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INSEGNAMENTO DI

TEORIA E TECNICA DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA


LEZIONE IV

GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE


DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA
PROF.SSA LUCIA MARTINIELLO

Teoria e Tecnica della Comunicazione di Massa

Lezione IV

Indice
1. Introduzione -------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2. La teoria dellagenda setting ------------------------------------------------------------------------------ 6
3. La teoria della coltivazione ------------------------------------------------------------------------------ 10
4. La teoria spirale del silenzio ----------------------------------------------------------------------------- 13
5. La teoria del knowledge gap ----------------------------------------------------------------------------- 16
6. La teoria della dipendenza------------------------------------------------------------------------------- 19

Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1. Introduzione

Per molto tempo, lo studio sugli effetti della comunicazione di massa stato influenzato da
alcuni assunti di base non completamente esatti, tra i quali lasimmetria dei processi comunicativi,
lintenzionalit della comunicazione e la segmentazione del messaggio 1 . Tali paradigmi si sono
profondamente evoluti nel corso degli anni, tanto da riconsiderare i limiti di questi presupposti
teorici ed inquadrare il problema degli effetti della comunicazione di massa in una prospettiva pi
complessa e stratificata. Secondo Mauro Wolf, si passati dalla considerazione degli effetti intesi
come mutamenti a breve termine, ad analizzare le conseguenze nel lungo periodo 2 .
Gli studiosi hanno progressivamente acquistato la consapevolezza che le comunicazioni di
massa non mediano esplicitamente il comportamento, piuttosto influenzano implicitamente il modo
in cui lindividuo organizza la propria identit e percepisce limmagine sociale.
Le principali differenze tra il vecchio ed il nuovo paradigma degli studi sugli effetti della
comunicazione mediatica sono riassumibili nei seguenti punti:

il caso singolo (ad esempio la specifica campagna politica) perde interesse, a favore di
una copertura pi vasta dellintero sistema dei media su specifiche aree tematiche;

gli studiosi adottano metodologie integrate e complesse, non affidandosi pi


esclusivamente allintervista per raccogliere i dati;

Le prime analisi sulla comunicazione evidenziavano erroneamente il carattere episodico del processo comunicativo,

nel senso che ciascun atto veniva considerato un singolo episodio contrassegnato da un inizio ed una conclusione e con
effetti isolati ed indipendenti.
2

Wolf M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano, 1985, p. 138.

Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
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lanalisi si sposta dalla misurazione dei cambiamenti di attitudini ed opinioni, alla


ricostruzione dei processi di costruzione identitaria e di attribuzione del significato.

In tal senso, gli effetti della comunicazione non sono pi legati allosservazione di attitudini,
valori e comportamenti dello spettatore, bens coinvolgono sistemi plurali di conoscenze ed
esperienze. Inoltre, non si studiano pi gli effetti puntuali (legati ad uno specifico punto spaziotemporale), bens effetti cognitivi e cumulativi, oggetto di costante negoziazione.
La comunicazione ha un carattere processuale, per questa ragione deve essere studiata sia
nella sua dinamica interna, sia in relazione ad altri sistemi e processi, contemporanei e precedenti.
Si evidenzia linterazione e linterdipendenza permanenti dei fattori che entrano in gioco nel
processo comunicativo, e questo aspetto [] fonda la via interdisciplinare che la nuova
impostazione di ricerca sta imboccando 3 .
A queste considerazioni, si aggiunge il fatto che la logica amministrativa della
communication research funzionava in quel determinato contesto storico-culturale e in relazione ai
grandi apparati della comunicazione di massa.
Volendo schematizzare, dunque, si potrebbe dire che la ricerca sugli effetti dei media
solitamente distinta in due fasi. Mentre il primo periodo della communication research
caratterizzato dagli studi sugli effetti immediati della comunicazione di massa, nella convinzione
che tali effetti si riversino immediatamente sui comportamenti, il secondo paradigma adotta un
approccio pi ampio, interessando anche implicazioni psicologiche, sociologiche, antropologiche e
pedagogiche.
Questa seconda fase, concentrandosi sugli effetti a lungo termine, considera come i media
influenzino il comportamento del pubblico nel lungo periodo e come lesposizione prolungata alla
3

Wolf M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano, 1985, p. 139.

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comunicazione di massa modifichi latteggiamento del singolo e la sua percezione della realt.
Proprio per queste ragioni, si preferisce parlare di effetti cognitivi e di effetti cumulativi.
La ricerca pi recente si orienta, pertanto, verso lo studio dei media come agenti attivi nel
processo della costruzione sociale del significato.

Questo nuovo orientamento si sostanzia in tre gruppi di teorie:


1. le teorie degli effetti cumulativi, tra le quali si ricordino la teoria della coltivazione e
lipotesi dellagenda setting;
2. le teorie del potere dei media, tra cui la teoria della spirale del silenzio e il modello
degli scarti di conoscenza;
3. la teoria della dipendenza.

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2. La teoria dellagenda setting

Nellambito dei mutamenti appena descritti, svolge un ruolo rilevante lipotesi dellagenda
setting. Essa sostiene che le scelte del pubblico dipendono strettamente dallazione dei media. Le
persone tendono ad escludere o includere dalle proprie conoscenze ci che i mass media escludono
o includono nei loro contenuti. Laudience rispecchia la gerarchia di importanza che i media
strutturano nei confronti degli eventi e delle esperienze narrate.
I mezzi di comunicazione di massa ritagliano allinterno della realt un numero selezionato di
problemi (fase di focalizzazione) e ne forniscono contemporaneamente i quadri interpretativi (fase
di frame o di framework) mediante i quali recepirli. Tale intervento di selezione dipende da
molteplici ragioni di tipo economico, politico o geografico; ragioni che portano a individuare quei
fatti che hanno un elevato valore di notiziabilit allinterno del contesto socio-culturale in cui sono
trasmessi.
Come risultato di questo fenomeno, lo spettatore si convince che accade e che conta solo ci
che la radio, la televisione o i giornali riportano, ed inconsapevolmente si persuade della neutralit
del medium.
Questa formulazione teorica si iscrive nella linea che va da Lippmann 4 a Noelle Neumann 5 , e
trova il suo massimo esponente in Shaw 6 .
4

Lippmann W., Public Opionion, Free Press, New York, 1922.

Noelle-Neumann E., Return to the concept of powerful mass media, Studies of Broadcasting, Vol. 9, 1973.

Shaw F., Agenda Setting and Mass Communication Theory, Gazette (International Journal for Mass Communication

Studies) vol. XXV, n. 2, 1979.


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Questi autori non sostengono la volont persuasoria dei media, quanto il loro contributo nel
determinare lo spazio sociale. I media, descrivendo la realt esterna, stilano una lista dei fatti
intorno ai quali lopinione pubblica muove le proprie discussioni. Lassunto fondante dellagenda
setting che la comprensione che la gente ha di gran parte della realt sociale mutuata dai
media 7 . Essi non dicono alla gente cosa pensare, bens suggeriscono su quali tempi i destinatari
sono chiamati a riflettere. In altri termini, i media definiscono lagenda quotidiana dellindividuo,
proponendo gli argomenti di discussione.
Pertanto, esiste una corrispondenza significativa tra limportanza attribuita dai mezzi di
comunicazione agli eventi e limportanza ad essi attribuita dai fruitori. Lo spazio dedicato e la
modalit di presentazione di alcuni temi e notizie influenzano la rilevanza che lo spettatore vi
conferisce. Il criterio di priorit nellinteresse individuale e collettivo non determinato
esclusivamente dalla rilevanza sociale dei fatti o notizie o dai reali interessi del lettore, ma allo
spazio loro dedicato dai media 8 .
Originariamente, lipotesi dellagenda setting stata elaborata con riferimento al potere di
agenda della stampa, anche se essa applicabile a tutti i mezzi di comunicazione di massa. Inoltre,
le ricerche condotte in questo ambito mostrano che ogni medium ha un potere di agenda diverso.
Esso riguarda, infatti, la capacit dei mass media di fornire le categorie attraverso le quali
interpretare le notizie.
Secondo alcuni studiosi, il pubblico manifesta una dipendenza cognitiva nei confronti dei
media che si configura in due livelli:
7

Shaw F., Agenda Setting and Mass Communication Theory, Gazette (International Journal for Mass Communication

Studies) vol. XXV, n.2, 1979, p. 101.


8

Livolsi E., Manuale di sociologia della comunicazione, Laterza, Roma, 2003, p. 223.

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i media stabiliscono lordine del giorno dei problemi, dei temi e degli argomenti a cui
pensare;

i media presentano anche la gerarchia di importanza dei temi presenti nellordine del
giorno.

Il potere di agenda si rivela un effetto a lungo termine perch le nuove conoscenze sono
organizzate sulla base di quelle pregresse gi strutturare. Lazione mediatica non si limita a fornire
un ordine del giorno, bens una scala di priorit dei temi presentati. Lagenda del pubblico tende ad
essere dominata pi dalla spettacolarit in tutti i campi, che non da un tradizionale ordine di
significati e valori a cui i media sembrano non ubbidire. Attualmente la teoria dellagenda setting
deve tenere conto che gli eventi sono raccontati come narrazioni drammaturgiche, in cui labilit di
coloro che confezionano i contenuti sta nellorchestrare trame accattivanti, che destino lattenzione
dei destinatari. quindi il come diventa pi importante del cosa 9 .
Tuttavia, anche il potere di agenda risulta mitigato da variabili individuali e sociali:
lindividuo non sempre adotta lordine del giorno proposto dai media, soprattutto se possiede
interessi specifici. Egli tende piuttosto ad integrare la sua agenda personale con quella proposta dai
media, per questo si parla di persuasione temperata dalla persistenza.
La metodologia della ricerca empirica, adottata in questa prospettiva, si concentra sulle
tecniche di analisi del contenuto, che permettono di avere un quadro preciso di quanto spazio viene
dedicato ai diversi generi e tematiche, quali sono le argomentazioni e i personaggi prevalenti, e
quali codici linguistici vengono impiegati.
Infine, uno dei problemi metodologici pi delicati delle ricerche fondate su questa ipotesi
consiste nella misurazione delleffetto di agenda poich difficile calcolare lintervallo di tempo in
cui leffetto si verifica.
9

Cfr. Livolsi E., Manuale di sociologia della comunicazione, Laterza, Roma, 2003.

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Inoltre, mentre abbastanza semplice valutare lagenda dei media, molto pi difficile
ricostruire lagenda del singolo spettatore in quanto non sempre la presenza di un argomento
indicatore del potere di agenda.

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3. La teoria della coltivazione

I presupposti teorici della Cultivation Theory si diffondono nel corso degli anni Ottanta in
seno alla Annenberg School of Communication delluniversit di Pennsylvania. Tra i maggiori
esponenti di tale approccio, si ricordino George Gerbner e Nancy Signorelli.
Gli assunti di base della teoria della coltivazione vanno ricercati partendo da una produzione
frammentaria di ricerche empiriche, non ascrivibile ad un unico corpus teorico. Essa rappresenta un
esempio paradigmatico di teoria degli effetti a lungo termine, in quanto analizza i meccanismi
attraverso cui i media coltivano limmagine sociale della realt, oltre che la costruzione stessa
dellidentit personale.
opportuno sottolineare che questo approccio si sviluppa nel momento in cui la televisione
diventa la fonte prevalente del consumo di informazioni e di intrattenimento per il pubblico di
massa. Essa afferma che i media coltivano lo spettatore dallinfanzia allet adulta, offrendogli una
visione del mondo comune e condivisa, provvedendo, quindi, ad una omogeneizzazione della
cultura.
Questa teoria si interessa non solo degli effetti dei media quanto della costruzione
dellimmaginario collettivo in generale e analizza, pi in particolare, gli effetti a lungo termine del
consumo televisivo 10 .

10

Uno di questi effetti la propensione dei consumatori pi accaniti ad alimentare una visione del mondo pi triste e

preoccupata rispetto ai consumatori occasionali.

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In riferimento al mezzo televisivo, possibile schematizzare gli assunti fondanti della


Cultivation Theory nei seguenti punti:

La televisione una presenza invasiva, apparentemente invisibile: sebbene le persone


trascorrano molto tempo della loro giornata a guardare la tv, sembra che il suo impatto
non venga considerato fonte di socializzazione.

Il piccolo schermo racconta molte storie: la realt sociale che si origina dalla
trasmissione televisiva una costruzione mediale, talvolta fantastica o inverosimile,
che viene per percepita come reale.

Dalla realt mediata, gli individui traggono i propri sistemi di riferimento, i propri
modelli, i pre-giudizi e le pre-comprensioni, aggiungendovi una personale coloritura
emotiva che permea la realt.

La maggior parte delle trasmissioni televisive sono impiegate dallo spettatore per
trascorrere il tempo, divertirsi e non pensare.

in tale prospettiva, la televisione semina e coltiva determinare rappresentazioni sociali della


realt, in unottica di omogeneizzazione e omologazione. il piccolo schermo a fondare i contenuti
preminenti della cultura contemporanea 11 . Questa considerazione acquista particolare importanza se
si considera che la cultura un sistema di messaggi e immagini che regolano e riproducono le
relazioni sociali 12 .
Per Gerbner, la televisione un medium che richiede un tipo speciale di approccio per essere
studiato in quanto i messaggi televisivi formano un sistema coerente, egli parla, infatti, della
televisione come la corrente della nostra cultura.
11

Questi contenuti vengono definiti da Gerbner mainstream.

12

Gerbner G. e Signorielli N., Violence and Terror in the Mass Media, Greenwood Press, New York, 1988.

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Si tratta di una teoria di notevole interesse, utile per pensare in termini non semplicistici gli
effetti dei media sullaudience. La rappresentazione del mondo fornita dai media tenda a
sovrapporsi a quella che ciascun individuo trae dalle proprie esperienze e conoscenze, e dal
processo di socializzazione primaria e secondaria elaborato collettivamente allinterno di un gruppo
sociale.
Nei casi estremi di basso livello culturale ed alta esposizione ai media, la rappresentazione
mediale finisce con il prevalere. Nella maggior parte dei casi, invece, le due si confrontano e
tendono ad una negoziazione sincretica e dialettica, regolata dalle funzioni di utilizzo del mezzo,
dalla motivazione dei destinatari e dal contesto storico-culturale.
Il limite maggiore della Cultivation Theory tuttavia la prospettiva esclusivamente
quantitativa entro cui si muove: la correlazione tra numero di ore di esposizione ai media e presenza
di determinate visioni del mondo non basta a definire le visioni come variabile dipendente delle ore
di esposizione ai media.

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4. La teoria spirale del silenzio

La teoria della spirale del silenzio si ascrive nellalveo teorico della sociologia della
comunicazione e pi in particolare del situazionismo in quanto approfondisce le dinamiche di
organizzazione sociale.
Tale teoria stata elaborata intorno al 1984 dalla studiosa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann,
allieva prediletta di Lazarsfeld, e mira a comprendere come una posizione minoritaria diventa
prevalente se investita dallattenzione dei media.
Schematicamente, si potrebbe riassumere la base di questa teoria in due presupposti:

un presupposto di ordine mediologico;

un presupposto di carattere antropologico.

Infatti, se da un lato si ritiene che i media siano in grado di abbattere i meccanismi di


percezione selettiva, daltro canto lindividuo tende ad adottare le posizioni dominanti per paura
dellisolamento. Pertanto gli uomini che hanno opinioni minoritarie, finiscono per tacitarle, cadendo
in una sorta di spirale del silenzio.
La societ post-moderna tende a relegare in secondo piano le appartenenze di gruppo,
definendosi come epoca dellindividualismo, in cui ciascun soggetto deve scorgere dentro di s il
senso della propria vita.
Per questa ragione, pi semplice aderire a valori-norme largamente condivisi, anche se ci
non toglie che ogni uomo esercita attivamente la propria libert di scelta. Colui che costruisce
autonomamente la propria identit, soffre di maggiori incertezza ed inquietudini, proprio perch non

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ha punti di riferimento stabili a cui affidarsi. La naturale conseguenza della libert conquistata,
conduce luomo allisolamento.
, dunque, pi facile ispirarsi a ci che i media promuovono, facendo proprie le dimensioni
dellopinione comune, fino a spingersi al limite estremo di pensare come gli altri pensano e non
sulla base dei propri valori. Infatti, presentati gli individui come timorosi dellisolamento, questi
saranno costantemente impegnati in operazioni di monitoraggio dellopinione pubblica, al fine di
potersi ad essa adeguare.
Secondo questa ipotesi, il sistema dei media diffonde nella societ un messaggio
culturalmente omogeneo, celato dietro le differenze di superficie dei diversi generi o delle diverse
emittenti. Si determina un fenomeno di consonanza e di cumulabilit che esclude tutte quelle
informazioni ritenute in qualche modo devianti. I media, dunque, hanno il potere di creare e
diffondere le opinioni maggioritarie.
Quando lopinione pubblica si conforma al messaggio diffuso dai mass media, per i soggetti
sociali che sostengono idee diverse non rimane che il silenzio. Risulta, infatti, difficile se non
impossibile sostenere unidea che i media tacciono e chi si informa prevalentemente attraverso i
media difficilmente conosce lesistenza di eventi non propagandati.
I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono al continuo rinvigorimento delle idee che
divulgano, fornendo anche le argomentazioni per difenderle. Tale opera di promozione costante
manca alle idee minoritarie, alle quali viene meno il sostegno della copertura mediatica. Per questa
ragione, le notizie che non passano attraverso i media sono fagocitate in una spirale del silenzio.
Leffetto finale di questo circolo vizioso si concretizza nel fatto che le opinioni prevalenti
tendono ad essere dominanti e quelle alternative a dileguarsi, oppure ad essere gradualmente
ridimensionate.

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Le posizioni discordanti sono evitate oppure messe in ombra, precipitano nel buco nero
dellanonimato, che fagocita modi alternativi di pensare, comportamenti anticonformisti ed
individualit creative.

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5. La teoria del knowledge gap

La teoria degli scarti di conoscenza o teoria del knowledge gap 13 nasce al fine di analizzare la
diffusione delle conoscenze, soprattutto tecnologiche, nellambito di situazioni marginali e
periferiche.
Secondo questo approccio, gli scarti socio-economici evidenziati nellepoca contemporanea
sono strettamente correlati al livello dellistruzione, alla tipologia occupativa e al reddito degli
individui.
In sostanza, tale teoria sostiene che la diffusione e la penetrazione dei mezzi di comunicazione
di massa tra la popolazione non solo accresce le disuguaglianze sociale, ma tende ad aumentare lo
scarto esistente nello sviluppo e nella distribuzione della conoscenza. La teoria degli scarti di
conoscenza si concentra, dunque, sul rapporto tra innovazione tecnologica e societ.
Le ineguaglianze si moltiplicano a causa del diverso approccio degli individui ai media: le
classi ambienti tendono ad avere un contatto pi diretto ed immediato allinformazione, mentre gli
individui appartenenti a classi sociali sfavorite non possono permettersi di fronteggiare
lavanzamento tecnologico e, per questa ragione, hanno meno possibilit di inserirsi in contesti
tecnicamente evoluti. Tale discrepanza interrotta solo dagli effetti-soglia, che bonificano
temporaneamente gli scarti di conoscenza 14 .
13

Tichenor, Donohue, Olien, Mass Media and Differential Growth in Knowledge, in Public Opinion Quarterly, 34,

1970.
14

Gli effetti-soglia rappresentano i casi-limite riscontrabili in tutte le organizzazioni sociali, ad esempio un evento

talmente eclatante da subire la totale copertura dei mass media ed essere noto a tutti.

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La diffusione su larga scala delle comunicazione solitamente interpretata come un indicatore


di modernizzazione, di sviluppo sociale e culturale, legato a flussi di informazione equamente
fruibili, tanto che ai mass media viene comunemente riconosciuta la capacit di congegnare un
comune universo simbolico e di aggregare un'identit culturale.
Paradossalmente questa opinione si scontra con levidenza empirica che gli individui con un
elevato livello socio-economico ed un elevato livello di istruzione hanno una maggiore opportunit
di acquisire le informazioni. Lincremento di informazione nella societ non conduce, quindi, ad un
effettivo aumento di conoscenze da parte di tutti i soggetti coinvolti. Piuttosto, i media amplificano i
gap socio-culturali, generandone addirittura di nuovi.
Si potrebbe allora dire che i mass media svolgono una duplice funzione:

essi hanno potenziato il flusso dellinformazione pubblica, tanto da alterare le


differenze derivanti dallistruzione e dal potere politico-sociale;

laccesso di minoranze qualificate alle informazioni tende ad estendere il divario tra


segmenti sociali e, conseguentemente, tra i vari pubblici di massa.

Tale dislivello aumenta non perch gli strati inferiori della societ contemporanea sono
disinformati, ma perch il sapere si diffonde pi celermente e selettivamente negli strati superiori.
Le differenze sociali sono, infatti, accentuate dalla distanza tra i ben informati, i meno informati e i
non-informati.
Da un punto di vista concreto, gli individui appartenenti ad un elevato livello socioeconomico hanno:

migliori capacit comunicative, di lettura, di comprensione e di memorizzazione;

riescono a recepire le informazioni prontamente, avendo un ampio carico di


conoscenze;

ricoprono ruoli di rilievo nel contesto sociale;

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sono pi selettivi nellesposizione, nellaccettazione e nella memorizzazione.

Questa teoria si sforza di mostrare che la penetrazione dei mezzi della comunicazione di
massa interagisce con una serie di variabili che determinano il grado di incidenza dei media sui
gruppi. Tra le variabili che determinano lo scarto di conoscenze doveroso annoverare:

lo status socio-economico;

il livello di istruzione;

le motivazioni individuali;

le conoscenze pregresse ed

il background esperienziale 15 .

Attualmente, la teoria del knowledge gap si rivela apprezzabilmente attuale, basti pensare
allinsorgenza preoccupante del digital divide. A questo proposito, il dibattito si estende alle nuove
tecnologie digitali ed alle diversit che queste alimentano tra i differenti gruppi sociali.
La tecnologia dellinformazione e della comunicazione fa perno attorno ad Internet, che []
ne diventata lasse portante. Internet sta diventando lelemento caratterizzante di una nuova
struttura economica e di una nuova organizzazione sociale 16 .
La comunicazione nel mondo globalizzato molto diversa da quella attuata in ambiti
territorialmente circoscritti e la velocit ed il numero di stimoli informativi riducono le capacit
ricettive degli individui, rischiando di limitarne le capacit valutative.

15

Cfr. Sias G. F., La teoria del knowledge gap. La disuguaglianza sociale come effetto dei media, Punto di Fuga

Editore, Milano, 2006.


16

G. Martinotti, Introduzione a M. Castells, La citt delle reti, Marsilio, Venezia, 2004, p. 7.

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6. La teoria della dipendenza

La teoria della dipendenza viene proposta per la prima volta da Sandra Ball-Rokeach e
Melvin deFleur nel 1976, in un articolo comparso sulla rivista Communication Research. Si tratta di
una prospettiva lungimirante che studia il sistema di relazioni che regola il pubblico, i mass media
ed il sistema sociale.
Nella societ contemporanea, la sfera d'esperienza praticata direttamente dall'individuo
limitata rispetto alla porzione di realt che il singolo conosce attraverso la mediazione della
comunicazione di massa. Tra il pubblico e il sistema dei media si realizza un rapporto di dipendenza
poich questi ultimi controllano le risorse informative disponibili, provvedendo alla raccolta,
elaborazione e distribuzione delle notizie.
Tale modello mette in risalto la natura sistemica delle influenze dei media: gli effetti derivanti
dalla condizione di dipendenza sono strutturali, legati cio alla tipologia dei rapporti che si vengono
a determinare tra i vari segmenti dellorganizzazione sociale.
Tra le condizioni che definiscono la dipendenza dai media, vanno considerate variabili di tipo:

strutturale;

contestuale;

mediale;

interpersonale;

individuale.

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Nel dettaglio, i fattori strutturali sono relativi alla compagine dei rapporti di interdipendenza
tra il sistema politico, economico, scolastico, culturale ed il sistema dei media. I fattori contestuali
sono attinenti allambiente in cui agiscono gli individui ed i gruppi sociali. I fattori mediali
riguardano il tipo e la qualit dellazione del sistema comunicativo nel definire lutilit dei suoi
stessi messaggi per i fruitori. I fattori interpersonali indicano i modi nei quali la rete dei rapporti
intersoggettivi d forma alle attese e alle motivazioni che lindividuo sviluppa rispetto ai media.
Infine, i fattori individuali concernono gli scopi personali che possono essere raggiunti attraverso il
consumo dei media.
La dipendenza dai media dipende da numerose variabili, tra le quali si evidenzino:

il numero delle informazioni;

la rilevanza delle informazioni fornite in relazione alle richieste del pubblico.

Un ultimo elemento da considerare riguarda la stabilit sociale: la dipendenza dai media


aumenta, infatti, in presenza di conflitto e cambiamento sociale.
A questo proposito, opportuno distinguere almeno tre tipi di dipendenza mediatica:

la dipendenza cognitiva, distinta in comprensione sociale e comprensione di s;

la dipendenza nellorientamento, suddivisa in orientamento allazione ed orientamento


allinterazione;

la dipendenza nellattivit di svago.

La dipendenza cognitiva dipende dal fatto che ci che lindividuo conosce della realt lo
apprende in larga misura dai mass media. Tale dipendenza aggravata dal fatto che i fruitori non
godono normalmente del potere di controllare le fonti. La dipendenza cognitiva orientata alla
comprensione sociale influenzata dal modo in cui si stabilizzano i rapporti strutturali di
interdipendenza tra diversi sistemi.

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La dipendenza nellorientamento si riferisce alla centralit dei media nello sviluppo delle
interazioni sociali.
Infine, la dipendenza nellattivit di svago consiste nellutilizzo degli strumenti della
comunicazione di massa per trascorrere il tempo libero e per evitare conflitti familiari.
Come nella teoria degli usi e gratificazioni, anche la teoria della dipendenza riconosce che gli
individui usano i media per soddisfare i propri bisogni, evidenziando, per, che le finalit ed i
contenuti del sistema dei media non sono completamente controllate dellindividuo.

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