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Ges e la S a m a r i t a n a : I l ( 4 , 1 6 - 3 0 )

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VII. Ges e la Samaritana: II (4,16-30)


16. Le dice Ges: Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui. 17. Gli risponde la donna:
Io non ho marito. Le dice Ges: Hai detto bene: "Io non ho marito". 18. Infatti hai
avuto cinque mariti e quello che hai ora non tuo marito; in questo hai detto il vero.
19. Gli replica la donna: Signore, vedo che sei un profeta.
2 0 . 1 nostri padri hanno adorato Dio su questo monte; voi invece dite che Gerusa
lemme il luogo in cui bisogna adorare. 21. Ges le dice: Credimi, donna, giunto il
momento in cui n su questo monte, n a Gerusalemme adorerete il Padre. 22. Voi ado
rate ci che non conoscete, noi adoriamo ci che conosciamo, perch la salvezza viene
dai Giudei. 23. Ma viene Fora - ed questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Pa
dre in spirito e verit: il Padre infatti desidera che tali siano quelli che lo adorano. 24.
Dio spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verit. 25. Gli rispose
la donna: So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verr, ci annun
zier ogni cosa. 26. Le dice Ges: Sono io, che parlo con te.
27. In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con
una donna. Nessuno tuttavia disse: Che cosa cerchi? o Di cosa [perch] parli con
lei?. 28. La donna intanto lasci la sua anfora, and in citt e disse alla gente: 29. Ve
nite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?.
30. Uscirono allora dalla citt e andavano da lui.

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II V an g elo d G io v a n n i
INTBR'PRETAZIONE

Introduzione a 4,16-30. La prima parte dell'incontro tra Ges e l Samaritana


(w . 7-15) ha trattato il tema presentato oety. 10a: il dono di Dio (f fu ddrean tou
theou). Il secondo iw r e n to sVolgdiHiem^pdel v>l0b: j/chL^co^dhe fid ite li! is
est in Ito IcgOn soi). C ' un passaggio dolce d al v. 15, con la adhfcc^E 'Suede di
essere liberata d al venire qui {ierzhikmienthde),^CQTtZwdf>iii(&esb nel v. 16 ch e vada 4 dire a suo m arito che venga qui (eltlie enthade). Gli imperativi
d e l v. lfr segnano Tinizio dfuna_parte, di c u lla m aggioranza dei critici vede la
con clu sio n e nel v. 26. N el v. 26, riprendendo le p a io le deLv. lQb, Ges dic'lla
d o n n a: Sono io, c h e p ario -co n te (ego rmi ho laldn soi). M a Questo l sdia iVv!
27-30 n o n legati jrf all'incontro d i G es co n la dorm a (vv. 16-26) n a ci che se
gue (w . 31-38).' L a reticente m eraviglia d ei d iscepo l i 27) e gli interrogativi
C h ela donna Si p o n e m entre r ito r ta in citt (vV. 28-29) si possono meglio spie
gare co m e il perd urate d lia questione d ell'identit di G es (ci v. 10b). Questa
p a jt si co n clu d e
luogo dm ttp o ^ C fto trova
re G es (v. 30). Essi ir iG h tia ^ a G e @ m fS ^ ^ ta parlando co n is u o i discepoli
nei vv. 31-38.
E s M t^ d rtdifekafonl
la stcuttura letteraria d e i vv. 16-30, il tecondo inc o n tro d i G es co n la Sam aritana, sia p arallelo al p rim o incontro (vft.&15).
a n ch e se il te r n r i sp o sta dal ddho d ell'acq u a v iv a (cf v. IOa) a qggpquel'id e n t it d ella p erso n a d i G es (cf v. lQb). L 'in co n tro si sv o lg e pel modo se
g u en te:

a) vv. 16-19: L'iniziativa di

discussione languente. La risp o sti !


donna solleva la g e s tione dell'identit di Ges.
b) W.
prendeHiniziapJa di spostare la discussione dal tema della profe
zia a quello della vera adorazione. Questo porta a un avanzamento della cofljjprert$ne cB?Ges da parte c^ H donna, che comincia a sospettare che 0> possa
a essere il tanto atteso Messia. Ih risposta a questa confessione Ges rive^satessoS
egdeimi (ttla sono).
c) vv. 2'A3$-Jtri*0mo dei discepoli porta alla partenza Hdla donna. Ma le parole che
essa rivolge ai suoi cJngttadmi indicano che essa non stata in grado dSsjrferrare
appiedo ifstighificato dell'autorivelazione di Ges. I Samaritani decidono di anda
re a scoprirlo per conto-propffl).

I due momenti dell'incontro di Ges con la Saniaritana-(w. 7-15 e 16-30) so


no contraddistinti dai sguent paralleli:
1.
2.
3.
4.
5.

Viene stabilito un rapporto^irta)rgjrat<3dljtin comando di Ges (vv. 7-9 //w. 16-20).


Le parole di Ges t/ase*naftol{apprente base defrpporto^. 10 // vv. 21-24).
La donna d alle parole di Gesfcrtmadisposta intermedia (vv. 11-12 // v. 25).
Intervento finale di Ges (vv. 1 3 - * // v. 26).
Risposta conclusiva della donna (v. 15 // vv. 28-29).

Nonostante i legami letterari, si nota un'iirtportante differenza tra i w. 7-15


e i w . 16-30. Nel v. 15 la Samaritana rifiuta la parola di Ges, mentre nei w.,25.
e 2 ? comincia a chiedersi se Ges non possa rispondere al concetto che s' fet
ta del Messia-Cristo. Soltanto l'osservazione finale del narratore, che desfre
l'avvicinamento dei Samaritani a Ges, non ha un parallelo nei w. 7^5. Que-

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sto servir da sfondo alle parole rivolte da Ges ai suoi discepoli nei vv. 31-38
e a preparare il terreno per la risposta a Ges riportata nei vv. 39-42.
Ges il profeta (vv. 16-19). Il triplice comando di Ges: v a '... chiama ... ri
torna (v. 16) segna una svolta in una discussione languente. Mette in primo
piano la situazione matrimoniale della donna e il dono dell'acqua messo da
parte. La risposta della donna, che non ha marito (v. 17), rispecchia la sua si
tuazione reale. Non si considera sposata con l'uomo con il quale attualmente
convive. Ges si compiace della sua sincerit: Hai detto bene (kals epas) "Non
ho marito" (v. 17). Quindi procede a parlare dei suoi trascorsi matrimoniali in
modo analogo a quello che aveva fatto per la vita privata di Natanaele (1,48; cf
Okure, Johannine Approach 110-113). La vita matrimoniale della donna stata ir
regolare e attualmente si trova in una situazione peccaminosa, ma lo scopo
principale del v. 18 non quello di mettere a nudo le sue pecche. Non c' biso
gno di leggere i cinque mariti simbolicamente. L'accento posto sulla capacit
di Ges di scoprire i segreti della sua vita privata. Il ripetuto complimento di
Ges, che ci che la donna ha detto risponde a verit (v. 18c: touto althes eirekas),
richiede che nella storia della vita interiore della donna si veda un dato di fat
to. La conoscenza di Ges di questi fatti segna il punto di svolta nel raccon
to. La sua offerta dell'acqua viva andava oltre le capacit di comprensione del
la donna, ma una persona che le svela i segreti della sua vita merita di essere
presa sul serio. La donna mostra i primi segni di apertura a Ges quando gli
confessa: Signore, vedo che sei un profeta (v. 19). Nell'originale profeta
senza articolo e l'uso del verbo thedreo tradotto con vedo (percepisco) ren
de la confessione limitata. Non c' una profonda penetrazione spirituale nel
suo maturare la convinzione che questo uomo deve possedere qualit profeti
che. Tuttavia c' un notevole progresso dal precedente tu che sei giudeo (v. 9)
all'attuale signore (vv. 11.15.19a). Il dubbio che Ges possa essere un profe
ta giudeo solleva un'ulteriore questione, che la donna accenna appena e che
Ges trascende (w . 20-26).
Ges trascende le credenze della donna (vv. 20-26). Un profeta giudeo, sosteni
tore di una tradizione famosa per la sua difesa del culto a YHWH incentrato a
Gerusalemme, deve essere contestato nell'improbabile caso di una discussione
con un Samaritano. La dorma solleva la questione di Garizim e di Gerusalem
me (v. 20) non per sviare Ges dai suoi segreti personali ma, visto che le pare di
ravvisare in lui un profeta, per sentire il suo parere su un problema secolare
oggetto di contesa tra Samaritani e Giudei (Schnackenburg, Gospel 1,434; cf
Gen. Rab 32,10; 81,9). Qualsiasi interesse per la situazione matrimoniale della
donna scompare dal racconto quando vengono in primo piano la persona e il
ruolo di Ges come profeta. Come profeta, egli dovrebbe sapere (Lightfoot, Gospel 123).
La risposta di Ges a questa osservazione della donna trascende l'idea li
mitata che s'era fatta di lui come profeta giudeo e il suo attaccamento alle tra
dizioni locali legate al monte Garizim, alla cui ombra si svolge il dialogo. Ges
cerca di dare alla donna una conoscenza pi profonda della propria persona e
del proprio ruolo, cominciando la sua risposta con le parole: Credimi, donna
(v. 21a: pisteue moi, gyne). Questa esortazione seguita dalla promessa, di un

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Il V a n g e l o d G i o v a n n i

tempo futuro in cui la polemica tra Samaritani e Giudei non avr pi ragione di
essere. La donna forse si aspetta che Ges nomini qualche altro luogo, ma
egli parla invece di un'adorazione di Dio che deve essere adorazione del Pa
dre (v. 21c). Nel v. 12 la donna aveva parlato del dono fatto da Giacobbe ai
suoi figli e aveva chiesto se Ges si ritenesse superiore a questo padre; nel v.
20 la donna sfida Ges ad essere migliore dei nostri padri che hanno adora
to Dio sul monte Garizim. Queste idee vengono eclissate dalle parole di Ges
sull'adorazione di Dio come adorazione del Padre. La questione del luo
go, che trascende sia Garizim che Gerusalemme e del quando ci potr ve
rificarsi, rimane senza risposta.
Prima di rispondere a queste domande Ges parla della situazione immeT
diata della Samaritana e dei Giudei (v. 22). Ges un Giudeo e afferma de
cisamente la superiorit delle tradizioni giudaiche. Queste portano in s l'au
tentica rivelazione di Dio, mentre le vaghe tradizioni samaritane non possono
vantare tale autorevolezza. Ges rivendica le proprie origini dal popolo giu
daico usando il plurale noi, cosi come critica il popolo samaritano e le loro
tradizioni usando il plurale voi. Ges appartiene a una lunga tradizione nel
la quale Dio ha fatto conoscere se stesso. Egli non solo fa parte di questa storia,
ma colui che la donna in precedenza aveva chiamato un giudeo (v. 9) quel
lo stesso che porta la salvezza. Nel Giudeo Ges, venuta la salvezza: la sal
vezza viene dai Giudei (v. 22b). Questo un incontro tra Ges e il mondo non
giudaico (cf vv. 4.7.9), e pertanto le tradizioni del giudaismo, che culminano
nella salvezza portata da Ges, vengono messe a confronto con le tradizioni del
samaritanesimo. Ges rivela se stesso e la via verso il Padre a un mondo non
giudaico.
Ritorna il tema abbozzato nel v. 21. L Ges aveva parlato di un nuovo tem
po e un luogo nuovo in cui adorare il Padre. L'escatologia giovannea realizza
ta compare quando Ges per la prima volta informa la donna sul tempo del
l'adorazione: Ma viene l'ora - ed questa (v. 23a). Ci che Ges sta per an
nunciare circa il nuovo luogo della vera adorazione, questo gi presente
perch Ges presente. Al momento attuale, in cui sia Garizim che Gerusa
lemme sono luoghi superati, i veri adoratori adorano il Padre in spirito e veri
t, ma il Padre che cerca tali adoratori. L'atto di adorazione descritto me
diante il verbo proskynein. Questo implica l'atto di chinarsi o prostrarsi verso la
persona adorata. In questo contesto, in cui i monti sacri e i loro santuari sono
esclusi, la vera adorazione consiste nell'orientare se stessi verso il Padre in mo
do tale che Dio diventi l'imperativo della propria vita. L'espressione in spiri
to e verit combina assieme importanti termini giovannei (cf gi in preceden
za, 1,9.14.17; 3,3-5.21) per Sottolineare che Ges rivela un Dio e Padre che vuo
le essere adorato con la vita del fedele. Il Padre desidera (ztei) veri adoratori (v.
23c). Il "desiderio" del Padre significa non un desiderio passivo da parte sua,
ma la sua azione stimolante nell'individuo senza la quale un'autentica risposta
umana impossibile (Okure, Johannine Approach 116). La base di tutto ci che
Ges ha insegnato alla Samaritana il modo di agire di Dio. Dio non ima
montagna, un luogo o un santuario. Dio spirito (v. 24a), una presenza perso
nale che permea interamente il credente. Questo per la Samaritana pu essere

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un linguaggio difficilmente comprensibile, ma gi stato usato in precedenza


per parlare della presenza creativa e vivificante di Ges (cf 1,12-13; 3,3-8). Ades
so giunta Tor in cui runico atto di adorazione che sia accettabile (dei proskynein) un totale orientamento della propria vita e delle proprie azioni verso il
Padre, una partecipazione gi in atto al dono del Padre (en pneumati), dono che
tutto ci che pretende di essere (fati altheia).
La risposta di Ges alla domanda tradizionale della donna riguardo al luo
go di adorazione legittimo, Garizim o Gerusalemme, trascende ci che la don
na potrebbe aspettarsi da un profeta (cf v. 19). L'identit di Ges (cf v. lOb)
ancora da scoprire, perci la Samaritana con qualche esitazione ripiega su
un'altra delle sue tradizioni. In perfetta sintonia con Nicodemo (cf 3,2: oidamen
koti) essa dice: So che (oida boti) deve venire il Messia, chiamato Cristo; quan
do egli verr, ci annunzier ogni cosa (v. 25). Si asserisce spesso che dietro l'u
so che la donna fa dei termini Messia e Cristo si cela la figura samaritana
del Ta'eb, poich si dice che il Ta'eb era un personaggio che poteva svelare ogni
cosa. Non si pu scartare l'idea che questo sfondo samaritano sia presente, ma
presenta serie difficolt (cf la nota relativa al v. 25). La donna solleva la que
stione di un Messia o Cristo senza usare l'articolo determinativo, come aveva
fatto quando aveva detto che Ges poteva essere un profeta (cf v. 19). L'uso di
entrambi i termini semitico e greco per designare una persona o "unta" o con
sacrata messi in bocca alla donna le fanno compiere un altro passo in avanti nel
la sua conoscenza di Ges. Ha chiamato Ges un giudeo (v. 9), signore
(w . 11.15.19a), un profeta (v. 19b); ora avanza l'ipotesi che egli possa essere
un Messia-Cristo (v. 25). Il criterio su cui si basa la donna per la sua progres
siva confessione messianica che egli ci annunzier ogni cosa. La conoscen
za che Ges ha della sua vita privata (cf vv. 16-18) non cessa di stupirla. La
donna non fa nessun accenno alla parte pi recente della discussione con Ge
s: la vera adorazione e la dichiarazione che la salvezza viene dai Giudei (w.
21-24). Ges le aveva detto che la possibilit della vera adorazione gi pre
sente: viene l'ora - ed questa (v. 23), ma la donna sorvola su questa possi
bilit e avanza l'ipotesi che Ges possa essere il Messia-Cristo che deve venire:
quando egli verr, ci annunzier ogni cosa (v. 25b).
La maggior parte dei critici (e delle traduzioni) vedono nella risposta di Ge
s nel v. 26 un'accettazione del suggerimento della donna che egli possa esse
re il Cristo: Sono io, che parlo con te (CEI). Ma questo non sembra esatto.
Nel v. lOb stata impostata la chiave per i vv. 16-30: tis estin ho legon soi (chi
colui che ti dice). La replica di Ges al suggerimento della donna risponde al
la domanda del tis estin, chi colui?. Ripetendo le parole del v. lOb, l'inter
rogativo delle prime due parole sostituito con la formula di rivelazione ego ci
mi ho legn soi ("io sono", [] colui che parla con te). Chi la persona che par
la alla donna? La risposta di Ges : eg eimi. Qui appare per la prima volta
una delle principali rivendicazioni fatte dall'autore a nome di Ges (cf
8,24.28.58; 13,19; 18,5) (vedi la nota relativa al v. 26). L'espressione ha una lun
ga storia nella letteratura d'Israele. Le radici pi profonde risalgono alla rive
lazione del nome di Dio fatta a Mos in Es 3,14, ma l'espressione diventata
particolarmente importante per i profeti (cf in particolare Is 43,10; 45,18).

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Il V a ng e l o d G i o v a n n i

sempre stata usata in relazione alla presenza vivente di Dio che fa conoscere se
stesso al popolo. In modo parallelo al tentativo di Ges di portare Nicodemo al
superamento della sua limitata conoscenza del suo interlocutore (cf 3,1-10),
Ges cerca di portare la donna a trascendere la conclusione che aveva rag
giunto per il fatto che le aveva svelato i segreti della sua vita privata. L'identi
t di Ges (v. lOb: ts estin) va oltre l'idea di un Messia-Cristo: egli colui che fa
conoscere il Dio vivente (v. 26). Poich questo vero, Ges ha potuto dire alla
donna: Viene l'ora - ed questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verit (v. 23a). Le parole di Ges sulla vera adorazione e la sua auto
rivelazione io sono non sono state capite dalla Samaritana (cf v. 29).
I discepoli ritornano (vv. 27-30). L'irrisolta confessione cristologica della don
na fa parte dell'esperienza dei discepoli quando essi rientrano in scena e si me
ravigliano che Ges stia parlando con una donna (v. 27a). I discepoli giungono
quando la scena sta per concludersi. L'imperfetto del verbo parlare (elalei)
indica che i discepoli si rendono conto che Ges stato a parlare con la donna
per qualche tempo. La loro meraviglia espressa per mezzo del verbo pregno
di emozioni thaumazein. Sono impressionati. Nonostante tutta la loro meravi
glia e stupore, non dicono niente, ed il narratore che si sente in dovere di por
re le domande che essi non osano fare a Ges: Che cosa cerchi? ... Perch par
li con lei? (v. 27b). Dietro queste domande non espresse si cela l'interrogativo
dei discepoli: chi quest'uomo Ges? Lo stupore dei suoi amici conferisce al
mistero del rivelatore maggior risalto (Schnackenburg, Gospel 1,443; cf O'Day,
Kevelation 74-75).
La donna fugge via, lasciando la sua anfora sul posto. Questo particolare
stato oggetto di molte speculazioni. Ma semplicemente un segno che, sebbe
ne la donna abbia lasciato la scena, la storia samaritana non ancora giunta al
termine. L'anfora della donna ancora presso Ges mentre lei torna in citt a ri
petere ai suoi concittadini ci che ha detto a Ges: Venite a vedere un uomo
che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo? (v. 29). La don
na li invita a vedere un uomo e ripete il suo motivo per pensare che egli pos
sa essere il Cristo: la conoscenza di Ges della sua situazione coniugale e la ri
velazione di tutto ci che ha fatto. La domanda che essa pone ai suoi compae
sani esprime la sua titubanza circa l'identit di Ges: meli houtos estin ho christos
(cf la nota relativa al v. 29). sulla base delle parole della donna (v. 29), che ri
petono ci che lei aveva detto prima a Ges (cf v. 25), che i Samaritani usciro
no (aoristo) dalla citt e andavano (imperfetto) da Ges. Essi dal canto loro
avranno una propria risposta da dare a Ges, risposta che andr oltre le paro
le della donna (vv. 39-42). In attesa del loro arrivo, Ges si rivolge ai suoi scon
volti discepoli.
La reazione della Samaritana a Ges nei vv. 7-15 era stata di rifiuto della pa
rola di Ges. Anche se privo dell'ostilit mostrata nel rifiuto di Ges da parte
de i Giudei (cf 2,13-22), il primo momento di incontro della donna con Ges
caratterizzato dalla stessa incredulit de i Giudei. La sua ulteriore discus
sione con Ges paragonabile all'incapacit di Nicodemo di superare le pro
prie limitazioni storiche, religiose e culturali (3,1-10). La Samaritana disposta
ad ammettere che egli sia un profeta (v. 19) e perfino un Messia-Cristo (v.

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25), ma non riesce ad andare oltre nonostante che Ges le dica chiaro e tondo
10 SONO (v. 26). Al termine dell'episodio, la donna si chiede ancora: Che sia lui
11 Cristo? (v. 29). Al pari di Nicodemo, la Samaritana approdata a una fede in
Ges parziale e condizionata.
N ote
16. va'... chiama... ritorna: Gli imperativi messi in bocca a Ges, che ripetono la sua inizia
tiva originale nel v. 7, indicano ovviamente una svolta nel racconto. Il cambio di dire
zione nella conversazione nel chiederle di portare a lui suo marito un altro segno
che 1'incontro entrato in una fase nuova.
17. Io non ho marito: Secondo John Bligh (Jesus in Samaria 335-336) queste parole indi
cano che la donna ha mire maritali nei confronti di Ges. Il testo non offre sufficienti in
dizi per questa interpretazione, specialmente alla luce della negazione fatta in questa
interpretazione dell'esistenza di legami tra questo incontro e la tradizione dei pozzi
dell'AT. Vedi la nota relativa al v. 7. Okure (Johannine Approach 108-110) propone che
per la dorma sia un modo di cercare di chiudere la discussione.
18. hai avuto cinque mariti: Si fatto un gran parlare dei cinque mariti: un numero superiore
alle possibilit consentite dalla consuetudine ebraica (cf Str-B 2,437); possibile uso sim
bolico del numero cinque in riferimento ai cinque di di Samaria (cf Giuseppe, Ant.
9,288); o i cinque libri del Pentateuco samaritano (Origene, In Johannem 13,8 [PG
14,410-411]) o le cinque citt straniere (in realt erano sette, ma per il numero cinque ci
si appoggia a Giuseppe) che hanno portato con s i loro idoli (cf 2 Re 17,27-31). L'uo
mo con il quale convive attualmente, che non suo marito, stato identificato con Si
mon Mago (cf Purvis, The Fourth Gospel 193-195). Queste letture simboliche sono
diffuse specialmente tra coloro che cercano di vedere nella dorma samaritana una fi
gura rappresentativa di tutti i Samaritani (cf Loisy, Evangile 182; Cullmann, Sama
ria 187-188). Alla luce dei commenti di Ges nel v. 17 (Hai detto bene) e nel v. 18 (in
questo hai detto il vero), Barrett (Gospel 235) nel giusto quando osserva: chiara
mente possibile, e probabilmente la cosa giusta, prendere queste parole come ima di
chiarazione di un semplice dato di fatto e come un esempio della conoscenza sopran
naturale di Ges.
19. Signore, vedo: Per theoreO quale verbo che indica l'approdo alla percezione intellettuale
partendo da una crescente esperienza vedi BAGD 360, s.v. theore, par. 1.
che sei un profeta: Alcuni vedono nella sua accettazione di Ges quale profeta un ri
ferimento all'aspettativa messianica dei Samaritani basata sulla loro interpretazione di
Dt 18,15-19 (cf Boismard, Moise ou Jsus 29-30,67-68).
2 0 .1 nostri padri hanno adorato Dio su questo monte: La tradizione samaritana colloca il sa
crificio di Isacco da parte di Abramo e la visione di Giacobbe sul monte Garizim. L si
trova anche la shekina associata alla rivelazione mosaica, sebbene ai tempi di Ges il
tempio che si trovava sul monte fosse stato distrutto da lunga data (da Giovanni Ircano nel 128 a.C.). Su questa ed altre rivendicazioni a favore del monte Garizim vedi
Montgomery, The Samaritane 236-239; Hall, Samaritan Religion 229-232.
21. Credimi, donna: Non tutti sono d'accordo che questa sia un'autentica richiesta di Ges
e che la donna sia disposta ad una pi profonda comprensione della sua persona e del
suo ruolo. Per alcuni (es.: Bernard, Commentari/1,146) la frase l'equivalente del dop
pio amen. Per la posizione adottata in questa sede vedi, ad esempio, Schnackenburg, Gospel 1,435; Dagonet, Selon Saint Jean 98-99.
22. Voi adorate ci che non conoscete, noi adoriamo ci che conosciamo: Alcuni hanno sostenu
to che voi e noi si riferiscono rispettivamente ai Giudei e ai Samaritani (voi) e a

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Il V a ng e l o di G i o v a n n i

Ges e i suoi seguaci (noi). Per la storia di questa discussione vedi de La Potterie,
Nous adorons 78-85. In difesa della nostra interpretazione,, che cio le parole di Ge
s sono a sostegno delle tradizioni ebraiche in contrapposizione alle tradizioni sama
ritane vedi Leidig,Jesu Gesprach 103-133.
perch la salvezza viene dai Giudei: Il Ges giovanneo parla lo stesso linguaggio della
Chiesa primitiva, che non si mai vergognata del fatto che le sue origini vanno ricer
cate nella storia del popolo ebraico (cf Brown, Gospel 1,172). Molti crtici non sono d'ac
cordo con ci, e considerano il v. 22 una chiosa, poich non coerente con ci che si di
ce de i Giudei nel resto del Vangelo (es.: Bauer, Johannesevangelium 70; Bultmann,
Gospel 189-190 n. 6). Per ima critica dettagliata di questa posizione vedi Leidig, Jesu
Gesprach 49-70. In tempi recenti questo versetto stato oggetto di notevole attenzione.
Vedi, ad esempio, Thyen, Das Heil 163-184; Hahn, Das Heil 67-84; Haacker, Gottesdienst ohne Gotteserkenntnis 110-126; Betz, To Worship God 53-72. Per una det
tagliata sintesi e una presentazione completa della storia della salvezza e delle impli
cazioni cristologiche che stanno dietro l'interpretazione presentata sopra, vedi de La
Potterie, Interprtation de Jn 4,22 85-115.
23. viene l'ora - ed questa: Questa la prima volta che viene usata un'espressione che de
scrive accuratamente l'equilibrio tra la tradizionale escatologia della fine dei tempi e
l'escatologia giovannea realizzata. L'espressione mette tra virgolette il futuro e il pre
sente senza eliminare nessuno dei due (Beasley-Murray, John 62).
i veri adoratori adoreranno: Il verbo adorare (proskynein) strettamente affine al verbo
ebraico hishtahawd usato per parlare di un inchino cultico o di una prostrazione del
corpo. Vedi Greeven, proskynein 6,760-761; Okure, Johannine Approach 116.
in spirito e verit: Il racconto ha gi detto della rivelazione della vera parola (1,9) di
ventata carne quale pienezza del dono che la verit (1,14.17). Nel suo incontro con Nicodemo, che presenta dei paralleli con 4,16-30, Ges ha promesso che coloro che sono
rigenerati dall'acqua e dallo Spirito (3,3-5) vengono rapiti nel mistero di Dio che non
ha n inizio n fine (3,9-10) e vivono nella luce e fanno la verit (3,21). Questo sfondo
determina il significato dell'adorare in spirito e verit nel senso di una incondizio
nata adorazione di Dio con la propria vita. Vedi Otto Betz, To Worship God 53-72;
Schnackenburg, Die "Anbetung in Geist und Wahrheit" 88-94; Freed, The Manner
of Worship 33-48.
il Padre infatti desidera che tali siano quelli che lo adorano: L'iniziativa del Padre, che ope
ra nel credente per generare un'apertura incondizionata a Dio, stata descritta da Barrett (Gospel 238): Questa frase ha altrettanto diritto quanto 20,30s a essere considera
ta un'espressione dello scopo del Vangelo.
24. devono adorarlo: L'uso di dei proskynein indica che questo l'unico modo possibile di
adorare Dio nel modo appropriato. L'unico accettabile atto di adorazione l'incondi
zionata e totale dedizione della propria vita a Dio.
25. So: Alcuni antichi manoscritti hanno sappiamo (oidamen), il che rispecchia l'antica in
terpretazione secondo cui le parole della donna si riferiscono alla credenza dei Sama
ritani in generale. Questi manoscritti sono probabilmente stati influenzati dall'oida
men del v. 22 e/o dal ci annunzier (hmin) ogni cosa al termine della frase. E da te
nersi il singolare (cf Haenchen, John 223-224).
So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: Alcuni critici vedono in chiamato il Cristo
la traduzione dell'espressione ebraica/aramaica Messia aggiunta parenteticamente
alle parole della donna (es.: Barrett, Gospel 239). La nostra interpretazione legge l'inte
ra frase come pronunciata dalla donna (cf Bultmann, Gospel 192 n. 2).
quando egli verr, ci annunzier ogni cosa: Il samaritano Ta'eb sarebbe stato in grado di
svelare segreti finora sconosciuti, e molti hanno visto uno stretto legame tra le parole

Ges e la S a m a r i t a n a : I I ( 4 , 1 6 - 3 0 )

117

della donna e le aspettative messianiche samaritane (cf Lagrange, Evangile 115; Schnac
kenburg, Gospel 1,441; Bowman, Samaritan Studies I 299; Sabugal, Christos 226-232).
Ma la pi antica fonte scritta conosciuta che parla del Ta'eb i Metnar Markah, scritto
nel quarto secolo d.C.; il manoscritto pi antico che possediamo di questo documen
to datato al XIV secolo. Vedi McDonald, The Theology 42-43; Purvis, The Fourth Go
spel 162-168. Per una rassegna recente di possibili tracce d questa figura in Giovan
ni 4, Giuseppe e i Samaritani vedi Hall, Samaritan Religion 226-327. Hall conclude: Le
testimonianze [disponibili] non riescono a stabilire neppure la probabilit - sebbene
non escludano la possibilit - che tra i Samaritani di quel tempo esistesse qualche for
ma di credenza messianica (pp. 298-299). Vedi anche lo studio approfondito di Dexinger, Der Taheb. Anche Dexinger conclude che occorrono maggiori testimonianze
per poter collegare Fuso che fa il Pentateuco samaritano di un profeta come Mos in Dt
18,18 con il Ta'eb del quarto secolo.
ogni cosa: I critici discutono se per ogni cosa (hapanta) la donna intenda la conoscen
za espressa da Ges della sua condizione coniugale (cf v. 18), la discussione sulla vera
adorazione (vv. 21-24), o entrambe le cose. Il racconto, in particolare i vv. 27-30 e 39-42,
richiede che ogni cosa si riferisca soltanto al v. 18, essendo questo associato alle co
se da lei compiute (cf v. 29).
26. Sono io, che parlo con te: La maggior parte dei critici e delle traduzioni interpretano la ri
sposta di Ges come un'accettazione delTintuizione della donna che egli possa essere
il Messia (cf Westcott, Gospel 73-74; Lagrange, Evangile 115; Barrett, Gospel 239; Segalla,
Giovanni 196-197; Leidig, Jesu Gesprach 154-155; Haenchen, John 1,224). Alcuni pensa
no che sia una conferma dell'ipotesi della donna e insieme un'espressione in cui Ge
s rivela il suo essere divino (Schnackenburg, Gospel 1,442. Cf anche Brown, Gospel
172-173,177; Freed, Ego ermi in John 1:20 289-290). Boers, Neither on This Mountain
178-179, offre un'altra alternativa. L'affermazione della donna (v. 25) una sanzione
negativa che indica la sua convinzione che Ges non l'atteso Messia. La risposta di
Ges (v. 26) afferma che lo . L'interpretazione data sopra basata sulla convinzione
che Ges o accetta o trascende il suggerimento della donna. Il racconto nel suo insie
me, specialmente quando questa parte venga letta fino al v. 30, postula che Ges tra
scende la confessione della donna in un modo che lei non riesce ad afferrare. Soltanto
Bultmann (Gospel 192) vede nel v. 26 l'impiego di ego cimi come una formula rivelatoria. Anch'egli segue il racconto fino al v. 30.
L'uso assoluto di ego eimi non pu essere considerato un'espressione di divinit o una
rivelazione del suo essere divino (Schnackenburg, Gospel 1,442). Vedi anche Neyrey, An Ideologi of Revolt 213-220. Come quando viene usata contro gli idoli degli di
stranieri in Deuteroisaia (es.: Is 43,10; 45,18), l'espressione annuncia che in Ges si at
tua la rivelazione della divinit. La differenza sottile ma importante, poich nel pri
mo caso Ges metaforicamente associato alla divinit, mentre nel secondo caso la
sua unicit con Dio che fa di lui la perfetta rivelazione di Dio. Questa interpretazione
coerente con la precedente lettura del Prologo, in particolare 1,1-2 (cf Moloney, NJBC
1423-1424).
27. si meravigliavano: Per l'uso del verbo thaumazein per esprimere meraviglia vedi BAGD
352. Okure, Johannine Approach 133, traduce stupefatti. Per una sintesi di testimo
nianze ebraiche che spiegano perch la discussione di Ges con la donna desti tanta
sorpresa vedi Barrett, Gospel 240. Non neppure da escludere una insinuazione di or
dine sessuale nelle domande non espresse dei discepoli: Che cosa cerchi? ... Perch
parli con lei?. Questa l'ultima cosa che si aspetterebbero da Ges con il quale sono
stati associati in 1,35-51; 2,1-12.13-25.
28. La donna intanto lasci la sua anfora: L'anfora ha stuzzicato la fantasia dei commentatori

attraverso i secoli. Le spiegazioni proposte sono molteplici: da un segno del persisten


te interesse sessuale della donna per Ges a un simbolo della sua disponibilit ad essere
riempita della rivelazione che dar Ges. La continua presenza della donna nel rac
conto attestata dalle parole rivoltele dai Samaritani nei w . 39-42. Perci l'anfora la
sciata al pozzo un segno della sua intenzione di ritornare sulla scena. Vedi anche
Westcott, Gospel 74; Lindars, Gospel 193; Becker, Evangelium 1,179; O'Day, Revlation 75.
29. Che sia lui il Cristo?: La domanda comincia con l'espressione mti che introduce una
domanda esitante (Barrett, Gospel 240). BDF 221 427,2 del parere che la domanda
accenna a ima improbabilit. L'uso di questa espressione milita contro coloro che so
stengono, nonostante le difficolt grammaticali, che il v. 29 rispecchia una completa
fede in Ges (Okure, Johannine Approach 169). La Samaritana del testo non n una
missionaria n una vera credente (van den Bussche, Jean 195).
Le difficolt create dai w . 28-30, quando il v. 26 venga letto come una accettazione cul
minante da parte di Ges della confessione messianica della donna, a volte vengono ri
solte ricorrendo alla trasposizione o alla teoria delle fonti. Secondo Haenchen (John
1,224), ad esempio, nella fonte usata dall'evangelista i w . 28-30 seguivano il v. 18. Per
ci la donna non fa alcun riferimento alla vera adorazione, che stata aggiunta alla fon
te dall'evangelista (assieme al resto dei w . 19-27). Questi suggerimenti impoveriscono
il racconto, che deve essere letto molto attentamente nella sua forma presente per poter
scoprire ci che l'autore intende comunicare al lettore.
30. Uscirono allora dalla citt e andavano da lui: L'uso dell'aoristo (exlthon) indica una par
tenza decisiva dal luogo di origine. Si nota una certa alacrit nella risposta dei Sama
ritani alle parole della donna. L'imperfetto (rchonto) indica invece che erano in marcia
prolungata verso Ges: mentre il passo giunge al termine, l'andare verso Ges ancora
in atto. Questo costituisce un importante sfondo per le parole di Ges ai suoi discepo
li nei w . 31-38, e in particolare per il v. 35: Alzate gli occhi e guardate i campi che gi
biondeggiano per la mietitura.

B ibliografia
C f anche gli studi di 4,1-42 nella bibliografia che segue il commento a 4,1-15.
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Siebeck), Tiibingen 1980,163-184.

V ili. Il commento di Ges (4,31-38)


31. Intanto i discepoli lo pregavano: Rabbi, mangia. 32. Ma egli rispose: Ho da man
giare un cibo che voi non conoscete. 33. E i discepoli si domandavano l'un l'altro:
Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?.
34. Ges disse loro: Mio cibo che io faccia la volont di colui che mi ha mandato e
compia la sua opera.
35. Voi non dite forse: ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi
dico: alzate gli occhi e guardate i campi che gi biondeggiano per la mietitura. 36. Chi
miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perch ne godano insieme chi
semina e chi miete. 37. In questo infatti si realizza il proverbio: uno semina e l'altro mie
te. 38. Io vi ho mandati a mietere ci per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica.

Interpretazione
Introduzione a 4,31-38. L'invito rivolto dai discepoli a Ges di mangiare qual
cosa e i loro interrogativi riguardo alla fonte del suo nutrimento offrono a Ge
s lo spunto per fare un'osservazione che inizialmente spiega perch egli deb
ba far conoscere Dio al d fuori d'Israele e poi dice ai discepoli che anch'essi so
no chiamati a partecipare a questa missione. Mentre si svolge questo breve di
scorso, i Samaritani stanno arrivando alla spicciolata verso il gruppo (cf v. 30).
Ges indirizza l'attenzione dei discepoli sulla gente che arriva (v. 35) e il loro ar
rivo segna la fine del discorso (vv. 39-40). Il discorso risponde alla meraviglia
dei discepoli e si articola nel modo seguente:

120

Il V a ng e l o di G i o v a n n i

a) vv. 31-33: L'invito dei discepoli a Ges di mangiare del cibo che hanno procurato
porta al loro interrogarsi su quale possa essere la provenienza del cibo speciale che
Ges dice di avere.
b) v. 34: La risposta di Ges ai loro interrogativi espone la base della sua missione e
serve da punto di partenza per la missione dei discepoli.
c) vv. 35-38: Un proverbio sulla mietitura con la relativa applicazione serve ad illu
strare ai discepoli la loro futura attivit missionaria.

La risposta che Ges d ai discepoli trascende i personaggi del racconto.


Nei vv. 35-38 Ges si rivolge a un uditorio pi vasto: il voi (humeis) ge
nerale. Assieme ai discepoli presenti nel racconto queste parole sono rivolte ai
lettori del racconto quando Ges stabilisce la base teologica della sua vita e
del suo ministero (v. 34) e li invita ad accettare la sfida della missione (vv.
35-38). Sebbene il passo vv. 31-38 prenda le mosse dal comportamento dei di
scepoli nei vv. 31-33, la replica di Ges nei vv. 34-38 non risponde alle do
mande sollevate dall'immediata situazione della sua presenza presso il poz
zo senza alcun nutrimento che sia visibile. Serve invece da commentario da
parte di Ges a tutto ci che accaduto finora nel tratto samaritano del viag
gio da Cana a Cana (2,1-4,54), cos come 2,23-25 era servito al narratore da
commentario a tutto ci che era accaduto nel tratto giudaico dello stesso viag
gio.
Gli interrogativi dei discepoli (vv. 31-33). La prima parola intanto (en tg metaxu) indica che l'incontro che segue un intermezzo. L'uso avverbiale del
l'espressione metaxu (tra, nel mezzo, nel frattempo) raro nel NT (cf At
13,42), ma coglie esattamente il ruolo degli eventi e delle parole che si svolgo
no tra la partenza della donna (vv. 27-30) e l'arrivo dei Samaritani (vv. 39-40).
Facendo il parallelo con il primo momento dei due incontri tra Ges e la Sa
maritana, questo episodio comincia con una forma imperativa del verbo. I di
scepoli esortano con insistenza (crton ... legontes) Ges, che continuano a chia
mare Rabbi (cf 1,38.49; 3,2): mangia! (phage: imperativo). I discepoli ave
vano lasciato Ges al pozzo per andare a comprare del cibo (v. 8), ma al loro ri
torno trovano che egli non disposto ad accogliere il loro invito (v. 31). La ri
sposta di Ges li porta oltre le categorie del cibo normale. Egli parla di un cibo
(brosin) che ha sempre (echo: presente) da mangiare (phagein), ma che essi non
conoscono (v. 32). I discepoli rimangono ancorati alla situazione di non cono
scenza perch rifiutano di essere portati a superare la nozione del cibo mate
riale che essi chiedono a Ges di mangiare. L'unica spiegazione che possono
dare del rifiuto di Ges a mangiare che egli abbia ima fonte di approvvigio
namento che essi ignorano (v. 33). Per quanto impensabile possa essere, essi
sospettano che Ges abbia accettato e condiviso il cibo con la Samaritana (cf v.
27b)! Si sono comunque messi sullo stesso piano della Samaritana, che non
stata in grado di afferrare le parole di Ges su un'altra acqua, un'acqua viva,
perch non stata capace di trascendere questo pozzo e questa acqua (vv.
14-15). Ges parla di un altro cibo; i discepoli sono capaci di pensare solo a
questo cibo (w . 32-33). Nonostante tutti i loro sentimenti culturali e religio
si di superiorit (cf w . 8.9.27), i discepoli non si trovano in una situazione mi
gliore nei loro rapporti con Ges di quella in cui era la donna al termine della

Il c o m m e n t o di Ges ( 4 , 3 1 - 3 8 )

121

sua prima discussione con lui (cf vv. 7-15). Anzi, la donna ha fatto maggiori
progressi di loro nella sua comprensione di Ges (cf w . 16-30).
Fare la volont e compiere l'opera del Padre (v. 34). Il discorso di Ges comincia
con la ripresa del termine che egli ha gi usato per cibo (v. 32: bromo), non ca
pito dai discepoli (v. 33): Mio cibo (v. 34: emon bromo estin). Il chiarimento di
ci che nutre Ges, che i discepoli non possono capire, fondamentale per la
presentazione che fa questo vangelo del rapporto di Ges con il Padre e di ci
che questo rapporto comporta. Ges spiega: Mio cibo
che
a) io faccia la volont
di colui che mi ha mandato
e
b) compia la sua opera.

bina
a) poi to thelma
tou pempsantos me
hai
b) teleios autou io ergon.

Se leggiamo il hai in funzione epesegetica, b) spiega a). Il nutrimento di Ge


s consiste nel fare la volont di colui che lo ha mandato e nel portare a com
pimento l'opera di quella persona. Ges ^inviato del Padre (cf 1,14.18.34;
2,16; 3,16-17.35-36) e la forza ispiratrice della sua presenza il fare la volont di
colui che lo ha mandato.
Adesso chiaro perch Ges doveva (edei) attraversare la Samaria (v. 4). Die
tro gli eventi che si sono verificati in Samaria, dai discepoli considerati strani (e
fors'anche sconvenienti, cf vv. 27.33), si cela la volont di colui che ha manda
to Ges (cf Boers, Neither on This Mountain 191-192). Il suo cibo si trova in
questa regione non giudea, nel trattare con gente non giudea. L'incondiziona
ta accettazione della volont del Padre da parte di Ges spiega anche - nella
sua stessa persona - ci che egli intende dire quando parla della vera adora
zione che adorazione del Padre in spirito e verit (cf w . 21-24). Ma fare la vo
lont di colui che lo ha mandato significa che egli porter alla perfezione o a
compimento (teleios) l'opera (to ergon) del Padre. Il futuro del verbo completare/perfezionare (teleios) indirizza il lettore verso un qualche momento futuro in
cui la risposta incondizionata di Ges al Padre porter al perfezionamento del
compito assegnatogli dal Padre.
Ci sar un momento nel racconto, ancora da narrare, in cui autou to ergon, lo
schema o il piano generale del compito assegnato a Ges da colui che lo ha
mandato sar portato a compimento. In ci Ges trover il suo nutrimento, il
che significa che questa la meta verso la quale orientata la sua vita. Il letto
re cristiano al corrente che Ges giunger al termine della sua vita attraverso
la morte sulla croce. Questo evento finale gi stato velatamente annunciato in
precedenza nel racconto (cf 1,5.10-11.51; 3,13-14) e forse stato legato ad un'o
ra che non ancora venuta (cf 2,4). Il narratore ha anche parlato di un tempo nel
futuro quando poi fu risuscitato dai morti (2,22). Ges adesso ha annuncia
to che gli eventi che segneranno la fine della sua vita saranno anche il teleisis
tou ergou, il compimento del compito assegnatogli dal Padre.
La missione dei discepoli (vv. 35-38). Le ultime parole del discorso passano
dalla descrizione che Ges fa del suo cibo, quello che lo sostiene e lo nutre
nella sua missione di portare a compimento l'opera di colui che lo ha manda

122

II Va n ge l o di G i o v a n n i

to, alla missione affidata ai discepoli. Egli dice loro che se lo seguiranno in que
sta missione, la messe gi l, pronta per essere raccolta.
Le parole di apertura di Ges sulla missione dei discepoli ricordano loro,
sotto forma di proverbio, ci che direbbero normalmente: Ancora quattro me
si e poi viene la mietitura (v. 35a). Ges ricorda loro un fatto noto a tutti, basato
sulla realt dei campi attorno a loro, che bisogner aspettare ancora qualche
tempo per il raccolto. Ma Ges contraddice questo fatto esortando i suoi di
scepoli ad alzare lo sguardo per constatare l'arrivo dei Samaritani (cf v. 30).
Ges forza il linguaggio. Una messe che biondeggia normalmente si riferisce
a un campo di grano pronto per la mietitura; ma i Samaritani che arrivano, in
risposta alla iniziale e parziale fede della dorma, anch'essi gi biondeggiano
per la mietitura (v. 35b). La messe nei campi attorno a Ges, i discepoli e i Sa
maritani che gli vengono incontro, pu ancora essere lontana dal tempo della
mietitura, ma l'arrivo dei Samaritani un segno per i discepoli che la presen
za di Ges porta la vita a tutti coloro che vanno da lui (cf v. 30). L'escatologia
giovannea realizzata contraddice le aspettative dei discepoli. Il non ancora
gi qui, e l'arrivo dei Samaritani ne la prova.
L'ambientazione per questo discorso la missione (samaritana?) della co
munit giovannea. Ai suoi membri viene ricordato che l'accoglienza nella co
munit dei non Giudei il risultato deU'iniziativa di Ges. Nel v. 36 Ges fa la
distinzione tra il seminatore e il mietitore. I discepoli saranno i mietitori di ima
messe che stata seminata da Ges nel suo incontro con la Samaritana. I di
scepoli tuttavia entrano a fare parte del processo di mietitura; essi raccoglie
ranno la messe rappresentata simbolicamente dai Samaritani che avanzano
verso di loro. I mietitori sono pagati e raccolgono frutti per la vita eterna per il
loro coinvolgimento nella missione. Grazie a questo reciproco coinvolgimento
nella missione, Ges come seminatore che avvia il movimento verso la vera
fede e i discepoli che raccolgono la messe, seminatore e mietitori, godono in
sieme. Tutti i verbi sono al presente. Il non ancora gi qui. Nella visione
giovannea delle cose, non c' bisogno di compiere buone azioni adesso nella
speranza che questo porti il premio della vita eterna. I discepoli raccolgono gi
i frutti di una missione iniziata da Ges. Questa interpretazione convalidata
dal v. 37 che ribadisce per mezzo di un breve proverbio (ho logos) ci che sta
to appena detto e prepara il terreno per l'ultima affermazione di Ges nel v. 38.
Andando contro un ambiente pregno di pregiudizi (vv. 8.9.27) Ges ha attira
to a s i Samaritani (vv. 7-30). I discepoli adesso sono partecipi dell'urgenza di
vina che ha portato Ges in Samaria (cf v. 4: edei). Ges ha detto loro di alzare
lo sguardo per vedere i Samaritani che stanno arrivando (v. 35) perch possa
no diventare i mietitori di un raccolto che non hanno seminato e per poter co
s partecipare alla gioia dell'unione di Ges con il Padre (v. 36). Il racconto di
mostra che vero il proverbio (estin alSthinos): uno semina (Ges) e l'altro mie
te (i discepoli) (v. 37).
Questa lettura dei vv. 35-37 sgombra il campo per l'interpretazione del tan
to discusso v. 38: Io vi ho mandati a mietere ci per cui non avete faticato; al
tri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica. Le prime parole della
dichiarazione ripetono ci che stato detto nei vv. 35-36 ma aggiungono un al

Il c o m m e n t o di Ges ( 4 , 3 1 - 3 8 )

123

tro elemento. Nello spiegare ai discepoli quale fosse il suo cibo Ges aveva
parlato della necessit di rispondere a colui che l'aveva mandato (v. 34). Ades
so egli li ha associati alla sua missione: Ges ha mandato i discepoli (ego apesteila hymas therizein). Nel v. 2 il narratore aveva detto che Ges non battezza
va pi, perch questo ministero era svolto dai suoi discepoli. Essi sono gi in
viati dell'inviato e l'invito rivolto loro ad alzare gli occhi e mietere ima mes
se che essi non hanno seminato (vv. 35-37) fa parte del loro ruolo di inviati. Co
lui che ha faticato nel campo Ges, e qui emerge un significato pi profondo
dell'aggettivo kekopiakas usato per parlare della stanchezza di Ges nel v. 6. La
sua presenza in Samaria, risultato della volont del Padre (w . 4.34), comporta
fatica. Ma adesso Ges parla di altri la cui fatica ha preparato il terreno per l'at
tivit missionaria dei discepoli: altri hanno faticato (alloi kekopiakasin). Chi
possono essere?
Il racconto giovanneo offre la risposta a questa tanto discussa domanda.
Abbiamo due personaggi mandati da Dio: Giovanni Battista (cf 1,6) e Ges
(3,17; 4,34). Fin dall'inizio del suo ministero il Battista ha indicato al di l di se
stesso un personaggio che sarebbe venuto dopo di lui entro un limitato perio
do cronologico, ma che esisteva prima del tempo (cf v. 15) e sarebbe venuto a
battezzare nell'acqua e nello Spirito Santo (1,33). Ges ha insegnato a Nicodemo che la rinascita nell'acqua e nello Spirito era il rito essenziale attraverso il
quale necessario passare per poter entrare nella vita promessa da Ges (3,3-5).
La discussione riguardo ai rispettivi frutti del battesimo di Ges e di quello di
Giovanni rimasta in sospeso (3,22-26), ma in 4,1-2 il narratore annuncia che il
battesimo di Ges non pi amministrato da Ges in persona ma dai suoi di
scepoli. I battesimi di Ges e di Giovanni Battista hanno cessato di essere (cf
3,24; 4,2). Sono emersi i discepoli, inviati di Ges (4,38a), come unici battezza
tori. Essi arrivano alla fine di un lungo processo che ha le sue origini in Dio. Se
guono, cronologicamente, un'attivit missionaria che iniziata con la testimo
nianza del Battista e che ha portato alla persona di Ges, il quale adesso li ha as
sociati a s perch possano mietere un raccolto che non hanno seminato. Gli
altri che hanno faticato, nella cui fatica i discepoli sono subentrati, sono Gio
vanni Battista e Ges.
Conclusione dei vv. 31-38. Dopo il primo incontro di Ges con i Giudei
(2,13-22) il narratore si tirato in disparte e ha fatto i suoi commenti riguardo
alle limitazioni di una fede basata sui segni operati da Ges (2,23-25). Questo
significa forse che gli eventi della vita di Ges non narrano la storia di Dio? Ge
s guarda solo ci che si nasconde nel cuore umano (cf v. 25)? Se cos, allora
vero che contano solo le cose spirituali e che l'accusa spesso lanciata che il
Quarto Vangelo si ispira all'antico gnosticismo ha un suo fondamento. In
4,31-38 il lettore trova un breve intermezzo (cf v. 31: en tg metaxu) che inter
rompe gli incontri di Ges con i Samaritani. Strutturalmente questa interru
zione viene immediatamente prima del breve soggiorno di Ges nel paese sa
maritano (vv. 39-42) che segna Yultimo incontro con i Samaritani. Le prime pa
role dette dal narratore (2,23-25) vengono immediatamente dopo il primo in
contro di Ges con i Giudei.
Le parole del narratore, con la loro insistenza sulla natura limitata della fe

124

Il V a ng e l o di G i o v a n n i

de basata sui segni operati da Ges (2,23-25), devono essere controbilanciate


dalla ferma credenza della tradizione cristiana che gli eventi della vita, morte e
risurrezione di Ges sono all'origine della fede, della vita e della pratica cri
stiana. L'accettazione incondizionata di Ges della volont di colui che lo ha
mandato ha condotto agli eventi che portano a compimento il compito asse
gnatogli: morte e risurrezione (v. 34). Il coinvolgimento dei discepoli nell'atti
vit missionaria di Ges (w. 35-38) la continuazione della presenza rivelatri
ce di Ges nel mondo degli eventi. Per quanto possa essere importante vedere
attravrso i segni di Ges per giungere alla fede autentica in Dio che lo ha man
dato (2,23-25), esistono eventi nell'esistenza umana, nella morte e risurrezione
di Ges (4,34), che sono l'origine, il modello e l'ispirazione per ima lunga sto
ria dei discepoli che subentrano nella fatica di altri (v. 38), che mietono ci che
non hanno seminato (v. 37) e che godono con il seminatore nel raccogliere frut
ti per la vita eterna (v. 36). Le interruzioni degli incontri di Ges con i Giudei
(2,23-25) e con i Samaritani (4,31-38) si controbilanciano a vicenda. La vera fe
de si spinge oltre i segni operati da Ges (2,23-25), ma ci sono altri segni eventi nella vita di Ges e dei suoi seguaci - che inducono i fedeli a credere
che Ges il Cristo, il Figlio di Dio, e a giungere in tal modo alla vita eterna
(4,31-38; cf 20,30-31).
N ote
31. Intanto: Sull'uso di metaxu per indicare un intermezzo vedi BAGD 513; Bauer, Johannesevangelium 72; Lagrange, Evangile 116.
lo pregavano [dicendo]: L'uso dell'imperfetto crton e del participio legontes d l'idea di
una prolungata insistenza.
Rabbi, mangia: Questo versetto contiene le uniche parole che i discepoli rivolgono a
Ges. Nel v. 33 essi confabulano tra di loro. L'idea di mangiare offre a Ges lo spun
to per fare la dichiarazione centrale del v. 34. pertanto generalmente ammesso che nei
vv. 31-38 i discepoli non partecipano a un dialogo, ma si limitano ad ascoltare un di
scorso. Vedi Bernard, Commentary 1,153; Lenglet, Jsus de passage 499; Olsson, Structure and Meaning 219-220.
32. Ho da mangiare un cibo: Grammaticalmente possibile che il verbo phagein sia usato
(nell'originale) dopo il sostantivo brosin in senso epesegetico. Questo significa che Ge
s non ha il cibo allo scopo di mangiare, ma che nella natura del cibo che venga man
giato da Ges. Questa lettura rende possibile l'interpretazione del cibo come il nutri
mento che orienta la vita e la morte di Ges. Vedi Barrett, Gospel 240; Bauer, Johannesevanglium 72.
che voi non conoscete: Nella risposta di Ges ai discepoli si cela una interessante carat
teristica letteraria. Il racconto svolto finora, specialmente il Prologo e la descrizione
degli incontri con la Samaritana, presenta un punto di vista che, per adesso, non con
diviso dai discepoli. Essi rimangono perplessi. Il lettore non ha tutte le risposte al mi
stero delle parole di Ges, ma molto pi addentro nel programma di Ges di quel
lo che non lo siano i discepoli che pur sono protagonisti del racconto (cf O'Day, Revelation 77-79).
33. Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?: L'interrogativo dei discepoli riguardo alla
possibilit che qualcuno abbia fornito a Ges del cibo materiale implicitamente sug
gerisce che egli possa averlo preso dalla Samaritana. Il loro dilemma riguardo all'in

Il c o m m e n t o di Ges ( 4 , 3 1 - 3 8 )

125

contro di Ges con la dorma (cf v. 27) continua ad aleggiare nell'aria, sebbene essa ab
bia lasciato la scena (v. 28), e pertanto la questione della presenza di Ges tra i Sama
ritani e perfino la possibilit di un'interazione scandalosa con una delle loro donne ri
mane in sospeso.
34. Mio cibo chefaccia la volont: Contrariamente a quanto dice N-A77, si deve leggere il
presente poi anzich il futuro poies. La forma presente attestata da importanti ma
noscritti (tra cui il Sinaitico, l'Alessandrino,/13e il Mehrheitstext di Nestle-Aland). Il pre
sente mette il v. 34 in relazione al suo contesto narrativo immediato indicando l'attua
lit dell'accettazione della volont del Padre da parte di Ges. Per il suo aspetto di lectio dijficilior vedi Schnackenburg, Gospel 1,447 n. 81; Olsson, Structure and Meaning 224.
di colui che mi ha mandato: L'idea che Ges stato mandato a questo punto del rac
conto gi chiaramente assodata (cf 1,14.18.34; 2,16; 3,16-17.35-36), ma l'idea di com
piere la volont del mandante appare qui per la prima volta. Ritorner di nuovo rego
larmente nella spiegazione di chi Ges e di ci che fa (cf 5,23-24.30.37; 6,38-39.44;
7,16.18.28.33; 9,4; 12,44-45.49; 13,20; 14,24; 15,21; 16,5). Vedi Segalla, Volont 166-169. Le
roy, Rttsel und Mifiverstndnis 149-155, nella frase colui che mi ha mandato vede la
cristologia giovannea della discesa. Egli giustamente sostiene che il Sitz im Leben di
4,34 per la comunit giovannea esprimeva la necessit di sviluppare ima catechesi au
torevole basata sull'obbedienza di colui che era inviato dall'alto, per contrastare le pri
me tendenze gnostiche. Questo torna particolarmente utile nel valutare il rapporto
esistente tra 2,23-25 e 4,31-38.
i
e compia [porti a compimento] la sua opera: I termini portare a compimento (teleio e re
lativo tele; cf 5,36; 17,4.23; 19,28.30) e l'opera (to ergon; cf 4,24; 17,4) svolgono un
ruolo importante nella descrizione che il Quarto Vangelo fa della vita e della morte di
Ges. Contrariamente a ci che affermano Bultmann (Gospel 265) e Becker (Evangelium 1,179), necessario mantenere una distinzione tra ta erga, le opere di Ges, e ton
ergon, l'opera. Le prime, sebbene in relazione con la seconda, indicano le opere di Ge
s che fanno conoscere Dio. La seconda, l'opera, invece un'espressione che si rife
risce all'intera missione di Ges, intesa come rispondente esattamente alla volont del
Padre. Si potrebbe dire che le opere appartengono a Ges, mentre l'opera qual
cosa che il Padre ha chiesto a Ges di portare a termine. Vedi Segalla, Volont 169-173;
Okure, Johannine Approach 141-142.
e compia: Per la lettura di teleios come un futuro anzich come aoristo congiuntivo ve
di Schnackenburg, Gospel 1,447 n. 81; Olsson, Structure and Meaning 225 n. 34, Vedi an
che BD F186, 369.3: Un caso speciale quello in cui un futuro collegato da kai segue
un hina o me con il congiuntivo per indicare qualche altro effetto. Vedi anche 15,8,
dove si trova la stessa costruzione, che indica chiaramente un momento futuro. Anche
senza il futuro, l'uso dell'aoristo congiuntivo dopo hina indicherebbe una prolessi.
Le parole di Ges nel v. 34 costituiscono il perno attorno al quale girano i vv. 31-38. La
meraviglia dei discepoli ha dato a Ges lo spunto per parlare del cibo (vv. 31-33) e le
parole che rivolge a loro (w. 35-38) associano i discepoli alla sua necessit di compie
re la volont di colui che lo ha mandato. Essi diventeranno gli inviati dell'inviato (cf v.
38a). Per un approfondimento di 4,34 vedi Segalla, Volont 149-177. Siibrsis e broma ve
di ibid. 162-166.
35. Voi non diteforse?: Alcuni pensano che ci sono ancora quattro m esi... sia ima parabola
con un'applicazione universale, ma non c' traccia altrove di un detto parabolico di
questo genere (cf Okure, Johannine Approach 147-149). Pu trattarsi semplicemente di
un'espressione che i discepoli userebbero guardando i campi che sono ancora lontani
dall'ora del raccolto.
alzategli occhi: Molti commentatori sono del parere che questo comando di Ges sia un

126

Il V a ng e l o di G i o v a n n i

invito ai discepoli a osservare i Samaritani che stanno arrivando e non solo a guarda
re i campi attorno a loro. Dietro questo comando molto probabilmente si cela Is 49,18.
i campi che gi biondeggiano: La parola greca per gi (de) pu essere letta o come l'ul
tima parola del v. 35 o come la prima parola del v. 36. La nostra interpretazione, se
guendo le indicazioni di P65, la legge come l'ultima del v. 35. Per questa scelta vedi
Okure, johannine Approach 150-151; Bauer, johannesevangelium 73; Bernard, Commen
tary 1,157; Lagrange, Evangile 120. La maggior parte dei critici la mette all'inizio del v.
36. Questi fanno giustamente notare che pi consono allo stile giovanneo mettere
ed all'inizio della frase, immediatamente prima del participio pronominale. Vedi ad
esempio Westcott, Gospel 76; Schnackenburg, Gospel 1,449 n. 92; Lindars, Gospe 196.
Nonostante la finezza stilistica che si ha nel collocare l'avverbio all'inizio del v. 36, il te
ma giovanneo dell'escatologia realizzata acquista maggiore immediatezza ponendo
lo alla fine del v. 35.
biondeggiano per la mietitura: Per la mietitura come simbolo escatologico vedi Is 27,12;
Gl 4,13; Me 4,1-9.26-29; Mt 13,24-30; Ap 14,14-16. Sulla realizzazione giovannea di que
sto simbolo escatologico vedi Lon-Dufour, Lecture 1,386-387.
36. raccoglie frutto per la vita eterna: Per un approfondimento della missione samaritana co
me Sitz im Leben di questa promessa vedi Brown, Gospel 1,175-176; Cullmann, The jo
hannine Circle 39-56; Olsson, Structure and Meaning 233-241; Okure, Johannine Approach
188-191. Il fatto che i discepoli ricevano l'incarico di continuare l'attivit missionaria
iniziata da Ges pu indicare che i Samaritani fanno gi parte della comunit giovan
nea. Questa situazione pu richiedere il supporto d'un resoconto della presenza di
Ges tra i Samaritani e del suo mandato affidato ai discepoli di proseguire - non di ini
ziare - tale missione. Ai membri della comunit giovannea viene detto che essi non so
no che i mietitori di una messe seminata da Ges e che questa attivit fa parte della vo
lont di Dio. Questa una delle principali conclusioni di Okure, Johannine Approach
185-188.
chi semina e chi miete: La posizione adottata nell'interpretazione, che Ges il semina
tore e i discepoli sono i mietitori, non condivisa da tutti. Alcuni ritengono che il se
minatore il Padre e il mietitore Ges (cf Schnackenburg, Gospel 1,451). Altri riten
gono che Ges il padrone della messe, e che pertanto i seminatori sono i legislatori,
i sacerdoti e i profeti che l'hanno preceduto (cf Westcott, Gospel 76). Queste soluzioni
spesso sono proposte in vista dell'identificazione degli altri del v. 38.
37. uno semina e Valtro miete: Per il possibile sfondo di questo proverbio (ho logos) vedi
Bauer, Johannesevangelium 75; Watson, Antecedents 368-370; Niccaci, Siracide 6,19
149-153.
38. Io vi ho mandati a mietere: Qualcuno afferma che l'aoristo apesteila (vi ho mandati)
crea un'impossibile sequenza temporale, visto che i discepoli non sono ancora stati
mandati. La difficolt viene generalmente risolta supponendo che il v. 38a originaria
mente fosse un mandato post-risurrezione che stato maldestramente anticipato nel
racconto giovanneo pre-risurrezione (cf Schnackenburg, Gospel 1,452-453). Ma i disce
poli hanno gi ricevuto la loro iniziazione nel ministero di Ges e di Giovanni Battista
nel v. 2. L'aoristo spiegato dalla sequenza temporale del racconto.
altri hanno faticato: Per una rassegna delle discussioni e delle numerose spiegazioni
proposte per chi siano gli altri che hanno faticato prima dei discepoli vedi Okure, Jo
hannine Approach 159-160; Olsson, Structure and Meaning 229-233. Il tentativo (cf l'in
terpretazione data sopra) di individuare gli altri seguendo, entro l'asse temporale
del racconto, le attivit di Giovanni Battista, di Ges e poi dei discepoli pu anche ri
specchiare ci che accaduto storicamente (cf Robinson, The Others 510-515;
Murphy-O'Connor, John th Baptist and Jesus 359-374).

Ges e i p a e s a n i d e l l a S a m a r i t a n a ( 4 , 3 9 - 4 2 )

127

Bibliografia
C f anche gli studi di 4,1-42 nella bibliografia che segue il commento a 4,1-15.
M oloney F. Belef in th Word 158-168.
N iccaci A., Siracide 6,19 e Giovanni 4,36-38, BeO 23 (1981) 149-153.
O'D ay G. R., Revelation in th Fourth Gospel 77-86.
O kure T., The Johannine Approach to Mission 133-168.
O lsson B., Structure and Meaning 218-257.
R obinson J. A. T., The "Others" of John 4,38, StEv 1 (1958) 510-515.
Segalla G., Volont di Dio e dell'Uomo in Giovanni (Vangelo e Lettere), SRivBib 6, Paidei, Bre
scia 1974.
Watson W. G. E., Antecedents of a New Testament Proverb, VT 20 (1970) 368-370.

IX. Ges e i paesani della Samaritana (4,39-42)


39. Molti Samaritani di quella citt credettero in lui per la parola della dorma, che di
chiarava: Mi ha detto tutto quello che ho fatto.
40a. E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro;
40b, ed egli rimase l due giorni.
41. E molti di pi credettero per la sua parola.
42. Alla donna dicevano: Non pi per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perch noi
stessi abbiamo udito e sappiamo che questi veramente il salvatore del mondo.

Interpretazione
Introduzione a 4,39-42. Ges rimane presso il pozzo, ma i discepoli sparisco
no dietro le quinte mentre i Samaritani arrivano da lui accompagnati dalla
donna. Questo breve passo contiene quattro affermazioni, tre da parte del nar
ratore e Tultima detta dai Samaritani che si rivolgono alla donna, la cui parola
li ha indotti ad andare da Ges (cf vv. 29-30). Il passo si svolge in cinque mo
menti:
a) v. 39: Il narratore registra la fede iniziale di molti Samaritani che credono sulla pa
rola della donna.
b) v. 40a: Il narratore riferisce la richiesta avanzata dai Samaritani che Ges si fermi
presso di loro.
c) v. 40b: Il narratore registra la risposta positiva di Ges al loro invito.
d) v. 41: Il narratore nota che molti di pi credttero grazie alla parola che hanno
sentito da Ges.
e) v. 42: Uniche parole pronunciate dai personaggi in questa parte del racconto, i Sa
maritani dichiarano alla donna che non hanno pi bisogno d credere alla sua pa
rola: essi stessi ora sanno che Ges il salvatore del mondo.

Questo breve ma indovinato episodio serve da coronamento alla presenza


di Ges in Samaria con i non Giudei che lo proclamano salvatore del mondo.
La fede iniziale di molti Samaritani (v. 39). Molti dei Samaritani venuti dal
villaggio hanno creduto in Ges sulla base delle parole della dorma: Mi ha
detto tutto quello che ho fatto (v. 39). Vengono citate le parole del v. 29 ma
senza alcun riferimento alla discussione tra la donna e Ges riguardo alla pos

128

Il V a ng e l o di G i o v a n n i

sibilit dell'adorazione universale di Dio n su questo monte, n a Gerusa


lemme (cf w . 21-24). A questo punto i Samaritani rispondono alla domanda
posta loro dalla donna nel v. 29: Che sia lui il Cristo? (v. 29; cf v. 25). Essi si
uniscono alla donna in una fede parziale, poich credettero in lui per la paro
la della donna che dichiarava (episteusan eis auton da ton logon t.s gynaikos

martyrouss).
La richiesta dei Samaritani che Ges si fermi presso di loro (v. 40a). L'autore di
chiara che Ges rimase l due giorni. A questo punto la breve durata del sog
giorno semplicemente dichiarata. Questa assumer un'importanza maggio
re nel corso del racconto (cf w . 43.46).
Molti di pi credettero (v. 41). Molti (polloi) credono in Ges per le parole det
te dalla donna (v. 39: dia ton logon tes gynaikos), ma il narratore annuncia che
molti di pi (v. 41: pollg pleious) credono in lui per la sua [di Ges] parola
(v. 41: dia ton logon autou). Il contrasto tra le due motivazioni del credere non po
trebbe essere espresso in modo pi chiaro, anche se episteusan eis auton usato
sia nel v. 39 che nel v. 41. Prima che i Samaritani dichiarino la propria confes
sione di fede hanno gi fatto un lungo passo in avanti verso la fede vera: han
no creduto alla parola di Ges (cf 2,5; 3,29).
La fede dei Samaritani (v. 42). La donna che aveva lasciato la sua anfora al
pozzo (cf v. 28) ritornata e i Samaritani si rivolgono a lei. Essi si rendono con
to della differenza qualitativa tra le parole della donna e la parola di Ges.
I Samaritani, nell'unico discorso diretto in questa parte del racconto, fanno la
distinzione gi fatta dal narratore nei vv. 39 e 41 .1 Samaritani si dissociano dal
la loro credenza iniziale (v. 39). Dicono alla donna che non pi (ouketi) per
i tuoi discorsi (v. 42a: dia tn sn lalian) che noi crediamo. Nella letteratura
classica il termine Mia usato nel senso di pettegolezzo, ciancia (BAGD 464),
ma qui non pu essergli attribuito un significato negativo. Tuttavia, il termine
logos usato per parlare della testimonianza della donna nel v. 39 stato sosti
tuito con Mia ora che i Samaritani sono arrivati a credere in Ges grazie al suo
logos. Esiste un solo logos rivelatore, e quello viene da Ges. I Samaritani cre
dono perch essi stessi (autoi) hanno udito di persona (v. 42b: akkoamen). L'ul
tima apparizione di Giovanni Battista nel Vangelo stata descritta con lo stes
so verbo: egli definiva se stesso l'amico dello sposo che presente e l'ascolta
(akoun) (3,29). Sulla base di questo ascolto essi possono dire di sapere (oidamen) che Ges il salvatore del mondo (v. 42c). I primi discepoli avevano di
chiarato di aver trovato il Messia (1,41.45) e Natanaele di sapere che Ges era
il maestro mandato da Dio (cf 3,2), ma il loro trovare e la loro conoscenza era
no basati sulle proprie tradizioni religiose e culturali. La conoscenza dei Sa
maritani invece basata interamente sul logos di Ges.
L'espressione usata dai Samaritani nella loro confessione, il salvatore del
mondo, nel NT si trova solo in un altro passo (1 Gv 4,14), e il titolo ellenistico
di salvatore (sotr) non molto diffuso (cf Le 1,47; At 5,31; 13,23; Fil 3,20; e le
Pastorali). Sia i Giudei che i Greci speravano in un salvatore, ma pensavano,
parlavano e scrivevano riguardo a questo personaggio in modi molto diversi.
Ges ha gi annunciato il proprio ruolo: Dio non ha mandato il Figlio nel
mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di

Ges e i p a e s a n i d e l l a S a m a r i t a n a ( 4 , 3 9 - 4 2 )

129

lui (hina sth$ ho kosmos di'autou) (3,17). Per quanto faccia Fautore per usare
un'espressione ben nota e molto diffusa in diverse societ e culture alla fine
del primo secolo, il suo significato tipicamente giovanneo determinato da
questo contesto giovanneo. Lo spunto pi significativo della confessione l'af
fermazione del ruolo salvifico universale di Ges. Nella sua discussione con la
donna Ges aveva parlato della possibilit universale della vera adorazione
da prestare a Dio. Tale possibilit viene - ed ora (v. 23; cf vv. 21-24). In tutto
il colloquio successivo tra Ges e la donna '(vv. 25-26) e in ci che la donna di
ce ai suoi compaesani (v. 29) questa questione non pi affiorata; sembra essere
dimenticata. Ma la confessione dei Samaritani la riporta al centro della scena.
Ges, il messia, non il salvatore n dei Samaritani n dei Giudei: viene un momen
to in cui n su questo monte n a Gerusalemme adorerete il Padre (v. 21) - ma il sal
vatore del mondo: i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit (v. 23). La
vera adorazione, l'adorazione in spirito, costituisce una comunit che va oltre tutte le
comunit religiose della terra, una comunit di adorazione che riunisce tutta l'umani
t. Questo ci che riconoscono i compaesani della Samaritana; il punto focale del
la storia (Boers, Neither on This Mountain 199-200).

Come Giovanni Battista ha ascoltato la voce dello sposo e ha goduto al sen


tirne il suono, cos i Samaritani ascoltano la parola di Ges e confessano che
questi veramente il salvatore del mondo. Come Giovanni Battista si detto
disposto a diminuire perch Ges possa crescere, cos i Samaritani sono di
sposti a mettere da parte le polemiche su Garizim e Gerusalemme e a porre la
loro fiducia in Ges quale salvatore del mondo. L'apertura dei Samaritani nei
confronti della parola di Ges li trasforma; essi diventano esempi di autentica
fede giovannea.
Conclusione di 4,1-42. Come nel caso di 2,13-3,36, anche il brano 4,1-42 espo
ne un punto di vista sul come si debba rispondere a Ges e quali siano i risul
tati di tale risposta. A fronte del criterio della parola di Ges, la storia della
sua presenza tra i Samaritani fa vedere la possibilit di mancanza di fede (vv.
1-15: la Samaritana), di una fede parziale (vv. 16-30: la Samaritana) e di un'au
tentica fede giovannea (vv. 39-42: i Samaritani) nel mondo oltre i confini del giu
daismo. Questi modelli di fede sono strettamente associati al messaggio gio
vanneo riguardo all'importanza della fede nella rivelazione di Dio in e per
mezzo della parola di Ges ai fini della vita e della salvezza (cf in particolare
4,13-14.21-24.34-38). Ges venuto a portare a compimento il compito asse
gnatogli dal Padre, ed egli associa a se stesso i suoi discepoli, poich i campi gi
biondeggiano per la mietitura (vv. 31-38). La concentrazione su personaggi al di
fuori del mondo del giudaismo indica che nessuno, di qualsiasi razza, cultura o re
ligione, va escluso dalla teologia giovannea della rivelazione e della salvezza.
La promessa di Ges in 3,17: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per con
dannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui viene rea
lizzata appieno nel racconto.

130

Il V a ng e l o di G i o v a n n i

N ote
39. per la parola della donna che dichiarava: Agostino ha commentato bene questo episodio:
Primo per fumani, postea per praesentiam (Dapprima con la sua reputazione, poi con
la sua presenza) (In Johannis Evangelium 15,33; CCSL 36,164). Tuttavia, nella discus
sione sugli ascoltatori di prima e di seconda mano della parola Bultmann (Gospel 200),
passando per Kierkegaard, ha introdotto troppo pensiero filosofico moderno. La pre
senza della parola del Vangelo fa di tutte le esperienze di seconda mano altrettante
esperienze di prima mano. Vedi, ad esempio, Walker, Jungerwort und Herrenwort
49-54. Okure, Johannine Approach 172-173 giustamente critica questo approccio.
40. due giorni: Il riferimento del tempo passato presso i Samaritani pu semplicemente in
dicare un limitato periodo di tempo, abbastanza lungo per prendere contatto con Ge
s. Tuttavia, la precisazione di due giorni, la ripetizione dei due giorni nel v. 43 e
l'indiczione and dunque di nuovo a Cana di Galilea (v. 46) possono essere segno
di ima pi precisa definizione del momento dell'arrivo di Ges a Cana (v. 46).
Nella descrizione del soggiorno di Ges presso i Samaritani della durata di due gior
ni possono celarsi istruzioni missionarie (cf Schnackenburg, Gospel 1,455-456). Okure,
Johannine Approach 179, lega i due giorni al periodo di soggiorno del vero missionario
descritto in Didach 11,5.
41. Molti di pi: Non detto che tutta la citt abbia creduto in Ges. Molti (v. 39) e molti
di pi (v. 41) indicano un numero crescente, ma non la totalit. Come sempre nel Quar
to Vangelo viene fatta una scelta (cf Hudry-Clergeon, De Jude en Galile 828-829).
per la sua [di Ges] parola: La maggior parte dei commentatori vede due fasi di fede rispecchiate nella risposta dei Samaritani: prima alla parola della donna, poi alla paro
la di Ges. La prima fase basata sui segni (Ges che svela alla donna i suoi segreti) e
la seconda ima fede basata sulla parola di Ges. Okure, Johannine Approach 170-181,
sostiene il contrario alla luce del suo tentativo di vedere la Samaritana nei w . 16-26 gi
approdata alla fede autentica, e che quindi nei vv. 28-30 diventa una vera missionaria.
- 42. per i tuoi discorsi: Alcuni commentatori non vedono alcuna differenza tra i lalia della
dorma e il logos di Ges. Okure, Johannine Approach 171, sostiene fermamente che i due
termini hanno lo stesso significato (cf anche Barrett, Gospel 243; Walker, Jungerwort
und Herrenwort 52-53; Lon-Dufour, Lecture 1,392). Il contesto, sia remoto che im
mediato, richiede che venga fatta una qualche distinzione tra l'uso di logos per la te
stimonianza della donna nel v. 39 e i suoi lalia nel v. 42. Emerge molto chiaramente la
specificit del logos di Ges (cf Lagrange, Evangile 122; Brown, Gospel 1,174-175; Segalla, Giovanni 200-201).
non pi: La dimensione temporale di ouketi indica che il credere dei Samaritani una
fede articolata in due stadi. Prima hanno creduto sulla base della parola della donna (v.
39), ma questo non pi vero (v. 42). Questo elemento del racconto (non trattato da
Okure, Johannine Approach 172) d maggior peso alla posizione adottata nell'interpre
tazione e nella nota precedente.
noi stessi abbiamo udito: L'accento posto nell'interpretazione sull'ascoltare, giustifi
cato dalla netta insistenza presente nell'originale autoi gar akkoamen. L'uso di autoi per
noi stessi accentua la loro esperienza, evidenziando una importante distinzione tra
le parole riportate dalla donna e la parola sentita dalle labbra di Ges. Okure, Johanni
ne Approach 173-174, cerca di sminuire questo effetto ricorrendo a uno scarsamente at
testato autou al posto di autoi.
il salvatore del mondo: I Samaritani parlano il linguaggio della cristologia giovannea
(Barrett, Gospel 243). Per una panoramica completa sull'uso di str nel mondo antico
vedi Bernard, Commentary 1,161-163; Schnackenburg, Gospel 1,457-458.

Il s e c o n d o m i r a c o l o a Cuna ( 4 , 4 3 - 5 4 )

131

B ibliografia
C f anche gli studi di 4,1-42 nella bibliografia che segue il commento a 4,1-15.
M oloney F. ]., Beliefin th Word 168-175.
O'D ay G. R., Revelation in th Fourth Gospel 86-92.
O kure T., The Johannine Approach toMission 168-191.
O lsson B., Structure and Meaning.
W alker R., Jungerwort und Herrenwort: Zur Auslegung von Joh 4,39-42/ ZNW57 (1966)
49-54.

X. Il secondo miracolo a Cana: fede nella parola di Ges (4/43-54)


43. Trascorsi due giorni, part di l per andare in Galilea. 44. Ges stesso infatti aveva
dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. 45. Quando giunse in
Galilea, i Galilei lo accolsero, perch avevano visto tutto quello che aveva fatto a Ge
rusalemme, durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa. 46. And dunque
di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. E a Cafarnao vi era
un funzionario del re, che aveva un figlio malato.
47a. Costui, udito che Ges era venuto dalla Giudea in Galilea,
47b. si rec da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perch stava per mo
rire. 48. Ges gli disse: Se non vedete segni e prodigi, voi non credete. 49. Il funzio
nario del re disse: Signore, scendi prima che il mio bambino muoia.
50a. Ges gli rispose: Va', tuo figlio vive.
50b. Quell'uomo credette alla parola che Ges gli aveva detto e si mise in cammino.
51. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli che suo figlio era vi
vo. 52. Volle sapere a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: Ieri, all'ora
settima la febbre lo ha lasciato. 53. Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Ges gli
aveva detto: Tuo figlio vive; e credette lui con tutta la sua famiglia.
54. Questo fu il secondo segno che Ges fece, tornando dalla Giudea in Galilea.

I nterpretazione
Introduzione a 4,43-54. Le indicazioni che d il narratore nei vv. 43-45 servo
no sia per il passaggio di Ges dalla Samaria alla Galilea sia per commentare la
natura delTaccoglienza che Ges riceve dai Galilei. Anche se probabilmente il
v. 46 faceva da introduzione a un racconto originariamente indipendente, ora
riferito nei vv. 46-54, nella forma attuale del racconto i vv. 43-46 fanno da in
troduzione ai w . 47-54. Prima di arrivare al v. 47 i personaggi principali, il luo
go, il tempo e il motivo del ritorno di Ges in Galilea sono stati presentati. L'a
neddoto presenta il seguente svolgimento:
a) vv. 43-46: Presentazione dei personaggi (Ges [v. 43], i Galilei [v. 45], il funzionario
del re [v. 46]), motivi del viaggio (v. 44), luogo (vv. 45-46) e tempo (vv. 43.46).
b) vv. 47-53: Ges e il funzionario del re a Cana di Galilea.
i. v. 47a: Il funzionario avvicina Ges per quello che ha sentito dire dai Galilei,
n. vv. 47b-49: Perseveranza del funzionario, che insiste per avere l'aiuto di Ges
per il figlio morente, nonostante il rifiuto iniziale di Ges,
ni. v. 50a: La parola di risposta positiva di Ges,
iv. v. 50b: Il funzionario crede alla parola di Ges.

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