perpetua tranquillitas.
63
speciem
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forza; non ignoro nemmeno che anche quelle attivit che indirizzano i loro sforzi a guadagnare immagine, intendo le cariche pubbliche o la fama legata all'abilit oratoria e tutto ci
che punta sul favore della gente, si rafforzano con il tempo -sia
quelle attivit che forniscono vere forze sia quelle che per
guadagnare favore si danno una qualche verniciatura artificiosa
aspettano anni, finch a poco a poco la durata faccia assumere
colore - ma io temo che la consuetudine, che consolida le cose,
mi infigga pi profondamente questo vizio nell'animo: la lunga
frequentazione ingenera amore sia per i difetti che per le virt.3
Quale sia la debolezza del rnio animo in bilico tra i due
comportamenti, incapace di inclinare con forza verso la retta
via o verso quella sbagliata, non posso indicartela tutta insieme
bens per parti; ti dir quel che mi accade, tu troverai un nome
al mio male.4 Sono preda di un grandissimo amore per la
parsimonia, lo confesso: mi piace un letto non preparato per
l'ostentazione, una veste non tirata fuori dal forziere, non
pressata da pesi e mille strumenti di tortura che la costringono
a ostentare una bella piega, ma ordinaria e semplice, non di
quelle che si conservano e si tirano fuori con ansia. Mi piace il
cibo che non debbano elaborare e sorvegliare stuoli di servi,
non ordinato molti giorni prima n servito dalle mani di molti,
ma facile a reperirsi e semplice, un cibo che non ha nulla di
ricercato o di prezioso, che non verr a mancare da nessuna
parte si vada, non oneroso per il patrimonio n per il corpo, tale
da non uscire poi per la stessa via dalla quale entrato. Mi
piacciono il servo alla buona e lo schiavetto rustico, l'argenteria
massiccia ereditata dal padre contadino che non
veras vires... ad placendum ecc.), nucleo tematico particolarmente caro
al pensiero del filosofo; l'espressione in speciein laborant ha sapore
sarcastico, indicando la vanit di una fatica volta a conquistare un bene effimero ed
estrinseco come il plauso degli altri e in questa accezione il verbo torna variamente nei
Dialogi.
infinnitas e morbus appartengono all'ambito medico, e insieme ad
41 termini
altri contribuiscono a rafforzare all'interno della struttura del dialogo la funzione della
filosofia come terapia dell'anima.
65
distinctani
venis; ce le descrive diffusamente Plinio in Nat. Hist. 13, 93 sgg., soprattut
to 96- 9). Tutto il passo si inserisce nella nota polemica contro il lusso che
rappresentava un filone importante del pensiero antico, greco e latino. Uac
cenno al rusticus pater, in particolare, punta su uno dei capisaldi dell'auto
rappresentazione in senso tradizionalista del civis Romanus, come erede di
una cultura contadina (opposta con orgoglio a quella cittadina) che aveva fat
to la grandezza di Roma: inoltre fondamentale per giustificare il possesso,
appunto, di un bene di lusso, quale l'argentum, ammesso solo in quanto ere
ditario e comunque di qualit solida (grave) e non raffinata (sine... artificis).
6 1 paedagogia erano scuole dove in et imperiale venivano educati giovani
66
soprattutto alla messinscena coglie quello che era diventato l'elemento centrale dei
banchetti: la loro spettacolarit. Di ci abbiamo la testimonianza pi significativa nel
quadro dipinto da Petronio con la Coena Trimalchionis nel Satyricon.
67
68
Il testo dei codici corrotto: cui lezione di A, il manoscritto pi autorevole, che qualcuno cerca di salvare come dativo poetico. Vari i tentativi di
emendare la corruttela (quin, itaque, sic), nessuno dei quali sembra pienamente
soddisfacente.
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71
<SENECA> Quacro
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Il nesso ripreso con variazione pi avanti, a 12, 3, in inquieta inertia: entrambi contengono un'eco dell'oraziana strenua inertia di Epist. 1, 11, 28,
passo come questo dedicato alla descrizione delle inquietudini interiori. 20 Il
paragone con Achille allude all'episodio omerico di Riade 24, 4 sgg. in cui
descritta l'agitazione fisica incontenibile dell'eroe derivante dallo strazio per
la morte di Patroclo. Linguisticamente funge da intermediario una
19
78
piacevole, in cui gli occhi abituati al lusso possano trovar sollievo dal prolungato spettacolo di squallore dei luoghi aspri:
Rechiamoci a Taranto, al suo porto elogiato e al soggiorno
invernale di un clima pi mite 22 e a una terra abbastanza ricca
anche per la popolazione di un tempo. Ormai volgiamo la
rotta verso Roma: troppo a lungo le orecchie sono restate
libere dagli applausi e dal chiasso, ormai fa piacere godere
della vista del sangue umano. Si intraprende un viaggio dietro
l'altro e si alternano spettacoli a spettacoli. Come dice Lucrezio, in questo modo ciascuno fugge sempre se steSSO.23
Ma a che gli serve, se non riesce a sfuggirsi? sempre si segue e
si
C
Si affaccia qui l'idea del ritiro nel privato, a cui Seneca approder con pie na convinzione teorica e avvicinandosi consapevolmente a posizioni epicuree nelle Epistulae ad Lucilium: nel De tranquillitate
(probabile anello di congiunzione nella trilogia dedicata a Sereno tra il De
constantia sapientis e il De otio, nel quale la convinzione si
radicalizza) l'idea ancora quella di un ritiro che consenta all'uomo di
svolgere una funzione attiva sulla collettivit, con l'esortazione e con
l'insegnamento, come viene chiarito subito di seguito.
27 Il riferimento alla figura del praetor urbanus che era incaricato di
amministrare la giustizia nelle questioni interne alla cittadinanza romana:
analogo ruolo per le questioni tra chi aveva la cittadinanza romana e chi no
era
82
26
dicati totalmente, cos per voi che preparate l'animo alla lotta
politica di gran lunga la cosa preferibile darsi all'azione;
infatti, avendo il proposito di rendersi utile ai cittadini e agli
uomini in generale, si esercita e nello stesso tempo ne trae
giovamento chi si immerso nelle occupazioni curando - in
base alle sue possibilit - il pubblico e il privato. Ma poich diceva - in questa cos dissennata ambizione degli uomini, in
presenza di tanti detrattori che distorcono in peggio le azioni
oneste, la sincerit troppo poco sicura ed sempre pi
probabile si verifichi un intoppo piuttosto che un successo,
necessario ritirarsi dal foro e dalla vita pubblica, ma un animo
grande anche in privato ha dove dar ampia prova di s; e per gli
uomini non lo stesso che per i leoni e le bestie, la cui forza
soffocata dalla cattivit: le loro azioni risultano anzi
efficacissime nel ritiro .26 Tuttavia star nascosto cosi che, in
qualunque luogo abbia tenuto celato il suo ritiro, voglia giovare
ai singoli e alla collettivit con l'intelligenza, la parola, la
saggezza; infatti non si rivela utile allo stato soltanto colui che
promuove i candidati e difende gli accusati e decide della pace
e della guerra, ma anche colui che esorta i giovani, che in tanta
carenza di buoni insegnamenti instilla la virt negli animi, che
sa bloccare e tirare indietro quelli che si gettano di corsa verso
il denaro e il consumo sfrenato e, se non altro, almeno li
trattiene, costui in privato svolge un compito di ordine
pubblico. Ma fa forse di pi colui che tra i forestieri e i
concittadini o in qualit di pretore urban021 a quanricoperto dal praetorperegrinus. Uassistente, o adsessor, una
figura che compare, a quanto possiamo ricostruire dalle nostre
testimonianze, in et imperiale, sotto Claudio: suo compito era quello di
preparare la sentenza che il praetor avrebbe reso poi ufficiale, dandone
lettura. Il senso del discorso senecano quello di rivendicare una funzione
di primo piano al filosofo, colui che ha la capacit di spiegare l'essenza
del diritto (e per estensione della vita), rispetto a chi viceversa non discute
ma applica il diritto, cio rispetto al personaggio emblematicamente
pubblico del pretore, scelto come esempio per il riconoscimento
generalizzato della sua funzione civile: Seneca vuole far capire come chi
ragiona sulla vita e cerca di interpretarne il senso svolge una funzione forse
meno evidente, ma allo stesso modo (e forse pi) altamente civile.
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ris uerba pronuntiat quam qui quid sit iustitia, quid pietas, quid
patientia, quid fortitudo, quid mortis contemptus, quid deorurn
intellectus, quam gratuiturn bonum sit bona 5 conscientia? Ergo si
tempus in studia conferas quod subduxeris officiis, non deserueris nec munus detrectaueris. Neque
enim ille solus militat qui in acie stat ct cornu dextrum lacuumque
defendit, sed <et> qui portas tuetur et statione minus periculosa,
non otiosa tamen fungitur uigiliasque scruat et armamentario
praeest; quae ministeria, quarnuis incruenta sint, in numerurn
stipendiorurn ueniunt. 6 Si te ad studia rcuocaucris, omne uitae
fastidium effugeris
nec noctem fieri optabis taedio lucis, nec tibi grauis cris nee aliis
superuacuus; multos in amicitiarn adtrahes adfluetque ad te
optumus quisque. Numquarn enim quamuis obscura uirtus latet,
sed mittit sui signa: quisquis dignus fuerit 7 uestigiis illarn colliget.
Nam si omnem conuersationern tollimus et generi humano renuntiamus uiuimusque in nos tanturn
conuersi, sequetur hanc solitudinern omni studio carentern inopia
rerurn agendarum: incipiemus aedificia alia ponere, alia subuertere
et mare summouere et aquas contra difficultatern locorurn educere
et male dispensare 8 tempus quod nobis natura consumendurn
dedit. AM parce
illo utimur, alii prodige; alii sic inpendimus ut possimus
rationem reddere, alii ut nullas habeamus reliquias, qua
non desidererai che venga la notte per noia della luce, non sa
rai di peso a te stesso n di troppo per gli altri; attrarrai molti
nella tua amicizia e tutti i migliori verranno da te. Infatti la
virt non resta mai in incognito, per quanto nascosta, ma
manda segni di s: chiunque ne sar degno, la recuperer dal
le tracce. Infatti se elimmiamo ogni frequentazione degli altri
e rinunciamo al genere umano e viviamo concentrati unica
mente in noi stessi, far seguito a questo stato di solitudine
priva di ogni interesse la mancanza di cose da fare: comince
remo a costruire edifici e a distruggeme altri, e a sconvolgere
il mare e a condurre corsi d'acqua contro le difficolt dei luo
ghi e a distribuire male il tempo che la natura ci ha dato da
impiegare.28 Alcuni di noi ne fanno uso con parsimonia, altri
con prodigalit; alcuni di noi lo spendono in modo da poter
ne rendere conto, altri in modo da non lasciarne alcun resi
duo, cosa di cui niente pi vergognoso. Spesso una persona
ciare indietro il mare o viceversa di condurre le acque in
luoghi impervi: l'immagine vanta una tradizione letteraria
consolidata almeno a partire da Eschilo, che nei Persiani
interpreta la sconfitta finale di Serse come punizione di un
esempio di tale tracotanza l'aver messo il giogo
all'Ellesponto (il ponte di zattere sullo stretto dei
85
re nihil turpius est. Saepe grandis natu senex nullum aliud habet
argumentum quo se probet diu uixisse praeter aetatem.'
4 Mihi, carissime Serene, nimis uidetur summisisse temporibus se Athenodorus, nimis cito refugisse. Nec ego negauerim
aliquando cedendum, sed sensim, relato gradu et saluis signis, salua
militari dignitate: sanctiores tutiores2 que sunt hostibus suis qui in
fidem cum. armis ueniunt. Hoc
puto uirtuti faciendum studiosoque uirtutis: si pracualebit fortuna
et praccidet agendi facultatem, non statim auersus inermique
fugiat latebras quaerens, quasi ullus locus sit quo non possit
fortuna persequi, sed parcius se inferat officiis et cum dilectu
inueniat aliquid in quo utilis ciuitati
3 sit. Militare non licet: honores petat. Priuato uuendum
est: sit orator. Silentium. indictum est: tacita aduocatione ciues
iuuet. Periculosum etiam ingressu forum. est: in domibus, in
spectaculis, in conuiuiis bonum contubernalem, fidelem amicum,
temperantem conuiuam agat. Officia 4 ciuis amisit: bominis
exerceat. Ideo magno animo nos non
unius urbis moenibus clusimus sed in totius orbis com
mercium emisimus patriamque nobis mundum professi
sumus, ut liceret latiorem uirtuti campum dare. Prae
clusum tibi tribunal est et rostris prohiberis aut comitiis:
respice post te quantum latissimarum regionum pateat,
soprattutto nell'enfasi con cui la prima persona plurale marcata dalla presenza del pronome.
31 Con tribunal si intendeva propriamente il palco spettante ai magistrati, i
rostra erano invece le tribune destinate agli oratori e prendevano il nome dai
rostri, appesi come trofeo, delle navi nemiche degli Anziati sconfitti nel 338
a.C.; i comitia erano le assemblee del popolo: l'esclusione da questi luoghi e
occasioni pubblici vuole significare l'esclusione dalla vita politica nelle sue
varie manifestazioni.
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32
Nella lunga contesa per l'egemonia politica tra Sparta e Atene, questa la
fase pi nefasta per Atene, seguita alla sconfitta nella battaglia di Egospotami (404 a.C.), e alla conseguente resa agli Spartani: emanazione della linea
politica imposta da questi sulla grande rivale sconfitta, da sempre simbolo di
un sistema di governo aperto rispetto alla rigidit del modello oligarchico
spartano, la dominazione dei trenta tiranni fu segnata da una sequela di atrocit e violenze senza precedenti, che ne provocarono in breve la caduta.
35 Era l'antico tribunale ateniese competente dei processi per reati di empiet
e che fungeva da suprema corte costituzionale.
36 Armodio ed Ari stogitone erano diventati un modello della ribellione anti34
90
tirannica, avendo ucciso Ipparco, uno dei figli del tiranno Pisistrato, e provocato la fuga dell'altro, Ippia (510 a.C.), liberando cos la citt da una do minazione violenta e ingiusta.
37 Il testo dei codici corrotto: l'emendazione accolta dai pi quella, del
Lipsio, di petulantiam (sfrontatezza) in luogo del trdito pecuniam, con
cui si farebbe riferimento a un vizio ricordato anche in altre opere senecane,
come opposto alla saggezza. Resta naturalmente un margine di dubbio:
accanto a un sostantivo che non pu comunque essere pecunia, a me sembra
che il senso dei testo renderebbe opportuna anche una specificazione
temporale del tipo saepe, o altre simili, per meglio contestualizzare
l'opposizione.
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Grande modello eroico della tradizione romana, Curio Dentato, che aveva iniziato la
propria carriera politica come homo novus, il console che con una vittoria decisiva
pose fine alle guerre coi Sanniti nel 290 a.C. e che sconfisse Pirro a
Malevento-Berevento nel 275 a.C.
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diamo, e confrontare le nostre forze con le imprese che vogliamo tentare. Infatti devono esserci sempre pi forze nell'esecutore che nell'opera: inevitabile che schiaccino i pesi
che sono maggiori di chi li sostiene. Inoltre alcuni compiti non
sono tanto pesanti in s quanto fecondi e recano con s molti
altri compiti: sono da evitare anche questi, dai quali scaturir
un nuovo e multiforme impegno, e non bisogna accostarsi a un
compito dal quale non sia facile ritirarsi; bisogna mettere mano
a quelle faccende cui si pu porre una fine o di cui si pu
almeno sperarla, tralasciare quelle che si spingono sempre pi
in l con l'azione e non finiscono l dove ci si era proposti.
[71 Bisogna comunque scegliere i destinatari, se sono degni
che noi dedichiamo loro una parte della nostra vita, o se sono
toccati dal sacrificio del nostro tempo; alcuni infatti ci
ascrivono di loro iniziativa i nostri doveri. Atenodoro dice che
non andrebbe nemmeno a cena da chi per questo non si sentisse
per nulla in debito con lui. Comprendi - penso - che si
recherebbe tanto meno da coloro che si sdebitano dei favori
degli amici con un pranzo, che contano le portate come fossero
donativi, quasi che fossero smodati in onore degli altri: togli a
costoro testimoni e spettatori, non piacer loro gozzovigliare in
segretezza. Devi riflettere 39 se la tua natura sia pi adatta
all'attivit o a un ritiro dedito agli studi, e devi volgerti l dove
ti condurranno le capacit del tuo ingegno: Isocrate port via
dal foro con le sue stesse mani Eforo, giudicandolo pi idoneo
a stilare memorie storiche. Infatti daranno cattiva risposta gli
ingegni forzati; la fatica vana, se la natura vi rilutta. Nulla
tuttavia delizier tanto l'animo quanto un'amicizia fedele e
dolce. Che bene prezioso l'esistenza di cuori preparati ad
accogliere in sicurezza ogni segreto, la cui coscienza tu debba
temere meno della tua, le cui parole allevino
l'ansia, il cui parere renda pi facile una decisione, la cui con tentezza dissipi la tristezza, la cui stessa vista faccia piacere!
Questi li sceglieremo naturalmente liberi, per quanto sar
possibile, da passioni; infatti i vizi serpeggiano e si trasmettono
a chiunque sia pi vicino e nuocciono per contatto. Dunque,
come in una pestilenza occorre badare a non sedersi accanto a
chi gi stato aggredito ed divorato dal male, perch ne
trarremo pericolo e lo stesso respiro ci far ammalare, cos
nello scegliere gli amici faremo in modo di prendere quelli il
meno possibile contaminati: l'inizio della malattia mescolare
sano e malato. N vorrei consigliarti di non seguire o attrarre a
te nessuno che non sia saggio. Dove troverai infatti costui che
cerchiamo da tante generazioni? Valga per ottimo il meno
cattivo.4o Difficilmente avresti la possibilit di una scelta pi
felice, se tu cercassi i buoni tra i Platoni e i Senofonti e quella
generazione di discepoli di Socrate, o se tu avessi la possibilit
di scegliere nell'et catoniana, che vide numerosi uomini degni
di nascere nella generazione di Catone41 (cos come molti
peggiori di quelli mai nati in nessun'altra e promotori dei pi
gravi crimini; infatti c'era bisogno dell'una e dell'altra schiera
perch potesse essere compreso Catone: egli doveva avere sia i
buoni da cui farsi approvare, sia i cattivi in mezzo ai quali far
prova della sua forza): ora invece in tanta povert di buoni la
scelta deve essere meno selettiva. Tuttavia si evitino soprattutto
quanti sono malcontenti e si lagnano di tutto, per i quali non c'
un solo motivo che non sia buono per lamentarsi. Se anche
abbia fedelt e benevolenza accertate, tuttavia nernico della
tranquillit un compagno profondamente turbato e che geme di
tutto.
Il concetto della rarit del vero saggio, presente anche altrove in Seneca, sconfina
nel territorio del sapere popolare: un passo vicino a questo in Ora zio, Serm. 1,
3, 68 sgg. Nam vitiis nemo sine nascitur,- optimus ille
est,1 qui minimis urgetur (Nessuno infatti nasce senza difetti; il
migliore colui che afflitto dai pi piccoli).
41 Si tratta naturalmente di Marco Porcio Catone, pronipote del Censore, uo-
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[8] Veniamo ai patrimoni, massimo motivo delle preoccupazioni umane; infatti, se confronti tutte gli altri mali per i quali
ci angustiamo, morti, malattie, timori, rimpianti, sopportazione
di dolori e fatiche, con quei mali che ci procura il nostro
denaro, questa parte sar molto pi gravosa. Dunque, dobbiamo
pensare quanto pi lieve dolore sia non avere che perdere: e
comprenderemo che la povert ha tanto meno materia di
sofferenze quanto minore ne ha di danni. Sei in errore infatti se
ritieni che i ricchi sopportino le perdite con animo pi saldo: il
dolore di una ferita uguale per i corpi pi grandi e per quelli
pi piccoli. Bione42 disse con eleganza che farsi strappare i
capelli non meno doloroso per i calvi che per chi calvo non .
Puoi ritenere la stessa cosa per quanto riguarda i poveri e i
ricchi, il loro tormento uguale; ad entrambi infatti il loro
denaro sta attaccato n pu esser loro strappato senza che lo
sentano. Inoltre pi sopportabile, come ho detto, e pi facile
non acquistare che perdere, e perci vedrai pi felici coloro che
mai la fortuna si voltata a guardare di quelli che ha
abbandonato. Se ne avvide Diogene~43 uomo di grande animo,
e fece in modo che nulla potesse essergli tolto. Tu chiama
questo povert, miseria, indigenza, da' alla mancanza di
preoccupazioni quel nome vergognoso che vorrai: penser che
costui non sia felice, se mi saprai trovare qualcun altro che non
perda nulla. 0 io mi sbaglio o essere re significa, tra avidi,
circonventori, ladri, ricettatori di schiavi, essere il solo a cui
non si possa nuocere. Se qualcuno mette in dubbio la felicit di
Diogene, pu allo stesso modo dubitare anche della condizione
degli dei immortali, se vivano poco
Bione di Boristene, filosofo cinico vissuto nel III sec. a.C., era considerato gi dagli antichi uno dei padri della diatriba. Sappiamo che i suoi insegnamenti affidati a prediche si trovavano anche in raccolte scritte. Era noto
per il particolare piglio polemico, per la critica pungente contenuta nei suoi
discorsi. La testimonianza di autori di morale quali Orazio e Seneca ci assi cura della forza che il suo modello dovette esercitare nella cultura antica.
43 Diogene di Sinope, altro illustre rappresentante del cinismo, visse nel IV
sec. a.C. ad Atene, poi a Cori rito. Il tratto che ha consacrato pi di tutti il
personaggio alla storia l'ostentazione polemica di un modo di vita assoluta-
mente essenziale e duramente ascetico nella ricerca puntigliosa dell' autosufficienza. Per questo ci sono pervenuti numerosissimi aneddoti su di lui, che
ce lo mostrano particolarmente sarcastico nei confronti della stoltezza degli
uomini, bersaglio di molte delle sue frecce pungenti. Lesempio scelto da
Seneca per introdurre il tema della felicit insita nella povert, tema a sua
volta derivante dal motivo gi cinico e comunque tipico del sapere popolare
che la ricchezza la prima fonte delle ansie dell'uomo. Va ricordato che per
gli stoici la povert di per s non n un bene n un male: appartiene cio
alla loro categoria degli indifferenti (tcpopa).
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statu. an parum beate degant quod illis nec praedia nec horti sint
nec alieno colono rura pretiosa nec grande in foro fenus. Non te
Pudet, quisquis diuitiis adstupes? Respice agedum mundum:
nudos uidebis deos, omnia dantis, nihil habentis. Hune tu
pauperem putas an dis inmortali6 bus similem qui se fortuitis omnibus exuit? Feliciorem tu
Demetrium. Pompeianum uocas, quem non puduit locupletiorem
esse Pompeio? Numerus illi cotidie seruorum uelut imperatori
exercitus referebatur, cui iam dudurn
7 diuitiae esse debuerant duo uicarii et cella laxior. At Diogeni
seruus unicus fugit nec eurn reducere, cum monstraretur, tanti
putauit. 'Turpe est' inquit 'Manen sine Diogene posse uiuere,
Diogenen sine Mane non posse.' Videtur mihi dixisse: 'age tuurn
negotium, fortuna, nihil apud Diogenen iam tui est: fugit mihi
seruus, immo liber abii.'
8 Familia petit uestiarium uictumque, tot uentres auidissimorum
animalium tuendi sunt, emenda uestis et custodiendae
rapacissimae manus et flentium detestantiunique ministeriis
utendum: quanto ille felicior qui riihil ulli debct
9 nisi cui facillime negat, sibi! Sed quoniam non est nobis tantum
roboris, angustanda certe sunt patrimonia, ut mmus ad iniurias
fortunae simus expositi. Habiliora sunt corpora in bello quae in
arma sua contrahi possunt quam quae superfunduntur et undique
magnitudo sua uulneribus
47 Si tratta di un passo controverso, che ha impegnato gli esegeti nella ricer ca di dotare
di senso un testo dalla tradizione peraltro priva di varianti significative. La via pi
convincente (Castiglioni) sembra quella di pensare che il testo condensi due concetti
posti in antitesi tra loro grazie al tratto della assenza/presenza della parsimonia: su
questa via, alcuni editori integrano un cum illa (cio con la parsimonia) nel secondo
membro dell'antitesi.
48 Attraverso l'esempio di come controllare i tre bisogni fondamentali indicati si
riconferma l'utilit della norma del vivere secondo natura, principio in qualche misura
condiviso da tutte le scuole di pensiero postsocratiche attive a Roma. Per Seneca, si pu
risalire all'insegnamento di Zenone e Cleante,
102
alle ferite: la migliore misura del denaro quella che n precipita in povert n si allontana molto dalla povert.
[9] E a noi piacer questa misura, se prima ci sar piaciuta la
parsimonia, senza la quale non ci sono ricchezze bastanti e con
la quale invece tutte sono abbastanza estese~47 tanto pi che il
rimedio vicino e la stessa povert pu, chiamata in aiuto la
frugalit, tramutarsi in ricchezza. Abituiamoci a rimuovere da
noi lo sfarzo e a misurare l'utilit, non gli ornamenti delle cose.
Il cibo domi la fame, le bevande la sete, il piacere sia libero di
espandersi entro i limiti necessari;48 iMpariamo a sostenerci
sulle nostre membra, ad atteggiare il modo di vivere e le
abitudini alimentari non alle nuove mode, ma come
suggeriscono le tradizioni; impariamo ad aumentare la
continenza, a contenere il lusso, a moderare la sete di gloria, a
mitigare l'irascibilit, a guardare la povert con obiettivit, a
coltivare la frugalit anche se molti se ne vergogneranno~49 ad
apprestare per i desideri naturali rimedi preparati con poco, a
tenere come in catene le speranze smodate e l'animo che si
protende verso il futuro, a fare in modo di chiedere la ricchezza
a noi piuttosto che alla sorte. Tanta variet e ingiustizia di
accidenti non pu mai essere allontanata cos che molte
tempeste non irrompano su chi dispiega vele ampie; bisogna
restringere le nostre sostanze affinch gli strali della sorte
cadano nel vuoto, e in questo modo talora gli esili e le calarnit
si sono mutati in rimedi e i danni pi gravi sono stati sanati da
quelli pi lievi. Laddove l'animo d poco ascolto ai consigli e
non pu essere curato in modo pi dolce,
ma occorre ricordare anche Epicuro, il cui pensiero a questo proposito ci tato dallo
stesso Seneca in forma di massima in Epist. 4, 10 Magnae divitiae sunt lege naturae
composita paupertas (t una grande ricchezza una povert che si adegui alla legge della
natura).
49 La lezione del codice A etiam si mulos pudebit ci plus, e non d senso. Alcuni
editori espungono il segmento (tra essi Castiglioni nel 1960, e Reynolds si dice incline a
questa soluzione), altri intervengono con congetture. La pi verosin -le tra queste
appare quella risalente a Rossbach (accolta da Castiglioni nel 1968), etiam si multos
pudebit eius, che ho seguito nella traduzione, scostandomi dal testo di Reynolds.
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est ubique quod nimium est. Quid habes cur ignoscas homini
armaria <e> citro atque ebore captanti, corpora conquirenti aut
ignotorum auctorum aut inprobatorum et inter tot milia librorum
oscitanti, cui uoluminum. suorum 7 frontes maxime placent
titulique? Apud desidiosissimos ergo uidebis quidquid orationum
historiarumque est, tecto tenus exstructa loculamenta; iam enim
inter balnearia et thermas bybliotheca quoque ut necessarium
domus ornamentum expolitur. Ignoscerem plane, si studiorum
nimia cupidine erraretur: nunc ista conquisita, cum imaginibus suis
discripta [et] sacrorum opera ingeniorum in speciem et cultuni
parietum comparantur.
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At in aliquod genus uitae difficile incidisti et tibi ignoranti uel publica fortuna uel priuata laqueum inpegit quem nee
soluere possis nec rumpere: cogita compeditos primo aegre ferre
onera et inpedimenta crurum; deinde, ubi non indignari illa sed pati
proposuerunt, necessitas fortiter ferre docct, consuetudo facile.
Inuenies in quolibet genere uitae oblectamenta et remissiones et
uoluptates, si uolueris 2 mala putare leuia potius quam inuidiosa
facere. Nullo
melius nomine de nobis natura meruit, quae, cum sciret quibus
aerumnis nasceremur, calamitatium mollimentum consuetudinem
inuenit, cito in familiaritatem grauissima adducens. Nemo duraret, si
rerum aduersarum candem 3 umi adsiduitas haberet quam primus
ictus. Omnes cum
fortuna copulati sumus: aliorum aurea catena est, laxa,
aliorum arta et sordida, sed quid refert? eadem. custodia
uniuersos circumdedit alligatique sunt etiam qui alliga
uerunt , nisi forte tu leuiorem in sinistra catenam putas.
Alium honores, alium opes uinciunt; quosdarn nobilitas,
106
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C'erano sacerdoti che, per esempio, non potevano lasciare la citt durante la notte
(iflamines Diales), ma c'erano anche le Vestal che subivano per tutta la vita una
condizione di segregazione. 55 Il pensiero che ricoprire una posizione di primo piano
spesso si carica del
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t08
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re61 e da mille macchie fino all'estremo disprezzo? Quale regno c' al quale non siano gi preparati la rovina e l'annientamento e l'oppressore e il boia? N queste cose sono separate
da lunghi intervalli di tempo, ma intercorre un momento solo
tra il trono e l'omaggio alle ginocchia altrui. Sappi dunque che
ogni condizione rovesciabile e tutto ci che si abbatte su
qualcuno pu abbattersi anche su di te. Sei ricco: forse pi
ricco di Pompeo?64 Eppure a lui, quando Gaio, parente da
tempo, ospite nuovo, ebbe aperto la casa di Cesare per chiudere
la sua~65 mancarono il pane e l'acqua. Pur possedendo molti
fiumi che nascevano sul suo territorio, che vi sfociavano, and
mendicando qualche goccia d'acqua; mor di fame e di sete nel
palazzo del parente, mentre a lui che soffriva la fame l'crede
appaltava esequie pubbliche. Hai ricoperto le pi alte cariche
onorifiche: forse tanto alte o tanto insperate o tanto totalizzanti
quanto quelle di Seiano?66 Il giorno che il senato lo aveva
scortato il popolo lo fece a pezzi; di colui sul quale gli dei e gli
uomini avevano accumulato quanto era possibile accumulare,
non rimase nulla che il carnefice potesse strappare. Sei re: non
ti rimander a Creso,11 che dovette vedere da vivo il proprio
rogo e accendersi e spegnersi, fatto superstite non solo al
proprio regno, ma anche alla propria morte, non a Giugurta~68
che il popolo romano pot contem155 Domus ha qui la doppia valenza di casa
materiale, residenza, e <~famiglia, stirpe, dinastia:
Caligola, cio, sarebbe voluto diventare l'erede dei beni
di Pompeo.
66 Sul personaggio di Seiano, prefetto del pretorio e
poi di fatto plenipotenziario dell'imperatore Tiberio,
soprattutto a partire dal ritiro di questi a Capri,
possediamo un ritratto dettagliatamente infonnato e
indimenticabile per caratterizzazione psicologica nelle
pagine degli Annali di Tacito a lui dedicate (specie dal
libro IV in poi).
67 L'episodio - avvenuto a seguito della sconfitta patita
dai Lidi, di cui Creso era re, nel 546 a.C. ad opera di
Ciro, re dei Persiani - risale a Erodoto 1, 86.
68 La guerra contro il re di Numidia Giugurta si
protrasse con alteme vicende propriamente dal 111 al
109 a.C., ma fu preceduta da vari episodi di conflittualit anche negli anni precedenti: Seneca parla di
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un anno solo perch nella topica retorizzata dei rovesci
di fortuna occorre mettere in rilievo il rapido
avvicendarsi delle sorti. Con spectavit si alluder allo
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cfr. sopra, n. 19. Uintero passo rielaborazione del topos diatribico della levitas come opposto della tranquillitas,
la meta del saggio: la descrizione caricaturale degli affaccendati, che consumano
affannosamente il loro tempo in quelle che per Seneca sono le futilit della vita sociale,
ha molti tratti comuni con De brev. 14, 3-5. 72 L'accenno riflette la realt
della vita nella Roma imperiale, dove sapere troppo poteva rappresentare un rischio
concreto per l'incolumit personale.
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Sarebbe suggestivo che questo fosse davvero l'inizio del rIep d~u~tiag di
Democrito, anche se non detto che dietro ita coepisse debba esserci un' informazione tecnica sull'inizio del trattato. La citazione senecana comunque molto vicina
alla letteralit del testo di un frammento di Democrito, il B 3 D.K., che poi prosegue
con l'affermare la necessit di non assumersi compiti superiori alle proprie forze,
concetto anche altrove fatto proprio da Seneca.
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stoico, presen
te varie volte nelle opere di Seneca, come modello romano di
virt e di eroi
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ancora debole e non pienamente guarito. Tuttavia queste condizioni vanno mescolate e alternate, la solitudine e la compagnia: quella generer in noi nostalgia degli uomini, questa di
noi stessi, e l'una sar rimedio dell'altra; la solitudine guarir
l'insofferenza della folla, la folla la noia della solitudine.
Nemmeno bisogna tenere la mente uniformemente nella
stessa applicazione, ma occorre richiamarla agli svaghi. Socrate
non si vergognava di giocare coi fanciulli, Catone rilassava col
vino l'animo provato dalle fatiche politiche" e Scipione 83
muoveva a tempo di musica quel corpo avvezzo ai trionfi e alle
fatiche di guerra, non snervandosi in mollezze, come ora
abitudine di quanti ondeggiano persino nell'andatura superando
la mollezza fermiiinca, ma come quegli antichi uomini erano
soliti tra lo svago e i giorni di festa danzare in modo virile, non
andando incontro a una perdita di dignit, anche qualora
venissero guardati dai loro nemici. Occorre concedere una
pausa agli animi: riposati, rinasceranno migliori e pi
combattivi. Come non si deve essere impositivi coi campi fertili
- infatti una produttivit mai interrotta li esaurir in fretta - cosi
una fatica continua indebolir gli slanci degli animi, e questi
riacquisteranno le forze se per un po' risparmiati e lasciati a
riposo; dal protrarsi delle fatiche nascono un certo qual torpore
e un infiacchimento degli animi. E a ci non tenderebbe un
tanto grande desiderio degli uomini, se lo svago e il gioco non
possedessero un certo naturale piacere; per il ricorso frequente
a questi toglier ogni gravit e ogni forza dagli animi; infatti,
anche il sonno necessario a ridare forze, tuttavia qualora tu lo
continui giorno e notte, diventer la morte. C' molta differenza
tra l'allentare una tensione e dissolverla del tutto. 1 legislatori
istituirono i giorni festivi, perch gli uon-ni fossero costretti
pubblica-
mente a divertirsi, come interponendo la necessaria moderazione alle fatiche; e come ho detto alcuni grandi uomini si
concedevano in determinati giorni feste mensili, alcuni non
c'era giorno che non dividessero tra l'ozio e gli impegni. Tra
questi ricordiamo il grande oratore Asinio Pollione~84 che soleva non farsi trattenere da nessuna occupazione oltre l'ora
decima;81 non leggeva nemmeno le lettere dopo quell'ora,
perch non gliene derivasse una qualche nuova preoccupazione, ma si liberava della stanchezza di tutta una giornata in
quelle due ore. Alcuni sogliono fare pausa a met della giornata e rimandare alle ore pomeridiane una qualche occupazione pi leggera. Anche i nostri antenati vietavano che in see
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