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+Z226040507
SAGGI0
SUI
PRINCIPI
DEL DIRITTO
FILOSOFIC0
SAGGIO
PRINCIP J FONDAMENTALI
IN
PARTICOLARE
ALESSANDR0 DE GIORGI
D o T To RE
IN
F IL o s o FIA
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AMBE
LE
-G3,3 e
PAD0VA
DALLA TIPOGRAFIA SICCA
I 8 52
LEGGI
AVVERTIMENTO PRELIMINARE
DELL'AUTORE
!
Non oportet nos adhaerere omnibus quae audimus et legimus, sed
INTRODUZIONE
PREMESSA A QUELLA PARTE DEL PRESENTE LAvoro CHE VA UNITA
ALLA COLLEZIONE
del Diritto penale. Dalle quali, come abbiamo detto nelle note e mel
VIII
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
Ix
INTRODUZIONE
sere cio tutti gli scritti suoi diretti da un'idea unica, e rivolti ad
un solo scopo; ci che imprime ad essi un carattere mirabile di
unit in mezzo alla somma variet di argomenti discorsi. E ci for
ma propriamente il distintivo dei grandi ingegni, dominati, come
INTRODUZIONE
XI
Egli perci che il frutto dello studio posto in queste Opere non
si tragga principalmente dal far proprie le proposizioni o dottrine
particolari dell'Autore, ma piuttosto dall'insieme delle sue vedute,
e dal modo onde procede l'analisi e l'esposizione degli argomenti
che tratta negli svariatissimi suoi lavori.
Le proposizioni e dottrine particolari si possono ammettere o ri
XII
INTRODUZIONE
riore degli umani rapporti: senza di che si fanno sentire gli effetti
delle tremende sanzioni, custodi e vindici providenziali dell'offesa
giustizia.
INTRODUZIONE
XIII
e per usare le sue frasi, distinte le leggi come sono dalle leggi come
devono essere.
x1v
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
XV
gliere qualche frutto dallo studio posto nelle Opere di lui e d'altri
posteriori; e mostrare a quali risultati ci abbia condotto la disami
ma imparziale delle sue dottrine. Lavoro forse non privo di qualche
utilit ora che nelle Opere sue, come in ricca miniera, i cultori delle
PARTE I.
-e
RICER CIE
IN T 0 R N 0
AI PRINCIPJ
DEL
DIRITTO
FILOSOFICO
CAPO I.
Possibilit e necessit di determinare l'idea precisa del diritto.
Dottrine diverse. Canone fondamentale.
V'anno
SAGGIO
li
tra delle nozioni che hanno qualche attinenza coll'idea del diritto, senza
Sia pure che in certi argomenti meno complicati, e nei quali le appli
cazioni dell'idea del giusto sono immediate, siano facili a correggere
gli errori cui potrebbe condurre un falso principio in diritto: non per
ci meno vero che in altre materie pi complicate, e dove le applica
zioni sono pi remote, la mancata nozione precisa del diritto dando luo
Oltre di che, gli errori predicati da quelli che, poco sentendo la for
za dei morali precetti, mettono in questione eziandio le pi semplici ap
dere i principi dell'onesto e del giusto, che sono la base della societ e
dell'ordine civile; ma la dimostrazione non pu essere trionfante senza
una vera e compiuta idea del diritto, che le presti un solido fondamento.
PARTE I.
Sia pure che talvolta certe opinioni per lo meno esagerate si spaccino
per vere in buona fede e con rette intenzioni: rimarr sempre indubitato
che le buone intenzioni non bastano a stabilire dottrine vere e fruttuose,
ma ci vogliono ancora i buoni e giusti principi e le rette applicazioni.
Disprezzare i principi, specialmente in opera di Giurisprudenza;
spacciarli, come da taluni si a, per inutili astrattezze, che non servono
non ne segue perci che siano inutili. Si ricorre, vero, al Codice delle
leggi positive quando si tratta di determinare i diritti, di tutelarli, e di
punire chi gravemente li offende; ma non sono perci inutili le dottrine,
senza delle quali non si possono fare i buoni Codici, n intenderli, n
applicarli rettamente.
una giusta idea del diritto, attinta alla fonte propria delle razionali dot
SAGGIO
del diritto, ed accennano alla necessit di ricercare un principio del diritto diverso
da quelli che si seguirono finora, dimostrati o incompleti o al tutto falsi, vuol es
serne notato uno che, quasi del tutto ignorato, racchiude per in piccola mole idee
degne di attenzione. questo il libretto che porta per titolo: Alcune vedute fonda
mentali per servire ad un ordinamento delle scienze morali pratiche nelle viste pre
cipuamente del diritto di natura, del dott. Giuseppe Antonio Dalluscheck, veronese,
Padova 1842, tip. Sicca.
in una condizione astratta ed ipotetica, ma non quando si guardi alla realt della
condizione sociale, ha sparso nel suo lavoro i germi di molte buone dottrine. L'idea
del diritto vi stabilita senza urtare co principi della morale; vi segnata la distin
zione fra i diritti propriamente detti e la semplice esenzione dall'altrui forza, ossia
inviolabilit, strettamente detta, di certe azioni fra esseri eguali, onde da un lato evi
tare la contradizione di chiamar diritto ci che non lo , e dall'altro non consentire
da uomo ad uomo l'uso della forza rispetto alla semplice moralit. Quindi posto
fuori di dubio che anche nei rapporti fra uomo e uomo per l'operare individuale
sempre uno solo il precetto dell'ordine morale, quantunque manchi nei terzi la po
test di opporsi alla violazione; attribuita all'uomo una doppia attivit o potest,
di azione, cio, e di pretesa; e sono ammessi i doveri giuridici anche positivi di
cooperazione. Tutto il sistema fondato sopra i tre ordini di esistenza, di coesisten
za, di cooperazione, che non si verificano successivamente, ma sussistono insieme,
e si effettuano nell'ordine supremo e pieno della necessaria aggregazione o societ
civile, dalla quale, in forza del naturale suo fine, sorgono diritti e doveri che non
PARTE I.
Che se invece nel diritto non si scorga che una pura libert di agire,
come piaque ad altri, ove questa non si subordini agli altri rami dell'or
dine morale e alle leggi che ne derivano, essa non pu distinguersi dalla
forza esecutrice, e conduce alla contradizione di chiamar libero ci ch'
Che se in fine, per evitare questi due errori, si faccia una cosa sola
del diritto e del retto morale, si giunge per una via diversa allo stesso
assurdo; si confonde cio la bont morale colla facolt libera di agire:
concetti distinti, sebbene sia vero che non pu darsi diritto in opposi
zione al dovere (1).
avrebbero luogo per la semplice eguaglianza naturale tra uomo e uomo; e quindi
vi detto che il diritto, riferito all'umanit in genere ed in senso assoluto, si
l'attivit umana, per legge di natura incontrastabile, in quanto eseguisce l'ordine
morale; e riferito in ispecie all'individuo, si l'attivit di un uomo, incontrastabile
per legge morale di natura, in quanto agisce conformemente all'ordine sociale razionale.
Che se nel libro, di cui facciamo menzione, non sono posti in luce e sviluppati
come si conviene tutti i rapporti che vogliono essere considerati nell'ordine mo
rale; se v' alcuna cosa da desiderare anche rispetto all'esattezza e chiarezza nella
sposizione; ci non toglie la bont di quei semi che vi si trovano, e che manifestano
una mente giusta ed esercitata in queste ardue meditazioni. Ed tanto maggiore il
merito dell'autore e l'importanza del libro, in quanto che, per quanto ci consta,
questo il primo tentativo che siasi fatto per tracciare una via media, che evitasse i
pericoli delle opposte dottrine estreme nella scienza del Diritto. E la bont dei
germi contenuti nell'operetta del dott. Dalluscheck comprovata eziandio indiret
tamente da ci, che nelle idee principali egli si trova in sostanza d'accordo con
quelli che dopo di lui rivolsero le loro ricerche alla stessa meta, quantunque con
metodi diversi. Dal che si vede che anche senza plagio, anche senza partire da ci
che fu fatto dagli altri, si pu e si deve giungere allo stesso risultato, quando si
legga attentamente e senza prevenzioni ci che sta scritto nel gran libro della na
tura. Ma se gli scritti posteriori alle Vedute fondamentali del dott. Dalluscheck
non possono dirsi da quelle derivati, rimane a lui il merito della priorit, del quale
la storia della scienza deve sempre tener conto, quand'anche debba per giustizia
SAGGIO
ramo di una scienza pi vasta: quella di tutto l'ordine delle cose morali.
la riforma, si vegga l'importante Memoria del Prof. Baldassare Poli Sulla riforma
della Giurisprudenza come scienza del diritto, ch' il primo de' suoi Saggi di scien
za politico-legale. Milano 1841.
Posteriormente vennero in luce due Opere voluminose intorno alla scienza del
diritto, che meritano una speciale attenzione; cio la Filosofia del diritto del Ro
smini, e il Saggio teoretico di dritto naturale appoggiato sul fatto del P. Taparelli,
Il Rosmini annovera fra gli elementi del diritto la liceit dell'azione, onde l'at
tivit dell'uomo, in che sta il diritto, viene ad essere limitata dalla legge. Perci
l'idea del diritto, secondo il Rosmini, inchiuderebbe quella limitazione che nel se
guente Capo V. abbiamo cercato di mostrare necessaria a mantenere la subordinazio
ne del diritto alla morale. Tuttavia accordandoci con lui rispetto alla pura idea
fondamentale del diritto, non ci sembra esatto derivarlo dal dovere, dicendolo una
figliazione di questo (Tom. I. pag. 153), perch il diritto essendo una potest del
l'uomo, non pu derivare che dall'attivit sua. Che quest'attivit debba essere li
mitata dalla legge morale non toglie ch'essa sia la propria fonte del diritto. In
generale ci sembra difettoso il sistema specialmente nello sviluppo di alcuni gravi
argomenti di cui deve occuparsi la scienza del diritto, quantunque si trovino sparse
nell'Opera del Rosmini molte idee eccellenti, dalle quali il giureconsulto pu trarre
profitto.
Quanto al Saggio teoretico del P. Taparelli, non si potrebbe tenerlo per un Trat
tato del diritto naturale, perch propriamente un Trattato di filosofia morale,
mentre non soltanto mantenuta la debita subordinazione del diritto alla morale,
ma il diritto, a suo senso, non altro che la stessa rettitudine morale. Che se rispetto
al sistema e al principio fondamentale questo sublime ingegno va posto tra i filosofi
moralisti, anzich fra i giureconsulti filosofi, conviene pur confessare che il Saggio
teoretico tale lavoro, che manifesta una mente altissima, e contiene materiali pre
ziosi, dei quali pu approfittare il giureconsulto nel trattare del diritto, come og
getto e come scienza distinta dalla morale, quando voglia conservare la essenziale
unit di tutto l'ordine morale. Noi confessiamo di avere cavato molto frutto dallo
pratico, il fatto, entra un po' troppo nel sistema di lui, non sembrandoci sempre
mantenuta la necessaria distinzione tra i fatti naturali e indipendenti dall'umano
arbitrio, che sono il fondamento delle relazioni onde sorge il diritto, e i fatti pura
mente positivi, che non sono diritti e fonti di diritto se non in quanto si associano
ad un principio di ragione indipendente da essi. Che che ne sia di cio, egli certo
che il soggetto del diritto, comunque il Taparelli ne concepisca l'idea, non un
uomo ipotetico, ma l'uomo reale; l'uomo naturalmente socievole; l'uomo tal quale
nella presente sua condizione.
PARTE I.
CAPO II.
Dei rapporti. Dell'ordine, dei fini e dei mezzi in generale.
mensit degli esseri che compongono l'universo, tanto materiale che spi
rituale ed intellettuale, ci agevole lo scorgere ch'essi possono ridursi
a due somme classi; cio:
Dal punto che la mente nostra dall'analisi degli attributi degli oggetti
passa al confronto di un oggetto con l'altro, o, a dir meglio, degli attri
buti di un oggetto con quello di altri oggetti, nascono le idee di rela
10
SAGGIO
astratto, sono essi stessi altrettante idee esprimenti quei modi d'essere.
Non sono possibili che quattro modi d'essere degli oggetti compara
tivamente considerati, e quindi quattro rapporti fondamentali; cio:
La realt delle idee di rapporto sta nella realt degli attributi degli
oggetti dai quali, quando si considerino gli uni in confronto degli altri,
i rapporti risultano. Per in vario modo i rapporti sono il fondamento
di tutte le cognizioni umane.
Essi lo sono talora immediatamente, tal altra pi o meno media
tamente.
Che tutti gli altri principi di ragione siano dedotti dal principio della
identit, si rende manifesto solo che si osservi ch'essi o sono per s
evidenti ed indimostrabili, ed allora non sono che espressioni equivalenti
al principio di contradizione, come, a cagione d'esempio, gli assiomi
matematici; o sono principi ch'esigono la dimostrazione, ed allora sono
PARTE I.
1 |
co; sia col concorso di un'altra intelligenza verificatrice del fine, seguen
dolo come norma delle sue libere azioni, se si tratta dell'ordine morale.
(1) Merita d'essere avvertito, che i principi razionali sono un prodotto molto
analogo ai concetti. Negli uni e negli altri c' la forma della generalit portata fino
all'universalit nei principi razionali. La materia nei concetti costituita dalle note
identiche dei particolari percepiti; nei principi costituita dall'identit dei giudizi
particolari. Il concetto una generalit, ad onta che non tutti i particolari vengano
percepiti; il principio razionale universalissimo, ad onta che non sia preceduto da
tutti i possibili giudizi particolari. Da ci si vede che s nell'uno come nell'altro
interviene sempre l'operazione del principio generalizzante, che costituisce l'attri
buto essenziale della mente umana. Cosicch tutte le facolt fondamentali dell'ani
12
SAGGIO
che essendo infinito cos nell'intelligenza come in tutti gli altri suoi at
tributi, non pu per necessit di natura operare senza scopo.
Per altro dicendo che l'uomo non pu operare se non in vista di un
PARTE I.
13
mo, il quale per ci stesso ch' in necessit assoluta di operare in vista d'uno sco
po, deve avere la facolt di disporre i mezzi convenienti allo scopo stesso (sia dato
da altri, sia scelto da lui, ci non monta). Infatti, se l'uomo fosse necessitato negli
atti umani, ne verrebbe ch'egli non potrebbe scegliere i mezzi adatti al consegui
mento dei fini. Quindi la intelligenza con la quale preconosce i firi, sarebbe per lui
una facolt oziosa, anzi contradittoria. Dio avrebbe operato senza scopo nell'accor
dargliela, perch non vi sarebbe pi differenza fra le operazioni dell'uomo e quelle
degli altri esseri, co' quali l'uomo sarebbe, quanto al modo di agire, identificato. Ma
assurdo che Dio, essere infinitamente intelligente, operi alcuna cosa senza un fine:
dunque un assurdo che abbia dato all'uomo l'intelligenza senza un perch; dun
que assurdo che l'uomo intelligente non sia libero.
44
SAGGIO
Nella natura dell'uomo, perch i fini che cerchiamo sono appunto quelli
che riguardano l'uomo, in quanto egli intelligente e ragionevole; nelle
sue relazioni, perch la semplice considerazione dei caratteri od attri
buti dell'uomo non basta a condurci all'idea dei fini, la quale trascen
dendo la semplice osservazione od esperienza psicologica, non pu es
sere dedotta che mediante rapporti, al pari di tutte le nozioni ed idee
della mente, come abbiamo veduto.
E qu osservando i caratteri distintivi dell'uomo, e il modo costante
ziali di Dio la infinita sapienza e la infinita bont; egli per la prima non
pu aver dato all'uomo una inclinazione o una facolt qualunque senza
uno scopo; per l'altra lo scopo non pu essere, riguardo all'uomo, che
il bene dell'uomo. L'uomo dunque non pu essere destinato da Dio che
al bene ed alla felicit. Il bene dunque essendo lo scopo per cui l'uomo
creato, un vero fine per lui.
PARTE I.
15
questo fine, saranno gli atti umani, in quanto convengono con questi
stessi caratteri; 4. che l'attivit diretta al conseguimento di questo
fine ammette ed esige anzi un progressivo sviluppo ed avanzamento nel
bene che costituisce questo fine.
il fine, pe'l quale cre l'uomo, non possa ripugnare col caratteri dei quali
lo forn; quindi n con la ragione, n con la libert.
Ripugnerebbe alla libert, se l'uomo dovesse concorrere ad effettuare
il fine, stabilito da Dio, cecamente come gli esseri privi d'intelligenza
SAGGIO
16
tuato dall'uomo, tutti gli uomini adunque devono dirigere tutte le loro
azioni a questo fine.
Dunque questo fine supremo, cio tale che tutti gli altri fini parti
colari che l'uomo, essendo intelligente, si propone in qualunque azione,
devono essere a quello subordinati, e non sono che mezzi pe'l suo adem
pimento.
PARTE I.
17
Il fine supremo co'suoi mezzi forma ci che appellasi ordine etico. Dio
l'intelligenza ordinatrice; l'uomo la intelligenza che deve uniformare
le libere sue azioni a quest'ordine.
Per questo fine supremo egli solo, ovvero esistono altri fini per
l'uomo? Vediamolo.
CAPO IV.
Altri fini. Sociabilit. Ordine giuridico. Attivit. -
Ordine del diritto. Nesso dei tre ordini: etico, giuridico e del diritto.
nifesto che molti sono i fini ai quali l'uomo pu dirigere le sue azioni;
i quali fini se saranno subordinati al fine supremo, le azioni saranno mo
ralmente buone; se invece contradiranno al fine stesso, le azioni saranno
cattive.
ad essi, ne seguiva essere l'uomo fatto per la perfezione, ossia pe'l bene
assoluto.
SAGGIO
18
dalle relazioni di
questi medesimi at
alla ragione, che nella convivenza socievole, e nei doveri che ne conse
guono, riconosce un mezzo al fine supremo, che d norma a tutto l'ope
rare umano. L'uomo deve adunque dirigere le sue azioni in modo, che
non offenda gli altri, anzi loro soccorra.
Questa necessit morale per l'uomo di conformare le sue azioni alla
PARTE I.
19
Essa per viene limitata dalla legge etica, che comprende quella del
dovere giuridico.
quanto
tuisce una legge: dunque l'ordine del diritto puro non legge.
Questo rapido sguardo, che abbiamo dato ai tre ordini etico, giuri
dico, e del diritto, ci porta ad alcune importanti osservazioni, onde rac
dell'essere suo, e danno origine alle leggi etica e giuridica (del dovere
esterno).
20
Soddisfatto a
SAGGIO
Cos pure il sistema dei diritti si lega con quello dei doveri, in quanto
questi limitano l'esteriore attivit; la quale la fonte dei diritti in
quella parte soltanto che il dovere etico e il dovere giuridico non toc
cano; e diventa un ordine distinto dal punto che si considera quest'at
A questo modo i tre sistemi dei diritti, dei doveri giuridici e della
moralit si connettono insieme, e formano quel tutto che si appella or
dine morale, in opposizione all'ordine fisico necessitante. Essi non sono
divisi, ma distinti, per le reali differenze che presentano i rapporti
delle azioni ai vari fini; onde avviene che talvolta l'azione stessa debba
considerarsi da un lato come dovere, da un altro come diritto. Queste
idee elementari vogliono essere pi diffusamente sviluppate; e a ci sa
ranno rivolti i Capi seguenti.
PARTE I.
21
CAPO V.
Moralit. Giustizia. Diritto. Loro relazioni.
Limite e vera idea del diritto.
Dalla conformit col fine supremo e colla legge etica sorge la mora
lit. Dalla conformit col fine giuridico e colla legge giuridica nasce la
giustizia. Dall'esercizio ragionevolmente possibile della libera attivit
dell'uomo in relazione a suoi simili sorge il diritto nel suo vero e pro
prio significato.
Ma se questi tre enti morali sono distinti, come le fonti dalle quali
scaturiscono, egli altres indubitabile che le tre forme dell'umano ope
rare per essi indicate, ond'essere conformi alla ragione, non possono
separarsi e dividersi per modo, che manchi fra loro uno stretto vincolo
di subordinazione.
Senonch, posta l'idea del fine supremo e della legge morale, quella
del dovere etico sorge naturalmente e facilmente.
E siccome fra i doveri etici sono pur quelli di giustizia verso gli al
tri, astraendo questi e considerandoli puramente nella loro esterna ma
nifestazione in relazione al fine della socievolezza, sorge pure senza di
ficolt l'idea dell'ordine giuridico e del dovere giuridico esterno e coat
tivo, siccome ramo distinto dell'ordine morale universale,
SAGGIO
22
PARTE I.
23
sia l'indole e il pieno esercizio del dominio altrui sugli oggetti di loro
propriet.
Egli evidente che il diritto in senso relativo, cio nei rapporti fra
gli uomini, non pu mai sorpassare il confine del diritto in senso asso
luto, non altro essendo che l'applicazione dell'idea assoluta del diritto
alle umane relazioni. E siccome questa idea fuor di dubio determinata
dalla realt e dai principi della legge morale, che abbracciando nella
sua universalit anche le norme dell'esterna giustizia verso i nostri si
24
SAGGIO
PARTE I.
25
Poich, senza ripetere quello che fu detto da tutti coloro che sotto
posero a serio esame le dottrine di questa estesissima scuola, che cio
essa manca di un principio supremo, dacch il canone fondamentale di
essa, comunque espresso, ha bisogno d'un altro principio, d'un altro
criterio, secondo il quale si possa intenderlo ed applicarlo; egli fuor
d'ogni dubio che il diritto e la morale, essendo rami di uno stesso tut
to, l'ordine morale, non possono essere in opposizione, e quindi esi
atti considerarsi in relazione all'ordine morale, se non siano un prodotto della sua
intelligenza e libert.
26
SAGGIO
zione che vuol essere posta fra l'uno e l'altra, bisogna conchiudere di
necessit, che molte azioni anche assolutamente immorali nella loro este
riorit, sono diritti perch non offendono l'altrui persona. Tradotta in
altri termini questa sentenza, viene a dire: che sotto un certo aspetto,
cio in relazione al suo simile, l'uomo pu fare ci che per la legge
dire: sappiate che quest'atto, ch'io pongo fra i diritti, non potete pra
ticarlo, perch la morale ve lo divieta; o che sebbene io lo chiami una
vostra facolt, siete per obbligato a praticarlo. Con ci non si distin
gue soltanto, ma si divide l'etica e il diritto, fra quali realmente non
pu esistere opposizione, base necessaria d'ogni logica divisione.
Ci sembra per senza dubio, che questa difficolt possa essere rimos
sa merc la retta intelligenza ed applicazione della dottrina media da
noi seguita, evitando le due estreme dell'assoluta identit fra diritto e
rettitudine, e dell'assoluta divisione fra l'uno e l'altra.
(1) Nel seguente Capo X., prendendo in esame la dottrina dell'utilit, avremo
occasione di mostrare che il principio del giusto, proclamato da Kant, da Zeiller, e
dagli altri che lo adottarono senza modificazioni, nella forma sotto la quale lo pre
sentano, allo scopo di stabilire ricisamente l'assoluta divisione della morale dalla
giurisprudenza filosofica, non poi n anche un principio formale, com'essi lo pre
dicano, ma invece un principio materiale, perch in sostanza non diverso dall'uti
lit, come principio metodico.
PARTE I.
27
morali, le quali sono fuori della sfera dentro cui riposto il diritto.
Dunque nella ricerca intorno all'uso legittimo della forza rispetto ai
nostri simili per far valere il diritto, le azioni semplicemente immorali
sono fuori dell'argomento, perch sono fuori dei rapporti del diritto.
Tutti accordano essere concesso l'uso della forza a sostegno del di
ritto. Che cosa dunque la coazione, se non il diritto stesso, il quale
28
SAGGIO
l'offesa indebita che si tentasse recare ai veri diritti suoi. Non il pre
teso diritto all'azione immorale, ma s quello all'integrit della per
sona, od altro, ch'egli difende respingendo il nostro attacco; di guisa
che se il mezzo esterno da noi impiegato ad impedire la immoralit al
trui non recasse offesa ad alcun suo diritto, nessuna ragione vi avrebbe
versale del diritto. Ora la morale accorda l'uso regolato della forza a
sostegno di ogni diritto, ma non gi per costringere alla moralit: dun
que l'attivit dell'uomo, quanto a quest'uso delle sue forze fisiche,
limitata dalla morale alla sola tutela del proprio diritto; dunque l'uso
della forza come coazione, rispetto alle azioni puramente immorali, non
diritto, perch esce dal limite posto dalla morale all'attivit dell'uo
PARTE I.
29
mo; dunque l'uomo, usando la forza a questo modo, esce dalla sfera
del suo diritto; dunque colui, contro il quale adoperata, soffre una
ritto anche all'immoralit, purch non offenda gli altri. La prima pro
posizione vera, perch la forza accordata al diritto, e l'uomo non
ha diritto di costringere con la forza il suo simile ad azioni morali,
quando il suo diritto sia illeso. La seconda falsa, perch ripugna al
azione verso le altrui azioni che non siano diritto, solo perch oppo
ste alla moralit, quando con esse non si offenda il diritto nostro; nes
Per tal modo, ben lungi che il principio da noi stabilito produca il
temuto pericolo, esso anzi rende ragione dei limiti giuridici della co
azione, e li determina nello stesso modo che quelli di ogni altro diritto.
30
SAGGIO
La morale non consente l'uso della forza per costringere alla moralit;
dunque quest'uso dell'attivit umana non diritto, perch esce dai li
miti segnati dalla legge morale a quest'attivit.
La necessit di stabilire la scienza del diritto sopra una base che non
sia manchevole, n importi logiche contradizioni, si rende evidente non
solo nell'ordine speculativo, ma eziandio nel pratico. Il diritto non
una pura idea, una semplice teoria; ma deve regolare tutti i rapporti
esteriori umani, cos individuali come sociali, e venire espresso in for
ma positiva nei Codici per uso della civile societ.
Ed appunto nelle conseguenze, nella pratica, che si appalesa la
necessit di abbandonare quella maniera inesatta di concepire il diritto
come si pretende, tutti gli altri uomini non solo dovrebbero pienamente
PARTE I.
3|
colt, potendo anzi divenire un dovere anche giuridico l'esporre la vita per
adempiere ad obblighi assunti. Quanto al caso di quello che a liberare un altro
dalla schiavit si desse schiavo in suo luogo, nel senso sopradetto, per tratto di
eroica abnegazione, non si pu dire che avvenga una convenzionale rinuncia della
propria personalit o degli attributi che in essa si racchiudono; mentre rimane
sempre la facolt di sottrarsi all'ingiusta violenza altrui, senza che colui il quale la
pratica possa per diritto pretendere la sommissione dello schiavo come conseguen
za di un valido contratto. L'ingiustizia del padrone non pu essere per lui fonte
di un diritto, e di una corrispondente obbligazione giuridica per parte dello schia
vo. Il diritto sussiste sempre anche quando un'ingiusta violenza ne impedisce l'eser
cizio. Il sottomettersi pe'l bene altrui alle conseguenze di questa ingiusta violenza
non toglie di potere ad opportuna occasione riprendere il pieno esercizio del dirit
to, che rimane sempre fermo senza che mai possa competere un diritto di servilit
lit non si fonda sul vantaggio ch'essi procurano all'uomo, ma sulla legge morale
che vieta all'uomo di operare in modo contradicente alla sua natura ragionevole.
Ora alla natura ragionevole contradice che l'uomo divenga puro strumento degli
altrui voleri, privandosi della sua esteriore libert, e quindi del carattere di per
32
SAGGIO
in azioni riprovate dalla morale, purch non offendano gli altri uomini.
Questa scuola ammette che il diritto non sia una pura facolt fisica,
ma una potest morale in lato senso, cio una potest consentita dalla
ragione. Ammette ancora, che sia un diritto per l'uomo ogni uso retto
delle proprie attivit. Ora siccome nessun uomo di buon senno pu du
bitare che le azioni dalla ragione riprovate come immorali non possano
dirsi prodotte da un uso retto delle nostre facolt, se ne dovrebbe de
durre che non possano dirsi diritti, per non fare che la ragione contra
appunto nella facolt di disporne a proprio arbitrio sta la alienabilit degli altri di
ritti, rispetto ai quali talvolta accade che la morale limiti la facolt di alienarli;
PARTE I.
33
o della subordinazione del diritto alla legge etica. Due principi si stanno
a fronte: l'uno esclude affatto dall'idea del diritto ogni elemento etico;
l'altro vuole in qualche modo comprendervelo. Col primo si cade nella
contradizione di chiamare facolt nei rapporti fra gli uomini ci che
non facolt in verun modo; nel secondo alcuni vedono il pericolo di
accordare l'uso della forza anche per costringere alla moralit. Il diffi
cile adunque consiste nel trovare quella via di mezzo che escluda la
contradizione, senza incorrere nella falsa conseguenza tanto temuta. A
noi parve che questa via di mezzo si batta ponendo la morale piuttosto
come limite dell'attivit esterna dell'uomo, che non come carattere in
trinseco dell'azione per qualificarla diritto: imperciocch allora la mo
rale fa il doppio ufficio di segnare il confine all'attivit dell'uomo,
cio al diritto; e insieme quello che va posto all'uso della forza per
farlo valere, e quindi ci che si reputava ostacolo diventa conferma del
principio.
SAGGIO
34
possa essere preso per base della scienza del diritto, dacch nelle sue
applicazioni non pu lasciare intatte le ragioni della morale e della vita
civile, se non coll'introdurre elementi ad esso estranei, e che logica
mente non ne discendono. Da fondamenti simili potranno dedursi alcune
Una scienza deve reggersi da s con tutte le conseguenze del suo prin
cipio; e per dimostrare che il diritto inteso a quel modo non contra
dice alla morale, bisogna che non vi contradica nessuna delle conse
PARTE I.
35
36
SAGGIO -
consideri riguardo alla integrit della scienza del diritto in tutte le sue
parti, perch non serve a determinare i diritti ei doveri giuridici che
derivano dallo stato naturale di convivenza socievole, nel quale l'uomo
si trova in realt collocato.
pleta scienza del diritto non pu limitarsi a taluna delle relazioni umane,
ma tutte deve comprenderle, affinch le conclusioni della scienza rispon
dano alla realt, e siano veramente pratiche.
Oltre a ci, siccome l'ordine giuridico fa parte dell'ordine morale
universale, cos dev'essere a questo subordinato; vale a dire, che il di
PARTE I.
37
L'indole pratica della scienza del diritto, come delle altre scienze
morali, rende necessario di seguire nel trattarla un metodo tale, che non
faccia perdere di vista neppure un momento n l'uomo qual nel fatto,
n la prevalenza del fine supremo ed assoluto della moralit sopra i fini
particolari.
in cui dal Creatore sia stato posto l'uomo, e a cui fosse da lui destinato
nella vita presente. Dio non ha creato soltanto un uomo; ha creato una
societ conjugale: e dal momento ch'esiste una famiglia, esiste il seme,
onde si sviluppa la societ umana. Lo stato sociale dell'uomo quindi
non solo una relazione, come lo il rapporto da individuo a individuo,
considerato come persona; ma di pi una vera condizione o stato di
38
SAGGIO
dici che non per convenzione, ma in forza dei naturali rapporti di societ
derivano da questo stato dell'uomo, nel quale soltanto possono essere
efficacemente assicurati e determinati nel modo del loro esercizio tutti
giuridiche dell'uomo come individuo, che pure sono reali, come rapporto,
non come stato, onde non si possono disgiungere da quelle di societ;
e manca egualmente nell'idea del diritto l'elemento che deve connet
terla con tutto l'ordine morale.
una scienza del diritto e del dovere giuridico, ch' pur necessaria, per
PARTE I.
39
mini nel foro esterno, e ci che tocca alla condotta di ciascun individuo
in ordine al fine supremo.
Non potendo quindi l'idea del diritto fondarsi esclusivamente n
sulla sola personalit, n sulla pura socievolezza, n confondersi col
l'idea della rettitudine morale; e pur dovendo essere generale, applica
bile a tutti i rapporti giuridici naturali dell'uomo, e conforme all'unit
dell'ordine morale, inchiudendo l'elemento della subordinazione alla
moralit, senza confondersi con questa; non pu formularsi che dietro
Riposta questa idea suprema del diritto nella facolt di agire dell'uo
mo, in relazione a suoi simili, in tutte le sue relazioni e condizioni, en
Nelle relazioni fra uomo e uomo come individuo, che non costituisco
terdice ogni coazione da uomo ad uomo pe'l solo scopo della moralit.
Quando poi dalla considerazione del semplice rapporto individuale si
passa alle relazioni socievoli, che sono anche stato o condizione naturale
A0
SAGGIO
nei puri rapporti privati non cadevano nella classe dei doveri giuridici,
n erano diritti per l'uomo individuo verso il suo simile, possono di
ventare doveri giuridici o diritti in forza delle relazioni e del fine della
socievolezza, ch' lo stato vero naturale dell'umanit, ed essere sog
gette alla coazione giuridica e alle sanzioni sociali, quando abbiano at
tinenza al fine giuridico della societ, in ordine al quale la morale lascia
pi largo campo alle facolt dell'uomo come cittadino, alla persona mo
rale ch' la societ, e al potere che la dirige al suo scopo giuridico.
Cos per una parte l'attivit privata dell'uomo viene moderata e diretta
dalla societ, e per l'altra si rafferma ed estende merc la tutela e la
cooperazione sociale. Tutto ci verremo svolgendo in sguito, sia rispet
to alla societ civile, sia rispetto alla societ domestica, che avendo an
PARTE I.
A1
cos il primo anello della catena scientifica si lega a Dio, prima fonte
d'ogni esistenza, d'ogni bont, d'ogni giustizia, d'ogni diritto, facen
dosi con ci aperta la profondit di quella magnifica sentenza del nostro
Vico: Omnem humanitatem a Deo existere, a Deo regi, ad Deum
ipsum redire; et sine Deo in terris nullas leges, nullas respublicas, nul
CAPO VI.
Delle relazioni fra diritto e dovere in particolare.
A 2
SAGGIO
giuridico, quanto alla loro genesi, ci pare che si accordi meglio che nes
sun'altra col principio della necessaria subordinazione di essi alla legge
e all'ordine morale, senza dar luogo a confondere il diritto colla retti
tudine, e lo si voglia derivare dal dovere; oppur rendere meno efficace
l'idea del dovere, se lo si tragga solamente dal diritto altrui.
PARTE I.
A3
A4
SAGGIO
guenza sarebbe ingiusto qualunque uso della forza che altri facesse, sia
per imporle violentemente, sia per impedirle. E chi quest'abuso della
forza respingesse da s, non arebbe altro che allontanare il pericolo che
minacciasse la sua sicurezza ed integrit personale.
Ci conforme ai prestabiliti principi, in forza dei quali la pura im
moralit o moralit non potendo essere da uomo a uomo n impedita
vremo dire in sguito rispetto alla societ, ch' lo stato nel quale il di
ritto si svolge pienamente e si appalesa in tutte le sue relazioni, ed in
torno alla coazione giuridica e all'uso della forza in servigio dei nostri
simili (Capo XV). Per ora ci basti dedurre come conseguenza delle
cose dette, che le azioni le quali nella loro indole esterna sono assoluta
mente morali o immorali in ordine al fine supremo immediatamente, non
hanno relazione propria con diritti particolari, ma solo col diritto gene
rico dell'incolumit personale; imperciocch questa entra nella sfera
dei veri diritti, siccome connessa colla conservazione, la quale d ori
PARTE I.
A5
praticare gli atti che vi sono conformi, sia per emendarsi degli op
posti, e ritornare solla via del dovere e della virt.
legge; dal
obbligato a rispettare, nel suo esterno agire verso i suoi simili, quella
libert di arbitrio ch' condizione essenziale della moralit.
stano quelle che li fanno essere, essi non differiscono dagli assoluti se
non in quanto si considerano siccome mezzo mediato al fine supremo.
Il dovere della conservazione, quando non sia il caso di sacrificare la
vita per l'adempimento del dovere di perfezione, sarebbe un dovere con
A6
SAGGIO
Infatti non potendo l'uomo farsi giudice delle intenzioni del suo si
mile, egli non vede in quest'azione altro che l'esercizio dell'attivit
umana dentro i limiti segnati dalla legge morale. Quale sia la relazione
to gli altri uomini non possono considerarli se non nella loro indole
esteriore.
legge morale nelle relazioni puramente esteriori fra gli uomini. Quindi
gli stessi atti che nell'intenzione di chi li fa possono o debbono essere
rivolti all'adempimento del dovere, nelle relazioni fra gli uomini non si
sti dalla legge morale verso i nostri simili, non si pu nei rapporti
umani investigare l'intenzione, la quale rimane tutta subbiettiva ed in
dividuale; ma devesi guardare alla sola indole esteriore dell'atto, la
quale si manifesta inchiusa nei confini tracciati all'umana attivit dalle
PARTE I.
A7
la quale, quando non esca dai confini che le sono tracciati, riveste il
carattere del diritto nel senso di una facolt che pu essere o no
esercitata; ma talvolta, sia in modo assoluto, sia condizionatamente, to
glie all'azione il suo carattere di facolt, e la riveste del carattere del
48
SAGGIO
ritti quanto al giudizio che deve farne l'altro uomo, sebbene nel sog
getto che lo possede non abbia quel carattere di semplice facoltativo
ch' proprio del puro diritto, quando non nello stesso atto congiunto
l'adempimento del dovere.
mente bisogna dirle diritti rispetto all'altro uomo, che per conseguenza
non potrebbe n impedirne l'esercizio, n imporlo coattivamente, se non
nel caso che al dovere etico andasse congiunto anche il dovere giuri
dico corrispondente ad un suo diritto.
PARTE I.
A9
Per esempio, il diritto della patria potest non altro che il modo
di adempiere i doveri particolari che per legge morale e giuridica in
combono ai genitori. Tutti gli uomini adunque, e il figlio stesso, non
spetto al giudizio che devono portarne gli altri uomini, ma non hanno
il carattere di semplice facolt nel soggetto cui appartengono; come
50
SAGGIO
sorgere le relazioni co'suoi simili, le quali per una parte sono la base
dei doveri cos morali come giuridici verso i suoi simili, per l'altra dan
no origine ai diritti.
Limitando le nostre ricerche ai semplici rapporti esteriori tra gli uo
mini, troviamo ch'essi riduconsi a tre principali; cio: rapporti fra
uomo ed uomo, considerati come individui dotati dei medesimi attributi;
rapporti fra gli uomini come formanti una particolare famiglia civile;
rapporti generali fra tutti gli uomini, o, come da alcuni si dicono, rap
PARTE I.
51
un contratto che da tutti si ripudia, sia che lo si consideri dal lato sto
tutto quello che naturalmente deriva dalla sua essenza entra come fat
tore nel determinare la giusta idea del diritto, nel dare le norme del
pratico suo esercizio, e nello stabilire quindi quei temperamenti reci
proci, senza i quali sarebbe impossibile la societ e il suo fine.
SAGGIO
52
PARTE I.
53
publica amministrazione, non v'ha nulla che possa senza disordine sot
trarsi a questa regola.
54
SAGGIO
suo pro dai funesti risultati de' suoi traviamenti; e per l'altra della
mirabile unit che presiede a tutto l'ordine morale in mezzo ad una
necessario della societ medesima; per cui tutto quello ch'esca da questi
naturali confini un atto di arbitrio, non giustificato dalla ragione; che
in luogo di cooperare ai fini dell'ordine sociale, ne scuote le fondamen
ta, e produce mali e rovine.
Al contrario gli effetti delle buone leggi civili, conformate al modello
genze del vivere civile, colle servit legali, colla spropriazione forzata
in causa di publica necessit e previo compenso, cogli stabilimenti ipote
cari e degli atti autentici; e in mille altri argomenti, ne'quali se tal
volta le leggi positive offrono lacune e difetti, appunto dove non siasi
PARTE I.
55
vit indefinita dell'uomo dentro i limiti segnati dalle leggi tutte del
l'ordine morale.
Infatti molte azioni, che nei rapporti individuali non possono consi
derarsi come oggetto di diritto e di dovere giuridico, vestono tutt'altro
carattere, ove si considerino nei rapporti di societ. Molti atti che non
hanno diretta influenza sull'altrui persona individualmente considerata,
l'hanno sul fine e sull'operare della societ; e nelle relazioni sociali non
56
SAGGIO
rebbero alla legge morale, tolta ogni difficolt e pericolo nel determi
nare quelle azioni che, sebbene non soggette alla coazione fra uomo ed
uomo, ossia nei rapporti privati, pure in forza del principio sociale pos
sono essere coattivamente imposte o vietate dalla societ. Poich o si
guarda la societ come tutrice dei diritti dell'individuo, e, in forza di
quell'idea del diritto, nessuno di questi la societ autorizzata a di
struggere; o si guarda la societ come fonte di nuovi diritti e di nuove
viduo, ci dev'essere una ragione, per cui una volta sia inviolabile e un'al
tra no; mentre sta il principio generale, che la societ appunto de
stinata ad assicurare i diritti dell'uomo. La societ spoglierebbe l'uomo
di certi diritti, per assicurargliene certi altri; e ci senza che si potesse
PARTE I.
57
si subordinano ad un
principio unico, al
l'idea normale del diritto; la quale idea e principio supremo nella sua
essenziale unit contiene la virt di piegarsi alle innumerabili variet
ritti, della loro assicurazione e della loro ampliazione, in forza del prin
cipio naturale e della legge fondamentale della socialit.
Una grande unit predomina in tutto il sistema del nostro autore. Per
essa il diritto, preso nel doppio senso di facolt e di legge giuridica, si
deriva dal complesso degli attributi essenziali dell'uomo e dai rapporti
esteriori co'suoi simili, tutti raccolti e tutelati nel vivere civile, ch' lo
stato naturale dell'umanit; onde tutto quello che, posto il fatto natu
SAGGIO
58
cos al principio razionale del diritto, che in nulla possa essere giusta
mente preso per guida l'arbitrio; ma il lume delle verit razionali, le
esigenze dell'ordine naturale, e quindi il progressivo incivilimento del
l'umanit, siano l'unica norma di giustizia: rimossa la quale, ne seguono
i mali e i danni che sono la naturale sanzione del violato ordine provi
denziale.
CAPO VIII
La Societ e lo Stato. Osservazioni sulla distinzione del diritto di societ
PARTE I.
50
60
SAGGIO
po, per la diversa estensione loro. Nelle une il titolo il fatto positivo
del contratto; nell'altra il fatto naturale, derivante dagli attributi es
senziali dell'uomo, e dall'opera della natura, che spinge l'uomo alla so
ciet, e in essa lo pone fin dal suo nascere. Nelle une lo scopo parti
colare, mutabile, scelto dalla libera volont umana; nell'altra univer
sale, necessario ed immutabile, perch derivante dalla natura umana e
dir cos, il passaggio dai puri rapporti privati o individuali alla condi
zione sociale naturale, ossia civile; ed l'elemento primo di questa, e
la via per la quale l'individuo entra col fatto stesso della sua nascita
nella famiglia domestica e civile ad un tempo.
PARTE I.
indole e il suo fine subordinato al fine supremo della morale. Essa l'og
getto proprio della scienza del diritto sociale o publico, come parte in
tegrante e principale della scienza del diritto naturale. Osservando gli
argomenti discorsi da vari scrittori, che pongono come due rami distinti
del diritto privato, il diritto sociale in genere e il diritto sociale in
Il diritto sociale in ispecie, diverso dal sociale civile, non poi altro
che il diritto della famiglia. Ma anche rispetto a questo corre la stessa
osservazione; poich la societ di famiglia, la quale in sostanza la
conjugale e parentale, non contiene il solo elemento volontario del con
tratto, ma eziandio un elemento necessario, derivante dal fine e dall'in
dole sua naturale.
62
SAGGIO
materia al diritto publico speciale dei singoli Stati, cio positivo. Il pri
mo universale e normale, e quindi somministra il criterio per giudi
care della bont e giustizia degli ordini positivi, secondoch si conven
PARTE I.
63
pro
della esistenza di essa, de' suoi attributi, e dei rapporti di diritto che
ne derivano.
(1) Avendo noi in questo Capo esposte le ragioni, per le quali non ci sembra
che si possano determinare i rapporti di diritto comuni a tutte le specie di societ,
e quindi esclusa dalla scienza del diritto filosofico quella parte che s'intitola del di
ritto sociale in genere, veniamo a trovarci su questo punto di parere diverso da que
gli scrittori che del diritto sociale universale e particolare fanno un ramo distinto
dal diritto publico, e lo collocano fra le materie del privato diritto. Il piano del no
stro lavoro non ci permette di analizzare le Opere altrui; anzi ci siamo imposta la
legge di esaminare unicamente i sistemi e le dottrine, prescindendo dagli scrittori
in particolare. A questa legge assai di raro abbiamo fatto eccezione. Ma non potrem
mo dispensarci dal farne una rispetto al Corso elementare del diritto naturale o ra
zionale dell'egregio Prof. G. P. Tolomei (Padova 1849), nel quale la partizione del
diritto privato in diritto individuale e diritto sociale (universale e particolare) fu,
pi che da verun altro scrittore da noi conosciuto, diffusamente e chiaramente espo
sta e sviluppata.
L'egregio autore anche in questo argomento non ha preterito quelle idee lumi
nose che stanno bene da per tutto, ma specialmente in un libro destinato ad essere
un manuale dell'istruzione; in base delle quali riesce possibile riferire le diverse
dottrine, raccolte nel Trattato del diritto sociale in genere, a quella specie di socie
t alla quale ciascuna di esse appartiene, e specialmente alla societ civile, il fine
della quale in forme tanto diverse indicato dai publicisti, fu da lui con molta pre
cisione riposto nella sicurezza dei diritti, e nel sociale concorso alla piena loro e
fettuazione (SS 631.632).
N questo il solo argomento, nel quale il Prof. Tolomei abbia mostrato e giu
stezza di vedute e sincero amore alla scienza che insegna, la quale essendo un ter
reno irto d'ogni genere di difficolt, non meraviglia che ammetta diversit di
(34
SAGGIO
CAPO IX.
Dei diritti nascenti dai rapporti sociali in particolare,
paragonati co diritti individuali.
Con questo metodo, che solo corrisponde agli attributi reali dell'uo
mo e al vero stato naturale di esso, se per una parte considerando questi
opinioni, non che sopra argomenti particolari, eviandio sul principio supremo, e
sull'indole quindi del sistema che si segue. Ma questa divergenza di opinioni se la
scia libera facolt di discutere, non consente per d'essere ingiusti verso gli ope
rosi cultori della scienza. Riconoscere ci che v'ha di buono nelle Opere altrui,
quand'anche non si convenga nel sistema, debito d'ogni onesto scrittore; debito
tanto pi grave, quanto maggiore la libert che si voglia avere nelle discussioni
sulle pure dottrine: campo aperto, ma nel quale speriamo di non dimenticar mai
che la lotta dev'essere ad armi cortesi.
PARTE I.
65
dativi. I primi non vogliono confondersi con quella specie di diritti che
diconsi da altri scrittori diritti innati, poich molti diritti nativi sono
acquisiti; per esempio, la propriet. I diritti nativi propriamente sono
quelli che nascono dai semplici rapporti individuali o privati; dativi
invece sono quei diritti che sorgono dai rapporti sociali, e si considerano
come dati all'uomo dalla societ. Con ci per altro non s'intenda che la
legge positiva li crei, ma soltanto che, nascendo essi non dai puri rap
porti fra individuo e individuo, ma da quelli collettivi e naturali di so
ciet, i Codici li determinano positivamente, come positivamente deter
minano eziandio i modi dell'esercizio dei diritti nativi, che devono essere
riconosciuti e tutelati dalla societ. Cosicch anche i diritti dativi sono
66
SAGGIO
PARTE I.
67
corpo morale, ed esercitati perci dal supremo potere ch' nella societ,
astrazione fatta da ogni positivo ordinamento delle sue forme gover
native.
SAGGIO
68
Una fonte amplissima di cos fatti diritti si riscontra nella legge fon
damentale naturale della socialit, ch' l'aiuto reciproco, per la quale
molti atti che l'uomo potrebbe attendere dal suo simile, nei rapporti pri
vati, come adempimento di doveri morali, acquistano nella societ, in for
za di questo principio giuridico, ch' la sua legge fondamentale, quella
prerogativa di veri diritti che non avrebbero nei soli rapporti privati.
PARTE I.
69
70
SAGGIO
diritti che in un certo senso sono privati, ma nella societ soltanto tro
vano le condizioni di fatto che rendono possibile l'acquistarli; come sa
PARTE I.
7I
leggi civili al modo stesso dei diritti nascenti dai privati rapporti.
Le relazioni di societ civile, mentre sono fonte di nuovi diritti, e
di moderazioni all'esercizio di quelli che sorgono dai privati rapporti,
escludono l'idea dell'arbitrario; e se estendono o restringono in un certo
senso la privata padronanza astratta, non violano mai, n tolgono il vero
diritto. Poich le moderazioni imposte all'esercizio del diritto non devo
no dipendere dal capriccio di nessuno, ma dalle necessit naturali della
convivenza; e i divieti e le limitazioni all'astrattta libert privata fra
uomo ed uomo non la restringono che rispetto a quelle azioni od omis
sioni le quali sono destituite di diritto, cio non sono facoltative rispetto
alla morale, sebbene nei rapporti privati non potessero soggiacere all'al
trui coazione per impedirle o pretenderle, dacch non offenderebbero un
esterno dovere giuridico verso l'altro uomo come individuo.
Perci il campo nel quale si esercita l'autorit sociale per restringere
legittimamente l'astratta e indefinita libert privata, costituito da
72
SAGGIO
che possono influire sulla convivenza civile, passano, per dir cos, nella
classe dei diritti, dei doveri, o delle violazioni di diritto, mano mano che
la societ va sviluppandosi e progredendo; poich sebbene la sostanza
PARTE I.
73
GAPO X.
Dell'utilit in relazione alla morale, alla giustizia, al diritto.
Non si pu per altro negare che l'idea dell'utilit abbia trovato luogo
anche nella mente di sommi ed onesti pensatori, e che spesso in cos
fatto argomento si riscontri pi presto confusione di idee, che non veri
ed evidenti errori. Poich nel fatto, ben considerato l'argomento, l'idea
dell'utilit, nel largo senso della parola, non estranea alle discipline
morali. Tutto sta nel determinare esattamente le note sue caratteristiche,
e le sue relazioni col giusto e coll'onesto.
Cotesto difetto di chiarezza in tale materia abbiamo gi avvertito nelle
Opere del Romagnosi; e a schiarimento dei luoghi da noi annotati, e
degli altri analoghi, abbiamo sopratutto mostrato come sia necessario
distinguere l'interesse o l'utile nel senso di movente dell'azione, dal
l'interesse od utile nel senso di termine dell'azione.
Ti i
SAGGIO
reismo antico e moderno, move dal vario modo in cui si adopera il prin
cipio dell'utile; e dal significato diverso che si pu attribuire alla pa
rola utilit; e quindi dal difetto di precisione nel determinare le atti
menze dell'utile col giusto e coll'onesto; e quindi le sue relazioni col
PARTE I.
75
76
SAGGIO
Nelle singole azioni che l'uomo compie coll'uso del suo libero arbitrio,
il fine supremo, o del bene assoluto, non pu essere mai preterito, quan
do esse rivestano il carattere della moralit. Ma questo fine pu essere
l'unico o il prossimo fine dell'atto, e pu essere il fine remoto, dirigen
dosi l'azione ad un fine prossimo diverso, salva sempre l'intenzione ul
PARTE I.
77
fine che coll'atto s'intende conseguire, esso pure sempre un bene, una
L'uomo generoso, che espone la sua vita per l'altrui salvezza, mosso
dal motivo di soccorrere il suo simile: questo in lui; l'interesse pro
prio che lo eccita all'atto. Ma il termine dell'atto il bene e la salvezza
di quello, per la cui salute espone la vita propria. L'interesse, come mo
come motivo delle azioni. L'utilit poi, considerata come fine dell'azio
ne, vuolsi subordinare alla moralit, poich la moralit degli atti deriva
appunto dal fine dell'opera; o insito nell'opera stessa, se si tratta delle
azioni di loro natura morali o immorali; o inteso dall'operante, se si
tratta di quelle azioni che dal fine acquistano il carattere della mo
ralit; o delle semplici intenzioni, che appunto per la immoralit del
fine possono viziare anche gli atti buoni. La prevalenza del fine supre
mo rende necessaria la subordinazione ad esso dei fini secondari; ma
non pu distruggere l'indole della volont umana, e le condizioni del
suo libero operare.
78
SAGGIO
ha dato per dirigere l'uomo nelle sue libere azioni, sono poste perch
l'uomo, coll'osservanza dei precetti fattigli da Dio manifesti sia col lume
PARTE I.
79
fisiche non conduce a scoprire l'intima natura della legge o causa che
produce quei tali fenomeni. La causa rimane incognita, la espressione
legge fisica; indica soltanto la costanza di que tali fenomeni.
80
SAGGIO
dovesse privarsi dei vantaggi a lui derivanti dal sostenere una pretesa
sempre ed universalmente utile, perch il grado di utilit minore di
che alle azioni dell'individuo; cos, per determinare quelle azioni che sono
PARTE I.
81
l'uomo, posto che l'infinita sapienza e bont del suo Autore non possa
avergli segnato altre regole, che quelle le quali valgano a fargli conse
guire il suo bene. La volont dell'Autore supremo sarebbe la fonte del
l'obbligazione per l'utilitario, come pe'l moralista.
re agli attributi essenziali, per cui l'uomo si distingue dagli altri esseri,
che non hanno un fine morale. Il bene dunque, che forma lo scopo
finale
SAGGIO
82
da quell'uomo che si uniformato nel suo agire alla norma che gli se
gnata per conseguire la presente utilit di tutti.
E sebbene (dappoich la semplice giustizia tra uomo ed uomo risguar
PARTE I.
83
84
SAGGIO
agli atti particolari che l'uomo esercita per diritto; mentre mancando
essenzialmente al diritto puro il carattere dell'obbligazione spettante
all'idea del dovere, il diritto pu essere esercitato o no, diretto al pro
prio vantaggio, od anche usato in proprio danno, senza che per questo
cessi dall'essere diritto l'azione con cui lo si esercita. Ora se il criterio
per decidere fra l'azione ch' diritto, e quella che non lo , consistesse
nell'utilit universale dell'azione, bisognerebbe, per essere logici, con
(1) Si vegga Zeiller, Diritto privato, S 4., che si esprime pressoch con queste
medesime parole. Del resto, con questa osservazione siamo ben lontani dal voler
mettere Kant, Zeiller, e i mille altri scrittori di questa scuola, nella classe degli uti
litari. Altro che il loro principio si riduca a quello dell'utile come principio me
todico, altro ch'essi esplicitamente professassero la dottrina dell'utilit. Meno
poi ci si potrebbe dire degli altri scrittori, che pure adottando il principio della
separazione, lo formularono diversamente, chiamando diritto tutto ci che non o
fende l'altrui persona, ossia la connaturale padronanza sugli atti propri, e combat
terono anzi la dottrina dell'utile.
PARTE I.
85
chiudere che tutte le volte che l'azione mia, quando fosse praticata da
tutti, sarebbe a tutti dannosa, cesserebbe dall'essere diritto. Quindi il
principio dell'utilit condurrebbe necessariamente alla distruzione del
diritto come facolt, perch non vi sarebbe diritto nel tralasciare l'azio
ne utile.
86
SAGGIO
con quello degli utilitari di tutte le forme. Ci per altro non vuol dire
che l'idea dell'utile sia affatto esclusa dalle morali dottrine. Oltre al
Perci riprovando gli eccessi da una parte, non ne viene che si debba
gettarsi all'estremo opposto, al quale corse la scuola critica di Kant,
negando a dirittura che l'utile possa punto associarsi coll'onest, rite
nendo impossibile trovarsi virt dove vi sia utilit. Questa maniera di
pensare non tanto una conseguenza, quanto una espressione, in altri
termini, del principio fondamentale della morale, secondo questa scuola
riposto nell'imperativo categorico: fare il dovere perch dovere. Il
87
PARTE I.
atti virtuosi quelli co' quali l'uomo mentre si conforma alla legge mo
rale, tende anche a conseguire una felicit non ripugnante alla natura
ragionevole, od anche la felicit somma, promessa in premio della virt
in una vita avvenire.
dinarsi alle regole morali, senza venire per questo distrutte. Il rigori
smo morale di questa scuola, che domanda in nome della virt un dis
interesse assoluto, pone non solo come regola, ma come unico movente
dell'uomo un'idea astratta e teorica; mentre l'uomo, circondato com'
da tanti desideri e bisogni, non pu interamente sottrarsi alla loro in
fluenza; e pe'l trionfo della ragionevolezza e della moralit basta bene
regole di giusti
si, e che stanno preparati beni stupendi all'uomo retto nella pace del
l'animo e nelle retribuzioni presenti e future.
SAGGIO
88
dell'alleanza del diritto e della morale s publica che privata (1), rico
completa dottrina del diritto e del dovere giuridico; e dall'idea dei rap
porti di fatto naturale fu costretto a salire pi alto, cio ai rapporti asso
luti e razionali, derivanti dagli attributi che costituiscono l'essenza del
l'uomo; e a fondare sopra questi quella norma suprema, alla quale devono
essere subordinate le conseguenze per via d'induzione derivate dalla
considerazione della costante utilit, presa come intento dell'Autore del
idea giusta del suo sistema. Nel quale se pure entra un elemento utili
tario, esso per si distingue essenzialmente dagli altri sistemi cos pro
priamente denominati, perch il principio dell'utile non vi si trova nudo
ed esclusivo, ma associato e subordinato al principio razionale. Quello
sta nel prendere le mosse dagli attributi essenziali dell'uomo, e dai rap
porti necessari che ne derivano: dalla qual fonte soltanto pu dedursi un
PARTE I.
89
CAPO XI.
Altre considerazioni sull'utile. Ordine economico,
e sua connessione coll'ordine giuridico.
violabilit della libert personale quando non offende gli altri uomini;
ma non potrebbe quella definizione tradursi a significare l'intrinseca na
90
SAGGIO ,
quatenus juris ratio patitur; nella quale si comprendono i freni che nella
societ possono giustamente imporsi all'abuso del diritto in vista delle
norme giuridiche derivanti dalla convivenza sociale (1).
Posto adunque che il diritto sia una facolt di sua natura diretta al
l'utilit dell'uomo, ne segue che il dovere giuridico correlativo in ogni
altro uomo che gliene impone il rispetto, e il dovere sociale della tutela
del diritto stesso e della sanzione del dovere giuridico, siano ad un tem
uti. Altri per intendono abusus, nel senso di uso definitivo, in opposizione al sem
plice usus, che indica un impiego tale della cosa da potersi ripetere. Servirsi del
proprio bue per arare i campi sarebbe usus; ucciderlo per cibarsene, abusus. per
certo che vi pu essere un abuso nel primo significato, e su questo propriamente si
esercitano i freni accennati.
PARTE I.
91
giusti fini che si propone, in quanto l'opera sua individuale non basti.
Dunque la societ deve tutelare l'esercizio della umana attivit, e pre
stare aiuto alla piena effettuazione d'ogni diritto in tutto quello a cui
non sia sufficiente l'opera degli individui.
92
SAGGIO
PARTE I.
93
scente dai rapporti di societ; come l'effetto utile del diritto indivi
In terzo luogo, s'egli vero per una parte che sono contingenti e
mutabili i principi particolari economici, in quanto derivano da fatti
SAGGIO
94
positivi e mutabili, non per che tutto nell'ordine economico sia con
tingente; poich anzi i principi supremi, in quanto si appoggiano sopra
le necessit costanti e naturali dell'uomo e della societ, sono immuta
bili come l'essenza stessa dell'uomo e della societ, e variano solo nelle
forme particolari indotte dalla variet dei casi che avvengono, senza mu
tare giammai nella sostanza.
Cos, a cagion d'esempio, il promovere le industrie e i commerci atto
conforme all'indole e ai bisogni dell'uomo e della societ; come atto
qual regola ove si diparta, non solo manca l'effetto utile che si voleva
ottenere, ma di pi ha luogo una vera ingiustizia, perch non adem
piuto al dovere sociale, che impone di provedere al benessere della ci
PARTE I.
95
CAPO XII.
La propriet e la libera concorrenza. - Nuova conferma della connessione
tra l'ordine giuridico e l'economico. Prescrizione e usucapione.
96
SAGGIO
portanti funzioni della societ, direttamente connesse col suo fine imme
diato. Queste funzioni sono dirette al triplice scopo: di assicurare la
propriet, di moderarne l'uso per ottenere il maggiore comune legittimo
vantaggio, e di promovere e tutelare il commercio e la trasmissione delle
cose di qualunque forma sieno e da qualunque fonte provengano.
bili sofferenze, delle quali sono tanto pi gravi gl'indizi nei diversi
paesi, secondoch il sistema esistente in essi pi o meno lontano dal
PARTE I.
97
regolare l'uso del diritto di propriet, dal feudalismo che vede dapper
tutto propriet; e per assicurarla al possessore ne sottrae una grandis
sima parte al commercio umano, fino al vero comunismo, che chiama la
98
SAGGIO
zioni tra lui e le cose a suoi usi destinate; posto che l'esercizio di que
sto diritto vuol essere regolato e tutelato nella societ mediante le leg
gi, in ordine allo scopo della societ medesima; tre domande si offrono
PARTE I.
99
lazione del diritto, perch non ha alcun fondamento nella legge naturale
della socialit, e quindi offende il diritto di propriet.
Egli dunque strettissimo il vincolo che lega la politica economia
colla giurisprudenza, poich gli ordinamenti economici devono essere ri
100
SAGGIO
certo cose giuste. Dunque il sistema del monopolio, sotto qualunque for
ma e nome e con qualunque pretesto s'introduca e mantenga, certamen
te cosa iniqua. Dunque il principio fondamentale nell'ordinamento econo
mico della propriet dovr essere l'opposto del monopolio, cio la libera
concorrenza. Il principio cos generale, che non v'ha differenza pos
sibile tra la propriet immobile e la mobile, tra i fondi, le industrie e i
commerci. Sotto qualunque forma si appalesi la propriet, il principio
provedere alla maggiore possibile diffusione delle cose utili sopra tutti
i membri della societ. Da ci taluno vorrebbe attribuire allo Stato la
facolt d'impadronirsi di quei beni immobili che, per lo scopo cui sono
destinati, o perch posseduti da persone morali continuamente rinovan
tisi, non possono ripartirsi ed entrare ordinariamente in commercio.
PARTE I.
4 01
blico, e con atti di cui specialmente la Francia in sulla fine del secolo
passato diede esempi funesti, si manomettono i pvivati diritti, esage
rando l'idea dello Stato; come si possono combattere, senza contra
102
SAGGIO
PARTE I.
4 03
esigenze, dai veri bisogni, anzi necessit della convivenza sociale, che
autorizzano a far intervenire in questa o in quella relazione l'opera
delle leggi positive per regolare l'esercizio del diritto di propriet in
vista della moderazione imposta dalla legge suprema della socialit.
spettare la morale, e nel limite de' suoi mezzi e delle sue attribuzioni
ajutare e cooperare al fine morale, senza mai contrariarlo; ma non pu
erigersi in regolatrice delle coscienze.
Questi brevi cenni sopra un argomento che vuol essere continuamente
persuadere che le vere cause del male che travaglia le moderne societ,
rispetto all'ordine economico, stanno nell'assurda idea della protezione
ossia del monopolio sotto una forma o sotto un'altra. Per conseguenza
il rimedio non pu rinvenirsi che nel sistema opposto, cio nella libera
concorrenza. E molti Stati furono dalla forza delle cose trascinati a ri
104
SAGGIO
mente detti stato di natura) non derivi la prescrizione, non per questo
si pu conchiudere ch'essa non sia di diritto naturale, ossia filosofico;
mentre non i soli rapporti individuali, ma ancora e principalmente i
rapporti sociali, sono la fonte dei diritti e doveri giuridici degli uomini
che la ragione deduce, e quindi l'intero diritto filosofico non si limita
ad una soltanto, ma tutte deve abbracciare le naturali relazioni degli
PARTE I.
105
civili positive che non avessero appoggio nei principi di ragione, non
4 06
SAGGIO
diche tra gli uomini, e quindi i diritti ei doveri giuridici che hanno per
oggetto le cose.
Quindi che la ragione morale e giuridica da una parte imponendo
all'uomo di uniformarsi nel suo operare ai fini stabiliti dalla Providenza
creatrice, lo autorizza dall'altra ad adoperare i mezzi che la stessa Pro
videnza gli ha preparati per conseguirli, e perci gli lascia facolt di
PARTE I.
4 07
per
4 08
SAGGIO
significato delle parole, una volta che si fosse verificata, il dare o fare
ci che in forza di essa non pi dovuto, sarebbe indubiamente la pre
stazione di un indebito.
lo esige; la tutela del privato diritto allora soltanto potr essere giusta
mente negata, quando con ci non si faccia nulla di pi di quanto con
sentono ed esigono le razionali necessit della convivenza.
PARTE I.
109
L'indole e il fine della societ non consentono che l'opera delle leggi
giustizia assoluta.
Tutto ci dipende dai principi generali di diritto, che si sono gi
stabiliti precedentemente. Ma se si voglia anche in altro modo ricono
scere la necessit di regolare la prescrizione dietro queste vedute, basta
riflettere che il rifiuto della tutela sociale all'esercizio del diritto porta
di conseguenza necessaria l'assicurazione di un qualche altro diritto in
ritto alla moralit; e nel conflitto tra il dovere della societ di repri
mere il non-uso, e il dovere di non prestare aiuto a formali ingiustizie,
la scelta non pu essere dubia.
Egli perci che tutti gli scrittori e i Codici si accordarono nel rico
noscere necessaria all'usucapione principalmente la buona fede, quantun
que non sempre ci sia stata coerenza nell'applicare questo principio a tut
te le specie di prescrizione, e a tutto il tempo necessario a prescrivere.
La buona fede riassume tutte le condizioni necessarie a rendere giu
4 |0
SAGGIO
za, non ne viene per questo che possa o debba appoggiare la mala fede e
l'usurpazione quando constino, cio quando siano da fatti esterni provate.
Ora la prova della mala fede (che certamente non si presume mai,
stando sempre fermo il principio, nessun uomo potersi supporre ingiu
sto senza prove) pu risultare o da circostanze estrinseche al fatto prin
cipale, o dalla natura stessa di questo fatto. Le leggi civili hanno fino
ad un certo punto esclusa la prescrizione dietro la prova della mala fede
per circostanze estrinseche al fatto, e quindi esigettero la buona fede
PARTE I.
M1 1
non ammisero la prova intrinseca della mala fede, che pure evidente
mente deriva dal principio, che nessuno pu ignorare i fatti propri; ed
anche nell'acquisitiva con un tempo pi lungo non esigettero tutte la
buona fede.
gioni che la giustificano, e rimanga il puro fatto del lungo tempo, per
s solo inefficace, facile vederlo. Poich nella cos detta prescrizione
di lunghissimo tempo, che da taluni fu detta giustamente praescriptio
praedonis, mancando l'essenziale requisito della buona fede, la si riduce
alla tutela non del tranquillo possesso, ma del furto e dell'usurpazione.
Siamo adunque fuori dei termini della prescrizione, perch n la tran
l'altrui giuridica attivit sulle cose, senza lesione del diritto stesso, at
tesa la buona fede. Che se nella prescrizione longissimi temporis i fon
damenti delle altre specie di prescrizione riescono insufficienti a giusti
ficarla pe'l vizio radicale della mancanza della buona fede; nella pre
scrizione estintiva del debito, senza buona fede, non solo i fondamenti
1 12
SAGGIO
prova, il fatto del credito tanto semplice, che non possono, general
mente parlando, aver luogo controversie imbarazzanti.
e Tutte queste considerazioni, associate al principio fondamentale del
rispetto della propriet, che nei casi ora analizzati non punto tempe
rato dall'altro di ragione giuridica sociale, che impone la repressione
del non-uso, rendono evidente che il perno, intorno al quale si aggira
PARTE I.
4 13
11/,
SAGGIO
PARTE I.
4 15
rit della loro convenzione. Nel secondo caso si appoggia alla presun
zione o dell'adempimento dell'obbligo o della condonazione del credito,
stante il silenzio per quel dato tempo. Ma tutto questo non pi che
una limitazione all'esercizio del diritto, fondata sugli stessi principi
sione dei diritti reali o personali sulle cose: quindi tutte le volte che
la repressione del non-uso eccederebbe il confine che le impone il pre
4 16
SAGGIO
Poich da un lato pu darsi qualche raro caso di buona fede anche nel
PARTE I.
4 17
liti negli stessi Codici, e conformi alle dottrine razionali. Poich il siste
ma della prescrizione nei Codici, lasciata la definizione non esatta, si
aggira tutto sopra due principi fondamentali: 1. ch'essa un semplice
rifiuto della tutela sociale, onde non v' mai luogo all'azione d'indebi
to; 2. che dev'essere assistita dalla buona fede, giusto titolo, modo non
viziato, e
possesso continuato.
4 18
SAGGIO
lungi dal servire all'uopo, non applicandosi n a tutte le cose corporali, perch tutte
non erano suscettibili di dominio quiritario; n ad alcuna delle incorporali, che non
essendo suscettibili di un vero possesso, nello stretto senso della parola, non erano
usucapibili.
A riempiere questo vuoto, lasciato dalla primitiva legislazione, s'introdussero
in sguito due rimedj; cio il non usus e la praescriptio longi temporis.
Il non usus valeva ad estinguere quelle servit che non ammettevano, secondo
le leggi, nel serviente la possibilit di usucapire la libert del fondo col concorso di
un atto suo proprio: ci che, per esempio, avveniva nella servit tigni immittendi,
quando il serviente avesse otturato il foro del trave rimosso dal dominante; atto
ch'era fondamento all'usucapione della libert del fondo.
Il non usus aveva dunque una certa relazione colla usucapio; ma poich non va
leva che per casi speciali, cos s'introdusse, per tutti quei fondi e diritti reali che
non potevano essere usucapiti, l'altro spediente della ecceptio longi temporis; ecce
zione che il possessore, molestato dall'antico padrone, poteva desumere dal suo
possesso. Siccome poi le eccezioni venivano inscritte dal Pretore, innanzi al quale si
proponevano, cos si adoperarono promiscuamente le voci exceptio e praescriptio per
PARTE I.
1 19
l'idea che ne danno i nostri Codici, che non solo non si usava mai questa voce isola
tamente e senza l'aggiunta del lungo tempo, che indica la qualit dell'eccezione;
ma ben lungi dall'essere essa un'idea correlativa alla usucapione, era invece un
surrogato di questa pe' casi in cui non poteva aver luogo e limitatamente ai diritti
reali; non potendosi adoperare l'exceptio longi temporis contro le azioni in personam
o le miste, le quali rimanevano perpetue, n potevano mai andar perente in forza
del semplice non-uso del creditore personale. Quindi tanto la usucapio, che la ecce
ptio longi temporis, derivavano dall'uso e dal possesso diuturno, accompagnato dal
giusto titolo e dalla buona fede, almeno nel principio; e non partivano punto dal
l'idea di reprimere la negligenza dell'antico padrone, che lungamente non aveva
usato del suo diritto. Solamente l'identit degli effetti, che producevano i rimedi
introdotti a tener luogo della primitiva usucapione, hanno fatto annoverare la usu
capione fra i modi d'acquisto comuni alle cose mancipi e alle non-mancipi, non
provedendo meglio alla tutela del proprietario collo stabilire termini pi lunghi di
quelli ammessi anticamente per la usucapione propriamente detta, che si convert
per tal modo in prescrizione longi temporis, perdendo questa l'antica sua natura di
semplice eccezione, e divenendo in sostanza usucapione longi temporis.
minciato in buona fede allorch la cosa dopo il tempo della prescrizione fosse per
caso ritornata all'antico padrone, e il possessore intermedio volesse ripeterla in
forza della prescrizione (Leg. 8. Cod. Lib. VII. Tit. XXXIX.). Fuori di questo caso
non fu eccepita da questa prescrizione n l'actio inium regundorum, che Teodosio
ne aveva esclusa; n l'azione ipotecaria contro il debitore, pure da Teodosio ecce
pita, ma da Giustino assoggettata essa pure alla prescrizione di quarant'anni (Leg. 7.
Cod. eod. tit.).
Queste fasi diverse della prescrizione e della usucapione a poco a poco le ravvi
Le disposizioni del Diritto romano su questo punto, come su tanti altri, non si
lasciano facilmente ridurre a brevi parole, e molto meno ad un sistema chiaro e
120
SAGGIO
A correggere quei due vizi capitali della prescrizione romana venne il Diritto
canonico, il quale si uniform in generale alla legislazione civile su questo punto,
ma esigette la buona fede in ogni specie di prescrizione, perch fosse operativa; e
la esigette non solo nel principio, ma per tutto il tempo del possesso necessario a
prescrivere.
verifica la perdita del diritto colla negligenza del creditore e col possesso contempo
raneo del debitore; e quindi sostennero che, rispetto alle azioni personali ed altri
diritti che si prescrivono, secondo il Diritto romano, per la pura negligenza del
creditore, non fosse innovato da quella disposizione il diritto civile. Altri invece
scorsero in quelle parole un principio generale, che per identit di ragione dovesse
applicarsi a tutti i casi di prescrizione, trovando assurdo che per alcuni casi fosse
richiesta la buona fede e per altri no, mentre la ragione di giustizia e di moralit
intrinseca, sulla quale si appoggia la correzione canonica, milita egualmente per
tutti. Le parole d'Innocenzo III. sono molto esplicite: Quoniam omne quod non est
ea ide, peccatum est, synodali judicio definimus, ut NULLA valeat absque bona fide
praescriptio, tam canonica, quam civilis; cum sit generaliter omni constitutioni atque
consuetudini derogandum, quae absque mortali non potest observari peccato. Unde
oportet, ut qui praescribit, in nulla temporis parte rei habeat conscientiam alienae.
Ma posto pure che questa disposizione si riferisse unicamente a quella specie di
diritti, nei quali interviene un possesso o quasi possesso dell'obbligato, come pre
tendono i sostenitori della prima opinione, non ne verrebbe perci che la buona fede
non fosse richiesta per la prescrizione delle azioni personali ch'essi vogliono esclu
derme, e che indirettamente fosse stata confermata la legge civile proprio in quei
casi, ne'quali non solo la ripugnanza delle sue disposizioni co principi di giustizia e
di moralit egualmente manifesta, ma di pi non sussiste la ragione di tutelare i
possessi, ed impedire le liti difficili e complicate, che in generale non possono avve
nire nelle azioni personali.
PARTE I.
121
ispecie, ma abbia luogo la sola azione personale; o che lo sia anche in genere, come
nel debito; sempre una cosa che ad altri spetta, e che si deve o restituire o dare.
E in tutti questi casi, perch la prescrizione si verifichi, indispensabile la buona
fede, come abbiamo gi dimostrato in questo Capitolo, e come evidentemente ordi
nato dalla legge canonica test allegata.
- ,
si s
..
i
Se invece il possesso della pura libert, siccome non si tratta di obbligo posi
tivo, ma di semplice tolleranza, il sapere l'esistenza dell'altrui diritto non pu co
stituire mala fede, perch il proprietario del fondo serviente o soggetto ad ipoteca
non in possesso di un ente reale ch'egli sia comunque obbligato a dare; non in
somma un possessore rei alienae. Se quindi col fatto del non-uso il dominante taci
tamente acconsente a liberare il fondo, il proprietario usucapisce la libert; come
il dominante pu usucapire la servit per l'acquiescenza del proprietario.
In ogni caso adunque di vera prescrizione ha luogo una qualche specie di pos
sesso, e quindi applicabile la disposizione canonica, ch'esige la buona fede. La qual
buona fede, quanto alla prescrizione delle servit che non importino compartecipa
zione agli utili della cosa, implicita al fatto del possesso di libert o di uso, di
pendentemente dal tacito consenso di chi la perde non usandola, o di chi lascia che
altri l'acquisti col lungo uso.
. . .2
Volemmo accennare questa controversia antica fra i giureconsulti soltanto per
mostrare come la disposizione del pontefice Innocenzo III. sia perfettamente con
corde co'principi di ragione sviluppati in questo Capo; giacch non vi pu essere il
pi piccolo dubio, che nel Diritto canonico si richieda sempre come requisito indi
spensabile alla prescrizione di qualunque specie la buona fede continuata per tutto
il tempo necessario a prescrivere.
e
Quanto ai Codici civili dei tempi a noi pi vicini, essi non sono tutti concordi
intorno ai requisiti essenziali della prescrizione cos detta acquisitiva, ma discor
dano molto pi intorno alle norme risguardanti la estintiva, specialmente delle azio
ni personali. Quanto alla prima, alcuni per la prescrizione ordinaria esigono la buona
fede per tutto il tempo del possesso, come il Codice di Parma, art. 2366; il Codice
del Cantone Ticino, art. 1209; il nuovo Codice estense, promulgato dal regnante
duca Francesco V. il 25 Ottobre 1851, e posto in attivit il 1. Febbraio del cor
rente anno 1852, art. 2310; il Codice delle due Sicilie, art. 2175, che per ammette
la prova della sopravenuta mala fede solo per documento scritto; il Codice bava
rese, Lib. II. Cap. IV. S 7; e il Codice prussiano, S 579. Altri, seguendo il Diritto
romano, s'accontentano che la buona fede esista nel principio del possesso: come il
Codice francese, art. 2269; il Codice della Luigiana, art. 3509; e il Codice olandese,
art. 2262; nel Codice della Luigiana, art. 3465; nel Codice sardo, art. 2397; nel
Codice delle due Sicilie, art. 2168; nel Codice estense, art. 2301; nel Codice di
Parma, art. 2375: e nel Codice del Cantone Ticino, art. 1218. Quest'ultimo darebbe
luogo a qualche osservazione sulle espressioni che adopera: ancorch non consti se
con giusto titolo e buona fede; ci che parrebbe alludere all'obbligo di provare la
buona fede nella prescrizione ordinaria: mentre in questa esige bens la buona fede,
ma la presume, addossando la prova della mala fede a chi la allega (art. 1210). Il
Codice olandese nell'art. 2004 ripete l'art. 2262 del Codice francese, ma dall'arti
122
SAGGIO
colo 2000 risulterebbe invece che il possesso trentennario giovasse senza titolo, ma
non senza buona fede: disposizione che parrebbe concorde con quella del Codice
per la prescrizione ordinaria, ma anche per quella di tempo pi lungo; solo dichiara
non obbligato a produrre il suo titolo chi possede da trenta o quarant'anni (S 1477).
La prescrizione estintiva pu aver luogo senza buona fede (S1493). Che la buona
ede debba essere continuata per tutto il tempo necessario a usucapire non detto
Della prescrizione immemorabile atto cenno nel Codice bavarese, che ha pure
eretto in norma espressa l'adagio: tantum praescriptum, quantum possessum (Lib. II.
prescrizione anche alle cose rubate, talvolta fin anco senza la buona fede nel terzo
possessore; com' il caso del Codice della Luigiana, art. 3475. Il Codice francese
(art. 2279) e quello delle due Sicilie (art. 2185) ammettono la massima, e non si
spiegano troppo chiaro, se l'applicazione alle cose furtive risguardi il solo terzo
possessore. Il Codice sardo (art. 2411) si conforma in sostanza al francese; ma la
massima meglio espressa, dicendosi che nelle cose mobili il possesso vale titolo in
favore dei terzi; onde il ladro non prescrive mai. Il Codice di Parma stabilisce
espressamente che nessun tempo vale a indurre prescrizione a favore del ladro
(art. 2371); cos pure il Codice del Cantone Ticino, art. 1214, e il Codice esten
se, art. 2315.
Il Codice prussiano nel S 584 dispone, imitando il Diritto romano, che il pos
sessore (terzo), anche in buona fede, di cose rubate non pu prescrivere n il pos
sesso, n la propriet; ma poi nel S 648 stabilisce che si acquistano le cose rubate
con un possesso pacifico di quarant'anni. Ci pare difficile mettere d'accordo queste
due disposizioni.
In generale nei Codici si scorge che nella prescrizione acquisitiva si prende a
fondamento il possesso; nella estintiva il non-uso o la negligenza dell'avente diritto,
e talvolta l'uno e l'altro elemento, esigendosi la negligenza da una parte, e un atto
di possesso dall'altra. La buona fede e il titolo vi si associano in modi varj; e in
ne intorno alla prescrizione estintiva delle azioni personali si , che molti Codici la
limitano ad una semplice presunzione, che ha bisogno di qualche amminicolo ag
giuntovi per operare la liberazione dall'obbligo.
Il Codice francese (art. 2275), il Codice sardo (art. 2404), il Codice estense
(art. 2320. 2321), il Codice delle due Sicilie (art. 2181) e il Codice olandese (arti
colo 2010) autorizzano il creditore per certi titoli specificati a deferire il giura
mento al debitore che gli oppone la prescrizione, sulla circostanza di fatto che il
debito sia stato pagato; e alla vedova, agli eredi di esso o ai tutori di questi, sulla
circostanza che non sappiano sussistere il debito. Il Codice sardo (articoli 2405.
2406. 2407), e l'estense (art. 2322.2323) danno un simile provedimento riguardo
PARTE I.
1 23
alla restituzione di documenti relativi ad una causa per parte di avvocati, ec., spi
rati che siano cinque anni dopo terminato il processo. Il Codice del Cantone di Vaud
(art. 1676) si accorda anch'esso coll'art. 2275 del Codice francese; ma di pi nel
l'art. 1671 stabilisce in generale, che quando il debitore oppone la prescrizione de
cennale, il creditore pu deferirgli il giuramento sul fatto del pagamento del debito.
Il debitore decade dalla sua opposizione, se non pu prestare giuramento di aver pa
gato il debito. Questo giuramento pu essere deferito al solo debitore che si
obbligato, e non ad un terzo. Il Codice del Cantone Ticino (art. 1223) d facolt
Le disposizioni delle leggi positive, che per sommi capi e nei punti pi rilevanti
abbiamo raccolte in questa nota, raffrontate colle dottrine sulla prescrizione e usu
capione per via di ragionamento dedotte dai principi del diritto filosofico, anno chia
tica almeno in qualche Codice. Questo confronto, che pu essere ripetuto in tanti
4 24
SAGGIO
altri argomenti, sui quali la scienza ragiona e la legge dispone, mostra quanto im
portanti siano le dottrine razionali per fare buone leggi, e quanto sussidio presti lo
studio delle leggi allo sviluppo delle dottrine, associando ai lumi della teoria i det
tati dell'esperienza, ed offrendo occasione a quell'esame imparziale e fruttuoso (ben
diverso dalle critiche appassionate e dall'affettato disprezzo) la cui utilit da nessu
che se questi principi non si trovano in tutto e sempre seguiti, ci dipende dal non
essere ancora state quelle intuizioni ricondotte alle fonti razionali dalle quali de
vonsi dedurre, e rendute cos chiare e feconde; ed inoltre che da sole, specialmente
in certe materie, non bastano; ovvero che per giunta erano in certe legislazioni vi
ziate da estrinseche influenze. Di questo duplice fatto il Diritto romano (per tacere
delle legislazioni moderne) un esempio cos noto e cos solenne da non ammettere
replica. A lato delle norme regolatrici il preteso diritto della schiavit si trovano
le pi sapienti disposizioni che mente umana escogitasse giammai sopra molte ma
terie del privato diritto; tanto sapienti, che nessun legislatore ha potuto dispensarsi
dall'attingere a quella fonte. Che se le moderne legislazioni non presentano le enor
mit che s'incontrano nel romano Diritto a cagione delle mutate condizioni sociali,
soli sempre non bastano, e non bastano mai intieramente. Il Rossi (Droit pnal, Pr
face) molto saggiamente scriveva: Les thories inspirent naturellement beaucoup de
defiance; mais on a beau faire, elles se glissent partout: plus ou moins compltes, el
les dominent toujours les actions des hommes, qu'ils le sachent ou qu'ils l'ignorent. On
m'chappe point l'empire des principes gnraux; le monde leur appartient, et c'est
la gloire de l'homme de leur obir. Comme l'a dit un esprit profond....... Mpriser
la thorie, c'est avoir la prtention eccessivement orgueilleuse d'agir sans savoir ce
qu'on fait, et de parler sans savoir ce qu'on dit. E il nostro Cremani nell'introdu
zione al Libro III. del suo Diritto criminale, parlando appunto della teoria e della
pratica, usciva in questa sentenza: Equidem puto eum non errare, qui cognitionem
etiam sine usu multum valere, usum vero sine cognitione pene nullum esse air
navertt.
PARTE I.
125
La famiglia.
-
,
-
relazioni e gli effetti che derivano dal fine naturale dell'unione conju
gale. Essa quell'elemento primo, onde si compone la pi vasta societ
civile; la fonte da cui scaturiscono le nuove generazioni a perpetuare
la convivenza socievole, per quanto duri l'umanit; il modello dello
coli naturali sono uno del pi forti cementi che la conservano, e d'onde
escono i germi delle future generazioni.
Come ogni instituzione che non l'opera dell'uomo, la famiglia
indistruttibile; ma il suo ordinamento pu essere pi o meno perfetto,
e quindi pi o meno perfetta la societ civile.
Questa maggiore o minor perfezione dell'ordinamento della famiglia
nella societ dipende dalla maggiore o minore conformit delle idee teo
il fine della societ civile cos grande; che l'opera della societ civile,
rispetto alla famiglia, ridotta a dover puramente riconoscere e tutelare
il fatto e le conseguenze del rapporto domestico, sotto pena di contro
perare al suo fine medesimo, se voglia in qualunque modo mettere le
mani in cotesto santuario inviolabile.
- .
..
12
SAGGIO
PARTE I.
427
quella determinata persona piuttosto che con un'altra, per l'uomo una
facolt, la societ conjugale volontaria e non obbligatoria quanto alla
sua formazione.
solo entro i limiti dalla morale segnati alla sua attivit in tale oggetto.
Ora la morale non consente all'uomo di operare mai in modo contradi
4 28
SAGGIO
gale, una volta che volontariamente siasi formata; anzi dal fine stesso
derivano certe condizioni alla validit del contratto, come la capacit
fisica.
rale, e che perci i rapporti di diritto fra i conjugi, il contratto con cui
si forma, e le leggi civili che lo regolano, debbano ricevere norma dal
l'indole morale che costituisce la nota prevalente del matrimonio, il suo
PARTE I.
129
morali che lo dirigono, separare questo scopo materiale dagli altri fini
morali, che in forza dell'ordine naturale sono inerenti al matrimonio.
s as -
, ria
argomento, se
non avessimo
130
SAGGIO
l'unirsi piuttosto con quella persona che con un'altra. Ma se per essere
un contratto il matrimonio appartiene all'ordine giuridico esterno, il
fine suo non , come vedemmo, n puramente materiale, n puramente
mai ripugnare alla natura morale del matrimonio. A quella maniera che
cotesta subordinazione fa nulli i contratti dove la prestazione convenuta
ripugna alle norme assolute della morale, allo stesso modo nel contratto
di matrimonio porta ad escludere tutto ci che lo farebbe un rapporto e
un fatto diverso da quello che e che dev'essere, in forza del suo fine,
nell'ordine morale.
gelo Bigoni M. C. in una lunga Nota o piuttosto Dissertazione aggiunta alla sua Cro
mologia generale per servire allo studio della storia santa, pag. 353 e seg., stampata
PARTE I.
131
ordine fisico comune co' bruti, da questa societ dell'uomo, che deve,
come tutti gli atti umani, essere governata dalla ragione in relazione al
fine morale.
miti del potere civile nel regolare il matrimonio. Poich dovendosi nella
nello stato di societ sia, come si dice, puramente civile: poich colle
leggi civili si possono e si debbono regolare gli atti civili, gli atti giu
gione naturale, o da altra fonte, che dev'essere norma non solo al pri
vato che compie l'atto, ma alla stessa legge civile che lo regola, nulla po
tendo abbandonarsi al puro arbitrio, ma ogni determinazione positiva
dovendo essere appoggiata a principi giuridici subordinatamente alla mo
rale. Che se l'umana imperfezione, e le difficolt che s'incontrano nel
regime pratico della societ, obbligano le leggi positive a tollerare qual
che disordine morale che non possono intieramente togliere, non saranno
4 32
SAGGIO
una volta col contratto stabilite le persone, questi diritti e questi doveri
fra di loro sussistono, non per l'arbitrio dei contraenti che abbiano cos
voluto, ma in forza dell'ordine naturale, che come fine generale di quel
la specie di umana societ universalmente li stabilisce.
PARTE I.
133
senza ingiuria del Creatore col coniuge rimasto Infedele. Noi parliamo dell'in
dissolubilit naturale del matrimonio, e non entriamo in quegli speciali argomenti
che spettano al Diritto canonico, le cui disposizioni, fondate sulla rivelazione divi
ma, non fanno che raffermare ancor pi la indissolubilit del matrimonio.
134
SAGGIO
ciet. La quale offesa sussiste sempre anche qualora per fatto acciden
tale mancassero i figli, mentre non si tratta qu semplicemente dei vio
lati diritti del figli, ma del violato ordine naturale supremo, che stabili
sce il fine della societ domestica con quella stessa universalit con cui
pone il fine della societ civile, e che fa della famiglia la base della so
ciet. Sia pure che qualche matrimonio riesca infecondo od infelice;
non per questo cessano tutti i fini del matrimonio, n la sua natura
guardato nel puro ordine di ragione naturale, ricevono molta forza dal
principio, che la societ civile, stato e rapporto giuridico naturale ne
PARTE I.
135
riamo, svedese, tradotta e stampata a Parigi nel 1842 in un piccolo volume. L'au
tore pretende stabilire l'origine e il fondamento del diritto delle persone, impro
priamente da lui o dal traduttore chiamato droit personel, nel seguente modo: Le
pre de famille, en livrant aux siens les objets et les alimens ncessaires leur exi
stance, peut vouloir en conserver la proprit. En se transformant par le travail de la
nature, ces alimens deviennent partie intgrante du corps de l'enfant; et comme le
pre de famille m'en a pas cd la proprit ce dernier, ils continueront lui appar
tenir sous cette nouvelle forme. Le droit, en subissant cette transformation, prende
le nom de droit personel, signifiant la proprit que l'individu possde au corps
mme d'un autre individu humain (pag. 101).
acquista sull'animale cresciuto col suo fieno e colla sua biada, egli estende la sua
idea alla propriet del padre sul feto e sugli alimenti che lo formarono, e sulla mo
436
SAGGIO
rer l'esercizio della patria potest, se essa ecceda i confini dello scopo
suo naturale; ed aiuter l'impotenza dei figli, ove non siano verso di
essi adempiuti gli obblighi paterni, o la morte li abbia privati dei ge
nitori quand'erano ancora bisognosi di educazione.
che per farne subentrare altri corrispondenti. Cos gli uffici reciproci,
ai quali hanno diritto vicendevolmente i coniugi; cos il dovere di ali
mentare e provedere i figli, che d ad essi una partecipazione nell'uso
dei beni paterni; sono diritti e doveri che non cessano mai. L'educa
zione compiuta fa cessarne il dovere nei genitori; ma subentra il do
vere dei figli dell'ajuto verso i genitori.
duo di liberarsi dal diritto personale estraneo, e che l'idea, la quale limita il diritto
personale, quella della libert, ec. Imagini il lettore quanto convincenti siano
PARTE I.
437
a dir cos, legate l'una all'altra nella domestica societ. Onde apparisce
quanta sapienza si racchiuda nelle leggi che limitano il diritto di con
trarre matrimonio, annullandolo fra congiunti in certi gradi; poich, ol
tre le ragioni di privata e di publica moralit, vi si aggiunge un motivo
1 38
SAGGIO
GAPO XIV.
La eredit.
PARTE I.
139
quanto deriva eziandio dai rapporti necessari di societ civile, fece rico
noscere nel diritto di eredit un fondamento naturale.
altri luoghi delle sue Opere (1), vogliono essere chiariti cogli scritti po
steriori (2), nei quali con pi accuratezza determinata la distinzione
fra i diritti nativi e dativi, come abbiamo gi detto.
del quale sono obbligatorie in tutta la pi ampia loro estensione (3). Per
ci, stando a quanto ne dice il Romagnosi in quelle Lezioni, la testa
mentificazione sarebbe un diritto dativo, nel senso di una trasmissione
della facolt spettante alla societ di disporre delle cose abbandonate dai
molto meno poi ai principi generali della scienza del diritto, all'unit
(1) Lezioni sul diritto civile, scritte nell'anno 1808, Opere, Vol. VII. pag. 82,
S 211 e seg.; e pag. 122, S 376 e seg.; e Giurisprudenza teoretica, Opere, Vol. III.
pag. 1361, S 1992.
(2) Vedi Ragione civile delle aque, Opere, Vol. V. pag. 1368, S410-411.
(3) Si vegga il Vol. VII. pag. 85, S219.
4 40
SAGGIO
ritti. Anzi in forza della premessa cos nudamente esposta, che la gene
razione sopraveniente ha un innato diritto ai mezzi di sussistenza, e
quindi al possesso dei beni che servono alla conservazione, ne seguirebbe
che la societ vivente non avrebbe punto il diritto di regolare la tras
missione dei beni, ma tutto dovrebbe essere riserbato alla generazione
successiva, la quale sola giudice competente di ci che le convenga,
sola ha diritto sui beni tutti che esistono.
PARTE I.
1 41
due distinte morali persone; quasich il figlio che nasce non dovesse es
sere alimentato dal padre; o, in mancanza di altri sussidi, non trovasse
mio direttivo e di protezione pe'l bene stesso dei privati e per la comune
tranquillit (3). Ma, posto ci, non pi esatto il dire che la genera
zione vivente col mezzo della persona che amministra i publici poteri
disponga essa stessa o conferisca al testatore privato l'incarico di dis
porre delle sostanze che alla sua morte abbandona; e molto meno si po
trebbe approvare la citazione e l'encomio delle parole di Chabot nel suo
Rapporto al Tribunato: che la trasmissione dei beni per successione non
derivante dal diritto naturale, ma dal civile. Poich il diritto civile,
(1) Vol. VII. pag. 88, S229. (2) Ivi. (3) Vol. VII, pag. 123, S 383.
1 42
SAGGIO
PARTE I.
4I3
non era peranco sui juris: per lo che il figlio di famiglia non era abi
litato a testare che pe i due peculi castrense e quasi castrense, su cui
4 ,4
SAGGIO
Quelli che sotto questo nome intendono il complesso dei diritti che
competerebbero all'uomo, supposta una condizione di semplice ravvici
namento degl'individui senza vincolo di societ, e quindi partendo dal
l'idea di uno stato imaginario d'isolamento, vogliono dedurre il diritto
naturale da questa ipotesi, ben evidente che non possono trovarvi la
base del diritto di eredit. Dall'idea di quel cos detto stato di natura
sione dei beni, che servono agli usi della vita, dalla generazione che
passa a quella che sopraviene, dacch i principi universali del diritto
sono applicabili a tutte le necessarie relazioni degli uomini e delle cose.
Tutti i diritti che non sorgono dai semplici rapporti individuali degli
uomini, ma sorgono da quelli di convivenza civile, debbonsi ripartire in
due classi, come abbiamo gi mostrato (pag. 67); cio diritti che sorgono
dai rapporti sociali, e sono appartenenti alla societ tutta in modo che
da essa sola collettivamente possono essere esercitati; e diritti che sor
gono dai rapporti sociali a favore di ciascun individuo, in cui la societ
li riconosce e ne tutela l'esercizio al pari dei diritti privati.
PARTE I.
1 45
Questi tre titoli, i soli che si possano pensare, i soli che le legisla
zioni civili sieno costrette ad ammettere, sono fondati nei rapporti giu
ridici tra gli uomini considerati come membri della societ, oppure sono
dal ritorno delle private propriet nella comunione negativa in ogni caso
di morte?
4 /6
SAGGIO
cio o che i beni possano alla morte del possessore ritornare nella co
munione negativa, ed essere del primo occupante; ovvero che la societ,
PARTE I.
147
colt di disporre de' suoi beni per atto di ultima volont, si produrrebbe
un tale arenamento nel corso delle cose economiche, ed una tale paralisi
della privata attivit, che se non al tutto distrutta la vita civile, certo
1 48
SAGGIO
un'altra, che tra i suoi membri li ripartisse; ci che per altro darebbe
luogo a quel sovvertimento generale dell'ordine civile, che abbiamo so
pra notato. Ma se invece il fatto naturale si , che in ogni famiglia si
conserva e cresce il germe e l'elemento delle generazioni e delle societ
civili future, pur forza conchiudere che nella famiglia debba verifi
(1) Romagnosi, Opere, Vol. VII. pag. 85, S218.
PARTE I.
4 ,9
scendenti dallo stipite comune; ultimo l'affinit, nesso delle famiglie che
s'innestano e si connettono l'una all'altra co'nuovi matrimonj. Il tempo
fa sparire un po' alla volta le tracce degli antenati, ed il vincolo della
famiglia si va indebolendo mano mano che le generazioni si succedono,
rire degli autori de' suoi giorni prima di aver parte nell'uso dei beni.
Il dovere dei genitori di alimentare, di educare e di provedere in ge
nere ai bisogni dei figli correlativo al diritto di questi, che la societ
150'
SAGGIO
mestico, mentre tutti non sono padri, ma tutti sono figli, tutti apparten
gono ad una famiglia. Quindi se manca la immediata trasmissione dei
beni da una in altra generazione, non manca per n il diritto dei vi
venti sui beni della famiglia cui appartengono, n la trasmissione indi
retta nei discendenti della stessa famiglia.
simo vincolo co genitori che gli sopravivono, e col fratelli che per av
ventura esistessero. La trasmissione de'beni suoi nei genitori e ne ra
telli di per s il mezzo pi adatto per ottenere il doppio scopo di
farli servire alla sussistenza dei membri, anzi della causa della famiglia
PARTE I.
151
Solo nel caso in cui l'origine troppo remota abbia resa impossibile
l'applicazione di questi principi, o per lo meno colla successiva divi
sione della famiglia primitiva siansi affievoliti i vincoli di questa per
modo che o in luogo del trapasso immediato o mediato dei beni nella
4 52
SAGGIO
PARTE I.
1 53
dispensabili.
- , i
denti del defunto non si potr attribuire tanto valore alla disposizione
testamentaria, ch'egli avesse lasciata, da contradire al principio della
trasmissione de'beni alle generazioni successive. La legge adunque do
vr rispettare nell'uomo la disposizione testamentaria fino a tanto ch'egli
abbia rispettato questa legge naturale della perpetua societ civile e
della domestica insieme, che attribuisce alle generazioni successive la
propriet dei beni di quella societ elementare d'onde derivarono.
La facolt di far testamento deve dunque coesistere colla successione
dei discendenti. Per coesistere bisogna che il testamento non possa sot
trarre ai discendenti che una porzione delle sostanze paterne. Una por
zione di queste deve quindi necessariamente essere intangibilmente ser
bata ai discendenti: ci che le leggi chiamano porzione legittima, d'onde
l'idea degli eredi necessari, nel senso delle legislazioni moderne.
Anche qu, come nel caso accennato poco fa, i puri principi di ra
gione non varranno a determinare questa quota in generale, come non
servono a determinare l'istante in cui ogni individuo diviene capace
del pieno esercizio de' suoi diritti e di assumere obbligazioni; ma i
principi di ragione dimostreranno che a togliere ogni controversia in
torno alla quantit che in relazione alla maggiore o minore massa dei
beni paterni pu essere lasciata a libera disposizione del testatore, la
vaa
suoi figli (1); e ancor pi limitata quando di essa il padre volesse dis
(1) Sebbene i principi razionali rimangano fermi, ad onta delle disposizioni po
sitive dei Codici che non vi si conformassero, e indipendentemente dalle applica
zioni che se ne fossero fatte, tuttavolta sommamente interessante il mostrare come
1 54
SAGGIO
porre a favore di persone diverse dai figli. Egli ben vero che i prin
cipi generali non possono patire eccezioni dipendenti da circostanze
affatto accidentali, e che non sono inchiuse nel rapporto razionale da
cui derivano quei principi; e che quindi la circostanza accidentale, che
i figli abbiano o no beni propri altronde acquistati, non deve influire
Il Diritto romano stabiliva la legittima dei figli in tre once, ossia la quarta parte
della sostanza. Giustiniano colla Novella XVIII. la port a quattr'once, ossia al ter
zo, nel caso che i legittimari fossero sino a quattro; e a sei once, cio alla met,
quando fossero quattro o pi.
Il Codice francese lascia disponibile al padre la met de' suoi beni, se alla sua
morte non lascia che un solo figlio legittimo; un terzo, se ne lascia due; un solo
quarto, se ne lascia tre o pi. Quindi la legittima dei discendenti , secondo i casi,
la met, due terzi o tre quarti della sostanza del disponente. La legittima degli
ascendenti in mancanza di figli un quarto della sostanza per ciascun ramo pater
no e materno, senza reversibilit dell'un ramo all'altro, essendo disposto che il
testatore abbia la libera disposizione di tre quarti della sostanza, se lasci ascendenti
di una sola linea (art. 913. 915).
Il Codice della Luigiana mantiene in massima la differenza, ma non la misura
del francese, perch fissa la porzione legittima a un terzo dei beni del disponente se
lascia un solo figlio legittimo; alla met, se ne lascia due; e a due terzi se ne lascia
tre o pi. Pe'l padre e la madre la legittima sempre la met, sia che ne sopraviva
uno solo o tutti due al figlio morto senza discendenti (art. 1480. 1481. 1482).
Il Codice olandese (art. 961) si accorda coll'art. 913 del Codice francese: quan
to agli ascendenti fissa la legittima alla met della porzione ereditaria cui la legge
li chiama (art. 962), e ch' diversa, secondo il numero dei fratelli del morto chia
mati alla successione intestata insieme co genitori, in mancanza di discendenti
(articoli 901-902).
Il Codice del Ducato di Parma (art. 641) fissa la legittima ad un terzo dei beni
quando il disponente lasci un figlio legittimo e naturale o legittimato; alla met se
ne lascia due o tre; e a due terzi quando ne lascia un numero maggiore. Per gli
ascendenti la legittima sempre la met della sostanza, sia che sopravivano entram
bi i genitori, sia che ne sopraviva uno e qualche ascendente dell'altro, ovvero ascen
denti di tutti due che fossero premorti. Qualora per sia superstite uno solo dei ge
nitori, ovvero ascendenti di una sola linea, la legittima un quarto (art. 644.645.
646.647.648).
-
legittima un terzo dei beni del defunto senza figli, reversibile interamente all'uno
dei due rami che si trovasse pi prossimo (art. 723-724).
di ci che avrebbero conseguito ab intestato (Tit. II. Parte II. SS 392.502). Asse
PARTE I.
1 55
nella misura della legittima, che deve fondarsi sopra i fatti comuni: ma,
vero altres che il principio generale del necessario contemperamento
delle due forme di successione, testamentaria e legittima, dev'essere
conforme al fine generale della societ domestica e della successione ne
gna poi anche al coniuge una porzione legittima, ch' la met di ci che avrebbe
conseguito ab intestato (Tit. I. Parte II. S 631).
Sotto un altro aspetto vuol essere considerato il Codice svedese del 1734 (Ti
tolo Delle successioni, Cap. XVII.), improntato di un carattere suo proprio, che lo
distingue da tutti quelli degli altri paesi d'Europa, che hanno pi o meno sentito
l'influenza del Diritto romano. Questo Codice, quanto ai beni rurali patrimoniali,
ossia ereditati, spinge la cosa fino al punto da interdirne la libera disposizione per
testamento; e nel caso di vendita che li abbia fatti gi passare in propriet di un
terzo, vuole che siano sostituiti con altrettanti beni acquistati dal defunto che li
avesse venduti, e in difetto con un equivalente in denaro, o mobili o beni urbani,
che tenga luogo di eredit patrimoniale per l'erede cui spettano; alla morte del
quale il denaro, i mobili e i fondi urbani riprendono la loro qualit originaria, e non
divengono quindi beni patrimoniali. Oltre a ci, gli eredi hanno il diritto di retratto
lineare, ossia di ricuperare i beni patrimoniali venduti dal loro autore, o da esso
ricuperati e lasciati a taluno come legato, pagando il solo prezzo di costo e i miglio
ramenti necessary.
Ma, per una contradizione difficile a spiegarsi, i beni acquistati, sempre par
lando dei rurali, e i mobili sono lasciati a libera disposizione, per modo che potreb
bero essere esauriti interamente coll'atto di ultima volont. Nessuna legittima pe' i
figli; solo nel caso che non esistano beni patrimoniali, e vi siano figli minori, il giu
dice deve prelevare sui legati quel tanto che sia necessario alla loro educazione e
sostentamento.
E tanto meno si pu comprendere questo obblio delle ragioni dei figli sopra
una specie di beni, mentre si d tanta forza alla conservazione dei beni patrimoniali
nella famiglia; in quanto che, rispetto ai beni di citt, pe'i quali non ha luogo al
cuna distinzione, questo Codice stabilisce la legittima dei figli a cinque sesti della
sostanza paterna; e, di pi, non lascia a libera disposizione del testatore che la met
de' suoi beni, se in mancanza di figli abbia altri eredi abitanti il paese. La differenza
fra le due specie di beni, quanto alla successione, si appoggia in sostanza sulla no
bilt connessa co possessi rustici, e quindi tiene ad un principio politico. Altre dis
posizioni introducono differenza fra le quote dei fratelli, secondoch sono maschi
o femine (Delle successioni, Cap. II. S 1); differenza un tempo comunissima, ora
molto rara nei Codici, che si trova per anche nel recentissimo Estense (art. 911
e seguenti).
156
SAGGIO
tariato, e che unico fra i paesi inciviliti del mondo presenta intere popolazioni che
muoiono di fame, un esempio solenne degli effetti che producono gl'ingiusti vin
coli della propriet, gli ostacoli posti all'equa distribuzione delle ricchezze special
mente col mezzo di un buon sistema di successioni ereditarie, e il porre la forma po
litica sulle bilance della giustizia, rompendone l'equilibrio. Per l'opposto la condi
zione migliore, e non soggetta alle crisi e ai pericoli minaccianti l'esistenza d'intere
popolazioni, che presentano altri popoli dove le leggi si sono meglio conformate ai
principi di ragione, fanno aperti gli effetti salutari che dalla rispettata giustizia de
rivano anche nell'ordine economico. Egli principalmente dietro queste vedute che
PARTE I.
457
che verrebbe tanto pi limitata, quanto maggiore fosse il numero dei fra
telli ossia condiscendenti dai comuni genitori, che insieme co genitori
stessi sopravissuti dovrebbero essere chiamati alla successione necessa
bene non assicuri ad essi una porzione legittima. Alcuni Codici moderni hanno pure
adottato questo sistema, di chiamare cio i fratelli alla successione legittima in con
corso dei genitori superstiti, e non soltanto in loro mancanza, come si fece in altre
legislazioni. Questa vocazione simultanea dei fratelli co' genitori, salvo le speciali
differenze nel modo e nella misura, si trova nel Codice francese, art. 748; nel Co
dice olandese, art. 901-902; nel Codice sardo, art. 936; nel Codice parmense, ar
ticolo 844; nel Codice delle due Sicilie, art. 671; nel Codice estense, artic. 921;
nel Codice bavarese (successione degli ascendenti, S9); e nel Codice del Cantone
di Vaud, art. 533. Tutti questi Codici, meno l'olandese, il bavarese, e quello di
Vaud, ammettono alla successione intestata il padre, madre ed ascendenti esclusiva
per cos diverso il modo di vedere delle legislazioni positive su questo pun
to, che mentre alcuni Codici non chiamano i fratelli in concorso dei genitori, ma
per subito dopo di essi, e come loro rappresentanti, escludendo gli altri ascenden
ti; come p. e. il Codice austriaco, S 735; e il prussiano, S 489: questo per limita
tamente ai fratelli germani, perch i fratelli uterini o consanguinei condividono
cogli ascendenti, mancando i genitori (S 493); altri Codici per lo contrario insie
me co' fratelli chiamano alla successione generalmente anche gli ascendenti, o al
dente pi prossimo. E il Codice del Cantone Ticino spinge la cosa al punto, che nel
l'art. 452 chiama alla successione intestata non soltanto i genitori, ma gli ascenden
ti; e nei successivi articoli 453. 454 chiama ad una parte dell'eredit i fratelli nel
solo caso ch'esistano ascendenti della sola linea paterna, o della sola materna:
cosicch i fratelli nulla conseguono della sostanza abbandonata dal fratello defunto
senza discendenti, se non nel caso che siano estinte una o entrambe le linee ascen
denti. Strana disposizione, che non si potrebbe certamente giustificare.
Il Codice di Svezia attribuisce, come si veduto, per certi beni e sotto certe
4 58
SAGGIO
cessione non risalgono: vale a dire, che il padre e gli ascendenti paterni non suc
cedono nei beni dai loro discendenti acquistati per eredit materna, e che dicevansi
beni propri materni; e reciprocamente la madre e gli ascendenti materni non suc
cedono nei beni pervenuti ai loro discendenti per eredit del padre, e che si chia
mavano beni propri paterni. Questa massima dell'antica giurisprudenza, abolita
dall'art. 732 del Codice francese, che dichiara non aversi riguardo nelle succes
sioni n alla natura, n all'origine dei beni, applicandosi al caso che il discendente
defunto non abbia eredi collaterali, potrebbe sembrare conforme al principio della
trasmissione dei beni ne' consanguinei d'una stessa famiglia, mentre il sistema op
posto li fa passare in un'altra. Cos appunto la pensa il Domat (Leggi civili, Parte II.
Delle successioni, Prefazione IV). Ma una volta verificatasi la successione, il discen
dente gi divenuto proprietario: morto lui, si tratta della successione ne' beni
PARTE I.
159
puro rap
societ civile fa sorgere bens dal suo seno diritti che da altri rapporti
non deriverebbero, ma non pu distruggere diritti sorgenti da altri rap
porti naturali, i quali anzi deve proteggere, moderandone soltanto l'eser
cizio in quanto richiesto dal suo fine.
che per s non importa alcuna offesa alla giustizia e alla moralit; non
offre alcun motivo di riprovarlo: tanto pi che non una obbligazione
imposta a nessuno, ma il riconoscimento e la tutela di un atto libero,
buono in s stesso, e cooperante al fine della societ.
Ma la forza dei principi stabiliti tale e tanta, che nemmeno questo
atto, che fonda una famiglia legale, pu fare eccezione alle loro naturali
conseguenze.
SAGGIO
4 60
gravissime ragioni di privata e publica moralit, che sono cosa tutta diversa dai
rapporti di diritto risguardanti i beni delle rispettive famiglie.
PARTE I.
461
della quale non deriva soltanto dal fatto materiale della riproduzione,
che pu avvenire anche fuori di essa, ma riposta nella necessit giu
ridica e morale, che l'atto pi importante della vita esteriore non acco
- -
gliere ogni ripugnanza col principi che la giustificano e collo scopo suo;
e ad ovviare il pericolo che riesca fomento all'immoralit.
M 62
.SAGGIOI
dono alla validit dell'adozione; e, dal lato dell'influenza dell'adozione sui diritti
della famiglia naturale.
Nel Diritto romano non solo antico, ma anche Giustinianeo, l'adozione distinta,
com' notissimo, in adozione propriamente detta e arrogazione, ed ben lungi dal
: l'essere ordinata in modo pienamente conforme ai principi di ragione; anzi fra le
tante disposizioni del Jus romano su questo punto se ne trovano di quelle che non
PARTE I.
103
un nipote, mentre questa pu avvenire anche senza il consenso del figlio: salvo che
in questo caso l'adottato come nipote non ricadrebbe sotto la potest del figlio del
l'adottante dopo la morte di questo; ci che invece avverrebbe se il figlio avesse
consentito all'adozione (ibid. 10. 11). All'adottivo erano bens riserbati i diritti
.verso la famiglia naturale, e la sua dignit non poteva essere diminuita, s bene ac
cresciuta dall'adozione (Instit. Lib. I. Tit. XI. 2. Cod. Lib. VIII. Tit. XLVIII. 10.
Dig. Lib. I. Tit. VII. 35); ma nell'arrogazione tutti i beni attuali, o in sguito
acquistati dal padre di famiglia arrogato, passano per tacito diritto all' arrogante
(Dig. Lib. I Tit. VII. 15), salve le restrizioni nel caso che l'arrogato sia impubere;
le quali per peccavano di un eccesso opposto, mentre la quarta Antonina, assicu
rata agli impuberi arrogati, rendeva in certi casi la loro condizione migliore di quel
la dei figli legittimi, assicurando ad essi una porzione maggiore della legittima di
questi. Su di che pu vedersi il Voet a questo titolo, che trova bella e buona tale
disposizione; che per, sia detto con sua buona pace, non fa che aggiungere un as
surdo di pi a quello di acconsentire l'adozione a chi ha gi figli propri. Che l'adot
tante avesse diciotto anni pi del figlio adottivo (ibid. 40), e che l'adozione del figlio
di famiglia dovesse essere confermata dall'autorit del magistrato (ibid. 2.), sono
condizioni richieste nel Diritto romano, come nelle recenti legislazioni. Speciale ad
esso si l'autorit del Principe chiamata ad intervenire per l'arrogazione dell'adot
tivo sui juris (ibid.).
Ma lasciando il Diritto romano, i Codici moderni non tutti ammettono l'ado
zione, o non la ammettono colla medesima estensione. Il Codice della Luigiana, per
esempio, la abol interamente (art. 232). Il Codice francese la consente soltanto ri
spetto all'individuo, al quale si abbiano prestati soccorsi e cure non interrotte du
rante la sua minore et, e per sei anni almeno; ovvero che abbia salvata la vita del
l'adottante in un combattimento, o traendolo dalle fiamme o dall'aqua. In quest'ul
timo caso basta che l'adottante sia maggiore, pi vecchio dell'adottato, senza figli
o discendenti legittimi. Nell'altro caso occorre che l'adottante, uomo o donna, abbia
oltrepassato i cinquant'anni; che all'epoca dell'adozione non abbia figli n discen
denti legittimi, e che abbia almeno quindici anni pi dell'adottato. In nessun caso
4 64
SAGGIO
che non vi autorizza quelli che hanno fatto voti solenni di celibato, per cui rimane
dubio se comprenda anche i membri del clero secolare (S 179); e dal Codice prus
siano, che egualmente ne esclude chi si obblig al celibato (S 671).
Quanto all'et dell'adottante, i Codici austriaco (S 180), delle due Sicilie (arti
colo 266), del regno di Sardegna (art. 188), e prussiano (S668) la fissano ai cinquan
t'anni passati. Invece il bavarese (SS citati), quello di Parma (art. 139) l'estense (ar
ticolo 174) e quello del Cantone Ticino (art. 93) ai sessanta. Per anche il Codice
parmense la stabilisce a 50 per le donne (art. 151). Il limite dei sessanta anni pel
prussiano stabilisce che possa accordarla il Sovrano all'adottante che per la sua
fisica costituzione sia impotente alla procreazione.
La differenza di et fra l'adottante e l'adottato varia secondo le legislazioni.
Quindici anni sono richiesti nel Codice delle due Sicilie (art. 266), come nel fran
cese. Invece il Codice austriaco (S180), il sardo (art. 188), l'estense (art. 174), il
parmense (art. 139), quello del Cantone Ticino (art. 97) ne vogliono diciotto. Il
Codice prussiano prescrive che l'adottato sia pi giovane dell'adottante (S677).
Meritano attenzione alcune particolari disposizioni di qualche Codice. Quello
delle due Sicilie agevola l'adozione, rispetto all'et, nei due casi che, secondo il Co
dice francese, sono i soli in cui l'adozione possa aver luogo, dichiarando non essere
necessaria l'et di cinquant'anni in chi voglia adottare la persona, alla quale, du
rante la minor et, prest cure e soccorsi non interrotti per sei anni almeno (artico
lo 268); e consentendo che sia adottato, anche se non abbia 15 anni meno dell'adot
tante, quegli che salv la vita dell'adottante (art. 269). Il Codice sardo stabilisce
(art. 191) che i figli naturali non possono essere adottati n dal padre, n dalla ma
PARTE I.
165
diziaria, alla quale per la natura sua affidata la gelosa custodia dei diritti delle
persone e dei diritti sulle cose, e l'applicazione delle sanzioni penali ai delitti che
violano la sicurezza privata e publica.
Fanno eccezione in questa materia la Legge 22 Dicembre 1809 del Granducato
di Baden ed il Codice civile austriaco, che affidano alle Autorit amministrative la
l'adottato puramente personale fra loro, dichiarando che non influisce sugli altri
membri della famiglia dell'adottante, e nemmeno sul conjuge che non avesse consen
tito all'adozione; e che l'adottato non perde i diritti della famiglia propria (S 183.
755). La prima di queste disposizioni, che escluderebbe financo l'impedimento al
matrimonio per cognazione legale, impedimento appoggiato a gravi ragioni, non si
accorda n col Diritto ecclesiastico, n con altri Codici. Ma quanto alla successione
nei beni, quelle due massime in sostanza sono conformi ai principi di ragione.
Diciamo in sostanza, perch agli adottivi essendo attribuiti dal S755 gli stessi
diritti che competono ai figli legittimi rispetto alla successione intestata sul patri
monio liberamente trasmissibile, cio non vincolato ad una forma speciale di suc
avuto due figli legittimi, e lasciasse per testamento ad estranei la porzione dispo
nibile, i due figli dovrebbero dividere in tre, anzich in due, la complessiva quota
legittima.
I Codici francese, delle due Sicilie, sardo, estense, bavarese e prussiano sono
concordi nell'attribuire all'adottivo gli stessi diritti dei figli legittimi sui beni del
l'adottante soltanto, escludendolo dalla successione nei beni dei parenti di questo. Il
166
SAGGIO
il diritto di ricuperare le dette cose talora limitato al solo adottante che sopravi
vesse, esclusi i suoi discendenti. In sostanza queste disposizioni sono simili a quelle
che abbiamo riferito nella precedente nota a pag. 157, riguardanti la preferenza ac
cordata ai genitori o ascendenti naturali e legittimi sopra tali cose, nel caso di con
correnza di fratelli nella successione intestata.
Ci basti a mostrare fino a qual punto le leggi civili positive si accordino co'
principi di ragione, e quanto poco ci vorrebbe perch l'accordo fosse pieno ed intero.
PARTE I.
16 I
logica.
Ma nemmeno ci pu dirsi abbandonato all' arbitrio; perch in so
CAPO XV.
che incontri. Il principio supremo del diritto, da noi concepito come una
facolt entro i limiti tracciati dalle leggi morali, regola eziandio l'uso
della coazione, sia che la si consideri in questo senso che ci sembra il
della forza, rispetto al nostro simile, non sia mai lecito, se non allora
che sia rivolto a tutelare od esercitare un nostro diritto.
-
468
SAGGIO
non pu dirsi che sia tolta sempre la facolt di usarla a fare il bene del
nostro simile.
PARTE I.
109
si
ls Is
--
li
Che se gli atti praticati a salvezza della vita altrui portassero seco
un qualche guasto alla propriet del salvato, ci non potrebbe certamen
il
n la giustizia una lesione di diritto dove non c' che un effetto conse
guente ad un atto moralmente buono e sommamente vantaggioso a chi
per esso fu salvato da un estremo irreparabile danno.
i
Nemmeno in simili fatti pu confondersi quest'uso della forza, il cui
risultato complessivo un vantaggio recato al nostro simile, colla co
azione. E, se ben si guardi, la differenza sta in ci: che la coazione
tende al vantaggio nostro, tutelando il nostro diritto anche con danno
470
SAGGIO
trui persona, senza tener conto del confine che a quest'attivit viene se
gnato dalla legge morale; e dall'altra si restrinse, non tenendo conto
abbastanza di quei doveri che la morale c'impone, e che importano ne
cessariamente un qualche uso di attivit esteriore verso i nostri simili.
Quindi avvenne che si considerasse l'uso della forza soltanto qual mezzo
consentito dalla ragione giuridica per tutela del nostro diritto, e lo si
ampliasse talvolta s fattamente da consentirlo senza nessuna restrizione
e fino alla morte dell'aggressore, qualunque fosse il diritto compromes
so, anche di lieve importanza; e per l'opposto si escludesse dalle ricer
che della scienza giuridica quell'impiego moderato della nostra forza ef
cos altamente lo riprova, stretti nelle pastoie di quella idea del diritto,
non poterono stabilire nettamente se tuttavia possa l'uomo usare la forza
onde impedire il suicidio non solo del pazzo, ma eziandio dell'uomo che
non attualmente privo dell'uso della ragione.
Posto infatti che l'uso della forza non sia concesso dalla ragione se
non per far valere il nostro diritto contro chi lo offende, e ino al punto
in cui la forza sia mezzo idoneo e necessario alla nostra incolumit, non
PARTE I,
17 li
perch non esce dal limite segnato all'attivit nostra dalla morale, che
anzi ne fa un dovere, data la possibilit di praticare quest'atto di bene
ficenza. Ma qu non si tratta pi di una coazione propriamente detta,
Che se la morale non ammette l'uso della forza per costringere alle
azioni conformi, o per impedire quelle contrarie a suoi precetti; e di
pi riprova l'uso eccessivo della coazione, e vuole quindi una certa pro
porzione anche colla natura del diritto posto in pericolo, oltre la idoneit
e necessit dei mezzi diretti alla sua incolumit; un illimitato uso della
natura molto ristretto, senza che per questo si possa negare che dove
abbia luogo l'impedimento della immoralit con mezzi consentiti dalla
morale non potr mai aver luogo una lesione di diritto ed una respon
sabilit giuridica.
4 72
SAGGIO
Egli perci evidente che i cos detti diritti innati, rispetto alla
persona altrui, non sono in sostanza altro che l'esercizio dell'attivit
nostra, rispetto alla persona altrui, in adempimento del nostri doveri. Il
principio sempre, l'essere racchiusa quest'attivit nostra dentro i con
fini segnati dalla morale, che ce la consentir con maggiore ampiezza in
casi speciali, come nel suicidio, e rispetto agl'incapaci, dementi, ec. Di
versit nel grado secondo le circostanze, non gi nell'indole sostanziale,
e nel principio che la legittima.
Al quale esercizio di attivit esteriore, ch' l'adempimento di un do
proco diritto sociale del soccorso non dovesse verificarsi nei casi di pe
ricolo e di danno imminente, quando l'aiuto importasse un qualche im
piego di forza, sia pure contro azioni non lesive, sempre nei limiti sta
biliti dalla morale.
Che se pongasi mente all'uso della forza per parte della societ, e
quindi del potere supremo ch' posto a verificare in essa le condizioni
della sua conservazione e dell'adempimento del suo fine; la forza, tanto
nei modi quanto negli scopi in cui e per cui pu essere adoperata, d
luogo ad altre considerazioni.
PARTE I.
4 73
Lasciato pure da parte che nella societ, e in virt del suo principio
giuridico, certe azioni di loro natura morali o immorali possono soggia
s,
- se
disfazione delle giuste pretese, troppo noto che, salvo i casi di estrema
necessit, il diritto di privata difesa, e in generale di farsi giustizia da
s stesso, non pu essere lasciato al cittadino; al quale per in ricambio
la condizione sociale assicura, com' della sua essenza, una pi ampia
ed efficace guarentigia merc gli organi del potere supremo, posti a ren
dere giustizia, a tutelare i diritti, a costringere i renitenti, a procurare
le giuste soddisfazioni e le dovute indennit; in generale a far rispettare
il diritto, e a costringere all'adempimento di ogni giuridico dovere s
senso fosse uopo) a tutto ci ch' una conseguenza dello stato stesso; e
:17%
SAGGIO"
e il fine della convivenza, una forma tutta speciale riceve dal rapporto
di societ; forma che, sebbene analoga alle altre, deve per considerarsi
al tutto distintamente. Questa forma quella di sanzione, spesso con
fusa colla coazione, come sopra si accennato.
-
PARTE I.
175
SAGGIO
476
cio a dire una sanzione propria della legge giuridica, la cui applica
zione produca il salutare effetto di allontanare il delitto mediante il ti
PARTE I.
4 77.
delle pene ne consegue. Il quale effetto coincide con quello della coazio
ne, perch tutto si dirige a tutelare i diritti e ad assicurare l'osservanza
della legge giuridica; ma sono differenti affatto i mezzi, si per la loro
essenza, s per la fonte da cui si deducono, s per la misura e le condi
festa come sussidio all'esercizio delle azioni civili, o come difesa dagli
attentati attuali contro il diritto. Dove invece la societ domanda la re
pressione dei delitti, cio in generale di ogni offesa recata alla sicurezza
diverse forme pe'i fini giuridici, poich il diritto nella sua pienezza ed
in tutti i rapporti non pu verificarsi che nello stato sociale, ch' il vero
della sostanziale unit del diritto e quindi della legge giuridica, e nella
societ in cui il diritto completamente si manifesta, e la legge giuridica
trova le condizioni essenziali alla sua verificazione.
178
SAGGIO
dio applicando la pena alle violazioni nei modi e nelle misure che la
stessa legge giuridica stabilisce.
Queste considerazioni preparano la via a discorrere dei fondamenti
del Diritto penale, dell'indole delle azioni punibili, delle loro specie
relativamente alla legge giuridica, delle condizioni per la loro imputabi
lit, e della misura delle pene; ricerche di cui avremo ad occuparci
nella Parte II. del nostro lavoro.
- -e0-3-bo-o--
PARTE II.
--
Res eo diligentius tractanda est nobis, quod origo ejus et natura minus
intellecta multis errationibus causam dedit.
DISCORSO PRELIMINARE
SOPRA
tempi e di
4 82
SAGGIO
sonale; e quando scienza pratica, deve dare norme sicure, che ser
vano di regola alle azioni umane, cui la scienza dirige, o come legge
impone o divieta.
Il sentimento universale del legame tra la colpa e la pena quindi
affatto insufficiente a costituire da solo il principio e la base della scienza
PARTE II.
183
vero che le legislazioni penali non tennero dietro mai di pari passo
ai progredimenti della teoria; ma vero altres che ne subirono sempre
no, gli usi e le leggi delle nazioni dovevano essere il cerchio, entro il qua
le si aggirassero le meditazioni di quei pochi che a tale sublime argo
mento applicavano l'intelletto. Questo procedimento comune a tutte le
scienze pratiche, negli oggetti delle quali si sempre prima operato, e
poi pensato al come si dovesse operare.
184
SAGGIO
ria tra la colpa e la pena, diede vita a quel sistema di rappresaglie che
si trova stabilito fra tutti i popoli nei primi stadi del loro incivilimento.
L'esercizio dell'autorit di punire non poteva quindi essere in questa
poteva
ai giudici una regola che segnava il limite della pena per ciascun de
litto: limite dedotto dalla gravit del danno recato ingiustamente dal
colpevole.
nella via dell'incivilimento; anzi osiamo dire che le pene non si trova
no inflitte ordinariamente dall'individuo offeso se non nelle societ de
La pena del talione (talis esto) deve considerarsi e come norma data
PARTE II.
185
non una perfetta identit del castigo col danno recato; considerata poi
come limite alla vendetta privata, serv di base al sistema della composi
zione, che troviamo comune a tutte le genti rozze, sostituito alla ven
detta privata come prima ed umile conquista della legalit sulla forza
vedere qualche cosa pi che una semplice offesa del privato. La societ
e chi la regge apprende a conoscere i suoi doveri e la sua autorit. Il
gono le teorie. Tutto questo non l'opera d'un istante. Quanti secoli e
quanti traviamenti prima di giungere a qualche cosa di ragionevole, o
almeno di tollerabile!
486
SAGGIO
servire di guida a chi deve fare le leggi penali, in quanto pone per base
delle medesime la proporzione esatta fra il delitto e la pena; ma consi
derata come sistema scientifico, non soddisfa alle quattro ricerche fonda
mentali test ricordate.
Essa infatti non d l'idea dell'essenza del diritto di punire, non som
gua dal vero talione, considerato come norma a cui i giudici debbano
conformare la pena, inchiude una idea vulgare, propria soltanto di gen
ti inculte; ed essendo affatto positivo ed arbitrario, non serve nemmeno
a dare una norma generale sufficiente per la misura della pena.
EsEMPIo. Il male che reca il delitto s all'offeso che alla societ
PARTE II.
487
suoi figli? Ne verr perci ch'egli possa giustamente gettarsi alla stra
da per assalire e derubare chi passa, onde formare alla sua famiglia un
sufficiente patrimonio? E pure, logicamente parlando, si pretende qual
che cosa di simile da chi ripone tutta la giustizia delle pene nella ne
488
SAGGIO
te, non esiste pi lo scopo, come non esiste mai una misura per deter
minare il grado della pena. Anche un piccolo delitto mostrerebbe la ten
denza a commetterne; e la sicurezza contro nuovi attacchi del reo non
segna un gran passo nella scienza del Jus criminale, giacch fece sen
tire la necessit di fondare il diritto di punire sopra una base atta a
il diritto penale appartiene, tent derivarlo nel passato secolo una scuo
la che sembra essersi proposto di accumulare gli assurdi, far guerra al
senso comune, ed avvilire la umana dignit, predicando la teoria o me
teoria. Se per altre fonti non si avesse notizia della gravit del male,
cui si cominciava a cercare un rimedio, basterebbe a farlo conoscere ol
tre ogni dire gravissimo questo solo, che un ammasso di assurdit pot
essere per quei tempi una reazione benefica.
PARTE II.
i 89
Allo stesso sistema del contratto sociale appartiene la teoria che sta
bilisce per massima, andar privo l'uomo del diritto d'essere trattato co
me un essere ragionevole dal momento che offende i diritti altrui, per
ch il diritto suppone la reciprocit. Nessuna differenza quindi tra i
vari delitti; tutti egualmente importano l'espulsione dalla societ. Non
colpa del sistema, ma della tenerezza di cuore di chi lo professa, se
tutti i delitti non vengono egualmente puniti con la morte; e se invece
100
SAGGIO
mezzo; quale sia la misura della medesima per ogni delitto; non si pu
determinare in questo sistema.
Recentemente un insigne scrittore, che abbiamo altrove avuto occa
ed agisce come motivo sulla volont per trattenerla dal misfatto. In que
sta dottrina si considera la pena minacciata nel suo modo di agire sulle
determinazioni della volont; nell'effetto che pu derivarne, quando
l'uomo eccitato dal motivo si determini liberamente a non commettere
giustizia, lo scopo delle pene. Castigare per castigare, punire per puni
re, non un postulato che soddisfi la ragione. Se il delinquente ha com
messo un'azione per s ingiusta, ci non prova che un'azione analoga
praticata contro di lui cessi per questo solo motivo d'essere ingiusta.
PARTE II.
191
essere giusto ci ch' utile; che hanno posto, in una parola, l'ombra in
luogo del corpo; hanno voluto provare la giustizia delle pene con la
loro utilit. Se bastasse l'avvertire gli assurdi e le contradizioni di un
male, sostituisce alla nozione giusta del delitto e della pena l'idea della
colpa relativamente alla morale, e conduce per necessaria conseguenza
alle deduzioni le pi contrarie all'indole tutta esterna e puramente so
ciale del sistema punitivo.
192
SAGGIO
giuste perch tutti ammettono che la colpa merita pena, non dare alla
scienza una solida base, perch il fatto da per s solo non un princi
pio, e molto pi perch un tal fatto non abbastanza distinto da altri
fatti anche ingiusti. Se la pena fosse giusta soltanto per questo, che si
desidera da tutti che il delitto sia punito, si potrebbe per eguale motivo
pretendere che sia giusta la vendetta privata, perch l'offesa eccita l'av
versione contro la causa che la produsse: ci che nessuno sosterr.
del quale da alcuni anni si mena un grande rumore, e che ha il suo lato
buono, non sempre per scevro da esagerazioni.
Il lato buono consiste nell'ordinamento dei luoghi di pena in guisa
-
in atto quell'aurea sentenza, che esprime la vera idea del sistema peni
tenziario saggiamente inteso: Parum est coercere improbos poena, misi
probos efficias disciplina,
PARTE II.
93
tutto quella dell'intima natura della pena in relazione alla legge giuridica.
N mancano le esagerazioni del sistema penitenziario anche limitato
494
SAGGIO i
Sopra tutto non si devono trascurare i buoni principi della scienza per una
esagerata filantropia. Non basta pensare al miglioramento delle carceri;
bisogna pensare a migliorare le leggi criminali, e a mettere accanto ad
esse tutte quelle instituzioni accessorie che servano a prevenire i delitti.
litti meglio che non tutte le sottili combinazioni dei sistemi peniten
ziari, e producono grandissimi benefici. Certamente v'hanno difetti e
bisogni grandi, cui si dee provedere; ma quello che si fatto un buon
pegno di quello che si ha da sperare nell'avvenire.
-
PARTE II.
195
del giusto non riconosce conforme alle sue norme l'uso delle pene, esso
manca di fondamento: la sua teoria pogger, se si vuole, sovra principi
politici, utilitari, legali-positivi, o di sentimento non giustificato da ra
gioni sode e convincenti; ma non sar una teoria che possa dimostrare
giuste le pene. Una teoria che a ci valga non pu essere stabilita sopra
verun altro fondamento, che quello non sia della conformit fra le pene
e la legge giuridica naturale; conformit non asserita, non presunta, non
sentita soltanto, ma bens dimostrata.
-- -
scienze morali.
tici, diligente analisi degli atti e dei fatti, rette e giuste applicazioni
particolari. E tanto pi le domanda l dove pi grave ed importante si
l'argomento sul quale deve stabilire norme direttrici le azioni dei pri
196
SAGGIO i
sua attivit questa parte della legislazione, per l'effetto che si propon
gono di conseguire le leggi criminali, pe'i mezzi che di loro natura de
vono adoperare, e per le gravi questioni che si agitano tuttavia fin anco
positive legislazioni.
Perci abbiamo preso ad analizzare la diversa indole giuridica delle
loro
197
PARTE II.
498
SAGGIO
ea
, -
* * -
NOTA I.
sopRA IL COMPONIMENTO PECUNIARIO PE I
DELITTI.
sa
E un fatto dei
. . .
. . .
.
.
.
.
.
.
. soldi 900.
.
600.
600.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
500.
400.
300.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
200.
600.
100.
Per complicit . . . . . . . . . . .
Per uno straniero Borgognone, Frisone, Tede-
300.
sco, Bavaro. .
Donna incinta
III. CLAssE.
. .
. .
160.
700.
Schiavi. . . . . . . . . . . . . .
36.
Ferite.
ferito.
, .
. .
. . . . . . . . .
. . . . . . . .
100.
50.
. . . . . . 100, o 50.
62. 1/2
45.
PARTE II.
199
Ingiurie.
. .
- . . .
36.
15.
15.
da lepre . . . . . . . . .
da volpe . . . . . . . . .
6.
Romano da un Franco .
2)
2)
62. 1/2
3.
. .
soldi
2.
. .
1.
.
.
.
M)
Buone gambiere
.
.
.
.
.
.
.
.
.
. . . . . . . .
bo
6.
3.
7.
3.
12.
6
6.
2.
3
6.
12.
Delitti.
Omicidio
soldi
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Aldione.
Schiavo.
60.
900.
6.
12.
450.
8.
16.
2.
4.
30.
8.
4.
6.
2.
4.
1.
2.
150.
(C. Gaillardin, Cahiers d'Histoire Universelle.)
8.
4.
E tanto basti per avere un'idea delle applicazioni di questo sistema, che
differisce nei vari popoli barbari soltanto nella misura della somma. Fra i
Borgognoni, ch'ebbero le leggi pi miti, la composizione del nobile di sol
di 50; quella di un uomo mezzano soldi 100; quella di una persona minore 75:
ed , se non prendiamo abbaglio, l'inverso di altre leggi, essendo, a quanto
pare, misurata dal grado del delinquente invece che da quello dell'oeso.
La legge dei Visigoti ha pochi Widrigild; ma bastano alcuni per dimostrare
come il sistema fosse tanto o quanto adottato anche da essi. Alemanni, Angli,
SAGGIO
900
posizione troviamo i castighi corporali e l'infamia; come nella legge dei Bor
gognoni la morte per l' uccisione di un ingenuo, l'infamia per la donna dis
onesta: ma il fondo sempre lo stesso.
nel senso di proporzione tra il danno e la pena, che non nel letterale.
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4,
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--
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- -
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-
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PARTE II.
201
NOTA II.
sULLA con DIzIoNE comeARATIVA DEGLI OPERAJ, DEI PovERI sovveNUTI
E DEI DELINQUENTI.
e sussidi che loro sono dovuti, e che i sedicenti filantropi tentano di procu
rare alla peggior feccia dei delinquenti.
Lasciata da parte la deplorabile condizione dell'Irlanda, per non ripetere
cose note a tutti, lo stato degli operai nell'Inghilterra quanto al benessere
materiale in confronto dei poveri sovvenuti dalla forzata carit legale, e pi
ancora dei delinquenti, risulta dal seguente prospetto, che dice pi di qualun
que eloquente discorso.
.
.
.
.
.
.
.
.
once 4.
. 1. .
. 3.
Totale once 122.
II. Soldato.
20
. .
28.
. . .
56.
Formaggio
Pudding
.
.
. . once 31.
. . . 10.
21.
. . . . . . . . . . . . . . . . 16.
. . .
. . . . . . . . . . . . . . 16.
Totale once 151.
14
202
SAGGIO
8.
Riso
Piselli .
Formaggio
once 24.
.
.
.
.
.
.
.
.
8.
. . .
.
.
.
.
.
.
.
.
16.
40.
. . . . . . . . . . . . . . .
5.
4.
. . .
. . . . . . . . . .
(Prigione di Winchester)
once 16.
5.
11.
Totale once 203.
V. Delinquente condannato.
Pane
per settimana . . . . . once
. . 56.
. . . . . . once 140.
Carme
yo
. . . .
18.
. . . . . . .
. . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
-
38.
28.
21.
Formaggio - . . . . . . . . . . . . . . . .
12.
once 168.
bo
.
-
.
-
56.
.
1
--
112.
Totale once 330.
Quindi l'operajo laborioso ha meno del povero, il povero meno del pre
venuto, il prevenuto meno del condannato, il condannato meno del deportato;
e discendendo cos fino all'ultimo grado della scala, voi vedete alla fine che il
delinquente deportato riceve alimenti presso a poco tre volte pi abbondanti
dell'onesto operajo! Qual effetto non debbono produrre sul nostro ordina
mento sociale tali leggi, che migliorano la sorte dell'uomo in ragione della
sua degradazione; le leggi che gli dicono: sii ambizioso di divenir povero; aspira
dl
farti condannare !
"
siano pure moltiplici e grandiose, non bastano, quando non siano ben rego
CAPO I.
-
ragione; bisogna altres che la volont si conformi nelle azioni alla leg
ge stessa. Ora la volont abbisogna di un eccitamento per operare; e
questo eccitamento non pu essere che un bene da conseguire, o un male
da evitare con l'azione alla quale si determina (vedi Parte I. Capo III):
dunque se la volont deve praticare le azioni conformi alla legge, ed evi
tare le contrarie, bisogna che vi siano dei beni e dei mali annessi alla os
servanza e alla violazione della legge, cio la sanzione. Questa sanzione
costituisce l'efficacia della legge, cio la forza di eccitare la volont.
204
SAGGIO
lont sia la sola sanzione; ma che questo motivo viene in aiuto dell'al
tro derivante dall'autorit, in guisa che la legge dev'essere osservata in
E ci cos vero, che non v'ha esempio di una legge senza sanzione
CAPO II.
Della sanzione della legge del dovere giuridico in particolare.
-
PARTE II.
205
Se poi vogliamo che sia Dio, allora il fatto che ci mostra non sempre
applicarsi la sanzione nella vita presente, perch non si consegue sempre
perfetta solo nella vita futura; quindi sanzione tutta interna, invisibile
200
SAGGIO
- ,
, e
giuridico per l'opposto cessa affatto con la vita, poich'esso non sussiste
che in forza della convivenza socievole.
Ci significa, che gli atti stessi siccome possono avere relazione a due
leggi distinte, sebbene connesse, possono avere due sanzioni distinte,
ma non opposte.
Resta per sempre fermo che, data la innegabile differenza delle leggi,
bisogna concedere la differenza delle sanzioni; altrimenti quella legge
che non avesse la sua sanzione mancherebbe del requisito indispensabile
alla sua perfezione, non sarebbe pi vera legge,
-
PARTE II.
207
Cos se la sanzione di una data legge non fosse analoga alla legge
stessa, e si verificasse dopo cessato l'ordine sul quale la legge si fonda,
sarebbe una sanzione inutile, poich non apparterrebbe pi a quella leg
ge, ma ad un'altra. In somma, la sanzione futura non si riferisce alle
ta
CAPO III.
-
, i
- -
r-,
-- -- -
--
a e
questa il carattere di analogia con la legge stessa, in guisa che una legge
regolatrice principalmente dell'interno non pu avere una sanzione sol
tanto esterna, e viceversa. Questa analogia della sanzione con la legge for
ma un carattere essenziale e comune alla sanzione di qualsivoglia legge.
beni e dei mali a chi osserva o viola la legge, senza di che la sanzione
non avrebbe effetto, siamo portati all'idea di un Essere che dia a cia
scuno ci che con le sue azioni si meritato; vale a dire di un superio
208
SAGGIO
Tutto ci discende dalla essenza della legge morale, nella cui sanzio
ze, perch immediatamente applicata da Dio, troviamo perfezione nella
qualit interna ed invisibile dei beni e dei mali che formano questa san
zione, nella loro quantit adequata alla quantit dei meriti e dei deme
riti, ossia nei loro rapporti e proporzioni con questi.
renze nascenti dall'indole tutta esterna della legge del dovere giuridico
e della sua sanzione; dalle limitazioni d'intelligenza e di potenza del su
periore che deve applicare la sanzione medesima; dalle limitazioni dei
PARTE II.
209
. .
o on, i
go
la
lorofia
ogni rapporto perfetta tanto ne suoi mezzi che nelle sue applicazioni,
imperfetta deve riuscire la sanzione della legge giuridica in questo dop
pio aspetto, restando soltanto perfette le due sanzioni in s stesse, in
quanto v' una giusta armonia tra esse e le rispettive leggi alle quali
sono apposte.
i 1 -
1 - s
-i
CAPO IV.
idea delle pene e del diritto di punire. Altre considerazioni sulla sanzione
210
SAGGIO
DEL DOVERE
zione penale; giacch ogni altra legge positiva umana, come non pu
essere giusta se non trova il suo fondamento diretto o indiretto nella
mente una sanzione sua propria, analoga all'indole sua, vale a dire ester
ma e visibile come la legge stessa. Ma la sanzione giuridica non pu es
sere applicata che da quella persona fisica o morale, la quale abbia l'au
torit di provedere all'osservanza della legge giuridica nella societ; il
potere sovrano, solo potere supremo e visibile nell'ordine naturale,
anche il solo che si trovi in queste condizioni: dunque la sanzione della
PARTE II.
21 )
ciet per due motivi: l'uno, perch la legge del dovere giuridico sup
pone la convivenza sociale, e solamente in questo stato si verifica e si
applica in tutta la sua pienezza; l'altro, perch la sanzione di essa legge
t; il qual fine regola onde decidere delle collisioni dei doveri giu
ridici derivanti dai rapporti sociali, allo stesso modo che il fine supremo
regola per decidere nei casi di collisione fra i doveri morali.
Ogni volta dunque che noi adopereremo l'espressione diritto in rela
zione alle pene, s'intenda che lo facciamo per adattarci al comun modo
212
SAGGIO
ee
t-s .
CAPO V.
--
213
PARTE II.
le pene, perch la sanzione inchiusa nella legge. L'uso delle pene non
deriva quindi nella societ da una semplice necessit politica, ma da una
vera necessit giuridica.
potr quindi applicarsi che alle sole azioni esteriori, in quanto offen
dono la legge del dovere giuridico. Perci anche allora che vengono col
pite certe azioni, le quali nei puri rapporti privati sarebbero solamente
che tale scopo deve derivare dal principio che le rende giuste, e che per
ci consiste nel rendere efficace la legge del dovere giuridico, nel trat
tenere dal violarla, e quindi, ingerendo nell'animo dei malvagi il timore
della sanzione, difendere dai delitti la societ ei suoi membri; procu
rarne la conservazione e la sicurezza, e indirettamente migliorare anche
con questo mezzo gli uomini.
- -
Da tutto quello che abbiamo fin qui discorso si vede che il diritto
penale deve definirsi: una retribuzione del male, fatta con misura nella
societ dal potere sovrano all'uomo imputabile di azioni che violano la
i, i 2 ,
legge giuridica.
-
21 i
SAGGIO
In secondo luogo si aggiunge del male, per indicare che si parla sol
tanto della sanzione annessa alla violazione della legge, e non di quella
annessa all'osservanza della medesima.
e,
PARTE II.
2l5
at
della forza fisica, e di un'arma della quale per avventura mi trovo pro
veduto; n potendo altrimenti conservare la mia vita, uccido l'aggres
sore: questo mio atto si chiama difesa.
216
SAGGIO
in autorit.
Tutte queste note sono cos essenziali al punire, che toltane una sola,
non se ne ha pi l'esatta mozione, e perci resta vie meglio provata la
giustezza dell'addotta definizione, la quale indica appunto tutte le note
essenziali dell'oggetto definito, e le differenze ultime, per le quali di
stinto da tutti gli altri oggetti a lui rassimiglianti.
CAPO VII.
Differenza fra la esposta dottrina della sanzione giuridica
ed altre teorie sul diritto penale.
PARTE II.
2 17
Tutte queste dottrine sono diverse dalla sovra esposta, che stabilisce
la pena non essere altro che la sanzione della legge giuridica. Di fatto
in al
si e si sono
siloup no:
- 1
i
a
r
i
ta; - 1, nei
. .
. .. .
15
SAGGIO
218
CAPO VIII.
Osservazioni sulla teoria della difesa indiretta.
della difesa indiretta come semplice effetto della pena, in luogo di rite
nerlo come la sua base principale. Prendiamo ora ad esaminare bre
Vemente
PARTE II.
219
stesso? No certamente; e molto meno nel caso nostro, perch non sus
220
SAGGIO
plicare alla pena i principi che giustificano la difesa come mezzo a man
tenere inviolato il diritto.
Il nodo della questione sta tutto qu: nel provare cio la giustizia
intrinseca delle pene come mezzi, indipendentemente dallo scopo al quale
si fanno servire. Romagnosi stesso ha indicato questo nodo apertamente
manifesta come un atto cattivo assolutamente; nessun fine, per buono che
fosse, potrebbe giustificarlo. Se infine il mezzo apparisce in s stesso
cattivo, ma possa mutare carattere secondo le circostanze; per giudicare
che il fine buono, cui diretto, lo giustifichi, converr provare che il fine
induce le circostanze, onde cessa di essere illecito quel mezzo.
Queste distinzioni sono la conseguenza della diversa natura dei fini,
Poich se si tratta del fine supremo, cio del fine morale, esso solo basta
a giustificare i mezzi diretti a conseguirlo, essendo esso stesso la norma
rirsi, come non opposti ad alcun ordine che sovrasti allo scopo imme
diato cui si dirigono.
rosa giustizia, per cui diventi una necessit giuridica. In secondo luogo,
perch la sicurezza della societ non riposa tutta esclusivamente sulle
PARTE II.
221
--
--
pena, quando sia identificata con la difesa, manca una regola costante e
determinata, perch il futuro non potrebbe somministrarla.
922
SAGGIO
Pe'l loro uso, commisurate alla gravit ed importanza del dovere giu
ridico violato, relativamente al fine dell'ordine dell'esteriore giustizia.
La quale ultima ricerca, com' la pi importante pe'l pratico eserci
zio del potere punitivo, cos anche quella che d luogo alle maggiori
controversie, e quasi la pietra d'inciampo di tutti i sistemi intorno a
questa materia.
Segnatamente nella dottrina della difesa non sono che i rapporti del
futuro, cio il pericolo che ne viene alla societ, il quale dia norma alla
PARTE II.
223
- -
Quanto poi alla misura della pena, i maggiori freni rotti dal delin
quente daranno regola per aggravare il grado di pena, determinata che
224
SAGGIO
---
CAPO IX.
-
Questa idea tratto tratto si mostra nella Genesi del diritto penale,
come abbiamo avvertito; ma quello che merita altres d'essere osservato
si , che non il solo Romagnosi, ma ancora altri scrittori antichi e mo
derni, e osiamo dire il maggior numero, accennano alla retribuzione pi
o meno chiaramente, quantunque poi la specie di retribuzione, in che
consiste la pena, non sia, ovvero sia erroneamente da essi determinata;
onde riesce impossibile che si provi la verit del principio nel suo giu
sto senso, e che se ne deducano le sue conseguenze legittime.
E per addurre qualche esempio che serva a giustificare quest'asser
zione, se noi prendiamo ad esaminare tra gli antichi Platone, troviamo
che stabilisce, lo scopo delle pene consistere nel porre un freno con
l'esempio tanto al delinquente, che agli altri. Infatti nel Dialogo XI. De
legibus cos si esprime: Poenis maligni vecantur non quia peccaverunt,
nam quod factum est infectum esse non potest; sed ut posthac et pec
catores ipsi, et qui puniri iniquitates viderunt injustitiam oderint, aut
PERTE II.
225
siderati nel solo affetto ed attentati. Fra gli Opuscoli sul diritto penale, Opere, Vo
lume IV. S62, pag. 449.
(3) Gorgias. Op. pag. 241, col. 2.
226
SAGGI0
altro luogo del medesimo Dialogo: Convenit autem omnem qui ab alio
recte punitur, vel ipsum fieri meliorem utilitatemque percipere, vel cae
teris exempla dare, ut alii, poenas ejus conspicientes meliores ob timo
rem efficiantur. Poi segue a dire: Qui vero apud deos et homines
ita dant poenas, ut utilitatem inde aliquam referant, hi sunt qui peccata
sanabilia commiserunt, quibus dolor cruciatusque prodest et apud homi
(1) Gorgias, Op. pag. 242. col. 1. (2) Ibidem, pag. 242, col. 2.
PARTE II.
227
nes, et apud inferos. Non enim aliter quis potest ab injustitia liberari.
Qui autem extrema injustitia detinentur, ac propter ejusmodi delicta
sunt insanabiles, ex his exempla sumuntur, ipsique nullam amplius uti
litatem inde reportant, utpote qui sanari non possint, etc. (1). Nei quali
luoghi tutti troppo evidentemente inclusa cos l'idea di retribuzione,
come le dottrine penitenziarie.
Venendo a tempi a noi pi vicini, incontriamo il nostro celebre Pa
ruta, il quale nel Trattato Della perfezione della vita politica riferisce
le pene alla giustizia commutativa, e quindi ammette l'idea della retri
buzione pura e semplice, ed anche una specie di talione. Egli introduce
cessioni fatte dagli uomini nel contratto sociale. Ma gli era d'impaccio
SAGGIO
228
sul mare non ignori i pericoli delle tempeste? Ebbene, il fine del con
tratto sociale la conservazione dei contraenti: chi vuole il fine vuole i
qualche perdita. Chi vuol conservare la sua vita a spese degli altri, de
pendre (2).
No'l si crederebbe; ma pure subito dopo, nella stessa pagina, egli di
strugge tutte queste magnifiche dottrine, e il delinquente diviene un ri
belle, un traditore della patria, che le fa la guerra, e cessa d'esserne
membro violando le sue leggi. Poche linee prima egli era un cittadino,
per cui si verificava il casus foederis d'essere impiccato: adesso non
pi cittadino; l'assalitore, contro cui lo Stato si difende, dacch bi
sogna che l'uno o l'altro perisca, essendo la sua conservazione incom
patibile con quella della societ. Il diritto di punire diventa dunque un
diritto di difesa diretta: ecco la sostanza di tutta la dottrina di Rous
PARTE II.
229
Libro II. egli attribuisce alle leggi penali il carattere di sanzione: Les
loir criminelles dans le fond sont moins une espce particulire de loia,
que la sanction de toutes les autres. E notevole che questa idea di san
zione sia entrata anche nella mente di Rousseau: tanto essa ovvia e
necessaria per avere l'idea di pena.
actes (ibidem). Secondo lui non v'ha niente a dire sull'origine del di
ritto di punire: essa la medesima che quella di tutti gli altri diritti del
Governo. Egli soggiunge: On ne saurait concevoir un seul droit, ni du
gouvernement, ni des individus, qui pit exister sans le droit de punir:
il est la sanction de tous les autres (ibidem).
Per Bentham adunque le pene sono sanzione, sanzione de diritti dei
230
SAGGIO
Al Capo V. dello stesso Libro, ove parla della misura delle pene, il
Bentham pone in fronte questi versi d'Orazio (Lib. I. Sat. III.):
-
Adsit
Trattato medesimo (Livre II. Chap. XIV. n 1), dicendo che per giu
PARTE II.
231
stificarla l'argument le plus solide est celui qui rsulte de ces deux con
qu'elle ne parait l'tre pour la classe abjecte, qui fournit les grands
sclrats; elle ne fait que donner une prompte issue une existence
inquite, malheureuse, dshonore, denue de toute vritable valeur.
Heu! heu! quam male est extra legem viventibus!
-
pochi casi (Livre II. Chap. XIV. n. 2); nella quale ultima opinione
ogni uomo assennato ed onesto sar d'accordo con lui, tutt'altro per
che pe'l principio dell'utilit. Era ben difficile che Bentham si emanci
passe dalle grette vedute dell'utilismo, egli che sdegnava la metafisica
propriamente detta, e che non aveva mai studiati profondamente i fe
nomeni dell'intelletto e del cuore umano. Tutti quelli che battono o bat
teranno la strada da lui e dagli altri veri utilitari segnata, riusciranno
gione, ma fin anco col comune buon senso: peggio poi queglino cui manca
la potenza di mente, che non si pu certo negare al Bentham.
Abbiamo voluto estenderci alcun poco nella esposizione di questo si
zione morale, che viene dal Rossi sostenuta, furono gi notate nel pre
SAGGIO
cedente Capo V.; n qu occorre fermarsi ad esaminare il valore di quel
232
nel senso propugnato anche dal Rossi, non che il ritorno alle idee di
Platone, da Grozio e da altri seguite, esposte in una forma pi scienti
gi sociali, e riguardandosi
colpa (2).
e, (1) Feuerbach, Lehrbuch etc. S 14, pag. 38, edizione superiormente citata.
(2) Feuerbach, Lehrbuch etc. S20 b. (dell'editore Mittermaier), pag. 42. Sebbe
me noi non siamo intieramente d'accordo con le dottrine del Mittermaier pi che con
quelle del Feuerbach e degli altri criminalisti intorno ai fondamenti del diritto pe
male, tuttavolta ci sembra che le erudite e dotte annotazioni che nella pi volte ci
PARTE II.
233
rito, della coazione morale, e della sanzione delle leggi sociali (1).
Da questo breve saggio delle varie dottrine che s'incontrano negli
scrittori di jus criminale si rileva che in tutte le scuole, cos in quella
dell'utilit come in quella del senso morale, si trova accennata l'idea di
stanze. Ai difetti di tutte le norme che furono sin qui proposte ha dovu
to sempre supplire il buon senso pi o meno delicato dei compilatori di
quella parte della legislazione criminale, che dinota le azioni crimino
se, e statuisce le relative pene, essenzialmente diversa dall'altra parte
di legislazione penale che d norma alla procedura. Questa non altro
che una regola per l'esercizio del potere dei giudici, e l'applicazione dei
principi della logica critica alla verificazione dei fatti delittuosi e dei
loro autori; applicazione che dev'essere associata a quelle cautele che im
234
SAGGIO
PARTE II.
-235
CAPO X.
Delle azioni punibili in generale.
per co
deve punire altre azioni, da quelle in fuori che sono dalla legge assog
gettate a pena. Questo verissimo; ma non ne segue perci che l'azione
236
SAGGIO
istruzione nella scienza del Diritto criminale anche per quelli che de
vono attenersi alle norme positive della legge, perch chiamati non a
formarla, ma ad applicarla.
-
piego di tutti quei mezzi giusti che valgano all'intento impostole dalla
natura. Qualunque azione, con la quale sia offeso un diritto e violato un
dovere in qualsivoglia modo derivante dalla legge giuridica, sia nei rap
porti individuali come nei sociali, un'azione di sua natura punibile,
sotto le condizioni e dentro i limiti che vedremo in seguito, in conse
societ pu disporre pe'l conseguimento de' suoi fini, hanno pure la loro
parte le pene; e che ogni azione, in qualunque modo leda il diritto, di
PARTE II.
237
CAPO XI.
238
SAGGIO
lit. Ogni dovere ed ogni diritto imposto od attribuito dalle leggi giu
ridiche positive quali devono essere, dovere e diritto imposto ed at
PARTE II.
239
anche impongano talvolta atti negativi. D'ordinario per gli atti impo
sti sono positivi; e gli uni e gli altri tendono sempre a produrre un van
taggio, o a togliere un male gi avvenuto o sovrastante.
Quindi conforme all'ordine logico il distinguere le prescrizioni ri
SAGGIO
i)
grave danno.
Nella seconda hanno luogo i soccorsi, sia reali, sia personali, ch'
comandato di prestare a chi lo pu, anche col proprio danno, nei casi
di publica necessit, e previo compenso.
Nella terza vengono racchiusi quei soccorsi che sono comandati a quel
li i quali con un fatto loro positivo hanno assunto l'obbligo di prestarli.
Nella quarta finalmente sono collocate tutte quelle prestazioni che
vengono con equa
so, potendo, viola la legge suprema della socialit; manca dal canto suo
alla soddisfazione di ci che deve in correspettivo dell'ajuto che rice
verebbe in casi simili.
in queste come rifusione del danno che recano a chi le presta (per esem
pio, in caso di opera prestata da braccianti).
PARTE II.
24 i
242
SAGGIO
PARTE II.
243
una violazione della legge. In queste azioni abbiamo fatti esterni per
Per sebbene le azioni con le quali, nel senso ora detto, si lede il
diritto altrui, siano tutte di loro natura punibili, astrattamente parlan
do; nullaostante non vengono sempre dai Codici assoggettate a respon
2 li i
SAGGIO
una cos fatta differenza tra le lesioni giuridiche, onde per una parte
illuminare la pratica ne'casi dubi, e per l'altra escludere l'idea troppo
comune, che nelle leggi positive possa esservi alcun che di arbitrario;
- - -
- a -
PARTE II.
245
- - - -r
- -- -
--
Quanto alla forma, essa duplice: premio pe'l bene, pena pe'l male.
Ma l'indole particolare della sanzione giuridica in confronto di quella
della legge etica, di cui abbiamo gi parlato nel Capo III. di questa
Parte II., fa di leggieri conoscere che nella sanzione giuridica avendo
influenza l'elemento umano con tutte le sue limitazioni ed imperfezioni,
deve essere molto ristretta la sfera dei beni co' quali l'uomo pu retri
buire l'osservanza della legge giuridica, e ancor pi l'uso che ne pu
fare; mentre pi vasta in s e nel suo uso si mostra quella dei mali con
cui si possono retribuirne le trasgressioni. I beni, onde la societ pu
rimeritare l'osservata giustizia, sono in generale piuttosto gli effetti na
turali della rispettata giustizia, che non beni estrinseci adoperati a modo
di vera sanzione rimuneratrice, la quale pu solo applicarsi alle azioni
non soltanto giuste, ma eziandio recanti un servigio pi o meno segna
lato alla societ tutta, o ad alcuno de' suoi membri. I mezzi di questa san
246
SAGGIO
lo riceve, non c' bisogno di cercare una ragione giuridica speciale che
non gi perch il rimeritare non sia atto voluto dai principi di giustizia,
ma perch non occorre una speciale dottrina giuridica che ne fissi le
basi, ne stabilisca le condizioni, ne determini le proporzioni; dove un
po'di eccesso non fa che bene al premiato.
cui sia da applicare, quanto rispetto alla misura di essa per ciascuna di
tali azioni punibili. Anche questo doppio limite dipende dall'indole
esteriore della legge giuridica, della sua propria sanzione, e degli atti
che vi soggiacciono; dal fine della sanzione stessa nell'ordine giuridico;
nel quale parleremo della misura delle pene, qui ci conviene trattar del
limite di qualit, ossia delle lesioni giuridiche che possono essere assog
gettate a pena, e di altri argomenti connessi con questo.
PARTE II.
247
SAGGIO i
248
io essere punite, e quelle per le quali debba farsi luogo alla semplice
azione civile della parte lesa, sar questo: - Non si deve punire in
tutti quei casi, ne quali la sanzione penale non mezzo ordinariamente
necessario ed opportuno a rendere efficace la legge giuridica = cio ad
-,
i
allontanare o riparare certe lesioni.
poss
turbato
trovarne nonri,solo
potremmo
legislatori,
at che
in certi
bendianco
ec.;neimacasi
di amministrato
alcune infedelt
di
a
PARTE II.
249
Nel Progetto del Codice penale pe'l Regno d'Italia stabilito (1),
che a qualunque sottrazione di roba o denaro commessa dal figlio legit
timo naturale o adottivo, o da altri discendenti legittimi, a danno del
della moglie, o dalla moglie a danno del marito, d luogo alla sola
azione civile.
membri della stessa famiglia per un simile titolo, un freno assai grave,
dacch porta un turbamento non lieve alle ordinarie relazioni domesti
separata edizione delle Opere sul diritto penale, pag. 1173, nel quale volume abbia
mo riprodotto questo Progetto, comprendendovi anche le aggiunte posteriori alla
sesta redazione.
- -
17
950
. SAGGIO
1 i
(1) Romagnosi, Scritti inediti sul diritto penale (Volume citato nella nota pre
cedente), pag. 861, S 357. Merita d'essere letto tutto l'Articolo, nel quale sta il pas
so qu riferito, pag. 857 a 861.
PARTE II.
251
civile, e quelle che, sebbene vadano soggette alla sanzione penale, non
domandano che si proceda d'officio, consiste in ci, che nelle une e nelle
miglie, ec (1).
r -
si
sa,
a gite
- ,
gore della parola, che lasci la libera facolt di usarne o no (); di una
potest che in fine riesce a recare un male di fatto a chi ne soffre pe'
suoi delitti l'influsso: cos ne viene che l'esercitare questo diritto nella
sua astratta e teorica generalit, uscendo dai limiti ed eccedendo i modi
-. -
SAGGIO
252
sia
vio
il
- a
Il
il
IVI
CAPO XIV.
' o
--
-rai i
sono
-
s.. .
. .
. ..
es. -
- -
- -
--
Condizioni
soggettive per...l'imputabilit
delle
lesionie punibili
o
1
.
.
i 3
Indole positiva delle lesioni
remote.
- e, a
i
"
- -
- --
, i
- -
-a
si
-
Nel Capo XI. abbiamo veduto che le lesioni di diritto, qualunque sia
l'oggetto sul quale cadono, possono ridursi a certe classi determinate dai
rapporti loro con la legge giuridica, ossia dal modo onde la legge per
esse violata; e che sotto questo punto di vista sono di tre specie: imme
cessario senza dubio che quegli il quale le commette operi con intelli
genza e libert. L'uomo che, atteso lo stato mentale in cui si trova per
un difetto costante, o nel punto che commette l'azione per s lesiva, non
pu far retto uso delle sue facolt, non pi agente morale, e quindi
l'azione non pu dirsi fatta da lui nel senso di atto umano, sebbene possa
PARTE II.
253
questa specie sono d'indole meramente positiva nelle loro singole dis
posizioni, bench fondate giuridicamente nel diritto generico dello Stato
all'esazione dei tributi; e perci sono pure positive le contraven
zioni alle medesime, e presentano il minimo grado di punibilit in con
fronto delle altre due, salva per altro la maggiore o minore gravit re
lativa, non potendo costituire se non una lesione remota della legge
giuridica, pi o meno grave, ma non mai da confondersi colle altre spe
254
SAGGIO
cui sono la violazione, intendiamo che queste leggi siano di loro natura
transitorie e variabili secondo i bisogni dei tempi; che nulla di asso
biamo mostrato nella Parte I. (1). Quanto poi alle azioni od omissioni
(1) Cos, per esempio, il diritto che ha ogni uomo in societ di stare in giudi
zio, sia come parte, sia come testimonio, onde far valere le proprie giuste pretese
255
PARTE II.
anche die
tura intrinseca dei singoli atti, senza bisogno della dichiarazione posi
tiva del legislatore; nelle seconde invece quest'applicazione del prin
cipio generale all'atto speciale impossibile senza la determinazione
positiva del legislatore.
o le altrui, viene assoggettato dalle leggi a certe condizioni e forme per la regola
rit dell'amministrazione della giustizia; e talvolta viene anche tolto a certe per
sone, sia per causa
condizioni necessarie, e quindi dalle leggi volute allo scopo della medesima. E per
fino la patria potest, ch' diritto e dovere derivante dai puri rapporti domestici,
e il diritto di amministrare le proprie sostanze, ch' di semplice ragione privata,
vengono sospesi riguardo a coloro che si mostrano incapaci di provedere al bene
dei figli, per cui sussiste la patria potest, o che coll'abuso del diritto di propriet,
256.
SAGGIO ,
Le azioni
Capo XI., violando regole di prudenza suggerite dalla ragione, non sono
nemmeno esse create dalla legge positiva. La parte che questa vi ha
cessariamente nelle azioni, onde i doveri per esse imposti vengono tras
grediti. Perci le lesioni divengono anch'esse lesioni puramente posi
tive; poich se gli atti imposti o vietati da cos fatte leggi non possono
PARTE II.
257
dirsi di loro natura doverosi od ingiusti, gli atti contrari non saranno
ingiusti per s nemmeno essi, giacch quando la ragione non prescrive
una regola da seguire nell'operare, le azioni rimangono facoltative, ri
spetto alla legge naturale.
l I
e al porto
- -
ni,
CAPO XV.
ora
-
e
-
Ita', i
lesioni
immediate e mediate corrispondono due diverse condizioni subbiettive,
Abbiamo detto nel precedente Capo, che alle due specie di
258
SAGGIO
1,
1 -
ed ammesso da tutti.
l'ignoranza della legge, essa poi talvolta pu esistere in fatto, tal altra
non lo pu.
Non pu esservi ignoranza tutte le volte che l'atto imposto o proi
-
- -
(1) Questa dottrina era pure professata dal Codice penale austriaco del 1803,
nel quale si legge (Parte I.S3): L'addurre l'ignoranza della presente legge sui
delitti non vale alla discolpa, non potendo non essere da chiunque conosciuta la loro
ingiustizia. Queste ultime parole furono omesse nel nuovo Codice penale del
27 Maggio 1852, Parte I. S 3.
PARTE II.
250
Non v'ha dubio che la negligenza o colpa sia una condizione subbiet
tiva diversa dalla prava intenzione. In ci ancora tutti si accordano.
Ma potrebbesi invece confondere la prava intenzione con l'intenzione
diretta a violare la legge? L'osservazione or ora fatta, che il proposito:
di violare la legge pu stare anche colla semplice colpa, mostra chiara
mente che questo solo proposito non costituisce la prava intenzione; al
trimenti si dovrebbe dire che vi ha una prava intenzione anche nelle
260
SAGGIO
test. facere, etc.), e talvolta voluntas nocendi (L. frater I. Cod. ad Leg. Corn. De
sicar.), ovvero dolo malo (Ulp. L. I. S 3.); e nell'attuale Regolamento giudiziario
trovasi caratterizzato proposito di far danno ad un altro insciente (Reg. S 205),
261
PARTE II.
-,
r al
in
che distinguesi dal dolo giuridico, cio dal proposito di danneggiare alcuno, non
gi insciente, ma sotto fittizie rappresentazioni di beni e di mali (Helfeld, Giurisp.
Vol. I. Lib. II. Tit. XVI. S293). Il cessato Codice criminale dell'Austria gli diede
il nome di maliziosa intenzione con libera volont (Codice penale di Giuseppe II.
S2.); ed il Codice penale di Francia, ultimo vigente in Italia, quello d'intenzione
criminale. Infine Filangieri lo ha definito volont di violare la legge (Scienza della
Legislazione, Lib. IV. Capo XXXVII.); e se a noi fosse lecito d'esporre il nostro
sentimento, non esiteremmo a chiamarlo una libera, calcolata ed attiva risoluzio
1 a
262
SAGGIO
Vi potranno essere gradi nel danno, nella importanza del diritto leso e
del dovere violato, nella natura dei motivi che spinsero al delitto, nella
PARTE II.
203
nersi lontano dal sito ove si fabbrica, rammentando la legge che li pre
scrive, ha la coscienza di contravvenire ad un precetto della legge, e vi
contravviene liberamente. Eppure non c' dolo.
--
264
SAGGIO
nei, non accorgendosi che ben altra cosa si che il cuore agisca in
compagnia del cervello, e che l'uno e l'altro muovano il braccio; ed
altra cosa si che, assumendosi in considerazione la sola relazione
PARTE II.
265
. .
e Parlando con esattezza, fra l'una e l'altra specie di atti havvi una
reale differenza; talch se tanto gli uni quanto gli altri debbono es
sere vietati come delitti, ci non ostante s gli uni che gli altri deb
bono costituire una categoria diversa, e non mai essere considerati
come semplici variet di una stessa specie, e meno poi come grada
zioni dello stesso atto.
b)
occhio e sotto lo stesso lume, siano gradazioni dello stesso animale (!).
-
,
18
266
SAGGIO ,
la punibilit.
D)
Certamente uno che commette un delitto per una male intesa rive
renza, o per istigazione o minacce non imponenti ed evitabili, o per
PARTE II.
267
e il
a 5
it,
te
CAPO XVI.
ti
as -
se si
, v.
al re
remote.
-
omissioni non derivi danno agli altri: quindi la colpa pu verificarsi sol
tanto in quegli atti che non sono immediatamente diretti ad offendere
un diritto, o meglio un oggetto del diritto individualmente determinato.
Quando un atto direttamente, immediatamente lesivo, e viene com
268
SAGGIO
sulto, e spettano interamente alla morale, alla coscienza. Tizio, per esem
pio, lascia una pistola carica in luogo dove pu facilmente essere scorta
e presa da un ragazzo, nella speranza che si ferisca o si uccida, per
Speriamo che tutto questo sia stato abbastanza chiarito dalle cose
discorse fin qu, e per notiamo subito una differenza sensibilissima fra
il dolo e la colpa; ed , che data la moralit in genere dell'agente, la
sola natura degli atti per s immediatamente lesivi non basta per con
ad
altri. Supponete invece che Cajo abbia lasciato una pistola carica espo
sta dove si trovano dei ragazzi, ed uno di questi giocando con l'arma
uccida s o un altro: avrete un atto di sua natura mediatamente lesivo,
PARTE II.
e quindi vi torner
269
270
SAGGIO
tale rapporto colla legge giuridica, e domanda per la sua esistenza quel
la data condizione, e non altra. Prendete le mosse da una certa condi
zione subbiettiva, e non potrete riuscire ad applicarla che a quella data
specie di lesioni, e non altra; e perci a quel dato rapporto con la legge
giuridica, e non ad un altro.
: Queste relazioni necessarie del dolo e della colpa, mentre escludono
specie o gradi diversi nel dolo, come si dimostrato nel Capo antece
dente, portano invece a scorgere una grandissima variet e gradazione
nella colpa.
Infatti la colpa non avendo luogo che negli atti i quali o per s o
per le circostanze ledono il diritto solo mediatamente, non costituisce
uno stato semplice, unico, indivisibile dell'animo; ma ammette di neces
sit il pi e il meno, le specie diverse, le gradazioni. Questa mediata re
lazione fra l'atto e la legge pu cominciare, diremo cos, dal punto il pi
prossimo alla lesione immediata, e discendere per gradazioni innumere
voli fino ad offese cos lontanamente legate al dovere, da segnare un mi
PARTE II.
27 l.
della loro punibilit sar l'una o l'altra di quelle che spettano alle altre
due
specie
di lesioni.
goe so
io
la legge.
272
SAGGIO
specie delle prime ad una specie delle seconde, non saranno mai tali da
far cambiare natura alla lesione remota in guisa da farla divenire mediata.
Questa una conseguenza naturalissima del principio gi stabilito,
che la natura della lesione prenda, a cos dire, norma e carattere dalla
relazione dell'atto colla legge giuridica naturale per modo, che ove l'at
to per s non pu essere qualificato ingiusto per una deduzione imme
diata o mediata dalla legge stessa, ma solo in forza di un precetto posi
tivo, fondato sovra un principio remoto di giustizia, questo atto si appa
lesa per indole sua distinto necessariamente da ogni altra specie.
da avvertire che la natura positiva delle lesioni remote, gi sopra
273
dunque facile che signorino per la stessa
PARTE II.
pel profitto
lo
essenziale tra esse e il delitto, ch' lesione immediata della legge natu
rale del giusto. Nelle leggi che puniscono i delitti, la razionalit delle
disposizioni della legge, positiva soltanto nella forma, esclude la possi
bilit che un agente morale la ignori; nelle leggi che puniscono le le
sioni remote l'indole strettamente positiva delle speciali disposizioni di
274
SAGGIO
una regola onde non eccedere il confine di una giusta punizione per
ciascun delitto.
PARTE II.
275
, ,
i si i
dalla serie graduale delle sofferenze che possono essere adoperate come
materiale di pena.
io
l'una consta di quelle circostanze che dipendono dalla natura del delitto
commmesso; l'altra di quelle che derivano dalla diversa maniera di sen
tire degli uomini nei diversi tempi e luoghi, onde gli stessi mezzi afflit
f,
276
SAGGIO
morale degli atti si misura dalla relazione pi o meno prossima col fine
supremo; cos nell'ordine giuridico il valore degli atti si misura in re
lazione al fine immediato dell'ordine dell'esteriore giustizia.
Perci la gravit giuridica delle azioni ingiuste non va confusa colla
PARTE II.
277
nella sua triplice relazione con s, cogli altri, con Dio; pone in cima
di tutti quei doveri che immediatamente si connettono col fine supremo,
e quindi riconosce le maggiori colpe nella violazione di cos fatti doveri.
Invece la legge giuridica limitandosi alle azioni esteriori, e mirando al
fine della convivenza umana, deve mettere a capo dei doveri giuridici
stamente
s'inligga, perch offendono ad un tempo l'ordine sociale, che non pu
stare senza la moralit.
-
278
SAGGIO
PARTE II.
279
is i
, n.
e , a a
(1) Non nuovo nei fasti criminali il caso di piccoli furti commessi per assicu
rarsi una reclusione di alcuni mesi, onde avere ricovero e vitto gratuito nella sta
gione dell'inverno.
280
SAGGIO
seguenza dei principi, i quali regolano la scelta della qualit della pena
e la misura della sua quantit.
is
Il sesso e l'et sono altre due circostanze, intorno alle quali da ve.
dere se debbano influire ad ammettere una diversit di pena per lo stesso
delitto.
- Intorno al sesso ci pare che gli stessi principi ora accennati condu
cano a rispondere doversi ammettere, dentro certi limiti, una mitiga
zione di pena, qualora dalle particolari circostanze del fatto risulti che
la debolezza del sesso possa in parte scusare il delitto commesso. Non
crediamo per che il legislatore possa farsi carico della differenza del
sesso come di una circostanza generale, per cui si debbano stabilire pene
diverse nella qualit o nel grado, secondo la differenza di sesso del
delinquente, pe'l medesimo delitto, a cose del resto eguali.
loghe a quelle che nei fatti particolari possono essere indotte dalla de
bolezza di mente e di animo della donna; come, per esempio, nella co
operazione al delitto per seduzione o minacce.
norme nella legge. Sta infatti nel corso ordinario delle cose, che lo svi
luppo mentale non si compia prima di una certa et; e che quand'anche
PARTE II.
281
e stabilire quelle mitigazioni che vogliono essere portate nel grado della
pena, a cagione dell'et immatura in quel periodo nel quale dee aver
Rimane per anche in questo una gran parte da lasciare alla decisione
del giudice, che deve di caso in caso pronunciare sulla esistenza o no
- a
r.
- , a
(1) Cos appunto stabilisce il Codice penale francese, art. 66 a 69, per gli accu
sati che abbiano meno di sedici anni.
19
282
SAGGIO
mante una moderazione di pena (1). Non pu invero negarsi che una
tal massima venga suggerita da un senso d'umanit, al quale si associa
un principio che ha influenza sulla determinazione della qualit e quan
Bentham, per esempio, d come una regola per la misura delle pene,
che la stessa pena non debba essere inflitta per lo stesso delitto a tutti
(1) Per esempio, nel Codice penale francese, art. 70, ec., rispetto ai vecchi di
settant'anni compiuti.
(2) Thorie des peines, etc. Liv. I. Chap. V.
PARTE II.
283
(1) Per esempio, il Taparelli nel Saggio teoretico di dritto naturale, n. 826.
284
SAGGIO
cupidigia di lucro con pena infamante, perche il reo ricco, e poco sen
tirebbe la pena pecuniaria; ovveramente punire con pena pecuniaria il
povero, perch a lui riesce pi sensibile che non l'infamia, mentre in
realt non pu soddisfarla; sarebbero assurdit manifeste.
PARTE II.
285
ai
286
SAGGIO
venire; non dal giudice, perch non pu accertarsi della robustezza eet
tiva e della maggiore o minore sensibilit fisica di ogni individuo. Non
bisogna dimenticare, che in tutte le cose umane c' un limite, oltre il
quale non si pu giungere; e che l'esigere una perfezione astrattamente
desiderabile, produrre peggiori mali, che l'accontentarsi di quello che
si pu ragionevolmente ottenere.
morzano quel po' di pudore e di decoro che ancora gli rimane, e costi
tuisce, a dir cos, il seme che, svolto e coltivato acconciamente, pu
gli scopi cui deve tendere la pena; si scorge che vana riesce la questio
me, dacch non occorre occuparsi delle regole per misurare i gradi d'una
pena che vuol essere esclusa, ma soltanto della misura di quelle pene
che per la loro qualit soddisfacendo a tutte le viste del penale magi
PARTE II.
287
stero, sono le sole, il cui uso sia giustificato, e delle quali sia d'uopo
quindi stabilire le giuste proporzioni.
. Fra tutte per le particolari questioni relative alla specie e ai gradi
delle pene, occupa il primo luogo quella che versa intorno alla pena di
morte.
288
SAGGIO
mo, non pu essere con giustizia applicata che alle massime violazioni
della legge giuridica naturale.
Dall'esame di molti scritti sull'argomento ci sembra risulti chiara
mente, che tanto gli avversari, come i difensori della pena di morte,
abbiano esagerato; e di qu le dispute senza fine.
gono una lesione immediata della massima gravit, alla quale non pu
essere proporzionata altra pena.
Tutti gli argomenti, co quali si sostiene la ingiustizia della pena di
morte in qualunque caso, si riducono in fine a negare che l'uomo abbia
mai il diritto di togliere la vita all'altro uomo. Allo stesso modo si pu
sostenere che non si pu incarcerare nessuno, perch l'uomo non ha il
Nel fatto per la pena di morte non pu essere dimostrata giusta che
pe'i delitti di loro natura enormi, ed vero che l'uomo non ha il di
ritto di disporre dell'altrui vita. Ma nell'applicare la pena di morte ai
pochissimi enormi delitti che la meritano non l'uomo che ad un suo
e si commettono tutta sorta di delitti ad onta delle pene che li colpiscono, bisogne
rebbe a dirittura, per la stessa ragione, toglierle tutte. E notevole d'altra parte,
che si trovano talvolta gli stessi argomenti addotti pro e contro la pena di morte.
Rispettate la vita, se volete che sia rispettata. Altri dice: ritorcete contro l'omicida
PARTE II.
289
stanza che nella forma. Onde il precetto che impone di non infliggere le
pene a capriccio, ma nella giusta proporzione colla gravit dell'ingiu
stizia, a colui ch' provato averla commessa; dentro i limiti della stretta
necessit; dopo avere adoperati tutti quei mezzi che valgano a preve
mire i delitti; e serbate le forme tutelari, e il rispetto dovuto ai doveri
ti
- i titl
Due principi quindi debbono essere posti intorno alla pena di morte:
l'uno la sua giustizia assoluta per le pochissime pi gravi lesioni;
l'altro la giuridica e morale obbligazione di prevenire il bisogno di ado
(1) Vedi la nota in fine di questo Capo.
200
perarla, promovendo
SAGGIO
popolo; mezzo
efficacissimo a trattenere gli uomini dai delitti, e sopratutto dai pi gravi.
la cultura intellettuale e morale del
Dal primo principio deriva che la pena di morte non debba essere
omessa nei Codici per quei rari fatti ai quali proporzionata.
co scopo, anzi il principio che rende giuste le pene. Altri per l'opposto
vollero che nel punire si debba proporsi come fine unico, o almeno prin
cipale, il miglioramento del delinquente.
solo fatto del delitto non cessa di essere uomo, e quindi si devono ri
spettare i suoi fini quanto lo permette la sicurezza della societ, e come
PARTE II.
291
to, ma anzi associato al primo. Questa concordia fra i due scopi delle
pene sempre possibile, quando il modo della punizione non porge di
per s occasioni atte a corrompere vie pi il delinquente o a renderne
difficile il ravvedimento, e quando non sono trascurati i mezzi che diret
tamente influiscono ad emendarlo.
cui venne avversata. N pu dirsi che la disputa (a parte gli eccessi) sia
tornata inutile del tutto. La tendenza che si manifesta in molti Codici
criminali (1) a diminuire il numero dei delitti puniti colla morte, mostra
(1) I Codici che meritano particolare menzione sono la Parte I. del Codice pe
nale austriaco del 1803, semplice, conciso, moderato nelle pene, e che lascia facolt
al giudice di graduare la pena dentro certi confini, secondo la prevalenza delle cir
costanze mitiganti; assegnando eziandio una larga parte all'operoso pentimento,
292
SAGGIO ,
che il pensiero dei saggi legislatori, e dei dotti che sono chiamati a pro
porre i progetti dei Codici criminali, va sempre pi associandosi alle
vedute della scienza, che restringe grandemente il numero delle azioni
che fecero aperti i tristi effetti delle pene troppo severe e sproporzionate
al delitto, le quali resero necessario un continuo ricorso al diritto di
onde esimere dall'incorrerla. Spetta a chi si occupa del commento delle leggi l'in
dicare in quali punti sia stato migliorato nella nuova redazione attivata col 1. Set
tembre del corrente anno 1852. Ma rispetto alla pena di morte vuol essere notato,
che se in questa nuova redazione fu minacciata ad alcuni maliziosi danneggiamenti
commessi sotto date circostanze di speciale gravit (SS85-88), analogamente a dis
posizioni che gi esistevano; venne per abolita in altri casi, come apparisce dal
confronto dei SS 52.53. 94. 148 a) del Codice 1803, Parte I., co SS 59. 108. 109.
167 a), b) della nuova redazione: sicch in sostanza fu realmente ancora pi limitato,
Baden, publicato nel 1845 ed attivato nel 1851. Intorno a ci da vedere l'Opera
del chiarissimo Mittermayer: La legislazione nel suo progresso.
PARTE II.
293
, , il
(1) Sebbene non entri nel piano di questo lavoro la ricerca dei principi, sui
il
Diritto penale, e alle norme del suo pratico esercizio. Ed , che l'adottare quelle
instituzioni e forme di procedura, le quali, posposta ogni altra considerazione, val
gano pi sicuramente a tutelare l'innocenza; a prevenire giudizi erronei, parziali
od iniqui; a scoprire i veri colpevoli; a verificare le circostanze aggravanti o mi
grave senza confronto di quello che siano gli ordinamenti della procedura civile.
A questo proposito meritano d'essere notate le disposizioni delle leggi cano
29!,
SAGGIO
cos conchiude: Debet igitur esse praesens is, contra quem facienda est inquisitio,
misi se per contumaciam absentaverit; et exponenda sunt ei illa capitula, de quibus
fuerit inquirendum, ut facultatem habeat defendendi seipsum. Et non solum dicta,
sed etiam momina ipsa testium sunt ei, ut quid et a quo sit dictum appareat, publi
canda: mec mom ezceptiones et replicationes legitimae (graece, legitime) admitten
dae, me per suppressionem nominum, infamamdi; per eaeceptionum vero exclusionem,
deponendi falsum audaciam praebeatur (Labb, Collect. Concil. Tom. XIII., edit.
veneta, col. 939-940). Tanto sono vani i giudizj da taluno portati intorno alla sini
stra influenza del Diritto canonico sulla procedura criminale!
PARTE II.
295
C 0NCI, USIONE
Convinti del
Che dopo tanti sforzi debbasi ritenere inetta la mente umana a dimo
strare questa verit, sentita dalla coscienza di tutta intera l'umanit,
senza eccezioni, tesi cos strana, che nessun uomo assennato vorrebbe
certamente difendere.
296
SAGGIO
Ma fosse pur vero che la pena venisse posta sempre sulla bilancia da
chi medita il delitto, non ne seguirebbe perci la verit di una teoria
che sopra tale influenza appoggiasse la giustizia delle pene; poich si
infliggerle.
PARTE II.
207
poich la teoria del diritto penale ha troppa influenza non solo sulle le
gislazioni, ma anche sul pratico ufficio del giudice.
Il rispetto dovuto all'umana dignit, i diritti e i doveri del supremo
298
SAGGIO
FINE
INDICE
Asm e preliminare dell'Autore
Pag.
INTRoduzioNE premessa a quella parte del presente lavoro che va unita alla
Collezione delle Opere di G. D. Romagnosi. . . . . . . .
. .
. .
. .
VII
))
. . .
13
17
21
41
49
58
64
73
89
95
118
300
INDICE
. .
. . .
125
Pag.
.
138
153
20
157
20
162
167
X0
SANZIONE
-
GIURIDICA
COMIE
-
PRINCIPIO
COSTITUTIVO
DI
179
181
198
No
201
203
CAro II. Della sanzione della legge del dovere giuridico in parti
colare .
204
CAPo III. Riflessioni sui caratteri della sanzione della legge giuri
dica in confronto di quella della legge etica. Conferma delle cose
discorse nel Capo precedente. . . . . . . . . . .
207
CAPo IV. Idea delle pene e del diritto di punire. Altre conside
razioni sulla sanzione giuridica specialmente penale. A chi
spetti applicarla. . . . . . . . . . . . . . .
CAPo V. Capitali ricerche sul diritto penale. Sua definizione.
209
21 2
214
216
a questo
218
22
.
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.
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.
. . .
23
INDICE
301
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244
252
257
267
274
295
303
C O R R EZIONI
yo
2)
))
b)
difettosi
leggi a quello
(Capi XI e XII.) (in alcune copie)
difettose
pag. 198
CSSere
quegli
l'ordine naturale, da cui voluta
la conservazione e il benessere
conservazione e il ben
dell'uomo in societ,
essere dell'uomo,
--
Solnsteiner
.
-
i.
in -
era
a-