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Non ha tetto la mia casa (No tiene techo mi casa)

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29/10/2016

di Pina Piccolo
Recensione al libro di poesie di Lucia Cupertino*, Non ha
tetto la mia casa / No tiene techo mi casa (edizione
bilingue), Ed. Fundacin Casa de Poesa, San Jos (Costa
Rica), 2016, 8, pp. 82.
Quasi a sottolineare limportanza del plurilinguismo della
poeta, la sua propensione ad eccedere i limiti della lingua
del suo paese dorigine nellapertura verso altri saperi,
modi di vita e di scrittura, Non ha tetto la mia casa/ No
tiene techo mi casa, la prima antologia dalle raccolte
poetiche edite ed inedite della poeta-antropologa Lucia
Cupertino (Polignano a Mare, 1986), viene pubblicata in
Costa Rica in edizione bilingue italiano/spagnolo a ridosso del festival internazionale di poesia al quale
stata invitata a leggere. Un talento poetico apprezzato forse in misura maggiore in area ispanofona prima
ancora che in quella italiana, quella della sua lingua madre.
Nel titolo vengono gi evocati quelli che saranno alcuni temi ricorrenti nelle varie raccolte che coprono il
periodo che va dal 2010 al 2016: la prima parte, Sul balcone del mondo (2010- 2014), comprende poesie
dalle raccolte La rosa tagliata di Via De Rolandis, Suite del transito, Mar di Tasman e altre apparse in
riviste; la seconda parte, Coperti da un albero (2015-2016), contiene poesie da Le mani di Don
Chisciotte. Poesie scritte nel corso delle varie peregrinazioni della poeta tra Bologna, Argentina, Messico,
Australia, Puglia, Colombia, Germania.
Nella sezione introduttiva Presentazione e ringraziamenti, che ricorda un po il lavoro di Eduardo Galeano,
Lucia Cupertino offre non tanto unenunciazione della propria poetica, quanto una rivelazione su quali siano
state le fonti delle sue liriche:
Il vento e i passi mi hanno tratto storie straordinarie al cuore, tristi e perfino crudeli come altre piene di
speranza e luce. Io le ho solamente raccolte. A volte schegge di Storia sono rimaste intrappolate nella rete
della scrittura, altre volte pura polvere di stelle, visioni impalpabili, la gloria della natura che si rigenera,
nonostante tutto. Quando le pareti della mia anima aderiscono al mondo, l trovo la mia casa.
Quindi non esita a trasgredire quel confine che segna il limite tra i generi, per cui si vuole che la narrativa
sia il contenitore adatto sia per le storie che per la Storia, lei invece le elegge a materia della sua poesia,
nella loro variegatezza e imprevedibilit. Evocati nellintroduzione, il vento e la natura, lungi dallessere
elementi di sfondo sono visti come parte integrante della storia/e, posseggono una propria intelligenza,
partendo forse a livello inconscio da cosmogonie indigene (le cosmovisioni andine e quelle
mesoamericane) che sono ormai sedimentate nellimmaginario della poeta, attraverso il suo contatto
diretto con esse e lo studio. Stanno alla base di un originale barocco botanico/sociologico tutto suo nel
quale confluiscono senza soluzione di continuit elementi acquisiti dalla sua formazione e educazione in
Italia e conoscenze elette, saperi del cuore come la centralit dellambiente e il rispetto della natura,

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riflessioni post-coloniali acquisite altrove e da culture altre rispetto a quella dorigine. Ne scaturiscono
metafore e metonimie insolite rispetto alle produzione di altri poeti, anche giovani, in Italia. Il mix di questi
elementi d luogo a una scrittura densa e aerea nel contempo, contraddistinta da quella leggerezza
auspicata da Calvino, e che riserva continue sorprese.
Come avviene ormai da anni a molti giovani italiani, anche Lucia Cupertino abituata alle migrazioni, sia
interne che esterne, ai viaggi, i suoi passi. La sua produzione artistica come pure quella di tanti giovani che
partono da una lingua madre italiana ma che poi emigrando acquisiscono altre lingue e saperi, meriterebbe
uno studio approfondito per capire meglio il loro contributo specifico alla letteratura, proprio come, in
direzione inversa stato fatto qui in Italia per la letteratura della migrazione.
Per la poeta polignanese oltre allatto di spostarsi esiste anche lattenzione allo spazio e sin dallinizio la
poeta ci offre la visione personale del suo spazio interiore: la sua casa la trova quando le pareti della sua
anima aderiscono al mondo (a quasi un secolo dalla famosa stanza di Viginia Woolf, ne decostruisce la
fissit e le assegna una dimensione nomade e spirituale). Le pareti quindi cessano di essere elementi di
separazione e si fondono con il mondo, non esclusivamente quello degli umani e del paesaggio, ma con il
cosmo nella sua interezza.
Gi nella prima parte dellantologia Sul balcone del mondo, Lucia Cupertino prende in considerazione
dove situata la poeta nella sua produzione, cio la poesia non nasce da unispirazione universale e la
poeta non quindi voce disincarnata, fuori campo, chi la produce una creatura in carne, ossa, cuore,
mente e spirito, presente nel frame, contestualizzata, dentro la cornice. Ci accade anche nella
conclusione della poesia che d il nome allantologia NON HA TETTO la mia casa e neppure pareti,
preceduta da alcune liriche che definiscono un nostos tutto suo con madri- quelle camminatrici indefesse
(e non le mogli, statiche tessitrici) che aspettano non il ritorno delleroe ma vanno a reclamare il ritorno della
figlia errante (LE MADRI bussano alla porta di notte). La figlia risponde pretendendo un nuovo parto/inizio /
Come tornando ad essere partorita/ oggi nelle acque della cascata seguo /il flusso delle foglie in mulinello./
Il parto viene ripreso anche nella lirica che chiude lantologia, tempo di sostare / osservare le nubi
transitare /sorpassarci e correre ad altre vallate /smettere di ripetere i naufragi dellinerzia /lievitare come il
cielo nuovi parti. Seguendo questo filone interessante anche la lirica LA MADRE con cui raccolgo
asparagi.in cui la poeta si arroga il diritto a scegliersi ulteriori madri offrendone poi una carrellata.
Sotto questo aspetto, si assiste a una certa evoluzione nelle raccolte. Nella prima parte, quasi
rispecchiando la liminalit del balcone come elemento architettonico (pur appartenendo a una struttura
chiusa si sporge aprendosi verso lesterno, ma ricordiamoci che questo il balcone del mondo),
inizialmente la poeta sembra conservare il ruolo di osservatrice, registra un mondo che si dipana sotto i suoi
occhi- quindi le figure del Ferroviere, del Passeggero, dello Studente (la cui nuca si era intravista per le
scale) che balla sotto la luna.
Con la lirica DISFARSI di tutto si arriva invece a un noi protagonista (che si ripeter, ad esempio, nella
poesia Sotto le esili tende di Kos, qualche anno dopo), il risveglio di una coppia sugli scogli, lei che
raggiunge la cima dello scoglio e viene interpretata dallaltro come sirena (la poeta puntualizza
immediatamente linesattezza dello sguardo maschile mediato da millenni di letteratura): ma quel che
contava era altro,/ disfarsi anche di questa sembianza, /entrare nel palpito dattorno. / Un desiderio di
comunione con il contesto naturale che si ritrover anche in altre liriche, a volte espresso come rimpianto
per una fusione potenzialmente pre-esistente.
Altro elemento importante che emerge in entrambe le parti dellantologia la propensione per la
scomposizione della tradizione e la sua ricomposizione in chiave personale e attualizzata. Sul balcone del

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mondo introdotta da alcuni versi di Vittorio Sereni, cresciuta in silenzio come lerba / come la luce
avanti il mezzod / la figlia che non piange. La lirica TRA LE ARCATE in cui la poeta si posiziona sotto un
ponte per far crescere il suo canto, termina con i versi Tra queste arcate di ombra / rubata a tanta luce / in
silenzio lerba cresce / e respira la terra piano, la figlia che non piange si appropriata degli elementi lirici e
li ha ricomposti in maniera personale, secondo le proprie necessit.
Nelle diverse raccolte, la scomposizione del reale spesso operata dal vento. Nella cosmogonia sumera, il
vento Enlil lelemento che separa il cielo dalla terra e il Prologo di Gilgamesh e gli inferi tratta di questo
primo atto violento, di separazione, che, dallo stato iniziale di immutabilit, implica anche la creazione di
qualcosa di nuovo, il moto e il mutamento. Rialacciandosi a questi elementi cosmogonici, la tradizione
giudeo-cristiana arriva allidea nella Genesi di dio che infonde la vita allargilla attraverso il fiato (parente
del vento), quindi limportanza fondamentale del Verbo e della Parola. Sarebbe interessante indagare se
nelle cosmogonie indigene delle Americhe il vento svolga simili funzioni e capire se laccostamento vento
= fiato che poi dovrebbe sfociare nella voce e quindi lelemento orale della poesia sia un tracciato
seguito anche nelle tradizioni indigene.
Sempre nella prima raccolta, nella lirica HA LASCIATO il vento appare come elemento di disturbo che crea
un vortice di cortecce e lascia sullasfalto un esile remo di palma. Come sua abitudine, la poeta
raccatta ci che la tempesta ha disseminato, sula metafora del remo suggeritele dalla forma del ramo
costruisce unimbarcazione che lha fatta arrivare al luogo in cui si trova, e che viene rifiutata a favore di un
viaggio fatto di passi Solo chiedo ai miei piedi di proseguire / al mio petto accogliere risonanze. Cio
un camminare che accoglie un paesaggio a passi (cio in maniera graduale che permette una certa
interattivit) e un petto che accoglie risonanze. Anche nella lirica successiva io sosto per tutto il respiro
che ho in corpo /e scambiando uneco per voce / raccolgo le storie del vento. / la poeta raccoglie ma
stavolta si tratta di elementi pi effimeri, come le storie. Laccostamento voce a eco avvenuto per errore
potrebbe indurre a pensare a unintelligenza della natura, cosa assodata nei saperi indigeni e che la
scienza occidentale va piano piano scoprendo..Una resistenza al vento emerge nella lirica a chiusura della
prima parte dellantologia in cui gli elementi naturali appaiono inizialmente contrapposti alle opere delle
civilt occidentali: NON PIEGA il vento questi grattacieli /non serve scommettere accadr / la torre salda
tutto si assesta /tutto in sequenze di senso Tutta la poesia dominata da assonanze che riproducono il
sibilo del vento e la difficolt del paesaggio viene poi risolto introducendo lelemento naturale del lorekeet
altra raffica zufolio /sibili e spiriti su per gli spifferi, / torna non si arresta indugia lalba /nel silenzio un
lorikeet come flauto /d il buongiorno alla citt verticale. Nonostante limpostazione dei termini allinterno del
quadro che dapprima potrebbe apparire binaria (vento- grattacieli) la felice apparizione del lorekeet con il
suo canto (flauto) d il benvenuto alla citt verticale ci fa pensare a un superamento della contraddizione,
una nuova situazione imprevista che nasce dallincontro/scontro di elementi binari. Questa impostazione
ricorda il lavoro di Edouard Glissant sulla letteratura mondo che nasce dallincontro degli elementi pi
disparati, il caos della realt, che non dovrebbe incutere terrore, specialmente se non si pretende una
comprensione o unamalgamazione, ma piuttosto il rispetto dellopacit, resistendo a tentazioni di
comprensione che necessariamente implicano unassimilazione alla propria identit. Potrebbe essere
interessante capire se queste combinazioni siano dovute alle frequentazioni antropologiche della poeta e
quindi alla sua contiguit con saperi indigeni o se scaturiscano anche da una sua riflessione estetica su
pensatori come Glissant, e lo stesso vale per lallusione alle radici, per cui si potrebbero rintracciare le
influenze di Deleuze e Guattari (per il concetto di rizoma).
Ritornando al concetto di casa sollevato nel titolo dellantologia, la seconda parte intitolata Coperti da un
albero, inizia con dei versi del poeta argentino Daniel Calabresi Possediamo ancora una casa aperta /
dove riposare e vedere laria nera / grattata dalle costellazioni. /Ma ascoltiamo trapanature, colpi, cedimenti.

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A questa problematicit fanno eco quelli della prima lirica della Cupertino []Rugiada diris, adesso che
resti qui sigillata / dietro scempie aperture che chiamano finestre, / qualcosa senza nome ti scuote fino alla
corolla /e ti svegli con un terremoto di radici in cerca daltrove.
Partendo da questa riflessione botanica, la poeta si addentra poi sui concetti delle famiglie umane,
ritornando alla propria infanzia e a come avrebbe voluto essere libera dai condizionamenti dei grandi in
modo da poter sperimentare il mondo in maniera fisica, avrei voluto essere scoglio assieme allo scoglio la
grazia le viene per concessa con ritardo linfanzia comincia quando meno laspetti / e sono qui come dopo
unimmersione / stanca ma coi polmoni pieni di mare /daccapo bambina daccapo sogno. / E come se
avesse preso parola quellEsterina di montaliana memoria, la poeta dichiara chiaramente che non della
razza di chi rimane a terra, e si bea dellimprevisto dono di una seconda giovinezza libera. La libert per
un dono spinoso e questo glielo ricordano LE MADRI, camminatrici indefesse, che si stagliano, in verit
un po minacciose, chiedendole se potranno gioire il ritorno. La felice imprevista soluzione quella di
assimilarle a quelle liane /ormai fuse ai tronchi dalbero /per attraversare i fiumi in piena. / cio la libert
della figlia non richiede il completo abbandono della madre, seguendo i fantasiosi design della natura, la
madre, venuta a reclamare il ritorno, potrebbe diventare una liana fusa allalbero che consente non ritorni
alle sicurezze del passato ma attraversamenti di situazioni pericolose future.
Limportanza e il rimpianto per le radici evocata in una serie di poesie sulla migrazione, quando spogliato
di tutto, il profugo rimane pensoso sulla banchina: Stai l, nel mezzo di un ronzio di lingue /infisso come
salice / ma divelta la radice, / lontane le sponde del fiume /in cui attecchiva e un villaggio /ormai anchesso
presente / solo in qualche post di Facebook. Anche quando vengono distrutti tutti i punti di riferimento,
come nella storia del profugo di Mosul, il cui cuore rimane, nonostante tutto, una porta spalancata
apertura verso laltro che porta a una risposta di empatica anche dalla poeta e la cicatrice sulla tua gamba /
adesso compare sulla mia. Le storie che scaturiscono dalla geopolitica le fanno incontrare paesaggi marini
come quelli del Bosforo che sintersecano a metafore botaniche di radici, ragni giganti alle pareti della
storia , anaconda che ingoia / le uova appena covate, la descrizione della casa siriana che non esiste pi,
non riducono il profugo a quella single story di cui si lamenta la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi
Adichie.
Nelle poesie di denuncia della distruzione ambientale e delle persone che sono vittime delle follie chimiche
atte a controllare la natura, o vittime per difesa dellambiente, come quelle dedicate a Silvino Talavera, o a
Fabian Tomasi e Patricio Eleisegui, ci sono oggetti banali che sembrano preannunciare linsalubrit del
mondo, il vento che agita le palme e sospinge una lattina, causando uno zufolio sordo di ardua
interpretazione, o il corpo rinsecchito come una sardina sotto sale di un fumigatore vicino ormai alla morte,
che si duole principalmente per le api che ha ucciso. A questi quadri poco edificanti del rapporto esseri
umani- natura si uniscono poi la serie di liriche dedicate al sangue umano sepolto e che si matura nelle
selve, nutrendo e forse rigenerandosi in essa.
Nei momenti di sconforto, la poeta si ferma a dialogare con la natura, e questo potrebbe ricordare un po il
Leopardi delle Operette Morali riedito per un ventunesimo secolo globalizzato, in cui la sua filologia avrebbe
dovuto affrontare e incorporare anche i saperi indigeni e non mettere in campo i selvaggi solo come
personaggi che fanno da spalla al filosofo occidentale, Al chiarore del sole ne parlo con un melarosa, /non
porta la cravatta ma un esultare di fiori /lei mi ascolta paziente, mi accarezza coi suoi petali /gli occhi in
estasi per i tanti boccioli e rosa diversi. /La bellezza, Lucia, la ricchezza del cosmo.conclusione che
reclama forse un ulteriore innesto del ceppo romantico di Keats a quello delle cosmovisioni andine, che
insieme le ricorderebbero che la bellezza verit, una ricerca che sottesa a tutto il suo operare poetico.

4/5

*LUCIA CUPERTINO (1986, Italia) Antropologa culturale, poetessa e traduttrice.


Scrive in italiano e spagnolo e suoi lavori sono apparsi in riviste italiane e internazionali qualiNuovi
Argomenti, Fili daquilone, Irisnews, Versante ripido, Sagarana, La otra, Crculo de poesa, Bitcora pblica,
Vallejo and company, La Jornada.
Mar di Tasman (Collana Isole, Bologna, 2014) il suo primo volumetto di poesia e sta lavorando alla
pubblicazione di inediti e alla edizione italiana de 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi
desaparecidos con la casa editrice Arcoiris.
Cofondatrice della rivista La macchina sognante, con la quale prende parte a eventi culturali in Italia e
allestero, tra cui il Festival internazionale di poesia e arti visive Lorecchio di Dioniso (Forl) diretto da
Walter Valeri e il programma radiofonico dedicato alla letteratura di frontiera su RadioWebArese. Collabora
con la Edizioni Fili dAquilone che diffonde la letteratura ispanoamericana in Italia. Collabora inoltre con i
periodici online Frontierenews e Pressenza.
Ha curato ledizione italiana del pluripremiato documentario brasiliano Flor brilhante e as cicatrizes da pedra
sugli indigeni Guarani-Kaiow. In Italia, Argentina, Messico, Spagna, Germania e Australia ha svolto
ricerche universitarie e antropologiche incentrate su mondo indigeno, educazione e transizione sociale.
Attualmente vive immersa nella biodiversit della Colombia.

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