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Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 1

Ges e la Torah, Paolo e il nomos

La Legge: atteggiamenti di Ges e Paolo


Al tempo di Ges le tradizioni dei padri (cf. Ga 1,14 ai` patrikai. para,dwseij) e la Legge erano
loggetto di discussioni numerose e appassionate. Un Ges che non avrebbe mai discusso problemi di
Legge e di scritture, sarebbe stato anacronistico. Per forza Ges ha dovuto confrontarsi con gli scribi o
i dotti del suo paese su problemi legislativi e giuridici.
Possiamo opporre da una parte gli elementi puramente cultuali, rituali, giuridici e dallaltra
quelli morali? Il giudaismo del tempo di Ges non li separava: fare la volont di Dio implicava una
attenzione a tutti i particolari. Non cera opposizione tra laspetto giuridico/rituale e quello morale
(considerato come pi rilevante), anzi necessaria complementariet.
Il rapporto di Ges e Paolo alla Torah stato oggetto di tante interpretazioni diverse, anzi
opposte, che i biblisti non possono fare a meno di uno status quaestionis, seppure breve.

Paolo e la Legge

1. Problemi metodologici

1.1. La legge nel giudaismo


M. LIMBECK, Die Ordnung des Heils. Untersuchungen zum Gesetzesverstndnis des Frhjudentums,
Dsseldorf 1971. L. MONSENGWO, La notion de Nomos dans le Pentateuque grec, Rome 1973; E.J. SCHNABEL,
Law and Wisdom from Ben Sira to Paul, Tbingen 1985; K. MLLER "Legge e adempimento della Legge nel
Giudaismo antico", in K. KERTELGE (a cura di), Saggi esegetici su La legge nel Nuovo Testamento (trad.), ed.
Paoline 1990, pp.9-23. F. MUSSNER, "La vita secondo la Tora nell'interpretazione ebraica", ibid. pp.24-40.

- Difficile usare le fonti rabbiniche, specialmente i testi di redazione posteriore (IV) per parlare del
giudaismo del I secolo. Cf. le osservazioni di W.D. Davies (Paul and Rabbinic Judaism, London 1948),
di E.P. Sanders (Paul and Palestinian Judaism, Philadelphia 1977) e, recentemente, G. STEMBERGER,
Dating Rabbinic Traditions, in P. BIERINGER - F. GARCIA MARTINEZ - D. POLLEFEYT - P.J. TOMSON
(eds), The New Testament and Rabbinic Literature (Journal for the Study of Judaism Sup 136; Leiden,
Brill 2010) 79-96.
- Lo studio della Legge nel giudaismo intertestamentario. Secondo Thielman, Plight, 54-57, c'era una
riflessione diffusa nel Giudaismo ellenistico su ci che essenziale per obbedire alla Legge, con una
distinzione tra le componenti etiche e quelle cultuali. Egli rinvia al Pseudo Phoclide, ai Testamenti dei 12
Patriarchi (Isachar 7; Zabulon 8,1-4); Flavio Giuseppe, Ant. 20,38-48 (storia della conversione di Izates,
re di Adiabene).
Dalla Torah al nomos: trasformazione e slittamento verso un certo indurimento? Distinzione tra
Torah (quella biblica) e nomos, cio halakah, legge in vigore, dovuta a diverse situazioni, alle necessit
dei tempi e cambiamenti, e che pu essere addirittura in contrasto con comandamenti della Torah (cf.
Mller).
- Se il giudaismo contemporaneo conosce una gerarchia dei comandamenti, non riduce mai la Torah a un
unico comandamento. Tutti i comandamenti (613) devono essere eseguiti.
Inoltre, i diversi gruppi del giudaismo contemporaneo di Paolo (farisei; Sadducei; correnti
ellenistica e apocalittica) vedono la Torah/nomos come fondamentale espressione dell'amore di Dio e
strumento di santificazione messo a disposizione di tutti i credenti.
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La legge, via verso la salvezza, verit (cf. gi il S 118/119,142), luce, protezione, giustizia (ancora
S 118/119, 172: tutti i tuoi comandamenti sono giustizia; d'altronde, i comandamenti sono nominati quasi
sempre dikaiw,mata nello stesso Salmo), libert (cf. ad es. Filone, prob. 45; Abot [trattato della Mishna]
6,2).

1.2. Il no,moj in Paolo


M. WINGER, By What Law? The Meaning of Nmos in the Letters of Paul, Atlanta GA 1992.

- No,moj: 195 nel NT, di cui 119 (secondo B.L. Martin) nell'epistolario paolino (Rm: 74; 1Co 9; Ga
32; Ef 1; Fil 3; 1Tm 2). Non compare in 12T, 2Co, Flm, Col e 2Tm.
Sulle 119, 116 in 3 epistole (altre occorrenze: Fil 3,5.6.9; Ef 2,15; 1Tm 1,8.9).

(i) Problemi linguistici: luso del vocabolo


- no,moj con o senza l'articolo: significativo?
- no,moj con un genitivo: di/della fede (Rm 3,27); di Dio (Rm 7,22.25) ; di Cristo (Ga 6,2); del peccato
(Rm 7,23.25); dello Spirito della vita (Rm 8,2): designa le stesse realt?
- con diverse preposizioni: dia. no,mou (Rm 2,12; 3,27; 4,13; 7,7; Ga 2,19.21), u`po. no,mon (Rm 6,14.15;
1Co 9,20; Ga 3,23; 4,4.5.21; 5,18); evk no,mou (Rm 4,4; Ga 3,18.21), evn no,mw| (Rm 2,12.23; Ga 3,11; 5,4;
Ph 3,6).
- Vedere anche gli aggettivi e;nnomoj e a;nomoj 1Co 9,21, l'avverbio avno,mwj in Rm 2,12, e nomoqesi,a in Rm
9,4.
- l'espressione e;rga no,mou (Rm 3,20.28; Ga 2,16; 3,2.5.10).
il genitivo no,mou oggettivo o soggettivo?
Se il genitivo soggettivo,
Secondo Gaston, l'espressione designa ci che la legge compie: fa conoscere il peccato, delude, porta con
se il peccato e la morte (L. GASTON, "Works of Law as a Subjective Genitive", SR 13 [1984] 39-46). La
legge ha delle conseguenze disastrose, cf. Rm 4,25; Rm 2,14, dove il senso, secondo Gaston sarebbe il
seguente: i Gentili hanno le opere della Legge (cio la collera e il peccato) iscritte sul loro cuore.
Se il genitivo oggettivo, che cosa designa: "le buone azioni (morali) richieste dalla Legge" per
ottenere le benedizioni promesse? O "le obbligazioni e osservanze determinando l'appartenenza e
l'identit giudaica (come "identity markers"): circoncisione, precetti alimentari, osservanza stretta del
Shabbat (teoria di J.D.G. DUNN, Jesus, Paul and the Law, London 1990)? O ancora la Torah come
sistema religioso e morale? Vedere ad es. DUNN, "New Perspective", secondo il quale Paolo e il
Giudaismo sono d'accordo per affermare che la giustificazione avviene per mezzo della fede. Il problema
viene piuttosto dalle usanze alimentari e rituali (circoncisione, shabbat, regole alimentari) in cui Paolo
vede le "opere della Legge" e che per i giudeo-cristiani erano "nationalistic badges", "boundary markers",
ma l'Apostolo valuterebbe positivamente la Legge come corpus etico. Vedere invece Martin, Christ and
Law, 25, per il quale la connotazione del sintagma prevalentemente morale (le opere buone richieste
dalla Legge non possono ottenerci la giustificazione ne, a fortiori, la salvezza).

(ii) Che cosa designa il vocabolo no,moj?


- Legge mosaica in ogni ricorrenza? Cf. alcuni versetti discussi Rm 3,27 (nomos pistes); 7,23 (heteros nomos),
7,23.25 (nomos [ts] hamartias), 8,2 (ho nomos tou pneumatos ts zs);
- Legge mosaica e/o divina? legge e angeli;
- Legge carnale/spirituale (Rm 7,14-25);
- Legge come scrittura, cio come parola profetica, per sempre solida e vera;
- Le esigenze legali e/o etiche? Cf. Burton, Galatians 451-59;
- Le leggi cultuali e/o etiche? Cristo abroga le esigenze cultuali ma non quelle morali (Haufe, Hbner, Schrage,
Cranfield, Sanders, Dunn, ecc.)?
- Legge vista a partire dalla sua origine:
data da Dio (Rm 9,4 ma non detto esplicitamente), di Dio (Rm 7,22.25; 8,7)
data dagli o, meglio, tramite (dia) gli angeli (Ga 3,19)?1

1
Per alcuni, la presenza di angeli quando la Legge venne data (da Dio) un segno della sua eccellenza. Cf.
Lightfoot, Galatians, ad loc.; Martin, Christ and Law, 35, che menziona Dt 33,2; Fl. Giuseppe Ant 15,5,3; Giubilei
1,27-29; Ac 7,53.
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(iii) Lorigine della posizione di Paolo sulla Legge


- Secondo alcuni, verrebbe dalla sua antropologia negativa. Paolo vedrebbe la Legge (i) come occasione
di trasgressione e, quindi, di disperazione per l'umanit intera, (ii) o piuttosto come fonte di vana gloria,
ricerca di meriti di fronte a Dio, e l'uomo religioso (lo VIoudai/oj essendo emblematico di questa attitudine)
vivendo la perversione per eccellenza (l'obbedienza e la fedelt alla Legge provocando il vanto)? Cf. R.
BULTMANN, Glauben und Verstehen, Tbingen 31961, 38-39; Theology of the New Testament, London
1952, vol.1 pp.264.315; E. KSEMANN, Rmer, passim; P. BONNARD, Galates 122; CONZELMANN,
Grundriss der Theologie des NT, Mnchen 31976, 103; CRANFIELD, Romans, II 845-862; R. Gundry,
"Grace" 13-14; Hbner, Gesetz 41; Westerholm, Israel's Law 163.
- Secondo altri, viene dalla sua visione apocalittica. Cf. il topos secondo il quale la Legge diventerebbe
obsoleta con l'arrivo dell'era messianica (cf. ad es. W.D. DAVIES, Torah in the Messianic Age and/or the
Age to Come, Philadelphia 1952; H.J. SCHOEPS, Aus christlicher Zeit, Tbingen 1950, 228-229). Ma non
possibile trovare tali affermazioni n nella letteratura rabbinica (bSanhedrin 97a non pone limiti alla
validit della Torah) n nelle lettere paoline (l'apostolo non ricorre mai a un tale argomento).
-Secondo altri, verrebbe dal suo rapporto a Cristo e dalla situazione degli etnico-cristiani. Cf. van
DLMEN, Theologie des Gesetzes; F. LANG, Gesetz und Bund bei Paulus; E.P. SANDERS, Palestinian
Judaism, 442-447 e 499-504: Paolo non procederebbe dal negativo (critica del giudaismo e della sua
soteriologia: incapacit della legge a giustificare e ad essere eseguita, ecc.) al positivo (superamento di
questa situazione con l'evento Cristo), ma dal positivo (l'esperienza in Cristo, il considerare tutto come
spazzatura, Fil 3,8) alle conseguenze per la Legge (alla luce di Cristo e di ci che stato regalato
in/tramite Lui); ID., Law 47-48; R. PENNA, Il problema della legge nelle lettere di S. Paolo, RivB 38
(1990) 342-343; H. RISNEN, Paul and the Law, 176.

(iv) Il ruolo della Legge per Paolo2


- definisce lo VIoudai/oj (Rm 2,17-20) = mezzo di identificazione. La legge come mezzo necessario per
rimanere nell'alleanza? Cf. E.P. SANDERS, Paul and Palestinian Judaism; D.B. CARLINGTON, The
Obedience of Faith.
- funzione rivelatrice: far conoscere la volont di Dio.
- funzione giudiziaria (fa conoscere il peccato e condannare) Rm 3,19-20; sfruttata dal peccato (Rm 7).
- ma senza funzione salvifica (vedi infra).

(v) La Legge e Cristo


Linterpretazione della posizione di Paolo in merito molto variegata. comune distinguere tra il
ruolo della Legge avanti/dopo Cristo:
- prima della venuta di Cristo:
Secondo alcuni esegeti, la Legge aveva un ruolo salvifico che non ha pi ora (Schoeps, Refoul). Il
suo ruolo salvifico era provvisorio ed finito con lera messianica. Paolo avrebbe semplicemente
sostituito il ruolo di Cristo a quello della Torah (la sua funzione storico-salvifica). cf. WILCKENS in
ZTK 56 (1959) 273-293; K. KERTELGE, Rechtfertigung bei Paulus, 203-204.
Per altri invece la Legge non ha mai potuto avere effetti salvifici, perch manipolata e sfruttata dal
peccatosin dallinizio (Rm 7), anche perch la giustificazione fu sempre ottenuta per mezzo della fede
sola (senza le opere della Legge; Rm 4).
- con e dopo la venuta di Cristo3:
Le posizioni sono anche variegate.
Per alcuni, Cristo non abroga la Legge (come espressione della volont di Dio) ma la sua
maledizione: CRANFIELD, Romans; THIELMAN, Plight 73,86.
Per altri, Cristo ha solo messo fine al mal usare la Legge (Hbner);
Per altri ancora, la Legge non pi un mezzo di salvezza, ma rimane valida come regola di vita (Rm
8,1-4) (Conzelman; Sanders); il cristiano non pi sotto la Legge (quale sistema chiuso), n

2
Cf. J. LAMBRECHT, "La comprensione della legge in Paolo", in K. KERTELGE (a cura di), Saggi esegetici su La
legge nel Nuovo Testamento, ed. Paoline 1990, 88-120. H. RISNEN, Jesus, Paul and Torah. Collected Essays,
Sheffield 1992.
3
Cf. B.L. MARTIN, Christ and the Law in Paul, 55-68.
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definitivamente separato, liberato (come liberato dal peccato, Rm 6; 7,1-6)4. C una totale
incompatibilit tra la nuova alleanza e la Legge mosaica; cf. F. LANG, "Gesetz und Bund", 309-312
(Ga 2,16; Fil 3,9).
Per altri, da interna la Legge diventata interna, scritta nei/sui cuori.
Per altri infine, la Legge non pi quella antica, ma quella di Cristo.

2. Valutazione della posizione paolina

Che nel corso del XX linterpretazione della posizione di Paolo sulla Legge non sia stata
uniforme, ammesso da tutti. Oggi, si tornato a dire da quasi tutti che Paolo ha ben capito il giudaismo
del suo tempo. nondimeno utile non dimenticare le diverse posizioni riguardanti il suo rapporto al
giudaismo:

(i) Secondo alcuni, il suo modo di descrivere il giudaismo e la Legge (come vista nella Bibbia e nel
giudaismo) caricaturale. Per un buon numero di studiosi ebrei, Paolo avrebbe ignorato la gratuit della
giustificazione confessata dai rabbini del suo tempo. Per una risposta diversa, vedere Thielman, secondo
cui l'attitudine di Paolo nei confronti della Legge in continuit con le affermazioni bibliche e con
numerosi giudei del suo tempo. Cos anche CARLINGTON, Obedience of Faith, 258, che nota la distanza
presa da Paolo nei confronti del Giudaismo (che conosce bene).
vero che il modo polemico in cui Paolo parla dell' "obbedienza della Fede" (Rm 1,5) e della
"giustificazione per mezzo della Fede" senza la Legge (o le opere della Legge) provocatorio. Per il
giudaismo del tempo, la possibilit di una obbedienza che non sia totale, cio a tutti i comandamenti della
Legge mosaica, era impensabile e costituisce il nodo della resistenza del giudaismo (e dei giudaizzanti) al
Vangelo di Paolo. Perch Paolo ha dunque voluto tanto insistere sul "senza la Legge"?
Notiamo anche l'opinione di H. WEDER5, molto pertinente: il problema non primariamente di
sapere se ci che Paolo dice della Legge corrisponde a ci che ne dice il giudaismo, ma di determinare
esattamente ci che dice.

(ii) Secondo altri, ci sono incoerenze e contraddizioni nelle affermazioni riguardanti lorigine e il ruolo
della Legge. Cf. Risnen; Sanders.

(iii) Valutazione positiva da molti esegeti. Paolo ha ben capito l'ideale del giudaismo (cf. il suo modo di
citare Lv 18,5) e la funzione pedagogica (ma non salvifica) della Legge mosaica.
Tuttavia, non c unanimit sullevoluzione della posizione di Paolo. Secondo alcuni, la sua
posizione sarebbe stato fissa subito dopo lincontro con Cristo, per altri invece, ci sarebbe una
progressione (evidenziabile se si paragona Ga, Rm ed Ef). Dopo tensioni, correzioni e elaborazioni
progressive, la riflessione paolina avrebbe raggiunto una unit e una coerenza finale.
Si vede subito il modo in cui la diversit delle affermazioni pu essere sfruttata: nel senso di una
elaborazione e unificazione (progressione vera), o nel senso di una incoerenza, la quale solleva molte
questioni sulla validit del NT come norma, come testimonianza vera al Vangelo e specchio autentico del
Vangelo. La posta in gioco quelle di una possibile teologia paolina riguardante la Legge.

(iv) Le scelte dellapostolo.


utile esaminare le affermazioni e i silenzi di Paolo riguardo alla Legge: non dice che la Legge
struttura il popolo di Dio quale popolo (gli da la sua identit; questo viene dalla promessa), assicura la sua
coesione, protegge l'individuo (sopratutto il debole) e il popolo, fornisce i riti di perdono dei peccati
(sacrifici per il peccato: Dio perdona mediante le procedure penitenziali della Legge), ecc. Come spiegare
questi silenzi?
Alcune posizioni salienti:
- La Legge non pu vanificare la promessa.
- La Legge al servizio del peccato.

4
Cf. B.L. MARTIN, Christ and the Law in Paul, 59-68.
5
Gesetz und Snde: Gedanken zu einem qualitativen Sprung im Denken des Paulus, NTS 31 (1985) 357
376 (370).
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- La Legge non strumento di liberazione e di libert; non d n la giustizia n la figliolanza.


- la Legge deve essere compiuta per mezzo dellavga,ph.
- la Legge (come codice etico) non ha un ruolo decisivo nelle esortazioni paoline.
- Vangelo e codice.
Per Paolo, a differenza della legge mosaica, il Vangelo non un codice (sistema legislativo,
religioso e sociale) particolare, perch non definisce un tipo di relazioni che implicano una separazione
(o una differenziazione fondamentale) tra gruppi umani (al livello etnico, sociale, culturale). Il Vangelo
deve invece trasformare, convertire i rispettivi codici: non riducibile a un sistema legale o giuridico,
ma deve penetrare ogni sistema etico e sociale.

3. Rm 10,4-5 come test case6.

3.1. Composizione
Per lunit retorica Rm 9,3010,21 e la sua funzione nellargomentazione di Rm 911, vedere il
mio commento su Rm nellIBC, anche Comment Dieu est-il juste? (trad. ital e ingl.) e la monografia
appena segnalata sulla Legge in Romani.
I versetti da analizzare sono collocati nellunit che va da Rm 9,30 a 10,21:

A = 9,30-10,3 Israele e le nazioni (synkrisis) = fatti


B = 10,4-18 Il credere in Cristo e la diffusione del Vangelo = principi
A'= 10,19-21 Israele e le nazioni (synkrisis) = fatti

Lunit Rm 10,(4)5-18, costituisce il corpo dellargomentazione.


- Il v.4 funge da pro,qesij (o propositio) e enuncia le posizioni che Paolo sta per spiegare e suffragare
in seguito, cio
1) il rapporto tra giustizia a partire dalla Legge o dalla fede,
2) il modo in cui si ottiene la giustizia e la salvezza,
3) chi interessato, solo il non Ioudai/oj o tutti gli uomini?
4) Israele non ha mai sentito parlare del legame essenziale tra Cristo, giustizia e salvezza?
- I versetti 5-18 fungono da pi,steij (o probatio), che si snodano in due/tre tappe (Paolo procede a
ritroso, dagli effetti alle cause, dalla parola interiore e confessante a quel che lha resa possibile):
v.5-8 prima spiegazione della tesi mediante un midrash pesher.
v.9-13 ripresa della seconda parte della propositio: la fede in Cristo come unico mezzo di giustificazione.
v.14-18 la condizioni della fede in Cristo: il kh,rugma e la sua diffusione a tutti, incluso Israele.

3.2. Esegesi di Rm 10,4

te,loj ga.r no,mou Cristo.j eivj dikaiosu,nhn panti. tw/| pisteu,onti


(i) Scelte linguistiche
- (Unico) punto ammesso da tutti: qui nomos = Torah. Cf. contesto anteriore (Israeliti che cercano la
loro giustizia, cio quella ottenuta per mezzo della Legge).
- difficolt grammaticali:
- l'enfasi: chiaramente messa su te,loj, ma il vocabolo soggetto o attributo del verbo?
- significato e rapporto del sintagma eivj dikaiosu,nhn, consecutivo (interpretazione suffragata da altre
espressioni simili (cf Rm 1,10; 5,18; 10,10...): avendo come risultato la giustizia, o finale: avendo
come scopo..
- il sintagma pu modificare Cristo,j o te,loj no,mou o te,loj no,mou Cristo,j: l'esame delle diversi
possibilit dipende anche dal senso di te,loj.
Alcuni esempi per il senso te,loj = termine
Cristo mette un termine alla Legge e d giustizia a chiunque crede;
Cristo termine della legge-come-mezzo-di-giustizia impossibile!
Cristo mette un termine alla Legge cosicch la giustizia fondata sulla fede sia accessibile a tutti.

(ii) Due maggiori interpretazioni del versetto

6
Cf. J.N. ALETTI, Isral et la Loi dans la Lettre aux Romains (Paris ; Cerf 1998) 214-226.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 6

1 te,loj = scopo, meta: Cristo come traguardo verso la quale la Torah porta(va), conduce(va).
Interpretazione che lascia aperte molte alternative:
a) C.T RHYNE Nomos dikaiosyns and the Meaning of Romans 10:4 CBQ 47 (1985) 486-499;
Possiamo raggiungere (= osservare) la Torah per mezzo della fede in Cristo. La giustizia promessa
dalla Legge diventa raggiungibile in/tramite Cristo. Per questa interpretazione non tiene conto del
contesto anteriore/posteriore in cui non si tratta di sapere se si pu osservare la Legge per mezzo
della fede in Cristo (tutto concentrato sulla fede in Cristo; niente sul rapporto fede/Legge).
b) M.A. SEIFRID "Paul's Approach to the Old Testament inRomans 10:6-8" TrinityJournal NS 6
(1985) 3-37: Paolo vede la Legge come preparazione di Cristo, come pedagogo che conduce(va) a
Cristo. Per il suo ruolo ormai finito. Questa interpretazione combina no,moj = mta + termine.
c) R. BADENAS Christ the End of the Law, Sheffield 1985, 112-118: secondo l'Autore,
l'interpretazione teleologica (Goal, destination) suffragata da paralleli ellenistici e biblici.

2 te,loj = termine, fine: Cristo ha messo un termine al regno della Legge (ormai obsoleta).
Per anche con questa interpretazione complessiva, molte opzioni sono ancora possibili:
a) Hofius, Kmmel, Zeller, Collange...: Cristo fine (della maledizione) della Legge: l'errore dei
Giudei: aver cercato la giustizia presso la Legge che pu solo condannare!
= Interpretazione basata su Gal 3 e Rm 7,7ss
b) H. MUSSNER "Christus [ist] des Gesetzes Ende zur Gerechtigkeit fr jeden, der glaubt (Rm
10,4)" in Paulus - Apostat oder Apostel, Regensburg 1977, 31-44: Cristo la fine della Legge per
la giustizia di tutti quelli che credono (il Lui), cio per i Cristiani, mentre tutto rimane aperto per
Israele (giustizia per mezzo della Legge);
= interpretazione basata su una lettura positiva di Rm 10,5 (come se fosse la posizione di Paolo).
Questa posizione va vanificata dal contesto posteriore immediato, Rm 10,12 e da tutte le
affermazioni dell'Apostolo in Rm 1-8.
c) C.F.D. MOULE, An Idiom Book of New Testament Greek, New York 21959, 70: "Christ is an end
to legalism for the attainment of righteousness". Ma, secondo lo stesso Moule, l'affermazione di
Paolo non significa che la Legge non debba pi essere osservata (pu essere osservata da tutti
quelli hanno ricevuto la Spirito di Cristo, il quale impedisce il legalismo, il vanto, l'auto-
sufficienza).
= Interpretazione basata su una comprensione sbagliata di Rm 10,3 (l'aggettivo i;dioj => orgoglio).
D'altronde, il contesto mette l'accentuazione su due giustizie (quella universale, per tutti e
gratuita, di Dio) e quella ricercata dai Giudei (quella per mezzo della Legge): come dice E.P.
Sanders, qui "the emphasis is still on the equality between Jew and Greek". Cf Rm 10,12.
d) Cristo mette un termine alla Legge in quanto essa non pi il codice che separa Israele dalle
Nazioni e che definisce sia i confini sia le condizioni dell'essere membro del popolo di Dio,
dell'essere figli della promessa.
Cf. J.D.G. DUNN, Romans, ad loc.; W. KRAUS, Das Volk Gottes, 305.

(iii) Riflessione sui criteri adoperati per l'interpretazione di Rm 10,4

- Non possiamo interpretare semplicemente il versetto a partire da Gal 3 e Rm 7 (= eisgsis). Prima


di verificare la coerenza delle posizioni paoline tra le diverse lettere, dobbiamo esaminare la Lettera ai
Romani in se stessa e specialmente Rm 9-11 (come unit letteraria e coerente).
- L'interpretazione deve tener presente la funzione argomentativa dell'affermazione di Rm 10,4: si
tratta di una propositio (= tesi che spiega ci che precede e va suffragata da ci che segue). Se quindi
la tesi rimane troppo concisa, oscura, astrusa, per verificare il suo contenuto preciso, ci si deve sempre
vedere ci che segue.
- Paolo non dice esplicitamente che il ruolo della Legge era positivo prima di Cristo, cio che la
Legge dava la giustizia (e che con l'arrivo di Cristo il suo ruolo diventato obsoleto). Egli presenta
solamente le due posizioni opposte:
.quella degli Israeliti (giustizia che viene dalla Legge) , che citano Mose (Lv 18,5 in Rm 10,5) per
suffragare la loro osservanza dei precetti (in vista della giustizia/giustificazione);
.quella degli credenti in Cristo (giustizia che viene dalla Fede) che citano Deut 30,12-14 LXX per
esprimere la loro situazione (niente osservanza, solo fede in Cristo, la fede che da la salvezza).
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 7

Non si pu quindi dire che Rm 10,5 esprime la posizione dell'Apostolo. Il punto di vista quello della
Legge stessa; citandola, Paolo fa s che essa possa dire in che cosa consiste il suo regime: non puoi
essere suo suddito senza osservarla, e la Legge stessa ti dice che devi osservarla per avere la vita. In
altre parole, in Rm 10,5, la Legge esprime molto bene quel che essa , come funziona e quel che
promette.
- Sorge allora una difficolt: se Paolo cita due passi della Torah per presentare due tesi opposte (quella
dell'Israelita e quella del credente in Cristo), egli sembra minare l'unit della Scrittura (in cui non c'
contraddizione) e minacciare la validit della sua argomentazione. Chi (specialmente uno Giudeo)
potrebbe accettare una tale impostazione? E' probabile che Paolo citi due testi della Torah per opporre
l'uno all'altro? Vedete che tutti quelli che interpretano Rm 10,4 solo come una affermazione sul
compimento (senza renderla obsoleta) della Legge, si appoggiano su questa ipotesi: Paolo non pu
mettere in contrasto/opposizione due versetti della Torah (e siccome 10,5 = positivo, allora il ruolo di
Cristo: solo portare a compimento).
Non dobbiamo dimenticare che Paolo vede la Torah (il sistema della Legge: la Halakah) come
una preparazione, un pedagogo per la giustizia regalata in Cristo. Per lui quindi tutti i passi della
Scrittura non hanno la stessa rilevanza. Egli pu citare Lv 18,5 come passo ormai superato (ma tipico
di un periodo passato). Ci non impedisce per lui l'unit (teleologica) delle Scritture!

3.3. Esegesi di Rm 10,5

Mwu?sh/j ga.r gra,fei th.n dikaiosu,nhn th.n evk tou/ no,mou


o[ti o` poih,saj auvta. a;nqrwpoj zh,setai evn auvtoi/j

A Lv 18,5 LXX leggiamo: kai. fula,xesqe pa,nta ta. prosta,gmata, mou kai. pa,nta ta. kri,mata, mou kai.
poih,sete auvta, a] poih,saj a;nqrwpoj zh,setai evn auvtoi/j evgw. ku,rioj o` qeo.j u`mw/n

(1) prima difficolt: il v.5 opposto o no ai versetti seguenti? Il de, di 6a = adversativus?


Motivi per vedere una netta opposizione (cf. Ksemann):
. Mwush/j (v.5) / giustizia che viene dalla fede (v.6);
. gra,fei (v.5) / le,gei (v.6);
. o` poi,hsaj auvta, (v.5) / mh. eivph|j evn th/| kardi,a| sou (v.6);
D'altronde, l'opposizione giustizia-che-viene-dalla-Legge / giustizia-che-viene-dalla-fede Paolina:
cf. Fil 3,6-9; Rm passim e Ga 3,12).

(2) seconda difficolt: la critica testuale e l'interpretazione della grammatica:


. secondo i testimoni, il o[ti viene messo dopo gra,fei (Mose scrive che...) o dopo no,mou (con il P46 e
ottimi manoscritti). Vedete subito la differenza:
A: "Mose infatti scrive che l'uomo facendo la giustizia che viene dalla Legge vivr in essa
(cio, in questa giustizia)";
B: "Mose dice (a proposito) della giustizia che viene dalla Legge che l'uomo facendo (osser-
vando) i comandamenti (= auta) vivr in essi (cio i comandamenti)"
Al livello della critica testuale, la lezione B preferibile per molte ragioni: la separazione gra,fein e
o[ti sarebbe impensabile in una seconda fase; Lv 18,5 molto alterato in A; la lettura un palese
tentativo per correggere la sintassi ambigua e difettosa di B.
(3) terza difficolt: la funzione del v.5 (nei confronti dei versetti precedenti e seguenti).

- prima soluzione: il v.5 non opposto a ci che precede e segue (cf. Badenas, Getty ed alcuni altri),
perch una opposizione forte tra due citazioni della Torah si ritornerebbe contro Paolo (distruggerebbe
l'unit della Parola divina, della Bibbia). Ma se il v.5 non si oppone ai seguenti, allora la Legge
rimane in vigore, e Cristo non mette pi fine, non annulla pi la validit della Legge (nel passato, nel
presente e nel futuro) => telos del v.4 = scopo, meta (e non termine).
Per, il problema rimane: se Israele osserva la Legge con zelo, quale la sua colpa: solo non
credere in Cristo, non vedere che Cristo ha portato la Legge al suo compimento, cio che: 1) egli ne
era lo scopo profetizzato; 2) ha portato l'amore prescritto dalla Legge al suo climax. Quindi per
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 8

Israele, credere in Cristo permetterebbe di raggiungere il vero scopo della Legge (cio la giustizia
in/per Cristo) e di vivere pienamente l'osservanza della Legge. Inoltre, i v.6-8 non fanno pi senso!

- seconda soluzione: il v.5 totalmente opposto a ci che segue (maggioranza degli esegeti).
= esprime allora la giustizia come Israele la vede (per mezzo dell'osservare la Legge per ottenere vita
e salvezza), opposta alla giustizia come il credente in Cristo la vede (cio come ascolto del Vangelo =
fede in Cristo salvatore).
Allora, la colpa di Israele consiste nel non riconoscere che la Legge non mezzo di giustizia e
che la giustizia viene solo tramite Cristo.
In Rm 10,5 Paolo esprime (senza polemizzare) lo scopo del giudeo pio e devoto. Di fatto, Lv
18,5 esprime la comprensione dell'Israelita (o del giudeo) nei confronti della Legge ("osserva e
vivrai". Cf. Dt 4,1; 5,32-33; 8,1; 30,15-20; Ne 9,29; Ez 18,9.21; 20,11; 33,19, ecc.). Interpretare Rm
10,5 come l'espressione della giustizia (come la vede Israele) va molto bene con il contesto
precedente, cio lo zelo di Israele per Dio (10,2) e la loro volont di rimanere nella loro propria
giustizia (quella giudaica, ottenuta per mezzo della Legge; cf. Fil 3,9).
Sulleseguire le prescrizioni della Legge e vivere per mezzo di esse, cf. CD 3,15-16 ( Lv 18,5)

le sue giuste stipulazioni, il suoi sentieri veritieri e i wnwcr ycpxw wtma ykrdw wqdc twdy[
desideri della sua volont
che un uomo far e vivr per mezzo di essi. ~hb hyxw ~dah 16 hX[y rXa
4Q266 frg 11,132; 4Q269 frg 16,10; 4Q504 frg 6,17.

NB la Torah per lo VIoudai/oj7


1. Israele, popolo della Tora (la sua via)
2. La Tora, strumento di vita.

3.4. Esegesi di Rm 10,6-8

= midrash pesher su Dt 30,12


(1) Questo tipo di interpretazione del passo di Dt non una novit o una creazione di Paolo: cf gi Ba
3,29; S 107-106,26; Prov 30,4; Targumim Dt (veda il foglio ad hoc).
Chiaro che Paolo vede Dt 30,11-14 come profezia della salvezza in Cristo.
Se teniamo presente l'una et l'altra ipotesi riguardo al rapporto 10,5/10,6-8,
allora il contrasto forte tra 10,5 e 10,6-8, cio tra

Legge e fede
osservare (i comandi) e ascoltare, credere (il/nel Vangelo)
performance per vivere (sussistere) e fede accessibile a tutti
vivere nelle osservanze e la parola del Vangelo in noi

Quale la funzione rispettiva delle due componenti del binomio? 10,5 suffraga la situazione di
chiunque vive come soggetto della Legge (= deve osservarla): l'osservanza la condizione della vita,
dell'alleanza, dell'ottenere la giustizia e la retribuzione giusta. Il non osservare implica il distaccarsi
dal sistema intero, quindi il rinunciare alla giustizia. Il giudeo che ha preferito la Legge al Vangelo
deve quindi vivere osservandola (per, ci non implica che sia effettivamente salvato). Invece, la
situazione del credente in Cristo totalmente diversa: non ha da osservare la Legge per vivere (in essa
o per mezzo dell'osservanza), ma solo da ascoltare l'annunzio che viene a noi (Dio fa il primo passo,
anzi fa tutto il cammino, basti accogliere la sua Parola, Cristo).
Riguardo alla propositio di 10,4, l'opposizione 10,5 <=> 10,6-8 illustra l'alternativa: senza o
con Cristo. L'uomo che sceglie la Legge per ottenere la sua giustificazione non pu scegliere Cristo

7
Sullargomento,, vedere F. AVEMARIE, Tora und Leben. Untersuchungen zur Heilsbedeutung der Tora in der
frhen rabbinischen Literatur, Tbingen 1996.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 9

(cf Lv 18,5); invece l'uomo che sceglie Cristo, ottiene la giustificazione senza le osservanze richieste
dalla la Legge (cf Dt 30,11-14). Due vie irriducibili per ottenere la giustificazione e la salvezza.
Per cui, telos deve necessariamente implicare l'idea di "termine", "fine": Cristo ha messo una
fine alla Legge (non c' bisogno di osservarla per ottenere la giustificazione). Ci non significa che la
Legge non aveva Cristo come scopo: cf. Dt 30,11-14 visto da Paolo come profezia dell'evento Cristo:
per cui l'idea di Cristo "scopo" della Legge non pu essere esclusa. In realt telos viene chiarificato in
10,5-8: implica le due idee di "fine" e "scopo". "Fine", perch adesso la giustizia regalata senza
differenza e gratuitamente a tutti (pagani e giudei); "scopo" perch la giustizia in Cristo profetizzata
dalla Legge stessa (Dt 30).
Si vede bene che per Paolo non c' contraddizione a adoperare Lv 18,5 e Dt 30,11-14 per suf-
fragare o illustrare la sua tesi (la propositio di 10,4): citando l'uno e l'altro Paolo non mina la sua
argomentazione.

Ges e la Legge

NB. Principio metodologico: distinguere tra il Ges dei vangeli e quello della storia. Le difficolt non
sono le stesse. Quello dei vangeli solleva la questione dellunit del canone NT (vangeli e lettere
paoline), quello della storia solleva la questione di ci che fu probabilmente linsegnamento del rabbi
di Nazaret (e dellaffidabilit storica dei racconti evangelici).
Domande: come Ges ha visto la Legge? La Legge, terreno privilegiato del suo insegnamento? Quali
argomenti (della halakah) privilegia? Distingue tra comandamenti morali e rituali? Ecc.

1. Ges e lo shabbat

- Ges ha dovuto affrontare le questioni casistiche, ha dovuto pronunciarsi sul sabato,


- Ges un VIoudai/oj che si oppone al rigorismo degli esseni e, in certi casi, dei farisei, anche dei
discepoli di Giovanni Battista (non digiuna e non fa digiunare i suoi discepoli, si lascia avvicinare dai
peccatori, non segue tutti le regole del sabato, ecc.). Il suo punto di vista sulla halakah non soltanto
quello del buon senso, ma anzitutto quello umano, quello dei paesani la cui esistenza precaria.

Mc 2,23-288

vv. le tappe della controversia il testo


presentazione personaggi, circostanze
23 Ges Kai. evge,neto auvto.n evn toi/j sa,bbasin paraporeu,esqai dia. tw/n
spori,mwn(
i discepoli: complicazione kai. oi` maqhtai. auvtou/ h;rxanto o`do.n poiei/n ti,llontej tou.j
sta,cuaj
24 terso personaggio controversia kai. oi` Farisai/oi e;legon auvtw/|\
domanda di giustificazione i;de ti, poiou/sin toi/j sa,bbasin o] ouvk e;xestin
risposta di Ges in tre tappe kai. le,gei auvtoi/j\
25s (i) argomento scritturistico: fatti ouvde,pote avne,gnwte ti, evpoi,hsen Daui.d o[te crei,an e;scen kai.
(1Sam 21,1-6) evpei,nasen auvto.j kai. oi` metV auvtou/(
26
pw/j eivsh/lqen eivj to.n oi=kon tou/ qeou/ evpi. VAbiaqa.r avrciere,wj
kai. tou.j a;rtouj th/j proqe,sewj e;fagen( ou]j ouvk e;xestin fagei/n
eiv mh. tou.j i`erei/j( kai. e;dwken kai. toi/j su.n auvtw/| ou=sin
27 (ii) argomento antropologico: kai. e;legen auvtoi/j\
sotto forma dassioma to. sa,bbaton dia. to.n a;nqrwpon evge,neto
kai. ouvc o` a;nqrwpoj dia. to. sa,bbaton
28 (iii) argomento cristologico w[ste ku,rio,j evstin o` ui`o.j tou/ avnqrw,pou kai. tou/ sabba,tou
dichiarazione

8
Pericope della triplice tradizione. Cf. Mt 12,1-8 e Lc 6,1-5.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 10

Breve commento esegetico:


(a) generalit
- controversia interessante perch non segue un miracolo di Ges un giorno di sabato.
- La distinzione Ges/discepoli si ritrova nella citazione biblica (Davide e quelli con lui).
- Come capogruppo, Ges considerato come responsabile di ci che fanno i suoi discepoli motivo
ben conosciuto nel mondo dallora9.

(b) difficolt
- la frase kai. e;legen auvtoi/j del v.27a inutile e goffa (probabilmente introdotta per iniziare le risposte
seguenti furono aggiunte pi tardi (probabilmente perch la prima risposta non sembrava pi perti-
nente).
- Non verosimile vedere farisei in mezzo ai campi il giorno dello shabbat. Di pi una presenza orga-
nizzata dei farisei in Galilea (in particolare per sorvegliare Ges e i suoi discepoli) non attestata a
questa epoca.
- Se la questione di Ges, come risposta a quella dei farisei, fa parte delle tecniche di controversia, il
suo contenuto debolissimo, perch come citazione delle Scritture, sbagliata. assurdo dire agli
avversari ouvde,pote avne,gnwte (non avete mai letto?) e citare sbagliatamene il testo sollecitato. Nel
testo di 1Sam 21,2-10, infatti, (i) Davide solo ed ancora solo, quando incontra i preti di Nob (non
ha dunque potuto dare i pani dellofferta ad altri). Il testo sollecitato dice il contrario di ci che Ges
ne menziona. (ii) non si parla dello shabbat, e nessun commento dellepoca di Ges interpretava il
passo come se fosse accaduto uno shabbat. (iii) Se levento non avvenuto uno shabbat e se Ges non
menziona lo shabbat nei v.25-26, allora il testo biblico pu solo servire a mostrare che in caso
durgente necessit un bisogno umano deve prevalere su una regola religiosa. In ogni caso, non rile-
vante per la questione dello shabbat sollevata dai farisei. E si pu veramente dire che i discepoli di
Ges sono in una situazione durgente necessit? (iv) Ges commette un ultimo errore, quello di sba-
gliare sullidentit del sacerdote che Davide incontra. In 1Sam 21,3.9 il suo nome Ahimelek e non
Abiatar (che era il suo figlio), come lo dichiara Ges.
Fortunatamente, per il nostro percorso, questa prima risposta (v.25-26) molto meno impor-
tante delle due seguenti, che riflettono il pensiero di Ges sulla vera finalit o il vero scopo dello
shabbat (v.27) e sulla sua propria signoria (v.28).

(c) lassioma del v.27


Come spesso per tali enunciati, la forma oralmente fatta per essere memorizzata. Loralit
favorisce formule brevi, lapidarie e composte per essere facilmente ripetute:

a to. sa,bbaton
b dia. to.n a;nqrwpon
c evge,neto
b kai. ouvc o` a;nqrwpoj
a dia. to. sa,bbaton

Gli esegeti segnalano un aforisma di R. Simeone ben Menaya, dellepoca dei Tanam (circa 180),
dunque pi tardivo, che presenta somiglianze con quello di Mc 2,27 ed , anchesso, oralmente, cio
chiasticamente, composto; il suo significato che lo shabbat un mezzo, ma non un fine in s e per
s10:

tbv lo shabbat

9
Nei v.25-26, la risposta di Ges suppone e sottolinea la responsabilit del capogruppo: Davide lunico
soggetto dei verbi dazione, tutti al singolare (eivsh/lqen, e;fagen, e;dwken).
10
Il testo seguente ripreso da J.Z. LAUTERBACH, Mekilta di Rabbi Ishmael Massekta [aT'kS,m;= text, treatise]
de-Shabbeta (Philadelphia 1935) 199, righe 43-44, che un commento su Es 31,13-14 (~k,_l' awhi vd<qo yKi
tB'V;h;-ta, ~T,r>m;v.).
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 11

hrwsm consegnato11
~kl a voi
~ta !yaw ma non voi
!yrwsm consegnati
tbvl allo shabbat

Secondo gli esegeti, la formulazione di Mc 2,27 rinvierebbe a Gn 12, dove si riscontrano spesso i
vocaboli a;nqrwpoj e evge,neto. Il Ges di Mc alluderebbe allora allordine del creato, a ci che Dio ha
voluto, quando cre il cosmo. In questi primi capitoli della Gn luomo stato infatti creato prima
dello shabbat e questultimo stato fatto per il riposo di Dio come modello di quello delluomo.
Lassioma di Ges (cos come quello di R. Simeone) non relativizza totalmente lo shabbat, cio non
lo dichiara irrilevante e non significa che quel giorno si possa fare qualunque cosa, ma solo che questo
giorno consacrato per la lode e la benedizione solo un mezzo al servizio delluomo e del suo bene, e
che i mezzi e i doni i pi grandi non devono ricevere un importanza tale da asservire luomo.

(d) La dichiarazione cristologica del v.28


w[ste ku,rio,j evstin o` ui`o.j tou/ avnqrw,pou kai. tou/ sabba,tou.
Il vocabolario.
Lenfasi messa sul sostantivo ku,rioj (Signore ). La fraseologia strana, perch ku,rioj
dovrebbe essere seguito dal genitivo tou/ sabba,tou (Signore [anche] dello shabbat). Questo tipo di
iperbato esiste in altri testi (Flavio Giuseppe ne fa carrellate), ma non in Mc, e la costruzione poco
elegante a causa dei due genitivi che si susseguono (delluomo e/anche dello shabbat). Anche se lo
stile di Mc generalmente poco elegante, in questo versetto lo ancora meno! Tal quale lenunciato
non une designazione (IL signore il figlio delluomo), operazione che mette in risalto lunicit
(lui e lui solo), ma una predicazione, operazione che procede per comprensione e dice qualcosa
sullessere di Ges.
La semantica.
Cosa intende dire Ges per ku,rioj dello shabbat? Il signore dello shabbat colui che pu
farne ci che vuole, cio determinarne e/o cambiarne le regole, anche interpretarle e notificarne lo
scopo. Dichiarazione solenne, che rende Ges simile, anzi uguale a Dio, anchegli ku,rioj dello shab-
bat. La pretesa di Ges assoluta e non soffre relativizzazione.
La storicit. Per luno o laltro storico, il v.28 non storico, perch d a Ges un titolo atempo-
rale (cf. la copula evstin) che vale per il tempo della Chiesa e denota un potere sovrumano. Come Mc
2,10 (evxousi,an e;cei o` ui`o.j tou/ avnqrw,pou avfie,nai a`marti,aj evpi. th/j gh/j), questo verso verrebbe dalla
Chiesa primitiva12. Questo giudizio negativo principalmente basato su due indizi: linterpretazione
di ku,rioj quale designazione (e non quale predicazione, come si dovrebbe leggere), e il verbo evstin, la
cui colorazione sarebbe atemporale/eterna. Anche se non si condividono queste ragioni, si deve am-
mettere che lenunciato esprime una rivendicazione che rende Ges uguale a Dio. Linterrogativo
slitta allora verso la coscienza che Ges aveva del suo statuto e della sua missione, problema che non
pu essere affrontato in questa sede.
Questo episodio non lunico a raccontare controversie sullo shabbat. I Sinottici e anche Gv
testimoniano delloperare miracoli quel giorno (criterio dellattestazione molteplice). Si pu senza
sbagliare vedere che storicamente ci sono state controversie in merito. Se non si pu con totale XXXX
Mt 12,1-8 = Mc 2,23-28 = Lc 6,-5;
Mt 12,9-14 = Mc 3,1-6 = Lc 6,6-11;
Lc 13,10-17; Lc 14,1-6;
Gv 5,1-16; 7,22-24; 9,1-41.
In tutti questi episodi, Ges ha lo stesso atteggiamento e le stesse reazioni (criterio della coe-
renza); tutto ci che fa e dice mira a mostrare che tocca a lui ricordarci la finalit dello shabbat. Che la

11
Dal verbo rsm, da dove verrebbe, secondo alcuni specialisti, la parola hrsm = masorah, che designa il testo
biblico trasmesso. Il contesto dellassioma illumina il suo senso, perch mostra che una vita umana minacciata
ha priorit sullo shabbat.
12
J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 292-293.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 12

formulazione di Mc 2,10 e 2,28 sia stata modificata, enfatizzata, dalla Chiesa primitiva non deve farci
dimenticare la base storica innegabile delle storie raccontate.
La posta in gioco. Valutare latteggiamento di Ges nei confronti della Legge. Egli non nega
lutilit o la rilevanza dello shabbat, ma non ne fa un assoluto. Le sue reazioni non si presentano come
una casistica differente di quella dei dottori della Legge e di farisei, ma come una dichiarazione di
principio (i v.27 e 28, il secondo versetto presentandosi come la ragione del precedente): essendo si-
gnore dello shabbat, Ges pu enunciarne lo status e il ruolo voluto da Dio.

2. Ges e le regole di purezza (Mc 7,1-23/Mt 15,1-20)

Questa pericope ha una funzione prolettica. Ges dichiara che di per s nessun alimento im-
puro (v.19) e che limpurit viene dal cuore delluomo (v.20-23). Se dunque limpurit viene da den-
tro, non si pu dire solo a partire dallapparenza chi impuro, VIoudai/oj o meno. Ecco perch, subito
dopo, Ges va dai pagani (non sono a priori impuri)!

2.1. La composizione del brano


I v.1-23 sono stati studiati da numerosissimi esegeti. Basti riprenderne la progressione, eviden-
ziata dagli ultimi commentari:

Ges e i farisei/scribi v.1-4 cornice narrativa


v.1-13 v.1 presentazione dei personaggi
v.2 occasione del racconto
(discepoli mangiano senza pulirsi le mani)
v.3-4 inciso su tradizioni di purezza dei farisei e giudei
v.5-13 domanda e risposta v.5 domanda dei farisei/scribi a Ges:
perch i discepoli mangiano senza pulirsi le mani?
v.6-8 accusa espressa con Is 29,13
contraddizione (comandamenti < tradizioni)
v.9-13 esempio (niente aiuto ai genitori sotto pretesto di
offerta a Dio)
Ges e la folla v.14 apostrofe alla folla
v.14-15 v.15 aforisma in due parti v.15a ouvde,n evstin e;xwqen tou/ avnqrw,pou eivsporeuo,menon
eivj auvto.n o] du,natai koinw/sai auvto,n(
v.15b avlla. ta. evk tou/ avnqrw,pou evkporeuo,mena,
evstin ta. koinou/nta to.n a;nqrwpon
Ges e i discepoli v.17-18a domanda discepoli domanda sullaforisma del v.15
nella casa v.17-23 e apostrofe (risposta) Ges
v.18b-23 spiegazione aforisma v.18b-19 spiegazione prima parte dellaforisma (v.15a):
niente venendo da fuori rende impuro
v.20-23 spiegazione seconda parte dellaforisma (v.15b):
ci che viene da dentro rende impuro

2.2. Se lunit redazionale (finale) palese, perch un certo numero di parole si riscontrano lungo il
brano a;nqrwpoj13, koino,j, koino,w14, evperwta,w15, kardi,a16 , gli esegeti pensano che ci sono diversi
strati redazionali pre-marciani e marciani17:
(a) gli incisi dei v.3-4, 11 (Korbn, cio offerta sacra) e 19b (Dichiarava cos mondi tutti gli alimenti),
(b) tutte le espressioni generalizzanti: kai. pa,ntej oi` VIoudai/oi nel v.3 (perch non corrisponde alla realt, i
farisei essendo conosciuti per essere molto pi rigorosi degli altri riguardo alla purezza), kai. a;lla polla,
evstin a] pare,labon kratei/n nel v.4, il kai. paro,moia toiau/ta polla. poiei/te del v.13b, kaqari,zwn pa,nta ta.
brw,mata nel v.19c, e pa,nta tau/ta ta. ponhra. e;swqen evkporeu,etai nel v.23.
(c) il passaggio dallinsegnamento pubblico a quello in disparte, ai soli discepoli, si riscontra diverse volte in
Mc ed redazionale. Cf. Mc 4; 9,14-29; 10,2-12.

13
11: al pl. v.7.8 e 21; al sing. v.11.15(3).18.20(2) e 23.
14
koino,j, v.2.5; koino,w, v.15(2).18.20 e 23.
15
v.5 e 17: le due unit v.5-13 e 17-23 sono composte sul binomio domanda/risposta.
16
Cf. v.6, 19 e 21.
17
Cf. ad es. larticolo di J. LAMBRECHT, Jesus and the Law.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 13

(d) la tendenza marciana di procedere dualmente18: v.1 farisei e alcuni degli scribi, v.3 i farisei e tutti i
giudei, v.5 i farisei e gli scribi, v.5 due domande (una negativa e una positiva), v.15 due imperativi
(avkou,sate, kai. su,nete), due volte il verbo koino,w nel v.15, due micro-unit nei v.6-13, nel v.15 e nei v.18b-
23, ecc.
(e) i vocaboli marciani: suna,gomai v.1; evperwta,w v.5 e 17; krate,w v.3, 4 e 8.
(f) nei v.6-7, la citazione presa da Is 29,13 LXX e non dallebraico, perch la seconda parte (modificata)
del versetto 13 greco (ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej didaskali,aj evnta,lmata avnqrw,pwn = Invano essi
mi rendono culto, insegnando insegnamenti che sono precetti di uomini), diversa dallebraico, corrisponde
meglio al suo progetto: gli insegnamenti dei farisei e degli scribi sono tradizioni umane opposte ai coman-
damenti di Dio. Rilevare come Mc 7,7 ha inoltre cambiato lordine del greco:
Is ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej evnta,lmata avnqrw,pwn kai. didaskali,aj
Mc ma,thn de. se,bontai, me dida,skontej didaskali,aj evnta,lmata avnqrw,pwn
e ha fatto di evnta,lmata avnqrw,pwn il predicato di didaskali,aj (insegnamenti che sono precetti di uomini).
Largomentazione di Ges funziona solo a partire dal testo (rimaneggiato) della LXX, perch lebraico non
denuncia quelli che insegnano.
J.P. Meier segnala che Col 2,21-22 utilizza anche la versione greca di Is 29,13, e siccome non dipende da
Mc 7/Mt 15, si pu concludere che il testo isaiano (nella versione greca) circolava gi nelle prime comunit
come testo di riferimento per rigettare le regole alimentari19. In breve, si pu dire che Mc 7/Mt 15 rinviano a
una fonte cristiana, e non si pu sapere che cosa ha esattamente detto il Ges della storia (che non sapeva
abbastanza il greco per citare da memoria le Scritture in questa lingua).
(g) nei v.9-13, Ges mostra che per i farisei/scribi il qorban20, come sotterfugio per non aiutare i genitori,
prevale sul comandamento fondamentale del decalogo di onorarli (Es 20,12/Dt 5,16; cf. anche Es 21,16/17).
Laccusa implicita dei v.6-7 (citazione biblica) diventa esplicita (Ges) nel v.8. Siccome questi versetti di-
pendono interamente dallargomentazione precedente (che non pu essere soppressa senza che i v.9-13 per-
dano la loro pertinenza e il loro senso) e in particolare dalla citazione presa nella LXX, nella loro forma at-
tuale non possono rinviare al Ges storico. Ma possibile che i v.9-13 vengano da un'altra polemica tra
Ges e i farisei/scribi, perch questi versetti non sembrano riflettere una preoccupazione della chiesa primi-
tiva (criterio di discontinuit).
(h) siccome i v.18b-23 sono una spiegazione del v.15, la loro autenticit dipende da questo versetto che
la versione la pi antica del logion (Mt 15,11 ne una ripresa lenificante21). Contro lautenticit, si deve no-
tare che i giudeo- cristiani degli anni 50-70 del I secolo non hanno invocato Ges per rinunciare alle regole
di kashrut. N il Paolo degli Atti n il Paolo delle lettere hanno potuto invocare questo logion del Signore
nelle loro argomentazioni. Un versetto come Rm 14,14 mostra spesso che Paolo pu solo invocare la sua
convinzione ma non un detto di Ges. Infine, ci vuole una visione a Pietro per realizzare progressivamente
che nessun cibo (e nessun uomo) di per s impuro (koino,j Atti 10,28; 11,8).
Meier fa notare che, a differenza del divorzio e del giuramento, che erano accettati e praticati ma non ri-
guardavano tutti i giudei, se non in circostanze eccezionali, le leggi alimentari concernevano tutti quanti, e
quotidianamente; inoltre, assicuravano la separazione tra i giudei e gli altri popoli in mezzo ai quali vive-
vano. Ora, dichiarare irrilevanti queste leggi non avrebbe potuto che far traballare la differenza e lidentit
del giudaismo nei confronti dei popoli attorno22.
(i) Mc 7,1-23 (e la sua ripresa Mt 15,1-20) dunque lunica pericope dedicata alla purezza rituale. Certo,
Ges ha stigmatizzato limpurit morale dei farisei/scribi in Mt 23,25-28/Lc 11,39-41.44, ma si tratta di una
metaforizzazione. E, come lo rilevano gli storici, un tale silenzio stupendo, quando si sa (i) che Ges e i
suoi discepoli viaggiavano con donne, le cui mestruazioni dovevano rendere impuri i maschi attorno (tra i
quali Ges)23 e (ii) limportanza che aveva questo punto allepoca24.

3. Ges e la Legge: salvezza e perfezione

18
Cf. F. NEIRYNCK, Duality in Mark. Contributions to the Study of the Markan Redaction (BETL 31; Leuven
1972).
19
J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 374.
20
Listituzione e la parola qorban erano ben conosciute al tempo di Ges. Cf. Flavio Giuseppe, Ant. 4.73; Apion
1.167. Senza la parola qorban, ma rinviando allistituzione, vedere Filone, Hypothetica 7.3 e CD 16.
21
Vedere la dimostrazione magistrale di J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 386-391.
22
P. MEIER, A Marginal Jew, IV, 393-394.
23
Cf. Lv 15,19-24. Per le impurit sessuali degli maschi, cf. Lv 15,16-17.
24
I vangeli non sembrano ritenere che toccando una persona morta o lebbrosa Ges diventa ritualmente impuro.
Se toccare un morto costituiva limpurit la pi grave (Nb 19,11-22), la legge stessa non dice che chi tocca un
lebbroso diventa impuro.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 14

La problematica: per Ges (il Ges dei Sinottici e/o il Ges della storia), e a differenza di
Paolo, la Legge via di salvezza, via che guida verso la vita eterna?
Per rispondere, bisogna fare lesegesi di Mt 19,16-22 = Mc 10,17-22 = Lc 18,18-23:

Mt 19,16-22 Mc 10,17-22 Lc 18,18-23


Kai. ivdou. ei-j proselqw.n auvtw/| Kai. evkporeuome,nou auvtou/ eivj o`do.n Kai. evphrw,thse,n tij auvto.n a;rcwn
ei=pen\ prosdramw.n ei-j kai. gonupeth,saj le,gwn\
auvto.n evphrw,ta auvto,n\
dida,skale( ti, avgaqo.n poih,sw i[na dida,skale avgaqe,( ti, poih,sw i[na dida,skale avgaqe,( ti, poih,saj zwh.n
scw/ zwh.n aivw,nion zwh.n aivw,nion klhronomh,sw aivw,nion klhronomh,sw
17 18 19
o` de. ei=pen auvtw/|\ ti, me evrwta/|j o` de. VIhsou/j ei=pen auvtw/|\ ti, me ei=pen de. auvtw/| o` VIhsou/j\ ti, me
peri. tou/ avgaqou/ le,geij avgaqo,n le,geij avgaqo,n
ei-j evstin o` avgaqo,j\ ouvdei.j avgaqo.j eiv mh. ei-j o` qeo,j ouvdei.j avgaqo.j eiv mh. ei-j o` qeo,j
eiv de. qe,leij eivj th.n zwh.n
19 20
eivselqei/n( th,rhson ta.j evntola,j ta.j evntola.j oi=daj\ ta.j evntola.j oi=daj\
18
le,gei auvtw/|\ poi,aj
o` de. VIhsou/j ei=pen\
to. ouv foneu,seij( mh. foneu,sh|j( mh. moiceu,sh|j(
ouv moiceu,seij( mh. moiceu,sh|j( mh. foneu,sh|j(
ouv kle,yeij( mh. kle,yh|j( mh. kle,yh|j(
ouv yeudomarturh,seij( mh. yeudomarturh,sh|j( mh. yeudomarturh,sh|j(
mh. avposterh,sh|j(
19
ti,ma to.n pate,ra kai. th.n ti,ma to.n pate,ra sou kai. th.n ti,ma to.n pate,ra sou kai. th.n
mhte,ra( mhte,ra mhte,ra
kai. avgaph,seij to.n plhsi,on sou w`j
seauto,n
20 20 21
le,gei auvtw/| o` neani,skoj\ pa,nta o` de. e;fh auvtw/|\ dida,skale( o` de. ei=pen\ tau/ta pa,nta
tau/ta evfu,laxa\ tau/ta pa,nta evfulaxa,mhn evk evfu,laxa evk neo,thtoj
neo,thto,j mou
ti, e;ti u`sterw/
21
e;fh auvtw/| o` VIhsou/j\ o` de. VIhsou/j avkou,saj de. o` VIhsou/j
21
evmble,yaj auvtw/| hvga,phsen auvto.n
kai. ei=pen auvtw/|\ ei=pen auvtw/|\
22
eiv qe,leij te,leioj ei=nai( e[n se u`sterei/\ e;ti e[n soi lei,pei\
u[page u[page(
pw,lhso,n sou ta. u`pa,rconta kai. o[sa e;ceij pw,lhson kai. do.j toi/j pa,nta o[sa e;ceij pw,lhson kai.
do.j toi/j ptwcoi/j( ptwcoi/j( dia,doj ptwcoi/j(
kai. e[xeij qhsauro.n evn ouvranoi/j( kai. e[xeij qhsauro.n evn ouvranw/|( kai. e[xeij qhsauro.n evn toi/j
ouvranoi/j(
kai. deu/ro avkolou,qei moi kai. deu/ro avkolou,qei moi kai. deu/ro avkolou,qei moi
22 22 23
avkou,saj de. o` neani,skoj to.n o` de. stugna,saj evpi. tw/| lo,gw| o` de. avkou,saj tau/ta peri,lupoj
lo,gon avph/lqen lupou,menoj\ h=n avph/lqen lupou,menoj\ h=n ga.r e;cwn evgenh,qh\ h=n ga.r plou,sioj sfo,dra
ga.r e;cwn kth,mata polla, kth,mata polla,

3.1. Breve presentazione del passo


(i) La domanda del ricco.
Se in molti testi del periodo intertestamentario leredit spesso quella della terra25, ci sono
nondimeno alcuni passi in cui si parla di ereditare la vita eterna. La domanda non dunque del tutto
nuova e riflette aspettative del genere. Gli ultimi commentari di Mc menzionano
Salmi Salomone 14,9-10:
dia. tou/to h` klhronomi,a auvtw/n a[|dhj kai. sko,toj kai. avpw,leia kai. ouvc eu`reqh,sontai evn h`me,ra| evle,ouj
dikai,wn, oi` de. o[sioi kuri,ou klhronomh,sousin zwh.n evn euvfrosu,nh|.
Oracoli della Sibilla 23,46-49:
oi` de. qeo.n timw/ntej avlhqino.n ave,nao,n te 47 zwh.n klhronomou/si(
to.n aivw/noj cro,non auvtoi, 48 oivkou/ntej paradei,sou o`mw/j evriqhle,a kh/pon
49
dainu,menoi gluku.n a;rton avpV ouvranou/ avstero,entoj
1Enoch 40,9:
Langelo Phanuel who [is] in charge of the repentance to hope of those who inherit everlasting life.
(ii) La risposta di Ges si sviluppa in due tappe: (i) commento sullaggettivo avgaqo,j, (ii) e poi la lista
dei comandamenti della seconda tavola.

25
Cf. il TWNT (art. klh/roj, ecc.) ed altri dizionari.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 15

Sul topos della bont di Dio, vedere ad es. S 72/73,1; Filone, de decalogo 91 e 176; de
specialibus le gibus 1,209; Flavio Giuseppe, antichit 4,28.
La risposta di Ges (eseguire i comandamenti) significa palesemente che si ottiene la vita
eterna obbedendo ai comandamenti della Legge: osservare i comandamenti della Legge basta per
ottenere la vita eterna. Per il Ges dei Sinottici, la Legge dunque via di salvezza. Su questo punto
c una chiara opposizione con la posizione de Paolo riguardo alla Legge (cf. Rm 10,4-5 dove si
esprime chiaramente e brevemente la tesi di Paolo e il suo contrario).
Lenunciato di Ges vicinissimo a quelli per mezzo dei quali il giudaismo esprimeva la sua
specificit. Cf. Lv 18,5; CD 3,12-16:

i suoi santi shabbat, wXdq twtbX


le sue gloriose feste, wdwbk 15 yd[wmw
le sue testimonianze giuste, wqdc twdy[
le sue vie affidabili, wtma ykrdw
i desideri della sua volont, wnwcr ycpxw
che un uomo far e vivr per mezzo di essi ( Lv 18,5). ~hb hyxw ~dah 16 hX[y rXa
- sui riassunti di tutta la Legge, cf. S 14/15,3; 33/34,14; 49/50,18-20; Mal 3,5; ecc.
(iii) La perfezione: lasciare tutto e seguire Ges
Lenunciato sul vendere tutti gli averi stato accomunato ai detti dei filosofi, specialmente gli
stoici, che chiedevano di non accumulare le ricchezze per una pi grande libert. Cf. Epiteto,
diatribai, 4.4.33 (citato da E. Yabro COLLINS, Mark, 479):
kai. pw/j avpalla,xw* ouv polla,kij h;kousaj( o[ti o;rexin avrai, se dei/ pantelw/j th.n e;kklisin evpi.
mo,na tre,yai ta. proairetika,( avfei/nai se dei/ pa,nta( to. sw/ma( th.n kth/sin( th.n fh,mhn( ta.
bibli,a( qo,rubon( avrca,j( avnarci,an*26
Ma il rinunciare a tutti gli averi non basta. Lo scopo della rinuncia lattaccamento a Ges per
essere con lui e condividere il suo itinerario. La perfezione non nel rinunciare, ma nel seguire Ges.
Il rinunciare solo un mezzo ma un mezzo necessario.
Ci che esprime Ges lincompatibilit tra il possedere e il seguire (la disponibilit totale per
andarsene con lui).
Ci che hanno fatto i discepoli (i primi quattro, Levi e i Dodici), senza pure vederne la
necessit, la condizione essenziale per poter testimoniare adeguatamente della storia.

4. Il Ges di Mt e la Legge

Oltre allarticolo di E. CUVILLIER, Torah Observance and Radicalization in the First Gospel, NTS
55 (2009) 144-159, vedere J.N. ALETTI, Ges Cristo: unit del Nuovo Testamento? 196-211.

4.1. Le domande che sollevano i detti del Ges matteano


- riguardo al rapporto di Matteo e della sua comunit al giudaismo del suo tempo: il Ges di Mt
rimane allinterno del perimetro giudaico, o dimostra di essere a distanza (anzi fuori) della tradizione
giudaica: In his relationship to the law, does Matthew's Jesus remain within all or part of Jewish
tradition and more specifically that of the Pharisees, or does he break with it? 27 In altri termini: Ges
non venuto per abolire la Legge (Mt 5,17-20 che un llk28, le diverse antitesi di Mt 5,21-48
essendo un jrp), ma per radicalizzarla, modificarla o la trasformarla radicalmente?

26
Traduzione della Collins: And how shall I free myself?Have you not heard over and over again that you
ought to eradicate desire utterly, direct your aversion towards the things that lie within the sphere of the moral
purpose, and these things only, that you ought to give up everything, your body, your property, your reputation,
your books, turmoil, office, freedom from office? Vedi anche diatribai 4.6.34; 4.7.5.
27
E. Cuvillier, Torah Observance, 146.
28
Mt inserisce spesso enunciati che riprendono/annunciano e riassumono sviluppi particolareggiati (chiamati
jrp). Lespressione completa llkw jrpw jrpw llk : il generale e il particolare/specificato, il particolare e il
generale (analogo alla differenza tra genere e specie), cio determinare il generale per mezzo del particolare e
vice versa.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 16

- Lopposizione tra Mt e le lettere paoline sembra frontale. Secondo alcuni interpreti, gli enunciati del
Ges Mt sono del tutto opposti a quelli paolini, perch va detto che la giustizia deriva dallobbedire
alla Legge.
Per rivisitare questo difficile problema, riprendo quel che dicevo nel saggio appena menzionato.
- finito il tempo in cui ci si limitava a isolare degli enunciati e a confrontarli senza tener conto del
contesto in cui apparivano. Anche se, ad esempio, dei versetti come Mt 5,17 e Rm 10,4 sono
letteralmente opposti29, l'esegesi ha imparato a differire il confronto, collocando i versetti che ho appena
menzionato all'interno di un'argomentazione o di una teologia senza le quali perderebbero coerenza e
significato. Il primo sforzo dell'esegeta consiste quindi nel vedere come si elabora la teologia di un libro
del Nuovo Testamento nelle sue molteplici componenti e trasformazioni e, solo in seguito, nel
confrontarlo su dei punti precisi con quelli di altri libri. Cos, Mt 5,17-20 trover la sua vera funzione solo
a partire dal contesto prossimo, evidentemente, ma anche dall'insieme delle affermazioni matteane sulla
legge.
Questo lungo giro attraverso un libro e la sua logica interna evita di opporre Matteo e Paolo su
punti ritenuti a prima vista inconciliabili. Sappiamo infatti che Paolo non esorta mai i credenti in nome
della legge, ma fa continuamente appello all'esperienza della salvezza dove il credente pu valutare la
grazia di cui stato fatto oggetto e alla quale a sua volta chiamato, mentre il discorso della montagna
rimanda alle prescrizioni mosaiche e porta anche le esigenze della legge al limite del realizzabile. Questo
permette forse di concludere che se, per Paolo, l'indicativo della giustificazione gratuita a suscitare
l'agire etico, il discorso della montagna funziona al contrario come legge, radicando l'agire del discepolo
nell'assoluto della volont divina? In breve, Paolo non rappresenterebbe forse il vangelo della grazia e il
discorso della montagna un vangelo che altro non sarebbe che la legge30?

4.2. Le stesse esigenze in Paolo e in Mt


Notiamo innanzitutto, al seguito di tanti altri, che le esigenze etiche formulate da Paolo sono
altrettanto forti quanto quelle del Ges di Mt. Nell'uno e nell'altro si dice che i credenti/discepoli sono la
luce del mondo31, che devono essere perfetti e senza macchia32, che devono fare la volont divina33 e
osservare i comandamenti34, che esclusa ogni impudicizia35; l'uno e l'altro ricordano la necessit della
misericordia36, dell'ospitalit37, dell'aiuto agli affamati o dell'elemosina38; meglio subire l'ingiustizia che
vendicarsi39, e, pi ancora, rendere il bene per il male ricevuto40, arrivare fino a perdonare41; Paolo vede
nell'agape la pienezza della legge42, e in Mt il comandamento dell'amore si trova ogni volta alla fine di
una lista di esigenze sempre pi sottili (Mt 5,43; 19,19). Da notare anche che l'umilt, e non la vanteria,
deve caratterizzare il discepolo43, il quale non deve n giudicare n scandalizzare44, ecc. In definitiva, la

29
Come visto sopra, Rm 10,4 non pu essere una dichiarazione analoga a Mt 5,17: per Paolo, Cristo venuto per
mettere fine al regno della legge.
30
Cfr. J. ANSALDI, Le sermon sur la montagne ou les tribulations d+un thologien protestant, Lumire et vie
183 (1987) 67-84. Si sar notato che il discorso della montagna fa parte del vangelo annunciato da Ges in Mt;
cfr. 4,23 che annuncia senza dubbio tutti i discorsi di Ges nel primo vangelo, in particolare i capitoli 5-7. I
commentatori si basano su Mt 4,23 e 9,35 per giustificare l'appellativo di carta del regno dato al discorso della
montagna, appellativo giustificato perch Mt 57 espone proprio l'insieme delle esigenze proposte da Ges, ma
non esclusivamente, come dimostra Mt 18.
31
Fil 2,15; Mt 5,14.
32
1Ts 5,23; Rm 12,2; Fil 3,15; Mt 5,48; senza macchia Fil 2,15.
33
Rm 12,2; Mt 6,10; 7,21; 12,50; 18,14; 21,31.
34
1Co 7,19; Mt 5,19. Non devono commettere omicidio (Rm 13,9; Mt 5,21; 19,18), adulterio (Rm 13,9; Mt 5,27-30;
19,18), ma nemmeno furto (1Co 6,10; Mt 19,18).
35
1Ts 4,3; 1Co 5,1; 6,13.18; Gal 5,19; Mt 15,19.
36
Rm 12,8; Mt 5,7; 9,13; 12,7.
37
Rm 12,13; Mt 10,40-42; 25,35.
38
Aiuto agli affamati: 1Co 11,21-22; 13,3; Rm 12,13.20; elemosina: Mt 6,1-4; 10,42; 25,35.
39
1Co 6,7; Mt 5,38-41.
40
Rm 12,20; Mt 5,43-47.
41
Col 3,13; Ef 4,22; Mt 6,14; 18,23-25.
42
Rm 13,8-10; 1Co 13,4s; Gal 5,14.
43
1Co 13,4; 2,2; Gal 5,14; Mt 6,1.
44
Giudicare: Rm 14,4.10; 1Co 5,12; Mt 7,1; scandalizzare: Rm 14,21; 1Co 8,13; 11,29; Mt 18,6.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 17

differenza tra il Ges matteano e Paolo non deriva dal fatto che il primo formulerebbe delle esigenze
etiche irrealizzabili, perch le esigenze paoline lo sarebbero allora altrettanto. Mt non si caratterizza di pi
per un ottimismo etico che sarebbe assente dal corpus paolino: se l'apostolo invita i credenti alla
perfezione perch Dio d loro, mediante il suo Spirito, la forza e la perseveranza di diventare tali 45.
Non si vede del resto come Mt e Paolo potrebbero dispensarsi dal notificare ai cristiani che il Dio santo
vuole la loro santit. Rivelando la volont di Dio, il Ges di Mt pu forse domandare agli uomini
qualcosa di diverso dalla perfezione alla quale sono chiamati? Potrebbe infatti il Dio santo volere per
l'uomo graziato, giustificato, santificato (1Co 6,11) solo una santit dimezzata?
Ma, si obietter, per Paolo l'agire etico non , come in Mt, condizione della salvezza, bens solo il
segno della sua presenza, del suo agire efficiente in e per i credenti. Per essere pertinente, questa
obiezione richiede qualche precisazione. Infatti, in Rm e nelle lettere di Paolo, questi fa una netta
distinzione tra la giustificazione, gi effettuata, e la salvezza che (solo) avvenire46, e se il credente non
affatto l'agente della giustificazione, interamente gratuita, non sembra essere la stessa cosa per la
salvezza, a meno di ignorare tutti i passi che suppongono o affermano il contrario47.
La differenza tra Mt e Paolo sembra del resto venire, pi che dalla colorazione salvifica dell'agire
etico o dal contenuto delle esigenze, dal modo in cui queste ultime sono articolare all'essere-credente. In
effetti, se l'apostolo bada in generale a collegare le sue esortazioni con l'esperienza che i credenti hanno
fatto dei benefici divini e se sottolinea che Dio agisce in loro con il suo Spirito, se cio ncora
l'imperativo dell'agire etico nell'indicativo dell'essere battezzato, il discorso della montagna enuncia al
contrario i comandamenti in modo abrupto, apodittico, senza menzionare una qualunque azione
preliminare di Dio in favore dei discepoli oppure una trasformazione del loro essere. In breve, se in Paolo
l'etica solo una manifestazione dell'essere-giustificato del credente, in Mt la fede sembra definirsi
inizialmente e fondamentalmente come un agire48. Perch allora, a differenza di Lc 4,16-30 e Mc 4, il
primo vangelo presenta come primo discorso di Ges una serie di esigenze etiche, invece di manifestare il
peccato, l'ostinazione di un'umanit ferita e la venuta del perdono? certamente importante, e gli esegeti
non hanno mancato di segnalarlo, che questo discorso inizi con delle beatitudini, ma ci si pu domandare
se un tale insegnamento, nel suo radicalismo, tenga sufficientemente conto del peccato e della debolezza
umana49.
L'opposizione tra Paolo e Mt non si ferma qui, come ci dicono i commentatori, che la vedono
culminare nella funzione che ciascuno degli autori accorda alla legge: se, per l'apostolo dei Gentili, la
legge perde tutta la sua pretesa di assicurare la giustizia e la salvezza, per Mt il suo ruolo salvifico sembra
invece assicurato50. Certo, come abbiamo visto sopra, le legge inseparabile da Ges, che la promulga e
la interpreta in modo sovrano, ma il giudizio finale avverr sulla base all'obbedienza alla sua legge51.
Ritorniamo qui sulle impressioni che lasciano alcuni passi come Rm 10,4 e Mt 5,17s: il confronto globale
delle teologie di ogni corpus non ha sostanzialmente modificato ci che le opposizioni nei dettagli
lasciavano intravedere.
Simile interpretazione del ruolo della legge in Mt richiede evidentemente pi ampie precisazioni,
perch, non pi di Paolo, il primo vangelo non parla di ci che per il giudaismo contemporaneo faceva
principalmente della legge mosaica uno strumento salvifico, cio il culto sacrificale in vista del perdono
dei peccati52, e, d'altra parta, come Paolo, Mt enuncia chiaramente che Ges l'(unico) salvatore53. Lo

45
Su questi temi, cfr. J. M. GUNDRY VOLF, Paul and Perseverance. Staying in and Falling Away, J.C.B. Mohr,
Tbingen 1990.
46
Questa distinzione non pi quella delle deuteropaoline (cf. Ef 2,5-6).
47
Cf., ad es., Rm 14,10.12; 14,23; 1Co 6,10; 11,27-34; Gal 5,19-21; Col 3,6.
48
D. MARGUERAT, Le jugement, 232, dove l'A. osserva anche che la verit del credo si esprime in una rettitudine
etica (Mt 7,21-23).
49
Cfr. ancora D. MARGUERAT, Le jugement, 230: Il punto debole della teologia di Mt risiede nell'assenza di una
vera teologia del peccato.
50
Su questo punto, si veda D. MARGUERAT, Le jugement, 212-235. Cfr., ad es., p. 219: Per l'apostolo Paolo
l'avvento di Cristo rende caduca la legge nella sua funzione di cammino di salvezza. Matteo condivide con la
tradizione veterotestamentaria la convinzione che il dono della Torah una grazia di Dio: la legge rientra nella
soteriologia; e p. 221: per Mt, il dono della salvezza si confonde cos con l'avvento della legge escatologica e la
sua autorit sulla Chiesa.
51
Cfr., ad es., D. MARGUERAT, Le jugement, p. 192.
52
Poco importa del resto, per l'argomentazione, che Mt sia stato scritto prima o dopo la distruzione del tempio.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 18

studio della redazione non dev'essere per interrogato a questo livello, quanto piuttosto sul salto che fa
passare dalle analisi esegetiche all'interpretazione del rapporto Paolo/Mt. Infatti, nessuna delle procedure
finora utilizzate per mettere in luce i punti comuni e le differenze tra le teologia della legge in Paolo e
Matteo permette di concludere che esse siano irriducibilmente opposte o, al contrario, complementari.
Tocchiamo qui con mano le difficolt della critica della redazione, che non pu da sola interpretare
un fenomeno letterario, anche se potrebbe individuare i diversi modelli letterari utilizzati sempre in
modo originale dagli autori del Nuovo Testamento. Sono anche convinto che la critica della redazione
non pu da sola pronunciarsi sul significato delle differenze esistenti tra due o addirittura pi insiemi o
libri del NT. possibile che l'esegesi di un Ksemann e di altri dopo di lui non abbia percorso tutte le
tappe necessarie per mostrare l'irriducibilit dei diversi libri e delle rappresentazioni teologiche che ivi si
presentano. In ogni caso necessario per noi andare pi lontano.

4.3. Le anomalie del testo matteano


Se le analisi supponevano talvolta un po' rapidamente l'unit semantica e teologica di uno scritto
del NT, oggi non pi cos. Prima di confrontare i libri tra loro, la critica della redazione ha dovuto
determinare il grado di coerenza interna di ciascuno. cos che, in questi ultimi tempi, sono apparsi
numerosi studi su queste problematiche, a proposito di Paolo, di Mt e di altri ancora54.
Gli esegeti si interrogano ancora sulla coerenza interna del tessuto teologico matteano, dato che
numerose sono le anomalie che attraversano il racconto. Cos, abbiamo visto sopra che il Ges matteano
esige da tutti la misericordia55, ma non sembra che egli stesso la usi nei riguardi di Israele, la cui sorte
(negativa) sembra irrimediabilmente segnata! E questa contraddizione solleva enorme difficolt, come
stato fatto notare recentemente56. In effetti, per Mt, Ges il condannato diventato il giudice di Israele,
ma noi, come cristiani venuti dal paganesimo, siamo i frutti del rifiuto di Israele e dovremmo piuttosto
esserne grati a questo popolo ed evitare di parlare di giudizio! quindi in nome e con l'aiuto della storia
di Ges, storia riconosciuta come in parte fittizia dalla critica della redazione, che Matteo giustifica la sua
opinione nei riguardi di Israele. Non bisogna perci protestare contro l'utilizzazione che il primo vangelo
fa del principio cristologico, che sembra giustificare tutte le opzioni, o per lo meno gli anatemi?
Tra tutte le apparenti mancanze di logica segnaliamo quelle che toccano la teologia della legge. Ad
esempio, all'inizio del discorso della montagna Ges dichiara che nessuno iota della legge passer, cio
che tutte le osservanze sono da rispettare e da far rispettare integralmente per essere il pi grande nel
regno (5,19); ma in seguito aggiunge che i pi grandi nel regno sono proprio quelli che assomigliano
per il loro abbandono, la loro fiducia, la loro piccolezza ai bambini, che non si distinguono certamente
per le loro opere (18,4.10). E se Mt 5,20 sembra voler dire che i discepoli devono, per le loro opere,
superare la giustizia dei farisei in qualit e quantit, la parabola degli operai dell'undicesima ora, dove il
fare non il criterio della giustizia applicata da Dio, non fa forse intendere il contrario (20,1-16)? Infine,
al logion che domanda al discepolo di essere perfetto come il Padre celeste (5,48 che riprende Lv 19,2; Dt
18,3), il resto del vangelo oppone dei casi di imperfezione ben nota, tra gli stessi discepoli: il fratello, che
pecca e che bisogna correggere con pazienza (18,15-18), al quale bisogna anche perdonare
continuamente, segno che ancora lontano dalla perfezione, (6,12; 18,21-35), Giuda, che tradir, e
Simone che arriver fino a rinnegare il Signore57.
Potrei allungare la lista; ma, se da una parte la costatazione delle variazioni importanti alle quali
sono talvolta sottomessi i temi trattati dal primo vangelo ha il suo interesse, dall'altra mi sembra pi

53
L'inclusione costituita da Mt 1,21-23 e 28,18-20 a questo riguardo significativa. Sulla salvezza che non alla
portata delle forze umane, ma che viene soltanto da Dio, cfr. Mt 19,25-26. Le variazioni altri direbbero, a torto, le
contraddizioni matteane sulle questioni relative alle condizioni della salvezza vietano di vedere in questo vangelo
un rappresentante semplicistico della salvezza mediante le opere.
54
Per la coerenza/incoerenza delle posizioni paoline relative alla legge mosaica, si veda, ad esempio, H. RISNEN,
Paul and the Law, Gttingen 1983, esempio tipico degli studi basati sulla storia della redazione; ALETTI, Rm 1,18--
3,20. Incohrence ou cohrence de l'argumentation paulinienne?, Bib 69 (1988), 47-62, dove l'approccio retorico.
55
Mt 5,7; 9,13; 12,7.
56
U. LUZ, L'vangliste Matthieu: un judo-chrtien la croise des chemins. Rflexions sur le plan narratif du
premier vangile, in La mmoire et le temps (FS Pierre Bonnard), Labor et Fides, Genve 1991, 77-92 (soprattutto
pp. 91s)
57
Si confronti il logion di 10,33 (Chi mi rinnegher davanti agli uomini, anch'io lo rinnegher davanti al Padre mio
che nei cieli) con 26,61-75.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 19

importante vedere come la critica della storia della redazione cerca di darne una spiegazione, con l'ipotesi
di una distanza tra il messaggio di Ges e la sua ripresa da parte della comunit matteana. Ci che
bisogna rimettere in discussione non tanto l'ipotesi in se stessa, quanto le procedure con le quali si
determina ci che risale a Ges, alla tradizione prematteana, alla comunit dell'evangelista e a
quest'ultimo. Infatti, prima di risalire al tessuto comunitario, importante individuare, mediante una
rigorosa analisi sincronica, le tecniche narrative operanti in un racconto evangelico. Lo stesso dicasi delle
lettere paoline, dove la messa in evidenza dei procedimenti retorici si rivela decisiva per la comprensione
delle variazioni nel trattamento di un tema come quello della legge.
Non si tratta perci di contestare la critica della redazione, ma solo di mostrare che essa dev'essere
preceduta da analisi sincroniche adatte al tipo di testo analizzato racconto o discorso , senza le quali i
suoi risultati resteranno sempre sospetti. Cerchiamo quindi di entrare nella logica paradossale del
racconto matteano.

4.4. La logica matteana


Chiunque studia il primo vangelo come un racconto58 deve determinare la funzione narrativa del
discorso della montagna. Ora, la reazione delle folle in Mt 7,28-29 non manca di sorprendere perch
queste non fanno alcuna osservazione sul contenuto e la bellezza delle osservanze, o sul loro estremo
radicalismo, per manifestare il loro desiderio di praticarle senza per esserne capaci con, ad esempio, un
espressione del tipo Ecco un insegnamento che nessuno potrebbe osservare nella sua interezza!; una
simile attenzione alla difficolt delle esigenze formulate da Ges arriver solo pi tardi, e sulle labbra dei
discepoli, in Mt 19,10.25-26. Dopo il primo discorso, gli ascoltatori menzionano solo l'autorit,
sottolineata dallo stesso locutore59, che per non esaurisce n rende conto di tutte le componenti del suo
discorso. Perch, alla fine del discorso, il narratore riporta come elemento di stupore delle folle solo
l'autorit di Ges?

4.5. La competenza totale di Ges


Prima di andare avanti, necessario notare il modo in cui il racconto matteano descrive Ges come
un attore onnisciente fin dalla sua entrata in scena, cio dall'episodio del battesimo (Mt 3,15). Il discorso
della montagna rivela evidentemente le dimensioni di questa onniscienza, che non si estende soltanto alla
sua propria identit di Figlio, alla conoscenza che ha della volont divina che egli interpreta e trasmette in
modo perfetto, alla storia passata del suo popolo e alle sue tradizioni religiose (soprattutto mosaiche); il
Ges del discorso definisce anche tutte le relazioni presenti e future, verticali (con Dio) e orizzontali
(umane) tra i diversi attori religiosi. Menzionando della reazione degli ascoltatori solo la meraviglia per
l'onniscienza di Ges e l'autorit con la quale essa si afferma, il narratore indica soltanto che le
prescrizioni e i consigli enunciati devono, a questo punto del racconto, essere considerati
cristologicamente manifestano l'essere di Ges e non come in primo luogo degli imperativi morali da
eseguire sul campo.
Il sommario (Mt 4,23-25) che precede il discorso della montagna segnala gi la portata cristologica
di tutta la sezione che arriva fino alla fine di Mt 9. La fama di Ges si infatti diffusa in tutto il territorio
circostante, senza dubbio a causa dei suoi doni di taumaturgo, ma non soltanto, poich egli proclama
anche il regno di Dio nelle sinagoghe: Ges attira a s le grandi folle venute da lontano per ci che dice e
fa. quindi un uomo riconosciuto e ammirato che i discepoli e le folle ascoltano e seguono60.

58
Gli specialisti della storia della redazione non sono ancora abbastanza sensibili a questo aspetto, come nota,
all'inizio del suo commentario a Mt, U. Luz, che il primo per quanto io sappia ad aver ammesso che gli studi
matteani non hanno tenuto sufficientemente conto del fatto che il primo vangelo era un racconto degno di questo
nome.
59
Il racconto matteano pone evidentemente un interrogativo, praticamente insolubile sincronicamente, a tutti coloro
per i quali all'inizio del suo ministero Ges non ha voluto n potuto parlare di se stesso. Infatti le folle, pi che
quanto Ges dice di Dio, ricordano l'autorit con la quale ne parla. L'unica soluzione per questi autori
evidentemente quella di invocare la storia della redazione e di attribuire le insistenze enunciative e la reazione delle
folle alla chiesa primitiva.
60
Come per i primi discepoli, in 4,20.22, Mt 4,25 usa il verbo avkolouqei/n. Comincia cos un tema, che attraverser
poi tutto il vangelo, quello del seguire, che stato oggetto di numerose analisi. Oltre ai commentari, cfr. J.D.
KINGSBURY, The Verb avkolouqei/n ("to follow") JBL 97 (1978) 56-73.
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Il resto del racconto conferma, e in molti modi, la lettura cristologica del discorso; innanzitutto gli
episodi che seguono immediatamente (8,1-17), in cui il narratore riporta tre miracoli di Ges e marca il
passaggio con una formula di compimento che conferma chiaramente che il punto centrale di tutta la
sezione cristologico61. L'altro tipo di conferma viene dagli episodi in cui Ges menziona i
comandamenti. Quando l'uomo ricco lo prega di dirgli cosa deve fare per avere la vita eterna, Ges non
riprende le esigenze inaudite di Mt 57, ma si limita a enunciare laconicamente i precetti della seconda
tavola, seguiti da Lv 19,18: Amerai il prossimo tuo come te stesso62. La sua risposta ugualmente
breve quando un fariseo gli domanda quale comandamento sia (il pi) grande (Mt 22,34-40). E questa
brevit sorprende, (i) perch la domanda posta una trappola: per un giudeo osservante tutti i
comandamenti sono grandi, nel senso che esprimono la volont divina; (ii) perch Ges stesso ha
solennemente dichiarato in 5,18-29 che anche il pi piccolo punto della legge ha la sua importanza. Ma la
sua replica di una logica e di una profondit straordinarie, perch, anche se ora sceglie due
comandamenti che non appartengono al decalogo63 quelli del decalogo, stando alla sua risposta al ricco,
fanno per entrare nella vita , coprono tuttavia tutta la legge: chi potrebbe pretendere di aver amato
pienamente Dio e il prossimo? La brevit non nasconde l'immensit dell'esigenza, e il fariseo lo
comprende bene, e se ne va sconfitto: Ges ha s nominato un (duplice) comandamento (sarebbe stato
perci possibile coglierlo in fallo), ma esso va fino in fondo alle esigenze della legge (la sua risposta
perci la migliore che si potesse dare). Al giudeo che vuol sapere cosa fare per essere salvato, Ges
rimanda perci molto semplicemente alla legge: con essa tu sai ci che Dio vuole da te!
Possiamo cos ritornare al discorso della montagna: la sua lunga insistenza sul radicalismo degli
imperativi dev'essere compresa, lo ripetiamo, come una rivelazione di Ges su se stesso. Il problema
prende evidentemente nuovi sviluppi: se il racconto del ministero doveva cominciare con una
manifestazione dell'onniscienza e dell'autorit assolute di Ges, il narratore poteva sfruttare altri tipi di
discorsi, sapienziale o profetico, come Lc 4,16-30; se inizia con una promulgazione della legge (rivista e
radicalizzata da Ges), senza dubbio per ragioni tipologiche. Ma perch aver messo il discorso di Mt
57 prima delle guarigioni di Mt 89, dove apprendiamo che Ges venuto a prendere su di s le nostre
malattie e i nostri peccati e dove, con Matteo, scopriamo che la chiamata non viene dalle opere, ma pura
grazia? Collocando i discorsi prima delle guarigioni e degli esorcismi, il narratore ha evidentemente
messo in rilievo l'onniscienza di Ges e inglobato il resto del racconto nella coscienza che egli ha di dover
portare tutte le cose alla loro perfezione: l'enunciazione impone al racconto che esaudisca l'attesa
formulata64.
Molto bene, si dir; ma pensabile che il narratore abbia scelto un discorso fatto di esigenze
irrealizzabili, dove inevitabilmente inciampano la vanit e la millanteria umane, soltanto per sottolineare
l'onniscienza di Ges? La superiorit dell'ultimo si basa sull'incapacit dei primi: proprio sicuro che la
divinit ne esca innalzata? Ma in Mt 57, l'impotenza etica umana rimane fuori scena. Il racconto la
sveler solo progressivamente, e l'integrer in un altro percorso che si ricollegher col primo, quello della
grazia. So bene che il II vangelo, dove il discorso della montagna del resto assente, viene visto
ordinariamente come il vangelo della pura grazia, mentre il racconto matteano come quello della
perfezione alla quale il discepolo chiamato. Simile opposizione mi sembra nondimeno forzata. Vediamo
perch.

4.6. Matteo e la grazia

61
Come hanno giustamente notato i commentari, distinguendo l'insegnamento e l'agire salvifico, Mt 4,23
prepara l'alternanza di sezioni composte di discorsi ed episodi di guarigione, e la prima di queste 59.
62
Cf. Mt 19,16-19.
63
Dt 6,5 (amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta la anima) e Lv 19,18 (amerai il tuo prossimo
come te stesso). Il paradosso della risposta di Ges deriva (i) dal fatto che menziona due comandamenti (e non uno
solo) e (ii) che proclama simile (o[moioj) il secondo (l'amore del prossimo) al primo (l'amore di Dio).
64
La logica, sottolineata dallo stesso Ges, quella del dire, e fare ci che si dice. Il tema ha una componente
polemica che culmina in Mt 23, dove Ges denuncia l'ipocrisia di coloro che si credono l'lite religiosa del suo
popolo, ma inizia fin dal discorso della montagna (6,2.5.16; 7,5.21; 15,1-9; 16,11-12; 22,15-22).
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Quando si oppongono Mt e Paolo, si nota spesso che nel primo la legge ha un ruolo salvifico,
mentre per il secondo la giustificazione pura grazia65. Mi piacerebbe che mi si dicesse dove Mt afferma
espressamente che la legge (mosaica) salva, mentre parecchie volte Ges viene espressamente designato
come colui che salver il suo popolo dai suoi peccati (1,21), che dar la sua vita in riscatto per molti
(20,28), o colui il cui sangue sar versato per il perdono dei peccati (26,28)66 (109). Dove si dice, in
Mt, che la circoncisione necessaria per essere discepolo di Ges e che l'appartenenza al popolo di
Abramo avviene per essa? E se si dice che Mt attribuisce un ruolo salvifico alla legge mosaica, bisogna
aggiungere immediatamente che lo stesso vale per Mc e Lc, perch anch'essi menzionano la risposta di
Ges al ricco: enumerando al suo interlocutore i comandamenti tratti dal decalogo, Ges dichiara che con
la loro osservanza si entra nella vita, e conferisce alla legge esattamente un ruolo salvifico. Fermarsi qui
sarebbe del resto molto semplicistico, perch, pi avanti, i discepoli esclamano: Chi si potr dunque
salvare?; al che Ges risponde: Questo impossibile agli uomini, ma a Dio tutto possibile67. Ges
non nega forse ora ci che ha affermato qualche istante prima, e non proclama la totale gratuit della
salvezza? Ma proprio sicuro che le sue due affermazioni siano incompatibili? La salvezza per grazia
dispensa forse l'uomo dal cooperare all'opera di Dio? Dopo tutto, se i discepoli compiono anche delle
buone opere, non lo fanno certo per se stessi, ma perch nel vederli gli altri diano gloria a Dio (Mt
5,16): la finalit ultima teo-logica non va nel senso di una caccia ai meriti.
Altri passi, come quelli che ho segnalato sopra, vietano di opporre troppo frettolosamente Mt agli
altri vangeli o a Paolo. Certo, Mc il vangelo della pura grazia, che sottolinea la pesantezza umana a
cominciare da quella dei dodici , il peccato, mentre Mt insiste sull'osservanza dei comandamenti. Ma
Mc fa ugualmente dire a Ges che egli riconosce come propria famiglia quelli che fanno la volont di
Dio68; e non va dimenticato che certi ordini di Ges, come quello sul divorzio, sono ben pi rigidi in Mc
che in Mt69.
necessario ricordare ugualmente che in Mt e negli altri sinottici la chiamata dei discepoli un
esempio di pura grazia: cosa avevano pi degli altri i quattro pescatori del lago di Tiberiade e il
pubblicano Levi70? Nulla! Di umili origini, non potevano certe brillare per ingegno o virt: una sguardo
d'amore a dare ad essi la loro dignit, quella di servire e di annunciare il vangelo. Il discorso di Paolo sulla
chiamata in Rm 9,6-29 mette in evidenza le stesse componenti. Da una parte come dall'altra, il vangelo
sempre quello della grazia.
Ma due ragioni ancora pi importanti mi impediscono di opporre fondamentalmente Mt e Paolo.
Certo, Mt insiste pi di Mc sull'importanza del comprendere71, ma, aggiungendo: Comprendono solo
coloro ai quali stato concesso72, il Ges matteano sottolinea chiaramente che la comprensione non
alla portata dei discepoli; un dono e lo resta. Ma allora tutto grazia, come indicano le altre ricorrenze
dello stesso motivo nel racconto matteano73 (116). Oltre al motivo del dono, un altro fenomeno mi
impedisce di vedere in Mt un racconto in cui viene valorizzato l'agire del discepolo: il passaggio dei
discepoli attraverso la debolezza. Pi il racconto va verso la passione pi sottolinea l'impossibilit in cui
si trovano i discepoli di essere con Ges, di seguirlo fin l: tutti quanti si scandalizzeranno,
l'abbandoneranno e fuggiranno, nonostante le loro dichiarazioni di fedelt74. In Mt il tradimento di Giuda

65
evidentemente importante domandarsi di quale legge parlano rispettivamente Paolo e Mt. Legge di Mos, legge
di Cristo, ecc.? Cfr. le osservazione di U. LUZ, Die Erfllung des Gesetzes bei Matthus (Mt 5,17-20), ZTK 75
(1978) 398-435 (soprattutto 431s); D. MARGUERAT, Jugement, 215s.
66
Nei racconti sinottici dell'ultima cena, l'espressione per il perdono dei peccati propria di Mt!
67
Mt 19,25-26; Mc 10,26-27; Lc 18,26-27. Le variazioni tra le tre recensioni sono minime.
68
Mc 3,35; parallelo a Mt 12,50.
69
Cf. Mc 10,1-12; confrontare con Mt 19,1-9.
70
Cf. Mt 4,18-22; Mc 1,16-20; Lc 5,1-11; per Matteo/Levi, cfr. Mt 9,9-13; Mc 2,13-17; Lc 5,27-32.
71
necessario per essi comprendere l'insegnamento di Ges, per esserne fedeli trasmettitori.
72
Mt 19,11 (de,dotai).
73
In passi che hanno il loro parallelo in Mc e/o Lc: Mt 7,7 (chiedete e vi sar dato); 7,11 (Quanto pi il Padre
vostro che nei cieli dar cose buone a quelli che gliele domandano!); 10,19 (ci che dovrete dire vi sar
suggerito in quel momento); 13,11 (perch a voi dato di conoscere il mistero del regno dei cieli, ma a loro non
dato); 21:43 (il regno di Dio vi sar tolto e sar dato a un popolo che lo far fruttificare); 25,15 (il padrone d dei
talenti ai suoi servi).
74
Mt 26,31-35; Mc 14,27-31.
Etica di Ges e di Paolo Torah/nomos 22

e il rinnegamento di Pietro hanno ancora pi rilievo e gravit che in Mc/Lc75 (118). Anche se il racconto
matteano non elabora una teologia del peccato, descrive nondimeno la sua presenza, pesante, persino
insopportabile, con una forza che solo un racconto pu conferire alle cadute. Si obietter che queste
debolezze si sono manifestate prima della risurrezione, ma che dopo i discepoli hanno avuto la forza di
rendere testimonianza e di custodire fedelmente l'insegnamento del loro Signore. Certamente; ma non si
dimentichi che per il narratore matteano il loro cammino emblematico, e che il lettore cristiano deve
anch'egli apprendere, per esperienza, che la sua fedelt un dono da custodire nell'azione di grazie, e da
vivere nella misericordia per chiunque dovesse ancora cadere.
Dopo aver detto ci, possiamo, con molti commentatori, mettere in evidenza le preoccupazioni (o
prospettive) diverse di Mt e di Paolo, tenendo per presente che esse hanno senso solo sullo sfondo delle
omologie ricordate nel corso di queste pagine sui vangeli sinottici. Rispondiamo qui positivamente
all'interrogativo posto all'inizio del capitolo a proposito di una possibile e vera strutturazione
gesucristologica di questi racconti: la relazione maestro/discepolo ci apparsa l come il fattore grazie al
quale si articolano tutti gli altri campi teologici. allora possibile fare un passo ulteriore: questa
relazione maestro/discepolo aveva bisogno del tessuto narrativo per esprimersi?

5. Risultati

5.1 per il Ges della storia


- Ges non dichiara la Legge obsoleta.
Vive le feste con il suo popolo, e nessuno lo accusa di aver detto di abbandonare la Legge.
Su alcuni punti, come il divorzio e i giuramenti, la sua posizione ancora pi radicale della Legge.
Ma paradossalmente non tratta argomenti allora molto discussi, come le regole alimentari o di pu-
rezza.

5.2 per il Ges della tradizione evangelica


Il problema che dovevamo affrontare era quello dellunit delle rispettive tradizioni e teologie. Diver-
sit che non va contro una posizione fondamentale simile, o punti di vista diversi al punto di opporsi a
vicenda?
La posta in gioco era lunit del canone e della testimonianza resa al Vangelo.

75
Nell'episodio del rinnegamento, Mt il solo a far progredire le risposte di Pietro al livello della loro chiarezza e
della forza di enunciazione, fino ai giuramenti e alle imprecazioni (26,69-75). Mt anche il solo a parlare del
suicidio di Giuda (cfr. 27,3-10).

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