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Ancona

Assemblea dei quadri e delegati Cisl

Ancona, 21 Giugno 2010

Lo scenario economico
Nel corso degli anni Duemila l’Italia è cresciuta meno degli altri
principali paesi europei e, anche nella crisi, contando la variazione
negativa cumulata del PIL dal 2008 al 2011 secondo le previsioni
del FMI, il nostro Paese va più “a fondo” degli altri (–4,3% in 5 anni
contro il +1,4% della Francia, il –0,6% del Regno Unito, –0,9% della
Germania, –2,2% della Spagna). Sul versante della crescita del PIL,
infatti, nonostante l’ISTAT abbia registrato nel I trimestre 2010 una
crescita dello 0,5% superiore alla media europea, il nostro sistema-
paese tornerà al livello pre-crisi (2007) non prima del 2015 e il tasso
di disoccupazione reale (seguendo le indicazioni di Banca d’Italia
nel calcolo dei nuovi inattivi “scoraggiati”) tornerà ai livelli pre-crisi
solo nel 2017. Sul versante dell’occupazione, dunque, secondo la
Banca d’Italia rispetto al picco raggiunto ad aprile 2008, a febbraio
2010 sono stati persi 700mila posti di lavoro. Il tasso di
disoccupazione, sempre a febbraio 2010, è arrivato all’8,5% pari a
oltre 2 milioni e 100mila persone. In Italia, nel 2009 sono stati
300mila i posti di lavoro persi da parte dei giovani. La
disoccupazione giovanile a febbraio 2010 ha raggiunto il 28,2%. La
media europea nell’anno 2009 segna un tasso del 19,8%. Nel picco
della crisi (III trim 2009) dei 508mila posti di lavoro persi, circa
220mila erano a tempo determinato e, per la prima volta dal 1999,
110mila a tempo indeterminato. I lavoratori in collaborazione che
hanno perso i lavoro nel 2009 sono stati 150mila, di cui solo 1.500
hanno usufruito del cosiddetto bonus previsto dal Governo, pari al
20% del reddito medio annuo (mediamente 287 euro, poi portato al
30%). Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori in CIG
(oltre 1.200mila, 440mila se calcolati tutti a zero ore) e gli
“scoraggiati” (circa 250mila nuovi inattivi) il tasso di disoccupazione
arriva al 10,5%. Questi dati dimostrano, se mai ce ne fosse stato
bisogno come la crisi si sia tutt’altro che affievolita, come alcuni
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media tendevano, almeno fino ad un mese fa, a far credere.
A fronte di questa preoccupante situazione economica ed al
riemergere di minacce speculative, in tutta Europa sono stati presi
provvedimenti per tentare di mantenere il debito pubblico entro
limiti accettabili per i mercati finanziari e, quindi, garantire la
solidità dell’Euro. I provvedimenti più forti sono stati presi dai Paesi
che hanno rischiato il default come la Grecia, il Portogallo, la
Spagna. In questi Paesi, i tagli alla spesa pubblica hanno causato
diminuzioni negli stipendi dei dipendenti pubblici e riduzioni negli
interventi sullo stato sociale, dal lato della tassazione ci sono stati
comportamenti virtuosi come la Spagna (aumento della tassazione
sulle rendite finanziarie) o la Francia (impegno di tassare, in via
straordinaria, le rendite finanziarie ed i redditi alti), inoltre Grecia,
Portogallo e Spagna sono intervenuti sull’aumento dell’IVA.
Comunque tutti i Paesi Europei hanno varato pesanti manovre
dirette alla riduzione del Deficit.
La manovra Italiana
La manovra è di 24,9 miliardi di Euro per il biennio 2011/2012
formata per il 60% circa da minori spese e per il 40% circa da
maggiori entrate, ed è finalizzata ad abbassare il rapporto tra deficit
e PIL dal 5% attuale al 2,7% nel 2012, ossia al di sotto del 3%, così
come richiesto dall'Unione europea per ristabilire la credibilità
dell'Euro Zona. La manovra è incentrata su tagli alla spesa pubblica,
su una riduzione dei costi della politica e della pubblica
amministrazione. Dal lato delle entrate, le misure si concentrano
quasi esclusivamente sul contrasto all’evasione fiscale e
contributiva. Ma vediamo ora quali sono i punti principali dei 55
articoli che compongono il provvedimento.
Per quanto riguarda la riduzione della spesa pubblica, il 10% è la
cifra di riferimento per di diminuzione delle spese dei Ministeri e
degli Enti centrali. Tali economie deriveranno, a partire dal 1°
giugno 2010, dalla soppressione, riordino o accorpamento di una
certo numero di enti, tra questi, l’IPSEMA e l’ISPESL le cui funzioni
sono attribuite all’INAIL, e l’IPOST che viene accorpato all’INPS.
Sono previsti meccanismi di riduzione e controlli su spese, tra le
quali possiamo evidenziare quella relativa a consulenze e incarichi
di studi (meno 80% rispetto al 2009), sono previsti tagli agli stipendi
dell’alta dirigenza dello Stato che si concretizzano con la riduzione
del 5% sugli stipendi superiori ai 90.000 Euro che salirà al 10% per
quelli superiori ai 150.000 Euro per il periodo dal 2011 al 2013. Si
riscontra l’avvio di una riduzione di alcuni costi della politica, in
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particolare quelli relativi al finanziamento dei partiti, ai compensi
agli amministratori mediante la diminuzione del valore del gettone
di presenza in commissioni, la diminuzione dell’enorme numero di
“auto blu”. Il gettone di presenza dei consiglieri provinciali e
comunali viene trasformato in indennità di funzione e non può
superare il 20% dell’indennità del Sindaco, per le giunte la
riduzione, che parte dal 3% fino al 10% è scaglionata in base agli
abitanti. Viene introdotto l’obbligo alla gestione associata tramite
convenzioni o unioni, delle funzioni fondamentali per i comuni fino a
5.000 abitanti, (politiche sociali, istruzione, viabilità, gestione del
territorio, polizia locale). I Comuni fino a 30.000 abitanti non
possono avere partecipazioni societarie e quelli da 30 a 50mila
possono averne in una sola società. E’ previsto che entro la fine del
2010 le società non più consentite saranno liquidate oppure le
relative partecipazioni devono essere cedute.
E’ consistente la riduzione delle risorse prevista nel provvedimento
per le Regioni che ammonta a 4-4,5 miliardi di euro. Le modalità
del taglio saranno determinate con un successivo decreto e saranno
effettuate in maniera proporzionale tra i vari enti interessati. Le
pesanti misure previste, nei propositi del Governo, devono
sollecitare e responsabilizzare le amministrazioni locali a reperire
risorse, in vista anche dell’attuazione del federalismo fiscale,
attraverso rigore ed efficienza della spesa pubblica, non devono
invece tradursi in diminuzione di servizi, non comportare aumenti di
tariffe, non devono determinare inasprimenti della pressione fiscale
a livello locale ma devono essere valorizzati i processi virtuosi di
lotta agli sprechi ed al recupero dell’evasione (nella manovra è
previsto il potenziamento della partecipazione dei Comuni
all’accertamento ed al recupero dei tributi evasi, con il relativo
introito, per le casse comunali, del 33% delle maggiori entrate così
reperite)
Negli ultimi 10 anni c’è stato un vistoso incremento della spesa
relativa alle pensioni di invalidità a carico delle Regioni: da 6
miliardi di euro nel 2000/1 ai 16 miliardi di oggi. Il decreto prevede
in questo caso maggiori controlli (100.000 verifiche in programma
nel 2010 e 200.000 per ciascuno degli anni 2011 e 2012) e una
revisione dei requisiti previsti dalle norme attuali (sale a 85% il
limite della percentuale di invalidità per accedere alla pensione),
nonché una serie di sanzioni e responsabilità penali nei confronti di
quei medici che accertino i falsi requisiti.
Ulteriori risparmi derivano dalle misure inerenti il funzionamento
degli Enti previdenziali; vengono soppressi i Consigli di
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Amministrazione le cui funzioni passano in capo ai Presidenti, il
numero dei componenti degli organi di indirizzo e vigilanza viene
ridotto di almeno il 30% ed i gettoni di presenza vengono ridotti,
dove previsti, a 30 Euro a seduta.
In materia di trattamento di fine servizio e di fine rapporto per i
dipendenti pubblici è prevista una rateizzazione per gli importi
superiori ai 90.000 Euro (due trance, la prima di 90.000 e la
seconda, a saldo, dopo 12 mesi ) ed a quelli superiori ai 150.000
Euro (tre trance, la prima 90.000 Euro, la seconda dopo 12 mesi di
60.000 e la terza dopo 24 mesi a saldo). Sempre in materia
previdenziale, per le pensioni di vecchiaia sia pubbliche che private,
è prevista un’unica finestra pensionistica a 12 mesi dal
raggiungimento dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi
per i lavoratori autonomi che determinano però, di fatto, un
aumento dell’età pensionabile. Vengono salvaguardati 10.000
lavoratori in mobilità e coloro che sono beneficiari di fondi di
solidarietà. Riteniamo che il numero sia insufficiente e che dovrà
essere aumentato. Sicuramente, in sede di dibattito parlamentare
dovrà essere rivisto il mancato rendimento della prestazione oltre i
40 anni di contribuzione a fronte dell’obbligo di proseguire il
versamento della contribuzione fino all’apertura della finestra,
questo per evitare i possibili contenziosi in sede legale. Una
possibile soluzione potrebbe essere quella già utilizzata in passato,
ovvero che per il periodo necessario ad arrivare alla finestra i
contributi rimangano nelle tasche dei lavoratori.
Il decreto prevede poi un innalzamento della percentuale di
invalidità necessaria per accedere ai benefici economici, dal 74 si
passa all’85% questo, se non modificato, rischia di incrementare il
disagio dei disabili inoccupati o con reddito bassissimo.
Rimarrebbero esclusi dalla rendita persone con Sindrome di down,
sordomuti, o soggetti con amputazioni agli arti, riteniamo pertanto
necessario modificare tale norma per salvaguardare i soggetti più
deboli: occorre perseguire con forza i falsi invalidi, non vessare chi
versa già in condizioni di sofferenza o disagio che non sono certo
variazioni minime di percentuali a differenziare. In questo senso
condividiamo
i provvedimenti che mirano a perseguire ogni forma di illecito sulle
pensioni di invalidità attraverso il rafforzamento delle disposizioni
contro gli abusi nelle certificazioni mediche.
Ma i tagli più consistenti ed inaccettabili, così come previsti dal
provvedimento, riguardano il blocco ai rinnovi contrattuali del
pubblico impiego ed il blocco degli scatti d’anzianità nella scuola.
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Per quanto riguarda il pubblico impiego è previsto un congelamento
dei salari nei prossimi tre anni (triennio 2011-2013).” I rinnovi
contrattuali dei dipendenti delle PA e i miglioramenti economici del
rimanente personale in regime di diritto pubblico relativi al biennio
2008-2009 non possono determinare aumenti retributivi superiori al
3,2%”.
La Cisl non può accettare che le misure previste sanciscano, di
fatto, la fine della contrattazione collettiva salariale. Riteniamo
pertanto necessario prevedere, per le amministrazioni virtuose e a
fronte di obiettivi concreti, la possibilità di svolgere contrattazione
decentrata incentivando i risparmi di gestione da destinare al
miglioramento del servizio e al salario accessorio rifiutando
contemporaneamente ogni ipotesi che implichi la riduzione delle
risorse destinate alla busta paga e al salario accessorio per la parte
che è stata già definita dalla contrattazione locale e nazionale. E'
giusto aumentare l'efficienza della pubblica amministrazione, ma
non semplicemente tagliando, facendo parti eguali tra efficienti ed
inefficienti, ma premiando il merito. In sede locale i lavoratori del
Pubblico impiego e della scuola, supportati dalla FNP, preoccupata
dai possibili tagli al Welfare territoriale, hanno manifestato ad
Ancona il 17 Giugno di fronte alla Prefettura per rivendicare con
forza le loro richieste e da oggi nel Pubblico Impiego partirà una
mobilitazione nazionale sui posti di lavoro.
Nella scuola, al blocco dei salari si somma quello delle progressioni
di anzianità che si ripercuote con pesanti effetti anche sui
trattamenti previdenziali. Per i lavoratori della scuola l’anzianità
rappresenta l’unico fattore che consente, con la progressione di
carriera, di valorizzare almeno in parte retribuzioni lontane dalla
media europea. Il blocco dell’anzianità costerebbe per un
collaboratore scolastico 1.000 Euro circa, per un insegnante dai 2 ai
3.000 Euro, mentre ad un manager di Stato con stipendio di
100.000 Euro la manovra richiede un contributo di solo 500 Euro.
Per questo ci sembra un provvedimento iniquo nei confronti dei
sacrifici richiesti a tutti e che deve essere modificato in sede di
discussione parlamentare e per questo la Cisl scuola con le altre
organizzazione del settore, ad eccezione della Cgil, il 15 Giugno ha
protestato a Roma, per chiedere al Governo un passo indietro sui
contenuti della manovra che interessa tutto il comparto. Tale tipo di
manifestazione punta a modificare alcune misure senza cadere nel
massimalismo a cui sembra indulgere la Cgil.
Le misure introdotte dal provvedimento sulla lotta all’evasione ed
all’elusione fiscale sono sicuramente positive e vanno in
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controtendenza rispetto ai primi provvedimenti presi da questo
Governo al momento del suo insediamento.
Le ultime stime della Banca d’Italia collocano tra i 100 e 120
miliardi di Euro l’evasione fiscale in Italia, stime del Governatore
della Banca d’Italia valutano che tra il 2005 e il 2008 il 30% della
base imponibile dell'Iva sia stato evaso: in termini di gettito, sono
oltre 30 miliardi l'anno, 2 punti di Pil. Se l'Iva fosse stata pagata, il
rapporto tra debito e Pil sarebbe oggi tra i più bassi dell'Unione
europea. L'evasione fiscale richiede tasse più elevate per chi le
paga, riduce le risorse per le politiche sociali ed ostacola gli
interventi a favore dei cittadini con redditi modesti. I numerosi
provvedimenti sul potenziamento e la razionalizzazione degli
accertamenti antievasivi sono pertanto da valutare positivamente e
vanno nella direzione auspicata e più volte richiesta dalla Cisl di un
maggior contrasto all’evasione fiscale. Viene reintrodotta la
tracciabilità dei pagamenti ovvero tutti i pagamenti sopra i 5.000
Euro non possono essere fatti in contanti ma con mezzi di
pagamento che lascino una traccia che ne possa poi permettere il
controllo. Per rendere più credibili le nuove soglie, è stato
revisionato il meccanismo sanzionatorio, con la previsione di limiti
minimi di 3.000 Euro e con l’introduzione di moltiplicatori delle
sanzioni nel caso di infrazioni relative a valori superiori ad € 50.000.
Viene stabilito l’obbligo di comunicazione telematica alla Agenzia
delle Entrate delle operazioni rilevanti ai fini Iva, di importo pari a
superiore a € 3.000. In tal modo si dovrebbe operare una più
corretta ricostruzione del volume d’affari dei soggetti attivi e
costruire una banca dati delle spese e dei consumi di particolare
rilevanza utili alla individuazione della capacità contributiva, per
favorire l’accertamento sintetico. Anche in questo caso l’omissione
della comunicazione o di una sua effettuazione con dati incompleti
o non veritieri, si applica una sanzione pecuniaria. In merito
all’accertamento reddito metrico si introduce una presunzione in
forza della quale si afferma che tutto quanto si è speso nel periodo
d’imposta è stato finanziato con redditi posseduti nel periodo
medesimo. Per usufruire delle detrazioni d’imposta, quali ad
esempio il 36% per la ristrutturazione edilizia, diventa obbligatorio,
da parte della Banca effettuare la ritenuta d’acconto del 10%
sull’importo del bonifico che è la forma obbligatoria per il
pagamento delle spese su sui si chiedono le detrazioni. Sono state
introdotte modifiche all’attività di riscossione relativa agli avvisi di
accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte
sui redditi e sull’IVA. L’Avviso di accertamento ed i provvedimenti di
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irrogazione delle sanzioni costituiscono, a decorrere dal 1 Luglio
2011, titolo esecutivo all’atto della notifica al contribuente.
Divengono esecutivi all’atto della notifica e devono espressamente
recare l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il
pagamento, si potrà procedere ad esecuzione forzata. Quindi, prima
si paga la sanzione poi si propone ricorso. Si tratta di strumenti che,
se utilizzati adeguatamente, possono fornire elementi determinanti
per combattere l’evasione. Un “condono mascherato” invece
sembra essere quello relativo all’attuazione dell’ “anagrafe
Immobiliare Integrata” che dovrebbe attestare, ai fini fiscali, il
livello di integrazione delle banche dati catastali con le informazioni
sui diritti reali (proprietà etc.) recate negli atti trascritti nei pubblici
registri immobiliari. Per la costituzione di questa banca dati sarà
necessario che i titolari dei diritti reali, entro il 31 Dicembre 2010,
procedano alla presentazione, ai fini fiscali, della dichiarazione di
aggiornamento catastale per gli immobili oggetto di interventi
edilizi o la richiesta di accatastamento per quelli non ancora
accatastati. Se la norma è condivisibile per contrastare l’elusione e
l’evasione fiscale (far emergere le case fantasma) dobbiamo
osservare che non sono chiaramente stabilite le eventuali sanzioni
e quindi il provvedimento diventerebbe, di fatto, un condono a
costo zero. C'è quindi una parte di entrate "non fiscali" che
riguardano, tra gli altri, canone, pedaggi, concessioni idroelettriche,
ed entrate fiscali per un importo che potrà essere stabilito solo dopo
aver verificato l'efficacia degli interventi.
Uno degli ultimi articoli del provvedimento riguarda la
contrattazione di secondo livello. Con questa disposizione si
riprendono i contenuti della detassazione delle retribuzioni
finalizzate alla produttività (norma in vigore fino al 31 dicembre
2010) e della decontribuzione a seguito di accordi di secondo livello
(legge n. 247/2007). Nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2011 le
somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in
attuazione di accordi collettivi territoriali od aziendali correlati ad
incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione,
efficienza organizzativa, collegati sia all’andamento economico che
agli utili d’impresa, sono soggetti ad una imposta sostitutiva IRPEF
probabilmente del 10% (comunque da stabilire con l’accordo tra le
parti sociali entro il 31 Dicembre 2010) nel limite complessivo dei
6.000 euro lordi per i titolari di reddito da lavoro dipendente che
non superino i 40.000 euro. Nello stesso periodo (comma 2) tali
somme beneficiano di uno sgravio dei contributi dovuti sia dal
datore di lavoro che dal lavoratore nei limiti delle risorse stanziate
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dall’art. 1, comma 68, della legge n. 247/2007. Ricordiamo che in
passato non era obbligatorio l’accordo collettivo e che venivano
detassati anche gli aumenti dati in maniera unilaterale dal datore di
lavoro.
Altri provvedimenti interessanti ma poco incisivi sono quelli relativi
agli incentivi, per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero
che potrebbero essere propedeutici al rilancio della competitività e
ricerca e quelli relativi al rilancio delle grandi opere.
Appare però evidente l’insufficienza degli interventi per il rilancio
della nostra economia. La mancanza, più volte sottolineata, di una
politica industriale degna di tale nome nel nostro Paese continua ad
essere evidente. Di fronte ai timidi segnali di una possibile ripresa
(diminuzione del ricorso alla CIG e lieve ripresa della produzione
industriale; dati del primo trimestre 2010) non ci sono
provvedimenti e risorse, in questa manovra, che mirino a sostenere
le aree avanzate del nostro sistema industriale in questo momento
di crisi.
Siamo di fronte ad una delicata fase della vita sociale ed economica
del nostro Paese, fortemente condizionata dalla situazione
internazionale, per dare un giudizio complessivo sulla manovra non
possiamo non tenerne conto. Un giudizio che è sicuramente
articolato: positivi i provvedimenti che vanno nella direzione di
recupero dell’evasione ed elusione fiscale, contro gli sprechi nella
pubblica amministrazione, nel favorire la contrattazione di secondo
livello, nel taglio degli stipendi dell’alta dirigenza, nella
soppressione di alcuni enti, nella razionalizzazione delle funzioni di
alcuni piccoli Comuni, ma dobbiamo con forza anche evidenziare e
rivendicare quello che non va. Debbono essere modificati i
provvedimenti sulla scuola, sul pubblico impiego, deve essere
modificato il taglio indiscriminato delle spese di Regioni ed Enti
locali perché non distingue tra soggetti virtuosi e non, deve essere
rivista la decisione di aumentare la percentuale di invalidità per
accedere ai benefici economici (dal 74 all’85%).
Il Capo dello Stato, parlando della manovra, ha chiesto “rigore,
equità e responsabilità di tutti. ”. …Non solo di alcuni, aggiungiamo
noi. Occorre una maggiore attenzione al tasso di equità sociale,
indispensabile di fronte alla crisi sociale ed economica; per questo
sarebbero auspicabili alcuni provvedimenti: un innalzamento della
tassazione delle rendite finanziarie, esclusi i titoli di Stato;
l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, come
proposto dal Governo Tedesco e ritenuta da tutte le organizzazioni
della società civile come la più efficace per contrastare le
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speculazioni finanziarie che è tra le principali cause della crisi e
dell’instabilità dei mercati finanziari; un rafforzamento degli
interventi di sostegno allo sviluppo economico ed industriale,
indispensabili, quest’ultimi, per evitare che la debole ripresa si
arresti e per dare opportunità di creazione di nuova occupazione
che è la nostra prima priorità.
Sono stati presentati 2.550 emendamenti al Decreto; è importante
che tutte le forze politiche e tutti coloro che tengono alla coesione
sociale, consapevoli della necessità di una manovra, lavorino per
aumentare il tasso di equità di questa manovra evitando di cedere a
pressioni lobbistiche tendenti ad allentare gli interventi su sprechi
ed evasione.

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