfiorare i 20 metri di ampli-
tudine (m 19,6 nella Baia di Fundy in Canada, m 18 a Rio Gallegos in
Argentina). In Europa notevoli ampiezze di marea si registrano nelle
coste inglesi e in quelle oceaniche della Francia (oltre 13 metri nel golfo
di Saint-Malo). Nei mari chiusi le ampiezze di marea sono piuttosto ri-
dotte; nel Mediterraneo, ad esempio, il dislivello fra alta e bassa marea
si aggira generalmente tra i 20 e i 50 centimetri. La configurazione dei
bacini di mari e oceani produce modifiche anche consistenti rispetto al
modello teorico di acque, elaborato come se queste ricoprissero in
modo uniforme tutto il pianeta.
Lorigine delle maree dovuta allattrazione gravitazionale della Luna
e, in misura minore, del Sole, il quale ha una massa di gran lunga supe-
riore, ma si trova a una distanza enormemente pi grande. Limportanza
del fattore Luna provata anche dalla considerazione che due movi-

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menti oscillatori completi durano 24 ore e 50 minuti, e quindi come il


giorno lunare, che pi lungo di quello solare.
Lampiezza di marea raggiunge i valori pi alti quando lattrazione lu-
nare si somma con quella solare; questa situazione avviene al momento
della congiunzione (novilunio) o dellopposizione (plenilunio) dei due
corpi celesti.
Nei mari e negli oceani esistono circolazioni superficiali e interne, che
producono effetti notevoli sul clima, sullambiente biologico dei mari e
su molte attivit delluomo.
Le correnti marine sono masse dacqua che si spostano in una direzione
quasi costante, con caratteristiche proprie e diverse da quelle delle acque
contigue alle coste. Il loro movimento dipende dalla spinta impressa dai
venti prevalenti, costanti (gli alisei) o periodici (i monsoni), che trasferi-
scono la loro energia allacqua. La rotazione terrestre riveste, poi, unin-
fluenza primaria sulla direzione delle correnti, che deviano verso destra
(rispetto alla direzione del movimento) nellemisfero settentrionale (o bo-
reale) e verso sinistra in quello meridionale (o australe). Vengono in que-
sto modo a formarsi veri e propri circuiti oceanici di masse dacqua in
senso orario nellemisfero boreale, in senso antiorario in quello australe.
Nel determinare la direzione delle correnti marine influisce anche la
conformazione dei continenti. Le correnti, infatti, messe in movimento
inizialmente dai venti, possono urtare contro le coste ed essere deviate.
Occorre, infine, considerare le differenze di temperatura e di salinit (e
quindi di densit), che si registrano tra due aree oceaniche; in tal caso
si forma una corrente che tende a riequilibrare le differenze esistenti.
Le correnti marine si distinguono in calde e fredde. Le prime, che
provengono dalle regioni equatoriali e si dirigono verso latitudini pi
elevate, hanno temperature superiori a quelle dei mari entro cui sincu-
neano. Le correnti fredde, invece, che hanno origine dalle regioni polari
e si dirigono verso latitudini pi basse, presentano temperature inferiori
a quelle delle acque circostanti. Quindi i termini caldo e freddo devono
intendersi in senso relativo e non assoluto.
facilmente comprensibile come i grandi sistemi di correnti svolgano
anche un importante ruolo di equilibrio termico; consentono, infatti,
uno scambio di calore tra le fredde regioni polari e le calde regioni equa-
toriali. Si ricorda a questo proposito che nella parte settentrionale del-
lOceano Indiano le correnti marine seguono un senso di scorrimento
alternato, in quanto sono spinte dai monsoni, venti periodici a direzione

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stagionale diversa.
A livello locale le correnti marine rivestono grande importanza, poich
svolgono unazione mitigatrice sulle aree costiere delle fredde regioni nor-
diche e unazione rinfrescante sulle fasce costiere dei deserti tropicali.

5.4 Il ciclo dellacqua

Atmosfera, litosfera e idrosfera non sono porzioni distinte e tra loro


scollate del pianeta Terra, ma sono in relazione strettissima, facilmente
costatabile quando si osserva la pioggia o lacqua che scorre in un fiume
o sfocia in mare. Ma anche levaporazione, sebbene costituisca feno-
meno meno visibile, osservabile, soprattutto nei suoi effetti (ad esem-
pio nel prosciugamento di pozze dacqua). Lacqua, variando il suo stato
fisico, evapora dagli oceani, simmette nellaria e ritorna sulla superficie
in forma liquida (pioggia) o solida (neve o grandine). Lacqua attiva un
ciclo vitale che luomo ha colto fin dallantichit, ad esempio nella Bib-
bia (Isaia 55. 10-11).
Gli oceani costituiscono la grande riserva dacqua del pianeta. Alleva-

Ciclo dellacqua.

porazione proveniente dalle superfici oceaniche, che di circa 455.000


km3 lanno, si aggiungono altri 62.000 km3 provenienti dal suolo, dalle
piante (traspirazione) e dalle acque continentali (correnti, sotterranee,
laghi, stagni, e ghiacciai).
La stessa quantit dacqua dovrebbe ritornare sulla superficie del pia-

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neta allo stato liquido o solido per il mantenimento dellequilibrio, men-


tre in realt le terre emerse ne ricevono poco meno di 110.000 km3 e gli
oceani poco meno di 410.000 km3. Quindi i continenti nellinsieme ri-
cevono molta pi acqua di quella che perdono per evaporazione con
un bilancio idrico positivo essenziale per la vita e le attivit delluomo.
Leccedenza, che pu essere utilizzata per molteplici usi, scorre in su-
perficie (fiumi, torrenti ecc.) o sotterranea (alimentazione delle falde
freatiche).
Il bilancio idrologico, tuttavia, positivo per le terre emerse in una
valutazione planetaria; se il riferimento passa a scala regionale, la situa-
zione cambia a seconda delle particolari condizioni climatiche. Le re-
gioni con climi equatoriali, molto piovosi, hanno sempre abbondanza
di acque, mentre quelle con climi desertici presentano deficit dacqua
rilevanti, anche per tutto lanno.
Il deflusso avviene generalmente in mare, attraverso le foci dei fiumi,
nelle regioni esoreiche; i territori endoreici hanno corsi dacqua perma-
nenti o temporanei, che per non sboccano al mare, ma terminano il
loro corso in un lago chiuso, come ad esempio il Mar Caspio, o in

Foto aerea del delta interno formato dal fiume Okavango, che sfocia nella sabbia del
deserto del Kalahari in Botswana.

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unarea desertica o semidesertica, come il fiume Okavango, in Africa


Australe. Areici sono tutti quei territori, in prevalenza deserti, che sono
privi di unidrografia superficiale.

5.5 Le sorgenti e i fiumi

La pioggia che cade sulle terre emerse scorre sulla superficie, ma in


parte penetra nel sottosuolo, pi o meno rapidamente, a seconda della
natura del terreno e della disposizione delle rocce. Se queste ultime
sono porose, quindi con piccoli spazi vuoti tra un granulo e laltro, op-
pure sono fessurate, si dicono permeabili (ad esempio le sabbie e le
ghiaie), perch si lasciano facilmente attraversare dallacqua. Al contra-
rio si dicono impermeabili le rocce molto compatte, come le argille, che
non si lasciano con facilit attraversare dallacqua.
Le acque penetrate nei terreni permeabili per forza di gravit pos-
sono incontrare uno strato di roccia impermeabile. Si viene a formare
allora una falda dacqua, detta freatica [dal greco frar = pozzo], che,
se fuoriesce in superficie, quando il pendio di un monte o di una collina
la taglia, forma una sorgente.
Una parte delle acque scorre sulla superficie, anche se la pendenza
molto bassa, e alimenta i corsi dacqua: fiumi e torrenti (corsi dacqua
brevi e irregolari). Il solco di scorrimento detto alveo o letto.
Per descrivere un corso dacqua occorre utilizzare una serie di para-
metri, i pi importanti dei quali sono: lunghezza, pendenza, velocit,
bacino, portata, regime.
La lunghezza di un fiume (dalla sorgente alla foce) pu raggiungere
distanze ragguardevoli, dipendendo dallestensione e dalla conforma-
zione morfologica di un territorio: Nilo-Kagera (Africa nordorientale)
6671 km; Rio delle Amazzoni-Ucayali (America meridionale) 6280 km;
Mississippi-Missouri-Red Rock (America settentrionale) 5970 km;
Chang Jiang = Yangtze (Asia orientale) 5800 km; Volga (Europa orien-
tale) 3531 km; Danubio (Europa centro-orientale) 2860 km.
La pendenza il rapporto tra il dislivello sorgente-foce e la lunghezza
di un fiume. La pendenza bassa nei fiumi il cui corso si sviluppa prin-
cipalmente in pianura, mentre notevolissima nei torrenti montani. Ma
anche nellambito di uno stesso corso dacqua la pendenza varia dal
corso superiore (dove maggiore) a quello medio, a quello inferiore
(dove minima).

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La velocit dipende in gran parte dalla pendenza e quindi varia con


essa. Altri fattori che hanno influenza su questo parametro sono la pro-
fondit dellacqua e la rugosit del letto, che deriva in parte dalla natura
delle rocce.
Il bacino di un fiume (bacino idrografico) comprende tutta la super-
ficie che convoglia le sue acque in un determinato fiume ed delimitata
dalla linea di spartiacque. Lampiezza del bacino naturalmente colle-
gata alla lunghezza del fiume, pur non essendovi una corrispondenza
precisa: Rio delle Amazzoni-Ucayali 6.145.000 km2, Congo 3.731.000
km2, Mississippi-Missouri 3.202.000 km2, Nilo-Kagera 2.867.000 km2,
Volga 1.360.000 km2, Po 74.970 km2.
La portata indica la quantit dacqua che passa attraverso una sezione
trasversale del fiume nellunit di tempo; si esprime di solito in metri
cubi al secondo. La portata, che dipende in modo molto stretto dalla
quantit e dallintensit delle precipitazioni, pu variare sensibilmente
nel corso dellanno. Per ciascun corso dacqua si pu calcolare una por-
tata media, una minima (di magra) e una massima (di piena). Si stima
che tutti i fiumi versino in mare 750.000 m3 dacqua al secondo. Poich
i corsi dacqua trasportano in soluzione, sospensione o per trascina-
mento sul fondo anche materiale solido (detriti di varia dimensione e
forma) utile, soprattutto per gli effetti morfologici prodotti, conoscere
la portata solida di un corso dacqua.
Il regime la variazione della portata durante le diverse stagioni del-
lanno. Esso dipende in larga misura dal regime pluviometrico e dalle
caratteristiche del bacino idrografico: topografia, struttura geologica,
presenza di vegetazione, opere delluomo. Esistono fiumi a regime co-
stante (regolare), ma la maggior parte hanno oscillazioni pi o meno
forti, con minimi e massimi nei vari periodi dellanno.
In alcuni casi, generalmente dopo piogge prolungate e abbondanti,
lalveo non riesce a contenere pi la portata del fiume, le cui acque
quindi si espandono sui terreni adiacenti. Piene molto forti producono
inondazioni e alluvioni; lOreto, un piccolo torrente presso Palermo,
nel 1931 sommerse, in seguito a una piena disastrosa, met del capo-
luogo siciliano. Il 25 ottobre 2011 precipitazioni intensissime cadute
nello Spezzino (Liguria) e in Lunigiana (Toscana) hanno prodotto la
piena dei fiumi Vara e Magra e dei loro affluenti, con conseguenti spa-
ventose inondazioni, che hanno colpito duramente i centri abitati di
Borghetto di Vara, Brugnato, Bonassola, Levanto, Monterosso al Mare,

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Vernazza, Aulla. A questo evento seguita lalluvione di Genova (4 no-


vembre 2011), anchessa causata da fortissime precipitazioni che hanno
registrato punte superiori ai 500 mm in poche ore in diverse zone del
capoluogo e provincia con lesondazione dei torrenti Bisagno e Fereg-
giano e la piena dei torrenti Sturla, Scrivia ed Entella. Eventi naturali,
certamente straordinari, producono guasti enormi anche a causa delle
trasformazioni operate dalluomo e a volte di interventi dissennati. Di-
boscamenti radicali di versanti, costruzioni e cementificazioni eccessive
in luoghi particolarmente sensibili, riduzioni degli alvei dei fiumi sono
alcune delle azioni antropiche che incidono in maniera negativa sullo
scorrimento delle acque correnti.

5.6 I laghi e gli stagni

Lacqua che scorre se incontra una concavit del terreno pu accu-


mularsi, formando un lago (o uno stagno se la profondit minima).
Con il termine palude sintende una depressione coperta da uno strato
ridottissimo di acque, con abbondanza di vegetazione. Lestensione del
bacino lacustre varia moltissimo, potendo sfiorare gli 85.000 km2, come
nel caso del Lago Superiore tra USA e Canada. Il Mar Caspio pi
ampio dellItalia (371.000 km2).
Sommando la superficie di tutti i laghi del mondo si ottiene unarea
di 2.600.000 km2, superiore a quella dello stesso Mare Mediterraneo.
Anche le profondit variano notevolmente, da pochi metri a oltre
1500 metri; la massima profondit raggiunta nel Lago Bajkal, in Russia
(- 1620 m).
Lacqua del lago proviene sia dalle precipitazioni sia dai corsi dacqua
che vi sboccano (immissari), sia da eventuali sorgenti presenti sul fondo
o lungo le sponde. Lacqua che progressivamente si aggiunge viene
smaltita in parte per evaporazione, in parte per mezzo di un corso dac-
qua che esce dal lago (emissario). Un lago si dice chiuso quando privo
di emissario.
Lorigine di un lago avviene per una serie di cause; una delle principali
costituita dallo sbarramento di una valle. I pi grandi laghi italiani,
quelli subalpini, si sono formati, dopo lo scioglimento dei ghiacci, in
seguito allostruzione della valle determinata da depositi morenici.
Vi sono laghi, caratteristici per la loro figura ellittica e subcircolare,
formatisi in particolari condizioni geologiche entro cavit pi o meno

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complesse di antichi crateri vulcanici (ad esempio i laghi laziali di Bol-


sena, di Vico e di Bracciano).
LItalia conta, inoltre, numerosi laghi costieri, fra cui: Sabaudia e Fo-
gliano (Lazio), Fusaro (Campania), Lsina e Varano (Puglia).
I maggiori laghi mondiali, tuttavia, si trovano in cavit costituitesi in
seguito a movimenti della crosta terrestre (laghi tettonici). Fra questi
ultimi si ricordano, oltre al citato Bajkal, i laghi africani Tanganica e
Malawi.
Risale ai tempi preistorici (villaggi di palafitte) linsediamento sulle
rive dei laghi, che costituivano un rilevante serbatoio alimentare, fruibile
mediante la pesca.
I laghi pi grandi servono anche per i trasporti; si pu ricordare il si-
stema dei Grandi Laghi nordamericani: i cinque laghi principali (Supe-
riore, Michigan, Huron, Erie, Ontario), collegati fra loro e con lOceano
Atlantico dal fiume San Lorenzo, sono percorsi da grosse navi, che pos-
sono compiere un tragitto di ben 3770 km.
Le acque dei laghi possono essere utilizzate per lirrigazione dei campi;
si ricorda, infine, limportanza turistica del lago (possibilit di praticare
alcuni sport acquatici, bellezza del paesaggio, pesca sportiva ecc.).

5.7 I ghiacciai

Poich la temperatura diminuisce con laumentare della quota, nelle


montagne pi elevate le precipitazioni atmosferiche sono in prevalenza
o esclusivamente a carattere nevoso; si pu, cos, calcolare un limite
sopra il quale la neve rimane per sempre, pure nella stagione estiva.
Ogni anno nuovi strati di neve vanno ad aggiungersi a quelli prima ac-
cumulati, per cui nel manto avvengono varie modificazioni che portano
alla formazione di ghiaccio cristallino.
In qualche caso gli ammassi di neve, anche se a quote superiori al li-
mite delle nevi permanenti, non riescono a trasformarsi in ghiaccio per-
ch a causa di equilibri instabili e di repentini cambiamenti di
temperatura, precipitano a valle, causando le valanghe.
Il limite delle nevi permanenti non si trova a uguale altitudine su tutta
la superficie terrestre, ma aumenta secondo la latitudine, procedendo
dalle aree pi fredde a quelle pi calde. Infatti, nella zona equatoriale
bisogna raggiungere altitudini particolarmente elevate per trovare la
neve tutto lanno, mentre nellAntartide si deposita al livello del mare.

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LIMITE DELLE NEVI PERMANENTI


Localit Latitudine Altitudine
Isole Svalbard (Norvegia) 78 N 50 metri
Oppland (Norvegia) 60 N 1600 metri
Alpi Graie (Italia) 46 N 2700 metri
Appennino centrale (Italia) 42 N 2900 metri
Himalaya (Nepal) 30 N 5000 metri
Ausangate (Ande peruviane) 16 S 5550 metri

Quando il ghiaccio raggiunge uno spessore particolarmente consi-


stente (da 50 a 100 metri e oltre) si comporta come se fosse costituito
da materiale plastico ed quindi soggetto a un lento scorrimento, espan-
dendosi su una superficie orizzontale o scivolando verso il basso. Si for-
mano cos i ghiacciai, grandi masse di ghiaccio terrestre in movimento,
distinguibili in due grandi categorie: di montagna e continentali. I primi,
lunghi e stretti, occupano valli preesistenti; i secondi possono estendersi
su una superficie notevolmente ampia, sommersa da coltri molto spesse.

Sezione di un ghiacciaio, con il circo e la lingua glaciale.

In un anno il ghiaccio pu percorrere da qualche metro (soprattutto


nei ghiacciai pi piccoli) fino a oltre un chilometro nei grandi ghiacciai
montani. I ghiacciai presentano dimensioni diverse, che possono rag-
giungere anche parecchie centinaia di chilometri quadrati.
Se il fondo roccioso irregolare, si generano tensioni che producono
crepacci; questi sono particolarmente frequenti e profondi in prossimit
di rotture di pendio (seracchi).
Nella sua parte pi alta, al di sopra del limite delle nevi, vi il bacino
collettore del ghiacciaio. Nei ghiacciai di montagna la parte superiore
ha spesso la forma di ventaglio (circo glaciale), mentre quella inferiore

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La lingua glaciale denominata Athabasca, appartenente al grande Ghiacciaio


Columbia (Parco nazionale di Banff, Canada).

lunga e ristretta (lingua del ghiacciaio).


Nella parte sotto la linea delle nevi permanenti prevale, invece, la fu-
sione. Il termine tecnico-scientifico utilizzato ablazione, che com-
prende sia la fusione sia levaporazione; la fusione diviene sempre pi
consistente man mano che il ghiacciaio si trova ad altitudini inferiori.
A un certo punto la lingua glaciale termina con un fronte, dal quale fuo-
riesce acqua fusa, che va ad alimentare il torrente glaciale.

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Capitolo sesto

IL VOLTO DELLA TERRA

6.1 Le forme del terreno

Per la prima volta nel 1888 fu utilizzato, dallo statunitense William


John McGee, il termine geomorfologia, per indicare la scienza che stu-
dia le forme del rilievo, sia subaereo sia subacqueo, e i processi di mo-
dellamento riguardanti la parte superficiale della crosta terrestre.
Stretti sono i collegamenti che questa disciplina intrattiene con la geo-
logia (litologia, stratigrafia, tettonica), lidrografia (fluviale, lacustre, ma-
rina), la glaciologia, la climatologia, cos come forti sono le relazioni tra
idrosfera, atmosfera e litosfera. Anche la geografia, per, ha uno spic-
cato interesse per la geomorfologia, perch con le forme del terreno
che luomo si deve confrontare nella sua costante azione sulla superficie
terrestre.
I fattori che modellano la superficie terrestre, ovvero gli agenti mor-
fogenetici, si dividono in due grandi categorie:
forze endogene o interne, relative ai vulcani e ai movimenti tettonici
in genere;
forze esogene o esterne, relative allazione delle acque correnti (di su-
perficie e sotterranee), dei ghiacciai, delle onde marine, del vento ecc.
Le prime forze tendono a produrre dislivelli (soprattutto in eleva-
zione), mentre le seconde tendono a eliminarli, demolendo le aree sol-
levate e colmando le depressioni.
Le forze esogene, infatti, plasmano la superficie terrestre attraverso
una triplice azione sui complessi litoidi: erosione, trasporto, sedimen-
tazione.
Il modellamento della superficie terrestre avviene in modo progressivo
e in tempi generalmente (anche se non sempre) molto lunghi.
Quando, per motivi legati alla dinamica della crosta terrestre, una
grande massa di litosfera si solleva, gli agenti esogeni iniziano a com-
piere la loro azione di erosione, trasporto e sedimentazione, dando cia-

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scuno origine a specifiche forme, che muteranno nel tempo. il ciclo


derosione, che costituito da tre stadi principali: giovinezza, maturit,
senilit. Il rilievo passer, quindi, attraverso questi diversi stadi ricono-
scibili proprio dai vari segni impressi dagli agenti, finch si arriver a
una fase finale di superficie quasi pianeggiante o penepiano. lo stadio
ultimo, che per sar sempre soggetto a mutamento, quando le forze
endogene riprendono la loro attivit o quando si verifica un forte cam-
biamento climatico. Nel primo caso si pu assistere a un nuovo solle-
vamento della litosfera; nel secondo caso un raffreddamento delle
temperature pu far aumentare la massa delle calotte glaciali e abbas-
sare il livello medio del mare. In tutti questi casi avviene un processo
detto di ringiovanimento, con limpostazione di un nuovo ciclo dero-
sione.

6.2 La degradazione meteorica e i movimenti franosi

Le rocce subiscono un continuo processo di degradazione e altera-


zione, prodotto dagli agenti atmosferici, che le trasforma, rendendole
in qualche modo pi facilmente attaccabili dallerosione vera e propria
esercitata dalle acque correnti, dai ghiacciai, dalle onde del mare, dal
vento.
Questi processi di degradazione e alterazione possono essere fisici e
chimici. I primi, dovuti soprattutto alle oscillazioni di temperatura tra
giorno (riscaldamento) e notte (raffreddamento), fanno valere la loro
forza disgregante se le differenze termiche sono molto forti e rapide,
ma, ancor di pi, se comportano il congelamento e la fusione delle
acque meteoriche (quando la temperatura oscilla intorno a +/- 0C). In
queste condizioni, infatti, le rocce sono sottoposte a dilatazioni e con-
trazioni, che innestano un processo di frantumazione: termoclastismo.
un processo che si manifesta pi evidente quando le rocce sono scure,
per il maggior assorbimento di calore e quindi di dilatazione, oppure
quando sono eterogenee, poich i vari componenti si riscaldano (e si
dilatano) in misura diversa.
Pi potente il processo di frantumazione e disgregazione di materiale
roccioso, quando lacqua che congela e si dilata esercita la sua pres-
sione nelle porosit e fratture delle rocce. Alla base di questo fenomeno
vi il susseguirsi di gelo e disgelo, particolarmente frequente in am-
biente glaciale e periglaciale, ovvero in aree di montagna o di pianura

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ma ad alte latitudini (crioclastismo).


Anche organismi viventi possono agevolare la disgregazione delle
rocce (bioclastismo); si pensi allazione delle radici, che possono allar-
gare e approfondire fessure preesistenti nelle rocce.
I processi chimici sono dovuti soprattutto allazione dellossigeno, del-
lacqua e dellanidride carbonica e si manifestano con maggiore efficacia
nelle regioni calde e umide. Ad esempio da rocce magmatiche ricche
di minerali alluminosilicati si possono produrre argille, lateriti, bauxiti
(bioclastismo).
La frana la pi dannosa forma di erosione dei versanti; pu definirsi
come la caduta improvvisa (o comunque abbastanza rapida) di una
grande quantit di massa litoide prodotta dalla forza di gravit; que-
stultima, peraltro, agisce in modo diretto o indiretto in tutti i processi
geomorfologici.
Le frane sono movimenti di materiale roccioso molto complessi e
quindi difficilmente classificabili; in via approssimativa si possono di-
stinguere:
di crollo (caduta libera di blocchi di roccia da una parete);
di scorrimento (scivolamento di materiale roccioso su un piano incli-
nato abbastanza liscio, come pu essere quello di faglia);
di colamento (un movimento piuttosto lento, favorito dalle acque din-
filtrazione in rocce argillose, che coinvolge per spazi ampi e consistenti
spessori di roccia);
di ribaltamento (un movimento di rotazione di materiale roccioso coe-
rente, ma con fessurazioni o stratificazioni).
In un processo franoso normalmente si riscontra unarea di distacco
(nicchia), un pendio di frana, lungo il quale si verificato lo spostamento
del materiale, e una zona di accumulo, formata dai detriti caduti.
In Italia una superficie notevole (pari a circa 15.000 ettari) interes-
sata da questo fenomeno. Le regioni maggiormente colpite sono: Tren-
tino-Alto Adige, Friuli, Emilia, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata,
Calabria.
Lerosione accelerata coinvolge anche zone abitate, distruggendo edi-
fici, case e strade e provocando in qualche caso molte vittime. Centri
di straordinario interesse artistico, come Todi e Orvieto (in Umbria), si
trovano in aree soggette al fenomeno franoso.
Fra le tantissime grandi frane avvenute in Italia si ricorda quella del
Monte Toc, del 9 ottobre 1963. La caduta improvvisa di 250-300 milioni

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di m3 di roccia nel lago artificiale del Vajont provoc una gigantesca on-
data, che distrusse il centro abitato di Longarone e devast parte della
valle del fiume Piave. Nella catastrofe morirono 2000 persone. Pi re-
cente la frana di Sarno e Quindici, nella provincia di Salerno; dalle
pendici del monte Pizzo dAlvano si sono staccati (6 maggio 1998) circa
due milioni di m3 di fango che hanno investito centri abitati, causando
la morte di 160 persone.
Lerosione dipende da cause naturali, come la giacitura e la friabilit
delle rocce, la forte pendenza dei versanti, lintensit di alcuni eventi
meteorologici, ad esempio piogge abbondanti e di lunga durata; tutta-
via, in molti casi stato lo stesso uomo che con le sue azioni come
labbattimento di alberi, luso di tecniche agricole non adeguate, il taglio
di un tratto del versante per la costruzione di strade compromette ul-
teriormente lequilibrio naturale.

6.3 Scorrimento superficiale

Le gocce dacqua, soprattutto durante intense precipitazioni, possono


esercitare sul terreno unazione meccanica consistente, avviando cos
processi erosivi che le acque correnti continueranno ad ampliare attra-
verso unazione erosiva estesa in modo capillare su gran parte della su-
perficie terrestre, a eccezione delle zone perennemente ghiacciate e di
quelle molto aride, dove per in qualche occasione lenergia dellacqua
si fa sentire.
Per la sua larga diffusione sulla superficie del pianeta questo tipo
derosione viene definita normale. Le acque che scorrono in superficie,
dette anche dilavanti o selvagge, sottopongono il terreno a unincessante
azione di denudazione (dilavamento), che in alcune aree, soprattutto in
quelle collinari e montane prive di vegetazione arborea e arbustiva, pu
assumere aspetti di eccezionale gravit.
Alcune rocce sono attaccate in maniera pronunciata dallacqua dila-
vante; questo dipende innanzi tutto dalla loro struttura e dalla loro coe-
renza interna. Le argille, ad esempio, che risultano poco resistenti
allazione delle acque, sono soggette a una forte azione erosiva. Tipiche
forme cave presenti in terreni di natura argillosa sono i calanchi: veri e
propri sistemi di solchi di erosione e di vallecole dai versanti ripidi divisi
da creste acute, prodotti dalle acque. Per cercare di frenare i fenomeni
erosivi presenti nelle aree calanchive possono effettuarsi azioni molte-

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plici, tra cui la canalizzazione delle acque superficiali, il rimodellamento


dei versanti, le sistemazioni di specie vegetali idonee. In Italia caratte-
ristiche sono le aree calanchive emiliane, umbre, toscane (biancane), lu-
cane
Altre forme peculiari, ma in questo caso rilevate, dellazione demoli-
trice delle acque dilavanti sono le piramidi di terra (o camini delle fate),
che si sagomano specialmente in materiale incoerente, ma poco per-
meabile. Si tratta di guglie o torri di varia altezza anche di molti metri
le quali, protette da blocchi di roccia pi compatta e resistente, sin-
nalzano rispetto alle zone scoperte, maggiormente soggette ai processi
di erosione. Note sono le piramidi di terra nelle province di Trento (Se-
gonzano) e Bolzano (Renon). Di straordinario interesse sono le piramidi
di Greme in Cappadocia (Turchia), considerate patrimonio delluma-
nit dallUnesco.
Lacqua dilavante, anche sotto forma di ghiaccio e di agente chimico,
il fattore principale nella formazione del Bryce Canyon (Utah, Stati
Uniti), costituito da guglie alte e sottili di roccia (hoodoos), che si solle-
vano dalla base fino a 30 metri di altezza; questi pinnacoli sono formati
da strati di roccia sedimentaria di diversa durezza.

Il Parco nazionale del Bryce Canyon (Utah, Usa), costituito da guglie alte e sottili di
roccia (hoodoos).

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6.4 Il modellamento fluviale

Poich in natura i pendii presentano asperit e ostacoli, il velo regolare


dellacqua piovana, che asporta materiali detritici molto piccoli, progres-
sivamente si disunisce, raccogliendosi lungo le linee di massima pendenza.
Si formano cos solchi, variamente ravvicinati, che si approfondiscono in
misura pi o meno energica, dando luogo a un processo di gerarchizza-
zione. Dallerosione di tipo areale per dilavamento si passa a quella di
tipo lineare per incanalamento e alla formazione dei corsi dacqua, che
vanno a comporre il reticolo idrografico.
Il modellamento della superficie terrestre operato dai corsi dacqua
si deve ai processi di erosione (rimozione progressiva di particelle dal
fondo e dalle sponde), trasporto (movimento di particelle erose per tra-
scinamento, per sospensione o in soluzione) e sedimentazione (deposito
o accumulo di particelle). Tali processi, collegati tra loro, agiscono
spesso simultaneamente.
La forza derosione dipende dalla quantit dacqua, dalla pendenza
(che imprime maggiore o minore velocit al fiume) e dal tipo di roccia
(che pu essere pi o meno coerente). Lerosione di tipo meccanico,
come lo scorrimento dellacqua sulla roccia e soprattutto lurto dei de-
triti di varia dimensione trasportati sulle sponde e sul fondo (abrasione),
oppure di tipo chimico, come lalterazione della roccia per soluzione
(corrosione). In questo modo il solco si approfondisce (forra, gola, ca-
nyon) e si allarga sempre di pi (valle fluviale). La combinazione del-
lerosione lineare, che rende profonda lincisione, e di quella laterale,
che agisce sulle sponde, produce la caratteristica sezione trasversale a
V delle valli fluviali (o torrentizie).
Quando si verifica una rottura di pendio si ha una cascata. La pi alta
del mondo si trova in Venezuela (Angel, m 972); la pi alta in Italia
quella delle Marmore (in Umbria): m 165.
La pendenza del fiume diminuisce progressivamente; se la corrente
dacqua rallenta, non pi in grado di trasportare tutto il materiale so-
lido, che viene quindi in parte abbandonato. Si formano cos depositi
alluvionali e, nei casi di maggiori dimensioni, pianure alluvionali.
Quando un corso dacqua sbocca direttamente in pianura, laccumulo
immediato di materiale d origine al conoide di deiezione, una geoforma
approssimativamente triangolare, con vertice verso monte e base ar-
cuata a ventaglio.

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Le Cascate Vittoria (Victoria Falls) lungo il corso del fiume Zambesi. Si trovano al
confine politico tra lo Zambia e lo Zimbabwe. Laltezza media di 128 m.

Nei tratti di pianura si formano spesso meandri [dal fiume turco Me-
andro, caratterizzato da un tortuosissimo corso], anse accentuate del
fiume che si susseguono con una certa frequenza e che aumentano pro-
gressivamente la loro curvatura, poich, in seguito alla deviazione della
traiettoria del filone centrale della corrente, si ha erosione sulla sponda
esterna e sedimentazione in quella interna. Quando tra unansa e laltra
la striscia di terra (collo del meandro) diviene molto stretta, pu essere
saltata in caso di piena del fiume. Si ha un meandro abbandonato, che

Sviluppo dei meandri e formazione di laghetti (detti a corna di bue).

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diviene dapprima un lago (lago a corna di bue) e poi un meandro fossile.


Nei fiumi che scorrono in ampie pianure alluvionali (come il Mississippi
e il Po) i meandri sono molto frequenti.
Esistono anche meandri incassati in gole o canyon profondi; molto
noti sono quelli del fiume Colorado, nello Utah (Stati Uniti).
I materiali detritici non abbandonati dal corso dacqua durante il per-
corso sono lasciati intorno alla sua foce, quando sbocca in mare o in un
lago. Occorre ricordare che il mare costituisce la base ultima di riferi-
mento per lerosione fluviale, che non pu quindi andare al di sotto del
suo livello. Il fiume Giordano, percorrendo la vallata del Gohr, sfocia
nel Mar Morto (a 397 m circa sotto il livello del mare); ma scorre in una
fossa tettonica, collegabile al sistema di fosse dellAfrica orientale.
Il delta una porzione di terra costruita dallazione combinata del
fiume e del mare in prossimit della foce fluviale (il termine deriva dal
delta del Nilo, cos denominato per la sua forma triangolare, simile alla
lettera maiuscola delta dellalfabeto greco). I sedimenti fluviali (parzial-
mente emersi) possono disporsi a ventaglio intorno alla foce, mentre le
correnti marine formano lingue di sabbia (spits) lungo la riva del delta
stesso. Anche la foce del Po, che ha molte ramificazioni e ha subito no-
tevoli ampliamenti nel corso dei millenni, appartiene a tale tipologia.
Un altro tipo di foce, detto a zampa doca, presenta depositi molto al-
lungati lungo i vari canali fluviali; il Mississippi mostra un apparato del-
tizio di questo tipo.

Delta a zampa doca (la forma del delta del fiume Mississippi).

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Le foci a delta si formano quando le ampiezze di marea risultano tal-


mente modeste, che il movimento marino non in grado di disperdere
in ampi spazi lapporto detritico del fiume; ci avviene nei mari interni
o mediterranei.
Quando, invece, lampiezza di marea molto pronunciata e, quindi,
le conseguenti forti correnti derivate dal diverso livello marino possono
allontanare in direzioni diverse lapporto terrigeno dei fiumi, le foci si
presentano larghe e a imbuto: sono gli estuari. Questi ultimi si trovano
lungo le coste degli oceani. , quindi, errato affermare che i delta pre-
sentano ramificazioni, mentre gli estuari hanno un unico sbocco al mare;
la differenza, infatti, riguarda la disposizione dellapporto dei detriti flu-
viali.
Le acque fluviali offrono numerosi vantaggi, tanto che luomo spesso
vi si insediato nelle vicinanze. Lacqua utilizzata per usi domestici;
irrigazione (per lagricoltura); energia idroelettrica; navigazione; pesca
e acquicoltura; attivit sportive (canottaggio, vela); fluitazione (trasporto
del legname in tronchi galleggianti).
Alcuni fiumi hanno rappresentato nel passato un elemento di forte
attrazione, che ha contribuito allo sviluppo di fiorenti civilt: Nilo (ci-
vilt egizia); Tigri ed Eufrate (civilt mesopotamiche); Gange e Indo
(civilt indiana); Huang Ho (civilt cinese).

6.5 Il modellamento glaciale

Le masse di ghiaccio si sviluppano oggi su circa un decimo delle terre


emerse (nelle regioni polari o in alta montagna), ma nel passato geolo-
gico hanno avuto estensioni maggiori; per la loro energica attivit di
modellamento rivestono, quindi, notevole importanza geomorfologica.
Anche lazione del ghiacciaio, come quella di altri agenti geomorfolo-
gici, si manifesta attraverso lerosione (esarazione ed estrazione), il tra-
sporto e la sedimentazione.
Lesarazione avviene per erosione meccanica del ghiaccio e dellacqua
di fusione (sul fondo del ghiacciaio); pu avvenire in maniera indiretta,
mediante lo sfregamento dei detriti inglobati nel ghiaccio sulle pareti e
sul letto roccioso. Lestrazione si sviluppa direttamente per lazione di
sradicamento di materiale sul fondo, che viene cavato, frantumato e ri-
mosso.
Le due principali forme create dallazione di erosione dei ghiacciai

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sono il circo e la valle glaciale. Il primo una cavit semicircolare, pi o


meno ampia, che assomiglia a una poltrona con braccioli, sovrastata su
tre lati da pareti rocciose piuttosto ripide e aperta verso valle; due o pi
circhi possono venire in contatto e coalescere: circhi composti.
La valle glaciale un lungo incavo, con un fondo abbastanza largo e
piatto e pareti laterali assai ripide (la forma simile alla U maiuscola),
che prodotta dal movimento verso il basso della lingua glaciale. Que-
sta, dopo aver superato la soglia del circo, scorre trasportando verso il
basso materiali rocciosi asportati lungo il suo cammino sia dai fianchi
sia dal fondo, nonch massi e detriti che dalla montagna circostante ca-
dono sulla superficie ghiacciata, soprattutto in seguito a fenomeni di
crioclastismo. Lerosione glaciale, a differenza di quella fluviale, non
riferita a un livello di base; quindi le spinte talvolta enormi esercitate
dalle masse di ghiaccio possono produrre sovraescavazioni pi pro-
fonde del livello del mare (criptodepressione).
importante notare che durante lazione di trasporto il ghiacciaio
non esercita alcuna azione selettiva; si comporta, infatti, come un gi-
gantesco nastro trasportatore che trascina insieme frammenti anche mi-
nutissimi e grandi massi franati dalle pareti. Altri agenti, quali, ad
esempio, lacqua che scorre e il vento, esercitano una selezione del ma-

Lingua glaciale in Alaska (Usa). ben visibile la morena mediana.

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teriale trasportato; quando pendenza e velocit di un corso dacqua di-


minuiscono, i detriti pi pesanti vengono abbandonati e soltanto quelli
pi piccoli continuano il loro tragitto.
Il materiale trascinato dal ghiacciaio prende il nome di morena. Si
tratta di materiale non stratificato, disomogeneo sia per provenienza e
natura della roccia sia per dimensioni (dai limi ai grandi massi). Le mo-
rene possono essere di vario tipo: laterali, di fondo, di superficie. Queste
ultime si formano soprattutto quando due o pi lingue glaciali si uni-
scono, per cui due morene laterali confluiscono in una morena mediana.
Nella parte terminale del ghiacciaio si deposita un cordone morenico
frontale, che ha una forma arcuata; creste moreniche susseguenti, do-
vute allalternarsi di periodi di espansione e ritiro del ghiacciaio, danno
origine a un anfiteatro morenico. Geoforme di questo tipo si trovano
davanti ai laghi prealpini: Maggiore, di Como, dIseo, di Garda. I ghiac-
ciai possono trasportare e depositare massi di enormi dimensioni a di-
stanze di centinaia di chilometri dal luogo di origine: massi erratici.
I ghiacciai hanno un ruolo importante da un punto di vista econo-
mico; innanzi tutto con il loro cospicuo apporto di acque, dovuto allo
scioglimento delle nevi, permettono a molti fiumi di mantenere una
buona portata anche nei periodi nei quali si registra carenza di precipi-
tazioni. Ci importante sia per lirrigazione agricola sia per lalimen-
tazione dei laghi artificiali, utilizzati per la produzione di energia
idroelettrica.
Un altro aspetto economico importante riguarda il turismo, e in par-
ticolare lutilizzazione del ghiacciaio per lo sci estivo. In Italia questo
sport, infatti, pu essere praticato nella stagione calda in molte localit
alpine, dalla Valle dAosta al Trentino-Alto Adige.

6.6 Il modellamento costiero

La costa la zona di contatto tra le parti emerse e quelle sommerse


della superficie terrestre. Il mare, perci, soprattutto attraverso lazione
delle onde, vi esercita una continua opera di modellamento: di erosione
(abrasione), di trasporto e di deposito.
Secondo una prima classificazione le coste possono essere diritte op-
pure articolate, cio con frequenti sporgenze e rientranze. Se il terreno
scende al mare con un pendio ripido, si ha la costa alta. In questo caso,
in corrispondenza del livello medio del mare, lazione delle onde pro-

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duce il solco di battigia, che, approfondendosi sempre di pi, fa crollare


la parte rocciosa sovrastante.
Se, invece, una zona di pianura a contatto con il mare e il fondo
marino scende molto dolcemente la costa si presenta bassa.
Fra i numerosi tipi di costa alta si segnalano:
la falesia (adattamento del termine francese falaise = scogliera, rupe
scoscesa), parete rocciosa a picco sul mare;
la ria, insenatura lunga e stretta, perpendicolare alla linea di costa (ti-
pica della Galizia, in Spagna);
il vallone, insenatura lunga e stretta, ma quasi parallela alla linea di
costa (tipica della Dalmazia, in Croazia);
il fiordo, insenatura stretta, molto ramificata, chiusa da coste a picco,
che si addentra nellinterno anche per diversi chilometri (tipica della
Norvegia, della Svezia e dellIslanda). Questa forma di costa si deve al-
lerosione dei ghiacciai, che nel passato giungevano fino al mare.
Sulle coste basse il movimento delle onde provoca, oltre alla frantu-
mazione e alla levigatura dei detriti, il loro trasporto e la loro sedimen-

Cambiamenti di direzione (o rifrazione) del fronte donda in prossimit di una costa


articolata con insenature e promontori. Le onde risentono del fondo del mare e rallentano
man mano che questo meno profondo. Lenergia delle onde si concentra sui promontori
(forte erosione in brevi tratti di costa), mentre si diffonde sulle baie (sedimentazione).

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De Vecchis.01_Layout 1 28/02/12 16.59 Pagina 91

tazione, che d origine alla spiaggia. Lazione costruttiva del mare con-
siste nellaccumulo dei detriti, quali sabbie e ghiaie; particolarmente
evidente nelle insenature (golfi e baie), mentre lazione erosiva pi
forte nei luoghi sporgenti, come i promontori e i capi. Infatti, lazione
del mare tende a strappare materiale dai siti sporgenti, depositandolo
nelle insenature; in questo modo si registra una tendenza a rendere il
pi possibile retta la linea di costa: rettificazione costiera.
Laccumulo dei detriti, quando il mare poco profondo, pu avvenire
anche a una certa distanza dalla costa, dove si forma una sottile striscia
di sabbia (cordone litoraneo).
Laguna lo specchio dacqua salmastra, spesso disseminata di isole,
che rimane tra la costa e il cordone sabbioso. Le comunicazioni tra la-
guna e mare aperto avvengono mediante stretti passaggi, la cui chiusura
pu dare origine a laghi costieri. Internazionalmente celebre la laguna
di Venezia, lunga circa 50 km, con un cordone litoraneo che presenta
tre aperture (o porti).
La dinamica dei litorali dipende anche dal livello marino che pu mu-
tare in tempi geologici. La fusione dei ghiacciai, seguita allultima glacia-
zione (Wrm), ha prodotto un innalzamento del mare di oltre 100 metri.
La costa, frontiera in continuo movimento, costituisce una forte at-
trazione per luomo, che spesso ne altera la dinamica, modificando le
condizioni naturali di equilibrio. Le opere marittime (come moli e porti)
hanno ad esempio conseguenze immediate sul trasporto dei materiali
detritici; ma anche le distruzioni della vegetazione o delle dune privano
le coste di veri baluardi naturali allaggressione dei moti del mare. Pre-
lievi di materiali sabbiosi e ghiaiosi, utilizzati a fini edilizi o per la co-
struzione di strade, hanno effetti disastrosi sulla fascia costiera. Per
evitare erosioni accelerate dei litorali si costruiscono frangiflutti, pen-
nelli e scogliere artificiali, che agiscono come sbarramenti nei confronti
dellenergia delle onde, oppure si procede allo spargimento di sabbie
(ripascimento artificiale).
Molti problemi che si verificano sulle coste hanno origine nellentro-
terra. Lesempio pi significativo costituito dalla proliferazione di dighe
fluviali (in molti casi utilissime) che bloccano il materiale terrigeno tra-
sportato dai fiumi; questi ultimi quando sfociano in mare sono quasi del
tutto privi del carico di sedimenti che i movimenti marini possono ela-
borare e depositare. Il Tevere per millenni ha visto lampliamento del
suo delta: Ostia Antica, oggi a circa 4 km dal mare, costituiva lo sbocco

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di Roma sul Tirreno. Negli ultimi decenni, per, lapparato deltizio del
Tevere, non ricevendo pi il materiale trasportato dal fiume, soggetto
allattacco del mare, frenato dalle difese artificiali poste dalluomo.

6.7 Il modellamento eolico

Come lacqua corrente, il ghiaccio e le onde marine, anche il vento


con la sua azione modellatrice di erosione, di trasporto e di deposito d
origine, in alcune regioni, a caratteristiche forme del terreno (morfologia
eolica). Sono queste soprattutto le regioni desertiche, dove lumidit
scarsissima e la vegetazione assente o quasi.
Due sono le principali azioni svolte dal vento: deflazione e abrasione.
Il primo processo si esplica quando lazione del vento non ostacolata
e frenata dalla vegetazione e conseguentemente le minute particelle di
suolo asciutto sono rimosse e sollevate nellaria. La deflazione si esercita
in maniera selettiva, poich i granelli pi piccoli, come i limi, vengono
alzati molto facilmente e trasportati anche a grandi altezze e distanze,
mentre quelli pi grandi possono essere sollevati e trasportati soltanto
da forti venti. Il fenomeno della deflazione produce sul suolo conche
non profonde (al massimo qualche metro), il cui diametro pu variare
da pochi metri a molti chilometri. Venti forti e turbolenti possono ori-
ginare vere e proprie tempeste di polvere e di sabbia; le prime si pos-
sono innalzare a molte centinaia di metri di altezza, mentre le seconde
arrivano a pochi metri.
Il denudamento operato dallazione eolica d origine ai deserti roc-
ciosi (hamada) o ciottolosi (reg o serir); questi ultimi, in particolare, si
producono quando il vento rimuove le particelle minute in aree rico-
perte da materiali alluvionali depositati dai fiumi in periodi passati pi
umidi. La maggior parte dei depositi eolici si trova tuttavia nei deserti
sabbiosi (erg).
Unaltra azione erosiva del vento, quella di abrasione o corrasione,
dovuta allurto delle particelle fra loro e sulla roccia. unazione di
smeriglio, intensa in prossimit del suolo e in diminuzione sensibile
sopra i due metri, che produce nella roccia fori, conche, pozzetti, archi
naturali. Le dimensioni di queste cavit, che raggiungono anche diversi
metri, derivano dallenergia del movimento vorticoso del vento e dalla
differente resistenza opposta dalle rocce.
Il trasporto delle particelle avviene: per sospensione, per saltazione, per

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reptazione. La sospensione avviene quando particelle molto piccole sono


sollevate dal vento e trasportate a grandi distanze senza toccare il suolo.
Gli altri due processi sono collegati; un granello sollevato dal suolo, dopo
un piccolo tragitto, tende per il suo peso a ricadere, compiendo ripetuti
salti: di qui il termine di saltazione. Se per, mentre salta, questo granello
ne urta un altro, che troppo pesante perch salti, avviene la reptazione,
cio uno strisciamento sul suolo del granello pi grosso. Un granello pu
raggiungere una velocit tale da spostarne un altro che ha un diametro
sei volte maggiore o un peso 200 volte superiore!

Erosione eolica (e marina) in rocce allinterno del Flinders Chase National Park (Isola
dei Canguri, Australia meridionale).
Il materiale trasportato dal vento origina vari tipi di depositi, tra cui
le dune. Le dune, in realt, non sono esclusive del deserto (basti pensare
a quelle costiere), ma in questambiente che hanno il loro massimo
sviluppo. Esse possono essere vive, quando, prive di vegetazione, cam-
biano continuamente forma sotto limpulso del vento, oppure fisse,
quando sono coperte da piante che, con le loro radici, impediscono lul-
teriore movimento della sabbia.
Una duna molto comune quella a forma di luna crescente o a ferro
di cavallo (barcana) con le sue due estremit estese nella direzione del
vento dominante, ma vi sono anche dune longitudinali molto allungate
in direzione di venti costanti, dune trasversali quasi perpendicolari alla

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La sabbia si accumula formando dune, continuamente modificate e spostate dal vento.

direzione dei venti prevalenti e dune complesse a varia forma (a scimi-


tarra, a stella).
Il profilo delle dune varia in funzione delle caratteristiche del vento e
dei granelli di sabbia. La parte esposta ha un pendio dolce, perch il
vento vi fa rotolare la sabbia, che, raggiunta la cresta, cade nel lato op-
posto (protetto dal vento), il quale si presenta dunque pi ripido.
La sabbia viene, cos, trasportata da un versante allaltro della duna e
questo ne spiega il movimento; quando il vento soffia con particolare
intensit i granelli sinnalzano, formando sulla cresta piccole nuvole di
sabbia (la cosiddetta cresta fumante). Le dimensioni delle dune sono
molto varie: da pochi metri ad alcuni chilometri di diametro, mentre
laltezza pu arrivare a centinaia di metri.
Il vento pu trasportare polvere per vari chilometri, tanto che nel
corso di migliaia di anni si formano depositi con uno spessore superiore
anche ai 100 metri (loess). I pi estesi depositi di questo tipo si trovano
in alcune regioni della Cina settentrionale, dove coprono una superficie
superiore ai 600.000 km2.

6.8 Il carsismo

Il Carso una vasta regione daltopiani estesa presso il confine nord-


orientale dItalia, proprio alle spalle della citt di Trieste; da questo ter-
ritorio deriva il termine carsismo, che indica una serie di fenomeni,

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presenti soprattutto nelle rocce calcaree (o carbonatiche perch costi-


tuite in prevalenza da carbonato di calcio), nelle dolomie, ma anche nel
salgemma e nel gesso (questi ultimi non molto diffusi in superficie).
I calcari, generalmente molto fratturati, permettono allacqua di rac-
cogliersi e permanere a lungo entro le microfessure. Lanidride carbo-
nica, uno degli elementi dellaria, rende acidula lacqua piovana,
mettendola in grado di sciogliere una roccia dura come il calcare. In
altri termini, lazione dellacqua trasforma, attraverso una reazione chi-
mica di dissoluzione, il carbonato di calcio (insolubile) in bicarbonato
di calcio (solubile). A causa di tale processo chimico le fessure si allar-
gano e si approfondiscono progressivamente, dando origine a varie
forme sulla superficie terrestre: carsismo epigeo. La pi diffusa fra queste
la dolina [dallo slavo dol = vallecola], una conca quasi circolare o el-
littica, pi larga che profonda, il cui diametro pu variare da pochi metri
fino a qualche centinaio di metri; la profondit raramente supera i 100
m. Spesso sul fondo si rinvengono spaccature, che inghiottono le acque
(inghiottitoi). Nel fondo di alcune doline si accumula la terra rossa, cio
il residuo insoluto contenuto nel calcare, costituito prevalentemente da
materiale argilloso.
Due o pi doline vicine, nella loro continua opera di allargamento,
possono venire a contatto, formando cavit pi estese e dai contorni
pi complicati (uvala). Conche pi ampie fino a molti chilometri
sono i polje: altro termine slavo, che significa pianura. In realt il polje
un piano, con depositi di terra rossa o ricoperto da alluvioni, circon-
dato da versanti ripidi, che pu presentare sul fondo piccoli rilievi a
forma di guglia (hum), costituiti da rocce che sono pi resistenti nei
confronti dei processi chimici di soluzione.
Altre forme di carsismo di superficie, dovute contemporaneamente allo
scorrimento e alla dissoluzione delle acque piovane, sono i solchi, quasi
paralleli tra loro che, lungo pendii poco inclinati, intagliano la roccia cal-
carea da qualche centimetro a qualche metro. Tali forme prendono il
nome di campi solcati o carreggiati (in tedesco Karren, in francese lapis).
Lopera di scioglimento avviene anche in profondit, attraverso lac-
qua che penetra nelle varie fratture del calcare e negli inghiottitoi (car-
sismo ipogeo). Per questo quasi del tutto assente nelle aree calcaree
un reticolo idrografico permanente.
Le principali cavit sotterranee sono costituite:
dalle grotte (e dalle caverne se aperte verso lesterno), che sono svi-

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Hum a Campo Soriano (tra i centri di Sonnino e Terracina, in provincia di Latina).


un blocco calcareo isolato (localmente noto come carciofo di Sonnino), residuo dellat-
tivit carsica. stato il primo monumento naturale a essere istituito nel Lazio.

luppate prevalentemente in senso orizzontale;


dai pozzi, che sono estesi verticalmente.
Le grotte, di dimensioni molto varie, prendono aspetti di saloni, di
gallerie, di cunicoli; vi pu anche scorrere un corso dacqua o ristagnare
un laghetto.
Nelle grotte spesso si trovano concrezioni carbonatiche: stalattiti (pen-
denti come ghiaccioli dal soffitto) e stalagmiti (pi grosse, che sinnal-
zano dal fondo); quando le une e le altre si congiungono, costituiscono
una colonna. Queste forme derivano dal fatto che lacqua rideposita il
carbonato di calcio, che precedentemente aveva sciolto (la reazione chi-
mica reversibile). La speleologia la scienza che studia le grotte.
Le grotte, grazie alle loro bellezze e al loro paesaggio da favola, richia-
mano tanti visitatori; in Italia si possono ricordare le Grotte di Castel-
lana in Puglia, quelle di Frasassi nelle Marche, la Grotta di Nettuno in
Sardegna, le Grotte di Stiffe in Abruzzo. Molto note sono le Grotte di
Postumia e di San Canziano, in territorio sloveno.

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Capitolo settimo

AMBIENTE E SOCIET

7.1 Orientamenti e possibili prospettive

I concetti fondamentali della disciplina, consolidati attraverso ade-


guate verifiche e puntuali aggiornamenti, non possono essere trascurati
dalla ricerca geografica, che pure deve perseguire nuove ipotesi di la-
voro in sintonia con levoluzione della societ. Lintegrazione delle at-
tuali istanze con quelle gi validate va compiuta con convinzione,
attingendo allintero patrimonio geografico, unendo la migliore tradi-
zione ai nuovi percorsi che si vanno delineando.
Il punto di partenza rimane il rapporto tra uomo (societ) e natura,
che nellindagine geografica si esprime in forme continuamente diverse
e aggiornate, sia come conseguenza dellaffinamento degli strumenti e
delle metodologie di ricerca sia per le stesse differenziazioni e innova-
zioni delle attivit umane sulla superficie terrestre.
Con lattenzione alluomo sulla Terra, la geografia coglie con imme-
diatezza e approfondisce adeguatamente i cambiamenti, le contraddi-
zioni, i conflitti e gli squilibri territoriali. Anche la ricerca biologica
presenta scenari inediti, con impulsi originali e impostazioni diverse nel
rapporto uomo-natura.
Nel passato ciascuna cultura ha sviluppato e manifestato specifici si-
stemi di relazioni con la natura, e, pur producendo alterazioni (pi o
meno forti), non ha inciso tuttavia in maniera rilevante sui cicli biologici
e geochimici, n ha guastato irreversibilmente processi e meccanismi di
funzionamento dei sistemi naturali. Un discreto equilibrio naturale di
fatto perdurato per millenni.
A partire dalla rivoluzione agricola del Neolitico, luomo ha prodotto
consistenti effetti sia sulle specie animali (addomesticazione e alleva-
mento) sia sugli insiemi vegetali (riorganizzazione dellequilibrio verde),
con un profondo impatto sulla superficie terrestre. Ancora oggi molti
segni di un passato, anche remoto, esprimono e testimoniano i vari

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modi, spesso originalissimi, di organizzare il territorio.


Il confronto uomo-natura si progressivamente modificato dopo la
rivoluzione industriale: se da un lato sono state potenziate le capacit
di valorizzare le risorse della natura, dallaltro essa stata considerata
elemento passivo e ridotta a mezzo economico per il soddisfacimento
dei bisogni umani. Da un dualismo uomo-natura compatibile e in fondo
sostenibile si passati a uno stress ambientale, fonte di serio disagio e
grande preoccupazione.
Forte , quindi, lesigenza di riscoprire e di rivisitare scientificamente
i significati dei rapporti tra natura e ambiente, inquadrati in nuove pro-
spettive culturali, sociali ed economiche, ma anche di conseguire le
competenze concernenti lintelligenza della complessit spaziale. La
geografia fa scoprire nuovi orizzonti, come ricordava Tiziano Terzani
(Un indovino mi disse, 1995): Una volta cambiati gli occhiali con cui
guardiamo il mondo, vediamo ci che prima ci sfuggiva e per questo
credevamo non esistesse.

7.2 Il paesaggio

Argomento tradizionale della ricerca geografica, che continua a rive-


larsi di straordinaria attualit e bene si integra con filoni innovativi, il
paesaggio.
Fin dal secolo scorso il concetto di paesaggio stato fondamentale
nellindagine geografica, tanto da venire quasi a essere identificato con
questa: il paesaggio preso a simbolo della geografia. Esemplare la frase
che Emmanuel De Martonne pronunci nel 1938 al Congresso Inter-
nazionale di Amsterdam: Mais le paysage cest toute la gographie!.
Dopo un periodo di declino negli anni Cinquanta e Sessanta, il con-
cetto di paesaggio stato ampiamente rivalutato, e come sottolineava
Adalberto Vallega segue due indirizzi principali: lecologista, fondato
sullanalisi degli ecosistemi e il behaviourista, fondato sui modi con
cui il paesaggio viene percepito e vissuto dallindividuo e dalle comu-
nit.
A una grande e rinnovata vivacit sul tema si associa, per, lambiguit
riscontrabile nella stessa polisemia del concetto. tuttora attuale la ri-
flessione di Giuseppe Barbieri, secondo cui per il geografo il paesaggio
rappresenta laspetto della superficie terrestre, costituito per non
soltanto dalle forme esteriori, ma anche da strutture interne e da fe-

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nomeni dinamici in costante evoluzione che vengono studiati nel loro


insieme e nelle reciproche relazioni.
Ma il paesaggio non semplicemente il mondo che vediamo, esso
una costruzione, una composizione di quel mondo. Il paesaggio un
modo di vedere il mondo. La riflessione di Denis Cosgrove sembra
riassumere con grande efficacia il fatto che anche la conoscenza pi
completa del sistema-paesaggio, sebbene necessaria, manifesta la sua
insufficienza. Infatti i procedimenti, che portano alle decisioni, dipen-
dono dai valori assunti, che a loro volta risalgono alle particolari rap-
presentazioni territoriali. Poich nel paesaggio si vive e si agisce, esso
stesso rappresenta un mondo di valori.
Il paesaggio, risorsa ambientale e bene culturale, va salvaguardato in
quanto valore (pur se la tutela non coincide sempre e semplicemente
con la conservazione) e compreso anche come raccolta preziosa di valori
diversi, innanzi tutto da rispettare. E cos il confronto di paesaggi diversi
confronto di diversit ambientali della natura (di clima e vegetazione,
di processi geomorfologici...), ma anche comparazione dei differenti
modi attraverso cui i gruppi umani si sono relazionati con lo spazio e le
varie societ si sono proiettate nellambiente: il paesaggio come risultato
della cultura che vi si produce. In questa prospettiva il paesaggio diviene
strumento concettuale e chiave significativa per la scoperta di altre cul-
ture.
Occorre considerare il paesaggio, come risultato di trasformazioni in-
terdipendenti e di reciprocit strettissime, un grande contenitore che
presenta e prospetta letture e sguardi molteplici per una cultura del
confronto, e non come semplice aggregazione di elementi e di compo-
nenti.
Il paesaggio non pu essere impunemente leso dalluomo per un uso
distruttivo delle risorse. A questa impostazione si collega la legge 9 gen-
naio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea sul
paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000). Gi nel Preambolo della
Convenzione si segnala che il paesaggio svolge importanti funzioni di
interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale
e rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale,
per cui la sua salvaguardia e la sua gestione comportano diritti e re-
sponsabilit per ciascun individuo.
Nellarticolo uno della stessa Convenzione vengono fornite alcune de-
finizioni, tra cui quella di paesaggio, che viene indicato come una de-

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terminata parte di territorio, cos come percepita dalla popolazione,


il cui carattere deriva dallazione di fattori naturali e/o umani e delle
loro interrelazioni.
La Convenzione, inoltre, pone laccento sulla necessit di un forte im-
pegno per accrescere la sensibilizzazione della societ civile, delle or-
ganizzazioni private e delle autorit pubbliche al valore dei paesaggi, al
loro ruolo e alla loro trasformazione. La sensibilizzazione un primo
ed essenziale passo, per qualsiasi azione che tenda a valorizzare il pae-
saggio in tutte le sue espressioni ambientali e socio-culturali.

7.3 Lo sviluppo sostenibile

Di pi recente acquisizione il tema dello sviluppo sostenibile, che


pure bene si collega alle ricerche sul paesaggio. I due concetti, infatti,
sono pi vicini di quanto non sembri a una prima sommaria valutazione,
giacch il paesaggio, con le implicazioni della sua tutela e valorizzazione,
di interesse centrale nelle ricerche sullo sviluppo sostenibile.
La rottura dellequilibrio tra uomo e natura si manifestata con pre-
occupanti conseguenze, quali leffetto serra, il buco nella fascia dozono,
la deforestazione, la desertificazione, la scomparsa di numerose specie
animali e vegetali e una complessiva destabilizzazione della biosfera.
Tali pericoli, tuttavia, hanno contribuito sia a far dubitare di visioni ot-
timistiche sul rapporto uomo-natura e sullo sfruttamento delle risorse
ambientali sia a sviluppare nuove elaborazioni scientifiche. Infine, pre-
occupazioni di natura etica hanno tolto credito a precedenti convinzioni
su presunti automatismi del rapporto tra sviluppo economico e pro-
gresso: almeno a livello teorico, si registra una smitizzazione della cre-
scita tout court che, trascurando aspetti umani e sociali, non viene pi
considerata come via obbligata al raggiungimento dello sviluppo.
Lo sviluppo sostenibile da un lato valuta fondamentale lintegrit
dellambiente, dallaltro, ponendo laccento sullesigenza di una gestione
delle risorse coordinata a livello mondiale, denuncia uno sviluppo eco-
nomico volto a mantenere lordine attuale.
La Conferenza delle Nazioni Unite sullAmbiente e lo Sviluppo
(Unced), riunitasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, ha proclamato
ladesione internazionale alla teoria dello sviluppo sostenibile, definibile
come il miglioramento della qualit della vita umana, entro la capacit
di carico degli ecosistemi che supportano la vita.

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In seguito, nonostante il generale assenso a questo approccio, non


sono mancati motivi di perplessit, in particolare legati ai suoi aspetti
politici. Uninsufficienza grave costituita dalla mancata approvazione
di una carta vincolante sul piano del diritto, per incidere efficacemente
sul mercato mondiale a difesa di comportamenti pi attenti alle situa-
zioni economiche pi deboli.
Nei documenti internazionali si punta soprattutto sullazione dei go-
verni, senza tenere nel dovuto conto che ormai un enorme controllo su
risorse, lavoratori e mercati esercitato dalle imprese multinazionali.
La maggiore multinazionale del mondo, lamericana Walmart Stores Inc,
operante nella grande distribuzione con 2,1 milioni di dipendenti e un
fatturato nel 2010 di 408 miliardi di dollari, secondo la rivista econo-
mica Fortune sarebbe al 22 posto nella graduatoria del Pil 2010 degli
Stati.
Ai motivi specifici di perplessit si aggiunga, inoltre, il fatto che il con-
cetto di sviluppo risulta ancora ambiguo, nonostante che negli ultimi
anni vi siano state, a livello internazionale, significative riflessioni. Se-
condo il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), lo svi-
luppo umano il processo che consente di ampliare le possibilit di
scelta poste a disposizione di ogni singolo individuo, che in mancanza
di un ripensamento sul modello economico globale rende difficile far
diventare operante il concetto stesso di sviluppo, in una situazione di
fortissimo squilibrio, che consente al sistema mondiale di sostenersi pe-
nalizzando in modo grave il Sud del mondo.
Leccessivo sfruttamento delle risorse ha privato le popolazioni di
molti Paesi di mezzi adeguati per il sostentamento. Le multinazionali
operanti sul mercato globale disattendono sistematicamente le necessit
di singole comunit, prive di strumenti per contrattare le regole imposte
a migliaia di chilometri di distanza. Il capitale risponde solo al profitto
e, nel momento in cui produce ricchezza, pu originare povert. C
inoltre da aggiungere che lodierno modello di crescita di tipo occiden-
tale, esteso ai Paesi in via di sviluppo, non sarebbe al momento e pro-
babilmente per il prossimo futuro sostenibile con le risorse ora
disponibili, in primo luogo quelle energetiche.
Il quadro di riferimento economico-culturale non sembra in grado di
offrire risposte adeguate alle complessit e ai processi di modernizza-
zione in atto, come lurbanizzazione, che ha fortemente mutato i tradi-
zionali meccanismi per il controllo delle risorse. La povert, lincremento

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demografico e il degrado ambientale, a causa di una sinergia nuova e


potenzialmente disastrosa, stanno spingendo masse di persone verso
una generalizzata indigenza.
Il paradigma dello sviluppo sostenibile apre una sfida per la ricerca
geografica, da quella fisica allantropica (socio-culturale ed economica),
e si pone come straordinario strumento da tradurre in azioni formative
per le nuove generazioni.
Un progetto geografico di educazione allo sviluppo sostenibile, pro-
prio per le sue potenzialit ad ampio spettro, pu avvalersi di numerosi
concetti-chiave (diversit, ecosostenibilit, permanenza, qualit della
vita, globalit...), che, opportunamente interrelati e disposti per formare
una rete, appaiono in grado di riorganizzare la disciplina, cercando di
integrare la tradizione con linnovazione. Puntare sulla tradizione ap-
pare possibile perch la maggioranza di questi concetti non si presenta
nuova per la geografia, anzi fa parte del suo patrimonio genetico. pro-
prio grazie a una forte e ricca tradizione e a un alto grado di radica-
mento che la geografia pu proporsi a buon diritto come disciplina
trainante nelle tematiche dello sviluppo sostenibile. Ma pure linnova-
zione diviene essenziale, perch questi concetti-chiave non soltanto im-
plicano contenuti nuovi (o parzialmente nuovi), ma esigono anche nuovi
punti di vista, nuovi presupposti per la comprensione della realt: ad
esempio quelli basati sui principi della complessit, del cambiamento,
della globalit (principi che fanno capo alla teoria del sistema generale).
Proprio con queste ottiche vanno rivisitate le nozioni e i concetti geo-
grafici.

7.4 Misurare lo sviluppo

I temi del paesaggio e dello sviluppo sostenibile, e tutta la ricerca geo-


grafica nel suo complesso, richiamano lesigenza di strumenti di misu-
razione dei fenomeni e delle loro prestazioni allo scopo di restituire, gi
nelle dimensioni, il carattere problematico dei valori nella ricerca.
Le discipline scientifiche valutano sistematicamente le grandezze sia
per gli effetti del fenomeno in s, sia per lopportunit di comparazione
che i dati offrono. La geografia umana si avvale di molteplici contributi
che mettono a disposizione dati e risultati alla valutazione critica dello
studioso. A tale scopo vengono di seguito presentati alcuni fra gli indi-
catori pi diffusi: Pil, Pil procapite e Isu.

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La ricchezza di un Paese data dalla somma delle risorse fisiche ed


economiche (naturali, delle infrastrutture, capitali delle imprese, cono-
scenze tecniche) e delle risorse finanziarie dei suoi abitanti. Un para-
metro di grande diffusione utilizzato per misurare tale dimensione il
Prodotto Interno Lordo (Pil), il valore complessivo dei beni e dei servizi
prodotti in un Paese in un dato periodo (in genere un anno), indipen-
dentemente dalla nazionalit dei produttori e al lordo degli ammorta-
menti. Il Pil somma i consumi privati, gli investimenti, la spesa pubblica
e la differenza tra esportazioni e importazioni. Di solito calcolato in base
ai costi di mercato, espresso a prezzi costanti o correnti (che includono
linflazione), sommando il valore di tutti i beni e i servizi prodotti. Il Pil
tiene conto solo delle transazioni in denaro, trascurando quelle a titolo
gratuito come avviene nellambito familiare o del volontariato (si pensi
al valore economico del non-profit).
Il Pil tuttavia non corrisponde al livello di benessere dei suoi abitanti,
meglio misurato dal Pil procapite (Pil/ab), ovvero il rapporto tra Pil e
popolazione. Ad esempio il Pil di Brasile e Italia nel 2010, secondo il
Fondo Monetario Internazionale (Fmi), sostanzialmente di pari valore
(2.090 mld di dollari per il Brasile e 2.055 mld per lItalia). In rapporto
al numero degli abitanti, per, i valori cambiano. Nel Paese sudameri-
cano (che ha quasi 200 milioni di abitanti) il Pil/ab di circa 10.000
mila dollari, contro i 35.000 dollari degli Italiani.
Il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, in occasione della pub-
blicazione del suo primo rapporto del 1990, ha proposto e adottato lIn-
dice di Sviluppo Umano (Isu, in inglese Human Development Index,
Hdi), che applica un diverso approccio allo sviluppo, non valutato
esclusivamente in termini economici. LUndp pone al centro lindivi-
duo, che opera per consolidare la propria posizione economica, ma
anche per provvedere alla cura della propria salute, per assicurarsi un
adeguato livello di istruzione, per estendere la propria libert di azione
e di espressione. In questottica, lo sviluppo umano non dipende solo
dal benessere economico generale di una comunit o di uno Stato, ma
anche dalla crescita intellettuale dei suoi membri e dalla loro capacit
di partecipare alla vita sociale, economica e politica.
LIsu, un indicatore complesso ma di facile lettura, elabora reddito
(Pil/ab), salute (la speranza di vita alla nascita) e istruzione (il tasso di
alfabetizzazione adulta e il rapporto delle iscrizioni congiunte ai tre li-
velli di istruzione primaria, secondaria e terziaria). I tre valori, compen-

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sati tra loro, danno un risultato compreso tra 0 e 1 che consente di com-
parare le condizioni socio-economiche di un Paese.
Nel 2010, per il Pil/ab, Kuwait (48,9 mila dollari) e Italia (30,5 mila
dollari) occupavano rispettivamente il 16 e il 29 posto, che per lIsu,
risultava ribaltato: il 21 posto per lItalia e il 47 per il Paese arabo,
gravato dal basso tasso di alfabetizzazione adulta (78,6% contro il
98,1% dellItalia) e dalla bassa frequenza scolastica media (58% contro
il 73% dellItalia). Nella graduatoria del 2010 al primo posto per lIsu
figura la Norvegia, con un valore di 0,938, allultimo lo Zimbabwe con
0,140. La 21a posizione dellItalia corrisponde a un valore di 0,862.
Pure lIsu oggetto di diverse critiche, sia per le metodologie adottate
per la sua costruzione sia per il ricorso a dati che, raccolti da varie or-
ganizzazioni internazionali (Onu, Banca Mondiale, Unesco, Ilo, Fao,
Oms, Ocse ecc.), non sempre sono considerati attendibili, soprattutto
quando riguardano i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia le critiche, parti-
colarmente di natura metodologica e tecnica, non inficiano la validit
dello strumento, da allora utilizzato sia dai governi sia dalle organizza-
zioni internazionali, coinvolte a vario titolo nelle questioni dello svi-
luppo.

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Capitolo ottavo

DINAMICHE DEMOGRAFICHE: NATURALI E MIGRATORIE

8.1 La crescita della popolazione

Dalla dinamica naturale (rapporto tra nascite e morti) e da quella mi-


gratoria (rapporto tra immigrati ed emigrati) dipende la crescita o la ri-
duzione di una popolazione, come insieme dindividui residente in un
definito spazio geografico; questi movimenti, inoltre, determinano la
struttura della popolazione, per et e per sesso.
Se la popolazione calcolata a scala planetaria (e quindi come un com-
plesso chiuso), il suo andamento individuato esclusivamente dal bi-
lancio tra le entrate (nascite) e le uscite (morti). Se al contrario sono
considerate le diverse aree geografiche del mondo (da un continente al
singolo centro abitato), entrano in gioco gli scambi demografici, che
sono divenuti sempre pi consistenti con il trascorrere dei secoli.
La differenza tra natalit e mortalit individua il saldo naturale, espri-
mibile sia come valore assoluto sia come rapporto tra questo e il numero
complessivo degli abitanti: tasso di incremento naturale, riferito a valori
per 100 (o per 1000 abitanti). La formula per il suo calcolo :
(Nati Morti) x 100
Popolazione
Generalmente il numero delle nascite pi consistente di quello dei
decessi, per cui il saldo d segno positivo. Negli ultimi anni, per, in al-
cuni Paesi, appartenenti soprattutto al mondo industrializzato, si re-
gistrata una riduzione di popolazione, dovuta in larga misura al crollo
della natalit (saldo negativo).
Fino al Seicento, con quozienti di natalit e di mortalit elevati, la po-
polazione cresciuta in maniera piuttosto lenta; da circa 250 milioni di
individui intorno allanno zero giunta al raddoppio (500 milioni) in-
torno al 1650.
La successiva duplicazione, a un miliardo, si verificata verso la met
dellOttocento. Da allora (con lavvento di una vera e propria rivolu-

105
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zione demografica) i ritmi di accrescimento sono stati fortissimi: due


miliardi nel 1940, quattro miliardi nel 1975, sette miliardi nel 2011.
La rivoluzione demografica la conseguenza del verificarsi di tutta
una serie di condizioni, legate al progresso della medicina e delligiene,
allo sviluppo agricolo e allalimentazione pi ricca e variata e, pi in ge-
nerale, al miglioramento della qualit della vita. Le ricorrenti calamit
(come peste, colera, carestie), che uccidevano quantit enormi di per-
sone, soprattutto bambini, sono state notevolmente ridotte, anche se
non scomparse nei Paesi poveri.
La rivoluzione demografica ha dapprima interessato i Paesi europei,
pi progrediti sul piano economico e socio-culturale, che nel XX secolo
hanno visto consistenti aumenti di popolazione. Negli ultimi decenni,
invece, lesplosione demografica ha coinvolto gli altri continenti, mentre
in Europa si registrata una netta inversione di tendenza (popolazione
stabile con incremento quasi nullo), conseguente a quozienti di natalit
e di mortalit bassi.

TASSO DI CRESCITA ANNUA DELLA POPOLAZIONE (%)


Macroarea dal 1970 dal 1990 dal 2000 Popolazione
al 1990 al 2000 al 2009 nel 2009
Africa subsahariana 2,8 2,6 2,8 1.008.354.000
Medio Oriente
e Nord Africa 3,1 2,2 2,2 413.313.000
Asia meridionale 2,3 2,0 1,9 1.619.757.000
Asia orientale
e Pacifico 1,8 1,2 1,0 2.012.285.000
America Latina
e Caraibi 2,2 1,6 1,4 576.790.000
Paesi industrializzati 0,7 0,6 0,7 988.390.000
Mondo 1,8 1,4 1,4 6.813.327.000

Con tassi molto diversi, i pesi demografici delle varie aree geografiche
sono destinati a mutare piuttosto rapidamente con risvolti significativi
anche a livello socio-economico e geopolitico; ad esempio, con un tasso
di incremento dello 0,5% la popolazione raddoppia in 141 anni (con
l1% in 70 anni, con l1,5% in 46 anni, con il 3% in 24 anni).

106
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8.2 La natalit

Anche la natalit, come il saldo naturale, si pu indicare in termini as-


soluti, come numero di nascite in un anno, e in termini relativi, come
tasso o indice di natalit (numero medio di nati ogni 1000 abitanti).
Quindi, per calcolare il rapporto si moltiplica per mille il numero dei
nati in un anno e si divide il prodotto per il numero totale della popo-
lazione.
La formula per il suo calcolo :
Indice di natalit: Nati in un anno x 1000
Popolazione

La natalit dipende dalle condizioni sociali ed economiche di ciascun


Paese, dai comportamenti derivanti dalle tradizioni culturali e religiose,
oltre che dalle politiche demografiche.
Per queste ragioni la natalit pu essere in qualche modo governata,
pur se vi sono precise limitazioni biologiche. Il potere legislativo inter-
viene sulle politiche demografiche, che possono incentivare la natalit
(assegni familiari per i nuovi nati, sgravi fiscali per famiglie numerose,
assistenza alla maternit e allinfanzia) oppure scoraggiarla (limiti al
numero dei figli, campagne contro la natalit).
Grande influenza sui tassi di natalit riveste anche la struttura per et
della popolazione: una popolazione complessivamente anziana fa ab-
bassare in maniera notevole lindice, mentre una popolazione giovane
pu favorire valori elevati.
Per questa molteplicit di motivi si registra una grande diversifica-
zione nel tasso di natalit tra i vari Stati; si passa da valori inferiori al
10 nel 2009 (Germania, Austria, Italia) a valori superiori di poco al
50 (Niger), che rappresenta il massimo naturale senza luso di prati-
che restrittive. LAfrica subsahariana larea geografica che fa rilevare
i tassi di natalit pi elevati (38), mentre i Paesi industrializzati si pre-
sentano con i valori pi modesti: 11.
In ogni caso il tasso di natalit ovunque in progressiva diminuzione,
pur se la flessione avviene in modo diversificato. A scala mondiale il va-
lore sceso dal 32 del 1970 al 20 del 2009. Nei Paesi industrializ-
zati coefficienti gi bassi tendono ancora a diminuire dal 17 all11,
mentre questo andamento non avviene nellAfrica subsahariana, dove
la flessione rimane ancora piuttosto modesta: dal 47 al 38 (sempre

107
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nello stesso periodo). Particolarmente forte la diminuzione nellAsia


orientale (dove peraltro esercita grande peso la Cina con la sua politica
restrittiva, volta a porre un freno a una crescita demografica esponen-
ziale, non sostenibile in termini socio-economici): qui il tasso si contrae
dal 33 al 14.
Altri dati di particolare rilevanza per levoluzione del tasso di natalit
sono costituiti dal tasso di fecondit (composto dal numero di nati ri-
spetto a quello delle donne det compresa tra i 15 e i 49 anni) e dal
tasso totale di fertilit: numero di bambini che nascerebbero da ogni
donna se vivesse fino al termine del suo periodo di fertilit e rimanesse
incinta a qualunque et, secondo il tasso di fertilit corrispondente
(Unicef). Il tasso totale di fertilit pi alto si registra nellAfrica subsa-
hariana (pari a 5 bambini per donna), mentre nei Paesi industrializzati
pari 1,7 (1,4 in Italia).
I tassi di fecondit e fertilit indicano i tipi di tendenza e comporta-
mento demografico con maggiore precisione rispetto al semplice tasso
di natalit, che considera tutta la popolazione, anche quella in et non
procreativa, come bambini e anziani.
Un basso tasso di natalit, prodotto dal complessivo invecchiamento
della popolazione, tende a persistere, pure in presenza di un cambia-
mento di atteggiamento, pi a favore della procreazione. Infatti, la strut-
tura per et di una popolazione non pu cambiare in fretta, poich in
una popolazione molto anziana, percentualmente non saranno molte le
donne in et procreativa. Il ringiovanimento e linvecchiamento della
popolazione si manifestano con lentezza e con un certo numero di anni
di ritardo rispetto allacquisizione di comportamenti diversi nella nata-
lit.

8.3 La mortalit

Anche la mortalit, come la natalit, si pu indicare in termini assoluti,


come numero di decessi in un anno, e in termini relativi, come tasso o
indice di mortalit (numero medio di morti per ogni 1000 abitanti). Per
calcolare il rapporto si moltiplica per mille il numero dei morti in un
anno e si divide il prodotto per il numero totale della popolazione.
Questa la formula:
Indice di mortalit: Morti in un anno x 1000
Popolazione

108
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Il tasso di mortalit si pu misurare utilizzando altri parametri: ad


esempio in base al sesso (lieve eccedenza dei tassi di mortalit maschile
rispetto a quella femminile), ma anche riguardo allambito sociale, in
base alle diverse professioni della popolazione.
Pure nel tasso di mortalit si registra una diversificazione nei valori,
seppur inferiore a quella riscontrabile nei tassi di natalit; si passa, in-
fatti, da cifre al di sotto del 5 (Arabia Saudita, Algeria, Giordania,
Messico, Oman) a cifre inferiori al 20: Afghanistan (19) Guinea-
Bissau e Zambia (17) Somalia e Nigeria (16). LAfrica subsaha-
riana, anche in questo caso, larea geografica che nel suo insieme
presenta i tassi di mortalit pi elevati (14), mentre i Paesi industria-
lizzati si attestano sul 9 (Italia 10). I tassi di mortalit pi bassi ri-
guardano Medio Oriente e Africa settentrionale (6), America Latina
(6), Asia orientale e Pacifico (7). La comparazione con la situazione
di appena quarantanni fa indicativa delle grandi trasformazioni regi-
stratesi a livello mondiale.
Le aree geografiche indicate nel 1970, nel 1900 e nel 2009 presenta-
vano i seguenti valori per mortalit ():

VALORI DELLA MORTALIT


Macroarea 1970 1990 2009
Africa subsahariana 21 16 14
Medio Oriente e Nord Africa 16 8 6
Asia meridionale 17 11 8
Asia orientale e Pacifico 10 7 7
America Latina e Caraibi 10 7 6
Paesi industrializzati 10 9 9
Mondo 12 10 8

Il confronto di tutti questi valori offre una prima indicazione: i Paesi


cosiddetti in via di sviluppo non sono assimilabili, ma presentano al loro
interno situazioni profondamente diversificate. Il fatto che lAfrica sub-
sahariana e lAmerica Latina siano agli estremi della scala percentuale
potrebbe sorprendere a una lettura superficiale, cos come potrebbe
stupire un tasso di mortalit pi elevato nei Paesi industrializzati rispetto
a quello dei Paesi del Medio Oriente, dellAfrica settentrionale, dellAsia
orientale. Per comprendere meglio landamento dei tassi di mortalit
bisogna riferirsi soprattutto alla struttura per et della popolazione e

109
De Vecchis.02_Layout 1 28/02/12 17.00 Pagina 110

alla situazione socio-culturale ed economica, con particolare riguardo


a quella igienico-sanitaria e alimentare.
I Paesi industrializzati presentano valori relativamente elevati a causa
dellinvecchiamento generalizzato della popolazione, anche se la situa-
zione economica e sociale si rivela migliore. Per assurdo, una popola-
zione con una eccellente qualit di vita, costituita quasi del tutto da
persone molto anziane, arriverebbe a tassi di mortalit elevatissimi.
La situazione socio-economica incide nei Paesi con popolazione com-
plessivamente giovane; dove negli ultimi decenni si sono registrati pro-
gressi in ambito sanitario e alimentare, i valori del tasso di mortalit
risultano molto bassi; dove, al contrario, persistono situazioni di soffe-
renza e di grave disagio (come in gran parte dellAfrica subsahariana),
i tassi si attestano su valori elevati, anche in presenza di una popolazione
molto giovane.
Il tasso di mortalit non va confuso con la durata media della vita pre-
vista alla nascita (in Italia ad esempio il tasso di mortalit relativamente
alto, ma si vive in media a lungo: 81 anni), pur se i due parametri sono
collegati.
Si osservi in particolare la differenza nella speranza di vita esistente
tra lAfrica subsahariana e lAmerica Latina.

LE DIFFERENZE NELLA SPERANZA DI VITA (in anni)


Africa subsahariana 49
Oriente e Africa settentrionale 66
Asia meridionale 62
Asia orientale e Pacifico 69
America Latina 70
Paesi industrializzati 78
Mondo 64

8.4 La mortalit infantile

Particolare importanza assume il tasso di mortalit infantile, che si


esprime, sempre in termini millesimali, attraverso il numero di decessi
di bambini in et inferiore allanno, rispetto ai bambini nati nello stesso
anno. Questultimo parametro, pi che demografico in senso stretto,
un indicatore sociale, giacch le condizioni socio-economiche e ambien-
tali influiscono moltissimo sulla salute del bambino. Il tasso di mortalit

110
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infantile fa registrare le maggiori disparit tra Paesi ricchi e Paesi poveri,


con un picco relativo allAfrica subsahariana.

TASSO DI MORTALIT INFANTILE (per 1000 abitanti)


Africa subsahariana 81
Medio Oriente e Africa settentrionale 32
Asia meridionale 55
Asia orientale e Pacifico 21
America Latina 19
Paesi industrializzati 5
Mondo 42

La mortalit infantile in termini relativi tuttavia in progressiva di-


minuzione (nel 1990 nellAfrica subsahariana il valore era pari a 109,
mentre nel Mondo era di 62), anche se molto si dovrebbe operare
per far cessare questa vera e propria tragedia.
Altro tasso che riguarda i bambini il tasso di mortalit neonatale. Si
tratta di un indicatore di grande interesse nel settore sanitario, che si
calcola (sempre ) dividendo il numero delle morti annue che si veri-
ficano entro le prime 4 settimane di vita, per il numero annuo dei nati
vivi. Anche in questo caso il valore pi alto si registra (2009) nellAfrica
subsahariana 37, mentre nei Paesi industrializzati ridotto al 3 (a
livello mondiale si ha il 24).
Per la valutazione dello sviluppo umano e dello stato di benessere dei
bambini in un determinato Paese, lUnicef ha scelto quale misuratore
principale il tasso di mortalit infantile sotto i cinque anni (Tmis5). Que-
sto rapporto, indicante il numero annuale di bambini sotto i cinque anni
che muoiono per ogni mille nati vivi, deriva da una combinazione di fat-
tori interagenti, molto pi che nel tasso di mortalit infantile (primo
anno di vita), che risente soprattutto del legame mamma-figlio, nonch
di eventuali malattie congenite.
Molteplici sono i fattori che condizionano i primi anni di vita, quando
il bambino amplia il suo spazio vissuto, entrando in relazione pi forte
con quanto lo circonda. Fra questi si segnalano: la disponibilit di cibo
e di acqua potabile; lo stato nutrizionale e le conoscenze sanitarie delle
madri e delle persone vicine; la diffusione delle vaccinazioni e luso dei
sali reidratanti (che combattono efficacemente varie forme di dissente-
ria); la possibilit di fruire dei servizi sanitari; le condizioni generali

111
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dellambiente naturale in cui vivono i bambini.


Inoltre il Tmis5, come rileva lUnicef (Condizione dellinfanzia nel
mondo), meno sensibile, ad esempio rispetto al Pnl pro capite, agli
errori comportati dalla media. Questo avviene perch la scala naturale
non consente che i bambini ricchi abbiano mille volte pi probabilit
di sopravvivere, anche se la scala umana consente loro di avere un red-
dito mille volte superiore. In altre parole, molto pi difficile che lesi-
stenza di una minoranza ricca influenzi il Tmis5 di un Paese, e quindi
questo indicatore offre un quadro pi accurato, anche se non perfetto,
della situazione sanitaria della maggioranza dei bambini (e della societ
nel suo insieme).
Tra le diverse aree geografiche si possono riscontrare differenze molto
ampie, che appaiono ancora pi preoccupanti se valutate nella loro di-
namica temporale. Naturalmente occorre tenere conto che, una volta
raggiunto un valore molto basso, una riduzione pure piccolissima pu
rappresentare un successo rilevante. Cos , ad esempio, per i Paesi in-
dustrializzati, che nel 1960 avevano un Tmis5 del 37 e nel 2009 del
6. Questultimo dato assume pi consistenza ancora considerando
che il tasso di mortalit infantile sotto un anno det, sempre nei Paesi
industrializzati, quasi dello stesso valore (5). Ci significa che, su-
perato il primo anno di vita, il pi critico anche per motivi biogenetici,
i fattori esterni (ambientali, igienico-sanitari, alimentari, socio-econo-
mici ecc.) non influiscono negativamente sullo stato di salute dei bam-
bini. Allopposto si trova lAfrica subsahariana che ha un Tmis5 del
129 (258 nel 1960); il progresso, che pure deve essere rilevato ri-
spetto a cinquanta anni fa, non pu far dimenticare il significato dram-
matico di un dato di mortalit di proporzioni cos ingenti. La situazione
dellAfrica subsahariana si evidenzia nel numero dei bambini morti (in
termini assoluti), che stato in progressivo aumento dai 2.900.000 del
1970 ai 4.200.000 del 2000. Solo in questi ultimi anni si sta attestando,
con una modestissima flessione, intorno ai 4 milioni. A livello mondiale,
invece, dal 1970 a oggi il numero dei bambini morti si dimezzato, pas-
sando dagli oltre 16 milioni del 1970 agli attuali 8 milioni, la met dei
quali proprio nellAfrica subsahariana.

112
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TASSO DI MORTALIT INFANTILE SOTTO I CINQUE ANNI


(per 1000 abitanti)
Macroarea 1960 2009
Africa subsahariana 258 129
Medio Oriente e Africa settentrionale 247 41
Asia meridionale 244 71
Asia orientale e Pacifico 212 26
America Latina 153 23
Paesi industrializzati 37 6
Mondo 198 60

In questultimo mezzo secolo risultati veramente positivi sono stati


raggiunti dallAsia orientale, ma molto buoni sono anche quelli fatti re-
gistrare dal Medio Oriente, Africa settentrionale e dallAmerica Latina.

8.5 La struttura demografica

Le dinamiche demografiche naturali agiscono sulle strutture interne


della popolazione, che si diversificano a seconda del loro differente an-
damento. Le distinzioni riguardano soprattutto let, mentre non coin-
volgono il rapporto tra maschi e femmine (sex-ratio), che, invece, pu
essere influenzato dai movimenti migratori.
La natalit maschile dovunque pi elevata (il rapporto medio di
105 nati maschi rispetto a 100 femmine), anche se gi tra i bambini
diffusa una maggiore mortalit maschile; in et adulta, tuttavia, si sta-
bilisce un equilibrio. In seguito, procedendo con gli anni, il rapporto
muta a favore delle donne, che sono pi longeve in tutti i Paesi del
mondo, a eccezione dello Swaziland.
molto importante conoscere la distribuzione della popolazione nelle
varie fasce det, sia per gli effetti sociali sia per le conseguenze di natura
economica (popolazione in et lavorativa, in et scolare ecc.). Per esa-
minare la struttura della popolazione per et si ripartiscono gli abitanti
(di un comune, di una regione, di uno Stato) in classi di et, general-
mente ogni 5 o 10 anni, ma anche ogni anno nei casi di grande dettaglio.
Le fasce det possono essere visualizzate in modo molto semplice at-
traverso un grafico basato sugli assi cartesiani (istogramma a canne oriz-
zontali), detto piramide delle et. In esso la prima classe (ad esempio
dei bambini compresi nella fascia da 0 a 4 anni) rappresentata da una

113
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banda orizzontale (asse delle ascisse), proporzionale al numero delle


persone comprese in quella fascia det. A questa si sovrappongono pro-
gressivamente le altre fasce det, sempre rapportate al numero delle
persone in queste comprese. Sullasse delle ordinate sono indicati gli
anni delle varie classi di et (ad esempio 0-4 anni; 5-9; 10-14 ecc.). Ri-
partendo il grafico in due sezioni, la popolazione si suddivide anche se-
condo il sesso.
Il nome di piramide si riferisce al fatto che per la naturale incidenza
della mortalit le classi di et vanno a diminuire a poco a poco, per cui
il grafico viene a somigliare a una piramide. Le fasce giovanili sono pi
consistenti (e quindi graficamente sono pi allungate) di quelle anziane
(che appaiono pi corte).
La piramide det aiuta a comprendere levoluzione di una popola-
zione; infatti, secondo la forma assunta, si possono comprendere le ca-
ratteristiche strutturali della popolazione e la sua evoluzione futura. E
cos una piramide con una base molto larga e un progressivo forte re-
stringimento (piramide ad accento circonflesso) mostra una popola-
zione ad alto tasso di natalit e ad alto tasso di mortalit, che colpisce a
tutte le et. questo il caso dei Paesi economicamente pi poveri del-
lAfrica subsahariana, che presentano grossi problemi di ordine sociale
e sanitario. Al contrario, una piramide che mostra rigonfiamenti nelle
classi adulte e contrazioni nei segmenti relativi ai bambini e ai giovani
testimonia un processo dinvecchiamento avanzato. Una sequenza di

Piramide delle et e del sesso dellItalia al 1 gennaio 2011.

114
De Vecchis.02_Layout 1 28/02/12 17.00 Pagina 115

piramidi, relative alla popolazione di uno stesso territorio ma riferite ad


anni diversi, consente di valutare levoluzione della struttura demogra-
fica di un Paese.
I processi di senilizzazione possono essere analizzati anche attraverso
altri parametri, come lindice di vecchiaia: rapporto demografico per-
centuale tra la popolazione in et anziana (65 anni e pi) e la popola-
zione in et giovanile (meno di 15 anni). In Italia ha assunto proporzioni
davvero notevoli, raggiungendo, al 1 gennaio 2010, quota 144,0% (nel
1961 non arrivava al 40%). La Liguria presenta i valori pi elevati
(234,6%), mentre la Campania ha lindice pi basso (96,5%). Il valore
medio per lUnione Europea pari a 108,6%.
Pure importante il tasso riguardante la popolazione di adolescenti
(10-19 anni). I Paesi con la minore percentuale (2009) sono Italia, Spa-
gna e Giappone, con il 9% in proporzione al totale della popolazione.
I valori massimi (circa un quarto della popolazione di adolescenti) sono
raggiunti da molti Paesi dellAfrica subsahariana, ma anche dellAsia
(Yemen, Cambogia) dellAmerica Latina (Guatemala), dellOceania
(Samoa).

8.6 Il rilevamento statistico della popolazione

La rilevazione della popolazione avviene attraverso stime che gli uffici


anagrafici della maggior parte degli Stati eseguono con continuit, in
genere al 31 dicembre o al 1 gennaio di ogni anno, e soprattutto attra-
verso i censimenti, che si eseguono a scadenze regolari e costituiscono
unoperazione statistica di rilevazione diretta per conoscere lo stato ge-
nerale della popolazione. Il principale produttore di statistica ufficiale,
che opera in Italia dal 1926 a supporto dei cittadini e dei decisori pub-
blici, lIstituto nazionale di statistica (Istat). Tra i suoi obiettivi strate-
gici vi quello di condurre ricerche metodologiche e applicate allo
scopo di migliorare i processi di produzione dellinformazione statistica
e contribuire alla conoscenza della realt ambientale, economica e so-
ciale dellItalia.
Il primo censimento si realizzato in Italia nel 1861, subito dopo
lUnit, per conto di un Ufficio di statistica generale attivo presso il Mi-
nistero dellAgricoltura; da allora i censimenti si sono svolti sistemati-
camente ogni dieci anni fino al 2011, a eccezione del 1891 (per motivi
finanziari) e del 1941 (per motivi bellici). Un censimento fu attuato nel

115
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1936, in seguito alla decisione di sostituire il periodo decennale con uno


quinquennale. Il momento di rilevazione dei dati del censimento va-
riato continuamente (ad esempio il 10 febbraio 1901, il 10 giugno 1911),
ma dal secondo dopoguerra a oggi tutti i censimenti si sono svolti a ot-
tobre e a novembre, il periodo di minore mobilit della popolazione. Il
9 ottobre 2011 si svolto il 15 Censimento generale della popolazione
e delle abitazioni allo scopo di conoscere la struttura demografica e so-
ciale dellItalia, di acquisire informazioni utili a comprendere meglio la
realt in cui si vive e ad assumere scelte pi consapevoli da parte delle
istituzioni.
Nei censimenti si tiene conto in particolare della popolazione resi-
dente, quella che ha dimora abituale nel comune, anche se alla data del
censimento temporaneamente assente. Viene, comunque, registrata
pure la popolazione presente, costituita dai presenti nel comune, anche
se di solito non residenti.
LIstat pubblica con regolarit lAnnuario statistico italiano e il Bol-
lettino mensile di statistica. Tuttavia la met della produzione dellIstat
finalizzata allinformazione economica, considerata irrinunciabile per
una corretta azione di governo. Dagli inizi degli anni Ottanta, per, le
statistiche sociali hanno assunto un rilievo crescente, soprattutto per
impulso alla loro valorizzazione proveniente dagli organismi interna-
zionali.

8.7 Il movimento migratorio

Negli ultimi decenni la mobilit delle persone aumentata in maniera


straordinaria; il progresso registratosi nei mezzi di trasporto, molto pi
rapidi e meno costosi del passato e capaci di favorire gli spostamenti,
ha ridotto le distanze-tempi, rendendo la popolazione sorprendente-
mente mobile. Nellambito della mobilit generale, che riguarda vari
aspetti (il turismo ad esempio), il fenomeno migratorio occupa un posto
di particolare rilievo negli studi geografici, con implicazioni di natura
non solo economica, ma anche sociale e culturale. Pure landamento
demografico di unarea geografica, piccola o grande che sia, determi-
nato dal movimento migratorio. Si dicono migrazioni quegli spostamenti
di popolazione (flussi in entrata e in uscita) che portano a cambiamenti
di residenza, dal luogo di origine o di partenza al luogo di destinazione
o di arrivo.

116
De Vecchis.02_Layout 1 28/02/12 17.00 Pagina 117

Luscita da un territorio si chiama emigrazione, mentre lentrata de-


nominata immigrazione. Il saldo migratorio determinato dal conteggio
dei due flussi, che risulta positivo quando le immigrazioni sono pi nu-
merose delle emigrazioni, negativo nel caso contrario. Come per il mo-
vimento naturale della popolazione, anche per quello migratorio si fa
ricorso agli indici: tasso di emigrazione (numero medio di emigrati per
1000 abitanti) e tasso di immigrazione (numero medio di immigrati per
1000 abitanti).
Le migrazioni interne avvengono con spostamenti entro i confini dello
stesso Stato; si distinguono, quindi, dai trasferimenti in Paesi esteri, poi-
ch nelle migrazioni interne il cittadino conserva gli stessi diritti civili e
politici.
Gli spostamenti di popolazione in genere sono causati dalla ricerca
di una situazione economica migliore, di un lavoro per la sopravvivenza;
la fuga dalla povert pu portare interi gruppi familiari a superare no-
tevoli difficolt per inserirsi in un ambiente nuovo e spesso molto di-
verso. Le migrazioni avvengono dalle regioni pi povere (spesso con
elevato incremento demografico) a quelle economicamente pi ricche;
tali divari non sono stati mai cos forti, come lo sono oggi. Le maggiori
frontiere dellemigrazione si trovano tra lAmerica Latina (Messico in
primo luogo) e gli Usa e nel bacino del Mediterraneo, tra le sponde nor-
dafricane e mediorientali da una parte e quelle europee dallaltra. Solo
a titolo esemplificativo si segnala che il Prodotto interno lordo pro-ca-
pite in Algeria di 4435 dollari mentre nella Francia di 41.019 dollari
(2010). Ma anche verso gli Stati del Golfo Persico, ricchi di petrolio,
convergono flussi da vari Paesi asiatici (in Kuwait, ad esempio, meno
del 40% della popolazione autoctona). Un altro fronte, conseguente
alla caduta del Muro di Berlino nel 1989, si colloca allinterno dellEu-
ropa, con flussi provenienti da quella orientale (ex-comunista) verso
quella occidentale.
Le migrazioni possono essere classificate, in base alla loro entit nu-
merica, come: migrazioni in massa (con spostamenti di interi popoli) e
migrazioni per infiltrazioni (con spostamenti di piccoli gruppi o di sin-
goli individui).
I movimenti migratori possono essere inoltre: spontanei (per libera
iniziativa), organizzati (per la colonizzazione o la bonifica di un territo-
rio) oppure forzati (espulsioni e deportazioni). La migrazione coatta dei
Neri (nota come tratta degli schiavi) ha rappresentato levento pi tra-

117
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gico e vergognoso di mobilit forzata, collegato soprattutto allo sfrut-


tamento coloniale del Nuovo Mondo, con milioni di schiavi portati a
lavorare nelle piantagioni di cotone, di caff e di canna da zucchero
negli Usa, nelle Antille, in Brasile

Trinidad (provincia di Sancti Spritus a Cuba), con la scalinata dove venivano esposti i
prigionieri neri per la vendita. La citt, dal 1988 indicata dallUnesco come
Patrimonio dellumanit, stata centro di smistamento degli schiavi, impiegati nelle
piantagioni di canna da zucchero.

Rispetto alla durata, le migrazioni possono essere permanenti (con


trasferimento definitivo), temporanee (come quelle stagionali per de-
terminati lavori agricoli). Vi sono, infine, gli spostamenti pendolari, che
interessano quei lavoratori e studenti che ogni mattina dalla localit di
residenza si recano al luogo di lavoro o di studio.
Per comprendere meglio il ruolo giocato dallemigrazione, si pensi
che dallUnit in poi hanno lasciato lItalia, oggi meta di consistenti
flussi di immigrati, circa 27 milioni di italiani. Fino al 1920 oltre la met
degli emigranti italiani ha superato lOceano Atlantico, per recarsi negli
Stati Uniti dAmerica, in Argentina, in Brasile.
Per quanto riguarda lemigrazione italiana in Europa, si ricorda che

118
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fino alla seconda guerra mondiale Francia, Svizzera, Germania, Austria


e Belgio hanno assorbito la grandissima maggioranza degli emigranti.
In seguito le mete scelte dagli Italiani sono state la Germania e la Sviz-
zera.
Sempre in Italia il divario socio-economico tra Nord e Sud, dovuto
allo sviluppo industriale concentrato in alcune aree settentrionali e alla
presenza di uningente sottoccupazione agricola in gran parte del cen-
tro-sud, ha generato notevoli correnti migratorie interne.
Pi recentemente, mentre si conferma la tendenza allabbandono delle
zone di montagna e dei centri abitati pi piccoli, si registra anche una
diminuzione delle capacit di attrazione delle grandi citt, a vantaggio
di quelle di media ampiezza.

8.8 Lespansione europea nei nuovi continenti

Gli emigrati europei hanno colonizzato due interi continenti: lAme-


rica e lAustralia. I primi colonizzatori del Nuovo Mondo sono stati gli
Spagnoli e i Portoghesi, che, partendo a gruppi, ma senza una solida
organizzazione alle spalle, erano spinti principalmente dallambizione
di arricchirsi in breve tempo. In seguito si aggiunsero Francesi, Inglesi
e Tedeschi, che si avventurarono anche allinterno dellAmerica setten-
trionale; oltre sei milioni di Europei abbandonarono i loro Paesi dal
1500 al 1700.
Fu nel secolo XIX, tuttavia, che lemigrazione europea raggiunse la
sua massima espansione. Le cause di questa corsa verso nuovi e lontani
orizzonti erano molteplici:
leccessiva popolazione di alcune terre, in rapporto soprattutto ai me-
todi di agricoltura allora in uso;
la disoccupazione degli artigiani, che si accompagn allaffermarsi
della rivoluzione industriale;
le ricorrenti carestie, che colpirono varie regioni e principalmente lIr-
landa;
i conflitti religiosi e le guerre.
Anche il rapido progresso dei trasporti marittimi, in seguito alla so-
stituzione delle navi a vela con quelle a vapore, contribu a favorire le
partenze dallEuropa.
Verso la fine dellOttocento si ebbe una nuova ondata emigratoria che
riguard soprattutto i Paesi dellEuropa meridionale (Italia, Grecia) e

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di quella orientale (Austria, Russia, Polonia), afflitti da una forte disoc-


cupazione, quasi scomparsa invece in Gran Bretagna, Francia e Ger-
mania. Lo scoppio della prima guerra mondiale (1914-1918) pose
termine alle grandi migrazioni oltre Oceano, anche perch gli Stati Uniti
dAmerica decisero di frenare limmigrazione nel proprio territorio. Nel
periodo di maggiore emigrazione europea (1815-1914) espatriarono ben
17 milioni di Inglesi: 65% negli Stati Uniti; 15% in Canada; 5% in Au-
stralia e Nuova Zelanda; 5% in Sudafrica; 10% in altri Paesi.
Circa sei milioni furono, invece, gli Irlandesi che lasciarono la propria
terra, diretti in prevalenza verso gli Stati Uniti (la popolazione dorigine
irlandese presente negli Usa risulta oggi superiore a quella della stessa
Irlanda). Anche i Tedeschi che raggiunsero gli Stati Uniti e, in misura
molto minore, il Brasile, furono circa sei milioni.
Spagnoli e Portoghesi, i primi emigrati soprattutto in Argentina e i
secondi in Brasile, furono relativamente pochi: circa tre milioni.
Quasi la met dei circa nove milioni di Italiani emigrati approd negli
Stati Uniti; ma forti furono anche le correnti dirette in Argentina e in
Brasile.

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Capitolo nono

DENSIT E DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE

9.1 Lecumene

Il termine ecumene gi utilizzato dai Greci (Strabone nel I sec. a.C.)


per individuare le aree note e abitate e introdotto nella scienza geogra-
fica da Ratzel alla fine dellOttocento si pu definire come lo spazio
terrestre dove la comunit umana in grado di risiedere stabilmente in
condizioni di vita accettabili, ovvero in grado di abitare. In qualche
modo labitante colui che si appropria dello spazio nel quale vive; il
termine, infatti, deriva dal latino habitare, che frequentativo di habere:
avere, essere padroni. Su cosa significhi essere padroni in un tempo in
cui come ricorda Armand Frmont il pianeta diventato nomade,
la geografia da tempo sinterroga. Cos meritano approfondite riflessioni
e ricerche sui rapporti tra identit e territorio e sui processi dintegra-
zione tra vecchi e nuovi abitanti, non sempre avviati in maniera corretta
e proficua, con conseguenti conflittualit spaziali.
Gli abitanti della Terra sono sette miliardi, compresi in gran parte
nellemisfero nord o boreale (90% circa della popolazione), anche per-
ch in questo si trova la maggior parte delle terre emerse. Una distin-
zione della popolazione per fasce latitudinali rileva chiaramente come
a nord del 60 parallelo, pur in presenza di vastissimi territori, i gruppi
umani siano piuttosto scarsi. Gran parte dellumanit vive nelle fasce
temperate e in quelle sub-tropicali.
Gli abitanti del pianeta sono cos suddivisi fra i continenti (stime 2010):

Continente Abitanti Densit (ab/km2)


Europa 719.169.000 69
Asia 4.195.910.000 94
Africa 1.017.033.000 34
America Settentrionale e Centrale 538.107.000 22
America Meridionale 389.839.000 22
Oceania 38.109.000 4
Mondo 6.898.165.000 50

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Di questi sette miliardi di abitanti appena uno vive nei Paesi indu-
strializzati, mentre nellAsia meridionale e orientale risiede una popo-
lazione di oltre tre miliardi e mezzo (Asia meridionale 1.619.757.000;
Asia orientale e Pacifico 2.012.285.000), che corrisponde a circa il 50%
del totale del pianeta. LAsia, con il 29,8% delle terre emerse, conta il
60,8% della popolazione mondiale, mentre lEuropa presenta il 6,9%
delle terre emerse e il 10,4% della popolazione del pianeta (occorre va-
lutare che il continente antartico disabitato occupa il 9,3% delle terre
emerse). Questi semplici dati grezzi, rapportati ai coefficienti di crescita
demografica presenti nelle varie aree geografiche, fanno comprendere
come i pesi demografici siano in squilibrio crescente e, poich una de-
bole crescita economica in genere si associa a un forte incremento na-
turale della popolazione, i futuri sviluppi demografici potrebbero
produrre pericolosi riflessi socio-culturali, economici e politici nel
mondo.
Nel corso dei millenni, grazie anche al progresso delle tecniche di in-
tervento sullambiente, lecumene ha conquistato sempre nuovi spazi.
Rimangono tuttavia ampie regioni sempre disabitate, chiamate anecu-
meniche e delimitabili in senso planimetrico e/o altimetrico. Non esiste,
per, un limite netto, poich ecumene e anecumene sono divise da una
fascia pi o meno ampia, detta subecumene, abitata dalluomo soltanto
periodicamente, soprattutto per la pratica dellallevamento nomade o
seminomade.
Le terre anecumeniche, molto diverse per caratteristiche geografiche
le une dalle altre, rappresentano poco meno di 30 milioni di km2, un
quinto della superficie terrestre. La parte maggiore dellanecumene
costituita dalle regioni polari, perennemente (o quasi) ghiacciate e
troppo fredde per linsediamento umano:
300.000 km2 del margine settentrionale eurasiatico;
quasi 2.000.000 di km2 della Groenlandia, pressoch priva di abitanti
ad eccezione delle coste occidentali e sudorientali;
circa 14.000.000 di km2 dellAntartide, dove si trovano a operare gli
addetti alle stazioni scientifiche.
Poich il freddo in relazione non soltanto con la latitudine, ma anche
con laltitudine, nelle aree montane, raggiunta una determinata quota,
il calore non pi sufficiente allo sviluppo della vegetazione; si hanno
cos i deserti freddi, spesso coperti da nevi perenni e ghiacci. I pi ampi
deserti di altitudine si estendono in Tibet, sullHimalaya, sulle Ande,

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sulle Alpi e complessivamente coprono una superficie di 2.000.000 di


km2.
Ai deserti di altitudine si devono aggiungere i deserti caldi, dove la
mancanza di umidit si associa a temperature medie in genere elevate.
Allestremo opposto del deserto, in relazione almeno alla situazione
ambientale, si colloca la foresta equatoriale, dove la scarsit di popola-
zione data da una vegetazione straordinariamente fitta e rigogliosa,
dalleccessivo calore e dallabbondanza delle precipitazioni. Le pi
ampie aree anecumeniche a foresta si collocano allinterno delle isole
del Borneo, della Nuova Guinea e nellAmazzonia, tutte minacciate da
una deforestazione indiscriminata, con gravi guasti ambientali a scala
planetaria e danni non meno gravi per le scarse popolazioni indigene.
Limitate aree anecumeniche interne sono infine rappresentate da zone
paludose, anche queste molto ridotte in seguito alle opere di bonifica.

9.2 La densit di popolazione

La densit di popolazione, un parametro di sicuro interesse geografico,


mette in relazione il numero assoluto degli abitanti con la superficie da
questi occupata (di solito espressa in chilometri quadrati). Ha anche il
pregio di essere un rapporto aritmetico molto semplice e di facile frui-
bilit, che si ottiene dividendo il numero degli abitanti per la superficie
sulla quale risiedono normalmente. Il parametro tuttavia restituisce una
forte generalizzazione, giacch offre un valore medio, come se gli abi-
tanti fossero distribuiti in modo omogeneo su tutto il territorio consi-
derato. Non indica, quindi, situazioni reali, tranne che per territori
molto piccoli con caratteri di uniformit; nella concretezza spaziale, in-
fatti, accanto a citt affollate possono coesistere altre regioni, magari
vastissime, poco popolate. In Italia, con una densit media di 201
ab/km2, le differenze sono piuttosto marcate: Valle dAosta 39 ab/km2;
Campania 429 ab/km2.
Il valore di densit dellEgitto forse lesempio pi rappresentativo
di un utilizzo poco attento di tale parametro. Al 2011 questo Paese fa
registrare una densit di 80 ab/km2. Come noto, lEgitto ha unarea
abitata che coincide in buona parte con la valle e il delta del Nilo, men-
tre la porzione di gran lunga maggioritaria del territorio costituita dal
deserto. In pratica, circa il 98% della popolazione risiede in uno spazio
corrispondente al 3% della superficie totale.

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Il valore medio non ha quindi nessuna attinenza con la realt, poich


i governatorati pi estesi e desertici, come El Wadi El Gidid e Matruh
hanno 1 o 2 ab/km2, mentre quelli di Luxor e Il Cairo arrivano a valori
elevatissimi, rispettivamente di 18.964 ab/km2 e di 34.121 ab/km2.
Le differenze aumentano nei confronti fra i diversi Stati, dalle Citt-
Stato con densit altissime (Monaco, 17.763 ab/km2; Singapore, 5297
ab/km2) ad alcuni piccoli Stati insulari (Barbados, 641 ab/km2; Maurizio
636 ab/km2), fino a Paesi piuttosto grandi come il Bangladesh, ampio
147.570 km2, che testimonia un affollamento preoccupante: 1114
ab/km2. Allopposto esistono, peraltro in tutti i continenti, Stati quasi
disabitati, con 2-3 ab/km2: Namibia, Islanda, Mongolia, Canada, Suri-
name, Australia.
Un parametro di densit che pi si avvicina alla realt rapporta la po-
polazione totale di un Paese non allintera superficie, ma soltanto a
quella coltivata, eliminando cos le aree anecumeniche, come le monta-
gne inabitabili o i deserti. Si ottiene, cos, la densit fisiologica, che offre
informazioni pi precise rispetto alleffettivo carico demografico (ad
esempio, la densit fisiologica dellEgitto supera i 3100 ab/km2).

9.3 La distribuzione della popolazione

Movimenti naturali e migratori modificano continuamente la distri-


buzione della popolazione nel tempo, come rilevato nei due precedenti
paragrafi. Lindustrializzazione e lurbanizzazione da una parte, lo spo-
polamento della campagna e soprattutto della montagna dallaltra ge-
nerano sul territorio accentramenti e dispersioni a volte rilevanti.
I principali addensamenti mondiali si trovano in Asia. Il primo com-
prende la parte orientale della Cina, la Corea e il Giappone, il secondo,
nellAsia meridionale, imperniato su India, Pakistan e Bangladesh. Un
terzo grande addensamento, seppur minore di quelli asiatici, occupa
gran parte dellEuropa, dallIrlanda alla Russia. Altra concentrazione
demografica si trova nella fascia atlantica degli Stati Uniti (le aree ur-
bane della East Coast), da Washington a New York e Boston.
La diversa distribuzione demografica, che si verificata in Italia nel-
lultimo secolo e mezzo, ha prodotto trasformazioni profondissime nelle
relazioni tra societ e ambienti naturali.
Rappresentativo del cambiamento demografico il caso dei territori
montani (quelli alpini in particolare), che fino alla met dellOttocento

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hanno vissuto un periodo detto autarchico (pre-protoindustriale), ca-


ratterizzato da un consistente incremento della popolazione. Del resto
pianure in prevalenza acquitrinose, spesso soggette alla piaga della ma-
laria, favorivano la presenza delluomo nelle zone montane anche in
quelle pi difficili per linsediamento che spesso sopportavano carichi
demografici molto intensi. Il sovrappopolamento, con la necessit di ri-
cercare terreni da coltivare e nuove risorse per lalimentazione, ha fatto
registrare unazione potente di diboscamento, con conseguenti guasti
idrogeologici. Il bosco stato progressivamente sostituito da colture
per lo pi cerealicole, che raggiungevano superfici poste ad altitudini
eccessive, non idonee allattivit agricola.
Pi tardi lindustrializzazione, lo sviluppo delle attivit minerarie, luti-
lizzazione diretta di energia elettrica, il progresso delle vie di comuni-
cazione hanno intensificato i rapporti e i flussi tra montagna e pianura.
Pertanto, ai primi del Novecento sono iniziati i grandi processi di spo-
polamento, protrattisi anche dopo la seconda guerra mondiale, con una
fase di radicale trasformazione dellassetto demografico e una nuova di-
stribuzione territoriale della popolazione.
Lo spopolamento, per, si associato spesso allabbandono dei terreni
agrari, a un vero e proprio processo di degrado e, in definitiva, a un de-
cisivo scadimento delle attivit agricole. Queste ultime avevano soppor-
tato a lungo il compito divenuto sempre pi insostenibile di assicurare
al territorio gran parte della popolazione, producendo quasi ovunque
densit altissime, se comparate alla superficie effettivamente lavorabile.

9.4 Linsediamento rurale

Il concetto di popolamento, come processo che evidenzia la dinamica


delloccupazione di un territorio, si relaziona con quello di ecumene.
Il primo, e anche il principale, segno delloccupazione labitazione,
che testimonia la stabilit della presa di possesso e un momento forte
dellorganizzazione di un territorio. Non a caso labitazione fissa con-
traddistingue il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale.
La popolazione, distribuita sul territorio in case isolate nella campa-
gna, si definisce sparsa, mentre, al contrario, si dice accentrata quando
risiede in abitazioni raggruppate in centri (dai piccoli villaggi di cam-
pagna ai grandi agglomerati urbani).
Non semplice distinguere la popolazione che vive nelle campagne

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Villaggio africano nei pressi della cittadina di Livingstone (Zambia).

(popolazione rurale) da quella che vive nelle citt (popolazione urbana),


cos come la ripartizione citt-campagna non pi cos netta come nel
passato, quando i limiti venivano marcati sul territorio, ad esempio at-
traverso le cinte murarie delle citt, e si poteva identificare un genere
di vita rurale differente da quello urbano. Un fatto inconfutabile dato,
per, dalla flessione generalizzata della popolazione rurale che col-
legata in maggior misura alle attivit agricole diversamente da quella
urbana, dedita in prevalenza ai settori legati allindustria, al commercio
e ai servizi, che, tra laltro, consentono di ottenere un reddito in genere
pi elevato. Il passaggio della manodopera agricola ad altro settore della
produzione conduce allesodo rurale, con abbandono, oltre che del-
lagricoltura, anche delle sedi rurali.
La casa contadina il segno pi evidente dellinsediamento rurale (iso-
lata o a piccoli gruppi) e una delle componenti pi rappresentative del
paesaggio agrario, attraverso le tipologie che esprime (ad esempio la
posizione della abitazione e del rustico, la collocazione delle scale, la
forma del tetto). Ma pure manifestazione di soluzioni ecologico-am-
bientali, di situazioni socio-economiche, di tradizioni culturali. Essa ha

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attirato a lungo lattenzione dei geografi, soprattutto per i suoi stretti


legami con la natura e lambiente; Renato Biasutti prima della seconda
guerra mondiale ha avviato una ricerca sulle dimore rurali in Italia, che
oggi, a deruralizzazione quasi avvenuta, costituisce un prezioso patri-
monio di informazioni.
Si riportano alcune considerazioni scritte da Giuseppe Barbieri e
Lucio Gambi nella Prefazione al volume La casa rurale in Italia, pub-
blicato nel 1970, che fa il punto sui risultati conseguiti: La casa pu
essere a volte lemblema di un paesaggio conservatore o lento ad evol-
versi, non solo per attaccamento alla tradizione, ma anche per crisi della
struttura rurale che essa rappresenta (es. mezzadria); a volte invece pu
costituire un elemento di avanguardia del paesaggio rurale, dove essa o
segna linizio di un rinnovamento delle strutture (es. nelle aree di ri-
forma fondiaria) o accompagna i processi di organizzazione capitalistica,
come stato fino dagli inizi del secolo scorso nella bassa pianura roma-
gnola, emiliana, veneta e friulana. Ci equivale a dire che la casa ele-
mento di un contesto economico e di una struttura sociale.

9.5 Gli spazi urbani

Le citt rappresentano i luoghi dove pi consistenti possono risultare


le trasformazioni operate dalluomo sul paesaggio.
Questa la definizione data da Umberto Toschi nel 1966, ma tuttora
valida: La citt un aggregato edilizio e demico complesso e organico,
esercitante funzioni di centro di coordinamento per pi o men vasta re-
gione, nel quale popolazione, costruzioni edilizie e spazi liberi si svilup-
pano differenziati per funzioni e per forme, coordinati in unit in
funzione di gruppo sociale localizzato in sviluppo s da costituire un ti-
pico organismo geografico. La citt , pertanto, un agglomerato che
funge da centro politico, amministrativo, culturale ed economico.
Pur avendo le citt una storia molto lunga, che si pu far risalire a
6000 anni fa, il fenomeno generalizzato dellurbanizzazione, come spo-
stamento di masse di persone verso la citt, recente (risale allOtto-
cento), come conseguenza della seconda rivoluzione industriale. Sebbene
il processo si stia attenuando nei Paesi industrializzati, fortissimo nelle
aree economicamente pi povere, dove moltitudini di persone conti-
nuano a migrare nelle periferie di grandi citt, senza peraltro riuscire a
concretizzare le loro aspettative di una vita migliore. Si affollano cos

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Favela nella citt di Salvador (Brasile).

in locali squallidi e alloggi precari, ampliando a dismisura periferie co-


stituite da vere e proprie baraccopoli.
Ciononostante ancora oggi esistono diseguaglianze significative tra
aree urbane e rurali, a vantaggio delle prime; la disponibilit di acqua
potabile ne testimonianza importante.

% DI POPOLAZIONE CHE HA ACCESSO A FONTI


MIGLIORATE DI ACQUA POTABILE (2009)
Totale Urbana Rurale
Africa subsahariana 60 83 47
Medio Oriente e Nord Africa 86 93 76
Asia meridionale 86 95 83
Asia orientale e Pacifico 88 96 81
America Latina e Caraibi 93 97 80
Paesi industrializzati 100 100 98
Mondo 87 96 78

La geografia studia il fenomeno urbano sotto una molteplicit di


aspetti, sia di natura morfologica sia soprattutto funzionale, cercando di

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offrire chiavi interpretative delle relazioni tra citt e territorio circostante.


Il volto della citt (townscape) come sottolinea Adalberto Vallega
(1989) lespressione delle funzioni urbane, delle relazioni tra citt e
lambiente naturale, degli obiettivi che la citt si propone di conseguire:
in una parola, lespressione di una cultura radicata sul territorio.
Una prima quantit di informazioni si ottiene dalla pianta stessa della
citt, la cui forma certamente condizionata dal luogo in cui si trova;
pu, ad esempio, subire linfluenza del rilievo, o dei fiumi o delle coste.
A seconda della loro collocazione topografica le citt si possono clas-
sificare come: citt di rilievo (ad esempio, Orvieto in Italia e Norimberga
in Germania); di valle (Aosta); di fiume (Lione, fra il Rodano e la Saona
in Francia, e Belgrado, fra il Danubio e la Sava); di estuario (Londra sul
Tamigi, Lisbona sul Tago, Amburgo sullElba); di delta (Alessandria sul
Nilo e Marsiglia sul Rodano); di laguna (Venezia); di lago (Lecco sul
lago di Como, Toronto sul lago Ontario, Chicago sul lago Michigan).
In ogni caso, per, la forma della citt dipende anche da altri fattori
di ordine storico, sociale, religioso ed economico, che si sovrappongono
ai fattori di ordine naturale.
Gi nella pianta della citt si registrano notevoli differenze: le citt a
pianta regolare (con reticolo viario disposto geometricamente) si op-
pongono a quelle con pianta irregolare (a struttura anarchica). Esempi
significativi di questultimo tipo sono forniti dalle citt arabe mediter-
ranee, con lintrecciarsi fittissimo di vicoli tortuosi e stretti, che spesso
terminano in piazzette interne e senza sbocchi. La pianta a scacchiera,
derivata direttamente dallaccampamento romano, si diffusa in gran
parte dellOccidente europeo. Nel Medioevo ha invece prevalso la
pianta radiocentrica, costituita da un nucleo centrale (castello, duomo,
palazzo comunale, mercato), dal quale partono strade divergenti a rag-
giera. Il centro pu essere cinto di mura, che rappresentano nello stesso
tempo una difesa e un ostacolo alla successiva espansione (citt murata).
Quando le citt si sviluppano lungo un asse (strada, fiume, dorsale
montuosa) la pianta assume un aspetto lineare.
Le citt, soprattutto quelle pi grandi, generalmente non hanno pianta
omogenea; i diversi momenti di crescita si distinguono attraverso la dif-
ferenziazione dei segni urbanistici. Si pu, cos, affermare che la storia
di una citt si legge anche attraverso la sua pianta, che pu subire uno
sprawl (dispersione), ovvero uno sviluppo rapido e senza controllo.
Le citt possono essere distinte e classificate secondo il numero degli

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abitanti. questo un criterio di valutazione, cui bisogna aggiungere altri


criteri distintivi, che riescono a meglio qualificare un centro abitato: in-
nanzi tutto la funzionalit. Le citt, infatti, a somiglianza di qualsiasi or-
ganismo, svolgono ben determinate funzioni; da queste dipendono il
loro aspetto e la loro stessa struttura, con la divisione interna per zone:
residenziali, industriali e commerciali.
Una prima suddivisione tra citt monofunzionale (quando prevale una
sola funzione) e citt plurifunzionale (quando le funzioni sono molteplici
e sintegrano fra loro). Mentre in citt piccole si pu trovare la prevalenza
di una singola funzione che influenza tutto lagglomerato urbano, nelle
citt pi grandi raro che, accanto ad una o pi funzioni dominanti, non
ne esistano molte altre sussidiarie.
Le funzioni che possono essere esercitate da una citt sono economiche,
residenziali, sociali, culturali, turistiche, militari.
Le funzioni economiche sono molto importanti, sia per lo sviluppo della
citt sia per lazione esercitata sul territorio circostante (o in alcuni casi
sullintero territorio nazionale). Tra le funzioni economiche vi sono quelle
collegate allindustria (uno dei principali fattori del processo di urbaniz-
zazione che ha interessato lEuropa). Lindustria pu far nascere nuove
citt, come quelle sorte nei bacini carboniferi della Ruhr (Germania) e
della Slesia (Polonia). Vi sono poi vere e proprie citt minerarie, come
Kiruna (in Svezia), importante per lestrazione del ferro. Unaltra rilevante
funzione urbana quella commerciale, che ha determinato spesso il sor-
gere di grandi citt; centri a sviluppo commerciale sono Londra, New
York, Amburgo, Genova. Le citt possono ospitare la sede centrale di
banche e istituti assicurativi; assolvono cos una funzione finanziaria (pre-
stiti, investimenti).
Pu essere anche prevalente la funzione politica e amministrativa, come
in capitali apposta create: Washington e Canberra.
Alcune citt possono avere una funzione prevalentemente culturale
(Oxford e Cambridge in Inghilterra, Heidelberg in Germania, Lovanio
in Belgio) o religiosa (Gerusalemme, Lourdes, La Mecca).
Molti agglomerati urbani esercitano anche funzioni turistiche, grazie
alla bellezza dellambiente o alla presenza di monumenti e opere darte
(lesempio di Venezia di particolare significato).
Oggi pi della met della popolazione mondiale vive in citt, con dif-
ferenziazioni notevoli nelle varie aree geografiche.

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% di popolazione urbana (2009)


Africa subsahariana 37
Medio Oriente e Nord Africa 59
Asia meridionale 30
Asia orientale e Pacifico 46
America Latina e Caraibi 79
Paesi industrializzati 74
Mondo 50

Anche se con incrementi meno forti nel corso degli anni, la percentuale
della popolazione urbana va crescendo, con valori che vanno allineandosi
verso lalto. Le aree a pi bassa percentuale di popolazione urbana, infatti,
sono in genere quelle con tassi di crescita media annua pi elevati.
Il caso dellurbanizzazione in Cina clamoroso per la rapidit con cui
il processo si sta sviluppando; il 50% della popolazione cinese vive oggi
in citt. Oltre 700 milioni di persone hanno abbandonato le campagne,
dove ventanni fa risiedevano quattro cinesi su cinque. Nel 2005 si erano
spostati in 350 milioni, pi degli abitanti degli Stati Uniti. Entro il 2015
si concentrer nelle nuove metropoli oltre un miliardo di persone. Una
velocit senza precedenti: entro tre anni la Cina conter 230 citt con
oltre un milione di residenti (lEuropa ne ha 35). Il numero dei grattacieli
costruiti negli ultimi cinque anni copre una superficie pari a dieci volte
quella di New York.
Le citt sono il nuovo e unico mercato del mondo globalizzato; creano
tendenze e gusti, definiscono i relativi prodotti, organizzano la produzione
e la importano, redistribuendola in megastore periurbani, non-luoghi
dellattrazione, non solo mercantile.

TASSO DI CRESCITA MEDIA ANNUA DELLA POPOLAZIONE


URBANA (%)
Macroarea dal 1970 dal 1990 dal 2000
al 1990 al 2000 al 2009
Africa subsahariana 4,7 4,1 3,8
Medio Oriente e Nord Africa 4,4 2,9 2,6
Asia meridionale 3,8 2,9 2,6
Asia orientale e Pacifico 3,9 3,7 3,0
America Latina e Caraibi 3,2 2,3 1,8
Paesi industrializzati 1,0 1,0 1,0
Mondo 2,6 2,3 2,1

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Capitolo decimo

GLI SPAZI DELLECONOMIA PRIMARIA

10.1 Economia e societ

Lhomo oeconomicus riporta direttamente, attraverso il fondamentale


fattore tempo, al mercato, da sempre luogo e motore delleconomia,
dove le merci, tutte le merci, sia materiali sia virtuali, frutto delle attivit
umane, trovano collocazione nello scambio.
Levidente polisemia del termine mercato indica un notevole insieme
di fattori alla base delleconomia: dalla demografia allallocazione delle
risorse, alle tradizioni storiche e ambientali che caratterizzano i popoli
nei diversi ambiti territoriali. Leconomia rappresenta lo spazio sociale
in cui luomo provvede ai bisogni primari quali lalimentazione e labi-
tazione allistruzione e alla cultura, fino ai beni voluttuari.
Una prima analisi sullorganizzazione economica di uno Stato consi-
dera la popolazione attiva, come insieme delle persone in et lavorativa;
in Italia, calcolata a partire da 15 anni, comprende i lavoratori in attivit,
quelli disoccupati, i giovani in cerca di prima occupazione (per un totale
di 25,7 milioni: il 42,5% della popolazione totale). La popolazione non
attiva considera i minori, i pensionati, gli studenti in et lavorativa, le
casalinghe, i soggetti, per varie ragioni, senza lavoro.
Per le attivit economiche sono considerati tre settori:
Primario (agricoltura, allevamento, caccia, pesca, risorse minerarie e
foreste);
Secondario (industria, energia, edilizia, artigianato);
Terziario (commercio, banche, trasporti, istruzione, cultura, sanit,
servizi e prestazioni professionali in genere).
Questultimo settore, molto vasto e diversificato, viene spesso ripar-
tito, per le funzioni di maggiore qualificazione, in Terziario superiore o
Quaternario.
La collocazione della popolazione attiva nei tre settori restituisce, in
larga parte, il profilo socio-economico di un Paese: in lItalia, gli occu-

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pati nel Primario, Secondario e Terziario erano, nel 1971, rispettiva-


mente il 20,1%, il 39,5% e il 40,4%; nel 2009 lincidenza nei settori era
variata in maniera significativa riportando 3,8%, 20,2% e 67,0%. A
un forte ridimensionamento del Primario (nel 1861 in Italia il 70% della
popolazione attiva era addetta allagricoltura) e a una contrazione del
Secondario, fa riscontro una crescita degli impiegati nel Terziario e,
nella maturit del processo, nel Quaternario, che tipico di unecono-
mia avanzata. Tuttavia un quadro pi completo della situazione econo-
mica e sociale di un Paese richiede altri indicatori, come la posizione
degli addetti nelle organizzazioni produttive (operai, impiegati e diri-
genti), il Pil procapite e i numerosi indicatori socio-demografici, fra i
quali il tasso di mortalit infantile.
Il progressivo invecchiamento della popolazione attiva, misurato at-
traverso lindice di vecchiaia, ha importanti conseguenze sociali nelle
principali economie europee; in Italia, tale parametro evidenzia uno
squilibrio dalle pesanti ripercussioni sul sistema pensionistico, sostenuto
da una base di popolazione attiva sempre pi esigua. Le prossime ge-
nerazioni potrebbero trovarsi di fronte a un collasso del sistema del wel-
fare, alquanto difficile da rimuovere con strumenti finanziari. La criticit
trova una positiva, seppur parziale, risposta nel flusso immigratorio che,
reintegrando il saldo demografico naturale, riequilibra in parte la situa-
zione: al 31 dicembre 2010, erano 4,5 milioni gli stranieri (il 7,5% del
totale dei 60,6 milioni di residenti).
Tale criticit nella struttura demografica per et, comune alla maggio-
ranza dei Paesi economicamente avanzati, costituisce un ulteriore indi-
catore di un ribaltamento degli equilibri socio-economici mondiali. Il
baricentro del mondo, allindomani del secondo dopoguerra, dallEu-
ropa ha varcato lAtlantico e, al debutto del nuovo millennio, sta com-
piendo una nuova traversata verso Cina, India e, a diversi fusi di
distanza, verso il Brasile; questi Paesi, insieme alla Russia, fanno parte
dei BRIC (Brasile Russia India Cina).
Lattuale globalizzazione, che, nella formidabile estensione, intensifi-
cazione e accelerazione degli scambi e delle relazioni, ha trasformato la
fisionomia non solo economica dellintero pianeta, impone una lettura
a tutto campo della crescente interazione geografica tra i diversi sistemi
delleconomia-mondo.
Laumento considerevole delle interdipendenze territoriali, infatti, ha
coinvolto nella stessa misura il locale e il globale, senza che il secondo,

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come da molti paventato, si sia imposto o abbia sminuito e annullato il


primo. Il locale anzi, come determinante socioeconomica e politica, ha
operato nellemergere delle istanze regionali in ogni angolo del mondo,
confermate dalla proliferazione di Stati dalla fine della seconda guerra
mondiale.
Laspetto economico, in apparenza il pi evidente, risente di numerosi
fattori intimamente correlati e in progressivo divenire sulla scena mon-
diale, quali: lomogeneizzazione di modelli sociali e comportamentali,
le imponenti dinamiche demografiche nellAfrica subsahariana e nel-
lAsia meridionale e le massicce migrazioni verso i due poli dellAmerica
settentrionale e dellEuropa occidentale.

10.2 Gli spazi agricoli

Lattivit primaria primaria in tutti i sensi non solo perch, stori-


camente, venuta per prima, ma anche perch indispensabile per il
sostentamento di una popolazione che si sviluppa nei settori secondario
e terziario, e che deve essere nutrita e riscaldata mentre svolge questi
compiti. Laffermazione di John Paterson (Introduzione alla Geografia
economica, F. Angeli, 1980), riferita allagricoltura, ancora attuale; alla
base di qualsiasi considerazione, non solo economica, luomo deve sem-
pre mettere in conto un corretto sostentamento per nutrirsi. I prodotti
alimentari, tuttavia, non sono distribuiti in modo omogeneo sul pianeta
poich soggetti a tecniche diverse e ad habitat pedo-climatici specifici
per le varie colture. Lulivo, diffusissimo nel clima mediterraneo, del
tutto assente nei Paesi dellEuropa settentrionale, dove sono maggior-
mente presenti la patata e lorzo. Il riso, elemento base di vaste comunit
orientali, in Europa viene lavorato solo in Italia, almeno con una buona
produzione di elevata qualit; alcune derrate agricole, coltivate in spe-
cifiche regioni, trovano mercato in tutto il mondo: il caff, il cacao, il
t, il cotone e la lana. Queste realt hanno importanti conseguenze, giac-
ch aree diverse dialogano per procurarsi i beni non prodotti e rendere
disponibili i propri in altre regioni del mondo (interazione spaziale).
Lagricoltura non sfuggita ai meccanismi globali; la rivoluzione verde
del XIX secolo ha introdotto il metodo scientifico, selezionando le
piante pi idonee rispetto ai terreni e al clima.
La policoltura (coltivazioni diversificate nello stesso spazio agrario per
i bisogni alimentari della famiglia), che assicurava una discreta variet

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Risaie terrazzate nei pressi della citt di Punakha, in Bhutan.

alimentare riducendo i rischi dovuti a malattie delle piante o ad anda-


menti incostanti del clima, stata largamente superata dalla monocol-
tura, che, pur con una grande variet di specie coltivate, si concentra
sui prodotti pi interessanti per valore alimentare o redditivit.
Le provenienze delle piante sono quanto mai varie; basti ricordare lo
scambio colombiano, che ha comportato una vera rivoluzione nellali-
mentazione, non solo degli Europei.

I PRINCIPALI PRODOTTI DELLO SCAMBIO COLOMBIANO


DallAmerica DallEuropa
Mais, tabacco, arachidi, pomodoro, Grano, riso, ravanelli, melone,
cacao, peperoni, zucca, paprika, cipolla, limone, piselli, ulivo,
ananas, patate, fagioli. lattuga, arancia, cedro, canna da
zucchero, banana, vite, fico.

Il grano, dal Medio Oriente, fu introdotto dai Romani in tutto limpero


ed stato poi diffuso in America e in Australia, come lorzo, le leguminose
(piselli, fave, lenticchie) e la vite, mentre la segale proviene dalle regioni
fresche e umide dellEuropa nord-occidentale. Lorigine del riso, che pre-
dilige suoli paludosi e un clima subtropicale, indiana, della regione del

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Trebbiatura tradizionale del taf (una variet locale di miglio) in Etiopia.

Coltivazioni di vite a Stellenbosch, la principale zona vinicola della Repubblica


Sudafricana (distretto di Cape Winelands).

Bengala; dallAmerica proviene un cereale ormai diffusissimo in tutto il


mondo: il mais o granoturco. Meno sicura lorigine del miglio e del
sorgo, utilizzati in larga misura dalle popolazioni dellAfrica subsahariana.
Il caff, dallAfrica, giunto in Europa soltanto nel XVII secolo, por-
tato dagli Arabi; in seguito in America ha trovato ambienti colturali par-

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ticolarmente adatti, tanto che la pianta associata allAmerica centrale


e meridionale, soprattutto al Brasile, maggior produttore mondiale
(oltre un quarto della produzione totale). Il cacao, invece, ha fatto un
percorso inverso; originario dellAmerica, ora coltivato principalmente
in Africa: Costa dAvorio e Ghana, insieme allIndonesia, sono i mag-
giori produttori mondiali.
I progressi, in biologia e in chimica, hanno selezionato semi e piante
ad alto rendimento e favorito luso di fertilizzanti di sintesi, il cui im-
piego, spesso eccessivo, ha incoraggiato una discreta diffusione dellagri-
coltura biologica. Escludendo sostanze chimiche (concimi, diserbanti e
insetticidi) e ammettendo processi naturali, lagricoltura biologica sal-
vaguarda la fertilit naturale, materiali organici (letame) e un uso non
intensivo dei terreni, mentre per la difesa delle colture, attraverso tec-
niche appropriate, si selezionano specie resistenti alle malattie.

10.3 Lallevamento

Come per lagricoltura, culla delladdomesticamento stato il Medio


Oriente, con la diffusione dei principali animali utili alluomo, in regioni
anche molto diverse da quelle originarie.
Gli animali, da sempre importante e universale risorsa, vengono oggi
utilizzati per la trazione e i lavori agricoli solo in aree ristrette, per la
progressiva introduzione di macchine a motore (meccanizzazione agri-
cola) che hanno incrementato le rese e diminuito il lavoro fisico per
luomo. Nella raccolta (a mano) del frumento, si passati da 30 giornate
di lavoro per ettaro di met Ottocento, a otto di fine secolo (falciatrice),
per arrivare alle quattro ore attuali, comprese la sgranatura e linsacca-
mento del prodotto.
I principali animali domestici hanno fornito latte, pelle e lana (buoi,
pecore e capre), carne (in aggiunta ai precedenti, maiali e pollame), con-
cime e combustibile (sterco), forza motrice e di trasporto di uomini e
cose (buoi, cammelli, asini e cavalli); il cavallo, domesticato attorno al
4000 a.C. nelle steppe a nord del Mar Nero, diventato animale da
sella, da trasporto e da combattimento. In seguito, portato in America
dagli Europei, stato impiegato per colonizzare il Nuovo Mondo, for-
nendo al contempo un prezioso supporto alimentare. Oggi il cavallo,
soprattutto nei Paesi europei, usato per eventi sportivi e per svago,
ma solo in misura assolutamente trascurabile per lalimentazione

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umana. Alcuni animali domesticati sono oggetto di prescrizioni reli-


giose; lIndia, primo Paese al mondo per numero di bovini (quasi 300
milioni) e per produzione di latte e burro non ne consuma le carni poi-
ch considera sacro lanimale, mentre noto il divieto, sempre per ra-
gioni religiose, del consumo di carne suina presso mussulmani ed ebrei.
Negli ultimi anni c da registrare in tutto il mondo una forte crescita
del consumo di carni, soprattutto bovine, dovuta a una maggiore di-
sponibilit di spesa in ampie regioni uscite dal sottosviluppo e a feno-
meni di imitazione di diete diffuse in Occidente: il mondo alla Mc
Donald.
Il consumo mondiale, di circa 70 milioni di tonnellate nel 1961 (23
kg/anno procapite), salito a 286 milioni nel 2010 (+400% e 42
kg/anno procapite). Nel 2050 previsto un consumo di 500 milioni di
tonnellate (+43% e 55 kg/anno procapite) a fronte di una popolazione
stimata di 9 miliardi di individui. In Italia nel 2009 (Rapporto Confe-
sercenti) il consumo stato di 87 kg procapite, cos ripartito: bovina
27%, in crescita lavicola 26% e la suina 47%, con un importo di 29
miliardi di euro e unincidenza sulla spesa alimentare del 23,2%.

AUMENTO DELLA PRODUZIONE DI BESTIAME, LATTE E


UOVA (dal 1967 al 2007)
Prodotti Produzione
(milioni di tonnellate)
1967 2007 2007 su 1967
Suini 33.86 99.53 294%
Bovini 36.50 65.61 180%
Pollame 12.39 88.02 711%
Ovini 6.49 13.11 202%
Latte 381.81 680.66 178%
Uova 18.16 64.03 353%
Fonte: FAO - World Livestock 2011

Il consumo di carne, oltre al dato nutrizionale e sociale, richiama il


tema ambientale: il settore zootecnico produce elevatissime emissioni
di gas serra (in CO2 equivalente) ed una delle principali fonti di de-
grado del suolo e dinquinamento idrico. Lallevamento utilizza il 30%
della superficie del pianeta (per lo pi pascoli permanenti) e il 33%
della terra arabile mondiale per produrre mangimi. La creazione di

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nuovi pascoli tra le principali cause della deforestazione: in America


Latina ampi spazi delle foreste amazzoniche stanno degradando rapi-
damente per un allevamento eccessivo che provoca la compattazione
del suolo da calpesto e la conseguente erosione. In alcune aree margi-
nali i nuovi pascoli hanno contribuito allavanzamento della desertifi-
cazione; costante, inoltre, la perdita di biodiversit (fenomeno comune
allagricoltura), determinata dalla selezione per lallevamento delle razze

Tipica tenda circolare mongola (gher) nel deserto del Gobi. rivestita da feltro per
riparare dai rigidi inverni e dal caldo estivo. Si pu notare la parabola.

Il passato (cavallo) e il futuro (moto) convivono in un nomadismo in continua contra-


zione, anche in un paese come la Mongolia, dove ancora riveste notevole importanza.

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animali che assicurano maggiori ritorni economici.


Le residue popolazioni pastorali, in prevalenza nomadi, spostano pe-
riodicamente i loro insediamenti in cerca di pascoli. La tenda, segno di-
stintivo di mobilit e di migrazione, costituisce labitazione caratteristica
comune a tutti questi popoli, che vedono di continuo ridurre la loro
consistenza numerica, passata, negli ultimi cinquanta anni, da 20-25 a
circa 10 milioni di individui. La rapida diminuzione lascia intendere
lesaurimento di tale modello di vita, superato dai trasporti motorizzati
anche in territori pi difficili e lontani dalle citt e dallo sfruttamento
del petrolio e del gas naturale in molte aree desertiche e semidesertiche.
Il nomadismo stato per millenni la risposta pi idonea delluomo in
regioni non idonee allo sfruttamento agricolo per le condizioni naturali
di aridit del suolo e scarsit di risorse.
Tra le grandi aree dellallevamento nomade si annoverano: la regione
sahariana e il Medio Oriente (capre, pecore, dromedari, asini, cavalli);
il Sahel, la fascia a sud del Sahara dal Senegal al Mar Rosso (bovini e
caprini); laltopiano iranico-anatolico (pecore, capre, cammelli); le
steppe asiatiche (cavalli, cammelli, pecore e capre).
Altre forme di nomadismo e seminomadismo si ritrovano nellarea
boreale (allevamento delle renne) e in quella balcanica e mediterranea
(transumanza degli ovini, alpeggio bovino per i pascoli di montagna).
In Italia in particolare, la transumanza, soprattutto dallAbruzzo alla
Puglia, costituiva fino al secondo dopoguerra un fenomeno diffuso
oggi scomparso e un elemento tipico del paesaggio.

10.4 La pesca

Luomo ha sempre integrato la raccolta di semi, bacche, frutti e altri


prodotti della Terra con la caccia e la pesca, adottando una dieta varie-
gata, giunta fino a noi intatta nei suoi fondamenti.
I mari rappresentano un immenso serbatoio di opportunit idriche,
minerarie, energetiche e alimentari. Per queste ultime occorre conside-
rare che, in modo diverso dalle terre emerse (sfruttabili solo in parte e
in superficie), la straordinaria estensione dei mari (circa il 70% del to-
tale della Terra) restituisce uno straordinario volume pari a un cubo di
155,5 miliardi di kmq, abitato da una flora e una fauna varia ed estre-
mamente abbondante.
La biomassa marina, il maggiore ecosistema terrestre, formata da: or-

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Il Lago cambogiano di Tonle Sap, alimentato dalle acque del fiume Mekong, una delle
zone di pesca di acqua dolce pi ricche del mondo. Il livello delle acque varia
notevolmente nel corso dellanno, per cui la popolazione costiera vive in case galleggianti.

ganismi in stretto contatto con i fondali marini (benthos); pesci, cefalo-


podi, tartarughe e mammiferi marini nel mare aperto (necton); organismi
animali e vegetali molto piccoli, privi di movimento autonomo (plan-
cton). Questultimo (il 70% circa della biomassa complessiva), principale
nutrimento nella catena alimentare marina, favorito dallincontro di
grandi correnti marine calde e fredde che individuano aree particolar-
mente favorevoli alla pesca: la costa peruviana (Corrente fredda di Hum-
boldt), banchi di Terranova (Corrente calda del Golfo e Corrente fredda
del Labrador), costa giapponese (corrente calda Curo Scivo).
LOceano Pacifico fornisce circa la met del pescato mondiale, seguito
dallAtlantico con il 40%; i Paesi grandi produttori di pesca sono Cina,
Per, Indonesia, Cile, Russia, Giappone e Usa; in Europa si impongono
Norvegia e Islanda per le quantit di pesce in gran parte esportate. Di
recente, gli sviluppi dei trasporti e delle tecnologie di conservazione ali-
mentare hanno enormemente ampliato il raggio tra luoghi di produ-
zione e mercati di consumo di pesce.
Significativo inoltre laumento, di ben sette volte, nellarco di poco

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pi di cinquanta anni, dellallevamento di pesci di acqua dolce e salata,


in bacini naturali o artificiali (piscicoltura).
La conservazione dellequilibrio biologico, indispensabile per la pesca,
spesso oggetto di pratiche distruttive, ha reso improrogabile la necessit
di un ordinamento, per evitare la riduzione, o addirittura la scomparsa,
di numerose specie (i problemi legati alla caccia alla balena, ad esempio,
sono ben noti).

10.5 Le risorse minerarie

Il rapporto tra la formazione delle rocce (litogenesi) e le risorse mine-


rarie strettissimo; le formazioni geologicamente pi antiche conten-
gono in genere una maggiore quantit di minerali utili alle attivit
economiche rispetto alle rocce pi giovani.
Nella crosta terrestre gli elementi pi diffusi, circa unottantina (co-
stituiscono in peso il 98,5% del totale), sono: ossigeno, silicio, alluminio,
ferro, calcio, sodio, potassio, magnesio; mentre altri elementi, come
rame, piombo e zinco, sono presenti in misura percentuale minima.
Linsieme di tutti i materiali utili presenti sulla Terra costituisce lo stock,
che individua due sottoinsiemi: le risorse, ovvero la quantit totale di
un materiale, ad esempio il ferro, e le riserve, ovvero la percentuale
dello stesso elemento effettivamente recuperabile in un dato periodo,
secondo le tecnologie e le condizioni economiche e politiche presenti
in quel momento.
Le risorse minerarie comprendono metalli (ferro, rame, oro), combu-
stibili (petrolio, carbone) e una vasta gamma di elementi utilizzati in co-
struzioni industriali e manufatti.
Negli ultimi tempi, le cosiddette terre rare hanno assunto un posto di
rilievo per la realizzazione di dispositivi ad alta tecnologia (schermi te-
levisivi, marmitte catalitiche e batterie per automobili, hard disk dei
computer, cellulari, grandi magneti delle turbine eoliche, bombe di pre-
cisione laser e radar di ultima generazione). I diciassette elementi (quali
il lantanio, littrio, lo scandio, il promezio ecc.) devono il nome non
tanto alla loro scarsit, quanto ai pochi giacimenti in cui sono concen-
trati, in percentuali tali da renderne conveniente lestrazione. Lutilizzo
delle terre rare ha fornito qualche motivo di preoccupazione geopolitica
poich il 97% del fabbisogno mondiale stato finora coperto dalla
Cina, che nel 2010 ne ha bloccato lesportazione. Di recente per con

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la scoperta di nuovi giacimenti in Australia e California, tali motivi di


stress sono venuti meno, a fronte di un fabbisogno complessivo di terre
rare che dalle 125.000 tonnellate del 2010 quasi raddoppier alle 225.00
del 2015.
Il forte consumo di risorse minerali, iniziato con la rivoluzione indu-
striale, si allargato dai tradizionali poli delleconomia manifatturiera
(Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone), ai Paesi di nuova indu-
strializzazione divenuti in pochi decenni avidi consumatori di risorse,
sia per le industrie sia per produrre energia. Alla tradizionale ricerca di
risorse per alimentare le formidabili crescite di queste nuove economie,
una promettente alternativa giace nei fondali oceanici, racchiusa nei no-
duli polimetallici.
La preoccupazione per le risorse minerarie (specialmente per il pe-
trolio, il cui consumo, come per tutti i prodotti energetici, ne determina
listantaneo esaurimento) legata al fatto che costituiscono un patrimo-
nio non rinnovabile, risultato di processi geologici lentissimi non com-
patibili con la scala temporale umana, per cui, accanto ai continui
progressi delle tecnologie di approvvigionamento, simpone un loro ac-
corto utilizzo.
Una risposta allesaurimento delle materie prime data dal riciclaggio,
che conferisce un valore ai rifiuti, consentendo notevoli risparmi in ri-
cerche ed energia, limitando la quantit di materiali da smaltire e, infine,
diffondendo una coscienza di rispetto per lambiente tra i cittadini chia-
mati alla raccolta differenziata di quei prodotti che hanno esaurito il
loro ciclo di utilizzo.
Per quanto riguarda il petrolio, risorsa simbolo delleconomia mon-
diale, la sua produzione passata da 68,8 milioni di barili al giorno del
1995 agli 83,2 del 2010 (+20.9%) e il suo consumo negli stessi anni da
70,0 a 87,9 milioni di barili al giorno (+25,4).

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Capitolo undicesimo

GLI SPAZI DELLINDUSTRIA E DEL TERZIARIO

11.1 Lenergia

Luomo ha da sempre ricavato energia sfruttando il lavoro animale,


la forza dellacqua, del vento e il calore del sole. Lumanit ha utilizzato
equini e bovini per i lavori agricoli e per la trazione, i mulini in prossi-
mit di fiumi o di aree ventose per macinare granaglie o pompare acqua
e i raggi del sole per essiccare cibi o altri materiali. Con la rivoluzione
industriale tali capacit raggiungeranno livelli di potenza, di impiego e
di flessibilit che devieranno letteralmente il corso della storia.
Oggi le enormi quantit di energia necessarie allindustria e ai consumi
privati (questi ultimi ormai consolidati e ritenuti scontati) hanno tra-
sformato lenergia in un importante fattore strategico, in grado di sca-
tenare conflitti e guerre. In questa prospettiva il Medio Oriente, che nel
sottosuolo custodisce oltre il 70% delle riserve mondiali di idrocarburi,
area di particolare sensibilit.
Labbondanza e il basso costo di risorse energetiche facilitano in
modo cospicuo il decollo e lo sviluppo economico; non a caso la rivo-
luzione industriale si innescata e sviluppata inizialmente in Stati che
disponevano di carbone: Inghilterra, Belgio, Germania e Stati Uniti. At-
tualmente gli Stati del Golfo Persico appaiono svincolati dalle congiun-
ture economiche internazionali per gli enormi introiti garantiti dalla
vendita di petrolio e gas.
Le risorse energetiche si differenziano in rinnovabili (solari, eoliche,
idrauliche, geotermiche e da biomasse), in pratica illimitate, e non rin-
novabili (nucleari, petrolio, gas e carbone), soggette a un pi o meno
rapido esaurimento. Il carbone, ad esempio, motore della rivoluzione
industriale, viene ancora ampiamente sfruttato (in particolare da Stati
Uniti e Cina), sebbene causi un forte inquinamento, un negativo im-
patto ambientale (le nere colline del Belgio sono residui della lavora-
zione nelle miniere) e abbia un elevato costo di trasporto. Di recente

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nuove tecnologie hanno in parte abbattuto le emissioni nocive, mentre


la polverizzazione e miscelazione in acqua (slurries), per il trasporto in
carbodotti, hanno abbattuto i costi di trasporto. Il suo utilizzo, in ogni
caso, continuer fin tanto che le ingenti riserve in gran parte del mondo
ne faranno anche un elemento di calmiere nei confronti del prezzo degli
idrocarburi.
Limportanza dellenergia pone alcuni interrogativi sui fattori deter-
minanti per il consumo, sui limiti legati agli idrocarburi (fonti pi acces-
sibili e a buon mercato), sulle conseguenze dellinquinamento ambientale
e sulla loro distribuzione geografica, causa di forti diseguaglianze tra
Stati, di alterazioni delleconomia mondiale e di tensioni geopolitiche.
I forti aumenti dei consumi di energia trovano una risposta nella cre-
scita demografica e soprattutto nello sviluppo industriale, che fa lette-
ralmente impennare la domanda di energia. In ogni caso la transizione
da risorse fossili a rinnovabili ineluttabile (anche se non scontata per
motivi economici, politici e sociali), facilitata da una presa di coscienza
che nel risparmio energetico vede un obiettivo prioritario.
Le energie rinnovabili, disponibili, pulite e teoricamente inesauribili
basti pensare allenergia proveniente dal Sole o dal vento pongono li-
miti per una piena fruizione, a causa delle attuali possibilit tecniche ed
economiche di sfruttamento delle energie: geotermica, idraulica, eolica,
solare e delle biomasse.
Lenergia geotermica sfrutta il calore delle rocce del sottosuolo, che,
riscaldando lacqua filtrante dalla superficie, la trasforma in vapore. Le
prime esperienze di produzione dellenergia geotermica, ottenuta per-
forando il terreno per captare il vapore nel sottosuolo, sono state com-
piute nel 1904 a Larderello in Toscana.
Lenergia idraulica impiega la forza cinetica dellacqua sostanzial-
mente in due modalit: la pi diffusa mediante dighe di sbarramento
sui fiumi, laltra sfruttando le maree. In Italia, fino al 1960, i consumi
energetici relativamente modesti venivano soddisfatti quasi del tutto
con lenergia idroelettrica generata dai fiumi. In seguito, il formidabile
sviluppo industriale ha visto aumentare sempre pi limportanza del-
lenergia termoelettrica alimentata dagli idrocarburi.
Tra le rinnovabili, lenergia eolica ha avuto un passato glorioso: ha
spinto le navi per millenni fino allintroduzione dei motori termici e ali-
mentato i mulini, sia a vento sia mossi dallacqua, usati fin dallantichit.
Oggi, impiegata su larga scala (in particolare in Danimarca, Spagna,

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Portogallo e Germania), copre circa il 2% del fabbisogno mondiale di


energia elettrica. I suoi limiti derivano dal carattere intermittente del
vento e dallimpatto visivo sullambiente degli aerogeneratori.
Il sole irradia unenergia immensa rispetto a quella consumata dal-
lumanit; notevolissime, quindi, sono le potenzialit dellenergia solare,
che negli ultimi anni ha avuto un rilevante sviluppo, sospinto larga-
mente da incentivi degli Stati nel tentativo di affrancarsi dalla dipen-
denza dagli idrocarburi.
Le biomasse sono rappresentate dagli scarti di alcune produzioni agri-
cole e dellallevamento che, opportunamente trattati, forniscono energia
in forma di gas naturale. Il procedimento ha dato risultati incoraggianti
tanto che in Italia, nel 2010, stato generato poco pi del 3% di tutta
lenergia elettrica prodotta.
Numerosi Paesi industrializzati hanno realizzato centrali nucleari,
nelle quali lenergia termica, fornita dagli atomi di uranio, suscita non
poche perplessit, come dimostrato dalla fuoriuscita di pericoloso ma-
teriale radioattivo nel marzo 2011 dalla centrale di Fukushima in Giap-
pone, travolta dallondata di marea (tsunami) causata da un terremoto
nellOceano Pacifico. Inoltre gli impianti generano scorie, nocive per
centinaia di migliaia di anni e difficili da smaltire; infine lindustria del-
latomo in stretta connessione con utilizzi militari (vedi la questione
del nucleare iraniano). Non a caso, contro lo sfruttamento dellenergia
nucleare, la popolazione italiana si espressa in maniera molto netta in
due referendum (nel 1987 e nel 2011).

11.2 Lindustria

Lavvicendamento da uneconomia agricola, la cui caratteristica la


continuit spaziale, a una industriale, caratterizzata da attivit concen-
trate in poli con una rete a dimensione globale, esige diverse letture.
Nella ricerca economica gli studi geografici sono partiti dai fattori
della produzione (spazio, capitale e lavoro) e della localizzazione, questi
ultimi suddivisi in: naturali (morfologia e natura del terreno, disponi-
bilit di acqua, clima), demografici (dinamiche e caratteristiche socio-
economiche della popolazione), culturali (tradizioni storiche, capacit
di fare impresa), tecnico-economici (organizzazione dei trasporti, livello
tecnologico), politici (pianificazione del territorio e programmazione
economica).

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Le attivit industriali, in genere, prevedono tre fasi: il trasferimento


delle materie grezze o semilavorate nel polo industriale (approvvigio-
namento), la produzione, con i determinanti input delle maestranze ai
vari livelli di responsabilit e delle tecnologie immesse nei processi pro-
duttivi (trasformazione) e, in ultimo, loutput dei prodotti finiti verso i
mercati (commercializzazione).
Il processo di industrializzazione (dalla prima met del Settecento,
con la prima rivoluzione industriale) ha profondamente inciso sulla
struttura dellet moderna, fino ad assegnare, al lungo periodo giunto
fin quasi ai nostri giorni, la denominazione di et industriale. In Inghil-
terra, lascesa di una ricca borghesia mercantile, cospicui capitali soste-
nuti dal commercio coloniale e, fatto non trascurabile, la ricchezza di
carbone nel sottosuolo hanno provocato una rapidissima industrializ-
zazione, ben presto propagata allEuropa nord occidentale e nella na-
scente potenza nordamericana.
Lindustrializzazione ha immediatamente suscitato, in una correla-
zione tra causa ed effetto, limponente fenomeno dellurbanizzazione;
le citt hanno moltiplicato il numero di abitanti fino ad assumere, in al-
cuni casi, le dimensioni delle moderne metropoli.
Dopo la met del XIX secolo, lelettricit ha svolto un ruolo fonda-
mentale nellavvio della seconda rivoluzione industriale; facilmente tra-
sportabile, ha reso possibile allocare industrie in aree lontane dalle fonti
energetiche, permettendo a Paesi privi di carbone, ma ricchi di corsi
dacqua montani (come lItalia), di avviare il processo dindustrializza-
zione grazie alla produzione di energia idroelettrica.
Oltre ai movimenti sociali, numerose sono state le trasformazioni che
caratterizzarono questo periodo; ad esempio la catena di montaggio di
Henry Ford, che nel 1913 introdusse la divisione dei ruoli degli addetti
attorno a un nastro trasportatore su cui scorreva il prodotto in diverse
fasi realizzative. Dallinnovazione le industrie Ford trassero notevoli
vantaggi competitivi, abbattendo tempi di produzione e costi, tanto da
introdurre la produzione seriale, che prese il nome di fordismo.
La prima localizzazione industriale italiana, allo sbocco delle valli tra-
dizionalmente ricche di opifici, sfruttava lenergia idraulica, dapprima
nel settore tessile, quindi siderurgico e metallurgico, eredi di una tradi-
zione risalente allinizio dellet moderna; attiva dal Cinquecento la
fabbrica di armi Beretta, a Gardone Val Trompia in provincia di Brescia.
Lo sviluppo si ampliato nella rete delle citt padane, dal Piemonte al

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Veneto fino allAdriatico lungo la via Emilia, in un quadro macroregio-


nale che ha in seguito costituito lossatura del sistema del triangolo in-
dustriale, sorto nel periodo del boom degli anni Sessanta del Novecento:
Torino (a vocazione schiettamente industriale), Milano (fulcro di com-
merci e finanza oltre che dindustrie) e Genova (importante porto nel
Mediterraneo).
Dopo la seconda guerra mondiale, la rapida ricostruzione ha provo-
cato consistenti flussi migratori dal Mezzogiorno alle citt settentrionali,
ulteriormente rafforzate dalla crescita di grandi industrie aggiuntesi alle
precedenti.
Nelle regioni nord-orientali e centrali lindustria spesso sorta come
frutto di iniziative imprenditoriali provenienti da una societ agricola
attiva e intraprendente, sviluppando, nella grande maggioranza dei casi,
una piccola e media industria di prodotti per la casa (mobili, elettrodo-
mestici), dellabbigliamento, dellagroalimentare e delledilizia. Negli
ultimi anni, nel lento declino del triangolo industriale, larea nord-orien-
tale ha dimostrato una buona vivacit, confermando il modello italiano
delle piccole e medie industrie con importanti successi nelle esporta-
zioni.
Nel Mezzogiorno lo Stato ha realizzato infrastrutture (strade, auto-
strade, rete elettrica) e programmato aree di sviluppo industriale. Sono
sorti grandi impianti chimici, petrolchimici, siderurgici nei pressi di citt
(Taranto, Brindisi, Augusta, Gela), ma in alcuni casi (Ottana e Saline
Joniche), la scarsa popolazione e lassenza di infrastrutture hanno cau-
sato un inevitabile fallimento, sancito da un neologismo entrato nel les-
sico nazionale: cattedrali nel deserto.
Lascesa dei Paesi di nuova industrializzazione, uno degli effetti pi im-
ponenti dellattuale globalizzazione, sta modificando limpianto delleco-
nomia internazionale, basato su una periferia di Paesi meno avanzati,
fornitori di materie prime ai grandi produttori industriali dellAmerica
settentrionale, dellEuropa occidentale e del Giappone.
La nuova divisione internazionale del lavoro, grazie allo straordinario
sviluppo dei trasporti (container) e della comunicazione (internet), ha fa-
vorito la delocalizzazione industriale in Paesi dai bassi livelli salariali e
con scarse tutele sul lavoro. I nuovi attori variamente denominati sono:
le tigri asiatiche, le gazzelle africane, fino allacronimo BRIC (Brasile, Rus-
sia, India e Cina) a indicare le nuove potenze industriali, gangli di una
rinnovata rete produttiva e manifatturiera.

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Leconomia classica, che vedeva le aziende progettare, realizzare e com-


mercializzare i prodotti in ambiti nazionali, ha ceduto a filiere produttive
che garantiscono buona qualit a costi minori. Le conseguenze sono im-
ponenti: un prodotto ideato in Italia, ad esempio, pu essere ingegneriz-
zato in India, assemblato in Cina dove varie parti staccate possono
giungere anche da altre destinazioni orientali e, dopo laffidamento del
marketing a unazienda olandese, finire commercializzato da unagenzia
americana in tutti i mercati del mondo, magari con nomi diversi.
Il quadro economico globale ha fatto esplodere il fenomeno delle mul-
tinazionali, gi presenti in tutto il mondo con una rete completa di so-
ciet aggregate. Il mercato mondiale dominato da un numero
relativamente ristretto di multinazionali, che operano in settori strate-
gici: petrolio, minerali, agroalimentare, settore automobilistico, telefonia
ed elettronica di consumo. Operare nello stesso tempo in pi mercati
produce notevoli benefici, determinati da una vantaggiosa diversifica-
zione geografica dei fattori della produzione (approvvigionamento di
risorse e materiali, costo del lavoro) e da favorevoli normative nazionali
su costo del lavoro, tasse, barriere doganali e incentivi fiscali per lim-
pianto di nuove industrie.

11.3 Il commercio

Il commercio nato con luomo, per lutilit, non solo economica, di


scambiare prodotti di ambienti culturali, di abilit personali e di bisogni
diversi. Dal baratto, lelementare permuta di merci senza denaro, si
passati alle transazioni virtuali, sempre in assenza di denaro, perfezio-
nate via internet.
Il commercio, pur rappresentando un aspetto specifico della globa-
lizzazione, ne costituisce uno dei momenti pi appariscenti; basti con-
siderare la variet e la capillarit dellofferta di merci, dallalimentare
alle automobili, dallelettronica allabbigliamento per rendersi conto
dellampiezza del fenomeno con le conseguenti trasformazioni nellar-
chitettura mondiale degli scambi e delle transazioni.
Dal secondo dopoguerra, assieme alle comunicazioni, il commercio
ha visto tassi di sviluppo maggiori rispetto alla produzione di beni, sin-
tomo evidente di una nuova cultura mondiale che fonda, nello scambio,
una parte considerevole dei propri riferimenti.
Al fianco del commercio interno (nellambito dello stesso Paese)

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esploso il commercio estero (tra Stati diversi), dando grande risalto alla
bilancia commerciale: la differenza tra il valore delle merci acquistate
allestero (importazioni) e quelle vendute in altri Paesi (esportazioni).
Fondamentale nel commercio sempre stato il mercato, luogo dove
le merci si incontrano, divenuto, nella gran parte dei casi, un agglome-
rato abitativo che ha dato origine alle citt. Roma antica esempio clas-
sico di luogo di incontro, giacch il Tevere, allaltezza dellIsola tiberina,
offriva uneccellente possibilit di guado, consentendo sia la transu-
manza tra pascoli abruzzesi e pianure laziali sia la connessione tra ripa
etrusca a nord e Magna Grecia a sud.
I luoghi dincontro di merci e servizi vanno dai piccoli mercati rionali,
per il rifornimento quotidiano di generi alimentari, ai grandi centri com-
merciali, alle borse valori e merci, spazi virtuali di scambio, mentre le
fiere, dal livello locale al globale, segnano un appuntamento periodico
e spesso dedicato a specifici settori merceologici (fiere agricole, moto-
ristiche, dellartigianato, di libri).
In questo periodo il commercio internazionale segnala una riduzione
(circa il 10%) dei prodotti agricoli a vantaggio dei manifatturieri (tre
quarti del commercio mondiale) con la restante quota appannaggio dei
prodotti energetici.
Con la globalizzazione delle relazioni, i servizi, sebbene abbiano avuto
un incremento doppio rispetto ai beni materiali, hanno un minore im-
patto, poich spesso esigono, per loro natura, il contatto diretto con il
cliente: servizi bancari, assicurativi, di consulenza.
Lo e-commerce, la modalit di acquisti in via telematica e regolato da
moneta elettronica (carte di credito), diffuso per oltre il 90% nei Paesi
sviluppati e deve il suo enorme successo alla rete; il commercio elettro-
nico consente di scegliere da un negozio virtuale migliaia e migliaia di
prodotti, dai casalinghi allabbigliamento, dai generi alimentari allelet-
tronica di consumo, dai viaggi alle vacanze: insomma un vero e proprio
emporio da sfogliare direttamente da casa. Stati Uniti, Regno Unito,
Germania, Francia e Italia sono i primi mercati mondiali con incrementi
di crescita annuale spesso a due cifre.

11.4 Comunicazioni e telecomunicazioni

La diffusione di idee, culture, prodotti, in altre parole il fondamentale


fattore dello scambio tra gli uomini, stato sempre assicurato, per ra-

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gioni pi diverse, dalle vie di comunicazione: politiche o militari (le


strade consolari tracciate dai Romani), per lo sfruttamento di una re-
gione o di una risorsa (la ferrovia tra Citt del Capo e le ricche regioni
minerarie del Transvaal) o per collegare centri tra loro (la rete viaria che
gi a fine Ottocento univa le citt della costa atlantica degli Stati Uniti).
Alla base di una rete di comunicazioni va posto il volume dei prodotti
in circolazione (in stretta dipendenza dallo sviluppo economico e so-
ciale) e la densit demografica dellarea, mentre i vincoli morfologici
del territorio sono stati largamente attenuati dalla tecnologia.
Tutti i mezzi di comunicazione segnalano alcuni parametri costitutivi:
un percorso, i costi per la sua realizzazione, la comodit di accesso e di
utilizzo, la sicurezza, la regolarit del servizio offerto. Un importante
criterio di scelta dellutente costituito dal prezzo duso del mezzo di
comunicazione, significativamente ridotto, assieme alla distanza, dalle
tecnologie. La distanza pu essere misurata come assoluta (in linea
daria), itineraria (la via pi breve a disposizione), economica (in base al
costo di percorrenza e in funzione del tempo impiegato).
Il concetto di distanza porta a quello di scala, poich i flussi possono
a loro volta generare un sistema di relazioni a dimensioni spaziali e tem-
porali alquanto diverse; il traffico su gomma nel giro di quaranta anni
ha completamente rivoluzionato il tessuto connettivo italiano, sia alla
scala urbana sia alla scala nazionale (la rete autostradale).
Se i flussi di persone e merci scorrono lungo reti riconoscibili sul ter-
ritorio, esistono, a queste sovrapposte, maglie invisibili ma vigorose ed
efficaci in cui scorrono capitali e informazioni di assoluto rilievo, messe
a disposizione dalla rivoluzione delle tecnologie delle telecomunicazioni
(la trasmissione a distanza dei suoni e delle immagini), che hanno pra-
ticamente annullato la percorribilit terrestre dello spazio.
Questo processo di globalizzazione stato avviato fin dallOttocento
dai Paesi industrializzati, con la posa di cavi aerei e sottomarini, i primi
grandi assi di circolazione delle comunicazioni.
Le coordinate spazio-temporali hanno assunto, pertanto, significati
diversi, prodotti da riflessioni relative sia alla separazione del luogo dallo
spazio e dello spazio dal tempo sia allesistenza di non-luoghi e di tempi
simultanei. In altri termini il luogo leggibile secondo paradigmi spa-
zio-temporali diversi da quelli considerati nel recente passato, cos
com possibile comunicare senza spostamenti nello spazio fisico; il
tempo viene ad assumere il carattere della sincronia e lo spazio territo-

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riale virtualmente soppresso, pur restando morfologicamente indivi-


duabile.
I primi mezzi di trasmissione a distanza sono stati il telegrafo e il tele-
fono; nel 1844 fra Washington e Baltimora stata realizzata la prima
linea telegrafica, mentre il pi antico servizio, mediante cavo sottoma-
rino, ha operato sotto la Manica fra Inghilterra e Francia dal 1851.
del 1858 il primo cavo transoceanico fra Europa (Irlanda) e America
(Terranova).
Il telefono stato altrettanto rivoluzionario; nel 1877 fu attivato a
Salem (Usa) il primo apparecchio pubblico; in seguito furono trasmesse
informazioni tramite onde, inviando, guidando e ricevendo impulsi
nellatmosfera, collegando un apparecchio trasmittente e uno ricevente
dotati di antenne.
La diffusione del telefono marca confini nettissimi tra il mondo ricco
e il mondo povero: nella maggioranza dei Paesi dellAfrica subsahariana
si conferma una grande arretratezza con meno di cinque telefoni ogni
1000 abitanti (0,6 Repubblica Democratica del Congo, 2,7 Repubblica
Centrafricana, 3,9 Burundi), e meno di dieci in alcuni Stati dellAsia
(6,1 in Bangladesh, 4,5 in Afganistan). Nel mondo industrializzato quasi
tutti i Paesi superano la soglia di 400 apparecchi per 1000 abitanti; lIs-
landa presenta il valore pi elevato: 637,2.
La recente espansione della telefonia mobile ha trovato nei Paesi
dellEuropa occidentale larea di maggior diffusione (1564 cellulari ogni
1000 abitanti in Finlandia, 1354,2 Italia), superiore a quella degli USA
(898,6) e del Canada (706,6). La telefonia mobile ha dato una risposta
straordinaria allo sviluppo in molti Paesi poveri, evitando la costruzione
di costose linee fisse e rendendo laccesso alla comunicazione telefonica
molto semplice.
Secondo lUnione Internazionale per le Telecomunicazioni (Itu), nei
Paesi sviluppati le reti mobili hanno raggiunto, nel 2010, una penetra-
zione oltre il 100%, nei Paesi in via di sviluppo il 70% (pi 20% al-
lanno), con un totale di cinque miliardi di abbonamenti e una
copertura, rispetto alla popolazione mondiale, di oltre il 90%.
Un grandissimo contributo allo sviluppo della radiocomunicazione
fu dato da Guglielmo Marconi, che condusse positive esperienze tra il
1896 e il 1901; i primi esperimenti di radiofonia furono effettuati nel
1909 negli Stati Uniti e nel 1914 in Europa.
Alla trasmissione dei suoni seguita quella delle immagini: la televi-

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sione esord, fra il 1935 e il 1937, a New York, Berlino e Londra, mentre
i primi tentativi a colori furono compiuti nel 1940.
Le trasmissioni radio si possono ricevere a distanze molto maggiori
di quelle televisive, grazie allo strato ricco di ioni elettricamente carichi
della ionosfera, che riflette i segnali radio verso il basso, superando
enormi distanze, altrimenti limitate entro i 150 km. Le trasmissioni te-
levisive, con lunghezze donda molto corte non riflesse dalla ionosfera,
hanno bisogno di trasmettitori (ripetitori) che si avvalgono di satelliti
artificiali, per portare il segnale su lunghe distanze.
Internet, vera e propria autostrada dellinformazione, consente di vi-
vere dentro la comunicazione globale in tempo reale in qualsiasi parte
del pianeta; ha dilatato laccesso a una quantit enorme di servizi e in-
formazioni (senza spostamento nello spazio e relativi tempi di percor-
renza) e a nuove possibilit professionali tramite il telelavoro. Linedita
rivoluzione spazio-tempo si aggiunge alle altre precedenti, che hanno
scandito il percorso e cambiato il modo di agire lo spazio.
Gli Stati Uniti, con 790 utenti Internet ogni 1.000 abitanti, sono stati
recentemente oltrepassati dalla Norvegia (933,9); seguono Paesi Bassi
(907,2), Danimarca (887,2), Finlandia (868,9) e Regno Unito (850).
LItalia presenta valori relativamente modesti (536,8), superata dal
grande recupero dei Paesi dellEuropa orientale (Ungheria 652,7, Po-
lonia 623,2); in Asia, accanto al Giappone (800), in grande rilievo Corea
del Sud (837) e Taiwan (715). La Cina, con una penetrazione di 343
utenti ogni 1000 abitanti, il Paese con il maggiore numero assoluto,
con oltre 450 milioni di internauti (2010).
Linsieme delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione
(Information and Communication Tecnologies - Itc), costituito da com-
puter, internet e telefonia mobile, ripropone il tema delle disegua-
glianze, per quanto riguarda la banda larga. Questultima tecnologia
consente opportunit altrimenti inarrivabili, tanto che il tema del digital
divide stato evidenziato nella Millennium Declaration delle Nazioni
Unite nel 2000 come un fattore di sviluppo in grado di contrastare la
povert e la fame, diffondere leducazione primaria in tutto il mondo,
promuovere la parit uomo-donna, ridurre la mortalit infantile, mi-
gliorare gli standard sanitari, combattere la maggiori patologie e assi-
curare la sostenibilit ambientale.
Il trasporto tramite condutture antichissimo, testimoniato dalle de-
cine di acquedotti costruiti in epoca romana, che sfruttavano la pen-

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denza per portare lacqua dal punto di captazione al suo terminale. Al-
lacqua si sono aggiunti petrolio e gas, che intessono una fitta rete dalle
regioni ricche di giacimenti ai principali mercati di consumo. In parti-
colare il gas naturale, per il basso impatto ambientale, la relativa abbon-
danza e i costi sostenibili, ha trovato in questo mezzo il tramite ideale.
LEuropa la destinazione di numerosi futuri progetti: il South Stream,
dai giacimenti russi e kazachi allEuropa centrale (attraverso il Caucaso,
il Mar Nero e i Balcani), in concorrenza con il Nabucco, dallAzerbaigian
passando per la Turchia e i Balcani; nella stessa direzione, ma dalla Si-
beria in Germania, giunger il North Stream attraverso il Mar Baltico.

11.5 Dal sentiero allautostrada

I primi percorsi tracciati sul terreno (sentieri e piste) assecondavano


la morfologia dei luoghi, assicurando i collegamenti con il minore im-
pegno di risorse. In seguito i maggiori e pi frequenti traffici hanno ri-
chiesto criteri di convenienza tra morfologia del terreno e volumi di
traffico.
Il termine strada (dal latino strata) indica la massicciata che soppor-
tava i carichi di uomini e mezzi sugli itinerari tanto ben realizzati dai
Romani e divenuti uno strumento di potere nel vasto impero. Ancora
oggi unorganica ed efficiente rete di collegamenti importante segnale
di sviluppo socio-economico.
Una grande innovazione fu portata dallingegnere scozzese John Mac
Adam (1757-1837), che sostitu le pavimentazioni tradizionali con uno
strato di pietrisco e sabbia, adeguatamente schiacciato da un rullo com-
pressore. Questo tipo di rivestimento (chiamato dal nome del suo in-
ventore macadam) si adatt bene alle ruote gommate delle automobili,
che fecero la loro prima timida comparsa alla fine del XIX secolo. La
successiva affermazione dellautomobile port a un miglioramento del
rivestimento stradale, realizzato con la messa in opera di uno strato di
asfalto, pi idoneo alluso degli pneumatici.
Laumento del traffico automobilistico, le maggiori velocit raggiunte,
lesigenza di collegamenti rapidi e comodi hanno portato alla costru-
zione delle autostrade, spesso realizzate con rilevanti opere ingegneri-
stiche per superare morfologie accidentate. La prima autostrada del
mondo, la Milano-Laghi, realizzata nel 1925, collegava il capoluogo
lombardo ai laghi di Como, Varese e Maggiore.

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Uno degli elementi statistici di valutazione quantitativa di un sistema


stradale la densit, che misura la lunghezza della rete in rapporto con
lestensione del territorio considerato oppure il numero degli abitanti
residenti.
Il grado di motorizzazione di un Paese si esprime attraverso lindice
di autoveicoli per 1000 abitanti. Gli Stati Uniti dAmerica, con il pi
alto numero di autoveicoli in assoluto, cede per grado di motorizzazione
(451 auto per 1000 abitanti) allItalia, ai vertici delle classifiche mondiali
(601 auto per 1000 abitanti), seguita da Germania, Svizzera e Regno
Unito. La Cina, che parte da un livello di bassa motorizzazione (36 auto
per 1000 abitanti), il primo mercato al mondo, con oltre 18 milioni di
automobili vendute nel 2010.

11.6 Le vie dacqua

Lacqua ha sempre costituito un eccellente tramite per la comunica-


zione sia per mare (navigazione marittima) sia lungo fiumi e laghi (na-
vigazione fluviale e lacustre). Il mare, in particolare, stato solcato da
imbarcazioni, che, nel tempo, hanno conseguito notevoli risultati tec-
nici: dai remi ai velieri, alle navi a vapore, a motore diesel fino alle mo-
derne turbonavi a gas.
Il porto il luogo dincontro fra trasporto marittimo e terrestre, fulcro
di un sistema di diffusione di traffici, verso cui convergono rotte marit-
time e direttrici dellentroterra.
Le grandi scoperte geografiche devono molto alle tecnologie adottate
dagli Europei, che resero possibile la navigazione oceanica, fino ad al-
lora praticamente inesistente in Occidente. LOttocento introdusse la
doppia rivoluzione degli scafi in ferro e della macchina a vapore: nel
1819 il veliero Savannah travers per primo lAtlantico; nel 1843, il tran-
satlantico Great Britain adott il ferro nello scafo e lelica per la tra-
zione.
Le grandi navi hanno avuto un ruolo determinante tra Ottocento e
Novecento, trasportando sia milioni di emigranti (soprattutto dallEu-
ropa verso le Americhe) alla ricerca di migliori condizioni di vita, sia
enormi quantit di prodotti e materie prime per limpetuosa crescita
delle industrie europee. Dopo la seconda guerra mondiale il trasporto
marittimo dei passeggeri andato a poco a poco diminuendo, fino a
scomparire quasi del tutto a cavallo degli anni Sessanta-Settanta, rele-

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gato dalla diffusione dei trasporti aerei al traffico crocieristico, ultima-


mente in notevole espansione, e a quello di prossimit per i collegamenti
locali (alcune navi traghetto possono trasbordare interi convogli ferro-
viari).
Negli ultimi decenni si avuta una progressiva specializzazione delle
navi: petroliere, frigorifere, portacontainer. Il container, introdotto negli
Stati Uniti negli anni Cinquanta, un parallelepipedo in acciaio di di-
mensioni standard, utilizzato per le merci pi diverse, che ha trasfor-
mato profondamente tutto il sistema dei trasporti: dalla struttura
portuale, con rapidi trasbordi nave-treno-camion e viceversa, alla forte
riduzione dei tempi di carico-scarico e dei costi. Il container ha avuto
lo stesso rilievo che, allinizio del Novecento, la catena di montaggio ha
avuto per lindustria. Con il container il traffico marittimo delle merci
ha assunto unimportanza strategica; trasporta i tre quarti dei prodotti
commercializzati in ogni angolo del mondo in tempi relativamente brevi
(la tratta Hong Kong-Mediterraneo, con navi lunghe fino a 400 metri,
coperta in tre settimane di navigazione).
La capacit di imbarcare notevoli volumi di grande tonnellaggio rende
le navi insuperabili nel trasporto di petrolio, gas naturale, carbone e
metalli, a parte la concorrenza dei condotti per alcuni prodotti energe-
tici (gasdotti, oleodotti).
In laghi, fiumi e canali la navigazione interna riveste un ruolo minore,
ma con notevoli vantaggi economici, soprattutto se in connessione di-
retta con un porto marittimo. In Europa il Reno, navigabile dalla Sviz-
zera alla foce sul Mare del Nord, la pi frequentata via dacqua;
collegato al Rodano verso il Midi francese e il Mare Mediterraneo, men-
tre altri importanti fiumi navigabili sono il Danubio e il Volga. Il Canale
di Panama, uno dei punti nevralgici del trasporto marittimo mondiale,
fu realizzato per consentire il passaggio tra Oceano Pacifico (porto di
Panama) e Atlantico (porto di Cristobal) senza circumnavigare lAme-
rica Latina. Il dislivello di 28 metri superato facendo transitare le navi
in enormi vasche regolate da sbarramenti artificiali con saracinesche
(chiuse) che consentono il passaggio tra i due oceani.

11.7 Le ferrovie

Le ferrovie hanno fatto la loro comparsa, prima in Europa e nellAme-


rica settentrionale quindi nel resto del mondo (in particolare Russia e

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India), supportando, dalla met dellOttocento, il prodigioso sviluppo


economico e sociale della seconda rivoluzione industriale, quasi una
simbiosi tra il prodotto (treno) e il periodo (industrializzazione). Dal
1924, con linaugurazione della prima linea ferrata tra Stockton e Dar-
lington in Inghilterra, i suoi sviluppi e le loro conseguenze furono real-
mente rivoluzionari. Limportanza del nuovo mezzo fu subito compresa
dai Paesi pi industrializzati; nel 1850 le ferrovie avevano raggiunto una
lunghezza complessiva di 38.600 chilometri. A questo risultato contri-
buirono in primo luogo Stati Uniti (37%), Gran Bretagna (27%), Ger-
mania (16%), Francia (8%) e altri Stati dellEuropa occidentale con il
restante 12%; ventanni dopo la lunghezza della rete ferroviaria mon-
diale raggiungeva 210.000 km. Verso la fine dellOttocento viaggiavano
in treno quasi due miliardi di persone: il 72% in Europa e il 20% in
America del Nord. Ancora oggi in numerosi Paesi in via di sviluppo
spesso lunico modo di trasporto collettivo a disposizione.
Le ferrovie hanno consentito penetrazioni in nuovi territori, eserci-
tando un ruolo decisivo nella localizzazione industriale, nel disegno
delle nuove grandi citt (furono costruite grandi stazioni con fasci di
binari che le attraversavano spesso smembrandole in pi settori), nella
distribuzione della popolazione. Hanno dato origine, inoltre, a nuovi
centri abitati, sorti lungo il percorso in prossimit delle stazioni, mu-
tando in maniera profonda lassetto insediativo di un territorio.
Tecnicamente le linee ferroviarie devono tener conto di due condi-
zionamenti: la pendenza e la curvatura. Le pendenze diminuiscono la
velocit del treno; nelle aree montane si cercano cos percorsi di fon-
dovalle o, in alternativa, si realizzano grandi opere di ingegneria, come
viadotti e gallerie. Anche le curve non possono essere troppo strette; il
raggio di curvatura, soprattutto per le linee lungo le quali devono essere
raggiunte grandi velocit, dovrebbe essere almeno di 500 metri.
Come per le strade, pure per le ferrovie si pu calcolare la densit,
mettendo in relazione la lunghezza della rete con la superficie del ter-
ritorio o con il numero degli abitanti.
Tra le grandi opere ferroviarie vanno ricordate le linee dalla costa est
degli Stati Uniti e del Canada al Pacifico, la Transiberiana da Mosca a
Vladivostok sulla costa pacifica. In Africa hanno assecondato lo sfrut-
tamento coloniale con linee di penetrazione dalle regioni interne ai
porti, per il trasporto di materie prime. Oggi la ferrovia stata rilanciata
dallalta velocit che sta interessando, lungo nuove direttrici apposita-

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mente attrezzate, lintero continente europeo. LItalia si sta dotando di


una rete ad alta velocit (Tav), con le aste nord-sud (da Milano a Sa-
lerno) e ovest-est (da Torino a Venezia-Trieste). Questultima parte
del Corridoio 5 del progetto Trans European Network (Ten), da Lisbona
a Kiev.

11.8 Il traffico aereo

passato poco pi di un secolo dal primo volo del 1903 dei fratelli
Wilbur e Orville Wright a Kitty Hawk (Usa). Laereo il pi veloce dei
mezzi di trasporto, svincolato dalla geomorfologia terrestre. Il rapporto
sul terreno, per le operazioni di inizio e fine del ciclo del trasporto aereo
(il decollo e latterraggio), dato dalla notevole estensione degli aero-
porti, mentre la criticit del mezzo deriva dalla minore quantit di carico
utile in rapporto agli altri mezzi, che ne fa, teoricamente, il pi costoso
fra i mezzi di trasporto. La sua convenienza si concretizza nellimpiego
a medie e lunghe distanze, dove il risparmio di tempo favorisce il tra-
sporto di prodotti deperibili (fiori e primizie ortofrutticole), merci pre-
giate (valori e metalli preziosi) o di pronta consegna (giornali e posta).
Il massimo valore trasportabile dato dalluomo, che ha trovato nel-
laereo unampia gamma di risposte ai ritmi e alle suggestioni della no-
stra epoca.
Lespansione del trasporto aereo avvenne tra la prima e la seconda
guerra mondiale. Il primo servizio passeggeri fu effettuato l8 febbraio
1919, fra Londra e Parigi; qualche mese pi tardi furono avviati servizi
di linea dalla capitale britannica per Parigi, Bruxelles e Amsterdam,
primo abbozzo di una rete aerea internazionale, che diventer sempre
pi fitta ed estesa.
Il 20 maggio 1927 Charles Lindbergh attravers per la prima volta
lOceano Atlantico, atterrando a Parigi da New York, a bordo del mo-
noplano Spirit of Saint Louis, dopo oltre 33 ore di volo in solitario e
senza scalo.
Dopo la seconda guerra mondiale Usa ed Europa occidentale hanno
sviluppato un intenso traffico al loro interno e le due sponde dellAtlan-
tico assicurano ancora il maggiore flusso di rotte intercontinentali. Oggi
in grande evidenza, dopo America settentrionale ed Europa occiden-
tale, lAsia orientale con Giappone nonch, in conseguenza del forte
sviluppo economico, Cina, Taiwan, Singapore, Filippine e Malaysia; i

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tre nuclei assorbono oltre l80% del traffico mondiale.


Negli anni Settanta stata introdotta negli Stati uniti una normativa
per la liberalizzazione delle tariffe e delle concessioni governative (de-
regulation), che ha riordinato la geografia del traffico aereo americano,
premiando quelle compagnie che hanno ottimizzato i processi di ero-
gazione del prodotto e punendo (spesso con la bancarotta) quelle che
hanno continuato a sfruttare rendite di posizione senza adeguarsi ai
nuovi indirizzi del mercato. Il processo, propagatosi allEuropa e al
resto del mondo, ha ridisegnato le reti e il prodotto con larrivo di com-
pagnie operanti a basso costo (low cost compagnies).
Le evoluzioni degli ultimi anni vedono il mercato mondiale dominato
da un oligopolio di pochi gruppi nei quali sono confluite le maggiori
compagnie aeree. Queste sulle distanze brevi (entro i 500 km) risentono
della concorrenza della ferrovia, sempre pi competitiva con lalta ve-
locit e delle compagnie low cost che hanno imposto un ripensamento
nelle politiche del mercato sulle tratte di corto e medio raggio. Il tra-
sporto aereo , infatti, impostato su tre livelli in funzione della distanza
delle tratte: lungo, medio e corto raggio, operate da aeromobili con di-
versa autonomia di volo e di capacit passeggeri. Nel comparto inoltre
si distinguono tre settori di impiego: laviazione militare; laviazione
commerciale e civile che comprende il traffico aereo di linea e a do-
manda (charter); laviazione leggera con voli privati e daffari, di adde-
stramento e per impieghi agricoli.
Gli aeroporti, origine e destinazione del trasporto aereo, hanno un
forte impatto sul paesaggio, poich alle piste (lunghe fino a quattro chi-
lometri) vanno sommate numerose aree per la gestione del traffico: torre
di controllo, impianti radar, piazzali di manovra e di parcheggio, piste
di rullaggio, hangar di rimessaggio e manutenzione degli aeromobili,
depositi per il carburante, stazioni passeggeri e merci. Gli aeroporti, in-
fine, polarizzano un cospicuo indotto di servizi: quali alberghi, risto-
ranti, stazioni di collegamento con i centri urbani, uffici, negozi e centri
commerciali.

11.9 Il turismo

Il turismo un impiego del tempo libero senza fine di lucro, legato al


viaggio o al riposo, con una cospicua valenza economica e sociale. Esso
si fonda su una precisa motivazione: estraniarsi, svagarsi, riposare o at-

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tendere a occupazioni diverse, fuori dallambiente di residenza o di lavoro


abituali, per un periodo pi o meno lungo con un certo investimento di
denaro. Il tempo libero dal lavoro in genere quattro settimane lanno,
oltre i fine settimana e le festivit ricorrenti. Lo spostamento nello spazio,
di durata variabile e a diversa scala (interno, internazionale, interconti-
nentale), non motivato da ragioni economiche dirette, diversamente
dal movimento migratorio, in genere legato al miglioramento della pro-
pria condizione di vita.
Il turismo si rivela di grande interesse per la geografia, in quanto fe-
nomeno sociale, economico e spaziale: dal movimento allofferta turi-
stica, dalla motivazione alla percezione, dallorganizzazione territoriale
alla tutela ambientale.
Se il turista il motore, la risorsa turistica e i servizi connessi sono il
carburante che alimenta il fenomeno, nato ed evoluto in Occidente,
grazie anche alla crescita economica.
La domanda di turismo si molto modificata nel tempo: dalle lite so-
ciali alle classi urbanizzate fino al fenomeno di massa attuale, diffusosi
rapidamente in altre regioni (si prevede che la Cina produrr cento mi-
lioni di turisti nel 2020). Lambito da cui esso origina (le regioni attive)
evidenzia il ruolo dei tour operator, le aziende che realizzano e promuo-
vono il turismo.
Lofferta riguarda direttamente la risorsa turistica, un tema complesso
per i diversi fattori in gioco: la valorizzazione, la salvaguardia, la pro-
mozione e una enorme quantit di servizi da attivare nelle aree di desti-
nazione, per la fruizione del bene turistico (le regioni passive). In ultimo
vanno considerate le condizioni che rendono realizzabile lincontro tra
domanda e offerta: i trasferimenti, le sistemazioni, la ristorazione, le in-
formazioni, gli addetti, le assicurazioni ecc.
Lofferta turistica nella valorizzazione del sito e nella realizzazione
di strutture ricettive, di infrastrutture, di servizi e di trasporti efficienti
concretizza importanti stimoli per la crescita di regioni scarsamente svi-
luppate.
Le risorse ambientali e culturali individuano sia paesaggi naturali
(mare, laghi, montagna) e contesti speciali (stazioni termali, colonie elio-
terapiche) sia contesti storici e artistici (musei, chiese, castelli, ville), en-
trambi caratterizzati in genere da stagionalit (balneazioni destate,
sport alpini dinverno), che ne limitano il pieno sfruttamento a un pe-
riodo dellanno. Tema allattenzione degli operatori ampliare il pe-

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riodo di godimento delle risorse, agevolando la permanenza nella bassa


stagione con offerte vantaggiose e con lo sviluppo di forme alternative
(il turismo congressuale e quello sociale ne sono esempi) ed evitando
un uso concentrato in periodi limitati, negativo per impatto sullam-
biente.
Le attivit turistiche, sensibili alle congiunture negative, esigono, per-
ch il flusso turistico regga, di una situazione politico-economica rassi-
curante, che danneggiata da guerre, attentati, stati insurrezionali. Il
sottosviluppo non frena i flussi turistici, anzi in un certo senso li inco-
raggia. Offre spesso costi favorevoli con la possibilit di fruire di mag-
giori benefici; n situazioni di disagio sociale li tengono lontani: le
favelas di Rio de Janeiro o il ghetto di Harlem a New York sono con-
cretamente attrazioni turistiche. La situazione sanitaria un motivo di
forte preoccupazione per il turista, che evita Paesi afflitti da patologie
sia endemiche sia in atto, anche se norme profilattiche e di igiene ali-
mentare e comportamentale hanno ridotto i rischi. Lepidemia SARS
(Severe Acute Respiratory Syndrome) comunemente detta influenza dei
polli caus, nel 2003, un netto crollo dei voli per lEstremo Oriente (area
di incubazione della malattia) e per il Canada, primo Stato a essere con-
tagiato.
La multipolarit geopolitica ha introdotto nuovi flussi da aree che fino
a poco tempo fa erano regioni passive: alla Cina si aggiungono in primo
luogo la Russia, alcuni Paesi dellEst europeo e il Brasile, nuovi attori
al seguito di economie in crescita e in grado di ridisegnare la geografia
del turismo. Le complessit proprie del fenomeno turistico (economi-
che, ambientali, giuridiche, sociali, culturali) offrono alla geografia ampi
motivi di ricerca, richiamandola a un contributo concreto sia per una
corretta gestione del patrimonio paesaggistico sia per stimolare una
maggiore consapevolezza nei confronti delle diversit ambientali e cul-
turali.

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Capitolo dodicesimo

SPAZI POLITICI

12.1 Potere e territorio alle varie scale geografiche

Il nesso profondo tra geografia e storia si salda nella maniera pi evi-


dente nello studio degli spazi politici e ruota ricorda il geografo inglese
John A. Agnew sulla distribuzione del potere e su come esso si con-
centri e si sposti da un luogo allaltro nel tempo e, quindi, sul concetto
di Stato.
Lo Stato il mattone, lelemento costitutivo di una comunit, nella
quale si originano produzioni normative che ne caratterizzano fisiono-
mia e le relazioni e connotano la sua esistenza nellambito internazio-
nale. Allo stesso tempo costituisce un complesso organizzativo, che
individua e delimita lo spazio nel quale una parte di umanit stanziata
e vive secondo una propria costituzione politica.
La semplice osservazione di una carta politica del mondo restituisce
il variopinto mosaico della rappresentazione cartografica degli Stati, che
al netto di poche eccezioni (lAntartide ad esempio) occupano ogni
lembo delle terre emerse.
Lo Stato, nelle sue moderne costituzioni, il frutto di un lungo pro-
cesso della storia europea, che, con la Pace di Westfalia nel 1648 alla
fine della Guerra dei Trenta anni, trov una sua identit normativa
come soggetto autorefenziato, di diritto assoluto, non subordinato ad
alcun altro potere se non a quello scelto al suo interno. Con la Pace di
Westfalia gli Stati avocarono a s, nelle forme e nei contenuti ritenuti
congrui alle loro tradizioni e consuetudini, unautonomia politica asso-
luta, divenendo di fatto soggetti sovrani e svincolati da qualsiasi altro
potere, dotati di leggi filtrate attraverso le linee del diritto legislativo ro-
mano e del diritto consuetudinario germanico.
Laspetto pi rilevante delle riflessioni su spazio e politica riguarda
lesercizio del potere, ovvero in quali modi lagire politico di uno Stato
pu trasformare lassetto territoriale, nel momento in cui le decisioni di

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governo investono molteplici e differenziate competenze e interessi:


dalla politica economica a quella sociale, dalle infrastrutture ai trasporti,
dalla politica sanitaria alla culturale e dellistruzione.
Uno Stato inquadrato, al suo interno, in articolazioni che innervano
e distribuiscono lesercizio del potere e, al suo esterno, in comunit so-
vranazionali e associazioni internazionali di ordine superiore: macrore-
gionale, continentale o globale. Nel primo caso si tratta di unit
amministrative dotate di una qualche autonomia, tema di grande attua-
lit e di un notevole dibattito per rivendicazioni di maggiori autonomie
locali (Italia e Spagna sono Stati costituzionalmente unitari, ma con forti
spinte centrifughe), che non modificano il potere dello Stato, intatto e
sovrano nel suo profilo nazionale, come nellesempio classico di Stato
unitario (Francia).
Un diverso discorso si realizza negli Stati Uniti dAmerica con il fe-
deralismo, che ripartisce la sovranit in due distinti livelli di potere: il
governo federale e i governi degli Stati dellUnione. Al primo spetta la
gestione dei rapporti con gli altri Stati (politica estera, sicurezza nazio-
nale, difesa, commercio internazionale), lordine pubblico e alcune pre-
rogative (pi o meno ampie a seconda degli indirizzi indicati nella
costituzione federale) in campo fiscale, giudiziario e dellistruzione; ai
secondi la gestione delle politiche locali e in genere tutte le incombenze
non di competenza del governo federale.
Tecniche e metodologie complesse (costituzione, leggi, patti) provve-
dono al funzionamento dellordinamento giuridico, fiscale, amministra-
tivo, sociale e di sicurezza di uno Stato. Tale pluralit distituzioni si
manifesta nelle strutture organizzative interne (ad esempio regioni, pro-
vince, comuni, enti, sindacati, associazioni, fondazioni), cui corrisponde,
o dovrebbe corrispondere, una diffusa partecipazione dei cittadini e
una maggiore efficienza dellorganizzazione statale.
A diverse scale spaziali gli Stati si aggregano in organizzazioni o asso-
ciazioni sovranazionali o internazionali, nelle quali parte del potere sta-
tuale viene delegato in congruit agli scopi associativi. Quando si
deciso di realizzare leuro, ognuna delle banche centrali dei Paesi ade-
renti ha delegato parte della propria autonomia alla Banca Centrale Eu-
ropea (Bce), portando a Francoforte, sede dellistituto, i poteri di
politica e di indirizzo monetario comune.
La seconda met del Novecento ha visto lavvio e la successiva proli-
ferazione distituzioni internazionali, passate da poche centinaia di inizio

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secolo alle quasi 65.000 censite dallo Yearbook of International Organi-


sations nelledizione 2011.
Organizzazioni di profilo globale sono la Banca mondiale, il Fondo
monetario internazionale e, in una posizione di primo piano, lOrganiz-
zazione delle Nazioni Unite, costituita nel 1945 per mantenere la pace,
la sicurezza e promuovere la cooperazione internazionale: obiettivi pro-
priamente politici, che non sempre hanno trovato una concreta ed ef-
ficace rispondenza in momenti di gravi crisi internazionali. AllOnu
sono collegate varie organizzazioni (tra cui Fao, Unesco, Unicef), che
esercitano ruoli sociali, culturali, economici, pure rientranti nella sfera
politica.
La griglia di organizzazioni sovranazionali e internazionali con diverse
finalit notevolissima. Tra quelle politiche, lUnione Europea costi-
tuisce un esperimento di ingegneria costituzionale di 27 Stati sovrani,
che si riconoscono in una costituzione comune, sebbene ancora lontana
da una vera e propria unione politica, mentre la Lega Araba raccoglie
ladesione della maggioranza degli Stati arabi. A carattere economico
sono lOrganizzazione mondiale per il commercio, lOrganizzazione dei
Paesi esportatori di petrolio e lAssociazione Europea per il libero scam-
bio, mentre a scopi scientifici si segnalano lAgenzia internazionale del-
lenergia atomica, lOrganizzazione europea per la ricerca nucleare. La
principale istituzione a carattere militare la Nato, alla quale, fino al
1991, si contrapponeva il Patto di Varsavia.
Alla partecipazione ad associazioni internazionali fanno riscontro or-
ganizzazioni che agiscono al di fuori delle sedi politiche ufficiali. Potente
la rete criminale internazionale, con societ che operano fuori della
legalit. Con ruoli sempre pi significativi, a diffusione planetaria, agi-
scono le imprese multinazionali con ingenti risorse finanziarie, che elu-
dono legislazioni e fiscalit e che determinano, in alcuni casi,
conseguenze sulla politica economica mondiale, secondo un profilo di-
chiaratamente speculativo.

12.2 Lo Stato: territorio, popolazione e sovranit

Nelle riflessioni della geografia politica, il moderno Stato, quale mas-


sima organizzazione territoriale, ha recuperato, dalla seconda met del
Novecento, ununiversale corrispondenza rispetto a forme organizzative
del passato quali le citt-stato dellantichit, i feudi medievali, le signorie

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rinascimentali e, da ultimi, gli imperi coloniali.


Lo Stato trova una naturale costituzione in tre elementi fondativi, il
territorio, la popolazione e la sovranit, indissolubilmente legati tra loro,
al punto che in mancanza di uno solo di essi verrebbe meno la sua
odierna fisionomia.
I Curdi, il pi numeroso gruppo etnico al mondo senza Stato, risie-
dono tra Iran, Iraq, Turchia, Siria e Armenia, con quote minori in tutto
il Medio Oriente e in Asia centrale, ma sono privi di un territorio nel
quale esercitare una sovranit. Diversa la complicata situazione dei
Palestinesi, che a seguito di lunghi negoziati esercitano, in alcune en-
clave (Striscia di Gaza e Cisgiordania), un seppure limitato autogoverno,
nellambito dello Stato di Israele.
Il territorio uno spazio organizzato e definito nel quale uno Stato si
riconosce al suo interno (ambito della propria sovranit) ed ricono-
sciuto allesterno e dove, a seguito di processi storici, la sua popolazione
risiede stabilmente, avendone fatto la propria dimora. Esso comprende
inoltre il sottosuolo e lo spazio aereo sovrastante, tema questultimo che
pone un primo problema concernente la capacit di potenza di uno
Stato, in quanto solo chi possiede la necessaria tecnologia in grado di
accedere oltre gli spazi aerei, esercitando di fatto un potere reale dalle
notevoli ricadute politiche e militari.
Il territorio richiama molteplici elementi di valutazione: lestensione,
la forma, la posizione assoluta nel globo e quelle relative, riguardo agli
altri Stati e rispetto alle acque (marittimit).
Lestensione richiama la grande avventura coloniale, quando la di-
mensione degli Stati era considerata una condizione indispensabile per
raggiungere requisiti di potenza e di benessere; si pensi alla prosperit
di Stati europei (il Regno Unito in primo piano), che avevano costituito
enormi imperi in Africa e in Asia. Oggi questa condizione venuta
meno, come dimostrato dai traguardi sulla via dello sviluppo e del pro-
gresso raggiunto da Stati relativamente piccoli o piccolissimi.
Per la forma gli Stati tendono a perseguire contiguit territoriale (mo-
nomeria), che offre maggiori garanzie di stabilit rispetto alla frammen-
tazione del territorio in pi parti (polimeria). Stato polimerico era il
Pakistan, distinto, dopo lindipendenza dal Regno Unito nel 1947, in
Occidentale e Orientale; questultimo nel 1971 si costituito in un
nuovo Stato: il Bangladesh. Discontinuit minori sono lAlaska per gli
Stati Uniti o la provincia (oblast) di Kaliningrad per la Russia, che non

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incidono sulla stabilit dei rispettivi Stati. Per le isole o territori divisi
dal mare, come Sardegna e Sicilia per lItalia, si parla di polimeria appa-
rente.
Alcuni Stati, di solito molto piccoli, sono inclusi interamente in un
altro Stato: la Repubblica di San Marino e la Citt del Vaticano sono
enclave rispetto allItalia, mentre Campione dItalia, in pieno territorio
svizzero (di cui una enclave), per lItalia una exclave.
La forma produce grandi diversit nelle figure degli Stati, spesso ac-
costabili a configurazioni geometriche: quadrilatero (Turchia), esagono
(Francia). Alcuni autori hanno indicato nella circonferenza, con la ca-
pitale al centro, la figura pi favorevole per uno Stato; ma, in una realt
cos complessa, tale aspetto pu assumere una qualche importanza solo
se coglie caratteri di natura politica ed economica. Il Cile, ad esempio,
con una forma estesa per 4300 km (lItalia per 1300 km) in latitudine
(la stessa distanza tra Roma e Yaound, capitale del Camerun) e larga
in media 175 km, subisce alcuni condizionamenti dati da un clima molto
diversificato.
La posizione assoluta degli Stati in rapporto alla latitudine, fattore
climatico essenziale, per cui si distinguono: Stati artici (Islanda), inter-
medi (Regno Unito), subtropicali (Spagna), tropicali (Emirati Arabi
Uniti), equatoriali (Ecuador). Importante politicamente la posizione
relativa rispetto agli altri Stati, che dipende sia dal numero di Paesi con-
finanti sia dalla loro caratura politica. Per il primo aspetto il Portogallo
confina con la Spagna, lIraq con sei Stati, la Repubblica Democratica
del Congo con nove, la Russia (lo stato pi esteso del mondo,
17.075.400 km2) con quattordici (Norvegia, Finlandia, Estonia, Letto-
nia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina, Georgia, Azerbaigian, Ka-
zakistan, Cina, Mongolia, Corea del Nord); per il secondo aspetto il
Bhutan stretto tra due potenti vicini: India e Cina. Rilevante la po-
sizione rispetto al mare, che classifica gli Stati in: insulari (Cuba), pe-
ninsulari (Danimarca), istmici (Panama), litoranei (Svezia), interni
(Afghanistan). Per questi ultimi va segnalata una generalizzata difficolt
allo sviluppo: dei 38 Stati senza accesso al mare (land locked countries),
31 sono tra i Paesi pi poveri del mondo. Le eccezioni che confermano
la regola sono date da Lussemburgo e Svizzera, tra gli Stati pi ricchi
del pianeta.
Il rapporto tra confine marittimo e terrestre restituisce lindice di ma-
rittimit: superiore a uno se prevale il confine marittimo (Grecia); infe-

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riore a uno se prevale il confine terrestre (Belgio); pari a uno se vi una


sostanziale parit del rapporto (Portogallo). Lindice di marittimit va
contestualizzato rispetto allagibilit delle coste (i mari prospicienti pos-
sono essere gelati per lunghi periodi dellanno) e allimportanza politica
o economica del mare, che mette in gioco la storia, come la mutevole
rilevanza nel tempo del Mare Mediterraneo.
Per quanto attiene alle dimensioni, le classificazioni rispondono a di-
verse aggregazioni, tutte valide, poich non esiste un modello unico o
generalizzato, ma tanti modelli. Si potranno avere: Stati giganti (Russia),
grandissimi (India), grandi (Francia), medi (Siria), piccoli (Corea del
Sud), minimi (Isole del Capo Verde) e microstati (Andorra). Sempre
per lestensione va ricordato che la classificazione assume valori diversi
per ogni continente: lEcuador, uno Stato relativamente piccolo in Ame-
rica Latina in realt grande quanto il Regno Unito; il Nepal, pi
grande della Grecia, nelle carte geografiche dellAsia quasi scompare
tra Cina e India.
La popolazione un elemento in grado di dare notevole impulso alla
capacit di potenza di uno Stato, sia come dato assoluto sia per la sua
differenziazione interna che, unita alla mobilit, pu assumere un no-
tevole rilievo geopolitico. Il numero degli abitanti e la loro densit ri-
spetto al territorio, oltre a evidenziare la difficolt di individuare limiti
demografici massimi e minimi, vanno relazionati alle capacit organiz-
zative e produttive in grado di valorizzare al meglio le risorse, in una
qualche misura evidenziate dai principali indicatori economici. Per la
classificazione valgono i medesimi criteri gi indicati per lestensione,
per cui si hanno Stati giganti come Cina (circa 1,4 miliardi di abitanti)
e India (1,1 miliardi), le maggiori potenze emergenti anche grazie alle
loro enormi platee demografiche, fino ai microstati come Nauru (10000
abitanti) e lo Stato del Vaticano, che ne denuncia poco pi di 500.
La base demografica di uno Stato, costituita in genere da un gruppo
etnico, una comunit, consapevole di condividere identici valori cul-
turali e materiali in ununit originale distinta dalle altre, cospicuo ele-
mento di solidit sociale e politica. Il Belgio soffre di una persistente
crisi politica per lincapacit di fiamminghi (58%) e valloni (34%) di
trovare un accordo sulla conduzione del governo del Paese. Diverso
il caso di minoranze con meno di un terzo della popolazione totale: in
Finlandia, il peso della minoranza di lingua svedese (inferiore a un de-
cimo della popolazione totale), fatta salva lautonomia linguistica, non

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appare sufficiente a incidere sullequilibrio politico del Paese. Quando


la composizione etnica appare del tutto frammentata possono insorgere
gravi problemi: nella ex Iugoslavia, accanto ai primi sette gruppi etnici
(serbi 38%, croati 21,1%, bosniaci mussulmani 9,5%, sloveni 8,4%,
albanesi 8,2%, macedoni 8,2%, montenegrini 2,8%) convivevano altri
diciotto gruppi minori, per la gran parte al di sotto delluno per cento
del totale nazionale. La questione iugoslava, ricomposta con successive
sanguinose secessioni, ha generato sei nuovi Stati: Serbia, Croazia, Slo-
venia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Macedonia (ed eventualmente
il Kosovo).
In ogni caso unomogeneit assoluta non presente in nessuno Stato
del mondo: dallIslanda, con una larga compattezza genetica (93,2%),
risultato di un lungo isolamento fuori delle rotte oceaniche pi frequen-
tate, alla Nigeria con 250 diversi gruppi etnici.
Dalla fine della seconda guerra mondiale va rilevata lenorme prolife-
razione di Stati, passati da una sessantina ai circa 200 attuali. Il feno-
meno, avviatosi con la decolonizzazione e sospinto, negli anni Novanta,
dallesaurimento dellesperienza politica marxista, sembra ancora in
atto, come dimostrano le dichiarazioni di indipendenza del Kosovo ri-
spetto alla Serbia (17 febbraio 2008) e del Darfur rispetto al Sudan (9
luglio 2011).
Infine, di particolare interesse lo studio della posizione giuridica
degli abitanti e della loro partecipazione alla vita politica, economica e
sociale dello Stato che riporta direttamente alle forme di governo. Tra
queste vi sono le democrazie liberali a economia di mercato, tipiche del
mondo occidentale, che hanno dato numerose risposte ad attese popo-
lari, come nelle repubbliche socialiste post-sovietiche o nelle solleva-
zioni della cosiddetta primavera araba che hanno deposto, in alcuni casi
dopo quaranta anni, democrazie a partito unico (contraddizioni politi-
che fin dalla denominazione).
La suddivisione tra monarchia e repubblica ha perso valore, poich,
anche nelle monarchie costituzionali (Spagna), il riferimento cade sem-
pre nel quadro di una democrazia liberale, mentre nel caso di monar-
chie assolute (Arabia Saudita) occorre rifarsi ai regimi monocratici di
carattere assolutistico. Un peculiare aspetto riguarda i regimi teocratici,
presenti soprattutto in Stati mussulmani (Iran), con politiche in stretta
adesione ai dettati del Corano, con impercettibile linea di demarcazione
tra ci che politico, sociale e religioso.

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Altra rilevante questione riguarda i rifugiati, quote di popolazione che


per motivi diversi (etnici, religiosi, di appartenenza a un particolare
gruppo sociale o politico) non trovano pi accoglienza nel loro Paese
di origine. Alla fine del 2010 secondo lAlto Commissariato per i Rifu-
giati delle Nazioni Unite (Unhcr), i rifugiati per conflitti o persecuzioni
erano quasi quarantaquattro milioni in tutto il mondo, il numero pi
alto negli ultimi quindici anni, di cui trentaquattro milioni assistiti di-
rettamente dallagenzia. Tali imponenti correnti di profughi si sommano
ai flussi migratori asiatici e africani verso lEuropa occidentale, destina-
zione geografica spesso obbligata.
La terza gamba su cui poggia la struttura dello Stato la sovranit,
un valore assoluto non soggetto ad alcun altro potere e, in tal senso, ori-
ginale nelle sue possibilit di produrre norme emanate da organi indi-
pendenti tra loro, in grado di garantire una struttura giuridica statuale.
Questultima nel valore assoluto delle leggi trova formale giustificazione,
interna nei confronti di tutti i cittadini ed esterna nei confronti degli
altri Stati.
Alla sovranit di uno Stato si contrappongono, in alcuni casi, limita-
zioni che possono essere in netto contrasto con gli interessi nazionali.
Una piena privazione della capacit giuridica fu quella delle colonie,
vere e proprie estensioni territoriali delle potenze occupanti: la Libia,
dal 1911 al 1943, era del tutto priva di personalit giuridica, se non
quella amministrativa di Provincia dellItalia fascista. La sovranit limi-
tata confermata negli anni Sessanta dal leader dellUnione Sovietica,
Leonid Brenev, nei confronti degli alleati nel Patto di Varsavia (Bulga-
ria, Cecoslovacchia, Repubblica Democratica Tedesca, Polonia, Roma-
nia e Ungheria), poneva di fatto quegli Stati in una condizione di reale
subordinazione politica da Mosca.
Il neocolonialismo economico delle multinazionali, centri di interessi
finanziari e commerciali globali, pu influenzare le politiche di Stati in
una generale condizione di sottosviluppo, strappando condizioni di fa-
vore per limpianto di sedi fino a influenzare a volte le politiche econo-
miche dello Stato ospitante.
Gli Stati minimi e i microstati (sia per estensione sia per numero di
abitanti) hanno spesso una condizione di dipendenza rispetto a uno Stato
limitrofo egemone: la Repubblica di San Marino e la Citt del Vaticano
dipendono dallItalia per ladesione alla moneta unica europea, per al-
cune rappresentanze nelle sedi internazionali e, di fatto, per la difesa.

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Il sottosviluppo richiama temi di grande complessit, riassumibili nella


generalizzata incapacit di Stati che, vincolati agli aiuti dallestero, ve-
dono spesso ridotte le possibilit di esprimere pienamente la loro poli-
tica e di conseguenza la sovranit.

12.3 I confini

Il confine costituisce un limite effettivo, oggettivabile sul terreno, dove


la sovranit e, in parte, altre caratteristiche di uno Stato cessano, per
dare luogo, oltre tale limite, a uno Stato limitrofo. Il confine come iso-
bara politica propone il duplice concetto di esaurimento del potere sta-
tuale e di equilibrio delle forze contrapposte di due Stati contigui. In
questo modo il confine rivela il suo eterno stato di mutevolezza: da con-
cetto areale a concetto lineare, da limite culturale a espressione o bilan-
ciamento di potenza. Alla nascita di confini per la formazione di nuovi
Stati (Slovacchia e Repubblica Ceca dalla Cecoslovacchia nel 1993) si
allinea una loro scomparsa per unificazioni (Repubblica Federale Te-
desca e Repubblica Democratica Tedesca nel 1990). A scala interna e
in una misura di maggiore stabilit, i confini amministrativi delimitano
poteri locali normativamente delegati dallo Stato.
Notevoli sono le mutazioni del significato del confine nel tempo: nel-
lepoca antica questo era considerato come territorio fuori della giuri-
sdizione, una terra di nessuno posta a salvaguardia dello Stato. N le
grandi opere costruite da Romani e Cinesi avevano lo scopo di segnalare
il confine; erano piuttosto, opere difensive su una vasta frontiera di res
nullius, una zona cuscinetto tra gli Stati.
Nel Medioevo europeo il confine diventa limite territoriale del signore
feudale, legato alle sorti ereditarie o conflittuali tipiche del periodo, con
significati multipli dati dallenorme frantumazione della propriet ter-
riera: limite della sovranit o fondiario e soprattutto limite fiscale e do-
ganale.
La nascita degli Stati nazionali dar al confine il significato moderno,
come luogo di conflitti spesso sfociati in guerre, fino alle imponenti tra-
sformazioni indotte dallodierna globalizzazione, che ha di nuovo rivi-
sitato il concetto. NellEuropa comunitaria, ad esempio, si va
progressivamente defunzionalizzando a favore di spazi transnazionali
di relazione e di scambio, nati dai processi di integrazione politica ed
economica. Tuttavia questi aspetti non vanno generalizzati, giacch il

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confine rimane luogo di elezione per il confronto e la mediazione tra


Stati ancora al centro della scena politica internazionale. Il concetto di
frontiera, mutuato dal gergo militare, indica invece una zona di nego-
ziazione o di allentamento e dinterposizione tra poteri diversi.
Il riconoscimento fisico del confine passa attraverso la delimitazione
e la demarcazione: la prima unoperazione negoziale condivisa, nella
quale due o pi attori si confrontano nello stabilire il confine sulla carta
geografica; la seconda leffettivo tracciamento sul terreno di quel li-
mite, riconosciuto valido dai contraenti.
Laspetto riguardante la percezione del confine riporta a elementi cul-
turali, in cui situazioni naturali quali lorografia, i fiumi e soprattutto il
mare hanno funzionato, per, da potenti condizionamenti.
Una classificazione dei circa 250.000 km di confini mondiali (lItalia
ne somma 1932 km) allinea diverse articolazioni: confini fisici o naturali,
dati dalla morfologia terrestre (anchessi frutto di convenzioni tra le
parti); confini geometrici (le potenze coloniali tracciavano spesso i con-
fini secondo meridiani e paralleli, senza tener conto di realt geografi-
che, etniche e storiche le cui conseguenze sono in parte ancora visibili
non solo nel mondo ex-coloniale); confini antropogeografici o culturali
(secondo etnie, lingue e religioni); antecedenti, preesistenti alla nascita
di uno Stato (tra Canada e Alaska; questultimo al momento di stabilire
il confine era spopolato); susseguenti, intervenuti dopo la formazione
di uno Stato e comunque per ragioni diverse, quali guerre o trattati (il
confine tra Italia e Iugoslavia dopo la seconda guerra mondiale). I con-
fini naturali alimentano spesso controversie tra Stati; lungo le catene
montuose, le linee di cresta o di spartiacque non sempre coincidono, in-
terrotte da valli laterali o catene di monti di minore ampiezza (Cile e
Argentina lungo le Ande). Fiumi e laghi non rendono lidentificazione
del confine pi agevole, anzi gli specchi dacqua e il mare in particolare
hanno generato una specifica disciplina giuridica internazionale che non
trova, in ogni caso, unanime applicazione condivisa. Il problema delle
acque territoriali consegu una sua prima soluzione nel 1702, quando il
giurista olandese Cornelius Bynkershoek propose il limite di tre miglia
dalla linea di costa (5556 m), corrispondenti alla portata dei cannoni
dellepoca. Oggi, dopo numerose convenzioni internazionali, il limite
delle acque territoriali, su cui lo Stato esercita la propria sovranit (con
alcuni limiti), arriva a un massimo di dodici miglia, cui segue la zona
contigua fino a ventiquattro miglia (per il controllo a fini fiscali e di si-

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curezza interna) e la zona economica esclusiva, fino a 200 miglia dalla


linea di costa, per lesplorazione, lo sfruttamento e la gestione delle ri-
sorse naturali.
Vanno ancora segnalati alcuni confini particolari. Il Muro di Berlino
fu eretto per contenere le fughe dei Tedeschi orientali verso lOccidente
e tutto il confine, tra Europa occidentale e orientale durante la guerra
fredda, era un limite culturale e ideologico con la ben definita denomi-
nazione di cortina di ferro, mentre il muro dinterposizione in Israele ha
uno scopo ben diverso: impedire infiltrazioni di elementi legati al ter-
rorismo antiebraico.
In ultimo il confine aereo; se lo spazio aereo di uno Stato il volume
daria sovrastante il territorio in accordo con il confine terrestre, luso
di questi spazi, oltre le quote commerciali, di fatto solo di chi in pos-
sesso della necessaria tecnologia.

12.4 La capitale

La capitale, tema classico della geografia politica, la citt che, per


motivi di diversa natura, ospita gli organi di governo e funge da polo di
coordinamento del Paese. Il ruolo della capitale fondato, oltre che
sulla politica (amministrativa o militare), su altri poteri (ad esempio re-
ligioso ed economico-finanziario) non necessariamente associati tra loro.
La capitale consente la lettura della storia di un Paese, il suo carattere
politico (centralizzato o federale), la sua collocazione nel territorio (di
primissimo ordine in passato per la sicurezza, oggi meno importante),
le strutture di governo, dei trasporti e delle comunicazioni interne ed
esterne allo Stato.
La collocazione geografica, un aspetto rilevante per la necessit della
capitale di essere riferimento per il resto del Paese, non sempre in po-
sizione centrale. Washington e Buenos Aires sono periferiche, ma non
lo erano nel momento in cui furono erette a capitali dei rispettivi Stati;
Mosca era al centro del primo nucleo territoriale della Russia, come lo
era, rispetto al popolamento, Nanchino sul Fiume Azzurro (Chang
Jiang) prima di Pechino, in Cina. Tokyo, adagiata in una grande baia
naturale, permetteva il controllo sulle regioni settentrionali in una mi-
sura pi efficace rispetto a Kobe nel nucleo interno del Giappone. Co-
penaghen, sullisola di Sjlland, controlla lo stretto tra Danimarca e
Svezia (resund), mentre Istanbul sullo Stretto del Bosforo controllava

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laccesso al Mar Nero e allo stesso tempo il passaggio dallEuropa al-


lAsia. Helsinki, Stoccolma, Oslo e Londra devono la loro perifericit
meridionale alle condizioni climatiche meno severe nel sud dei Paesi
nordici, cos come le capitali e le maggiori citt degli Stati del nord
Africa affacciano tutte, in posizione eccentrica settentrionale, sul Mar
Mediterraneo (Algeri, Tunisi, Tripoli, Bengasi, Alessandria). Il Cairo
alla radice del delta del Nilo.
Alle basse latitudini (tropicali ed equatoriali) numerose capitali sono
a quote elevate. E cos si trovano, in America Latina, Citt del Messico,
Citt del Guatemala, San Jos de Costarica, Bogot, Quito, La Paz,
mentre in Africa Addis Abeba, Nairobi, Kampala, Kigali, Bujumbura,
Lusaka; in Asia: Teheran, Kabul, Katmandu. Altrettanto lunga la lista
delle capitali in posizione marittima, distribuite in tutto il mondo:
LAvana, Montevideo, Buenos Aires, Dakar, Accra, Citt del Capo, Ma-
puto, Mogadiscio, Bangkok, Giacarta.
Una classificazione riconosce le capitali naturali, ovvero antecedenti
alla formazione dello Stato (Parigi) e artificiali, create per svolgere il
ruolo di centro politico del paese (Madrid al centro della penisola ibe-
rica, Washington in onore del primo presidente degli Stati Uniti, Can-
berra e Brasilia), e designate (Bonn alla fine della seconda guerra
mondiale, Roma nel Risorgimento).
Levoluzione storica degli Stati ha in qualche caso visto trasferire la
capitale in citt diverse. Il Risorgimento italiano ha avvicendato ben tre
capitali: Torino, Firenze e Roma; la riunificazione tedesca ha riportato
la capitale federale da Bonn a Berlino, quella yemenita del 1990 ha visto
prevalere Sanaa su Aden. Altre capitali trasferite sono in Brasile, da Rio
de Janeiro a Brasilia e in Turchia, da Istanbul ad Ankara. Bruxelles, ca-
pitale del Belgio, sede delle principali istituzioni dellUnione Europea
e della Nato, e quindi, a buon titolo capitale europea.
Infine, in un ordine culturale ed emotivo, la capitale rappresenta
lespressione di quel sentire comune dei cittadini che alla base dellidea
di nazione.

12.5 Colonialismo e decolonizzazione

In senso stretto il termine colonia (dal latino colere = coltivare) mani-


festa in s lidea delloccupazione territoriale, anche se il fenomeno
dellet moderna, avviatosi alla fine del secolo XV, non ha alcuna con-

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tinuit con il mondo antico, dove i coloni, preso possesso di un territo-


rio, vi estendevano il potere dello Stato che rappresentavano, oppure
vi insediavano basi commerciali.
Le scoperte geografiche, con le successive affermazioni degli imperi
coloniali, hanno costituito uno degli avvenimenti pi importanti non
solo della modernit, definendo, per la prima volta nella storia del-
luomo, una visione globale del mondo.
Nel Settecento lassetto geografico dei possedimenti europei era ben
delineato, anche se la distribuzione di colonie e basi commerciali, veri
e propri punti di appoggio sulle vie marittime, si presentava in maniera
irregolare. Nel Medio Oriente il blocco turco impediva accessi oltre la
negoziazione commerciale, mentre nellOceano Indiano e nellEstremo
Oriente le difficolt di occupazione stabile erano date dalle enormi di-
stanze.
Al contrario, sia nelle Americhe sia in Africa a sud del Sahara, gli Eu-
ropei furono in grado di far valere unampia superiorit militare e tec-
nologica, con un proficuo commercio. I vascelli dallEuropa
scambiavano prodotti tessili, armi e altri manufatti a basso costo sulle
coste dellAfrica occidentale in cambio di schiavi venduti e avviati ai la-
vori di piantagione nelle Americhe. Gli enormi profitti, reinvestiti in
materie prime trasportate in Europa, chiudevano il ciclo del commercio
triangolare.
Dalla seconda met del XIX secolo, lEuropa si assicur quasi
17.000.000 km2 di nuovi territori, ampliati nel momento di massima
espansione, nel 1914, a circa 22.500.000 km2. A questa data i Paesi in-
dipendenti dal dominio coloniale europeo erano: Turchia, alcuni terri-
tori dellArabia, Persia, Cina (sebbene pesantemente condizionata dalle
potenze europee), Tibet, Mongolia, Siam e in pratica lAmerica Latina,
resasi indipendente da Spagna e Portogallo nel primo quarto del XIX
secolo. Due soli erano gli Stati africani indipendenti: Liberia ed Etiopia.
Alle tradizionali potenze, (Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Spagna,
Portogallo), si erano aggiunti Belgio, Stati Uniti, Russia, Germania e
Italia.
In Africa, dal presidio di basi costiere si pass alla penetrazione nei
ricchi territori dellinterno, occupando il continente in vaste aree din-
fluenza: lAfrica occidentale sahariana fu conquistata dalla Francia,
mentre la lunga fascia, che, a parte alcune interruzioni, da Il Cairo giun-
geva a Citt del Capo, fu presa dal Regno Unito. Il resto del continente

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era nel pieno possesso di Portogallo (Angola e Mozambico), Belgio


(Congo), Spagna (Sahara spagnolo), Germania (Togo, Camerun, Africa
del Sudovest, poi Namibia) e Italia (Libia, Eritrea, Somalia e, dal 1936
al 1941, Etiopia).
Proprio nel momento di massima affermazione il fenomeno regred.
La decolonizzazione fu favorita dallinsofferenza delle popolazioni sog-
gette, e perfino da un senso di colpa negli stessi Paesi imperialisti; dal
1945 a oggi stata proclamata la piena indipendenza di ben 134 nuovi
Stati.
Al colonialismo imperialista, per, subentrato il neocolonialismo:
forma dintervento con cui gli Stati pi potenti, o nuovi attori sulla scena
internazionale quali le multinazionali, cercano di imporre proprie poli-
tiche riportando, nei Paesi meno sviluppati, forme di sfruttamento,
anche se in modo diverso dalle passate esperienze coloniali.

12.6 Lodierna globalizzazione

Alla fine della seconda guerra mondiale, lodierna globalizzazione ha


riavviato i suoi meccanismi nel massimo grado di estensione, intensifi-
cazione e accelerazione degli scambi e delle relazioni in tutto il mondo.
Le cause di questo gigantesco mutamento sono molto complesse ma ri-
feribili, in sintesi, alla politica e alla tecnologia; la prima, nel triennio
1989-1991, ha cambiato il mondo fino a quel momento diviso in due
blocchi politici contrapposti: lOccidente liberale delle democrazie par-
lamentari (legato agli Stati Uniti) e lOriente comunista delle democrazie
popolari (legato allUnione Sovietica). Sciolto il ghiaccio della guerra
fredda, un altro determinante attore, fino ad allora dormiente, ha as-
sunto un ruolo decisivo nellagone mondiale. La Cina ha innescato un
processo di inedito capitalismo in un sistema ancora legato a unarchi-
tettura politica comunista che, almeno in teoria, non prevede la libera
iniziativa privata in campo economico.
Tali eventi hanno portato a definire questo periodo, lera della globa-
lizzazione: dal sociale alleconomico, dal culturale al finanziario, ogni
settore della vita di ciascun cittadino del mondo immersa in quella
che Zygmunt Bauman ha definito la societ liquida, senza alcuna dire-
zione o meglio diretta e attuata in milioni di singole postazioni telema-
tiche.
La globalizzazione delle telecomunicazioni e dei trasporti, annullando

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in sostanza i tempi e le distanze, ha fatto emergere il fenomeno del lo-


calismo: da un lato una generalizzata tendenza alluniformazione di abi-
tudini e comportamenti, dallaltro lirruzione di caratteri peculiari di
regioni diversissime tra loro, il glocal (global e local). Questi elementi,
pur partendo a volte da contesti di trascurabile importanza nella di-
mensione globale, trovano una cassa di risonanza in specifici luoghi di
elaborazione delle tendenze in atto (da cui vengono amplificati e diffusi
nel circuito mondiale), innanzi tutto nelle citt.
La nuova gerarchia, impostata su un assetto urbano a rete, prevede
un ristretto numero di citt hub (nodo multifunzionale), che ricevono
continuamente stimoli, li rielaborano e li diffondono di nuovo nel con-
testo unico mondiale. Lassetto si riconosce in tre grandi sottosistemi,
in cui tre citt globali dominanti (New York, Londra e Tokyo) vantano
un quadro privilegiato di relazioni. Una seconda fascia costituita dalle
citt globali principali, quindi quelle secondarie, tutte inserite nel si-
stema reticolare globale.
Dei mille rivoli in cui viene intessuta la trama della globalizzazione,
quello economico senzaltro laspetto pi eminente. Da un lato indi-

Reti di gerarchie urbane.

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vidua chi vede nel processo insidie per il proprio lavoro e per la sicu-
rezza, fino a giungere al timore di perdere lidentit culturale in un ipo-
tetico ma improbabile scontro di civilt, dallaltro chi intravede
possibilit di accesso a beni e livelli di vita prima insperati.
In realt lassetto di Primo, Secondo (terminato con la caduta del-
lUnione Sovietica) e Terzo mondo, cui se ne aggiungeva un Quarto (il
pi povero), sta cambiando in fretta, spinto dal decollo economico dei
Paesi emergenti, in nuovi rapporti di forza.
Le difficolt nelle quali si muovono le economie del Primo mondo
sono ulteriormente aggravate dai debiti pubblici contratti negli anni,
superiori in molti casi alla ricchezza nazionale (il debito pubblico del-
lItalia pari al 120% del Pil).
Lodierna globalizzazione un momento di svolta senza precedenti,
che ribalta gli equilibri fermi da secoli su Occidente e resto del mondo,
frenati soltanto dallenorme vantaggio economico e tecnologico accu-
mulato in quasi cinque secoli e dalla notevole capacit di innovazione,
ancora forte soprattutto negli Stati Uniti.

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Capitolo tredicesimo

SPAZIO E CULTURA

13.1 Geografia e cultura

La geografia descrive criticamente aspetti e segni dei luoghi, con il


loro carico di valori fisici e antropici, individuati anche dalle differenti
culture. Tale compito si esprime in una sintesi originale, che fonde nuovi
concetti geografici e inedite immagini territoriali.
Negli ultimi tempi i geografi hanno attribuito maggiore considera-
zione agli aspetti emozionali come fattori di rappresentazione e inter-
pretazione della natura, conferendo alle manifestazioni culturali un
rilievo mai avuto prima. Di qui lintroduzione, nella lettura geografica,
di documenti, testi, opere pittoriche, sculture, fotografie, immagini che
delineano loggetto geografico plasmandolo di inedite sensibilit.
Ogni cultura lascia impronte, che possono risultare pi o meno inci-
sive e stabili sul territorio. Uno spazio, infatti, pu essere plasmato da
fattori culturali, come lo da fattori naturali o economici. In particolare
assumono interesse tutti quei segni con specificit e caratteristiche che
si differenziano dalle altre. E cos una societ, attraverso il rapporto che
intrattiene con il proprio ambiente, in grado di modellare un paesag-
gio culturale, che identificabile sia perch riflette in maniera tangibile
alcuni valori peculiari sia perch trasmette particolari atmosfere.
Cervo Zoppo (Tahca Ushte), medico stregone dei Sioux nato allinizio
del 1900 nella riserva Rosebud nel Sud Dakota, esprime bene il patri-
monio culturale degli Indiani dellAmerica settentrionale nel loro dia-
logo con lambiente.
Nella cultura indiana il cerchio, lAnello, sono simboli importanti.
In natura tutto rotondo. I corpi degli uomini e degli animali non
hanno angoli. Per noi, esso rappresenta la comunione degli uomini, che
insieme siedono intorno al fuoco, amici e parenti in armonia, mentre la
pipa passa di mano in mano. Anche laccampamento, in cui ogni tipi
aveva un determinato posto, era a forma circolare. Lo stesso tipi era

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cos e gli uomini vi sedevano in cerchio e tutte le famiglie di un villaggio


formavano un cerchio allinterno di un altro pi grande, parte del
grande Anello dei sette fuochi daccampamento dei Sioux, che forma-
vano un Popolo.[] Al contrario, il simbolo delluomo bianco un
quadrilatero. Quattro angoli hanno le sue case e gli uffici, essi hanno
mura che separano gli uomini tra loro. Hanno quattro angoli la porta
(che vieta laccesso agli stranieri), i soldi e la prigione. Proprio come
quattro angoli hanno gli apparecchi dei bianchi: televisione, radio, la-
vatrice, computer, auto, nientaltro che scatole e casse. Tutto ha angoli
e spigoli vivi, il tempo stesso non pi armonico, il tempo dei bianchi
determinato da appuntamenti, timer, ore di punta.
Importante il confronto tra culture diverse: la posizione eurocentrica
evoluta verso una considerazione di realt lontane come soggetti cul-
turali portatori di peculiari e motivate originalit, agenti modificatori
dellambiente alla stessa stregua di tutti gli altri attori, su un piano di
sostanziale parit. Il passaggio implica il riconoscimento di valori ine-
guali, ma ugualmente validi nel concorrere alla definizione del mosaico
del mondo. Culture diverse, quindi, non rispetto a una cultura di rife-
rimento, ma diverse e valide in quanto capaci di sviluppare meccanismi,
tecniche e stili di vita autonomi, in cui lambiente ha giocato un ruolo
essenziale nel dare il definitivo valore alla diversit.
E della diversit umana la geografia attenta ai tre momenti fondanti:
etnie, lingue e religioni.
I tre caratteri, uno genetico e due culturali, senza alcun discrimine,
sono totalmente permeabili: uomini e donne della stessa etnia parlano
lingue e professano religioni diverse, cos come una stessa lingua pu
essere il veicolo di comunicazione entro etnie e religioni differenti e in
seno a queste ultime convivono etnie e lingue estranee le une alle altre.
Nella realt, infatti, non vi alcuna precisa corrispondenza tra caratteri
etnici e culturali.

13.2 E pluribus unum

E pluribus unum, il motto originario degli Stati Uniti, valorizza lin-


sieme che origina dal contributo di tanti singoli individui. I due aspetti
sono indissolubili, come il concetto di specie umana che, declinato nelle
etnie, ha definitivamente escluso dal contesto scientifico la razza, priva
di qualsiasi giustificazione. Per dimostrare tale condizione occorre ri-

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percorre, seppure in breve, il lungo cammino percorso dal genere homo,


iniziato circa sessantamila anni fa nellAfrica orientale per diffondersi
dovunque. Attraverso questo straordinario viaggio gli uomini sono mi-
grati in ambienti del tutto diversi da quelli originari, che hanno plasmato
diversi caratteri somatici, acquisendo quelle differenze visibili in primo
luogo nel colore della pelle e in altri particolari secondari: conseguenze
dovute alle necessit delladattamento a condizioni ambientali diverse
dai siti originari. Il fatto decisivo che sotto la pelle la diversit non
esiste affatto; tutta lumanit appartiene a ununica specie: Homo sapiens
sapiens.
Posizioni diverse e assurde hanno portato a situazioni tragiche, cul-
minate nel Novecento con il genocidio inflitto dai nazisti agli ebrei (e
non solo), impostato sulla presunta inferiorit della razza ebraica che
avrebbe inquinato la purezza e la superiorit di quella ariana.
Le differenze originate dal continuo sciamare delluomo consentono,
ai soli fini classificatori, di procedere a una larga suddivisione delluma-
nit in grandi gruppi etnici, con una miriade di altri tipi che rendono
inadeguata, oltre che di difficile applicazione, una distinzione rigorosa.
La difficolt di evidenziare tutti i tipi umani deriva dalle continue me-
scolanze (come i mulatti nati da bianchi e neri, i meticci da bianchi e
amerindi), mentre pi interessante, dal punto di vista geografico, appare
il tema delle minoranze etniche, in molti casi motivo di stress nelle po-
litiche interne ed estere degli Stati. Una minoranza etnica un gruppo
che per identit genetica o spesso culturale (sia linguistica sia religiosa)
si distingue da una maggioranza allinterno di una comunit, in genere
nazionale: ad esempio i Sud-tirolesi nellAlto Adige italiano, di lingua e
cultura austro-germanica, gli Svedesi in Finlandia, i Baschi in Spagna.

13.3 Geografia e lingue

Il linguaggio il primo segno didentit nellambito di una comunit;


i parlanti una stessa lingua condividono un patrimonio comune invisi-
bile ma tangibile, una contiguit che si manifesta spesso in momenti di
contrapposizione rispetto a una comunit diversa.
Delle circa 6000 lingue parlate nel mondo, molte corrono il pericolo
di scomparire nei prossimi quaranta anni, sopraffatte da lingue pi dif-
fuse, portatrici di modelli culturali vincenti. Il tema della fine delle lin-
gue non affatto nuovo; semmai oggi il tema si pone in ordine alla

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diversificazione linguistica che, sotto i colpi di lingue dominanti, porta


a un restringimento delle possibilit espressive date da lingue diverse.
La forza della lingua va oltre la sua capacit di espressione: con il la-
tino si entra ancora oggi, nel mondo del diritto, della storia e di quanto
altro portato come sua immagine simbolica. Oggi linglese fa pensare,
pi che allInghilterra, a stili di vita nordamericani e al fondamentale
ruolo che riveste nella divulgazione scientifica globale.
La geografia, nellindividuare la distribuzione delle lingue parlate nel
mondo, ne evidenzia i caratteri di trasmissione della cultura.
Le lingue fanno parte di grandi famiglie accomunate secondo principi
lessicali e sintattici. Tra le grandi famiglie linguistiche si segnalano:
lingue indoeuropee (neolatine, germaniche, slave, celtiche, iraniche,
indiane, greco, albanese), che comprendono quasi la met della popo-
lazione mondiale;
lingue sino-tibetane (cinese, birmano, tibetano), con un quarto circa
della popolazione mondiale;
lingue afro-asiatiche o camito-semitiche (arabo, ebraico, lingue etiopi);
lingue nilo-sahariane (sudanese e saheliano), parlate lungo lalto corso
del Nilo e a sud del Sahara;
lingue niger-kordofan (bantu), parlate dallAfrica centrale al Sudafrica;
lingue koisan (boscimano e ottentotto), probabilmente le lingue pi
antiche, caratterizzate, uniche al mondo, da suoni onomatopeici (click);
lingue uralo-altaiche (turco-tatare, ugrofinniche), parlate dalle nume-
rose popolazioni turche, che dal Medio Oriente arrivano fino in Cina
(Uiguri dello Xinjiang), e in Europa da Ungheresi (ugri) e Finlandesi
ed Estoni (finnici);
lingue austronesiane (indonesiane, malesi, polinesiane);
lingue dravidiche (telugu, tamil), parlate nella porzione sud orientale
dellIndia e nello Sri Lanka;
lingue amerinde, con una notevole diversificazione linguistica allin-
terno del grande continente.
Dalla classificazione si desume il forte legame lingua-popolo, pur se
numerose lingue, definite internazionali, sono parlate al di fuori della
loro collocazione etnica, in aree anche molto ampie e lontane tra loro.
Linglese, dopo la seconda guerra mondiale, assurto al rango di prima
lingua internazionale, vero veicolo di comunicazione globale: lingua
madre in 23 Paesi, con 400 milioni di parlanti; lingua ufficiale in 37
Paesi in cui altri 400 milioni di persone lo usano con altre lingue; viene

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studiato come prima lingua straniera in oltre 100 Paesi e usato come
lingua straniera da un miliardo di persone (dati British Council). Oltre
il 25% degli abitanti della Terra, in tutti i continenti quindi, conosce
linglese. Il cinese mandarino (1,1 miliardi di parlanti) il maggiore
idioma di parlanti madrelingua, nellareale ben definito dai confini della
Cina e nelle numerose comunit sparse nel mondo.
La grande diffusione dellinglese produce una serie di diversificazioni
interne. Tre parlanti su quattro non sono nativi (linglese del Regno
Unito un insieme di dialetti del World English, parlato solo dal 4%
della popolazione anglofona), tanto che ormai, accanto alle forme stan-
dard del nord America (oltre il 15% dei parlanti globali), Sudafrica,
Australia e Nuova Zelanda, si riconoscono numerosi new englishes che,
soprattutto nel lessico, accolgono numerosi termini locali.
Il francese, ancora molto diffuso in Africa occidentale e come lingua
diplomatica, ha perso gran parte della sua importanza, mentre lo spa-
gnolo (meglio sarebbe dire il castigliano), dai Paesi dellAmerica cen-
trale e meridionale giunge negli Stati Uniti, erodendo quote significative
allinglese, soprattutto negli Stati del sud ovest e in Florida. Il porto-
ghese segue le fortune di uno Stato oggi in grande evidenza: il Brasile.
Lingue internazionali sono anche il russo, ampiamente diffuso in Asia
centrale, e larabo, lingua parlata nel maggior numero di Stati del
mondo, nonch lhindi (circa mezzo miliardo di parlanti), diffuso, oltre
che in India centrosettentrionale, in numerosi Paesi dellemigrazione
indiana.
La straordinaria diffusione di alcune lingue, inglese in primo luogo,
ripropone lesigenza, sempre sentita, di una lingua franca, cio diffusa
in ambito internazionale. Oggi accanto al pidgin (su base semplificata
di inglese e cinese) nei porti asiatici, una lingua franca a grande diffu-
sione nellAfrica centrale e orientale senzaltro lo swahili, su base
bant con numerosi apporti lessicali di arabo e persiano.
Le minoranze linguistiche allinterno degli Stati sono molto diffuse; il
Belgio praticamente spaccato in due tra Fiamminghi (la maggioranza)
e Valloni francofoni. La Spagna, accanto ai castigliani, vede catalani,
galiziani e baschi, mentre in Francia vivono corsi, bretoni e baschi. Oc-
corre ancora aggiungere le numerose minoranze di immigrati: in Italia,
ad esempio, il romeno parlato da oltre un milione di residenti prove-
nienti dal Paese balcanico. Frequente anche il caso di Stati in cui si
usano normalmente pi lingue; nel nord della Nigeria si parla la lingua

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locale in famiglia, linglese nei rapporti formali e larabo legato alla li-
turgia islamica.
In Italia esistono numerose minoranze linguistiche sia in aree di con-
fine sia in zone interne. Nel gi citato Trentino-Alto Adige coabitano
una forte minoranza tedesca e una piccola minoranza ladina; nel Friuli-
Venezia Giulia accanto al ladino (furlan) risiede una comunit slovena,
in Val dAosta e nel Piemonte occidentale vi sono consistenti raggrup-
pamenti franco-provenzali. In altre regioni esistono piccole isole lingui-
stiche, localizzate in seguito ad avvenimenti storici di epoche pi o meno
lontane: gli albanesi in Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, ar-
rivati in Italia, come le minoranze croate del Molise, nel secolo XV a
seguito dellinvasione turca. Comunit greche, probabile residuo della
dominazione bizantina fin dallalto medioevo, si trovano in alcuni co-
muni della penisola salentina e della Calabria; una colonia catalana ri-
siede ad Alghero in seguito alla dominazione aragonese del XIV secolo.

13.4 Geografia e religioni

Nellagire concreto nella natura luomo porta da sempre anche un


altro elemento importante: il proprio pensiero, nelle sue componenti
emotive e spirituali. Lapproccio e lapporto della geografia delle reli-
gioni, oltre agli elementi pi propriamente spirituali, dogmatici e litur-
gici, evidenzia aspetti che incidono in determinazioni ambientali e
politiche di grande e significativo impatto.
Tra gli elementi culturali, quello religioso il pi radicato e radicale:
si pu emigrare e cambiare Stato, lingua e cultura, ma raramente reli-
gione. Nel passato, conversioni di popoli erano in realt passaggi da
una cultura (di cui la religione solo un aspetto) a unaltra, riconosciuta
portatrice di valori da imitare e fare propria.
Le religioni sono manifestazioni spirituali dai forti effetti sulle attivit
umane. Motivi legati a una professione religiosa hanno influenzato di
continuo il cammino delluomo: limperatore Tito distrusse Gerusa-
lemme nel 70 d.C. dopo una rivolta giudaica; lAbbazia di Bobbio, fon-
data nel 614 da San Colombano, divenne una delle principali sedi della
cultura cristiana nel Medioevo; la Guerra dei Trenta Anni dal 1618 al
1648 strem e spopol la Germania; profughi religiosi, i Pilgrim Fathers,
nel 1620 attraversarono lAtlantico, fondando il primo nucleo dei futuri
Stati Uniti. La chiesa, affacciata sulla piazza, divenuta un elemento di-

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stintivo dellurbanistica occidentale (per tacere delle grandi stagioni del-


larte fiorite nellambito dei templi religiosi di tutto il mondo); luoghi
di culto quali Lourdes in Francia, Fatima in Portogallo, Medjugorje in
Bosnia-Erzegovina, La Mecca in Arabia Saudita, Benares in India sono
frequentati da milioni di pellegrini ogni anno. Peculiari sono ancora
Gerusalemme, citt sacra a ben tre religioni (ebraica, cristiana e mus-
sulmana) e Roma, sede del cristianesimo cattolico per la presenza della
Citt del Vaticano, uno stato sovrano enclave dellItalia.
Molti centri fondano la loro economia alimentando un discreto flusso
di turismo religioso (pellegrinaggi); sono poli di studi e iniziative inter-
religiose (comunit francescana di Assisi) o di studio e di insegnamento
(moschea di al-Azbar, centro islamico da oltre un millennio a Il Cairo).
Vi sono, inoltre, comunit autonome: gli Amish (cristiani protestanti)
negli Stati Uniti, gli eremi di severa regola monastica cristiana ortodossa
della Repubblica del Monte Athos, nella penisola Calcidica (sotto la so-
vranit greca), in cui laccesso proibito alle donne e alle femmine di
animali.
Numerose sono le prescrizioni igieniche e alimentari in osservanza di
tradizioni religiose. Ad esempio, in occasione di ricorrenze vengono
consumati determinati alimenti. I cattolici si astengono dal consumo di
carne nei giorni di vigilia; i mussulmani si astengono dal bere e dal man-
giare nellarco della giornata durante il periodo di Ramadan. Alcuni
cibi, soprattutto di derivazione animale, sono proibiti presso ebrei e
mussulmani (carne di maiale) e presso gli induisti (carne bovina).
Le grandi religioni sono nate in Asia (solo alcune per ne hanno var-
cato i confini) e una qualsiasi classificazione le vede far parte simulta-
neamente di pi ambiti. Il cristianesimo, lebraismo e lislam sono
religioni monoteiste, rivelate (da un Dio attraverso profeti), le cui verit
sono depositate in un testo sacro (Bibbia e Corano). Cristianesimo e
islam sono molto attivi nel proselitismo, sono universali, diffuse in pi
continenti e vantano, rispettivamente, oltre 2,2 miliardi e 1,6 miliardi
di fedeli. Il cristianesimo nei duemila anni di esistenza ha vissuto due
grandi scismi. Nel 1054 una rottura a Oriente ha visto la nascita della
chiesa ortodossa (dal greco orto=giusto e doxa=opinione, pensiero),
mentre, nel 1517, lo scisma protestante ha staccato lEuropa centro-set-
tentrionale dalla Chiesa di Roma.
Lislam ha subto uno scisma dopo pochi anni dalla morte di Mao-
metto (632 d.C.), che ha visto da un lato la parte maggiore dei fedeli

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(90%) nella professione sunnita, dallaltro nella minoranza sciita.


Lislam trova una solida diffusione nella fascia che dal nord Africa rag-
giunge lIndonesia, ma quasi assente nelle Americhe e in Australia; in
Europa ha una diffusione pi puntiforme, soprattutto in corrispon-
denza delle citt dove risiedono larga parte degli immigrati mussulmani.
Il cristianesimo, al seguito dei colonizzatori europei, presente in tutti
i continenti, solo debolmente in Asia, con leccezione delle Filippine
(dove i cattolici superano l80%).
Alcune religioni sono considerate etniche, vale a dire proprie di un
popolo: in India linduismo, in Giappone lo shintoismo. Il primo con-
templa una societ rigidamente suddivisa in classi (caste), il secondo si
rif al culto degli antenati. Nato in India, e in seguito diffuso in tutto
lOriente, il buddismo accanto a precetti religiosi propone uno stile di
vita ascetico e in armonia con la natura, motivi, questi ultimi, che ne
hanno favorito una qualche diffusione in Europa e in America.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Pur non proponendo una vera e propria bibliografia, che non rientra
negli obiettivi di questa Introduzione, sembra opportuno, per, offrire
qualche spunto bibliografico e soprattutto accennare a riviste e a collane
editoriali, utili per approfondire tematiche di geografia.
Veri e propri manuali universitari di geografia generale mancano da
molti anni, anche se possibile trovare buoni testi a uso scolastico. Nu-
merosi sono al contrario i testi di geografia fisica e di geografia umana.
Per la geografia fisica si possono indicare: Elvidio Lupia Palmieri e
Maurizio Parotto (Zanichelli, 2008), Tom L. McKnight e Darrel Hess
(Piccin-Nuova Libraria, 2005); Claudio Smiraglia e Roberto Bernardi
(Ptron, Bologna, 1999), Paolo Roberto Federici e Sandra Piacente
(NIS, Roma, 1993), Arthur N. Strahler (Piccin, Padova, 1984).
Per la geografia umana si segnalano: Herin H. Fouberg, Alexander
B. Murphy, Harm, J. de Blij (Zanichelli, 2010), Piero Dagradi (Ptron,
2006), Costantino Caldo (Palumbo, 1996). Nellambito della geografia
politica si possono consultare Franco Fatigati (Edup, 2009), John
Agnew (F. Angeli, 2003), Gianfranco Lizza (Utet, 2001). Per la Didat-
tica della geografia si ricorda Gino De Vecchis (Utet, 2011).
Due sono le riviste geografiche specializzate: il Bollettino della Societ
Geografica Italiana, pubblicato a Roma, e la Rivista Geografica Italiana,
stampata a Firenze. A queste si aggiungono Geotema pubblicata dal-
lAssociazione dei Geografi Italiani, e Ambiente Societ Territorio Geo-
grafia nelle Scuole, pubblicata dallAssociazione Italiana Insegnanti di
Geografia, che propone articoli di ricerca e di didattica.
Riguardo alle collane editoriali si segnalano in particolare: Ambiente
Societ Territorio della Carocci (Roma), Studi e ricerche sul territorio
della Unicopli (Milano), Geografia e organizzazione dello sviluppo terri-
toriale della Ptron (Bologna), Geografia e societ di Franco Angeli (Mi-
lano).
Alcune case editrici si distinguono per una buona produzione geo-
grafica; fra queste si possono ricordare: Istituto Geografico De Agostini,
Utet, Carocci, Zanichelli, Garzanti, Le Monnier, Markes, Paravia. Un
cenno a parte merita il Touring Club Italiano, attivo dal 1894, che, oltre
alla rivista Qui Touring, pubblica libri di grande interesse geografico.

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INDICE ANALITICO

ablazione 77 atlante 24
abrasione 84,89,92 - internazionale 25
acquacoltura 65 - nazionale 25
acque idrotermali 40 - scolastico 25
addomesticamento 138 - tematico 25
Adeano 32 atmosfera 14, 26, 27, 37, 38, 47, 48, 49,
aereo 29,42, 159, 160, 166, 173 51, 53, 57, 67, 70, 79
aeroporto 50, 159, 160 autonomie locali 68
agenti morfogenetici 79 bacino 21, 72, 73,74
Agenzia internazionale dellenergia - collettore 77
atomica (Aiea) 165 - idrografico 73
Agenzia Spaziale Europea (Esa) 26 baia 68, 173
agricoltura 25, 87, 115, 119, 126, 133, Banca Mondiale 104, 165
134, 135, 138, 140 banchisa 67
- biologica 138 baratto 150
alisei 69 barometro 49
allevamento 60, 97, 122, 133, 138, 139, basalto 33
140, 141, 142, 147 benthos 142
alpeggio 141 biancane 83
alta velocit (Tav) 159, 160 Bibbia 70, 185
altitudine 22, 49, 51, 57, 75, 122, 123 bilancio idrologico 71
Alto Commissariato per i Rifugiati bilancia commerciale 151
delle Nazioni Unite (Unhcr) 170 bioclastismo 81
anecumene 122 biocora 57, 58
anemometro 50 - arborea 58
anemoscopio 50 - arbustiva 59, 61, 82
anfiteatro morenico 89 - desertica 61
Annuario statistico italiano 116 - erbacea 60
antropocentrismo 10 - prateria, della 60
approvvigionamento 144, 148, 150 - tundra, della 60
archeologia 27 biomassa marina 141
Archeozoico 32 Bollettino mensile di statistica 116
areico, territorio 72 bombe vulcaniche 38
Associazione Europea per il libero borsa 151
scambio (Efta) 165 - merci 151
astenosfera 35 - valori 151

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buco di ozono 47 - speciali 24


bussola 19 - tematiche 24
calanco 82, 83 cartografia tematica computerizzata 14
caldera 39 catena di montaggio 148, 157
calendario 29 cattedrali nel deserto 149
- copto 30 Cenozoico 32
- ebraico 30 ceneri vulcaniche 39, 53
- giuliano 29, 30 censimento 115, 116
- gregoriano 30 - ciclo dellacqua 47, 50, 70
- iraniano 30 - erosione, di 80
- musulmano 30 - litogenetico 32
cambiamenti climatici 53, 54 - magmatico 32
Cambriano 32 - metamorfico 32
camera magmatica 37 - vegetativo delle piante 57
camino vulcanico 37 cintura di fuoco 40
campi 75 circo glaciale 76, 88
- solcati, carreggiati 96 citt 23, 27, 94, 118, 119, 123, 126,
canyon 83, 84, 86 127, 128, 129, 130, 131, 136, 141,
capitale, il 101,147 148, 149, 151, 152, 158, 164, 173,
capitale, la 159, 167, 173,174 174, 177, 185, 186
- amministrativa 173 - murata 129
- artificiale 174 - Stato 124, 165
- designata 174 classi di et 113, 114
- economica 173 clima 47, 48, 49, 51, 53, 54, 56, 57, 58,
- federale 174 59, 60, 61, 62, 69
- finanziaria 173 - alta montagna di 56
- naturale 174 - arido 55
- politica 173 - desertico freddo 55
- religiosa 173 - equatoriale 54, 58
carni, consumo di 139 - gelo perenne, del 56
carsismo 94 - mediterraneo 39, 51, 55, 56, 59
- epigeo 95 - monsonico 55
- ipogeo 95 - nivale 54, 55, 56
carte 22, 24 - oceanico 55, 56
- analitiche 25 - savana, della 54, 55, 57, 59
- climatiche 24 - semi-arido 55
- complesse 25 - sinico 55
- demografiche 24 - steppa, della 57
- economiche 24 - subtropicale umido 55, 56
- generali 24 - tropicale umido 54, 55
- geologiche 24 - temperato 55, 59
- minerarie 27 - temperato fresco 55
- nautiche e aeronautiche 24 - tropicale 54, 55
- qualitative 25 - tropicale con inverno secco 54
- quantitative 24 - tundra, della 56

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climatologia 24, 31, 48, 79 crioclastismo 81, 88


colate di fango, lahar 38 criptodepressione 88
colonialismo 174, 176 crosta terrestre 32, 33, 35, 36, 37, 47,
commercializzazione 148 75, 79
commercio 25, 126, 133, 148, 150, 151, culminazione 18, 28
164, 165, 175 darwinismo 11
- estero 151 deflazione 92
- interno 150 deforestazione 62, 100, 123, 139
comparazione 10, 99, 109 delimitazione 172
comportamento, geografia del 14 demarcazione 172
concentrazione demografica 124 democrazia/e 169
conche 92, 96 - a partito unico 169
confine/i 47, 83, 94 - liberali 169
- aereo 173 densit 47, 58, 69, 121, 58, 124, 125,
- antecedenti 172 152, 156, 158, 168
- antropogeografici o culturali 172 - fisiologica 124
- doganale 171 - di popolazione 25, 43, 123, 124
- fiscale 171 - stradale 156
- fondiario 171 depositi 86, 93,94, 96
- fisici o naturali 172 - alluvionali 84
- geometrici 172 - eolici 92
- susseguenti 172 - glaciali 74
concezione meccanicistica 10 deregulation 160
Conferenza Nazioni Unite su deriva dei continenti 34
Ambiente e Sviluppo 100 desertificazione 62, 63
conoide di deiezione 84 desertizzazione 63
container 149, 157 deserto/i 61,63, 71, 93,123, 140, 149
coordinate geografiche 20, 21 - altitudine, di 122
Corano 169, 185 - caldi 55, 123
cordone litoraneo 91 - freddi 55, 122
corrasione 92 determinismo 10
correnti 35, 51, 52, 61, 67, 69, 120, 170 digital divide 154
- convettive 35 dilavamento 82, 84
- marine 27, 69, 70, 86, 87, 142 diossina 53
- migratorie 119 distanza 152
corrosione 84 - angolare 21
cortina di ferro 173 - assoluta 152
costa 34, 40, 55, 56, 68, 89, 90, 142, - economica 152
152, 158, 159, 172, 173 - itineraria 152
- falesia, a 90 distribuzione 39, 55
- fiordo, a 90 - biocore, delle 57
- ria, a 90 - climi, dei 51
- vallone, a 90 - demografica 124
cratere 37, 38, 40 - geografica 37, 43,44, 51
crepacci 76 - mari, dei 51

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- popolazione 124 - peleane 39


- precipitazioni, delle 51, 54, 57 - pliniane 38
- terre, delle 51 - stromboliane 38
- spaziale 10, 25 - vulcaniane 39
dolina 95 esarazione 87
dorsale oceanica 36, 39, 40 escursione termica 49, 52, 55, 56, 57
dune 91, 93, 94 esosfera 48
- barcana 93 esoreica, regione 71
- a scimitarra 94 esportazioni 103, 149, 151
- a stella 94 etnia 180
e-commerce 151 European Remote Sensing Satellite
ecumene 121 (Ers-1) 26
effetto serra 53, 100 evaporazione 50, 55, 58, 66, 70, 71, 74,
elettricit 148 77
ellissoide di rotazione 20, 22 evoluzionismo 11
emigrazione 117, 118, 119, 120, 183 exclave 167
emissario 74 faglie trasformi 36
enclave 166, 167, 185 falda freatica 72
endoreico, territorio 71 fanerozoico 32
energia 36, 37, 43, 48, 53, 65, 69, Food and Agriculture Organisation
82,144, 145, 146 (Fao) 104, 139, 165
- biomasse, delle 147 fattori della localizzazione 147
- eolica 92, 146 - culturali 179
- geotermica 146 - naturali 179
- solare 147 - tecnico-economici 179
- idraulica 65, 87, 89, 90, 146 fattori della produzione 147, 150
- nucleare 147 - capitale 147
- rinnovabile 146 - lavoro 147
- non rinnovabile 146 - spazio 147
entroterra 91, 156 fauna 58, 59, 60, 66, 141
eone 32 favela 128, 162
epicentro 42, 43 federale, Stato 68, 173, 174
equatore 20, 21, 22, 47, 54, 60 ferrovie 158
equidistanza 22 fiere 151
equinozio 30 - agricole 151
equivalenza 22 - artigianato, dell 151
era 30 - libri, dei 151
- Cenozoica 32 - motoristiche 151
- Mesozoica 32 fiordo 90
- Neozoica 32 fiume 70, 72, 73, 84, 85, 86, 87, 91, 129
- Paleozoica 32 - bacino 73
erg 92 - lunghezza 72
erosione, processi di 83, 84 - portata 73
eruzioni vulcaniche 27, 37 - pendenza 72
- hawaiane 38 - regime 73

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- velocit 72 geologia 24, 27, 31, 78


- flusso 72 geomorfologia 24, 31, 79, 159
foce 72, 86 geyser 40
- a zampa doca 86 ghetto 162
- delta 71, 87, 91 ghiacciaio 42, 76, 77, 87, 88, 89
- estuari 87 - lingua, del 77
Fondo Monetario Internazionale - bacino collettore, del 76
(Fmi-Imf) 103, 165 glaciazione 91
fordismo 148 glaciologia 79
foresta/e 58 globalizzazione 17, 134, 149, 150, 151,
- decidue 56 152, 171, 176, 178
- conifere, di 59 Global Positioning System (Gps) 22
- latifoglie, di 59 Global Worming 62
- equatoriale 58 glocal 177
- monsonica 58 gola 84
- pluviale 55 golfo 52, 54, 66, 67, 68, 117, 142, 145
- sclerofille 59 granito 33
- tropicale 59 Greenwich 21, 28, 29
forra 84 grotte 95
forze 79 hamada 92
- endogene 79 hangar 160
- esogene 80 hoodoos 83
fossa tettonica 86 hum 95, 96
frane 81 iceberg 27, 67
- colamento 81 idrocarburi 65, 66, 145, 147
- crollo 81 idrografia 24, 31, 71, 79
- ribaltamento 81 - fluviale 79
- scorrimento 81 - lacustre 79
fumarole 40 - marina 79
funzione urbana 130 idrologia 27
- amministrativa 130 idrosfera 37, 70, 79
- commerciale 130 igrometro 50
- culturale 130 immagini a falsi colori 26
- finanziaria 130 immigrazione 117, 120
- industriale 130 immissario 74
- mineraria 130 importazioni 103, 151
- monofunzionale 130 incendi 27, 60, 62
- politica 130 Indice di Sviluppo Umano (Isu) 103
- plurifunzionale 130 indice di vecchiaia 115, 134
- religiosa 130 industrializzazione 53, 62, 124, 125,
- residenziale 130 143, 148, 149, 158
- turistica 130 inghiottitoio 95
fuso orario 28, 29 inquinamento atmosferico 27, 53
gas naturale 32, 65, 141, 147, 155, 157 insediamento rurale 126
geoide 20 interdipendenza 10

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internet 17, 149, 150, 154 - ugrofinniche 182


invecchiamento 108, 110, 114, 134 - uralo-altaiche 182
ionosfera 154 litogenesi 143
ipocentro 42, 43 litologia 24, 79
isobare 49 litosfera 35, 36, 47, 70, 79, 80
isobara politica 171 localizzazione 10, 22, 147, 148, 149,
isogonia 22 158
isoiete 51 loess 94
isola termica urbana 61 longitudine 21, 22, 28, 29
isoterme 49 low cost compagnies 160
lago 61, 71, 74, 75, 82, 86, 129, 142 macadam 155
laguna 91, 129 magma 33, 35, 36, 37, 39
land locked countries 167 magnitudo 40, 43
landa 60 mantello 35, 37
lapilli 39 mare 22, 33, 49, 51, 55, 62, 65, 66, 67,
latitudine 21, 22, 49, 51, 52, 67, 75, 68, 70, 71, 73, 74, 75, 80, 86, 87,
122, 167 88, 89, 90, 91, 141, 156, 157, 162,
lave 37, 38, 39 167, 168, 172
Lega Araba 165 marea 68, 147
linea di cresta 172 - ampiezza di 68, 69, 87
linea spartiacque 172 maremoto 44
lingua/e franca 183 margini 36, 39, 40
lingue 25, 172, 180, 181, 182, 183 - distruttivi o convergenti 35, 36
- afro-asiatiche 182 - divergenti 36
- amerinde 182 massi erratici 89
- austronesiane 182 meandro 85
- bantu 182 - abbandonato 85
- celtiche 182 - collo del 85
- dravidiche 182 - fossile 86
- etiopi 182 meccanizzazione agricola 138
- franca 182 Mercalli, scala 43
- germaniche 182 mercato 101, 103, 129, 131, 133, 135,
- indiane 182 146, 150, 151, 156, 160, 169
- indoeuropee 182 meridiani 20, 21, 28, 172
- indonesiane 182 mesosfera 47
- iraniche 182 metamorfismo 33
- koisan 182 - contatto, da 33
- malesi 182 - regionale 33
- neolatine 182 meteorologia 24, 27, 31, 48
- niger-kordofan 182 migrazioni 116, 117, 120, 135
- nilo-sahariane 182 - forzate 117
- polinesiane 182 - infiltrazione, per 117
- sino-tibetane 182 - interne 117
- slave 182 - massa, di 117
- turco-tatare 18 - organizzate 117

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- pendolari 118 oceano 29, 33, 40, 55, 56, 70, 75, 118,
- permanenti 118 120, 142, 147, 157, 159, 175
- spontanee 117 oceanografia 27, 31
- temporanee 118 onde 44, 67, 68, 79, 80, 89, 90, 91, 92,
minoranza 112,168 153
- etnica 181 - corte 49
- linguistica 181, 184 - lunghe 49
- religiosa 181, 186 - sismiche 42, 43
miti cosmogonici 19 Organizzazione europea per la ricerca
monarchia 169 nucleare (Cern) 165
monocoltura 136 Organizzazione mondiale per il
monomeria 166 commercio (Wto) 165
monsone 55, 69 Organizzazione delle Nazioni Unite
morena 88, 89 (Onu) 165
morfologia eolica 92 Organizzazione dei Paesi esportatori di
mortalit 105, 106, 108, 109, 110, 112, petrolio (Opec) 165
113, 114 orientamento 18, 19, 24, 27
- infantile 110, 111, 112, 113, 134, 154 oscillazioni di temperatura 80
- neonatale 111 paesaggio 27, 60, 75, 96, 98
multinazionali 101, 150, 165, 170, 176 Paleozoica 32
Muro di Berlino 117, 173 palude 74
navi 75, 119, 146, 156, 157 panga 33
- crociera, da 157 pantalassa 33
- frigorifere 157 pantalassa 33
- petroliere 157 Patto di Varsavia 165, 170
- portacontainer 157 pellegrinaggio 185
- traghetto 157 pendio di frana 81
navigazione 22, 24, 87, 157 penepiano 80
- fluviale 156 percezione, geografia della 14, 15
- interna 157 pesca 59, 65, 75, 87, 133, 141, 142
- lacustre 156 petrolio 65, 66, 117, 141, 143, 144,
- marittima 156 145, 150, 155, 157, 165
-oceanica 156 pianta della citt 129
necton 142 - a scacchiera 129
Neolitico 97 - irregolare 129
noduli polimetallici 65, 144 - lineare 129
nomadismo 140, 141 - radiocentrica 129
North Atlantic Treaty Organization - regolare 129
(Nato) 165, 174 piante 47, 50, 56, 57, 58, 61, 67, 70, 93,
nubi 50 135, 136, 138
- ardenti 39 - echistoterme 57
- cumuli 50 - eliofile 58
- strati 50 - igrofile 58
nuclei di condensazione 51 - microterme 57
nuova geografia 13, 14 - megaterme 57

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- mesofile 58 - ciclonica 49
- mesoterme 57 proiezioni 22
- ombrofile 58 Proterozoico 32
- tropofile 58 protocollo di Kyoto 53
- xerofile 58 punti cardinali 18, 19, 52
pianure alluvionali 84, 86 quantitativa, geografia 15
pidgin 183 quota 22, 47,49, 51, 115, 122, 151
Pil 101, 102, 103, 104, 134, 178 Ramadan 185
Pil procapite 102, 103, 134 reg 92
piramide delle et 113, 114 regime 73
piramidi di terra 83 - fluviale 72
piscicoltura 143 - pluviometrico 51, 54, 55, 57, 73
piste 155, 160 religione 184
plancton 66, 142 - buddista 186
pluviometro 51 - cattolica 185
Polare, stella 19 - cristiana 184, 185
policoltura 135 - ebraica 185
polimeria 166 - induista 186
- apparente 167 - islamica 184
polje 96 - mussulmana 185
polo industriale 148 - ortodossa 185
polveri vulcaniche 38 - protestante 185
popolamento 58, 125, 173 - sciita 186
popolazione 25, 43, 61, 62, 65, 100, 103, - shintoista 186
105, 106, 107, 108, 109, 110, 113, - sunnita 186
114, 115, 116,117, 119, 120, 121, remote sensing 26
122, 123, 124, 125, 126, 127, 128, reptazione 93
130, 131, 133, 135, 166, 168, 170, reticolato geografico 21, 22
182, 183 reticolo idrografico 84, 95
- accentrata 125 rettificazione costiera 91
- attiva 133, 134 riflusso 68
- non attiva 133 ripascimento artificiale 91
- rurale 126 rischio vulcanico 41
- sparsa 125 riserve 27, 61, 143, 145, 146
- urbana 126, 130, 131 risorse 26, 27, 32, 40, 60, 62, 65, 98,
porto 156, 157 99, 100, 101, 103, 125, 133,141,
positivismo 10 144,145, 146, 150, 155, 161, 162,
possibilismo 10, 12 165, 168, 173
pozzi 32, 96 - non rinnovabili 145
prateria 60 - rinnovabili 65, 145, 146
Precambriano 32 rivoluzione 13, 29, 136, 156
precipitazioni 25,49, 50, 51, 54, 55, 56, - agricola 97
57, 58, 60, 61, 73, 74, 75, 82, 89, 123 - demografica 106
pressione 33, 37, 39, 41,49, 50, 68, 80 - industriale 53, 98, 119, 127, 143, 145,
- anticiclonica 49 148, 158

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- quantitativa 13 solfatare 40
- telecomunicazioni, delle 152 soluzione 67, 73, 84
- spazio-tempo 17, 154 sospensione 38, 73, 84, 92
- verde 135 sottosviluppo 139, 162, 170, 171
rocce 31, 32, 33, 36, 37, 43, 72, 80, 81, sovranit 164, 165, 166, 170, 171, 172,
82, 92, 93, 94, 96, 143, 146 185
- effusive 33, 38 sovrappopolamento 125
- intrusive 33 spazio 11, 14, 17, 18, 19, 24, 26, 27, 47,
- magmatiche 33, 81 48, 99, 105, 111, 121, 123, 133,
- metamorfiche 33 135, 147, 152, 153, 154, 161, 163,
- sedimentarie 33 166, 173, 179
rosa dei venti 19 - aereo 42
saldo naturale 105, 107 speleologia 96
salinit 66, 67, 69 spiaggia 68, 91
saltazione 92, 93 spopolamento 124, 125
satelliti meteorologici 26 spits 86
savana 54, 55, 57, 59 stagno 74
scala 23, 25, 27, 40, 43, 44, 45, 49, 50, stalagmiti 96
53, 71, 105, 107, 109, 112, 123, stalattiti 96
144, 146, 152, 161, 171 Stato 25, 103, 113, 117, 133, 149, 162,
- Mcs (Mercalli-Cncani-Sieberg) 43 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169,
- numerica 23 170, 171, 172, 173, 174, 175, 183,
- Richter, scala 40, 43, 44 184, 185
scambio colombiano 136 - estensione, dello 166, 168, 170
scisma 185 - forma, dello 166, 167
- ortodosso 185 - marittimit, dello 166, 167, 168
- protestante 185 - posizione assoluta 166, 167
scoperte geografiche 156, 175 - posizione relativa 167
scienze della Terra 31, 34 stime 66, 115, 121
sentiero 155 stock 143
sedimentazione 33, 79, 84, 85, 87, 90 strati 33, 35, 49, 50, 67, 75, 83
seracchi 76 stratigrafia 79
settore economico 133 stratosfera 47
- primario 133, 134 subecumene 26
- quaternario 133 surriscaldamento atmosferico globale
- secondario 133, 134 62
- terziario 133, 134 sviluppo sostenibile 100, 102
serir 92 tasso 107, 108, 111, 115
simboli cartografici 23, 24 - alfabetizzazione 103, 104
sismografo 43 - emigrazione, di 117
Sistemi Informativi Geografici (Gis) 14 - fecondit, di 108
slurries 146 - fertilit, di 108
smog 62 - immigrazione, di 117
soffioni 40 - incremento naturale, di 105
societ liquida 176 - mortalit, di 109, 110, 114

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- mortalit infantile, di 110, 111, 112, turismo 24, 65, 89, 116, 161, 162, 185
134 - regioni attive 161
- mortalit infantile sotto i 5 anni, di - regioni passive 161, 162
111 umanistica, geografia 14
- natalit, di 107, 108, 114 umidit 49, 50, 51, 57, 58, 92, 123
telecomunicazioni 151, 152, 153, 176 - assoluta 50
telefono 153 - relativa 50
telegrafo 28, 153 United Nations Educational, Scientific
telerilevamento 26, 27 and Cultural Organization (Unesco)
televisione 24, 154, 180 41, 83, 104, 118, 165
teocrazia 169 United Nations International Childrens
temperatura 27, 33, 37, 39, 47, 48, 49, Emergency Fund (Unicef) 108, 111,
50, 51, 52, 54, 55, 56, 57, 58, 62, 112, 165
67, 69, 75, 80 Unione Europea (Ue) 115, 165, 174
tempo atmosferico 48, 51, 62 unitario, Stato 164
termoclastismo 80 urbana, geografia 27
termometro 49 urbanizzazione 61, 62, 101, 124, 130,
termosfera 47 131, 148
terre rare 47 uvala 96
terremoto 42, 43, 44, 45, 147 valle 74, 75, 82, 88, 123, 129
territorio 14, 17, 18, 26, 28, 36, 43, 52, - fluviale 84
71, 72, 94, 96, 98, 100, 115, 117, - glaciale 88
120, 121, 123, 124, 125, 126, 128, vallone 90
130, 147, 152, 156, 158, 163, 165, vegetazione 25, 26, 27, 51, 54, 57, 58, 59,
166, 167, 168, 171, 173, 175, 179 60, 61, 62, 73, 74, 82, 91, 92, 93, 99,
tettonica a zolle 12, 33, 35, 37 122, 123
townscape 128 - arborea 57, 82
traffico 152, 155, 159, 160 - arbustiva 57, 61, 82
- aereo 42, 159, 160 - erbacea 57, 60, 61
- automobilistico 62, 155 - desertica 57
- charter 160 ventilazione 52
- crocieristico 157 vento 49, 50, 57, 68, 79, 80, 88, 92, 93,
- marittimo 157 94, 145
transumanza 141, 151 vie di comunicazione 43, 125, 152
trasporto 28, 68, 79, 84, 87, 88, 89, 90, - militari 152
91, 92, 116, 138, 145, 146, 155, - politiche 152
156, 157, 158, 159, 160 vulcani 34, 38, 39, 40, 42, 79
- tramite condutture 154 - a scudo 38
- strisciamento, per 93 - centrali 37
- trascinamento, per 73, 84 - lineari 37
tratta degli schiavi 117 - strato 38
triangolo industriale 149 lapilli 38
troposfera 47, 54 vulcanismo 37, 39, 40, 41
tsunami 44, 147 welfare 134
tundra 56, 57, 60 zona di subduzione 36

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Finito di stampare nel mese di Marzo 2012

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