Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
di Nicola Rabbi
La corretta valutazione delle fonti usate per scrivere un articolo è una delle
discriminanti che separa un buon giornalista da uno che non lo è e, a livello più
generale, il trattamento delle fonti è ciò che più distingue uno strumento
informativo (stampato, audio-video o digitale che sia) di qualità da un altro che
non si può dire tale.
In tutti i manuali di giornalismo un capitolo viene sempre dedicato a questo tema
e nelle varie scuole una o più lezioni si soffermano sulla definizione di fonte,
sulla loro classificazione, sul controllo delle stesse. La fonte, come si sa, ha
sempre una natura ambigua, dà sempre una versione dell’evento che il
giornalista deve interpretare a partire dal tipo di fonte che sta utilizzando
(istituzionale/non istituzionale, diretta/indiretta) (Papuzzi 2003) e basandosi
sulle proprie competenze culturali, tecniche e relazionali. Poi non dobbiamo
dimenticare altri vincoli che attengono alla sua professione (o meglio al modo di
produzione) come la necessità di realizzare l’articolo entro un termine ben
preciso, che può limitare il tempo a disposizione per la verifica.
L’avvento dell’informazione on line pone nuovi problemi nel trattamento delle
fonti e ne amplifica altri già esistenti. Innanzitutto “le nuove tecnologie hanno
favorito… l’immissione nella rete informativa di un gran numero di attori sociali
che usano strumenti e logiche di comunicazione analoghi a quelli adoperati dai
mezzi di informazione” (Sorrentino 1995); la moltiplicazione esponenziale delle
fonti permette ai giornalisti una ricchezza informativa prima nemmeno
pensabile. Se una volta le fonti erano rappresentate principalmente dalle agenzie
stampa a cui il mass media era abbonato (le cui notizie vengono
successivamente rielaborate dal giornalista) e da una serie di relazioni
personali/professionali, adesso sul web è possibile trovare notizie e dettagli che
prima era assai difficile recuperare o che occorreva comunque del tempo.
Intendiamoci ancora adesso, soprattutto nei quotidiani, i giornalisti si basano sul
materiale di agenzia, ma se si vuole dare un’informazione originale sempre più
si ricorre ad altre fonti per differenziarsi dai media concorrenti. E la mole di
informazione presente sul web è destinata a crescere sempre di più, così la
possibilità di trovare notizie interessanti e dettagliate aumenta in ugual misura,
se le si sanno cercare.
E qui ci troviamo di fronte ad un primo problema. La rete, per saperla usare,
bisogna conoscerla, bisogna possedere gli strumenti per cercare e per verificare
quello che si è trovato. Su internet non esistono garanzie per ogni informazione
che si trova; se, ad esempio, per tutti gli articoli pubblicati su La Stampa
abbiamo dei garanti sulla correttezza dell’informazione (il direttore e i suoi
giornalisti), in rete molte notizie sono date da gruppi o persone che si possono
non conoscere: come fidarsi di questi contenuti, quali strumenti usare per
provarne l’attendibilità? Qui dovrebbe intervenire una competenza
professionale nuova che vede il giornalista dotato di quella che possiamo
definire con il termine di cultura di rete (e digitale); è un tipo di conoscenza di
cui ci si impadronisce lavorando su internet e non accontentandosi di quel che si
sa già, ma cercando nei luoghi dove la gente discute (nei blog, nelle mailing
list…) utilizzando nuovi motori di ricerca e gli altri strumenti che la rete,
rinnovandosi, periodicamente offre. Continuiamo con l’esempio dei motori di
ricerca; attualmente il motore più usato (anche dalla maggior parte dei
giornalisti) è Google, ma ve ne sono altri e non è detto che tra qualche mese ve
ne saranno di migliori. Anche la ricerca stessa in un singolo motore può essere
raffinata con una di tipo di ricerca avanzato che utilizza degli operatori logici.
Ma la ricerca non si può limitare al solo web, le informazioni possono essere
rivolte non solo a software ma anche a persone, ponendo delle domande via e-
mail ad esperti o utilizzando gli istant messenger come quelli di Windows o
Yahoo o Skype, leggendo e partecipando alla blogosfera.
Infine bisogna ricordare la natura multimediale di internet per cui un giornalista
può avere la necessità di cercare non solo testi ma anche immagini e video; la
ricerca e la valutazione di questo genere di fonti richiede naturalmente altre
competenze, pone nuovi problemi (nel caso delle foto, ma anche dei video, è
risaputa la loro estrema soggettività e i rischi a cui si va incontro
decontestualizzandoli, fidandosi cioè del semplice vedere). Come vedremo più
avanti nelle interviste che abbiamo raccolto in alcune redazioni questa
“tensione” alla formazione continua dovrebbe essere una costante di ogni
giornalista.
Che internet sia ad ogni modo una fonte importante per i giornalisti (italiani) è
un dato oramai non discutibile; come fonte viene citata di meno e a volte viene
sentita anche come poco legittima dal giornalista (Stella 2004), ma la sua utilità
come strumento è accettata da tutti i giornalisti che lavorano nei diversi mass
media, per la sua capacità di proporre nuovi temi, per la facilità di reperimento
delle informazioni (soprattutto quelle spicciole come un numero di telefono, la
definizione di una sigla o la biografia di un autore, informazioni così importanti
nel lavoro quotidiano di un giornalista), “La sua importanza nel lavoro di
redazione è indicata anche dal fatto che tra i vari mezzi e modalità comunicative
utilizzate esso si trova al terzo posto dopo la comunicazione faccia a faccia e
quella telefonica” (Fortunati, Sarrica 2007).
A volte capita però che notizie prese dalla rete risultino poi false screditando il
singolo giornalista e il mass media in cui scrive; è chiaro che il responsabile qui
è solo il giornalista e non internet che contiene la notizia falsa; “Che la
comunicazione in rete, per la facilità della riproducibilità del messaggio, la sua
sopravvivenza praticamente infinita, il basso costo e la mancanza di filtri
favorisca la circolazione di voci, bufale e quant' altro è oramai noto da tempo…
dobbiamo chiederci se non si tratti di un fattore endemico al giornalismo,
trasversale ai media e legato all’ansia di trovare informazioni che facciano
notizia” (Pratellesi 2004). La tendenza alla spettacolarizzazione nel fare
informazione, la mancanza di tempo sono sicuramente due elementi che giocano
a favore delle false notizie che si possono raccogliere su internet. Ma è sempre la
rete che permette anche di accorgersi di questi errori, di capire come è stata
costruita una falsa informazione (e in definitiva di svelare il modo di fare
informazione); tutto questo grazie all’attivismo delle persone che popolano la
rete (Rabbi, 2007).
Adesso vediamo attraverso degli esempi concreti in quali errori inciampano i
giornalisti italiani che si affidano in modo precipitoso alla rete.
Internet in redazione
Se diamo la parola a chi lavora soprattutto in rete e non è legato a qualche mass
media ma lavora come free lance, alla domanda su come i giornalisti italiani
usano la rete e sulla loro capacità di cercare e trattare le fonti on line, i giudizi
esprimono una forte perplessità. Secondo Bernardo Parrella, giornalista e
traduttore sui temi del digitale, “I giornalisti vecchio stampo delle ‘grandi’
testate italiane non si danno da fare più di tanto nell'uso degli strumenti digitali
per ricerche più affidabili e articolate; Google e Wikipedia sono i siti
sicuramente più usati per informazioni di base o generali.. e' difficile che dopo ci
si avventuri in acque più mosse ma anche più meritevoli e succose, tipo blog e
siti di social media”. Per Parrella il giornalista dell’informazione mainstream usa
siti per lo più statunitensi e tende ad evitare - con la scusa della loro scarsa
affidabilità - altri strumenti che richiedono tempo e dispendio di energia per i
controlli. Alla domanda di quali siano i suoi strumenti di ricerca risponde: “Vado
molto a braccio, da un parte, partendo da alcuni siti/blog che seguo regolarmente
e poi ampliando la ricerca più o meno ad intuito; ovviamente verifico certe
notizie incrociando quante più fonti possibili, soprattutto nella blogosfera, dove
certi gossip e hoax vengono facilmente smontati… scambio molte e-mail con
una varietà di persone in ogni ambito, proprio perché il contatto umano è
cruciale; e poi seguo come posso anche il cartaceo, (quotidiani riviste, libri) oltre
a radio e tv che non sono fonti da scartare”.
Anche Robin Good, esperto di comunicazione dei nuovi media, i giornalisti
“usano i motori di ricerca in modo primitivo, usando solo Google, pochi fanno
ricerche complesse… il giornalista si crede in grado di affrontare qualsiasi cosa
ma la rete pone problemi nuovi”. Propone anche un esempio di ricerca più
elaborato che definisce “ricerca persistente”: ” Non è necessario andare sui
motori per ricercare ogni volta gli argomenti che ci interessano; con
Search.news.yahoo.com - ma lo potremmo fare su Google o su Technorati per
quanto riguarda la ricerca all’interno dei blog - posso inserire delle parole chiave
tra le virgolette, in questo modo posso essere sempre aggiornato
automaticamente sull’argomento… una cosa del genere non riesce a dartela
nemmeno l’Ansa”.
Sergio Maistrello, coordinatore editoriale di Apogeonline, suggerisce non tanto
una tecnica di ricerca ma una certa mentalità: “Esiste un'abitudine all'uso dei
motori di ricerca e alla consultazione dei blog e delle aggregazioni di post. Ma il
discrimine ultimo, il filtro in fin dei conti è personale, legato alla propria rete di
contatti, all'esperienza di vita e lavoro in rete, che crea una mappa
straordinariamente vasta per qualunque ricerca legata a interessi personali o di
lavoro… La verità è che internet è un sistema complesso di contenuti e di
relazioni: va conosciuto e capito”. Con questo tipo di conoscenza allora si
possono trattare come fonti anche le persone in rete (grazie alla competenza
acquisita) ma per Maistrello la gente non ha ancora una dignità di fonte nei
media tradizionali, “Con buona pace del citizen journalism, di cui ci si riempie
tanto la bocca di questi tempi, e che potrebbe essere una risorsa strepitosa per i
giornali in costante ricerca di novità e di visibilità”.
Per Raffaele Mastrolonardo, freelance specializzato in tecnologia, “I giornalisti
stanno passando da un uso parassitario della rete ad un uso consapevole che ne
sfrutti tutte le potenzialità, le rete non è un gran deposito di notizie potenziali che
io devo saccheggiare, la rete è molto di più, è un luogo dover si possono
instaurare delle conversazioni; questa passaggio deve ancora essere fatto”. Per
potersi fidare delle fonti prese da internet occorre costruirsi delle gerarchie di
fonti. Afferma Mastrolonardo: “Si dice che internet distrugge le gerarchie e non
permette più alle persone di distinguere ciò che è attendibile da ciò che non lo è.
Ma le gerarchie si costruiscono con il tempo e così si possono costruire anche
sulla rete, sono delle costruzione speciali, bisogna dare tempo alla gente per
farlo”. Lui personalmente per ricercare su internet usa soprattutto gli aggregatori
di Rss, un centinaio di fonti selezionate che interroga per approfondire la notizia
scelta. Usa lo stesso metodo ma con un numero maggiore di fonti aggregate,
un'altra giornalista specializzata, Antonella Beccaria: “Quando deve trattare una
notizia comincio a ricercarla con il mio aggregatore che raccoglie circa 300
fonti, poi passo da queste notizie, attraverso i link, alle fonti prime, alle persone
direttamente coinvolte che magari hanno dato la loro testimonianza in un blog o
in una galleria fotografica; questo mi permette di trattare la notizia in un modo
estremamente approfondito”.
Come si vede sono piuttosto discordanti le voci che provengono dai giornalisti
che fanno informazione mainstream da quei giornalisti, spesso free lance, che
hanno una conoscenza approfondita di internet.
Il percorso fatto fino a qui ci porta a formulare alcune domande conclusive; il
modo di produzione delle notizie (tempi, ricerca del nuovo e del
sensazionalismo…) nel panorama editoriale italiano mal si accorda con un uso
attento ed esperto della rete, in particolare nella verifica delle fonti on line? La
formazione alle nuove tecnologie oltre all’iniziativa personale del singolo e alla
socializzazione all’interno delle redazioni dovrebbe essere definita meglio? E se
si in che modo?
Bibliografia
(agosto 2007)