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Paolo e la Legge
1. Problemi metodologici
- Difficile usare le fonti rabbiniche, specialmente i testi di redazione posteriore (IV) per parlare del
giudaismo del I secolo. Cf. le osservazioni di W.D. Davies (Paul and Rabbinic Judaism, London 1948),
di E.P. Sanders (Paul and Palestinian Judaism, Philadelphia 1977) e, recentemente, G. STEMBERGER,
Dating Rabbinic Traditions, in P. BIERINGER - F. GARCIA MARTINEZ - D. POLLEFEYT - P.J. TOMSON
(eds), The New Testament and Rabbinic Literature (Journal for the Study of Judaism Sup 136; Leiden,
Brill 2010) 79-96.
- Lo studio della Legge nel giudaismo intertestamentario. Secondo Thielman, Plight, 54-57, c'era una
riflessione diffusa nel Giudaismo ellenistico su ci che essenziale per obbedire alla Legge, con una
distinzione tra le componenti etiche e quelle cultuali. Egli rinvia al Pseudo Phoclide, ai Testamenti dei 12
Patriarchi (Isachar 7; Zabulon 8,1-4); Flavio Giuseppe, Ant. 20,38-48 (storia della conversione di Izates,
re di Adiabene).
Dalla Torah al nomos: trasformazione e slittamento verso un certo indurimento? Distinzione tra
Torah (quella biblica) e nomos, cio halakah, legge in vigore, dovuta a diverse situazioni, alle necessit
dei tempi e cambiamenti, e che pu essere addirittura in contrasto con comandamenti della Torah (cf.
Mller).
- Se il giudaismo contemporaneo conosce una gerarchia dei comandamenti, non riduce mai la Torah a un
unico comandamento. Tutti i comandamenti (613) devono essere eseguiti.
Inoltre, i diversi gruppi del giudaismo contemporaneo di Paolo (farisei; Sadducei; correnti
ellenistica e apocalittica) vedono la Torah/nomos come fondamentale espressione dell'amore di Dio e
strumento di santificazione messo a disposizione di tutti i credenti.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 2
La legge, via verso la salvezza, verit (cf. gi il S 118/119,142), luce, protezione, giustizia (ancora
S 118/119, 172: tutti i tuoi comandamenti sono giustizia; d'altronde, i comandamenti sono nominati quasi
sempre dikaiw,mata nello stesso Salmo), libert (cf. ad es. Filone, prob. 45; Abot [trattato della Mishna]
6,2).
- No,moj: 195 nel NT, di cui 119 (secondo B.L. Martin) nell'epistolario paolino (Rm: 74; 1Co 9; Ga
32; Ef 1; Fil 3; 1Tm 2). Non compare in 12T, 2Co, Flm, Col e 2Tm.
Sulle 119, 116 in 3 epistole (altre occorrenze: Fil 3,5.6.9; Ef 2,15; 1Tm 1,8.9).
1
Per alcuni, la presenza di angeli quando la Legge venne data (da Dio) un segno della sua eccellenza. Cf.
Lightfoot, Galatians, ad loc.; Martin, Christ and Law, 35, che menziona Dt 33,2; Fl. Giuseppe Ant 15,5,3; Giubilei
1,27-29; Ac 7,53.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 3
2
Cf. J. LAMBRECHT, "La comprensione della legge in Paolo", in K. KERTELGE (a cura di), Saggi esegetici su La
legge nel Nuovo Testamento, ed. Paoline 1990, 88-120. H. RISNEN, Jesus, Paul and Torah. Collected Essays,
Sheffield 1992.
3
Cf. B.L. MARTIN, Christ and the Law in Paul, 55-68.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 4
definitivamente separato, liberato (come liberato dal peccato, Rm 6; 7,1-6)4. C una totale
incompatibilit tra la nuova alleanza e la Legge mosaica; cf. F. LANG, "Gesetz und Bund", 309-312
(Ga 2,16; Fil 3,9).
Per altri, da interna la Legge diventata interna, scritta nei/sui cuori.
Per altri infine, la Legge non pi quella antica, ma quella di Cristo.
Che nel corso del XX linterpretazione della posizione di Paolo sulla Legge non sia stata
uniforme, ammesso da tutti. Oggi, si tornato a dire da quasi tutti che Paolo ha ben capito il giudaismo
del suo tempo. nondimeno utile non dimenticare le diverse posizioni riguardanti il suo rapporto al
giudaismo:
(i) Secondo alcuni, il suo modo di descrivere il giudaismo e la Legge (come vista nella Bibbia e nel
giudaismo) caricaturale. Per un buon numero di studiosi ebrei, Paolo avrebbe ignorato la gratuit della
giustificazione confessata dai rabbini del suo tempo. Per una risposta diversa, vedere Thielman, secondo
cui l'attitudine di Paolo nei confronti della Legge in continuit con le affermazioni bibliche e con
numerosi giudei del suo tempo. Cos anche CARLINGTON, Obedience of Faith, 258, che nota la distanza
presa da Paolo nei confronti del Giudaismo (che conosce bene).
vero che il modo polemico in cui Paolo parla dell' "obbedienza della Fede" (Rm 1,5) e della
"giustificazione per mezzo della Fede" senza la Legge (o le opere della Legge) provocatorio. Per il
giudaismo del tempo, la possibilit di una obbedienza che non sia totale, cio a tutti i comandamenti della
Legge mosaica, era impensabile e costituisce il nodo della resistenza del giudaismo (e dei giudaizzanti) al
Vangelo di Paolo. Perch Paolo ha dunque voluto tanto insistere sul "senza la Legge"?
Notiamo anche l'opinione di H. WEDER5, molto pertinente: il problema non primariamente di
sapere se ci che Paolo dice della Legge corrisponde a ci che ne dice il giudaismo, ma di determinare
esattamente ci che dice.
(ii) Secondo altri, ci sono incoerenze e contraddizioni nelle affermazioni riguardanti lorigine e il ruolo
della Legge. Cf. Risnen; Sanders.
(iii) Valutazione positiva da molti esegeti. Paolo ha ben capito l'ideale del giudaismo (cf. il suo modo di
citare Lv 18,5) e la funzione pedagogica (ma non salvifica) della Legge mosaica.
Tuttavia, non c unanimit sullevoluzione della posizione di Paolo. Secondo alcuni, la sua
posizione sarebbe stato fissa subito dopo lincontro con Cristo, per altri invece, ci sarebbe una
progressione (evidenziabile se si paragona Ga, Rm ed Ef). Dopo tensioni, correzioni e elaborazioni
progressive, la riflessione paolina avrebbe raggiunto una unit e una coerenza finale.
Si vede subito il modo in cui la diversit delle affermazioni pu essere sfruttata: nel senso di una
elaborazione e unificazione (progressione vera), o nel senso di una incoerenza, la quale solleva molte
questioni sulla validit del NT come norma, come testimonianza vera al Vangelo e specchio autentico del
Vangelo. La posta in gioco quelle di una possibile teologia paolina riguardante la Legge.
4
Cf. B.L. MARTIN, Christ and the Law in Paul, 59-68.
5
Gesetz und Snde: Gedanken zu einem qualitativen Sprung im Denken des Paulus, NTS 31 (1985) 357
376 (370).
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 5
3.1. Composizione
Per lunit retorica Rm 9,3010,21 e la sua funzione nellargomentazione di Rm 911, vedere il
mio commento su Rm nellIBC, anche Comment Dieu est-il juste? (trad. ital e ingl.) e la monografia
appena segnalata sulla Legge in Romani.
I versetti da analizzare sono collocati nellunit che va da Rm 9,30 a 10,21:
6
Cf. J.N. ALETTI, Isral et la Loi dans la Lettre aux Romains (Paris ; Cerf 1998) 214-226.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 6
1 te,loj = scopo, meta: Cristo come traguardo verso la quale la Torah porta(va), conduce(va).
Interpretazione che lascia aperte molte alternative:
a) C.T RHYNE Nomos dikaiosyns and the Meaning of Romans 10:4 CBQ 47 (1985) 486-499;
Possiamo raggiungere (= osservare) la Torah per mezzo della fede in Cristo. La giustizia promessa
dalla Legge diventa raggiungibile in/tramite Cristo. Per questa interpretazione non tiene conto del
contesto anteriore/posteriore in cui non si tratta di sapere se si pu osservare la Legge per mezzo
della fede in Cristo (tutto concentrato sulla fede in Cristo; niente sul rapporto fede/Legge).
b) M.A. SEIFRID "Paul's Approach to the Old Testament inRomans 10:6-8" TrinityJournal NS 6
(1985) 3-37: Paolo vede la Legge come preparazione di Cristo, come pedagogo che conduce(va) a
Cristo. Per il suo ruolo ormai finito. Questa interpretazione combina no,moj = mta + termine.
c) R. BADENAS Christ the End of the Law, Sheffield 1985, 112-118: secondo l'Autore,
l'interpretazione teleologica (Goal, destination) suffragata da paralleli ellenistici e biblici.
2 te,loj = termine, fine: Cristo ha messo un termine al regno della Legge (ormai obsoleta).
Per anche con questa interpretazione complessiva, molte opzioni sono ancora possibili:
a) Hofius, Kmmel, Zeller, Collange...: Cristo fine (della maledizione) della Legge: l'errore dei
Giudei: aver cercato la giustizia presso la Legge che pu solo condannare!
= Interpretazione basata su Gal 3 e Rm 7,7ss
b) H. MUSSNER "Christus [ist] des Gesetzes Ende zur Gerechtigkeit fr jeden, der glaubt (Rm
10,4)" in Paulus - Apostat oder Apostel, Regensburg 1977, 31-44: Cristo la fine della Legge per
la giustizia di tutti quelli che credono (il Lui), cio per i Cristiani, mentre tutto rimane aperto per
Israele (giustizia per mezzo della Legge);
= interpretazione basata su una lettura positiva di Rm 10,5 (come se fosse la posizione di Paolo).
Questa posizione va vanificata dal contesto posteriore immediato, Rm 10,12 e da tutte le
affermazioni dell'Apostolo in Rm 1-8.
c) C.F.D. MOULE, An Idiom Book of New Testament Greek, New York 21959, 70: "Christ is an end
to legalism for the attainment of righteousness". Ma, secondo lo stesso Moule, l'affermazione di
Paolo non significa che la Legge non debba pi essere osservata (pu essere osservata da tutti
quelli hanno ricevuto la Spirito di Cristo, il quale impedisce il legalismo, il vanto, l'auto-
sufficienza).
= Interpretazione basata su una comprensione sbagliata di Rm 10,3 (l'aggettivo i;dioj => orgoglio).
D'altronde, il contesto mette l'accentuazione su due giustizie (quella universale, per tutti e
gratuita, di Dio) e quella ricercata dai Giudei (quella per mezzo della Legge): come dice E.P.
Sanders, qui "the emphasis is still on the equality between Jew and Greek". Cf Rm 10,12.
d) Cristo mette un termine alla Legge in quanto essa non pi il codice che separa Israele dalle
Nazioni e che definisce sia i confini sia le condizioni dell'essere membro del popolo di Dio,
dell'essere figli della promessa.
Cf. J.D.G. DUNN, Romans, ad loc.; W. KRAUS, Das Volk Gottes, 305.
Non si pu quindi dire che Rm 10,5 esprime la posizione dell'Apostolo. Il punto di vista quello della
Legge stessa; citandola, Paolo fa s che essa possa dire in che cosa consiste il suo regime: non puoi
essere suo suddito senza osservarla, e la Legge stessa ti dice che devi osservarla per avere la vita. In
altre parole, in Rm 10,5, la Legge esprime molto bene quel che essa , come funziona e quel che
promette.
- Sorge allora una difficolt: se Paolo cita due passi della Torah per presentare due tesi opposte (quella
dell'Israelita e quella del credente in Cristo), egli sembra minare l'unit della Scrittura (in cui non c'
contraddizione) e minacciare la validit della sua argomentazione. Chi (specialmente uno Giudeo)
potrebbe accettare una tale impostazione? E' probabile che Paolo citi due testi della Torah per opporre
l'uno all'altro? Vedete che tutti quelli che interpretano Rm 10,4 solo come una affermazione sul
compimento (senza renderla obsoleta) della Legge, si appoggiano su questa ipotesi: Paolo non pu
mettere in contrasto/opposizione due versetti della Torah (e siccome 10,5 = positivo, allora il ruolo di
Cristo: solo portare a compimento).
Non dobbiamo dimenticare che Paolo vede la Torah (il sistema della Legge: la Halakah) come
una preparazione, un pedagogo per la giustizia regalata in Cristo. Per lui quindi tutti i passi della
Scrittura non hanno la stessa rilevanza. Egli pu citare Lv 18,5 come passo ormai superato (ma tipico
di un periodo passato). Ci non impedisce per lui l'unit (teleologica) delle Scritture!
A Lv 18,5 LXX leggiamo: kai. fula,xesqe pa,nta ta. prosta,gmata, mou kai. pa,nta ta. kri,mata, mou kai.
poih,sete auvta, a] poih,saj a;nqrwpoj zh,setai evn auvtoi/j evgw. ku,rioj o` qeo.j u`mw/n
- prima soluzione: il v.5 non opposto a ci che precede e segue (cf. Badenas, Getty ed alcuni altri),
perch una opposizione forte tra due citazioni della Torah si ritornerebbe contro Paolo (distruggerebbe
l'unit della Parola divina, della Bibbia). Ma se il v.5 non si oppone ai seguenti, allora la Legge
rimane in vigore, e Cristo non mette pi fine, non annulla pi la validit della Legge (nel passato, nel
presente e nel futuro) => telos del v.4 = scopo, meta (e non termine).
Per, il problema rimane: se Israele osserva la Legge con zelo, quale la sua colpa: solo non
credere in Cristo, non vedere che Cristo ha portato la Legge al suo compimento, cio che: 1) egli ne
era lo scopo profetizzato; 2) ha portato l'amore prescritto dalla Legge al suo climax. Quindi per
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 8
Israele, credere in Cristo permetterebbe di raggiungere il vero scopo della Legge (cio la giustizia
in/per Cristo) e di vivere pienamente l'osservanza della Legge. Inoltre, i v.6-8 non fanno pi senso!
- seconda soluzione: il v.5 totalmente opposto a ci che segue (maggioranza degli esegeti).
= esprime allora la giustizia come Israele la vede (per mezzo dell'osservare la Legge per ottenere vita
e salvezza), opposta alla giustizia come il credente in Cristo la vede (cio come ascolto del Vangelo =
fede in Cristo salvatore).
Allora, la colpa di Israele consiste nel non riconoscere che la Legge non mezzo di giustizia e
che la giustizia viene solo tramite Cristo.
In Rm 10,5 Paolo esprime (senza polemizzare) lo scopo del giudeo pio e devoto. Di fatto, Lv
18,5 esprime la comprensione dell'Israelita (o del giudeo) nei confronti della Legge ("osserva e
vivrai". Cf. Dt 4,1; 5,32-33; 8,1; 30,15-20; Ne 9,29; Ez 18,9.21; 20,11; 33,19, ecc.). Interpretare Rm
10,5 come l'espressione della giustizia (come la vede Israele) va molto bene con il contesto
precedente, cio lo zelo di Israele per Dio (10,2) e la loro volont di rimanere nella loro propria
giustizia (quella giudaica, ottenuta per mezzo della Legge; cf. Fil 3,9).
Sulleseguire le prescrizioni della Legge e vivere per mezzo di esse, cf. CD 3,15-16 ( Lv 18,5)
le sue giuste stipulazioni, il suoi sentieri veritieri e i wnwcr ycpxw wtma ykrdw wqdc twdy[
desideri della sua volont
che un uomo far e vivr per mezzo di essi. ~hb hyxw ~dah 16 hX[y rXa
4Q266 frg 11,132; 4Q269 frg 16,10; 4Q504 frg 6,17.
Legge e fede
osservare (i comandi) e ascoltare, credere (il/nel Vangelo)
performance per vivere (sussistere) e fede accessibile a tutti
vivere nelle osservanze e la parola del Vangelo in noi
Quale la funzione rispettiva delle due componenti del binomio? 10,5 suffraga la situazione di
chiunque vive come soggetto della Legge (= deve osservarla): l'osservanza la condizione della vita,
dell'alleanza, dell'ottenere la giustizia e la retribuzione giusta. Il non osservare implica il distaccarsi
dal sistema intero, quindi il rinunciare alla giustizia. Il giudeo che ha preferito la Legge al Vangelo
deve quindi vivere osservandola (per, ci non implica che sia effettivamente salvato). Invece, la
situazione del credente in Cristo totalmente diversa: non ha da osservare la Legge per vivere (in essa
o per mezzo dell'osservanza), ma solo da ascoltare l'annunzio che viene a noi (Dio fa il primo passo,
anzi fa tutto il cammino, basti accogliere la sua Parola, Cristo).
Riguardo alla propositio di 10,4, l'opposizione 10,5 <=> 10,6-8 illustra l'alternativa: senza o
con Cristo. L'uomo che sceglie la Legge per ottenere la sua giustificazione non pu scegliere Cristo
7
Sullargomento,, vedere F. AVEMARIE, Tora und Leben. Untersuchungen zur Heilsbedeutung der Tora in der
frhen rabbinischen Literatur, Tbingen 1996.
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(cf Lv 18,5); invece l'uomo che sceglie Cristo, ottiene la giustificazione senza le osservanze richieste
dalla la Legge (cf Dt 30,11-14). Due vie irriducibili per ottenere la giustificazione e la salvezza.
Per cui, telos deve necessariamente implicare l'idea di "termine", "fine": Cristo ha messo una
fine alla Legge (non c' bisogno di osservarla per ottenere la giustificazione). Ci non significa che la
Legge non aveva Cristo come scopo: cf. Dt 30,11-14 visto da Paolo come profezia dell'evento Cristo:
per cui l'idea di Cristo "scopo" della Legge non pu essere esclusa. In realt telos viene chiarificato in
10,5-8: implica le due idee di "fine" e "scopo". "Fine", perch adesso la giustizia regalata senza
differenza e gratuitamente a tutti (pagani e giudei); "scopo" perch la giustizia in Cristo profetizzata
dalla Legge stessa (Dt 30).
Si vede bene che per Paolo non c' contraddizione a adoperare Lv 18,5 e Dt 30,11-14 per suf-
fragare o illustrare la sua tesi (la propositio di 10,4): citando l'uno e l'altro Paolo non mina la sua
argomentazione.
Ges e la Legge
NB. Principio metodologico: distinguere tra il Ges dei vangeli e quello della storia. Le difficolt non
sono le stesse. Quello dei vangeli solleva la questione dellunit del canone NT (vangeli e lettere
paoline), quello della storia solleva la questione di ci che fu probabilmente linsegnamento del rabbi
di Nazaret (e dellaffidabilit storica dei racconti evangelici).
Domande: come Ges ha visto la Legge? La Legge, terreno privilegiato del suo insegnamento? Quali
argomenti (della halakah) privilegia? Distingue tra comandamenti morali e rituali? Ecc.
1. Ges e lo shabbat
Mc 2,23-288
8
Pericope della triplice tradizione. Cf. Mt 12,1-8 e Lc 6,1-5.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 10
(b) difficolt
- la frase kai. e;legen auvtoi/j del v.27a inutile e goffa (probabilmente introdotta per iniziare le risposte
seguenti furono aggiunte pi tardi (probabilmente perch la prima risposta non sembrava pi perti-
nente).
- Non verosimile vedere farisei in mezzo ai campi il giorno dello shabbat. Di pi una presenza orga-
nizzata dei farisei in Galilea (in particolare per sorvegliare Ges e i suoi discepoli) non attestata a
questa epoca.
- Se la questione di Ges, come risposta a quella dei farisei, fa parte delle tecniche di controversia, il
suo contenuto debolissimo, perch come citazione delle Scritture, sbagliata. assurdo dire agli
avversari ouvde,pote avne,gnwte (non avete mai letto?) e citare sbagliatamene il testo sollecitato. Nel
testo di 1Sam 21,2-10, infatti, (i) Davide solo ed ancora solo, quando incontra i preti di Nob (non
ha dunque potuto dare i pani dellofferta ad altri). Il testo sollecitato dice il contrario di ci che Ges
ne menziona. (ii) non si parla dello shabbat, e nessun commento dellepoca di Ges interpretava il
passo come se fosse accaduto uno shabbat. (iii) Se levento non avvenuto uno shabbat e se Ges non
menziona lo shabbat nei v.25-26, allora il testo biblico pu solo servire a mostrare che in caso
durgente necessit un bisogno umano deve prevalere su una regola religiosa. In ogni caso, non rile-
vante per la questione dello shabbat sollevata dai farisei. E si pu veramente dire che i discepoli di
Ges sono in una situazione durgente necessit? (iv) Ges commette un ultimo errore, quello di sba-
gliare sullidentit del sacerdote che Davide incontra. In 1Sam 21,3.9 il suo nome Ahimelek e non
Abiatar (che era il suo figlio), come lo dichiara Ges.
Fortunatamente, per il nostro percorso, questa prima risposta (v.25-26) molto meno impor-
tante delle due seguenti, che riflettono il pensiero di Ges sulla vera finalit o il vero scopo dello
shabbat (v.27) e sulla sua propria signoria (v.28).
a to. sa,bbaton
b dia. to.n a;nqrwpon
c evge,neto
b kai. ouvc o` a;nqrwpoj
a dia. to. sa,bbaton
Gli esegeti segnalano un aforisma di R. Simeone ben Menaya, dellepoca dei Tanam (circa 180),
dunque pi tardivo, che presenta somiglianze con quello di Mc 2,27 ed , anchesso, oralmente, cio
chiasticamente, composto; il suo significato che lo shabbat un mezzo, ma non un fine in s e per
s10:
tbv lo shabbat
9
Nei v.25-26, la risposta di Ges suppone e sottolinea la responsabilit del capogruppo: Davide lunico
soggetto dei verbi dazione, tutti al singolare (eivsh/lqen, e;fagen, e;dwken).
10
Il testo seguente ripreso da J.Z. LAUTERBACH, Mekilta di Rabbi Ishmael Massekta [aT'kS,m;= text, treatise]
de-Shabbeta (Philadelphia 1935) 199, righe 43-44, che un commento su Es 31,13-14 (~k,_l' awhi vd<qo yKi
tB'V;h;-ta, ~T,r>m;v.).
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 11
hrwsm consegnato11
~kl a voi
~ta !yaw ma non voi
!yrwsm consegnati
tbvl allo shabbat
Secondo gli esegeti, la formulazione di Mc 2,27 rinvierebbe a Gn 12, dove si riscontrano spesso i
vocaboli a;nqrwpoj e evge,neto. Il Ges di Mc alluderebbe allora allordine del creato, a ci che Dio ha
voluto, quando cre il cosmo. In questi primi capitoli della Gn luomo stato infatti creato prima
dello shabbat e questultimo stato fatto per il riposo di Dio come modello di quello delluomo.
Lassioma di Ges (cos come quello di R. Simeone) non relativizza totalmente lo shabbat, cio non
lo dichiara irrilevante e non significa che quel giorno si possa fare qualunque cosa, ma solo che questo
giorno consacrato per la lode e la benedizione solo un mezzo al servizio delluomo e del suo bene, e
che i mezzi e i doni i pi grandi non devono ricevere un importanza tale da asservire luomo.
11
Dal verbo rsm, da dove verrebbe, secondo alcuni specialisti, la parola hrsm = masorah, che designa il testo
biblico trasmesso. Il contesto dellassioma illumina il suo senso, perch mostra che una vita umana minacciata
ha priorit sullo shabbat.
12
J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 292-293.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 12
formulazione di Mc 2,10 e 2,28 sia stata modificata, enfatizzata, dalla Chiesa primitiva non deve farci
dimenticare la base storica innegabile delle storie raccontate.
La posta in gioco. Valutare latteggiamento di Ges nei confronti della Legge. Egli non nega
lutilit o la rilevanza dello shabbat, ma non ne fa un assoluto. Le sue reazioni non si presentano come
una casistica differente di quella dei dottori della Legge e di farisei, ma come una dichiarazione di
principio (i v.27 e 28, il secondo versetto presentandosi come la ragione del precedente): essendo si-
gnore dello shabbat, Ges pu enunciarne lo status e il ruolo voluto da Dio.
Questa pericope ha una funzione prolettica. Ges dichiara che di per s nessun alimento im-
puro (v.19) e che limpurit viene dal cuore delluomo (v.20-23). Se dunque limpurit viene da den-
tro, non si pu dire solo a partire dallapparenza chi impuro, VIoudai/oj o meno. Ecco perch, subito
dopo, Ges va dai pagani (non sono a priori impuri)!
2.2. Se lunit redazionale (finale) palese, perch un certo numero di parole si riscontrano lungo il
brano a;nqrwpoj13, koino,j, koino,w14, evperwta,w15, kardi,a16 , gli esegeti pensano che ci sono diversi
strati redazionali pre-marciani e marciani17:
(a) gli incisi dei v.3-4, 11 (Korbn, cio offerta sacra) e 19b (Dichiarava cos mondi tutti gli alimenti),
(b) tutte le espressioni generalizzanti: kai. pa,ntej oi` VIoudai/oi nel v.3 (perch non corrisponde alla realt, i
farisei essendo conosciuti per essere molto pi rigorosi degli altri riguardo alla purezza), kai. a;lla polla,
evstin a] pare,labon kratei/n nel v.4, il kai. paro,moia toiau/ta polla. poiei/te del v.13b, kaqari,zwn pa,nta ta.
brw,mata nel v.19c, e pa,nta tau/ta ta. ponhra. e;swqen evkporeu,etai nel v.23.
(c) il passaggio dallinsegnamento pubblico a quello in disparte, ai soli discepoli, si riscontra diverse volte in
Mc ed redazionale. Cf. Mc 4; 9,14-29; 10,2-12.
13
11: al pl. v.7.8 e 21; al sing. v.11.15(3).18.20(2) e 23.
14
koino,j, v.2.5; koino,w, v.15(2).18.20 e 23.
15
v.5 e 17: le due unit v.5-13 e 17-23 sono composte sul binomio domanda/risposta.
16
Cf. v.6, 19 e 21.
17
Cf. ad es. larticolo di J. LAMBRECHT, Jesus and the Law.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 13
(d) la tendenza marciana di procedere dualmente18: v.1 farisei e alcuni degli scribi, v.3 i farisei e tutti i
giudei, v.5 i farisei e gli scribi, v.5 due domande (una negativa e una positiva), v.15 due imperativi
(avkou,sate, kai. su,nete), due volte il verbo koino,w nel v.15, due micro-unit nei v.6-13, nel v.15 e nei v.18b-
23, ecc.
(e) i vocaboli marciani: suna,gomai v.1; evperwta,w v.5 e 17; krate,w v.3, 4 e 8.
(f) nei v.6-7, la citazione presa da Is 29,13 LXX e non dallebraico, perch la seconda parte (modificata)
del versetto 13 greco (ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej didaskali,aj evnta,lmata avnqrw,pwn = Invano essi
mi rendono culto, insegnando insegnamenti che sono precetti di uomini), diversa dallebraico, corrisponde
meglio al suo progetto: gli insegnamenti dei farisei e degli scribi sono tradizioni umane opposte ai coman-
damenti di Dio. Rilevare come Mc 7,7 ha inoltre cambiato lordine del greco:
Is ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej evnta,lmata avnqrw,pwn kai. didaskali,aj
Mc ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej didaskali,aj evnta,lmata avnqrw,pwn
e ha fatto di evnta,lmata avnqrw,pwn il predicato di didaskali,aj (insegnamenti che sono precetti di uomini).
Largomentazione di Ges funziona solo a partire dal testo (rimaneggiato) della LXX, perch lebraico non
denuncia quelli che insegnano.
J.P. Meier segnala che Col 2,21-22 utilizza anche la versione greca di Is 29,13, e siccome non dipende da
Mc 7/Mt 15, si pu concludere che il testo isaiano (nella versione greca) circolava gi nelle prime comunit
come testo di riferimento per rigettare le regole alimentari19. In breve, si pu dire che Mc 7/Mt 15 rinviano a
una fonte cristiana, e non si pu sapere che cosa ha esattamente detto il Ges della storia (che non sapeva
abbastanza il greco per citare da memoria le Scritture in questa lingua).
(g) nei v.9-13, Ges mostra che per i farisei/scribi il qorban20, come sotterfugio per non aiutare i genitori,
prevale sul comandamento fondamentale del decalogo di onorarli (Es 20,12/Dt 5,16; cf. anche Es 21,16/17).
Laccusa implicita dei v.6-7 (citazione biblica) diventa esplicita (Ges) nel v.8. Siccome questi versetti di-
pendono interamente dallargomentazione precedente (che non pu essere soppressa senza che i v.9-13 per-
dano la loro pertinenza e il loro senso) e in particolare dalla citazione presa nella LXX, nella loro forma at-
tuale non possono rinviare al Ges storico. Ma possibile che i v.9-13 vengano da un'altra polemica tra
Ges e i farisei/scribi, perch questi versetti non sembrano riflettere una preoccupazione della chiesa primi-
tiva (criterio di discontinuit).
(h) siccome i v.18b-23 sono una spiegazione del v.15, la loro autenticit dipende da questo versetto che
la versione la pi antica del logion (Mt 15,11 ne una ripresa lenificante21). Contro lautenticit, si deve no-
tare che i giudeo- cristiani degli anni 50-70 del I secolo non hanno invocato Ges per rinunciare alle regole
di kashrut. N il Paolo degli Atti n il Paolo delle lettere hanno potuto invocare questo logion del Signore
nelle loro argomentazioni. Un versetto come Rm 14,14 mostra spesso che Paolo pu solo invocare la sua
convinzione ma non un detto di Ges. Infine, ci vuole una visione a Pietro per realizzare progressivamente
che nessun cibo (e nessun uomo) di per s impuro (koino,j Atti 10,28; 11,8).
Meier fa notare che, a differenza del divorzio e del giuramento, che erano accettati e praticati ma non ri-
guardavano tutti i giudei, se non in circostanze eccezionali, le leggi alimentari concernevano tutti quanti, e
quotidianamente; inoltre, assicuravano la separazione tra i giudei e gli altri popoli in mezzo ai quali vive-
vano. Ora, dichiarare irrilevanti queste leggi non avrebbe potuto che far traballare la differenza e lidentit
del giudaismo nei confronti dei popoli attorno22.
(i) Mc 7,1-23 (e la sua ripresa Mt 15,1-20) dunque lunica pericope dedicata alla purezza rituale. Certo,
Ges ha stigmatizzato limpurit morale dei farisei/scribi in Mt 23,25-28/Lc 11,39-41.44, ma si tratta di una
metaforizzazione. E, come lo rilevano gli storici, un tale silenzio stupendo, quando si sa (i) che Ges e i
suoi discepoli viaggiavano con donne, le cui mestruazioni dovevano rendere impuri i maschi attorno (tra i
quali Ges)23 e (ii) limportanza che aveva questo punto allepoca24.
18
Cf. F. NEIRYNCK, Duality in Mark. Contributions to the Study of the Markan Redaction (BETL 31; Leuven
1972).
19
J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 374.
20
Listituzione e la parola qorban erano ben conosciute al tempo di Ges. Cf. Flavio Giuseppe, Ant. 4.73; Apion
1.167. Senza la parola qorban, ma rinviando allistituzione, vedere Filone, Hypothetica 7.3 e CD 16.
21
Vedere la dimostrazione magistrale di J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 386-391.
22
P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 393-394.
23
Cf. Lv 15,19-24. Per le impurit sessuali degli maschi, cf. Lv 15,16-17.
24
I vangeli non sembrano ritenere che toccando una persona morta o lebbrosa Ges diventa ritualmente impuro.
Se toccare un morto costituiva limpurit la pi grave (Nb 19,11-22), la legge stessa non dice che chi tocca un
lebbroso diventa impuro.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 14
La problematica: per Ges (il Ges dei Sinottici e/o il Ges della storia), e a differenza di
Paolo, la Legge via di salvezza, via che guida verso la vita eterna?
Per rispondere, bisogna fare lesegesi di Mt 19,16-22 = Mc 10,17-22 = Lc 18,18-23:
25
Cf. il TWNT (art. klh/roj, ecc.) ed altri dizionari.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 15
Sul topos della bont di Dio, vedere ad es. S 72/73,1; Filone, de decalogo 91 e 176; de
specialibus le gibus 1,209; Flavio Giuseppe, antichit 4,28.
La risposta di Ges (eseguire i comandamenti) significa palesemente che si ottiene la vita
eterna obbedendo ai comandamenti della Legge: osservare i comandamenti della Legge basta per
ottenere la vita eterna. Per il Ges dei Sinottici, la Legge dunque via di salvezza. Su questo punto
c una chiara opposizione con la posizione de Paolo riguardo alla Legge (cf. Rm 10,4-5 dove si
esprime chiaramente e brevemente la tesi di Paolo e il suo contrario).
Lenunciato di Ges vicinissimo a quelli per mezzo dei quali il giudaismo esprimeva la sua
specificit. Cf. Lv 18,5; CD 3,12-16:
4. Il Ges di Mt e la Legge
Oltre allarticolo di E. CUVILLIER, Torah Observance and Radicalization in the First Gospel, NTS
55 (2009) 144-159, vedere J.N. ALETTI, Ges Cristo: unit del Nuovo Testamento? 196-211.
26
Traduzione della Collins: And how shall I free myself?Have you not heard over and over again that you
ought to eradicate desire utterly, direct your aversion towards the things that lie within the sphere of the moral
purpose, and these things only, that you ought to give up everything, your body, your property, your reputation,
your books, turmoil, office, freedom from office? Vedi anche diatribai 4.6.34; 4.7.5.
27
E. Cuvillier, Torah Observance, 146.
28
Mt inserisce spesso enunciati che riprendono/annunciano e riassumono sviluppi particolareggiati (chiamati
jrp). Lespressione completa llkw jrpw jrpw llk : il generale e il particolare/specificato, il particolare e il
generale (analogo alla differenza tra genere e specie), cio determinare il generale per mezzo del particolare e
vice versa.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 16
- Lopposizione tra Mt e le lettere paoline sembra frontale. Secondo alcuni interpreti, gli enunciati del
Ges Mt sono del tutto opposti a quelli paolini, perch va detto che la giustizia deriva dallobbedire
alla Legge.
Per rivisitare questo difficile problema, riprendo quel che dicevo nel saggio appena menzionato.
- finito il tempo in cui ci si limitava a isolare degli enunciati e a confrontarli senza tener conto del
contesto in cui apparivano. Anche se, ad esempio, dei versetti come Mt 5,17 e Rm 10,4 sono
letteralmente opposti29, l'esegesi ha imparato a differire il confronto, collocando i versetti che ho appena
menzionato all'interno di un'argomentazione o di una teologia senza le quali perderebbero coerenza e
significato. Il primo sforzo dell'esegeta consiste quindi nel vedere come si elabora la teologia di un libro
del Nuovo Testamento nelle sue molteplici componenti e trasformazioni e, solo in seguito, nel
confrontarlo su dei punti precisi con quelli di altri libri. Cos, Mt 5,17-20 trover la sua vera funzione solo
a partire dal contesto prossimo, evidentemente, ma anche dall'insieme delle affermazioni matteane sulla
legge.
Questo lungo giro attraverso un libro e la sua logica interna evita di opporre Matteo e Paolo su
punti ritenuti a prima vista inconciliabili. Sappiamo infatti che Paolo non esorta mai i credenti in nome
della legge, ma fa continuamente appello all'esperienza della salvezza dove il credente pu valutare la
grazia di cui stato fatto oggetto e alla quale a sua volta chiamato, mentre il discorso della montagna
rimanda alle prescrizioni mosaiche e porta anche le esigenze della legge al limite del realizzabile. Questo
permette forse di concludere che se, per Paolo, l'indicativo della giustificazione gratuita a suscitare
l'agire etico, il discorso della montagna funziona al contrario come legge, radicando l'agire del discepolo
nell'assoluto della volont divina? In breve, Paolo non rappresenterebbe forse il vangelo della grazia e il
discorso della montagna un vangelo che altro non sarebbe che la legge30?
29
Come visto sopra, Rm 10,4 non pu essere una dichiarazione analoga a Mt 5,17: per Paolo, Cristo venuto per
mettere fine al regno della legge.
30
Cfr. J. ANSALDI, Le sermon sur la montagne ou les tribulations d+un thologien protestant, Lumire et vie
183 (1987) 67-84. Si sar notato che il discorso della montagna fa parte del vangelo annunciato da Ges in Mt;
cfr. 4,23 che annuncia senza dubbio tutti i discorsi di Ges nel primo vangelo, in particolare i capitoli 5-7. I
commentatori si basano su Mt 4,23 e 9,35 per giustificare l'appellativo di carta del regno dato al discorso della
montagna, appellativo giustificato perch Mt 57 espone proprio l'insieme delle esigenze proposte da Ges, ma
non esclusivamente, come dimostra Mt 18.
31
Fil 2,15; Mt 5,14.
32
1Ts 5,23; Rm 12,2; Fil 3,15; Mt 5,48; senza macchia Fil 2,15.
33
Rm 12,2; Mt 6,10; 7,21; 12,50; 18,14; 21,31.
34
1Co 7,19; Mt 5,19. Non devono commettere omicidio (Rm 13,9; Mt 5,21; 19,18), adulterio (Rm 13,9; Mt 5,27-30;
19,18), ma nemmeno furto (1Co 6,10; Mt 19,18).
35
1Ts 4,3; 1Co 5,1; 6,13.18; Gal 5,19; Mt 15,19.
36
Rm 12,8; Mt 5,7; 9,13; 12,7.
37
Rm 12,13; Mt 10,40-42; 25,35.
38
Aiuto agli affamati: 1Co 11,21-22; 13,3; Rm 12,13.20; elemosina: Mt 6,1-4; 10,42; 25,35.
39
1Co 6,7; Mt 5,38-41.
40
Rm 12,20; Mt 5,43-47.
41
Col 3,13; Ef 4,22; Mt 6,14; 18,23-25.
42
Rm 13,8-10; 1Co 13,4s; Gal 5,14.
43
1Co 13,4; 2,2; Gal 5,14; Mt 6,1.
44
Giudicare: Rm 14,4.10; 1Co 5,12; Mt 7,1; scandalizzare: Rm 14,21; 1Co 8,13; 11,29; Mt 18,6.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 17
differenza tra il Ges matteano e Paolo non deriva dal fatto che il primo formulerebbe delle esigenze
etiche irrealizzabili, perch le esigenze paoline lo sarebbero allora altrettanto. Mt non si caratterizza di pi
per un ottimismo etico che sarebbe assente dal corpus paolino: se l'apostolo invita i credenti alla
perfezione perch Dio d loro, mediante il suo Spirito, la forza e la perseveranza di diventare tali 45.
Non si vede del resto come Mt e Paolo potrebbero dispensarsi dal notificare ai cristiani che il Dio santo
vuole la loro santit. Rivelando la volont di Dio, il Ges di Mt pu forse domandare agli uomini
qualcosa di diverso dalla perfezione alla quale sono chiamati? Potrebbe infatti il Dio santo volere per
l'uomo graziato, giustificato, santificato (1Co 6,11) solo una santit dimezzata?
Ma, si obietter, per Paolo l'agire etico non , come in Mt, condizione della salvezza, bens solo il
segno della sua presenza, del suo agire efficiente in e per i credenti. Per essere pertinente, questa
obiezione richiede qualche precisazione. Infatti, in Rm e nelle lettere di Paolo, questi fa una netta
distinzione tra la giustificazione, gi effettuata, e la salvezza che (solo) avvenire46, e se il credente non
affatto l'agente della giustificazione, interamente gratuita, non sembra essere la stessa cosa per la
salvezza, a meno di ignorare tutti i passi che suppongono o affermano il contrario47.
La differenza tra Mt e Paolo sembra del resto venire, pi che dalla colorazione salvifica dell'agire
etico o dal contenuto delle esigenze, dal modo in cui queste ultime sono articolare all'essere-credente. In
effetti, se l'apostolo bada in generale a collegare le sue esortazioni con l'esperienza che i credenti hanno
fatto dei benefici divini e se sottolinea che Dio agisce in loro con il suo Spirito, se cio ncora
l'imperativo dell'agire etico nell'indicativo dell'essere battezzato, il discorso della montagna enuncia al
contrario i comandamenti in modo abrupto, apodittico, senza menzionare una qualunque azione
preliminare di Dio in favore dei discepoli oppure una trasformazione del loro essere. In breve, se in Paolo
l'etica solo una manifestazione dell'essere-giustificato del credente, in Mt la fede sembra definirsi
inizialmente e fondamentalmente come un agire48. Perch allora, a differenza di Lc 4,16-30 e Mc 4, il
primo vangelo presenta come primo discorso di Ges una serie di esigenze etiche, invece di manifestare il
peccato, l'ostinazione di un'umanit ferita e la venuta del perdono? certamente importante, e gli esegeti
non hanno mancato di segnalarlo, che questo discorso inizi con delle beatitudini, ma ci si pu domandare
se un tale insegnamento, nel suo radicalismo, tenga sufficientemente conto del peccato e della debolezza
umana49.
L'opposizione tra Paolo e Mt non si ferma qui, come ci dicono i commentatori, che la vedono
culminare nella funzione che ciascuno degli autori accorda alla legge: se, per l'apostolo dei Gentili, la
legge perde tutta la sua pretesa di assicurare la giustizia e la salvezza, per Mt il suo ruolo salvifico sembra
invece assicurato50. Certo, come abbiamo visto sopra, le legge inseparabile da Ges, che la promulga e
la interpreta in modo sovrano, ma il giudizio finale avverr sulla base all'obbedienza alla sua legge51.
Ritorniamo qui sulle impressioni che lasciano alcuni passi come Rm 10,4 e Mt 5,17s: il confronto globale
delle teologie di ogni corpus non ha sostanzialmente modificato ci che le opposizioni nei dettagli
lasciavano intravedere.
Simile interpretazione del ruolo della legge in Mt richiede evidentemente pi ampie precisazioni,
perch, non pi di Paolo, il primo vangelo non parla di ci che per il giudaismo contemporaneo faceva
principalmente della legge mosaica uno strumento salvifico, cio il culto sacrificale in vista del perdono
dei peccati52, e, d'altra parta, come Paolo, Mt enuncia chiaramente che Ges l'(unico) salvatore53. Lo
45
Su questi temi, cfr. J. M. GUNDRY VOLF, Paul and Perseverance. Staying in and Falling Away, J.C.B. Mohr,
Tbingen 1990.
46
Questa distinzione non pi quella delle deuteropaoline (cf. Ef 2,5-6).
47
Cf., ad es., Rm 14,10.12; 14,23; 1Co 6,10; 11,27-34; Gal 5,19-21; Col 3,6.
48
D. MARGUERAT, Le jugement, 232, dove l'A. osserva anche che la verit del credo si esprime in una rettitudine
etica (Mt 7,21-23).
49
Cfr. ancora D. MARGUERAT, Le jugement, 230: Il punto debole della teologia di Mt risiede nell'assenza di una
vera teologia del peccato.
50
Su questo punto, si veda D. MARGUERAT, Le jugement, 212-235. Cfr., ad es., p. 219: Per l'apostolo Paolo
l'avvento di Cristo rende caduca la legge nella sua funzione di cammino di salvezza. Matteo condivide con la
tradizione veterotestamentaria la convinzione che il dono della Torah una grazia di Dio: la legge rientra nella
soteriologia; e p. 221: per Mt, il dono della salvezza si confonde cos con l'avvento della legge escatologica e la
sua autorit sulla Chiesa.
51
Cfr., ad es., D. MARGUERAT, Le jugement, p. 192.
52
Poco importa del resto, per l'argomentazione, che Mt sia stato scritto prima o dopo la distruzione del tempio.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 18
studio della redazione non dev'essere per interrogato a questo livello, quanto piuttosto sul salto che fa
passare dalle analisi esegetiche all'interpretazione del rapporto Paolo/Mt. Infatti, nessuna delle procedure
finora utilizzate per mettere in luce i punti comuni e le differenze tra le teologia della legge in Paolo e
Matteo permette di concludere che esse siano irriducibilmente opposte o, al contrario, complementari.
Tocchiamo qui con mano le difficolt della critica della redazione, che non pu da sola interpretare
un fenomeno letterario, anche se potrebbe individuare i diversi modelli letterari utilizzati sempre in
modo originale dagli autori del Nuovo Testamento. Sono anche convinto che la critica della redazione
non pu da sola pronunciarsi sul significato delle differenze esistenti tra due o addirittura pi insiemi o
libri del NT. possibile che l'esegesi di un Ksemann e di altri dopo di lui non abbia percorso tutte le
tappe necessarie per mostrare l'irriducibilit dei diversi libri e delle rappresentazioni teologiche che ivi si
presentano. In ogni caso necessario per noi andare pi lontano.
53
L'inclusione costituita da Mt 1,21-23 e 28,18-20 a questo riguardo significativa. Sulla salvezza che non alla
portata delle forze umane, ma che viene soltanto da Dio, cfr. Mt 19,25-26. Le variazioni altri direbbero, a torto, le
contraddizioni matteane sulle questioni relative alle condizioni della salvezza vietano di vedere in questo vangelo
un rappresentante semplicistico della salvezza mediante le opere.
54
Per la coerenza/incoerenza delle posizioni paoline relative alla legge mosaica, si veda, ad esempio, H. RISNEN,
Paul and the Law, Gttingen 1983, esempio tipico degli studi basati sulla storia della redazione; ALETTI, Rm 1,18--
3,20. Incohrence ou cohrence de l'argumentation paulinienne?, Bib 69 (1988), 47-62, dove l'approccio retorico.
55
Mt 5,7; 9,13; 12,7.
56
U. LUZ, L'vangliste Matthieu: un judo-chrtien la croise des chemins. Rflexions sur le plan narratif du
premier vangile, in La mmoire et le temps (FS Pierre Bonnard), Labor et Fides, Genve 1991, 77-92 (soprattutto
pp. 91s)
57
Si confronti il logion di 10,33 (Chi mi rinnegher davanti agli uomini, anch'io lo rinnegher davanti al Padre mio
che nei cieli) con 26,61-75.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 19
importante vedere come la critica della storia della redazione cerca di darne una spiegazione, con l'ipotesi
di una distanza tra il messaggio di Ges e la sua ripresa da parte della comunit matteana. Ci che
bisogna rimettere in discussione non tanto l'ipotesi in se stessa, quanto le procedure con le quali si
determina ci che risale a Ges, alla tradizione prematteana, alla comunit dell'evangelista e a
quest'ultimo. Infatti, prima di risalire al tessuto comunitario, importante individuare, mediante una
rigorosa analisi sincronica, le tecniche narrative operanti in un racconto evangelico. Lo stesso dicasi delle
lettere paoline, dove la messa in evidenza dei procedimenti retorici si rivela decisiva per la comprensione
delle variazioni nel trattamento di un tema come quello della legge.
Non si tratta perci di contestare la critica della redazione, ma solo di mostrare che essa dev'essere
preceduta da analisi sincroniche adatte al tipo di testo analizzato racconto o discorso , senza le quali i
suoi risultati resteranno sempre sospetti. Cerchiamo quindi di entrare nella logica paradossale del
racconto matteano.
58
Gli specialisti della storia della redazione non sono ancora abbastanza sensibili a questo aspetto, come nota,
all'inizio del suo commentario a Mt, U. Luz, che il primo per quanto io sappia ad aver ammesso che gli studi
matteani non hanno tenuto sufficientemente conto del fatto che il primo vangelo era un racconto degno di questo
nome.
59
Il racconto matteano pone evidentemente un interrogativo, praticamente insolubile sincronicamente, a tutti coloro
per i quali all'inizio del suo ministero Ges non ha voluto n potuto parlare di se stesso. Infatti le folle, pi che
quanto Ges dice di Dio, ricordano l'autorit con la quale ne parla. L'unica soluzione per questi autori
evidentemente quella di invocare la storia della redazione e di attribuire le insistenze enunciative e la reazione delle
folle alla chiesa primitiva.
60
Come per i primi discepoli, in 4,20.22, Mt 4,25 usa il verbo avkolouqei/n. Comincia cos un tema, che attraverser
poi tutto il vangelo, quello del seguire, che stato oggetto di numerose analisi. Oltre ai commentari, cfr. J.D.
KINGSBURY, The Verb avkolouqei/n ("to follow") JBL 97 (1978) 56-73.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 20
Il resto del racconto conferma, e in molti modi, la lettura cristologica del discorso; innanzitutto gli
episodi che seguono immediatamente (8,1-17), in cui il narratore riporta tre miracoli di Ges e marca il
passaggio con una formula di compimento che conferma chiaramente che il punto centrale di tutta la
sezione cristologico61. L'altro tipo di conferma viene dagli episodi in cui Ges menziona i
comandamenti. Quando l'uomo ricco lo prega di dirgli cosa deve fare per avere la vita eterna, Ges non
riprende le esigenze inaudite di Mt 57, ma si limita a enunciare laconicamente i precetti della seconda
tavola, seguiti da Lv 19,18: Amerai il prossimo tuo come te stesso62. La sua risposta ugualmente
breve quando un fariseo gli domanda quale comandamento sia (il pi) grande (Mt 22,34-40). E questa
brevit sorprende, (i) perch la domanda posta una trappola: per un giudeo osservante tutti i
comandamenti sono grandi, nel senso che esprimono la volont divina; (ii) perch Ges stesso ha
solennemente dichiarato in 5,18-29 che anche il pi piccolo punto della legge ha la sua importanza. Ma la
sua replica di una logica e di una profondit straordinarie, perch, anche se ora sceglie due
comandamenti che non appartengono al decalogo63 quelli del decalogo, stando alla sua risposta al ricco,
fanno per entrare nella vita , coprono tuttavia tutta la legge: chi potrebbe pretendere di aver amato
pienamente Dio e il prossimo? La brevit non nasconde l'immensit dell'esigenza, e il fariseo lo
comprende bene, e se ne va sconfitto: Ges ha s nominato un (duplice) comandamento (sarebbe stato
perci possibile coglierlo in fallo), ma esso va fino in fondo alle esigenze della legge (la sua risposta
perci la migliore che si potesse dare). Al giudeo che vuol sapere cosa fare per essere salvato, Ges
rimanda perci molto semplicemente alla legge: con essa tu sai ci che Dio vuole da te!
Possiamo cos ritornare al discorso della montagna: la sua lunga insistenza sul radicalismo degli
imperativi dev'essere compresa, lo ripetiamo, come una rivelazione di Ges su se stesso. Il problema
prende evidentemente nuovi sviluppi: se il racconto del ministero doveva cominciare con una
manifestazione dell'onniscienza e dell'autorit assolute di Ges, il narratore poteva sfruttare altri tipi di
discorsi, sapienziale o profetico, come Lc 4,16-30; se inizia con una promulgazione della legge (rivista e
radicalizzata da Ges), senza dubbio per ragioni tipologiche. Ma perch aver messo il discorso di Mt
57 prima delle guarigioni di Mt 89, dove apprendiamo che Ges venuto a prendere su di s le nostre
malattie e i nostri peccati e dove, con Matteo, scopriamo che la chiamata non viene dalle opere, ma pura
grazia? Collocando i discorsi prima delle guarigioni e degli esorcismi, il narratore ha evidentemente
messo in rilievo l'onniscienza di Ges e inglobato il resto del racconto nella coscienza che egli ha di dover
portare tutte le cose alla loro perfezione: l'enunciazione impone al racconto che esaudisca l'attesa
formulata64.
Molto bene, si dir; ma pensabile che il narratore abbia scelto un discorso fatto di esigenze
irrealizzabili, dove inevitabilmente inciampano la vanit e la millanteria umane, soltanto per sottolineare
l'onniscienza di Ges? La superiorit dell'ultimo si basa sull'incapacit dei primi: proprio sicuro che la
divinit ne esca innalzata? Ma in Mt 57, l'impotenza etica umana rimane fuori scena. Il racconto la
sveler solo progressivamente, e l'integrer in un altro percorso che si ricollegher col primo, quello della
grazia. So bene che il II vangelo, dove il discorso della montagna del resto assente, viene visto
ordinariamente come il vangelo della pura grazia, mentre il racconto matteano come quello della
perfezione alla quale il discepolo chiamato. Simile opposizione mi sembra nondimeno forzata. Vediamo
perch.
61
Come hanno giustamente notato i commentari, distinguendo l'insegnamento e l'agire salvifico, Mt 4,23
prepara l'alternanza di sezioni composte di discorsi ed episodi di guarigione, e la prima di queste 59.
62
Cf. Mt 19,16-19.
63
Dt 6,5 (amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta la anima) e Lv 19,18 (amerai il tuo prossimo
come te stesso). Il paradosso della risposta di Ges deriva (i) dal fatto che menziona due comandamenti (e non uno
solo) e (ii) che proclama simile (o[moioj) il secondo (l'amore del prossimo) al primo (l'amore di Dio).
64
La logica, sottolineata dallo stesso Ges, quella del dire, e fare ci che si dice. Il tema ha una componente
polemica che culmina in Mt 23, dove Ges denuncia l'ipocrisia di coloro che si credono l'lite religiosa del suo
popolo, ma inizia fin dal discorso della montagna (6,2.5.16; 7,5.21; 15,1-9; 16,11-12; 22,15-22).
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 21
Quando si oppongono Mt e Paolo, si nota spesso che nel primo la legge ha un ruolo salvifico,
mentre per il secondo la giustificazione pura grazia65. Mi piacerebbe che mi si dicesse dove Mt afferma
espressamente che la legge (mosaica) salva, mentre parecchie volte Ges viene espressamente designato
come colui che salver il suo popolo dai suoi peccati (1,21), che dar la sua vita in riscatto per molti
(20,28), o colui il cui sangue sar versato per il perdono dei peccati (26,28)66 (109). Dove si dice, in
Mt, che la circoncisione necessaria per essere discepolo di Ges e che l'appartenenza al popolo di
Abramo avviene per essa? E se si dice che Mt attribuisce un ruolo salvifico alla legge mosaica, bisogna
aggiungere immediatamente che lo stesso vale per Mc e Lc, perch anch'essi menzionano la risposta di
Ges al ricco: enumerando al suo interlocutore i comandamenti tratti dal decalogo, Ges dichiara che con
la loro osservanza si entra nella vita, e conferisce alla legge esattamente un ruolo salvifico. Fermarsi qui
sarebbe del resto molto semplicistico, perch, pi avanti, i discepoli esclamano: Chi si potr dunque
salvare?; al che Ges risponde: Questo impossibile agli uomini, ma a Dio tutto possibile67. Ges
non nega forse ora ci che ha affermato qualche istante prima, e non proclama la totale gratuit della
salvezza? Ma proprio sicuro che le sue due affermazioni siano incompatibili? La salvezza per grazia
dispensa forse l'uomo dal cooperare all'opera di Dio? Dopo tutto, se i discepoli compiono anche delle
buone opere, non lo fanno certo per se stessi, ma perch nel vederli gli altri diano gloria a Dio (Mt
5,16): la finalit ultima teo-logica non va nel senso di una caccia ai meriti.
Altri passi, come quelli che ho segnalato sopra, vietano di opporre troppo frettolosamente Mt agli
altri vangeli o a Paolo. Certo, Mc il vangelo della pura grazia, che sottolinea la pesantezza umana a
cominciare da quella dei dodici , il peccato, mentre Mt insiste sull'osservanza dei comandamenti. Ma
Mc fa ugualmente dire a Ges che egli riconosce come propria famiglia quelli che fanno la volont di
Dio68; e non va dimenticato che certi ordini di Ges, come quello sul divorzio, sono ben pi rigidi in Mc
che in Mt69.
necessario ricordare ugualmente che in Mt e negli altri sinottici la chiamata dei discepoli un
esempio di pura grazia: cosa avevano pi degli altri i quattro pescatori del lago di Tiberiade e il
pubblicano Levi70? Nulla! Di umili origini, non potevano certe brillare per ingegno o virt: una sguardo
d'amore a dare ad essi la loro dignit, quella di servire e di annunciare il vangelo. Il discorso di Paolo sulla
chiamata in Rm 9,6-29 mette in evidenza le stesse componenti. Da una parte come dall'altra, il vangelo
sempre quello della grazia.
Ma due ragioni ancora pi importanti mi impediscono di opporre fondamentalmente Mt e Paolo.
Certo, Mt insiste pi di Mc sull'importanza del comprendere71, ma, aggiungendo: Comprendono solo
coloro ai quali stato concesso72, il Ges matteano sottolinea chiaramente che la comprensione non
alla portata dei discepoli; un dono e lo resta. Ma allora tutto grazia, come indicano le altre ricorrenze
dello stesso motivo nel racconto matteano73 (116). Oltre al motivo del dono, un altro fenomeno mi
impedisce di vedere in Mt un racconto in cui viene valorizzato l'agire del discepolo: il passaggio dei
discepoli attraverso la debolezza. Pi il racconto va verso la passione pi sottolinea l'impossibilit in cui
si trovano i discepoli di essere con Ges, di seguirlo fin l: tutti quanti si scandalizzeranno,
l'abbandoneranno e fuggiranno, nonostante le loro dichiarazioni di fedelt74. In Mt il tradimento di Giuda
65
evidentemente importante domandarsi di quale legge parlano rispettivamente Paolo e Mt. Legge di Mos, legge
di Cristo, ecc.? Cfr. le osservazione di U. LUZ, Die Erfllung des Gesetzes bei Matthus (Mt 5,17-20), ZTK 75
(1978) 398-435 (soprattutto 431s); D. MARGUERAT, Jugement, 215s.
66
Nei racconti sinottici dell'ultima cena, l'espressione per il perdono dei peccati propria di Mt!
67
Mt 19,25-26; Mc 10,26-27; Lc 18,26-27. Le variazioni tra le tre recensioni sono minime.
68
Mc 3,35; parallelo a Mt 12,50.
69
Cf. Mc 10,1-12; confrontare con Mt 19,1-9.
70
Cf. Mt 4,18-22; Mc 1,16-20; Lc 5,1-11; per Matteo/Levi, cfr. Mt 9,9-13; Mc 2,13-17; Lc 5,27-32.
71
necessario per essi comprendere l'insegnamento di Ges, per esserne fedeli trasmettitori.
72
Mt 19,11 (de,dotai).
73
In passi che hanno il loro parallelo in Mc e/o Lc: Mt 7,7 (chiedete e vi sar dato); 7,11 (Quanto pi il Padre
vostro che nei cieli dar cose buone a quelli che gliele domandano!); 10,19 (ci che dovrete dire vi sar
suggerito in quel momento); 13,11 (perch a voi dato di conoscere il mistero del regno dei cieli, ma a loro non
dato); 21:43 (il regno di Dio vi sar tolto e sar dato a un popolo che lo far fruttificare); 25,15 (il padrone d dei
talenti ai suoi servi).
74
Mt 26,31-35; Mc 14,27-31.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 22
e il rinnegamento di Pietro hanno ancora pi rilievo e gravit che in Mc/Lc75 (118). Anche se il racconto
matteano non elabora una teologia del peccato, descrive nondimeno la sua presenza, pesante, persino
insopportabile, con una forza che solo un racconto pu conferire alle cadute. Si obietter che queste
debolezze si sono manifestate prima della risurrezione, ma che dopo i discepoli hanno avuto la forza di
rendere testimonianza e di custodire fedelmente l'insegnamento del loro Signore. Certamente; ma non si
dimentichi che per il narratore matteano il loro cammino emblematico, e che il lettore cristiano deve
anch'egli apprendere, per esperienza, che la sua fedelt un dono da custodire nell'azione di grazie, e da
vivere nella misericordia per chiunque dovesse ancora cadere.
Dopo aver detto ci, possiamo, con molti commentatori, mettere in evidenza le preoccupazioni (o
prospettive) diverse di Mt e di Paolo, tenendo per presente che esse hanno senso solo sullo sfondo delle
omologie ricordate nel corso di queste pagine sui vangeli sinottici. Rispondiamo qui positivamente
all'interrogativo posto all'inizio del capitolo a proposito di una possibile e vera strutturazione
gesucristologica di questi racconti: la relazione maestro/discepolo ci apparsa l come il fattore grazie al
quale si articolano tutti gli altri campi teologici. allora possibile fare un passo ulteriore: questa
relazione maestro/discepolo aveva bisogno del tessuto narrativo per esprimersi?
5. Risultati
75
Nell'episodio del rinnegamento, Mt il solo a far progredire le risposte di Pietro al livello della loro chiarezza e
della forza di enunciazione, fino ai giuramenti e alle imprecazioni (26,69-75). Mt anche il solo a parlare del
suicidio di Giuda (cfr. 27,3-10).