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CAP. 2 IL MERCATO DEI BENI E SERVIZI.

1. Lallocazione delle risorse in un sistema di mercato.

I consumatori costituiscono le unit economiche di base (individui o


famiglie) che determinano in un sistema economico di mercato quali beni
vengono acquistati e in quale misura. Il consumatore, che si assume si
comporti in modo razionale, sceglier quella composizione di beni che gli
permette di massimizzare la soddisfazione dei suoi bisogni. In questa
scelta, dato il vincolo di bilancio, egli condizionato solo dai prezzi dei
beni e dal reddito disponibile.
I produttori che offrono beni e servizi devono tener conto delle scelte e
delle preferenze dei consumatori (sovranit del consumatore); loro compito
consiste nel produrre i beni atti a soddisfare i bisogni dei consumatori. Si
ipotizza che anchessi si comportino in modo razionale e cio cerchino di
massimizzare il profitto (la differenza tra i ricavi ottenuti dalla vendita dei
beni e servizi e i costi di produzione) e operino in presenza di un vincolo di
bilancio.
Dai rapporti di scambio che intervengono fra consumatori e produttori, e
cio dallinsieme delle domande di beni e servizi da parte dei consumatori
e delle offerte di beni e servizi da parte delle imprese, si determinano i
prezzi che costituiscono lo strumento attraverso il quale il mercato
ripartisce le risorse fra usi alternativi (quali beni produrre).
Prezzi alti e in aumento incentivano i consumatori a consumare meno
beni o a posticipare i consumi. Dal lato dellofferta, la crescita dei prezzi
tende a produrre un incremento dei profitti che fa aumentare la produzione
in quel settore. La diminuzione dei prezzi e dei profitti incentivano i
consumatori e produttori a comportarsi in modo opposto.

1.1. La domanda individuale e la domanda di mercato.

I prezzi dipendono dalla domanda ed offerta di beni e servizi. Di seguito


analizziamo il primo elemento: la domanda dei consumatori. Essa indica la
quantit di un bene che i consumatori hanno intenzione di acquistare in
relazione ad un determinato prezzo.
Tra prezzo e quantit domandata esiste una relazione negativa o inversa;
graficamente pu essere rappresentata mediante una curva decrescente (la

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dd di fig. 2.1). Contrariamente a quanto si dovrebbe, in economia il prezzo
indicato per tradizione sullasse verticale delle ordinate (variabile
indipendente) mentre la quantit, la variabile dipendente, sullasse delle
ascisse (asse orizzontale).
Allaumentare del prezzo i consumatori tendono a ridurre il consumo e
quindi la domanda e, viceversa, al diminuire del prezzo la quantit
domandata e cio i consumi tendono ad aumentare. In realt, la quantit
domandata qd dipende non solo dal prezzo del bene p x ma anche dal prezzo
degli altri beni py, dal reddito Y e dai gusti o preferenze G del
consumatore: qd = f (px, py, Y, G)

Fig. 2.1 - Le curve di domanda e di offerta e la determinazione del prezzo di


mercato.

Il rapporto prezzo-quantit espresso nella curva di domanda dd di


fig.2.1a ipotizza che le altri variabili restino immutate (coeteris paribus).
La variazione del prezzo del bene determina spostamenti lungo la curva di
domanda. Al prezzo p* (fig. 2.1a) corrisponde una quantit q*; se il prezzo
aumenta da p* a p1 la quantit diminuisce a q1.
La variazione di una qualsiasi variabile che non sia il prezzo p x del bene
determina invece lo spostamento della curva di domanda. Ad esempio, un
aumento dei redditi dei consumatori sposta la curva di domanda dei beni
normali (beni la cui domanda aumenta allaumentare del reddito, come ad
esempio il caviale) verso destra da dd a d1d1 (fig. 2.1b), e ci perch, in
corrispondenza di ogni livello di prezzo, viene domandata una quantit
superiore di bene. Nel caso di beni inferiori (beni la cui domanda
diminuisce allaumentare del reddito, come ad esempio la mortadella), un
incremento del reddito, provocando una riduzione dellacquisto, determina
lo spostamento della domanda verso sinistra.
La curva di domanda rappresenta dunque la quantit domandata di un
bene in funzione del suo prezzo. questa la curva di domanda diretta.

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Possiamo considerare la curva di domanda come misura del prezzo in
funzione della quantit: px = f (qd). In questo caso si ottiene la curva di
domanda inversa: il prezzo considerato funzione della quantit. Per ogni
livello della domanda del bene, la curva di domanda inversa rappresenta il
prezzo al quale verr domandata una certa quantit: quale deve essere il
prezzo del bene perch il consumatore scelga quel livello di consumo.
Prezzo e disponibilit a pagare - La posizione della curva di domanda
riflette la disponibilit a pagare del consumatore: per ogni data quantit, il
prezzo definito dalla curva di domanda uguale alla disponibilit a
pagare del compratore marginale, e cio del compratore che per primo
abbandonerebbe il mercato se il prezzo fosse pi elevato.

Curva di domanda del mercato - Dalla domanda individuale del


consumatore si pu passare a quella di mercato. Essa esprime la richiesta
di un bene da parte di tutti i consumatori al variare del prezzo di mercato,
ed ottenuta sommando orizzontalmente, in relazione ad ogni prezzo, la
quantit di beni richiesta dai vari consumatori.

Fig. 2.2 - La costruzione della domanda di mercato.

Nella fig.2.2 la curva di domanda di mercato DD ottenuta sommando


orizzontalmente le rispettive quantit domandate. Ad esempio, ipotizzando
che la quantit del bene offerto sul mercato sia domandata da due
consumatori a e b, la quantit domandata nel mercato Q* ottenuta
sommando, in relazione al prezzo p*, le quantit domandate dai singoli
consumatori qa e qb. La quantit Q1 ottenuta sommando al prezzo p1 le
quantit qa1 e qb1.

La stima empirica della domanda - Il metodo pi usato per stimare la

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domanda di mercato lanalisi di regressione. Questo metodo utilizza dati
di mercato sulle quantit acquistate dai consumatori dei vari beni a prezzi
diversi, in diversi periodi di tempo (utilizza cio delle serie temporali), o
acquistati in varie zone nello stesso periodo temporale (cio, dati cross
section). La tecnica della regressione permette di individuare gli effetti
singoli ed indipendenti dei vari fattori che determinano la domanda. Per
svolgere una regressione occorre raccogliere dati non solo sulle quantit e
sul prezzo del bene, ma anche su alle altre variabili quali, ad esempio, il
reddito del consumatore, i prezzi dei beni correlati (succedanei o
complementari), ecc.

La teoria del consumatore: utilit, curve di indifferenza e preferenze


rivelate Alla base delle curve di domanda vi sono le scelte del
consumatore, esse possono essere trattate facendo riferimento a tre
approcci: quello che fa riferimento al concetto di utilit, quello basato sulle
curve di indifferenza e quello delle preferenze rivelate.
a) Le preferenze del consumatore possono essere rappresentate attraverso
il concetto di utilit, e cio la capacit di un bene di soddisfare determinati
bisogni. Poich i bisogni del consumatore sono illimitati o, comunque,
eccedono la sua capacit di soddisfarli tutti, risulta importante che il
consumatore acquisti la quantit di beni che rendono massima lutilit
complessiva (attitudine a soddisfare un bisogno) che egli riceve da tali
beni, tenendo conto dei loro prezzi e dato il reddito che pu spendere.
Lutilit una funzione crescente della quantit dei beni: essa cresce al
crescere delle quantit. Tuttavia, gli incrementi di utilit decrescono di
intensit, ovvero lutilit totale aumenta ma lutilit marginale (il rapporto
tra la variazione dellutilit totale e la variazione della quantit del bene)
diminuisce (legge dellutilit marginale decrescente).
b) In base al secondo approccio le preferenze del consumatore vengono
espresse in termini di confronto tra combinazioni di quantit di beni.
Formalmente prendono la forma di curve di indifferenza, che vengono
definite come il luogo geometrico dei punti che rappresentano
combinazioni di due beni che danno allindividuo un uguale livello di
soddisfazione, o utilit. Le combinazioni possono essere confrontate e
ordinate In base alla preferibilit. Dal punto di vista formale, dato un
vincolo di bilancio (il reddito disponibile), il consumatore sceglier quella
combinazione di beni, e cio la curva di indifferenza, che risulta tangente
al vincolo di bilancio.
c) Un terzo approccio alle scelte del consumatore quello delle

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preferenze rivelate. Si parte dalla considerazione che le preferenze degli
individui non sono osservabili mentre lo sono le sue scelte. Lapproccio
risale alle preferenze degli individui osservando il loro comportamento.

1.2. La curva di offerta individuale e di mercato.

Lofferta indica la quantit di un bene o servizio che i produttori hanno


intenzione di produrre al variare del prezzo, nellipotesi che tutte le altre
condizioni rimangano costanti (coeteris paribus). Poich allaumentare del
prezzo aumenta anche la corrispondente quantit offerta, essa viene
rappresentata mediante una curva ad inclinazione positiva (ss di fig. 2.1 a).
Lofferta qs dipende, oltre che dal prezzo del bene p x, dalle tecniche di
produzione T, dal prezzo dei fattori produttivi py, dalle previsioni
sullandamento futuro del prezzo pf, per cui si avr: qs = f (px, T, py, pf ).
La variazione del prezzo determina spostamenti lungo la curva mentre
variazioni nelle altre variabili causano spostamenti della curva. Ad
esempio, un miglioramento delle tecnologie produttive determina lo
spostamento della curva di offerta da ss in stst (fig. 2.1b).
Come per la curva di domanda di mercato, dallofferta individuale si pu
passare a quella di mercato sommando orizzontalmente, in relazione ad
ogni prezzo, la quantit offerta dalle singole imprese. Anche le curve di
offerta possono essere rappresentate in termini del prezzo che deve
prevalere per indurre una data quantit di offerta.
La posizione e linclinazione della curva di offerta dipendono
principalmente dai costi di produzione. Le imprese non sono disposte ad
offrire beni se il prezzo di mercato non consente loro di coprire i costi di
produzione. Questi, a loro volta, sono determinati dalla tecnologia
impiegata e del costo dei fattori produttivi. Un miglioramento tecnologico
consente generalmente di ridurre i costi di produzione e, graficamente, si
manifesta in una traslazione della curva di offerta verso destra.

2. La determinazione del prezzo dei beni e servizi e lequilibrio di


mercato.

Dallinterazione tra le decisioni di acquisto delle famiglie (domanda) e le


decisioni di vendita delle imprese (offerta) si ottiene il prezzo del bene P*
e la quantit Q* che viene effettivamente comprata e venduta (fig. 2.3). Il

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prezzo che si ottiene, il prezzo di equilibrio, indica che il mercato ha
raggiunto una situazione stabile: un equilibrio di mercato che garantisce la
coincidenza tra le decisioni dei produttori e quelle dei consumatori. Al
prezzo P* la quantit complessivamente domandata eguaglia quella offerta.

Fig. 2.3 Equilibrio di mercato, eccesso di domanda e di offerta.

Qualunque prezzo inferiore a quello di equilibrio indurr processi di


aggiustamento che riporteranno il prezzo verso quello di equilibrio. Ad
esempio, un prezzo pi basso, P1, determina un eccesso di domanda Q0Q1
(la quantit domandata 0Q1 superiore a quella offerta 0Q0). Gli
acquirenti, in concorrenza tra loro, faranno salire il prezzo verso il valore
di equilibrio; come conseguenza dellaumento, i produttori offriranno una
quantit maggiore del bene e alcuni acquirenti usciranno dal mercato,
cosicch leccesso di domanda sparir. Se il prezzo di mercato aumentasse
a P2 si verificherebbe un eccesso di offerta. In questo caso il prezzo
dovrebbe diminuire in quanto i produttori, non riuscendo a vendere parte
dei beni, diminuiranno il prezzo in modo da aumentare le vendite.
Il problema come fare affinch la quantit domandata di beni e servizi
corrisponda a quella offerta dalle imprese, e che vengano offerti
esattamente i beni e servizi richiesti dai consumatori. Come gi detto, il
coordinamento fra le varie attivit economiche avviene mediante il sistema
dei prezzi. In uneconomia di mercato, se si sta producendo una quantit
eccessiva di un bene, il suo prezzo diminuisce; se invece se ne sta
producendo una quantit insufficiente, il suo prezzo aumenta. Il prezzo
rimane stabile quando si raggiunge un equilibrio tra la quantit che i
produttori sono disposti a offrire sul mercato e la quantit che i
consumatori desiderano acquistare.
Se nel mercato si verificano cambiamenti nelle condizioni sottostanti le

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curve di domanda e di offerta, si modifica lequilibrio di mercato. Se a
seguito di miglioramenti tecnologici lofferta varia da S a S 1. supponendo
che la domanda rimanga costante, si otterr un nuovo punto di equilibrio
ad un prezzo pi basso (P1 di fig. 2.3). La quantit di equilibrio del mercato
aumenter a OQ1 e, quindi, anche le risorse che verranno destinate alla
produzione di quel bene aumenteranno.
Linteragire tra consumatori e produttori avviene in modo differenziato a
seconda della tipologia dei beni e dei mercati; infatti importante
distinguere tra beni non riproducibili e beni riproducibili. I primi sono
quelli la cui offerta fissa; la loro offerta non varia rapidamente e se varia
ci avviene solo nel lungo periodo. I beni riproducibili sono quelli
industriali, la cui offerta pu essere modificata rapidamente. Nel caso dei
beni non riproducibili (ad offerta fissa), la determinazione del prezzo
avviene sulla base dellinterazione tra domanda ed offerta; mentre, per i
beni riproducibili, il prezzo si basa sostanzialmente sulla base dei costi di
produzione e la domanda determina la quantit prodotta che le imprese
offrono sul mercato. In questultimo caso il prezzo dei beni viene fissato
dallofferente ad un livello che sia in grado di coprire il costo di
produzione del bene e di assicurare un margine di profitto ritenuto
soddisfacente.
Usando le curve di domanda ed offerta inversa il prezzo di equilibrio pu
essere determinato individuando la quantit in corrispondenza della quale i
consumatori sono disposti a pagare lo stesso prezzo che gli offerenti
richiedono per fornire appunto quella quantit.
La determinazione dei prezzi delle merci non riproducibili - Nel caso
dei beni non riproducibili (statue, quadri, libri rari, calciatori di prestigio,
vini di annate particolari, ma anche prodotti agricoli, materie prime, la
pesca, ecc. la cui offerta in un dato periodo di tempo rigida), i prezzi
dipendono dalla domanda e dallofferta. I prezzi dei beni aumentano
ogniqualvolta la loro domanda supera lofferta e diminuiscono nel caso
opposto. Nella fig. 2.4a la quantit offerta non varia al variare del prezzo.
Per contro, la curva di domanda pu variare; pu mutare in conseguenza di
una modifica delle preferenze dei consumatori o di altri fattori.
Il produttore offre una certa quantit di merce e riceve per questa un
prezzo che dipende dal livello della domanda complessiva. La quantit
offerta risulta limitata dalla capacit produttiva e dunque risente
dellammontare disponibile di risorse. Come gi detto, questo il caso
delle merci del settore primario che sono oggetto di scambio in mercati
perfettamente concorrenziali.

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Molti prodotti agricoli sono ad offerta rigida poich, una volta
programmato il raccolto, difficile poterlo modificare in corso danno. La
modifica della domanda nei confronti di tali beni, anche di poca entit (fig.
2.4a), pu determinare forti variazioni dei prezzi. Ugualmente, se si
verificano variazioni nellofferta anche piccole (fig, 2.4b), poich la
domanda rigida (non vi sono sostituti nei confronti dei beni in questione)
i prezzi subiscono forti variazioni. Si pensi, ad esempio, alla produzione di
pomodori quando lofferta supera la domanda, in questo caso loperatore
pubblico interviene sui mercati prelevando parte del raccolto evitando cos
che i prezzi subiscano forti diminuzioni.

Fig. 2.4 La determinazione dei prezzi dei beni non riproducibili.

La determinazione del prezzo dei beni riproducibili: il criterio del


costo pieno - Nel caso dei prodotti industriali (merci riproducibili) il
produttore che fissa il prezzo della merce che pone in vendita e sono le
condizioni di domanda che determinano la quantit che riuscir a vendere.
Le imprese calcolano i costi di produzione e, dato il profitto unitario che
desiderano ottenere, stabiliscono il prezzo di vendita dei beni. La domanda
e la sua variazione determina quindi la quantit prodotta del bene.
Se si verifica un aumento della domanda, limpresa pu aumentare i
prezzi in modo da ridurre leccesso di domanda o, pi semplicemente,
aumenta la produzione. Anche nel caso di un eccesso di offerta limpresa
potrebbe diminuire i prezzi dei beni, oppure mantenere immutati i prezzi
aumentando cos le scorte e modificare la produzione programmata.
Questo modo di procedere trova applicazione nella determinazione dei
beni manufatti (produzione di massa) che sono oggetto di scambio nei
mercati non perfettamente concorrenziali. Lequilibrio tra domanda ed
offerta non avviene mediante la modifica dei prezzi, ma attraverso la

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variazione delle quantit immesse nel mercato. Quando la produzione
superiore alla domanda, in un primo momento si accumulano delle scorte
non programmate e si riduce poi la produzione; quando invece vi eccesso
di domanda, le scorte accumulate in precedenza vengono immesse nel
mercato e si cerca quindi di aumentare la produzione.
Le imprese possono modificare i loro prezzi in risposta a variazioni nella
domanda in modo da riequilibrare il mercato, tuttavia queste variazioni
sono di solito temporanee e comunque limitate; le imprese cercheranno
infatti di evitare forti oscillazioni nei prezzi e adattare invece la produzione
alle mutate condizioni della domanda.
Come messo in evidenza nella fig. 2.5, limpresa fissa il prezzo sulla
base del costo medio di produzione corrispondente alla normale capacit
produttiva (la curva di offerta S), pi un certo margine di profitto (mark
up) e sulla base della curva di domanda D determina la quantit da
produrre. Se la domanda varia a D1 limpresa modifica la quantit da
produrre.

Fig. 2.5 La determinazione dei prezzi per i beni riproducibili.

Limpresa non pu fissare il prezzo a qualsiasi livello, ma deve tenere


conto del comportamento delle altre imprese presenti sul mercato.
Maggiore il grado di concorrenza esistente nel mercato, minore la
possibilit dellimpresa di fissare prezzi in modo autonomo.

3. Prezzi di mercato (valore di scambio) e valore duso dei beni.

Occorre distinguere tra prezzo o valore di scambio e valore duso di un


bene o di una risorsa. Abbiamo gi detto che il prezzo o valore di
scambio di un bene viene determinato dalla domanda e dallofferta e, in
particolare, che il suo livello ne riflette la scarsit in rapporto agli altri

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beni. Ad esempio, lacqua ha un prezzo di mercato basso perch non
scarso; il valore che si disposti a pagare per potere disporre di ununit da
consumare in pi, non molto alto, appunto perch abbondante. Se
tuttavia lacqua diventasse in particolari condizioni un bene scarso, il suo
prezzo aumenter. Il diamante ha un valore di scambio molto elevato; gli
individui a causa della sua scarsit (lofferta limitata ne sottolinea la
scarsit) sono disposti a pagare una somma elevata.
Il prezzo o valore di mercato dunque connesso alla scarsit del bene e
alla disponibilit a pagare degli individui per ottenere ununit addizionale
del bene. Nella fig. 2.6 il punto A mostra che gli individui sono disposti a
pagare un prezzo relativamente elevato per le prime unit di acqua, ma a
destra di B, poich gli individui hanno gi molta acqua a disposizione, il
prezzo che sono disposti a pagare pi basso. Il prezzo di mercato
dellacqua sar determinato nel punto C, dove la curva di offerta interseca
la curva di domanda. La curva di offerta mette in evidenza labbondanza di
acqua che ci che mantiene basso il prezzo.

Fig.2.6 Offerta e domanda di acqua: il valore di scambio.

Il prezzo di mercato non va confuso con il valore duso del bene, che
soggettivo e dipende dalla sua utilit. I beni possono avere un basso valore
di scambio e, viceversa, un elevato valore duso. Valga lesempio
precedente dellacqua e del diamante: il primo bene ha un elevato valore
duso, ma un basso valore di scambio; per contro i diamanti hanno un
elevato valore di scambio, ma un valore duso minore. Il valore duso di un
bene, pur costituendo un prerequisito perch i beni vengano scambiati e
possiedano quindi un valore di scambio (un prezzo), non influisce sul
valore di scambio.

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4. Lelasticit delle curve di domanda e di offerta.

Ai fini dellanalisi del mercato importante disporre di uno strumento


che misuri di quanto varia la quantit domandata al variare del prezzo:
lelasticit della domanda rispetto al prezzo. Essa data dal rapporto tra
due variazioni relative prese in valore assoluto: la variazione relativa della
quantit domandata rispetto alla variazione relativa del prezzo
d = dq/q / dp/p o anche d = dq/dp . p/q
Lelasticit della domanda rispetto al prezzo pu assumere valori
compresi tra zero ed infinito: 0 d Assume valore zero d = 0 quando
al variare del prezzo la quantit domandata non cambia; in questo caso si
ha una curva di domanda perfettamente rigida, perpendicolare allasse
delle ascisse (fig. 2.7). Essa assume valore infinito d = quando al
variare del prezzo la quantit domandata si riduce a zero, si ha cio una
curva di domanda perfettamente elastica, parallela allasse delle ascisse.

Fig. 2.7 - Elasticit puntuale della domanda rispetto al prezzo.

La domanda si definisce rigida quando d<1, ossia quando la quantit


domandata varia percentualmente meno del prezzo; diremo invece che la
domanda elastica quando d>1, e cio quando la quantit domandata
varia percentualmente pi del prezzo; mentre la domanda ha elasticit
unitaria quando d=1, e cio la quantit domandata varia percentualmente
come il prezzo (fig. 2.7).
Il concetto di elasticit non va confuso con quello di pendenza in un
punto della curva: essa infatti data dal rapporto dp/dq.
Lentit dellelasticit della domanda al prezzo dipende principalmente
da due fattori. Il primo riguarda lesistenza di beni simili e di beni
succedanei. Lelasticit tanto maggiore quanto pi sono simili e quanto
maggiore il numero dei succedanei disponibili. Ad esempio lelasticit

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della domanda di trasporto privato aumenta se esiste un trasporto pubblico
efficiente. Il secondo fattore riguarda il periodo di tempo che hanno a
disposizione i consumatori per adeguarsi a una variazione del prezzo del
bene. Ad esempio, una variazione del prezzo dellelettricit o della benzina
pu non avere completo effetto fino a quando non si adeguata la quantit
di attrezzature che utilizzano questi beni. Tali aggiustamenti possono
richiedere tempi lunghi per cui, per questi beni, utile fare riferimento a
due tipi di curve di domanda: la curva di domanda di breve periodo e
quella di lungo periodo. Per tali beni occorre calcolare lelasticit della
domanda rispetto al prezzo sia di breve, sia di lungo periodo. In genere, la
reattivit della quantit domandata a una data variazione di prezzo, cio la
misura dellelasticit della domanda rispetto al prezzo, sar tanto maggiore
quanto pi ampio lintervallo di tempo considerato.
Elasticit relativa ad un intervallo Lelasticit calcolata in
precedenza utile quando si considerano piccole variazioni di prezzo;
tuttavia, a volte serve conoscere lelasticit della domanda relativa a
variazioni piuttosto consistenti di prezzo. In casi come questo meglio fare
riferimento allelasticit arcuale della domanda, relativa cio ad un tratto
della domanda:
dq / (q1 + q2 ) / 2
a = ---------------------------
dp / (p1 +p2 ) / 2

Elasticit incrociata della domanda Di notevole interesse il grado


di reattivit della quantit domandata di un bene rispetto a variazioni dei
prezzi di altri beni. Tale elasticit viene denominata elasticit incrociata
della domanda ed data dal rapporto fra la variazione percentuale della
quantit domandata di un bene e la variazione percentuale del prezzo di un
altro bene:
Ea,b = (% qa) / (% pb) =( qa /qa)/( pb /pb) = (pb/qa) . (qa/pb)

Elasticit della domanda rispetto al reddito - Si pu calcolare


lelasticit della domanda rispetto al reddito: essa data dal rapporto fra la
variazione percentuale della quantit domandata e la variazione
percentuale del reddito: r = dQ/Q / dR/R
Lelasticit dellofferta rispetto al prezzo - Sulla falsariga di quanto
detto in precedenza, possiamo misurare la reattivit della quantit offerta di
beni alle variazioni di prezzo mediante il coefficiente di elasticit
dellofferta rispetto al prezzo. Esso definito dal rapporto tra la variazione
relativa della quantit offerta e la corrispondente variazione relativa del

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prezzo: s = dq/q / dp/p ovvero s = dq/dp / p/q
Anche nel caso della curva di offerta, quando il valore dellelasticit
zero (lofferta anelastica), la curva di offerta rappresentata da una retta
verticale; mentre, nel caso opposto, con lelasticit tendente allinfinito, la
curva dofferta orizzontale.
In alcuni mercati lelasticit dellofferta non costante, ma varia in
diversi punti della curva di offerta. Lelasticit elevata per volumi molto
bassi di quantit offerta, le imprese reagiscono in modo sostanziale a
variazioni nel prezzo, disponendo di capacit produttiva non utilizzata o
sottoutilizzata, per cui una variazione del prezzo rende conveniente per le
imprese sfruttare pi intensamente gli impianti di cui dispongono. Per
contro, con volumi molto alti di quantit offerta, con capacit produttiva
scarsa, grandi variazioni di prezzo determinano variazioni contenute della
quantit: la curva anelastica.

5. La rendita del consumatore e del produttore.

Dallattivit di scambio che si verifica nel mercato i consumatori


ottengono dei benefici che sono superiori alla spesa totale effettivamente
sostenuta per lacquisto dei beni. Leccesso di beneficio (utilit) misurato
dalla rendita o surplus del consumatore: la differenza tra il prezzo di
domanda che il consumatore disposto a pagare per ottenere una data
quantit del bene e il prezzo corrente di mercato.
Consideriamo la fig. 2.8, sia D la curva di domanda del bene preso in
considerazione e P il prezzo del bene. A tale prezzo egli acquister la
quantit q spendendo una somma pari allarea OPCq. Tuttavia, egli sarebbe
disposto a pagare il prezzo P1 per ottenere la quantit q1, il prezzo P2 per
ottenere la quantit q2 e cos via. Ci significa che la somma che paga
effettivamente inferiore alla somma che sarebbe stato disposto a pagare
pur di ottenere la quantit q del bene. La differenza, che costituisce la
rendita del consumatore, equivalente allarea APC.
Simmetricamente alla rendita del consumatore si ha la rendita del
produttore, che il beneficio che il produttore trae dalla partecipazione al
mercato: essa data dalla differenza tra il prezzo pagato al produttore e il
costo di produzione. Nella fig. 2.8 viene rappresentata la rendita del
produttore; essa uguale allarea compresa tra la curva di offerta e il
livello del prezzo. Al prezzo P1 la rendita equivalente allarea OEp1.

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Come vedremo in seguito, la somma della rendita dei consumatori e di
quella dei produttori viene massimizzata nei mercati concorrenziali.
Qualsiasi livello di produzione inferiore a quello di concorrenza riduce le
rendite del consumatore e del produttore dando origine a perdite di
benessere.

Fig. 2.8 - La rendita del consumatore e del produttore..

6. Effetto reddito ed effetto sostituzione.

La variazione del prezzo di un dato bene pu agire sul comportamento


del consumatore in due modi: fa variare il potere dacquisto del
consumatore e modifica il prezzo relativo del bene. E per questo che
concettualmente leffetto della variazione del prezzo si suole suddividere
in effetto reddito ed effetto sostituzione.
Leffetto reddito leffetto sul consumo attribuibile al fatto che una
variazione del prezzo nominale di un bene causa anche una variazione nel
reddito reale (nel potere dacquisto del consumatore).
Leffetto sostituzione la variazione nel consumo di un bene dovuta al
fatto che tale bene diventato pi conveniente (il suo prezzo si ridotto)
oppure meno conveniente (il suo prezzo aumentato) rispetto ad altri beni.
La scomposizione puramente virtuale, ma ci consente di distinguere le
variazioni del comportamento del consumatore attribuibile alla variazione
del prezzo in s (effetto sostituzione), da quella causata dalla variazione
indotta del reddito disponibile (potere dacquisto o reddito reale).
Il consumatore a causa delleffetto reddito diminuir lacquisto del bene,
mentre a causa delleffetto sostituzione acquister un altro bene meno
costoso che svolge la stessa funzione. Ad esempio, listituzione di una
tassa su di un bene determina lincremento del prezzo e perci modifica il
comportamento del consumatore che, a causa del diminuito potere di
acquisto (effetto reddito), ridurr lacquisto del bene e, in secondo luogo,

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sostituir parzialmente il bene il cui prezzo aumentato con un altro bene
(effetto sostituzione). La tassa ha dunque interferito nelle scelte del
consumatore modificandone le preferenze, ha cio creato delle distorsioni
dovute alleffetto sostituzione.

7. Il comportamento delle imprese in concorrenza perfetta: la


determinazione del prezzo.

Lobiettivo che viene assunto come motivazione a base di tutte le


decisioni prese dallimprenditore consiste nel massimizzare i profitti. In
realt i fini perseguiti dalle imprese possono essere diversi. La grande
corporation, una volta ottenuto un livello soddisfacente di profitto,
potrebbe essere interessata a perseguire altri obiettivi: mantenere e
allargare la sua quota di mercato, massimizzare la crescita delle vendite,
mantenere un ampio numero di impiegati, minimizzare lincertezza, creare
e mantenere una buona immagine pubblica e cos via. Tuttavia, molti di
questi obiettivi possono essere intesi come modi indiretti di ottenere ed
aumentare i profitti di lungo periodo.
Il concetto di profitto abbastanza semplice, tuttavia il suo computo
pone non pochi problemi concettuali. In economia il profitto dato dalla
differenza tra i ricavi e i costi totali sopportati dallimpresa: costi espliciti e
costi impliciti. I costi espliciti comprendono i compensi versati a persone
diverse dai proprietari dellazienda in cambio delle risorse fornite. I costi
impliciti derivano dallimpiego di risorse di propriet dellazienda stessa,
ai quali non corrisponde alcun esborso di denaro; sono calcolati tenendo
conto di quanto limpresa potrebbe ottenere utilizzando tali risorse nel
modo alternativo migliore possibile. Costi impliciti importanti derivano
dallutilizzo del capitale finanziario e dalle attrezzature dellimpresa, dal
calcolo del valore del rischio o di eventuali vantaggi speciali posseduti
dallimpresa come, ad esempio, le concessioni o i brevetti.
Il risultato che si ottiene sottraendo dal ricavo totale i costi espliciti e
quelli impliciti il profitto economico che non va confuso con il profitto
contabile o utile dimpresa, dato dalla differenza tra ricavo totale
dellimpresa e i soli costi espliciti (d origine alla base imponibile per la
determinazione delle imposte). Per gli economisti ci che conta dunque il
profitto economico.
Ai fini del computo del profitto economico dunque rilevante il concetto

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di costo opportunit o costo alternativo. Poich le risorse sono scarse,
ogni volta che si decide di impiegare una data risorsa, si esclude la
possibilit di utilizzarla in modo diverso e, poich abbiamo ipotizzato che
limpresa si comporta in modo da massimizzare i profitti, essa dovr
valutare i propri costi in base al principio del costo-opportunit.
Questultimo pu differire da quello sopportato realmente dallimpresa; il
costo opportunit infatti dato da tutti i costi sopportati per lutilizzo dei
fattori produttivi: espliciti ed impliciti. Questi ultimi non rappresentano
uscite di cassa effettive.
E importante evidenziare come fra i costi dellimpresa occorre
considerare, in aggiunta a quelli sopportati per acquistare i fattori
produttivi, un margine di profitto per limprenditore. Limprenditore,
che proprietario della sua impresa, potrebbe fare lamministratore presso
unaltra azienda e, in questo caso, potrebbe ottenere un reddito che il
costo opportunit che va conteggiato fra i costi, visto che limprenditore vi
rinuncia nel momento in cui preferisce cercare di ottenere un profitto dalla
propria impresa. Il reddito alternativo cui limprenditore rinuncia prende il
nome di profitto normale. Tenendo conto di ci, la differenza tra ricavi e
costi pu essere definita come extra-profitto (qualora i ricavi fossero
uguali ai costi per limpresa non si realizzerebbero extra-profitti ma solo
profitti normali). Di seguito, per brevit, useremo comunque il termine
profitto al posto di extra-profitto, anche se bene che la differenza fra i
due termini venga sempre tenuta presente.
I costi contabilizzati dallimpresa differiscono dunque da quelli rilevati
dal punto di vista economico. Le imprese registrano nel loro sistema di
contabilit (conto profitti e perditi, stato patrimoniale e rendiconto
finanziario) solo i costi che sopportano realmente: quelli espliciti.

7.1. I ricavi dellimpresa.

Attraverso la curva di domanda si pu ottenere la spesa totale sopportata


dai consumatori per acquistare una data quantit di beni (prezzo per
quantit) e quindi ci che viene incassato dai produttori: il ricavo totale
(Rt). Dato il ricavo totale si possono ottenere il ricavo medio e il ricavo
marginale. Il ricavo medio (Rme) lammontare che limpresa ottiene per
unit venduta: Rme = Rt/q. Esso coincide con il prezzo; infatti se
unimpresa ottiene 5.000 dalla vendita di 1.000 unit, otterr 5 per ogni
unit. Eccezione a questa uguaglianza si ha quando limpresa vende i suoi

64
prodotti a prezzi diversi, nel qual caso il Rme semplicemente la media
ponderata dei prezzi.
Il ricavo marginale (Rmg) lincremento di ricavo ottenuto dalla
vendita di ununit aggiuntiva di prodotto in un dato periodo di tempo:
Rmg = dRt/ dq. Se unimpresa vende 20 unit in pi aumentando i ricavi di
100, allora ottiene 5 per ogni unit aggiuntiva venduta: Rmg = 5.
La variazione del Rt, del Rme e del Rmg dipende dalle condizioni di
mercato in cui limpresa opera, e in relazione a queste occorre effettuare
una distinzione tra quando il prezzo non varia al variare della produzione
(il prezzo costante), dalla situazione in cui il prezzo pu variare.

a) I ricavi dellimpresa quando il prezzo dato Se limpresa molto


piccola rispetto alle dimensioni del mercato, con molta probabilit dovr
accettare come un dato il prezzo di mercato. Essa potr vendere la sua
produzione solo in base a quel prezzo.

Fig. 2.9 Ricavo medio e marginale

La fig. 2.9 mostra la domanda ed offerta di mercato (lato sinistro) e la


domanda della singola impresa (lato destro). Al prezzo p=5 limpresa pu
vendere qualsiasi unit di prodotto. La sua curva di domanda orizzontale.
Il ricavo medio perci costante e pari a 5. La curva del ricavo medio
deve pertanto coincidere con la curva di domanda. Il ricavo marginale sar
uguale al ricavo medio, in quanto la vendita di ununit aggiuntiva ad un
prezzo costante non far che aggiungere al ricavo totale quellammontare e
cio il prezzo. Il prezzo rappresenta pertanto sia il Rme sia il Rmg.
Per quanto riguarda il ricavo totale, esso aumenta allaumentare della
quantit venduta ad un tasso costante e quindi la rappresentazione grafica
costituita da una linea retta passante per lorigine degli assi cartesiani.

b) I ricavi quando il prezzo influenzato dal suo prodotto Se


unimpresa ha una quota relativamente grande di mercato presumibilmente

65
in grado di influenzare il prezzo, per cui avr una curva di domanda
decrescente (non pi parallela allasse delle ascisse). Ci significa che se
unimpresa vuole vendere di pi deve diminuire il prezzo e, viceversa,
volendo aumentare il prezzo deve accettare una diminuzione della quantit
venduta.
Poich la curva di domanda del mercato indica, per ciascun prezzo, la
quantit del bene che i consumatori acquisteranno, essa indica ai venditori
il ricavo medio Rme, e cio il ricavo per unit di prodotto venduto. Il Rme
coincide dunque con la curva di domanda. Il ricavo medio, moltiplicato
per la quantit venduta fornisce ai venditori il ricavo totale Rt.
Quanto al Rmg esso sar inferiore al ricavo medio e potr anche essere
negativo. Se limpresa vuol vendere di pi in un dato periodo di tempo,
deve abbassare il prezzo che viene ridotto non solo sulle unit aggiuntive,
ma anche su tutte le unit di prodotto che limpresa avrebbe comunque
venduto ad un prezzo superiore. Quindi il Rmg dato dal prezzo al quale
viene venduta lultima unit di prodotto al netto della perdita dovuta dalla
riduzione del prezzo sulle unit che si sarebbero potute vendere ad un
prezzo maggiore.

Fig. 2.10- Ricavo totale, medio e marginale.

Il ricavo totale Rt dato dal prezzo per la quantit. A differenza del caso

66
di unimpresa price taker, la curva del Rt non una linea retta, ma una
curva dapprima crescente e poi decrescente (fig. 2.10b). Infatti, fino a che
il Rmg rimane positivo, un aumento delloutput far aumentare il Rt. Ma
quando il Rmg diventa negativo il Rt diminuir. Il punto massimo della
curva Rt sar quindi in corrispondenza del Rmg = 0.
Nella fig.2.10a, data una curva di domanda lineare, viene messo in
evidenza come per la prima unit venduta il ricavo medio e marginale
risultino uguali al prezzo. In seguito, con laumentare delle quantit
vendute, poich il prezzo deve essere diminuito, il ricavo marginale
assume un andamento divergente da quello della curva di domanda e del
ricavo medio; esso ha la stessa intercetta sullasse delle ordinate della
curva di domanda e pendenza doppia della curva di domanda. Infatti, data
la curva di domanda P= a-bq, dove P rappresenta il prezzo e q la quantit
domandata, la curva del ricavo totale sar: Rt = Pq = aq-bq2 e la curva del
ricavo marginale (cio la derivata prima del ricavo totale) dRt/dq o d(Pq) /
dq = a-2bq.
Ricavo totale e elasticit - Il ricavo totale dellimprenditore, ovvero la
spesa totale del consumatore, varia al variare dellelasticit della domanda.
Se la curva anelatica ( < 1), il prezzo varia relativamente pi della
quantit (un aumento del prezzo determina una diminuzione meno che
proporzionale della quantit domandata), per cui ha un effetto maggiore
sulla spesa totale per consumi (il ricavo totale aumenta). Ovviamente una
diminuzione del prezzo la fa diminuire. In altre parole, la spesa totale del
consumatore varia nella stessa direzione del prezzo.
Viceversa, quando lelasticit della domanda al prezzo maggiore di uno,
un aumento del prezzo (la quantit venduta si riduce in modo pi che
proporzionale) fa diminuire la spesa totale, ovvero il ricavo totale
diminuisce mentre la diminuzione del prezzo li fa aumentare. In altre
parole la spesa totale varia nella stessa direzione della quantit.
Nel caso in cui lelasticit della domanda fosse uguale a uno, qualsiasi
variazione del prezzo lascia inalterata la spesa totale e quindi il ricavo
totale.

7.2. La funzione di produzione e i costi di produzione.

Alla base dei costi di impresa vi la funzione di produzione che, dato lo


stato delle conoscenze tecniche, mette in relazione la quantit massima di

67
prodotto e i fattori produttivi. Sulla base delle informazioni fornite dalla
funzione di produzione possibile passare alla determinazione dei costi di
produzione. Sia per la funzione di produzione, sia per le funzioni dei costi,
occorre distinguere tra breve e lungo periodo. Nel breve periodo si hanno
fattori produttivi fissi, quali il capitale (gli impianti che non possono subire
variazioni di capacit), e fattori produttivi variabili (il lavoro). Nel lungo
periodo tutti i fattori sono variabili, possono cio essere modificati, anche
gli impianti produttivi.

A) Funzione di produzione - La funzione di produzione esprime il


numero di unit prodotte per unit di tempo Q = f (L,K) dove Q il
prodotto totale, L il fattore lavoro e K il capitale. Essa mette in relazione la
quantit di input impiegati nellattivit produttiva e la massima quantit di
un dato bene o servizio che da essi possibile ottenere, in un determinato
periodo di tempo.

a) La funzione di produzione nel breve periodo e la legge dei


rendimenti decrescenti - Consideriamo una funzione di produzione di
breve periodo e ipotizziamo che si abbia un solo prodotto Q e che ci sia
perfetta sostituibilit tra i fattori della produzione. Supponiamo che il
capitale K (dimensione degli impianti, ovvero la capacit produttiva) e le
materie prime T siano fattori fissi, e che il lavoro L sia lunico fattore
variabile. Pertanto ci concentreremo sulla relazione fra la quantit di lavoro
impiegato e la quantit di prodotto ottenuta. Ci equivale a considerare la
funzione del prodotto totale del lavoro: Q = f (L)
Prodotto totale - Il prodotto totale PT rappresenta la quantit totale
prodotta durante un dato periodo di tempo da tutti i fattori utilizzati
dallimpresa. Se tutti i fattori produttivi, tranne uno, sono tenuti costanti, il
prodotto totale cambier a seconda della maggiore o minore quantit del
fattore variabile.
Nella fig. 2.12, dove in ascissa viene rappresentato il fattore variabile L
(lavoro) e in ordinata la quantit prodotta Q, viene tracciata la curva del
prodotto totale. Aumentando la quantit di lavoro impiegata il prodotto
dapprima aumenta in modo pi che proporzionale poi, a partire dal punto
di flesso, aumenta in modo meno che proporzionale.
Landamento della funzione della produzione dipende dalla legge dei
rendimenti decrescenti o della produttivit marginale decrescente:
ogni aumento di un fattore impiegato nella produzione di qualsiasi merce,
mantenendo costanti gli altri, determina, oltre ad un certo limite,

68
incrementi meno che proporzionali del valore della produzione. La legge
una generalizzazione empirica, valida nel breve periodo, che si basa
sullipotesi che non vi siano innovazioni tecnologiche e che ci sia almeno
un fattore impiegato in quantit costante. Infatti, nel lungo periodo il
progresso tecnologico consente di fare fronte ai rendimenti decrescenti di
fattori produttivi

Fig.2.11 Prodotto totale, medio e marginale e la legge dei


rendimenti marginali decrescenti.

Prodotto marginale o produttivit marginale - Il prodotto marginale


(PMg) indica la variazione del prodotto totale in seguito ad una piccola
variazione di un input variabile (il lavoro o le materie prime), ferma
restando la quantit impiegata di tutti gli altri fattori: PMg = dQ/dL. Esso
aumenta con tassi di incremento decrescenti, fino a raggiungere il punto di
massimo in corrispondenza del flesso della curva del prodotto totale, a
partire dal quale comincia a diminuire e, quindi, si annulla quando il
prodotto totale raggiunge il massimo (fig. 2.11).
Il fatto che il prodotto marginale sia decrescente dovuto al fatto che il
fattore fisso limita lincremento della produzione che si pu ottenere data
una quantit maggiore del fattore variabile. Ad esempio, data unofferta
costante di terreno coltivabile, a parit di tecnologia vi sar un declino
della produttivit di ogni lavoratore addizionale.

69
Il prodotto marginale interseca la curva del prodotto medio nel punto in
cui questultimo raggiunge il massimo. Ad esempio, affinch un lavoratore
addizionale aumenti il PMe di tutti gli altri lavoratori, lapporto del singolo
lavoratore deve essere maggiore del PMe di tutti i lavoratori esistenti.
Perci il suo apporto pu essere inferiore a quello del lavoratore
precedente, ma deve essere maggiore del PMe di tutti i lavoratori assunti
prima di lui.
Prodotto medio - Il prodotto medio, cio il prodotto per ogni unit di
fattore variabile (produttivit media), si ottiene dividendo il prodotto totale
per la corrispondente quantit di fattore variabile: PMe = PT/L.
Allaumentare della quantit di fattore variabile utilizzato, il prodotto
medio dapprima aumenta, quando inferiore al prodotto marginale,
raggiunge il massimo quando uguaglia il prodotto marginale e quindi
diminuisce quando supera il prodotto marginale.
La produttivit media uno degli indicatori di efficienza delle imprese.
Alla base della competitivit delle imprese risiede infatti il concetto di
produttivit. Nel caso del fattore lavoro, formalmente la produttivit del
lavoro corrisponde alla quantit di lavoro necessario per produrre ununit
di un bene specifico: Q/ore lavoro. Una crescita della produttivit dipende
dalla qualit del capitale fisico, dal miglioramento delle competenze e della
manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di
organizzazione. Le imprese possono essere competitive unicamente se
riescono a realizzare una crescita sostenibile della produttivit del lavoro e
della produttivit totale dei fattori che consenta loro di superare le altre
imprese per quanto riguarda i costi per unit di produzione e le
caratteristiche della loro offerta non collegate ai costi. Attualmente, la
crescita della produttivit fortemente influenzata dagli investimenti nel
settore delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione.
La produttivit totale dei fattori produttivi Quando si parla
genericamente di produttivit si intende produttivit del fattore lavoro, ma
per essere precisi bisognerebbe distinguere tra produttivit del lavoro,
produttivit del capitale e produttivit totale dellinsieme dei fattori
produttivi (total factor productivity). Non molto utile osservare solo la
produttivit del lavoro o la produttivit del capitale; infatti, se nel processo
produttivo si riducono le ore lavorate perch sostituite con un processo
tecnologico pi efficiente, la produttivit del lavoro aumenta perch ci
sono meno ore lavoro, ma questo non vuole dire che il lavoro diventato
pi produttivo. Il miglioramento della produttivit va imputata allaumento
o al miglioramento del capitale utilizzato nel processo produttivo. Occorre

70
allora fare riferimento alla Produttivit totale dei fattori produttivi, che non
dipende dalla quantit di lavoro o di capitale, ma dalla qualit dei due
fattori; dal modo in cui sono combinati e da altri fattori anche esterni
allimpresa, quali i trasporti, le infrastrutture, lefficienza
dellamministrazione pubblica, ecc.

b) La funzione di produzione nel lungo periodo e i rendimenti di scala


Nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili e vi saranno molteplici
combinazioni di tali fattori per produrre la stessa quantit di prodotto i
fattori sono sostituibili tra di loro). Occorre verificare cosa succede alla
produzione se questi fattori aumentano o diminuiscono: se aumenta nella
medesima proporzione dellincremento degli input oppure in proporzione
diversa. Si tratta del problema della scala di produzione o dei rendimenti
di scala che si pone solo in un contesto di lungo periodo, dal momento
che, come abbiamo detto, possono variare tutti i fattori produttivi.
Data una funzione di produzione di lungo periodo, se allaumentare di
tutti e tre i fattori produttivi (K, L, M), ad esempio il loro uso raddoppia, si
avranno:
- rendimenti di scala costanti se il prodotto aumenta nella medesima
proporzione;
- rendimenti di scala decrescenti se loutput aumenta meno del doppio;
- rendimenti di scala crescenti se loutput aumenta pi del doppio.
Possiamo cos affermare che la laumento della produzione nel lungo
periodo dipende dai rendimenti di scala. La presenza dei rendimenti di
scala da attribuirsi a fattori tecnologici, a indivisibilit tecniche (si pensi
alla produzione di energia elettrica o al trasporto di un carico via terra o via
mare) e a economie di specializzazione. Le indivisibilit tecniche non
permettono sempre di adottare la dimensione ottimale degli impianti e,
quindi, avere una scala ottima di produzione. Le economie di
specializzazione si hanno quando con pi elevati livelli di produzione
risulta possibile una maggiore divisione e specializzazione del lavoro, con
conseguenti aumenti di produttivit e dunque riduzioni dei costi.
Nel lungo periodo risulta importante il ruolo del progresso tecnologico e
il suo impatto sui rendimenti di scala. Il progresso tecnico pu determinare
delle innovazioni di processo, o delle innovazioni di prodotto, o delle
innovazioni di tipo organizzativo. Il progresso tecnologico mette a
disposizione impianti dai rendimenti sempre pi elevati che consentono di
aumentare loutput in proporzioni molto maggiori rispetto allimpiego
degli input. In questo caso conviene aumentare la dimensione delle

71
imprese e produrre su grande scala anzich su piccola scala.
Dal punto di vista grafico possiamo rappresentare leffetto di una
innovazione di processo mediante uno spostamento verso lesterno della
funzione di produzione (fig. 2.12). Lo spostamento mette in evidenza come
lo stesso output possa essere prodotto impiegando una quantit minore di
fattori produttivi, oppure che una quantit maggiore di output possa essere
prodotta con limpiego dello stesso ammontare di fattori produttivi.

Fig. 2.12 Progresso tecnico e funzione della produzione.

B) I costi di produzione La funzione di produzione che abbiamo ora


analizzato ci permette di risalire ai costi di produzione, che costituiscono
lelemento principale per valutare lefficienza della gestione dellimpresa.
Una distinzione importante nellanalisi dei costi quella tra costi privati e
costi sociali. Le imprese, attraverso le loro scelte produttive, provocano
anche degli effetti allesterno delle unit produttive. Questi effetti, che
vengono appunto chiamati effetti esterni o esternalit, possono causare
dei costi che non sono sopportati dalle imprese stesse, ma da altri soggetti,
produttori o consumatori. I costi riguardanti queste attivit andrebbero
aggiunti ai costi di produzione impliciti ed espliciti delle imprese in modo
da ottenere il costo reale di produzione.
Le attivit che danno origine ai costi esterni sono molteplici. Un esempio
costituito dallinquinamento: unimpresa che inquina un fiume causa un
costo alla collettivit perch, ad esempio, ne compromette la possibilit
duso per la attivit ricreative. Gli individui che prima lo utilizzavano, non
potendolo pi fare, devono sopportare spese alternative per recarsi in altre
zone. Un altro esempio costituito dalla congestione del traffico: il tempo
perso rappresenta un danno economico, un costo imputabile a coloro che
causano ritardi nel traffico e che viene sopportato da altri individui. Un
ulteriore esempio rappresentato dalla pesca indiscriminata nei mari, che

72
determina un incremento dei costi per i pescatori a causa della diminuzione
della pescosit dei mari, e dei costi per la societ nel suo complesso per la
scomparsa di alcune specie ittiche. Sommando i costi esterni agli altri costi
di produzione (quelli privati) si ottengono i costi sociali:
costi privati + costi esterni = costi sociali
I costi sociali rappresentano il vero costo di produzione dei beni e
servizi, poich comprendono tutte le risorse utilizzate nella loro
produzione e possono essere definiti come i costi che vengono sostenuti
dalla societ per limpiego delle sue risorse nella produzione di un dato
bene. Di solito le imprese calcolano i soli costi privati, che rappresentano
delle uscite di cassa, trascurando quindi quelli esterni. Di seguito
analizziamo quelli privati rimandando lanalisi di quelli esterni al capitolo
8. Lanalisi delle funzioni di costo va effettuata sulla base della distinzione
tra breve e lungo periodo.

a) I costi di produzione nel breve periodo - La curva dei costi di breve


periodo deriva direttamente dalla funzioni di produzione di breve periodo.
Consideriamo ancora una volta il caso di unimpresa che utilizza soltanto
due fattori produttivi, capitale e lavoro, e che non pu modificare la
quantit di capitale.
Costi totali (Ct) - Sono i costi complessivi corrispondenti a ciascun
livello di produzione preso in considerazione Ct = f(Q); essi crescono al
crescere della quantit prodotta e sono dati dalla somma dei costi fissi (Cf)
e di quelli variabili (Cv): Ct = Cf + Cv
I costi fissi (Cf) vengono sopportati dallimpresa indipendentemente
dalla quantit di bene prodotto. Essi comprendono lammortamento del
capitale, le assicurazioni, la remunerazione dei dipendenti, ecc. In termini
grafici, essi vengono rappresentati da una linea parallela allasse delle
ascisse (fig. 2.13a).
Nellambito dei costi fissi occorre distinguere tra costi fissi recuperabili e
costi fissi irrecuperabili (sunk costs). La distinzione si basa sulla
possibilit da parte dellimpresa di dismettere il proprio capitale senza
sopportare degli oneri; un indicatore della capacit che limpresa ha di
ridurre la produzione o uscire completamente dal mercato senza sopportare
costi.
Le imprese riportano nei loro conti economici il deprezzamento dei beni
durevoli, imputandone il costo in diminuzione del reddito attuale mediante
la procedura dellammortamento. Caratteristica dei beni durevoli infatti
di essere utili per pi di un periodo di produzione e possono deprezzarsi

73
con il passare del tempo. Lammortamento permette di ripartire il costo
iniziale su pi esercizi; il pagamento immediato riduce il flusso di cassa
del periodo corrente, ma fa aumentare quelli futuri. Anzich imputare
lintero costo dellimpianto al reddito corrente, lo si ammortizza in senso
contabile, lungo la sua vita, imputando una frazione del costo al reddito di
ogni periodo utile. Lammortamento un costo implicito, e in quanto tale
non costituisce una uscita di cassa, che concorre a determinare un fondo
per la ricostituzione del capitale.
Nel calcolo dellammortamento vi una difficolt oggettiva nel calcolare
la vita utile dellimpianto per la concomitante azione di deperimento di tre
fattori determinanti come lobsolescenza fisica, tecnologica ed economica.

Fig. 2.13 - I costi di produzione di breve periodo.

Un particolare tipo di bene durevole il know how che potrebbe essere


valutato analogamente al capitale umano e alla reputazione: un
investimento in know how migliora i flussi di cassa futuri e la decisione di
investire in know how dovrebbe dipendere dalla misura in cui tale
investimento migliora o peggiora il valore attuale netto dei flussi di cassa
dellimpresa (su questo aspetto cfr. cap.3 3.1). Alcune forme
dinvestimento in know how sono tangibili e dirette: la licenza di un
processo di produzione brevettato (il suo costo dovrebbe essere
ammortizzato lungo la sua vita utile). Altre forme di know how sono meno
tangibili: la ricerca e sviluppo. Una forma tra le pi interessanti costituita
dalla curva di esperienza o di apprendimento (learning curve). La curva di
apprendimento esprime il concetto che i costi di produzione unitari
diminuiscono con il crescere dellesperienza. Il segreto consiste
nellaccumulare significativi volumi di produzione pi velocemente

74
rispetto ai rivali per ottenere un vantaggio di costo.
I costi variabili (Cv) variano al variare della produzione (costi dei
materiali, del combustibile, parte del costo della manodopera, dellenergia,
ecc.) e possono essere controllati dallimpresa nel breve periodo facendo
variare il volume della produzione. A causa della legge dei rendimenti
decrescenti, i costi variabili aumentano in modo meno che proporzionale
allaumentare della produzione per poi aumentare in modo pi che
proporzionale. Poich allinizio il prodotto marginale crescente,
occorrer aumentare in misura sempre minore la quantit di risorse
variabili utilizzate per ottenere ogni successiva unit di prodotto; dato che
tutte le unit delle risorse variabili hanno lo stesso prezzo, i costi variabili
totali cresceranno in misura sempre minore. Ma quando i rendimenti
diventano decrescenti e, quindi, il prodotto marginale comincia a
diminuire, sar necessario incrementare in misura sempre maggiore le
risorse variabili utilizzate per ogni successiva unit di prodotto, di
conseguenza i costi variabili totali aumenteranno in misura crescente.
Costi medi o unitari (CMe) Il costo totale medio unitario, pi
comunemente costo medio, dato dal costo totale diviso per il numero di
unit prodotte: CMe = Ct/Q. Esso pu anche essere ottenuto sommando il
costo variabile medio (CVm) e il costo fisso medio (CFm) per ogni livello
di produzione: CMe = (CVm + CFm).
Il costo medio molto utilizzato dalle imprese poich, confrontandolo
con il prezzo o il ricavo medio, permette loro di verificare se stanno
realizzando dei profitti o delle perdite. Esso rappresentato graficamente
da una curva a forma di U (fig. 2.13b), perch riflette la legge dei
rendimenti marginali decrescenti. Con un impianto dato, si registra
dapprima una fase di produttivit crescente dellinput variabile, seguita da
una fase di produttivit decrescente e perci di costi crescenti. Tra queste
due fasi vi un punto in corrispondenza del quale i costi medi sono al loro
livello minimo. In questo punto si dice che limpianto utilizzato in modo
ottimale (M di fig. 2.13b).
Il costo fisso medio (CFm) diminuisce con laumentare della produzione;
negativamente correlato alla produzione. Il costo variabile medio (CVm)
inizialmente diminuisce, perch i rendimenti marginali sono crescenti, poi
aumenta a causa dei rendimenti marginali decrescenti; anchesso a forma
di U.
Costo marginale (CMg) E il costo aggiuntivo che occorre sostenere
per produrre ununit in pi di prodotto: CMg = Ct/ q. La variazione
del costo totale, per definizione, coincide con la variazione dei costi

75
variabili (i costi fissi non variano al variare della quantit prodotta). Infatti,
prendendo in considerazione la fig. 2.13b, larea sottostante la curva dei
costi marginali equivalente allarea data dal costo variabile medio per la
quantit prodotta corrispondente a quel dato costo. Landamento della
curva dei costi marginali (fig. 2.13b) determinato dalla legge dei
rendimenti marginali decrescenti. Dato il prezzo della risorsa variabile, un
aumento della produttivit sar accompagnato da una diminuzione del
costo marginale, mentre un calo della produttivit sar accompagnato da
un aumento del costo marginale.
La curva del costo marginale interseca sia la curva del costo variabile
medio che quella del costo totale medio nel loro punto di minimo (fig.
2.14b). Infatti, quando si aggiunge al costo totale (o al costo variabile) un
incremento di costo (costo marginale) inferiore alla sua media, la media
necessariamente diminuisce. Viceversa, quando si aggiunge al costo totale
(o variabile) un incremento di costo o costo marginale superiore alla media
corrente, tale media deve necessariamente aumentare. In conclusione, il
costo medio diminuisce ogniqualvolta il costo marginale minore, mentre
aumenta ogniqualvolta il costo marginale maggiore. Il costo medio
rimane invariato ogniqualvolta il costo marginale lo eguaglia.

b) I costi di produzione nel lungo periodo e le economie di scala - Nel


lungo periodo, poich limpresa in grado di variare liberamente
lammontare impiegato di tutti i fattori di produzione riducendo o
aumentando la capacit produttiva, tutti i costi sono variabili (non si hanno
costi fissi). Quando tutti i fattori sono variabili landamento dei costi di
produzione dipende dai rendimenti di scala (come varia la quantit
prodotta al variare delluso dei fattori produttivi). Per contro, avevamo
visto in precedenza che, nel breve periodo, landamento dei costi di
produzione dipende dalla legge dei rendimenti marginali decrescenti.
Costo medio di lungo periodo - La curva del costo medio di lungo
periodo formata da parti delle curve di costo medio di breve periodo
corrispondenti a diverse dimensioni degli impianti. Nel lungo periodo
limpresa pu infatti costruire nuovi impianti e acquisire nuovi spazi
necessari per installarli.
Nel caso di rendimenti di scala costanti, usando qualsiasi impianto si pu
produrre al costo medio minimo fig. 2.14a. Nel caso di rendimenti
crescenti, il costo medio minimo di lungo periodo si ottiene ampliando
continuamente la dimensione dimpresa, fino a quando non sono state
sfruttate completamente le economie di scala (fig. 2.14a). Quando i

76
rendimenti di scala sono crescenti la curva decrescente, se sono costanti
la curva orizzontale, se invece sono decrescenti la curva aumenta. La
pendenza della curva dei costi di lungo periodo riflette dunque i rendimenti
di scala. Lutilizzo di impianti sempre maggiori implica, in genere, una
diminuzione dei costi medi ma, da una certa dimensione in poi, ulteriori
aumenti della capacit produttiva fanno aumentare i costi medi. Questa
tendenza pu essere spiegata tenendo conto delle economie e diseconomie
di scala.

Fig. 2.14 - I costi medi di lungo periodo.

Le economie di scala sono dovute a dei rendimenti di scala crescenti che


si hanno in conseguenza della maggiore divisione e specializzazione del
lavoro, alla maggiore efficienza dei beni capitali (economie tecniche), ai
fattori organizzativi, ecc. Esse giustificano la parte decrescente della curva
dei costi medi (fig.2.14a). Importanti sono le caratteristiche dei grandi
impianti i cui costi non crescono proporzionalmente al crescere delle loro
dimensioni.
Un impatto positivo sui costi esercitato dalle economie di
apprendimento (learning by doing) dovute allaccumulo di esperienze da
parte del management dellimpresa. Al crescere della quantit prodotta
limpresa acquisisce lesperienza necessaria a ridurre i suoi costi medi di
produzione. La curva di apprendimento o di esperienza mostra la
diminuzione dei costi medi corrispondente al crescere del prodotto totale.
Unulteriore possibilit di riduzione dei costi deriva dalle economie di
scopo o di variet o di diversificazione che si ottengono grazie alla
produzione congiunta di pi beni; esse sono collegate pi alla dimensione

77
dellimpresa che alla dimensione degli impianti. Ad esempio, molte
aziende municipalizzate provvedono allerogazione di pi beni (gas, acqua,
ecc.) appunto per sfruttare le economie di scopo derivanti dalla ripartizione
dei costi congiunti (ad esempio quelli di amministrazione o di marketing)
su una produzione maggiore.
Le diseconomie di scala (rendimenti di scala decrescenti) sono invece
allorigine della parte crescente della curva dei costi medi (fig. 2.14a) e
sono dovute a problemi di gestione di natura amministrativa ed
organizzativa; man mano che limpresa si espande diventa sempre pi
difficile controllare e organizzare lattivit in modo efficiente.
E importante individuare correttamente le economie e diseconomie di
scala perch da esse che dipende la determinazione della struttura di
unindustria. Nel caso rappresentato nella fig. 2.14a, la dimensione ottima
minima, che il volume di produzione minimo con cui unimpresa riesce
ad ottenere il costo medio di lungo periodo pi basso possibile, data
dallintervallo piatto. La scala di produzione per cui il costo medio
minimo definita scala efficiente di produzione. Si pu trovare
utilizzando il calcolo differenziale ponendo la derivata del costo medio pari
a zero oppure Cmg(x) = Cme(x). La scala efficiente non il livello di
produzione che massimizza il profitto; come vedremo di seguito questo
potrebbe corrispondere a una produzione inferiore o superiore alla scala
efficiente.
Pu verificarsi il caso che a causa delle economie di scala la curva di
costo di lungo periodo continui a decrescere per un tratto molto esteso. In
questo caso la dimensione ottima minima viene raggiunta con imprese di
grandi dimensioni e, pertanto, le piccole imprese non risulterebbero
efficienti (fig. 2.14b). Pu anche succedere che la dimensione ottima
minima sia superiore alla dimensione del mercato per cui si
giustificherebbe la presenza di una sola impresa.
Costo marginale di lungo periodo - La curva del costo marginale di
lungo periodo mostra la relazione esistente tra la quantit prodotta ed il
costo risultante dalla produzione dellultima unit addizionale nel caso che
limpresa abbia modo di attuare le variazioni nella quantit impiegata di
tutti i fattori. Il costo marginale di lungo periodo rispettivamente minore,
uguale e maggiore del costo medio di lungo periodo nel tratto in cui questo
decrescente, minimo e crescente. La relazione tra la curva del costo
medio di lungo periodo e costo marginale di lungo periodo pertanto
uguale a quella analizzata per le curve di breve periodo: la curva del costo
marginale di lungo periodo (CMgL) interseca la curva del costo medio di

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lungo periodo (CMeL) nel punto di minimo.
Esiste una differenza importante tra i costi marginali di breve periodo e
quelli di lungo periodo: la curva dei costi marginali di breve periodo
riflette i costi variabili addizionali che si hanno nellaumentare la
produzione di ununit e, poich nel breve periodo la dimensione degli
impianti fissa, il tratto crescente della curva dei costi marginali riflette i
rendimenti decrescenti dei fattori variabili. La curva dei costi marginali di
lungo periodo comprende invece anche lincremento nel costo opportunit
del capitale investito per aumentare la dimensione degli impianti. Poich
nel lungo periodo tutti i fattori di produzione sono variabili, i rendimenti
decrescenti assumono un peso minore.

7.3. La massimizzazione del profitto: limpresa di concorrenza


perfetta.

Dati i costi e i ricavi possiamo definire la quantit di produzione che


limpresa decide di produrre per massimizzare il profitto. A tale scopo
consideriamo unimpresa che opera in un mercato concorrenziale. Per
definizione essa ha un potere di mercato nullo e, pertanto, non in grado di
imporre il prezzo del bene che produce. Infatti, poich il numero delle
imprese sul mercato elevato, ognuna di esse costretta ad accettare il
prezzo fissato dalle forze impersonali della domanda e dellofferta (le
imprese sono price taker). Come gi visto nel cap.1 3, le caratteristiche
principali del mercato di concorrenza perfetta sono:
- la presenza di un numero elevato di imprese di piccole dimensioni.
Ciascuna impresa produce una quantit talmente trascurabile dellofferta
totale per cui non in grado di esercitare effetti significativi sullofferta
complessiva e, quindi, sul prezzo;
- il bene prodotto omogeneo; per i consumatori sar indifferente
acquistare i beni da unimpresa o da unaltra, e se unimpresa dovesse
vendere il bene ad un prezzo pi elevato perderebbe lacquirente;
- non esistono barriere di natura istituzionale, o economica, finanziaria e
tecnologica, che impediscono di fatto alle imprese di entrare o uscire dal
mercato;
- linformazione sui prezzi, sulla tecnologia, sui beni prodotti completa e
simmetrica.
Per determinare la quantit da produrre che consente a unimpresa
operante in concorrenza perfetta di massimizzare il profitto di breve

79
periodo si possono seguire due approcci: a) effettuare la differenza tra costi
e ricavi totali oppure b) fare riferimento ai costi e ricavi marginali.
a) Equilibrio di breve periodo: confronto tra costi e ricavi totali - Il
livello di produzione che massimizza il profitto utilizzando i costi e i ricavi
totali viene messo in evidenza nella fig. 2.15. Il ricavo totale (Rt)
rappresentato da una linea retta crescente perch in una situazione di
concorrenza perfetta ogni successiva unit venduta fa aumentare il Rt della
stessa somma, ossia il suo prezzo.

Fig. 2.15 - Determinazione della quantit prodotta.

Il costo totale Ct cresce anchesso allaumentare della produzione ma la


curva, a causa dei rendimenti di scala, non rettilinea. Come si nota dal
confronto delle due curve si hanno due punti di pareggio (break even
point): A e B. Prima di A limpresa produce in perdita, cos pure dopo B;
infatti i costi totali sono maggiori dei ricavi totali. Limpresa cercher di
produrre la quantit corrispondente allintervallo qa qb. In particolare essa
cercher di produrre la quantit q* perch, come gi detto, in relazione a
quella quantit il profitto massimo (la distanza verticale tra Rt e Ct
massima).

b) Equilibrio di breve periodo: confronto fra ricavo marginale e costo


marginale - Un metodo alternativo per determinare la quantit di prodotto
che massimizza il profitto consiste nel mettere a confronto i costi marginali
con i ricavi marginali (fig. 2.16b). Limpresa deve scegliere la quantit Q
che massimizza il profitto , dato dalla differenza tra ricavi totali (Rt =
pQ) e i costi totali (Ct), ossia occorre derivare rispetto a Q e porre uguale a
zero la derivata: /Q = (Rt/Q) - (Ct/Q) = 0 e poich CMg = Ct/Q
e RMg = Rt/Q possiamo affermare che il profitto massimizzato in

80
corrispondenza di quella quantit Q* tale che il RMgCMg =0 e cio RMg
= CMg. Dunque ill profitto viene massimizzato quando il prezzo (ricavo
marginale) uguale al costo marginale (P = CMg), purch risulti superiore
al minimo dei costi medi. Quando il prezzo di mercato maggiore del
costo marginale il profitto pu essere incrementato aumentando la
produzione Viceversa, se il prezzo inferiore al costo marginale, il profitto
pu essere aumentato riducendo la produzione.
In termini analitici, per massimizzare il profitto limpresa deve scegliere
la quantit Q che massimizza il profitto . Ossia, occorre derivare rispetto
a Q e porre uguale a zero la derivata /Q = RT/ Q CT/Q = 0
poich Cmg = CT/Q e Rmg = RT/Q possiamo affermare che il profitto
massimizzato in corrispondenza di quella quantit Q tale che Q = Rmg
Cmg = 0 e cio RMg = Cmg.

Fig. 2.16 - La determinazione del prezzo in un mercato concorrenziale.

Il fatto che il prezzo coincida con il costo marginale significa che in un


sistema di mercato lallocazione delle risorse efficiente. Si accresce la
produzione di ciascun bene fino al punto in cui il valore dellultima unit
uguale al valore dei beni alternativi cui si deve rinunciare per produrlo.
Nella fig. 2.16b viene rappresentato questo criterio. La curva di domanda
della singola impresa rappresentata da una retta parallela allasse delle
ascisse ed determinata dal prezzo che si ottiene nel mercato dallinsieme
delle contrattazioni.
Limpresa, data la curva di domanda, non pu modificare il prezzo, anche
perch aumentandolo di poco la quantit venduta si ridurrebbe a zero (la
curva di domanda perfettamente elastica). Poich il prezzo non varia al
variare della quantit venduta, cio costante, la curva di domanda

81
rappresenta contemporaneamente la curva dei ricavi medi e di quelli
marginali (fig. 2.16b). Il ricavo totale equivalente allarea P*Eq*0 di fig.
2.18b. Il costo totale invece equivalente allarea OSRq* (costo medio
moltiplicato per la quantit prodotta). Il profitto totale risulter dato
dallarea SP*ER, dato dalla differenza tra i ricavi totali (OP*Eq*) e i costi
totali (OSRq*). Il livello di produzione dato dallintersezione dei CMg
con il prezzo e cio il punto q*. Il fatto che il prezzo coincida con il costo
marginale significa che in un sistema di mercato lallocazione delle risorse
efficiente; si aumenta la produzione di ciascun bene fino al punto in cui il
valore dellultima unit uguale al valore dei beni alternativi cui si deve
rinunciare per produrli.
Le imprese possono ottenere profitti economici nulli (ricavi totali uguali
ai costi totali), extraprofitti (ricavi totali > costi totali) oppure cumulare
delle perdite (ricavi totali < costi totali). Limpresa rappresentata nella fig.
2.16 ottiene un extraprofitto. Va comunque detto che non tutte le imprese
che hanno perdite escono dal mercato: ci dipende dallentit delle perdite
Punto di chiusura: quando allimpresa non conviene produrre - Pu
succedere che i costi medi (CMe) siano superiori al prezzo, in questo caso,
anche se limpresa produce in base al criterio P = CMg, si verificheranno
delle perdite, ma ci non significa necessariamente che limpresa cesser
di produrre. Se limpresa cessa di produrre, ma non esce dal mercato ,
dovr comunque sopportare i costi fissi, per cui la decisione di produrre o
meno verr presa confrontando il prezzo con il costo medio variabile. Se,
in relazione al livello ottimale di produzione, il prezzo supera il costo
medio variabile limpresa sceglier di produrre; in questo modo coprirebbe
parte dei costi fissi (differenza tra costi medi totali e costi medi variabili) e
sosterrebbe perdite minori rispetto alla situazione in cui decidesse di
smettere di produrre. Se il prezzo inferiore al costo medio variabile
limpresa chiuder perch, oltre a non coprire i costi medi fissi, realizza
una perdita anche in relazione ai costi medi variabili. Pertanto, nel breve
periodo, in un mercato di concorrenza perfetta restano in attivit sia le
imprese che ottengono extraprofitti sia quelle in perdita, purch coprano
almeno i cosi variabili totali.
Curva di offerta dellimpresa di breve periodo e la curva di offerta di
mercato Poich in corrispondenza di qualunque prezzo inferiore al costo
variabile medio minimo la produzione sarebbe zero, si pu concludere che
il tratto della curva del costo marginale dellimpresa che si trova al di sopra
della curva del costo medio variabile rappresenta la sua curva di offerta di
breve periodo.

82
Dato il prezzo di mercato, limpresa concorrenziale sceglier la
dimensione produttiva in corrispondenza della quale Cmg e prezzo si
uguagliano. Se il prezzo di mercato aumenta, limprenditore accresce la
dimensione produttiva, cio lofferta del prodotto. Se il prezzo di mercato
diminuisce, limprenditore diminuir la produzione e quindi lofferta di
prodotto. Si pu concludere che lofferta di mercato aumenta allaumentare
del prezzo e si riduce al diminuire del prezzo.
c) L'equilibrio di mercato nel lungo periodo - Mettendo a confronto
lofferta delle imprese con la domanda di mercato si ottiene il prezzo di
equilibrio (fig. 2.16a). Se questo prezzo risulta superiore ai costi medi,
come gi detto, limpresa otterr un profitto economico: un extraprofitto.
Nel lungo periodo (fig. 2.17), in presenza di extraprofitti, ci si aspetta che
nuove imprese entrino nel mercato causando un aumento dellofferta e la
diminuzione del prezzo. In questo caso, lequilibrio di mercato si avr
allorch, con la diminuzione dei prezzi, gli extraprofitti diventeranno nulli
e non vi saranno pi incentivi allentrata di nuove imprese. Viceversa, se il
prezzo inferiore al costo totale medio, le perdite che ne derivano
spingeranno alcune imprese a lasciare il settore, lofferta totale del
prodotto diminuir e la concorrenza pu fare aumentare il prezzo fino a
coincidere con il costo totale medio. Pertanto, la condizione di equilibrio
di lungo periodo la seguente: prezzo = costo marginale = costo medio
minimo.

Fig. 2.17 Lequilibrio dellimpresa concorrenziale di lungo periodo.

Nella fig. 2.17, dato il prezzo iniziale P*, limpresa realizza un profitto
P*EMR. A causa del profitto ci saranno delle imprese che entreranno nel
mercato determinando un aumento dellofferta che far diminuire il prezzo
a P1. A tale prezzo non ci saranno pi profitti e la quantit prodotta sar ora

83
0q1 (va osservato che la quantit prodotta a livello di mercato rappresentata
nella fig 2.17 lato sinistro ora aumentata a 0Q 1 e ci a causa dellentrata
nel mercato di nuove imprese). Il meccanismo di ingresso di nuove
imprese spinge la produzione fino al punto di minimo della curva del costo
medio e, pertanto, il prezzo sar al minimo livello possibile.
Il fatto che gli extraprofitti economici siano pari a zero non significa
che le imprese non ottengono nessun guadagno (i profitti contabili
continuano ad essere positivi): le imprese non ottengono profitti in eccesso
(extraprofitti) rispetto a impieghi alternativi dei fattori. La produzione in
base al minimo della curva dei costi comporta in ogni impresa la piena
utilizzazione degli impianti. La portata di questo risultato notevole,
poich esso ci dice che in concorrenza perfetta le forze di mercato, in
maniera automatica e del tutto impersonale, inducono qualsiasi
imprenditore non solo a produrre al costo pi basso possibile (il costo
medio minimo), ma anche a praticare un prezzo uguale al tale costo.
Limpresa produce alla sua scala efficiente. Nel lungo periodo nei mercati
perfettamente concorrenziali si raggiunge sia lallocazione produttiva (il
prezzo coincide con il costo medio minimo) sia lefficienza allocativa (il
prezzo coincide con il costo marginale).
Lequilibrio concorrenziale di lungo periodo ha dunque luogo in
corrispondenza del punto di minimo della curva dei costi medi di lungo
periodo di ogni impresa; in corrispondenza di tale punto vi sono rendimenti
di scala costanti nella produzione.
La curva di offerta di mercato (dellindustria) nel lungo periodo Per
individuare la curva di offerta di mercato nel lungo periodo occorre
considerare landamento dei costi delle imprese quando, in seguito a
variazioni del prezzo di mercato, varia la loro quantit prodotta. A causa di
ci, nel lungo periodo occorre distinguere tra industrie a costi costanti, a
costi crescenti e a costi decrescenti.
Nel caso di industrie a costi costanti si suppone che in seguito a qualsiasi
variazione della quantit prodotta, il costo dei fattori produttivi rimanga
costante. Vi sono alcune industrie in cui il volume dei fattori acquistati
rappresenta una quota rilevante dellintero mercato degli input per cui
unespansione consistente delloutput spesso associata ad un aumento del
prezzo degli input. In questo caso un aumento della domanda sar
accompagnato non solo da un aumento dellofferta di mercato, ma anche
da un progressivo aumento dei costi per le imprese, per cui i prezzi di
mercato dovranno aumentare in proporzione. Pertanto, la curva di offerta

84
di mercato sar crescente ed avr la forma di una retta con linclinazione
positiva. Si ha unindustria a costi crescenti.
Interessante il caso dellindustria a costi decrescenti. Laumento della
quantit offerta si accompagna a una riduzione del prezzo dei fattori
produttivi. Un aumento della domanda di prodotto genera nel lungo
periodo sia un incremento dellofferta del prodotto, perch si verifica
lingresso di nuove imprese spinte dallaumento dei prezzi, sia una
progressiva riduzione dei costi che si traduce in una riduzione del prezzo di
mercato di uguale ammontare. Di conseguenza la curva di offerta di
mercato nel lungo periodo avr un andamento decrescente. Ad esempio,
economie di costo si possono avere quando le imprese che appartengono
alla medesima industria sono localizzate nel territorio luna accanto
allaltra. Diventa pi facile acquistare i fattori produttivi e ottenere sconti,
oppure trovare personale specializzato, scambiarsi informazioni, diffondere
linnovazione, ecc. Questo un fenomeno tipico dellindustria italiana,
caratterizzata da industrie formate da piccole imprese localizzate nelle
stesse zone geografiche. Sono i cosiddetti distretti industriali.

Concorrenza perfetta ed efficienza Indipendentemente dal fatto che


unindustria perfettamente concorrenziale sia caratterizzata da costi
costanti o costi crescenti, la posizione di equilibrio di lungo periodo di
ciascuna impresa avr le stesse caratteristiche. Il livello di equilibrio
coincider con il costo totale medio minimo. Poich il costo marginale
interseca il costo medio nel punto di minimo, la posizione di equilibrio di
lungo periodo prevede: Rmg = Costo totale medio minimo = CMg. Ci
significa che nel lungo periodo unimpresa in situazione di concorrenza
perfetta coprir esattamente i propri costi.
In questa situazione vengono soddisfatte due condizioni: lefficienza
produttiva e cio il prezzo uguale al costo medio minimo e lefficienza
allocativa e cio il prezzo uguale al costo marginale. Lefficienza
produttiva richiede che le imprese producano al minor costo possibile.
Tuttavia la produzione di un qualunque insieme di beni al minor costo non
garantisce di per s unallocazione efficiente delle risorse. E necessario
che vengano prodotti i beni e servizi di cui i consumatori hanno bisogno.
In un regime di concorrenza perfetta le imprese, spinte dal movente del
profitto, espanderanno la produzione fino al punto in cui il prezzo uguale
al costo marginale. Il prezzo di un bene indica il valore relativo che la
societ assegna allunit marginale di quel bene. Analogamente il costo
marginale del bene corrisponde al valore relativo degli altri beni che

85
avrebbero potuti essere prodotti con le risorse utilizzate per produrre
unulteriore unit del bene.
Se la produzione fosse inferiore limpresa realizzerebbe un profitto
inferiore e dal punto di vista della collettivit significa che una quantit
insufficiente di risorse destinata alla produzione di quel bene. Se il
prezzo superiore al costo marginale vuole dire che la societ assegna un
valore maggiore a ulteriori unit del bene, piuttosto che ai prodotti
alternativi ottenibili con le stesse risorse. Per ragioni analoghe, non
bisognerebbe espandere la produzione del bene oltre il livello in
corrispondenza del quale il prezzo coincide con il costo marginale. Le
imprese non massimizzano il profitto e dal punto di vista della collettivit
una quantit eccessiva di risorse verrebbe impiegata per produrre il bene.

8. Il monopolio.

Quando i beni e servizi di un intero settore, per i quali non esistono buoni
sostituti, vengono prodotti e venduti da una sola impresa si ha una struttura
di mercato monopolistica. La formazione e la persistenza del monopolio
dipendono dallesistenza di barriere allentrata sul mercato. Esse possono
essere di tre tipi:
- naturali (conoscenza esclusiva di una data tecnica produttiva, controllo di
una materia prima). Non sono elevate dalle imprese ma se ne
avvantaggiano;
- legali, frutto di una legge (brevetti, licenze governative);
- strategiche, costruite direttamente dalle imprese per conquistare e/o
mantenere il potere di mercato.
In genere sono pochi i monopoli che sono dovuti al possesso di una
risorsa importante. Frequenti sono i casi in cui limpresa detiene il diritto
esclusivo di vendere un determinato bene o servizio. Ancora pi frequenti
sono i casi di monopolio dovuti alla struttura dei costi; si possono
verificare situazioni in cui una singola impresa pu fornire il bene o il
servizio allintero mercato a costi inferiori rispetto a quelli di pi imprese,
in questi casi si in presenza di un monopolio naturale; esso dovuto
alla natura della produzione, cio al fatto che in questa produzione
prevalgono economie di scala che si manifestano sotto forma di costi medi
decrescenti al crescere della produzione.

86
Lobiettivo dellimpresa in regime di monopolio, come per le imprese in
regime di concorrenza perfetta, consiste nel massimizzare il profitto.
Anche limpresa monopolistica dunque espande la produzione fino al
punto in cui il ricavo marginale coincide con il costo marginale. Tuttavia,
limpresa monopolistica, a differenza di quella di concorrenza perfetta, ha
il potere di fissare il prezzo di mercato (price maker). Di seguito vedremo
come il monopolista, rispetto ad unimpresa che opera in un mercato
concorrenziale, fissi un prezzo pi elevato, produca di meno e ottenga
profitti pi elevati.
Curva di domanda Poich limpresa monopolistica lunica
produttrice del bene, la curva di domanda del monopolista coincide con la
curva di domanda del mercato ed ha quindi inclinazione negativa. Ci
implica che il monopolista pu aumentare la quantit venduta diminuendo
il prezzo, con riflessi sui ricavi. Poich il monopolista deve abbassare il
prezzo per accrescere le vendite il ricavo marginale inferiore al prezzo
(ricavo medio) per tutte le unit di prodotto vendute, eccetto la prima.
Quindi ogni unit venduta far aumentare il ricavo totale di un ammontare
pari al suo prezzo meno le riduzioni che devono essere apportate al prezzo
delle precedenti unit.
Curva di offerta Limpresa monopolistica non ha una propria curva di
offerta che descrive la quantit di bene che decide di produrre per ogni
dato livello di prezzo. Poich limpresa definisce il prezzo
simultaneamente alla quantit offerta, non ha senso domandarsi quale sia la
quantit che limpresa produce per ogni dato prezzo. Non esiste una
relazione univoca tra prezzo e quantit offerta; il prezzo e la quantit
offerta dipendono dalla posizione della curva di domanda (e quindi dalla
posizione della curva del ricavo marginale).
La massimizzazione del profitto I profitti dipendono dalla relazione
esistente tra i costi di produzione e i ricavi di vendita. Nella fig. 2.18 viene
rappresentata questa situazione: la curva di domanda del monopolista D
anche la curva del ricavo medio RMe, mentre la curva del ricavo marginale
RMg ha uninclinazione maggiore della curva di domanda.
Per massimizzare il profitto il monopolista cerca di eguagliare il ricavo
marginale con il costo marginale (il punto E a cui corrisponde una quantit
da vendere q*). Il prezzo di monopolio a cui verr venduta questa quantit
sar letto sulla curva della domanda, il punto G e cio il prezzo p*. Il
profitto unitario dato dalla differenza tra ricavo medio OP* e costo medio
OA, mentre il profitto totale corrisponde allarea ALGp* e cio Rt Ct =
(p* x q) Ct.

87
Il monopolista pu dunque fissare il prezzo (price maker) accettando di
vendere la quantit che il mercato disposto ad assorbire, oppure pu
fissare la quantit da produrre e venderla al prezzo determinato dalle
condizioni di domanda. In altri termini non pu determinare in modo
autonomo una politica di prezzo e una politica di quantit.

Fig. 2.18 La determinazione del prezzo in regime di monopolio.

Poich per limpresa monopolistica al livello ottimale di produzione il


costo marginale uguale al ricavo marginale e il ricavo marginale
inferiore al prezzo, questultimo risulta superiore al costo marginale. Per
un monopolista la massimizzazione del profitto comporta quindi un prezzo
superiore al costo marginale. Ci diverge dalla situazione riguardante le
imprese che operano in regime di concorrenza perfetta. Queste ultime,
poich hanno curva di domanda perfettamente elastica, prezzo e ricavo
marginale risultano uguali e quando uguagliano costo marginale e ricavo
marginale, allo stesso tempo fanno s che il costo marginale sia uguale al
prezzo. Dato che per il monopolista il costo marginale non coincide con il
prezzo possibile che allo stesso volume di produzione corrispondano
diversi prezzi, a seconda dellandamento della domanda. In conclusione,
poich il prezzo superiore al costo marginale il monopolista ottiene un
extraprofitto: un mark up (differenza tra prezzo e costi marginali in
corrispondenza della quantit prodotta che massimizza i profitti). Il mark
up funzione del potere di mercato del monopolista. Quanto pi forte
questo potere, tanto pi ampio sar il mark up. La presenza del mark up

88
dipende dal fatto che molti beni sono a domanda rigida per cui il
monopolista pu aumentare il prezzo senza dovere temere significative
riduzioni della quantit domandata.
Confronto tra monopolio e concorrenza Nella fig. 2.19 la curva di
domanda DD quella del settore produttivo mentre la curva di offerta, la
CMg, mette in evidenza, per ciascun livello di produzione, laumento dei
costi che deriva dallaumento di una unit addizionale del prodotto di quel
settore.
Le due curve, che si riferiscono ad unimpresa monopolistica, possono
essere utilizzate per rappresentare anche un mercato di concorrenza
perfetta. In questultimo caso la produzione di equilibrio Qc e il prezzo
Pc. Il livello di produzione di mercato, determinato dallintersezione delle
curve di domanda e di offerta, dunque superiore a quello che si ottiene in
un struttura di mercato monopolistica dove, come si visto, la produzione
di equilibrio Qm. Anche il prezzo diverge: il prezzo in un mercato
concorrenziale Pc inferiore a quello di monopolio Pm.

Fig. 2.19 Confronto tra monopolio e concorrenza perfetta e perdita


secca del monopolio.

Il risultato che in regime di monopolio, a causa della produzione


inferiore, si determina una perdita di benessere per la collettivit. Nel caso
di concorrenza perfetta, il surplus del consumatore pari allarea del
triangolo EPcD, mentre nel caso di monopolio equivalente allarea del
triangolo APmD. La differenza tra le due aree, pari alla superficie P cPmAE
corrisponde alla perdita di benessere che sopportano i consumatori a causa

89
dellesistenza del monopolio. A questa perdita si contrappone laumento di
benessere dellimpresa monopolistica che ottiene extraprofitti per un
ammontare equivalente allarea FCAPm. Il profitto del monopolista non
costituisce una perdita netta per la societ nel complesso poich
rappresenta una redistribuzione del reddito dai consumatori del bene al
produttore monopolista. La differenza tra le due aree CAE rappresenta la
perdita secca per la societ, poich corrisponde a una perdita di benessere
dei consumatori non compensata da aumenti dei profitti del produttore.
Il monopolista esclude dal consumo alcuni potenziali consumatori che
potrebbero acquistare i beni se si trovassero in un mercato di concorrenza.
Nellammontare del costo sociale non sono incluse altre perdite derivanti
dal potere monopolistico; una perdita data dal fatto che, in assenza di
concorrenza, i monopolisti non producono al costo minimo.
In realt, la conclusione che la concorrenza da preferire al monopolio si
basa sullipotesi di una curva dei costi data. Attraverso laggregazione di
pi imprese pu risultare possibile ridurre i costi di produzione e ci pu
implicare un prezzo minore e una produzione maggiore rispetto alla
concorrenza perfetta. Le inefficienza del monopolio possono dunque essere
ridotte dalle economie di scala e dal progresso tecnologico, tuttavia
possono essere accentuate dalla inefficienza X o gestionale.
La curva dei costi medi si basa infatti sullipotesi che limpresa scelga la
tecnologia pi efficiente che le consente di ottenere il costo medio minimo
in corrispondenza di qualunque livello di produzione. Pu succedere che il
costo che limpresa sostiene per produrre una data quantit di bene non sia
quello minimo. Si parla in questo caso dio inefficienza X. I dipendenti
dellazienda possono essere scarsamente motivati oppure pu succedere
che lazienda sia male amministrata. Linefficienza X si riscontra
soprattutto nei monopoli pubblici e cio quando si ha scarsa concorrenza e
i monopolisti sono in genere al riparo dei potenziali concorrenti.

8.1. Monopolio naturale.

Come gi osservato nel paragrafo precedente, a causa della struttura dei


costi, pu succedere che una singola impresa possa fornire il bene o il
servizio allintero mercato a costi inferiori rispetto a quelli di pi imprese:
in questo caso si parla di monopolio naturale. Nella fig. 2.20 viene
rappresentata questa situazione.

90
Limpresa, a causa delle presenza di economie di scala, ha una curva dei
costi medi totali decrescente per cui tanto maggiore il livello di
produzione, tanto minore sar il costo medio. Ci significa che il costo
marginale sempre inferiore al costo medio. In questo caso una sola
impresa pu produrre qualsiasi quantit di bene al costo pi basso cio, per
ogni dato livello di produzione, la presenza di pi imprese farebbe ridurre
il quantitativo prodotto dalla singola impresa e, quindi, ne aumenterebbe il
costo medio totale. Poich una sola impresa pu produrre a costi inferiori,
se nel settore operassero pi imprese, una di queste potrebbe ridurre il
prezzo e aumentare considerevolmente la produzione e, quindi, rendere
difficile la realizzazione di profitti da parte delle altre imprese. Il
monopolio quindi naturale, nel senso che si ottiene dal libero operare
delle forze di mercato.

.
Fig. 2.20 Monopolio naturale

La funzione del costo di produzione dellimpresa monopolista


subadditiva in relazione alla curva di domanda. Rappresentiamo questo
concetto con laiuto della fig. 2.20 a-b dove in ascissa indicata la quantit
prodotta di un dato bene e in ordinata i costi medi; Qa e Qb sono le
quantit prodotte da due imprese distinte e C(Qa) e C(Qb) i rispettivi costi
medi; Qm la quantit prodotta da una sola impresa, tale per cui Qm = Qa +
Qb. La funzione di costo subadditiva se: C(Qa) + C(Qb) > C(Qa+Qb)
Come risulta nella parte (a) della figura, una funzione di costo sub
additiva se la funzione di costo medio decrescente; la subadditivit
perci strettamente collegata con lesistenza di economie di scala. Tuttavia,
le economie di scala rappresentano una condizione sufficiente ma non

91
necessaria per la subadditivit. Infatti, possibile mostrare che si pu avere
subadditivit anche per funzioni di costo medio crescenti per qualche
livello di output.
Nella parte (b) della figura 2.21 viene rappresentato questultimo caso:
un'impresa multiprodotto che fa fronte a due curve di domanda D 1 e D2.
Anche in questo caso la funzione di costo subadditiva se la produzione
dei due beni, mediante ununica impresa che fronteggia la curva di
domanda D3, data dalla somma orizzontale di D1 e D2, avviene a costi
inferiori alla produzione effettuata separatamente da due imprese.

Fig.2.21 - La subadditivit dei costi

In unindustria multiprodotto la tecnologia pu evolvere in modo da


limitare larea di monopolio naturale soltanto ad alcune linee produttive. In
questo caso non detto che limpresa, anche se si trova in una situazione di
monopolio naturale, non debba fronteggiare lentrata nel mercato di
imprese rivali. Questa possibilit si ha quando il monopolio non
sostenibile. Un monopolio naturale sostenibile se esiste un prezzo in
corrispondenza del quale limpresa a) pu soddisfare tutta la domanda di
mercato a quel prezzo, b) pu coprire i suoi costi e c) ogni altra impresa
concorrente, che cercasse di entrare nel mercato vendendo una quantit
inferiore di prodotto a un prezzo pi basso, andrebbe incontro a delle
perdite. Da questa definizione segue che un monopolio sostenibile se
viene prodotta una quantit di beni con costi medi decrescenti per ogni
livello di quella quantit di prodotto.
Ritornando alla fig.2.21, si osserva che la curva dei costi medi CMe
decrescente per tutta la parte interessata dalla funzione di domanda,
pertanto i costi marginali CMg risultano inferiori ai costi medi CMe.
Praticando un prezzo Oh, uguale al costo marginale come in concorrenza

92
perfetta, si avranno delle perdite di gestione equivalenti allarea hefg
(differenza fra costo medio e marginale gf moltiplicata per la quantit
prodotta hg). Per far fronte a queste perdite si render necessario
lintervento delloperatore pubblico, che regolamenter limpresa
imponendole dei prezzi amministrati che siano coerenti con il criterio
dellefficienza allocativa, che vuole il prezzo uguale al costo marginale
(marginal cost pricing), e con il vincolo di bilancio, cio con la copertura
totale dei costi (full cost pricing).
Le soluzioni sono molteplici. Quella pi semplice di fissare il prezzo al
livello del costo medio. La produzione viene portata al livello Qn, che
inferiore a quello efficiente, annullando cos la perdita. Tuttavia, questa
soluzione compatibile con il secondo criterio (full cost pricing) ma non
con il primo (marginal cost pricing).
Se invece si vuole rimanere al livello di produzione efficiente, sono
possibili altre soluzioni. Ad esempio finanziare la perdita di gestione con
listituzione di unimposta in somma fissa. A questa soluzione vi sono
per due obiezioni: la prima che le imposte in somma fissa di fatto non
esistono; la seconda allude a un problema di equit, dal momento che alla
copertura della perdita concorre anche chi non usufruisce del servizio.
Per ovviare ad alcuni problemi di equit dovuti alla soluzione
precedente, si pu utilizzare una tariffa composta da due parti o binomia.
Una prima parte, fissa, viene fatta pagare a tutti gli utenti per diventare
utilizzatori del servizio. Lammontare di questa parte corrisponde alla
differenza fra costi medi e costi marginali e cio alla perdita. Una seconda
parte, variabile, commisurata a ogni unit del servizio consumato e
quindi funzione del costo marginale.
Infine, unulteriore possibilit consiste nellapplicare tariffe
differenziate o discriminate. Perch ci sia possibile devono essere
verificate due condizioni: il venditore deve essere in grado di identificare il
prezzo che ogni gruppo di clienti disposto a pagare; deve essere
tecnologicamente possibile la preclusione di arbitraggio.
Per una analisi pi approfondita dei problemi derivanti dalla
regolamentazione del monopolio naturale si rimanda al cap. 8 4.3
I mercati contendibili (concorrenza potenziale) - Un modello che porta
paradossalmente il prezzo, pur in un mercato ad elevata concentrazione
come il monopolio, ad un livello vicino a quello di concorrenza perfetta
quello dei mercati contendibili. Questa situazione si verifica quando
esistono delle imprese che sono interessate ad entrare nel mercato. La
semplice minaccia di entrare ha effetto sul comportamento delle imprese

93
esistenti, tanto da indurle ad applicare un prezzo pari al costo medio; se
non si comportassero in questo modo indurrebbero allentrata nuove
imprese, che sarebbero in grado di ottenere quote di mercato. In questo
caso si dice che il mercato contendibile.
Alla base del modello risiede la perfetta libert di entrata e uscita dal
mercato che permette di realizzare una concorrenza potenziale, che pu
sortire leffetto della concorrenza effettiva a patto che: a) vi sia libert di
entrata e uscita dal mercato; b) le imprese che operano nel mercato tengano
in considerazione lentrata potenziale di nuove imprese nel momento in cui
prendono le decisioni di prezzo e di quantit.
Un prezzo che consente di realizzare extra profitti attirerebbe nuove
imprese che determinerebbero una diminuzione del prezzo tendente al
costo marginale. Lipotesi importante che alla base della teoria dei
mercati contendibili che i costi sostenuti per entrare nel mercato
(costruire limpianto, sviluppare un nuovo prodotto, intraprendere una
campagna pubblicitaria) non siano irrecuperabili (sunk costs). Un costo
dentrata non recuperabile un costo che dovr essere sostenuto da
uneventuale impresa entrante e che, una volta che questa decidesse di
uscire dal mercato, non potr pi essere recuperato. Ad esempio, se
unimpresa entrante costruisse una fabbrica, specificamente pensata per la
produzione di un certo prodotto e non convertibile alla produzione di un
altro bene, questo rappresenterebbe un costo dentrata non recuperabile.
Diversamente, un impianto non specifico, che possa essere rivenduto ad un
prezzo vicino al costo originario, non un costo dentrata non
recuperabile. Un mercato pu dunque essere perfettamente contendibile
anche nel caso in cui limpresa entrante debba sostenere un costo di
entrata, a patto che, una volta che limpresa cessi lattivit ed esca dal
mercato, questo sia recuperabile.
La presenza di condizioni di contendibilit consente a imprese esterne di
effettuare una forma di concorrenza del tipo hit and run: entrare in un
mercato appena si osserva che limpresa che vi installata (incumbent)
fissa dei prezzi superiori al costo medio. Perch ci sia possibile
necessario che gli entranti abbiano, rispetto allincumbent, una posizione di
vantaggio relativo: siano ad esempio in grado di ostacolare la pratica di
politiche di prezzo predatorie da parte dellincumbent (riduzioni
temporanei volti a sventare il pericolo di nuove entrate). In un mercato
contendibile lesistenza di profitti, anche dovuti a cause transitorie, attirer
dunque lentrata di nuove imprese. Esse entreranno al fine di beneficiare di
parte di tali profitti e usciranno una volta mutata la situazione transitoria.

94
La teoria dei mercati contendibili evidenzia come la concorrenza perfetta
non sia pi un requisito di efficienza. Dal punto di vista dinamico si pu
avere concorrenza indipendentemente dal numero delle imprese che vi
operano effettivamente, purch esse possano entrare o uscire liberamente
(non si hanno barriere n allentrata n alluscita dal mercato). Lintervento
delloperatore pubblico volto a tutelare la concorrenza dovrebbe pertanto
considerare in modo particolare non tanto il numero delle imprese esistenti
e il grado di concentrazione di un certo mercato, ma il grado di
contendibilit del mercato stesso. La libert di entrata pu rimanere
virtuale e non diventare effettiva, per cui nel mercato pu rimanere anche
un solo produttore; sufficiente una concorrenza potenziale.

8.2. La discriminazione dei prezzi.

Il monopolista pu aumentare ulteriormente i profitti discriminando i


prezzi. Infatti, se il monopolista fissa un unico prezzo per tutti, per
conquistare un cliente in pi dovrebbe ridurre il prezzo per tutti i clienti,
rinunciando a dei ricavi. Per evitare di perdere ricavi pu fissare un prezzo
pi alto per i clienti con maggiore disponibilit a pagare e un prezzo pi
basso per quelli con minore disponibilit a pagare. Con questa politica di
discriminazione dei prezzi, il monopolista pu aumentare le vendite e
contemporaneamente i profitti. In compenso si riduce il surplus dei
consumatori, poich i prezzi pagati da ciascuno di essi tendono ad essere
vicini al massimo prezzo che sarebbero disposti a pagare per il bene.
Quindi, la politica di discriminazione dei prezzi tende a trasferire il surplus
dai consumatori ai produttori.
Esempi di discriminazione dei prezzi sono i prezzi di ingresso al cinema
o le tariffe aeree. Gli utenti delle sale cinematografiche sono separabili in
base al reddito: da un lato gli studenti e i pensionati che hanno una
disponibilit a pagare inferiore e, dallaltro, gli altri utenti con disponibilit
a pagare maggiore. Nel caso delle tariffe aeree coloro che viaggiano per
lavoro hanno una domanda rigida e sono disposti a pagare prezzi pi
elevati dei turisti che hanno domanda pi elastica. Un ulteriore esempio
dato dal settore automobilistico dove le imprese vendono le automobili a
prezzi pi alti sui mercati dove la concorrenza meno intensa e la
domanda dei consumatori pi rigida, per ridurre invece i prezzi sui
mercati dove la concorrenza pi accesa.

95
La discriminazione di prezzo possibile solo quando si verificano tre
condizioni:
- potere monopolistico. Il produttore in grado di influire sul prezzo e
sulla produzione;
-segmentazione del mercato. Il venditore deve essere in grado di
suddividere gli acquirenti in gruppi diversi, in base al prezzo che sono
disposti a pagare per il suo prodotto;
- impossibilit di rivendere il prodotto. Il primo acquirente non deve poter
rivendere il prodotto o servizio.

9. La concorrenza monopolistica.

Un caso intermedio fra la concorrenza perfetta e il monopolio dato


dalla concorrenza monopolistica. E una struttura di mercato che ha tutte le
caratteristiche delle concorrenza perfetta tranne una: il prodotto non
omogeneo ma differenziato. La differenziazione dei prodotti pu basarsi su
diversi elementi: qualit; servizi offerti; condizioni di vendita; posizione e
accessibilit; promozione e confezionamento del prodotto. Da ci
consegue che limpresa fronteggia una sua curva di domanda e perci
pu scegliere una combinazione di prezzo e quantit prodotta (come nel
monopolio).
Poich ciascun produttore detiene una quota piuttosto piccola di mercato
il controllo sul prezzo limitato. La concorrenza tra gli operatori si basa
non solo sul prezzo, ma anche su altri fattori (non price competition): la
qualit del prodotto, la localizzazione del produttore, la pubblicit e le
condizioni di vendita.
La curva di domanda inclinata negativamente; ma poich i beni sono
molto simili tra loro, e quindi esistono molti beni sostituti, la curva di
domanda rispetto al prezzo molto elastica. Nel prendere le decisioni
riguardo al livello di produzione e al conseguente prezzo di vendita,
ciascuna impresa si basa sulla sua curva di domanda individuale; essa
determina il livello di produzione che massimizza il profitto, senza
preoccuparsi di quale impatto tale decisione avr sul comportamento di
tutte le altre imprese.
Il livello ottimale di produzione quello che eguaglia ricavi marginali e
costi marginali. Ma, come nel caso del monopolio, il prezzo maggiore del
costo e del ricavo marginale. Ci significa che le imprese hanno la
possibilit di ridurre loutput e di fissare prezzi pi alti rispetto alle

96
imprese perfettamente concorrenziali, anche se il loro potere di mercato
non assoluto come nel caso di monopolio.

10. Loligopolio.

In un mercato oligopolistico sono presenti solo poche imprese, ognuna


con sufficiente potere di mercato (non si comportano da price taker). I
prodotti delle imprese possono essere differenziati, come nel caso del
settore automobilistico, o omogenei, come nel settore della produzione
dellalluminio o dellacciaio. Le imprese sono rivali, tanto da non potere
considerare la curva di domanda di mercato come esclusivamente propria.
Il tratto caratteristico delloligopolio infatti linterdipendenza e la rivalit
tra le imprese. Nel massimizzare i profitti, limpresa deve tenere in
considerazione le interazioni con le rivali: deve cercare di prevedere le loro
reazioni alle sue decisioni, sapendo che anche i suoi rivali stanno cercando
di prevedere le sue azioni e reazioni. Queste interazioni rendono difficile la
determinazione del comportamento delloligopolista. In genere, i
comportamenti delle imprese sono ispirati da due forze che operano in
direzioni opposte: colludere o assumere comportamenti rivali.

Colludere (soluzione cooperativa) - Realizzare comportamenti collusivi


significa adottare azioni concertate che consentono alle imprese di
comportarsi come ununica impresa monopolistica. La collusione pu
essere esplicita o formale. Un accordo collusivo formale il cartello. Si
ha quando esiste un accordo tra le imprese riguardante la determinazione
del prezzo o la ripartizione della quantit da produrre (comunque tendente
a limitare la rivalit tra i contendenti) (ad esempio lOPEC, lOrganization
of Petroleum Exporting Countries).
La collusione tacita quando si basa su unintesa non dichiarata
apertamente. Una forma di collusione tacita si ha quando le imprese
adottano lo stesso prezzo dellimpresa dominante. Alternativamente, il
leader di prezzo pu essere limpresa che risulta pi affidabile da seguire,
quella che svolge meglio la funzione di barometro delle condizioni di
mercato. Lalternativa allesistenza di un leader riconosciuto la
determinazione di un insieme di regole che tutte le imprese seguono. Un
esempio dato dalla determinazione del prezzo in base al costo medio. I
produttori aggiungono al costo medio una percentuale prestabilita di

97
profitto. Unaltra regola di comportamento data dalla pratica del prezzo
di riferimento: se i costi aumentano le imprese praticheranno il prezzo di
riferimento sapendo che le imprese faranno altrettanto.

Oligopolio non collusivo (comportamenti rivali) Nonostante lesistenza


di accordi con le altre imprese, ogni impresa pu cercare di massimizzare i
profitti tentando di rompere tali accordi. In questo caso il problema
essenziale delloligopolio diventa di tipo strategico: ogni impresa deve
stimare e valutare le reazioni delle rivali alle proprie decisioni. Essa deve
cercare di massimizzare i profitti sulla base delle presunte reazioni delle
imprese rivali, e allo stesso modo decidere come reagire alle loro azioni.
Per analizzare linterazione strategica tra le imprese si pu ricorrere alla
teoria dei giochi; essa studia il comportamento individuale in situazioni
nelle quali ogni individuo, nel decidere quali azioni intraprendere, deve
prendere in considerazione le reazioni degli altri individui alla sua
decisione (situazioni strategiche). La teoria permette di individuare
situazioni di equilibrio, ossia situazioni in cui nessun giocatore desidera
modificare il proprio comportamento, dato quello degli altri partecipanti al
gioco.
E importante distinguere tra gioco a somma zero e gioco a somma
positiva o negativa. In un gioco a somma zero, a differenza di quelli a
somma positiva o negativa, il guadagno di un giocatore si realizza ai danni
dellaltro, e guadagni delluno e perdite dellaltro si bilanciano
esattamente. Unaltra distinzione riguarda la possibilit o meno di ottenere
equilibri stabili. Il caso pi semplice quello della strategia dominante che
si verifica quando un giocatore dispone di una strategia migliore,
indipendentemente dalla strategia scelta dallaltro. In genere le situazioni
pi interessanti non presentano un equilibrio dominante, per cui si richiede
unanalisi pi approfondita.
Uno egli esempi di teoria dei giochi a cui spesso si ricorre come
esemplificazione il gioco del dilemma del prigioniero. Che descrive il
comportamento di due criminali che vengono arrestati dalla polizia per
avere commesso un furto. Entrambi hanno dunque due possibili strategie:
confessare o non confessare. La condanna che ciascuno subisce dipende
dalla strategia che persegue personalmente, ma anche da quella del socio.
La strategia dominante conduce a un risultato sub ottimale per i due
prigionieri. Prima di essere arrestati avrebbero potuto stringere un patto di
non confessare che si sarebbe rivelato vantaggioso per entrambi (accordo
cooperativo); ma messi separatamente di fronte alla scelta se confessare o

98
no, la logica del proprio interesse li spinge a confessare. La cooperazione
tra i due prigionieri difficile da mantenere perch irrazionale dal punto
di vista individuale.
Questo gioco pu essere applicato alla determinazione dei prezzi nei
mercati oligopolistici. La sua importanza deriva dal fatto che mette in
evidenza le difficolt di concertazione fra le imprese. Molto spesso gli
individui decidono di non cooperare tra loro anche se la concertazione
potrebbe essere vantaggiosa per tutti.

10.1. Gli aggiustamenti di lungo periodo e politica di prezzo.

Perch lindustria rimanga oligopolistica nel lungo periodo sono


necessarie restrizioni allentrata. Queste restrizioni possono essere dovute a
molte cause, alcune di tipo naturale, e altre artificiali. Una barriera
naturale la modesta dimensione del mercato in relazione alla dimensione
ottimale dellimpresa. Unaltra barriera data dalla necessit di sostenere
enormi investimenti e di disporre di input specializzati. Le barriere
artificiali sono date dal controllo delle fonti di materia prima da parte delle
imprese gi esistenti nellindustria. Unaltra barriera artificiale la
fissazione di un prezzo limite molto basso da parte delle imprese esistenti,
in modo da scoraggiare lentrata di altre imprese, sacrificando cos
volontariamente i profitti di breve periodo.
Le variazioni di prezzo nel mercato oligopolistico sono infrequenti. La
vischiosit dei prezzi si spiega tenendo conto delle probabili reazioni delle
imprese rivali: loligopolista teme che se egli aumenta il prezzo, i suoi
rivali non lo seguano lungo questa strada e perci egli perda una parte della
clientela; se al contrario decidesse di diminuire il prezzo, i concorrenti
potrebbero imitarlo rendendo vano il suo tentativo di sottrarre loro
clientela. Gli oligopolisti preferiscono attuare una concorrenza non basata
sul prezzo ma sulla pubblicit, sulla differenziazione del prodotto e sui
servizi alla clientela.
In genere le imprese variano il prezzo del proprio prodotto solo quando
cambiano i fattori (costo del lavoro o il costo delle materie prime) che
determinano il prezzo di equilibrio; esse tendono a variarlo in proporzione
alle variazioni del costo unitario di produzione. Il criterio utilizzato
quello del costo pieno o del costo medio.

99
La teoria del costo pieno implica che limprenditore, una volta definito
ci che reputa sia la produzione normale, fissi i prezzi sulla base dei costi
medi. Se la domanda di mercato si mantiene entro i limiti della produzione
normale, limprenditore non modifica il prezzo. Il prezzo perci
relativamente stabile, anche se la quantit prodotta dovesse variare e si
dovesse modificare la posizione della curva dei costi.

11. Produttivit e competitivit.

In precedenza, nel paragrafo 7.2, abbiamo osservato che occorre


distinguere tra produttivit totale dei fattori e produttivit di un solo
fattore. Gli indicatori di produttivit vengono definiti indicatori diretti:
tanto maggiore il valore dellindicatore, tanto maggiore il fenomeno
misurato (la produttivit), essendo la produzione al numeratore.
Si possono calcolare anche degli indicatori inversi: tanto pi piccolo il
valore dellindicatore, tanto maggiore il fenomeno misurato. Ad esempio,
per calcolare la competitivit di unimpresa, e cio la sua capacit di
diffondere i propri prodotti nel mercato tenendo testa alla concorrenza
delle altre imprese che operano nel medesimo mercato, si pu calcolare la
competitivit di prezzo o di qualit.
Per quanto riguarda la competitivit di prezzo, due indicatori molto
utilizzati dalle imprese sono il costo del lavoro per unit di prodotto (Clup)
e il costo per unit di prodotto (Cup). Gli indicatori sono strettamente
legati a quelli di produttivit e, in particolare, a quella del lavoro.
Per calcolare il primo occorre conoscere il costo medio del lavoro: se
questo 20.000 allanno, il Clup sar pari a 10 (20.000 x 5 lavoratori
diviso per 10.000 q. = 10/q). Il Cup sar invece 15 (si ipotizzato che il
costo degli altri input sia 40.000 per i beni intermedi e 10.000 per
lammortamento e la manutenzione del capitale).
Questi indicatori dimpresa si applicano anche a livello
macroeconomico: si parla di produttivit media del lavoro, produttivit
media del capitale e di competitivit di sistema. Come gi anticipato, nel
caso della produttivit si utilizza la produttivit totale dei fattori produttivi
(total factor productivity), che un indicatore complessivo di produttivit
del sistema economico e che considera congiuntamente il livello
tecnologico del fattore capitale, le capacit, le conoscenze e
lorganizzazione del fattore lavoro.
Esercizi

100
- Data la funzione di domanda di un bene: Q(p)=1050-6p calcolare se la
domanda elastica o anelastica se il prezzo aumenta da p1 =50 a p2=75.

Lelasticit della domanda si ottiene dal rapporto in valore assoluto tra la


variazione percentuale della quantit domandata e la variazione percentuale del
prezzo.
(1050-6.75) (1050+6.50) / 1050-6.50 (-450+300) /750
e= _______________________________ = _______________ = -150/750 . 50/25= -0 ,4
(75-50)/50 25/50
0,4<1 La domanda anelastica.

- Data la funzione di domanda di un bene: Q(p)= 1500 8p verificare se,


partendo da un livello di prezzo p 1=50, al produttore converr aumentare il
prezzo al livello p2 =80. Se la curva di domanda varia e diventa Q*(p)=800-
8p al produttore converr ancora aumentare il prezzo fino a p2=80?

Lelasticit per la prima funzione di domanda :

(1500- (8 x80) 1500+ (8x50) /1500- (8x50


e= ______________________________ = - 1200/33000 = -0,3636= 0,3636<1
(80-50)/50

Poich la domanda anelastica al produttore converr aumentare il prezzo.


Per la nuova curva di domanda lelasticit sar:

(800-8x80) (800+8x50) /(800-8x50)


_____________________________ = -1 = 1
(80 50) / 50
La nuova curva di domanda avr una elasticit unitaria, per il produttore sar
indifferente aumentare il prezzo fino a 80 o tenerlo fermo a 50.

- Uno stabilimento produce nel 2005, n. 5.000 macchine impiegando 9.000


ore lavoro. Nel 2006 la produzione aumentata a 5.300 impiegando lo stesso
numero di ore lavoro. Calcolare:
a) la produttivit del lavoro per ogni anno e la sua variazione rispetto al
2005;
b) le ore lavoro per unit di prodotto e la sua variazione rispetto al 2005

101
c) calcolare la variazione del costo del lavoro ipotizzando che il salario
orario sia di 20 ;

a) Q prodotte A 5000 5300


Ore lavoro B 9000 9000
5000/9000 =0,55 5300/9000=0,58
( 0,58- 0,55 )/0,55 x 100 = 10.5%
b) Ore lavoro per unit di prodotto
9000/5000= 1,8 9000/5300 = 1,69
(1.69 1.8) /1.8 x 100 = 6.1 %
c) (1,8 -1,69) x 20 = 2.2

- La quantit prodotta di un bene nel 2004 di 1000 unit, nel 2005 la


quantit prodotta aumentata a 1200. Le ore di lavoro impiegate per
produrre i beni sono rispettivamente nel 2004=8000 e nel 2005=8000.
Calcolare: a) la produttivit del lavoro e la sua variazione; b) il lavoro per
unit di prodotto e la sua variazione; c) dato il costo orario del lavoro
(immutato nei due anni) di 30 calcolare la diminuzione dei costi unitari per
prodotto e il risparmio totale per limpresa.

a) Produttivit per ora lavorata nel 2004 = 0,125 e nel 2005 = 0,150. Variazione
della produttivit [(0,125 0,150) / 0,125] x 100 = 20%

b) Ore di lavoro per unit di prodotto (reciproco della produttivit)


Ore di lavoro per unit di prodotto nel 2004=8; nel 2005= 6,66.
Variazione dellinput del lavoro (6,66-8) /8 x 100 = 16,7%

c) (8-6.66) 30 = 40.2 40.2 x 1200 = 48.240

- Un imprenditore ha acquistato un deposito allingrosso per 300.000$.


Fondi propri: 200.000$ + mutuo 100.000$ (rimborsato). Questanno il
risultato economico della gestione del deposito il seguente:
Ricavi 700.000
Spese di gestione 220.000
Profitto contabile 480.000
Larea industriale diventa zona turistica e un investitore offre 2.000.000$
per il deposito. Se accetta, limprenditore potr investire 1 2 milioni in

102
buoni del tesoro all8% anno e andare a lavorare in banca, come dipendete
per 400.000$/anno. Conviene accettare lofferta?

La contabilit dimpresa rileva solo i ricavi e le spese associati alla situazione


corrente. Lanalisi contabile non considera i costi e i ricavi associati ad ipotesi
alternative
Conto economico con confronto tra alternative
Continuazione Chiusura
Ricavi 700.000 560.000
Spese di gestione 220.000 0
Profitto contabile 480.000 560.000

Conto economico inclusi i costi opportunit


Ricavi 700.000
Costi 780.000
Profitto economico - 80.000

Se continua la sua attivit. Limprenditore rinuncia allopportunit di


guadagnare 560.000$. Il costo opportunit della scelta di continuare lattivit
misurato dal risultato netto dellipotesi alternativa: 560.000$.
Il costo opportunit un costo implicito che non rilevato dalla contabilit. Il
profitto contabile diverso dal profitto economico.

- Unimpresa opera in un mercato di concorrenza perfetta, il prezzo del


bene prodotto = 410. La funzione del costo marginale CMg=30+20Q, e la
funzione di costo medio CMe=30+10Q. Si determini a) la quantit di
equilibrio prodotta dallimpresa e b) il livello corrispondente di profitto.

a) Il livello delloutput P=CMg 410=30+20Q 410 -30n = 20Q Q=380/20=19

b) RT = pxQ RT = 410x19=7790
CT si parte dal CMe CT = (30x19) + (10q2) = (30x19) + (0x361) =4180
= RT CT = 7790-4180=3610

- Il p di vendita di un prodotto p=36 ed il CT di produzione di breve


periodo pari a CT = 100+6Q2. Calcolare a) la quantit di prodotta che
massimizza il profitto dellimpresa; b) il profitto e c) se il profitto negativo
allimpresa conviene abbandonare il mercato?

103
a) P=CMg 36=12Q Q=36/12=3

b) =RT-CT= p.Q CT 36(3) (100+6 x 3) = -46

c) Per verificare se conviene abbandonare il mercato occorre confrontare il p con


il CMeV
CMeV = CV/Q = 6Q2 /Q = 6Q = 6x3=18
Poich P=36 ed > 18 conviene rimanere nel mercato.

- Date le funzioni Ct = 100 + 10Q; Rt = 20Q trovare le seguenti funzioni: a)


costi fissi totali CTf, costi variabili totali CTv, il profitto , il costo variabile
medio CMv, il costo fisso unitario CMf, il Costo medio Cm, il costo
marginale CMg, il ricavo marginale RMg, il prezzo P e il profitto marginale
Mg. b) Indicare la condizione per massimizzare il profitto e che cosa deve
fare limpresa per massimizzarlo. c) Indicare la condizione di chiusura nel
lungo periodo e trovare la quantit di pareggio.

a) Cf = 100; Cv = 10Q = Rt Cf Cv = (20 10)Q 100


CMv = Cv/Q = 10Q/Q = 10
CMf = CF/Q = 100Q
Cm = (100+10Q)/Q = 100/Q + 10
CMg = dCt/dQ = 10 RMg = dRt/dQ = 20
P = Rt/Q = 20Q/Q = 20 Mg = d /dQ = RMg CMg = 10

b) d/dQ = dRt/dQ dCt/dQ = RMg CMg = 0 RMg = CMg


poich RMg = P CMg = P in questo caso CMg = 10 < P =20
quindi limpresa deve espandere la produzione fino al massimo consentito della
capacit produttiva per massimizzare il profitto.

c) Nel lungo periodo, allimpresa conviene uscire dal mercato quando Rt < Ct .
La quantit di pareggio si ottiene calcolando la quantit in corrispondenza della
quale Rt = Ct 20Q = 100 + 10Q 20Q 10Q = 100 10Q=100 Q=10

- Date le seguenti funzioni di costo e di domanda Ct = 1.000.000 + 4.000Q


e P=20.000-2Q trovare: a) Costi fissi Cf, costi variabili totali CTv, il ricavo
totale Rt, il profitto totale , il costo variabile medio CMv. Il costo fiso

104
unitario CMf, il costo medio Cm, il costo marginale CMg, il ricavo
marginale RMg, il profitto marginale Mg. b) Indicare la condizione per il
massimo profitto e la quantit che lo massimizza. c) Trovare la quantit che
rende indifferente allimpresa continuare o interrompere la produzione,
data la tecnologia di cui dispone.

a) Cf =1.000.000; Cv = 4.000Q Rt =(20.000-2Q)Q = 20.000Q-2Q2


= Rt Ct = 20.000Q-2Q2 - 1.000.000 4.000Q
CMv = Cv/Q= 4.000QW/Q = 4.000
CMf = Cf/Q = 1.000.000/Q
Cm = (1.000.000+4.000Q)/Q = 1.000.000/Q+4.000
CMg = dCt/dQ = 4.000 RMg = dRt/dQ = 20.000 4Q
Mg = d/dQ = MGg CMg=16.000-4Q

b) d/dQ= dRt/dQ dCt/dQ = RMg CMg =0


= 16.000Q-2Q2 -1.000.000
d/dQ = 16.000 4Q=0 max per Q=4.000

c) Per trovare la condizione di pareggio nel breve periodo occorre considerare


che i costi fissi non sono evitabili:
Rt Cv 0 20.000Q 2Q2 4.000Q0 16.000Q 2Q20
8.000-Q 0 Q8.000
Se Q supera 8.000 allimpresa conviene interrompere la produzione.
- Un monopolista ha una funzione di costo totale data da C=20Q+Q 2 e
interagisce con una curva di domanda P=30-1,5Q. Quali sono la quantit e
il prezzo di equilibrio per questo monopolista? A quanto ammonta il
massimo profitto per questo monopolista?

a) Il monopolista sceglie la q da produrre uguagliando il ricavo marginale al


costo marginale: 20 + 2Q=30-3Q, da cui 5Q=10 e Q=2

b) Il monopolista poi determina il prezzo di equilibrio in base alla disponibilit a


pagare dei consumatori, cos come espressa dalla curva di domanda: P=30-1,5
Q=30-3=27

Il massimo profitto pari alla differenza tra il ricavo totale e il costo totale in
corrispondenza delle quantit e del prezzo di monopolio, Q=2 P=27
Profitto=2x27-20x2-4=54-40-4=10

105
- Sia CMg = 60+2Q la funzione del costo marginale di un monopolista e sia
P=100-Q la funzione di domanda. a) Quale livello di produzione sceglier?
b) A quale p? c) Se il mercato fosse perfettamente concorrenziale quali
sarebbero produzione e prezzo di equilibrio dellindustria?

a)RMg = 100-2Q pendenza doppia della curva di domanda


RMg = CMg 100-2Q = 60+2Q 40=4Q Q = 10

b) sostituisco la Q nella curva di domanda si ottiene il P


P= 100-Q= 100-10= 90

c)equilibrio D = O questultima coincide con la curva del CMg


10-Q=60+2Q
40=3Q
Q = 40/3= 13,3
P=100-Q= 100-40/3= 260/3= 86,7<90

- In un dato mercato la quantit domandata pari a Q=2800-2P e il costo


marginale uguale a CMg = 3Q Calcolare: a) prezzo e quantit in caso di
monopolio, sapendo che il ricavo marginale RMg = 1400-Q; b) prezzo e
quantit in caso di concorrenza perfetta; c) il surplus dei consumatori e
larea di perdita secca nei due casi.
a) la quantit in monopolio scelta dal monopolista in modo che il ricavo
marginale eguagli il costo marginale: RMg = CMg 1400-Q=3Q 1400=4Q
Qm=350
Il prezzo pagato dai consumatori in monopolio invece il prezzo che gli stessi
sono disponibili pagare per la quantit decisa dal monopolista. Otteniamo
innanzitutto la domanda inversa Q=2800-2P 2P=2800-Q P=2800/2 -
1/2Q P=1400-1/2Q A questo punto sostituiamo a Q la quantit decisa dal
monopolista per trovare il prezzo pagato dai consumatori P=1400 - 350/2
Pm=1400-175=1225

b) la quantit di concorrenza perfetta calcolata invece eguagliando il prezzo al


costo marginale 1400 1/2Q =3Q 1400= 3Q + 1/2Q 1400 = (6Q+Q)/2
=7/2Q Q=1400 2/7 = 400 Qc = 400 Il prezzo di concorrenza dato da Pc =
1400- 400/2 = 1200

106
c) il monopolio determina una quantit inferiore ed un prezzo superiore rispetto
alla concorrenza perfetta. Il surplus dei consumatori quindi inferiore inj
monopolio

Per quanto riguarda limpresa, il surplus in concorrenza pari allarea ODF,


mentre il surplus in monopolio pari allarea OGBC. La perdita secca
dellimpresa pari allarea GEF. Di conseguenza, la perdita secca totale pari
allarea GFB.
Il surplus dei consumatori in caso di monopolio: = 350(1400-1225) 1/2 = 30625
In caso di concorrenza = 400(1400-1200) 1/2 = 40.000

- Un monopolista si confronta con una funzione di domanda P=10.000-5Q e


una funzione di costo totale CT=4000Q. Si calcoli:
a) la quantit prodotta e il prezzo praticato per massimizzare il profitto. Si
calcoli e si rappresenti in un grafico larea di profitto;
b) la perdita secca che il monopolista infligge alla collettivit;
c) il prezzo che deve essere imposto per regolamentare quel mercato, la
quantit e i profitti corrispondenti.

a) Uguagliando il ricavo marginale al costo marginale


R= (10.000-5Q)Q=10.000q-5q2
RMg 10.000-10q
CMg=4000
10.000-10q=4000 Q=600 P=10.000- 5 .600=7.000
Larea ABCD corrisponde al profitto: profitto = (7.000-4000) . 600=1.800.000

b) Larea BDE rappresenta la perdita per la collettivit = (1200- 600)(7000-


4000)/2=900000

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c) Il prezzo che deve essere stabilito per regolamentare il mercato pari al CMg
dunque P=4000 a cui corrisponde una quantit Q=1200. Il profitto pari a zero.
Rt=pq=(a-bQ)Q=aQ-bQ2 P=a-bQ dRt/dQ d(PQ)/dQ=a-2bQ

- Dato un mercato in cui opera un solo produttore, la curva di domanda


data dallequazione Q= 40-p. La funzione di costo del monopolista data
dallequazione: C(q) = 2Q. Determinare:
a) la scelta ottima del monopolista (quantit e prezzo)
b) lequilibrio di concorrenza perfetta (quantit e prezzo)
c) la perdita secca che si ha nel caso della produzione in regime di
monopolio.

a) Cmg = RMg Q = 40-p p = 40 Q RMg = 40 2Q


CMg = CT = 2 40- 2Q = 2 2Q = 38 Qm = 19
Pm = 40 Q = 40 19 = 21

b) P = CMg 40 Q = 2 Qc = 40 2 = 38 Pc = 40 Q = 40 38= 2

c) Perdita secca = (Pm Pc)( Qc Qm) / 2 = (21 2) (38 19) / 2 = 180,5

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