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^ BOMPIANI
SAGGI
5AOUI
21
Umberto Eco
Opera aperta
i|)
TASCABILI
BOMPIANI
ISBN 88-452-4545-4
1962 Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas S.p.A.
1995 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A.
2000/2004 RCS Libri S.p.A Via
Mecenate 91 - Milano
VI edizione Tascabili Bompiani febbraio 2004
"E ricordo che Wahl mi diceva che era curioso che i problemi che io
sviluppavo, partendo dalla teoria dell'informazione e dalla semantica
americana (Morris, Richards), erano gli stessi che interessavano ai
linguisti francesi, e agli strutturalisti, e mi chiese se conoscevo LviStrauss. Non ne avevo mai letto nulla, e persino Saussure lo avevo
leggiucchiato per curiosit (guarda caso, interessava pi a Berio, per
i suoi problemi di fonologia musicale anzi credo che la copia del
Cours che ho ancora in libreria sia quella che non gli ho mai
restituito). Bene, sollecitato da Wahl mi misi a studiare questi
'strutturalisti* (naturalmente conoscevo gi Barthes, come amico e
come autore, ma il Barthes semiologo e strutturalista viene fuori
definitivamente nel 1964, nel numero 4 di CommunicationsJ ed ebbi
tre shock, tutti pi o meno intorno al 1963: la Pense sauvage di LviStrauss, i saggi di Jakobson pubblicati da Minuit e i formalisti russi
(non c'era ancora la traduzione di Todorov, c'era solo il classico libro
dello Erlich che stavo facendo tradurre per Bompiani). E cos
l'edizione francese del 1965 (che poi la presente edizione italiana)
inseriva nelle note vari riferimenti ai problemi linguistici strutturali.
Ma Opera aperta, e lo si vede anche se nella revisione ho scritto
qualche volta 'significante e significato', nasceva in un ambito diverso.
La considero un lavoro pre-semiotico: e infatti si occupa di problemi a
cui mi sto riavvicinando solo ora, lentamente, dopo aver compiuto il
bagno teorico nella semiotica generale. E mentre sono riconoscente al
Barthes degli Elements de semiologie non mi entusiasmo per il
Barthes del Plaisir du texte perch (naturalmente con una scrittura
magistrale), mentre crede di superare la tematica semiotica, la riporta
al punto da cui io ero partito (e in cui si muoveva anche lui a quei
tempi): bello sforzo dire che un testo una macchina di godimento
(che poi come dire che una esperienza aperta), il problema di
smontare il congegno. E io in Opera aperta non lo facevo abbastanza.
Dicevo solo che c'era.
"Naturalmente adesso qualcuno potrebbe chiedermi se ora sarei in
grado di riscrivere Opera aperta alla luce delle mie esperienze
semiotiche, mostrando finalmente come funziona il congegno. Su
questo sar molto impudente, e deciso. L'ho gi fatto. Si tratta del
saggio 'Generazione di messaggi estetici in una lingua edenica' che
riportato nel mio libro Le forme del contenuto, 1971. Sono solo sedici
pagine, ma non credo ci sia altro da dire."
Vili
altre discipline e applicando un metodo "linguistico-comunicativo". Garroni polemizza invece con Vutilizzazione di certi
aspetti della teoria dell'informazione: tema che riprender in
modo pi argomentato nel 1964 in La crisi semantica delle arti,
inducendo Eco a introdurre nelle edizioni successive di O.A.
una postilla che tiene conto di queste critiche. All'intervento di
Garroni risponde, sempre su Paese Sera-Libri (il 6.11) G.B.
Zorzoli che, dal punto di vista dello scienziato, difende la
legittimit dell'uso dei concetti informazionali in campo estetico. Nello stesso periodo, sulla Fiera Letteraria del 16.9.62
Glauco Cambon, riprendendo la vasta recensione dedicata a
O.A. sullo stesso giornale da Gaetano Salveti (29.7.62) ribadisce che il nucleo metodologico di O.A. deve identificarsi nella
dialettica di forma e apertura, ordine e avventura, forma classica e forma ambigua, viste non come storicamente successive,
ma come dialetticamente opposte all'interno di ogni opera contemporanea: "la tensione dell'esigenza architettonica o 'classica'
e di quella dissolvitrice o 'informale' proprio al centro dell'opera di Joyce, e ravvisandovi un paradigma esemplare della
situazione in cui versa l'arte contemporanea da qualche decennio a questa parte, Umberto Eco ha semplicemente additato una
lampante verit."
In conclusione di questa prima fase della discussione su O.A.
interveniva Renato Barilli con un saggio sul Verri (4,1962) che
notava come Eco "si riaggancia a una impostazione di metodo
che fu gi della migliore cultura europea del mezzo secolo appena
trascorso, e the invece la cultura italiana del dopoguerra ha
ingiustamente ignorato. l'impostazione che porta tutto il suo
interesse sulle forme, sui modi di organizzare una materia, di
strutturarla, di darle un ordine." Tutto il contrario dell'attenzione
alla forma portata dall'idealismo, occupato dal problema
dell'individuale, dell'irripetibile, dell'umoim di cui non si pu
fare storia. Mentre nella nuova prospettiva "per forma si intende
un atteggiamento generale, intersoggettivo... una sorta di
istituzione comune a un tempo, a un ambiente, di cui si pu anzi
si deve fare la storia... Eco insomma intende impostare, come
egli stesso avverte, una 'storia dei modelli culturali'." La critica
di Barilli metteva insomma in luce alcuni aspetti di metodo che
si ritroveranno poi nel lavoro successivo di Eco: attenzione ai
fenomeni di istituzione socializzata, utilizzazione di strumenti
della cultura europea non idealistica, tematica della struttura,
interesse all'arte non come miracolo creativo ma come
organizzazione della materia. A ben vedere furono probabilmente
questi gli aspetti che scatenarono da altre parti delle reazioni
viscerali di rifiuto. O.A. si opponeva alla tradizione crociana
'che continuava a nutrire l'atteggiamento critico e filosofico
dell'idealista italiano che si ignora.
XI
Vopera aperta.'9 Interpretando il libro come testo in cui si condannassero come "chiuse" le opere di Raffaello ("almeno stando
al giudizio espresso dal noto critico d'arte Argan in occasione
di una presentazione del libro di Eco"), il recensore ammetteva
per che Eco aveva cercato di teorizzare "un'opera d'arte che
abbia la stessa apertura perenne della realt" ma rilevava che
questa intuizione era stata tratta "dal criterio gnoseologico
dell'adeguazione dell'intelligenza alle cose da altre fonti
tomistiche, cui (il nostro saggista) attinge sottomano il meglio
del suo pensiero, sia pure ripudiandone il significato teologico
e metafisico, che una volta condivideva." Dello stesso Pasqualino
era una pi lunga recensione in Leggere (agosto-settembre '62)
dove tuttavia la radice del discorso sui rapporti tra opera aperta
e realt non viene pi fatta risalire a San Tommaso, in quanto il
concetto "si riconduce a quello marxistico di arte come
rispecchiamento.n Infatti in questo testo tutta l'interpretazione
dell'arte medievale, che appare nel primo saggio di O.A., viene
imputata a "vecchi schemi storiografici marxisti" (Eco "giunge a
sostenere una apertura come pedagogia rivoluzionaria, tutte cose
che si comprenderebbero meglio nel contesto di un discorso e di
una societ marxista"). A O.A. viene negata per anche una
ortodossia marxista perch introduce la nozione di "ambiguit", e il
saggio continua conte-stando al libro una serie continua di
contraddizioni, lamentando che gli stessi concetti vengano usati
per spiegare sia la pittura informale che la Divina Commedia.
Dopo l'accusa di cripto-tomismo e quella di cripto-marxismo
segue quella di problematicismo alla Ugo Spirito. Accusando
infine l'autore come "ostinato antimetafisico", il Pasqualino
rileva che nella parte dedicata a Joyce "non difficile riscontrare
una autobiografia spirituale dell'autore di O.k.". E il saggio
conclude che "probabilmente in questo tratto autobiografico
l'aspetto pi significativo e convincente dell'opera di Eco: in
questo ricercare se stesso in Joyce; e, con se stesso, anche gli
altri e il senso delle cose. *
Il sospetto (peraltro fondato) di una autobiografia spirituale
condotta attraverso Joyce, e cio di una cronaca mediata di una
apostasia, quello che ha colpito di pi i recensori di parte cattolica: una nota analoga si trova nell'articolo di Virgilio Eagone
apparso in La civilt cattolica (1, 1963): ma questo articolo va
piuttosto classificato nei contributi ispirati a un approfondito e
rispettoso confronto polemico, che verranno classificati nel
paragrafo seguente.
La requisitoria pi furente contro il libro ad opera di tale
Elio Mercuri, sulla rivista Filmcritica (marzo 63) di cui allora
era influente collaboratore Armando Plebe. Il Mercuri nell'articolo "Opera aperta come opera assurda" iniziava riportando
XIII
,0. Si inizia con un falso elogio: "Non c' dubbio. L'Opera aperta
di Eco ha messo alle corde, da una parte quelli (per intenderci),
per cui l'opera letteraria prius, originalit originria, oggettivit
e soggettivit 'sublimi'; e dall'altra parte quelli (per intenderci) per
cui l'opera posterius, derivazione seconda, sovrastruttura
dialettica. Ha portato alle estreme conseguenze un discorso che,
nelle condizioni della cultura italiana, sembra oppresso da una
serie di 'complessi' mentali ed interessi costituiti, accademici,
partitici, aziendali... ha condotto al traguardo del fallimento, con
tenacia concettuale ed evidenza didascalica, l'autonomia e
l'eteronomia della letteratura. Si conclude forse in questa summa, il
periodo dell'ossessione dei corti circuiti scrittore-realt,
letteratura-societ, letteratura-cultura. Si apre (se ci concesso
un simile calembour) // periodo delle opere 'aperte', in cui
realt, societ, cultura, ecc., non sono distinti, e opposti, di un
circolo dialettico bens componenti, strati, patterns dell'opera
stessa; la quale non nega nessun rapporto con /'altro, perch
essa stessa, perpetuamente, /'altro". La prospettiva a Scalia,
chiaramente, non piace. N gli piace il fatto che "Eco,
esplicitamente, non vuole proporre un'estetica; non pensa di
battersi per una poetica; non fa il moralista 'reazionario' o il
disperato del marxismo a venire (con la sua letteratura a venire).
l'operatore, l'utente della presente vita della letteratura; cio
di tutte quelle forme che sono modi di formare l'informe". Rispetto a certe accuse di irrazionalismo, Scalia capovolge la prospettiva: in O.A. c' un eccesso di razionalismo ottimistico.
Salvo che a questo punto il richiamo di Scalia non a uno storicismo astratto, o alla realt, o ai buoni sentimenti; il rimprovero che egli muove a O.A. quello che l'autore negli anni che
seguono muover a se stesso: in O.A. non c' una linguistica,
non c' una semantica strutturale, non c' una semiologia, non
c' la prospettiva strutturalistica, che sola potrebbe dare coerenza
e consistenza alle tesi che il libro avanza. Solo su questa strada
Scalia vede la possibilit di avanzare il richiamo a una "responsabilit semantica ".
Le reazioni all'estero
O.A. stato tradotto in francese, tedesco, spagnolo, portoghese,
serbo-croato, rumeno, polacco e parzialmente in inglese. Nei vari
paesi ha suscitato reazioni e interessi diversi, a seconda anche
della situazione culturale locale. In alcuni paesi dalla situazione
politica arroventata, come nel brasile del 1968, il richiamo all'apertura stato letto in senso molto esteso, come trasparente
allegoria di un progetto rivoluzionario (vedi la prefazione di
XVIII
Belgio, con il saggio di Francois van Laere sulla Revue des lan-gues
vivantes (1,1967): "ai grandi crocevia del pensiero critico si trova
'talora un analista pi contemporaneo della propria epoca e dei
propri contemporanei che, quando tenta di definirla, scopre
attraverso le sue intuizioni generose, i prolegomeni di una critica
futura. Un Lessing ha giocato questo ruolo. Umberto Eco lo giocher per noi?".
Destino (aprile '66) accoglie l'edizione spagnola affermando che
O.A. "apre un nuovo umanesimo a partire dalla scienza e dall'estetica contemporanea". La rivista joyciana A Wake Newsletter
(giugno 1967) a opera di Jean Schoonbroodt, soffermandosi sulla
parte dedicata a Joyce, afferma che "non si pu che rallegrarsi di
questo importante contributo all'esegesi joyciana del filosofo Eco, le
cui vedute danno prova di stupefacente profondit e di una vastit
d'orizzonte poco comune''.
Le edizioni successive dell'opera in altre lingue hanno ampliato
questa rassegna di giudizi, ovviamente non sempre consenzienti. Ma
a questo punto si pu dire che il libro entrato a far parte di un
repertorio di citazioni obbligate, e che in seguito stato riletto anche
alla luce dei successivi contributi dell'autore nel campo della
semiotica.
XX
intervalli fra un quiz mnemonico e l'altro, gli scrittori della generazione precedente si pongono una domanda: che fare?9.
I criteri di questa edizione
O.A. ha avuto sinora tre edizioni e varie ristampe. La prima edizione, del 1962, era nella collana "Portico"; la seconda, del 1967,
nella collana "Delfini Cultura"; la terza, del 1971 nella collana
"I satelliti". Mentre la terza edizione riproduce la seconda, tra
la seconda e la prima vi erano notevoli differenze. Anzitutto la
seconda edizione, economica, non comprendeva il saggio su
Joyce che, nel 1965, era stato pubblicato nella collana "Delfini
Cultura" come opera indipendente, col titolo Le poetiche di
Joyce. In secondo luogo alla seconda edizione era stato aggiunto
il saggio (gi apparso su Menab 5) "Del modo di formare come impegno sulla realt". Ma differenze pi sostanziali riguardavano sia l'introduzione che il testo dei saggi. Alla luce
dell'esperienza dell'edizione francese, di cui l'autore racconta nel
primo paragrafo di questa nota storica, variazioni terminologiche,
citazioni bibliografiche e ritocchi stilistici avevano parzialmente
mutato il testo. Inoltre l'introduzione era completamente
cambiata.
Nel 1962 il libro si presentava a un'udienza che si presumeva
diffidente o ostile: l'introduzione era polemica, da un lato, e
difensiva dall'altro. Quello che l'autore cercava di difendere era
il diritto a condurre un discorso sull'arte che fosse al tempo
stesso un discorso politico. Nel 1967 invece il libro presumeva
una udienza pi preparata, e il discorso introduttivo mirava
piuttosto a chiarire i fondamenti metodologici della ricerca. Nel
1962 l'introduzione si misurava con le estetiche storicistiche e
idealistiche, con le poetiche del realismo, con la critica dell'intuizione lirica, con una sinistra che vedeva ancora gli esperimenti
dell'avanguardia come divertimenti formalistici privi di connessione con la realt politica e sociale. Nel 1967, invece, l'introduzione si misurava con una societ culturale che aveva ormai riformulato in modo pi sfumato questi problemi, e con la metodologia strutturalistica che stava allora dominando la discussione
culturale. Inoltre l'introduzione del 1967 teneva conto delle
reazioni della critica del 1962 e, come appare chiaro dalla comparazione delle due introduzioni, attribuiva molti dei malintesi
e delle reazioni al tono concitato e provocatorio della prima introduzione. Pertanto l'introduzione 1967 appariva pi pacata e
"teorica", e non a caso si apriva con due citazioni di Valry e
Focillon dal tono "apollineo". Invece l'introduzione 1962 era
XXII
pi "dionisiaca", e non a caso si apriva con una patetica e sovraeccitata citazione da Apollinare.
Ora non si capirebbero gran parte delle reazioni a cui si fa cenno
nel secondo capitolo di questa nota se non si avesse sotto gli
occhi Vintroduzione 1962. Non solo, ma la comparazione tra le
due introduzioni mostra assai bene l'evoluzione del discorso
culturale a cinque anni di distanza (oltre che naturalmente lo
sviluppo problematico dell'autore) e ci pare un'interessante
occasione di confronto, se non in termini di storia almeno di
cronaca della cultura degli anni Sessanta. Si dunque deciso di
pubblicare qui entrambe le introduzioni, debitamente datate:
visto, inoltre, che esse possono essere lette, di fatto, come due
tra i saggi del libro, e forse come i pi significativi. Conservando
per il resto il corpo centrale dell'opera quale fu proposto nella
seconda edizione 1967, nelle edizioni successive stato aggiunto alla
fine, il saggio "Generazione di messaggi estetici in una lingua
edenica", del 1971, a cui l'autore fa cenno alla fine del primo
capitolo di questa nota.
XXIII
morbosa della cultura ed essere cos capace solo di riprodurre soluzioni gi tarate?
Ecco: gi il fatto che in questi saggi si operi una descrizione di strutture formali rimandando a un secondo
tempo la loro valutazione storica complessiva, un
procedimento determinato da una certa condizione della
cultura occidentale moderna.
Si sarebbe invece potuto dire: " Se l'arte un discorso
sull'uomo e sul modo in cui si deve impegnare attivamente
nella situazione storica, allora un'arte che riproduce
oggettivamente l'ambiguit del mondo quale la nostra
cultura lo vede e lo sente, non arte, ma evasione equivoca.
" Si sarebbe potuto dire: " Se l'arte deve instaurare un
linguaggio comune a tutta una societ, allora non pu
mettere in questione se stessa come linguaggio distruggendo
ogni volta i presupposti da cui parte. " Si sarebbe potuto
dire: " Se l'arte linguaggio che dice qualcosa al di fuori del
linguaggio, allora un'arte che dice solo mostrando la sua
struttura di linguaggio astratto, sterile e inutile. " Si
sarebbe potuto dire: " Se l'arte deve darci una Verit
positiva, allora deve smettere di compiacersi ad esprimere
una presunta crisi del concetto di verit. " Si sarebbe potuto
dire: u Se l'arte serve per stimolare un atteggiamento
rivoluzionario allora non pu soffermarsi a verificare le sue
possibilit formali e non pu sperimentare possibili
organizzazioni della percezione e possibili tirocini della
sensibilit, ma deve solo in chiare parole esprimere
l'indignazione dell'oppressione, la speranza e la tecnica
stessa della rivolta. n
Alcune di queste obbiezioni sono state di fatto mosse a
questi saggi quando sono apparsi, e in fondo hanno tutte una
loro validit. Ma ciascuna di esse presuppone che si analizzi
un fenomeno nuovo alla luce di una nozione di arte gi
preformata ed elaborata in altra situazione storicoculturale; quando proprio si esaminano questi fenomeni per
vedere se di fatto non si vada delineando nella nostra cultura
un concetto di arte difforme dai precedenti. L'uomo
maddaleniano, abituato a disegnare bisonti come atto rituale
che gli garantisse il dominio magico della preda e convinto
che questo fosse il fine primario dell'operazione artistica,
avrebbe rifiutato come opera d'arte la Madonna della
Seggiola.
Cosi se si dicesse a esempio che Pollock un fatto negativo
perch non serve a fare la rivoluzione, l'affermazione
implicherebbe un equivoco di base: in questo caso
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lo
zione del Caso, dell'Indeterminato, del Probabile, dell'Ambiguo, del Plurivalente... Nel complesso ci si propone una
indagine sui vari momenti in cui l'arte contemporanea si
trova a fare i conti con il Disordine; che non il disordine
cieco e insanabile, lo scacco di ogni possibilit ordinatrice,
ma il disordine fecondo di cui la cultura moderna ci ha
mostrato la positivit: la rottura di un Ordine tradizionale,
che l'uomo occidentale credeva immutabile e identificava
con la struttura oggettiva del mondo... Ora, poich questa
nozione si dissolta, attraverso un secolare sviluppo
problematico, nel dubbio metodico, nella instaurazione
delle dialettiche storicistiche, nelle ipotesi dell'indeterminazione, della probabilit statistica, dei modelli
esplicativi provvisori e variabili, l'arte non ha fatto altro
che accettare questa situazione e tentare come sua
vocazione di darle forma."
Ma si deve ammettere che, in materia cosi delicata di
rapporti tra diversi universi disciplinari, di " analogie " tra
modi di operare, un discorso metaforico rischia di essere
inteso, malgrado ogni cautela, come un discorso metafisico.
Crediamo dunque utile definire pi a fondo e con maggior
rigore: 1) quale sia l'ambito della nostra ricerca; 2) che
valore abbia la nozione di opera aperta; 3) cosa significhi
parlare di w struttura di un'opera aperta " e raffrontare
questa struttura a quella di altri fenomeni culturali; 4)
infine, se una ricerca del genere debba essere fine a se stessa
o preludere a ulteriori correlazioni.
1. Anzitutto, questi non sono soltanto saggi d'estetica
teorica (non elaborano ma piuttosto presumono una serie di
definizioni sull'arte e i valori estetici): sono piuttosto saggi
di storia della cultura e pi precisamente di storia delle
poetiche. Cercano di illuminare un momento della storia
della cultura occidentale (il presente) scegliendo come punto
di vista e via di accesso (come approach) le poetiche
dell'opera aperta. Cosa si intende'per " poetica *? Il filone
che dai formalisti russi va agli attuali discendenti degli
strutturali-.ti di Praga intende per " poetica " lo studio
delle strutture linguistiche di un'opera letteraria. Valry,
nella Tremire Legon du Cours de Potique, allargando
l'accezione del termine a tutti i generi artistici, parlava di
uno studio del fare artistico, quel potein " qui s'achve en
quelque oeuvre ", u l'aotion qui fait ", le mo-
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stilistiche egli ha assimilato, sotto specie di modo di formare, un modo di vedere il mondo. L'opera che produrr
potr avere connessioni esilissime con il proprio momento
storico, potr esprimere una fase successiva dello sviluppo
generale del contesto, o potr esprimere, della fase in cui
egli vive, livelli profondi che non appaiono ancora cosi
chiari ai contemporanei. Ma per poter ritrovare,
attraverso quel modo di elaborare strutture, tutti i legami
tra l'opera e il suo tempo, o il tempo passato, o quello a
venire, l'indagine storica immediata non potr che dare
risultati approssimativi. Solo comparando quel modus
operandi ad altri atteggiamenti culturali dell'epoca (o di
epoche diverse, in un rapporto di dcalage che in
termini marxisti possiamo indicare come " disparit di
sviluppo "), solo identificando tra questi elementi co*
muni, riducibili alle stesse categorie descrittive, si profiler la direzione lungo la quale una indagine storica
successiva dovr individuare le connessioni pi profonde
e articolate che sottostanno alle similarit rilevate in un
primo tempo. A maggior ragione, quando come nel
nostro caso l'ambito del discorso il periodo di cui
noi stessi siamo giudici e prodotto a un tempo, il gioco
delle relazioni tra fenomeni culturali e contesto storico
si fa vieppi intricato. Ogni volta che, per polemica o
dogmatismo, cerchiamo di porre un rapporto immediato,
mistifichiamo una realt storica che sempre pi ricca
e sottile di quanto noi la facciamo. La semplificazione
prodotta da una descrizione in termini di modelli strutturali, pertanto, non significa occultare la realt: rappresenta il primo passo verso la sua comprensione. Si
stabilisce qui, allora, ad un livello pi empirico, il rapporto ancora problematico tra logica formale e logica
dialettica (e tale, in ultima analisi, ci pare il senso di
tante attuali discussioni tra metodologie diacroniche e sincroniche). La nostra persuasione che i due universi siano
recuperabili. Che in una certa misura, anche senza che
lo si voglia, la coscienza della storia agisca gi in ogni
indagine sulle configurazioni formali dei fenomeni; e
potr agirvi in seguito quando, introdotti i modelli formali elaborati nel giro di un pi ampio discorso storico,
la serie delle verifiche potr anche portarci a rielaborare
lo stesso modello iniziale.
Fissare dunque l'attenzione, come abbiamo fatto, sul
rapporto fruitivo opera-consumatore, quale si configura
nelle poetiche dell'opera aperta, non significa ridurre il
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OPERA APERTA
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Ma chiaro che opere come quelle di Berio o di Stockhausen sono "aperte" in senso meno metaforico e ben
pi tangibile; detto volgarmente, sono opere "non finite
", che l'autore pare consegnare all'interprete pi o meno
come i pezzi di un meccano, apparentemente disinteressandosi di come andranno a finire le cose. Questa interpretazione dei fatti paradossale ed inesatta, ma l'aspetto
pi esteriore di queste esperienze musicali porge effettivamente occasione ad un equivoco del genere; equivoco
peraltro produttivo, perch questo lato sconcertante di tali
esperienze ci deve indurre a vedere perch oggi un artista
avverta l'esigenza di lavorare in tale direzione; in risoluzione di quale evolversi storico della sensibilit estetica;
in concomitanza a quali fattori culturali del nostro tempo; e come queste esperienze debbono essere viste alla
luce di una estetica teorica.
***
La poetica dell'opera " aperta " tende, come dice Pousseur, (s) a promuovere nell'interprete " atti di libert cosciente", a porlo come centro attivo di una rete di relazioni inesauribili, tra le quali egli instaura la propria forma, senza essere determinato da una necessit che gli
prescrive i modi definitivi dell'organizzazione dell'opera
indiretta alla quale lo scrittore, per un'ultima indeterminazione, si
astiene dal rispondere. La risposta data da ciascuno di noi, che vi
apporta la sua storia, il suo linguaggio, la sua libert; ma poich
storia, linguaggio e libert cambiano all'infinito, la risposta del mondo
allo scrittore einfnita: non si cessa mai di rispondere a ci che stato
scritto al di l di ogni risposta: affermati, poi messi in contraddizione,
quindi rimpiazzati, i sensi passano, la domanda rimane... Ma affinch
il gioco si compia (...) occorre rispettare certe regole: occorre da un
lato che l'opera sia veramente una forma, che essa designi un senso
incerto, non un senso chiuso... " (" Avant-propos ", Sur Roane, Paris,
Seuil, 1963). In questo senso dunque la letteratura (ma noi diremmo:
ogni messaggio artistico) designerebbe in modo certo un oggetto incerto.
C3) La nuova sensibilit musicale, in "Incontri Musicali", n. 2,
maggio 1958, pag. 25.
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nato secondo leggi universalmente riconosciute si sostituito un mondo fondato sulla ambiguit, sia nel senso
negativo di una mancanza di centri di orientamento, sia
nel senso positivo di una continua rivedibilit dei valori
e delle certezze.
Cosi, anche l dove difficile stabilire se in un autore
vi fosse intenzione simbolica e tendenza all'indeterminato o all'ambiguo, una certa poetica critica oggi si incarica di vedere tutta la letteratura contemporanea come
strutturata in efficaci apparati simbolici. In un suo libro
sul simbolo letterario W. Y. Tindall, attraverso ima analisi
delle maggiori opere della letteratura d'oggi, 'mira a
rendere teoricamente e sperimentalmente definitiva l'affermazione di Paul Valry " il n'y a pas de vrai sens
d'un texte " sino a concludere che un'opera d'arte un
apparato che chiunque, compreso il suo autore, pu u usare" come meglio crede. Questo tipo di critica mira dunque a vedere l'opera letteraria come continua possibilit
di aperture, riserva indefinita di significati; e su questo
piano vanno visti tutti gli studi americani sulla struttura
della metafora e sui vari " tipi di ambiguit * offerti dal
discorso poetico. Q
superfluo qui richiamare alla mente del lettore, come
esemplare massimo di opera "aperta" intesa proprio
a dare una immagine di una precisa condizione esistenziale e ontologica del mondo contemporaneo l'opera
di James Joyce. In Ulysses un capitolo come quello dei
Wandering Roc\s costituisce un piccolo universo riguardarle da vari angoli prospettici, dove l'ultimo ricordo di
una poetica di stampo aristotelico, e con essa di un
decorso univoco del tempo in uno spazio omogeneo,
O Cfr. W. Y. TINDALL, The Utcrary Symbol, New York, Columbia
Un. Press, 1955. Per uno sviluppo attuale delle idee di Valry v. GERAKD
GENETTE, Figures, Paris, Seuil, 1966 (in particolare a La lit-trature
comme telle "). Per una analisi sul rilievo estetico della nozione di
ambiguit, cfr. le importanti osservazioni e i riferimenti bibliografici in
GILLO DOBFLES, // divenire delle arti, Torino, Einaudi, 1959, pag. 51
sgg.
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del tutto scomparso. Come si espresso Edmund Wilson: (*) u La sua forza (di Ulysses), invece di seguire una
linea, espande se stessa in ogni dimensione (inclusa quella del Tempo) intorno a un singolo punto. Il mondo di
Ulysses animato da una vita complessa e inesauribile:
noi lo rivisitiamo come faremmo per una citt, dove
torniamo pi volte per riconoscere i volti, comprendere
le personalit, porre relazioni e correnti di interessi. Joyce
ha esercitato una considerevole ingegnosit tecnica per introdurci agli elementi della sua storia in un ordine tale
che ci rende capaci di trovare da noi le nostre vie: dubito
assai che una memoria umana sia capace alla prima lettura di soddisfare tutte le richieste di Ulysses. E quando
10 rileggiamo, noi possiamo incominciare da qualsiasi
punto, come se fossimo di fronte a qualcosa di solido
come una citt che esista veramente nello spazio e nella
quale si possa entrare da qualsiasi direzione cosi come
Joyce ha detto, componendo il suo libro, di aver lavorato
contemporaneamente alle varie parti. "
Nel Finnegans Wa\e infine siamo veramente in presenza di un cosmo einsteiniano, incurvato su se stesso
la parola d'inizio si salda con quella finale e quindi
finito, ma proprio per questo illimitato. Ogni avvenimento, ogni parola si trovano in una relazione possibile
con tutti gli altri ed dalla scelta semantica effettuata
in presenza di un termine che dipende il modo di intendere tutti gli altri. Questo non significa che l'opera
non abbia un senso: se Joyce vi introduce delle chiavi
proprio perch desidera che l'opera sia letta in un certo
senso. Ma questo "senso" ha la ricchezza del cosmo, e
l'autore vuole ambiziosamente che esso implichi la totalit dello spazio e del tempo degli spazi e dei tempi
possibili. Lo strumento principe di questa integrale ambiguit il pun, il calembour: dove due, tre, dieci radici
() EDMUND WILSON, Axel's Cosile, London-New York, Scribner's
Sons, 1931, pag. 210 dell'ed. 1950 (tr. it. // castello di Axel, Milano,
11 Saggiatore, 1965).
43
diverse si combinano in modo che una sola parola diventi un nodo di significati, ciascuno dei quali pu incontrarsi e correlarsi ad altri centri di allusione, aperti
ancora a nuove costellazioni e a nuove probabilit di
lettura. Per definire la situazione del lettore di Finnegans
Wa\e ci pare che possa servire a meraviglia una descrizione che Pousseur d della situazione dell'ascoltatore
di una composizione seriale postdodecafonica: " Giacch
i fenomeni non sono pi concatenati gli uni con gli altri
secondo un determinismo conseguente, spetta all'ascoltatore di porsi volontariamente nel mezzo di una rete di
relazioni inesauribili, di scegliere per cosi dire egli stesso
(ma ben sapendo che la sua scelta condizionata dall'oggetto che mira) i suoi gradi di avvicinamento, i suoi
punti di ritrovo, la sua scala di riferimenti; lui ora a
tendere ad utilizzare contemporaneamente la maggior
quantit di gradazioni e di dimensioni possibili, di
render dinamici, di moltiplicare, di estendere all'estremo
i suoi strumenti di assimilazione." (*) E con questa citazione rimane sottolineata, se pur se ne fosse avvertito
il bisogno, la convergenza di tutto il nostro discorso ad
un punto unico di interesse, e l'unit della problematica
dell'opera u aperta " nel mondo contemporaneo.
N si deve pensare che l'invito all'apertura avvenga
soltanto sul piano della suggestione indefinita e della
sollecitazione emotiva. Se esaminiamo la poetica teatrale
di Bertolt Brecht troviamo una concezione dell'azione
drammatica come esposizione problematica di determinate situazioni di tensione; proposte queste situazioni
secondo la nota tecnica della recitazione "epica", che
non vuole suggestionare lo spettatore ma presentargli
in modo distaccato, estraniato, i fatti da osservare la
drammaturgia brechtiana, nelle sue espressioni pi rigorose, non elabora soluzioni: sar lo spettatore a trarre
conclusioni critiche da ci che ha visto. Anche i drammi
di Brecht terminano in una situazione di ambiguit (tiO Foussiuft, op. cit.t pag. 25. 44
In tutti i fenomeni esaminati, la categoria della " apertura " era impiegata per definire situazioni spesso diverse,
ma in complesso i tipi di opera presi in esame si differenziavano tutti dalle opere dei musicisti post-weberniani che avevamo preso in esame all'inizio. Indubbiamente dal barocco alle odierne poetiche del simbolo si
andato sempre pi precisando un concetto di opera dall'esito non univoco, ma gli esempi esaminati nel paragrafo precedente ci proponevano una "apertura" basata su di una collaborazione teoretica, mentale, del fruitore, che deve liberamente interpretare un fatto d'arte
gi prodotto, gi organizzato secondo una sua compiutezza strutturale (anche se strutturato in modo da riuscire indefinitamente interpretabile). Invece una composizione come Scambi di Pousseur rappresenta qualcosa
di ulteriore: mentre ascoltando un'opera di Webern
l'ascoltatore liberamente riorganizza e fruisce una serie
di relazioni nell'ambito dell'universo sonoro offertogli
(e gi completamente prodotto), in Scambi il fruitore organizza e struttura, dal lato stesso della produzione e
della manualit, il discorso musicale. Collabora a fare
l'opera.
Non si intende affermare che questa successiva differenza qualifichi l'opera come pi o meno valida rispetto
a quelle gi fatte: in tutto il presente discorso sono in
questione diverse poetiche valutate per la situazione cul45
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ottiene sullo schermo una composizione di intensa bellezza cromatica; facendo quindi ruotare lentamente la lente
polaroid, la figura proiettata comincia a cangiare gradatamente i propri colori passando attraverso tutta la gamma dell'iride e realizzando, attraverso la reazione cromatica dei diversi materiali plastici e dei diversi strati
di cui sono composti, una serie di metamorfosi che incidono anche sulla stessa struttura plastica della forma.
Regolando a piacere la lente ruotante il fruitore collabora effettivamente ad una creazione dell'oggetto estetico,
almeno nell'ambito del campo di possibilit che l'esistenza di una gamma di colori e la predisposizione plastica
delle diapositive gli consentono.
Dal canto proprio il disegno industriale ci offre esempi
minimi ma evidenti di opere in movimento con certi oggetti di arredamento, lampade snodabili, librerie ricomponibili in varie guise, poltrone capaci di metamorfosi
di indubbia dignit stilistica, permettendo all'uomo d'oggi
di farsi e disporsi le forme tra le quali vive, secondo il
proprio gusto e le proprie esigenze d'uso.
Se ci volgiamo al settore letterario per cercare un esempio di opera in movimento troviamo, anzich un pendant
contemporaneo, una anticipazione ormai classica : si tratta
del Livre di Mallarm, l'opera colossale e totale, l'Opera
per eccellenza che per il poeta doveva costituire non solo
il fine ultimo della propria attivit, ma il fine stesso del
mondo {Le monde existe pour aboutir un livre). Quest'opera Mallarm non l'ha portata a termine pur avendovi posto mano tutta la vita, ma ne esistono gli abbozzi,
recentemente portati alla luce da un sagace lavoro di filologia. (") Le intenzioni metafsiche che si sottendono a
questa impresa sono vaste e discutibili; ci sia permesso
accantonarle per prendere in considerazione solamente la
struttura dinamica di questo oggetto artistico che intende
(") JACQUES SCHEIEI, Le "Livre" de Mollarmi (Premire* recherches sur des documents inditi), Paris, Gallimard, 1957 (cfr. in
particolare il cap. Ili, Physique du Livre),
47
porre attraverso l'offerta di certi elementi verbali e l'indicazione della loro combinabilit.
Il fatto che la meccanica combinatoria qui si ponga al
servizio di una rivelazione di tipo orfico, non incide
sulla realt strutturale del libro come oggetto mobile e
aperto (in questo singolarmente vicino ad altre esperienze gi citate e nate da altre intenzioni comunicative
e formative). Permettendo la permutabilit di elementi
di un testo gi di per s capace di suggerire relazioni aperte, il Livre voleva divenire un mondo in continua fusione che si rinnova continuamente agli occhi del lettore
mostrando sempre nuovi aspetti di quella poliedricit dell'assoluto che esso intende, non diremo esprimere, ma
sostituire e realizzare. In tale struttura non si sarebbe
dovuto rinvenire alcun senso fissato, cos come non era
prevista una forma definitiva: se un solo passaggio del
libro avesse avuto un senso definito, univoco, inaccessibile
alle influenze del contesto permutabile, questo passaggio
avrebbe bloccato l'insieme del meccanismo.
L'utopistica impresa di Mallarm, che si complicava di
aspirazioni ed ingenuit veramente sconcertanti, non fu
portata a termine; e non sappiamo se, una volta compiuta, l'esperienza sarebbe stata valida, oppure sarebbe
apparsa una equivoca incarnazione mistica ed esoterica
di una sensibilit decadente al termine della propria parabola. Propendiamo per la seconda ipotesi, ma certo
interessante trovare, all'alba della nostra epoca, un cosi
vigoroso suggerimento di opera in movimento, segno che
certe esigenze vagano nell'aria, e per il solo fatto d'essere
si giustificano e vanno spiegate come dati di cultura da
integrarsi nel panorama di un'epoca. Per questo si
preso in considerazione l'esperimento di Mallarm anche
se legato ad una problematica assai ambigua e storicamente ben delimitata, mentre le attuali opere in movimento cercano invece di instaurare armonici e concreti
rapporti di convivenza e come avviene per le recenti
esperienze musicali tirocini della sensibilit e dell'im49
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cettivo e caratterizza ogni momento della nostra esperienza conoscitiva: ogni fenomeno apparirebbe cosi " abitato " da una certa potenza, " la potenza di essere svolto
in una serie di apparizioni reali o possibili ". Il problema
del rapporto del fenomeno al suo fondamento ontologico
si muta, in una prospettiva di apertura percettiva, nel
problema del rapporto del fenomeno alla plurivalenza
delle percezioni che possiamo averne. (15) Questa situazione viene accentuata nel pensiero di Merleau-Ponty:
"come potr dunque si domanda il filosofo una
cosa presentarsi veramente a noi, poich la sintesi non
mai compiuta... Come posso avere l'esperienza del mondo
come di un individuo esistente in atto, dato che nessuna
delle prospettive secondo cui lo guardo riesce a esaurirlo
e che gli orizzonti sono sempre aperti}... La credenza
nella cosa e nel mondo non pu che sottintendere la presunzione di una sintesi compiuta e tuttavia questo
compimento e reso impossibile dalla natura stessa delle
prospettive da correlare, dato che ciascuna di esse rinvia
continuamente attraverso i suoi orizzonti ad altre prospettive... La contraddizione che noi troviamo tra la realt
del mondo e la sua incompiutezza, la contraddizione
stessa tra l'ubiquit della coscienza e il suo impegnarsi
in un campo di presenza... Questa ambiguit non una
imperfezione della coscienza o dell'esistenza, ma ne la
definizione... La coscienza, che passa per essere il luogo
della chiarezza, al contrario il luogo stesso dell'equivoco." p Questi i problemi che la fenomenologia pone
alla base
(u) J. P. SAITRB, L'Essere e il Nulla, trad. G. Del Bo, Milano,
Mondadori, 1959. Sartre avverte nel contempo l'equivalenza tra questa
situazione percettiva, costitutiva di ogni nostra conoscenza, e il rapporto conoscitivo-interpretativo che intratteniamo con l'opera d'arte:
" Il genio di Proust, pur ridotto alle opere prodotte, non equivale meno
all'infinit dei punti di vista possibili che si potranno assumere intorno
a quest'opera e che saranno chiamati ' la inesauribilit ' dell'opera
proustiana " (pag. 12).
(I6) M. MERLEAU-PONTY, Phnotnnologie de la percepitoti, Paris,
Gallimard, 1945, pagg. 381-383.
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stessa della nostra situazione di uomini nel mondo; proponendo all'artista, oltre che al filosofo e allo psicologo,
affermazioni che non possono non avere una funzione di
stimolo per la sua attivit formativa: " dunque essenziale alla cosa e al mondo di presentarsi come * aperti '
di prometterci sempre * qualcos'altro da vedere \ " (")
Si potrebbe benissimo pensare che questa fuga dalla
necessit sicura e solida e questa tendenza all'ambiguo
e all'indeterminato, riflettano una condizione di crisi del
nostro tempo; oppure, all'opposto, che queste poetiche,
in armonia con la scienza di oggi, esprimano le possibilit
positive di un uomo aperto ad un rinnovamento continuo
dei propri schemi di vita e conoscenza, produttivamente
impegnato in un progresso delle proprie facolt e dei
propri orizzonti. Ci sia permesso di sottrarci a questa
contrapposizione cosi facile e manichea, e limitiamoci in
questa sede a rilevare delle concordanze, o almeno, delle
consonanze; consonanze che rivelano un corrispondersi
di problemi dai pi diversi settori .della cultura contemporanea, indicando gli elementi comuni di una nuova
visione del mondo.
Si tratta di un convergere di problemi ed esigenze che
le forme dell'arte riflettono attraverso quelle che potremmo definire delle analogie di struttura, senza che peraltro
si debbano o si possano instaurare dei paralleli rigorosi. (") Accade cosi che fenomeni come quelli delle opere
in movimento riflettano ad un tempo situazioni episte(") Ibidem, pag. 384.
(") indubbio che sia pericoloso stabilire delle semplici analogie;
ma altrettanto pericoloso rifiutarsi di individuare dei rapporti per
una ingiustificata fobia delle analogie, propria degli spiriti semplici o
delle intelligenze conservatrici. Vorremmo ricordare una frase di ROMAN
JAKOBSON: "A coloro che si spaventano facilmente delle analogie
arrischiate, risponder che anch'io detesto fare analogie pericolose: ma
amo le analogie feconde " (Essais de linguistique generale, Paris, Ed. de
Minuit, 1963, pag. 38). Una analogia cessa di essere indebita quando
viene posta come punto di partenza per una verifica ulteriore: U problema ora consiste nel ridurre i diversi fenomeni (estetici e no) a dei
modelli strutturali pi rigorosi per individuarvi non pi delle analogie
ma delle omologie di struttura, delle similarit strutturali. Siamo consci
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eia nella totalit dell'universo, un universo in cui discontinuit ed indeterminatezza possono in fondo sconcertarci
con la loro improvvisa apparizione, ma che in realt, per
usare le parole di Einstein, non presuppongono un Dio
che gioca a dadi ma il Dio di Spinoza che regge il mondo con leggi perfette. In questo universo la relativit
costituita dalla infinita variabilit dell'esperienza, dalla
infinit delle misurazioni e delle prospettive possibili,
ma l'oggettivit del tutto risiede nell'invarianza delle descrizioni semplici formali (delle equazioni differenziali)
che stabiliscono appunto la relativit delle misurazioni
empiriche. Non qui che si deve giudicare della validit
scientifica di questa implicita metafisica einsteiniana; ma
il fatto che esiste una suggestiva analogia tra questo
universo e l'universo delYopera in movimento. Il Dio di
Spinoza che nella metafisica einsteiniana soltanto un
dato di fiducia extrasperimentale, per l'opera d'arte diviene una realt di fatto e coincide con l'opera ordinatrice dell'autore. Questi, in una poetica dell'opera in movimento, pu benissimo produrre in vista di un invito
alla libert interpretativa, alla felice indeterminazione degli esiti, alla discontinua imprevedibilit delle scelte sottratte alla necessit, ma questa possibilit cui l'opera si
apre tale nell'ambito di un campo di relazioni. Come
nell'universo einsteiniano, nell'opera in movimento il negare che vi sia una sola esperienza privilegiata non implica ri caos delle relazioni, ma la regola che permette
l'organizzarsi delle relazioni. Uopera in movimento, insomma, possibilit di una molteplicit di interventi personali ma non invito amorfo all'intervento indiscriminato: l'invito non necessario n univoco all'intervento
orientato, ad inserirci liberamente in un mondo che tuttavia sempre quello voluto dall'autore.
L'autore offre insomma al fruitore un'opera da finire:
non sa esattamente in qual modo l'opera potr essere
portata a termine, ma sa che l'opera portata a termine
sar pur sempre la sua opera, non un'altra, e che alla
fine del dialogo interpretativo si sar concretata una
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garlc.... O
Tali affermazioni, fatte dal punto di vista teoretico dell'estetica, sono applicabili ad ogni fenomeno d'arte, ad
(2i) LUIGI PAIEYSON, Estetica - Teoria della formativit, ed. cit., pagg.
194 e sgg., ed in genere tutto il capitolo Vili (Lettura, inter-prttazionc
e critica).
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scernere "). Se la riflessione ci obbliga a scegliere e a portare in luce solo alcuni elementi della situazione, "l'indefinita qualit pervasiva di una esperienza quella che
collega tutti gli elementi definiti, gli oggetti di cui siamo
focalmente consapevoli, facendone un tutto". La riflessione non fonda, ma fondata, nella sua possibilit di
selezione, da questa pervasivit originaria. Ora per Dewey il proprio dell'arte sarebbe esattamente quello di
evocare e accentuare a questa qualit di essere un tutto
e di appartenere a un tutto pili grande, che tutto include
e che l'universo nel quale viviamow. (*) Questo fatto,
che spiegherebbe il sentimento di commozione religiosa
che ci assale nell'atto della contemplazione estetica, Dewey
lo avverte con molta chiarezza, pari almeno a quella di
Croce, se pure in altro contesto filosofico, ed questo
uno dei tratti pi interessanti di quella sua estetica che,
a un occhio affrettato, potrebbe apparire, per i suoi fondamenti naturalistici, rigidamente positivistica. Questo
perch naturalismo e positivismo in Dewey sono pur
sempre di origine ottocentesca e in definitiva
romantica, e ogni analisi, sia pure ispirata alla scienza,
non manca di culminare in un momento di commozione
di fronte al mistero del cosmo (e non per nulla il suo
organicismo, seppure passa attraverso Darwin, proviene
anche da Coleridge e da Hegel, non importa quanto
coscientemente); (*) quindi alle soglie del mistero cosmico
Dewey quasi sembra aver timore di avanzare un passo
successivo che gli permetta di disossare questa tipica
esperienza dell'indefinito riportandola alle sue coordinate
psicologiche, e dichiara inspiegabilmente forfait: "Non
posso vedere nessun fondamento psicologico di
O JOHN DEWEY, Arte come esperienza, Firenze, La Nuova Italia,
1951, pag. 230.
(4) Nota l'accusa di idealismo mossa a Dewey da S. C. PEPPER (Some
Questioni on Dewey's Aesthetics, in The Philosophy of /. D., Evanston
and Chicago, 1939, pagg. 371 sgg.) per cui l'estetica del filosofo
accomuna i caratteri, incompatibili, di una tendenza orgamstic e una
tendenza pragmatistica.
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nostra attivit d'attenta percezione porta in ci che riceviamo per mezzo dei sensi ". ( 8) Di conseguenza aver
forma " contraddistingue una maniera di considerare, di
sentire e di presentare la materia sperimentata in modo
che essa molto prontamente ed efficacemente diventi un
materiale per la costruzione di una adeguata esperienza
per coloro che sono meno dotati del creatore originale
". o
Questa non ancora una chiara spiegazione psicologica
di come si verifichi, nella esperienza estetica, quella presunzione di " totalit " che stata registrata da tanti critici e filosofi, ma ne costituisce indubbiamente la premessa filosofica. Tanto vero che da queste come da altre
affermazioni deweyane ha preso forma una metodologia psicologica che quella transazionista; per la quale
il processo di conoscenza appunto un processo di transazione, una faticosa contrattazione, e di fronte allo stimolo originario il soggetto interviene convogliando nella
percezione attuale la memoria delle sue passate percezioni, e solo cosi facendo concorre a dar forma all'esperienza in atto; quella esperienza che non si limita cosi
alla registrazione di una Gestalt preesistente come autonoma configurazione del reale (e neppure , idealisticamente parlando, un nostro libero atto di posizione dell'oggetto) ma appare come il risultato situazionale del nostro inerire processualmente al mondo, anzi il mondo come risultato finale di questa inerenza attiva. ( 10) Quindi
l'esperienza della "totalit" (che esperienza del mo(*) Op. cit.y pag. 123. Per cui " la portata di un'opera d'arte si
misura dal numero e dalla variet degli elementi provenienti ' da passate esperienze organicamente assorbiti nella percezione avuta qui e
ora " (pag. 146).
0 Op. cit.y pag. 131. Cosi "il Partenone, o qualsiasi cosa, universale perch pu continuamente ispirare nuove realizzazioni personali nell'esperienzaw (pag. 130).
(I0) Per una serie di conferme sperimentali cfr. Explorations in
Transactional Psychology, a cura di F. P. KTLPATRICK, New York, Un.
Press, 1961 (tr. it., La psicologia transazionale, Milano, Bompiani,
1967).
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mento estetico come momento "aperto" della conoscenza) consente una spiegazione psicologica, e il difetto di
questa spiegazione inficia i protocolli crociani e in
parte quelli deweyani.
Trasportato nel campo della psicologia il problema
coinvolgerebbe immediatamente la condizione generale
del conoscere, e non solo l'esperienza estetica, a meno
che non si volesse fare dell'esperienza estetica la condizione aurorale di ogni conoscere, la sua fase primaria ed
essenziale (il che anche possibile, ma non a questo
punto del discorso: al massimo, proprio in risoluzione
del discorso che si sta per fare). Ma il discorso, poich
dovr essere discussione su ci che avviene nel processo
di transazione tra individuo e stimolo estetico, potr organizzarsi in misura pili semplice e chiara se sar portato
su di un fenomeno preciso come quello del linguaggio.
Il linguaggio non una organizzazione di stimoli naturali come pu esserlo il fascio di fotoni che ci colpisce
in quanto stimolo luminoso; organizzazione di stimoli
attuata dall'uomo, fatto artificiale, come fatto artificiale
la forma artistica; e quindi, anche senza attuare una
identificazione arte-linguaggio, si potr utilmente procedere trasportando in un campo le osservazioni rese
possibili nell'altro. Come hanno compreso i linguisti (")
il linguaggio non un mezzo di comunicazione tra
tanti; "ci che fonda ogni comunicazione"; meglio
ancora "il linguaggio realmente la fondazione stessa
della cultura. In rapporto al linguaggio tutti gli altri
sistemi di simboli sono accessori o derivati". (")
L'analisi della nostra reazione di fronte a una proposizione sar il primo passo da fare per vedere le modalit di reazione diverse (o radicalmente eguali) che si
configurano di fronte allo stimolo linguistico comune e
a quello che comunemente indichiamo come estetico;
(") Cfr. NICOLAS RUWET, Prefazione agli Essms de linguistique generale di
JAKOBSON {op. cit.y pag. 21). (,2) R. JAKOBSON, op. cit.t pag. 28.
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riprendere dal punto di partenza le definizioni insufficienti di Croce e di Dewey, che riducevano appunto l'esperienza estetica a una sorta di emozione non meglio definita, non ci d pienamente ragione del messaggio estetico. E ci accorgeremo di come la distinzione tra referenziale ed emotivo ci obblighi, a poco a poco, ad accettare un'altra bipartizione, quella tra funzione denotativa e funzione connotativa del segno linguistico. (") Si
vedr come il messaggio referenziale possa essere inteso
come un messaggio a funzione denotativa, mentre le stimolazioni emotive che il messaggio attua sul ricettore (e
che possono talora essere delle pure e semplici risposte
pragmatiche), (") nel messaggio estetico si profilino come un sistema di connotazioni diretto e controllato dalla
struttura stessa del messaggio. (")
(1S) Ci riferiamo qui, come a un utile riassunto delle varie posizioni
in merito, a ROLAND BARTHES, Elments de semiologie', in w Communications w n. 4 (ora in tr. it., Elementi di semiologia, Torino, Einaudi,
196.
(w) Ci riferiamo qui alla suddivisione morrisiana (C. MORRIS,
Foundations of the Theory of Signs, in Int. Enciclopdia of Unified
Science, 1, 2, Chicago, 1938): il significato di un termine pu essere
indicato nei termini della reazione psicologica di chi lo riceve: e questo
l'aspetto pragmatico', l'aspetto semantico riguarda la relazione tra
segno e denotatum; l'aspetto sintattico infine riguarda l'organizzazione
interna di pi termini in un discorso.
(I7) Nel corso delle pagine che seguono ci rifaremo dunque, come a
utili strumenti di lavoro preliminare, alle nozioni di uso referenziale e
uso emotivo del linguaggio proposte da C. K. OGDEN e I. A.
RICHABDS, The Meaning of Meaning, London, 1923. L'uso referenziale
(o simbolico) del linguaggio prevede, secondo il noto " triangolo " di
Ogden-Richards, che: 1) il simbolo abbia un corrispondente referente
che rappresenta la cosa reale indicata; 2) la corrispondenza tra simbolo
e referente sia indiretta, in quanto, nel processo di significazione, viene
mediata dalla referenza, e cio il concetto, l'immagine mentale della
cosa indicata. Per ridurre la funzione referenziale a funzione denotativa
e interpretare la funzione emotiva in termini di connotazione, dovremo rifarci alla bipartizione saussuriana tra significante e significato
(F. DE SAUSSURE, Cours de linguistiquc generale, Paris, 1915). Una
corrispondenza rigorosa tra le categorie della semiologia saussuriana e
quelle della semantica richardsiana ancora in discussione (cfr. KLAUS
HIGER, Les bases mthodologiques de l'onomasiologie et du classement
par concepts, in u Travaux de linguistique et de littrature w III, 1,
1965): in questa sede assumeremo come provvisorie le seguenti equi-
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digiuna di geografia, potr lasciarla indifferente o al massimo curiosa, di fronte a questo luogo di provenienza
impreciso, udito menzionare per la prima volta, che
provoca nella sua mente una sorta di vuoto, uno schema
referenziale monco, un mosaico privo di tessera. Detta
infine a una terza persona, la menzione di Bassora potrebbe risvegliargli immediatamente il ricordo, non di
luogo geografico esatto, ma di un " luogo " della fantasia,
conosciuto attraverso la lettura delle Mille e una notte.
In questo caso Bassora non costituir per costui uno stimolo capace di rimandarlo immediatamente a un significato preciso, ma gli susciter un u campo " di ricordi e di
sentimenti, la sensazione di una provenienza esotica, una
emozione complessa e sfumata in cui concetti imprecisi
si mescolano a sensazioni di mistero, indolenza, magia,
esotismo. Ali Bab, l'hashish, il tappeto volante, le odalische, gli aromi e le spezie, i detti memorabili di mille
califfi, il suono di strumenti orientali, la circospezione
levantina e l'astuzia asiatica del mercante, Bagdad... Quanto pi imprecisa la sua cultura o fervida la sua immaginazione, tanto pi la reazione sar fluida e indefinita, i
suoi contorni sfrangiati e digradanti. Ricordiamo quello
che una insegna commerciale come "Agendath Netaimw riesce a suscitare nella mente monologante di
Leopold Bloom, nel quarto capitolo dello Ulysses (e
quanto lo stream of consciousness ricostruito dal narratore
riesca, in questo come in altri casi, a costituirsi come prezioso documento psicologico): in queste avventure della
mente divagante di fronte allo stimolo impreciso, la parola "Bassora" riverbera la sua imprecisione anche sui
termini precedenti, e una espressione come "quell'uomo" rimanda ormai a un significato pieno di mistero,
molto pi meritevole di interesse; cos come il verbo
"viene" non indica pi soltanto un moto da luogo, ma
evoca ormai l'idea di un viaggio, la pi densa e affascinante concezione del viaggio che mai abbiamo elaborato,
il viaggio di chi viene da lontano e per sentieri di fiaba,
il Viaggio come archetipo. Il messaggio (la frase) si apre
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Oggetto d'arte, effetto di costruzione consapevole, veicolo di una certa quota comunicativa, l'espressione esaminata ci porta a comprendere per quali vie si possa
pervenire a quello che intendiamo come effetto estetico,
ma si ferma al di qua di un certo limite. Spostiamoci
dunque verso un esempio pi promettente.
Ippolito decide di lasciare la patria per lanciarsi in una
vana ricerca di Teseo; ma Teramene sa che quella non
la vera ragione della partenza del principe e indovina
un cruccio pi segreto: cosa induce Ippolito a lasciare i
luoghi cari alla sua infanzia? Ippolito risponde: quei
luoghi hanno perduto l'antica dolcezza dacch sono stati
infestati da una presenza matrigna: Fedra. Fedra malvagia, impastata d'odio, ma la sua malevolenza non
solo un dato caratteriologico. C' qualcosa che fa di Fedra un personaggio odioso, implacabilmente nemico, ed
questo che Ippolito avverte; c' qualcosa che costituisce
Fedra come personaggio tragico per essenza, e questo
Racine deve dire ai suoi spettatori, in modo che il "carattere" rimanga fissato sin dagli inizi e quanto ne
segue non appaia che l'approfondimento di una necessit
fatale. Fedra malvagia perch la sua stirpe maledetta.
Basta una semplice enunciazione genealogica perch lo
spettatore sia percosso da orrore: il padre Minosse, la
madre Paslfae. Detta a uno sportello anagrafico la frase
sarebbe accuratamente referenziale: detta di fronte al
pubblico della tragedia il suo effetto ben pi possente
e indefinito. Minosse e Pasifae sono due esseri terribili,
e le ragioni che li resero odiosi creano l'effetto di ripugnanza e di terrore che coglie al semplice sentirli nominare.
Terribile Minosse per la sua connotazione infernale,
odiosa Pasifae per l'atto bestiale che la rese famosa.
Fedra all'inizio della tragedia non ancora nulla, ma
intorno a essa si stabilisce un alone di odiosit proprio
sul messaggio per conto proprio, ci che caratterizza la funzione
poetica del messaggio " (JAKOBSON, op. cit.t pag. 218).
79
A questo punto possiamo concludere che una bipartizione del linguaggio in referenziale ed emotivo, se ci
serve come utile approccio all'argomento dell'uso estetico
del linguaggio, non risolve il problema; anzitutto abbiamo visto che la differenza tra referenziale ed emotivo
non riguarda tanto la struttura dell'espressione quanto il
suo uso (e quindi il contesto in cui viene pronunciata).
Abbiamo trovato una serie di frasi referenziali che, comunicate a qualcuno in date circostanze, assumevano valore emotivo; e potremmo parimenti trovare un certo
numero di espressioni emotive che in certe situazioni assumono valre referenziale. Si pensi a certe segnalazioni
su una autostrada come " Attenzione! " che indicano senza equivoci l'approssimarsi di un casello e quindi di un
tratto con divieto di sorpasso e velocit ridotta. In
realt l'uso di una espressione per un fine determinato
(referenziale o emotivo) si avvale sempre di entrambe le
possibilit comunicative dell'espressione stessa, e tipico ci
parso il caso di certe comunicazioni suggestive in cui
l'alone emotivo si stabilisce proprio perch il segno usato
in quanto ambiguo viene nel contempo ricevuto come
referenza esatta ad alcunch. Il segno "Minos" prevede
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emotivo delle referenze ed un uso referenziale delle emozioni, perch la reazione sentimentale si manifesta come
realizzazione di un campo di significati connotati. Tutto
questo viene ottenuto attraverso una identificazione di
significante e di significato, di "veicolo" e di "tenore";
in altri termini il segno estetico quello che Morris
chiama segno iconico, in cui il rimando semantico non
si consuma nel riferimento al denotatum, ma si arricchisce continuamente ogni qual volta sia fruito godendo
il suo insostituibile incorporarsi nel materiale di cui si
struttura; il significato rimbalza continuamente sul significante e si arricchisce di nuovi echi; () e tutto questo
non avviene per un miracolo inspiegabile ma per la
stessa natura interattiva del rapporto gnoseologico, tale
(*) Secondo CH. MORMS (Segni, linguaggio e comportamento, Milano, Longanesi, 1949) " un segno iconico nella misura in cui esso
stesso ha le propriet dei suoi denotata ". La definizione, apparentemente vaga, invece assai ristretta perch di fatto Morris suggerisce che
un ritratto non possa essere a rigore iconico "perch la tela dipinta
non ha la struttura della pelle n la facolt di parlare e di muoversi
che ha la persona ritratta " (pag. 42). In realt Morris stesso corregge
poi la ristrettezza della definizione ammettendo che l'iconicit sia una
questione di grado: l'onomatopea apparirebbe perci gi un eccellente
esempio di iconicit attuata dal linguaggio (pag. 258); e vi sarebbero
caratteristiche iconiche in quelle manifestazioni della poesia in cui si
adeguano, in definitiva, stile e contenuto, materia e forma (pag. 263).
In tal caso iconicit diventa sinonimo di fusione organica degli elementi
dell'opera, nel senso che cerchiamo di chiarire. Morris tenter poi di
definire l'iconicit propria dell'arte spiegando che " il segno estetico
un segno iconico che designa un valore " (Science, Art and Techno-logy, in
tt
Kenyon Rev. ", I, 1939) nel senso appunto che ci che il fruitore
cerca nel segno estetico la sua forma sensibile e il modo in cui si
propone. In tal senso questa caratteristica del segno estetico sottolineata
da WELLEK e WAIREN (Teoria della letteratura e metodologia dello
studio letterario, Bologna, Il Mulino, 1956) quando affermano che u la
poesia organizza un unico irripetibile schema di parole ciascuna delle
quali insieme oggetto e segno ed usata in modo che nessun sistema
esterno alla poesia potrebbe prevedere " (pag. 251); e da PHILIP
WHEELWRIGHT (The Semantics of Poetry, in " Kenyon Rev. w, II, 1940)
quando definisce il segno estetico come plurisegno, opposto lai
monosegno referenziale, e ricorda che il plurisegno " semanticamente
riflessivo nel senso che una parte di ci che significa ". Cfr. anche
GALVANO DELLA VOLPE, Critica del gusto, Milano, Feltrinelli, 1960: il
discorso poetico plurisenso, non univoco come il discorso scientifico,
proprio per la sua natura organica e contestuale,
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Gli quindi impossibile isolare i riferimenti e deve cogliere il rimando complesso che l'espressione gli impone.
Questo fa si che il significato sia multiforme e non
univoco e che la prima fase del processo comprensivo
lasci insieme appagati e insoddisfatti per la sua stessa
variet. Di qui un secondo rivolgersi al messaggio, ormai
arricchiti da uno schema di significazioni complesse che
inevitabilmente hanno gi tratto in gioco la nostra memoria di passate esperienze; la seconda ricezione sar
quindi arricchita da una serie di ricordi convogliati che
entrano a interagire con i significati colti nel secondo contatto; significati i quali, a loro volta, saranno gi inizialmente diversi da quelli del primo contatto, perch la
complessit dello stimolo avr automaticamente permesso che la nuova ricezione avvenga secondo una prospettiva diversa, secondo una nuova gerarchia degli stimoli.
Il ricettore, rivolgendo l'attenzione di nuovo al complesso di stimoli, avr ora portato in primo piano segni che
prima aveva considerato in scorcio, e viceversa. Nell'atto
transattivo in cui si compongono il bagaglio di ricordi
convogliati e il sistema di significati, emerso nella seconda fase, insieme al sistema di significati emerso dalla
prima (intervenuto a titolo di ricordo di " armonico "
della seconda fase di comprensione), ecco che prende forma un pi ricco significato dell'espressione originaria.
E quanto pi la comprensione si complica, tanto pili il
messaggio originario qual esso , costituito della materia che lo realizza anzich consumato appare rinnovato, pronto a pi approfondite "letture". Si libera
ora una vera e propria reazione a catena, tipica di quell'organizzazione di stimoli che usiamo indicare come
"forma". Questa reazione in teoria inarrestabile e di
fatto cessa quando la forma cessa di apparire stimolante
per il ricettore; ma in questo caso entra evidentemente
in gioco il rilassamento dell'attenzione: una sorta di abitudine allo stimolo, per cui da un lato i segni che lo
compongono, a furia di essere messi a fuoco come un
oggetto troppo guardato o una parola il cui significato
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attraverso capziose analisi critiche che intendono dimostrare l'assoluta e sovratemporale validit dell'incomprensione (come fece il Bettinelli con Dante). In realt si
tratta di fenomeni estetici che l'estetica mentre ne pu
stabilire in generale le possibilit () non pu spiegare in particolare. un compito che tocca alla psicologia, alla sociologia, all'antropologia, all'economia e ad
altre scienze che studiano appunto i mutamenti che avvengono all'interno delle varie culture.
Tutto questo discorso ci ha permesso di chiarire che
l'impressione di profondit sempre nuova, di totalit inclusiva, di " apertura " che ci pare di riconoscere sempre
in ogni opera d'arte, si fonda sulla duplice natura dell'organizzazione comunicativa di una forma estetica e
sulla tipica natura transattiva del processo di comprensione. L'impressione di apertura e totalit non nello stimolo oggettivo, che di per s materialmente determinato; e non nel soggetto che di per se disposto a tutte
le aperture e a nessuna: ma nel rapporto conoscitivo
nel corso del quale si attuano aperture suscitate e dirette
dagli stimoli organizzati secondo intenzione estetica.
IL VALORE ESTETICO E LE DUE " APERTURE "
L'apertura quindi , sotto questo aspetto, la condizione
di ogni fruizione estetica e ogni forma fruibile in quanto
dotata di valore estetico "aperta". Lo , come si
visto, anche quando l'artista mira a una comunicazione
univoca e non ambigua.
La ricerca sulle opere aperte contemporaneamente ha
messo tuttavia in luce, in certe poetiche, una intenzione
di apertura esplicita e portata all'estremo limite: di una
apertura che non si basa solo sulla natura caratteristica
C23) Una vasta fenomenologia del rapporto interpretativo con riferimento a
quei fenomeni di congenialit sui quali si stabiliscono le possibilit e le
difficolt di interpretazione di una forma, da cercarsi in LUIGI PAREYSON,
Estetica (in particolare il paragrafo 16 del capitolo Lettura, interpretazione,
critica).
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APERTURA
INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE
Le poetiche contemporanee, nel proporre strutture artistiche che richiedono un particolare impegno autonomo
del fruitore, spesso una ricostruzione, sempre variabile,
del materiale proposto, riflettono una generale tendenza
della nostra cultura verso quei processi in cui, invece di
una sequenza univoca e necessaria di eventi, si stabilisce
come un campo di probabilit, una "ambiguit" di situazione, tale da stimolare scelte operative o interpretative volta a volta diverse.
Questa singolare situazione estetica e la difficolt di definire esattamente quella " apertura " a cui varie poetiche
odierne aspirano, ci inducono ora a esaminare un settore
delle metodologie scientifiche, quello della teoria dell'informazione, nel quale ci pare possibile reperire indicazioni interessanti ai fini della nostra ricerca. Indicazioni
in due sensi: da un lato crediamo che certe poetiche riflettano a modo loro la stessa situazione culturale da cui
si sono originate le indagini sull'informazione; dall'altro
crediamo che determinati strumenti offerti da queste indagini possano essere impiegati, fatte le debite trasposizioni, in campo estetico (ci che altri, come si vedr, ha
gi fatto). Ma prevediamo la facile obiezione che tra
ricerche della scienza e operazioni dell'arte non possano
esistere legami effettivi, e che ogni parallelo istituito sia
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Per misurare la diminuzione o l'incremento della quantit di informazione, i teorici del problema ricorrono a
un concetto mutuato dalla termodinamica e ormai passato ufficialmente a far parte del bagaglio terminologico
della teoria dell'informazione; si tratta del concetto di
entropia. Abbastanza noto perch tutti ne abbiano sentito
parlare, esso quindi abbastanza diffuso perch ciascuno
lo intenda a modo proprio usandolo con molta disinvoltura, per cui sar bene prenderlo un istante in esame
per spogliarlo di quegli echi di cui la sua provenienza
dalla termodinamica lo fascia non sempre in modo legittimo.
Per il secondo principio della termodinamica, enunciato da Clausius, mentre una data quantit di lavoro pu
trasformarsi in calore (come dice il primo principio),
ogni qual volta si trasforma del calore in lavoro ci troviamo di fronte a tali limiti per cui il processo non avviene in modo completo e totale come nel caso dei primo principio. Per ottenere lo scambio di una quantit
di calore in lavoro una macchina deve avere scambi di
calore tra due corpi a temperatura diversa: la sorgente
di calore e il refrigerante. La macchina assorbe una
quantit di calore dalla sorgente, ma non la trasforma
tutta in lavoro perch ne cede parte al refrigerante. Il
calore si trasforma quindi in lavoro Qi'piii il calore Q
Qi che viene ceduto al refrigerante.
Data quindi una trasformazione di lavoro in cajore
natura informazionale delle opposizioni fonologiche cfr. G. T.
GUELBAUD, La Cyberntique, P.U.F., 1954, pag* 103). Nello stesso
modo, anche la scelta di una forma grammaticale da parte del locutore
mette il ricettore in presenza di un dato numero di bit d'informazione. Cosi, Boas ha dimostrato che un'espressione come "the man
killed the bull " obbliga il ricettore, per dare un significato al messaggio, a elaborare scelte tra un numero dato di alternative. I linguisti
hanno fatto ricorso alla teoria dell'informazione come a uno strumento
privilegiato: la dialettica informazionale tra ridondanza e improbabilit (di cui parleremo) stata cosi messa in rapporto con la dialettica
linguistica tra base di comparazione e varianti, fra tratti distintivi e
tratti ridondanti, Jakobson parla di linguaggio a struttura granulare, e
pertanto suscettibile di quantificazione.
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la teoria della informazione, ci viene chiarito da un ragionamento molto piano propostoci da Hans Reichenbach. La generale tendenza all'aumento dell'entropia propria ai processi fisici, non impedisce che possano verificarsi, come sperimentiamo di giorno in giorno, dei processi fisici in cui si verificano fatti di organizzazione, cio
un arrangiamento di eventi secondo una certa improbabilit (tutti i processi organici sono di questo tipo) e
quindi secondo entropia decrescente. Data una curva universale dell'entropia, questi momenti di decrescita sono
quelli che Reichenbach chiama branch systems come
delle deviazioni, delle diramazioni dalla curva nei
quali l'interagire di alcuni eventi porta a un'organizzazione di elementi. Facciamo un esempio: nella generale
tendenza al disordine e quindi all'uniformit di disposizione che i venti ingenerano nelle migliaia di granelli di
sabbia che costituiscono una spiaggia, l'improvviso passaggio di una creatura umana che imprima il suo piede
sulla superfcie della sabbia rappresenta un complesso interattivo di eventi che porta alla configurazione, statisticamente improbabilissima, dell'orma di un piede. Questa
configurazione, che una forma, un fatto di organizzazione, tender evidentemente a sparire sotto l'azione dei
venti; in altre parole, se essa rappresentava una diramazione dalla curva generale dell'entropia (nell'ambito della
quale l'entropia stessa decresceva, lasciando il posto a un
ordine improbabile) questo sistema laterale tender
tuttavia a essere riassorbito nella curva universale dell'entropia crescente. Nell'ambito di quel sistema, tuttavia si
sono verificati, proprio per il decrescere del disordine
elementare e l'attuarsi di un ordine, dei rapporti di causa
ed effetto: la causa era il complesso dei fatti intervenuti
ad interagire coi granelli di sabbia (leggi : piede umano),
l'effetto l'organizzazione conseguitane (leggi: orma).
L'esistenza di rapporti di causa ed effetto nei sistemi
organizzati a entropia decrescente stabilisce l'esistenza
del "ricordo": fisicamente parlando un ricordo una
registrazione, " un arrangiamento l'ordine del quale
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i fiori " ha un significato molto piano, assolutamente inequivocabile, ha il massimo di significato e comunicabilit possibile; ma non aggiunge nulla a quello che gi
sappiamo.
Nei termini in cui prima abbiamo parlato di informazione, non ci informa gran che. Dobbiamo dunque concludere che informazione e significato sono due cose diverse}
Se leggiamo le pagine di Wiener non abbiamo motivo
per arrivare a tali conclusioni: per Wiener informazione significa ordine e il suo contrario misurato dall'entropia. Ma pur vero che Wiener si serve della teoria
dell'informazione per studiare le possibilit di comunicazione di un cervello elettronico, e quel che gli preme
stabilire i mezzi per cui una comunicazione risulti comprensibile. Egli non pone dunque alcuna differenza tra
informazione e significato. Tuttavia a un certo punto egli
esce in una affermazione estremamente importante: "un
brano di informazione, per contribuire all'informazione
generale della comunit, deve dire qualcosa di sostanzialmente diverso dal patrimonio di informazione gi a
disposizione della comunit"; e a questo proposito egli
cita l'esempio dei grandi artisti il cui pregio sta nell'aver
impostato certi modi di dire o di fare in modo inusitato,
e vede il consumo delle loro opere come conseguenza del
fatto che il pubblico si abituato a considerare di patrimonio generale e quindi banale, ci che in essi appariva
invece per la prima volta e a titolo di assoluta origina-
iit.o
Riflettendo su questo punto ci accorgiamo che la comunicazione quotidiana piena di espressioni che si oppongono alle consuetudini grammaticali o sintattiche e
che proprio per questo ci scuotono e ci comunicano qualcosa di nuovo, anche se eludono le regole per le quali
un significato viene abitualmente trasmesso. Succede cosi
(10) Cfr. WDSNER, op. cit.t pag. 145. Al proposito cfr. anche GILLO DORFLES,
Entropia e relazionalit del linguaggio letterario<> in "Aut Aut w, n. 18 e //
divenire delle arti, Torino, 1959, pagg. 92 sgg.
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gnificato inoppugnabile e comprensibile, si attenesse a tutte le leggi della ridondanza. Noi comprenderemmo quello che egli dice, ma forse, dopo qualche tempo, ci dimenticheremmo dei fatti esposti. Se l'innamorato invece
si chiama Francesco Petrarca, saltando a pie pari le regole di costruzione comune, usando traslati arditi, eliminando passaggi logici, trascurando persino di avvertire
che egli ci parla di un fatto rimemorato e lasciandolo
solo intendere attraverso l'uso di un passato remoto, ci
dir: "Chiare, fresche, e dolci acque dove le belle
membra pose colei che sola a me par donna." Cosi
facendo, in non pili di sedici parole, riesce persino a
dirci che da un lato egli ricorda e dall'altro ama ancora,
e ci dice con quanta intensit ami col movimento stesso
vivacissimo di questo ricordo che si esprime in un grido,
con l'immediatezza di una visione presente. Mai come
in questo caso noi tocchiamo con mano la violenza e la
dolcezza di un amore, la qualit struggente di un ricordo. Ricevuta questa comunicazione abbiamo tesaurizzato un tasso di informazione enorme circa l'amore di
Petrarca e l'essenza dell'amore in genere. Tra i due discorsi elencati non c' nessuna differenza di significato;
dunque nel secondo caso l'originalit di organizzazione,
l'imprevedibilit rispetto a un sistema di probabilit, la
disorganizzazione introdotta in esso l'unico elemento
che ha determinato una crescita di informazione.
Preveniamo qui una facile obiezione: non il solo aumento di imprevedibilit che fa il fascino del discorso
poetico; in tal caso dovrebbero essere molto pi poetici
i versi del Burchiello che dicono: "Zanzaverata di peducci fritti e belletti in brodetto senza agresto
disputavan con ira nel Digesto ove parla de' broccoli
sconfitti." Qui si vuol solo affermare che un certo modo
(") di usare il linguaggio inconsuetamente ha deter(") ** Un certo modo. " Quale? Quello che l'estetica definisce come
caratteristico della forma artistica riuscita, fornita di valore estetico.
Quello, infine, analizzato e definito nel saggio precedente, Anlisi del
linguaggio poetico al paragrafo " Lo stimolo estetico ".
no
Ili
La trasmissione dell'informazione
Torniamo per un momento all'esempio classico della
teoria cinetica dei gas, all'immagine di un recipiente pieno di molecole di gas che si muovono a velocit uniforme. Il moto di queste molecole essendo regolato da
leggi puramente statistiche, l'entropia del sistema molto
alta e se pur possiamo predire il comportamento complessivo del sistema ci riesce difficile predire la posizione successiva di una data molecola; in altri termini
la molecola pu comportarsi nei modi pili svariati,
per cos dire carica di tutte le possibilit, noi sappiamo
che potr ricoprire una gran quantit di posizioni, ma
non sappiamo quali. Per poter determinare meglio il
comportamento delle molecole singole occorrerebbe differenziare la loro velocit, introdurre in una parola
un ordine nel sistema e diminuirne l'entropia: in tal
modo avremo accresciuto la possibilit che una molecola
si comporti in un dato modo, ma avremo limitato le sue
molteplici possibilit iniziali (sottomettendole a un
codice).
Cosi se io voglio sapere qualcosa sul comportamento
di una particella singola, allora l'informazione che cerco
si oppone all'entropia. Ma se voglio conoscere tutti i
comportamenti possibili di cui ogni particella sar capace, allora l'informazione che cerco sar direttamente
proporzionale all'entropia; ponendo ordine nel sistema e
diminuendone l'entropia sapr molto in un certo senso
e molto meno in un altro.
Lo stesso avviene con la trasmissione di una informazione.
Cerchiamo di chiarire questo punto rifacendoci alla
formula con cui normalmente si esprime il valore di una
informazione:
I = Nlogh in cui "h" rappresenta
il numero di elementi tra cui
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mente diverso. In Petrarca la parziale rottura di un ordine della lingua-codice, per instaurare tuttavia un ordine unidirezionale del messaggio nel quale, insieme con
una organizzazione originale di elementi fonici, ritmi,
soluzioni sintattiche (che costituisce la individualit estetica del discorso), si veicolasse contemporaneamente un
significato semantico di tipo comune, comprensibile in
un solo modo; in Eluard invece l'aperta intenzione di
far si che la ricchezza dei sensi poetici nasca proprio
dalla ambiguit del messaggio: la situazione di sospensione, di tensione emotiva nasce proprio per il fatto che
il poeta suggerisce insieme molti gesti e molte emozioni
tra le quali il lettore pu scegliere quelle che meglio lo
introducono alla compartecipazione del momento emotivo descritto, integrando gli accenni con il contributo
delle proprie associazioni mentali.
Tutto questo significa soltanto che il poeta contemporaneo costruisce il suo messaggio poetico con mezzi e sistemi diversi da quelli del poeta medievale: i risultati
non sono in questione, e un'analisi dell'opera d'arte in
termini di informazione non rende ragione del suo risultato estetico, ma si limita soltanto a mettere in luce
talune sue caratteristiche e possibilit comunicative. (I7)
Ma dal raffronto emergono due poetiche diverse: la
seconda tende a una multipolarit dell'opera e ha tutte
le caratteristiche di una creatura del proprio tempo, di
un tempo in cui certe discipline matematiche si interessano alla ricchezza dei contenuti possibili in messaggi
dalla struttura ambigua, aperti multidirezionalmente.
(") In altre parole, il fatto che un'opera d'arte dia un certo tipo di
informazione contribuisce senz'altro a determinare il suo valore estetico,
e cio il modo con cui la tt leggiamo " e la apprezziamo. Una data
quantit di informazione costituisce un elemento che viene a giocare nel
rapporto formale complessivo e che pone alla forma le proprie
condizioni. Tuttavia, credere che una analisi in termini di informazione
possa esaurire il problema della valutazione di un'opera d'arte pu portare
a ingenuit di vario genere, quali ci paiono manifestate nel Symposium
su Information Theory and the Arts, apparso nel " Journal of Aesthetics
and Art Criticism ", giugno 1959.
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Da leggersi una volta orizzontalmente... indi verticalmente: dall'alto in basso, in alto, in basso... ecc." Ci pare
singolare che Webern cercasse per la sua costellazione un
parallelo del genere, perch questa notissima costruzione
leggibile in pi sensi la stessa che viene portata a esempio da studiosi dell'informazione quando esaminano la
tecnica di costruzione delle parole incrociate per studiare
le possibilit statistiche che due o pi sequenze di lettere hanno di combinarsi in messaggi diversi. L'immagine che Webern ha avuto per analogia l'immagine di
un esempio tipico della statistica, della teoria della probabilit e della matematica dell'informazione. Singolare
coincidenza. Fermo restando che per Webern questa trovata tecnica era solo uno dei mezzi organizzativi del
suo discorso musicale, mentre nella costruzione di un
puzzle una tale analisi combinatoria rappresenta il punto
d'arrivo.
Una costellazione un elemento d'ordine: quindi la
poetica dell'apertura, se implica la ricerca di una fonte
di messaggi possibili dotata di un certo disordine, cerca
tuttavia di realizzare questa condizione senza rinunciare
alla trasmissione di un messaggio organizzato: oscillazione pendolare, si detto, tra un sistema di probabilit
ormai istituzionalizzato e il puro disordine: organizzazione originale del disordine. Questa oscillazione, per
cui l'accrescersi di significato comporta perdita di informazione e l'accrescersi di informazione comporta perdita
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una quantit, non una qualit. La quantit dell'informazione riguarda solo la probabilit degli eventi: diverso
il valore dell'informazione, che riguarda invece il nostro
interesse personale verso di essa. () Ora la qualit
dell'informazione ci pare proprio connessa al suo valore.
Cio, per affermare quanto una situazione di imprevedibilit (statisticamente appurabile, sia che si tratti di un
bollettino meteorologico, del Petrarca o di Eluard) valga
per noi, di quali attributi singolari si carichi, occorre
prendere in considerazione col fatto strutturale anche la
nostra attenzione al fatto strutturale. A questo punto la
tematica dell'informazione diventa una tematica della comunicazione. E l'attenzione dovr spostarsi dal messaggio, in quanto sistema oggettivo di informazioni possibili, al rapporto comunicativo tra messaggio e ricettore:
rapporto nel quale la decisione interpretativa del ricettore entra a costituire il valore effettivo dell'informazione
possibile.
L'analisi statistica delle possibilit di informazione di
un segnale in fondo una analisi di tipo sintattico: dimensione semantica e pragmatica vi intervengono solo
di scorcio, l'una nel definire in quali casi e in quali circostanze un dato messaggio possa darmi pi informazioni
di un altro, la seconda nell'accennare al comportamento
successivo che una data informazione pu suggerirmi.
La trasmissione di segnali concepiti secondo codice rigoroso, facendo uso di una ricca ridondanza, poteva essere spiegata anche senza far ricorso a un intervento interpretativo del ricevente, dato che qui entra in gioco il
repertorio dei valori convenzionali che una comunit
conferisce agli elementi di un messaggio. Invece la
trasmissione di una sequenza di segnali a scarsa ridondanza, ad alta dose di improbabilit, richiede che entri
nell'analisi la considerazione degli atteggiamenti e delle
strutture mentali con cui il ricevente seleziona il messaggio e vi introduce una probabilit che in realt vi con(2J) GOLDMAN, op. cit.t pag. 69.
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realizzazione di una esperienza percettiva entra una componente artistica, un fare secondo propositi formativi. Come disse R. S. Lillie: "La realt psichica, nella sua natura essenziale, prevede e interroga. Tende a terminare
e a completare un'esperienza incompleta. Riconoscere la
fondamentale importanza di questa caratteristica dell'organismo vivente non significa ignorare e sottovalutare
le condizioni fisiche stabili che formano un'altra parte
indispensabile dell'organizzazione vitale. Nel sistema psicofisico costituito dall'organismo, entrambi i fattori devono essere considerati ugualmente importanti e complementari nell'attivit d'insieme del sistema." O In termini meno compromessi con un vocabolario biologiconaturalistico, diremo che: "Come esseri umani noi cogliamo solo quegli 'insiemi' che hanno un senso per noi
come esseri umani. Vi sono infiniti altri 'insiemi' su cui
non sapremo mai nulla. ovvio che per noi impossibile
sperimentare tutti i possibili elementi che vi sono in
ogni situazione e tutte le loro possibili relazioni..."
Perci siamo costretti, situazione per situazione, a
chiamare in causa, come fattore formante della percezione, l'esperienza acquisita: "l'organismo, sempre forzato a ' scegliere ' tra un numero illimitato di possibilit
che possono essere collegate a un dato pattern della retina, chiama in causa le sue esperienze precedenti e assume che ci che stato pi probabile nel passato lo
possa essere nella occasione specifica... In altre parole,
ci che noi vediamo certamente funzione di una media
calibrata di altre nostre esperienze passate. Sembra cos
che noi mettiamo in rapporto un dato pattern di stimoli
con esperienze passate, attraverso una complessa integrazione di tipo probabilistico... Ne consegue che le
percezioni che risultano da tale operazione non costituiC27) Randomness and Directiveness in Evoluitoti and Activity in
Living Organism, in "Amcrican Naturalist ", 1948, 82, pag. 17. Per
una applicazione di principi transazionistici all'esperienza estetica, v.
ANGIOLA MAS SUCCO-COSTA, // contributo della psicologia transazionale
all'estetica, in Atti del 111 Congresso Int. di Est., Venezia, 1956.
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scono affatto delle assolute rivelazioni di ' ci che sta fuori ', ma rappresentano predizioni o probabilit basate su
esperienze acquisite". (*)
In altro contesto, di una natura probabilistica della
percezione ha parlato ampiamente Piaget: e in polemica
con i gestaltisti, ha cercato di vedere la strutturazione
del dato sensoriale come prodotto di una equilibrazione
dovuta insieme sia a fattori innati che a fattori esterni,
interferenti di continuo fra loro. (")
In Piaget, questa natura processuale e "aperta" del
processo conoscitivo, si mostra pi compiutamente nell'analisi che egli conduce dell'intelligenza. (*)
L'intelligenza tende a comporre strutture "reversibili" in cui l'equilibrio, l'arresto, l'omeostasi sono solo lo
stadio terminale dell'operazione, indispensabile ai fini
dell'efficacia pratica. Ma di per se stessa l'intelligenza
i2*) J. P. KILPATMCK, The Nature of Perception " in Esplorations
in Transactiond Psychology, New York Un. Press, 1961, pagg. 41-49.
(*) "Nel dominio della percezione, come in quello dell'intlligenza, nulla si spiega in base alla sola esperienza, senza dubbio, ma nulla
nemmeno si spiega senza una partecipazione, pi o meno importante
secondo le situazioni, dell'esperienza attuale o anteriore'' (Rapporto al
Simposio La perception, cit., pag. 21). Cfr. anche Les mecanismes
perceptifs, P.U.F., 1961: "La ragione delle interazioni tra oggetto e
soggetto ci pare del tutto diversa da quella che i fondatori della teoria
della forma hanno preso a prestito dalla fenomenologia. La nozione di
equilibrio percettivo che i fatti paiono suggerirci non quella di un
campo fisico in cui si bilancino esattamente e automaticamente le
forze in gioco, ma quella di una compensazione attiva da parte del
soggetto che tende a moderare le perturbazioni esteriori... In modo
pi generale, l'interazione tra oggetto e soggetto non dovuta al fatto
che forme d'organizzazione indipendenti dallo sviluppo e ignare di
ogni genesi riunirebbero in stesse totalit il soggetto e l'oggetto, ma
al contrario al fatto che il soggetto costruisce senza fine dei nuovi
schemi durante il suo sviluppo e vi assimila gli oggetti percepiti, senza
frontiere delimitabili tra le propriet dell'oggetto assimilato e le strutture
del soggetto che assimila. Come dicevamo... conviene dunque opporre
al genetismo senza struttura dell'empirismo, e allo strutturalismo
senza genesi della fenomenologia gestaltista, uno strutturalismo genetico
tale che ogni struttura sia il prodotto di una genesi, e che ogni genesi
costituisca il passaggio da una struttura meno evoluta a una
struttura pi complessa V (pagg. 450-51).
(") La psicologia dell'intelligenza, Firenze, capp. lem.
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tori e probabilistici, che concorrono comunque a costituire anche la percezione come un processo aperto a molti
esiti possibili (malgrado le costanze percettive, che l'esperienza non ci permette di porre in discussione). Comunque, in entrambi i casi si ha una attivit costruttiva da
parte del soggetto. (")
Di fronte a questa sostanziale processualit e "apertura" della conoscenza, noi potremmo ora seguire due
linee di sviluppo, che corrispondono a una distinzione
gi proposta nel corso di questo libro:
5) Interpretato in termini psicologici, il piacere estetico quale si realizza di fronte a ogni opera d'arte
si basa sugli stessi meccanismi di integrazione e completamento che sono apparsi tipici di ogni processo conoscitivo. Questo tipo di attivit essenziale al godimento
estetico di una forma: si tratta di quella che altrove
abbiamo gi chiamato apertura di primo grado.
6) Il problema delle poetiche contemporanee quello
di enfatizzare questi meccanismi e di far consistere il
godimento estetico non tanto nel riconoscimento finale
della forma quanto nel riconoscimento di quel processo
continuamente aperto che permette di individuare sempre nuovi profili e nuove possibilit di una forma. Si
tratta di quella che abbiamo chiamato apertura di secondo
grado.
Ci siamo resi conto come solo una psicologia di tipo
transazionale (pi attenta alla genesi delle forme che
(32) Cfr. La psicologia dell'intelligenza, cit., cap. III. Per lo studio
probabilistico della percezione cfr. Les me e anis mes perceptifs, cit., dove
pur distinguendo i processi operativi dell'intelligenza da quelli della
percezione Piaget afferma che tra i due tt si trova effettivamente una
serie ininterrotta di intermediari " (pag. 13). La stessa esperienza si
pone dunque come " una strutturazione progressiva e non una semplice
letturaw (pag. 443). Meglio ancora : " Sia che si tratti di esplorazione,
a cominciare dalla stessa scelta dei punti di centramento, che di
trasposizione o di anticipazione, eccetera, il soggetto non subisce la
determinazione dell'oggetto ma dirige i suoi sforzi come verso la
soluzione di un problema (p. 449).
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non alla loro struttura oggettiva) ci permetta di comprendere a fondo il secondo atteggiamento, la seconda accezione della nozione di apertura.
Transazione e apertura
Vediamo anzitutto in che modo l'arte di tutti i tempi
appaia come una provocazione di esperienze volutamente
incomplete, improvvisamente interrotte al fine di suscitare, grazie a una aspettativa frustrata, la nostra naturale
tendenza al completamento.
Una soddisfacente analisi di questo meccanismo psicologico ci data da Lonard Mcyer nel suo Emotion
and Meaning in Music (M) dove l'argomentazione condotta su basi largamente gestaltiche; e consiste nell'esame
delle strutture musicali obiettive, viste in rapporto coi
nostri schemi di reazione vale a dire, un esame di un
messaggio dotato di una certa carica informazionale, che
acquista per valore solo rispetto alla risposta di un
ricettore, e solo a questo punto si organizza realmente in
significato.
Secondo Wertheimer il processo di pensiero pu essere descritto in tale modo: data la situazione Si e la
situazione S2 che di Si rappresenta la soluzione, il termine ad qucm, il processo una transizione dalla prima
situazione alla seconda, transizione in cui Si strutturalmente incompleto, presenta Una divergenza, un'ambiguit di struttura, la quale va via via definendosi e risolvendosi sino a comporsi in S2. Una tale nozione di
processo assunta da Meyer per il discorso musicale:
uno stimolo si presenta all'attenzione del fruitore come
ambiguo, inconcluso, e produce una tendenza ad ottenere soddisfazione \ pone insomma in crisi, in modo che
l'ascoltatore ha bisogno di trovare un punto fermo che
gli risolva l'ambiguit. In tal caso sorge una emozione,
poich la tendenza a una risposta risulta improvvisamente
(") The UnW. of Chicago Press, 1959.
138
139
bita si risolve. Come l'inibizione perdura, emerge un piacere dell'attesa, quasi un senso di impotenza di fronte
all'ignoto: e piti inattesa la soluzione, piti intenso il
piacere al suo verificarsi. Quindi, poich il piacere dato
dalla crisi, appare chiaro dal discorso di Meyer che le
leggi della forma, se sono la base della comprensione
musicale, presiedono al discorso come tutto solo a patto
che esse vengano continuamente offese durante lo sviluppo; e l'attesa dell'ascoltatore non l'attesa di esiti ovvi,
ma di esiti inconsueti, di offese alla regola che rendano
pi piena e conquistata la legalit finale del processo.
Ora, per la teoria della forma, "buona" la configurazione che assumono di necessit i dati naturali nel loro
disporsi in complessi unitari. La forma musicale ha gli
stessi caratteri di stabilit originaria?
Meyer a questo punto contempera il proprio gestaltismo
e afferma che la nozione di organizzazione ottima, nella
musica, rappresenta un dato di cultura. Questo significa
che la musica non un linguaggio universale, ma che la
tendenza a certe soluzioni piuttosto che ad altre frutto
di un'educazione e di una civilt musicale storicamente
determinata. Eventi sonori che per una cultura musicale
sono elemento di crisi, per un'altra possono essere esempi
di legalit che rasenta la monotonia. La percezione di un
tutto non immediata e passiva: un fatto di
organizzazione che si apprende, e lo si apprende in un
contesto socio-culturale; in tale ambito le leggi della
percezione non sono fatti di pura naturalit ma si formano
entro determinati modelli di cultura o, come si
esprimerebbe la teoria transazionista, mondi di forme
assuntive, un sistema di preferenze e abitudini, una serie
di persuasioni intellettuali e tendenze emotive che si formano in noi come effetto di una educazione dovuta all'ambiente naturale, storico, sociale. (*)
Meyer fa l'esempio di un insieme di stimoli costituito
C35) Cfr. in particolare H. CANTOIL, Le motivazioni dell'esperienza, Firenze,
1958 (v. anche l'introduzione di A. VISALBEIGHI).
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la tradizione classica il fatto che anche queste novit formali e queste aspettazioni della sensibilit si organizzassero immediatamente all'interno di un nuovo mondo di
forme assuntive che eleggevano a valore preferenziale il
completamento, la soddisfazione finale dell'aspettazione,
incoraggiando e celebrando quella che Henri Pous-seur
chiama una inerzia psicologica. La tonalit crea una
polarit attraverso la quale tutta la composizione ruota
senza discostarsene se non per brevi momenti: le crisi
sono dunque introdotte per assecondare l'inerzia auditiva
riconducendola al polo di attrazione. Pousseur osserva come l'introduzione stessa di una nuova tonalit nello sviluppo di un brano esigesse un artificio atto a vincere
faticosamente questa inerzia: la modulazione. Ma la modulazione, rovesciando l'insieme gerarchico, introduce a
sua volta un nuovo polo d'attrazione, una nuova tonalit, un nuovo sistema d'inerzia.
Tutto questo non avveniva a caso: le esigenze formali
e psicologiche dell'arte riflettevano le esigenze religiose,
politiche, culturali di una societ fondata sull'ordine gerarchico, sulla nozione assoluta di autorit, sulla presunzione stessa di una verit immutabile e univoca di cui
l'organizzazione sociale riflette la necessit e le forme
dell'arte la celebrano e la riproducono al proprio livello. o
Le esperienze delle poetiche contemporanee (e se il
discorso si svolto per lo pi sulle forme musicali, sap(?) "La musica classica fornisce una rappresentazione del mondo,
e dei rapporti di questo con l'uomo, sensibilmente astratta e per certi
aspetti concretamente generale. Basata essenzialmente su una estetica
della ripetizione, della individuazione attuale di ci che attuale in
ci che differente, dell'immobile nel fuggevole, essa si riallaccia
ancora, in ciascuna delle sue manifestazioni, anche la. minima, ai
vecchi miti dell'Eterno Ritorno, a una concezione ciclica, periodica del
tempo, come un ripiegamento continuo del divenire sopra se stesso. In
questa musica ogni dinamismo temporale viene alla fine sempre ricomposto, sempre riassorbito in un elemento di base perfettamente statico,
tutti gli eventi vengono inesorabilmente gerarchizzati, integralmente
subordinati, in sostanza, a una unica origine, a un unico fine, a un
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lnjormaztone e percezione
La stessa tematica informazionale ha potuto convergere nella ricerca psicologica aprendo vie assai fruttuose.
NelPesaminare il solito problema di una percezione che
sia in fondo una deformazione dell'oggetto (nel senso che
vi variazione dell'oggetto secondo la disposizione del
percipiente), Ombredane (") riconosce, come altri studiosi che gi abbiamo citato, che alla fine il processo di
esplorazione si immobilizza per efletto di una decisione
e d origine a una forma che si cristallizza e si impone.
Ma alla domanda "da dove vengono queste forme?"
Ombredane rifiuta di dare la risposta gestaltista ispirata
ai principi d'isomorfismo, per esaminare invece la genesi
del fenomeno strutturale alla luce del fattore esperienziale.
" Se si paragonano i diversi punti di vista... si constata
che un carattere fondamentale della percezione dato
dal fatto che essa risulta da un processo fluttuante, che
comporta scambi incessanti tra la disposizione del soggetto e le configurazioni possibili dell'oggetto, e che queste configurazioni dell'oggetto sono pi o meno stabili o
instabili all'interno di un sistema temporo-spaziale pi
o meno isolato, caratteristico dell'episodio comportamentale... La percezione pu essere espressa in termini di
probabilit sul modello di ci che si vede nella termodinamica o nella teoria dell'informazione. " Infatti il percetto si presenterebbe come la configurazione sensibile,
momentaneamente stabilizzata, sotto la quale si manifesta il raggruppamento pi o meno ridondante delle informazioni utili che il ricettore ha prelevato nel campo
stimolante, durante il corso dell'operazione percettiva.
Questo perch lo stesso campo stimolante offre la possibilit di trarre da esso un numero indeterminato di modelli a ridondanza variabile; ma anche perch ci che i
gestaltisti chiamano " forma buona " in realt, tra tutti
(") Intervento al Simposio La percepitoti, dt., pagg. 95-98.
148
i modelli, quello che "richiede una informazione minima e comporta una ridondanza massima". Cosi la
buona forma corrisponderebbe " allo stato di probabilit
massima di un insieme percettivo fluttuante".
Ci rendiamo allora conto che, tradotta in termini di
probabilit statistica, la nozione di forma buona perde
ogni connotazione di necessit ontologica e non comporta
pi, come suo corrispettivo, una struttura prefissata dei
processi percettivi, un codice definitivo della percezione.
Il campo stimolante di cui parla Ombredane, che offre
varie possibilit di raggruppamento ridondante grazie
alla sua indeterminazione, non si oppone alla buona forma come un informe non percepibile si opporrebbe al
percetto. In un campo stimolante il soggetto individua
la forma pi ridondante quando vi spinto da particolari propositi, ma egli pu anche rinunciare alla buona
forma in favore di altri modelli di coordinazione che rimangono possibili sullo sfondo.
Sia da un punto di vista operativo che tipologico, Ombredane pensa che si potrebbero caratterizzare diversi tipi
di esplorazione del campo stimolante: "si potrebbe distinguere l'individuo che abbrevia la sua esplorazione e
decide di sfruttare una struttura percepita prima di aver
utilizzato tutti gli elementi di informazione che avrebbe
potuto raccogliere; l'individuo che prolunga la sua esplorazione e si proibisce di adottare le strutture che si presentano; l'individuo che mette d'accordo i due atteggiamenti sia per confrontare pi decisioni possibili che per
integrarle nel miglior dei modi in un percetto unitario
progressivamente costruito. Si potrebbe aggiungervi l'individuo che scivola da una struttura all'altra senza rendersi conto delle incompatibilit che ci possono essere
tra di esse come si vede nel caso dell'onirismo. Se la
percezione un 'impegno', vi sono modi diversi di
impegnarsi o di evitare di impegnarsi nella direzione di
una ricerca d'informazioni utili ".
Questa rapida rassegna tipologica va dai limiti del morboso a quelli della quotidianit: ma consente un largo
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Opera aperta come proposta di un "campo" di possibilit interpretative, come configurazione di stimoli dotati di una sostanziale indeterminatezza, cosi che il fruitore sia indotto a una serie di "letture" sempre variabili; struttura, infine, come "costellazione" di elementi
che si prestano a diverse relazioni reciproche. In tal senso
l'informale in pittura si collega alle strutture musicali
aperte della musica post-weberniana e a quella poesia
"novissima" che di informale ha gi accettato, per ammissione dei suoi rappresentanti, la definizione.
L'informale pittorico potrebbe essere visto come l'anello
terminale di una catena di esperimenti volti a introdurre
un certo "movimento" all'interno dell'opera. Ma il
termine "movimento" pu avere diverse accezioni, e
ricerca di movimento anche quella, andata di pari passo
con l'evoluzione delle arti plastiche, che gi troviamo
nelle pitture rupestri o nella Nike di Samotracia (ricerca, quindi, di una rappresentazione, nel tratto fisso ed
immobile, di un movimento proprio degli oggetti reali
rappresentati). Un'altra forma di movimento abbiamo con
la ripetizione di una stessa figura nell'intento di rappresentare un personaggio o un'intera vicenda in momenti
successivi del suo sviluppo: la tecnica adottata nel timpano del portale di Souillac con la storia del chierico
Teofilo, o quella della Tapisscrie de la Reine Mathilde di
Bayeux, vero e proprio racconto "filmico" fatto di tanti
fotogrammi giustapposti. Si trattava per di una
rappresentazione del movimento grazie a strutture sostanzialmente fisse; il movimento non coinvolgeva la
struttura dell'opera, la natura stessa del segno.
Agire sulla struttura vuol dire invece muoversi nella
direzione del Magnasco, o del Tintoretto, o meglio ancora degli impressionisti: il segno si fa impreciso e ambiguo, nel tentativo di dare una impressione di animapcrmangano valide anche per molte ricerche dell'arte post-informale
e che comunque servano a definire le caratteristiche storicamente salienti, a conti fatti, dell'esperienza informale [1966].)
154
zione interna. Ma l'ambiguit del segno non rende indeterminata la visione delle forme rappresentate: ne
suggerisce come una connaturata vibratilit, un pi intimo contatto con l'ambiente, mette in crisi i contorni, le
distinzioni rigide tra forma e forma, tra forme e luce,
tra forme e sfondo. Per l'occhio sempre determinato
a riconoscere quelle e non altre forme (se pure gi
indotto a dubitare sulla possibilit di una dissoluzione
eventuale,
sulla
promessa
di
una
feconda
indeterminazione, assistendo ad una crisi delle configurazioni tradizionali, a un appello all'informe quale si
manifesta ormai nelle cattedrali dell'ultimo Monet).
L'ampliamento dinamico delle forme futuriste e la
scomposizione cubista suggeriscono certo altre possibilit
di mobilit delle configurazioni; ma infine la mobilit
permessa proprio dalla stabilit delle forme assunte come
dato di partenza, riconfermate proprio nel momento in
cui vengono negate attraverso la deformazione o la
scomposizione.
nella scultura che troviamo un'altra decisione di
apertura dell'opera: le forme plastiche di un Gabo o di
un Lippold invitano il fruitore a un intervento attivo, a
una decisione motoria, in favore di una poliedricit del
dato di partenza. La forma, in s definita, costruita in
modo da risultare ambigua e visibile da prospettive
diverse in modo diverso (!). Come il fruitore circumna(') Apparentemente le dichiarazioni di poetica di un Gabo non si
conciliano con una idea di opera aperta. In una lettera a Herbert Read del
1944 (riportata in READ, The Pkilosopky of Modem Art, London, Faber &
Faber, 1952) Gabo parla di assolutezza ed esattezza di lince, di, immagini
dell'ordine e non del caos: "Noi tutti costruiamo l'immagine del mondo
come vorremmo che fosse e questo nostro mondo spirituale sar sempre
ci che noi facciamo e come lo facciamo. l'Umanit sola che lo forma
in un certo ordine, al di fuori di una massa di realt incoerenti e nemiche.
Questo ci che mi sembra essere costruttivo. Io ho scelto l'esattezza
delle mie linee. " Ma riportiamo queste affermazioni a ci che lo stesso
Gabo diceva nel 1924 nel Manifesto del Costruttivismo', ordine ed
esattezza sono i parametri in base ai quali l'arte adegua l'organicit della
natura, la sua interna formativit, il dinamismo della sua crescita. Quindi
l'arte si una immagine conchiusa e definita, ma tale da rendere
attraverso
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un esempio particolarmente vistoso ci riferiamo all'articolo di George Mathieu, D'Aristote Vabstraction lyrique (*) in cui il pittore tenta di delineare il progressivo
passaggio, nella civilt occidentale, ddil'ideale al reale,
dal reale all'astratto e dall^astratto al possibile. una storia genetica delle poetiche dell'Informale e dell'astrazione
lirica, e di quelle forme nuove che l'avanguardia scopre
prima che la coscienza comune le abbia integrate. L'evoluzione delle forme appare a Mathieu parallela a quella
dei concetti scientifici:
"Se noi assistiamo al crollo di tutti i valori classici nel
dominio dell'arte, una rivoluzione parallela altrettanto profonda ha luogo nel settore delle scienze, dove lo scacco
recente dei concetti sullo spazio, la materia, la parit, la
gravitazione, il risorgere delle nozioni di indeterminismo
e probabilit, di contraddizione, di entropia, postulano da
ogni parte il risveglio di un misticismo e le possibilit di
un nuovo trascendimento. "
Siamo d'accordo che sul piano metodologico una nozione come quella di indeterminazione non postula alcuna possibilit mistica ma consente soltanto di descrivere con le dovute cautele taluni accadimenti microfisici; e che non deve essere concesso sul piano filosofico
venire di fenomeni che noi percepiamo nella variazione. Da quando una realt
intesa in questi termini ha preso il posto, nella coscienza dell'uomo (o
solamente nella sua intuizione), di una realt fissa e immutabile, noi
ravvisiamo nelle arti una tendenza ad esprimere la realt nei suoi termini di
divenire. Quindi considerando l'opera come una realt fatta con gli stessi
elementi che costituiscono quella realt che ci circonda, necessario che
l'opera stessa sia in continua variazione. " Altri artisti parlano
dell'introduzione della dimensione tempo nella vita interna dell'opera. Altrove
si parlato gi di relazione di indeterminazione posta nel dominio
dell'immagine gi dagli stessi cubisti. Ancora si detto a proposito di Fautrier
che " egli stabilisce un nuovo spazio intersiderale e partecipa alle ricerche
scientifiche attuali " (Ver-det). E da varie parti si sentito parlare di realt
nucleari rappresentate dalla nuova pittura. Mathieu ha parlato di
epistemologie du dcentrement. Tutte espressioni non verificate ma che
qualificano comunque degli stati d'animo di cui non si pu non tener conto. ( 6)
In L'Oeil ", aprile 1959.
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del caso con la casualit, l'introduzione delPanti-caso positivo e negativo, sono una conferma di pi della rottura
della nostra civilt con il razionalismo cartesiano."
Sorvoli il lettore indulgente sulle azzardose affermazioni scientifiche del pittore citato e sulla sua persuasione
metafisica che Pindeterminismo regga le leggi della materia inanimata, vivente e psichica. Ma non si pu pretendere che la scienza introduca cautamente dei concetti
validi in un preciso ambito metodologico e che la intera
cultura di un periodo, cogliendone il significato rivoluzionario, rinunzi a impadronirsene con la violenza selvaggia della reazione sentimentale e immaginativa.
vero che il principio d'indeterminazione e la metodologia
quantistica non ci dicono niente sulla struttura del mondo
ma solo su un certo modo di descrivere certi aspetti del
mondo: ma ci dicono in compenso che alcuni valori che
si credevano assoluti, validi come impalcature metafisiche del mondo (vedi il principio di causalit o quello del
terzo escluso) hanno lo stesso valore convenzionale dei
nuovi princpi metodologici assunti, e comunque non sono
piti indispensabili per spiegare il mondo o per fondarne
un altro. Di qui, nelle forme dell'arte, non tanto
l'instaurazione rigorosa di equivalenti dei nuovi concetti,
quanto la negazione di quelli antichi. E nel contempo il
tentativo di suggerire, a lato di un nuovo atteggiamento
metodologico di fronte a una probabile struttura delle
cose, una immagine possibile di questo mondo nuovo,
una immagine che la sensibilit non ha ancora fatto sua,
perch la sensibilit sempre in ritardo sulle acquisizioni
dell'intelligenza e ancor oggi si portati ancestralmente
a pensare che " il sole si levi " anche se da tre secoli e
mezzo i nostri antenati apprendono a scuola che il sole
non si muove.
Di qui la funzione di un'arte aperta quale metafora
epistemologica: in un mondo in cui la discontinuit dei
fenomeni ha messo in crisi la possibilit di una immagine unitaria e definitiva, essa suggerisce un modo di
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tola non esistesse ancora; e, piuttosto che un oggetto, un dibattito tra sogno e materia, un andar tentoni verso la scatola,
nella zona di incertezza dove si sfiorano il possibile e il reale...
L'artista ha la sensazione precisa che le cose potrebbero
andare altrimenti... " (*)
"La materia di Fautrier... una materia che non si semplifica ma va sempre avanti complicandosi, captando e assimilando significazioni possibili, incorporandosi aspetti o momenti del reale, saturandosi d'esperienza vissuta..." Q
"Ben altri e altrimenti calzanti gli attributi che conviene
assicurare alla rappresentazione [di Dubuffet]: in primo
luogo gli attributi dell'in-finita, dell'in-distinzione, dell'in-discrezione (presi, i termini, nel loro significato etimologico).
Traguardare secondo l'ottica della materia significa infatti
veder infrangersi i profili nozionali, dissolversi e sparire
aspetti di cose e persone; o, se ancora sussistano corpuscoli,
tracce, presenze provviste di una qualche definizione formale, discernibili alla vista, impone, tale ottica, di metterli in
crisi, di inflazionarli moltiplicandoli, confondendoli in una
ridda di proiezioni e di sdoppiamenti." (I0)
Il "lettore" si eccita quindi di fronte a una libert
dell'opera, a una sua proliferativit infinita, di fronte alla
ricchezza delle sue interne aggiunzioni, delle proiezioni
inconscie che vi convoglia, dell'invito che la tela gli fa a non
lasciarsi determinare dai nessi causali e dalle tentazioni
dell'univoco, impegnandosi in una transazione ricca di
scoperte sempre pi imprevedibili.
Di questi " protocolli di lettura " forse il piti ricco e il piti
preoccupante quello dovuto ad Audiberti quando ci
racconta cosa egli vede nella pittura di Camille Bryen:
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" Finalement, il n'y a plus 'abstrait que de figuratif. L'intime semoule du fmur des ibis, et mme des plombicrs,
recle, comme un album, comme un abbonirne de famille,
toute sorte de carte postale, dme des Invalides, grand hotel
New-grand Yokohama. La rfraction atmosphrique reperente dans le tissu minerai les mirages Ics mieux composs.
Des hordes de staphylococques submdulliers s'allignent pour
dessiner la silhouette du tribunal de commerce de Menton [...]
L'infimi de la peinture de Bryen me parat plus qua-lifi que
s'il se bornait illustrer l'abituel rapport de l'immobile
peinture courante avec ce qui prcde et ce qui sui-vra. Je
rpte, il le faut, qu' mes yeux elle a ceci, pour elle, qu'ell
bouge vraiment. Elle bouge dans tous les appels de l'espace,
du cot du passe, du cot de l'avenir. Elle plonge sur la
vgtation poisonneuse du fond ou, au contraire, hors des
abimes de la carie dentaire des moucherons, elle monte vers le
din de notre oeil et la poigne des nos mains. Les molcules
qui la composent, de substance chimique picturale et
d'energie visionnaire la fois, palpitent et s'adjustent sous la
douche horizontale du regard. On prend ici sur le fait le
phnomne de la cration continue, ou de la rvlation
continue. Une 'piume', une peinture de Bryen n'atteste pas,
comme tout autre, comme toute chose ici-bas, la jonction
permanente des ordres de Bourse, de l'exocuti-cule des
araignes et des bois crieur des cobalts, non... Alors
qu'acheve, prsentable et signe, amene sa proportion
sociale et commerciale, elle attend l'attention ou la contemplation de celui qui la voit et dont elle fait un voyant, les
formes ou les non-formes qu'elle propose au premier abord se
modifient dans l'espace en avant de la toile et de la feuille et
en avant, aussi, de l'me de ce voyant, en avant! Elles
accouchent, petit petit l'astre fait son nid, de dcors et de
profils secondaires tour tour prpondrants. En couches
transparentes ils se placquent sur l'image fondere. Au niveau
de la peinture, une cyberntique, comme on dit vulgairement,
se manifeste. Nous auront enfin vu l'oeuvre d'art s'abhumaniser, se dlacer de la signature de lliomme, accder une
mouvementation autonome, que mme les compteurs
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// corteo dell'Imperatrice Teodora a San Vitale in Ravenna) non affatto casuale e obbedisce a precise regole
di probabilit. Prima tra tutte la convenzione figurativa
per cui il fatto pittorico deve riprodurre il corpo umano
e la natura reale, convenzione implicita, talmente basata
sui nostri schemi percettivi abituali che induce immediatamente Tocchio a collegare le singole tessere secondo le
linee di delimitazione dei corpi, mentre dal canto loro le
tessere che delimitano i contorni sono caratterizzate da
una unit cromatica. Le tessere non accennano alla presenza di un corpo; attraverso una distribuzione altamente ridondante, per via di ripetizioni a catena, insistono
su un determinato contorno, senza possibilit di equivoco. Se un segnale nero rappresenta la pupilla, una
serie di altri segnali acconciamente disposti, richiamando
la presenza delle ciglia e delle palpebre, reitera la comunicazione in questione e induce a identificare, senza
alcuna ambiguit, la presenza dell'occhio. Che poi gli
occhi siano due, simmetricamente, rappresenta un altro
elemento di ridondanza; n l'osservazione paia peregrina, perch nel disegno di un pittore moderno talora pu
bastare un solo occhio per suggerire un volto visto frontalmente; che qui gli occhi siano sempre e rigorosamente
due significa che si assumono e si seguono determinate
convenzioni"figurative; le quali, in termini di teoria dell'informazione, sono leggi di probabilit all'interno di un
sistema dato. Abbiamo dunque qui un messaggio figurativo dotato di un significato univoco e di una quota di
informazione limitata.
Prendiamo ora un foglio di carta bianca, pieghiamolo
in met e spruzziamo su una delle met una serie di
macchioline di inchiostro. La configurazione che ne risulter sar altamente casuale, del tutto disordinata. Ripieghiamo ora il foglio in modo che la superficie della
met macchiata venga a coincidere con la superficie della
met ancora bianca. Riaperto il foglio ci troveremo di
fronte a una configurazione che ha gi ricevuto un certo
ordine attraverso la forma pi semplice di disposizione
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secondo leggi di probabilit, secondo la forma pi dementare di ridondanza, che la ripetizione simmetrica
degli elementi. Ora rocchio, che pure si trova davanti a
una configurazione altamente ambigua, possiede dei punti
di riferimento, sia pure tra i pi ovvi: trova delle
indicazioni di direzione, dei suggerimenti di rapporti.
ancora libero, molto, molto pi che non di fronte al
mosaico ravennate, e tuttavia indotto a riconoscere alcune figure piuttosto che non altre. Sono figure dissimili, nel cui riconoscimento egli convoglia le sue tendenze inconscie, e la variet delle risposte possibili segno
della libert, dell'ambiguit, della potenza di informazione propria della configurazione proposta. Tuttavia esistono alcune direzioni interpretative, tanto che lo psicologo che propone il test, si sentir disorientato e preoccupato se la risposta del paziente sar molto al di fuori
di un campo di risposte probabili.
Quelle unit di informazione che erano le tessere di
un mosaico o le macchioline d'inchiostro, diventino ora i
minuscoli pezzi di pietrisco che, distribuiti uniformemente, portati a un punto di grande coesione e pressati
con forza da un rullo compressore, costituiscono quella
pavimentazione stradale chiamata " macadam ". Chi guardi un fondo stradale di tal genere coglie la compresenza
di innumerevoli elementi distribuiti pressoch statisticamente; nessun ordine regge il loro assembramento; la
configurazione apertissima e al limite possiede il massimo di informazione possibile, poich si in grado di
collegare con linee ideali qualsiasi elemento ad un altro
senza che nessun suggerimento ci costringa in senso diverso. Ma qui ci troviamo nella stessa situazione del
rumore bianco di cui sopra: il massimo di equiprobabilit statistica nella distribuzione, invece di aumentare le
possibilit di informazione, le nega. Cio, le mantiene
su di un piano matematico, ma le nega sul piano di un
rapporto comunicativo. L'occhio non trova pi indicazioni d'ordine.
Anche qui la possibilit di una comunicazione tanto
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sue configurazioni, anche quando distribuisce i suoi segnali in modo pressoch statistico. Credo che Dubuffet,
offrendo al pubblico le sue piti recenti Materiologies, in
cui il richiamo a fondi stradali o a terreni non toccati
da intenzioni d'ordine abbastanza evidente e che
quindi vogliono mettere il fruitore di fronte a tutte le
suggestioni di una materia informe e libera di assumere
qualsiasi determinazione tuttavia rimarrebbe interdetto se qualcuno riconoscesse nel suo quadro il ritratto di
Enrico V o di Giovanna d'Arco e attribuirebbe questa
improbabilissima forma di collegamento relazionale dei
suoi segnali a disposizioni d'animo che sfiorano il patologico.
Herbert Read, in un suo perplesso discorso sul tachisme
dal titolo Un'arte sismografica, (") si chiede se il gioco
di reazioni libere che si prova di fronte alla macchia sul
muro sia ancora una reazione estetica. Un conto, egli
dice, un oggetto immaginativo e un conto un oggetto
che evoca immagini; nel secondo caso l'artista non pi
il pittore ma lo spettatore. Manca dunque in una macchia l'elemento di controllo, la forma introdotta a guidare la visione. L'arte tachiste dunque, rinunciando alla
forma-controllo, rinuncerebbe alla bellezza puntando invece sul valore vitalit.
Confessiamo che se la dicotomia, la lotta, si stabilisse
tra il valore della vitalit e quello della bellezza, il problema potrebbe lasciarci indifferenti: se nell'ambito della
nostra civilt il valore vitalit, in quanto negazione della
forma, risultasse preferito di fatto (e quindi preferibile
secondo la necessit irrazionale delle vicende del gusto)
al valore bellezza, non vi sarebbe nulla di male nel rinunciare alla bellezza.
Ma qui il problema diverso: in gioco la possibilit
della comunicazione di un atto di vitalit; la provocazione intenzionale di un certo gioco di libere rea(*) The Tenth Muse, London, Routlcdgc & Kegan, 1957, pagg. 35
sgg.
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IL CASO E L'INTRECCIO
L'esperienza televisiva e l'estetica
L'esperienza televisiva ha suggerito sin dagli inizi una
serie di riflessioni teoriche, tanto da indurre incautamente qualcuno a parlare, come avviene in questi casi,
di estetica della televisione.
Nell'ambito della terminologia filosofica italiana, quando si parla di estetica, si intende una indagine speculativa sul fenomeno arte in generale, sull'atto umano che
lo produce e sulle caratteristiche generalizzabili dell'oggetto prodotto. Risulta quindi se non improprio almeno
disagevole passare ad un uso pi spregiudicato del termine, parlando ad esempio di " estetica della pittura " o
"del cinema"; a meno che non si voglia con ci indicare
una indagine su taluni problemi particolarmente evidenti
nell'esperienza pittorica o cinematografica ma capaci di
permettere una riflessione a livello pi alto ed applicabile
a tutte le arti; o tali da porre in luce taluni atteggiamenti
umani che siano oggetto di riflessione teoretica e
contribuiscano ad una pi approfondita comprensione sul
piano della antropologia filosofica. Ma quando si
indicano come " estetica " di qualche arte discorsi tecnici
o precettistici, analisi stilistiche o giudizi critici, allora si
potr parlare ancora di estetica solo a patto di attribuire
al termine una pi vasta accezione ed una specificazione
pi concreta come avviene in altri paesi.
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Se si vuole per rimaner fedeli alla terminologia tradizionale italiana (almeno per ragioni di comprensibilit)
sar pili utile parlare di poetiche od analisi tecnico-stilistiche attribuendo a tali esercizi la grande importanza
che hanno e riconoscendo che spesso sanno essere pi
perspicui di tante " estetiche " filosofiche, anche sul piano
teoretico.
Di fronte al fenomeno televisivo e alle strutture operative che mette in opera, sar dunque interessante esaminare l'apporto che l'esperienza di produzione televisiva pu dare alla riflessione estetica, sia a titolo di riconferma di posizioni gi assodate, sia come stimolo
di fronte ad un fatto irriducibile a date categorie ad
allargare e ridimensionare certe definizioni teoretiche.
In particolare sar utile vedere, in un secondo momento, quale rapporto possa intercorrere tra le strutture
comunicative del discorso televisivo e le strutture u aperte" che l'arte contemporanea ci sta proponendo in altri
campi.
Strutture estetiche della ripresa diretta
1. Poste queste premesse, se esaminiamo i discorsi sinora condotti intorno al fatto televisivo, ci rendiamo
conto che sono emersi alcuni temi notevoli, ma che la
discussione di questi temi, utilissima per uno sviluppo
artistico della televisione, non reca nessun contributo stimolante all'estetica. Per contributo stimolante intendiamo
un " fatto nuovo " che rifiuti le giustificazioni gi esistenti e solleciti la revisione delle definizioni astratte che pretendono di riferirglisi.
Ora, si parlato di uno " spazio " televisivo determinato dalle dimensioni del teleschermo e dal particolare tipo di profondit reso dagli obiettivi della telecamera; si sono notate le peculiarit del "tempo" televisivo spesso identificantesi con il tempo reale (nella
ripresa diretta di avvenimenti o spettacoli), sempre specificato dal rapporto col suo spazio e da quello con un
186
camere, con le quali gli operatori su ordine del regista possono scegliere determinate inquadrature nei
limiti del loro campo visuale usufruendo di un certo
numero di obiettivi che permettono di restringere o allargare il campo e di sottolineare determinati valori di
profondit. A questo punto il regista si trova di fronte
ad una ulteriore scelta, dovendo mandare definitivamente in onda una delle tre immagini e montando in successione le immagini scelte. La' scelta diviene cosi una
composizione, una narrazione, l'unificazione discorsiva di
immagini isolate analiticamente nel contesto di una pi
vasta serie di avvenimenti compresenti ed intersecantisi.
verissimo che allo stato attuale dei fatti la maggior
parte delle riprese televisive si esercita su avvenimenti
che offrono scarso margine ad una iniziativa interpretativa: in una partita di calcio il centro d'interesse costituito dai movimenti del pallone, e non facile concedersi divagazioni. Tuttavia anche qui, nell'uso degli obiettivi, nell'accentuare valori di iniziativa personale o
valori di squadra, in questi ed altri casi interviene una
scelta, anche se casuale o maldestra. D'altra parte si sono
dati esempi di avvenimenti dei quali lo spettatore ricevette una vera e propria interpretazione, una indubitabile
decantazione narrativa.
Per citare esempi quasi storici, nel 1956, durante la
ripresa di un dibattito tra due economisti, si udiva talora
la voce di uno degli interlocutori che poneva la domanda
con piglio sicuro ed aggressivo, mentre la telecamera
dava l'immagine dell'interpellato, nervoso e sudato, con
le mani che tormentavano un fazzoletto: era inevitabile,
da un lato, una certa enfatizzazione drammatica del fatto, peraltro appropriata, e dall'altro una certa presa di
posizione, anche se involontaria: il pubblico era distratto
dagli aspetti logici dello scontro ed era colpito dagli aspetti
emotivi di esso, si che poteva venir falsato il reale rapporto
di forza, il quale doveva essere costituito dalla qualit
delle argomentazioni e non dalla prestanza fsica degli
interlocutori. Se in questo caso il problema del189
l'interpretazione era pi accennato che risolto, ricorderemo invece la ripresa delle cerimonie nuziali per le
nozze Ranieri III di Monaco - Grace Kelly. Qui gli avvenimenti offrivano veramente il destro a differenti fecalizzazioni. C'era l'avvenimento politico e diplomatico,
la parata fastosa e vagamente operettistica, il romanzo
sentimentale ampliato dai rotocalchi, ecc. Ora, la ripresa
televisiva si orient quasi sempre verso la narrazione rosasentimentale accentuando i valori u romantici " dell'avvenimento e comunque dando un racconto di colore privo
di intenti pi rigorosi.
Durante una parata di bande militari, mentre un reparto americano dalle evidenti funzioni rappresentative
eseguiva un brano, le telecamere si puntarono sul principe che si era impolverato i pantaloni contro la ringhiera
del balcone dal quale si affacciava, si chinava a spolverarli e sorrideva divertito alla fidanzata. ragionevole
pensare che qualsiasi regista avrebbe compiuto la stessa
scelta (giornalisticamente parlando si trattava di un " colpo "), tuttavia di scelta si trattava. Con essa tutta quanta
la narrazione successiva veniva determinata in una certa
tonalit. Se in quel momento fosse stata mandata in onda
l'immagine della banda americana in alta uniforme, anche
due giorni dopo, nella ripresa della cerimonia nuziale
dalla cattedrale, gli spettatori avrebbero dovuto seguire i
movimenti dell'alto prelato che celebrava il rito: invece
le telecamere restarono puntate quasi in permanenza sul
volto della sposa ponendone in evidenza la palese commozione. Vale a dire che per coerenza narrativa il regista
manteneva sulla medesima tonalit tutti i capitoli del suo
racconto e che le premesse di due giorni prima condizionavano ancora il suo discorso. Il regista soddisfaceva
in fondo i gusti e le attese di un certo pubblico, ma in
un'altra misura li istituiva. Determinato da fattori tecnici
e sociologici, tuttavia si muoveva in una certa dimensione di autonomia e narrava.
Una narrazione secondo un embrionale principio di
coerenza, realizzata simultaneamente alla propria conce190
191
tutti gli esecutori lo prevedono e realizzano come per accordo, riconfermano una tematica della forma formante
se pur la legano a certe questioni di linguaggio dato
e di retorica musicale che si fa gi condizione anteriore
integrando l'invenzione vera e propria. (2)
Uguali problemi possono venir posti dalla ripresa diretta televisiva. Dove: a) si identificano quasi del tutto
tentativo ed esito tuttavia, se pur simultaneamente e
quindi con scarso tempo per la scelta, tre immagini
costituiscono il tentativo, una l'esito; b) coincidono opera
ed antecedenti ma le camere vengono disposte in precedenza; e) si evidenzia in modo minore il problema
della forma formante; d) i limiti dell'invenzione non
vengono posti dal repertorio ma dalla presenza dei fatti
esteriori. Infinitamente pi scarsa appare dunque la zona
di autonomia e minore la pregnanza artistica del fenomeno.
2. Questa sarebbe la conclusione definitiva se si riconoscesse come limite il fatto che la "narrazione" si modella su di una serie di eventi autonomi, eventi che in
un certo senso vengono scelti, ma che purtuttavia si offrono alla scelta, essi e non altri, gi con una loro logica
difficilmente superabile e riducibile. Senonch questa
condizione ci pare costituire la vera possibilit artistica
della ripresa diretta televisiva. Esaminiamo la struttura
della " condizione " per poterne dedurre qualcosa circa le
possibilit della narrazione. Un procedimento tipo reperibile in Aristotele.
Discutendo sull'unit di un intreccio egli osserva che
"molte, anzi innumerevoli cose possono capitare ad una
persona senza che tuttavia alcune di esse siano tali da
costituire unit: ed anche le azioni di una persona possono essere molte senza che tuttavia ne risulti un'unica
0 Qui si inseriscono le varie questioni sulla meccanica dell'improvvisazione (individuale) in musica. Cfr. lo studio di W. JANKBLEWITCH, La rhapsodie, Paris, Flammarion, 1955.
192
193
mo plessi di esperienze secondo i nostri interessi pi pressanti e l'atteggiamento morale ed emotivo che presiede a
quella nostra osservazione. Q
chiaro che qui del concetto deweyano di "esperienza" ci interessa non tanto il carattere di partecipazione
totale ad un processo organico (che sempre una interazione tra noi e l'ambiente) quanto l'aspetto formale di
esso. Ci interessa il fatto che una esperienza appare come
un compimento, un fulfilment.
E ci interessa l'atteggiamento di un osservatore che, pili
che vivere esperienze, cerca di indovinare a rendere esperienze altrui; l'atteggiamnto di un osservatore che opera
una mimesi di esperienze ed in questo senso vive certamente una sua esperienza di interpretazione e di mimesi.
Il fatto che queste mimesi di esperienze abbiano una
loro qualit estetica, deriva dal loro essere termine in una
interpretazione che al tempo stesso produzione^ perch
stata scelta e composizione sia pure di avvenimenti
che in misura eminente chiedevano di essere scelti e composti.
Quella qualit estetica sar tanto piti evidente quando
ci si ponga intenzionalmente ad identificare e trascegliere
esperienze in un pi ampio contesto di eventi, al solo
fine di riconoscerle e riprodurle se non altro mentalmente. la ricerca e l'istituzione di una coerenza ed un'unit
nella variet immediatamente (*) caotica degli eventi; la
ricerca di un tutto compiuto in cui le parti che lo compongono "devono essere coordinate per modo che, spostandone o sopprimendone una, ne resti come dislogato
e rotto tutto l'insieme". Col che siamo di nuovo ad
O Cosi come la definiamo, una esperienza appare come una predicazione di forma di cui non appaiono chiare le ultime ragioni oggettive. L'unica oggettivit verificabile consiste peraltro nel rapporto
che pone capo alla realizzazione dell'esperienza come percepita. A
questo punto per il discorso oltrepasserebbe la pura constatazione di
un atteggiamento- che, in tal sede, per il momento ci sufficiente.
(6) Per " immediatamente " intendiamo: in quel momento per noi.
194
195
bero ormai parere pacifici, se la condizione di estemporaneit propria della ripresa diretta non aprisse un nuovo
problema. A proposito dell'esperienza logica ma l'esempio ampliabile a tutti gli altri tipi di esperienza
Dewey osserva che "in realt in una esperienza di pensiero le premesse emergono soltanto quando si manifesta
una conclusione". (") In altre parole diremo che l'atto
di predicazione formale non atto di deduzione svolgetesi sillogisticamente, ma tentativo continuamente
operato sulle sollecitazioni dell'esperienza in cui il risultato finale convalida ed istituisce in effetti solo allora i movimenti iniziali; (") il prima e il dopo effettivi
di una esperienza si organizzano al termine di una serie
di tentativi esercitati su tutti i dati in nostro possesso;
nell'ambito dei quali esistevano dei prima e dei dopo puramente cronologici, frammisti a vari altri, e solo al
termine della predicazione tale congerie di dati si decanta e rimangono i prima e i dopo essenziali, i soli che
contino ai fini di quella esperienza.
Ci accorgeremo dunque che il regista televisivo si trova
nella sconcertante situazione di dover identificare le fasi
logiche di una esperienza nel momento stesso in cui queste sono ancora fasi cronologiche. Egli pu isolare un filo
narrativo nel contesto degli eventi, ma a differenza del
pili "realista" tra gli artisti egli non ha alcun margine
di riflessione a posteriori sugli eventi stessi mentre d'altro canto gli manca la possibilit di istituirli a priori.
Deve mantenere l'unit del suo intreccio mentre questo
fattualmente si svolge, e.si svolge frammisto ad altri intrecci. Nel muovere le telecamere secondo un interesse
il regista in un certo senso deve inventare l'evento nello
stesso momento in cui avviene di fatto, e deve inventarlo
identico a quello che avviene; fuori di paradosso, deve
intuire e prevedere il luogo e l'istante della nuova fase
(") Op. cit., pag. 48.
(I2) Per questa dinamica del tentativo, sia in sede logica che estetica, cfr. i capitoli II e V della Estetica di L. PAREYSON, cit.
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vita normale, quello che quasi per convenzione, secondo gli stessi luoghi comuni del discorso, si pensa debba
accadere poste date premesse. In questo senso dunque
quello che il regista portato a intravedere come esito
fantasticamente appropriato del discorso artistico quello
che il pubblico portato ad attendersi come esito appropriato, a lume di buon senso, di una sequenza reale di
eventi.
3. Ora la ripresa diretta determinata, nel suo svolgersi, da quelle che sono le aspettazioni, le specifiche richieste, del suo pubblico; il quale pubblico, nel momento
stesso in cui le richiede una notizia su ci che succede,
pensa ci che succede in termini di romanzo ben fatto
e riconosce la vita come reale solo se gli appare sottratta alla sua casualit e riunificata e trascelta come intreccio. (w) Questo perch il romanzo a intreccio corrisponde, nella sua espressione tradizionale, al modo abituale, meccanizzato, di solito ragionevole e funzionale,
di muoversi tra gli eventi reali conferendo significato
univoco alle cose. Mentre solo nel romanzo sperimentale
c' la decisione di dissociare i nessi abituali coi quali si
interpreta la vita, non per trovare una non-vita, ma per
sperimentare la vita sotto aspetti nuovi, al di qua delle
convenzioni sclerotizzate. Ma questo richiede una
decisione culturale, uno stato d'animo "fenomenologico,", una volont di mettere tra parentesi le tendenze acquisite, volont che manca allo spettatore che guarda al
teleschermo per sapere una notizia e per apprendere
legittimamente come va a finire.
Non impossibile che nella vita, nel momento stesso
in cui i giocatori delle due squadre in campo stanno
perfezionando un'azione, al punto massimo di tensione,
(*) naturale che la vita, di fatto, sia piti simile allo Ulysses che z
I tre moschettieri: tuttavia chiunque tra noi pi disposto a pensare
la vita in termini de / tre moschettieri che di Ulysses : o meglio, pu
rimemorare la vita e giudicarla solo se la ripensa come romanzo ben
fatto.
204
gli spettatori sulle gradinate avvertano il senso della vanit del tutto e si abbandonino a gesti improbabili, chi
abbandonando lo stadio, chi addormentandosi sotto il sole,
chi mettendosi a cantare inni religiosi. Se ci avvenisse
la ripresa diretta che lo rendesse manifesto, organizzerebbe una ammirevole non-storia senza per questo dire alcunch di inverosimile: da quel giorno una tale possibilit entrerebbe a far parte del bagaglio del verosimile.
Ma sino a prova contraria questa soluzione , secondo
l'opinione comune, inverosimile, e lo spettatore televisivo attende come verosimile il suo opposto l'entusiasmo
degli astanti e la ripresa diretta tenuta a provvederglielo.
4. Al di fuori di queste costrizioni dovute al rapporto
funzionale tra televisione come strumento di informazione e un pubblico che chiede un prodotto di tipo determinato, esiste anche, come gi si accennato, una costrizione di tipo sintattico, determinata a sua volta dalla
natura del processo produttivo e dal sistema di riflessi
psicologici del regista.
La vita nella sua casualit gi abbastanza dispersiva
da sconcertare il regista che cerca di interpretarla narrativamente. Egli rischia di perdere continuamente il filo
e di ridursi a fotografo dell'irrelato e dell'uniforme. Non
dell'irrelato voluto sotto la cui comunicazione si nasconde una precisa intenzione ideologica ma dell'irrelato fattuale subito. Per sfuggire a questa dispersione
egli deve sovrapporre continuamente ai dati lo schema
di una organizzazione possibile. E deve farlo allV/wpromptu, vale a dire in brevissime frazioni di tempo.
Ora in questo spazio di tempo il primo tipo di nesso
tra due eventi che si presenta come psicologicamente
pili facile e immediato, quello che si fonda sull'abitudine, l'abitudine al verosimile secondo opinione comune. Correlare due eventi secondo nessi inusuali richiede, come si detto, decantazione, riflessione critica,
decisione culturale, scelta ideologica. Occorrerebbe quindi
205
che intervenisse a questo punto un nuovo tipo di abitudine, quella di vedere le cose in modo inusuale, cosi
che sia divenuto istintivo porre il non-nesso, il nesso
eccentrico, infine per dirla in termini musicali un
nesso seriale anzich quello tonale.
Questa abitudine formativa, che poi educazione della
sensibilit tale che potr divenire consueta solo dopo una
piti profonda assimilazione delle nuove tecniche narrative, il regista televisivo d'attualit non ha alcun agio di
coltivare, n la presente organizzazione culturale glielo
richiede. L'unico nesso possibile che la sua educazione
come quella di ogni individuo normale che non si sia
particolarmente applicato alle piti recenti tecniche descrittive del cinema e del romanzo contemporaneo, facendone proprie le ragioni gli consente, quello stabilito dalla convenzione di verosimiglianza e quindi l'unica soluzione sintattica possibile la correlazione secondo
verosimiglianza tradizionale (poich tutti saremo d'accordo nell'ammettere che non esistono leggi delle forme
in quanto forme ma leggi delle forme in quanto interpretabili dall'uomo, per cui le leggi di una forma devono
sempre coincidere con le consuetudini della nostra immaginazione).
C' poi da aggiungere che non solo il regista televisivo, ma chiunque, anche uno scrittore familiarizzato
con le nuove tecniche, messo di fronte a una situazione
vitale immediata, l'affronterebbe secondo gli schemi di
comprensibilit fondati sull'abitudine e sulla nozione comune di causalit, proprio perch questi nessi, allo stato
attuale della nostra cultura occidentale, sono ancora i
piti comodi per muoverci nella vita quotidiana. Nell'estate
del 1961 accaduto un incidente aereo ad Alain RobbeGrillet, dopo il quale il narratore, incolume, stato intervistato dai giornalisti: come ebbe a notare L'Express
in un articolo molto arguto, il racconto che Robbe-Grillet,
emozionatissimo, fece dell'incidente, aveva tutte le apparenze della narrazione tradizionale, era insomma aristotelico, balzacchiano, se si vuole, carico di suspense, di
206
Nulla vieta di immaginare un concorrere di diverse circostanze storiche in cui la ripresa diretta possa diventare
un mezzo di educazione a pi liberi esercizi della sensibilit, ad avventure associative dense di scoperte, e
quindi a una diversa dimensione psicologica e culturale.
Ma una descrizione delle strutture estetiche della ripresa
televisiva di attualit deve tener conto dei dati di fatto
e vedere il mezzo e le sue leggi in' relazione a una data
situazione di fruizione. In tali limiti una ripresa diretta
che ricordasse UAvventura avrebbe molte possibilit di
essere una cattiva ripresa diretta, dominata da una casualit incontrollata. E il riferimento culturale potrebbe allora avere solo un sapore ironico.
In un periodo storico in cui si configurano le poetiche
dell'opera aperta, non tutti i tipi di comunicazione artistica devono mirare di proposito a questo traguardo. La
struttura ad intreccio aristotelicamente intesa rimane tipica di molti prodotti di vasto consumo che hanno una
loro funzione importantissima e possono raggiungere
vette molto alte (poich il valore estetico non si identifica
a tutti i costi con la novit delle tecniche anche se
l'uso di tecniche nuove pu essere un sintomo di quella
freschezza tecnica e immaginativa che condizione importante per il raggiungimento di un valore estetico).
Rimasta quindi come uno dei residui baluardi di quella
profonda esigenza di intreccio che in ciascuno di noi
e che qualche forma di arte, qualche genere vecchio
o nuovo provveder pur sempre a soddisfare anche in
epoche future la ripresa diretta andr giudicata secondo le esigenze a cui soddisfa e le strutture con cui le
soddisfa.
Rimarranno peraltro ad essa ancora molte possibilit
di discorso aperto e di esplorazioni e dichiarazioni sulla
indeterminatezza profonda degli eventi quotidiani: e sar quando la registrazione dell'evento dominante, montato secondo regole di verosimiglianza, si arricchisca di
annotazioni marginali, di rapide ispezioni su aspetti della
realt circostante, inessenziali ai fini dell'azione prima208
ria, ma allusivi perch dissonanti, come altrettante prospettive su possibilit diverse, su direzioni divergenti,
su di un'altra organizzazione che potrebbe essere imposta
agli eventi.
Allora, effetto pedagogico non trascurabile, lo spettatore potrebbe avere la sensazione, sia pure vaga, che la
vita non si esaurisce nella vicenda che esso segue con
avidit, e che egli quindi non si esaurisce in quella
vicenda. Allora l'annotazione diversiva, capace di sottrarre lo spettatore alla fascinazione ipnotica cui l'intreccio
lo sottopone, agirebbe come motivo di " straniamento ",
rottura improvvisa di una attenzione passiva, invito al
giudizio o comunque stimolo di liberazione dal potere persuasivo dello schermo.
209
LO ZEN E L'OCCIDENTE
Questo saggio risale al 1959, quando in Italia cominciavano ad
agitarsi le prime curiosit sullo zen. Siamo stati incerti se inserirlo in
questa seconda edizione per due motivi:
1) La " vague " dello zen non ha poi lasciato segni degni di
nota sulla produzione artistica fuori d'America, e il discorso e oggi
molto meno urgente di otto anni fa.
2) Bench il nostro saggio circoscrivesse molto esplicitamente
l'esperienza zen tra i fenomeni di una " moda " culturale, ricercandone
ma non propagandandone le ragioni, accaduto che lettori frettolosi
(o in malafede) lo denunciassero come un manifesto, come l'incauto
tentativo di un trapianto che invece chiaramente criticato nel
l'ultimo capoverso del saggio.
Abbiamo comunque deciso di conservare il capitolo perch:
7) I fenomeni culturali che la moda zen simboleggiava permangono validi negli Stati Uniti e ovunque si instaurano forme di
reazione a-ideologica, mistico-erotica alla civilt industriale (magari
attraverso il ricorso agli allucmogenU.
8) Non bisogna mai farsi ricattare dalla stupidit altrui.
"Durante gli ultimi anni in America una piccola parola giapponese, con un suono ronzante e pungente, ha
cominciato a farsi sentire con casuali o esatti riferimenti
nei pi svariati luoghi, nelle conversazioni delle signore,
nelle riunioni accademiche, ai cocktail parties... Questa
piccola eccitante parola ' Zen '. " Cos verso la fine degli
anni cinquanta una diffusa rivista americana nel fare il
punto su uno dei fenomeni culturali e di costume pi
curiosi degli ultimi tempi. Intendiamoci: il buddismo
Zen oltrepassa i limiti del "fenomeno di costume", perch rappresenta una specificazione del buddismo che af210
212
irrequiete, confuse, disponibili, in America, pronte ad andare dalla Christian Science all'Esercito della Salvezza
ed ora, perch no, allo Zen), e sotto la guida dei maestri
giapponesi partecipano a veri e propri corsi di esercizi
spirituali, apprendendo la tecnica del "sitting", passano
lunghe ore di meditazione silenziosa controllando la propria respirazione per arrivare a rovesciare, come insegnano alcuni maestri, la posizione cartesiana affermando:
"Respiro, tuttavia esisto." Il Beat Zen invece lo Zen di
cui si sono fatti una bandiera gli hypsters del gruppo di
San Francisco, i Jack Kerouac, i Ferlinghetti, i Gins-berg,
trovando nei precetti e nella logica (anzi nella " illogica")
Zen le indicazioni per un certo tipo di poesia, nonch i
moduli qualificati per un rifiuto della american way of life;
la beat generation si rivolta all'ordine esistente non
cercando di cambiarlo ma ponendosene ai margini e
"cercando il significato della vita in una esperienza
soggettiva piuttosto che in un risultato oggettivo ". (2) I
beatni\s usano lo Zen come qualificazione del proprio
individualismo anarchico: e come ha fatto notare Harold
E. McCarthy in un suo studio sul "naturale" e lo "innaturale " nel pensiero di Suzuki 0 hanno accettato senza
troppe discriminazioni certe affermazioni del maestro
giapponese per cui i principi e i modi dell'organizzazione
sociale sono artificiali. Questo spontaneismo suonato suggestivo alle orecchie di una generazione gi educata da
certo tipo di naturalismo e nessuno degli hypsters ha
posto mente al fatto che lo Zen non rifiuta la socialit
tout court, ma rifiuta una socialit conformizzata per
cercare una socialit spontanea i cui rapporti si fondino
su di una adesione libera e felice, ciascuno riconoscendo
l'altro come parte di uno stesso corpo universale.
C2) Cfr. ALAN W. WATTS, Beat Zen, Square Zen and Zen in ** Chicago Review ", Summcr 1958 (numero unico sullo Zen). Sui rapporti
tra Zen e beat generation cfr. anche R. M. ADAMS, Strns of Discordi,
Ithaca, Cornell Un. Pr., 1958, pag. 188.
(3) HAKOLD E. MCCAETHY, The Naturai and Unnatural in Suzu\i's
Zen in " Chic. Rev. ", cit.
214
215
do pid facile. Lo Zen un lavoro di autodisciplina e studio che dura tutta la vita." Questo non certo il caso
della beat generation, ma c' chi si domanda se anche
l'atteggiamento dei giovani anarchici individualisti non
rappresenti un aspetto complementare di un sistema di
vita Zen; il pi comprensivo Alan Watts, che nell'articolo citato si rifa ad un apologo indiano, per cui esistono due "vie", qiMla del gatto e quella della scimmia: il
gattino non fa sforzi per vivere, perch la madre lo
porta in bocca; la scimmia segue la via dello sforzo perch si tiene stretta al dorso della madre afferrandola per
i peli del capo. I beatni\s seguirebbero la via del gattino.
E con molta indulgenza Watts conclude, nel suo articolo su Beat e Square Zen, che se qualcuno vuole passare alcuni anni in un monastero giapponese, non c'
ragione perch non lo faccia; ma se altri preferisce rubare automobili e girare tutto il santo giorno dischi di
Charlie Parker, l'America infine un paese libero.
Vi sono per altre zone dell'avanguardia dove possiamo trovare influenze Zen pi interessanti ed esatte: piti
interessanti perch qui lo Zen non serve tanto a gistificare un atteggiamento etico quanto a promuovere delle strategie stilistiche; e pili esatte, appunto, perch il richiamo pu essere controllato su particolarit formali di
una corrente o di un artista. Una caratteristica fondamentale sia dell'arte che della non-logica Zen il rifiuto della
simmetria. La ragione ne intuitiva, la simmetria rappresenta pur sempre un modulo d'ordine, una rete gettata sulla spontaneit, l'effetto di un calcolo: e lo Zen
tende a lasciar crescere gli esseri e gli eventi senza preordinare gli esiti. Le arti della scherma e della lotta non
fanno altro che raccomandare un atteggiamento di flessibile adattabilit al tipo di attacco portato, una rinuncia
alla risposta calcolata, un invito alla reazione come assecondamene) dell'avversario. E nel teatro Kabuki la
disposizione a piramide rovesciata, che caratterizza i rapporti gerarchici dei personaggi in scena, sempre par217
218
vengono proprio per far si che lo spunto plastico-coloristico proliferi continuamente in una incoativit di forme
possibili. In questa offerta di possibilit, in questa richiesta di libert fruitiva sta una accettazione dell'indeterminato e un rifiuto della casualit univoca. Non potremmo immaginarci un seguace dell'action painting che
cerca nella filosofia aristotelica della sostanza la giustificazione della sua arte. Quando un critico si richiama
all'asimmetria e all'apertura Zen possiamo anche avanzare riserve filologiche; quando un pittore esibisce giustificazioni in termini Zen possiamo sospettare della chiarezza critica del suo atteggiamento: ma non possiamo
negare una fondamentale identit di atmosfera, un comune richiamo al movimento come non-definizione della nostra posizione nel mondo. Una autorizzazione dell'avventura riapertura.
Ma dove l'influenza dello Zen si fatta sentire nel
modo pili sensibile e paradossale nell'avanguardia musicale d'oltre oceano. Ci riferiamo in particolare a John
Cage, la figura pi discussa della musica americana (la
pi paradossale senz'altro di tutta la musica contemporanea), il musicista col quale molti compositori post-weberniani ed elettronici sono spesso in polemica senza poter fare a meno di subire comunque il fascino e l'inevitabile magistero del suo esempio. Cage il profeta della
disorganizzazione musicale, il gran sacerdote del caso:
la disgregazione delle strutture tradizionali che la nuova
musica seriale persegue con una decisione quasi scientifica, trova in Cage un eversore privo del minimo ritegno.
Sono noti i suoi concerti in cui due esecutori, alternando
le emissioni dei suoni a lunghissimi periodi di silenzio,
traggono dal pianoforte le pili eterodosse sonorit pizzicandone le corde, percotendone i fianchi e infine alzandosi e sintonizzando una radio su di una lunghezza
d'onda scelta a caso in modo che qualsiasi apporto sonoro
(musica, parola o disturbo indistinto) si possa inserire
nel fatto esecutivo. A chi lo interpella circa le finalit
219
della sua musica Cage risponde citando Lao Tzu e avvertendo il pubblico che solo urtando nella piena incomprensione e misurando la propria stoltezza esso potr cogliere il senso profondo del Tao. A chi gli oppone che la
sua non musica, Cage risponde che in effetti non
intende far della musica; a chi pone questioni troppo
sottili risponde pregando di ripetere la domanda: a domanda ripetuta prega ancora di rinnovare Pinterrogazione; alla terza preghiera di ripetere, l'interlocutore si
rende conto che: "Prego, vuole ripetere la domanda?"
non costituisce una preghiera ma la risposta alla domanda stessa. Il pi delle volte Cage prepara per i suoi contraddittori risposte prefabbricate, buone per qualsiasi domanda, dal momento che vogliono essere prive di senso.
L'ascoltatore superficiale ama pensare a Cage come ad
un fumista neppure troppo abile, ma i suoi continui
riferimenti alle dottrine orientali dovrebbero mettere in
guardia sul suo conto: prima che come musicista di
avanguardia egli deve essere visto come il pi inopinato
dei maestri Zen, e la struttura dei suoi contraddittori
perfettamente identica a quella dei mondo, le tipiche
interrogazioni dalle risposte assolutamente casuali con
le quali i maestri giapponesi conducono il discepolo alla
illuminazione. Sul piano musicale si pu utilmente discutere se il destino della nuova musica stia nel completo abbandono alla felicit del caso oppure nella disposizione di strutture "aperte" ma tuttavia orientate secondo moduli di possibilit formale: () ma sul piano
filosofico Cage intoccabile, la sua dialettica Zen perfettamente ortodossa, la sua funzione di pietra dello scandalo e di stimolatore delle intelligenze assopite, impareggiabile. E c' da chiedersi se egli stia portando acqua
al mulino della soteriologia Zen o al mulino musicale,
perseguendo un lavaggio delle menti dalle abitudini mu0 Come esempio di due opposti atteggiamenti critici, si vedano nel
n. 3 (agosto 1959) di w Incontri Musicali " i saggi di PIERRE BOULEZ
(Alea) e HEINZ-KLAUS METZGER (/. Cage o della liberazione).
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come un trattamento psicoanalitico per liberare u chi soffra di certi crampi mentali prodotti dall'incompleta coscienza delle strutture del proprio linguaggio". inutile ricordare l'episodio del maestro che versa il t. Questo di Wittgenstein stato definito un " positivismo terapeutico " e appare come un insegnamento che, invece di
dare la verit, mette sulla strada per ottenerla personalmente.
A tirare le somme non si pu non concludere che in
Wittgenstein vi sia effettivamente lo svanire della filosofia nel silenzio, nel momento stesso in cui si ha l'instaurazione di un metodo di rigorosa verifica logica di
pretta tradizione occidentale. Non si dicono cose nuove.
Wittgenstein ha questi due volti, e il secondo quello
che stato accolto dal positivismo logico. Dire del primo,
quello del silenzio, che un volto Zen significa in realt
fare un abile gioco di parole per dire che si tratta di un
volto mistico. E Wittgenstein fa parte indubbiamente
della grande tradizione mistica germanica, e si allinea
coi celebratori dell'estasi, dell'abisso e del silenzio, da
Eckhart a Suso e a Ruysbroek. C' chi come Ananda
Coomaraswamy ha scritto a lungo sulle analogie tra
pensiero indiano e mistica tedesca, e Suzuki ha detto che
per Meister Eckhart occorre parlare di vero e proprio
satori. (") Ma qui le equazioni diventano fluide e tanto
vale dire che il momento mistico dell'abbandono dell'intelligenza classificante un momento ricorrente nella storia dell'uomo. E per il pensiero orientale una costante.
Dato Zen = misticismo allora si possono instaurare
molti paragoni. Le ricerche di Blyth sullo Zen nella letteratura anglosassone sono di questo tipo, mi pare. Si
veda ad esempio l'analisi di una poesia di Dante Gabriele
Rossetti, in cui si descrive un uomo in preda all'angoscia
che cerca una qualsiasi risposta al mistero dell'esistenza.
(M) D. T. SUZUKI, Mysticism Christian and Buddhist, London, Alien &
Unwin, 1957, pag. 79. Cfr. pure SOHAKU OGATA, Zen for the West,
London, Rider & Co., 1959, pagg. 17-20: dove viene svolta una
comparazione fra testi Zen e pagine di Eckhart.
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zerei le pid ampie riserve. Anche di fronte ad un buddismo che celebra la accettazione positiva della vita, l'animo occidentale se ne distaccher sempre per un bisogno ineliminabile di ricostr 're questa vita accettata secondo una direzione voluta dall'intelligenza. Il momento
contemplativo non potr che essere uno stadio di ripresa,
un toccare la madre terra per riprendere energia: mai
l'uomo occidentale accetter di smemorare nella contemplazione della molteplicit, ma si perder sempre tentando di dominarla e ricomporla. Se lo Zen gli ha riconfermato con la sua voce antichissima che l'ordine eterno del mondo consiste nel suo fecondo disordine e che
ogni tentativo di sistemare la vita in leggi unidirezionali
un modo di perdere il vero senso delle cose, l'uomo
occidentale accetter criticamente di riconoscere la relativit delle leggi, ma le reintrodurr nella dialettica della
conoscenza e dell'azione sotto forma di ipotesi di lavoro.
L'uomo occidentale ha appreso dalla fisica moderna
che il Caso domina la vita del mondo subatomico e che
le leggi e le previsioni da cui ci facciamo guidare per
comprendere i fenomeni della vita quotidiana sono valide solo perch esprimono delle medie statistiche approssimative. L'incertezza diventata il criterio essenziale per la comprensione del mondo: sappiamo che non
possiamo pi dire "all'istante X l'elettrone A si trover
nel punto B ", ma " all'istante X vi sar una certa probabilit che l'elettrone A si trovi nel punto B ". Sappiamo che ogni nostra descrizione dei fenomeni atomici
complementare, che una descrizione pu opporsi ad una
altra senza che una sia vera e l'altra falsa.
Pluralit ed equivalenza delle descrizioni del mondo.
vero, le leggi causali sono crollate, la probabilit domina la nostra interpretazione delle cose: ma la scienza
occidentale non si lasciata cogliere dal terrore della disgregazione. Noi non possiamo giustificare il fatto che
possano valere delle leggi di probabilit: ma possiamo
accettare il fatto che esse funzionano, afferma Reichenbach. L'incertezza e l'indeterminazione sono una ogget233
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zione diverrebbe allora, se si volesse accettare un linguaggio di stampo hegeliano almeno a titolo metaforico "il problema della autocoscienza umana che,
incapace a pensarsi come 'cogito' separato, si trova
solamente nel mondo che edifica, negli altri io che
riconosce e che, a volte, misconosce. Ma questo modo
di ritrovarsi nell'altro, questa obiettivazione, sempre
pi o meno un'alienazione, una perdita di s e nello
stesso tempo un ritrovarsi ". (3) Ora non chi non veda
come in tal caso la lezione hegeliana venga intesa in un
senso ben pi concreto di quanto essa non apparisse a
Marx, intesa ormai da una cultura che diventata
capace di rileggere Hegel attraverso Marx.
A questo punto sarebbe per equivoco, riletto Hegel
attraverso Marx, scavalcare Marx in un ritorno ad Hegel.
Sarebbe equivoco dire: poich l'alienazione appare come
una situazione permanente, costitutiva del mio rapporto
con gli oggetti e con la natura, quindi inutile programmarne una eliminazione e tanto vale accettarne il
condizionamento, dato che essa appare una "situazione
esistenziale" (e la locuzione, lo sappiamo, ambigua in
quanto carica di certe eredit per cui, se una situazione
pertiene alla struttura dell'esistenza, certo esistenzialismo
negativo ci insegna che inutile ingegnarci di superarla,
e ogni gesto che noi facessimo per eliminarla ci
rigetterebbe su di essa).
Il discorso invece da fare in un altro senso. Il tipo
di alienazione di cui parla Marx , da un lato, quello di
cui si occupa l'economia politica, e cio quello conseguente all'utilizzazione che una societ di propriet
privata fa dell'oggetto prodotto dall'operaio (per cui
(3) Cfr. J. HYPPOLITE, "EludeS sur Marx et Hegel, Paris, Rivire,
1955. Come gi il saggio del Gorz, questo un tipico esempio di
allargamento dell'area del concetto di " alienazione " (attuato grazie
ad una rilettura hegeliana), per cui la possibilit dell'alienazione rimane come rischio perenne in qualsiasi tipo di societ, anche dopo
che siano state modificate talune condizioni obiettive che Marx aveva
individuato come causa dell'alienazione.
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C' una pagina in cui Zolla dice che "il pensiero non
deve fornire ricette, deve capire come stanno le cose" e
"capire non accettare" (n , e qui egli ha ragione,
indicare subito e concretamente il mezzo di uscire dalla
situazione analizzata): ma sulla natura di questo
"capire" che Zolla in costante equivoco. Questo suo
"capire" appare appunto come il sapere nientificante
dell'Anima Bella che, per sapere s e non confondersi con
l'oggetto, lo distrugge. Zolla pensa che occorra "capire"
l'oggetto per non compromettersi con esso: la verit
invece che per capire l'oggetto occorre prima
compromettersi. A questo punto l'oggetto sar capito
non pili come qualcosa che va assolutamente negato,
ma come qualcosa che porta ancora le tracce del fine
umano per cui noi lo abbiamo prodotto e quando sia
capito in questi termini, insieme ai termini negativi
egualmente presenti nella situazione, allora ci troveremo
capaci di libert di fronte ad esso. Almeno: il pensiero ci
avr provveduto le premesse per una operazione libera e
liberatrice. Ma bisogna assolutamente che all'inizio
l'oggetto non sia sentito come nemico ed estraneo,
perch l'oggetto siamo noi, riflessi in una nostra opera,
porta il nostro segno, conoscerlo a fondo vuol dire
conoscere l'uomo che noi siamo: perch da questa
operazione di comprensione deve essere assente ad ogni
costo la charitas e la speranza}
Facciamo un esempio: in una delle prime pagine del
suo romanzo Cecilia, Zolla descrive il rapporto fisico,
quasi erotico, che la protagonista intrattiene con l propria automobile, patendone ogni vibrazione nei propri
muscoli, conoscendola come si conosce un amante, partecipando col proprio corpo della sua elasticit e dei suoi
dinamismi. L'intenzione dell'autore e l'impressione
che trae il lettore dalla pagina letta di dare l'immagine di una situazione di alienazione totale (Cecilia
anzi guida a piedi nudi, e cos il suo caso individuale si
collega a livello sociologico coi casi limite dei pontefici
della giovent bruciata, e diventa compiutamente ti248
251
t pur compromettendomi con l'oggetto: dei quali l'ultimo e il pi banale (apparentemente) potrebbe essere, in
una accorta misura, il trattare male la macchina, il tenerla
sporca e trasandata, il non rispettare del tutto le esigenze
del motore, proprio per far si che il mio rapporto con
essa non sia mai completamente integrato. E sarebbe
questo un eludere la Entfremdung grazie alla Verfremdungy uno sfuggire all'alienazione grazie a una tecnica
di straniamento cosi come Brecht, perch lo spettatore si sottragga alla eventuale ipnosi della vicenda
rappresentata, richiede che si tenga accesa la luce in sala
e che il pubblico possa fumare.
Chiariti questi presupposti, tante operazioni cambiano
di segno. Cos quei versi di Cendrars che a Zolla parevano un tragico esempio di gusto macabro:
Toutes les femmes que j'ai rencontres se dressent aux
[horizons
Avec les gestes piteux et les regards tristes des smaphores
[sous la pluie
potranno apparire per quello che forse sono: il tentativo
poetico di riprendere in termini umani un elemento del
paesaggio urbano che rischiava di rimanerci estraneo; il
non ridurre il semaforo al meccanismo quotidiano che
dirige i nostri passi, sapendolo invece guardare sino a che
sappia assumere pregnanza simbolica; ancora, un
imparare a parlare del proprio mondo sentimentale non
esprimendolo in immagini che si sono consumate
attraverso l'uso fattone dalla "maniera" poetica, ma
rivestendo l'emozione di una nuova immagine, cercando
di educare l'immaginazione a nuovi riflessi.
Insomma: un tentativo di riconoscere l'oggetto, di capirlo, di vedere quale spazio potr assumere nella nostra
vita di uomini, e una volta compresolo, un saperlo
piegare a un uso nostro, quello metaforico, anzich
piegarci noi unicamente ad esso. Il macabro che impressionava Zolla non risiede nel richiamo al semaforo;
254
nel quale devo perdermi per diventare in grado di acquistare l'automobile. dunque evidente che, se l'alienazione una possibilit ricorrente dell'esistenza umana
ad ogni livello, essa ha assunto una importanza e una
configurazione tutta particolare nella societ industriale
moderna, come aveva intravisto, a livello dei rapporti
economici, Marx.
Da tutto quanto si detto emerge come parimenti vero
che questa condizione della societ moderna costituisce di
fatto la nuova condizione in cui siamo chiamati a vivere,
qualsiasi sia il tipo di societ che riusciamo a foggiarci
con la nostra azione modificatrice. L'alienazione
costituisce per l'uomo moderno una condizione come la
mancanza di gravit per il pilota spaziale: una
condizione in cui imparare a muoversi e a individuare le
nuove possibilit di autonomia, le direzioni di libert
possibile. Vivere nell'alienazione non vuol dire, .peraltro,
vivere accettando l'alienazione, ma vivere accettando una
serie di rapporti che vengono tuttavia costantemente
mssi a fuoco da una intentio secunda che ci permetta di
vederli in trasparenza, di denunciarne le possibilit
paralizzanti; rapporti da agire demistificandoli di
continuo, senza che demistificarli voglia dire annullarli.
La constatazione a cui non possiamo sottrarci che
non possiamo vivere n sarebbe opportuno farlo
senza pedale dell'acceleratore, e forse siamo incapaci di
amare senza pensare ai semafori. C' qualcuno che
pensa che si possa ancora parlare di amore evitando
l'accenno ai semafori : l'autore di canzonette melodiche
per Claudio Villa. Costui sembra sfuggire alla realt
inumana della macchina: il suo universo definito dai
concetti umanissimi di ucuore", "amore" e "mamma".
Ma il moralista avvertito oggi sa che cosa si nasconda
dietro a questi flatus vocis: un mondo di valori
pietrificati usati in funzione mistificatoria. Il paroliere,
accettando certe espressioni linguistiche, si alienato e
aliena il suo pubblico a qualcosa che si riflette
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nizione secondo una psicologia e un'etica, e infine nell'esistenza di precisi rapporti causali che mi permettano
di dedurre dalla natura dall'ambiente e dal carattere,
nonch da una serie di eventi concomitanti facilmente
individuabili, la sequenza degli eventi successivi, che
dovr essere descritta come un decorso univoco di fatti.
Ecco quindi come l'accettazione di una data struttura
narrativa presuppone l'accettazione di una certa persuasione dell'ordine del mondo rispecchiato dal linguaggio che uso, dai modi in cui lo coordino, dai rapporti
temporali stessi che in esso si esprimono. (")
Nel momento in cui l'artista si accorge che il sistema
comunicativo estraneo alla situazione storica di cui
vuole parlare, deve decidere che non sar attraverso
l'esemplificazione di un soggetto storico che egli potr
esprimere la situazione, ma solo attraverso l'assunzione,
l'invenzione, di strutture formali che si facciano il modello di questa situazione.
(") Un esempio: sar accaduto al lettore di trovarsi in una delle
situazioni pi squallide che possano darsi, il trovarsi cio solo, in un
momento di cafard, possibilmente in un luogo sconosciuto, in un paese
straniero, a bere in un bar per ammazzare il tempo, nell'attesa
inconsapevole, regolarmente frustrata, di qualcosa che intervenga a
interrompere il corso della solitudine. Non credo vi sia situazione
meno sopportabile, e tuttavia chi vi sia incorso quasi sempre riuscito a sopportarla trovandola, in fondo, molto " letteraria ". Perch?
Perch tutta una letteratura ci ha abituato alla convenzione che quando
un individuo si trova solo a bere in un bar, ecco che gli accade
qualcosa: nel romanzo giallo sar l'apparizione di una bionda platinata, in Hemingway un incontro meno vistoso, un dialogo, una
rivelazione del " nada ". Dunque un certo ordine narrativo prevede,
ormai istituzionalmente, che quando qualcuno beve solo in un bar
debba accadere qualcosa. Ecco cosi come un atto tra i meno significativi, tra i pi squallidi, un atto che andrebbe riconosciuto come
tale perch noi potessimo prendere coscienza dello squallore in cui,
almeno per quel momento, ci troviamo, prende ordine e diventa a
torto accettabile; si fa significante grazie a una mistificazione attuata
con Papplicazione di strutture narrative che esigono comunque la
soluzione di una premessa, la conclusione ordinata, la fine di un
inizio, e non consentono un inizio senza fine (come invece certa
narrativa e certo cinema si pensi ad Antonioni hanno finalmente
deciso di fare, perch cosi di fatto accade, e quindi giusto che Parte
lo riveli senza consolarci regalandoci un finale, un ritorno alla tonica,
per ogni discorso che incominciamo).
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un antropologo comincerebbe a elencare questi usi comunicativi per poi individuarvi solo dopo i modi in cui
essi vengono posti in relazione e sottoposti a regole d'uso.
Ma se egli vuole dare della situazione, espressa attraverso
il suo tipico linguaggio, una resa narrativa, sar costretto a collegare questi elementi di linguaggio secondo un
ordine, una successione narrativa, che quella della
narrativa tradizionale. Colto quindi un certo tipo di linguaggio, che gli pare tipico di una situazione in cui i
rapporti umani vengono distorti, messi in crisi, traditi,
egli lo coordina, in forza delle convenzioni narrative,
secondo la linea di un ordine che immediatamente maschera questi frammenti di dissociazione con una patina
di associabilita, e per dare una immagine di una situazione di disordine e di smarrimento egli ci comunica
una impressione di ordine. Quest'ordine ovviamente
fittizio, l'ordine delle strutture narrative che esprimevano un universo ordinato, quest'ordine costituisce
una forma di giudizio pronunciato nei termini di un
linguaggio estraneo alla situazione. Apparentemente il
narratore si impegnato a capire una situazione in cui
regna una forma di alienazione, ma non si alienato in
essa: ne uscito tramite l'uso di strutture narrative che
gli danno l'impressione di balzare fuori dal suo oggetto.
(w) La struttura della narrativa tradizionale al
limite la struttura " tonale " del romanzo giallo: esiste
un ordine stabilito, una serie di rapporti etici
paradigmatici, una potenza, la Legge, che li amministra
secondo ragione; interviene un fatto che turba
quest'ordine, il delitto; scatta la molla dell'indagine che
condotta da una mente, il detective, non compromessa
(") Mi pare che Vittorini avesse individuato molto bene quanto si
sta ora cercando di analizzare, quando nel precedente "Menab"
ricordava che "la narrativa che concentra sul piano del linguaggio
tutt'intero il peso delle proprie responsabilit verso le cose risulta a sua
volta, oggi, pi vicina ad assumere un significato storicamente attivo
di ogni letteratura che abbordi le cose nella genericit d'un loro presunto contenuto prelinguistico trattandone sotto specie di temi, di
questioni, ecc. " (p. 18).
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6. Un'altra funzione pedagogica di queste poetiche potr essere ancora questa: l'operazione pratica che prender le mosse dall'atto di coscienza promosso dall'arte,
stimolata dall'arte a un nuovo modo di cogliere le cose e
coordinarle in rapporti, avr acquisito, quasi sotto forma
di riflesso condizionato, l'idea che ordinare una situazione
non vuol dire sovrapporle un ordine univoco che poi
strettamente legato a una concezione storicamente
determinata, ma elaborare modelli operativi a pi esiti
complementari, cosi come la scienza gi riuscita a
proporre; modelli che soli paiono permettere una presa
sulla realt quale la nostra cultura ci va configurando.
In questo senso certe operazioni dell'arte, che appaiono
cosi lontane dal nostro mondo concreto, lavorano in
definitiva per provvederci categorie immaginative onde
muoverci in questo mondo.
Ma allora questa operazione, che ha come primo momento l'accettazione della situazione esistente, il calarsi
in essa facendola propria, non avr come esito finale la
resa oggettiva di questa situazione, l'adesione passiva al
" flusso ininterrotto di ci che esiste " ? Siamo arrivati al
problema che poneva tempo fa Calvino denunciando la
presenza, sommergente e inquietante, di un mare dell'oggettivit; e indubbiamente, per un aspetto, la sua
denuncia colpiva nel giusto e indicava il termine negativo di una situazione. C' tutta una letteratura che
potrebbe finire nella registrazione del non-gesto, nella
fotografia del rapporto dissociato, in una sorta di beatifica visione (in termini Zen) di quello che accade, senza
preoccuparsi se quello che accade sia ancora a misura
d'uomo, senza anzi chiedersi quale sia la misura umana.
Ma abbiamo visto che di fronte al flusso di ci che
esiste non possibile ergersi opponendogli una misura
umana ideale. Ci che esiste non un dato metafisico
Jacob, di Johnson, dove la scissione interiore dell'autore, che dal canto proprio
esprime la scissione morale, territoriale e politica delle due Germanie, si
traduce nella stessa tecnica narrativa.
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tranno anch'essi essere ricchi di molteplici interpretazioni, potranno, a seconda delle interpretazioni di ciascuno,
dar luogo a tutti i commenti, psicologici, psichiatrici,
religiosi o politici. Ci si accorger presto della loro indifferenza nei confronti di queste pretese ricchezze... L'eroe
futuro... rester l. Saranno invece i commenti a restare
altrove; di fronte alla sua presenza irrefutabile, appariranno inutili, superflui, perfino disonesti ". Robbe-Grillet
ha ragione a pensare che la struttura narrativa debba
rimanere al di sotto delle varie interpretazioni che se ne
daranno, ha torto a credere che ne sfugga perch vi
estranea. Non vi estranea, la funzione proposizionale
di una serie di situazioni nostre, che noi riempiamo diversamente secondo l'angolo visuale dalla quale la vediamo, ma che si presta ad essere riempita perch il
campo di possibilit di una serie di rapporti che realmente sono ponibili, cos come la costellazione di suoni
che sostituisce una serie musicale il campo di possibilit di una serie di relazioni che possiamo porre tra
questi suoni. E la struttura narrativa diventa campo di
possibilit proprio perch, nel momento che si entra
dentro una situazione contraddittoria per capirla, le
tendenze di questa situazione, oggi, non possono pi
assumere una sola linea di svolgimento determinabile a
priori, ma si offrono tutte come possibili, alcune positive
altre negative, alcune linee di libert altre di alienazione
alla crisi stessa.
L'opera si propone come una struttura aperta che riproduce l'ambiguit dello stesso nostro essere-nel-mondo :
quale almeno ce lo descrive la scienza, la filosofia, la
psicologia, la sociologia; come ambiguo, dilacerato in
opposizioni il rapporto di noi con l'automobile, tensione dialettica di possesso e alienazione, nodo di possibilit complementari.
Il discorso supera ovviamente il caso Robbe-Grillet, che
vale come avvio e non come esemplificazione esaustiva
del problema, Ma il caso Robbe-Grillet (che un caso
limite, si che si autorizzati a ritenerlo equivoco) ci
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negative. la situazione che Marx ed Engels riconoscevano attuata in Balzac, legittimista e reazionario, che
aveva saputo tratteggiare e organizzare con tanta profondit di visione la ricca materia del mondo di cui
narrava, che la sua opera (l'opera di lui disinteressato
a certi problemi, e fondamentalmente consenziente col
mondo in cui viveva non l'opera dei vari Sue che
avevano cercato di impegnarsi in un giudizio politico
sugli eventi a fini progressisti) costituiva per loro il documento piti valido per comprendere e giudicare la societ borghese, anzi il documento in cui questa societ,
spiegata, veniva per questo stesso motivo giudicata. In
altri termini Balzac aveva accettato la situazione in cui
viveva, ma ne aveva cosi lucidamente rese manifeste le
connessioni, che non ne era rimasto prigioniero, non
nella sua opera, almeno.
Balzac aveva condotto la sua analisi attraverso la disposizione di un soggetto (narrando cio una vicenda di
eventi e personaggi in cui si chiariva il contenuto della
sua indagine); la letteratura contemporanea pare poter
analizzare il mondo non pi in questo modo, ma attraverso la disposizione di una certa articolazione strutturale del soggetto eleggendo l'articolazione a soggetto
e in essa risolvendo il vero contenuto dell'opera.
Su questa via la letteratura come la nuova musica,
la pittura, il cinema pu esprimere il disagio di una
certa situazione umana; ma non sempre possiamo chiederle questo, non sempre dovr essere letteratura sulla
societ. Potr essere talora una letteratura che realizza,
attraverso le sue strutture, una immagine del cosmo quale
suggerito dalla scienza, l'ultima barriera di una ansia
metafisica che, non riuscendo pili a conferire una forma
unitaria al mondo nell'ambito dei concetti, tenta di elaborarne un Ersatz nella forma estetica; Finnegans Wa\e
forse un esempio di questa seconda vocazione della letteratura.
Ma anche in questo caso sarebbe assai pericoloso credere, come fanno alcuni, che volgere l'occhio ai rapporti
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290
APPENDICE
Generazione
di messaggi estetici
in una lingua
edenica
Caratteristiche dell'uso estetico di una lingua sono Vambiguit e la autoriflessivit dei messaggi [JAKOBSON, I960].
L'ambiguit fa si che il messaggio risulti inventivo rispetto alle
possibilit comunemente riconosciute al codice, ed una caratteristica comune anche all'uso metaforico (ma non necessariamente estetico) del linguaggio (cfr. "Semantica della metafora"). Perch si abbia messaggio estetico non basta che si
verifichi una ambiguit a livello della forma del contenuto
dove, nel gioco di scambi metonimici, si attuano le sostituzioni
metaforiche che obbligano a vedere il sistema semantico in
modo diverso, e in modo diverso il mondo che esso coordina.
Occorre anche che avvengano alterazioni nell'ordine della forma dell'espressione, e alterazioni tali che il destinatario, mentre avverte un mutamento nella forma del contenuto, sia anche
obbligato a ritornare al messaggio stesso, come entit fisica, per
osservare le alterazioni della forma dell'espressione, riconoscendo una sorta di solidariet tra l'alterazione verificatasi nel contenuto e quella verificatasi nell'espressione. In tal modo il
messaggio estetico diventa autoriflessivo, comunica anche la
sua organizzazione fisica e in tal modo^ possibile asserire che
in arte vi inscindibilit di forma e contenuto: il che non
deve significare che non sia possibile distinguere i due piani
e quanto di specifico avviene a livello di ciascuno, ma vuol
dire invece che le mutazioni ai due livelli sono sempre l'una
funzione dell'altra.
In ogni discussione estetica si rischia sempre di mantenere
291
giamenti verso i fenomeni che non una nominazione e classificazione esatta di ciascuno di essi. Queste unit semantiche si
strutturano in 6 assi:
Si vs no mangiabile vs non
mangiabile (dove mangiabile sta per "da
mangiare *, a commestibile n,
"voglio mangiare", ecc.)
bene vs male
(l'opposizione riguarda sia esperienze morali che fisiche)
bello vs brutto
(Popposizione copre tutti i
gradi del piacevole, divertente, desiderabile, ecc.)
rosso vs blu
(l'opposizione copre tutta la
gamma delle esperienze cromatiche, la terra percepita
come rossa e il cielo come
blu, la carne rossa e la
pietra blu, ecc.)
serpente vs mela
(l'ultima opposizione Punica che designi oggetti anzich
qualit di oggetti o reazioni
ad oggetti; ma bisogna considerare che, mentre tutti gli
altri oggetti sono a portata
di mano questi due emergono tra tutti per una loro caratteristica di estraneit; si
pu ammettere che le due
unit culturali vengano acquisite al codice solo dopo
il giudizio fattuale emesso
da Dio sulla intangibilit
della mela, come si vedr in
seguito. In tal caso, il serpente, apparendo sullo stesso albero in cui sta la mela,
viene avvertito come complementare ad essa, e diventa unit culturale precisa.
Gli altri animali sono inve293
ce percepiti come mangiabili" o "male", o blu* oppure "rossi" senza che intervengano altre pertinentizzazioni del continuum percettivo globale).
Naturalmente una unit culturale diventa Pinterpretante di
un'altra e si possono verificare catene connotative per cui
(1)
= si
= no
294
che possono significare permesso/interdizione, oppure esistenza/non esistenza, o ancora approvazione/disapprovazione, ecc.
Non ci sono altre regole sintattiche, tranne che Punione
di due sequenze pone le unit culturali connesse in situazione
di predicazione reciproca (BAAAB. ABBBBBA significa allora
"la mela rossa" ma anche "mela rossa").
Adamo ed Eva sanno maneggiare benissimo la lingua edenica. Una cosa non comprendono se non confusamente: la regola generativa delle sequenze. Possono intuirla vagamente, ma
in quel caso intendono le sequenze AA e BB come anomale.
Inoltre non sanno che si potrebbero generare altre sequenze
corrette, anche perch non ne sentono il bisogno non avendo
altro da nominare. Vivono in un mondo pieno, armonico, soddisfacente, non avvertono crisi n bisogni.
Le catene connotative accennate in (1) si strutturano dunque per loro in tal senso:
(3)
ABA=ABBA=ABBBBA=ABBBBBA=BAAAB=AA
(mang. b/ne
bello
rosso
mela
si)
B AB=B AAB=B AAAAB=B AAA AAB=ABBB A=BB
(non mang. male
brutto
blu
serpente no)
Le parole sono le cose (o meglio le esperienze che essi conoscono) e le cose sono le parole. Per cui sono naturali per
loro certe associazioni connotative del tipo:
(4)
ABA="rossow.
297
Ora osserva il suo lavoro compiaciuto. Non sono le espressioni (9) e (10) due metafore della mela? Ma la loro metaforicit accresciuta dalla presenza di elementi fisici, e cio dal
particolare rilievo che assume la sostanza dell'espressione. Tuttavia, attraverso quella operazione, la sostanza dell'espressione
(quel modo particolare di trattare la sostanza dell'espressione),
299
da pura variante facoltativa che era, diviene elemento pertinente, diventa forma dell'espressione, tranne che la forma delPespressione di una lingua dei colori e non della lingua verbale
che Adamo conosceva. In pi, avvenuto qualcosa di strano:
sino ad allora le cose rosse erano referenti imprecisi a cui si
applicava il significante ABBBBBA (significato= "rosso"). Ma
ora una cosa rossa, il rosso del succo, diventa esso stesso il significante di qualcosa che ha tra i suoi significati la stessa parola ABBBBBA che prima lo significava. Nel processo di semiosi illimitata ogni significato pu diventare il significante di
un altro significato, persino del suo stesso significante di un
tempo, e accade persino che un oggetto (un referente) venga
semiotizzato e diventi segno. A parte il fatto che quel colore
rosso non significa soltanto "rosso" n solo "ABBBBBA", ma
anche "commestibile" e "bello" e cosi via. E tutto questo
mentre a livello verbale ci che sta scritto sul masso vorrebbe
dire "blu" e quindi "male" e quindi "non commestibile". Non
una meravigliosa trovata? Non rende la carica di ambiguit
della mela? Adamo ed Eva osservano ore ed ore ammirati quei
segni tracciati sul masso, estasiati. "Molto barocco", vorrebbe
dire Eva, ma non pu. Non possiede un metalinguaggio critico.
Ora Adamo si lancia. Scrive:
(11)
ABBBBBBA
(12)
BAB
BAAB
BAAAB
BAAAAB
BAAAAAB
BAA-B
ABBBA
trebbe proporne un'altra (ad esempio del tipo [nX, nY, nX]: col
che diverrebbero corrette sequenze del tipo BBBBBBAAAAAABBBBBB, come al quarto verso della composizione [17]).
Mentre distrugge il codice, lo capisce in tutte le sue possibilit e
scopre di esserne il padrone. Ancora poco fa credeva che
attraverso la poesia parlassero gli dei: ora scopre Varbitrariet
del segno.
Sul principio non riesce pi a controllarsi: smonta e rimonta
il "congegno matto" di cui si scoperto padrone, com ponendo le
sequenze pi inverosimili e dilettandosi ad ammirarle e a
ricantarle tra s e s per ore e ore: inventa il colore delle vocali,
regola la forma e il movimento di ogni consonante, si lusinga di
scoprire un verbo poetico accessibile un giorno o l'altro a tutti i
sensi, pensa a comporre un libro che sia la spiegazione orfica
della terra, dice "una mela" e fuori dall'oblio ove la sua voce
relega un qualche profilo, in quanto qualcosa di diverso dai calici
appresi, musicalmente si leva, idea stessa e soave, l'assente da
tutti gli alberi di mele le suggrer, voila le rve e per meglio
arrivarci, e farsi veggente, pratica la sregolatezza di tutti i sensi,
mentre l'opera a poco a poco si sostituisce al suo autore che,
realizzata la disparizione elo-cutoria del poeta, rimane al di qua
della propria opera, come il dio della creazione, occupato a
curarsi le unghie.
304
la del sangue, quella del sole, quella della mela, quella della
ginestra: Adamo risegmenta il contenuto, e scopre nuove categorie culturali (e quindi nuove realt percettive), a cui ovviamente obbligato ad assegnare nuovi nomi (facilmente inventagli). Compone sequenze complesse per denotare le nuove categorie, e formula enunciati per esprimere in giudizi fattuali
la scoperta di esperienze che poi, attraverso giudizi semiotici,
ascrive al codice in espansione. Il linguaggio gli si gonfia, e gli
si amplia il mondo. Ovviamente n la lingua n il mondo sono
pi cosi armonici e univoci come al tempo della situazione (1),
ma ora non teme pi la serie di contraddizioni che si celano nel
codice, perch da un lato lo spingono a rivedere la forma che
egli d al mondo, dall'altro lo invogliano a sfruttarle per trarne
effetti poetici.
Come conclusione di questa esperienza Adamo scopre che
POrdine non esiste: esso solo uno fra i tanti stati di possibile quiete che il disordine di tanto in tanto raggiunge.
Inutile dire che, invitato da Eva, mangia anche la mela,
per emettere poi un giudizio del tipo "la mela buona", ristabilendo almeno in un punto l'equilibrio che il codice aveva
prima dell'interdetto. Ma il fatto, alla fase in cui siamo giunti,
irrilevante. Adamo uscito dall'Eden quando ha manipolato
per la prima volta, timidamente, il linguaggio. In questo senso
dicevamo che Dio aveva commesso un errore turbando l'armonia univoca del codice originario con l'ambiguit di un interdetto che, come tutti gli interdetti, deve proibire qualcosa di
desiderabile. Da quel momento in avanti (non da quando Adamo avesse mangiato realmente la mela) era iniziata la storia
della terra.
A meno che Dio non fosse conscio di questo fatto e avesse
posto l'interdetto proprio par far nascere la vicenda storica.
O a meno che Dio non esistesse e l'interdetto fosse stato inventato da Adamo ed Eva proprio per introdurre nel codice
una contraddizione ed iniziane a parlare in modo inventivo. O
ancora, che il codice avesse questa contraddizione sin dalle origini e che il mito dell'interdetto fosse stato inventato dai progenitori per spiegare un fatto cosi scandaloso.
Come si vede, tutte queste osservazioni ci portano al di
fuori del nostro campo di indagine, che si limita alla creativit
del linguaggio, al suo uso poetico e alla interazione tra forma
del mondo e forme significanti. Inutile dire che il linguaggio,
cosi liberato dall'ipoteca dell'ordine e della univocit, viene
305
consegnato da Adamo ai suoi discendenti come una forma assai pi ricca, ma di nuovo con pretese di compiutezza e definitivit. Per cui Caino e Abele, quando scoprono, proprio attraverso l'esercizio del linguaggio, che esistono altri ordini, uccidono Adamo. Quest'ultimo particolare ci allontana ancora di
pi dalla tradizione esegetica consueta e ci porta a met tra il
mito di Saturno e il mito di Sigmund. Ma c' del metodo in
questa follia, Adamo ci ha insegnato che, per ristrutturare i codici, bisogna anzitutto provare a riscrivere i messaggi.
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