Commento personale.
Nel Libro A, cap. 1, della Metafisica Aristotele, dopo avere inizialmente discettato della
distinzione fra la , lapplicazione specifica del giudizio, riferita alluniversale (
) e l, il divenir esperto grazie ai successi applicativi individuali (),
mira alla stabilizzazione e valorizzazione del primo termine attraverso il concetto di causa
(). Sapiente , infatti, colui che conosce le cause e, conoscendo le cause, sa insegnare. 1
Pi sapiente , ancora, chi conosce le cause relative alla realt gratuita dellessere, rispetto a
chi conosce le cause relative al benessere della vita ( ), o rispetto a chi conosce
solamente le cause capaci di soddisfare le sue mere necessit ( ). Sommamente e
realmente sapiente chi, alla fine, conosce le cause prime ed i principi ( []
).
Nel cap. 2 Aristotele riesce cos a presentare e a definire il quadro concettuale delle
cause prime, che sono oggetto della ricerca filosofica. Se il sapiente ha conoscenza
dellintero dellessere, e se questa conoscenza una forma di conoscenza superiore, che
riguarda la cause ed ha una finalit disinteressata e libera, allora il sapiente non pu non
godere di una posizione di egemonia, dalla quale governare levoluzione e la
discriminazione delle conoscenze ulteriori e successive, comunque subordinate alla sapienza
stessa ().2 Con questimmagine piramidale il filosofo di Stagira definisce le
caratteristiche della sapienza stessa: essa deve riguardare luniversale ( ),
in quanto tutti i particolari sono da riportarsi alluniversale; ma luniversale , infatti,
lontano dalla sensibilit e dallopinione comunemente attingibile; esso infatti
comprensibile grazie ad una quadratura o ad un insieme particolarmente ristretto di principi
forse qui il riferimento ai generi sommi dellessere del Sofista platonico3
particolarmente elevato ed astratto. Questi principi definiscono cos il perimetro, il limite ed
il confine, allinterno del quale limmaginazione razionale delle cause pu garantire
legemonia effettiva e concreta della sapienza su tutte le altre scienze e tecniche. Cos la
materia che costituir la formazione immaginativa e razionale delle cause sar la materia
stessa della quale si concretizzer lo spirito libero del sapiente, secondo lorientamento
prevalente ed implicito, definito contestualmente dal proprio maestro Platone: la
diagonalizzazione dellUno necessario e dordine.4 questa diagonalizzazione a tenere
1
VERTICALIZZAZIONE
FINE
FORMA
MATERIA
A
INIZIO
Talete10 avrebbe considerato questa sostanza materiale come elemento acquoso (),
considerandone le virt di sostentamento vitale collegate al calore. Dellelemento acquoso
partecipavano pure tutte le potenze generative degli esseri, cosicch lelemento stesso
poteva garantire la potenziale dinamicit di ogni sviluppo e tendenza. Ma il concetto e la
prassi stessa instaurata dalla potenza dello sviluppo e dalla tendenza richiamano in campo
quellorientamento divergente e quel termine deguaglianza, che Aristotele cerca sin da
questo momento di nascondere, occultare o negare, annullando completamente per il primo
dei naturalisti () la dimensione spazio-temporale, il modo attraverso il quale il
quanto si fa quale, grazie ad un particolare concetto di estensione con variazione.
Vedremo, quando tratteremo della riflessione di G.W.F. Hegel, come si potr tematizzare e
problematizzare questo concetto, e quale prassi esso possa aprire. Del resto questo stesso
concetto presentava per lo stesso Aristotele una ragione problematica, nel momento in cui il
filosofo di Stagira dovr cercare di risolvere la questione dellinduzione ().
Dopo Talete la trattazione storiografica aristotelica si dedica alla figura ed alla riflessione
di Anassimene, del quale rammenta la scelta del principio materiale dellaria (). In
rapida serie, poi, Aristotele ricorda Eraclito di Efeso, con la sua scelta del principio del
fuoco () ed Empedocle, che aggiunge ai tre precedenti elementi il principio della terra
(), costituendo in tal modo un complesso di quattro sostanze in reciproca combinazione
puramente quantitativa. Aristotele toglie qui ogni movimento dialettico e creativo alla natura
empedoclea, quasi sterilizzandone la potenza dinamica. Una potenza che massimamente
viene riaperta e moltiplicata, ricordando leffettiva realt delle omeomerie () di
Anassagora di Clazomene, che vengono infatti riferite dallo stesso Stagirita al novero dei
principi infiniti ( ). Potenza moltiplicata ed infinito costituiscono, infatti, la
materia e la forma o ragione del suo essere dinamico, che pu cos mantenere sia laspetto e
la dimensione eterna, che attraverso la variazione e la combinazione reciproca quella
reciproca codeterminazione alla generazione e corruzione, che stabilisce il senso del
divenire temporale.11
Nascosto il raggiungimento di Anassagora ricordiamolo attivo ad Atene durante il
periodo pericleo ed allontanato dalla citt, proprio perch considerato pericoloso per la
religione tradizionale Aristotele ha buon gioco nel sovrapporre allo spazio immaginativo
anassagoreo la propria voluta semplificazione, basata su un concetto lineare di divenire (per
semplice generazione ed altrettanto semplice e banale corruzione). Aristotele, per questo,
dopo avere ridotto ed annullato ogni spazio dialettico e creativo alle speculazioni
10
concorrenti, introduce il concetto e la prassi di una causa eteronoma, che dal di fuori riesce
a imporsi sul sostrato e lo fa modificare e muovere (in senso lato).12
Allora il principio del movimento ( ) sar costituito da un soggetto
paraumano, che Aristotele unicamente dice di vedere, dopo averne sottratto lalternativa ai
pensatori precedenti. Con questo gioco di prestigio piuttosto imbroglione Aristotele si
permette di sviluppare ulteriormente la sua consapevole mistificazione, includendo quasi
tutta la tradizione speculativa precedente tranne Parmenide fra coloro che negano non
solo come del resto comunemente accettato che lessere possa dileguarsi, ma pure che
possa in alcun modo modificarsi. 13 Non solo: egli coopta Parmenide nel novero dei pochi
pensatori capaci di distinguere, dopo lidentificazione dellessere con lUno, due diversi
piani separati, forse appunto quello della ragione (per Aristotele sensibile al trattamento
interiore) e quello della materia (per Aristotele sensibile al trattamento esteriore). 14 Qui,
allora, non si pu non rimandare ad una successiva interpretazione corretta dei pochi
frammenti rimasti del , per smantellare lassunto assiologico che vede imposta la
struttura del divenire del diverso dallidentico.
La potenza e latto di questo movimento conducono Aristotele a valutare positivamente
la possibilit offerta dai naturalisti, di combinare per elementi opposti lemergere
progressivo del divenire reale, mentre nello stesso tempo ne critica la supposta incapacit
anzi, di pi, limpossibilit a giustificare la finalit migliorativa dellesistente, comunque
presente in natura. Per primo, sar Anassagora di Clazomene secondo Aristotele che
inserir il concetto di Intelligenza (), per spiegare questa finalit, dordine tendenziale e
di organizzazione, che Aristotele stesso definisce come movimento verso il bene e il bello. 15
Nel cap. 4 Aristotele richiama a questo proposito il pensiero di Esiodo e, di nuovo, di
Parmenide, per segnalare un possibile antecedente alla teoria della necessaria presenza
attiva di un principio, che muova ed orienti al bene ed al bello: qui lamore ed il desiderio
(, ) vengono come distolti dalla loro virt e potenza rivoluzionarie, consistenti
nella capacit creativa e dialettica superiore, per essere in qualche modo declassati e
neutralizzati a fattori di convogliamento delle molteplici finalit naturali ed umane. 16 In
opposizione a questo convogliamento Aristotele abbassa, poi, una dialettica decettiva (),
attraverso la quale d origine al termine inferiore della materia riottosa e disordinata,
persino brutta per il suo divaricarsi dal dellordine e della perfezione. Qui egli riesce a
deviare la speculazione di Empedocle, assegnando a questo spazio cos costruito lagibilit
funzionale dei suoi due principi: lAmicizia () e la Discordia (). Aristotele riesce,
12
13
14
15
16
in questo modo, a trasporre il senso dei due principi empedoclei, rispettivamente, alle
funzioni unitarie, coordinatrici ed organizzatrici di una sensata intelligenza finalistica ed alla
funzione diabolica di unattivit disgregatrice e contrappositiva.17 Separando su due piani
diversi essi pure contrapposti i due principi empedoclei, Aristotele toglie la loro paritaria
complementarit, potente nel contempo a unire e differenziare allinterno dellorizzonte
razionale, e costruisce quello schema dualistico fra i principi del bene e del male, che
ricomparir con grande valore ed evidenza nella tradizione religiosa medievale.
Materia e movimento per non soddisfano laspettativa aristotelica, che preme
conseguentemente per indicare e definire due ulteriori cause: una forma intelligente
intrinsecamente presente in ogni evento naturale e una finalit capace di elongare un
processo lineare e coerente, senza le confusioni empedoclee, 18 ma che sappia distinguere
fra un inizio ed un opposto scopo o fine. La dialettica deviata di Empedocle diventa allora
nella immaginazione aristotelica la prima forma, ancora abbozzata, della propria dialettica,
vera e reale, fra causa produttiva e causa finale. La dialettica dei contrari.
Proseguendo lungo la strada precedentemente tracciata e che gli aveva consentito di
collocare le speculazioni di Anassagora ed Empedocle in uno spazio distinto e separato che
non era affatto loro proprio, Aristotele banalizza e sminuisce le riflessioni provenienti dalla
scuola degli atomisti Leucippo e Democrito. Qui, dopo aver ricordato il loro uso dei due
principi del pieno ( ) e del vuoto ( ), egli aborrisce il loro paritario
accostamento, ancora una volta tradizionalmente infastidito dalleguaglianza dellessere e
del non-essere. Cos come non aveva compreso, o addirittura mistificato, lorizzonte di
quelle due riflessioni, cos ora rende inintellegibili le differenze degli atomisti (
) figura (), ordine () e posizione () finalizzandole secondo principi
operativi per proporzione (), per contatto () e per direzione () lineari e
deterministici, che scompongono in una miriade di frammenti inorganizzabili (caotici) i
singoli movimenti degli esseri.
Se forma intelligente e fine riescono a comporre i contrari causa produttiva e causa
finale allora Aristotele ha buon gioco nel cap. 5 a nascondere il fatto che i Pitagorici
fossero stati degli anticipatori, in forma riduttiva (matematica), delle proprie
argomentazioni. Per il pensatore di Stagira, infatti, i discepoli di Pitagora considerarono e
17
la traccia finale di queste considerazioni e riflessioni non possa non portare alla valutazione
di una forma razionale di necessit naturale, capace di superare le teorizzazioni
sullindividuazione e le individualit praticate dalla scuola eleate e pitagorica. Qui comincia
ad inserirsi il discorso sulla predicazione, che ha infatti bisogno di un orizzonte di
riferimento e di un termine di ritorno stabile e continuamente attinto, pur nella possibile
variet e variazione delle classi di determinazione effettivamente presenti ed agenti. Solo
cos la definizione razionale e naturale degli esseri reali - richiama il termine greco
per orizzonte - potr farsi carico della responsabilit e del peso legati alla sussistenza
precedente di enti ideali oggettivi (le idee). Che nella mente di Aristotele devono s essere
legati e vincolati alle cose che determinano, ma devono nel contempo esserne svincolati e
liberi (separati) appunto dotati di una precedenza originaria per evitare la compresenza
di concetti contraddittori (luno che nello stesso tempo tutti quei molti uno, che individua
e distingue, o seleziona).22
Lestrazione dellidea spinge ora la trattazione aristotelica a considerare le riflessioni e le
argomentazioni elaborate, organizzate e proposte da Platone e dai Platonici suoi discepoli.
Platone, infatti, ritenuto da Aristotele seguace e discepolo delle dottrine eraclitee e
socratiche, rivolge ed inverte la propria attenzione al mondo separato delle idee (),
dichiarando limpossibilit di estrarre queste ultime dalla realt sensibile. Per il pensatore
stagirita lidea platonica era la determinazione aperta verso la superiorit celeste,
immaginativa ed universale, mentre le realt sensibili individuali dovevano essere accostate
alla applicazione delle loro controproiezioni (riflessi od ombre) inferiori. In questo senso la
predicazione e lindividuazione stessa va dallorizzonte delle idee stesse ai sensibili, che si
rivolgono a queste per partecipazione (). Lapertura di una relazione orizzontale che
raccolga i soggetti e li rivolga verso laltezza dellideale e la sua molteplicit il vero senso
e significato politico della metafisica platonica viene occultato dallinterpretazione
aristotelica, che preferisce schiacciare il concetto platonico di partecipazione su quello
pitagorico di imitazione (), semplice riproduzione delloggetto guardato. Certo la
partecipazione come limitazione porta in campo la problematicit del contenuto della
relazione verticale oggetto sensibile idea, ma lo stesso Aristotele subito dopo costretto a
nominare le entit intermedie che svolgono, nel panorama della speculazione platonica,
appunto questa funzione: gli enti matematici intermedi ( ), che riuniscono in s la
funzione stabile e distinta appunto mediana - di raccoglimento per similarit, mentre le
idee si aprono superiormente a ventaglio, per allargare la precisione della differente
individuazione.23
22
23
Per definire meglio la costituzione della pluralit ideale Platone avrebbe poi utilizzato,
secondo Aristotele, la combinazione e la composizione di un principio formale (razionale) e
di un principio materiale (immaginativo): lUno ( ) e la diade grande-piccolo (
). Qui la relazione di precisazione viene accolta allinterno di un orizzonte, che
mentre consente e rende possibile una rigida individuazione, dallaltro lato si deve ampliare
a costituire il riferimento della stessa.24 Per questo motivo lUno platonico rimane stagliato
allorizzonte, come inindividuabile: cos Aristotele lo avvicina al concetto di sostanza,
allontanandolo da quello di predicato. Pur sempre considerandolo come causa generale
dellapplicazione specifica, operata grazie agli enti matematici.
Lapplicazione della prassi della precisazione tramite la diade grande-piccolo toglie alla
speculazione platonica lestensione illimitata dellimmaginazione razionale. Su questo punto
argomentativo e problematico Aristotele precisissimo: facendo derivare lillimitato
dallapplicazione di questa diade, Platone apre al futuro concetto aristotelico della
necessaria distinzione fra atto del finito e infinito in potenza (posizione e successione
infinita dei numeri e delle grandezze). In questo modo, obiettivamente, la filosofia platonica
reseca via lorizzonte speculativo e pratico dellinfinito, che invece era stato acquisito e
mantenuto dalle ultime filosofie presocratiche immediatamente precedenti o contemporanee
(Anassagora, Melisso). Inizia ora la tradizione del mondo finito occidentale, reale nella
sostanza, infinito in una forma decettiva di immaginazione (immaginazione lineare e
seriale). Cos Aristotele ha buon gioco nel ricordare che, mentre i Pitagorici attribuivano
lUno attraverso i numeri ai sensibili in maniera sostanzialmente necessaria ed immediata,
Platone costituisce per primo la separazione del medio, opponendo la forma superiore ai
sensibili inferiori. Anima senza corpo e corpo indistinto perch senzanima costituiranno
allora i due termini di distinzione del mondo platonico, che Aristotele indaga, analizza e
sviluppa in tutte le sue ulteriori conseguenze.
Se, dunque, Platone usando le immagini pure aggancia allorizzonte dellUno la
successiva forma decettiva di immaginazione, cos egli fonda come sopra si sottolineava
la dialettica fra finito ed infinito: la forma dellUno si sottrae attraverso lapplicazione che
comunque nasce da lei stessa, in virt dellaggiunta della diade grande-piccolo. Questa
aggiunta si oppone alla separazione definitiva dellUno (opposizione assoluta), facendo
cadere gi derivare la flussione del rapporto numerico della grandezza. Nella
proporzione 1:1 ecco nascere il 2; quando il 2 viene esteso secondo una diagonale
orizzontale e lineare i termini dell1 e del 2 permettono la proiezione ulteriore del 3 (che
unaggiunta aperta). Ecco nascere il triangolo (che unaggiunta chiusa), secondo un modo
di procedere influenzato dal pitagorismo. Ma anche ecco nascere la potenza del plurale, che
24
tradizione pare terminare con lesito finale rappresentato dalla potenza in atto di un Capitale
(finanziario, produttivo e distributivo) che si fa religione mondiale, mentre al contempo le
varie e diverse religioni mondiali paiono modularsi in relazione ad esso, per affinit e
somiglianza (quando non in un rapporto di reciproca e soddisfacente legittimazione e
strumentalizzazione), o per opposizione ed incongruenza. Oggi, come in ogni momento di
crisi della civilt occidentale, il mantenimento dellorizzonte razionale e naturale
dellinfinito come atto e potenza a costituire il superamento di quella stessa
autosterilizzazione alla quale si assoggetta, paradossalmente, quella tradizione.
Quando, infatti, quellUno si fa opposto allopposto, esso si riduce sino alla propria
autoeliminazione, per una sorta di contro-effetto originato dialetticamente da quella stessa
negazione assoluta che rivolge contro la potenza del suo nemico costante, il soggetto
naturale e razionale. La potenza naturale e razionale, infatti, tanto pi si evidenza e si
raccoglie come soggetto, quanto pi quellUno pretende di rivolgere a s e solo a se stesso
una superiore potenza ed un atto distaccato. Questi non sono altro, infatti, che quella volont
di vita capovolta e convertita in necessit di morte: una natura maligna e violenta, sempre
pronta alla sopraffazione ed alla spoliazione, una ragione che si fa diritto ed insieme legalit
del pi forte, della comunit coesa che si fa strumento di eliminazione del diverso e
dellaltro. Ma questa conversione punta come proprio obiettivo la fonte stessa che lha
generata: la necessit di morte leliminazione dellamore per la libert e leguaglianza, la
dissoluzione della prassi della natura buona e pacificatrice, la disintegrazione della ragione
aperta e giusta deve infatti togliere di mezzo se stessa, come necessit, per una morte
spontanea, per leliminazione volontaria e collettiva il sacrificio rituale (quotidiano) - di
tutti i soggetti che aderiscono alla sua logica violenta. Essa sostituisce lapertura
immaginativa e razionale, il movimento creativo e dialettico del pensiero e dellazione, per
presentare una pietrificazione di se stessa quasi come un monolite dellisola di Pasqua in
attesa che qualcuno la riscopra e la riattivi, dopo lautoeliminazione dei suoi sudditi. Questo
accaduto realmente nella storia dellevoluzione negativa della civilt occidentale, quando
la necessit di finire ed essere terminati ripropone continuamente la contro-affermazione
dellidentico e della necessaria identit; questo ci che in ogni momento da tutti e da
ciascuno pu e deve essere fermato e rovesciato, ora per la stessa salvezza rivoluzionaria
della specie umana e dellintera vita di questo pianeta.
Al tempo in cui Aristotele scriveva la sua Metafisica, la lotta fra laffermazione assoluta
dellidentico e della relativa e necessaria identit e la pluralit creativa e dialettica della
natura razionale (anche nella sua veste apparentemente oscura di materia immaginativa) era
rappresentata proprio dal tentativo aristotelico di affermazione del concetto e della realt
della sostanza (). Per ottenere questo risultato, per, Aristotele deve affrontare e
Cos della concezione empedoclea31 (1) critica lapparente fissit degli elementi estremi,
fuoco e terra, che andrebbero invece considerati secondo lui in una continua dinamica di
trasformazione. Considerati gli elementi ordinati secondo la propria scala gerarchica dal
basso verso lalto: terra, acqua, aria, fuoco Aristotele vuole avere buon gioco nel mostrare
come i termini opposti e motori dellintero movimento naturale non possano essere
considerati come distinti e separati dai restanti elementi, pena lincomponibilit e la
fratturazione della stessa unit naturale. Ma il punto proprio questo: Empedocle utilizzava
Odio e Discordia quali motori opposti per lintegrazione o la differenziazione naturale, che
godeva proprio per questa ragione di uno spazio immaginativo e razionale comune. Qui
Aristotele pare, invece, sostituire consapevolmente i due termini corretti della speculazione
empedoclea con il quadro gerarchico entro il quale far poi valere le proprie critiche e le
proprie contro-teorizzazioni, falsificando in anticipo la discussione e la dimostrazione
stessa.32
Proseguendo nella sua critica volutamente confusa, Aristotele (2) confonde la visione
chiara e precisa della dialettica empedoclea, la sua apertura dimmagine razionale,
sottintendendo che uno solo debba essere il principio egemone, al quale laltro debba in ogni
caso obbedire. Se, di nuovo ed ancora, questa devessere la per-struttura entro la quale
costringere il pensiero di Empedocle, gioco facile per Aristotele dimostrare
apparentemente che lo schema che lega le due cause di movimento nellinterpretazione
empedoclea non regge la prova della composizione e dellordine naturale. Facendo valere
ancora la sua interpretazione sullorigine pitagorico-orfico-platonica della separazione ed
opposizione dei motori, Aristotele pu conseguentemente (3) affermare che la divaricazione
indotta da questa opposizione impedisce il passaggio medio dallelemento inferiore a quello
superiore e viceversa, cos annullando quel processo che da lui stesso definito alterazione.
Ma questo processo del divenire altro dallaltro - che qui viene fondato teoreticamente e
praticamente, per essere successivamente trasmesso alla storia della filosofia occidentale
sino a G.W.F. Hegel divarica effettivamente le due linee di quella dialettica decettiva,
precedentemente delineata e criticata, che stabilisce forse per controbilanciare leffetto
della tradizione pitagorico-platonica la necessit di riorientare lo scopo naturale e
razionale dalla sua fissit geometrica alla sua potenza soggettiva. Se infatti laltro dallaltro,
rispetto allUno di tradizione pitagorico-platonica, rischia di non trovare ricomposizione,
perdendosi nei cieli dellincomprensibile e dellirrazionale, laltro dallaltro che qui, nel
pensiero aristotelico, viene ricomposto, stabilisce la distinzione fra la fascia superiore della
31
ragione e quella inferiore della natura, edificando e costruendo lo spazio vincolante della
potenza di un soggetto unico ed egemone, capace di tenere insieme sotto un comune
orizzonte generale tutte le determinazioni razionali e le finalizzazioni strumentali naturali.
in questo modo che, allora, nasce limmagine e la figura delluomo occidentale, che
comprende ed agisce, secondo un presupposto generale che afferma la dialetticit piena e
completa fra razionale e reale (si noti qui ancora la figura terminale, per la civilt ideologica
occidentale, rappresentata dal pensiero di G.W.F Hegel, attualmente ripreso dalla linea del
cosiddetto pensiero unico in economia politica o del Dio unico nelle riflessioni di matrice
istituzionale-religiosa). Non difficile vedere come e quanto questa piena e completa
dialetticit fra razionale e reale abbia alla fine stravolto paradossalmente rispetto ai suoi
stessi fini e proprio a causa della sua costruzione di un soggetto assoluto sia la ragione
che la realt naturale, come le abbia pervertite nella loro creativit e nel loro rapporto
dialettico. La ragione, infatti si oramai ridotta ed autoisterilita nella celebrazione dei fasti
del potere politico e religioso tradizionale suo criterio valoriale infatti lidea e la prassi
del dominio, del controllo e della sempre pi ampia, profonda ed addirittura preventiva
repressione mentre la natura stessa ha perso quasi del tutto la sua stessa esistenza,
schiacciata dal presupposto e dalla necessit utilitarista e strumentale. Solo il richiamo ad
una concezione che ricordi e ravvisi la presenza e lazione dellinfinito nella ragione e nella
natura e che quindi ne ristabilisca le reciproche aperture dimmaginazione, potr ricostituire
il senso della vita dello spirito che le accomuna.
Quale testimone antico di questa alleanza, Anassagora, 33 viene invece investito dal furore
distruttivo del fondatore di quella linea interpretativa. Aristotele infatti, pi ancora che con
Empedocle, costringe la speculazione dellavversario entro delle coordinate che ne
mortificano ed annullano in anticipo lapertura e lo spirito. Prima (1) ne schiaccia il pensiero
entro la falsa opposizione fra mescolamento iniziale e generico tutto inizialmente
mescolato - e distinzione finale completa e specifica tutto alla fine distinto e separato.
Poi, utilizzando limplicito nascosto in questa sua prima riscrittura revisionista che le cose
devono essere tagliate e semplificate alla sostanza (naturale e razionale) (2) ne approva
una certa, per lui importante, novit.34 Questa novit sarebbe rappresentata dallazione
dellUno razionale e dalla presenza della Diversit naturale. Chiuso entro lo stereotipo
tipico della propria interpretazione verticale Aristotele, infatti, riduce lIntelligenza
anassagorea ad un principio separato e puro. Cos la sua autonoma ed illimitata presenza
viene convertita ed invertita in una determinazione egemonica separata, trasmessa poi come
qualit dominante a tutta la tradizione storiografica filosofica occidentale. Nello stesso
33
34
tempo ci che in questa stessa tradizione occuper il posto della materia visibile, il Diverso
e lindeterminato, viene ristretto alla definizione di una corporeit multiforme e proteiforme:
appunto quella di una materialit che sorregge lapparizione sempre diversa degli enti
contingenti, nellinterpretazione di un estremo materialismo quasi a propaggini sempre
cangianti dellunica sostanza. Chiuso lUno e schiacciata sino allannullamento la dialettica
fra le omeomerie anassagorea, Aristotele pu a buona ragione essere considerato linventore
della tradizione del concetto e della prassi dellUno necessario e dordine, al cui muro
schiacciare gli avversari filosofici, quasi come in una sorta di stupro filosofico, dove la
vittima viene prima costretta e poi negata e gettata via. Del resto questa stessa tradizione
diventer in epoca tardo-medievale e moderna anzi sino alla nostra stessa contemporaneit
il fondamento della lotta alleresia, alla deviazione politico-religiosa, dal momento che
tutte le sue forme storicamente determinate possono essere effettivamente riportate proprio
alla volont di riaprire e far rivivere il concetto e la prassi dellUno aperto ed infinito (dalla
ribellione dei Catari alla rivoluzione comunista).
Aristotele pu dunque procedere nella sua opera di selezione filosofica, aggredendo il
nemico successivo, prossimo a quello a lui pi vicino e dunque pi pericoloso (Platone ed i
platonici): i Pitagorici.35 Dei Pitagorici Aristotele ravvisa la distinzione e la separazione fra
enti sensibili ed enti insensibili, astratti, geometrico-matematici. Come se si trattasse
dellapplicazione, in una fase primitiva indefinita ed imprecisa, della medesima figura ed
immagine dellUno necessario e dordine, che sar sviluppata da Platone e dai Platonici, per
essere poi veramente e realmente determinata da Aristotele solamente, (1) la struttura
argomentativa dei Pitagorici viene raccolta e quasi raggrumata attorno al cardine verticale
rappresentato dallente primo e stabile, privo di movimento, perch determinante: gli enti
matematici ( ). Occupata comunque in questo modo una posizione mediosuperiore, essi rivolgono secondo Aristotele la propria attenzione quasi esclusivamente agli
enti naturali, contenuti entro il limite superiore del cielo. Nello stesso tempo essi si
riferiscono pure, con gli stessi strumenti, agli enti pi alti, che si sottraggono alla sensibilit,
non perch non affettino gli uomini con il loro pensiero o con la loro azione, ma perch
paiono essere separati dal mondo che nasce e si corrompe, e che dunque sta in movimento
perenne e diuturna trasformazione. Essi, soli, restano eterni.
I Pitagorici, per, (2) con la loro combinazione laterale di illimitato () e limitato
(), pari ( ) e dispari ( ), non riescono a determinare sempre
secondo Aristotele da dove a dove proceda il movimento: non riescono a definire e
determinare la sua causa. La linearit di determinazione progressiva, che abbiamo visto
essere stata sviluppata dalla scuola pitagorica, sembra togliere secondo la considerazione
35
determinatrice operata in virt del principio egemonico lUno necessario e dordine come
coerenza assoluta del procedimento analogico (di accostamento e proporzione) quanto,
allopposto, la visione e la prassi dellinfinito creativo e dialettico, che sar ripresa
esplicitamente dalla speculazione di Giordano Bruno, protender senza alcuna
predeterminazione ecco la giustificazione del richiamo al Chaos atomico (antico e
moderno) lambito di vita del desiderio, naturale e razionale. Apparentemente chiuso nella
vorace passione dellamore lOrco della Lampas triginta statuarum (Wittenberg, 1587)
esso proromper di nuovo alla libert della Notte , ancora, lo stesso testo bruniano per
ricordare limpredeterminato della ragione: lUno aperto ed infinito.
Aristotele, al contrario, (3) non solo nega questa forma dimostrativa, ma pretende di
confondere laspetto di distinzione astratta da lui stesso sovrapposto alla speculazione
pitagorica gli enti matematici superiori da un lato, gli enti sensibili concreti e materiali
dallaltro - con la sua organizzazione fisica dei corpi leggeri e pesanti, ovvero con la
gerarchizzazione dei due contrari come motore combinato ed opposto della determinazione
superiore e della subordinazione inferiore. Con questa meta-fisica teologica e politica
Aristotele ritiene, pertanto, che le argomentazioni pitagoriche sulla prevalenza degli enti
matematici abbiano comportato unimpossibilit di principio: separate ed astratte, esse non
possono adeguarsi allo schema logico-organizzativo preparato in altri testi (Organon,
Fisica, De Caelo) dallo stesso Aristotele.
In pi, alla fine, (4) egli pretende di rinchiudere la stessa, intera, speculazione pitagorica
entro il recinto di una piena e completa finitezza, come se lo stesso schema da lui stesso
proposto non ne indicasse invece un possibile superamento e rovesciamento. Non sar
certamente un caso, che fra tutti coloro che alla fine del medioevo ed in piena o tarda et
rinascimentale indicheranno la possibilit di un rapporto diverso fra linfinito divino (la sua
potenza) e la apparente finitezza mondiale (la sua volont), comparissero dei pensatori che
si richiamavano nei loro schemi argomentativi appunto al lascito della tradizione pitagorica
(Fracastoro, Brahe, Keplero). Aristotele, invece, imputa ai pitagorici lassenza di uno spazio
che solo lui stesso riesce a vedere e pensare, ad analizzare e sistemare: lo spazio proteso
dellinfinito potenziale.36 Anzi: che lui vede sulla scorta di Platone e, confortato dal suo
pensiero ed ammaestramento, organizza e sistema.
Volendo per rimanere coscientemente entro i limiti di un mondo unico e finito,
Aristotele non pu non criticare e sottoporre a negazione preventiva la dialettica aperta dai
pitagorici, che invece del suo giusto mezzo che medievalmente trover corrispettivo
nellespressione della necessaria adequatio mentis rei pongono in essere due mondi
36
Una lettera Giordano Bruno la sosteneva come per eccellenza pitagorica (De umbris idearum, Parigi, 1582) - che
rende bene questa protensione visuale, nel mantenimento di quellapertura di relazione, che contraddistingue il pensiero
presocratico ed il miglior platonismo, la lettera Y.
possibile
(il
terzo
uomo
del
Parmenide
platonico).
Questa
moltiplicazione allinfinito della determinazione allora (4) vanifica proprio quel necessario
richiamo allunit, che pare essere la pi forte richiesta razionale platonica (ed aristotelica).
Infatti Platone deve favorire il concetto di moltiplicazione numerica ( ), aprendo
lateralmente la possibilit materiale della moltiplicazione degli enti; nello stesso tempo
costretto a negare lapparenza vincolante ed identitaria dellUno ( ). I
Platonici, a loro volta seguendo questo insegnamento platonico, devono contraddire proprio
loriginario richiamo allunit razionale avanzato dal loro maestro.
Cos Aristotele pu a buon vedere, secondo la propria considerazione correggere
questa tendenza alla disintegrazione dellEssere che porter effettivamente alla deriva
scettica dellAccademia - e, quasi rincamminandosi lungo i sentieri dellessere parmenideo
(o almeno di quellimmagine determinata e determinante dellessere parmenideo a lui pi
37
Qui la lettera pi adatta, per presentare il doppio ventaglio della moltiplicazione partitiva dellimmaginazione, la
lettera X.
38
Metafisica, A 9, 990a 33 993a 10.
platonica forme delle forme primigenie, una riduzione inutile e dannosa dal punto di vista
euristico per Aristotele - ma che devono al contrario essere ricostruite a posteriori,
integrando se possibile tutte le possibili somiglianze. Nasce in questo modo il procedimento
analogico, con un debito nascosto dovuto al fattore moltiplicativo materiale platonico.
Lestensione per variazione - il 3 rispetto alla diade rimane qui il concetto fondante
della produzione creativa e nello stesso tempo scientifica della ricerca aristotelica: essa
consente infatti sia lindividuazione specifica, che la variabilit individuale. con questo
concetto che Aristotele (8) pu superare la separazione platonica fra idee e sensibili,
impiantando nellambito della conoscenza unazione di ricerca che procede per integrazioni
successive, o per salti qualitativi, mentre nellambito del riconoscimento dellazione
presente in Natura pu inserire la ricerca delle vere ed effettive cause motrici. Queste allora
verranno considerate come lautentico artefice interno delle materie che vengono ad esistere
e che si trasformano.
Aperto lorizzonte degli artefici naturali, Aristotele pu a buon diritto (9) eliminare la
fredda e rigida corrispondenza numerica platonica, che attua una triangolazione dove la
diversit individuale precompresa nella possibilit di una forma data a priori. Se per
Platone la variazione della determinazione era concessa da una forma assoluta di necessit,
per Aristotele questa necessit non ha pi alcun valore, in quanto e perch tende a
focalizzare a s il rapporto come ente di proporzionamento, costituendo persino il fattore di
un
raddoppiamento
inutile
fuorviante:
quello
fra
ragione
sensibilit.
negli elementi a questa dipendenti. Tolta la visione del terzo termine platonico, Aristotele
(13) gli sostituisce la soluzione da lui stesso approntata, che prevede lalta composizione
delle differenze come forma di unificazione non meramente quantitativa. Il processo di
composizione in serie (14) aprirebbe per alla considerazione del suo rovesciamento e della
sua penetrazione nella materia soggetta, che in tal modo riuscirebbe a staccare una
determinazione progressiva, per aggiunte successive. Cos lunit del numero superiore
troverebbe riflesso in una frantumazione inferiore, in una scansione di segni separati. Come
pu allora questiona Aristotele lunit superiore continua trovare corrispondenza in una
divisione data? Il rapporto fra quella e questa dovrebbe essere di opposizione, cos come
sostengono i pensatori dialettici presocratici. Per superare questa apparente difficolt fra
principio e principiato che presso i Platonici li oppone Aristotele (15) escogita una
particolare critica della composizione delle tre dimensioni platoniche (misurazione
progressiva, limite orizzontale e limite verticale), sottolineandone lincomponibilit
meramente quantitativa. La scomposizione aristotelica, infatti, evidenzia il grado e lordine
diverso degli elementi platonici, facendo leva sulla differenza assoluta fra corpo, superficie
e numero.
La stessa misurazione progressiva, poi, (16) devessere unaggiunta successiva di unit
(punti), altrimenti lestensione platonica dal punto iniziale la retta - non avrebbe limite e
determinazione precisa e progressiva (secondo un punto finale). Punto iniziale e punto finale
riempiono perci di punti tutta la linea tracciata, o questa se fosse di genere diverso non
potrebbe essere fermata dal termine finale (o partire da quello iniziale). In questo modo
Aristotele comincia a definire il genere come relazione. Come capacit reciproca di due
termini di entrare in relazione. Ci ha valore non solo nellaritmetica, ma anche nello
svolgimento del discorso, nella composizione grammaticale della frase (nome-verbo). Come
pure nella composizione onto-logica iniziale degli esseri (atto-potenza). Con la sistemazione
generale di questa disposizione Aristotele (17) riesce a sbarazzarsi delle ontologie
precedenti quelle presocratiche e quelle, pi recenti, dei Platonici irradicando al centro
dellapparizione dellEssere e del movimento dei suoi fenomeni il loro comparire
allessere e la loro finalit - la logica reale della sostanza. Togliendo di mezzo il falso ed
inutile raddoppiamento fra sensibili e razionali proposto dalla scuola platonica, (18)
laffermazione aristotelica della priorit, prima genetica e poi finale dellatto su di una
potenza materiale che gli sia fedele accompagnatrice, sostituisce la visione dellapertura
proposta dalla tradizione presocratica e platonica con una triangolazione dorizzonte pi
ferma e salda nel mantenimento dellunit e dellintegralit dellEssere. Come procedendo
ad una moralizzazione delle stesse determinazioni naturali, Aristotele rigetta quella visione
quantitativa, che gli pare inabile alla considerazione finalistica dellintelligenza, presente
come motore interno a tutti gli esseri esistenti. Questa impostazione, infatti, deve comunque
inserire a posteriori una forma astratta e superiore di intelligenza, per spiegare
successivamente le motivazioni razionali, che paiono fondare il venire ad essere, il
movimento e leventuale trasformazione magari reciproca ed organizzata - dei fenomeni
apparenti.
Se, allora, il centro dellEssere occupato da questa nuova impostazione, anche il
concetto di soggetto materiale (19) deve innovare la prospettiva delle ricerche naturalistiche:
se, infatti, nei platonici la proporzione lineare il grande e piccolo stabiliva la porzione di
corpo da doversi considerare, il nuovo ordinamento aristotelico rifacendosi a quello dei
primi fisiologi stabilir la duplice ed opposta ma interconnessa direzione spaziale e
temporale dellalto e del basso, delle nature che procedono ad una diffusione degli elementi
e di quelle che, invece, ne determinano una concentrazione. Stabilita, quindi, la differenza
fondamentale, tutte le altre differenze successive (20) fonderanno la spiegazione delle
diversit naturali ed i movimenti degli esseri comparenti. Senza questi movimenti infatti non
sarebbe possibile identificare, distinguere e dividere gli esseri nelle loro proprie
classificazioni, distruggendo in tal modo la stessa ricerca naturalistica. Limmobilit delle
forme platoniche conduce proprio a questo esito fatale, impedendo lordinamento gerarchico
del mondo.
In tal modo lordine aristotelico delle sostanze (21) annulla la confusione presente nel
tentativo di sistemazione razionale proposto dai Platonici. La stabilit delle forme
platoniche si regge infatti su un orizzonte di continuit, che stabilisce quel limite superiore
al di l del quale pare governare con legge assoluta (necessit insuperabile) lUno stesso.
Perci i Platonici attribuiscono allUno medesimo la propriet assoluta di tutte le forme e
conseguentemente di tutte le determinazioni che originano da queste. Cos le forme stesse
vengono ad essere per propriet separate. Ma nello stesso modo vengono separati anche
tutti gli atti di giudizio che identificano, qualificano, quantificano ed in diverso modo
definiscono gli esseri esistenti. Cos per con le parole stesse di Aristotele si identifica
luniversale () con il genere (). Si d forma solo conoscitiva, intellettuale, alla
relazione: al contrario, la relazione definita da Aristotele in precedenza come rapporto fra
causa e fine non permette alcuna forma di chiusura verticale, proprio perch se
luniversale platonico vale in realt come forma di riduzione e di negazione della pluralit
aperta dellesistente, il genere aristotelico conserva tale pluralit, pur organizzandola in
modo gerarchico allinterno di un mondo unico. da vedere, naturalmente, con unanalisi
approfondita dei testi platonici della cosiddetta fase autocritica per esempio il Parmenide
se Platone avesse effettivamente stabilito una forma di verticismo astratto, tramite il quale
garantire lapplicazione assoluta di un giudizio esso stesso assoluto. E se la riformulazione
critica della teoria delle idee non valesse invece proprio come reazione al tentativo di
superamento aristotelico, che comunque stabilisce una pluralit finita di sostanze, allinterno
dellorizzonte di un mondo unico, dove la sostanza del pensare divino deve coincidere con
quella del fare morale, politico e naturale. Insomma, se Platone volesse ricordare
unapertura pi ampia di quella del suo discepolo.
Comunque, Aristotele, dopo aver demolito questimmagine platonica dellUno astratto,
necessario e dordine, ritiene di (22) poter esibire alcuni casi, nei quali il genere non pu
essere ridotto alluniversale. I numeri ideali infatti non sono capaci di costruire la
progressione che conduce dalle lunghezze alle superfici ed ai solidi. Questi infatti sembrano
costituire un tipo di enti legati ad una facolt immaginativa, che si sovrappone alla
distinzione platonica fra enti ideali, intermedi e corruttibili. Soprattutto, (23) ridurre la
pluralit aperta e diversificata (comunque ordinata) delle determinazioni razionali e naturali
rischia di far mancare al ricercatore la costituzione formale e materiale degli esseri stessi:
per esempio nel caso della finalit attribuita allazione, solo le sostanze gli enti che
possiedono una intelligenza motrice interna possiedono apertamente delle caratteristiche
speciali, solo ad esse consone. Altri esseri che non godono di questa specialit non
possono essere parificati a queste, come invece pare volere la ricerca egualitaria dei
platonici (o dei presocratici).
Lapertura egualitaria della ricerca proposta dai presocratici e dai platonici (24)
presupporrebbe, secondo Aristotele, la possibilit di unacquisizione totale ed integrale dei
contenuti scientifici a partire da un grado zero della conoscenza, che lo stagirita rigetta, al
pari della teoria platonica dellinnatismo. Lepistemologia aristotelica prevede, invece, che
la conoscenza sia unazione progressiva, capace di svilupparsi sia che si attui per
dimostrazione (), o definizione (), od ancora per induzione () da
alcuni presupposti sino alla conclusione dei propri diversi procedimenti interni.
Luniversale, laccettato od il comunemente posto conducono, allora, verso una gradualit di
determinazione che scandisce la fermezza, la stabilit e la chiarezza degli stili conoscitivi
aristotelici: la ricerca presocratica o quella platonica, invece, secondo Aristotele,
presupponendo una forma generale di conoscenza eguale negli oggetti e nei soggetti, (25)
non riconosce il grado persistente nellattivit di conoscenza, dove gli oggetti devono essere
portati ad evidenza grazie a stili e modalit strumentali diverse, legate al contatto immediato
con loggetto stesso di conoscenza, ovvero alla mediazione costituita dallopinione
(specialistica o comune). La pretesa presocratica e platonica di cogliere immediatamente
lessenza dei fenomeni comparenti alla mente generale si scontra, secondo Aristotele, con la
necessaria presenza di una mediazione, che divide e distingue gli obiettivi della conoscenza
stessa, secondo le finalit teoretiche, pratiche o poietiche ad essa attribuite dalla volont
Aristotele, Metafisica. A cura di Giovanni Reale. Milano, Rusconi, 1998 (1993). Pag. 585.
Metafisica, A 10, 993a 11 993a 27.
passi.41 Non un caso nemmeno che lobiettivo polemico principale sia, poi, Empedocle.
Con la sua concezione apertamente egualitaria degli elementi e delle forze il pensatore
agrigentino doveva infatti stabilire quel concetto e quella realt creativa e dialettica
dellinfinito, che proprio limpostazione aristotelica doveva svellere e distruggere
dallorizzonte razionale e naturale dellEssere. Con tutte le conseguenze teologiche,
politiche e scientifiche che, nel lungo e pi che bimillenario sviluppo della storia
occidentale, a tuttoggi ancora affliggono la mente umana generale.
41
Aristotele, Metafisica. A cura di Giovanni Reale. Milano, Rusconi, 1998 (1993). Pag. 65.