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umanit! Siamo portati a pensare che non ci salveremo per colpa della nostra
fragilit umana ma siamo fatti di argilla, siamo deboli e questo Dio lo sa. Ci
ama cos come siamo! Ci salva cio ci vuole per leternit con s. Siamo i suoi
bambini. Ci ha dato la terra per giocare. Ci ha dato la vita per amarci e rendere
sempre pi bella la vita di tutti. Noi abbiamo inventato i soldi! Opera del
diavolo! Ed abbiamo cominciato ad ucciderci gli uni gli altri, a fare guerre fra
popoli, persone, nelle famiglie, nei paesi e nelle citt, fra vicini sempre per
possedere, per avere cose sempre pi cose che poi lasceremo qui. Tutti lo
sappiamo eppure tutti facciamo dipendere dalle cose i ostri rapporti. Facciamo
consistere nelle cose il nostro valore. Chi ha tanto, chi ricco vale mentre chi
povero solo un poveruomo. Anche nel parlare comune quando si parla dei
ragazzi che usano e spacciano droga, che abusano di alcool, che violentano le
ragazze, che si divertono diciamo che sono di buona famiglia intendendo di
famiglia ricca. Ricordo con quanto orgoglio una madre mi raccontava della
figlia che sarebbe andata in vacanza niente pop di meno che con i figli di una
ricchissima famiglia. Lo diceva con orgoglio senza sapere che la ragazza
avrebbe passato una settimana senza vedere il mare ma solo violenza, droga e
alcool. Certamente tornando e non dicendo nulla alla madre perch tanto non
avrebbe mai capito. Allora cosa possiamo dare a noi stessi e a coloro che
amiamo non dando cose? La fede utile o inutile? Il vivere la vita che ci
donata nella pienezza della sua bellezza, il mondo splendido e da scoprire, lo
spirito nel suo mistero, lamore nella sua gratuit, la preghiera nel silenzio e
nella contemplazione, il cammino interiore nella scoperta del dono che ognuno
di noi per se stesso anzitutto e per gli altri sono questi i veri doni, la vera
ricchezza che dobbiamo (e qui uso il verbo che dovere che non uso quasi mai
perch anche Ges non lo usa mai nel suo vangelo per gli altri ma solo per se
stesso) dare agli altri cominciando dai figli. Il vangelo ci racconta della cena in
casa del ricco Simone che Ges ha guarito dalla lebbra. Mentre stanno
mangiando entra una peccatrice pubblica (che Ges chiamer sempre e solo
signora). Gli lava i piedi con le sue lacrime e glieli asciuga con i suoi capelli.
Lo profuma con un profumo costosissimo. Simone, come purtroppo tantissimi
abituali frequentatori delle chiese, capace solo di giudicare e condannare
Ges e la donna. Oltretutto non vede neppure il proprio peccato, le proprie
mancanze alla legge dellospitalit presso i giusti in Israele. Ges da subito
ama la donna. Si lascia fare. Si lascia toccare ed era considerato un peccato
gravissimo entrare in contatto con una prostituta. La porta ad esempio proprio
a Simone, il ricco giusto facendogli notare come lui che giudica e condanna non
ha osservato la Legge. Per Ges non vuole umiliare Simone ma portare la
verit di Dio, la dignit della donna, la bellezza del gesto e del momento. Il
passo del vangelo di Luca che leggeremo domenica finisce con una verit che
ci deve rimanere scolpita nel cuore: Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi
molti peccati, perch ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco,
ama poco e poi volgendosi alla donna disse la tua fede ti ha salvata; va in
pace. Pace, amore vita da parte di Dio vero tutti. La condizione per vivere
questo riconoscersi peccatori, bisognosi, miserabili, fatti di fango ma amati,
perdonati, voluti, accolti. Siamo peccatori non perch assassini, prostitute, ladri
ma perch non diciamo abbastanza grazie per tutto quello che ci donato nella
vita. Non diciamo mai grazie neppure per la vita stessa. Per il dono di essere
credenti in Dio e nelluomo in questo mondo che crede solo nel denaro. Qui
dove ogni persona vale solo per quello che ha e non per quello che . Invece di
ringraziare siamo sempre troppo facili al lamentarci. Invece che donare a
2
chiedere. Invece che godere del silenzio della foresta che cresce siamo portati
a sentire il fragore dellalbero che cade (proverbio brasiliano).
Padre Valter Maria Arrigoni
Monaco diocesano