Pietro Barbetta
Beatrice Catini
TERRA
ARIA
Qualit Bile
spondenti ai pianeti, alle suddivisio- Sangue nera
ni del tempo e alle diverse sostanze
presenti nellorganismo umano. ELEMENTI
Come si vede dal disegno riprodot-
to a destra, che sintetizza la teoria ACQUA
umorale, c un ordine tra vari livelli Flegma
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dal verbo greco epilamno, che fa riferimento all essere sorpresi, so-
praffatti), Ippocrate il primo che rompe con lidea che il male sa-
cro abbia a che fare con un fenomeno sovrannaturale, magico, o mi-
sterico. Loperazione di Ippocrate consiste nellindividuare uno dei
quattro elementi, il flegma in questo caso, e nellattribuirgli leziopa-
togenesi dellepilessia: lafflusso eccessivo del flegma al cervello pro-
duce le manifestazioni epilettiche.
in questo quadro che la medicina, a partire da Ippocrate, inco-
mincia a pensare che cosa significhi star bene o star male. Stare bene
una questione di equilibrio tra elementi, di giusta composizione tra
le parti, che in greco, come abbiamo visto, veniva indicata come crasi.
Nel corpo umano i quattro umori stanno in relazione fra di loro: se
equilibrati producono benessere psico-fisico, se invece eccedono pro-
ducono un disequilibrio (acrasia), che pu essere temporaneo o de-
finitivo. A-crasia privativo di crasi, ed quindi definibile come una
composizione con eccessi. Gli esseri umani sono caratterizzati da un
equilibrio che per presenta sempre degli eccessi, per il semplice fat-
to che quando agiscono escono dal quadro della crasi. Lequilibrio ,
in qualche modo, unidea-limite: nessuno di noi riesce ad avere la
giusta composizione tra bile gialla, bile nera, flegma e sangue.
La concezione della salute come crasi gravida di importanti con-
seguenze nella considerazione di ci che patologico. Ne Il normale
e il patologico Georges Canguilhem ammonisce a non considerare il
patologico, in quanto tale, come un disequilibrio del normale, ma co-
me un equilibrio sui generis 8. Quindi il patologico ha una sua forma
di equilibrazione. Gli psicoterapeuti, gli psichiatri e gli psicologi san-
no che dentro ogni patologia c un tentativo di equilibrazione; se
una persona ha, ad esempio, un disturbo depressivo, un disturbo os-
sessivo compulsivo, oppure delira, questo tipo di sintomatologia, prima
ancora di corrispondere alla diagnosi specifica, ha la funzione impor-
tantissima di mantenere in equilibrio la psiche, tramite il ripresentarsi
ciclico di una determinata modalit di esistenza: ogni individuo ha
delle forme che sono idiosincratiche e che tendono a ripetersi.
Durante un corso di formazione, nel 1999, in quel fecondo labora-
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Lumore melanconico
Tra le varie disarmonie causate dalleccesso degli umori, vi quel-
la caratteristica della sovrabbondanza di bile nera: la melanconia
( ). Allinterno della teoria umorale la melanconia quin-
di definita quasi per sovrapposizione del termine con il sintomo
un eccesso di bile nera. I melanconici contraggono questa loro ma-
lattia quando il sangue corrotto attraverso la bile e la linfa; il loro
9 Ivi, p. 16.
10 Ibidem.
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14 Cfr. U. Curi, Meglio non esser nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche,
Bollati Boringhieri, Torino 2008.
15 F. Nietzsche, La nascita della tragedia (1872), in Opere, a cura di G. Colli e M.
Montinari, III, I, Adelphi, Milano 1972, p. 31.
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unombra. Lastrologia greca, cos come viene presentata per la prima volta nel-
lEpinomide platonico, fu in gran parte mutuata dai Babilonesi, che veneravano i pianeti
come divinit del destino: Nebu, il dio della scrittura e della sapienza, venne ad es-
sere Ermete, Ishtar, la dea dellamore e della fertilit, venne ad essere Afrodite, Mar-
duk, il sovrano regale, venne ad essere Zeus e Ninib, strano e misterioso, considera-
to il sostituto notturno del sole, venne ad essere Crono. Successivamente, la crescente
influenza di elementi orientali dellepoca ellenistica mise a soqquadro questo complesso
di identificazioni, sancendo infine la nomenclatura mitologica come quella di mag-
gior successo (Cfr. R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la malinconia, op.
cit., pp. 127 sgg.).
21 Cfr. Esiodo, Teogonia, vv. 729 sgg.
22 Cfr. Iliade, VIII, v. 479.
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quello del Tempo. Per questa ragione anche chiamato Saturno in la-
tino, per cos dire pieno di anni [quasi saturetur annis]. Veramente non
so che fare con gente che, nel tentativo di interpretare i nomi e le raf-
figurazioni dei suoi di in un senso migliore, ammette che il suo mag-
gior dio, il padre di tutti gli altri il Tempo. Infatti che altro ammettere
se non che tutti i suoi di sono temporali?23
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Come ogni archetipo anche quello del Senex, oltre a un aspetto po-
sitivo, favorevole e chiaro ne ha uno negativo, ctonio, rivolto verso il
basso:
Il vecchio infatti ha anche un aspetto malvagio, cos come lo strego-
ne primitivo tanto il soccorrevole guaritore quanto lavvelenatore te-
muto; allo stesso modo la parola pharmakon significa insieme rimedio
e veleno, e il veleno pu essere in realt luno e laltro25.
24 Jung, 1946-48.
25 Jung, 1946/48.
26 Cfr. Erikson, E. H., Erikson, J.M., Kivinick, H. Q., Vital Involvement in the Old
Age, Norton, New York, 1986.
27 Cfr. K. Woodward, Aging and Its Discontents, Indiana University Press, Blooming-
ton, 1991.
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za e quindi allet matura e anziana. Gli antichi greci avevano due ter-
mini per definire la saggezza: phrnesis (), oppure sophrosyne
(). Entrambe le parole contengono phrn, che significa dia-
framma, ma anche cervello e cuore. Potremmo tradurre quindi phre-
nes con precordi, secondo Onians con phrenes si faceva invece riferi-
mento ai polmoni28, ma la maggior parte degli studiosi concorda che
in origine phrn indicava il sussulto, il fremito e quindi anche il luogo
in cui questo si produce. Phrn sia il cervello, che il cuore, che il
diaframma (o i polmoni) proprio perch indica il luogo in cui pensie-
ro, emozione e istinto sono convogliati ed espressi in un unico moto
dellanimo.
Nella Grecia omerica e nella lirica arcaica il plurale phrenes fa rife-
rimento alla parte alta del torace in cui si trova il cuore, che per gli
antichi era la sede del pensiero, dellintelligenza e della volont, il luo-
go in cui luomo pensava e sentiva le sue emozioni e i suoi impulsi.
Ippocrate stesso si chiesto in unopera intitolata Arie, acque e luo-
ghi, come mai phrenes definisce sia il cervello, sia il diaframma: la
spiegazione che si d che sia la respirazione sia le idee vengono dal-
laria. In quanto strumento del respiro, ossia dellatto che assicura al-
luomo la consapevolezza dellesistere, i polmoni (o il diaframma) so-
no la sede del pensiero, che di tale consapevolezza la forma essen-
ziale. Inoltre sappiamo che anche la parola psych () intesa co-
me anima-respiro e che il verbo da cui proviene, , significa sof-
fiare. La psych, inoltre, era associata alla testa e veniva utilizzata per
lo pi per indicare lanima una volta che aveva lasciato il corpo, che
si era esalato lultimo respiro. Mentre lanima allinterno di un corpo
vivo e attivo aveva sede nelle phrenes e veniva denominata thyms
()29. Ritroveremo lo stesso termine in Platone, nel mito della bi-
ga alata del Fedro: in questo dialogo la tripartizione dellanima rap-
presentata come una biga alata composta da due cavalli, uno bianco
e uno nero, e un auriga. Il cavallo bianco, il pi nobile tra i due, sim-
boleggia lanima irascibile (thymikn), mentre il cavallo nero simboleg-
gia quella concupiscibile (epithymetikn). Lauriga, che dirige il coc-
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bene precisare che prima della fine del V secolo a.C. esisteva s il
32 Cfr. Aristotele, Etica Nichomachea, trad. it. di M. Zanzotto, Rizzoli, Milano 1986,
VI, 5, 1140a24 -1141b22
33 Ippocrate, Malattie, I 30, cit. in A. Roselli, Le phrenes vestite di nero, in B.
Frabotta (a cura di), Arcipelago malinconia. Scenari e parole dellinteriorit, Donzelli,
Roma 2001.
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42 Il Problemata XXX, 1 rientra nelle opere minori di Aristotele, che per quasi con-
corde ammissione dei critici moderni non si possono far risalire nella loro interezza
ad Aristotele. La formazione di questo testo avvenuta probabilmente per stratifi-
cazioni e glosse successive che rendono ragione dellandamento slegato del testo.
Tutto questo per non costituisce un indizio di non autenticit, di conseguenza la
questione della paternit dellopera rimane aperta. (Cfr. Nota dei curatori, in Aristotele,
La melanconia delluomo di genio, op. cit., p. 35).
43 Ivi, pp. 43-44.
44 Ippocrate, Lettere sulla follia di Democrito, a cura di A. Roselli, Liguori, Napoli
1998, p. 73.
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45 Ivi, p. 57.
46 Il motivo della figura chinata ben noto agli storici darte. Cfr. J. Starobinski,
La malinconia allo specchio. Tre letture di Beaudelaire, SE, Milano 2006.
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50 Negli ultimi anni sono state dedicate alla melanconia nellarte due bellissime
mostre a Parigi e Verona di cui si segnalano i cataloghi: G. Cortenova (a cura di), Il
Settimo Splendore. La modernit della malinconia, Marsilio, Venezia, 2007 e J. Clair
(a cura di), Mlancolie gnie et folie en Occident, Gallimard, Paris 2005.
51 Cfr. R. e M. Wittkower, Nati sotto Saturno. La figura dellartista dallantichit al-
la Rivoluzione francese, Einaudi, Torino 1996, pp. 112 sgg.
52 F., Petrarca, Canzoniere, introduzione di R. Antonelli, testo critico e saggio di G.
Contini, note al testo di D. Ponchiroli, Einaudi, Torino 2005.
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58 Aristotele, Poetica, 6, 1449b, trad. it. di M. Valgimigli, Laterza, Bari, 1964, pp. 24-28.
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59 E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica,
vol. II, Einaudi, Torino 2002, p. 170.
60 Cfr. P. Barbetta, Lo schizofrenico della famiglia, Meltemi, Roma, 2008, pp. 151-152.
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Quello di Democrito il riso del saggio, che guarda gli uomini sot-
trarsi alla verit, sfuggirla in ogni modo pur di continuare a illudersi
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Melanconia e depressione
Oggigiorno il termine melanconia non si usa pi in ambito clinico,
n psicologico n psichiatrico. In realt gi Esquirol allinizio del XIX
secolo gli preferiva il termine lypemania, per distinguere melanconia
clinica da quella cantata dei poeti e descritta dai filosofi, mentre un
autore come Freud conserva il termine e gli dedica, nel 1905, un bre-
ve saggio intitolato Lutto e melanconia:
La melanconia psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso
scoramento, da un venir meno dellinteresse per il mondo esterno, dalla
perdita della capacit di amare, dallinibizione di fronte a qualsiasi atti-
68 S. Natoli, Lesperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura contempo-
ranea, Feltrinelli, Milano 1999.
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77 Cfr. G. Greenberg, Storia segreta del male oscuro, trad. it. cit., pp. 326-327.
78 Cfr. ivi, p. 414.
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79 Cfr. A.V. Horowitz, J.C. Wakefield, The Loss of Sadness, Oxford University Press,
Oxford 2007.
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alla sofferenza, perch essa il centro attorno a cui ruota lattivit te-
rapeutica: non la guarigione lobiettivo, ma il lavoro sulla sofferenza.
Solo nel momento in cui essa assume dignit, acquisisce la pienezza
del suo statuto. Per ottenere ci bisogna collegare la sofferenza alle-
sperienza vitale del paziente, alla sua vita, agli episodi che gli sono
capitati, alle relazioni in cui entrato, alla quotidianit che vive, alle
possibilit che non si concesso e che potrebbe concedersi. In altre
parole significa reinserire la sofferenza nella relazione sociale. Solo in
questo modo si esce dalla posizione narcisistica e ci si ricolloca in un
universo relazionale ed evolutivo.
Melanconia e isteria
Da un punto di vista clinico melanconia e isteria appartengono a
due campi differenti; la contrapposizione classica, infatti, quella tra
mania e melanconia e non tra isteria e melanconia. Ampliando il nostro
sguardo al di l della clinica classica, potremmo dire che malinconia
e isteria sono un risvolto maschile e uno femminile dello stesso tipo
di condizione umana.
Contrariamente alla mania e alla malinconia, listeria ha faticato a
trovare collocazione allinterno delle nosografie e delle classificazioni.
La storia della clinica un susseguirsi di tentativi di trovare coerenza
allinterno della sintomatologia e delle manifestazioni isteriche, ma
nessun medico mai riuscito a percepire quella coesione qualitativa
che ha fornito alla mania e alla malinconia il loro profilo singolare80.
Listeria, in quanto tale, sempre stata una manifestazione patologica
che esorbitava dal discorso medico-clinico e nel contempo lo sfidava:
con la sua sintomatologia proteiforme e cangiante, che mimava quella
di altre patologie senza per avere gli stessi correlati dorgano, metteva
in scacco lapparato concettuale psicodiagnostico.
Il termine isteria (hysteros) utilizzato dalla medicina ippocratica,
ma al di fuori della dottrina degli umori. Nel trattato Sulla natura della
donna, Ippocrate non fa riferimento alla teoria degli umori, ma alla
teoria del secondo psichismo o dellutero, considerato alla stregua di
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Melanconia e schizofrenia
La psichiatria ottocentesca di stampo kraepeliniano amava procede-
re per coppie dicotomiche nel catalogare le malattie mentali, quasi
creando un albero di Porfirio. In questa concezione kraepeliniana i
disturbi del pensiero e i disturbi dellumore erano affatto differenti, ai
primi faceva capo la dementia praecox e ai secondi la psicosi maniaco-
depressiva. Questultima era considerata da Kreapelin una psicosi di mi-
nore entit, che si avvicinava al campo delle nevrosi, mentre la demen-
tia preacox stato il disturbo precursore delle patologie dello spettro
psicotico (gli schizoidi e poi la forma schizofrenica). I disturbi dellumo-
re sono i disturbi del metabolismo interno, delle emozioni e dellaffet-
tivit; i disturbi del pensiero sono invece pi primitivi, tanto che non
permettono nemmeno laccesso alla dimensione della depressione. Me-
lanie Klein sosteneva che la posizione depressiva la posizione pi
evolutiva; mentre la dimensione schizoparanoide, che le antecedente,
la dimensione pi ancestrale, di regressione pi antica e profonda.
La schizofrenia era considerata la malattia mentale di maggior gravit,
la malattia delle malattie mentali, perch appunto non riguardava lec-
cesso degli umori, ma era un disturbo del pensiero. Al centro della
sintomatologia dei disturbi del pensiero campeggia il delirio, che pu
essere manifesto o silente, ma che fino allintroduzione dei neurolettici
atipici, ha rappresentato il sintomo principale della follia. La presenza
di un discorso delirante diviene il nucleo della definizione di follia, in
senso classico: Questa parola [delirio] derivata da lira, solco; cosicch
delirare significa letteralmente allontanarsi dal solco, dalla dritta via
della ragione81.
Il caso del delirio psicotico quello che si chiama delirio paranoide
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e che si potrebbe anche pensare come delirio del codice82, come co-
struzione di un discorso strettamente logico su unidea che non trova
attinenza con il principio di realt. Il delirio del codice ha una coerenza
estrema tanto che ogni episodio o segno che accade alla persona pu
essere interpretato e spiegato alla luce del codice paranoide, come
prova del teorema che compone il delirio83. Il pensiero delirante si ca-
ratterizza per un eccesso di logica e di coerenza che lo rendono del
tutto privo di qualsiasi connessione plausibile84.
Il delirio, per, nel pensiero classico, non era esclusivo della demen-
za, poteva anche essere di tipo melanconico:
La melanconia un delirio continuo che differisce in due cose dalla ma-
nia: la prima sta nel fatto che il delirio melanconico limitato a un solo
oggetto che si chiama punto melanconico; la seconda che questo
delirio lieto o triste, ma sempre pacifico; cos la melanconia non dif-
ferisce dalla mania se non come ci ch maggiore da ci ch minore,
e questo cos vero che molti melanconici diventano maniaci, e che
molti maniaci sulla via della guarigione o nellintervallo dei loro accessi
sono melanconici85.
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86 M. Foucault, Storia della follia nellet classica, trad. it. cit., pp. 366-367.
87 Cfr. G. Gozzetti, La tristezza vitale. Psicopatologia e fenomenologia della melan-
conia, Marsilio, Venezia 1996, p. 149.
88 E. Borgna, Malinconia, Feltrinelli, Milano 1992, pp. 97-98.
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