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Istituzioni di meccanica quantistica

Introduzione: la crisi della meccanica classica (Max Born Fisica Atomica)


I principali sconvolgimenti della fisica moderna sono nati nel periodo a cavallo tra
1800 e 1900, periodo durante il quale i modelli teorici della fisica classica si stavano
dimostrando inefficaci a spiegare le ultime evidenze sperimentali. Queste
problematiche sarebbero state risolte con lavvento della meccanica relativistica (i cui
postulati e conseguenze daremo qui per scontate) e della meccanica quantistica, che
ci accingiamo a studiare.
Le principali problematiche che affronteremo ruoteranno su alcuni, fondamentali,
esperimenti effettuati nel periodo prima descritto: leffetto fotoelettrico, lo scattering
Compton, la radiazione del corpo nero e gli studi sui modelli atomici, in un approccio
non necessariamente storico, ma didattico.
Tutti i fenomeni che descriveremo avranno facile interpretazione attraverso la teoria di
Plank: lenergia associata ad una radiazione elettromagnetica trasmessa attraverso
quantit discreti chiamati fotoni: lenergia E

associata ad un insieme di onde

elettromagnetiche sar quindi ottenuta dalla somma di questi livelli di energia discreti

Leffetto fotoelettrico
Il fenomeno consiste nella liberazione di elettroni da parte di una lastra metallica
colpita da una radiazione. Questi potevano essere rilevati con un apparato
sperimentale che, attraverso una differenza di potenziale, spingeva gli elettroni su
una lastra collegata ad un circuito. Attraverso un amperometro, dunque, poteva essere
rivelato il passaggio di corrente.

Immaginiamo allora di fissare la lunghezza donda (e dunque la frequenza) di una


radiazione incidente sulla lastra, ad esempio, sul rosso. Si osservava che, aumentando
lintensit della radiazione, gli elettroni non venivano rivelati dallamperometro; solo
aumentando la frequenza della radiazione si poteva osservare una corrente,
questultima, stavolta, proporzionale allintensit. [PARTE MANCANTE] La questione
non pu essere spiegata classicamente. Einstein risolse la problematica sulla scia di
Plank, supponendo che ogni radiazione portasse con s unenergia:

E=h
A questo valore fissato e quantizzato di energia viene dato il nome di fotone, e ad ogni
fotone data dunque unenergia dipendente solo dalla frequenza della radiazione.
Ora, sappiamo che un elettrone, per poter essere estratto, ha bisogno di una certa

energia di estrazione: se lenergia associata dipendente dalla frequenza, anche


aumentando il numero di fotoni, ognuno di essi non potr avere unenergia tale da
compensare lenergia di estrazione. Ovviamente, dal momento in cui si scelta una
frequenza per cui lenergia di estrazione

Ee

minore di

h , i fotoni vengono

estratti dal metallo, portando dunque al passaggio di corrente.


La differenza tra energia data al sistema ed energia di estrazione espressa dal
fotone sotto forma di energia cinetica:

1
EE e =Ec = m v 2
2

Supponendo di conoscere energia data al sistema ed energia di estrazione, si pu


conoscere la velocit di uscita degli elettroni.
Aumentando il numero di fotoni (e dunque lintensit della radiazione) aumenta il
numero di elettroni che interagiscono coi fotoni e si distaccano dal metallo, e dunque
aumenta lintensit di corrente elettrica.
Scattering Compton
Immaginiamo di illuminare con una luce ad una certa lunghezza donda un materiale e
osservare la radiazione che riemerge dopo lurto con il materiale. Oltre ad essa, si
rilevano fotoni liberatisi dalla lastra per effetto fotoelettrico.

Si osserva che langolo di deviazione della radiazione riemersa e la sua lunghezza


donda sono legate dalla relazione:

' = ( 1cos )
La relazione pu essere spiegata se si immagina linterazione con un urto tra fotone ed
elettrone del corpo urtato. Relativisticamente parlando, vale la seguente relazione che
descrive lenergia di una particella che si muove con quantit di moto

p :

E=c p2 +m20 c 2
Nel caso del fotone, la massa a riposo nulla, perci
perci

p=

E=cp ; tuttavia

E=h ,

h h
=
c . Impostando le equazioni e imponendo la conservazione della

quantit di moto e dellenergia si arriva al risultato precedente.


Si voglia sottolineare che solo per le particelle di massa nulla come appunto i fotoni
vale la relazione

=c .

Radiazione del corpo nero


Definiamo corpo nero un oggetto che, allequilibrio termodinamico, assorbe tutta la
radiazione che lo investe. Essendo il corpo isolato, ovviamente, per conservazione
dellenergia, deve essere in grado di riemettere totalmente la radiazione: radiazione
che ovviamente associata ad un trasporto di energia, emessa dalle particelle
costituenti il corpo nero, in vibrazione a causa dellagitazione termica.
Un esempio di corpo nero costituito da un oggetto cavo su cui praticato un foro
molto piccolo; il foro, colpito da una radiazione, render basse le probabilit che la
radiazione fuoriesca a causa delle dimensioni del foro stesso, e dunque verr
riassorbita a riflessione dopo riflessione.
Consideriamo lespressione dello densit spettrale di energia (o spettro di emissione),
cio energia per unit di superficie e unit di frequenza compresa tra

( )=

+ d :

8 2
KT
c3

Dove i termine

8 /c

KT

radiazione, mentre

descrive il numero di modi di oscillazione associati alla


lenergia media associata a ciascun modo. La formula

stata il risultato di numerose formule di natura termodinamica confermate


empiricamente, come la legge di Wien:

( )= 3 F

( T )

Ora, la densit di energia associata ad una radiazione

elettromagnetica :

( x ,t )=

1 2 2
(|E| +|B| )
8

Da queste relazioni si giunge ad unequazione differenziale che necessita, ovviamente,


le condizioni al contorno.
Reyleigh allora decise di calcolare lo spettro di emissione considerando il numero di
stati energetici del sistema per lenergia associata a ciascuno stato.
Consideriamo lhamiltoniana associata ad un sistema di n oscillatori armonici;

H=

p2 1
+ m 2 x 2
2m 2

Per il teorema di equipartizione dellenergia, ad ogni grado di libert associamo


unenergia media
nero del tipo

1
= KT . Ovviamente questo porta ad avere uno spettro di corpo
2

( )=

8
KT
c3

Come visto prima, che per non si adatta sperimentalmente. Applichiamo allora
nuovamente la teoria di Plank: supponiamo che gli scambi di energia di

siano

E=n 0 , e preoccupiamoci di

multipli discreti di pacchetti energetici tale che

ricalcolare il valore dellenergia media che appare nella funzione

( ) .

Teorema di equipartizione dellenergia e correzione quantistica


Consideriamo il nostro sistema di oscillatori armonici costituenti il nostro corpo nero.
La distribuzione di Maxwell-Boltzmann descrive la probabilit di osservare uno di
questi oscillatori ad unenergia compresa tra

ed

E+dE :

P ( E )=N e KT
Dove N si ricava imponendo la condizione di normalizzazione:

P ( E ) dE=1
0

Perci,

N eE dE=N [ eE ]0 = N =1 =N

Il valor medio dunque:

EN E eE dE
0

Che si pu calcolare facilmente osservando che:

d
d E
EN eE dE=
[ e ]0 = 2 =KT
d 0
d

Conseguenza che si per rivelata errata; introduciamo allora la correzione di Plank:

P ( En )=N en Ancora una volta, calcoliamo N:


0

P ( En ) =1= N e
n=0

n 0

n=0

Da qui, il valor medio:

N = en =
0

n=0

1
1e

E N E n e

n 0

n =0

= Nn 0 e

n 0

n=0

=N 0 n e

n 0

n=0

Svolgendo il calcolo in maniera simile alla precedente, after some algebra,

0
0

e 1

Perci lespressione reale diventa:

( )=

2
0
8
3

c e 1
0

Ricordiamo che la legge di Wien afferma che


nostro caso appare solo un
lenergia

8 2
c3

, e nel

: dunque vi deve essere una proporzionalit tra

e la frequenza nella forma

Plank. Ricordando che

( )=

sia proporzionale a

0 =h , dove

detta costante di

=1/ KT , otteniamo:

h
h
KT

e 1

In totale accordo con la legge di Wien, dove

La nuova formula ottenuta per

( T )= 8ch e 11
3

h
KT

ha ottimo riscontro sperimentale. La teoria di

Plank, dunque, secondo cui lenergia si distribuisse su pacchetti, induceva a pensare


che anche londa elettromagnetica fosse costituita da corpuscoli, che furono in seguito
chiamati fotoni, in quanto lentropia di una scatola entro cui si fosse generata una
radiazione elettromagnetica era la stessa di un gas di bosoni.
Modelli atomici
Latomo di Thompson e Rutherford
Latomo di Thompson era in pieno accordo con le leggi di attrazione instauratesi tra
cariche opposte: una densit di carica positiva allinterno del quale erano incastonate
cariche negative. Lesperimento di Rutherford, che consisteva nel bombardare atomi
doro con nuclei di elio, tuttavia confutava il modello di Thompson. Attraverso le
equazioni di Maxwell ovviamente possibile calcolare langolo di deviazione dei nuclei
di elio rispetto agli atomi.

I calcoli mostravano come le deviazioni dovessero essere molto


piccole; eppure, si osservava sperimentalmente che gli angoli
fossero talmente grandi da far ritornare indietro gli atomi.
Rutherford allora ide un altro modello, che vedeva un nucleo di
protoni circondato dagli elettroni in un modello simile a quello
planetario. Il modello si dimostrava pi adeguato da un punto di
vista sperimentale, ma non aveva senso secondo la fisica
classica: un elettrone, e dunque una carica, se accelerata
irraggia energia, costringendo quindi lelettrone a decadere sul
nucleo di protoni.
In particolare, sussiste la cosiddetta formula di Hertz che
descrive la potenza irraggiata da una particella carica:
2

W=

2 e | |2 dE
a =
3 c3
dt

Ci chiediamo: qual la vita media di un atomo prima del collasso sul protone? Cio,
quanto tempo impiega lelettrone per cadere sul nucleo? Per praticit, schematizziamo
il moto a spirale come una successione di moti circolari che, terminato un periodo,
fanno spostare lelettrone da unorbita pi larga ad una pi stretta.
Calcoliamo lenergia associata a ciascuna orbita:

E=E cin+ E pot


Dove per praticit utilizzeremo il sistema cgs di Gauss, dove

E pot =

4 0=1 :

e 2
r Per trovare lenergia cinetica, nella nostra schematizzazione, possiamo

considere, la forza agente su ciascuna orbita, una forza centripeta:


2
v2
e2
1
2 1 e
m ac =m =F Coulomb = E cin= m v =
r
r
2
2 r

Da qui,
2

E=

1 e
2 r

Derivando rispetto al tempo, otteniamo la potenza:

dE dE dr 1 e 2 dr
=
=
dt dr dt
2 r 2 dt
Sostituendo nellequazione di Hertz,

2 e2 | |2 1 e 2 dr
a =
3 c3
2 r 2 dt
Poich abbiamo ipotizzato

fosse laccelerazione centripeta, dalla relazione

dellenergia cinetica otteniamo:


2
2
|a|= v = e 2

mr

Perci,

2 e2 e 4
1 e 2 dr
=
3 c3 m2 r 4 2 r 2 dt
Da qui,

dr 3 c 3 m 2
=1 Integrando ambo i membri,
dt 4 e 4
Ri

3 c3 m2
r 2 dr = dt
4 e4
R
0
e

Dove

proprio il tempo cercato. Il raggio esterno

classico di Bohr, di circa

10

Re

cm; quello interno pari a

dellordine del raggio


10

Ri=10

dimensione del nucleo. Calcolando lintegrale,

[ ]

3 c3 m 2 r 3
4 e4 3
Poich

Ri

=
Re

Ri Re , possiamo considerarlo trascurabile, ottenendo:


10 3

27 2

1 c 3 m2 3 1 ( 3 10 ) ( 10 )
( 108 ) 1 27 4 108 1010 s
=
Re
4
4
10
4 e
4 ( 4,8 10 )
4 ( 4,8 )

cm, cio la

Che un tempo che descrive lordine di grandezza teorico di decadimento:


incredibilmente pi piccolo dellet delluniverso, dunque lipotesi secondo cui
lelettrone decadesse in tempi particolarmente lunghi non aveva senso.
Daltra parte, anche supponendo che lelettrone irraggi energia, ci si aspetta
unenergia che varia con continuit allo scaricarsi progressivo dellelettrone stesso.
Poich

=2 , legandola alle relazioni finora trovate otteniamo:

e2
2 c
=m 2 r =
2

r
Da qui,
3

2 2
r
e2
2
mc

Perci, si dovrebbe ottenere uno spettro di emissione che varia da due lunghezze
donda corrispondenti a raggio massimo e minimo dellorbita dellelettrone:

R 105 cm ( infrarosso )
e

R 108 cm ( ultravioletto )
i

Lemissione descritta da questo modello tuttavia non ebbe alcun riscontro


sperimentale. Per analizzare lo spettro, generalmente si procedeva in questo modo:
veniva posto un gas in un recipiente, illuminato da una sorgente di luce. Questultima,
passata attraverso il gas, arrivava ad uno spettrometro a destra che raccoglieva la
luce rimanente, filtrata dal gas; un altro spettrometro rilevava invece la luce
generata dalla riemissione di radiazioni da parte degli atomi.

Poich la luce viene assorbita dagli atomi, quella rimanente lascia delle linee nere su
uno schermo, che costituiscono lo spettro di assorbimento. Al contrario, le radiazioni
emesse dalle particelle eccitate (emissione che avviene isotropicamente) vengono

intercettate dallaltro spettroscopio, che segna lo spettro di emissione, mancante di


tutte le radiazioni che gli atomi non sono in grado di emettere. Quello che ci si
aspettava erano delle barre che sfumavano lentamente nel nero, per lirraggiamento
continuo descritto prima; in realt, si osservavano linee nette.
Furono sperimentalmente osservate diverse serie di linee, come la serie di Balmer, nel
visibile:

1
1 1
~
= = =Rh 2 2 ,n=3,4,5
c
2 n

Altre sono quelle di Layman nellultravioletto, o Paschen nellinfrarosso.

1
~
LAYMAN =R h 1 2
n

( )

1 1
~
PASCHEN =Rh 2 2
3 n

Una successione di righe discrete e non continua metteva in crisi la comunit


scientifica del tempo.
La soluzione arriv con latomo di Bohr.
Latomo di Bohr
Seppur violando i principi della meccanica classica, Bohr, tra 1911 e 1913 suppose,
per evidenza sperimentale, che:
1) Un atomo pu avere solo un insieme discreto di energie, a partire da unenergia
minima; queste energie sono chiamate livelli energetici;
2) Lemissione o assorbimento di radiazioni avviene solo quando lelettrone passa
da un livello energetico

En

ad un livello

Em : se

assorbimento, viceversa emissione.


3) Ad ogni livello energetico associamo una frequenza

En=h n

Em =h m , la variazione di energia sar

h=6,626 1034 J s

En > Em , vi
, tale che, detto
E=h( m m ) con

detta costante di Plank.

Una variazione discreta del genere era difficile da immaginare in meccanica classica;
se era necessario rendere discreta una quantit, nasce spontaneo il dubbio su quale
quantit scegliere: partiti da una si potevano poi ricavare le relazioni di tutte le altre.
Bohr decise di quantizzare un invariante adiabatico: una quantit di un sistema che, in
seguito a piccole perturbazioni, non cambia. La scelta in fondo era plausibile, In
particolar modo, la scelta di Bohr si focalizz inizialmente sul momento angolare, che
ha le stesse dimensioni della costante di Plank; una generalizzazione si ebbe con
Sommerfeld, che scelse invece le variabili azione del sistema hamiltoniano:

I = pdq=hn
Ricaviamo rapidamente la lagrangiana di un sistema di un corpo soggetto ad una forza
centrale, che si muove su orbite circolari e piane: in coordinate polari,

1
2 2 k
l= m r +
2
r
p e della coordinata

Volendo esprimere in funzione dei momenti cinetici


lagrangiana

q= p=

l
2

=m r 2 =mr
=mvr

Da qui:
2

pdq= mvrd=mv r 2 =hn


0

E appare quindi

L=

mvr , che proprio il momento angolare

h
n= n
2

Da qui, ricordando che

L :

v=

1
1 e2
Ecin= m v 2=
2
2 r

e che

L=mvr=n

2
2 n2 e 2
2
=

r
=n
n
m 2 r 2 mr
e2 m

Dunque anche i raggi dellatomo sono quantizzati. Perci, ritornando allenergia,

En=

1 e2
e 4 m 1 E0
=
= 2
2 rn
2 2 n 2
n

( )

Anchessa risulter quantizzata. Quando lelettrone esegue una transizione, si otterr


una variazione di energia per cui vale:

E
( m n) = h =

( ( ))

Em En E0 E0
=
2
h
m2
n

1 E0 1 1
=

h h n2 m2

Che, per i diversi n, ci rid le serie di Balmer, Paschen etc. viste prima.
C da dire che il problema sarebbe pi correttamente analizzato come un problema di
due corpi, dove a rigore la massa considerata sarebbe la massa ridotta; questultima
tuttavia

mM
m
M +m

vista la massa del protone molto pi grande dellelettrone.

Questapprossimazione ovviamente non sempre vera, perci

E0

va variato volta

per volta a seconda della massa ridotta. Le correzioni, incredibilmente, avevano


comunque riscontro sperimentale, dimostrando il modello di Bohr particolarmente
efficace.
Rimane tuttavia una domanda: perch discretizzare proprio linvariante adiabatico
della variabile azione? Una giustifica arriv grazie a De Broglie: se si associa ad una
particella ad una grandezza ondulatoria, di lunghezza donda

=h/ p , affinch si

instauri unonda stazionaria devono verificarsi condizioni al contorno ove la grandezza


si annulla. Essendo londa vincolata a muoversi su una traiettoria circolare, se londa
parte da un nodo dovr tornare ad un nodo: perci, detta

la lunghezza della

circonferenza, deve valere:

l=2 r =n
Daltra parte, per lipotesi di De Broglie,

h hn
p= =
= n
2 r r
Se trattiamo la nostra particella come unonda, possiamo usare la relazione relativistica:

E= p c + m0 c
2

E, sostituendo il momento angolare, otteniamo:

E=h
Vediamo alcuni esempi: se immaginassimo un caso non relativistico, avremmo

p2
E=
2m
=

e dunque

p= 2 mE . Perci:

h
2 mE

Immaginando di aver fissato E, masse eccessivamente grandi avrebbero dato


lunghezze donda troppo piccole; al tempo, la particella pi piccola conosciuta era
quella dellelettrone. In questo caso,

1,2 10 cm
E ( eV )

Ad esempio, ad un elettrone che ha energia di circa 100 eV, associata una lunghezza
donda dellordine dellAngstrom. Ovviamente, per verificare questa natura
ondulatoria, bisognava osservare se si verificassero fenomeni di diffrazione o
interferenza, richiedenti fenditure anchesse dellordine dellAngstrom, cio dellordine
della distanza interatomica in un solido cristallino.
Gli esperimenti rivelavano figure di diffrazione per elettroni e perfino neutroni
analoghe a quelle dei raggi luminosi: lipotesi di De Broglie era giusta.

Docente Luigi Rosa


Studio 2N12
E-mail rosa@na.infn.it o luigirosa@unina.it
Orario di ricevimento marted 14.00/16.00
Libri di testo Caldirola, Cirelli, Prosperi;

Cohen;
Landau;
Messiah;
Sito per esercizi PQ-QP
Libri di esercizi Lim;
Passatore;

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