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DCSS Training

Voglio le braccia grosse…


Ecco un titolo che farà impennare le statistiche di accesso, lettura, download, cliccaggi di qualsiasi
server che ospiterà questo strano articolo: il cervello del palestrato medio ha uno scanner linguistico
che nemmeno l’Echelon della CIA è così selettivo e veloce! “Braccia” e “grosse” sono due parole
che accendono una luce nella Matrice, un faro che guida o, se volete, una nenia ipnotica come quel-
la del Pifferaio Magico.

Omero Omero

Fossa
Fossa coronoidea
radiale Fossa
Troclea Epicondilo olecranica
Epicondilo mediale
Epicondilo
laterale Epicondilo laterale
Capitello mediale
Testa Olecrano Troclea
radiale Olecrano
Processo
coronoideo
Tuberosità
radiale Testa
Tuberosità radiale
ulnare
Radio Ulna

Ulna Radio

Testa
dell’ulna

Processo
stiloideo

Processo
stiloideo

In tutto questo tempo non ho mai parlato dell’articolazione del gomito e dei muscoli che la muovo-
no: il gomito di fatto non è interessante per i pesi dato che è una articolazione definita non weight-
bearing, non adatta a sostenere carichi. Siamo noi, nelle nostre follie collettive, che la comprimiamo

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o la tendiamo con centinaia di Kg ma in realtà il gomito è progettato per fare da supporto alla mano
per farci prendere e manipolare oggetti.
Questo non vuole essere un articolo sull’anatomia funzionale del gomito, ma solo due righe per dare
la percezione della complessità di questa articolazione, del sincronismo fra i suoi “pezzi” necessario
per farla funzionare che si mantiene anche quando la sottoponiamo a sforzi terribili.
Non verrà trattata minimamente l’articolazione del polso e quelle della mano, immensamente com-
plesse e delicate ma che, fortunatamente, non hanno un ruolo attivo quando facciamo i pesi. Ciò che
ci interessa è tenere i pesi in mano perché possano fare il loro lavoro sul resto del corpo, suvvia, e
infiammazioni, traumi, problemi, trucchi e dritte non riguardano di certo la mano. E’ paradossale
ma un programmatore che passa 10 ore al PC deve conoscere più anatomia della mano di un bruto
che solleva bilancieri.
Attenzione però a non fare confusione: nel power-bodybuilding la presa è fondamentale ma le dita e
la mano vengono utilizzate sempre e solo in un modo, mentre chi fa arti marziali, crossfit, allena-
menti funzionali o un semplice tyre flip deve preservare i muscoli che fanno muovere le dita perché
in queste attività è possibile creare i presupposti per delle belle tendiniti dato che la mano ha un ruo-
lo attivo nella velocità e nella forza della presa che deve avvenire in condizioni estremamente più
varie rispetto ad uno stacco da terra.
Come è fatto il gomito
Nel disegno precedente un’idea approssimata di ciò di cui parleremo: il gomito permette la rotazio-
ne di radio e ulna intorno all’omero, cioè la flesso-estensione dell’avambraccio sul braccio. Tutti
noi sappiamo, basta toccarle, che l’avambraccio è composto da due ossa, ma come regoletta pratica
dovete ricordare che il radio è l’osso dal lato del pollice, l’ulna è invece quello dalla parte del mi-
gnolo.
Il complesso radio-ulna si articola sull’omero grazie al gomito tramite una serie di punti di contatto
fra loro complementari: il disegno non rende giustizia, ma la testa dell’ulna è formata da una serie
di superfici concave e convesse che ruotano scorrendo sopra le controparti dell’omero, analogamen-
te il radio e tutti i “pezzi” di questa, come sempre, incredibile struttura.

Troclea
Omero
Articolazione Capitello Omero
omeroradiale Processo
Articolazione Articolazione Testa del
omeroulnare coronoide Epicondilo
omeroradiale Omero radio o
Radio mediale
Radio
Articolazione
radioulnare

Epicondilo
laterale
Radio Ulna
Olecrano Ulna Ulna Olecrano
Ulna Radio

Troclea
Capitello
Omero
Processo
Testa del
coronoideo
Omero radio
Processo
stiloideo Radio Cavità
olecranica

Cavità
olecranica

Olecrano Ulna Ulna Olecrano


Ai lati dell’omero è possibile notare i due epicondili, che costituiscono i punti di aggancio di mu-
scoli e legamenti e sono a noi noti per le infiammazioni tipiche di chi fa i pesi: quando fa male il
“nocciolino” interno al gomito ci siamo beccati una bella epicondilite dolorosa e fastidiosa.

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Un modo veramente intelligente di distruggersi i gomiti è fare la garetta di braccio di ferro fra ami-
ci, magari perché c’è la tipa su cui volete fare colpo, nevvero? Il tizio del Grande Fratello si è di-
sintegrato l’omero con una bella frattura a spirale, ma in letteratura esistono anche delle fratture de-
gli epicondili mediali a causa della pressione del gomito sulla superficie del piano su cui date sfogo
alle vostre testosteroniche energie. Non sono molti i casi perché, probabilmente, non piace fare le
figure di merda al pronto soccorso…
Nel disegno precedente, avvicinando il braccio all’avambraccio e facendo entrare a contatto le e-
stremità abbiamo creato un bel gomito. A sinistra le tre articolazioni che si vengono a formare:
 L’articolazione omeroulnare che permette la rotazione dell’ulna intorno all’omero.
 L’articolazione omeroradiale che permette la rotazione del radio intorno all’omero.
 L’articolazione radioulnare che permette, come vedremo, la rotazione del polso.
A destra in alto i dettagli del gomito nel caso di un avambraccio a mano supinata, cioè con il palmo
verso l’alto. In basso invece una rappresentazione del gomito con delle costruzioni virtuali, un mo-
do che utilizzo per schematizzare i dettagli che mi interessano:
Notate come la troclea e il processo coronoideo siano complementari in modo che, quando l’ulna
ruota intorno al gomito il processo coronoideo “scorra” sulla troclea. Analogamente, la testa del
radio ruota sul capitello. Entrambe queste superfici sono ricoperte da cartilagine che rende l’attrito
minimo.
Il gomito è avvolto e tenuto insieme da una fittissima rete di legamenti, che non analizzeremo: se
poteste sezionare un gomito notereste come i legamenti costituiscano una capsula fibrosa che av-
volge tutte le tre articolazioni creando una struttura di contenimento passiva estremamente robusta,
tanto che l’articolazione è stabile anche senza il supporto muscolare. I pezzi del gomito rimangono
insieme a differenza della scapola che non ha legamenti che la tengono appiccicata al torace o della
spina dove i legamenti tengono vicine le vertebre ma non possono mantenere la forma dell’intera
struttura.

L’ulna ruota L’olecrano entra in


sulla troclea contatto con la
fossa olecranica

L’olecrano entra in
Il radio ruota
contatto con la
sul capitello
fossa olecranica

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Nei disegni precedenti una estensione del gomito. Adesso attenti a non fare casino: per avere i dise-
gni simili la rotazione è sempre antioraria, ciò significa che in alto ho disegnato un gomito destro a
mano supina visto dall’interno, medialmente, in basso un gomito sinistro a mano supina visto
dall’esterno, lateralmente.
Sembrano scioglilingua, ma vi prego di prendere un po’ la mano con questo linguaggio, non tanto
per leggere questa roba quanto nel caso vi interessaste autonomamente: se scambiate destra con si-
nistra o non avete idea di come sia piazzata la mano potreste capire esattamente il contrario di cosa
state leggendo.
Notate come la rotazione del gomito sia possibile grazie alla congruenza delle forme articolari, cioè
al fatto che le superfici di contatto siano complementari e se sull’omero la troclea è concava,
sull’ulna è convessa e viceversa.
La testa del radio è una specie di cilindro che è sempre a contatto con la superficie cilindrica del ca-
pitello, perciò la superficie di contatto è inferiore a quella fra omero e ulna: è infatti l’ulna che ha il
principale compito di sorreggere i carichi tenuti dalla mano, mentre come vedremo è il radio che ha
il compito di farla ruotare.
Mentre l’avambraccio ruota sul braccio l’olecrano, la punta ossea del gomito che tutti possiamo
sentire penetra nella cavità olecranica fino a che il contatto non è completo: a questo punto il gomi-
to non può più ruotare indietro e la cavità olecranica costituisce di fatto la “battuta d’arresto”
dell’ulna. Chi può iperestendere l’avambraccio o ha un olecrano più piccolo della media o una cavi-
tà olecranica più profonda della media.
Olecrano e Olecrano e Olecrano e
cavità olecranica cavità olecranica cavità olecranica
Capitello e
testa del
radio
Troclea e
processo
Troclea e Capitello e coronoide
processo testa del
coronoide radio

Quando il gomito è alla massima estensione sotto carico, ad esempio nelle posizioni iniziali e finali
di panca e parallele, il carico che grava sulla mano è sostenuto dalla troclea, dal capitello e
dall’olecrano: la posizione è così mantenuta senza un contributo determinante dei muscoli e sono le
cartilagini e il materiale osseo che si fanno carico di assorbire le forze.
A mano in giù, a mano in su

Neutra Supinazione Pronazione


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Nei disegni una mano nelle sue tre posizioni di base: neutra quando è praticamente perpendicolare
di taglio al terreno, supina quando il palmo è verso l’alto, prona quando il palmo è verso il basso.
Il gomito permette, come vedremo, la rotazione del polso e la pronazione e supinazione della mano
per permetterci i compiti più disparati. La mano supina può pronare e la mano prona può supinare.
Testa del
radio

Radio

Ulna

Radio Ulna Ulna

Radio Ulna
Radio
Estremità
prossimale

Estremità
distale

A sinistra un braccio destro lungo i fianchi visto frontalmente, la mano è supina. Al centro la prona-
zione: notate come radio e ulna si scambino fra loro, incrociandosi. Se non ci credete, afferratevi un
polso e ruotate la mano, sentitere proprio le ossa che ruotano fra loro.
In alto a destra una rappresentazione estremamente stilizzata del radio e dell’ulna: la testa prossima-
le del radio è cilindrica di diametro superiore a quello del corpo, ma anche l’estremità distale è ana-
logamente assimilabile ad un cilindro di diametro ancora maggiore. Se potessimo sezionare un a-
vambraccio vicino al gomito, estremità prossimale, e vicino al polso, estremità distale, vedremmo
dei cerchi come quelli riportati in basso a destra.
Nel disegno seguente ecco come avviene la pronazione della mano destra supina del disegno prece-
dente:
 Vicino al gomito il radio ruota su se stesso, intorno al suo asse longitudinale, la testa cilin-
drica e le cavità corrispondenti sull’ulna servono proprio a questa operazione.

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Il radio ruota
intorno al suo
Radio Ulna asse

Estremità
prossimale

Radio Ulna

Estremità
distale

Il radio ruota
sull’ulna… … che si sposta
lateralmente
 Vicino al polso il radio ruota invece sopra l’ulna, infatti il pollice a mano supina punta verso
l’esterno mentre a mano prona punta verso l’interno: è necessario che il radio si sia ruotato e
non solamente che si sia spostato verso l’interno.
 Contemporaneamente, l’ulna si sposta lateralmente, verso l’esterno, senza però ruotare. Si
comprende che non ruota dal fatto che l’ulna termina nel gomito con l’olecrano che rimane,
ovviamente, fisso nella pronazione.
Lo spostamento laterale dell’ulna si rende necessario per non avere uno spostamento mediale, verso
l’interno, dell’intera mano:
Nel disegno seguente a sinistra la solita mano supinata.
 Al centro una pronazione senza che l’ulna si sposti verso l’esterno: il radio ruota sopra
l’ulna, “dall’altra parte” e conseguentemente il pollice viene non solo a ruotare ma anche a
spostarsi, con tutta la mano, verso l’interno.
 A destra una pronazione con lo spostamento dell’ulna “sotto” il radio mentre questo ruota
“sopra” l’ulna stessa: la mano ruota senza spostarsi.
Il disegno non permette di evidenziare un aspetto importante: perché l’ulna si sposti sotto il radio è
necessario che anche quest’osso possa ruotare, medialmente e lateralmente, all’interno del gomito e
possa spostarsi lungo il suo asse. La rotazione dell’ulna avviene per soli circa 7° e lo spostamento è
dell’ordine dei millimetri, ma sono fondamentali per una corretta meccanica del movimento. Per
completezza di trattazione, anche il polso deve ruotare per permettere la pronazione/supinazione.
Adesso prendete una coppia di manubri da 25Kg, piazzatevi nella posizione iniziale della panca con
manubri e ruotate le mani più o meno lentamente. Oppure guardate le mani di uno che sta usando i
Kettlebell: pronazione e supinazione sotto carico, radio e ulna che ruotano e si spostano l’uno
sull’altra, ruotano e traslano sui loro assi longitudinali mentre il polso ruota per mantenere la mano
nella posizione che vogliamo noi.

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1 - L’ulna
è fissa…

2 – … il radio 1 – Il radio ruota


ruota sull’ulna… sull’ulna…

2 – … l’ulna si
sposta sotto il
radio…
3 - … la
mano si
supina e si 3 - … la mano
sposta si supina ma
non si sposta

Un capolavoro di ingegneria evolutiva, una articolazione che può compiere i suoi movimenti in
condizioni di velocità e carico del tutto variabili pur mantenendo la sua meccanica, senza scassarsi.

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I muscoli più belli del corpo
Eh si, il palestrato darebbe un quinto di pancreas e tre quarti di fegato per 5cm in più di circonferen-
za del braccio: muscoli carnosi e pieni, voluminosi sulle braccia sono il desiderio più desiderato del
praticante il bodybuilding. L’incubo peggiore per il palestrato è finire nel girone infernale dei sec-
chi, costretto per l’eternità a fare pump-curl con i manubrini rosa da 2Kg.

Capo lungo del


tricipite

Capo laterale Capo corto del Brachiale


del tricipite bicipite brachiale

Capo mediale
del tricipite Capo lungo del
bicipite brachiale

Brachioradiale

Tuberosità
Tuberosità
ulnare
radiale

Nel disegno a sinistra gli estensori del gomito, in quelli a destra i flessori del gomito.
Il tricipite è composto dal capo lungo che si inserisce sulla scapola e dai capi corti laterale e media-
le che si inseriscono sull’omero. Il tricipite estende l’avambraccio, quando fate la panca o le paralle-
le o i push down ai cavi state usando questo muscolo.
Una funzione importante e poco nota del tricipite è la stabilizzazione della spalla insieme a tutti gli
altri muscoli di questa articolazione.
Nel disegno seguente il capo lungo del tricipite isolato dagli altri: la sua inserzione sulla scapola fa
si che quando questo muscolo si contrae per estendere il braccio, venga esercitata una trazione che
“tira” l’omero verso la cavità glenoide, forzandolo a rimanere in sede.

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2 - … e “premendo”
la testa nella cavità
glenoide

FDors

FTric

FTric
2 - … “tirandolo”
verso la scapola… FDors

F
1 - Il capo lungo
adduce l’omero…
Il tricipite come muscolo biarticolare, si articola sulla spalla e sul gomito, crea perciò un complicato
gioco di forze il cui scopo è mantenere l’integrità della spalla in tutte le possibili direzioni
dell’omero, un esempio a destra:
 Il tricipite “tira” l’omero contro la cavità glenoide, ma anche lo “preme” verso l’alto e la
cuffia dei rotatori sarebbe schiacciata contro l’acromion.
 Il grande dorsale “tira” l’omero verso il basso e verso la cavità glenoide ed è sicuramente
più forte del tricipite nei movimenti della spalla, perciò l’azione verso l’alto di questo viene
annullata e complessivamente la forza F è verso la scapola e verso il basso, in modo da
comprimere l’omero sulla cavità glenoide aumentando la stabilità ma anche di impedire che
slitti verso l’alto.
 Il risultato finale è che il tricipite contribuisce alla stabilità della spalla, senza effetti negati-
vi.
E’ importante sottolineare che il controllo di un muscolo così complesso non può avvenire a livello
“cosciente” ma è demandato alla fitta rete di sensori che creano circuiti neurali direttamente nel
midollo spinale. Esistono pertanto studi che mostrano il ruolo di ogni capo del tricipite ad esempio
nella decelerazione dell’omero durante il lancio di una palla o nella stabilizzazione della spalla, ma
trarre indicazioni per allenare un capo o un altro è sempre molto opinabile.
Perciò, dire che i push down ai cavi allenano più il capo laterale o le parallele il capo lungo o altre
affermazioni simili è come sempre un arbitrio, perché la conferma del risultato di uno studio non
può basarsi sul “sento il tricipite che lavora meglio” o “il giorno dopo mi faceva male il capo me-
dio”, affermazioni valide quanto un servizio di Misteri sulle persone rapite a cui gli alieni hanno
impiantato delle scatolette di metallo nella testa.
Ok, adesso flettete l’avambraccio e guardatevi il braccio: ecco il muscolo emblema del culturista, il
bicipite brachiale, la pallina che si gonfia! Il bicipite ha due capi, quello corto e quello lungo che
abbiamo già visto nella trattazione della spalla: il muscolo ha un ruolo determinante nella stabiliz-
zazione dell’omero nella cavità glenoide, adesso lo analizziamo “dall’altra parte”. Il bicipite si in-
serisce con un robusto tendine sulla tuberosità radiale e gioca un ruolo determinante non solo nella

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flessione ma anche nella supinazione della mano, dato che è il supinatore per eccellenza, funzione
intuibile dal fatto che si inserisce sul radio.
Il palestrato conosce solo questo muscolo, ma in realtà altri due partecipano in maniera determinan-
te alla flessione dell’avambraccio:
Il brachiale si trova proprio sotto il bicipite, è un muscolo monoarticolare che si inserisce prossi-
malmente sull’omero poco sotto la metà e distalmente sulla tuberosità ulnare. Inserendosi sull’ulna
non ha un ruolo attivo nella supinazione o pronazione della mano ed è pertanto un flessore “puro”
dell’avambraccio. Il palestrato dovrebbe ricordarsi che il volume totale del braccio è dato anche da
questo muscolo nascosto. E’ difficile studiare il comportamento del brachiale con le elettromiogra-
fie ad elettrodi superficiali proprio perché è posto sotto il bicipite.
Il brachioradiale, un muscolo molto lungo che si estende dall’omero fin quasi all’estremità distale
del radio partecipando ai movimenti di pronazione della mano oltre che a quello di flessione
dell’avambraccio: provate un classico curl a martello, per i motivi che vedremo state utilizzando
molto il brachioradiale, quel muscolo “lungo” che si contrae sull’avambraccio.
Brachioradiale
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Bicipite
brachiale 8
Braccio (cm)

Brachiale Bicipite
6 brachiale
10Kg

IP’
IP’s 4
DF
Brachiale
2
Tricipite
Brachioradiale

Capi mediale e 20 40 60 80 100 120 140


laterale del tricipite Flessione del gomito (°)
Capo lungo del
tricipite

C’è chi detesta questa roba, ma penso sia necessaria per comprendere meglio i movimenti. A sini-
stra l’insieme dei muscoli che agiscono sul gomito per fletterlo ed estenderlo, a destra il grafico re-
lativo al braccio meccanico di ogni muscolo.
Senza stare a farla troppo lunga, i grafici indicano, per ogni grado di flessione del gomito, quanto
“bene” o “male” viene trasferita la forza di ogni muscolo alla rotazione del gomito: più le curve
sono verso l’alto e meglio è.
Come si può ben vedere, il tricipite quando è flesso oltre i 90° ha un drastico calo nel trasferimento
della forza all’estensione dell’avambraccio: questo è il motivo per cui i push down ai cavi sono dif-
ficili quando portiamo le mani quasi al torace!
L’indicazione che questa roba fornisce è che per ottenere la migliore leva i tricipiti non devono mai
flettersi oltre gli 80°, già a 90° c’è un calo: avete mai visto un crollo di tricipite alle parallele, tipico
dell’esecuzione con sovraccarico? Chi esegue scende, scende, scende fino ad avere l’omero paralle-
lo al terreno, poi per qualche motivo scende ancora e… bang! crolla giù. Questo accade perché
quando l’omero è parallelo al terreno il tricipite si trova a lavorare nel punto in cui c’è la flessione

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della curva e perciò pochi gradi di variazione ulteriore determinano un drastico calo nel trasferimen-
to della forza alla rotazione e… l’atleta di botto perde tutta la spinta delle braccia!
Il tricipite, pur avendo tre capi distinti, è comunque un unico muscolo che si inserisce in un unico
punto sul gomito, esiste una unica curva di trasferimento della forza, sebbene sia possibile studiare
ogni capo separatamente. Viceversa, i flessori dell’avambraccio sono ben tre muscoli distinti con
distinte inserzioni tendinee: le tre curve hanno picchi di trasferimento ad angoli diversi, in modo da
ottimizzare l’uso contemporaneo di tutti e tre i muscoli che interverranno in maniera differente a se-
conda dell’angolo di flessione.
La misteriosa supinazione
La complessità dei flessori dell’avambraccio è dovuta proprio alla supinazione/pronazione della
mano che deve essere possibile durante i movimenti di flesso-estensione dell’avambraccio.
Nel disegno di sinistra i principali muscoli supinatori e pronatori della mano, non è indicato il mu-
scolo supinatore perché si trova dal lato opposto, con il bicipite brachiale che agisce come supinato-
re.

Capo corto del


bicipite brachiale

Capo lungo del


bicipite brachiale

Pronatore
rotondo

Pronatore
quadrato

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A destra la mano che viene pronata: il tendine del bicipite brachiale viene ad avvolgersi intorno al
radio variando la sua configurazione meccanica. Il meccanismo della pronazione e della supinazio-
ne è veramente incredibile, nel disegno seguente una spiegazione che richiede però un po’ di imma-
ginazione.

Pronazione Supinazione

Pronatore
rotondo 1 - Il pronatore 3 - … il
si contrae… pronatore si
Bicipite “avvolge”
brachiale 2 - … e fa
ruotare il
radio…

Radio 2 - … e fanno
ruotare il
Supinatore radio…

Ulna 3 - … supinatore 1 – Supinatore e


e bicipite si bicipite si
“avvolgono” contraggono…

A sinistra, in alto una mano destra supinata vista di fronte e in basso radio e ulna visti in sezione vi-
cino al gomito: le frecce indicano i punti di aggancio e le direzioni di trazione dei muscoli pronatori,
pronatore rotondo, e supinatori, bicipite brachiale e supinatore.
Al centro la pronazione della mano ad opera del pronatore rotondo che, contraendosi, fa ruotare il
radio intorno al suo asse longitudinale. Il pronatore quadrato, che agisce sul polso, agirà
all’unisono permettendo la rotazione del radio sull’ulna. Durante la pronazione il bicipite ed il supi-
natore vengono ad avvolgersi sul radio.
A destra il movimento contrario, la mano prona viene supinata: in questo caso il bicipite ed il supi-
natore si contraggono facendo “rotolare” il radio nel verso opposto proprio grazie al fatto che i
tendini, “avvolti”, possono essere “srotolati”.
Prendete un manubrio da 10Kg e fate un curl bloccandovi ad avambraccio orizzontale al pavimento,
a questo punto pronate e supinate la mano: è incredibile come siano possibili questi movimenti sotto
carico!
Il curl inverso è più difficile!
Una delle difficoltà che ho quando si parla di biomeccanica è riuscire a dare indicazioni pratiche
dopo tutta una barbosa trattazione con grafici e diagrammi. Chi pertanto legge una trattazione sul
gomito e sui muscoli che lo muovono si aspetterebbe a questo punto dei trucchi per ottenere le clas-
siche braccia a palle di cannone, oppure erano i deltoidi a palla di cannone… e le braccia allora?
Boh…

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Per prima cosa, eliminiamo alcuni miti: è vero che nella flessione dell’avambraccio a mani prone
viene generata meno forza rispetto a quella a mani supine, cioè il curl inverso è più difficile, però va
capito il perché, che è banale e stupido ma alla fine ci siamo caduti tutti nella trappola…

Presa Presa
supina prona
10Kg 10Kg

Gli estensori
I flessori del del polso
polso compensano la
compensano la rotazione
rotazione
A sinistra un curl a presa supina, a destra un curl a presa prona: provate, sentirete una differenza a-
bissale in quando nel secondo avrete una sensazione di instabilità e di debolezza incredibili.
Quando fate un curl tenendo un manubrio nella mano dovete non solo flettere l’avambraccio sul
braccio, ma anche la mano sull’avambraccio. Meglio, dovete compensare la rotazione, oraria in
questo caso, indotta sul polso proprio dal carico. Nel curl a presa supina sono i flessori del polso che
compensano questa rotazione, ma in quello a presa prona sono gli estensori che sono ben più deboli
dei primi.

Presa
supina
Presa
supina

6
Braccio (cm)

dsup Presa
2 prona

20 40 60 80 100 120 140


Presa Flessione del gomito (°)
prona

13
dpron
Questo è il principale motivo per cui nel curl inverso non potete usare lo stesso peso che nel curl
classico: l’anello debole è il polso e c’entra poco l’uso dei muscoli flessori. Perciò, per analizzare
l’effetto della presa supinata o pronata non dovete usare di sicuro il curl inverso, un esercizio che
pertanto non ha nemmeno un grande valore ipertrofico proprio perché è limitato nello stimolare i
muscoli che vorremmo stressare.
Un esercizio in cui questa differenza viene ad evidenziarsi in maniera più significativa sono le tra-
zioni a presa supina e a presa prona dove effettivamente c’è un differenziale in termini sia di so-
vraccarico sollevabile che di ripetizioni continue.
Nei disegni precedenti la variazione del braccio di leva del bicipite brachiale in una flessione del
braccio a mano supina e a mano prona: quando il tendine si avvolge il trasferimento di forza alla
flessione dell’avambraccio peggiora, dato che la leva si accorcia di circa 1 cm.
Questo è pertanto uno dei motivi per cui le trazioni a presa prona sono più difficili delle trazioni a
presa supina: il bicipite in presa prona è meccanicamente meno efficiente.
Il problema di questa trattazione meccanica è che spiega il comportamento dei muscoli sulla base di
mere, e semplici, considerazioni fisiche a base di leve e risultanti, perdendo del tutto il funziona-
mento interno che è invece sorprendente. Questo è un errore dell’ingegnere che fa i pesi e che vede
nella meccanica l’unica fonte di spiegazioni, fissandosi sulle forze e perdendo di vista il motivo per
cui certe forze vengono generate.
Come scritto all’inizio, il gomito non è una articolazione creata per sostenere carichi, men che meno
la mano: gomito e mano servono a farci prendere le cose, a spostarle, a raggiungerle, a compiere atti
si brutali e sotto carico ma principalmente movimenti di precisione in velocità. I muscoli devono
permettere di compiere gesti fluidi senza scosse o strattoni al variare di qualsiasi condizione am-
bientale.
Immaginte di dover portare un oggetto da terra ad un punto elevato con una traiettoria continua
mentre venite spostati: i muscoli devono cambiare continuamente il loro stato di contrazione in una
sinergia e un sincronismo incredibili modo da permettere il compito richiesto: precisione, piuttosto
che forza!
brachiale

Bicipite
Bicipite

brachiale

Brachiale

t
Brachioradiale
Brachiale

t
10Kg

IP’
IP’s
Brachio
radiale

DF

Con queste premesse, analizziamo il disegno che è una rappresentazione qualitativa di uno dei tanti
studi sulla coordinazione dei flessori dell’avambraccio.
14
Lo scheletro ha un manubrio agganciato alla base del polso, anche se in realtà l’apparecchiatura è
molto più complessa, in modo da eliminare del tutto l’effetto dei flessori o degli estensori della ma-
no. In questo modo i risultati non sono falsati dall’effetto di questi muscoli.
Il soggetto afferra una specie di maniglia che ha un perno regolabile in modo da esercitare una rota-
zione con una forza misurabile. Inizialmente è a mano prona per un certo periodo, poi supina la ma-
no in un tempo fisso, rimane in questa posizione, prona nuovamente la mano in un tempo predeter-
minato e conclude il ciclo.
A destra degli andamenti qualitativi delle elettromiografie dei muscoli interessati in cui è possibile
notare delle contrazioni complementari: quando aumenta la contrazione del bicipite brachiale dimi-
nuisce quella del brachiale e del brachioradiale e viceversa.
Questo comportamento dei muscoli è necessario per mantenere la posizione delle ossa stabile sotto
carico: il bicipite brachiale quando supina la mano deve necessariamente aumentare la sua attività,
ma è necessario che gli altri flessori diminuiscano la loro azione per evitare un aumento della fles-
sione dell’avambraccio. Viceversa, quando la mano è pronata il bicipite brachiale deve diminuire la
sua azione proprio per limitare la sua azione di supinatore, pertanto gli altri flessori devono aumen-
tare la loro azione per mantenere l’avambraccio all’inclinazione voluta.
Provate voi stessi, riuscite a mantenere l’avambraccio alla posizione desiderata pur ruotando il pol-
so, in un trasferimento di forze fra i muscoli flessori indipendente dalla vostra volontà: questo acca-
de perché i motoneuroni sono fittamente collegati fra di loro in una serie di reti che si inibiscono re-
ciprocamente, come abbiamo già visto. Il brachioradiale inibisce il bicipite brachiale che inibisce il
tricipite che inibisce…
Il motivo vero per cui la flessione dell’avambraccio è meno forte a mano prona è dovuto proprio al
Sistema Nervoso che attiva meno il bicipite brachiale per non farlo interferire con i muscoli prona-
tori.
C’è però un aspetto interessante in tutto questo: se la forza in flessione a presa prona dipende dal Si-
stema Nervoso, è sicuramente allenabile. Esistono infatti molti studi che mostrano come di fatto
l’allenamento inibisca le reti inibitorie, impedendo che un muscolo non venga fatto contrarre.
Il messaggio è pertanto questo: se voi non allenate mai le braccia con le mani a presa prona avrete
sempre un deficit di forza perché… non le allenate mai! Questo è il motivo per cui chi fa sempre le
trazioni a presa supina si trova malissimo in quelle a presa prona: allena sempre lo stesso schema
motorio.
Come caso non statistico, ultimamente ho avuto un problema ad un gomito che mi ha costretto a fa-
re solo trazioni a presa prona: sono riuscito, alla fine, ad eseguire un 5x1 con 50Kg di sovraccarico,
in presa supina lo ho eseguito con 60Kg, una differenza di carico del 7% che può essere giustificata,
anche se andrebbe dimostrato, per motivi di leva meccanica.
In altre parole, è possibile far contrarre anche il bicipite brachiale in presa prona: probabilmente il
Sistema Nervoso si allena a co-contrarre i pronatori per compensare la supinazione che farebbe ruo-
tare la mano. Come sempre, quando parliamo di muscoli è sempre i cervello che comanda!

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Brachioradiale

Come indicazione generale e con tutte le eccezioni del caso, i flessori dell’avambraccio sviluppano
meglio la forza quando la mano è in posizione neutra, semipronata o semisupinata.
Nella posizione neutra e semipronata il brachioradiale esercita meglio la sua forza: quando eseguite
un curl a martello la differenza di sensazione che provate rispetto ad un curl classico a “mani in su”
è dovuto al maggior coinvolgimento proprio di questo muscolo. Nella posizione semipronata è il bi-
cipite brachiale che può esercitare meglio la sua funzione di flessore.
Le attività umane avvengono quasi tutte con la mano in queste posizioni. Adesso attenti ad un pas-
saggio fondamentale perché non voglio fare l’errore dei paleosostenitori delle paleoteorie. I muscoli
generano più forza con la mano in certe posizioni non perché queste sono quelle della vita di tutti i
giorni, ma piuttosto le posizioni della vita di tutti i giorni sono proprio quelle perché i flessori della
mano sono più forti in quelle posizioni. Non dico di avere ragione io, ma le due affermazioni se non
altro andrebbero dimostrate.
Conclusioni
So di avervi deluso: questa trattazione non ha fornito dritte furbe per far diventare più grosse le
braccia, però era un passaggio obbligatorio: inutile dire che non è possibile parlare di biomeccanica
degli esercizi senza avere un’idea di come funziona il gomito.
Sebbene i muscoli coinvolti siano quelli che denotano “forza estetica” per il culturista, lo scopo
primario dell’articolazione del gomito è permettere essenzialmente movimenti precisi, in assistenza
alla mano che è per eccellenza l’emblema della capacità dell’Uomo di “creare”: nessun animale al
di fuori dell’Uomo è capace di movimenti così forti, delicati e precisi quali lo scolpire un materiale
duro come il marmo.

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Perciò, il gomito non è fatto per sostenere carichi immensi in movimenti da cerebrolesi quali quelli
che ci piacciono quanto piuttosto riuscire a mantenere la precisione del movimento anche sotto ca-
rico: la pronazione e supinazione della mano ne sono un esempio.
Per ottenere questo risultato sono necessari muscoli che si coordinano fra loro in maniera estrema-
mente complessa in modo da mantenere costante l’output delle forze necessarie al movimento. Esi-
ste così un deficit di forza fra flessione dell’avambraccio con la mano prona rispetto alla mano su-
pina: questo si spiega parzialmente grazie alla meccanica delle leve ma principalmente con la neu-
rofisiologia.
Se vi serve essere forti nella flessione del braccio in presa prona… allenatela e diventerete più forti,
molto di più di quanto immaginereste. Questo è il messaggio.
Appendice – La panca Scott allena la parte bassa dei bicipiti.
Non voglio dedicare altro tempo alla trattazione dell’allenamento delle braccia per un semplice mo-
tivo: non mi è mai piaciuto fare questi esercizi dove non sono forte né ho le braccia grosse. Proba-
bilmente è la Sindrome della Volpe e dell’Uva©™® che mi fa ragionare così, però, ragazzi… stia-
mo parlando di esercizi monoarticolari del cazzo alla fine, dai… il gomito fa da perno,
l’avambraccio ruota sul braccio.
Non occorre tirare fuori tanta biomeccanica o tanta neurofisiologia per movimenti che sono di fatto
semplicissimi anche all’interno dei canoni della palestra. Però dato che sono i più praticati, è possi-
bile ancora oggi vedere e sentire cose abominevoli.

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Parte del La fibra scorre
“picco” del per tutta la
bicipite lunghezza del
bicipite

Parte “bassa”
del bicipite

A sinistra la rappresentazione delle braccia che è cablata nella testa di ogni palestrato che si rispetti:
Le braccia sono composte dal solo bicipite brachiale, il brachiale è inesistente, si sa che esiste il tri-
cipite ma quello “serve nella panca”
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Il bicipite è diviso nella “parte bassa”, quella che dà volume quando il braccio è steso, e nella
“parte del picco”, quella che crea la montagna quando il braccio è flesso e contratto, come aveva
Arnold.
Ovviamente, la rappresentazione corretta è a destra: le fibre scorrono per tutta la lunghezza del mu-
scolo e non esiste parte bassa o del picco. Le fibre contraendosi si accorciano per tutta la loro lun-
ghezza e dato che non esiste una terminazione nervosa per il picco e una per la parte bassa… non è
possibile allenare il picco o la parte bassa!
Le forme muscolari sono determinate essenzialmente dai geni che i vostri genitori vi hanno regalato
e, come già diceva Confucio 3000 anni fa, “ragazzi non ci sono cazzi”, se la forma non è quella
giusta il picco non ci sarà. E’ comunque importante sottolineare che al volume e alla forma com-
plessiva contribuisce anche il brachiale che è proprio sotto ciò che si vede…
Forza

F1

F2
F3
60
65
70
75
80
85
90
95
100
105
110
115
120
125
130
135
140
145
150
155
160
165
170
175
180
Inclinazione avambraccio (°)

Questa è una piccola analisi della panca Scott ricalcando le logiche di uno studio molto carino che
conferma con le elettromiografie l’andamento della curva della forza calcolata con le leggi della
Statica.
Il grafico mostra l’andamento della forza alle varie inclinazioni del braccio: notate come la forza
decresca all’aumentare della flessione. Le leve meccaniche sono infatti estremamente svantaggiose
quando l’avambraccio è completamente esteso: in partenza la forza necessaria a flettere
l’avambraccio è doppia rispetto ad avambraccio parallelo che a sua volta è doppia rispetto ad avam-
braccio flesso a 135° o, se volete, a 45° rispetto al pavimento.
In pratica nella panca Scott la difficoltà è tutta all’inizio ed è questo il motivo per cui la “sentite”
nella parte bassa del braccio: state facendo stretching dei tendini sotto carico, ma di sicuro non state
allenando la “parte bassa” del bicipite.
Come tutti i monoarticolari, in questo movimento non c’è modo di sfruttare altri muscoli in condi-
zioni di leva più vantaggiosa pertciò… attenti alla panca Scott perché sollecita in un intervallo an-
golare limitato i flessori del braccio in maniera estremamente violenta: quelli che fanno quasi cade-
re il bilanciere per poi strattonarlo violentemente in alto sottopongono i muscoli a tensioni enormi.
Ragazzi, le braccia si allenano in maniera specifica con i monoarticolari, esercizi semplici e se vole-
te stupidi che non insegnano nulla al Sistema Nervoso. Però se li fate… fateli bene: inutile stratto-
nare o rimbalzare, sono esercizi di isolamento e le sboronate e i cariconi lasciateli per altri movi-

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menti, esiste una compentenza ed una professionalità anche in questo tipo di movimenti, perciò stu-
diatela e lasciate il cheating ad altri.
Anche un semplice curl ha una sua estetica, che è sempre la solita: dare impressione di controllo e
dominio del carico, con movimenti “controllati”. A me non interessa allenare le braccia diretta-
mente, però quando lo faccio… lo faccio per bene con tutto il rispetto dovuto a questo tipo di alle-
namento.
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