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dd di fig. 2.1). Contrariamente a quanto si dovrebbe, in economia il prezzo
indicato per tradizione sullasse verticale delle ordinate (variabile
indipendente) mentre la quantit, la variabile dipendente, sullasse delle
ascisse (asse orizzontale).
Allaumentare del prezzo i consumatori tendono a ridurre il consumo e
quindi la domanda e, viceversa, al diminuire del prezzo la quantit
domandata e cio i consumi tendono ad aumentare. In realt, la quantit
domandata qd dipende non solo dal prezzo del bene p x ma anche dal prezzo
degli altri beni py, dal reddito Y e dai gusti o preferenze G del
consumatore: qd = f (px, py, Y, G)
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Possiamo considerare la curva di domanda come misura del prezzo in
funzione della quantit: px = f (qd). In questo caso si ottiene la curva di
domanda inversa: il prezzo considerato funzione della quantit. Per ogni
livello della domanda del bene, la curva di domanda inversa rappresenta il
prezzo al quale verr domandata una certa quantit: quale deve essere il
prezzo del bene perch il consumatore scelga quel livello di consumo.
Prezzo e disponibilit a pagare - La posizione della curva di domanda
riflette la disponibilit a pagare del consumatore: per ogni data quantit, il
prezzo definito dalla curva di domanda uguale alla disponibilit a
pagare del compratore marginale, e cio del compratore che per primo
abbandonerebbe il mercato se il prezzo fosse pi elevato.
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domanda di mercato lanalisi di regressione. Questo metodo utilizza dati
di mercato sulle quantit acquistate dai consumatori dei vari beni a prezzi
diversi, in diversi periodi di tempo (utilizza cio delle serie temporali), o
acquistati in varie zone nello stesso periodo temporale (cio, dati cross
section). La tecnica della regressione permette di individuare gli effetti
singoli ed indipendenti dei vari fattori che determinano la domanda. Per
svolgere una regressione occorre raccogliere dati non solo sulle quantit e
sul prezzo del bene, ma anche su alle altre variabili quali, ad esempio, il
reddito del consumatore, i prezzi dei beni correlati (succedanei o
complementari), ecc.
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preferenze rivelate. Si parte dalla considerazione che le preferenze degli
individui non sono osservabili mentre lo sono le sue scelte. Lapproccio
risale alle preferenze degli individui osservando il loro comportamento.
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prezzo che si ottiene, il prezzo di equilibrio, indica che il mercato ha
raggiunto una situazione stabile: un equilibrio di mercato che garantisce la
coincidenza tra le decisioni dei produttori e quelle dei consumatori. Al
prezzo P* la quantit complessivamente domandata eguaglia quella offerta.
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curve di domanda e di offerta, si modifica lequilibrio di mercato. Se a
seguito di miglioramenti tecnologici lofferta varia da S a S 1. supponendo
che la domanda rimanga costante, si otterr un nuovo punto di equilibrio
ad un prezzo pi basso (P1 di fig. 2.3). La quantit di equilibrio del mercato
aumenter a OQ1 e, quindi, anche le risorse che verranno destinate alla
produzione di quel bene aumenteranno.
Linteragire tra consumatori e produttori avviene in modo differenziato a
seconda della tipologia dei beni e dei mercati; infatti importante
distinguere tra beni non riproducibili e beni riproducibili. I primi sono
quelli la cui offerta fissa; la loro offerta non varia rapidamente e se varia
ci avviene solo nel lungo periodo. I beni riproducibili sono quelli
industriali, la cui offerta pu essere modificata rapidamente. Nel caso dei
beni non riproducibili (ad offerta fissa), la determinazione del prezzo
avviene sulla base dellinterazione tra domanda ed offerta; mentre, per i
beni riproducibili, il prezzo si basa sostanzialmente sulla base dei costi di
produzione e la domanda determina la quantit prodotta che le imprese
offrono sul mercato. In questultimo caso il prezzo dei beni viene fissato
dallofferente ad un livello che sia in grado di coprire il costo di
produzione del bene e di assicurare un margine di profitto ritenuto
soddisfacente.
Usando le curve di domanda ed offerta inversa il prezzo di equilibrio pu
essere determinato individuando la quantit in corrispondenza della quale i
consumatori sono disposti a pagare lo stesso prezzo che gli offerenti
richiedono per fornire appunto quella quantit.
La determinazione dei prezzi delle merci non riproducibili - Nel caso
dei beni non riproducibili (statue, quadri, libri rari, calciatori di prestigio,
vini di annate particolari, ma anche prodotti agricoli, materie prime, la
pesca, ecc. la cui offerta in un dato periodo di tempo rigida), i prezzi
dipendono dalla domanda e dallofferta. I prezzi dei beni aumentano
ogniqualvolta la loro domanda supera lofferta e diminuiscono nel caso
opposto. Nella fig. 2.4a la quantit offerta non varia al variare del prezzo.
Per contro, la curva di domanda pu variare; pu mutare in conseguenza di
una modifica delle preferenze dei consumatori o di altri fattori.
Il produttore offre una certa quantit di merce e riceve per questa un
prezzo che dipende dal livello della domanda complessiva. La quantit
offerta risulta limitata dalla capacit produttiva e dunque risente
dellammontare disponibile di risorse. Come gi detto, questo il caso
delle merci del settore primario che sono oggetto di scambio in mercati
perfettamente concorrenziali.
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Molti prodotti agricoli sono ad offerta rigida poich, una volta
programmato il raccolto, difficile poterlo modificare in corso danno. La
modifica della domanda nei confronti di tali beni, anche di poca entit (fig.
2.4a), pu determinare forti variazioni dei prezzi. Ugualmente, se si
verificano variazioni nellofferta anche piccole (fig, 2.4b), poich la
domanda rigida (non vi sono sostituti nei confronti dei beni in questione)
i prezzi subiscono forti variazioni. Si pensi, ad esempio, alla produzione di
pomodori quando lofferta supera la domanda, in questo caso loperatore
pubblico interviene sui mercati prelevando parte del raccolto evitando cos
che i prezzi subiscano forti diminuzioni.
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variazione delle quantit immesse nel mercato. Quando la produzione
superiore alla domanda, in un primo momento si accumulano delle scorte
non programmate e si riduce poi la produzione; quando invece vi eccesso
di domanda, le scorte accumulate in precedenza vengono immesse nel
mercato e si cerca quindi di aumentare la produzione.
Le imprese possono modificare i loro prezzi in risposta a variazioni nella
domanda in modo da riequilibrare il mercato, tuttavia queste variazioni
sono di solito temporanee e comunque limitate; le imprese cercheranno
infatti di evitare forti oscillazioni nei prezzi e adattare invece la produzione
alle mutate condizioni della domanda.
Come messo in evidenza nella fig. 2.5, limpresa fissa il prezzo sulla
base del costo medio di produzione corrispondente alla normale capacit
produttiva (la curva di offerta S), pi un certo margine di profitto (mark
up) e sulla base della curva di domanda D determina la quantit da
produrre. Se la domanda varia a D1 limpresa modifica la quantit da
produrre.
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beni. Ad esempio, lacqua ha un prezzo di mercato basso perch non
scarso; il valore che si disposti a pagare per potere disporre di ununit da
consumare in pi, non molto alto, appunto perch abbondante. Se
tuttavia lacqua diventasse in particolari condizioni un bene scarso, il suo
prezzo aumenter. Il diamante ha un valore di scambio molto elevato; gli
individui a causa della sua scarsit (lofferta limitata ne sottolinea la
scarsit) sono disposti a pagare una somma elevata.
Il prezzo o valore di mercato dunque connesso alla scarsit del bene e
alla disponibilit a pagare degli individui per ottenere ununit addizionale
del bene. Nella fig. 2.6 il punto A mostra che gli individui sono disposti a
pagare un prezzo relativamente elevato per le prime unit di acqua, ma a
destra di B, poich gli individui hanno gi molta acqua a disposizione, il
prezzo che sono disposti a pagare pi basso. Il prezzo di mercato
dellacqua sar determinato nel punto C, dove la curva di offerta interseca
la curva di domanda. La curva di offerta mette in evidenza labbondanza di
acqua che ci che mantiene basso il prezzo.
Il prezzo di mercato non va confuso con il valore duso del bene, che
soggettivo e dipende dalla sua utilit. I beni possono avere un basso valore
di scambio e, viceversa, un elevato valore duso. Valga lesempio
precedente dellacqua e del diamante: il primo bene ha un elevato valore
duso, ma un basso valore di scambio; per contro i diamanti hanno un
elevato valore di scambio, ma un valore duso minore. Il valore duso di un
bene, pur costituendo un prerequisito perch i beni vengano scambiati e
possiedano quindi un valore di scambio (un prezzo), non influisce sul
valore di scambio.
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4. Lelasticit delle curve di domanda e di offerta.
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della domanda di trasporto privato aumenta se esiste un trasporto pubblico
efficiente. Il secondo fattore riguarda il periodo di tempo che hanno a
disposizione i consumatori per adeguarsi a una variazione del prezzo del
bene. Ad esempio, una variazione del prezzo dellelettricit o della benzina
pu non avere completo effetto fino a quando non si adeguata la quantit
di attrezzature che utilizzano questi beni. Tali aggiustamenti possono
richiedere tempi lunghi per cui, per questi beni, utile fare riferimento a
due tipi di curve di domanda: la curva di domanda di breve periodo e
quella di lungo periodo. Per tali beni occorre calcolare lelasticit della
domanda rispetto al prezzo sia di breve, sia di lungo periodo. In genere, la
reattivit della quantit domandata a una data variazione di prezzo, cio la
misura dellelasticit della domanda rispetto al prezzo, sar tanto maggiore
quanto pi ampio lintervallo di tempo considerato.
Elasticit relativa ad un intervallo Lelasticit calcolata in
precedenza utile quando si considerano piccole variazioni di prezzo;
tuttavia, a volte serve conoscere lelasticit della domanda relativa a
variazioni piuttosto consistenti di prezzo. In casi come questo meglio fare
riferimento allelasticit arcuale della domanda, relativa cio ad un tratto
della domanda:
dq / (q1 + q2 ) / 2
a = ---------------------------
dp / (p1 +p2 ) / 2
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prezzo: s = dq/q / dp/p ovvero s = dq/dp / p/q
Anche nel caso della curva di offerta, quando il valore dellelasticit
zero (lofferta anelastica), la curva di offerta rappresentata da una retta
verticale; mentre, nel caso opposto, con lelasticit tendente allinfinito, la
curva dofferta orizzontale.
In alcuni mercati lelasticit dellofferta non costante, ma varia in
diversi punti della curva di offerta. Lelasticit elevata per volumi molto
bassi di quantit offerta, le imprese reagiscono in modo sostanziale a
variazioni nel prezzo, disponendo di capacit produttiva non utilizzata o
sottoutilizzata, per cui una variazione del prezzo rende conveniente per le
imprese sfruttare pi intensamente gli impianti di cui dispongono. Per
contro, con volumi molto alti di quantit offerta, con capacit produttiva
scarsa, grandi variazioni di prezzo determinano variazioni contenute della
quantit: la curva anelastica.
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Come vedremo in seguito, la somma della rendita dei consumatori e di
quella dei produttori viene massimizzata nei mercati concorrenziali.
Qualsiasi livello di produzione inferiore a quello di concorrenza riduce le
rendite del consumatore e del produttore dando origine a perdite di
benessere.
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sostituir parzialmente il bene il cui prezzo aumentato con un altro bene
(effetto sostituzione). La tassa ha dunque interferito nelle scelte del
consumatore modificandone le preferenze, ha cio creato delle distorsioni
dovute alleffetto sostituzione.
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di costo opportunit o costo alternativo. Poich le risorse sono scarse,
ogni volta che si decide di impiegare una data risorsa, si esclude la
possibilit di utilizzarla in modo diverso e, poich abbiamo ipotizzato che
limpresa si comporta in modo da massimizzare i profitti, essa dovr
valutare i propri costi in base al principio del costo-opportunit.
Questultimo pu differire da quello sopportato realmente dallimpresa; il
costo opportunit infatti dato da tutti i costi sopportati per lutilizzo dei
fattori produttivi: espliciti ed impliciti. Questi ultimi non rappresentano
uscite di cassa effettive.
E importante evidenziare come fra i costi dellimpresa occorre
considerare, in aggiunta a quelli sopportati per acquistare i fattori
produttivi, un margine di profitto per limprenditore. Limprenditore,
che proprietario della sua impresa, potrebbe fare lamministratore presso
unaltra azienda e, in questo caso, potrebbe ottenere un reddito che il
costo opportunit che va conteggiato fra i costi, visto che limprenditore vi
rinuncia nel momento in cui preferisce cercare di ottenere un profitto dalla
propria impresa. Il reddito alternativo cui limprenditore rinuncia prende il
nome di profitto normale. Tenendo conto di ci, la differenza tra ricavi e
costi pu essere definita come extra-profitto (qualora i ricavi fossero
uguali ai costi per limpresa non si realizzerebbero extra-profitti ma solo
profitti normali). Di seguito, per brevit, useremo comunque il termine
profitto al posto di extra-profitto, anche se bene che la differenza fra i
due termini venga sempre tenuta presente.
I costi contabilizzati dallimpresa differiscono dunque da quelli rilevati
dal punto di vista economico. Le imprese registrano nel loro sistema di
contabilit (conto profitti e perditi, stato patrimoniale e rendiconto
finanziario) solo i costi che sopportano realmente: quelli espliciti.
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prodotti a prezzi diversi, nel qual caso il Rme semplicemente la media
ponderata dei prezzi.
Il ricavo marginale (Rmg) lincremento di ricavo ottenuto dalla
vendita di ununit aggiuntiva di prodotto in un dato periodo di tempo:
Rmg = dRt/ dq. Se unimpresa vende 20 unit in pi aumentando i ricavi di
100, allora ottiene 5 per ogni unit aggiuntiva venduta: Rmg = 5.
La variazione del Rt, del Rme e del Rmg dipende dalle condizioni di
mercato in cui limpresa opera, e in relazione a queste occorre effettuare
una distinzione tra quando il prezzo non varia al variare della produzione
(il prezzo costante), dalla situazione in cui il prezzo pu variare.
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in grado di influenzare il prezzo, per cui avr una curva di domanda
decrescente (non pi parallela allasse delle ascisse). Ci significa che se
unimpresa vuole vendere di pi deve diminuire il prezzo e, viceversa,
volendo aumentare il prezzo deve accettare una diminuzione della quantit
venduta.
Poich la curva di domanda del mercato indica, per ciascun prezzo, la
quantit del bene che i consumatori acquisteranno, essa indica ai venditori
il ricavo medio Rme, e cio il ricavo per unit di prodotto venduto. Il Rme
coincide dunque con la curva di domanda. Il ricavo medio, moltiplicato
per la quantit venduta fornisce ai venditori il ricavo totale Rt.
Quanto al Rmg esso sar inferiore al ricavo medio e potr anche essere
negativo. Se limpresa vuol vendere di pi in un dato periodo di tempo,
deve abbassare il prezzo che viene ridotto non solo sulle unit aggiuntive,
ma anche su tutte le unit di prodotto che limpresa avrebbe comunque
venduto ad un prezzo superiore. Quindi il Rmg dato dal prezzo al quale
viene venduta lultima unit di prodotto al netto della perdita dovuta dalla
riduzione del prezzo sulle unit che si sarebbero potute vendere ad un
prezzo maggiore.
Il ricavo totale Rt dato dal prezzo per la quantit. A differenza del caso
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di unimpresa price taker, la curva del Rt non una linea retta, ma una
curva dapprima crescente e poi decrescente (fig. 2.10b). Infatti, fino a che
il Rmg rimane positivo, un aumento delloutput far aumentare il Rt. Ma
quando il Rmg diventa negativo il Rt diminuir. Il punto massimo della
curva Rt sar quindi in corrispondenza del Rmg = 0.
Nella fig.2.10a, data una curva di domanda lineare, viene messo in
evidenza come per la prima unit venduta il ricavo medio e marginale
risultino uguali al prezzo. In seguito, con laumentare delle quantit
vendute, poich il prezzo deve essere diminuito, il ricavo marginale
assume un andamento divergente da quello della curva di domanda e del
ricavo medio; esso ha la stessa intercetta sullasse delle ordinate della
curva di domanda e pendenza doppia della curva di domanda. Infatti, data
la curva di domanda P= a-bq, dove P rappresenta il prezzo e q la quantit
domandata, la curva del ricavo totale sar: Rt = Pq = aq-bq2 e la curva del
ricavo marginale (cio la derivata prima del ricavo totale) dRt/dq o d(Pq) /
dq = a-2bq.
Ricavo totale e elasticit - Il ricavo totale dellimprenditore, ovvero la
spesa totale del consumatore, varia al variare dellelasticit della domanda.
Se la curva anelatica ( < 1), il prezzo varia relativamente pi della
quantit (un aumento del prezzo determina una diminuzione meno che
proporzionale della quantit domandata), per cui ha un effetto maggiore
sulla spesa totale per consumi (il ricavo totale aumenta). Ovviamente una
diminuzione del prezzo la fa diminuire. In altre parole, la spesa totale del
consumatore varia nella stessa direzione del prezzo.
Viceversa, quando lelasticit della domanda al prezzo maggiore di uno,
un aumento del prezzo (la quantit venduta si riduce in modo pi che
proporzionale) fa diminuire la spesa totale, ovvero il ricavo totale
diminuisce mentre la diminuzione del prezzo li fa aumentare. In altre
parole la spesa totale varia nella stessa direzione della quantit.
Nel caso in cui lelasticit della domanda fosse uguale a uno, qualsiasi
variazione del prezzo lascia inalterata la spesa totale e quindi il ricavo
totale.
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prodotto e i fattori produttivi. Sulla base delle informazioni fornite dalla
funzione di produzione possibile passare alla determinazione dei costi di
produzione. Sia per la funzione di produzione, sia per le funzioni dei costi,
occorre distinguere tra breve e lungo periodo. Nel breve periodo si hanno
fattori produttivi fissi, quali il capitale (gli impianti che non possono subire
variazioni di capacit), e fattori produttivi variabili (il lavoro). Nel lungo
periodo tutti i fattori sono variabili, possono cio essere modificati, anche
gli impianti produttivi.
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incrementi meno che proporzionali del valore della produzione. La legge
una generalizzazione empirica, valida nel breve periodo, che si basa
sullipotesi che non vi siano innovazioni tecnologiche e che ci sia almeno
un fattore impiegato in quantit costante. Infatti, nel lungo periodo il
progresso tecnologico consente di fare fronte ai rendimenti decrescenti di
fattori produttivi
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Il prodotto marginale interseca la curva del prodotto medio nel punto in
cui questultimo raggiunge il massimo. Ad esempio, affinch un lavoratore
addizionale aumenti il PMe di tutti gli altri lavoratori, lapporto del singolo
lavoratore deve essere maggiore del PMe di tutti i lavoratori esistenti.
Perci il suo apporto pu essere inferiore a quello del lavoratore
precedente, ma deve essere maggiore del PMe di tutti i lavoratori assunti
prima di lui.
Prodotto medio - Il prodotto medio, cio il prodotto per ogni unit di
fattore variabile (produttivit media), si ottiene dividendo il prodotto totale
per la corrispondente quantit di fattore variabile: PMe = PT/L.
Allaumentare della quantit di fattore variabile utilizzato, il prodotto
medio dapprima aumenta, quando inferiore al prodotto marginale,
raggiunge il massimo quando uguaglia il prodotto marginale e quindi
diminuisce quando supera il prodotto marginale.
La produttivit media uno degli indicatori di efficienza delle imprese.
Alla base della competitivit delle imprese risiede infatti il concetto di
produttivit. Nel caso del fattore lavoro, formalmente la produttivit del
lavoro corrisponde alla quantit di lavoro necessario per produrre ununit
di un bene specifico: Q/ore lavoro. Una crescita della produttivit dipende
dalla qualit del capitale fisico, dal miglioramento delle competenze e della
manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di
organizzazione. Le imprese possono essere competitive unicamente se
riescono a realizzare una crescita sostenibile della produttivit del lavoro e
della produttivit totale dei fattori che consenta loro di superare le altre
imprese per quanto riguarda i costi per unit di produzione e le
caratteristiche della loro offerta non collegate ai costi. Attualmente, la
crescita della produttivit fortemente influenzata dagli investimenti nel
settore delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione.
La produttivit totale dei fattori produttivi Quando si parla
genericamente di produttivit si intende produttivit del fattore lavoro, ma
per essere precisi bisognerebbe distinguere tra produttivit del lavoro,
produttivit del capitale e produttivit totale dellinsieme dei fattori
produttivi (total factor productivity). Non molto utile osservare solo la
produttivit del lavoro o la produttivit del capitale; infatti, se nel processo
produttivo si riducono le ore lavorate perch sostituite con un processo
tecnologico pi efficiente, la produttivit del lavoro aumenta perch ci
sono meno ore lavoro, ma questo non vuole dire che il lavoro diventato
pi produttivo. Il miglioramento della produttivit va imputata allaumento
o al miglioramento del capitale utilizzato nel processo produttivo. Occorre
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allora fare riferimento alla Produttivit totale dei fattori produttivi, che non
dipende dalla quantit di lavoro o di capitale, ma dalla qualit dei due
fattori; dal modo in cui sono combinati e da altri fattori anche esterni
allimpresa, quali i trasporti, le infrastrutture, lefficienza
dellamministrazione pubblica, ecc.
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imprese e produrre su grande scala anzich su piccola scala.
Dal punto di vista grafico possiamo rappresentare leffetto di una
innovazione di processo mediante uno spostamento verso lesterno della
funzione di produzione (fig. 2.12). Lo spostamento mette in evidenza come
lo stesso output possa essere prodotto impiegando una quantit minore di
fattori produttivi, oppure che una quantit maggiore di output possa essere
prodotta con limpiego dello stesso ammontare di fattori produttivi.
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determina un incremento dei costi per i pescatori a causa della diminuzione
della pescosit dei mari, e dei costi per la societ nel suo complesso per la
scomparsa di alcune specie ittiche. Sommando i costi esterni agli altri costi
di produzione (quelli privati) si ottengono i costi sociali:
costi privati + costi esterni = costi sociali
I costi sociali rappresentano il vero costo di produzione dei beni e
servizi, poich comprendono tutte le risorse utilizzate nella loro
produzione e possono essere definiti come i costi che vengono sostenuti
dalla societ per limpiego delle sue risorse nella produzione di un dato
bene. Di solito le imprese calcolano i soli costi privati, che rappresentano
delle uscite di cassa, trascurando quindi quelli esterni. Di seguito
analizziamo quelli privati rimandando lanalisi di quelli esterni al capitolo
8. Lanalisi delle funzioni di costo va effettuata sulla base della distinzione
tra breve e lungo periodo.
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con il passare del tempo. Lammortamento permette di ripartire il costo
iniziale su pi esercizi; il pagamento immediato riduce il flusso di cassa
del periodo corrente, ma fa aumentare quelli futuri. Anzich imputare
lintero costo dellimpianto al reddito corrente, lo si ammortizza in senso
contabile, lungo la sua vita, imputando una frazione del costo al reddito di
ogni periodo utile. Lammortamento un costo implicito, e in quanto tale
non costituisce una uscita di cassa, che concorre a determinare un fondo
per la ricostituzione del capitale.
Nel calcolo dellammortamento vi una difficolt oggettiva nel calcolare
la vita utile dellimpianto per la concomitante azione di deperimento di tre
fattori determinanti come lobsolescenza fisica, tecnologica ed economica.
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rispetto ai rivali per ottenere un vantaggio di costo.
I costi variabili (Cv) variano al variare della produzione (costi dei
materiali, del combustibile, parte del costo della manodopera, dellenergia,
ecc.) e possono essere controllati dallimpresa nel breve periodo facendo
variare il volume della produzione. A causa della legge dei rendimenti
decrescenti, i costi variabili aumentano in modo meno che proporzionale
allaumentare della produzione per poi aumentare in modo pi che
proporzionale. Poich allinizio il prodotto marginale crescente,
occorrer aumentare in misura sempre minore la quantit di risorse
variabili utilizzate per ottenere ogni successiva unit di prodotto; dato che
tutte le unit delle risorse variabili hanno lo stesso prezzo, i costi variabili
totali cresceranno in misura sempre minore. Ma quando i rendimenti
diventano decrescenti e, quindi, il prodotto marginale comincia a
diminuire, sar necessario incrementare in misura sempre maggiore le
risorse variabili utilizzate per ogni successiva unit di prodotto, di
conseguenza i costi variabili totali aumenteranno in misura crescente.
Costi medi o unitari (CMe) Il costo totale medio unitario, pi
comunemente costo medio, dato dal costo totale diviso per il numero di
unit prodotte: CMe = Ct/Q. Esso pu anche essere ottenuto sommando il
costo variabile medio (CVm) e il costo fisso medio (CFm) per ogni livello
di produzione: CMe = (CVm + CFm).
Il costo medio molto utilizzato dalle imprese poich, confrontandolo
con il prezzo o il ricavo medio, permette loro di verificare se stanno
realizzando dei profitti o delle perdite. Esso rappresentato graficamente
da una curva a forma di U (fig. 2.13b), perch riflette la legge dei
rendimenti marginali decrescenti. Con un impianto dato, si registra
dapprima una fase di produttivit crescente dellinput variabile, seguita da
una fase di produttivit decrescente e perci di costi crescenti. Tra queste
due fasi vi un punto in corrispondenza del quale i costi medi sono al loro
livello minimo. In questo punto si dice che limpianto utilizzato in modo
ottimale (M di fig. 2.13b).
Il costo fisso medio (CFm) diminuisce con laumentare della produzione;
negativamente correlato alla produzione. Il costo variabile medio (CVm)
inizialmente diminuisce, perch i rendimenti marginali sono crescenti, poi
aumenta a causa dei rendimenti marginali decrescenti; anchesso a forma
di U.
Costo marginale (CMg) E il costo aggiuntivo che occorre sostenere
per produrre ununit in pi di prodotto: CMg = Ct/ q. La variazione
del costo totale, per definizione, coincide con la variazione dei costi
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variabili (i costi fissi non variano al variare della quantit prodotta). Infatti,
prendendo in considerazione la fig. 2.13b, larea sottostante la curva dei
costi marginali equivalente allarea data dal costo variabile medio per la
quantit prodotta corrispondente a quel dato costo. Landamento della
curva dei costi marginali (fig. 2.13b) determinato dalla legge dei
rendimenti marginali decrescenti. Dato il prezzo della risorsa variabile, un
aumento della produttivit sar accompagnato da una diminuzione del
costo marginale, mentre un calo della produttivit sar accompagnato da
un aumento del costo marginale.
La curva del costo marginale interseca sia la curva del costo variabile
medio che quella del costo totale medio nel loro punto di minimo (fig.
2.14b). Infatti, quando si aggiunge al costo totale (o al costo variabile) un
incremento di costo (costo marginale) inferiore alla sua media, la media
necessariamente diminuisce. Viceversa, quando si aggiunge al costo totale
(o variabile) un incremento di costo o costo marginale superiore alla media
corrente, tale media deve necessariamente aumentare. In conclusione, il
costo medio diminuisce ogniqualvolta il costo marginale minore, mentre
aumenta ogniqualvolta il costo marginale maggiore. Il costo medio
rimane invariato ogniqualvolta il costo marginale lo eguaglia.
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rendimenti di scala sono crescenti la curva decrescente, se sono costanti
la curva orizzontale, se invece sono decrescenti la curva aumenta. La
pendenza della curva dei costi di lungo periodo riflette dunque i rendimenti
di scala. Lutilizzo di impianti sempre maggiori implica, in genere, una
diminuzione dei costi medi ma, da una certa dimensione in poi, ulteriori
aumenti della capacit produttiva fanno aumentare i costi medi. Questa
tendenza pu essere spiegata tenendo conto delle economie e diseconomie
di scala.
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dellimpresa che alla dimensione degli impianti. Ad esempio, molte
aziende municipalizzate provvedono allerogazione di pi beni (gas, acqua,
ecc.) appunto per sfruttare le economie di scopo derivanti dalla ripartizione
dei costi congiunti (ad esempio quelli di amministrazione o di marketing)
su una produzione maggiore.
Le diseconomie di scala (rendimenti di scala decrescenti) sono invece
allorigine della parte crescente della curva dei costi medi (fig. 2.14a) e
sono dovute a problemi di gestione di natura amministrativa ed
organizzativa; man mano che limpresa si espande diventa sempre pi
difficile controllare e organizzare lattivit in modo efficiente.
E importante individuare correttamente le economie e diseconomie di
scala perch da esse che dipende la determinazione della struttura di
unindustria. Nel caso rappresentato nella fig. 2.14a, la dimensione ottima
minima, che il volume di produzione minimo con cui unimpresa riesce
ad ottenere il costo medio di lungo periodo pi basso possibile, data
dallintervallo piatto. La scala di produzione per cui il costo medio
minimo definita scala efficiente di produzione. Si pu trovare
utilizzando il calcolo differenziale ponendo la derivata del costo medio pari
a zero oppure Cmg(x) = Cme(x). La scala efficiente non il livello di
produzione che massimizza il profitto; come vedremo di seguito questo
potrebbe corrispondere a una produzione inferiore o superiore alla scala
efficiente.
Pu verificarsi il caso che a causa delle economie di scala la curva di
costo di lungo periodo continui a decrescere per un tratto molto esteso. In
questo caso la dimensione ottima minima viene raggiunta con imprese di
grandi dimensioni e, pertanto, le piccole imprese non risulterebbero
efficienti (fig. 2.14b). Pu anche succedere che la dimensione ottima
minima sia superiore alla dimensione del mercato per cui si
giustificherebbe la presenza di una sola impresa.
Costo marginale di lungo periodo - La curva del costo marginale di
lungo periodo mostra la relazione esistente tra la quantit prodotta ed il
costo risultante dalla produzione dellultima unit addizionale nel caso che
limpresa abbia modo di attuare le variazioni nella quantit impiegata di
tutti i fattori. Il costo marginale di lungo periodo rispettivamente minore,
uguale e maggiore del costo medio di lungo periodo nel tratto in cui questo
decrescente, minimo e crescente. La relazione tra la curva del costo
medio di lungo periodo e costo marginale di lungo periodo pertanto
uguale a quella analizzata per le curve di breve periodo: la curva del costo
marginale di lungo periodo (CMgL) interseca la curva del costo medio di
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lungo periodo (CMeL) nel punto di minimo.
Esiste una differenza importante tra i costi marginali di breve periodo e
quelli di lungo periodo: la curva dei costi marginali di breve periodo
riflette i costi variabili addizionali che si hanno nellaumentare la
produzione di ununit e, poich nel breve periodo la dimensione degli
impianti fissa, il tratto crescente della curva dei costi marginali riflette i
rendimenti decrescenti dei fattori variabili. La curva dei costi marginali di
lungo periodo comprende invece anche lincremento nel costo opportunit
del capitale investito per aumentare la dimensione degli impianti. Poich
nel lungo periodo tutti i fattori di produzione sono variabili, i rendimenti
decrescenti assumono un peso minore.
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periodo si possono seguire due approcci: a) effettuare la differenza tra costi
e ricavi totali oppure b) fare riferimento ai costi e ricavi marginali.
a) Equilibrio di breve periodo: confronto tra costi e ricavi totali - Il
livello di produzione che massimizza il profitto utilizzando i costi e i ricavi
totali viene messo in evidenza nella fig. 2.15. Il ricavo totale (Rt)
rappresentato da una linea retta crescente perch in una situazione di
concorrenza perfetta ogni successiva unit venduta fa aumentare il Rt della
stessa somma, ossia il suo prezzo.
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corrispondenza di quella quantit Q* tale che il RMgCMg =0 e cio RMg
= CMg. Dunque ill profitto viene massimizzato quando il prezzo (ricavo
marginale) uguale al costo marginale (P = CMg), purch risulti superiore
al minimo dei costi medi. Quando il prezzo di mercato maggiore del
costo marginale il profitto pu essere incrementato aumentando la
produzione Viceversa, se il prezzo inferiore al costo marginale, il profitto
pu essere aumentato riducendo la produzione.
In termini analitici, per massimizzare il profitto limpresa deve scegliere
la quantit Q che massimizza il profitto . Ossia, occorre derivare rispetto
a Q e porre uguale a zero la derivata /Q = RT/ Q CT/Q = 0
poich Cmg = CT/Q e Rmg = RT/Q possiamo affermare che il profitto
massimizzato in corrispondenza di quella quantit Q tale che Q = Rmg
Cmg = 0 e cio RMg = Cmg.
81
rappresenta contemporaneamente la curva dei ricavi medi e di quelli
marginali (fig. 2.16b). Il ricavo totale equivalente allarea P*Eq*0 di fig.
2.18b. Il costo totale invece equivalente allarea OSRq* (costo medio
moltiplicato per la quantit prodotta). Il profitto totale risulter dato
dallarea SP*ER, dato dalla differenza tra i ricavi totali (OP*Eq*) e i costi
totali (OSRq*). Il livello di produzione dato dallintersezione dei CMg
con il prezzo e cio il punto q*. Il fatto che il prezzo coincida con il costo
marginale significa che in un sistema di mercato lallocazione delle risorse
efficiente; si aumenta la produzione di ciascun bene fino al punto in cui il
valore dellultima unit uguale al valore dei beni alternativi cui si deve
rinunciare per produrli.
Le imprese possono ottenere profitti economici nulli (ricavi totali uguali
ai costi totali), extraprofitti (ricavi totali > costi totali) oppure cumulare
delle perdite (ricavi totali < costi totali). Limpresa rappresentata nella fig.
2.16 ottiene un extraprofitto. Va comunque detto che non tutte le imprese
che hanno perdite escono dal mercato: ci dipende dallentit delle perdite
Punto di chiusura: quando allimpresa non conviene produrre - Pu
succedere che i costi medi (CMe) siano superiori al prezzo, in questo caso,
anche se limpresa produce in base al criterio P = CMg, si verificheranno
delle perdite, ma ci non significa necessariamente che limpresa cesser
di produrre. Se limpresa cessa di produrre, ma non esce dal mercato ,
dovr comunque sopportare i costi fissi, per cui la decisione di produrre o
meno verr presa confrontando il prezzo con il costo medio variabile. Se,
in relazione al livello ottimale di produzione, il prezzo supera il costo
medio variabile limpresa sceglier di produrre; in questo modo coprirebbe
parte dei costi fissi (differenza tra costi medi totali e costi medi variabili) e
sosterrebbe perdite minori rispetto alla situazione in cui decidesse di
smettere di produrre. Se il prezzo inferiore al costo medio variabile
limpresa chiuder perch, oltre a non coprire i costi medi fissi, realizza
una perdita anche in relazione ai costi medi variabili. Pertanto, nel breve
periodo, in un mercato di concorrenza perfetta restano in attivit sia le
imprese che ottengono extraprofitti sia quelle in perdita, purch coprano
almeno i cosi variabili totali.
Curva di offerta dellimpresa di breve periodo e la curva di offerta di
mercato Poich in corrispondenza di qualunque prezzo inferiore al costo
variabile medio minimo la produzione sarebbe zero, si pu concludere che
il tratto della curva del costo marginale dellimpresa che si trova al di sopra
della curva del costo medio variabile rappresenta la sua curva di offerta di
breve periodo.
82
Dato il prezzo di mercato, limpresa concorrenziale sceglier la
dimensione produttiva in corrispondenza della quale Cmg e prezzo si
uguagliano. Se il prezzo di mercato aumenta, limprenditore accresce la
dimensione produttiva, cio lofferta del prodotto. Se il prezzo di mercato
diminuisce, limprenditore diminuir la produzione e quindi lofferta di
prodotto. Si pu concludere che lofferta di mercato aumenta allaumentare
del prezzo e si riduce al diminuire del prezzo.
c) L'equilibrio di mercato nel lungo periodo - Mettendo a confronto
lofferta delle imprese con la domanda di mercato si ottiene il prezzo di
equilibrio (fig. 2.16a). Se questo prezzo risulta superiore ai costi medi,
come gi detto, limpresa otterr un profitto economico: un extraprofitto.
Nel lungo periodo (fig. 2.17), in presenza di extraprofitti, ci si aspetta che
nuove imprese entrino nel mercato causando un aumento dellofferta e la
diminuzione del prezzo. In questo caso, lequilibrio di mercato si avr
allorch, con la diminuzione dei prezzi, gli extraprofitti diventeranno nulli
e non vi saranno pi incentivi allentrata di nuove imprese. Viceversa, se il
prezzo inferiore al costo totale medio, le perdite che ne derivano
spingeranno alcune imprese a lasciare il settore, lofferta totale del
prodotto diminuir e la concorrenza pu fare aumentare il prezzo fino a
coincidere con il costo totale medio. Pertanto, la condizione di equilibrio
di lungo periodo la seguente: prezzo = costo marginale = costo medio
minimo.
Nella fig. 2.17, dato il prezzo iniziale P*, limpresa realizza un profitto
P*EMR. A causa del profitto ci saranno delle imprese che entreranno nel
mercato determinando un aumento dellofferta che far diminuire il prezzo
a P1. A tale prezzo non ci saranno pi profitti e la quantit prodotta sar ora
83
0q1 (va osservato che la quantit prodotta a livello di mercato rappresentata
nella fig 2.17 lato sinistro ora aumentata a 0Q 1 e ci a causa dellentrata
nel mercato di nuove imprese). Il meccanismo di ingresso di nuove
imprese spinge la produzione fino al punto di minimo della curva del costo
medio e, pertanto, il prezzo sar al minimo livello possibile.
Il fatto che gli extraprofitti economici siano pari a zero non significa
che le imprese non ottengono nessun guadagno (i profitti contabili
continuano ad essere positivi): le imprese non ottengono profitti in eccesso
(extraprofitti) rispetto a impieghi alternativi dei fattori. La produzione in
base al minimo della curva dei costi comporta in ogni impresa la piena
utilizzazione degli impianti. La portata di questo risultato notevole,
poich esso ci dice che in concorrenza perfetta le forze di mercato, in
maniera automatica e del tutto impersonale, inducono qualsiasi
imprenditore non solo a produrre al costo pi basso possibile (il costo
medio minimo), ma anche a praticare un prezzo uguale al tale costo.
Limpresa produce alla sua scala efficiente. Nel lungo periodo nei mercati
perfettamente concorrenziali si raggiunge sia lallocazione produttiva (il
prezzo coincide con il costo medio minimo) sia lefficienza allocativa (il
prezzo coincide con il costo marginale).
Lequilibrio concorrenziale di lungo periodo ha dunque luogo in
corrispondenza del punto di minimo della curva dei costi medi di lungo
periodo di ogni impresa; in corrispondenza di tale punto vi sono rendimenti
di scala costanti nella produzione.
La curva di offerta di mercato (dellindustria) nel lungo periodo Per
individuare la curva di offerta di mercato nel lungo periodo occorre
considerare landamento dei costi delle imprese quando, in seguito a
variazioni del prezzo di mercato, varia la loro quantit prodotta. A causa di
ci, nel lungo periodo occorre distinguere tra industrie a costi costanti, a
costi crescenti e a costi decrescenti.
Nel caso di industrie a costi costanti si suppone che in seguito a qualsiasi
variazione della quantit prodotta, il costo dei fattori produttivi rimanga
costante. Vi sono alcune industrie in cui il volume dei fattori acquistati
rappresenta una quota rilevante dellintero mercato degli input per cui
unespansione consistente delloutput spesso associata ad un aumento del
prezzo degli input. In questo caso un aumento della domanda sar
accompagnato non solo da un aumento dellofferta di mercato, ma anche
da un progressivo aumento dei costi per le imprese, per cui i prezzi di
mercato dovranno aumentare in proporzione. Pertanto, la curva di offerta
84
di mercato sar crescente ed avr la forma di una retta con linclinazione
positiva. Si ha unindustria a costi crescenti.
Interessante il caso dellindustria a costi decrescenti. Laumento della
quantit offerta si accompagna a una riduzione del prezzo dei fattori
produttivi. Un aumento della domanda di prodotto genera nel lungo
periodo sia un incremento dellofferta del prodotto, perch si verifica
lingresso di nuove imprese spinte dallaumento dei prezzi, sia una
progressiva riduzione dei costi che si traduce in una riduzione del prezzo di
mercato di uguale ammontare. Di conseguenza la curva di offerta di
mercato nel lungo periodo avr un andamento decrescente. Ad esempio,
economie di costo si possono avere quando le imprese che appartengono
alla medesima industria sono localizzate nel territorio luna accanto
allaltra. Diventa pi facile acquistare i fattori produttivi e ottenere sconti,
oppure trovare personale specializzato, scambiarsi informazioni, diffondere
linnovazione, ecc. Questo un fenomeno tipico dellindustria italiana,
caratterizzata da industrie formate da piccole imprese localizzate nelle
stesse zone geografiche. Sono i cosiddetti distretti industriali.
85
avrebbero potuti essere prodotti con le risorse utilizzate per produrre
unulteriore unit del bene.
Se la produzione fosse inferiore limpresa realizzerebbe un profitto
inferiore e dal punto di vista della collettivit significa che una quantit
insufficiente di risorse destinata alla produzione di quel bene. Se il
prezzo superiore al costo marginale vuole dire che la societ assegna un
valore maggiore a ulteriori unit del bene, piuttosto che ai prodotti
alternativi ottenibili con le stesse risorse. Per ragioni analoghe, non
bisognerebbe espandere la produzione del bene oltre il livello in
corrispondenza del quale il prezzo coincide con il costo marginale. Le
imprese non massimizzano il profitto e dal punto di vista della collettivit
una quantit eccessiva di risorse verrebbe impiegata per produrre il bene.
8. Il monopolio.
Quando i beni e servizi di un intero settore, per i quali non esistono buoni
sostituti, vengono prodotti e venduti da una sola impresa si ha una struttura
di mercato monopolistica. La formazione e la persistenza del monopolio
dipendono dallesistenza di barriere allentrata sul mercato. Esse possono
essere di tre tipi:
- naturali (conoscenza esclusiva di una data tecnica produttiva, controllo di
una materia prima). Non sono elevate dalle imprese ma se ne
avvantaggiano;
- legali, frutto di una legge (brevetti, licenze governative);
- strategiche, costruite direttamente dalle imprese per conquistare e/o
mantenere il potere di mercato.
In genere sono pochi i monopoli che sono dovuti al possesso di una
risorsa importante. Frequenti sono i casi in cui limpresa detiene il diritto
esclusivo di vendere un determinato bene o servizio. Ancora pi frequenti
sono i casi di monopolio dovuti alla struttura dei costi; si possono
verificare situazioni in cui una singola impresa pu fornire il bene o il
servizio allintero mercato a costi inferiori rispetto a quelli di pi imprese,
in questi casi si in presenza di un monopolio naturale; esso dovuto
alla natura della produzione, cio al fatto che in questa produzione
prevalgono economie di scala che si manifestano sotto forma di costi medi
decrescenti al crescere della produzione.
86
Lobiettivo dellimpresa in regime di monopolio, come per le imprese in
regime di concorrenza perfetta, consiste nel massimizzare il profitto.
Anche limpresa monopolistica dunque espande la produzione fino al
punto in cui il ricavo marginale coincide con il costo marginale. Tuttavia,
limpresa monopolistica, a differenza di quella di concorrenza perfetta, ha
il potere di fissare il prezzo di mercato (price maker). Di seguito vedremo
come il monopolista, rispetto ad unimpresa che opera in un mercato
concorrenziale, fissi un prezzo pi elevato, produca di meno e ottenga
profitti pi elevati.
Curva di domanda Poich limpresa monopolistica lunica
produttrice del bene, la curva di domanda del monopolista coincide con la
curva di domanda del mercato ed ha quindi inclinazione negativa. Ci
implica che il monopolista pu aumentare la quantit venduta diminuendo
il prezzo, con riflessi sui ricavi. Poich il monopolista deve abbassare il
prezzo per accrescere le vendite il ricavo marginale inferiore al prezzo
(ricavo medio) per tutte le unit di prodotto vendute, eccetto la prima.
Quindi ogni unit venduta far aumentare il ricavo totale di un ammontare
pari al suo prezzo meno le riduzioni che devono essere apportate al prezzo
delle precedenti unit.
Curva di offerta Limpresa monopolistica non ha una propria curva di
offerta che descrive la quantit di bene che decide di produrre per ogni
dato livello di prezzo. Poich limpresa definisce il prezzo
simultaneamente alla quantit offerta, non ha senso domandarsi quale sia la
quantit che limpresa produce per ogni dato prezzo. Non esiste una
relazione univoca tra prezzo e quantit offerta; il prezzo e la quantit
offerta dipendono dalla posizione della curva di domanda (e quindi dalla
posizione della curva del ricavo marginale).
La massimizzazione del profitto I profitti dipendono dalla relazione
esistente tra i costi di produzione e i ricavi di vendita. Nella fig. 2.18 viene
rappresentata questa situazione: la curva di domanda del monopolista D
anche la curva del ricavo medio RMe, mentre la curva del ricavo marginale
RMg ha uninclinazione maggiore della curva di domanda.
Per massimizzare il profitto il monopolista cerca di eguagliare il ricavo
marginale con il costo marginale (il punto E a cui corrisponde una quantit
da vendere q*). Il prezzo di monopolio a cui verr venduta questa quantit
sar letto sulla curva della domanda, il punto G e cio il prezzo p*. Il
profitto unitario dato dalla differenza tra ricavo medio OP* e costo medio
OA, mentre il profitto totale corrisponde allarea ALGp* e cio Rt Ct =
(p* x q) Ct.
87
Il monopolista pu dunque fissare il prezzo (price maker) accettando di
vendere la quantit che il mercato disposto ad assorbire, oppure pu
fissare la quantit da produrre e venderla al prezzo determinato dalle
condizioni di domanda. In altri termini non pu determinare in modo
autonomo una politica di prezzo e una politica di quantit.
88
dipende dal fatto che molti beni sono a domanda rigida per cui il
monopolista pu aumentare il prezzo senza dovere temere significative
riduzioni della quantit domandata.
Confronto tra monopolio e concorrenza Nella fig. 2.19 la curva di
domanda DD quella del settore produttivo mentre la curva di offerta, la
CMg, mette in evidenza, per ciascun livello di produzione, laumento dei
costi che deriva dallaumento di una unit addizionale del prodotto di quel
settore.
Le due curve, che si riferiscono ad unimpresa monopolistica, possono
essere utilizzate per rappresentare anche un mercato di concorrenza
perfetta. In questultimo caso la produzione di equilibrio Qc e il prezzo
Pc. Il livello di produzione di mercato, determinato dallintersezione delle
curve di domanda e di offerta, dunque superiore a quello che si ottiene in
un struttura di mercato monopolistica dove, come si visto, la produzione
di equilibrio Qm. Anche il prezzo diverge: il prezzo in un mercato
concorrenziale Pc inferiore a quello di monopolio Pm.
89
dellesistenza del monopolio. A questa perdita si contrappone laumento di
benessere dellimpresa monopolistica che ottiene extraprofitti per un
ammontare equivalente allarea FCAPm. Il profitto del monopolista non
costituisce una perdita netta per la societ nel complesso poich
rappresenta una redistribuzione del reddito dai consumatori del bene al
produttore monopolista. La differenza tra le due aree CAE rappresenta la
perdita secca per la societ, poich corrisponde a una perdita di benessere
dei consumatori non compensata da aumenti dei profitti del produttore.
Il monopolista esclude dal consumo alcuni potenziali consumatori che
potrebbero acquistare i beni se si trovassero in un mercato di concorrenza.
Nellammontare del costo sociale non sono incluse altre perdite derivanti
dal potere monopolistico; una perdita data dal fatto che, in assenza di
concorrenza, i monopolisti non producono al costo minimo.
In realt, la conclusione che la concorrenza da preferire al monopolio si
basa sullipotesi di una curva dei costi data. Attraverso laggregazione di
pi imprese pu risultare possibile ridurre i costi di produzione e ci pu
implicare un prezzo minore e una produzione maggiore rispetto alla
concorrenza perfetta. Le inefficienza del monopolio possono dunque essere
ridotte dalle economie di scala e dal progresso tecnologico, tuttavia
possono essere accentuate dalla inefficienza X o gestionale.
La curva dei costi medi si basa infatti sullipotesi che limpresa scelga la
tecnologia pi efficiente che le consente di ottenere il costo medio minimo
in corrispondenza di qualunque livello di produzione. Pu succedere che il
costo che limpresa sostiene per produrre una data quantit di bene non sia
quello minimo. Si parla in questo caso dio inefficienza X. I dipendenti
dellazienda possono essere scarsamente motivati oppure pu succedere
che lazienda sia male amministrata. Linefficienza X si riscontra
soprattutto nei monopoli pubblici e cio quando si ha scarsa concorrenza e
i monopolisti sono in genere al riparo dei potenziali concorrenti.
90
Limpresa, a causa delle presenza di economie di scala, ha una curva dei
costi medi totali decrescente per cui tanto maggiore il livello di
produzione, tanto minore sar il costo medio. Ci significa che il costo
marginale sempre inferiore al costo medio. In questo caso una sola
impresa pu produrre qualsiasi quantit di bene al costo pi basso cio, per
ogni dato livello di produzione, la presenza di pi imprese farebbe ridurre
il quantitativo prodotto dalla singola impresa e, quindi, ne aumenterebbe il
costo medio totale. Poich una sola impresa pu produrre a costi inferiori,
se nel settore operassero pi imprese, una di queste potrebbe ridurre il
prezzo e aumentare considerevolmente la produzione e, quindi, rendere
difficile la realizzazione di profitti da parte delle altre imprese. Il
monopolio quindi naturale, nel senso che si ottiene dal libero operare
delle forze di mercato.
.
Fig. 2.20 Monopolio naturale
91
necessaria per la subadditivit. Infatti, possibile mostrare che si pu avere
subadditivit anche per funzioni di costo medio crescenti per qualche
livello di output.
Nella parte (b) della figura 2.21 viene rappresentato questultimo caso:
un'impresa multiprodotto che fa fronte a due curve di domanda D 1 e D2.
Anche in questo caso la funzione di costo subadditiva se la produzione
dei due beni, mediante ununica impresa che fronteggia la curva di
domanda D3, data dalla somma orizzontale di D1 e D2, avviene a costi
inferiori alla produzione effettuata separatamente da due imprese.
92
perfetta, si avranno delle perdite di gestione equivalenti allarea hefg
(differenza fra costo medio e marginale gf moltiplicata per la quantit
prodotta hg). Per far fronte a queste perdite si render necessario
lintervento delloperatore pubblico, che regolamenter limpresa
imponendole dei prezzi amministrati che siano coerenti con il criterio
dellefficienza allocativa, che vuole il prezzo uguale al costo marginale
(marginal cost pricing), e con il vincolo di bilancio, cio con la copertura
totale dei costi (full cost pricing).
Le soluzioni sono molteplici. Quella pi semplice di fissare il prezzo al
livello del costo medio. La produzione viene portata al livello Qn, che
inferiore a quello efficiente, annullando cos la perdita. Tuttavia, questa
soluzione compatibile con il secondo criterio (full cost pricing) ma non
con il primo (marginal cost pricing).
Se invece si vuole rimanere al livello di produzione efficiente, sono
possibili altre soluzioni. Ad esempio finanziare la perdita di gestione con
listituzione di unimposta in somma fissa. A questa soluzione vi sono
per due obiezioni: la prima che le imposte in somma fissa di fatto non
esistono; la seconda allude a un problema di equit, dal momento che alla
copertura della perdita concorre anche chi non usufruisce del servizio.
Per ovviare ad alcuni problemi di equit dovuti alla soluzione
precedente, si pu utilizzare una tariffa composta da due parti o binomia.
Una prima parte, fissa, viene fatta pagare a tutti gli utenti per diventare
utilizzatori del servizio. Lammontare di questa parte corrisponde alla
differenza fra costi medi e costi marginali e cio alla perdita. Una seconda
parte, variabile, commisurata a ogni unit del servizio consumato e
quindi funzione del costo marginale.
Infine, unulteriore possibilit consiste nellapplicare tariffe
differenziate o discriminate. Perch ci sia possibile devono essere
verificate due condizioni: il venditore deve essere in grado di identificare il
prezzo che ogni gruppo di clienti disposto a pagare; deve essere
tecnologicamente possibile la preclusione di arbitraggio.
Per una analisi pi approfondita dei problemi derivanti dalla
regolamentazione del monopolio naturale si rimanda al cap. 8 4.3
I mercati contendibili (concorrenza potenziale) - Un modello che porta
paradossalmente il prezzo, pur in un mercato ad elevata concentrazione
come il monopolio, ad un livello vicino a quello di concorrenza perfetta
quello dei mercati contendibili. Questa situazione si verifica quando
esistono delle imprese che sono interessate ad entrare nel mercato. La
semplice minaccia di entrare ha effetto sul comportamento delle imprese
93
esistenti, tanto da indurle ad applicare un prezzo pari al costo medio; se
non si comportassero in questo modo indurrebbero allentrata nuove
imprese, che sarebbero in grado di ottenere quote di mercato. In questo
caso si dice che il mercato contendibile.
Alla base del modello risiede la perfetta libert di entrata e uscita dal
mercato che permette di realizzare una concorrenza potenziale, che pu
sortire leffetto della concorrenza effettiva a patto che: a) vi sia libert di
entrata e uscita dal mercato; b) le imprese che operano nel mercato tengano
in considerazione lentrata potenziale di nuove imprese nel momento in cui
prendono le decisioni di prezzo e di quantit.
Un prezzo che consente di realizzare extra profitti attirerebbe nuove
imprese che determinerebbero una diminuzione del prezzo tendente al
costo marginale. Lipotesi importante che alla base della teoria dei
mercati contendibili che i costi sostenuti per entrare nel mercato
(costruire limpianto, sviluppare un nuovo prodotto, intraprendere una
campagna pubblicitaria) non siano irrecuperabili (sunk costs). Un costo
dentrata non recuperabile un costo che dovr essere sostenuto da
uneventuale impresa entrante e che, una volta che questa decidesse di
uscire dal mercato, non potr pi essere recuperato. Ad esempio, se
unimpresa entrante costruisse una fabbrica, specificamente pensata per la
produzione di un certo prodotto e non convertibile alla produzione di un
altro bene, questo rappresenterebbe un costo dentrata non recuperabile.
Diversamente, un impianto non specifico, che possa essere rivenduto ad un
prezzo vicino al costo originario, non un costo dentrata non
recuperabile. Un mercato pu dunque essere perfettamente contendibile
anche nel caso in cui limpresa entrante debba sostenere un costo di
entrata, a patto che, una volta che limpresa cessi lattivit ed esca dal
mercato, questo sia recuperabile.
La presenza di condizioni di contendibilit consente a imprese esterne di
effettuare una forma di concorrenza del tipo hit and run: entrare in un
mercato appena si osserva che limpresa che vi installata (incumbent)
fissa dei prezzi superiori al costo medio. Perch ci sia possibile
necessario che gli entranti abbiano, rispetto allincumbent, una posizione di
vantaggio relativo: siano ad esempio in grado di ostacolare la pratica di
politiche di prezzo predatorie da parte dellincumbent (riduzioni
temporanei volti a sventare il pericolo di nuove entrate). In un mercato
contendibile lesistenza di profitti, anche dovuti a cause transitorie, attirer
dunque lentrata di nuove imprese. Esse entreranno al fine di beneficiare di
parte di tali profitti e usciranno una volta mutata la situazione transitoria.
94
La teoria dei mercati contendibili evidenzia come la concorrenza perfetta
non sia pi un requisito di efficienza. Dal punto di vista dinamico si pu
avere concorrenza indipendentemente dal numero delle imprese che vi
operano effettivamente, purch esse possano entrare o uscire liberamente
(non si hanno barriere n allentrata n alluscita dal mercato). Lintervento
delloperatore pubblico volto a tutelare la concorrenza dovrebbe pertanto
considerare in modo particolare non tanto il numero delle imprese esistenti
e il grado di concentrazione di un certo mercato, ma il grado di
contendibilit del mercato stesso. La libert di entrata pu rimanere
virtuale e non diventare effettiva, per cui nel mercato pu rimanere anche
un solo produttore; sufficiente una concorrenza potenziale.
95
La discriminazione di prezzo possibile solo quando si verificano tre
condizioni:
- potere monopolistico. Il produttore in grado di influire sul prezzo e
sulla produzione;
-segmentazione del mercato. Il venditore deve essere in grado di
suddividere gli acquirenti in gruppi diversi, in base al prezzo che sono
disposti a pagare per il suo prodotto;
- impossibilit di rivendere il prodotto. Il primo acquirente non deve poter
rivendere il prodotto o servizio.
9. La concorrenza monopolistica.
96
imprese perfettamente concorrenziali, anche se il loro potere di mercato
non assoluto come nel caso di monopolio.
10. Loligopolio.
97
profitto. Unaltra regola di comportamento data dalla pratica del prezzo
di riferimento: se i costi aumentano le imprese praticheranno il prezzo di
riferimento sapendo che le imprese faranno altrettanto.
98
no, la logica del proprio interesse li spinge a confessare. La cooperazione
tra i due prigionieri difficile da mantenere perch irrazionale dal punto
di vista individuale.
Questo gioco pu essere applicato alla determinazione dei prezzi nei
mercati oligopolistici. La sua importanza deriva dal fatto che mette in
evidenza le difficolt di concertazione fra le imprese. Molto spesso gli
individui decidono di non cooperare tra loro anche se la concertazione
potrebbe essere vantaggiosa per tutti.
99
La teoria del costo pieno implica che limprenditore, una volta definito
ci che reputa sia la produzione normale, fissi i prezzi sulla base dei costi
medi. Se la domanda di mercato si mantiene entro i limiti della produzione
normale, limprenditore non modifica il prezzo. Il prezzo perci
relativamente stabile, anche se la quantit prodotta dovesse variare e si
dovesse modificare la posizione della curva dei costi.
100
- Data la funzione di domanda di un bene: Q(p)=1050-6p calcolare se la
domanda elastica o anelastica se il prezzo aumenta da p1 =50 a p2=75.
101
c) calcolare la variazione del costo del lavoro ipotizzando che il salario
orario sia di 20 ;
a) Produttivit per ora lavorata nel 2004 = 0,125 e nel 2005 = 0,150. Variazione
della produttivit [(0,125 0,150) / 0,125] x 100 = 20%
102
buoni del tesoro all8% anno e andare a lavorare in banca, come dipendete
per 400.000$/anno. Conviene accettare lofferta?
b) RT = pxQ RT = 410x19=7790
CT si parte dal CMe CT = (30x19) + (10q2) = (30x19) + (0x361) =4180
= RT CT = 7790-4180=3610
103
a) P=CMg 36=12Q Q=36/12=3
c) Nel lungo periodo, allimpresa conviene uscire dal mercato quando Rt < Ct .
La quantit di pareggio si ottiene calcolando la quantit in corrispondenza della
quale Rt = Ct 20Q = 100 + 10Q 20Q 10Q = 100 10Q=100 Q=10
104
unitario CMf, il costo medio Cm, il costo marginale CMg, il ricavo
marginale RMg, il profitto marginale Mg. b) Indicare la condizione per il
massimo profitto e la quantit che lo massimizza. c) Trovare la quantit che
rende indifferente allimpresa continuare o interrompere la produzione,
data la tecnologia di cui dispone.
Il massimo profitto pari alla differenza tra il ricavo totale e il costo totale in
corrispondenza delle quantit e del prezzo di monopolio, Q=2 P=27
Profitto=2x27-20x2-4=54-40-4=10
105
- Sia CMg = 60+2Q la funzione del costo marginale di un monopolista e sia
P=100-Q la funzione di domanda. a) Quale livello di produzione sceglier?
b) A quale p? c) Se il mercato fosse perfettamente concorrenziale quali
sarebbero produzione e prezzo di equilibrio dellindustria?
106
c) il monopolio determina una quantit inferiore ed un prezzo superiore rispetto
alla concorrenza perfetta. Il surplus dei consumatori quindi inferiore inj
monopolio
107
c) Il prezzo che deve essere stabilito per regolamentare il mercato pari al CMg
dunque P=4000 a cui corrisponde una quantit Q=1200. Il profitto pari a zero.
Rt=pq=(a-bQ)Q=aQ-bQ2 P=a-bQ dRt/dQ d(PQ)/dQ=a-2bQ
b) P = CMg 40 Q = 2 Qc = 40 2 = 38 Pc = 40 Q = 40 38= 2
108