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ATTI DELL'ISTITUTO DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA

DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE

APPUNTI DI LEZIONI DI STABILITÀ

C. DAVINI

GIU.1984 IMTA I 032


Stampa C.D.C•• via Mantica Sa - Udine
Ottobre 1984
Appunti

di

LEZIONI DI STABILITA' (*)

C. DAVINI

Istituto di Meccanica Teorica ed Applicata dell'Univesita' di Udine

(*) Corso tenuto agli studenti del Dottorato in Ingegneria Strutturale


delle Universita' di FIRENZE-ANCONA-BARI-GENOVA-PISA-UDINE, a.a.
1983/84.
- 1 -

1 Introduzione
1.1 Generalita'
1.2 Esempi di analisi di stabilita'
1.3 Piano del corso

2 Elementi di teoria delle biforcazioni


2.1 Generalita'
2.2 Gli strumenti tecnici della teoria
2.3 Studio dei punti critici ed analisi Euleriana: cenni
2.4 Studio locale delle biforcazioni
2.5 Il caso analitico di branching l-dimensionale
2.6 Alcuni tipi fondamentali di punti critici
2.7 Sistemi conservativi e connessioni con la nozione energetica di
stabilita'
2.8 Stabilita' dei punti di biforcazione nei quattro casi fondamenta=
li
2.9 I teoremi di Thompson

3 Elementi di stabilita' secondo Liapunov


3.1 Alcune definizioni
3.2 Classificazione dei punti di riposo
3.3 La nozione di stabilita' secondo Liapunov
3.4 I teoremi del metodo diretto
3.5 Analisi linearizzata di stabilita'
3.6 Il metodo delle piccole oscillazioni
3.7 Instabilita' oscillatoria e instabilita' per divergenza: cenni
3.8 Il teorema di Lagrange-Dirichlet

4 Alcuni cenni sulla stabilita' dei sistemi continui


4.1 Generalita'
4.2 Stabilita' secondo Liapunov
4.3 Carattere topologico della nozione di stabilita': alcuni esempi
4.4 Condizioni per un minimo dell'energia potenziale.
- 2 -

1 Introduzione

1.1 - Generalita'

In termini generali, fare un'analisi di stabilita' in un problema


significa indagare sulla dipendenza della soluzione dai dati. Piu'
precisamente un'analisi di stabilita' consiste nello studio di una
qualche proprieta'della soluzione che e' ritenuta rilevante, e di come
questa proprieta' vari al variare.dei dati. La scelta della particolare
proprieta' e' di volta in volta suggerita dal contesto fisico e
caratterizza la nozione di stabilita' analizzata. Il termine stabilita'
e' cosi' usato in modo piuttosto estensivo nelle applicazioni e si
trova in molti casi a descrivere nozioni differenti di stabilita'.

In meccanica. sono state prese in considerazione principalmente


quattro proprieta' della soluzione negli studi di stabilita':

i. Unicita';
ii. Estremalita' per l'energia potenzial~,
iii. Sensibilita' alle imperfezioni,
iv. Continuita' col dato.

A queste scelte corrispondono differenti analisi di stabilita'. In


tutte si pensa di far crescere il dato proporzionalmente ad un
moltiplicatore e si cerca il piu' basso valore del moltiplicatore in
corrispondenza del quale la proprieta' esaminata si perde o presenta
qualche singolarita'.

Nel primo caso si studiano le condizioni per cui la soluzione e'


unica e, in particolare, il valore del moltiplicatore a partire dal
quale l'unicita' si perde. Questo tipo di analisi e' stato introdotta
da Eulero. Nell'ultimo secolo eSSa e' stata oggetto di molta attenzione
da parte di autori importanti che hanno sviluppato considerevolmente la
teoria, e i relativi strumenti tecnici, e ne hanno offerto applicazioni
in svariati campi della meccanica. Essa ha dato origine alla moderna
teoria delle biforcazioni.

Nel secondo caso si identifica la stabilita' di uno stato di


equilibrio con la proprieta , di essere un minimo per l'energia
potenziale totale del sistema meccanico. Si cercano cosi' le condizioni
sotto cui questa proprieta' vale e i valori del moltiplicatore per cui
- 3 -

si perde. L'idea che ispira il metodo risale ad un importante teorema


di Lagrange e Dirichlet circa le connessioni tra minimi dell'energia
potenziale e stabilita'. Il teorema asserisce che uno stato di
equilibrio che sia un minimo proprio per l'energia potenziale e'
stabile. Qui la nozione di stabilita' cui si fa riferimento e' quella
dinamica descritta nel seguito. Le connessioni con la stabilita'
dinamica sono precisate ulteriormente da un teorema di Cetaev che da',
in termini di minimi energetici, una condizione necessaria per la
stabilita'. Nonostante i due teoremi, comunque, l'identificazione tra
configurazioni stabili (in senso dinamico) e m1n1m1 dell'energia
potenziale non ha validita' generale ed e' piuttosto da riguardare come
una definizione della nozione di stabilita' quale emerge dall'analisi
energetica. In questo senso specifico il metodo e' stato sviluppato da
Hadamard.

La proposta della sensibilita' alle imperfezioni come fattore


rilevante nel giudicare la qualita' di un problema e' motivata
dall'osservazione che non si ha mai un controllo totale delle
condizioni di esercizio e delle caratteristiche geometriche del sistema
strutturale. Diventa allora importante determinare sotto quali carichi
piccoli scostamenti del sistema dallo schema ideale possono riflettersi
in grandi cambiamenti della solùzione. L'approccio basato sulla
sensibilita' alle imperfezioni sostituisce lo studio di un singolo
sistema (ideale) con quello di una famiglia di sistemi (reali) • n
punto di vista e' allora simile·a quello che ispira le cosiddette
analisi generiche di stabilita', ma gli obbiettivi che ci si pongono
nell'applicazione del metodo sono meno generali, come e' illustrato
nell'esempio che segue. Usato in questo senso il metodo delle
imperfezioni si incontra essenzialmente nello studio della stabilita'
delle strutture.

L'ultimo tipo di analisi, infine, risale al concetto di stabilita'


proposto da Lagrange e Dirichlet:~-formalizzato da Liapunov. Esso e'
l'unico che ha un carattere espressamente dinamico e che corrisponde
alla nozione intuitiva di stabilita' che si ha in meccanica.

1.2 - Esempi di analisi di stabilita'

A titolo di esempio si considerano nel seguito le analisi di


stabilita' dei quattro tipi precedenti per la colonna rigido-elastica
- 4 -

di Fig. l.

(Analisi di unicita')

L'equazione di equilibrio per il sistema in Fig. l e' la seguente

(l) mgh s ìn é ke

Fig. l

Le configurazioni di equilibrio si trovano immediatamente dalla


costruzione grafica riportata in Fig. 2 e sono rappresentate in Fig. 3.

k
v= ghm
- *

Fig. 2
r

- 5 -

I I
I I
I I
I I
l I
I I
I I
I I
I I
I I
mc =-k I I
gh
I I

Fig. 3

Segue che le condizioni

m <: k/gh ,e
(2)
m > k/gh

implicano l'unicita' e la non unicita', rispettivamente.

Si conclude che per

(3) m

si perde l'unicita' e ad ~ si da' il nome di valore critico del


carico.'

(Analisi energetica)

L'energia potenziale totale del sistema in una configurazione


generica e' data Qa

v( s.m) 1/2 ke 2 + mgh cose


- 6 -

.ed ha punti di stazionarieta I Ve aV/ ae o nei punti di equilibrio


(1). La sua derivata seconda

k - mgh cos e

nei punti di equilibrio, caratterizza allora la proprieta' di estremo.


Lungo la curva di equilibrio e = o e' Vee = k-mgh. Segue che per

(4) m < k/gh

e I Vee > O , e per

(4) m > k/gh

e ' Vee < O , e V(O,m) e l un minimo locale del primo caso e non lo e'
nel secondo Il valore discriminante

( 5)

e' il valore critico del carico.

01 tre alla curva e = O se ne hanno altre e


= e( m) definite
implicitamente dall'equazione di equilibrio e rappresentate da curve
nelle strisce (2nw,(2n+1)w). Per esse e ': Vee = k(1-e/tge). Segue che

e /tg e < 1 e

e /tg e '). 1 ~ Vee < o

che sono rispettivamente distintivi di una condizione di minimo e


massimo locali per V(e,m). Il valore discriminante e'

(7) m* k/gh e*/sin e *

e corrisponde ai punti di minimo delle curve di equilibrio in Fig. 3.


- 7 -

(Analisi di imperfezione)

Supponiamo ora che l'angolo di riposo della molla sia eE anziche'


quello teorico e = O. Interpretiamo eE come un parametro di
imperfezione. L'equazione di equilibrio diventa allora

(8) mgh sine = k(e-Ele:)

Le curve di equilibrio corrispondenti e = e


(m; E\;) sono rappresentate
in Fig. 4 per diversi valori positivi del parametro \ (curve
simmetriche si hanno per eE < O). Esse rappresentano cosi I il
comportamento di una famiglia di strutture reali (imperfette).

Fig. 4

E' interessante considerare quanto sia sensibile all'imperfezione


il comportamento della struttura ideale. Come misura di sensibilita' si
assuma la a= I ae /aeE I.

Il calcolo di a si esegue usando la formula di derivazione per le


funzioni implicite a=l(ag/aeE )/(ag/ae)I, dove g s mgh sine-k(e-E\;).

Quando e' calcolato lungo la curva di equilibrio e = O, si trova

(9) a k/lk-mghl
- 8 -

Si vede che a" + CD per

(la) m - k/gh

cosi' per questo valore della massa piccole imperfezioni determinano


grandi differenze nel comportamento della struttura. Si interpreta mc
come un valore critico del carico.

(Analisi dinamica)

Si consideri adesso il comportamento dinamico della colonna. Ci si


chiede se i moti che partono da condizioni iniziali prossime alla
quiete, nella cofigurazione verticale della colonna, si mantengono
vicini a questa.

Il problema dinamico e' formulato da

l ..
mh 6 + k 6 - mgh sin 6 O
(11 )
6 (O) O ,e(O) f, O

Segue immediatamente l'integrale primo

(12) 1/2mh 2 e
2 + 1/2k6 2 + mgh cos 6 cost

dove la costante dipende dalle condizioni iniziali. Scegliere


~ondizioni iniziali prossime alla quiete significa assegnare in (12)

(13) cost mgh I Le e )

con E: piccolo. Da (12) e (13) segue

(14) 1/2k a 2 + mgh cos a < mgh(l+E:)

Poniamo
- 9 -

Y(6 ) 1/2k6 2 + mgh cos 6

...../V(.,.)
..,.,'
--;;~-------
I
I

Fig. 5

Il comportamento di y(6) e' descritto da

(16) dy/d6 = k6 - mgh sin 6

che e' l'equazione di equilibrio (l). Allora, se

(17) m < k/gh

y(6) e' crescente e per 6 opportunamente grande la (14) e' violata. I


moti devono allora rispettare la diseguaglianza

(18) 6 (t) < 6*

dove, per la continuita' di y(6) ,6 * .. O per E: .. O.

"Non e' difficile far vedere da (12) che anche la velocita' 6• deve
allora mantenersi piccola per E: piccoli.

Se invece

(19) m > k/gh

y(6) e' decrescente almeno fino alla. prima radice del termine a destra
nella (16). Moti della colonna fino a questo valore, almeno, sono
- 10 -

possibili e, poiche' la radice in questione non dipende da E, questi


moti non possono essere fatti piccoli a piacere con il parametro di
perturbazione. Sebbene la limitatezza delle soluzioni dinamiche non
sia in discussione, se ne perde una certa continuita' col dato iniziale
per un valore della massa

(20) m lIIc - k/gh

che e' detto valore critico del carico.

Osso Un'analisi dinamica basata sul 'equazione linearizzata moto


porterebbe a conclusioni simili, con l'unica differenza che moti
passano da armonici ad esponenziali quando si supera il valore

1.S - Piano del corso.

Gli esempi precedenti suggeriscono due commenti. Il primo e' che la


nozione intuitiva di stabilita' e' l'ultima. Non e' un caso che essa e'
anche la nozione di stabilita' tacitamente sottintesa quando si
eseguono analisi dei primi tre tipi. In effetti, queste si accompagnano
ad un criterio di interpretazione dei risultati non dichiarato
esplicitamente: con riferimento alla soluzione di equilibrio per
carichi piccoli e ad un programma di carico crescente in modo
proporzionale, l'equilibrio si ritiene stabile fino al raggiungimento
del primo moltiplicatore critico e instabile o~tre questo valore. E'
invalso l'uso di chiamare criteri di stabilita' le analisi viste sopra,
quando se ne interpretano i risultati in questo senso. In realta' le
qualita' della soluzione indagate nei quattro casi sono differenti e
non necessariamente collegate, e non distinguere tra criterio e nozi~ne
di stabilita' crea qualche confusione nella teoria e nelle sue
applicazioni.

Il secondo commento riguarda la coincidenza dei valori critici del


moltiplicatore nei quattro casi. Questo fatto contribuisce ad
alimentare l'equivoco tra criterio e nozione di stabilita'. Vedremo che
la coincidenza tra i moltiplicatori critici non e' sistematica, ma si
verifica per una ben precisa classe di problemi.

Nello stendere queste lezioni ho voluto primariamente evidenziare


questa distinzione concettuale tra i vari tipi di analisi di stabilita'

, I
- 11 -

e darne una presentazione autonoma. Il collegamento con la nozione


intuitiva di stabilita', comunque, costituisce per tutti gli approcci
la ragione del rilievo che hanno nelle applicazioni. Dove possibile, e
compatibilmente con i limiti imposti dalla brevita', ho cercato di
sottolineare questo collegamento e le circostanze su cui si fonda.

Nella teoria della stabilita' le analisi basate sulla proprieta' di


unicita' e sulla nozione dinamica hanno un rilievo particolare. In
queste lezioni mi son proposto di presentarne alcuni aspetti
fondamentali, limitando l'esame a quelle parti che possono essere
sviluppare con matematica relativamente semplice. In particolare mi
sono ispirato ai libri di VAINBERG e TRENOGIN [1] e THOMPSON e HUNT [2]
per quanto riguarda l'analisi delle biforcazioni, e alla classica
monografia di LA SALLE e LEFSCHETZ {S] per i fondamenti della
stabilita' secondo Liapunov. Un altro eccellente testo a cui ho fatto
riferimento per gli argomenti trattati nel Capitolo 3 e' il libro di
ARNOLD [4].

La trattazione rigorosa della stabilita' dei sistemi continui


richiederebbe l'uso di una matematica che non fa parte del bagaglio
culturale delle persone a cui queste lezioni sono rivolte. Il caso dei
sistemi continui pone questioni non banali di carattere matematico e
da' luogo a sottigliezze che sono "importanti per le applicazioni," ma
non incide sui fatti fondamentali della teoria. Pertanto l'attenzione
in queste lezioni e' essenzialmente rivolta ai sistemi discreti.
Nell'ultimo paragrafo, comunque, si illustrano con qualche esempio il
tipo di problemi e le differenze che si possono presentare nei sistemi
continui rispetto al caso discreto.

Per un approfondimento delle questioni riguardanti la stabilita'


nei sistemi continui, e per l'esposizione di tecniche di analisi meno
elementari di quelle presentate qui, si rimanda all'articolo di KNOPS e
WILKES sull'Enciclopedia della Fisica [5] e alla esauriente
bibliografia ivi citata.
- 12 -

2 Elementi di teoria delle biforcazioni

2.1 - Generalita'

Consideriamo l'equilibrio di un sistema meccanico descritto


dall'equazione

(1) F(~'l) O

dove
tl
x E X C/~ •••• variabiledi configurazione
Y E Y C ~P •••• parametro di carico (o parametro di controllo)
F:X x Y + mf~ ... equazione di equilibrio.

Con l'analisi della biforcazione si intende studiare l'insieme dei


punti di equilibrio

(3) E

o, dove sia possibile rappresentare é in questa forma, dei rami di


equilibrio

(4) O

per y in qualche sottoinsieme V di Y.

L'esistenza di piu ' configurazioni di equilibrio sotto lo stesso y


si incontra principalmente in problemi non lineari. Lo studio delle (4)
cosi I e' tipicamente da pensare come un problema di anlalj.s'!~ mm linear~
e da affrontare senza ricorrere a linearizzazioni , ·Poiche' pero' la
matematica non ha ancora sviluppato strumenti sufficientemente potenti
per lo studio dei problemi non lineari, .e' raro che si possa fare uno
studio globale dei rami di equilibrio. Piu ' spesso si ricorre ad uno
studio locale di questi, non lineare, ma valido in un intorno
sufficientemente piccolo di un punto di equilibrio o di un ramo di
equilibrio noto.

La teoria della biforcazione considera il problema (4) da un punto


di vista locale: si suppone nota una soluzione fondamentale, diciamo
- 13 -

(5) x = O O per

e si studiano in modo esatto le curve di equilibrio nell'intorno di


suoi punti.

Tipiche risposte che si aspettano dalla teoria sono:

(a) La determinazione dei punti di biforcazione su x = O


(b) La determinazione del numero di rami biforcati
(c) La descrizione (in piccolo) dei rami biforcati.

Non ci si aspetta dalla teoria di sapere:

(d) Quale cammino seguira' il sistema; ne'


(e) Quanto si estendono i singoli rami di equilibrio.

Osso Il punto (d) solleva un problema di stabilita' in senso intuitivo.


Vedremo che ci possono essere connessioni tra questa nozione di
stabilita' e l'unicita', ma comunque essi sono fatti concettualmente
differenti, come gia' accennato nell'Introduzione.

2.2 Gli strumenti tecnici della teoria

Lo strumento fondamentale nella teoria della biforcazione e' il


teorema del Dini. Supponiamo che il punto (~"l4) sia di equilibrio

(6) O

e che F e 3F/3x siano localmente continue ad (x


_o ,lo )

(7) F,3F/3x E Co ad (~o ,lo) •


loc

In queste ipotesi vale il seguente teorema:

Teorema 1 (Dini).: Se
(8) det 3 F/3x F O

3 un aperto V C IRP, con lo E V, ed 3 ! cIl : V +. IRq, cIl E· Co (V) , con le


proprieta '
O per l E V ,
(9)
- 14 -

In generale se si rafforzano le ipotesi di regolarita' su F cresce


anche la regolarita' di, Un complemento del teorema del Dini,
importante per gli scopi che seguono, e' il seguente teorema di
regolarita'

Teorema 2. Se F e' analitica ad (~0,19 ·)e vale la (8) , la , e' ana=


litica in l'

Il ruolo, dei due teoremi nella teoria della biforcazione e' quello
di garantire, rispettivamente, l'esistenza di rami di equilibrio e
l'effettiva convergenza in qualche intorno di ~ delle serie formali
che si usano per rappresentar li esplicitamente.

Diremo che una curva di equilibrio x = '(l) e' una piccola


soluzione ad (~,lo) se e' continua e verifica le condizioni

(lO) ~o e

per l in qualche aperto U, con lo EU. I l punto (~o'ZJ) si dice


regolare se'a! , con le propri eta , (ro) , I l punto (~o ,lo) si dice di
biforcazione se esistono piu' soluzioni con le proprieta' (io), I l
punto (~0,19 ) si dice di non continuabili ta ' se e' un punto di
equilibrio isolato.

y y y

x x x

(punto regolare) (punto di biforcazione) (punto di non continua


bilità)
Fig. 6
- 15 -

Il teorema del Dini fornisce condizioni sufficienti perche' un


punto di equilibrio sia regolare. Un punto di equilibrio si dice
critico se

(11 ) det 3F/3x o


Evidentemente punti di biforcazione e punti di non continuabilita' sono
da cercare tra i punti critici.

2.3 Studio dei punti critici ed analisi Euleriana: cenni.

Le condizioni che definiscono un punto critico si prestano ad una


espressiva interpretazione meccanica. Se (x ,y ). e' un tale punto, sono
verificate le seguenti uguaglianze

(12) det 3F/3x O


-I (~c ,!.)

Ma queste sono le condizioni necessarie e sufficienti per l'esistenza


di soluzioni non banali dell'equazione di equilibrio linearizzata

Per questo il metodo fondato


metodo degli equilibri
configurazioni di equilibrio

Si dice in particolare che un punto critico e' un punto di


equilibrio neutro nel senso che, in virtu' delle (12) , esistono
infinite soluzioni della (13) comunque vicine ad ~c.

L'idea originaria del metodo e' di Eulero. Esso e' stato usato
estensivamente in meccanica sotto varie ipotesi sul comportamento dei
materiali. Per un resoconto esauriente si veda TIMOSHENKO [6].

2.4 Studio locale delle biforcazioni

Per convenienza pensiamo di aver scelto le variabili in modo che il


- 16 -

punto di equilibrio in esame coincida con l'origine (0,0) dello spazio


delle coordinate e dei parametri di carico. Supponiamo inoltre che
F E Ciocal punto (~,~) in modo che si possa fare uno sviluppo di Taylor
di F nell'origine

(14) -Bx -l' Ay + o<l~I+lll)

dove

(15) B - a F/a x e A = a F/a y I


I (Q,Q) - (Q,Q)

e o indica un infinitesimo di ordine superiore al primo in (Ixl + Iyl).

L'equazione di equilibrio diventa allora

(16) Bx

Per il teorema del Dini l'origine e' un punto regolare se


rango (B) q. Se invece
f'
(17) r rango(~) < q

siano le coordinate x ordinate in modo che la matrice

(18) ~1 i,j 1, .•. ,r

sia non degenere:

(19) r

e siano

e A
[~J
le relative partizioni di ~, B ed A. L'equazione di equilibrio diventa
r
;

- 17 -

(21)
B x' + _%_
_%1_ B x" = ~%l. + o( [x]» Iyl)

Per il teorema del Dini, (21) definisce un'unica piccola soluzione

(22) x'

per ogni ~",! che verificano le (21)%. Questa diventa allora

(23) = ~'!. + o<l~"1 +

La (23) si dice equazione della biforcazione, o di branching: ogni


sua piccola soluzione genera una ed una sola piccola soluzione (22).
Cosi' essa definisce il numero e l'estensione delle piccole soluzioni
di (21) • La (23) ha sempre la soluzione x" = y = O perche' °,
l'origine e' punto di equilibrio; se capita ch~ (23) non -ha altre
soluzioni l'origine e' un punto di non continuabilita'. La variabile x"
si dice,variabile libera di configurazione.

Il metodo che consiste nel cercare le soluzioni dell'equazione di


branching e nel sostituirle in (22)ISi dice di Liapunov-Schmidt p~e'
questi autori si accorsero, nel contesto delle equazioni integrali,'che
io-studi~delle piccole soluzioni si riduceva a quello dell'equazione
di..-.branching.· Si parla-dT-bran-~h-i~g-~':dim~~sionalese 'q-r = n. Si noÙ
che il numero delle piccole soluzioni non dipende dalla dimensione
dell'equazione di branching, ma corrisponde al caso in'cui i rami di
~quilibrio sono varieta' n-dimensionali (curve per 0=1).

Una proprieta' dell'equazione di branching importante per gli


sviluppi che seguono e' la seguente:

Lemma. L'equazione di branching (23) non contiene termini del primo


ordine in x".

Infatti una forma equivalente del sistema (21) si ottiene per


sostituzione di x' da (21)1 in (21)%

(21)'

In particolare, la sostituzione di (21)' in (21)% non cambia il rango


- 18 -

della matrice jacobiana dell'equazione di equilibrio calcolata


nell'origine:

rango rango(~l) .

Segue immediatamente che

(24)
°
come asserito dal lemma l'

Osso Il caso di branching n-dimensionale si presenta nei sistemi


meccanici che, nella termi nologia della cinematica infinitesima, hanno n
gradi di liberta' al punto critico in esame. Infatti, considerata
l'equazione di equilibrio (21) in forma linearizzata

Bx ~:t

in un punto critico l'immagine di 1R q sotto Be'


possibili configurazioni di equilibrio solo se il dato
Ci
Rq. Cosi' sono
carico, ~:t'
sta nell'immagine ~( mq). Questo caratterizza i sistemi labili. Dal
teorema di Rouche'-Capelli, ci sono infinite configurazioni equilibrate
per dato nullo dipendenti da n = ~-r parametri liberi di
configurazione.

2.5 Il caso analitico di branching l-dimensionale

Esaminiamo nel seguito come si possono trovare le piccole soluzioni


dell'equazione di branching. Per semplicita' ci limitiamo al caso
~-dimensi?nale e con un,solo paramet~? di control~o. Da un punto di
vista meccanico avere un solo parametro di controllo corrisponde, ad
esempio, a considerare carichi che dipendono da un fattore di
proporzionalita' (moltiplicatore dei carichi): siano ~ e À la variabile
libera di configurazione ed il moltiplicatore dei carichi.

Poiche' la teoria della biforcazione e' ben sviluppata in questo


- 19 -

caso, facciamo l'ipotesi che l'equazione di branchin~ sia analitica

(25) con t(O,O)


° °
e s~ppolliamo per i l momento che t, ~ e possano assume valori
complessi.

Per il lemma precedente l'equazione di branching ha ora


l'espressione

(26)
°
La risposta alla questione dell'esistenza e del numero di piccole
soluzioni di (26) e' data da un teorema di WEIERSTRASS (Teorema di
preparazione) in teoria della dii",sibili ta'. Esso asserisce che; a meno
di un fattore analitico e f °
'in (0,0), la (26) puo' essere scritta
come un polinomio in ~ di grado m

(27)

dove Ho ••••• ,H._1sono analitiche in À e nulle per À o. Il grado del


polinomio:

(28) m

e' il piu' piccolo esponente di ~ nella prima serie in (26). Segue


allora dal teorema fondamentale dell'algebra che (26) ha esattamente m
p~c;c()~~_15o_1uzioni, C= €(À), eventualmente multipl~

La determinazione dei rami di equilibrio, comunque, puo' farsi


direttamente dalla (26), i.e. senza ricorrere alla riduzione di questa
alla forma (27), usando una tecnica introdotta da Newton.

Il metodo consiste nel postulare piccole soluzioni del tipo

(29) ..... ,
- 20 -

con O<e:<e:' < •••• , e nel determinare gli esponenti e: e le costanti ~e: in
modo che la (26) riduca ad un'identita'. Sostituendo (29) in (26) si
trova

(30) ~ L [~k Àe:k+v + o


k, v kv e:

e la determinazione di ~e: ed e: si fa imponendo che sia nullo il termine


di ordine piu' basso in À.

Indicato con

nfk ) inf { v : Lkv * O}


l'applicabili ta' della procedura richiede di scegliere e: in modo che
siano soddisfatte le condizioni

per qualche coppia (i,j) e


(31 )
per h F i

E' facile vedere che l'operazione corrisponde a trovare la spezzata


che nel piano k,v lascia i punti (k,v), corrispondenti a coefficienti
L k v.;, O, da una stessa parte.

"

m )(

Fig. 7

Il precedente diagramma si chiama diagramma di Newton:


r
l - 21 -

esponenti di una possibile piccola soluzione sono i coefficienti


angolari

(32) e: = (n. - n. )/(k. - k. )


l. J J l.

dei tratti discendenti del diagramma di Newton. Scelto allora un


segmento nel diagramma di Newton e determinato e: , i coefficienti te: si
trovano come radici del polinomio

(33) O

la sommatoria essendo estesa agli indici (k,n) che corrispondono a


punti sul segmento considerato nel diagramma di Newton.

La determinazione degli altri esponenti e:' e dei relati~i


coefficienti Ce:' si fa in modo analogo. Naturalmente per provare che il
metodo produce effettivamente una piccola soluzione si dev~--dim6strare
"che produce una successione crescente di esponenti e: e che la serie
costruita "in questo modo ha un raggio di convergenza finito. Questo e '
effettivamente il caso. Ne diamo di seguito la dimostrazione in un caso
particolarmente semplice.

Siano (Kunl.) ed (6C~,n~) il primo ed ultimo punto nel segmento


scelto nel diagramma di Newton. Detto qil massimo comune divisore di
(k i - k l. ) e (nl.-ni ):

(34) k i - kl. sq e (nl.- n.l. rq

l'esponente e: del termine dominante in (29) e ' dato da

(35) e: r/s

Si ponga

(36) ~ = n!X]r e À
'\-jK"-
Scritta la (26) nella forma

L
- 22 -

dove la serie si estende alle coppie (k,~) che non stanno sul segmento
considerato, e dopo la sostituzione di (36), si ottiene

(37) ~ = o

dove, per essere (k1,n1), •.•• ,(ki ,n i ) un segmento nel diagramma di


Newton, e '

(38)

per tutti i termini che compaiono nella serie in (37). E' cosi'
possibile ottenere una forma equivalente della (37) dividendo per
x k4 r+", S

(37) v(n,x)

con t'kv s (kr- + vs ) - (k1r + n1s) >0.

Dette allora n1, n2' .... ns~ le radici del polinomio in parentesi, la
(37) , diventa

(39) V (n,x) o

~e le ra~a del polinomio sono d~~, i l punto (n a ,0)


soddisfa le condizioni

(40) O e v'n (n, O)


a
f. O

dove v~ indica av/an.

Allora, per i l teorema del Dini,3 !n= Tla (x) definita implicitamente
dalla (39) e, in piu', essa e' analitica per il Teorema 2 di §2.2
- 23 -

(41) n ~ xi
'la + ~aui
i=1

I coefficienti acri si ottengono immediatamente per sostituzione in


( 3 9), usando i l principio di identita' delle serie. In particolare si
sottolinea che la (41) ha un raggio di convergenza finito.

Da (36), la (26) ha una piccola soluzione del tipo

(42)

Quanto precede prova allora che:

(a) Esistono soluzioni formali del tipo ipotizzato da Newton;

(b) Esse sono soluzioni effettive perche' hanno raggio di convergenza


finito.

Inoltre, nell'ipotesi di radici distinte, ogni segmento discendente del


diagramma di Newton produce (k i- k 1) soluzioni. Le soluzioni costruite
per tutti i segmenti sono cosi' proprio m. Si conclude, con riferimento
al Teorema di preparazione, che il metodo di Newton produce tutte le
piccole soluzioni dell'equazione (26), In particolare, le soluzioni
dell'equazione di branching sono analitiche in un'opportuna potenza
frazionaria del parametro di controllo.

Il caso di radici multiple e' solo piu' laborioso, ma non mOdificai


le conclusioni precedenti. Si rimanda al testo di VAINBERG e TRENOGIN
[1 l per i dettagli. .

E' invece interessante notare che i coefficienti aai si ottengono


dagli 4 veda na con le quattro operazioni elementari. Essi sono cosi'
rElali se questi sono reali. Anche se cio' si verifica, comunque, la
realta' di una piccola soluzione dipende dalla parita' di s
nell'esponente frazionario e dal segno di A. Se, per esempio, s e' pari
la (42) definisce una soluzione reale solo per A > O. Puo' succedere
cioe' che una piccola soluzione sia reale solo in un intorno -dest;~-d~l
pafametr~ di controllo A. Per trovare le piccole soluzioni in un
intorno sinistro dello O occorre porre X S = -A in (36) e procedere in
modo analogo.
- 24 -

Il caso in cui ~ le piccole soluzioni siano definite in un


intorno sinistro (destro) del parametro di carico ha un significato
importante nelle applicazioni. Esso corrisponde all'impossibilita' per
il sistema meccanico di esibire soluzioni di equilibrio nell'intorno
della configurazione critica per valori del parametro di carico
superiori (inferiori) al valore critico. Punti critici di questo tipo
si chiamano punti limite. Al crescere del parametro di carico oltre il
valore critico il sistema abbandona la configurazione critica e si
porta in una configurazione distante da questa.

Nelle applicazioni l'esistenza di piccole soluzioni reali decide se


un punto critico et di effettiva biforcazione ovvero et un punto di non
continuabilita'.

2.6 Alcuni tipi fondamentali di punti critici

a. (Punto limite)

Fig. 8

di equilibrio
Consideriamo il sistema di Fig. 8. La sua equazione
et

F(x,y) 2kl (l/cosa _ l/cosx)sin x - y o


(43)

e la condizione di criticita' e'

aF/ax 2kl [cosx/cosa - tg 2x - l) o


(44)

G(x) , e a F/a x aG/ax , i punti di


Poiche' la (43) puo' scriversi: Y
- 25 -

estremo della G(x) son o pun t ~ critici. Indichiamo con (+x + ) le loro
O

coordinate. - c ,_Yc

Al crescere del carico da O a Y il sistema meccanico il


tratto
(1)
(0)-(1).
(3)
Incrementando ulterlormente 01 o segue
~ car-aco esso si porta d
a con una diseontinuita' nel valore dell a
tratto (3) (5) o e x e segue poi il
segue lo s~ • Se s~ :a su~c~ssivamente diminuire il carico il sistema
esso ramo d~ equ~l~brio fino a (2) e salta
da (2) a (4) per y < -yc • . successivamente

Fig. 9

Il sistema presenta cosi' due punti limite che corrispondono a


pun~iodioequilibrio da cui esso passa repentinamente ad un ramo di
equ~l~br~o distante. Nella meccanica delle strutture i punti limite
so~o car~tteristici di fenomeni di instabilita' degli archi ribassati o
de~ gusc~ sottili.

Vediamo di studiare i rami di equilibrio nell'intorno del punto


(xc,yc) usando
. o il metodo di Newton • L' equaz~one
o d~o branching scritta in
forma anal~t~ca nell'intorno di ( Xc .s; ) dOLverrta

(45) O
- 26 -

dove

(46) (x-xc) e (y -Yd

Il coefficiente

-2kl (l/cosa + l/cos x )sin x

e I ~ O (in particolare < O) per essere a> Xc > O e a < 11/2. Cosi' siamo
nel caso

m "ord t( E;,O) 2 e n _ ord t ( O, À) 1


(47)

e il poligono di Newton si riduce al segmento in figura, con r=l, s=2 e

(48)
.,
\.1-

"

Fig. 10

Dal teorema di Weierstrass le soluzioni sono solo due. poiche' pero'


s e'pari, queste sono reali solo per intorni destri o sinistri di Y e
il punto critico e' un punto limite.

Sostituendo (48)1 in (45) e raccogliendo i termini di ordine piu'


basso, l'equazione di branching assume la forma

+ ~ O
(49)
k >2

l'.
- 27 -

o, equivalentemente

(49) ,

\:--
Secondo la teoria le-soluzioni di (49)' sono allora

(50) n o = 1,2

dove no sono le radici del primo termine in (49) I

(51 ) + V.:: 2/Ft o 1,2

Essendo Fz <O, questi sono reali solo per la scelta del segno nella
radice, i. e., per À" ..:i<)2 in (48) • Segue in particolare che le curve
sono definite solo per \ '\.J~

(52) (y - Y )
c
< O

e il punto (xc'Y c) e' un punto limite, come gia' osservato.

Per la determinazione esplicita delle (50) e' sufficiente


sostituire questa in (49)' ed annullare i termini dello stesso ordine
in x.Si trova cosi'

(53) o.

Il termine del primo ordine in ~ e' allora

da cui si trova

(54) - 1/3! F/F n Z •


3 2 o

Annullando successivamente in (53) il termine di ordine 2 in x si


trova

(55) 1/ (Fz nj {-1/ 4! F~ n; .


- 28 -

La procedura puo' essere ripetuta fino all'ordine desiderato. Da


notare che allo stadio n-imo aon e' fornito in funzione dei
coefficienti ao1 .••..• ébn-l gia' determinati.

b. (Biforcazione simmetrica stabile)

Si consideri l'equilibrio della mensola rigida di Fig. 11.


L'equazione di equilibrio e'

F(x,y) kx - yl sin x o

e la condizione di criticita' e' espressa da

k - yl cos x o

da cui

yc k/l o

Non ci sono punti critici per y <. k/l e' in questa regione non ci
sono punti di equilibrio x l'O. Lè curve di equilibrio sono quelle in
figura, se ci limitiamo all' intervallo (-11, 11 ).

k
T
x

Fig. 11

Consideriamo lo studio della biforcazione col metodo di Newton.


Poiche' il sistema ha un solo grado di liberta' l'equazione branching
e' qui l'equazione di equilibrio sviluppata nell'intorno del punto
rI
f
- 29 -

critico

(56) t (f;, A)
O

dove

(57)
,A - (y-k/l) e f;=x.

Esplicitamente

per k dispari e > 2

Fko
per k pari e> 2

(58)

per \I >1 ovvero k pari,

per \I = 1 e k dispari

Cosi' Fo \I O e la (56) ha la soluzione f; = O per ogni A . Ridotta di


conseguenza la (56), segue da (58)

(59) t*(f;,A) l/k! F k-l


f; + ~ (l/(k+l)! F O
ko k.l k1

Poiche' ord t*(O,A) 1 e ord t* ( t, O) 2, il poligono di Newton si


r
I
- 30 -

riduce al segmento in figura, con F,; e À definite da

(60) À + z'Z- e F,; Il Z

2 J(

Fig. 12

Con la posizione (60), dopo aver diviso per z7 la (59) diventa

(61) (1/3! F3 01l 2 :!;. 1/2 Fu) + (1/k! Fko +

k 3z k 3
+ 1/(k-l)! F )n - -
k-2,1

Segue

(62) Il

con

(63) :!:. VI 3 Fu· /F3 o (J 1,2.

Poiche'
r
I
- 31 -

-k e k

le radici Ila sono reali solo per la scelta del segno sotto radice,
cioe' per À = Z2 e i due rami biforcati hanno equazioni parametriche

2
À Z

e si sviluppano per y-yc~ O. Risultano essere simmetrici rispetto a


x = O e con tangente orizzontale per z O:
d À
O
d t Iz=O
La ragione dell'aggettivo stabile nell'indicare questo caso sara'
discussa nel paragrafo 2.8.

c. (Biforcazione· simmetrica instabile)

Si consideri il caso dell'asta rigida in fig. 13, le cui condizioni


di equilibrio e criticita' sono rispettivamente descritte dalle
equazioni:

(66) F(x,y) l(kl cos x - y)sin x O

(67) F.., (x,y) klcos. 2x - ycos x O

Fig. 13
- 32 -
r
La discussione delle curve di equilibrio si puo' fare per ispezione
°
diretta della (66): x = e' una curva di equilibrio per ogni y;
l'unica altra curva di equilibrio e' data da

(68) y kl cosx

e si sviluppa per y. 2 kl.

L'unico punto critico e' x = 0, y kl. La ragione dell'aggettivo


instabile si vedra' nel paragrafo 2.8.

Ve -kl
,
~
/
I
I
I
I
n x
2

Fig. 14

d. (Biforcazione asimmetrica)

Si consideri infine il sistema di Fig. 15, descritto dalle


equazi~ni di equilibrio e di criticita':
-1/2 -1/2
(69) F(x,y) k12 (1 - (l+x) - yl x(l-x 2) O '1, e

-3/2 -1/2 -3/2


(70) F1 (x,y) k1 2/2 (l+x) -yl [(l-x'-) + x ~l-x 2) ]=
L'equazione di equilibrio ha la soluzione x = ° per ogni y. Lungo
questa un punto critico si ha per y = kl/2:

(71 )
°.
Si potrebbe mostrare che non esistono altri punti critici.
r - 33 -

Ci proponiamo di caratterizzare i rami di equilibrio nell'intorno


del punto critico.

!Y !Y

'" "
'"'" "',"
I
,
/
I
I
l/
I
I
I
,I
+ Ix +
Fig. 15

Sviluppata l'equazione di equilibrio nell'intorno del punto


critico, si trova

(72) t ( f;, X) = f l/k ! F


ko
f;k + E l/(k+l)! o ,
k-2 k-O

con ak+v F /ax k ayV


I (O,yc )

Come e' facile verificare) e'

Fu -3k1 2/4 V
(73) F0 1
° li
,/
Fu -l
r
,
- 34 -
I

L'equazione (72) ha allora la soluzione ~ =0 per ogni À, come gia'


riconosciuto e gli eventuali altri rami di equilibrio sono le soluzioni I
dell'equazione di branching I
I
co

(74) ~*(~,À) ~ k-I + L l/(k+l)! F ~k-I À o


k.l kl

Da

ord ~*( ~,O) 1 e or-d ~ (O,À ) 1

esiste un secondo ramo di equilibrio soltanto, la cui espressione si


ottiene da (74) ponendo

~ nz
(75)
À z

Isolati i termini di ordine piu' basso in t nella (74) si ottiene

1 1 co 1
"') ~ F nk-ì..k- I
(76) ( '2 F.20n + :2"1 1 Z + .l.J k ! ko ~ +
k.3

l/(k+l)! F n k- è
I
o
kl

da cui

con

(77) no = - FII /F2 0 = - 4/(3kl) •


La rappresentazione parametrica del ramo di equilibrio e' allora

À z
(78)
n~ + ~ a. zi+l
i. 1 01
r - 35 -

Esso corrisponde ad una curva À = 1(~) che taglia l'asse delle ordinate
con una pendenza:

dÀ/dz
(79) dÀ/dC - 3kl/4
Iz=o dC/dz

ed e' definita in un intorno aperto del punto critico.

La biforcazione e' allora di tipo asimmetrico come rappresentato in


Fig. 16.

.............
--
Fig. 16

2.7 - Sistemi conservativi e connessioni con la nozione energetica di


stabilita'

Nel caso di sistemi conservativi, e solo in questo, lo studio dei


punti di biforcazione si collega con la nozione energetica di
stabilita' e,rattraverso questa~alla nozione dinamica di stabilita'.
Questa connessione e' importante perche' costituisce un elemento
unificante per i tre tipi di analisi di stabilita' e spiega il rilievo
dello studio delle biforcazioni in relazione ad una nozione di
stabilita' ~he e' in generale di maggiore interesse pratico.

Nel delineare schematicamente gli elementi essenziali di questo


aspetto, si considerano qui sistemi strutturali conservativi cosiddetti
semplici, cioe' sistemi per cui l'energia potenziale totale, V = En.
T
1

- 36 -
I
I
I

Poto Elastica + En. Poto Carichi, non dipende esplicita~ente dal temp~
e la variabile di stato x non e' soggetta a vincoli, e ~l parametro d
carico si riduce ad uno scalare.

Per essi allora l'equazione di equilibrio si scrive

(80) F(~,y) :: a Y/a~ o

Come accennato nell'introduzione, l'analisi energe t ~ca di o

stabilita' si basa sull'identificazione tra configurazioni stabili e


.
punti di minimo dell'energia o l e totale secondo il cosiddetto
po t enz~a
o hl
principio di Lagrange-Dir~c e: t "P er un sistema conservativo una
configurazione e' d~ equ~l~ r~o s a ~ e s e le-
o o ob o t b 01 ~, "/ e'
Be' Q se"" un minimo
relativo proprio dell'energia potenziale totale del sistema".

o bOl
Se, come ammetteremo, la Y e' differenz~a ~ e
quanto occorre, la
discussione della stabilita' per mezzo del criterio energetico diventa
allora un elementare studio degli estremi di una funzione.

Indicato con a 2 y (e) la~2 la matrice Hessiana di Y calcolata in un


punto di equilibrio, la sua positivita':

(81) a 2y(e) lax 2 > O

sufficiente di stabilita' , mentre la sua


e' una condizione
indefinitezza:

(82) a 2y(e) lax 2 i- O

e' condizione sufficiente di instabilita'. Nel primo caso si dice che


l'equilibrio e' completamente stabile, nel secondo che l'equilibrio e'
completamente instabile.

L'alternativa alle condizion~


o (81) e d (82) e , la semi-definitezza
di a2 y (e) /3 x 2

(83) > O

dove a2 y (e) lax 2 ~ O. Come noto, sotto queste condizioni la propri eta ,
di minimo non puo' essere riconosciuta sulla base delle derivate
seconde e per discutere la stabilita' si deve ricorrere oa~leo de~iv~te
di ordine superiore. Quando vale la (83) lo stato di equ~l~br~o s~ d~ce
critico.
T
I - 37 -

I E' solo il caso di notare che la condizione (83) e' necessaria per
la stabilita'.

Dalla teoria delle forme quadratiche , il riconoscimento delle


condizioni (81)-(83) si traduce nello studio del segno dei minori
principali della matrice a~(e) la~2. Osservato che essa e' una matrice
simmetrica, esiste sempre un cambiamento affine di coordinate (in
generale dipendente dal punto di equilibrio in esame) che riduce la
a2V(e)/a~2 a forma diagonale. Le condizioni (81)-(83) possono cosi'
esprimersi in termini delle sue componenti sulla diagonale principale,
i.e. degli autovalori di a 2y(e) la~2.

Uno stato di equilibrio completamente stabile corrisponde ad


autovalori positivi; uno completamente instabile ad almeno un
autovalore negativo. Per uno stato critico, invece, a2 y (e) lax 2 non deve
avere autovalori negativi e, in piu', almeno un autovalore deve essere
nullo. Si dice grado di instabilita' di uno stato di equilibrio il
numero degli autovalori negativi della a 2v(e) la~2.

Variabili di stato per cui la a2 v(e) la~2 risulta diagonale sono


chiamate coordinate principali di stabilita' e le sue componenti
coefficienti di stabilita'. A parte una semplificazione formale nélla
discussione della stabilita', la riduzione a coordinate principali non
costituisce un elemento di sostanza nella teoria.

Alla discussione precedente, e in particolare alla condizione (83),


si collega lo studio dei punti critici della teoria delle biforcazioni.

Per sistemi conservativi, infatti, la condizione di criticita' (11)


diventa

(84) det O

che e' una condizione necessaria per il verificarsi della (83). Per
vedere questo e' sufficiente osservare che il determinante di una
matrice"e' il prodotto dei suoi autovalori, ciascuno contato con la sua J\";'YY'IV1t.~
moltiplicita'. Segue che uno stato di equilibrio critico, nel senso del
presente paragrafo, lo e' anche nel senso della teoria delle
biforcazioni.

La connessione con la nozione energetica diventa ancora piu'


significativa se si fa l'ipotesi che lungo i rami di equilibrio gli
autovalori di a2v (e) la~2 dipendano con continuita' dal parametro di
- 38 -
r
carico y. Il passaggio da una regione completamente stabile ad una
completamente instabile deve allora avvenire attraverso uno stato in
cui si annulla uno degli autovalori, i.e. uno stato in cui vale la
(84 ) . Questa situazione e' generica: salvo casi speciali, i punti
critici di un sistema conservativo lungo un ramo di equilibrio segnano
il passaggio da una regione di completa stabilita' ad una di completa
[
instabilita' .

Nel princ~p~o di Lagrage-Dirichlet l'aggettivo "stabile" e' da


intendere in senso dinamico. Il principio e' ispirato da due teoremi,
rispettivamente di Lagrange~Dirichlet e di Cetaev, cf. [3], che
stabiliscono che un minimo proprio per V e' condizione sufficiente per
la stabilita' e che un minimo e', viceversa, condizione necessaria. (1)
E' allora immediato vedere che la (81) implica la stabilita' dinamica,
e che la (82), a sua volta, implica l'instabilita'. Cosi' in generale i
punti critici lungo rami di equilibrio acquistano un significato
dinamico, come sottolineato nell'esempio discusso nell'Introduzione.

2.8 - Stabilita' dei punti di biforcazione nei quattro casi fondamen=


tali (-i\

Assumendo come nozione quella energetica, e' possibile dare una


caratterizzazione della stabilita' dei punti critici nei quattro casi
fondamentali del paragrafo 2.6. La discussione che segue non fa
riferimento a scelte specifiche della funzione Energia Potenziale, ma

(1) I due teoremi comunque non giustificano in piena generalita' il


principio perche' la condizione sufficiente del teorema di La=
grange-Dirichlet e quella necessaria di Cetaev non coincidono. 1=
noltre i due teoremi si riferiscono ai sistemi discreti e la loro
estensione al caso continuo solleva difficolta' non banali di or=
dine matematico che rendono necessarie ipotesi aggiuntive sul fun=
zionale dell'energia potenziale. Per un esame critico dell'argo=
mento si vedano gli articoli di KNOPS e WILKES [5,§§31-34] e di
KOITER [7]. Il principio di Lagrange-Dirichlet deve essere
piuttosto accettato come una definizione della nozione energetica
di stabilita' e in tal senso e' stato usato da Hadamard. Si parla
infatti di stabilita' secondo Hadamard per indicare la nozione di
stabilita' che ricorre nell'analisi energetica.
r - 39 -

fa uso esclusivamente di un'ipotesi di regolarita' di questa con le


coordinate (x,y). Essa fornisce cosi' un esempio elementare di aflalisi
generica di stabilita': di come cioe' si possano discutere propri eta ,
comuni ad una larga classe di sistemi senza fare riferimento ad una
espressione specifica della loro funzione costitutiva.

Si considera dapprima il caso di un punto limite, cf. Fig. 17. La


curva a tratto grosso rappresenta il ramo di equilibrio stabile, quella
tratteggiata il ramo instabile. In tratto sottile sono riportati gli
andamenti dell'energia potenziale totale V(x,y), per. differenti valori
del parametro di carico y.

Ve

\
\
\
\
,,
...

x
Fig. 17

Procedendo allora da y a Yc per continuita' l'andamento


dell' energia potenziale ad y = Yc e' quello rappresentato in figura e
il punto critico e' instabile perche' non e' punto di minimo per
l'energia potenziale. Il sistema non puo' rimanere nello stato (xc'Yc)'
ma sotto perturbazioni comunque piccole tendera' a portarsi in una
nuova configurazione di equilibrio lontana da x Con terminologia
inglese si dice che il sistema "snaps dinamically from the point 1". Un
- 40 -

punto critico di questo tipo si chiama percio' punto di snap.

In modo analogo si discute il caso di un punto di biforcazione


asimmetrica, cf. Fig. 18.

,,
,,
,,
,
x

Fig. 18

Qui il comportamento dell'energia potenziale per y>y~ ovvero


y <Yc' e' quello rappresentato in figura, e il punto di biforcazione e'
instabile. Anche in questo caso il sistema presenta uno snap sotto
perturbazioni comunque piccole.

E' solo il caso di osservare che punti di biforcazione asimmetrica


sono piuttosto infrequenti nelle strutture perche' in generale si
trasformano in punti limite per effetto di inevitabili imperfezioni.
Inoltre la presenza di una biforcazione asimmetrica e' spesso
incompatibile con le simmetrie geometriche dei sistemi strutturali.

Con argomenti analoghi si prova che i punti di biforcazione


simmetrica stabile, cf. Fig. 19, sono m1n1m1 dell'energia potenziale e
che i punti di biforcazione simmetrica instabile, cf. Fig. 20, sono
- 41 -

punti di massimo. Questo spiega l'usQ dei termini stabile ed instabile


nei due casi.
y

/
/
/
/
/

x
Fig. 19
y

x
Fig. 20
- 42 -
r
2.9 - I teoremi di Thompson

Nello stesso spirito della discussione qualitativa del paragrafo


precedente si possono provare due teoremi che illustrano, in condizioni
generiche, la situazione nell'intorno di punti critici su particolari
rami di equilibrio. I due teoremi che seguono sono stati dati da
Thompson nel 1970, cf ~ [8 J. i"a richiamano argomenti gia' discussi da
Poincare' nella sua teoria di scambio di stabilita' nella meccanica dei
fluidi, vedi ad esempio ERICKSEN [9 l.

Teorema 1. Un ramo di equilibrio (primario), stabile nel tratto


iniziale e lungo il quale il parametro di carico cresce in modo
monotono, non puo' diventare instabile senza intersecare un secondo
ramo distinto di equilibrio (secondario).

La situazione descritta dal teorema e' illustrata in Fig. 21. Il


ramo primario e' rappresentato con linea continua e il ramo secondario
con linea tratteggiata. Sul ramo primario la regione instabile e'
rappresentata con tratto sottile.

y
\
"

,,
,
'il" L-
0
~i-
'\
\
tJv '\
tJx > O \ tJv
\ tJx = O

Fig. 21

Il secondo teorema asserisce:

Teorema 2. Un ramo di equilibrio stabile (primario), lungo il quale


il parametro di carico cresce in modo monotono, non puo' terminare in
un punto di snap senza incontrare un secondo ramo di equilibrio
definito per parametri di carico piu' piccoli di quello corrispondente
al punto di snap.

"

L
r - 43 -

La situazione et descritta in Fig. 22, dove il punto contrassegnato


con il carattere _ e' di equilibrio stabile.

'i ,
'\
... '\
... ,
..., .... tJv =0
tJx

x
Fig. 22

Dei due teoremipuo' essere data una prova geometrica che ne


sottolinea il carattere intuitivo. Nel primo teorema, per la stabilita'
e l'instabilita' delle due porzioni del ramo primario di equilibrio il
segno della aV/ax,in una striscia sufficientemente sottile intorno al
ramo stesso, deve essere quello riportato in Fig. 21. Segue che lungo
una qua~unque cur~a che connetta due punti di questa striscia al di
sopra o al di sotto' del ramo primario, e dalla parte stabile ed
instabile, rispettivamente, la av/a x deve cambiare di segno e
quindi annullarsi in qualche punto intermedio per continuita'.
Quest'ultimo e' allora un punto di equilibrio e non app·artiene al ramo
primario. Data l'arbitrarieta' della costruzione vi sono punti di,
questo tipo vicini quanto si vuole al punto di transizione tra zona
stabile e zona instabile. In ipotesi di regolarita' c'e' una curva
secondaria di equilibrio passante per questo punto.

Un ragionamento analogo permette di provare il Teorema 2.

I due teoremi, ed in particolare i ragionamenti geometrici usati,


suggeriscno che in molti casi la conoscenza di tutti i rami di
equilibrio e della stabilita' di uno di essi permette di decidere
direttamente circa la stabilita' o l'instabilita' degli altri. In
questo senso i due teoremi indicano un interessante punto di vista
nello studio della stabilita I .

L
- 44 -

3. Elementi di stabilita' secondo Liapunov

3.1 Alcune definizioni

Il primo a parlare di stabilita' dinamica e' Lagrange nel 1788. Le


sue idee sono riprese da Dirichlet quasi cinquant'anni dopo, (1846). I
due sviluppano le linee di una teoria in cui la nozione di stabilita'
riflette il concetto intuitivo e danno un famoso teorema che collega la
stabilita' di una configurazione di equilibrio di un sistema
. conservativo ai punti di minimo dell'energia potenziale totale. Ne' la
nozione di stabilita' ne' il teorema sono ancora formulati in termini
matematicamente ineccepibili. La sistemazione definitiva e' opera di
Liapunov (1890) che da' una definizione rigorosa di stabilita' ed
introduce uno strumento di analisi che non passa attraverso
l'integrazione esplicita del problema dinamico (metodo diretto).

La nozione di stabilita' di Liapunov e i termini in cui essa e '


formulata non si applicano ai problemi di dinamica soltanto, ma piu' in
generale ai problemi di evoluzione. Un'equazione di evoluzione e'
un'equazione del tipo

x
. F(!, t)

dove il punto indica la derivata rispetto al tempo t ed ! e' la


variabile di stato di un qualche sistema fisico. A seconda che si
considerino sistemi continui o a parametri concentrati la variabile di
stato ~ara' un campo o un vettore di

argomenti ~ e t. Le soluzioni di (1): x


IRq. Corrispondentemente il
termine noto F potra' essere un operatore o una funzione degli
!(t) sono allora una famiglia
I
ad un parametro di stati del sistema.

Anche in questo capitolo ci limitiamo a consideràre sistemi a


parametri concentrati. La (1) e' cosi' un'equazione differenziale alle
derivate totali del primo ordine. Come si sa dall'analisi, a questa
forma possono ridursi tutte le equazioni differenziali ordinarie
purche' siano, o si possano porre, in forma norma~e. In particolare le
equazioni di moto
..
x

possono scriversi nella forma (1) pur di aggiungere le q identita'

L
r

- 45 -

(3)
.
x
.
x

e ponendo

(4 )

Da (2), (3) e (4) segue

(5) F (~' t)

Nel seguito continueremo ad indicare con x la variabile di stato e


con X C Rq l'insieme in cui questa puo' prendere valori. L'insieme X
degli stati del sistema e' indicato come spazio delle fasi del moto: i
suoi punti sono costituiti dalle coppie configurazione-velocita' del
sistema meccanico~

Il problema di evoluzione si configura come un problema ai dati


iniziali

(6) x( t.)
- 1 Y..

I
con ti E R ed y assegnato in qualche insieme Y C Rq di dati iniziali.
Le soluzioni di (6), se ci sono, sono le funzioni (moti)

(7) x x(t;y)

definite per qualche intervallo (ti' t f ) E IR e con r =~(ti;y)· Esse


possono rappresentarsi come curve dello spazio mq~ IR (traiettorie) ;
le collezioni degli stati assunti dal sistema nel moto, per ogni
assegnata coppia (ti ,r), si dicono orbite del moto.

Un sistema meccanico si dice autonomo se F non dipende dal tempo.


Si dice non autonomo nel caso contrario. Sono autonomi quei sistemi
meccanici in cui i dati, ad esempio i carichi, non dipendono dal tempo
in modo esplicito .

Nel seguito ci limitiamo a considerare sistemi autonomi. Per un


sistema non autonomo l'orbita che passa per uno stato dipende r
dall'istante t in cui il sistema ha assunto quello stato (curva

L
- 46 -
r
tratteggiata in Fig. 23}. Per un sistema autonomo invece la traiettoria
risulta semplicemente traslata secondo l'asse dei tempi

t _>t·l
A

se X ed x
rappresentano i moti che seguono dall'imposizione delle
condizioni iniziali ~ = ~ agli istanti ti e O, rispettivamente. Per
sistemi autonomi, allora, per ogni stato passa una ed una sola orbita,
se vale il teorema di unicita', e lo spazio delle fasi risulta
partizionato dalla famiglia delle orbite.

y~;Y)
- ",
\
"..... - ... -x(t;y)
",......
XI XI

( traiettorie) (orbite)

Fig. 23

Un punto di equilibrio, o punto di riposo, e' un punto x a tale


che

(8) F(a} o
E' sempre possibile operare una traslazione dell'origine in modo che
~ O sia un punto di riposo.
r - 47 -

3.2 Classificazione dei punti di riposo

Consideriamo come caso particòlare un sistema dinamico lineare

(9) A x con ~ E ffi2 e A reale

Il punto ~ = Q e' allora punto di riposo e i moti si trovano banalmente


col metodo degli esponenti caratteristici, ponendo nella (9)

(IO) ~ exp(at}

e risolvendo il relativo problema di autovalori

(11 ) Aa a a

E' cosi' possibile una classificazione dei vari casi che possono
presentarsi secondo che gli autovalori di (Il) siano reali o complessi,
multipli o semplici.

Caso l ( al ~ a2' reali).

I moti di (9) sono

(12) x(t}

dove le costanti Cl e c 2 dipendono dalle condizioni iniziali, ed a(l) e


a(2) sono gli autovettori associati ad al e a 2, rispettiv~ente.
Poiche' a l ~ a 2' ~ (d ed ~ (2) sono linearmente indipendenti.

Le orbite del moto sono quelle riportate nelle figure sotto, dove i
versi di percorrenza dipendono dal segno degli autovalori. I casi che
si possono presentare son rappresentati dalle Figg. 24 e 25: nel primo
caso il punto di equilibrio ~ O si dice un nodo, nel secondo un punto
di sella.
-48- x.

x,

Nodo: CIs. Cl. <'0 Nodo: CI,. CI. > O

Fig. 24

Fig. 25

x,

Fuoco: p < O Fuoco: p> O

Fig. 26
r,
- 49 -

I moti sono

(13 ) ~(t)

dove gli ~(i) sono in questo caso autovettori complessi. Poiche' A e'
reale, vale la relazione

(14)

Cosi' x(t) e' reale se e solo se

(15)

Facili passaggi permettono allora di scrivere la (13) nella forma

(16) x(t) 2Re {CI ~(d exp(iqt) } exp(pt)

Posto

b y Re CI , <5 Im c

ad x(t) puo' darsi la forma

(17) x(t) 2 A [ a cosf qta-e ) - b sin(qt+~) l exp(pt)


dove

(18) A e tg~ <5/y

Le curve (17) sono spirali con fuoco nell'origine. Su di esse il


verso di percorrenza e' fissato dal segno di p: per p< O il sistema si
approssima al punto di riposo x = O per t + IDe, viceversa, se p> O,
Ix(tJl+ID , cf. Fig. 26.

Il punto di equilibrio in questo caso si dice un fuoco.


- 50 -
r
con q .; O)

I moti si ottengono da (17) ponendo p = O. Non e' difficile vedere


che in questo caso le orbite sono ellissi che hanno l'origine come
centro.

In questo caso il punto di equilibrio si chiama centro.

x,

Centro p:=.O. q_O

Fig. 27

A parte il caso banale in cui A ha due autovettori linearmente


indipendenti (A a~, la soluzione generale puo' porsi nella forma,
cf. [4 J:

(19) ~(t) = ~(t) exp(at)

dove a(t) e' un vettore a componenti polinominali di grado ~ l. Le


costanti coinvolte sono quattro: due possono determinarsi per
sostituzione nell'equazione differenziale e le altre imponendo le
condizioni iniziali. Si ottiene

(20) i 1,2
r - 51 -

Le orbite sono le curve in figura e il punto di equilibrio si chiama


nodo degenere.

X,

X,

Nodo degenere: a < O Nodo degenere: a> O

Fig. 28

Osso Quando ali a ZI = O le orbite sono raggi uscenti dall'origine.


Il Caso 4 e' speciale nel senso che per piccole perturbazioni del
sistema meccanico l'autovalore multiplo puo' dare luogo ad una coppia.
di autovalori distinti e le orbite degenerano a nodi o fuochi secondo
che gli ai siano reali o complessi.

La soluzione generale e'

(21) ~(t) exp(a Z t)

e le orbite sono rette di equazione


- 52 -
r
(22) (x - c a(!l )/(x - c a(z) )
I -I I Z I Z

Poiche ' ~ a(l) = Q, la retta parallela ad ~(d e' luogo di punti di


riposo. Il verso di percorrenza delle orbite va verso questa retta o in
direzione opposta secondo che a z < O ovvero a z > O.

"a> O

Fig. 29

Oss. Il caso al = a z = O non differisce dal precedente. E' infatti


possibile far vedere che in queste ipotesi e' AA = Q. Cosi'
~(t) = ~ +(~ l )t e' un moto del sistema per~y ,e quindi le orbite
sono parallele ad ~ l . E' anche immediato vedere che la direzione di
~ l e' la stessa per ogni l che non sia un punto di riposo. Segue che
le orbite sono un fascio di rette parallele.

3.3 La nozione di stabilita' secondo Liapunov

Secondo la nozione introdotta da Lagrange un punto di riposo e'


stabile se i moti che cominciano nei pressi di esso si mantengono
prOSSlml ad esso indefinitamente. La nozione puo' essere resa
matematicamente precisa a patto di definire la nozione di prossimita'
r - 53 -

tra stati del sistema.

Si introduca come misura di distanza tra stati del sistema la norma


Euclidea

e si indichi con

(24) 8(r) {x

la sfera di raggio r e centro nell'origine. Siano inoltre

Sl'i r ~ [x]
(25)
r
{x :
-< R}

H(r) = {x I xl =r }

Noi supponiamo che l'origine sia un punto di riposo

(26) F(Q) O

e che il problema

(27) ~(O)

abbia soluzioni x = ~(t;~ ) definite su tutto /R+ per ~E8(D), per


qualche D.

Tutte le considerazioni che seguono si intendono relative a sfere


contenute in 8(D).

Definizione 1. x =O et stabile (secondo Liapunov) se per-VR> O, 3 r >O


tale che

(28) ~ E 8(r) I x(t,y ) I < R per t E R+.

Definizione 2. x = O e' asintoticamente stabile se e' stabile e,


inoltre, 3 r tale che

(29) lE8(r) lim R(t;~ O


t+CI>
- 54 -
r
I

Definizione 3. x = O e' instabile se 3 R tale che per 41- r, Y E S(r)


con la proprieta'

(30) .Ix(til ) I > R per qualche t E I~.

In termini di traiettorie e di orbite il significato delle


definizioni e' illustrato nelle figure che seguono.

\
S(rl

Fig. 30

Fig. 31
r - 55 -

E' immediato riconoscere la stabilita', stabilita asintotica e


instabilita' dei punti di riposo classificati al paragrafo precedente.

Osso Poiche' il problema (27) definisce un mappeggio tra


~ Y + J = {x(.)} tra l'insieme degli stati iniziali e l'insieme dei
moti ,la stabilita' di Liapunov corrisponde alla continuita' di T
nell'origine rispetto alla scelta della misura di distanza tra moti

sup P (5{( t), z (t)


t
Questa nozione di continuita' non e' da confondere con la
continuita' della risposta ad un prefissato istante t col dato
iniziale, come spiegato in [3].

L'esempio seguente illustra la differenza.

Si consideri il sistema ad aste rigide e prive di massa in Fig. 32.


Il moto e' descritto da:

m18 + (kl-2P) 8 O

8 (O)

Per P > kl/2 esso e' :

8(t) sinh oot , con 00


2
= (2P-kl)/ml .

Fig. 32

.
Fissato t, 8 (E) e 8 Ct) possono farsi arbitrariamente piccoli per 80 e
éo piccoli, ma p CD per 8 ,
CD
0
60 lo O.
- 56 -
r
OSSo Il riferimento alla norma Euclidea non mette in sufficiente
rilievo il carattere topologico della stabilita'.

In effetti per dare senso alla nozione di stabilita' e' sufficiente


introdurre misure di distanze ~ e ~ eventualmente distinte, tra dati
iniziali e tra stati del sistema durante il moto. Cosi' la nozione di
stabilita' vista sopra non e' limitata ai sistemi discreti, ne'
vincolata alla scelta della metrica Euclidea. C'e' comunque una
differenza importante tra i sistemi discreti e quelli continui. Nel
primo caso tutte le norme sono equivalenti cosi' la stabilita' rispetto
ad una di esse implica la stabilita' rispetto a tutte le altre. Per i
sistemi continui, invece, la scelta della norma e' determinaRte,
potendo capitare che una configurazione sia stabile rispetto ad una
norma, e non rispetto ad un'altra. Torneremo su questo concetto nel
Capitolo 4.

3.4 I teoremi del metodo diretto

Uno dei meriti principali di Liapunov nella teoria della stabilita'


e' quello di aver indicato come si possa discutere la stabilita' di un
problema senza ricorrere all'integrazione dell'equazione di evoluzione.
Questo e' particolarmente importante quando si abbia a che fare· con
problemi non lineari o, a maggior ragione, con problemi differenziali
alle derivate parziali.

Il metodo diretto e' una generalizzazione della tecnica usata nella


discussione di uno dei casi visti nell'Introduzione e basata
sull'integrale dell'energia. L'idea e' quella di studiare le orbite del
sistema attraverso le immagini di queste su una superficie z = v(x)
dotata di opportune proprieta'.

La Fig. 33 illustra geometricamente l'idea del metodo.

In particolare lungo l'immagine di qualunque orbita sulla


superficie Z = V(x) si ha

(31)
.
z av/a~· d~/dt

Cosi'
.
V(x)
et una funzione di x che puo' essere calcolata direttamente
dall'equazione di evoluzione.
r - 57 -

Definizione 4. Una V(x) regolare in qualche S(D) e' una funzione di


Liapunov se

i. V(x) > O in S(D) e V(x) = O <=> ~ O

ii. < O in S(D)

z = VI!)

Fig. 33

Teorema 1 (Liapunov). Se esiste una funzione di Liapunov, x o e'


stabile.

Dim.

Si scelga R tale che S(R) C S(D), vedi Fig. 34, e poniamo

(32) m _ min V(~)


H(R)

dove, nelle nostre ipotesi, m> o. Per continuita' , essendo V(O) O,


3 r con la proprieta'

(33) vtx) < m per ~ E S(r)

Allora per Y-r E S(r) ,


58-

(34) V(R(t,Z» V(ll + [~dt < V(ll < m


O

e questo significa che R(t,y) C S(R) perlft.

Fig. 34

Teorema 2 (Liapunov). Se 3 una funzione di Ld apunov Ve, in piu', ~<O


in S(O), ~ Q e' asintoticamente stabile.

Oim.

Siano S(R) ed S(r) fissati come nel caso precedente. Scelto


lES(r), V(x(t;y» e' decrescente e quindi esiste il
lim V(~(t;~»-_ l . Se fosse
t+-ao

(35) l> O

per continuita' esisterebbe un d tale che

V(x) < l per x E S(d)

Segue che ~(t;y) E SR ; poiche ' min V < O mentre limV O, la


(35) non può , o f oacar-saod e xA(t)
ver-a 'l. + O. S8d t+ao
- 59 -

In modo altrettanto semplice si dimostrano i due teoremi seguenti


di instabilita', cf. [3].

Teorema 3 (Liapunov). Se V(x) regolare in qualche S(D), con V(Q) = O,


e se V> O in S(D) e V(x) O per ~ comunque vicini a Q, allora x O e'
instabile.

Teorema 4 (Cetaev). Se esistono una V(x) regolare in S(O) e una


regione n C S(O) con le proprieta':

i. V(x) e V(x) >0 su n


ii. V(x) O su an S(D)
i i i . O E an ;

allora x = O e' instabile.

I teoremi su cui si fonda il metodo diretto hanno il difetto di non


suggerire come si possa costruire la V(x). Per i sistemi discreti,
comunque, e' possibile seguire criteri generali prec1s1 e ottenere
cosi' importanti risultati di carattere generale. Fra questi di
particolare rilievo la possibilita' di:

(a) Stabilire i limiti di validita' di un'analisi linearizzata di sta=


bilita' ;

(b) Stabilire le connessioni con la nozione energetica di stabilita';

(c) Inquadrare correttamente il metodo delle piccole oscillazioni.

A questi tre aspetti dedichiamo i paragrafi rimanenti.

Osso I teoremi visti possono essere estesi anche ai sistemi continui,


sebbene in questo caso diventino importanti questioni topo logiche che
per i sistemi discreti non sono rilevanti.

Solo per dare un'idea delle difficolta' che possono sorgere, si


consideri che nelle dimostrazioni dei teoremi date sopra non si e' mai
discussa l'esistenza dei minimi di V(x) sulle sfere S(r) o su H(r), in
quanto conseguenza diretta della continuita' di V o Vedi un classico
- 60 -

teorema di Weierstrass. Al contrario. dove la variabile .di stato sia un


campo. gli insiemi S(r) ed H(r) diventano classi di funzioni a cui il
teorema di Weierstrass non si applica. Cosi' l'esistenza dei minimi
puo' non esserci o comunque dipendere dalla topologia scelta nella
nozione di stabilita'. cf. [5].

3.5 Analisi linearizzata di stabilita'

Si consideri l'equazione di evoluzione

(36) x F(x) con

e supponiamo F(~)= ~ e ~ E Cl in qualche S(D). Dalla formula di Taylor


si puo' allora scrivere la (36) nella forma

(37) x A x + o( I~I )
con

(38) A e lim o( I~I )/I~I o

Supponiamo inoltre che per dati iniziali in S(D) esistano soluzioni


def'Lnf te su tutto IR+.

Poiche'. come abbiamo visto nel 3.2. per i problemi lineari la


stabilfta' si riduce ad un fatto algebrico. e' interessante indagare se
e quando e' possibile discutere la stabilita' di (36) sulla base della
sola parte lineare di F.

Siano al ••••••• a q gli autovalori di A che ammettiamo per


semplicita' distinti ed eventualmente complessi. E' allora immediato
che i relativi autovettori sono linearmente indipendenti e formano
quindi una base di ~q. Sia i una nuova variabile di stato definita da

(39) x r i

dove la matrice

(40) r
r - 61 -

e' formata con gli autovettori ~i) di ~ e. per il fatto che gli a(i)
sono linearmente indipendenti. risulta non degenere.

Nelle nuove variabili di statè la (36) diventa allora

(41)
.
~

dove si e' tenuto conto che

A r

lim r'" F<,!:. 1)/ ;' I~I o


I~ 1... 0

Per il problema (36) nella forma (41) non e' difficile costruire
funzioni V = v( 1) con le proprieta' richieste dai teoremi del metodo
diretto. E' cosi' possibile discutere la stabilita' dinamica del punto
di equilibrio 1 = Q senza ricorrere all'integrazione dell'equazione
differenziale.

Distinguiamo i casi possibili secondo il segno degli autovalori di


A.

i=1 • • • • • • • q) •

Posto

(42) V( i ) 1/2 li 12 •

la V risulta regolare e definita positiva. Inoltre e'

(43) Re (~ a. I ~.I 2 + o(
i-l I

Segue che. per ~I sufficientemente piccoli e F O. e' V(i)< O e


l
.
l'origine e ' aSintotitcamente stabile per il Teorema 2 di § 3.4.

Caso 2. (Re ai ~ O per 1 < i < m • e Re a. > O per m < i < q).
l
- 62 -
r
Posto

l-l q
(44) V( ..U 1/2 (- ~ I c.ll 2 + ~ Ic.1l 2
i-l i.ll

si trova immediatamente
l-l q
(45) V( C ) - ~ Re ai ICil 2 + ~ Re ai I Ci 1
2
+ o( I C I 2) •
i-l i ••
Quindi V( C ) > O per I C I sufficientemente piccoli e F O. Tenuto conto
. di (44), la V soddisfa le ipotesi del Teorema 3 e l'origine risulta
instabile.

Il riferimento agli autovalori di A significa sostituire al


problema or~g~nario .(36) la sua versione linearizzata. I due casi
discussi sopra provano il Teorema seguente

Teorema 5. In un sistema dinamico autonomo valgono le implicazioni:

i. Stabilita' asintotica lineare => Stabilita' asintotica non lineare;

ii. Instabilita' esponenziale lineare => Instabilita' non lineare.

Dalla discussione precedente rimane escluso il caso critico:


(Re ai~ O per V i, con Re ai = O per qualche valore di i) • Questo non
puo' essere discusso sulla· base della versione linearizzata del
problema e gli esempi che seguono illustrano la situazione.

Esempio 1. (cf. TIMOSHENKO e'YOUNG [lO , pagg. 247-248])

Si consideri il moto di una massa sospesa ad un filo elastico non


stressato nella configurazione rettilinea, vedi Fig. 35.

~~~ ..

I. ·1· ./
Fig. 35
r
lI
- 63 -

Tenendo il termine dominante per la tensione del filo in una


configurazione generica, l'equazione di moto e'

(46) _ EA/(mI3 ) y 3

che, trasformata in un'equazione del primo ordine con la posizione


x = {i}, diventa

Ax + b

E' immediato verificare che si e' nel caso critico. Il moto


linearizzato e' del tipo

~(t)

y
o
ed yo essendo spostamento e velocita' iniziali. Il sistema si
allontana indefinitamente dalla configurazione di equilibrio per ~ F O
e l'origine! = O e' instabile.

Non e' difficile far vedere che la funzione


V = 1/2 x~
+ 1/4 EA/(m1 3 ) x~ , che rappresenta l'energia totale del
sistema e' una funzione di Liapunov per il problema (46) e l'origine e'
dunque stabile per il Teorema 1.

Esempio 2. (cf. LA SALLE e LEFSHETZ [3J, pago 51)

Consideriamo il problema descritto dalle equazioni

(47) x
. con A f(O) O

Il caso e' ancora critico essendo +i gli autovalori di A.


Si scelga la funzione

(48) V(x) 1/2 I~I 2


- 64 -

Segue facilmente che

_1~12 f(~)

-- .
Cosi' l'origine e' stabile, per il Teorema l,se f(x»O in un intorno
di ~ = Q. Se viceversa f(~) < O in un intorno dell' origine V(x) > O e si
ha l'instabilita'.

3.6 - Il metodo delle piccole oscillazioni

Un metodo di indagine della stabilita' molto usato nelle


applicazioni e' quello cosiddetto delle piccole oscillazioni. Esso
consiste nello studio dei piccoli moti del sistema intorno alla
configurazione di equilibrio in esame, e nel ricercare il valore del
moltiplicatore dei carichi in corrispondenza del quale i piccoli moti
cessano di essere limitati. Questa condizione e' ritenuta indicativa
della perdita' di stabilita'. I teoremi del metodo diretto danno una
base rigorosa alle conclusioni che si traggono dal metodo.

Un'ampia rassegna delle applicazioni del metodo nei problemi


strutturali e' data da BOLQTIN [13]. Nel seguito ci si limita a darne
un esempio per lo schema rigido elastico di Fig. 36 che riproduce il

Fig. 36
- 65 -

caso classico della mensola soggetta in estremita ad un carico


trascinato (follower load). Un carico trascinato e ' un carico che segue
la deformazione della struttura mantenendo inalterata la sua
intensita', secondo quanto rappresentato in Fig. 36.

Con le notazioni in figura le equazioni linearizzate di moto sono


date da

(49)

dove

(50) M = mb2
1/ 2
1/31 e K(y) = ~ -k l
[ 4/3 1/2 - (-2k+yh) (k-Yh)J

Applicando la tecnica degli esponenti caratteristici, il moto


risulta una combinazione dei moti elementari

(51 ) i = 1,2,3,4 ,

dove gli esponenti Yi sono le radici dell'equazione caratteristica


det (y 2!+!(y» = O e sono date da

(52) Y~,2 1/2 [(5yh-21k) + V(5Yh-21k)2-28~

Le espressioni (52) e gli esponenti sono rappresentati nel piano


complesso nelle Figg. 37 e 38 in funzione del carico y. Per simmetria
la Fig. 38 e' limitata al solo semipiano Im(Yi)~ O.

Fig. 37
- 66 -

1m "I

"1= "1(0)
)'=)' ( Va ) "I '" "I (Va) Rè)'

Fig. 38

Si vede che i moti (51) hanno carattere armonico per

Y < (21- V28) k/5h - Yl

e carattere esponenziale per

Y > (21+ y28 )k/5h - s,


Per Y > Y due dei moti componenti corrispondono ad esponenti reali
a
positivi e divergono per t +00 • Per Y1 < Y < Ya ' i moti sono
oscillatori esponenziali, due di essi essendo relativi ad esponenti con
parte reale positiva.

Per Y>Y la configurazione verticale e' instabile perche' piccole


1
par-turbaz Ion possono portare il sistema lontano da questa. Per Y < Yl '
ì

viceversa, il moto del sistema puo' mantenersi vicino quanto si vuole


alla configurazione verticale pur di limitare opportunamente la
perturbazione iniziale. Il valore critico del carico e' dunque Yl •

La nozione di stabilita' discussa sopra e' quella dinamica di


Liapunov e il metodo ne costituisce in effetti un'ispezione esplicita
basata sull'integrazione delle equazioni di moto. Le conclusioni che se
ne traggono sono rigorose per il problema linearizzato mentre, come
visto nel . § 3.5, devono essere prese con qualche cautela se applicate
al problema non lineare. Dagli argomenti esposti la' il sistema
strutturale e' certamente instabile per Y > Y1 ' mentre per Y < Y 1
un'indagine piu' accurata potrebbe essere necessaria. Cosi' il metodo
da' a rigore solo condizioni sufficienti di instabilita'.
- 67 -

3.7 - Instabilita' oscillatoria e instabilita' per divergenza:cenni

L'analisi del § 3.7 evidenzia' che per Y1 < Y < Ya il sistema tende ad
abbondonare la configurazione verticale attraverso oscillazioni di
ampiezza crescente. Per questa ragione una perdita di stabilita' di
questo tipo e' indicata come instabilita' oscillatoria.

L'instabilita' oscillatoria e' caratteristica dei problemi non


conservativi, come e' il caso dei carichi trascinati. I problemi
conservativi invece hanno un comportamento del tutto differente. Alcuni
aspetti dell'argomento si ricollegano alle questioni trattate 'nel §
2.7 e sembra opportuno darne un breve cenno mettendo in rilievo i
caratteri matematici a cui e' dovuta la differenza di comportamento.

La forma generale in cui si presenta l'equazione dei piccoli moti


di un sistema autonomo e', cf. (49):

dove si e' nuovamente indicata con x la variabile di stato. M e' la


matrice (costante) delle masse generalizzate ed il termine a secondo
membro rappresenta l'approssimazione lineare della forza generalizzata.
Qui si e' assunto che x = O sia un punto di riposo.

Nel caso conservativo la forza generalizzata F e' il gradiente


dell'energia potenziale totale V = V(~,y):F av/a~. Segue che la
matrice

(53 )

e' simmetrica. Simmetrica e definita positiva per ragioni che risultano


chiare nella deduzione Lagrangiana delle equazioni di moto, cf. § 3.8 ,
e' la matrice delle masse generalizzate.

Il metodo degli esponenti caratteristici porta ailora un problema


agli autovalori

( 54) (y~+~(y»~ O

che, per un teorema generale di algebra, ha autovalori


ya reali. Ad ognuno di questi corrispondono coppie di esponenti. .! VY2
che possono essere' immaginari o reali secondo che ya < O ovvero y2 > O.
- 68 -
T
Una situazione t~pica e' quella in cu~ ~ y2 sono negativi per y=O
e tendono verso valori positivi al crescere del carico, vedi Fig. 39.
Il passaggio dai moti armonici agli esponenziali avviene senza la fase
intermedia oscillatoria tipica del caso discusso al 3.6. Quando
qualcuno dei y 2 e' > O, un' eventuale perturbazione da x = O puo'
determinare un moto che allontana progressivamente il sistema- dalla
configurazione di equilibrio. Per questa ragione si parla di
instabilita' per divergenza.

y=O

'v-v.I

y= O

Fig. 39

Se ammettiamo, come e' naturale, che la dipendenza degli autovalori


y2 dal param~tro di carico sia continua, il passaggio di una coppia di
esponenti ~Vtd~ valori immaginari a valori reali avviene attraverso
l'origine del piano complesso, i.e. c'e' un valore Yc per cui la (54)
ha un autovalore ,nullo.

L'autovettore associato u risolve allora l'equazione

(55) ~(y )~ O

Ricordando il significato di ~(y), e il fatto che per ipotesi


~(O.y) = Q. si riconosce che la (55) e' l'equazione di equilibrio del
metodo degli equilibri adiacenti: per
,
y=y esistono configurazioni non
c
banali di equilibrio del problema linearizzato.

Cosi'. per sistemi conservativi. i valori critici del parametro di


carico nel metodo delle piccole oscillazioni coincidono con quelli che
T - 69 -
.

I
I

si trovano nell'applicazione del metodo degli equi libri adiacenti. E'


I questa un'altra via per riconoscere direttamente la connessione tra
I
unicita' e stabilita' dinamica nel caso dei sistemi conservativi.

3.9 - Il teorema di Lagrange-Dirichlet

Un'ultima conseguenza importante del metodo diretto e' la


possibilita'. per sistemi conservativi, di collegare la nozione
dinamica di stabilita' con quella energetica. Questo completa quanto
discusso nei paragrafi precedenti nell'ambito del metodo delle piccole
oscillazioni.

La trattazione di questo aspetto in termini generali richiede i l


ricorso al formalismo della meccanica lagrangiana. Qui se ne richiamano
alcuni elementi essenziali, mentre si rimanda a testi classici di
Meccanica Analitica per riferimenti piu' dettagliati.

Si consideri un sistema discreto soggetto a vincoli olonomi e


fissi. Per concretezza, possiamo pensare ad un sistema di N punti. con
massa m (i) e posizione !(i), la cui configurazione sia descritta dalle
h variabili ql •..•• qh (coordinate lagrangiane) attraverso le equazioni

(56) x(i) i = 1 ••••• N

Le qr si intendono libere di prendere valori qualunque in un opportuno


aperto di Rh e tali che valga la proprieta':

(57) rango ( a (~(l) , ••• ,~(N) l/a q) h

La (57) garantisce che c'e' una corrispondenza biunivoca locale tra le


h-uple {qr}h l e le configurazioni {x(i)}~ ammissibili del sistema e, in
particolare, che -

(58) q =I O ~(i) =I O (per qualche i)

E' allora possibile mostrare che l'evoluzione del sistema sotto


- 70 -

l'azione delle forze f(i) e' descritta dalle equazioni di Lagrange

(59) ~ (aT/aQr - (aT/aqr) r 1, ••• ,h


dt

dove T e' l'energia cinetica

h
10
(60) T =- 2
~ a rs (~) qrqs '
r,s-l

con

i.l
e Q sono le componenti lagrangiane dei carichi (forze generalizzate)

(61) f(i) (a~(i) /a~ )

Poiche' T'e', per definizione, una forma quadratica omogenea


definita positiva nelle i
(i), segue da (60)z e (58) che essa lo e'
anche rispetto alla velocita' lagrangiana q.
Essa, inoltre, non dipende
esplicitamente dal tempo

(62) T

Se 'ci restringiamo a sistemi autonomi e conservativi, anche le


forze lagrangiane non dipendono esplicitamente dal tempo e, in piu',
derivano da un potenziale dei carichi

(63) v V(g)

attraverso la

(64) - av/aq
·r

Tenuto conto di (64) nelle (59), moltiplicando le (59) per e


( - 71 -

sommando su r si ottiene

h
(65) - ~ (a v/a qr )qr
r~l

Il primo membro di (65) puo' scriversi nella forma


h
~ {d ((aT/aq )q ) - (aT/élqr)(dq/dt) - (aT/aqr)(d~/dt) }
r ~ 1 dt r r
d(2T)/dt dT/dt dT/dt

dove si e' tenuto conto che T e' omogena di grado 2 nelle q ed e'
indipendente da t. Segue allora l'integrale primo del moto

(66) d(T+V)/dt o
che esprime il teorema di conservazione dell'energia totale del sistema
H ::T+V.

La (66) permette di dimostrare il seguente teorema

Teorema di Lagrange-Dirichlet. In un sistema autonomo, conservativo,


soggetto a vincoli olonomi e fissi, un m~n~mo proprio dell'energia
potenziale e' una configurazione di equilibrio stabile.

Dim.

Intanto se q* e' un minimo di V, la funzione q(t):: q* e' una


soluzione di (59) perche' av/aqr = O eaT/aq r =aT/aq:: r
O-in virtu'
delle (60) • Se (q* ,O) e' i l punto di equilibrio in esame, con
V(q*)< V(q) per I q=q*T sufficientemente piccolo e I O, l'Hamiltoniano
H ~ H(q,q) soddisfa-le condizioni

H(q*,O) O e
(67)
H(q,q) > O

per ( Iq-q*/z + 111 Z ) sufficientemente piccolo e " O. Infatti la (67)1


e' soddisfatta per un'opportuna scelta della costante arbitraria nel
potenziale V, e (67)z segue dalla positivita' di T e. dall'ipotesi che
q* sia un punto di minimo.proprio per V.
"''l'''
l

- 72 -

Poiche' lungo i moti e' H = o, cf. (66), segue che H e' una
funzione di Liapunov e il punto di equilibrio e' stabile.

Concludiamo questo paragrafo osservando che il teorema rimane


valido se, in aggiunta alle forze conservative, si considerano agenti
forze di carattere dissipativo

per !l'§.

,Ripetendo infatti le stesse considerazioni che hanno condotto alla


(66), in luogo dell'integrale primo (66) si trova in questo caso

(68) d(T+V)/dt

i.e.e ti ~ o. Segue che H e' ancora una funzione di Liapunov e la


configurazione in esame e' stabile.
''

- 73 -

4 Alcuni cenni sulla stabilita' dei sistemi continui

4.1 - Generalita'

Nel presente capitolo si da' una rapida introduzione al problema


della stabilita' dei sistemi continui. Piuttosto che alle applicazioni,
esso e' rivolto alle differenze rispetto al caso discreto ed alle
maggiori cautele che si devono esercitare. Per una rassegna
significativa delle applicazioni di interesse tecnico si rimanda al
testo di PIGNATARO, RIZZI e LUONGO [12] ed alla ampia scelta di
riferimenti bibliografici che esso contiene.

Lo studio dei sistemi continui comporta sostanziali difficolta'. La


variabile di stato non e' piu un vettore ad un numero finito di
componenti ma un campo, cioe' un elemento di un qualche spazio
funzionale. I problemi che si devono affrontare cessano cosi' di avere
carattere algebrico e diventano invece problemi di analisi funzionale.
Questo e' vero per ognuno degli approcci alla stabilita' esaminati fin
qui.

Le difficolta' che si incontrano sono di due tipi. Le prime sono di


carattere topologico e se ne vedranno alcuni riflessi nei paragrafi che
seguono. Le seconde riguardano l'aspetto risolutivo. In generale, i
problemi che si riescono a trattare concretamente sono quelli che, con
opportuni accorgimenti, si lasciano rifòrmulare in termini di un numero
finito di parametri. Nell'ambito delle biforcazioni, per esempio,
questo si verifica quando l'indeterminazione sulla soluzione, che nel·
metodo di Liapunov-Schmidt determina l'esistenza di piu' rami di
equilibrio, puo' essere descritta con un numero finito di parametri.
Formalmente lo studio dell'equazione di branching torna ad essere un
problema algebrico e puo' essere trattato alla maniera vista.
Stabilire, pero', che questo e' il caso e caratterizzare lo spazio
delle indeterminazioni coinvolge spesso questioni non banali di analisi
funzionale.

Nel seguito si prendono in considerazione alcuni fatti elementari


relativi alla stabilita' dinamica ed alla stabilita' secondo Hadamard.
Con qualche significativa differenza, l'esposizione segue le linee di
[12, Cap. 4]. Per una piu' approfondita analisi delle questioni
trattate si rimanda all'articolo di KNOPS e WILKES [5,§§ 6 e seg.] .
,

- 74 -

4.2 - Stabilita' secondo Liapunov

Per concretezza, si faccia riferimento ad un corpo continuo B e sia


u il campo degli spostamenti che descrive la configurazione corrente
C(t) rispetto ad un'assegnata configurazione di riferimento C(O). La
nozione di stabilita' secondo Liapunov puo' essere data come in § 3.3
pur di introdurre un'opportuna misura di confronto fra configurazioni
che svolga, nella definizione, il ruolo della distanza Euclidea usata
per i sistemi discreti.

Definizione. Indicata con p la misura scelta, e supposto che C(O) sia


la configurazione di equilibrio in esame, si dira' che C(O) e' stabile
se per ogni E >0, 1 6 tale che

(1) p (u (. , 0»< 6 => sup f (u (. , t) ) < E


t

In termini geometrici la p deve misurare uno scostamento, o


distanza, tra le configurazioni C (O) e C (t). Essa allora deve essere un
funzionale .positivo:

p (O) O
(2)
p (u) > O per u " O

A parte questo requisito, la scelta della misura di confronto p e'


libera. Ma ogni scelta qualifica la nozione di stabilita' in quanto
precisa il significato dell'aggettivo stabile usato nella definizione.

Nei vari casi la scelta delle misure da adottare e' suggerita dal
contesto fisico. E' infatti il tipo di applicazioni che si vogliono
considerare ad indicare quali propri eta , o aspetti della soluzione sono
rilevanti in un dato problema e quale. nozione di stabilita' deve essere
adottata nell'analisi. Come criterio generale, poiche' ogni analisi di
stabilita' e' basata sul confronto di funzioni, e' abbastanza naturale
ambientare il problema in spazi funzionali di proprieta' note e
scegliere per p le relative norme.

, Tra le norme cui si fa piu' spesso riferimento sono la norma


.,..
I

- 75 -

uniforme:

(3) lIu Il o 'co sup Iu I


.l
e la norma in media quadrati ca (eventualmente pesata):

(4) lIu Il o ,2 (flu I 2dX ) 1 / 2

La prima ,fornisce una stima puntuale dello scostamento di C(t) rispetto


a C(O); la seconda, al contrario, stabilisce solo un confronto in media
tra C(t) e C(O) nel senso che, una volta adeguato lIullo,t la funzione u
non puo' essere troppo diversa da zero su tutto il corpo ma potrebbe
assumere valori comunque grandi in singoli punti.

L'uso di norme uniformi e' dettato in quei problemi in cui fatti


locali sono importanti, come ad esempio nei problemi di frattura dove
sono rilevanti i valori locali del campo u; l'uso di norme in media
puo' essere significativo per quelle applicazioni in cui sono di
rilievo informazioni globali sulla soluzione.

E' infine opportuno osservare che, nei problemi meccanici, oltre


allo spostamento u possono essere importanti anche le sue derivate
spaziali fino ad un certo ordine, in quanto associate a stati di sforzo
nel materiale, ovvero la sua derivata temporale (velocita') in quanto
de~crive lo scostamento rispetto allo stato di quiete. Cosi: e' spesso
ut~le, a fini pratici, includere nella scelta della misura, norme di
derivate fino ad un certo ordine.

Le (3) e (4) diventano cosi'

(3' )
lIu Il., CD ( ~ lI oau
lal~.
l :," + lIu Il:," ) 1/2 , e
(4' ) Il u Il ., 2 = ( ~lIrPull: 2 + Illi Il: ,2 ) 1/2 ,
lal~. '
dove Da denota la derivata parziale
interi non negativi (ol'····'on) e 101
aet l . , . ~n , con ° una n-upla di
= toi.
i.l
Gli esempi seguenti illustrano come in uno stesso problema la
stabi~ita' di una configurazione di equilibrio puo' essere influenzata
dalia scelta 'della misura
- 76 -

4.3 - Carattere topologico della nozione di stabilita': alcuni esempi.

Criticando l'uso diffuso del teorema di Lagrange-Dirichlet per


sistemi continui, SHIELD e GREEN [13] hanno studiato la stabilita' di
una sfera elastica omogenea ed isotropa, vincolata lungo il contorno
r=R e non soggetta a forze di volume, in uno stato naturale (non
stressato). L'ipotesi e' che lo stato naturale corrisponda ad un minimo
proprio dell'energia potenziale elastica. Il problema e' affrontato
nello spirito della teoria lineare e l'attenzione e' rivolta ai moti
radiali della sfera:

(5) u u(r,t)

SHIELD e GREEN mostrano che la configurazione naturale e' instabile


rispetto alla scelta della misura uniforme
1/2
(6) p(u) lIu Il: ,... + Il a u/ar Il: .... + II~II: , ... )

L'equazione dei moti radiali e'

(7) a2u/ar z + 2/r( a u/ar) - 2u/r l/cZ(a Z u/atz)

dove c >0 e' una costante materiale che rappresenta la velocita' del
suono nel materiale. Come e' facile verificare, la (7) ammette
soluzioni classiche del tipo

(8) u l/r z (f(r+ct) - f(r-ct» - l/r (f'(r+ct) - f'(r-ct»

per ogrii funzione f pari e tre volte continuamente differenziabile.

La scelta di f corrisponde a fis~are le condizioni iniziali del


moto.
Per

per r , [a, (1+2E la]

(9) fJr)

per r E.~,(1+2f,)a),

con a <R ed E piccolo qualunque, si trova immediatamente che


- 77 -

o e che
(10) p(~ (o ,O) < kc ,

con k opportuno. Cosi', per E oppurtunamente piccolo il moto parte


dallo stato naturale in condizioni comunque vicine alla quiete.

Il moto (8) ha la struttura tipica dei fenomeni ondosi e puo'


essere studiato usando la tecnica di rappresentazione nel piano
caratteristico. In . particolare, e' facile verificare che, con le
condizioni iniziali descritte da (9), per t = a/c ed r = Ea si ha

(11 )

Segue che

(12) p(uE(o,t = a/c» ~ 6

e, per la (l),che lo stato naturale e' instabile nonostante sia di


minima energia potenziale elastica.

Come secondo esempio si consideri il caso di una trave


uniforme
appoggiata agli estremi e in assenza di carichi esterni

u + ii O per x E (0.1), t > O


(13)
u = u" O per x = O, x = 1 e t> O

La configurazione rettilinea e' insta9ile se si sceglie la misura

(14) p( u )

Infatti per il dato iniziale

(15) E sin n x e ~(x.O) O

si ha immediatamente che

(16)
- 78 -

mentre per un opportuno istante t

(17) p(u(',t))

Allora, .per quanto piccolo si scelga E, esistono dati iniziali (15)


corrispondenti ad n abbastanza grandi perche' p (u(· ,t»> k, con k
fissato ad arbitrio. La configurazione rettilinea risulta dunque
instabile.

I due casi precedenti producono risultati solo apparentemente


curiosi. Il fatto che nei fenomeni ondosi si pbssano avere effetti di
focalizzazione con nascita di singolarita' nelle componenti di
deformazione, cf. (11) , e' piuttosto naturale. L'esempio di SHIELD e
GREEN e' in effetti un adattamento ad un problema con dati al contorno
di un argomento classico relativo alla propagazione di onde in un mezzo
infinito. Analogamente, il secondo esempio riflette il trasferimento di
energia elastica, non rappresentato nella misura (14), in energia
cinetica. Anche questo esempio e' costruito in analogia con un esempio
classico di Hadamard, cf. [14].

Piu' che evidenziare dei paradossi, i due esempi dimostrano che la


scelta della misura p condiziona la discussione della stabilita'. Non
e' difficile vedere, ad esempio, che la configurazione rettilinea della
trave nel secondo caso risulta stabile rispetto alla scelta della
misura
1
(18) p(u)
1 • 1 2
(O (U"2 + u 2 ) dx ) /

che rappresenta l'energia totale della trave. Come conseguenza delle


(13), infatti, la misura (18) si conserva durante il moto ed e'
sufficiente che sia piccola all'istante t=O perche' rimanga tale ad
ogni istante successivo.

La precedente discussione dovrebbe chiarire sufficientemente bene i


termini del problema. In certi casi, comunque, per evitare risultati
scomodi si e' ricorso ad analisi di stabilita' rispetto a 'classi
ristrette di dati iniziali ovvero rispetto a norme opportune.

A questo accorgimento ricorre KOITER, cf. [15] e [l~ quando


suggerisce di usare

(19) p(u)
- 79 -

e di discutere la stabilita' rispetto a dati iniziali che sono poco


distanti dallo stato di equilibrio u = O, nel senso di (19), e che
corrispondono ad energia totale iniziale sufficientemente piccola. Sia
nel contesto meccanico che termomeccanico, KOITER prova la stabilita'
delle configurazioni di minima energia potenziale e, conversamente, che
certe condizioni di indefinitezza di questa sono sufficienti per
l'instabilita'. In un certo senso i due risultati estendono ai sistemi
continui i teoremi di Lagrange-Dirichlet e di Liapunov. I due teoremi
sono dimostrati sotto ipotesi che servono a KOITER per non affrontare
questioni topologiche importanti e che ne riducono quindi la portata. A
parte questo aspetto, non sembra possibile recuperare al caso continuo
la generalita' degli analoghi teoremi relativi al caso dfscreto,
vincolati come sono ad una particolare scelta della misura di
confronto.

4.4 - Condizioni per un minimo dell'energia potenziale

I teoremi di KOITER indicano che, in qualche senso opportuno, lo


studio dei minimi del funzionale energia potenziale totale, P[u], puo'
essere rilevante per la stabilita' dinamica dei sistemi continui
soggetti a carichi conservativi. La questione e' ovviamente sempre
importante quando si discute la stabilita' secondo Hadamard.
Concludiamo queste lezioni con un esame delle condizioni che
garantiscono un minimo di p[u].

Come nel caso di funzioni, per la caratterizzazione dei punti di.


minimo di un funzionale si ricorre al calcolo differenziale. Indicata
con u = O la configurazione di cui si vuole discutere la proprieta' di
minimo, si dic~ che p[u] e: dif:erenziabile second~ fréchet m volte in
u = O, se ea s tono funz Lona.l t Po' ,
ì p o", •••• Po" rispettivamente
lineari, quadratici, etc. tali che vale la formula di Taylor

(20) p(u) p(O) + po'[u] + po"[u2V2 + ••• + P~") [u"]/n! + o( lIu'"),

per ogni u di un intorno aperto di u = O. Il termine o( lIull'" indica un


infini tesimo di ordine > n in Ilu Il •

Osso Formalmente, il calcolo dei differenziali Po', P o", .•. si fa


valutando le variazioni di P, in u = 0, per una generica "direzione" v,
- 80 -

coppia di direzioni v,w, etc. secondo

:E p [EV]I E=O
(21) 2
d
p O"[V,W] P [EV+yW]
dEdy E=y=O

previa verif~ca di opportune condizioni locali sui differenziali cosi'


calcolati.

La prima differenza importante rispetto al calcolo differenziale


per funzioni e' che la differenziabilita t di un funzionale dipende
dalla classe di funzioni su cui si intende definito e, in particolare,
dalla scelta della norma in detta classe. Nel seguito si assume che P
sia differenziabile quanto occorre in u = O, e si: indica con Il Il la
norma dello spazio funztnale in cui et ambientato il problema.

Da (20) segue immediatamente che le

O (condizione di equilibrio), e
(22)

per~u, sono condizioni necessarie per un minimo. In particolare la


(22) e' l'analoga della (83) del Capitolo 2 per sistemi discreti.

La differenza piu' importante rispetto al caso discreto et che la


positivita' stretta di Po" non e' piu' sufficiente per un minimo.
PIGNATARO et al., cf. [12 , pago 143], riportano un controesempio in
proposito.

La situazione descritta nel controesempio e' sistematica, come


specificato dal seguente teorema

Teorema. Condizione necessaria e sufficiente perche' un minimo di P[u]


in O sia riconoscibile sulla base di Po" e' che Po" sia coercivo, i.e.
:3k > O tale che

(23) per '+u


- 81 -

La sufficienza di (23) segue immediatamente da

(24)

dove il termine a destra e' certamente > O pur di scegliere Il u Il


sufficientemente piccolo.

Se viceversa la (23) non vale, pur essendo po"[u2l~ O per 1,f u,


significa che

(25) inf P" [ U 2 1/ Il u 11 2 O


lIuli f:. O

Notato che P o"I U 2]/ Il U 11 2 e' omogeneo di grado O, segue da (25)

(26) inf P "{u 2] inf P" [ U 2]/ Il U 11 2 O


lIuli = l lIuli f:. O
Allora esiste una successione {un}' con Il un Il = l, tale che
p o"[u~ +0. Pur di passare, ad una sottosuccessione, si puo' sempre
assumere che

(27)

con p > O comunque scelto. Posto u*n segue che e,


inoltre,

(28)

La (28) prova che il segno del termine a sinistra e' sempre deciso dal
resto o( "uIl 2) nel!' espansione di Taylor. Di qui la necessita' della
(23).

La (23) e' la stessa condizione che garantisce l'esistenza di


configurazioni di equilibrio nei problemi al contorno
dell'elastostatica lineare. La verifica della (23) in problemi
specifici non e' banale.

Il caso in cui valgono le (22), ma non le (23), si dice critico. Il


teorema asserisce che nel caso critico l'accertamento di un minimo
richiede sempre la discussione dei termini di ordine superiore al
-82 -

secondo.

Una procedura formale per ottenere condizioni sufficienti di


stabilita' che coinvolgono i termini di ordine superiore e ' esposta in
[ 12] dove, a titolo dies~mpio, si discute la stabilÙa' del primo
punto critico nell'asta di Eulero. Da un punto di vista un po'
differente, un'esposizione concisa dell'analisi dei termini di ordine
superiore e' data da BUDIANSKY Ln [17] •
- 83 -

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029- S. TATTONI, Criteri ed esempi di tiranti pretesi nel consolidamento degli edifici, feb. 1984;
030- G. DEL PIERO, L'evoluzione del calcolo strutturale, giu. 1984;
031- G. TONIOLO, A. FORTE, N. GATTESCO, Analisi non lineare dei telai in cemento armato, giu. 1984;
032- C. DAVINI, Appunti di lezioni di stabilità, giu. 1984.
Errata corrige

pago 7, riga 3 (b) : o = l(ag/aeE)/(ag/ae)1


2
pago 8, riga 12 (a) : mh ..e + ke - mgh sine = o
.
pago 9, riga 6 (b) : Ie I
pago 13, riga 11 (b) : (~o,Xo)

pago 15, riga 9 (a) : (x ,y )


-c -c

pago 19, riga lO (a) : divisibilita'

pago 22, riga l (a) : (k ;»)

pago 25, formula (45) :


~ k k
(45) = 1:: f; k 1/J.<! a F fax I ( )- À O
k=2 Xc .s;
pago 54, riga l (a): ..•... per"V r,"3 1. E: S(r) ....

pago 59, riga 4 (a): •... V(x» O....

pago 59, riga 9 (a): anC:S(D) ;

__r(k
2k Yh
- )
e ~(y) ~

pago 65, formula (52):

(52) 2
Y1 , 2 ,Y~ , ~ (3/7mh 2 ) «5yh-18k) +
-
1 ( 5yh-18k) 2 -28k 2 ) .
pago 66, riga 3 (a) :
y< (18- 128) k/5h - v.
pago 66, riga 5 (a) :
y> (18+ ,!28)k/5h - Y2
~ag. 69, formula (58):

(58 )
.
q f O ~(i):f O (per qualche i)

pago 74, riga 11 (a): .•... per ogni e:>O, 3 <5 tale che .....

pago 75, formula (3): .... sup 11;11


.:a
pago 77, riga l (a): ..... ue:(.,O) = alar ue: ( • , O) = O e che

pago 77, formula (13) :u IV + ii = O

pago 81, formule (25) e (26): leggi Po " per P "

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