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Indice 98 Profazione all'edizione italiana Premessa Abbreviazioni I. L’analisi musicale in generale 1. Collocazione dell’anatisi tra le disciptin: musicologiche 2. Natura dell’analisi musicale Il. L’analisi musicale prima del ventesimo secolo 1. Preistoria 2. 1750-1840: struttura fraseologica e mod:lli morfologici 3. 1840-1900: concezioni organicistiche e didavtica della forma 4. Consapevolezza storica dell’ Ottocento TI. L’analisi musicale nel ventesimo secolo 1. I primo Novecento: tecniche riduzionistiche e analisi dello stile 2. 1920-45; teoria delle rensioni ¢ liveltt st: wtturali 3. Dissenso empirista 4. 4945-60: linguistica, cibernetica, unit | nati 5. 1960-75: teoria degli insiemi, analisi. , ntazionale e altre tendenze 6. Verso gli anni Ottanta: le grammati: lla musica IV. La metodologia dell’analisi’ 91. Introduzione Toe “2. Struttura fondamentale (Schenker) w 10Y tov ui 4 120 122 (28 137 +145 158 172 199 215 250 261 275 335 443 453 378 Indice wzione tematica (Réti) e analisi funzionale (Keller) morfologica fraseulogica (Riemann) per patametri e per tratti stilistici Semiologia musicale (Ruwet ¢ Nattiez) oria dell’informazione %. Analisi insiemistica Licrrure. 1. HH. Schenker - La Sarabaerda della Terza suite per violoncello solo BWV 1009 di Bach. 2. R. Rétt - La Sonata in si-bemolle minore op. 35 di Chopin 3. D.F. Tovey - La Sedunda Sinfonia in re reaggiore op. 73 di Brahms 4, HeRiemann - 1a Sonata in sol meggiore op. 14 n. 2 di Beethoven 5. J. LpRue - Ul primo movietente della Golden Sonata di Purcell 6. bh Nattier e L. Hirbour Paquétte 11 Preludio del Pedléas et Mélisande di ebussy 7. J.B, Youngblood - Venti melodie da Die schone Meilierin di'Bchubert, 1 Paulus di Mendelssobn ¢ Fratenhebe und -leben di Schumann B.°N. Boker-Heil - U1 madrigale Vestive i colli del Palestrina 9%. A, Forte . L'Introduzione alla Prima Parte del Sacre du printemaps ditSteavinskij Glossario di termini analitici di Williams Drabkin Note Indice analitico Riferimenti bibliografici Fonsi det materiale illustrative Prefazione all’edi: one italiana Per una coincidenza quasi fatidica, la preps azione di questo manuale é en trata nella fase conclusiva mentre la storia dell xnelisi musicale in Italia voltava pacina. Gli eventi che hanno scandite tale svolta, fra la primavera 1989 e Pin verne 1990, si sono incrociati con accadimenti storici di rilevanza planetaria sicché & probabile siano sfuggiti anche agli addetti ai lovori. Ma ciascuno d’essi ha rappresentato un'innegabile novita: dall’ “incontre «i studio” sull’analisi che si é svolto a Reggio Emilia nel marzo 1989, con il patiocinio di quel Comune, dell’Istituto musicale “Achille Peri” ¢ delta rivista «Musice/Realia»*, alla fon- dazione, nel luglio successivo, della Societa Italiana di Analisi Musicale; dalla | pubblicazione nel novembre 1989 dei numero zero di «Analisi», trimestrale della societa anzidetta, alfa costituzione nel gennaio 190 del Gruppo Analisi e Teoria Musicale. Sulla novita di eventi siffatti non é il caso di insistere. Che nel nostro paese non vi siano mai state, prima d’ora, né societ& né riviste d'analisi & una realta nota a chiunque abbia qualche familiatiti con le cose musicali italiane. Quanto al? “incontro”’ di Reggio Emilia, per rendersi cont: «he si @ trattato del pitt vasto dibattito sull’analisi mai organizzato in Italia. !-1sta elencare le associ zioni che vi hanno aderitg: la Societ’ Italiana di Muri ologia, la Societa Itali: na di Ethomusicologia, la Societa Italiana di Educazione Musicale, PAssociazione Italiana di Informatica Musicale, Ia sezione italiana della International Asso: ciation for Studies in Popular Music. Piuttosto vale la pena di soffermarsi sul significato che rivestono per la nostra cultura musicale i] successo del?’ “incon- ave” in questione ¢ Ia fondazione dei due sodalizi neonati. Petché é vero che “$a Europa non ¢'é pitt penuria di riviste, societa e convegni dedicati all’analisi (nelPottabre 1K) te Sexcléeé Frangaise d'Analyse Musicale ha organizzata a ee * Agli att! dell Mnconten” sath proatimatente dedicata, cura di Marto Baroni e Rossaun Dafmonte, une cle! @Juaileant lf Mistlea/Renled». van Analisi mesicale Colmar addirittura un 1° Congrés Européen d’Analyse Musicale), ma & anche vero che gli eventi ora menzionati sottintendono modifiche tanto profonde da condizionare le intenzioni stesse con cui questo manuale viene a proporsi al nostro pubblico. Tali modifiche sono sopratiutto evidenziate da due dati: il fatto che gli-stu- iliosi italiani di analisi si sono risolti a consorziarsi, mirando a una «migliore slefinizione metodologica e didattica della disciplina, anche alla luce di espe- tienze straniere assumibili per qualche esemplarita» (De Natale 1989); e l'alto ttumero di quanti sono oggi attratti, anche in Italia, dalle pit sofisticate fra le esperienze straniere in questione (donde, ad esempia, il ‘tutto esaurito” re- uistrato, nell’ambito deil’ “‘incontro”’ di Reggio Emilia, dal seminario schenke- viano di William Drabkin, coautore del presente volume). Questi dati, infatti, voincidono con la scomparsa di due sintomi trai pit manifesti dell’arretratezza degli studi analitico-musicali nel nostro paese: l'isolamento degli studiosi, da ‘ina parte; e il disinteresse per le tecnologie pit evolute, dall’altra._ Tutto questo potra sembrar poco, specialmente ai lettori pitt giovani. E dunque ‘] caso di rievocare termini allarmanti con cui un presidente deila Societa Ita- liana di Musicologia, Claudio Gallico, parld della situazione dell’analisi del no- sro paese al quartultimo congresso della International Musicological Society ‘lundicesimo, tenute a Copenhagen nell’agosto 1972): pit precisamente nel orso di una tavola rotonda sui Metodi attuali di analisi stilistica della musica, ‘he vide Ia partecipazione di uno degli autori di questo manuale, Jan Bent, nonché lei tedeschi Norbert Béker-Heil, Ludwig Finscher, Christian Wolff, dello ju- soslavo Dragotin Cvetko, e degli americani Lewis Lockwood, Harold Powers, ‘eo Treitler, Peter Westergaard. Ecco l’esordio delPintervento di Gallic (1973, np. 14-5): I metodi pid sottili ed elaborati dell’analisi stifistica musicale non sono comuni in Italia. Semplificando molto, Pindagine musicologica, del tipo tradizionale, ha certi (1) ha forte inclinazione umanistica, ¢ vocazione storicizzante, (2) segue modelli di cultura e di metodo della critica letteraria e figurativa; (3) & spesso condi- zionata da un’acuta preoccupazione di impostazione metodica e teorica estetica ge- nerale. A questo livello Poperazione analitica non supera generalmente lo studio e Ja descrizione della forma grande, defle dimensioni architettoniche. Tuttavia al- cuni esponenti della cosiddetta ‘nuova musicologia italiana” sono dotati di capaci- t& analitice sufficiente; e in certi casi molto raffinata. Ma forse mai nessuno di nok ha applicato quei procedimenti di analisi, come Ja si intende oggi in vari centri ame- ricani o europei: per un fine di identificazione, o statistico, o di catalogazione; o Vanalisia strati di Heinrich Schenker ¢ dei suoi epigoni. Certo, taluni di noi sanno scompotre if pezzo musicale, ¢ quitsdi: individuare ¢ nominare gli clementi costitu- tivi; studiarne ¢ porre in evidenza le funzioni ¢ le relazioni. Ma ancora non sussi- stono metedi uniformi; non un indirizze unitario, una coscienza teoretica comune: né comune & il codice sostitutivo, Ja grammatica dell’analisi. E vero: confrontando Pintervento di Gallico con quelli degli altri partevi panti alla tavola rotonda di Copenhagen, ess appare pit un’ exeusatin now pe Prafeztone ies tifa che una squilla di riscossa. Ma cid si spicga. In primo luogo, la tavola rotonda in questione prevedeva, dopo un primo giro di interventi teorici, una tornata analitica incentrata su tin madrigale del Palestrina (Vestiva i colli) e sul tempo lento di una sonata pianistica di Beethoven (op. 10 n. 3). E in quella sede Gallico si sarebbe trovato ad analizzare i rapporti fra parola ¢ musica nel ma- drigale palestziniano in termini quanto meno inattuali, se misurati sugli inter- venti di Biker-Heil, che dello stesso madrigale ‘roponeva una mitabolante analisi computazionale (Boker-Heil 1972b), 0 di Ber‘, che aveva eperto i lavori pole- mizzando con i recenti tentativi di trasferire a'l’arvalist- musicale i suggerimenti metodologici delle grammatiche trasformazionsli Bent 1972). In secondo lno- go, Gallico parlava da musicologo storico, non ga teorico. Poteva quindi testi- moniare sulle vicende dell’ analisi musicale-in Italia, non prospettare I’unica via d’uscita praticabile all’epoca: un’operazione teosica di alto livello, capace di rivendicate all’analisi la sua piena autonomia fra le discipline musicologiche. E pei, anche a proporré un’operazione del genere, quali nostri musicalogi teo- tict avrebbero potuto inearicargene? Praticamente nessuno, pesando su di essi, pitt ancosa che sugli storici, due handicap puntualmente registrati da Gallico: Pinsufficiente conoscenza dei meccanismi del linguaggio musicale, e la loro for- mazione umanistica, che li portava a vedere nell’analisi tutt’al pix uno stru- mento sussidiario di lavoro. Si spiega cos) come il pit brillante saggio analitico pubblicato in Italia negli.anni Settanta rechi fa firma di un giovane storico, Renato Di Benedetto (1978), e come Ia prima teoria dell’analisi mai proposta da un nostro studiuso sia opera, negli stessi anni, di un didatta trasformatosi in teoreta «per destino imposto»: Marco De Natale (1978), titolare dal noyem- bre 1970 di un corso straordinario di analisi presso il Conservatorio di Milano. Queste considerazioni sono decisive per comprendere come le recenti fortu- ne dell’analisi nef nostro paese possono influire sulle ambizioni. di questo fibro. Tnfatti ne consegue che tali fortune non presuppongono alcun process evolu- tivo preordinato e consapevole, Presuppongono invece una miriade di fattori del tutto,scoordinati ¢ casuali: ¢ intanto Ia serie di sperimentazioni didattiche, di proposte editoriali, di iniziative scientifiche che hanno preso l'abbrivo nei primi anni Settanta, senza altri punti di contatto che il richiamo a un approc- cio afificonvenzionale all’esperienza musicale e ai modi tradizionali di parlarne. Nell’ambito delle istituzioni scolastiche, aperture significative si sono avu- te, fra il 1970 e i] 1971, con Vistituzione da parte dell’Universita di Bologna din corso di laurea in Discipline delle. Arti, della Musica c dello Spettacolo (Dams), e con Vintroduzione in alcuni Conservatori di corsi novennali di Nuo- va Didattica della Composizione. Certamente modeste, se rapportate alle istanze sessantottesche di palingenesi della scuola italiana, queste novita hanno tutta- via comportato — per decine di giovani intenzionati a dedicarsi professional- mente alla musica — un apprendistato di qualita sin N ignota, tanto ai diplomandi in composizione dei nostri Conservatori quanto ai laureandi in Storia della musica presso la dozzina di facolt& universitaric allora dotate di tale insegnamenro. Si pensi, per convincersene, a quanti studenti de] Dams si sono accostati ai pro- Arvatisi musicale blemi della tecnica compositiva sotto la guida di maestri come Aldo Clementi o Franco Donatoni; oppure all’utilizzazione sistematica di modelli linguistici nel corso di Nuova Didattica della Composizione che il Conservatorio di Ca- gliari ha affidato nel 1975 a Franco Oppo (1982). Quasi contemporaneamente, nel 1972-73, comincia a trovate applicazione in Italia uno dei metodi d'analisi «sottili ed elaborati» sin Ii ignorati anche dal- la “nuova musicologia italiana”: l’analisi distribuzionale messa a punta dieci anni prima dal linguista francese Nicolas Ruwet. Nelle ricerche sui corali Iute- rani di Mario Baroni ¢ Carlo Jacoboni (1973), essa é ancora un punto di riferi- mento teorico. Ma negli scritti di semiotica che Gino Stefani inizid a pubblicare in quegli anni, i] metodo di Ruwet trova anche applicazione pratica. Mi riferi. xa specialmente aun articolo apparso nel 1976 sulla «Rivista Italiana di Musi- vologia» Stefani 1976), ¢ cuimeplicdt tamburo battente ii musicologo olandese Frits Noske (1977), inviando alla stesse riviste uno scriteo ancora pit memora- hile ai nostri fini. Uno scritto che rappresenta al tempo stesso il primo inter- vento polemico su questioni di metedo-analitico mai pubblicato in Italia; un segnale indubbio che la nostra maggiore rivista musicologica sf4ya aprendosi snch’essa a tematiche analitiche aggiornate (in questi anni il sudfamitato di- rettive fa capo, non a caso, a Lorenzo Bianconi: musicologo itd@psviezero di formazione germanica); ¢ un’eloquente testirnonianza di come le anali- liche di Stefani attirassero pit l'interesse degli stadiosi stranieri che iy ‘quelli italiani. Il che non toglie che il diffuso interesse per l’analisi oggi riscontrabile nel nostro paese sia dovuto anche al lavore dé Stefani. Solo che 2 dovuto so- orattutto alla sua capacit’ di introdurte ¢ interessare ai meccanismi della co- ‘nunicazione musicale i non addetti ai lavori: i portatori di «competenza musicale omune», che sono da sempre gli interlocutor’ ideali di questo studioso (Stefa- ii L978). Un analogd merito storico va riconosciuto del resto anche a Baroni Jacoboni, le cui ricerche non hanno certo convertito molti musicologi italiani uso del computer a fini analitici, e tuttavia hanno stittolato a tale uso una ‘ascia patticolare di non addetti ai Javori (0, pili esattamente, di addettyad altri ‘avori): quella degli espexti di isiformatica musicale, che hanno ripetutamente ipresovin proprio la metodologia esperita da questi due studiosi nelle Igro ri- crche sulle grammatiche musicali generative (Camilleri 1986, p. 357). Dalla meta degli anni Settarita, peraltro, la proliferazione di interessi anali- ici nel nostro paese si affida anche alla nuova attenzione dell'editoria italiana ‘er una produzione musicologice di qualita. E la fine del fungo osteacismo di jualsiasi testo specialistico si provasse corroborare la trattazione storice-critica on puotuali rilievi analitici (le dita di una mano4astano a contare i libri di luesto genere usciti in Italia nel quindicenno 1954-68: che pure non fu dei eggiori, aprendosi con Espressionismo e dodecafonia di Luigi Rognoni ¢ chiu- lendosi con Fase seconda di Mario Bortolotto}. Ed & anche linizio della sco- erta autodidattica dell’analisi de parte di un crescente numero di leltori, « i incoraggiati da traduzioni importanti come quella di The classical style Prefazione xt [Lo stile classico} di Charles Rosen, edita da Feltrinelli nel 1979, oppure da opete originali come la Storia della musica curata dalla Societa Italiana di Musicologia e pubblicata dalla EDT a partire dal 1976 (un’insolita abbondanza di spunti analitici s’incontra gia nei primi volumi usciti: si pensi al Medioevo I, di F. Albetto Gallo, apparso nel 1977). Possiamo ora comprendere come mai, alla fine del decennio successivo, |’ “‘in- contro” di Reggio Emilia abbia richiamato da ogni parte musicisti pratici e mu- sicofili colt, esperti di informatica ed etnomusicologi, docenti di scuole primarie e secondarie, studenti ¢ professori univetsitari e di conservatorio. Tl fatto é che quanti potevano essere interessati, nell’Italia degli anni Settanta, a produrre discorsi analitico-musicali o a fruirne sono stati tutti raggiunti da qualche solle- citazione a nutrire questo loro interesse. Né va dimenticato, a questo proposi- to, l'importante contributo dell’etnomusicologia, il cui ingresso fra gli insegnamenti universitari (1976) ha moltiplicato le possibilita di incontro dei nostri giovani con l'analisi intesa come strumento d’indagine scientifica. Quanto agli anni Ottanta, essi consolidano le posizioni raggiunte nei settori della didattica ¢ della ricerca, non meno che in campo editoriale. Nescono rivi- ste come «Prospettive musicali», «Quaderni di informatica musicale» ed «Eu- nomio»: dall’esistenza talora effimera e di qualita non sempre superlativa, ma pur sempte interessate programmaticamente a problemi di analisi. Si fanno pitt stretti i legami fra la grande editoria e la nuova didattica musicologica, tra l’al- tro inducendo ¢re diverse casc editrici — Discant' Marsilio ¢ 11 Mulino — ad adoperarsi nella diffusione dell’opera di Carl Danfhaus, e dunque anche di un testo fondamentale come Auatyse und Werturteil [Analisi e giudizio estetico] (Dahlhaus 1970), Proliferano iniziative didattiche di vatio rango, che spaziano dal corso estivo di analisi in qualche Jocalitd amena al ciclo di seminari finaliz- zato a progetti di ricerca intercultural (si pensi a quelli che }Istituto Interna- zionale di Studi Musicali Comparati organiaza annualimente a Venezia dal 1987). inoltre, l’analisi diventa I’asse portante pil o meno dichiarato dei corsi speri- mentali ch¥ alcuni Conservatori (in primo luogo quelli di Milano ¢ di Roma) cominciano a varare verso la met’ degli anni Ottante, facenda leva ora sui de- creti istitutivi delle Scuole sperimentali di Composizione, ora sulla normativa della sperimentazione didattica nelle scuale secondarie. Tuttavia i! primo cor so di conservatorio i cui studenti abbiane sentito parlare dei metodi analitici di Heinrich Schenker, Leonard B. Meyer ¢ Allen Forte & stato vérosimilmente il corso di computer nmsic tenulo da Lelio Camilleri presso il Conservatorio di Firenze, nel cui ambita sane da tempo operativi orogrammi di analisi compu- tazionale ispirati appunto ai metodi dei tr studios anzidetti (Camilleri-Carreras- Grossi-Nencini 1987). In campo scientilicn, infine, gli anni Ottanta si aprone con tte convegni patrocinati dalla Sogieta ftaliana di Musicologia — la terza edizione degli Studi corelliani (Fusignano, 1980), Music grammars and contputes analysis (Modena, 1982), Frescabald} ¢ if so tempo (Ferrara, 1983) — nei quali Asalisi musicale comincia a manifestarsi quella volonta di incontre e di dibattito sulla proble- matica dell’analisi, che di [ia qualche anno imdurr’ i nostri musicologi alle ini ziative consociative ricordate all’inizio. Certo, la preponderanza degli studiosi non italiani nelle sedure analitiche sulla musica di Corelli e Frescobaldi svoltesi durante i convegni del 1980 e del 1983 @ pressoché assoluta (cfr. Durante- Petrobelli 1982, pp. 45-117, e Durante-Fabtis 1986, pp. 281-327). Sicché.si potrebbe meglio intendere tali sedute come ulteriori indizi della recente tivita- lizzazione della nostra musicologia da parte di studiosi formatisi o specializza- usi all’estero: nella fattispecie, Pierluigi Petrobelli, coordinatore del convegno di Fusignano, e Thomas Walker, presidente del comitato scientifico-organizzativo di quello di Ferrara. Ma il convegno modenese del 1982 ¢ indubbiamente [’an- tesignano dell’ “‘incontto” di Reggio Emilia del marzo 1989. Si consideri come Tuno e l’altro abbiano fatto capo a Mario Baroni, che ha coordinato il primo in collaborazione con Carlo Jaceboni e altri componenti il stro gruppo di lavo- ra, ¢ il secondo insieme a Rossana Dalmonte. E si osservi come il convegno di Modena — per i] fatto stesso di concentrarsi su particolari tecniche analiti- che, anziché su musiche o autori determinati — abbia consentito, gia nel 1982, un’attendibile verifica dell'ampiezza dell’interesse per P’analisi maturata in Italia nel] decennio precedente. Non a caso il gruppo dei relatori italiani prefigura con stupefacente esattezza l'eterogeneo insieme dei partecipanti all’ “‘incontro”’ di Reggio Emilia, comprendendo musicologi come Baroni e.Stefani, etnomusi- cologi come Giorgio Adamo, musicisti e docenti di conservatorio come Azio Corghi ¢ Franco Oppo, informatici come Lelio Camilleri, musicofili colti’come Laure Tedeschini Lalli, Claudio Baffoni e Francesco Guerra dell’Istituto ma- tematico “G. Castelnuovo” dell’ Universita di Roma (Baroni-Callegari £984) E finalmente possibile trarre da tutto cid una conclusione direttamente tife- ribile al presente manuale. L’interesse per !'analisi musicale che gli anni No- vanta ereditano dai due decenni precedenti sembra davvero dotato di un’ampiezza straotdinaria, Ed @ certo che senza un tale elemento*propulsore la situazione italiana di questa disciplina sarebbe ancora quella tratteggiata da Gallico diciotto anni fa. Tuttavia— data la natura, la varieta, fa catmalita delle occasioni che lo hanno propiziato — si tratta anche din interesse costituzio- nalmente fragile ¢ facilmente dispersivo. Se la svolta da esso solléeitara deve essere irreversibile, come tutti ci auguriamo, occorre dunque aiutare Guesto in- teresse a qualificarsi e consolidarsi alla luce delle massime acquisizioni Mel pen- siero analitico moderno. Qui sta il senso ultimo della coincidenza fra la pubblicazione di questo manuale e Ja svolta registrata nel 1989-90 dalle vicen- de dell’analisi in Italia. Non nel proporsi come un’ennesima novita statistica, come if primo manuale di analisi in lingua italiana da affiancare alla prima rivi sta o alle prime socicta di analisi fondate nel nostra pacse. Bens! nel fatto che esso pud essere — in quanto concepito ed elaborato nel modo che stiame pet Thefarione an considerare — uno strumento insostituibile per tendere definitiva la svolta stor! in quéstione. Ci siamo ripetutamente riferiti a questo libro come a un manuale, ¢ la sua stessa edizione originale fa parte di una collana manualistica: quella dei New Grove Heridbooks in Music, editi da Macmillan. Tuttavia, come precisano gli autosi nefla loro premessa, csso trac origine dall’elaborazione di alcune voci de! New Grove Dictionary of Music and Musicians: | arande voce sull'analisi firma. ta da Jan Bent, che é alla base dei primi quatt > capitoli del presente volume. ¢ aléune voci terminologiche di William Drabkin, che sono state riprese e am- pliate nelf'allegato Glossario di termini analitici, Cosi, la prima cosa da chiarire, citca la concezione di questo libro, & le sua apparente incompatibilita con gli altri manuali siglati dalla EDT e dalla Societd Italiana di Musicologia. I quali hanhe inteso proporsi sin dal primo volume (Bellasich-Fadini-Leschiutta-Lindlev 1984) pitt cgme “‘libri d’uso”” provvisti di un preliminare collaudo didattice. che come “bri compendiosi’? con generiche finslita informative (bid., p. X) ‘Atesogiguardo va notata unacitcostanza determinante. Bent (che attual mefisgdnsébna alla Columbia University di New York) & un musicologo britan- nico e $in dall inizio-ha impostato la voce sull’analisi di cui stiamo parlando secondo le migliori tradizioni della musicolcgia anglosassone. Non a caso un dei maggiori analisti americani, Allen Forte, ha giudicato quel testo «un ton de force lucido, compendioso e autorevole», nonché «efficace, ben organizzato ¢ seritto con obicttivita ¢ imparzialle» (Forte 1982, pp. 161 ¢ 163). Pertante & vero che a monte di questo manuale c’é una voce d’enciclopedia, ma si tratta di una voce concepita assai diversamente dalle v ‘ci sull’analisi pubblicate dai maggiori dizionati musicali italiani. Si pensi a quella firmata da René Leibo witz per Enciclopedia della musica Rizzoli Ricordi, che non menziona nessunc. dei maestri dell’analisi contemporanea e rin-ia il Iettore a una bibliografia di set titoli in tutto (Leibowitz 1972). Oppure si pensi alla voce del Dizionaric: Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (Gut 1983), che traccia un wadro dei recenti indirizzi analitici e suggetisce una bibliografia abbastanza ‘unzionale di trentotio titoli, ma poi dimentica tanto !’analisi semiotica quan to l'insiemistica, e maltratta il metodo di Schenker al punto da classificarlo co me “‘analisi fenomenologica”’ {su una pitt corretta accezione del termine, cfr il paragrafo 5 del capitolo IM), da ridurne 'ipotesi operntiva al!'individuazione della ‘‘linea fondamentale’’ o Uriinie (laddove a Schenker intetessava semmai incividuare la “‘struttura fondamentale” o Ursatz) ¢ da definire I’ Usinie stesse come una «successione di sueni che é sufficiente liberare per comprendere la sostanza musicale inerente aan brano» (nel Gloss-rio il lettore trovera una de- finizione di Urlinie non solo pit affidabile di ques: a, ma anche capace di moti virgliene Je assurdita). ay Analisi musicale Cid chiarite, non é difficile intendere cosa ha consentito alla voce sull’anali- sidel New Grove di ttasformarsi in un manuale adeguato al programma edito- tiale di questa collana. Si tratta dell’oggettivita e dell’imparzialita clogiate da Forte; ¢ del fatto che il testo di Bent ne he derivate un'impronta fortemente manualistica, git evidente nella versione primitiva, ma ancor pid evidente nel- la versione approntata per i New Grove Handbooks grazie al Glossario di Wil- liam Drabkin (un musicologo americana, attualmente lecturer in musie presso Puniversit& inglese di Southampton), Si prenda il primo capitolo. Nella trasfor- mazione in volume csso ha subite meno rimaneggiamenti degli altri, sicché & ancora il preambolo definitorio di una voce d’enciclopedia. Ma lo scrupolo con cui Bent delimita concettualmente l’oggetto della sua trattazione conferisce a queste pagine la stessa funzione propedeutica dell’esordio di un buon manyale. Né meno efficaci sono i due capitoli centrali, che fissano i connotati idéologici © operativi via via assunti dall’analisi nella cultura moderna. Qui @ con ogni evidenza il sour de force a cui alludeva Forte. Giacché, attenendosi.ai fgtit e valendosi esemplarmente di fonti di prima mano, questi due capitoli riescono 2 dar conto di tutti i filoni problematici che percorrono la stégia dell’ analisi infittendost all’estremo nella seconda met del nostro secofo. Sfronaké qui & anche lq migliore dimostrazione delle virtt: manualistiche del teifty dent. In effetti, i capitoli in questione cominciano a familiarizzare il lettgle c tipici tratti storici dell’ analisi musicale, facendogli intravedere al tempo 'tesso le particolatita tecniche dei metodi su cui si concentrera il quarto capitol. Si ha cost un approccio alle esperienze pit: cruciali dell’analisi contemporanea estre- mamente efficace, specialmente per it lettore autodidatta: un approccio per an- golazioni contrapposte capaci di integratsi e illuminatsi a vicenda, che viene appunto ulteriormente potenziato dal Glossario. Dove chi legge trova non sol- tanto uno strumento di consultazione unico nel suo genere: ritrova anche, in una diversa prospettiva, molti problemi affrontati e discussi da Bent nei capi- toli L’analist musicale nel ventesimo secolo e La metodologia detl’analisi. A questo punto, per trasformare il New Grove Handbook in un manuale EDT/SIdM mancava soprattutto una parte applicativa. Ma quali esercizi pro- porre ai lettori di un libro che, fedele sino all’ultimo all’imparzialita della sua concezione, suggella la propria panoramica dell’analisi novecentesca con otto patagrafi dedicati a un ampio ventaglio di scuole e tendenze, alcune delle quali sottintendono ulterior! frazionamenti metodologici o sono accessibili solo a quanti posseggono cognizioni di matematica o di tecniche informatiche? Une soluzio- ne accettabile & stata intravista da chi scrive, riflettende sulla difficalta dei let- ori italiani non poliglotti, ove si fosse proposta loro nulla pitt che la uaduzione del manuale inglese: Ia difficolta di non potersi minimamente documentare sulle metodologie illustrate negli otto paragrafi anzidetti. Infatti — cosa perletta- mente in linea con il cronico disinteresse della r nostra cultura musicale verso analisi — i massimi analisti della prima meta del gecolo hanno avuto rariss mamente il privilegio d’essere et nella nostra lingua, e In situazione di Profaxione quelli operanti nella seconda meta & solo apparentemente migliore. Giacché, a ben vedere, i due saggi di Tovey e Schenker radotti di recente in Italia (To- vey 1927 ¢ Schenker 1923) stanno alla pret ione analitica della prima parte del secolo nello stesso rapporta in cuila ve 1i di testi di Eggebrecht, Ruwet, Meyer e altri, sin qui apparsi in italiano“, ar 10 al Moore della produzione ena- litica interaazionale del secondo dopogu: ra Di qui l’idea di corredare |’ edizione i ite as_ del m: yale di Bent e Drabkin con un gruppo di “analisi d’atore” mai aa tte ric! a nostra lingua, che po- tessero essere riferite ai paragrafi 2-9 del quarto capi slo come ‘‘esercizi sval- ti”? sed generis. La scelta di tel Letture, come poi si é cleciso di chiqmarle, non & stata agevole, essendo condizionata anche da ovvi limiti di spazio. Ma, grazie ai Suggetimentt di Bent, si é infine riusciti a concilia’ T'esigenza di una rasse- gna di testi esemplari con quella di una campionatura cstremamente variegata di approcei analiticie di testi analizzati. In effetti, gli autori prescelti non han- no alcun bisogno di presentazione: con l'eccezione, forse, di Louise Hirbour, che & una coflega di Jean-Jacques Nattiez all'Universita di Montréal, di Nor- bert Béker-Heil, direttore del Dipartimento per l’analisi ¢ la documentazione musicale dello Staatlisches Institut fir Preuftischer Kuluurbesitz di Berlino, e di Joseph Youngblood, docente della Schl of Music dell’ Universita di Mia- mi, Dal canto lore, le musiche analizzate nelle nove Leétvire coprono addirittu- ta ]'intero arco storico della musica eurocolta. Infatti |'ultima parte della settima Lettura prende in considerazione il canto liturgico medioevale; Pottava e la quinta costeggiano i] Rinascimento e l'eth barocca; la prima, la terze e fa quarta ren- dono omaggio alle ‘‘tre B”’ della grande musica mitteleuropea (Bach, Beetho- ven, Brahms); la seconda e la parte centrale della settima puntano sul primo Ottocento romantico; la sesta e la nona approdano.al Novecento storico Va da sé che l’innesto di questi nove testi ha conferito alla presente edizio- ne del matmale di Bent e Drabkin una fisionomia del tutto particolare. Non si tratta tanto del rilieva conferite loro dalle presentazioni che mi 2 sembrato utile premettervi, per meglio precisarne l’esemmplaritd e i rapporti con il testo di Bent; nédell’attrattiva csercitata dai nomi di studiosi ormai mitici come To- vey ¢ Schesfker, o del fatto che fra queste Letture sono le primissime traduzioni italiane di analisi di Hugo Riemann, Rudolph Réti o Allen Forte (peraltro una parafrasi glmalcuni capitoli de! principale trattato di Forte [1973] @ da tempo accessibile al pubblico italiano in De Berardinis 19°24 85). Si tratta piuttosto del fatto che le nave Letiure in questione si pongono come il punto di conver- genes idatle sta del tesio di Bent sia del ( ‘us: vio di Drabkin, rappresentando Pesemplifidhaibne pit immelHata delle te ic: analitiche illustrate dall’uno il pitwimmediago banco di prova dell'altr Questo spostamento del baricentro delzolume ha avute conseguenze pratiche non irrilevanti. Basti dire che il Glos- sario di questa edizione italiana ha 49 voci in pia dél gemello inglese, e che * Oltre a Dahllaus 1976 © 0 1 gene 1979, si vedano al proposito gli series di Cans ¢ Kraehenbuehf, Lerclehl ¢ Jakenetoff, Meyer, Moles, Molina, Nattiez, Ruwet citati net riferi- menti bibliografici relarivi at ymengratl 4, 5, 6 clel eapitolo LIL ¢ alla Lettura 6. . aE Analisi musicale questo incremento si: deve in primo luogo all’esigenza di renderla funzionale alle Letture. Esigenza che ha comportato, da parte di Irabkin, [a stesura di alcune nuove voci (Cardinaiity, Mapping, Potenzierung, Taktmotiv cecctora) ¢, da parte mia, il potenziamento della rete dei richiami interni al Glossaria stesso, allo scopo di rendere reperibili i termini tecnici pid importanti, a partie tanto dal- la lezione originale quanto daila traduzione italiana utilizzata nelle Letiner. Occorre aggiungere che una trasformazione cos decisa del manuale inglese nel “libro d’uso”’ di cui si diceva, ha coinvalte anche le parti compilative del volume, come la bibliografia ¢ l indice analitico? Nell’edizione originale que- st’ultimo riguarda soltanto il testo di Bent, mentre ora congerne anche Letture e Glossaria, Cid dovrebbe tornare utile soprattutto a quanti, eppunto, utilizze- ranno il volume in maniera intensiva, visto che non saranno pjti costretti a sfo- gliare e risfogliare il Glossario prima di concludere che un certodermine non vi compreso. Quanto alla bibliografia originale, i suoi 1162 titoli la prospet- tano certamente come la pid csaustiva mai approntata sull'analisi musicale. Pur- troppo non si tratta di una bibliografia ragionata, come quella curata una ventina d'anni fa da Michael Fink (1972}. Per if lettote italiano non poliglotta, dun- que, la sua ricchezza cela pit: di un motivo di frustrazione anziché stimeli a ultetioti apptofondimenti. Tanto pit che i titoli italiani sono dodici in tutto {ivi compresi tre trattati plurisecolari ¢ un testo di semioiica senza rapporti con la musica: Eco 1975), ¢ che gli altri 1150 titcli (617 inglesi, 416 tedeschi, 88 francesi, 29 in altre lingue, tra cui il russo, l’olandese ¢ Io svedese) si susseguo- no seconde l’ordine alfabetico degli autori, senza punti di riferimento alin. fuori della possibilita di ritrovare, sotto il nome degli analisti pit importanti, gli scritti ad essi dedicati. Pertanto si é deciso, d’intesa con Bent, di considera- re la bibliografia del manuale originale come uno strumento di consultazione ormai acquisito, ¢ se ne sono ricavati riferimenti bibliografici piti consoni a un “libro d’uso’’: meno doviziosi, ma integrati con tutti i dati necessari al lettore italiano per organizzare una ricerca bibliografica in proprio, reperire un libro ancora in commercio, ordinare la fotocopia di un articolo di rivista a una bi. blioteca dove sia complicato recarsi di persona. Per questo motivo, i riferimenti bibliografici in questione sono praticamen- te limitati alle fonti citate nel testo di Bent, nelle Letiure e nel Glossario di Drab- kin, ma sono al tempo-stesso (1) rageruppati in corrispondenza con le varie sezioni del libro; (2) comprensivi di titoli citati nel testo di Bent ma omessi nella bi- bliografia otiginale; (3) completati dalla menzione di eventuali traduzioni it liane, anche parziali; (4) integrati con Vindicazione delle case editrici dei lilbri ¢ con la paginazione iniziale e finale degli asticoli; (5) cortedati, ovunque possi- bile, dal numero dell’ estratto pubblicato nel RILM* nonché dalla segnalazione di recensioni apparse tra il 1894 ¢ il 1989 sulla «Rivista Musicale Italiana», * Per Ja spiegazione di questa, e delle altre sigle usate nel corso del manuale, si veda I'rlenew delle abbreviazioni a pp. XxIV-xxv1. Prejazione xv Ja «Rassegna Musicale», fa «Rivista Italiana di Musicologia», le «Nuova Rivi sta Musicale Italiana». (E quasi superfluo avvertire che questi ultimi dati cor rispondono perlopid a nuove prove dell’an etratezza della nostra culawa analitica non di rado schiaccianti, come le stroncature dei primi due volumi del Jeggen datio annuario di Schenker, Das Meistenverk in der Musik, firmate da Luigi Rong: [1927 e 1928). In conchisione: vale por la nuova bibliografia quello che abbiamo detto pe iJ maouale nel sue insieme. Cos) come l’ano.wuol essere non tanto il peimo ma nuale di analisi mai pubblicato in italiano, qianto uno stramento del consoli dameitto delic attuali fortune di questa disciplina-tel nostro paese, all’altra nov interessa proporsi con i stioi 442 titol, come la pit ampia bibliografia ell’ ana lisi mai proposta al nostro pubblico, Le preme p sttosto d’essere una guide et ficacé nelultime tratto del percorso ideale sugy. -rito da questo libro: i] tratt: in cui él lettore dovrebhe risalire alle fonti dell: informazioni e dei materiali di studio ch’esso gli é andato via via proponendn, e sperimentare direttament: — seconda le possibilita ed entro i limiti che ora specificherema meglio — |» tecniga analigica pit eccessibile alle proprie cognizioni musicali o pia appre priata al reyfttorio prediletto. Ho gia accennato al collaudo didattico cm dovrebbe essere termto ogn! manuale di questa collana, non meno che _recenti iniziative spetimentali d+ alcuni Conservatori imperniate pio men esplicitamente su corsi di analis Ad offrirmi il destra di collaudare questo manuale, via via che venive tradu cendola, & stata proprio una di queste sperimentazioni: il biennio di Storia e! estetica musicale attivate dal Conservatorio di,Roma nel 1987, allo scopo di creare un’alternativa, quantunque precaria, all'’omonimo corso annuale per stu denti di direzione d’orchestra ¢ dei corsi superior’ di composizione. 1a decina di studenti che ha seguito le lezioni di analisit da me tenute ne! biennio 1987-89 ha utilizzato le prime due parti di questo libro {i capiteli LA! nel primo anno, il capitolo IV e aleune Lesture nel secondo) con tisultati disps ratissimi. Non poteva essere altrimenti, data I'eterageneit’ de! retraterra sco lnstico degli studenti in questione: alcani dei quali provenienti da corsi di armoni © contrappunte dove fare un’analisi significa tuttora etichettare diligentemen te unit® grammaticali sintactighe morfologiche del tutto avulse dal significat: storice e musicale della pagina analizzata, Ma il fatto pid significative @ stat che tali disparita di rendimento sono emerse solo quando gli student hann cominciata ad esercitarsi per fprowa scritta prevista per la fine del corso: fin ché iH lavoro s’era concentrato sul testeWi Bent ¢ sulle Letture scelte a integrar fo, tutti avevano proceduto dépari passo, e, spesso, i pit: sensibili alle aurattiv di certe Letture erano stati proprio gli studenti pitt impacciati al momento d (rasformarsi in analisti “attivi” Analisi rausicale Dove sta il perticolare significato di tutto questo? Sta nel dimostrare che ‘I manuale pud essere utilizzato a due livelli diversi, ma egualmente proficui variamente petsonalizzabili: il livello “‘attivo”, appunto, che riguarda chi vo- dia procurarsi strumenti aggiornati per avviate esperienze analitiche in pro- tio, e il livello ‘“‘passivo’’, che si addice a quanti intendono semplicemente ompliare la propria cultura musicologica, orientarsi nel labirinto dei saperi ana- itiei attuali, o avvantaggiarsi come esecutorine didami: delke sapienza analitica ‘lerui, Ibghe rientra, del resto, melordine delle cose. Glacché proprio a questo econdo tipo di lettori si sono rivolti imacstri dell'analisi contemporanea, tut- ¢ le volte che hanno guardatc-al momento esecutivo come a uno degli sbocchi pecifici del proprio lavero (cfr. ad esempio le Leéture 1 ¢ 4). Sulle cognizioni tecnico-musicali necessarie a muoversi disinvoltamente al tvello ‘“‘passivo’’, gon c’é molto da dire:*Baster’ possedere una lettura ritmica melodica sicura, una visione chiara e.distinta della nomenclatura dell’ armo- ia tonale, una buona conoscenza teori¢a delle regole ¢ dei congegni comtrap- untistici pit elementari. Molto dipendera, tuttavia, dalla capacita del lettore li decifrare correttamente un testo musicologico in inglese, redesco o franvese. \ questo livello di utilizzazione del manuale, infatti, l’approforadimento delle netodologie che vi sono illustrate si risolve in primo laoge nellgipcic dei te- i segnalati dai corrispondenti riferimenti bibliografici, ¢ questi prépuppongo- so, come gid sappiamo, la conoscenza delle tre lingue ora menzionate. Le quali ‘anno perd un’importanza decrescente. Da un lato perché i riferimenti biblio- rafici in questione sono predisposti sin dal’ inizio per lettori anglofoni, e le ndicazioni sussidiarie di cui sono arricchiti nella presente edizione rinviano pesso a una pubblicazione redatta in inglese come il RILM. DalPaltro lato, perché ‘conoscenza dell’inglese & indispensabile per accedere alla letteratura relativa ‘l'analisi computazionale, e rende nel contempo accessibile un prezioso filone i traduzioni dal tedesco e-dal francese: si pensi ai trattati di Schenker, di cui mo stati recentemente tradotti negli Stati Uniti anche i due volumi di Kon- apankte (Schenker 1910-22). Pid complesso é il discorso sulla competenza tecnica necessaria a utilizzare” manuale ‘‘attivamente’’ Intanto perché noi tutti i metodi illustrati da Bent lesemnplificati nelle Letture sono immediatamente praticabili. L’ approccio em- irista a1 Tovey (Lettura 3) & per definizione intraducibile in indicazioni opera- ve, ele teeniche computazionali di Baker-Heil (Lettura 8) sono legate con agni ‘idenza alle macchine e ai ptogrammi di elaborazigtte derbi utilizzati vent’anni , assimilazione dei modelli analitict rappyéscntati da Schenker, Ricrnann Porte (Letture 1, 4, 9) implica, nel secondo vaso, una conoscenza approfondi- ‘del pensiero teorico dell’autore ¢, negli altri AMR, P'assimilazione di appositi sti teorici e manualistici (Forte 1973 # Forte-Gilbert 1982). Cas) il lettore nisce per avere pronto accesso a quattro metodi#eltanto: quelli esemplificati lle analisi di Réti, LaRue, Nattiez ¢ Hirbour Paquette, Youngblood (Letere 5, 6, 7). Essi esigono da lui una preparazione tecnico-musicale assai varia, Prefazione che ne] caso di Youngblood risulta persino inferiore a quella richiesta per Puti- lizzazione “pessiva’’ del manuale, riducendosi a poco piti che la conoscenza delle note musicali. Sarebbe perd errato considerare il modello tecnicamente pili cle- mentare come il miglior punto di partenza prt compiere proprie esperienze ana- litiche. In realta l’elementarita di analisi quantita‘ive come quella di Younghlood presuppone una serie di delimitazioni del campo d’indagine, che vanno accura- tamente tenute sotto controllo, se non si vogliono rischiare esiti irrimediabil- mente naif. Converra dunque partire dal metodo che si pone all’altro estremo della garsiiia di competenze richieste dai quattro citati: l’analisi stilistica di La- Rue. Le conoscenze che tale modella presuppone vanno molto al di la dell’ar- monia é del contrappunto, visto che Fanalista dovrebbe saper inquadrare storicamente la-composizione in esame ¢ avere una certa dimestichezza con if repertorio d’wppartencnza (LaRue 1970, p. 4). Perd si tratta di un modelo uti- lissimo pet addestrarsi a una ricognizione sistematica dell’oggetto sonore da analizzare,.e- gli accorgimenti procedurali escogitati a tal fine da LaRue (Ia “li- sta di-controllo”, il “timeline” eccetera) sono strumenti di cui converra gio- varsi — in una fase preliminare del lavoro — anche optando per altre tecniche d'analisi. Parlo, naturalmente, in base all’espericnza didattica a cui ho accennato piir sopra. Altri potra regolarsi diversamente. Perd ci si emancipi sempre con pra- dualita dai modelli forniti dalle Lesture. AW inizio, cioé, si applichi la tecnica prescelta a pezzi simili a quello analizzato nella Lettura corrispondente, e sole in un seconde tempo si passi ad applicarla a pezzi totalmente diversi. Ove if tragitte venga compiutoe con un minimo di attitudini analitiche, pur sempre indispensabili, in.un periodo di tempo relativamente breve si dovrebbe raggiun gere il maggior risultato ottenibile con questo manuale (nel biennio sperimen. tale citato pit sopra, i primi risultati in tal senso si sono avuti a meta del secondo anno di corso). Mi riferisco alla capacita di analizzare una composizione sce- Bliendo, fra le tecniche studiate, quelle pit adatta a evidenziarne il funziona- mento dei congegni compositivi. Che & poi la capacit’ di cogliere quel rapporto di funzionalita fra tecnica analitica e pagina da analizaare, segnalata da molti didaiti come condizione indispensabile per i} successo di una qualsiasi analis? (De Natale 1969, pp. 1120-1). Qualche lettore trasecolera: non si dovrebbe allontanarsi ultcriormente dai modelli preseelti fino acl escogitare procedure analitiche originali? In realta non & questo lo scopo cel presente manuale, né di questo ha bisogno l’attuale situa zione dell’analisi tusicale in Italia, Non lo dice per schierarmi con quanti ri tengono che le tecniche anulitiche esistenti siano bastevoli ad analizzare qualsiasi musica e che si tratta solo di diffoncerte e utilizzarte al meglio (Cook 1988 p. 3). Sone anzi convinto che porre limiti allo sviluppo dell'analisi sarebbe co. me voler [renare Pevoluzione culturale ¢ tecnologica del nostro tempo 0 Ia ere: scita della musica Uitte Chi ne volesse una prova, legga il terzo capitolo i questo manuale, facendo attenzione allinteeccio delle vicende defl'analisi mo RX Analisi musicale derma con alcuni fondamentali aspetti della cultura contemporanea (dalla psi- cologia della Gestalt alla linguistica, dalla cibernetica alla fenomenologia), non- ché all’accostamento progressivo dei destini dell’analisi e della Nuova Musica. Che & un fenomeno non soltante documentato dagli scritti d’inaumerevoli.com- positori (oltte a quelli citati nel capitolo in questione, si vedano gli scritti anali- tici raccolti in Stockhausen 1963-78), ma anche risoltosi nei primi anni Sessanta in una sovrapposizione cosi perfetta, da rivelare la fase preparatoria di un pez- 0 «ormai caricata del carattere suppletivo dell’analisi» (Kagel 1964, p. 31). Fatta questa precisazione, devo petd richiamarmi ai problemi pitaargenti della presente fase di sviluppo dell’analisi in Italia: ¢ innanzitutto all’esigenza ‘li consolidare e qualificare gli interessi che tale disciplina ha destato da noi negli ultimi vent’anni. Di fronte a questa esigenza vitale, sollecitare avventure alla ricerca di un’originalita procedurale a tutti i costi sarebbe altrettanto scon- ‘iderato che negarsi a ogni avventura: magari per timore di una aflonizzazione jella nostra cultura musicologica da parte delle «multinazionali dell’analisi> (per citare un’espressione che ha reso memorando ’intervento di Gino Stefani all’ “'in- ontro” del marzo 1989 a Reggia Emilia). Caso mai, cid che occotre @ evitare he avventure del genere tentino gli stessi lettori di questo manuale, giacché 'e suggestioni di alcune sue Lettre potrebbeto feci!mente indurli a tentativi Pemulazione completamente ignari dell’evidenza sonora della composizione ana- ‘izzata. Chi legge, quindi, non sorvoli sulla lezione che ci impartiscono concor- lemente le nove Letture di questo manuale: se un’analisi sistematica si insinua otto la realt& percepibile della musica, lo fa per spiegarla, Non per stravolgerla. Il richiamo alla situazione dell’analisi in Italia, nonché a uno degli episodi he ne hanno scandito il recente rinnovamento, torna utile anche per conclu- lere questa Prefazione con i ringraziamenti di tito. Infatti questo libre non sotrebbe avere Je intenzioni che gli ho attribuito né sarebbe come ho descrit- ©, se #suoi due autori non avessero compreso in quale congiuntura esso sareb- 'e stato presentato ai lettori italiani. Sia Ian Bent sia William Drabkin, invece, ¢ fe sono resi conto tanto perfettamente da sottoscrivere senza condizioni — osa di cui li ringrazio di cuore — tutte le modifiche e gli aggiustamenti da ne proposti durante la hinga gestazione di questo manuale. Un ringraziamento ‘Itrettanto cordiale rivelgo al comitato editoriale dei manuali EDT/SIdM — dunque agli amici Rossana Dalmonte, Guido Salvetti e Gianfranco Vinay — ‘er avermi invitato a tradurre e cutare questo volume, nonché a quanti mi han- 10 fornito materiali o informazioni utili all’una e all’altra incombenza: Loris \zzatoni, Graziano Ballerini, Mauro Bagella, Mario Baroni, Norbert Baker- [eil, Lelio Camilleri, Pleto De Berardinis, Marco De Natale, Renato Di Bene- ieto, Yvonne Ekman, Claudio Gallico, Giovanni Morelli, Franco Oppo, Gio- anni Piazza, Andrea Toschi, John Waterhouse. La mia ricoroscenza va, infine, tutti i giovani musicisti che, anche solo discutendone con me, hanno finite er cooperare pis o meno inconsapevolmente alla messa a punto del manuate. Prefarioue xx Non potendo menzionarli (atti, ricorderd quelli che lo hanno fatto pit sciente- mente: Natalina Gaminelli, che mi ha coadiuvato nella preparazione della nuo- va bibliografia e nella stesura cell'indice analitico; Daniela Bruni, Paola Fetella e Francesca Vacea, che mi hanno affiancato nella traduzione delle Lettere; Ma- tio Carrozzo e Massimiliano Stefanelli, che pitt di altri hanne profittato del corso in cui be collaudato i presente manuale e che pettanto sono stati i mi- sliori consulenti del mio lavoro di traduttore e di curatote. La storia dell'anali- si musicale in Italia conoscerebbe nuove svelte, se questo libro incontrasse molti lettori come loro. Roma; 8 febbraio 1990 Clandio Annibaldi AANY. AcH aM, Amy AMZ onast batt. BB Bwy np feapp, te oft, Cam ‘l Me CNRS. colin tr Abbreviazioni Autori vari W. Schmieder, Thematiscb-spstematisches Verzoichnis der musikatichen Werke von Jah. Set Bach, Wiesbaden, Breickop! & Hartel 1969 capitolofi contrabbassi cantrotagotte sonfrontare «Computers and she Humanici clarinetto Current Musicology » Cenure National de la Recherche Scientifique colonnafe corre corno inglese «Darmstadver Beitrége zur Neue Musik Districe of Columbia Department Dizionario Enciclopedico Universale della Musica ¢ dei Music edizione esempiofi Fagottofi Alautofi francese A. von Hoboken, Joseph Haydn. Ghemytisgh-Fibliographisches Werkrerseietarh, Mainz, Sekots 1957-78 ibidem inglese italanofa Torin, UTE Abbreviaziont XY IAMS afouraal of the Ametican Musicological JAS. «Journal of the Arnold Schoenberg. Insti Ihe Jahrbuch IMT «Journal of Music Theory» K. L. wor Kéchel, Chromalogich-thematitches ovz/. suis sansthicher Tonwarke Wolfgang Amadé Muzarts, Leipzig, Breitlept & Hartel 186. :l'ev utuele seeonéa numerazi ne rinvia alla se- stn edizione: Wieshaden, Breitkopf & Thrcel 124) 1 maggiore Massachusetts «Die Musikforschnng» Die Musik ar Geschichte und Gegenwart, aci'a di F Blume, Kassel-Basel, Bérenreiger 1949-86 Michigan. -minore Massachusetts Institure of Technology @ Musique en jeu» «Music and Letters» «Tite Musical Querterly » dhe Music Review» ims. mangaeritto MusA eBMitsie “Analy. n.fon. ‘mmamernfi New Grov The New Grove Dictionary of Misie and Mus viant. nura dt S. Sadie, London, Maemillan 1980 NY New Jerse NRaw «Nuova Riviste Musicale Tali NY New York NZAM aNeve Zeitschrift fie Musik» arb, oboe op. opus orch, oxchestea out. ottavino plop paginae Penn Pennsylvania af pianoforte PRIM «Perspectives of New Music» PRMA «Proceedings of the Royal Musical Assoc ition» QRem «Quaderni della Rassegna Musicale» Rot ala Rassegna Musicale» RBA «Revue belge de musicologie» Raat «Revue de musicologier see, recensione Hedi riedizione Rion ne L Riemann Mraik-Lesicon, a cwa di W. Guskitt {eon integrazion 1967"! Rua F eRivista Italian di Musiculogia» REM weet dpertoive Internationcd de Littérature Musicale (i aumeri esponenziali indicano Varuata) sist stampa RME w«Rivista Musictle Hall wd senen cinta sag SING Suinmelbdecde ver oternationel Musik-Gesellsehati » SIdM Societa ftallaue dl Mosicslogie si seman heigo. sMw aBevtien xur Munthwhenenaclialt » SP. Stueio Per Ldishoul Seehe sTMy aSverml tldakelft Ide nustldacekninge ted, sedescufa tr, trombe trad. traduzione wh, tromboni RVI Anahsi musicale U. UMI University Microfilms Intemational ¥ vedere vel violoncellofi al violinefi alafole vioiafe Vie «Vierteljahesscheift fir Musikwissenschaft» volfvoll. —volummefi iMw «Zeitschrift fir Musikwissenschatt» ~e N.B,; Haumeroarsbo che eventuslmente segus il nome di unz nota ne precisa Cotteva d'appartenenza. Lo zero contrassegna le nate dal do ai si, tre ottave sotto il do centeale del pianoforte (= do3}; il qumero L conteassegna le stesse note, due attave sata il do3; © cost via 4 I Lianalist musicale in generale Analizzare una struttura musicale-gignifica scinderla in elementi costitutivi relativamente piti semplici, e studiare le funzioni di questi clementi all’interno delle struttara data. La “‘struttara’’ a cui si riferisce tale processo pud essere di volta in volta un frammento di una composizione, una composizione com- pleta, un gruppo o anche un repertorio di composizioni facenti capo alla tradi- zione orale o a quelfa scritta. La distinzione tra analisi formale e analisi stilistica, a cui spesso si ricorre, ha una funzione pratica ma, dal punto di vista teorico, non ha ragione d’essere: da un lato perché ogni oggetto musicale, piccolo o grande che sia, pud essere riguardato come un dato stilistico; dall’altro lato perehé tut- tii procedimenti comparativi che caratterizzano l’analisi stilistica scindono una struttura nelle sue componenti, e quindi rientrano nell'attivita analitica primaria. Una definizione ancora pit generale, ispirata all’sso quotidiano del termi ne, potrebbe essere questa: l’analisi musicale é quella disciplina che studia la musica a partire dalla musica stessa e non da fattori extra-musicali. - ce 1, Collocazione dell analisi tra le discipline musicologiche , La locuzione ‘‘analisi musicale”, nella sua accezione piii generica, si riferi sce aun gran numero di attivita diverse. Alcune si escludono a vicenda, in quanto corrispondono a vedute fondamentalmente divergenti sulla natura della musi ca, sul suo ruolo nella vita dell'uemo, nonché sul ruolo dell’ intelletto umano in relazione alla musica. Queste differenti prospettive rendono difficile defini- re dall'interno il campo d’azione defl’analisi (di questa definizione ci occupere- mo in seguito: nei capp. II e ILL, e nel paragtafo 1 del cap. IV), Ma in qualche modo é ancora pit difficile precisare quale posto occupa l’analisi tra le discipli- ne musicologiche: si pensi a come, dietro ogni aspetto della pratica analits 2 Analisi musicale ci sia il fondamentale punto di contatto fra fa mente umana la materia sono- ra, ossia Ia percezione musicale. E possibile affermare che le competenze dell’analisi nel sue complesso han- no molte affinita con quelle dell’estetica musicale, da un lato, e della tecnica della composizione, dalf altro, Questi tre settori disciplinari potrebbero essere considerati come insediamenti territoriali dislocati lungo ua asse, a ut’estremi- tit def quate sia la collocazione della musica all’interno di schemi filosofici, ¢ all’alira estremita Ia trasmissione di conoscenze tecniche sull’arte del comporre. L'analista ha qualcosa in comune con l’estetalogo perché in parte s'intercssa anch’egli alla natura dell’opeta musicale: a cid che &, 0 racchinde, o significa; acome é stata ereata; ai suoi effetti ¢ alle sue implicazioni; alla sua importanza o al suo valore per chi la fruisce. Cid che distingue Je loro attivira & i] punto di gravitazione rispettivo. L’analista fissa la sua attenzione su una struttura mu- sicale (che pud essere rappresentata da un accordo, da una frase musicale, da“ una composizione intera, dalla produzione complessiva di un compositore 0 di una corte ece.), mirando a definiene gli elementi costitutivi ea spiegare come funzionano. Invece l’estctologo si concentra sulla natura intrinseca della musi- cae sul posto che le spetta fra le arti, oppure nella vita ¢ nella reaha empirica. Non c’é dubbio che i due si scambino informazioni reciproche. L’analista rac- coglie una quantita di materiali che l’estetologo pud ciiare come prove al mo- mento di tirare Je sue conclusioni, e la definizione analitica del ‘‘particolare’’ funge costantemente da monitor per la definizione estetica dell’ ‘universale”’ Reciprocamente, le vedute dell’estetologe si trasformano per I'analista in pro- blemi da risolvere, ne condizionano il modo di pensare e di procedere, e da ultimo gli forniscono i mezzi per esplicitare le sue ipotesi di lavoro. Le rispetti- ve attivita possono sovrapporsi al punto che, spesso, essi si trovana a compiere operazioni consimili. Ma cid non toglie che fra loro sussistano due differenze essenziali. Primo: !’analisi ambisce tendenzialmente allo status di scienza natu- rale, mentre l’estetica & una disciplina filosofica; cid produce un rapporto a senso unico, per cui l'analisi risponde cpn prove di fatto alle domande empiriche del- lestetologo (la misura dei progressi scientifici che essa ha compiuto finora sta nella sua capacita di assolvere efficacemente a questo compito). Secondo: I’in- se ultimo dell’ analista va alla collocazione di una struttura musicale rispet- to alla totalita delle strutture musicali, mentre all’estetica interessa fondamentalmente la collocazione delle stratture musicali all'interno di una vi- sione sistematica della realta empirica. Lo stesso pud dirsi dei rapporti fre I’analista e il eeorico della tecnica com- positiva (la Satztechnik 0 Kompositionslebre dei tedeschi), che sonp entrambi interessati alle leggi della costruzione di un pezzo. E consuetudine diffusa ne- gare che fra essi sussistano differenze di qualsiasi tipa e sostenere che l’analisi & una sottocategoria della teoria musicale, Ma si tratta di un modo di vedere indotto da determinate condizioni sociali e culturali. In realta, contriluti ana- litici importanti si devono a didarti della composizione non meno che a esecu- tori, insegnanti di strumento, critici musicali e storici della musica. I! se é vero. Lianalisi tusicale in generale 3 che l’analisi pud fungere da strumento didattico (sel Lene Pascoltatore 0 J'ese- cutore possano trarhe vantaggio almeno quanto i! compositore), & anche vero che essa pud essere un’attivit’ conclusa in se stessa: un mado per procedere a delle scoperte. Pertanto essa & tanto poco inerente alla pedagogia della musi- ca quanto lo é I'analisi chimica. Né & scontato che rientri nell’ apprendistato tecnico della composizione. Al contrario, sono Je formulazioni dei teorici a po- ter fornire il materiale di base per i! lavoro dell’analista, giacché gli indicano i criteri per esaminare la musica che esse illustrano, Pit significativa ¢ la possibilita di applicare procedimenti analitici tanto a stili di esecuzione e d’interpretazione quanto a stili compositivi, Tuttavia I punto in cui finisce la compesizione ¢ comincia I"interpretazione é raramente indivi- duabile con esattezza. Certo, la maggioranza delle analisi che conosciamo ha come oggetto partiture che vengono implicitamente considerate come Ja for- oulazione definitiva delle idee musiceli dei rispettivi autori. Ma le musiche me- dievali, rinascimentali ¢ barocche hanno un tipo di notazione che fissa quelle idee solo appréssimativamente. E cid & anche pits vero per chi analizza un ma- teriale cenemusicologico registrato su astro. In tal caso, infatti, la partitura & sole una soluzione di ripiego che non distingue affatto il compositore dall'e- secutore: essa fornisce infarmazioni approssimative sul materiale registrato, ma perlopit: questo va analizzato a orecchio, 0 con l'aiuto di apparecchiature elet- troniche di misurazione. Peraltro & possibile applicere eecoiene analitiche 2 ma- teriali appresi uditivamente in qualsiasi cultura abbia svikappato una tradizione esecutiva. Sintetizzando: I’analisi @ interessata a strutture musicali comunque prodot- te ¢ fissate, e non soltanto alla composizione musicale vera e propria. Inoltte, alPinterno dei problemi comuni tanto all'analisi quanto alla teoria della com- posizione, la prima tende per definizione a risolvere ed esplicitare (sicché il pro- cedimento inverso — Ja sintesi — rappresenta solo un tipo di yerifica), menue Taltra si interessa direttamente alla produzione della musica, sicché le tecniche analitiche sono soltanto strumenti d’indagine. Una volta di pit, i campi d'inte- resse possono sovrapporsi, ma permangono differenze essenziali circa la pro- blematica, le finalita, i metodi. La relazione {ra analisi musicale ¢ storia della musica ¢ qualcosa di abba- stanza ciyerso. Alto storico Panalisi pud apperire come un mezzo di ricerca sto- tiografica; egli se ne serve per indagare le correlazioni fra pid stili, e dunque per stabilire concatenazioni di cause ed effetti che agiscono nel tempo e vengo- no definite cronologicamenic grazie a dati di fatto verificabili. Pet esempio, egli pud osservare i tratti che weeomunano gli stili di due compositori (c di due gruppi di compositeri) ¢ opermre dall’interno ¢ dall’esteeno — con metodi ana- Hitiei, o documentari lav nexle da stabilire se quelle affinita derivano dail’in- flusso di uscompasitore sull'altra. Oppure pud procedere nell’altro sense, & cercare tratti stilistied communi a partire dai collegamenti fattuali che gli sono noti. Reciprocamente, puid scoprire cid che diversifica pezzi che, per una ragio- 4 Analisi rtusicale ¢ ne o per l’altra, sono normalmente considerati in rapporta reciptoca, e rileri Ji, mediante l’analisi comparativa, a categorie ¢ tradizioni separate. E ancora egli pud ricorrere a una classificazione analitica di caratteristiche musicali cv- me strumento per determinare la cronologia di eventi esteriori. A sua volta, l’analista pud considerare i metodi storici come strumento d’in- dagine andlitica. Gli oggetti della sua ricetea sona come sezioni trasversali del- Ja storia: mentre l’analisi @ in corso, si situano fuori del tempo, diventano “sincronici”’, inglobano relazioni interne che l’analista si adopera a scoptite. Tuttavia l'informazione documentaria, che registra fatti inseriti nel flusso del tempo, pud determinare la forma pitt attendibile tra diverse strutture possibili, o spiegare in termini causali la presenza di elementi che analiticamente sareb- hero incongrui. La condizione necessaria petché l’analisi comparata di due o pit fenomeni distinti (non importa se cronologicamente, geograficamente, so- cialmente o ideclogicamente) attivi effettivamente Ja dimensione del tempo, e divenga pertanto “diacronica’”’, & che l'informazione storica relativa al feno- meni in questione entri in rapporto con Je risultanze analitiche. In tal caso l’in- formazione storica e quella analitica sono interconnesse in un rapporto di recipracita, basata sul fatto che hanno in comune tutto quello che riguarda l’og- getto di studio ma opetano con metodi perfettamente complementari. Un'alera affinita di cui occorre dar conto @ quella fra l’analista ¢ iJ critico musicale, dato, che l’esercizio critico @ strettamente congiunto da tin lato all’c- stetica, e dall’altro all’analisi. I critici stessi hanno incessantemente dibattuto sulla natura — desctittiva o valutativa — del proprio Javoro. Le operazioni che il eritico ‘‘descrittivo” tende a compiere, ora separatamente ora contempora- neamente, sono due: verbslizzare le proptie reazioni interioti di froote a una composizione o a un’esecuzione musicale —- iflustrando la propria risposta emo- tiva nei loro confronti — oppure immedesimarsi-nel compositore o nell’inter- prete per riferite cosa gli sembra delle loro intenzioni. [ critico ‘‘valutativo”’ giudica quello che esperisce in base a determinati parametti di giudizio. Questi possono contistere in prescrizioni dogmatiche intorno al “bello”, al “vero”, al gusto artistico: in valori aprioristici che consentono di valutate qualsiasi espe- rienza musicale, Ma, all’ opposto, possono anche consistere in valori che ven- gono a precisarsi nel corso di ciascuna esperienza, in base al presupposto che un compositore o un interprete, qualsiasi cosa si proponge di fare, Wee realiz- zacla nella maniera pit chiara ed efficace. Quest’ultima tendenza rinvia al mo- do in cui opera oggi gran parte dei critici musicali. Da cid che esperiscono, essi tendono a desumere Ja concezione artistica tetrostante e a valutate l’efficacia della sua realizzazione, senza perd trascurare quanto tale concezione sa corri- spondete a cid che I’ba inizialmente sollecitata: l’occasione, nel caso di un lavo- ro sv commigsione; lo spunto drammatico, nel caso di tn pezzo teatrale; la composizione stessa, cosi come ci viene consegnata dall’autore, nel caso di un'r secuzione mutficale. In nessuno dei casi precedenti l’esercizio critico si differenzia in maniert u Lianatisi musicale in generale definitiva dall’analisi musicale. I! che spiega come anche tra gli analisti covi il dibattito sulla natura descrittiva o valutativa della propria disciplina. Ma forse si tratia di una differenza di grado. L’analisi & in genere pith interessata a de- scrivere che a giudicare; il punto d’artivo di molte analisi & quello a cui pervie- ne il critico “‘valutative’’, allorquando ritiene d’aver colto in maniera soddi- sfacente Ja concezione artistica di un’opera e sta per formulare il proprio giudi- zio. In questo senso l’analisi va meno lontano della critica, cid accade essen- zialmente perché J’analisi aspira a essere oggettiva e considera il giudizio un fatto soggettivo. A sua volta, perd, tale considerazione rinvia all’altra differen- za fra analisi e critica musicale. Quest’ultima da risalto alla reazione intuitive del critico, si affida alla vastit’ delle esperienze da lui accumulate, utilizza la sua capacita di correlare reazioni attuali ed esperienze passate, considerando questi due fattori alla stregua di dati concreti e di principi metodologici. Inve- ce !’analisi tende ad assumere come dati elementi ben definiti: unitd fraseologi- che, agglomerati accordali, livelli dinamici, indicazioni di battuta, colpi d’area edilingua, ¢ altri particolari tecnici. Tuttavia si trata ancora una volta di una semplice differenza di grado. Se la reazione di un critico spesso estremamen- te competente ¢ sorretta da cognizioni tecniche, gli elementi tangibili con cui opera f’analista (incisi, motivi ecc.) sono spesso individuati in maniera sogpet- tiva, Sarebbe dunque troppo schematico concludere che I’ analisi si basa su ope- razioni tecniche e Ia critica su reazioni umane. Infine va ricordato come la parola (seppure integrata da esempi musicali ¢ illustrasioni) sia lo strumente per eccellenza defla critica musicale, metre l’a- nalisi pud_valersi, in sua vece, di schemi grafici, partiture annotate a, addirit- tura, eseffiplificazioni sonore. 2. Natura dell’analisi musicale Cid che porta ad analizzare & fondamentalmente un impulso pragmatico: ve- nire a capo di qualcosa nei termini suoi propri, anziché nei termini di qualco- s'altro. I] punto di partenza, dunque, é il fenomeno in sé, senza alcuna necessit’ disifarsi a fattari esterni quali circostanze biografiche, eventi politici, condi- zioni sociali, sistemi pagagogici, e quanti altri fattori.possone contornare il fe- nomeno in esame. Come tutte le-arti, tuttavia, anche Ja musica presenta un problema che inerisce alla natura della materia di cui é costituita. Essa non & ile © misurabile com’é un liquido o un solido per chi compie un’ analisi chimica. Occorre quindi stabilire se l'eggetto dell'analisi musicale é la partitu- ta come tale,{o almeno I’immagine sonora che essa prospetta), oppure Iinima- gine sonora cui pensava I’autore nel comporla, o Pesperienza uditiva della sua esecnzione. Teoricamente tutte queste cose sono suscettibili di essere analizza- tc, Ma gli analisti non concordano su quale rappresenti il punto di partenza pits corretto. Vanno d’accordo solo sul fatto che 1a partitura — quando c’é — rappresenta un punto di riferimento da cui procedere per cogliere l’una o !al- “ Analisi rtsicale tra di tali immagini sonore, un “‘livello neutro” (per ditla con i semiologi) che collega attivita creativa ed esperienza estetica. L’analisi 2 la possibilita di rispondere direttamente alla domanda: «Come funziona? ». Sue procedimento basilare @ la comparazione. E tramite il confronto che essa definisce gli elementi strutturali e ne scopre le funzioni; e if confronto & comune a ogni metodo, sia esso morfologico o statistico, funzionale o infor- ~ mazionale, schenkeriano, semiologico, stilistico ecc.: tutti comparano unita con unita, tanto alP interno di una singola opera quanto tra due operc diverse, op- pure tra un'opera e un modello astratto come la forma-sonata 0 uno stile stori- camente determinato. Centro dell’esperienza anelitica & pertanto la verifica del? identiva. E cid da luogo alla quantificazione delle differenze o alla gradua- zione delle somiglianze, cioé alle due operazioni che servono a evidenziare i tre procedimenti costruttivi fondamentali deile ricorrenza, del contrasto e del- la variazione, Questa & perd un’immagine del tutto astratta dell'analisi musicale come at- tivitd impacziale ¢ oggettiva, capace di rispondere: «Funziona in questo mo- do», anziché: «Funziona bene» 0: «Funziona male». Nella realté Panalista opera con gli schemi mentali propri della sua cultura, della sua generazione, delle sua ersonalita. Cosi l’interesse preminente dell’Ottocento per la natura del genio 1a portato a rifermulare la domanda; «Come funziona? » come: «Cosa lo rende grande? ». E questa & rimasta Ia domanda che certe tendenze analitiche, anche a Novecento inoltrato, hanno continuate a mantenere come punto di partenza. Per tendenze siffatte it metodo “‘scientifico”’ della comparazione prevaleva, si, sul momento della valutazione, ma nella convinziane che solo Lopera del genio avesse il dono della coerenza strutturale. Di conseguenza, i] confronto di un’o- pera con un modelle strutturale o procedurale idealizzato diventd il metro per valutarne la grandezza. Questo & solo uno dei molti esempi possibili. La storia dell’analisi musicale che stiamo per tracciare & inevitabilmente a storia dell’applicazione al mate- tiale musicale di concetti teorict maturati in epoche successive: i fondamenti della retoriea, le nozioni dkorganismo e di evoluzione, !a psicologia det profon- do, il monismo, la teoria delle probabilit3, lo strutturalisme linguistico ¢ via dicendo. Cosi come non esiste Poggettivita assoluta (preclusa, in fondo, Milla presenza stessa di umosservatore, scienziato o anabiswa che sia), non esistono neppure un metodo © un atteggiwncento mentale atti a coglicte la verita della meglio di altci. Cid perd non hwimpedieo a ciaseuna epoca di ritenere i awre individuato d-metodp anelitico per antonomasia. Il L'analisi musicale prima del ventesimo secolo 1. Preistoria E sofo nel tarde Ottocento che Vanalisi si afferma come disciplina a s¢ stan- te, ma le prime tracce della mentalita e della metodologia che le sono proprie possono farsi risalire alla meta del Settecento. Comungue: una pratica analitica intesa come strumento teorico, sia pure sussidiario, & esistita fin dal Medivevo. H possibile individuare i rodiomi dell’anslisi moderna in almeno due settori della teoria della musica: lo studio del sistema modale e la dotttina della retozi- ca musicale. Quando gli antichi studiosi dell uno o dell’altro settore cilavana qualche composizione a chiarimento d’un problema tecnico o strutturale, non ci voleva molto perché manifestasscro quella che oggi definiremmo una menta- Tita analitica, Analitico, in un certo senso, era gia il lavoro di classificazione portato a ter- mine dal cleto carolingio durante !a compilazione dei tonari. Infatti occorreva prima determinare il moda di agni antifona di un dato repertorio liturgico, e poi suddividere le antifone raggruppate a seconda del modo in base alle formu- Je variabili (differentiae) con cui terminavano. Teorici dell’undicesimo secolo come Guglielmo da Hirsau, Hermannus Contractus ¢ Giovanni da Affligem citavano fe antifone discutendone brevemente gli aspetti modali, come poi fe- cero anche teorici quali Marchetto da Padova e Franchino Gaffurio. Discus- sioni di questo tipo erano essenzialmente analist finalizzate al momento esecutivo. Non diversamente tcorici rinascimentali come Pictro Aaron e if Glareano esa- minarono pli aspetti modsli di composizioni polifoniche di Josquin Desprez. Tutte queste citazioui di opere specifiche erano interessate a problemi di tecniche e di materiali compositivi. Soltanto con lo sviluppe-della retorica mu- sicale idea di “forme’’ fece il suo ingresso nella teoria. Gli scritfi dei retori della Grecia edeila Rotnw antiche furono riscoperti dopo il rinvenimento del- Diastitutio oratoria di Quintiliane, nel 1416. Ma Vapplicazione 4B fiicipi del- Poratoria dassica & statu [atts zisulire neldirittura alla polifonia di Notre-Dame 8 Auatisi musicale del primo Duecento, ¢ non v8 dubbio che essi influenzino direttamente le nn sica del tardo Quattrocento. A introdurte nella teoria musicale In retorica ~* la musica poetica — prowvide Listenius (1537). Successivamente Gallus Dres- sler (1563-64) parlé di un’ organizzazione morfologica della musica cfg ripren- desse Ja tripartizione dell’ orazione classica in exordium, medium e finis. Infine Pietro Ponzio (1588) trattd modelli standard in uso nella composizione di tes- se, madrigali, salmi ¢ altri generi musicali. Discussioni consimili ricorreranno anche nei trattati di Cerone (1613), Praetorius (1618), Mattheson (1739), Scheibe (1738-40). Uno schema analogo a quello proposto de Dressler &ripreso da Joachim Bur- meister (1564-1629), che aveva' gia prospettato la possibilic’ di trattare le figu- razioni musicali come analoghi delle figure retoriche (Burmeister 1599, 1601), Egli 2 il primo a sottoporre un pezzo a un’analisi morfologica completa, nom ché a definire !analisi in quanto tale (Burmeister 1606, p. 71 sgg.)" ” Lranalisi di un componimento vocale corsisponde all’esame di un componimert to che appartiene a un certo modo, ¢ a un certo genere contrappuntistico,¢ che va risolto nei suoi affetti o periodi {...]. L’analisi consta di cinque momenti: 1, r- cerca del medo, 2. ricerca de! genere melodico, 3. individuazione del tipo di con- trappunto, 4. considerazioni sulla “qualita”, 3. risoluzione del componimento in affetti o petiodi. Questa definizione & seguita dalla discussione particolareggiata di ciascuna fa- seedé integrata da un’analisi di un mottetto di Orlando di Lasso, iv me tran- sierunt a cinque voci. Burmeister ne individua il modo nel? autentico frigia» e ne discute ' ambito vocale, sia nelP’insieme sia per quanto riguarda le singote voci. Inoltre definisce il genere melodico come «diatonico», «dato che gli in- tervalli sono per lo pits formati da tono-tono-semitono»; il genere contrappan- tistico come fractum (ftammentativ), poiché «si collegano fra loro molto note di valore disuguale»; e Ia “qualita” dell’impianto scalare come diazeugmeno- rum (delle note disgiunte), per cui dopo il Ja centrale si prosegue con si naturale} - dod - re4 - mi4 e non con si bemolle3 - do4 - re4?, Dopodiché passa all’ulti- ma fase dell’analisi (bid., p. 73 sg.): Oltte acid questo componimento pud essere ripartito agevolissimamente in no- ve petiodi, il primo dei quali comprende un exordium abbellito da wn doppio orna- mento: da un lato la fuge realis [Pimitazione rcgolare], dalPaltro la Aypallage Widtazione per moto contratio]. T sete period intermedi rappresentano il corpus stesso del componimento, proprio come la confirmatio nelle orazioni (se & lecito [ye ragonare 1a inusica a un“arte affine). Il primo di essi & ornamentato con dypotyposit ssdmadrigalisil, climax [ripetizione di una figurazioae trasposta di grado in senso ascendente o discendente], ¢ anadiplosis [passaggi omofoni riproposti pitt valle su gradi diversi]. Lo stesso vale per if secondo periodo dove possiamo aeginnwere re nafora [pseudo-imitazione di una figurazione, non estesa perd a tutte le vewi|, Nel terzo periodo abbiamo bypotyposis e mimesis{passi omofonici dove semicori con ttapposti si imitano vicendevolmente a un livello d’intonazione pitt alto a pitt Las Fk L'avatisi musicale prima del vertesi 20 secolo ? so}. H quarto periodo ha un assetto simile ( in piit vi sroviamo una pathopoeia [un’alterazione cromatica che denota tristeza ¢ ticorre al primo renore ¢ al basso sulle parole «dolor meus»). Nef quinto periode abbiamo la fuga realis, nel sesto ana- diplosis ¢ noemate [passaggi omotonici}, nel sci imo noemate e mimesis, I! pertodo conclusive, ossia il nono, & come lepilogo nell: orazioni. Il componimento termina con una cadenza principale {il primo tenore scende sul mi2 ¢ i! contralto sale al mi3] Per illustrare le figure retoriche, Burmeister cita questo mottetta anche in altri passi del suo trattato, sicché finisce per effettuarne una-disamina davvero esau- stiva (’esempio seguente mostra la sua analisi del terzo periodo intermedio). Es. 1. Orlando di Lesso, In me transierunt, batt. 16-23 (le didascalie si riferiscono all’analisi di Burmeister [1606, pp. 64 e 74)). Cor__ sme um con ure <= eet tT 1 tg meu - 7 4g: fe — fm es ss tur-batum est i iss maligsban| Mimesis: passi omofonict imitantist a differenti attezze ~hatum est, quit me vie tus me 2 — —— = it ae rae f eee err P EES . Fad ss = Poo ‘omtur-batum est,| de Hypobote: ota nel resstto profondo, ~ hae Sei anni dopo Lippius (1612) discute la retorica in quanto base della forza, ossia della struttura di una composizione. In realt’ per tutto il Rinascimento ¢l’eta barocca i principi retorici ebbero, 3}, un valore prescrittivo, ma serviva- no a fornire tecniche standardizzate per ‘a prassi compositiva, non gia tecniche descrittive per l"analisi musicale. Tuttavia essi svolseto un tuolo decisive nella crescente consapevolezza delle strutture formali maturata in queste epoche, so- prattutto per quanto riguatda la funzione dei contrasti e le relazioni fra sezioni vontrapposte da cui doveva infine sviluppaasi la moderna concezione dell’ ana- to foots musicale lisi. Johar Mattheson (1681-1764) elenca, ad esempio, le sei sezioni di cui de- ve consistere una composizione ben svolta (nella fattispecie un’aria) (Mattheson 1739, p. 236): ~ LExordivm 2 Vintroduzione l'avvio di una melodia, della quale deve far capire sia la meta sia le intenzioni complessive acciocché gli ascoltatori vi si preparina ¢ vi pongano attenzione [...]. ‘La Narratio & na sorta di esposizione o di natrazicne in cui vengono esplicitati il significato ¢ la natura dell’elocuzione in corso. La si trova.in coincidenza con l'en- trata o la presentazione della parte del canto o della parte concertante di maggior spicco, ed & collegata all’Exordinm [...] mediante nessi appropriati [. La Propositio, ossia il discorso [Vortzag] vero e proprio, compendia il contenato e Je finalita dell’orazione musicale [Klang-Rede] ed & di due tipi: semplice, o compo- ste [.... Un tale discorso trova posto non appena si conclude il primo petiodo [A6- satz] della melodia, allorquando il basso precede, per cosi dire, fa parola ¢ presenta Ja materia musicale, in maniera concisa ¢ semplice 2 un tempo. Allora la parte del canto cotnincia la sua propositionent variatam, ¢ si fonde con il basso fondamentale e-reslizaa un discorso di tipo ‘composto”™ [...]. La.Confiaatio & la replica alle obiezioni ¢ in una melodia pud essere realizzata -sta attraverso legature che preparino delle dissonanze armoniche, sia attraverso |'in- troduzione ¢ la risofuzione di cadenze apparentemerite estranee |... La Confirmatio & una conferma del discorso fatto e nelle melodie si identitica solitamente con le ripetizioni ingegnose ¢ improvvisate. Queste, petd, non vanno confuse con le normali “riprese”’, giacché qui si parla dell’inserimento reiterato, nonché abbellito da graziose varianti, di piacevoli cadenze vocali [...]. La Peroratio, infine, ¢ il punto d’arrivo o la conclusione della nostra orazione musicale ¢ je spetta di sollecitare, pitidelle altre parti, un movimento pieno di enta- si. Essa pud trovarsi anche nel corso o.nello sviluppo della melodia, ma il suo posto delezione &-nel postludio affidato al basso ovvero a un consistente accompagna- mento. Questa sorta di “ritornello” conchisivo potrebbe anche essere def tutto novo, ma la consuetudine vuole che'le arie si concludano quasi con gli stessi giri di note con cui sono cominciate,. Per la qual cosa, i] nostro Exordinm fa anche le veci della Peroratio. % Mattheson passe quindi a esemplificare questa suddivisione su un'atia @i Mar- cello, integrando l’operazione capagommenti edagempi mausicali (tbid., p. 237 sgg.) ¢ introducendo via via altti termini tecnici?, Fin qui la nostra esposizione si ¢ concentrata su come si 2 andata cvolvendo, fin verso il 1750, l'analisi dell’organizzazione strucvurale di una composizione. Ma pet tendersi conto pil compiutamente defle fondamenta storiche del pen- siero analitico moderne, occorre che a questo punto accenniamo ad altri tre filoni teorici: l'arte det ornamentazione, la tecnica del basso continuo ¢ la teo- tia dell’armonia. Nessuno diteyst st imperni# sull’anglisi, ma tutti Ia presap- pongono. La tradizione dei mariuali dternamentazione, che va dalla Fotegeradi Ga- nassi (1535) al Dolcimeto di Virgiliano (1600 ca), e prosegue nei manueli secen- Manatisi musicale prima del ventesi: —secalo 1 teschi per Ja voce e i singoli strumenti, aveva come obiettivo prioritario Papprendimento di abbellimenti ¢ “‘passaggi’” da parte degli esecutoti, al che si provvedeva con tavole di figurazioni ornamentali, abbondanti esempi pratici e regole circostanziate. Cid che viene affermendosi in questi testi & la nozione fondamentale di ‘‘diminuzione” nei suoi due aspetti: (1) come frazionamento di pochi valori notali lunghi in molti valori pit corti, e (2) come rivestimento di una linea melodica mediante uno strato di materiale melodico accessorio In entrambi i casi si produce una gerarchia di livelli, e questa pud consistere di pit steatificazioni successive (si pensi a una melodia gi omamentata che venga sottoposta a un ulteriore processo di ornamentazione), Questo pud sem- brare nulla pit che un problema contingente, di competenza degli esecutori vir- tuosi. In realta, molta musica del Cinquecento incamerava elementi ornamentali gia nel momento in cui veniva scritta. E nel Seicento, con lo “stile moderno” della “‘seconda pratica’’, !’ornamentazione fint per essere inglobata nella veste notale della musica. La nozione campositiva di una strattura-base da invemtare +fo-dg mutuare altrove) e poi da elaborare — nozione che risale elmeno all’ orga- nut del nono sccolo ¢ fu sviluppata nel contrapunetus diminutus dei teorici del Trecento — venne ad essere codificata in questa tradizione didattica e assimi: lata a fondo neila cdscienza musicale europea. Ce ne fornisce la prova pit at- tendibile il perpetuarsi dello “stile antico’’, che parte dal Privo libro de’ contrapunti di Girolamo Diruta (1580) e raggiunge il pieno Ottocento, passan- do per i trattati di Angelo Berardi (Ragionameenti vensicali, 1681, e Miscellanea musicale, 1689) ¢ Johann Joseph Fux (Gradus ad Parnassum, 1725). NE va di- menticato come questa tradizione abbia interessatc Jo stesso Beethoven, che per tutta [a vita restd profondamente legato ali’insegnamento di Albrechtsber- ger, e come all’inizio del Novecento essa abbia influito decisivamente sul pen- siero teorico di Heinrich Schenker (cfr. cap. III, paragrafo 2). Anche D’insegnainento del basso continuo era finalizzato al momento esecu- tivo. E la sequela di trattati che, e partire da quello di Agostino Agazzati (Def sonare sopra'l basso, 1607), percorre il Seicento ¢ i] Settecenio, mird a poten- ziare fa nozione su cui si fondava: la nozione di accordo come entita indivisibi- le. Di qui Ia maturazione di una nuova concezione della consonanza e della dissonanza, che, non diversamente dalla nozione di “‘diminuzione’’, fu assimi- lata a fondo dalle principali tendenze del pensiero musicale, Nonostante cid, if fatto di concentrersi sul basso reale offuscava la nozione di “grade fonda- mentale” Th tcorica pit) prestigions del diciottesimo secolo & stato senz’altro Jean-Philippe Rameau (1684 1764). Benehé non fosae personalmente interessato all’ analisi morfologica ¢ macrosteutturale, Rameau ha sviluppato una teoria dell'armonia ticca di implicazioni per gli analisti a venire. Egli ha assetite il primato delf'ar- monia sulla meledianc come ha scritto Philip Gossett — «ha elaborate con- cettualmente quei prineipt tinali che nel primo Settccento stavano rivoluzionando I'grmonia» (Rameau 1722, tf. ingl. 1971, p. XX1).Al centro della sua teorta sono le tre econsonunze prlintres (lottava, la quinta, la terza maggiore) ¢ il e 12 Analisi musicale fatto che esse sono compresc in un' unica nota gencrattice, secondo un fevome- no da lui studiato dapprima tramite la suddivisione aritmetica della corda (co- me a suo tempo Zarlino) e poi attraverso l’osservazione delle armoniche di un corps sonore. In base a queste esperienze alla nozione dell’ ottava come “ plica’’ (répligue} della nota fondamentale (#hid., p. 6) — egli giunse a teorizzare la trasposizione dell’ ordine neturale delle note di un accordo, definendo il prin- cipio deh “rivolto” (renversement): «punto nodale di tetta la varicta di cui l’ar- monia pud essere partecipe » (ibid., p. 10). Ma non meno basilare fu [a possibilita di sottintendete (sous-entendre) una nota, in modo da poterla considerare parte di un accordo anche se di fatto non vi compare. Insieme ai principi della “‘re- plica’”’ e del “rivolta’’, infatti, tale possibilit’ porto Rameau alla nozione di grado fondamentale” — che gid affiorava in Lippius (1612) e in Pleiades mu- sicae di Heinrich Baryphonus (1615 ¢ 16302) — e conseguentemente di ‘“bas- so fondamentale” (basse fondamentale), com’egli defini Ja serie di gradi fondamentali — alcuni effettivamente presenti, altri sottintesi ~- che sorregge una successione armonica parzialmente costruita con accordi allo stato di rivolto. Cosa poteva offrire all’analisi musicale una teoria del genere? Innanzitutto, essa permetteva di spiegare le strutture accordali, consonanti e dissonant, e quindi di predisporre gli stramenti dell’ analisi armonica; in secondo liago, con- cepiva [a tonalita secondo un’ottica altamente centralizzata, che comprendeva pochissimi elementi combinabili in modi assai diversi {insieme con Ie regole di fynzionamento del basso fondamentale, cid spianava la strada a una concezio- ne “riduzionistica”’ della struttura musicale); infine, assicurava ai metodi ana- litici una verificabilita scientifica mediante il primato acustico riconosciuto alla triside maggiore. Johann David Heinichen (1683-1729), che appartiene alla stessa generazio- ne di Rameau, fu in un certo senso quasi profetico. Con Der General-bass in der Conzposition [Il basso continuo nella contposizione}, pubblicato nel 1728, men- tre la tradizione del basso continuo era gia in declino, egli gettd un ponte tra essa e la. teoria della composizione, giungendo quasi a formulare una teoria del- Je successioni armoniche. Di particolare interesse per la storia dell’ analisi & la denominazione di ‘note fondamentali” (Fandamzentalnoten) che egli assegnava alle note principali di una meledia da cui fossero state espunte le note secondartie. L’erede diretto dei due filoni teorici inaugurati da Rameau e da Heinichen fu Johann Philipp Kirnberger (1721-83), che fu probabilmente allievo di Bach e comunque si adoperd per divulgarne i metodi, e che funse da consulente mu- sicale del grande estetologo svizzero Johann Georg Sulzer (1720-79). Olere alka teoria fraseologica di cui diremo nel prossimo paragrafo, sona legate al suo ne me tre notevoli analisi armoniche (due delle quali relative a intere composizio ni), Una é lanalisi di una sua fuga in mi minore, che Kirnberger incluse nel primo volume (1771) di Die Kunst des reinen Satzes in der Musik (I’arte defla gennina composizione musicale] per illustrare come, eliminando le note cli pas saggio, si potesse «scoprire la vera armonia, qigle & stata pensata dal composi tore», anche in passaggi complicati. «Raccomando ai principianti», sctive, «um Lianalist musicale prima del ventesimo secolo B volta escrcitatisi su questi pezzi nell’esatta individuazione dell’armonia, di ap- profondire analogamente anche i pezzi dei grancli maestri» (Kirnberget 1771-79, I, p. 249). L’analisi si sviluppa su cinque pentagrammi; i primi due presentano una trascrizione completa della fuga in esame, il quinto i! basso fondamentale ricavato da Kirnberger, il quarto le dissonanze accessorie, il terzo il basso nu- tmerato sottinteso dalla composizione, con Pindicazione degli accotdi allo stato di tivolto. Le altre due analisi sono allegate 2 Die wahren Grandsdtze zunt Gebrauch der Harmonie UI veri fondamenti per I'uso dell'armonial (1773), pubblicati sotto il nome di Kirnberger, ma probabilmente scritti sotto la sua guida da un suo allievo, Johann Abraham Peter Schulz (1747-1800). Si tratta delle analisi ar- tmoniche di due pagine del Clavicembalo ben temperato di Bach: ta Fuge in si minore dal primo libro (scelta a causa della sua apparente ermeticit’) e la prima parte del Preludio in la minore del secondo libro. L’analisi del secondo pezzo é piuttosto semplice, ma l’analisi della Fuga (v. es. 2} @ disposta su due sistemi di due pentagrammi (anche qui nel sistema superiore viene presentata la Fuga nelle sua forma otiginaria) a cui sono aggiunt! inferiormente due pentagrammi singoli, Nel secondo sistema é presentato un basse numerato che, dove possibi- le, usa il basso della Fuga ed & realizzato con accordi che semplificano il basso originale rimuovendone tutte le dissonanze accessorie. H quinte pentagramma indica i] basso fondamentale con una sumerica che conserva le dissonanze es- senziali. Il sesto pentagramma, infine, mostra lo stesso basso ma soltanto con gli accordi fondamentali suggeriti dalla numetica, e dungue, secondo i principi di Raineau, soliance con accordi perfetti e settime. A qnest‘ultima anatisi Schulz (o Kirmberget) allegano una dichiarazione estre- mamente significativa; «Noi riteniamo di fondarci sulla natura della cosa stes- sa quando affermiamo che {...] tutta la musica non suscettibile d’essere ricondotea secondo questi nostri principi a una successione naturale dei due accordi fon- dementali é incomprensibile, ¢ pertanto falga ed estranea alla composizione +i- gorosa» [Kirnberger 1773, p. 53]. 2. 1750-1840; struttuva frasealogica e modelli morfologici Le origini dell’analisi musicale, cos! ‘come la concepiamo oggi, risalgone el pensiero filosofico del primo Settecento ¢ 5'intrecciano con le origini stesse della speculazione estetica. Infatti fu nel diciortgesimo secolo, specialmente con i fi- losofi e saggisti inglesi, che venne alla luce !'idea di contemplare il bello disin- {cressatamente: senza mire, cioé, di vantaggi o utilita personalé, Questo nuova atteggiamento fu definito da Lord Shaftesbury (1671-1713), uno dei stoi pri- missimi esponenti, disinterested attention (attenzione disinteressata), volendo con cid indicare un interesse che non andava oltre la contemplazione di un oggetto c si esauriva in tale atto. Pit o meno negli stessi anni Leibnitz (1646-1716) arriva @ concepire la percezione come un’attivita in se stessa, anziché come \4 Analisi musicale Es. 2. J.P. Kimberger Lj. A.B. Scholl, Die teabren Grundsittee zum Gebnaich der Hamre (1773), p. 64. elahorasione di impression sensoriali. Questa nezione attiva della percezione influl sugli scritti del pensatore tedesco AJexamder Gottlieb Baumgarten (1714-62), a cui risale l’adozione del termige“‘estetica’’? Maturd cosi, verso la meta del secolo, una nozione anposufficiente di “arte bella’, avulsa dal con- testo e dalla funzione sociale. 9 ~ coo It primo nucleo della morfologiamnusicale sviluppatasi in Germania nel tar- do Settecento sta nell’ equagiome.di Shaftesbury tra l’«attenzione disinteressa- ta» e l’'«amore per la veritt, le proporzioni, ordine e la simmetria nelle case del mondo esterno». L’affermazione che «#/ Bello , il Piacevale, l'Altvaente non sono mai stati nella Materia bens) nell’ Arte-e nell Mdeazione, mai nel Corpo co-+ me tale bens nella Forma e nel Potere di dar forma» — ca lui formulata in Cha- vacteristicks of men, manners, opinions, times [Caratteristiche degli uomini, dei costumi, delle opinioni, dei tempi] (1714, IT, p. 405) -— orientd l'attenzione sul- Ja forma esteriore dell’oggetto di contemplazione anziché sul suo contenuto. Lianalist muscale prima del ventesis o secolo 15 Un tale modo di vedete permane, ad esempio, in Der allezeit fertige Polonoisen- und Menuettencoraponist Ul sempre pronto compositore di polacche e minuctti] (1757) di Kirnberger, una fra Je tante pubblicazioni dell’epoca che fissavano lo schema armonico adatto @ una forma di danza e fornivano pet ogni battuta pit motivi opzionali, Ja cui scelta definitiva avveniva con un tiro di dadi. Diveysamente da quanta si potrebbe pensare, per, non fu nel campo dell’a- nalisi o della critica che la musica comincid ad assimilare compiutamente le nuove teorie sulla percezione. Fu invece nella didattica della composizione, in parti- colare negli scritti di Heinrich Christoph Koch (1749-1816}, autore dell'im- portante Versuch einer Anleitung wey Composition [Seggio d’introduzione al comporve] (1782-93), i cui due aspetti pit significativi sono rappresentati dai iblemi gemelii della struttura fraseologica e dei modell motto logici. U modo in cui Koch illustrd la struttura fraseologica della melodia ha avuto un’importanza enorme per la teoria musicale, nonché per l’analist stessa, por tando direttamente alla teoria della dinamica e dell’agogica di Hugo Riemann -(cfr. il prossinac paragrafo), La questione é affrontata nella seconda parte del Versuch, a tidosso della trattazione sul ritmo ¢ sul metro (sezione 2, sottosezio- ne 3: Sulla cosinuzione delle parti di una melodia e 4: Sulla combinazione delle parti di ina melodia, ossia sulla costruzione dei period’ e occupa pit di 500 pagi- ne (Koch 1782-93, II, pp. 342-464 e III, pp. 3-430). Koch stabilisce un quadeo di riferimento ordinato gerarchicamente, nel quale i vodkommene Einschnitte {incisi completi, di due battute) si abbinano formando i Sdéze (frasi, di quattro battute) e questi si abbinano a loro volta dando luogo ai Perioden (periodi, dt otto battute). Poi regolamenta‘le modifiche che possono essere apportate a tale quadro di siferimento senza compromettetne l’equilibrio. Il terzo capitolo del- wla quarta sottosezione contiene invece tre “esercizi” Sull'uso di procedimenti di espausione melodica (ibid., pp. 153-230). Opgetto del primo “esercizio” (ibid., pp. 153-90), ¢ la ripetizione totale o parziale di un elemento melodico e Koch vi introduce una nozionedi funzione formale riferita all’elemento fraseologica anziché al materiale melodico di cui consta (spesso egli dice: «questa battuta siripetes, laddove il suo contenuto é altro rispetto alla presentazione iniziale). Il secondo “‘esercizia”’ (ibid., pp. 191-205) si occupa delle moitiplicazione di elementi melodici e di figurazioni cadenzali. I terzo (#bid., pp. 205-30) espone un'idea estremamente significativa: linterpolazione, in une melodia preesistente, di un’ unite frascologica di due o quattro battute, Per ciascun Verlangerungsrait- tel (procedimenta dilaitorio), Koch spiega come usarlo senza compromettere I “ciletio simmetrico deflinsieme. Cosi. al esempio, alferma: «Se un elemento melodive contione asi di una bactuta la prima di queste & ripetuta, allora va ripetuta anche In secondasundte: infatti, «un trattamento non equilibrato di queste unita miniine produce un effetto spiacevole» (IIT, p. 168). Tl terzo capitole delta terra sotlosezione (IL, pp. 453-64) descrive procedi- menti di compressione inelodllea realizzati mediante innesto “a telescapio’’ di due unita fraseologiche hogptenien in una sola unita. Koch usa qui una nu- merazione dellebattute cl ideuaia la deppia funzione defla battuta coinci- 4 Qo 16 Analisi musicale . ~ dente con i] punto d'innesto. L’es. 3 mostra il montaggio telescupico di due, unita di quattro battute che ne produce una di sette battute: il punto de! a terstickung (soppressione di battuta) & contrassegnato con un quadratino. Es. 3. H.C. Koch, Versuch einer Anteiieng zur Composition (1782-93), IL, pp. 434-3 4 el Anticipazioni del principio dell’espansione fraseologica elaborato da Koch si trovane negli Anfangsgrinde zur musikalischen Setzkunst [Principi fondanten- tali dell’arte del comporte] (1752-68) di Joseph Riepel (1709-82), ¢ in Die Kunst des reinen Tatzes in der Musik di Kirnberger. Nel secondo volume del suo trat- tato (1755), Riepel aveva discusso la costruzione di periodi di otto battute co- stituiti da due unita di quattro, ¢ le aveva classificate, a seconda del tipo di cadenza, in “‘proposizioni fondamentali” (Grundabsatz) e “‘proposizioni” (o “‘ca- denze”) “modulanti’” (Andenungsabsatz o Anderungscadenz) (Riepel 1752-68, 1, p. 36 sgg.). Dopodiché aveva discusso sia la ripetizione di frasi sia la loro espan- sione (Ausdadhnung) ¢ interpolazione (Einschiebsel) Gbid., 1, p. 54 sgp.). Anche Porigine dei simboli grafict adottati da Koch pud essere fata risalire a Riepel, che, per segnalare certi espedienti costruttivi, ricorse a quadratini, crocctle, lettere dell’alfabeto. Nel quarto volume (1765) il trattato di Riepel discute le figurazioni melodiche (Figarez) non gia nel senso della retorica barocea, mace me componenti dell'architettura formale. Date le prime cinque battute
  • . Ritroviamo la grande arcata biografica del Mozart di Jahn nell’organizzazio- ne del Johann Sebastian Bach di Philipp Spitta (1841-94) che parimenti privile- gia la disamina di singole opete e una trattazione particolarmente ampia di quelle di maggiori dimensioni. Tuttavia !analisi morfologica ha meno spazio, e se ne avvantaggia lanalisi dei caratteri musicali. Tramite la loro puntualizzazione, infatti, Spitta intende fissare la Stisnmeeeng, il clima espressivo di un pezzo: «l’u- nica cosa atta a restituire alla vita la ricognizione anatomica» della musica btru- mentale (Spitta 1873-80, I, p. XH). E si spinge fino ad azzardare, soprattutto a proposito della Messa in si minore, ut interpretazione simbolica. Scrive, ad esempio, sul duetto “Et in unum” del Credo-(b¥d., IL, p. 531): . Alle scopo di rappresentare chiaramente l'unita del Padre e del Figlio, a ogni entrata del soggetto principale le due voci vergono trattate da Bach in canane all’u- nisono, passatide in canone alla quarta inferiore solo alla seconda battuta, Cos) l’u- nit delle due Persone si dissolve ed esse assumono up’ esistenza separata. “"Tatavia la crescita della consapevolezza storica contribul anche sotto un altro aspetto alla maturazione del pensiero analitico. E cio’ attraverso lo svi- luppo della filologie musicale, a cui si deve la pubblicazione dei primi imponen- ti opera omnia. Le basi di questa nuova problematica furono gettate, insieme con quelle di un’analisi stilistica di tipo classificatorio, dalla biografia bachiana di Forkel. Se Jahn e Spitta avevano limitato le loro analisi alle opere compiute di Bach e Mozart, il capitolo dedicato da Forkel ai manoscritti bechiani (quat- tro pagine in tutto) attira I'ettenzione su cid che le fonti potevano suggerire sul processo compositivo del Maestro tramite fe varianti di uno stesso pezzo: la correzione di singole-note, i tagli impietosi, l’instancabile perfezionismo. For- kel, anzi, caldeggiava |’integrazione dell’edizione completa delle opere di Bach con l’indicazione delle varianti testuali pit importanti, come alla fine si decise di fare nell’edizione della Bachgesellschaft. Ma si eta ormai prossimi all’epoca in cui Guido Adler — un altro storico interessato alla critica testuale c ell’edi- zione di opera onania — avrebbe propugnate Ia piena integrazionc fra ricerche musicologiche d’impostazione storica e quelle d'impostazione analitica (Adler 1885). Lo studioso che esercitd il maggior influsso in tal senso fu Gustuy N&tte- boh: (1847-82), che fra il 1862 e i 1865 lavord agli opera anita heethavenia- fea partire dal1878 a quelli mozartiani. In una lunga serie ci stixfi sts abbozzi e altci materiali compositivi, pubblicati fra il 1865 ¢ i] 1890, cylt hn affrontato i problemi connessi con il processo,creativo di Beethoven: i] :mmero dei pezzi a cui questi lavorava contemporanedmente; I’uso che era solite fare di appunti, brutte copie, partiture; il modo in cui perfezionava i dettayli
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