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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA

TOR VERGATA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA


DELL’AUTOMAZIONE
A.A. 2004/2005

Tesi di Laurea

MODELLAZIONE DELL’ALIMENTATORE AL-F


DEL FRASCATI TOKAMAK UPGRADE

RELATORE CANDIDATO

Luca Zaccarian Riccardo Vitelli

CORRELATORI
Vincenzo Vitale
Luigi Pangione
Alla mia famiglia
Ai miei amici
Indice

Ringraziamenti 1

Introduzione 2

1 Cenni sulla fusione nucleare 4

1.1 La fusione nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.2 Il confinamento del plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3 Creazione del plasma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 8

2.1 Caratteristiche strutturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2.2 Principi fisici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.3 Il sistema di controllo di FTU . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.3.1 Controllo della corrente di plasma . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.3.2 Controllo della posizione orizzontale . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.3.3 Controllo della posizione verticale . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.4 Cronologia di un esperimento su FTU . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 25

3.1 Descrizione circuitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.2 Il sistema di controllo di AL-F . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

INDICE I
INDICE

3.3 Esempi di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

4 Sviluppo di un modello per AL-F 37

4.1 Il modello dell’alimentatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.1.1 Modellazione della parte elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.1.2 Modellazione del PHSC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

4.1.3 Esempi di simulazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

4.2 Il modello del feedback . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

5 Conclusioni e sviluppi futuri 55

5.1 Commenti conclusivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

5.2 Ulteriore miglioramento del modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

5.3 Il feedback completo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

5.4 Elaborazione di un sistema di controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

Appendice A - Documentazione del PHSC 61

Elenco delle figure 71

Bibliografia 72

INDICE II
Ringraziamenti

Vorrei cogliere quest’opportunità per ringraziare tutte le persone che hanno reso pos-

sibile questo lavoro, a partire dalla mia famiglia, che mi è stata vicina e mi ha suppor-

tato (e sopportato) durante i miei studi e nella gestazione di questa Tesi, che hanno

oltretutto avuto anche il “piacere” di leggere (e correggere) in anteprima.

Insieme a loro vorrei ringraziare anche gli amici, che mi hanno tenuto su di morale

nei momenti bui che, inevitabilmente, si incontrano lungo una strada lunga e tortuosa

come quella di una Tesi sperimentale.

Infine, ultimi ma non meno importanti, vorrei ringraziare il professor Luca Zac-

carian, che non ha perso occasione per indirizzarmi e incoraggiarmi lungo la strada

giusta, l’ing. Luigi Pangione, guida e amico nel percorso all’interno dell’ENEA, gli

altri ragazzi della “stanza tesisti Tor Vergata”, e lo staff tutto dell’ENEA, disponibile

e più che competente, capace di creare un’atmosfera di alta professionalità ma senza

allo stesso tempo scadere nella formalità.

I’ son Beatrice che ti faccio andare;

vegno del loco ove tornar disio;

amor mi mosse, che mi fa parlare.

(Inferno, II)

INTRODUZIONE 1
Introduzione

Il problema energetico è sicuramente uno dei punti con cui l’umanità si troverà ben

presto a fare i conti, vuoi per l’esaurimento progressivo dei combustibili fossili (stime

recenti parlano di 70-80 anni di autonomia al massimo), vuoi per la sempre maggiore

richiesta di energia legata allo sviluppo industriale, specie nei paesi emergenti, quali

ad esempio la Cina.

Varie le risposte avanzate per risolvere tale problema, ma tra esse il nucleare risulta

sicuramente la più promettente, soprattutto per gli alti rendimenti e per la possibilità

di costruire centrali ovunque sul territorio (possibilità che, tendenzialmente, le fonti di

energia rinnovabile non hanno, basti pensare all’energia eolica o a quella geotermica).

Sono innegabili tuttavia i problemi legati all’adottare tale tecnologia, in particolare

lo smaltimento delle scorie radioattive e l’effetto “muro di gomma” da parte dell’opi-

nione pubblica, ancora traumatizzata dalla tragedia di Chernobyl. In questo contesto

si inserisce la ricerca nel campo della fusione nucleare che, una volta sviluppa-

ta, permetterebbe di accedere ad una fonte di energia sicura, pulita e, soprattutto,

estremamente economica in quanto -al contrario della fissione che si basa su elementi

pesanti e rari come l’uranio- la fusione utilizza isotopi dell’idrogeno, facilmente rica-

vabili dall’acqua.

Il principale polo italiano in tale campo di ricerca è senza dubbio il Centro Ri-

INTRODUZIONE 2
INTRODUZIONE

cerche ENEA di Frascati (Roma), dove è da tempo attivo FTU (Frascati Tokamak

Upgrade), nato con lo scopo di studiare i problemi riguardanti il confinamento del

plasma in vista di un futuro reattore a fusione.

Scopo di questo elaborato, dopo una breve trattazione dei principi base dietro

la fusione nucleare, è di fornire una descrizione dettagliata della struttura di FTU,

con particolare riferimento ad F, l’avvolgimento magnetico del Tokamak responsabile

del posizionamento orizzontale del plasma nella camera. Ci si soffermerà soprattutto

sull’alimentatore di tale avvolgimento (chiamato nel corso del testo AL-F ), analiz-

zandone lo schema elettrico e la catena di retroazione. Si mostreranno quindi tipici

andamenti della corrente erogata su F durante sessioni sperimentali, al fine di far

notare il problema di cui il sistema di controllo di AL-F è affetto: l’instaurazione

di fenomeni oscillatori quando la corrente richiesta sull’avvolgimento è al di sotto di

una certa soglia critica. Partendo da questo fatto, e proprio al il fine di risolver-

lo, si procederá quindi all’implementazione, in ambiente MATLAB/SIMULINK, di

un modello dell’alimentatore il più accurato possibile, illustrandone nel contempo il

funzionamento, paragonandolo all’andamento del sistema reale.

INTRODUZIONE 3
Capitolo 1

Cenni sulla fusione nucleare


In questo capitolo verranno brevemente riassunti, senza alcuna pre-
tesa di completezza, alcuni concetti basilari della fusione nucleare
e del confinamento magnetico del plasma. Si rimanda a testi più
specifici chiunque volesse approfondire quanto esposto.

1.1 La fusione nucleare

È noto che all’interno del nucleo atomico i protoni, essendo dotati di stessa carica

elettrica, tendono a respingersi e causerebbero la disgregazione dell’atomo se non esi-

stessero le forze di coesione nucleare. Una reazione nucleare consiste sostanzialmente

nella modificazione, anche solo in parte, dell’equilibrio tra tali forze.

Esistono due tipi di reazione nucleare: la fissione e la fusione.

La prima, scoperta nella prima metà del ventesimo secolo da un gruppi di scienzia-

ti (tra i quali la figura di spicco è sicuramente Enrico Fermi), anche grazie ai fondi

“donati” dal ministero della difesa americano in vista di un potenziale utilizzo bellico

contro il regime nazista e i suoi alleati, è attualmente l’unico sistema tecnologicamente

stabile per ottenere produzione di energia elettrica attraverso reazioni nucleari.

Tuttavia la pericolosa produzione di scorie nucleari nocive per la salute, oltre a ren-

4
CAP. 1 Cenni sulla fusione nucleare 1.1 La fusione nucleare

dere i reattori a fissione alquanto impopolari per la pubblica opinione, ha portato a

cercare soluzioni alternative che potessero produrre quantità paragonabili di energia

in modo più pulito. In questo modo è iniziata la ricerca nel campo della fusione.

Le reazioni di fusione nucleare avvengono di continuo nelle stelle, permettendo la pro-

duzione dell’enorme quantità di energia da esse irradiata. In questo tipo di reazione i

nuclei di elementi leggeri si fondono per formare un nucleo più pesante, la cui massa è

minore della somma delle masse dei nuclei “genitore”. La massa mancante si trasforma

in energia secondo la ben nota equivalenza massa-energia di Einstein E = mc2 .

Per la fusione nucleare in genere si usano due isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il

trizio che, interagendo, si uniscono a formare un nucleo di elio ed un neutrone.

La difficoltà di realizzazione e controllo dei processi di reazione nucleare è legato al

fatto che, per soverchiare le forze di repulsione elettrica tra i nuclei, gli atomi devono

avvicinarsi a distanze dell’ordine di 10−11 m, e per ottenere ciò è necessario lavorare

in regimi di altissima temperatura e/o pressione. In particolare nel caso della fusione

nucleare in laboratorio è necessario portare e mantenere gas ionizzato a temperature

dell’ordine di 100 milioni di gradi centigradi1 .

A tali temperature la materia tende a dissociarsi nei suoi elementi costitutivi, trasfor-

mandosi in una specie di “brodo” di ioni ed elettroni non equamente distribuiti. Ciò

comporta quindi la nascita di una carica elettrica non neutra. Tale stato di aggrega-

zione viene detto plasma, o quarto stato di aggregazione della materia.

1
Da notare che nelle stelle le temperature necessarie affinchè avvengano reazioni di fusione sono
molto più basse rispetto a quelle richieste in laboratorio: infatti, pur essendo la probabilità che due
atomi si fondano direttamente proporzionale alla temperatura, in un corpo celeste l’elevata quantità
di materia compensa tale minore probabilità.

5
CAP. 1 Cenni sulla fusione nucleare 1.2 Il confinamento del plasma

1.2 Il confinamento del plasma

Confinare il plasma, a causa della sua elevatissima temperatura che, ovviamente, im-

pedisce di usare un semplice “contenitore”, è particolarmente complesso, ed è anche

il principale problema che impedisce attualmente un utilizzo non bellico della fusione

nucleare.

In linea di principio, essendo dotato di carica elettrica non neutra, il plasma può essere

confinato attraverso l’uso di un campo magnetico che lo tenga coeso all’interno di un

contenitore sotto vuoto e ne impedisca il contatto con le pareti dello stesso.

Sono state sperimentate varie architetture magnetiche per consentire il confina-

mento del plasma, ma attualmente la migliore è il Tokamak. Esso è una struttura di

forma toroidale ed è caratterizzato da un involucro cavo all’interno del quale il plasma

è confinato attraverso campi magnetici con linee di forza a spirale.

La configurazione magnetica che impone la posizione del plasma è il risultato dell’e-

quilibrio tra il campo poloidale dovuto alla corrente che circola nel plasma, e quello

toroidale generato dagli avvolgimenti posti attorno alla camera da vuoto.

La configurazione a Tokamak consente di mantenere attivo il plasma per periodi di

tempo abbastanza lunghi2 .

2
Per quanto in FTU un esperimento (o “sparo” nel gergo tecnico) non superi i due secondi,
in Tokamak di dimensioni maggiori, come ad esempio il JET (Joint European Torus) di Culham
(UK, nei pressi di Oxford), un esperimento può arrivare a durare anche quindici minuti. L’ITER
(esperimento europeo di fusione nucleare), che dovrebbe venir costruito a Cadrache, nel sud della
Francia, sarà un Tokamak di grandi dimensioni, tali da riuscire a mantenere il plasma per periodi di
tempo talmente lunghi da consentire anche di ricavare energia, diventando de facto il primo esempio
di reattore a fusione.

6
CAP. 1 Cenni sulla fusione nucleare 1.3 Creazione del plasma

1.3 Creazione del plasma

Portare un gas alle temperature richieste perchè esso si trasformi in plasma non è,

ovviamente, una cosa semplice, tanto che è necessario adottare più di un metodo per

portare la materia in temperatura.

Una parte del calore necessario deriva dall’effetto Joule dovuto alla corrente di pla-

sma che circola nel gas (causata dagli avvolgimenti toroidali). Tuttavia tale parte è

dell’ordine del milione di gradi, decisamente insufficiente perchè avvenga la fusione

termonucleare. Tale limite è dovuto al fatto che all’aumentare della temperatura la

resistività del plasma decresce.

Per fornire la potenza aggiuntiva richiesta sono state studiate tre tecniche fondamen-

tali:

• L’uso di onde elettromagnetiche, che vengono iniettate nel Tokamak con

antenne o guide d’onda ed assorbite dal plasma;

• L’iniezione di atomi neutri ad elevata energia cinetica, che trasferiscono

la loro energia al plasma urtando contro gli atomi che lo compongono;

• La compressione adiabatica del plasma, che viene ottenuta direzionando lo

stesso verso regioni con campo magnetico maggiore, con conseguente aumento

della pressione e di conseguenza della temperatura.

In particolare in FTU viene adottata la prima di queste tre tecniche.

7
Capitolo 2

FTU: Frascati Tokamak Upgrade

FTU è una macchina sperimentale estremamente complessa, tanto


da richiedere competenze specifiche in svariati campi, dalla fisica,
all’ingegneria elettronia, all’informatica. In questo capitolo si effet-
tuerà una rapida carrellata sulla struttura del Tokamak, descrivendo
brevemente la macchina, le alimentazioni elettriche e i concetti fisi-
ci su cui si basa, per poi passare ad un’analisi più approfondita dei
sistemi di controllo che ne regolano il funzionamento.

2.1 Caratteristiche strutturali

L’ENEA rappresenta allo stato attuale il principale centro di ricerche italiano nel

campo della fusione nucleare. In particolare FTU (Frascati Tokamak Upgrade) è una

macchina nata con lo scopo di comprendere e risolvere i principali problemi in vista

del futuro sviluppo di un reattore a fusione.

Nonostante FTU sia una macchina di dimensioni alquanto ridotte, per il suo fun-

zionamento sono necessari numerosi sotto-impianti distribuiti in ben due edifici. In

particolare uno dei due contiene le apparecchiature destinate all’alimentazione del

Tokamak (AL-F, il piú piccolo dei convertitori, ad esempio, è un mostro le cui carat-

teristiche in uscita sono ±5kV ±12.5kA !), mentre l’altro contiene FTU stesso e le

8
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.1 Caratteristiche strutturali

apparecchiature di controllo e acquisizione dati.

Come già accennato, il Tokamak è costituito da una camera sotto vuoto spinto,

alla quale è possibile avere accesso con strumentazione solo attraverso dodici ingressi

(denominati port) divisi a loro volta in tre sezioni: superiore, equatoriale ed inferio-

re. Ognuno di questi port ha un’area relativamente piccola ed è posto a distanza dal

plasma al fine di evitare interferenze sugli strumenti di misura.

Elementi fondamentali di FTU sono i suoi attuatori, ovvero gli avvolgimenti ma-

gnetici che permettono di portare in temperatura il plasma e di mantenerlo in equili-

brio. Tali avvolgimenti sono:

• T, responsabile della corrente di plasma Ip . Tale corrente, oltre ad impedire la

deriva delle particelle di gas verso le pareti, ha anche lo scopo di riscaldare il

plasma per effetto Joule;

• H, che genera un campo magnetico orizzontale, ed è di conseguenza l’attuatore

che agisce sulla posizione verticale del plasma;

• V ed F, che si occupano della posizione orizzontale del plasma, in particolare

del suo raggio interno ed esterno (prestabiliti a monte dell’esperimento). La dif-

ferenza sostanziale tra i due è che V è decisamente più potente di F, ma anche

più lento: in pratica il primo si occupa di fornire la maggior parte della potenza

necessaria ed è operato in open-loop, mentre il secondo si preoccupa di reagire

alle variazioni impreviste di posizione via feedback.

9
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.1 Caratteristiche strutturali

Gli avvolgimenti vengono alimentati da quattro convertitori (uno per avvolgimen-

to), il cui scopo è trasformare la corrente alternata, proveniente dai generatori, in

corrente continua (figura 2.1).

Figura 2.1: Vista dei convertitori di FTU. In primo piano la zona commutazione con
dietro AL-H, a sinistra AL-T, a destra AL-F e in fondo AL-V.

Altro elemento importantissimo di FTU sono i generatori di corrente alternata

MFG1 e MFG3 (Motor Flywheel Generator). In particolare MFG3 (figura 2.2) è

quello direttamente collegato agli alimentatori degli avvolgimenti di FTU per la rego-

lazione della posizione del plasma (fatta eccezione per l’alimentatore di H, connesso

direttamente alla rete ENEL).

MFG3 consiste in pratica di un grosso volano che viene posto in rotazione (la sua

velocità di regime è di 3600 giri/minuto) nello spazio di tempo tra un esperimento e

l’altro, e che, durante l’esperimento, scarica la sua notevole energia cinetica al fine di

fornire la potenza necessaria alla generazione dei campi magnetici e al riscaldamento

10
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.2 Principi fisici

Figura 2.2: MFG3 - Motor Flywheel Generator.

del plasma.

2.2 Principi fisici

Il concetto alla base del funzionamento di FTU è relativamente semplice: si basa

infatti sull’equilibrio tra il campo magnetico poloidale generato dalla corrente indotta

nel plasma e il campo toroidale prodotto dagli avvolgimenti attorno alla camera del

Tokamak (per una rappresentazione grafica fare riferimento alla figura 2.3).

Il plasma può essere rappresentato come una spira chiusa sulla quale viene indotta

una corrente (detta, per l’appunto, Ip , o corrente di plasma). Per tenere coese le

cariche si agisce su di esso attraverso un campo magnetico esterno, sfruttando la

legge di Lorentz:

F~ = q · ~v × B
~ (2.2.1)

che definisce la forza agente su una carica q in moto con velocità ~v ed immersa nel

11
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

Figura 2.3: Struttura magnetica di FTU: in verde i campi poloidali, in rosso quelli
toroidali, in giallo il plasma.

~
campo magnetico B.

Essendo fondamentalmente q ·~v una corrente, è possibile esprimere tale forza, nel caso

del plasma, come:

F~ ∝ Ip × B
~ (2.2.2)

La forza ottenuta sarà quella che gli attuatori di FTU dovranno contrastare al fine

di mantenere l’equilibrio magnetico.

2.3 Il sistema di controllo di FTU

Risulta evidente, considerando le enormi temperature in gioco quando si parla di fu-

sione, che impedire al plasma di venire a contatto con le pareti della camera diventa

la priorità assoluta. Per quanto siano presenti delle protezioni hardware poste lungo

la camera, denominate limiter, in caso di urto con esse il plasma, oltre a danneggiarle

a lungo andare, si raffredda, mandando a monte l’intero esperimento.

12
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

Il sistema di controllo di FTU, quindi, ha il compito di pilotare gli attuatori (gli ali-

mentatori degli avvolgimenti) in modo che essi eroghino la giusta quantità di energia

per far sì che la variazione di campo magnetico dovuto ad essa porti il plasma nella

posizione desiderata.

Il generico schema di controllo di un avvolgimento è riportato in figura 2.4:

Figura 2.4: Schema di controllo di massima di FTU.

Come si nota dallo schema, il sistema di feedback acquisisce le misure magnetiche

dal sistema ed elabora di conseguenza i segnali che andranno a pilotare le alimentazioni

elettriche. In particolare in ENEA vengono utilizzati dei controllori PID, ovverosia

ad azione Proporzionale Integrale e Derivativa, la cui espressione matematica è data

dalla seguente formula:


d
u(t) = Kp · e(t) + Ki e(t)dt + Kd e(t) (2.3.1)
dt
dove Kp , Ki e Kd sono, rispettivamente i guadagni proporzionale, integrale e de-

rivativo della funzione di controllo.

13
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

Da notare che in FTU i controllori PID usati non sono “puri”: infatti i valori dei tre

guadagni vengono variati lungo il corso dello sparo, trasformando la funzione in qual-

cosa di decisamente nonlineare (tale caratteristica verrà discussa più avanti quando si

parlerà più diffusamente del modello di impianto implementato).

Viene logico chiedersi a questo punto quali siano le leggi fisiche implementate nel

sistema di controllo. Iniziamo analizzando le due equazioni di base dalle quali derivano

tutte le altre, in particolare l’insieme dei circuiti magnetici può essere schematizzato

come un trasformatore la cui espressione è:

d
V (t) = [M (t) · I(t)] + R(t) · I(t) (2.3.2)
dt
dove:

• V (t) è il vettore delle tensioni indotte nei quattro avvolgimenti e nel plasma;

• M (t) è la matrice di mutua induttanza;

• I(t) è il vettore delle correnti che scorrono negli avvolgimenti e nel plasma a

causa della presenza delle V (t);

• R(t) è una matrice quadrata che ha sulla diagonale principale le resistenze dei

quattro avvolgimenti e del plasma, mentre tutti gli altri elementi sono nulli.

Inoltre, assumendo il plasma filiforme e sfruttando la seconda legge della dinamica

F~ = m · ~a, è possibile esprimere la forza esercitata dai circuiti magnetici in questo

modo:
d2
mp 2 [Rp (t)] = 2πRp (t) · Ip (t) · [Bp (t) − Be (t)] (2.3.3)
dt
dove:

14
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

• Rp (t) è il raggio del plasma;

• mp è la massa del plasma;

• Ip (t) è la corrente di plasma;

• Bp (t) è il campo magnetico prodotto da Ip ;

• Be (t) è il campo magnetico verticale in cui è immerso il plasma.

Attraverso i due principi fisici appena esposti, il sistema di controllo riesce a pi-

lotare gli attuatori in modo da controllare con precisione l’intensità della corrente di

plasma e la sua posizione nella camera.

È ora possibile descrivere dettagliatamente le strategie seguite per il controllo del-

le varie grandezze. Tuttavia è importante ricordare prima di proseguire che tutti i

sistemi che verranno in seguito descritti, per quanto considerati indipendenti, nella

realtà non lo sono assolutamente: agendo sul plasma contemporaneamente e variando

la struttura del campo magnetico nel quale esso è immerso, è evidente che essi non

possono non influenzarsi reciprocamente.

2.3.1 Controllo della corrente di plasma

Per elaborare la legge di controllo che permette alla corrente di plasma di inseguire il

valore preprogrammato, il feedback fa uso dell’equazione (2.3.2) per far sì che l’alimen-

tatore dell’avvolgimento T eroghi la giusta quantità di corrente. Bisogna considerare

che le matrici di tale equazione non sono costanti, ma variano durante l’esperimento,

in quanto influenzate da fattori quali la geometria del plasma e le caratteristiche di

15
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

temperatura e pressione della camera. Per di più il calcolo di alcune di queste ca-

ratteristiche è talmente complesso da renderlo improponibile in realtime, obbligando

ad attendere la fine dell’esperimento per ottenere i valori richiesti. Per questi motivi

è stato scelto di fissare i valori delle induttanze (mutue e no) a dei valori medi pre-

calcolati, dopo aver verificato che tale processo non avrebbe inficiato più di tanto le

prestazioni del sistema.

La legge di controllo dell’intensità di Ip si basa sulla seguente equazione:

d
Ip · Rp = Vp = − ~
[Φ(B)] (2.3.4)
dt
~ è il flusso del campo magnetico che induce Ip . Poichè tale flusso è
dove Φ(B)

dovuto all’avvolgimento T, è evidente che esiste un legame tra la corrente di plasma

e la corrente che circola in T, legame che risulta essere:

Lp
∆It = − ∆Ip (2.3.5)
Mtp

dove Lp è l’iduttanza del plasma e Mtp è il coefficiente di mutua induttanza tra

l’avvolgimento T e il plasma. Come detto prima, tali valori vengono prefissati, e

risultano essere:

Lp = 2.14µH

Mtp = 110µH

È facile notare che il loro rapporto è minore di uno; di conseguenza è necessaria

una notevole variazione della corrente che scorre in T per ottenere anche piccoli cam-

biamenti nella corrente di plasma.

Lo schema a blocchi per il sistema di controllo di T è, quindi, quello riportato in

figura 2.5.

16
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

Figura 2.5: Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-T

Il valore di Ip misurato viene confrontato con il valore preprogrammato (o riferi-

mento) e quindi moltiplicato per il sopracitato rapporto: tale segnale, l’errore tra la

corrente di plasma richiesta e quella reale, viene quindi passato al controllore standard

PID, che restituisce così il valore ∆Ip il quale, una volta sommato al preprogrammato

al fine di riottenere un valore assoluto e non una differenza, viene inviato ad AL-T,

l’alimentatore dell’avvolgimento T, che erogherà la corrente It necessaria per far sì

che venga inseguito correttamente il preprogrammato.

2.3.2 Controllo della posizione orizzontale

Per controllare la posizione orizzontale del plasma all’interno della camera, il sistema

di controllo deve far sì che il raggio interno ed esterno dello stesso si trovino in corri-

spondenza di quelli preprogrammati. Il problema consiste nel fatto che non è possibile

misurare direttamente tali raggi. Tuttavia, se consideriamo il plasma come un’infinita

serie di circonferenze concentriche, sappiamo che il valore del flusso del campo ma-

gnetico misurato su due punti di una stessa circonferenza è uguale. È evidente quindi

che per effettuare un controllo sulla posizione orizzontale basta misurare il flusso del

campo magnetico in corrispondenza dei raggi preprogrammati: se la differenza tra le

17
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

due misure è nulla, allora il plasma si trova in posizione corretta1 (figura 2.6).

Figura 2.6: Plasma in posizione corretta.

Altrimenti, se il plasma fosse spostato rispetto alla posizione corretta, si misure-

rebbe un ∆Ψ non nullo, che altro non è che l’errore di posizione di cui il sistema di

controllo deve tener conto (figura 2.7).

Figura 2.7: Plasma in posizione errata

Gli avvolgimenti che si occupano di controllare la posizione orizzontale del plasma

sono, come visto, V ed F. Tuttavia l’unico a possedere un vero e proprio sistema di con-

trollo è F, in quanto V viene operato in open-loop in base a dei valori preprogrammati.


1
È da notare che una semplice espansione del plasma potrebbe portare ad avere una superficie
isoflusso anche se il plasma non si trovasse allineato con i raggi preprogrammati. Per ovviare a questo
probema, durante gli esperimenti il plasma viene fatto “poggiare” sui limiter di una delle due pareti,
impedendone, de facto, l’espansione.

18
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

In pratica, mentre il primo si occupa di reagire alle variazioni ambientali, il secondo

fornisce la “forza bruta” necessaria al posizionamento (tipicamente corrispondente al-

l’effetto macroscopico di espansione indotto dal T in base alla legge di Lorentz (2.2.1)).

È possibile ricavare la corrente che deve circolare in F per riportare in posizione il

plasma dalla seguente equazione:

∆Ψ
∆If = (2.3.6)
∆Mpf

dove ∆Mpf è il coefficiente di mutua induttanza tra F e il plasma. Come prima,

il valore di ∆Mpf viene prefissato come media di valori plausibili, e in particolare è

pari a:

∆Mpf = 20µH

Lo schema a blocchi per AL-F risulta quindi essere quello riportato in figura 2.8.

Figura 2.8: Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-F.

Un set di strumenti posti sulla camera di FTU fornisce al sistema di controllo i dati

necessari per calcolare la differenza di flusso in corrispondenza dei raggi preprogram-

mati. Tale componente del sistema, riportato anche nello schema, viene chiamato

MMS (Magnetic Measurement System, sistema di misure magnetiche). Il ∆Ψ cal-

colato è, per quanto visto prima, proporzionale all’errore di posizione. Il segnale ∆Ψ

19
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.3 Il sistema di controllo di FTU

calcolato viene quindi moltiplicato, come da equazione (2.3.6), per il coefficiente di

proporzionalità ed inviato al controllore PID il quale fornisce la richiesta di corrente

per AL-F.

Da notare che anche in questo caso all’uscita del PID viene sommato un valore di

If preprogrammato. Il motivo di questa scelta potrebbe non risultare di immediata

comprensione. Per quale motivo, esistendo già un avvolgimento, V, che si preoccu-

pa di fornire la maggior parte dell’energia necessaria al posizionamento del plasma,

non è stato scelto di far funzionare F solo come eventuale “correttore di posizione”,

mantenendolo spento quando non necessario? La motivazione è in verità abbastanza

semplice: pur essendo abbastanza rapido, l’avvolgimento F (ed il suo impianto di

alimentazione) non sono, ovviamente, istantanei. Se venisse lasciato spento, invece

di partire da una posizione di regime preprogrammata, esso impiegherebbe un note-

vole tempo a posizionarsi nella sua zona di lavoro. Inoltre poichè l’azione esercitata

dal circuito F sul plasma è non simmetrica, il plasma risultante da un forzamento F

non nullo è leggermente elongato ed è associato ad un maggiore rendimento energetico.

2.3.3 Controllo della posizione verticale

L’avvolgimento H è il responsabile della posizione verticale del plasma. Il principio

fisico su cui si basa il suo sistema di controllo è fondamentalmente identico a quello

per il controllo della posizione radiale. L’unica differenza è che, ovviamente, in questo

caso si parlerà di una posizione assiale (Z) invece di una radiale.

L’equazione che caratterizza il controllo risulta essere:

∆Ψ
∆Ih = (2.3.7)
∆Mph

con ∆Mph , come sempre prestabilito, pari a:

20
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.4 Cronologia di un esperimento su FTU

∆Mph = 15µH

Lo schema di controllo di H risulta praticamente identico a quello di F (figura 2.9).

Figura 2.9: Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-H.

L’unica differenza rispetto al precedente risulta essere l’assenza di un preprogram-

mato (ovverosia H, nel caso che il plasma si trovi in posizione corretta, è spento).

Ciò è giustificato da un fatto puramente pratico: se il controllo di posizione radiale

funziona bene, grazie alla struttura stessa del Tokamak e al posizionamento degli av-

volgimenti, il plasma si troverà prticamente in posizione corretta anche verticalmente;

H dovrà quindi compensare solo piccolissime variazioni, e mantenerlo sempre attivo

tramite l’utilizzo di un preprogrammato sarebbe superfluo.

2.4 Cronologia di un esperimento su FTU

Da quanto esposto si può trarre un’idea della complessità e del numero notevole di

macchine e apparati di misura necessari al fine di effettuare un singolo esperimento

con FTU.

La sequenza operativa è denominata sparo, ed ha una durata variabile tra i dieci e i

venti minuti. La catena di eventi che si innesca prima della formazione del plasma è

schematizzata in figura 2.10.

Per sincronizzare tutti gli eventi esiste un clock generale (denominato Master

21
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.4 Cronologia di un esperimento su FTU

Figura 2.10: Sequenza degli eventi in uno sparo.

Clock ), impostato alla frequenza di 1 MHz, e dei segnali denominati gate.

Vediamo ora quali sono gli eventi che avvengono durante l’evoluzione dell’esperi-

mento (sempre facendo riferimento alla figura 2.10).

Inizialmente il responsabile della sperimentazione giornaliera imposta tutti i parame-

tri necessari (valori dei preprogrammati, guadagni dei PID, ecc.) da appositi terminali

posti nella sala di controllo. Quindi, non appena viene dato il via, si passa alla fase

di predisposizione degli impianti, in cui il sistema di controllo verifica che tutte

le macchine coinvolte nella sperimentazione siano pronte e funzionanti, e attiva i col-

legamenti elettrici degli alimentatori e dei generatori. Se tutto va a buon fine, viene

emesso il primo gate di sincronizzazione e si passa alla fase di pre-run. Nei due

minuti successivi vengono raccolti dati da tutti i sistemi, che verranno poi elaborati

per ulteriori dieci secondi, mentre gli impianti di alimentazione si predispongono per

lo sparo. Quindi, dieci secondi prima dell’esperimento vero e proprio, viene emesso

il gate di start-run, che ordina a tutti i sistemi macchina di sincronizzare i relativi

clock. Infine il gate di start-FSC (Fast Sequence Control) dà il via a tutti gli attua-

22
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.4 Cronologia di un esperimento su FTU

tori per il posizionamento e la produzione della corrente di plasma. L’esperimento si

conclude, infine, dopo 10 secondi, quando si passa nella fase di end-run col conse-

guente abbassamento di tutti i gate. In questa fase tutte le macchine si riportano in

posizione di attesa, pronte ad iniziare la fase di preparazione dello sparo successivo.

In questa fase tutti i sistemi di acquisizione trasferiscono i dati acquisiti nel sistema

di archiviazione centrale2 .

L’ultima breve analisi riguarda il funzionamento del sistema di controllo realtime,

che entra in funzione nella fase di start-run, a circa due secondi dalla formazione del

plasma, e si ferma circa tre secondi dopo, come è facile notare da figura 2.11.

Figura 2.11: Andamento temporale del sistema di controllo.

In particolare stato per stato avvengono i seguenti eventi:

• Stato A (−2 .0s → −1 .5s): Nessuna corrente scorre negli avvolgimenti, in

questa fase viene effettuato il calcolo degli offset sulle varie misure;

• Stato B (−1 .5s → −1 .4s): Il sistema resta in standby;

• Stato C (−1 .4s → −1 .0s): Determinazione del campo toroidale misurato dalle

bobine (valore da sottrarre alla misura);


2
Da notare che tale operazione non è effettuabile in realtime a causa dell’imprevedibilità dei tempi
di accesso/elaborazione della rete e dei dischi fissi utilizzati.

23
CAP. 2 FTU: Frascati Tokamak Upgrade 2.4 Cronologia di un esperimento su FTU

• Stato D (−1 .0s → −0 .01s): Inizia a circolare corrente nell’avvolgimento T

(corrente di plasma), vengono effettuati alcuni controlli di sicurezza;

• Stato E (−0 .01s → −0 .001s): La corrente su T oramai circola in abbondanza,

ultimi controlli di sicurezza;

• Stato F (−0 .001s → +3 .0s): Ciclo di controllo vero e proprio (tutte le misure

vengono depurate degli offset misurati in precedenza).

24
Capitolo 3

AL-F: l’alimentatore
dell’avvolgimento F

Tra i quattro avvolgimenti che compongono FTU, F è forse il più


interessante a livello controllistico a causa del fenomeno oscillatorio
che talvolta si instaura a bassi regimi di corrente, degno quindi di
uno studio atto a migliorare l’attuale catena di feedback. In questo
capitolo si illustrerà dettagliatamente il funzionamento di AL-F,
spiegandone la struttura circuitale e analizzando il suo sistema di
controllo interno, il PHSC. Infine verranno mostrati alcuni esempi
di funzionamento per sottolineare il comportamento oscillatorio che
in alcune situazioni patologiche viene a crearsi.

3.1 Descrizione circuitale

Da quanto detto precedentemente è facile capire quanto sia importante F nel controllo

della posizione radiale del plasma. Per costruirne un modello è stato necessario prima

di tutto comprenderne a fondo le caratteristiche fisiche.

La documentazione su AL-F fornita recita testualmente:

“si tratta di un convertitore duale a quattro quadranti, costituito da due unità a tiri-

stori in antiparallelo tra di loro. È quindi un dispositivo in grado di erogare corrente

sia positiva che negativa, ed è operato col metodo della corrente di circolazione tra

i due rami di cui è costituito, al fine di ottenere un’inversione molto rapida e senza

25
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.1 Descrizione circuitale

perdite di controllo della corrente del carico.”

Procediamo ora con un’analisi che spieghi quanto sintetizzato nelle righe precedenti.

In figura 3.1 è riportato lo schema elettrico dell’alimentatore da cui è stato ricavato

lo schema semplificato di figura 3.2, utile al fine di spiegare più facilmente il suo fun-

zionamento.

26
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.1 Descrizione circuitale

Figura 3.1: Schema elettrico di AL-F.

27
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.1 Descrizione circuitale

Figura 3.2: Schema elettrico semplificato di AL-F.

28
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.1 Descrizione circuitale

I generatori di tensione continua V1 e V2 rappresentano un “accorpamento ” dei

quattro ponti trifase presenti su ogni ramo1 .

L’avvolgimento F è stato modellato (in maniera decisamente realistica) come un in-

duttore seguito da una resistenza, che rappresenta la caduta di tensione lungo l’av-

volgimento stesso.

Non è stato possibile invece modellare le due induttanze saturabili L1 e L2 come nor-

mali induttori in quanto la variazione di induttanza era eccessiva per pensare di poter

considerare solo il valore medio. In particolare la caratteristica di L1 e L2 (seppur

non perfettamente lineare) risulta essere:


{
2mH ↔ 0A
0.4mH ↔ 12.500A

Attraverso i due rami dell’alimentatore passa una corrente di circolazione, il cui

scopo è quello di mantenere accesi i tiristori di entrambi i ponti nel caso si richie-

dano correnti minori in modulo di 1200 A. Tale soglia deriva dalla struttura interna

dei ponti. Con riferimento alla figura 3.1, e in particolare al ponte denominato CF1

(mostrato per intero), si può notare che in ogni istante di funzionamento, su ogni

ponte, sono due i tiristori ad essere attivi2 , ognuno dei quali richiede che vi scorra una

corrente di almeno 600 A per accendersi. Se non ci fosse corrente di circolazione, in

pratica, non sarebbe possibile erogare sull’avvolgimento correnti inferiori ai 1200 A

poichè non entrerebbero in conduzione i tiristori interessati.

Nel momento in cui invece la richiesta di corrente su F risultasse maggiore, uno dei

due rami (quello il cui verso è opposto a quello della corrente richiesta su F) opererà
1
Il motivo per cui vi siano due trasformatori e quattro ponti è strettamente tecnologico: i tiristori
possono sopportare solo una tensione limitata prima di bruciare; è stato quindi necessario inserire
due trasformatori in serie che erogassero ognuno la metà della tensione massima necessaria ad F. I
quattro ponti sono dunque perfettamente identici a coppie.
2
Il fatto che tutti i ponti eccetto CF1 siano mostrati in una forma compatta potrebbe far
erroneamente pensare che si tratti di una serie, e non di un parallelo, di tiristori.

29
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.2 Il sistema di controllo di AL-F

come invertitore fermando la corrente di circolazione, mentre l’altro erogherà la cor-

rente necessaria ad F.

Da notare che l’uso del sistema della corrente di circolazione ha come effetto secon-

dario quello di rendere più veloce l’inversione della corrente su F: infatti i tiristori

richiedono un certo tempo per accendersi. Se fosse possibile erogare qualsiasi corrente

sul carico usando un solo ramo per volta (in pratica eliminando de facto la necessità di

usare il sistema della corrente di circolazione) si vedrebbe che, nel momento di passare

da una corrente maggiore di zero ad una minore di zero, ci sarebbe un intervallo di

tempo relativamente grande in cui si perderebbe il controllo sul sistema (con tutti i

relativi problemi di robustezza).

3.2 Il sistema di controllo di AL-F

Data la complessità legata al gestire potenze e correnti così elevate, l’alimentatore di F

è dotato al suo interno di un sistema di controllo a feedback, il cui schema di massima è

riportato in figura 3.3. Si tratta di uno schema di controllo implementato dal fornitore

dell’impianto (ABB) su hardware dedicato, un controllore digitale denominato PHSC

(Programmable High Speed Controller). Si veda l’appendice A per le schede tecniche.

All’ingresso del PHSC (Riferimento nello schema) abbiamo il valore desiderato

per quanto riguarda la corrente sull’avvolgimento F3 . A tale valore, come di consueto,

viene sottratto il valore attuale della corrente su F, ottenendo di conseguenza l’errore

che il sistema di controllo deve tentare di azzerare (d ). L’errore viene quindi fatto

passare in un controllore di tipo PID, ottenendo il valore col quale deve essere forzato
3
Tale valore viene calcolato dal feedback ENEA, ed è pari alla somma del valore preprogrammato
con quanto ricavato dalle misure magnetiche. Più avanti verrà analizzato in maniera più puntuale.

30
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.2 Il sistema di controllo di AL-F

Figura 3.3: Schema logico del PHSC.

il sistema (Ireg.out).

Il resto del PHSC si occupa di calcolare come forzare il sistema. Ireg.out viene man-

dato in un primo blocco che si occupa di calcolare le tensioni da applicare sui due

ponti (Ust1 e Ust2 )4 . Tale calcolo è relativamente semplice: alla corrente misurata

su ogni ramo (I1 e I2 ), moltiplicata per un fattore costante pari a 1.8 e cambiata di

segno, viene aggiunta (per il ramo diretto) o tolta (per il ramo inverso) il valore di cor-

rente desiderato (Ireg.out) e sommata una quantità pari alla corrente di circolazione

(assunta costante e pari a 1200 Ampére). La funzione risulta quindi essere:


{
U st1 = Ireg.out − 1.8 · I2 + 1200
U st2 = −Ireg.out − 1.8 · I1 + 1200

Il blocco denominato Sequence Control ha il compito di trasformare i valori delle

tensioni calcolate in valori digitali che andranno a pilotare gli angoli di accensione dei

quattro blocchi di tiristori (si tratta in pratica di qualcosa di più vicino agli attuatori

che al sistema di controllo). Infine, come è facile notare dallo schema, la corrente su
4
Per essere più precisi, questi due segnali determinano gli angoli di accensione dei tiristori che si
traducono, con un certo fattore di proporzionalità, nella tensione media applicata al carico.

31
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.3 Esempi di funzionamento

F è data dalla differenza tra I1 e I2.

3.3 Esempi di funzionamento

Dopo aver descritto a fondo AL-F, è bene mostrare alcuni esempi del suo funzionamen-

to attraverso i grafici delle misure acquisite, in particolare l’andamento della corrente

F erogata rispetto a quella richiesta, il comportamento della corrente di circolazione

e, infine, la posizione del raggio esterno rispetto al preprogrammato (ricordiamo che

la posizione del raggio interno è fissa in quanto il plasma “poggia” sul limiter interno).

Tali misure vengono prese nella finestra temporale compresa tra 0 e 1.6 secondi, in

quanto è questo il periodo principale dell’esperimento.

Il primo sparo che prendiamo in considerazione è il 21050 (figura 3.4). La prima

cosa che salta all’occhio è che la corrente di circolazione scende a zero man mano che

la corrente erogata da F sale, in particolare diventa nulla quando If supera i 1200

Ampére, soglia in cui, come abbiamo visto, uno dei due rami inizia a comportarsi da

invertitore. è altresì possibile notare come la corrente erogata da AL-F segua deci-

samente bene il riferimento imposto dal ciclo di controllo e come, di conseguenza, il

raggio esterno coincida precisamente con quanto richiesto dalla sala di controllo.

Il secondo esempio riguarda lo sparo 21030 (figura 3.5). Come il precedente, anche

questo esperimento ha funzionato decisamente bene. Tuttavia è possibile notare, tra

0.2 e 0.4 secondi, la presenza di un comportamento alquanto sospetto: l’improvvisa

richiesta da parte del feedback di una quantità di corrente da erogare inferiore a 2000

Ampére porta ad un picco nella corrente di circolazione che, in condizioni di funziona-

32
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.3 Esempi di funzionamento

4000
Corrente erogata
3000 Riferimento

2000

1000

−1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

1500
Corrente di circolazione

1000

500

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

2
Raggio esterno preprog.
Raggio esterno
1.5

0.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 3.4: Comportamento di F nello sparo 21050.

mento ottimo, dovrebbe sempre restare a zero. In questo sparo, comunque, poichè la

richiesta di corrente del feedback torna molto rapidamente sopra la suddetta “soglia

critica”, l’alimentatore riesce a tornare nella zona di funzionamento ottimo.

L’ultimo sparo, il 20511, è riportato in figura 3.6. Tale sparo mette in luce il

problema di funzionamento di AL-F a bassi regimi: il feedback sta chiedendo all’ali-

mentatore di erogare una corrente ben inferiore ai 1200 Ampére. Ciò comporta il non

annullamento della corrente di circolazione e la conseguente instaurazione di fenomeni

oscillatori che pregiudicano il funzionamento dell’esperimento. Inoltre, dal dettaglio

dello stesso sparo di figura 3.7, è possibile notare come l’oscillazione della corrente

33
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.3 Esempi di funzionamento

4000
Corrente erogata
3000 Riferimento

2000

1000

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

1500
Corrente di circolazione

1000

500

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

1.3
Raggio esterno preprog.
1.28 Raggio esterno

1.26

1.24

1.22

1.2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 3.5: Comportamento di F nello sparo 21030.

erogata da AL-F stia portando il plasma a sbattere ripetutamente contro il limiter

esterno (la saturazione presente sulla misura non è altro che questo), con conseguente

usura dello stesso.

In prima analisi sembrerebbe che la nascita di tale pericolosa oscillazione sia do-

vuta al meccanismo con cui viene controllata la corrente di circolazione; infatti la

semplice sottrazione di una quantità fissa (i famigerati 1200 Ampére) non è il me-

todo più adatto per modellare la realtà di funzionamento non lineare dei due ponti,

che rispondono diversamente all’aumentare o al diminuire della richiesta di corrente,

reagendo molto più lentamente in questo secondo caso. Si ritiene giusto sottolineare

34
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.3 Esempi di funzionamento

2000
Corrente erogata
1000 Riferimento

−1000

−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

2000
Corrente di circolazione
1500

1000

500

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Raggio esterno preprog.


Raggio esterno
1.25

1.2

1.15
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 3.6: Comportamento di F nello sparo 20511.

che il problema non è AL-F in sè per sè, ma il modo con cui l’attuale controllore

interagisce con esso.

Per capire a fondo il fenomeno è necessario costruire una simulazione il più fedele

possibile alla realtà, e solo una volta accertata la qualità del modello procedere alla

costruzione di un controllore che impedisca o quantomeno limiti l’insorgere dei fe-

nomeni di instabilità visti precedentemente, causa di fallimento dell’esperimento (e

della legata perdita economica e di tempo) e di usura troppo rapida dei limiter (di

non semplice sostituzione).

In questa Tesi ci si occuperà della soluzione della prima parte di questo problema,

ovverosia della creazione di un modello di AL-F che sia allo stesso tempo accurato e

35
CAP. 3 AL-F: l’alimentatore dell’avvolgimento F 3.3 Esempi di funzionamento

1000
500
0
−500 Corrente erogata
−1000 Riferimento

1.05 1.1 1.15 1.2 1.25 1.3 1.35


tempo [s]

Corrente di circolazione
1500

1000

500

1.05 1.1 1.15 1.2 1.25 1.3 1.35


tempo [s]

1.24

1.22

1.2 Raggio esterno preprog.


Raggio esterno
1.18
1.05 1.1 1.15 1.2 1.25 1.3 1.35
tempo [s]

Figura 3.7: Comportamento di F nello sparo 20511 - dettaglio.

di facile implementazione, in modo da lasciare a chi volesse continuare lungo questa

strada una base solida su cui studiare una possibile alternativa all’attuale sistema di

controllo.

36
Capitolo 4

Sviluppo di un modello per AL-F

Qualsiasi idea, per quanto brillante, per un controllore non potrà


mai prescindere dalla creazione di un modello del fenomeno da con-
trollare. In questo capitolo verrà illustrato prima il modello di AL-F
creato, e in seguito il modello di parte del ciclo di feedback, sotto-
lineando i maggiori problemi incontrati e le principali approssima-
zioni effettuate.
Si è scelto di sviluppare e simulare i modelli in ambiente
MATLAB/SIMULINK, sia per la sua estrema diffusione nel campo,
sia per la semplicità ed intuitività di utilizzo, che avrebbe permes-
so di dedicarsi più alla correzione della precisione del modello che
all’implementazione dello stesso.

4.1 Il modello dell’alimentatore


4.1.1 Modellazione della parte elettrica

Il componente di più difficile modellazione è stato senza alcun dubbio l’alimentatore

dell’avvolgimento F, sia per la scarsa reperibilità di documentazione tecnica a riguar-

do, sia per l’intrinseca non linearità di funzionamento.

Lo sviluppo del modello si è articolato in varie fasi. Innanzitutto è stato necessario

ricercare la documentazione elettrica, in particolare la descrizione circuitale dell’ali-

mentatore, già riportata in figura 3.1 più indietro in questa Tesi. Parecchio tempo

37
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

è stato necessario per comprendere a fondo il funzionamento della macchina e, so-

prattutto, per determinarne le caratteristiche (anche a causa di alcuni valori erronei

nella documentazione fornita dovuti ad alcuni aggiustamenti in fase di start-up del-

l’impianto non riportati).

In seguito è stato ricavato un modello semplificato dell’impianto, più adatto ad

una simulazione. In particolare si è scelto di accorpare i due trasformatori di ogni

ponte (ciascuno capace di fornire 12.500 Ampère ad una tensione di 2.500 Volt) in un

unico generatore di tensione continua da 5.000 V.

Tracciato lo schema semplificato già mostrato in figura 3.2 (riportato in figura 4.1

per comodità), si è quindi passati alla risoluzione dello stesso utilizzando il metodo

delle maglie:

Figura 4.1: Schema elettrico semplificato di AL-F.

 d(I −I )
 V1 = VL1 + VLF + VRF = L1 dIdt1 + LF 1dt 2 + RF (I1 − I2 ) − 8VT IR

V2 = VL2 + VLF + VRF = L2 dIdt2 + LF d(I1dt−I2 ) + RF (I1 − I2 ) − 8VT IR

38
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

Dove VT IR rappresenta la caduta di tensione (fissa) su un singolo tiristore pari

a 1.8 Volt. Tale caduta è moltiplicata per otto in quanto su ogni ramo sono attivi

sempre otto tiristori in serie.


dI1 dI2
Risolvendo le due equazioni rispetto a dt
e dt
si può notare come le due derivate

dipendano solo da I1 e I2 (i valori delle correnti nell’istante precedente) e V1 e V2 , ovve-

rosia i comandi in tensione elaborati dal sistema di controllo. In particolare si ottiene:

 (L2 ·RF )(−I1 +I2 )+(L2 −LF )V1 +LF ·V2 −L2 ·8VT IR

 I˙1 = L1 ·L2 +LF (L2 −L1 )


 I˙ = (L1 ·RF )(−I1 +I2 )−LF ·V1 +(L1 +LF )V2 −L1 ·8VT IR
2 L1 ·L2 +LF (L2 −L1 )

Tali equazioni sono state inserite in due funzioni MATLAB (denominate bridge1.m

e bridge2.m, rispettivamente per il ponte diretto e quello inverso) e inserite nello sche-

ma SIMULINK. A valle di esse è stato posizionato un integratore per passare dalla

derivata al valore reale delle correnti sui due ponti.

Altro codice è stato scritto per simulare correttamente il comportamento di L1 e

L2 . Fondamentalmente si tratta di un’altra MATLAB function (chiamata all’interno

della funzione di calcolo dei due ponti) che, dato in ingresso un valore di corrente,

restituisce il corrispondente valore dell’induttanza. Incapsulare in questo modo tale

funzione ha reso molto più semplice la modifica dell’induttanza massima e minima in

fase di simulazione (tali valori sono quelli che si discostano maggiormente da quelli

riportati nella documentazione).

39
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

4.1.2 Modellazione del PHSC

Modellare la parte di controllo di AL-F è stato relativamente semplice, in quanto si è

trattato fondamentalmente di tradurre in SIMULINK il linguaggio a blocchi proprie-

tario.

Il modello tratto, tuttavia, è un’approssimazione dell’implementazione reale in quan-

to, a valle del calcolo delle due tensioni sui ponti, esistono numerose altre istruzioni

atte a tradurre tali valori in tensione negli angoli di accensione necessari a pilotare i

quattro trasformatori. Si è deciso di non modellare questa parte (per quanto consci di

omettere una parte di controllo relativamente corposa) sia perché si è stimato che tali

istruzioni non influenzassero più di tanto la risposta del sistema, sia per una questione

più prettamente pratica: ABB (il fornitore dell’impianto) non ha reso note parecchie

delle costanti presenti nella parte di calcolo angoli (cosa tra l’altro giustificata dalla

gran quantità di know-how dietro la gestione di alimentatori di questa dimensione,

know-how che un’azienda privata, ovviamente, è riluttante a fornire). Effettuare una

stima di tali parametri “alla cieca” sarebbe risultata un’impresa titanica, le cui di-

mensioni sarebbero state scarsamente giustificate dal piccolo aumento di precisione

ottenibile.

La prima parte del PHSC è una semplice implementazione di un PID standard

(ovviamente a tempo discreto), il cui schema è riportato in figura 4.2.

Le uniche cose da notare in tale schema sono la presenza di un integratore saturato

tra ±12.5kA al posto del normale integratore (tale saturazione è giustificata dai limiti

fisici della macchina), e il fatto che il guadagno proporzionale (PHSCKp) non sia

legato solo alla componente proporzionale ma vada in realtà a moltiplicare anche le

altre costanti.

40
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

Figura 4.2: Schema del controllore PID implementato nel PHSC.

I tre guadagni del controllore risultano essere:

PHSCKp = 1.5

PHSCKi = 25

PHSCKp = 0.5

È facile notare come il guadagno dominante sia quello integrativo: dovendo AL-F

rispondere molto velocemente si è preferito “rischiare” degli overshoot pur di rendere

più rapide le variazioni di corrente.

41
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

La seconda parte del PHSC modellato si occupa di trasformare la richiesta di cor-

rente su F nelle due tensioni che pilotano i ponti in antiparallelo. Si tratta in pratica

di un semplice sottosistema di somma e sottrazione che effettua i calcoli già spiegati

precedentemente. In figura 4.3 è mostrato il modello implementato dove Iw rappre-

senta il valore-soglia sopra il quale non deve esserci corrente di circolazione.

Figura 4.3: Schema della logica del PID.

Riportiamo in figura 4.4 lo schema finale del modello di AL-F implementato in

SIMULINK.

42
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

Figura 4.4: Modello SIMULINK implementato.

43
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

4.1.3 Esempi di simulazione

Per verificare il comportamento del modello ed effettuare il fine-tuning dei parametri

(che, come detto, in alcuni casi sono risultati diversi rispetto a quelli forniti con la

documentazione) sono state effettuate diverse simulazioni con vari spari, in particolare

con due spari “patologici” (il 20511 e il 20838), uno sparo funzionante (il 21050) e uno

che presenta un leggero picco nella corrente di circolazione a causa di un abbasamento

improvviso della corrente richiesta su F (il 21030).

Il comportamento sullo sparo funzionante è ottimo come si può osservare nelle

figure 4.5 e 4.6.

L’inseguimento dei valori reali è praticamente perfetto e l’andamento della cor-

rente di circolazione buono. Il fatto che quest’ultima vada a zero nella simulazione

mentre in quella reale oscilli attorno ai 50-100 Volt è imputabile a rumore nella misura.

44
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

4000

3000

2000

1000 If reale
If simulata
0

−1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

4000
I1 reale
I1 simulata
3000

2000

1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

1500
I2 reale
1000 I2 simulata

500

−500
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.5: Simulazione dello sparo 21050 - corrente su F e sui due ponti.

1200
Ic reale
Ic simulata

1000

800

600

400

200

−200
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.6: Simulazione dello sparo 21050 - corrente di circolazione.

45
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

Anche nello sparo 21030 le cose vanno piuttosto bene, inseguimento abbastanza

preciso e puntuale, e persino il piccolo picco nella corrente di circolazione viene simu-

lato correttamente (figure 4.7 e 4.8).

4000
If reale
3000 If simulata

2000

1000

−1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

4000
I1 reale
I1 simulata
3000

2000

1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

1500
I2 reale
1000 I2 simulata

500

−500
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.7: Simulazione dello sparo 21030 - corrente su F e sui due ponti.

Anche nei due spari “problematici” (figure 4.9, 4.10, 4.11 e 4.12) si nota un buon

inseguimento dei valori reali, tuttavia emerge anche un leggero ritardo di fase, deci-

samente più accentuato che negli spari precedenti.

Lo sfasamento del segnale simulato rispetto a quello reale è probabilmente da

imputarsi ai valori approssimati delle varie induttanze presenti nel circuito, e alle

46
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

1200
Ic reale
Ic simulata

1000

800

600

400

200

−200
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.8: Simulazione dello sparo 21030 - corrente di circolazione.

semplificazioni effettuate nella schematizzazione dello stesso. Tuttavia data l’entità

piuttosto piccola del ritardo di fase il risultato finale della simulazione risulta essere

decisamente buono.

Altra cosa più facile da notare in questi spari patologici rispetto a quelli funzionanti

è il fatto che il sistema tende ad essere più lento della sua controparte reale (come è

facile vedere nelle “code” degli spari, dove le oscillazioni, se troppo piccole e rapide,

vengono sostituite da qualcosa di simile ad un valore medio. Anche questa piccola

imprecisione della simulazione è dovuto alle semplificazioni introdotte, in particolare

alle numerose linearizzazioni inserite a cospetto di un sistema reale decisamente non

lineare.

47
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

2000

1000

−1000 If reale
If simulata
−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

2500
I1 reale
2000 I1 simulata

1500

1000

500

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

2500
I2 reale
2000 I2 simulata

1500

1000

500

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.9: Simulazione dello sparo 20511 - corrente su F e sui due ponti.

1800
Ic reale
Ic simulata
1600

1400

1200

1000

800

600

400

200

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.10: Simulazione dello sparo 20511 - corrente di circolazione.

48
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.1 Il modello dell’alimentatore

3000

2000

1000
If reale
0 If simulata
−1000

−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

3000

2000

1000 I1 reale
I1 simulata

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

3000
I2 reale
2000 I2 simulata

1000

−1000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.11: Simulazione dello sparo 20838 - corrente su F e sui due ponti.

1600
Ic reale
Ic simulata
1400

1200

1000

800

600

400

200

−200
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.12: Simulazione dello sparo 20838 - corrente di circolazione.

49
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.2 Il modello del feedback

4.2 Il modello del feedback

Una volta ottenuto un modello abbastanza accurato del funzionamento di AL-F si

è passati alla costruzione di un modello della catena di feedback attualmente im-

plementata in ENEA. È stato necessario inizialmente decidere quali valori simulare,

quali considerare come costanti (o trascurabili) e quali scaricare dall’archivio dati

sperimentali. A causa sia dell’enorme complessità e delle influenze reciproche che

agiscono sul Tokamak, sia della mancanza di alcuni dati (le già citate costanti non

fornite da ABB), sia, e forse soprattutto, della scarsità di tempo a disposizione, non è

stato purtroppo possibile ottenere un modello funzionante a ciclo chiuso della catena

di feedback ENEA. Si è per questo scelto di “allargare” quanto più possibile la simula-

zione a ciclo aperto, incorporando, per così dire, in essa anche elementi della suddetta

catena di retroazione, allo scopo soprattutto di rendere più agevole, per chiunque altro

decidesse di proseguire nell’analisi di AL-F, l’abbattimento degli ostacoli incontrati,

risparmiando il tempo necessario ad “inventare nuovamente l’acqua calda”. In questa

direzione gli sforzi sono stati premiati.

Il primo elemento modellato è stato il PID della catena di retroazione, implementa-

to in C e fatto girare, come tutto il sistema di feedback, sotto l’ambiente Linux-RTAI

(un kernel Linux con le dovute patch per permettere l’esecuzione di codice in tempo

reale - come ovviamente richiesto da un sistema di controllo). Il codice sorgente del

controllore è stato gentilmente reso disponibile dallo staff ENEA, cosa che ha reso

estremamente semplice la sua traduzione in blocchi SIMULINK.

In figura 4.13 è rappresentato lo schema ottenuto, con in ingresso la misura del

50
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.2 Il modello del feedback

Figura 4.13: Schema SIMULINK del controllore PID ENEA.

flusso magnetico uscente dal MMS (Magnetic Measures System) e in uscita il valore

da sommare alla corrente su F preprogrammata per ottenere il comando di AL-F.

La principale particolarità del controllore PID è facilmente rilevabile nella linea del-

l’integratore. Non si tratta infatti di un normale integratore discreto, ma bensì di un

integratore trapezoidale che, in generale, riduce l’errore di integrazione rispetto allo

standard. L’integrazione trapezoidale avviene nella prima parte dello schema, dove

nel sommatore vengono addizionati il valore attuale dell’ingresso e quello dell’istante

precedente (“base maggiore più base minore...”) e moltiplicati per il tempo di cam-

pionamento diviso per due (“...per altezza diviso due”).

Altra particolarità è dettata dal modo con cui vengono forniti i valori dei guadagni

proporzionale, integrale e derivativo. Infatti, al contrario di quanto avviene in un

comune PID, nel controllore ENEA essi non sono costanti, ma variano col tempo.

51
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.2 Il modello del feedback

Dopo il PID l’unico altro elemento da modellare era il plasma. La sua funzione di

trasferimento è stata stimata attraverso approssimazioni sucessive, ponendo un polo

ed uno zero ad alta frequenza (quest’ultimo molto più veloce del polo), e quindi va-

riando il guadagno fino ad ottenere un buon risultato.

Il modello finale di questo “ciclo aperto esteso” è riportato in figura 4.14.

Figura 4.14: Modello SIMULINK del “ciclo aperto esteso”.

Come per lo studio del modello di AL-F, anche in questo caso sono state effettua-

te alcune simulazioni per verificare il comportamento nei confronti del sistema reale.

Sono stati presi due spari, il 25600, uno sparo funzionante, e il 20838 (già visto pre-

cedentemente), caratterizzato dal forte fenomeno oscillatorio dei bassi regimi.

Nelle figure sono riportate le grandezze misurate lungo il percorso del segnale all’in-

terno del modello confrontate con i segnali reali presi dalla telemetria ENEA.

Per quanto riguarda lo sparo 25600 di figura 4.15 vediamo che il comportamento

52
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.2 Il modello del feedback

è ottimo.

6000
If reale
4000 If simulata

2000

−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

5000
Riferimento F reale
4000 Riferimento F simulato

3000

2000

1000

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

0.2
Flusso magnetico reale
0.1 Flusso magnetico simulato

−0.1

−0.2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.15: Risultati della simulazione del “ciclo aperto esteso” per lo sparo 25600.

In particolare notiamo l’atteso buon andamento della corrente su F in uscita. Il

fatto che i due riferimenti (reale e simulato) coincidano perfettamente dimostra che

il codice del PID ENEA è stato correttamente implementato in SIMULINK. Più pre-

occupante è l’andamento del segnale di flusso simulato rispetto al reale: per quanto

poi si assesti, nei primi istanti di simulazione le oscillazioni del segnale reale risultano

decisamente amplificate. Tale comportamento tuttavia è più che giustificato consi-

derando la semplicità del modello adottato, che forse poco si adatta all’enorme (e

tuttora in fase di studio!) complessità delle reazioni di plasma.

Nello sparo 20838 (figura 4.16) il comportamento risulta affine al precedente per

53
CAP. 4 Sviluppo di un modello per AL-F 4.2 Il modello del feedback

3000

2000

1000

0 If reale
If simulata
−1000

−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

3000

2000

1000

0 Riferimento F reale
−1000 Riferimento F simulato

−2000
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

0.2
Flusso magnetico reale
0.1 Flusso magnetico simulato

−0.1

−0.2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 4.16: Risultati della simulazione del “ciclo aperto esteso” per lo sparo 20838.

quanto riguarda l’andamento di If (pur essendo visibile il solito ritardo di fase) e il

comportamento del riferimento simulato. Il flusso invece, al contrario del caso pre-

cedente, risulta essere smorzato inizialmente, per poi riprendere a seguire piuttosto

fedelmente la realtà.

In definitiva questo modello di “ciclo aperto esteso” risulta essere piuttosto buono,

simulando egregiamente la corrente su F con in ingresso i semplici valori di flusso e

del preprogrammato, dimostrando di essere un buon candidato ad un raffinamento

della simulazione al fine di chiudere completamente il ciclo di retroazione.

54
Capitolo 5

Conclusioni e sviluppi futuri

Non è semplice trarre le fila di un lungo viaggio come quello vissuto


all’interno dell’ENEA, a contatto con lo staff di FTU e la macchina
stessa. In questo capitolo, dopo aver ricordato in maniera stringa-
ta quanto ottenuto finora, si passerà ad analizzare rapidamente le
possibilità di sviluppo legate a questa Tesi, in particolare per quan-
to riguarda lo studio e l’implementazione di un controllore migliore
dell’attuale.

5.1 Commenti conclusivi

Tirando le somme di quanto finora riportato, si può dire che il lavoro svolto durante

la stesura di questa Tesi sia stato un successo: si è infatti riusciti a trarre un modello

attendibile dell’alimentatore, il cui funzionamento è quasi perfettamente sovrapponi-

bile a quello reale; è stata anche gettata una buona base per lo studio del ciclo chiuso

all’interno del quale si trova AL-F, attraverso la modellazione di parti importanti della

catena di feedback.

Tuttavia il punto forse più significativo è la raccolta e la catalogazione della docu-

mentazione disponibile in ENEA su AL-F che questa Tesi rappresenta, rendendola

un ottimo punto di partenza per chi volesse proseguire lo studio e lo sviluppo del

problema.

55
CAP. 5 Conclusioni e sviluppi futuri 5.2 Ulteriore miglioramento del modello

5.2 Ulteriore miglioramento del modello

I risultati ottenuti con i modelli elaborati nel corso di questi mesi, per quanto buoni

e decisamente fedeli, sono ancora suscettibili ad aggiustamenti e migliorie. In parti-

colare sarebbe un profondo miglioramento l’eliminazione del ritardo di fase che, per

quanto piccolo, sicuramente rende meno robusta la simulazione (specie in vista della

chiusura del ciclo di retroazione). Una buona strada da seguire (in parte già iniziata)

potrebbe essere lavorare sui parametri: si è visto per mezzo di prove empiriche sul

modello che variare i valori degli induttori in gioco (le due induttanze saturabili sui

ponti, e l’induttanza dell’avvolgimento magnetico sulla camera del Tokamak) porta

ad una variazione del ritardo del segnale, in particolare abbassare drasticamente il

valore di L (compensando con un aumento della resistenza passiva dell’avvolgimento)

fà sì che i due segnali vengano a trovarsi in fase. Una variazione di tale portata dei

parametri, rispetto a quelli della documentazione, è ovviamente improponibile, tut-

tavia si tratta di una strada che potrebbe essere proficuo percorrere, se non altro per

comprendere meglio il fenomeno che causa il ritardo di fase.

Altro elemento su cui lavorare è la velocità del sistema: è facile vedere (specie negli

spari patologici) che il sistema tende a non seguire troppo bene oscillazioni rapide e

di bassa intensità (che in genere si concentrano negli ultimi istanti dello sparo), simu-

landole in maniera decisamente più dolce e smorzata del dovuto.

Un altro eventuale studio potrebbe essere incentrato sulla comprensione del funzio-

namento interno del PHSC, con riferimento in particolare alla parte di calcolo degli

angoli di accensione dei vari trasformatori: riuscire in qualche modo ad ottenere una

simulazione anche di tale processo renderebbe il modello praticamente perfetto, seb-

56
CAP. 5 Conclusioni e sviluppi futuri 5.3 Il feedback completo

bene potrebbe anche trattarsi più di mero senso estetico che di vera e propria utilità

a livello di precisione di calcolo.

5.3 Il feedback completo

Il punto su cui porre maggiore attenzione è probabilmente riuscire a chiudere il feed-

back. Alcune prove, nei limiti del tempo a disposizione, sono state fatte, collegando

direttamente l’uscita della funzione di trasferimento del plasma ricavata all’ingresso

del PID in retroazione. I risultati, riportati per dovere di cronaca in figura 5.1, sono

decisamente inutilizzabili.

5
x 10
1.5
If reale
1 If simulata

0.5

−0.5

−1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]
5
x 10
1
Riferimento F reale
0.5 Riferimento F simulato

−0.5

−1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

4
Flusso magnetico reale
2 Flusso magnetico simulato

−2

−4
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6
tempo [s]

Figura 5.1: Prova di funzionamento del ciclo chiuso.

57
CAP. 5 Conclusioni e sviluppi futuri 5.3 Il feedback completo

Il sistema sembra entrare in uno stato di oscillazione periodica (sebbene consi-

derando la brevità della simulazione non si possa esser certi di questo particolare),

totalmente diversa dal comportamento del sistema reale. Motivazioni plausibili sono

legate alla complessità delle interazioni magnetiche che avvengono all’interno della

camera del Tokamak, e che rendono decisamente difficile determinare quali di questi

fattori contribuiscano in maniera preponderante alla risposta del ciclo chiuso, e quali

invece siano tranquillamente ignorabili e di scarsa importanza.

Chi volesse cercare di risolvere questo problema dovrebbe probabilmente concentrarsi

proprio su questo aspetto, in quanto sono proprio i disturbi esterni (e le mutue in-

duttanze) a rendere necessaria la presenza dell’avvolgimento F stesso (se il plasma si

comportasse sempre “come da programma” a che pro inserire un controllo in retroa-

zione?).

Altro elemento di interesse potrebbe essere legato a quanto detto nel paragrafo prece-

dente nei riguardi del ritardo di fase: tendenzialmente uno sfasamento produce effetti

abbastanza negativi nei sistemi di controllo e, considerando che la linea di retroazio-

ne è stata fortemente ottimizzata dallo staff ENEA per venire incontro alle esigenze

sperimentali, è possibile che la robustezza globale del sistema ne sia stata in parte

compromessa, consentendo a un ritardo, anche piccolo, di causare un effetto a casca-

ta sulla stabilità del sistema. Inoltre va tenuto presente che potrebbero esserci delle

saturazioni interne non modellate (come ad esempio il vincolo fisico rappresentato dai

limiter, oppure gli angoli di accensione minimi e massimi dei tiristori) in grado di

favorire la stabilità del sistema reale.

58
CAP. 5 Conclusioni e sviluppi futuri 5.4 Elaborazione di un sistema di controllo

5.4 Elaborazione di un sistema di controllo

Il lavoro da svolgere su AL-F, evidentemente, non può esaurirsi con lo sviluppo di

un modello. Parafrasando quanto detto precedentemente, ovverosia che un control-

lore non può prescindere da un buon modello, allo stesso modo un modello, senza

un’applicazione controllistica, corre il rischio di trasformarsi in un semplice esercizio

intellettuale.

L’idea da cui si era partiti in questa Tesi era proprio quella di fornire un’implemen-

tazione (o quantomeno un’idea) per un sistema di controllo che evitasse il dannoso

insorgere delle oscillazioni a bassi regimi. Probabilmente, con il senno di poi, si sa-

rebbe pututo notare prima di partire che l’impresa era, ed è, troppo estesa per essere

affrontata e risolta in un’unica soluzione. In ogni caso alcune idee di massima da

seguire nei riguardi di un possibile controllore sono emerse durante le ore di lavoro in

ENEA.

La prima idea è stata quella di inserire una dead zone subito prima di AL-F. In

questo modo si sarebbe evitato che venisse richiesta corrente sotto la soglia critica,

forzando il sistema ad utilizzare sempre correnti maggiori.

Tuttavia ci si è resi conto che si sarebbe trattato di una soluzione, oltre che poco

gradevole sotto termini di pura estetica controllistica, anche decisamente pericolosa:

ammesso che il controllo brutale avesse funzionato, chi avrebbe garantito che non sa-

rebbero intervenuti altri problemi, magari trasformando potenziali spari funzionanti

in miseri fallimenti?

L’idea immediatamente successiva (nonché probabilmente la migliore) è stata quella

di considerare l’utilizzo di un controllore anti-windup, soprattutto per le sue caratte-

59
CAP. 5 Conclusioni e sviluppi futuri 5.4 Elaborazione di un sistema di controllo

ristiche di trasparenza: quando il sistema si comporta normalmente esso non inter-

viene, lasciando intatta l’attuale catena di retroazione ENEA. Ma qualora dovessero

insorgere i temuti fenomeni di oscillazione il controllore inizierebbe ad intervenire,

aggiungendo la propria azione correttrice a quella di base del feedback preesistente.

I vantaggi in termini di flessibilità e robustezza rispetto qualsiasi modifica diretta al

codice sorgente attuale sono lampanti.

60
Appendice A
Documentazione del PHSC

Vengono riportati in questa appendice le schematiche di funzionamento del controllore

PHSC interno ad AL-F, gentilmente fornite dallo staff ENEA.

Il funzionamento dei singoli blocchi è sufficientemente autoesplicativo, e i nomi dei

segnali utilizzati nel modello esposto in questa Tesi ricalcano quanto più possibile gli

equivalenti nella documentazione, rendendo la comprensione del funzionamento del

sistema ancora più semplice.

Da notare che solo le costanti i cui codici iniziano con un sei (e la cui casella è

evidenziata attraverso una freccia) sono a conoscenza dello staff ENEA. Di tutte le

altre non si ha documentazione alcuna.


Elenco delle figure

2.1 Vista dei convertitori di FTU. In primo piano la zona commutazione

con dietro AL-H, a sinistra AL-T, a destra AL-F e in fondo AL-V. . . 10

2.2 MFG3 - Motor Flywheel Generator. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.3 Struttura magnetica di FTU: in verde i campi poloidali, in rosso quelli

toroidali, in giallo il plasma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.4 Schema di controllo di massima di FTU. . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.5 Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-T . . . . . . . . . . . 17

2.6 Plasma in posizione corretta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.7 Plasma in posizione errata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.8 Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-F. . . . . . . . . . . . 19

2.9 Schema a blocchi del sistema di controllo di AL-H. . . . . . . . . . . 21

2.10 Sequenza degli eventi in uno sparo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.11 Andamento temporale del sistema di controllo. . . . . . . . . . . . . . 23

3.1 Schema elettrico di AL-F. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3.2 Schema elettrico semplificato di AL-F. . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

3.3 Schema logico del PHSC. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3.4 Comportamento di F nello sparo 21050. . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.5 Comportamento di F nello sparo 21030. . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

71
ELENCO DELLE FIGURE

3.6 Comportamento di F nello sparo 20511. . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.7 Comportamento di F nello sparo 20511 - dettaglio. . . . . . . . . . . 36

4.1 Schema elettrico semplificato di AL-F. . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

4.2 Schema del controllore PID implementato nel PHSC. . . . . . . . . . 41

4.3 Schema della logica del PID. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4.4 Modello SIMULINK implementato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4.5 Simulazione dello sparo 21050 - corrente su F e sui due ponti. . . . . 45

4.6 Simulazione dello sparo 21050 - corrente di circolazione. . . . . . . . . 45

4.7 Simulazione dello sparo 21030 - corrente su F e sui due ponti. . . . . 46

4.8 Simulazione dello sparo 21030 - corrente di circolazione. . . . . . . . . 47

4.9 Simulazione dello sparo 20511 - corrente su F e sui due ponti. . . . . 48

4.10 Simulazione dello sparo 20511 - corrente di circolazione. . . . . . . . . 48

4.11 Simulazione dello sparo 20838 - corrente su F e sui due ponti. . . . . 49

4.12 Simulazione dello sparo 20838 - corrente di circolazione. . . . . . . . . 49

4.13 Schema SIMULINK del controllore PID ENEA. . . . . . . . . . . . . 51

4.14 Modello SIMULINK del “ciclo aperto esteso”. . . . . . . . . . . . . . . 52

4.15 Risultati della simulazione del “ciclo aperto esteso” per lo sparo 25600. 53

4.16 Risultati della simulazione del “ciclo aperto esteso” per lo sparo 20838. 54

5.1 Prova di funzionamento del ciclo chiuso. . . . . . . . . . . . . . . . . 57

72
Bibliografia

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[2] S. Cerino, Modellazione e validazione simulativa di fenomeni di instabilitá nel

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Leonardo, 1995.

[5] L. Zaccarian, Uniting local and global controllers for anti-windup synthesis, 2000.

[6] G. Grimm, Contructive solutions to the anti-windup problem, 2003.

73

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