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Fino alla nostra famiglia. Fino al rapporto fra fratelli. Il Vangelo ci racconta:
uno della folla disse a Ges: d a mio fratello che divida con me leredit.
Sembra una richiesta giusta, molti di noi gli darebbero ragione. Pensiamo che
Ges per more della giustizia deve prendere il fratello e costringerlo a divider
leredit. Siamo tutti cos convinti che la giustizia cominci dalleredit, dai soldi
che mi spettano di diritto che addirittura i nostri vescovi nel tradurre la
parabola del figliol prodigo hanno tradotto ed impostato tutto sulleredit che il
figlio chiede, che il padre divide tra i due figli, che il giovane sperpera. Ma nella
parabola come lha raccontata Ges la parola chiave non leredit, non sono i
soldi o il patrimonio. Anzi non esiste nessuno di questi termini. La parola greca
ousia cio esistenza, possibilit di vivere. Ed il padre che Dio si chiama
YHWE che in ebraico significa colui che ha in se stesso lesistenza e la dona
chiama i due figli e dona loro lesistenza. Capiamo allora cosa pensa Ges e
perch risponde al fratello che chiede giustizia o meglio la sua parte di
denaro e di beni: O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di
voi? Fate attenzione e tenetevi lontani d ogni cupidigia perch anche se uno
nellabbondanza, la sua vita non dipende da ci che egli possiede. A ogni
cupidigia vuol dire anche dalla sete di potere, di successo, di vendetta, di
carriera. Non sono solo i soldi ma anche la gelosia, linvidia, la mormorazione, il
terrorismo delle parole, il disonore gettato come fango sui nemici. Emarginare
non appartiene alla Chiesa, al messaggio di Cristo e allesperienza della Chiesa
fin dai suoi primissimi passi. Non penso proprio che gli apostoli, Pietro, Paolo,
Tommaso egli altri si siano sentiti dire tu sei giargianese che in dialetto
foggiano significa straniero. Il cristianesimo sarebbe rimasto un piccola
religione sul lago di Tiberiade! Se la Chiesa fosse pi leghista dei leghisti non
avremmo san Francesco Saverio, san Daniele Comboni e gli altri grandi
missionari. Se fossimo ancora legati al campanile o al paese di origine
saremmo una comunit di miserabili poveri che invece che portare lannuncio
di Ges porteremmo solo vanit delle vanit, cupidigia. La via che ci viene
indicata per uscire dal baratro di male piccolo e grande, personale, familiare,
paesano, nazionale, continentale, mondiale e purtroppo anche ecclesiale
richiede un coraggio che solo la fede, la speranza e la carit possono
sostenere. Il coraggio di lasciare tutto e partire lungo i sentieri della vita, di
costruire ponti, di essere in pace con tutti, di saper perdonare, di essere certi
che il Padre non ci far mancare mai nulla, neppure il superfluo. Vivere questa
dimensione coraggiosa e nuova. Non avere a cuore solo noi stessi e quelli che
ci sono vicini ma ogni essere umano. Ricordare nelle nostre preghiere anche gli
altri che sulla terra condividono con noi questo tempo di passaggio. Coloro con
i quali saremo insieme nellamore eterno.
Vi immaginate se sulla porta del paradiso trovassimo un san Pietro che parla
solo il dialetto di Cafarnao? Che non capisse nemmeno una parola di quello che
gli diciamo e chiediamo? Che si limitasse a dirci ma tu vieni da fuori, sei
giargianese, parli diverso da me!!! non ci facesse entrare in paradiso perch
siamo poveri extracomunitari, di un colore diverso, di un altro paese, con
unaltra lingua. Diamoci da fare per abbattere, anche dentro la Chiesa, anche
locale, il muro della divisione. Tutti devono cambiare mettendo al primo posto
la persona, ogni persona e non leredit, i soldi, le cose, le vanit, le cupidigie.
Tutti devono cambiare ma noi che crediamo dobbiamo non solo cambiare ma
testimoniare. Noi siamo la speranza del mondo perch siamo stati scelti da
Ges per collaborare con lui. Per portare agli altri uomini il regalo della ragione
per vivere, credere, sperare e amare.
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