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Alessandro Zignani

MANUALE DI
SOLFEGGIO
PARLATO

Indice
PRELUDIO

pag. 3

PRIMA PARTE:
PER MOTO CONTRARIO
Il concerto
Un amore di Achab
Pene elettriche
Recondite armonie

pag. 7
pag. 7
pag. 14
pag. 19
pag. 22

SECONDA PARTE
BURLESCA
Chi ha paura della musica elettronica?
Il bambino prodigio
Il canto della sartina
Fate la vostra opera
Vexations
Il maestro delle icone
Il norcino

pag. 27
pag. 27
pag. 46
pag. 51
pag. 58
pag. 64
pag. 70
pag. 78

TERZA PARTE
INVENZIONI SU TEMI WAGNERIANI
Lohengrin
Il canto del cigno
Il cavallo di Dioniso
Tristano
Il crepuscolo degli Dei

pag. 81
pag. 81
pag. 84
pag. 89
pag. 98
pag. 103

QUARTA PARTE
LIEBESTOD (MORTE DAMORE)
Ingrato non sar: monologo lirico
A due voci
Notturno di Praga
Symphonia Viridans

pag. 107
pag. 107
pag. 119
pag. 122
pag. 128

EPILOGO
Il genio

pag. 131

PRELUDIO

Fu il musicologo americano Hermann Schtz ad accorgersi per primo dei


significati simbolici riposti nel Concerto per violino di Cataldo Silvagni.
Concepito come un requiem in memoria di Manon, figlia diciottenne di Ada
Bergius ninfa egeria della noblesse intellettuale mitteleuropea, moglie di
musicisti, architetti, pittori, in allegra promiscuit devoluti alla sua androgina
bellezza, Ada rimane nella storia per aver svolto in piena Sezession il ruolo che
nel primo Ottocento fu di Giulietta Guicciardi, mitomane allieva dei massimi
musicisti di quei d lopera cela, nella sua struttura dodecafonica (batt.242 e
segg.) un corale bachiano costruito sulle note La-Re-La (A-D-A, in notazione
tedesca) su cui si innesta, come controsoggetto, un riferimento a Comparir
dinanzi al tuo trono, Signore: lultima melodia composta da un Bach ormai cieco,
due giorni prima della morte.
Una settimana dopo, nelleremo di Val Chiusa, dove si era ritirato a
comporre, Silvagni si lasciava morire nel sonno. Dico si lasciava perch
Cataldo, affetto da diabete cronico, abbisognava di quotidiane iniezioni di
insulina, se voleva evitare il coma. Gi una volta, in un hotel ticinese,
addormentatosi di un improvviso sonno profondo, si era ritrovato a librare in
un immenso cielo terso, popolato del frullo di migliaia di ali bianche, e in
questo oceano di pace il Padreterno gli gettava uno sguardo di inesprimibile
beatitudine; a quel punto, uno strillo irto darmonici guast la liscia superficie

della visione, e di lontano Cataldo, Cataldo, Silvagni ud la mefitica madre


chiamarlo e scuoterlo; allora and a cozzare contro un muro, e si svegli.
Quella madre che stendeva sulla palma di lui la mano, per constatarne la
perfetta rilassatezza sulla tastiera, aveva costernato i suoi ormoni virili,
quando portavano la sua, di mano, a premere rilievi altri (non ti toccare l,
Cataldo). Il maestro era cresciuto nel dibattersi tra questioni letterarie e
musicali, tanto che il suo astrarsi nel nulla divenne proverbiale. Spesso,
suonando le composizioni degli allievi, accuratamente revisionate in ogni
particolare loro, sbagliava la chiave, e spostava in Sol intere parti scritte in Fa,
con esiti orripilanti. Il maestro, al rumorio delluditorio, strizzava il naso
lunghissimo tra le pieghe del viso sformato, volgeva sul colto ed elegante
pubblico uno sguardo interessato, poi girava la faccia sulla partitura, quasi
stendendovisi sopra, ed emettendo un curioso urletto di raccapriccio
trangugiava istantaneamente una grossa caramella di zucchero speciale, di
quello prescrittogli dai medici contro gli obnubilamenti diabetici, che erano,
ormai, sempre pi frequenti. Dovette smettere di viaggiare in treno: usciva dal
suo torpore a chilometri di distanza dalla stazione in cui sarebbe dovuto
scendere. Infine, gli venne concessa come sine cura una cattedra in
unAccademia tedesca, dove prese ad armeggiare col computer e i
sintetizzatori, disturbando regolarmente coi suoi grugniti di collera le
trasmissioni di Radio Baden-Baden. Suo vicino di casa, in quellesilio, era il
filosofo olandese Paul van de Kamp, docente di Teoretica temporaneamente
escluso dallinsegnamento ( triste constatare che la vita non serbi mai in s
qualcosa di definitivo diceva sempre al proposito) allora impegnato nella
stesura di Il concetto di ragione sufficiente, in cui tentava di dimostrare che la
decisione un atto irresponsabile e, tra il s e il no, la cosa migliore
scegliere il bene, grazie. Kamp era stato cacciato da Dresda luniversit in
cui aveva studiato, per poi assumervi la carica di ricercatore per aver
ospitato due cecchini che, dalle finestre di casa sua, avevano sparato sulla folla
dimostrante, durante il Quarto Convegno dei Paesi Industrializzati. Kamp si
era scusato: non aveva collegato il fatto che i due sconosciuti visitatori
portassero il fucile con lidea che avrebbero sparato sulla folla, in quanto i due

fenomeni si potevano collegare in una variet tale di modi da non indurre un


logico puro ad affrettate conclusioni. La folla che lo voleva linciare non aveva
colto la profondit di tale discorso; cos, Paul era fuggito sulle montagne
attorno a Baden, insieme alla moglie, Ada Bergius, e alla cagnetta Pauline, cui
era profondamente legato. Proprio la morte di Pauline, anzi, aveva causato in
lui una temporanea sospensione del lavoro creativo, poi ripreso quando
Ramon, il cuoco peruviano, port a casa un animale perfettamente identico al
precedente, intuendo che non di Pauline il filosofo sentiva la mancanza, ma di
quellarchetipo canino che essa rappresentava. A condurre al fatale primo
incontro tra Cataldo e la giovane moglie del filosofo olandese furono Ramon
e, ancora una volta, la proverbiale mancanza di senso comune di Paul.
Reintegrato in cattedra, nominato ordinario di Etica a Baden-Baden, Paul vi si
trov in concorrenza con un nome alla moda dei noveaux philosophes tedeschi,
autore di Divenire essere, manifesto degli Immobilisti Mentali. Iniziato un
corso su Aggressivit e suoni gutturali psi e chi nella semantica dei bradipi, ottenne
due allievi in apertura di corso, uno alla seconda lezione, e nessuno alla terza,
pure regolarmente tenuta da Paul, che non riusciva a collegare il concetto di
silenzio con quello di sala vuota. Neppure colleg, Paul, lidea della
soppressione della cattedra con quella della fame. Non era ancora arrivato, nel
corso dei suoi studi, al nesso triplice di ragion sufficiente.
Fu cos che Ramon ebbe lidea di spedire Ada da Cataldo, come copista,
dietro modesto compenso. E tra i due fu amore a prima vista. Nel raccontare
quel periodo felice della vita di Cataldo, il biografo non pu che rammaricarsi
di come il rapporto tra il compositore e quella donna energica e intelligente
non sia proseguito nel tempo, cos da donargli la tranquillit danimo
necessaria al suo creare. Quando Paul, due anni dopo, giunse al nesso triplice,
non ci mise molto, da quellintelligenza pronta che era, a collegare le notti
passate fuori da Ada, lastinenza sessuale di costei e la figura sempre pi
scarnificata del maestro. Deciso a sistemare la faccenda una volta per tutta,
imbracciata la carabina che aveva acquistato per tenere lontani i molossi dalla
sua cagnetta, si rec a casa di Cataldo, dove, per, al posto delladorata
consorte e il fedifrago amico, rinvenne solo un vecchio cisposo, che

sosteneva di essere un Kapellmeister, e famoso per giunta: tale Johann Sebastian


Bach, laggi precipitato dallintrusione di Cataldo e di Ada nel cielo di
Plutone, devoluto alle opere incompiute. In quel cielo, il vecchio maestro
sosteneva di risiedere da diversi secoli, in compagnia di Mozart, Schubert,
Bruckner, Mahler, Berg; e tutti gli altri musici a cui era stato impedito dalla
morte di terminare lopera loro. Quanto a lui, Cataldo, col completare la sua
Arte della Fuga, lo aveva rimandato sulla terra, prendendo, siccome era scritto,
il posto suo; ma solo per sedici mesi: quattro volte la proporzione delle
battute mancanti al completamento dellopera. Se Paul voleva raggiungere
lamico, non doveva fare altro che ascoltare alla rovescia lArte della Fuga, e
immantinente si sarebbe trovato su Plutone.
E cos fece, Paul; sennonch, giunto in quel mezzo pianeta che ora cera
ora non cera, si accorse che, ivi, tutte le umane figure erano divise a met, e
trascorrevano il tempo anchesse, incompiute a cercare la parte perduta di
se stesse. La parte maschile voleva quella femminea, e la femminea bramava
quella virile, onde recuperare unandrogina, perfetta circolarit. Paul comprese
che non avrebbe dovuto pi cercare Ada in compagnia di Cataldo, ma un
unico essere che fosse, insieme, entrambi. Si era appena avviato, quando si
accorse di stare, anche lui, saltellando su di una gamba sola, e volgere intorno
lo sguardo di un unico occhio. E vide un corteo lento e solenne di giovani
nudi: il capo adorno dalloro, i corpi unti dambra; si fecero avanti tra fumi
dincenso molteplici e variopinti, sorta di corteo funebre implorante la
completezza perduta. Accompagnava la cerimonia il feretro delle opere
musicali rapite allumanit per ammanco di tempo: dintorno, risuonavano,
sovrapposti, il terzo movimento dellIncompiuta di Schubert, il terzo atto della
Lulu di Berg, tutto lultimo movimento della Nona di Bruckner e ben quattro
parti della Decima di Mahler. Dietro a quegli storici relitti, altri ne venivano,
pi bizzarri, e composti di sezioni eterogenee orridamente accostate. Creature
cerano, a seguire queste sconce grisaglie darte, le pi eteroforme e sconciate
che si potesse immaginare. Ognuna di loro aveva da dire la sua,
sullontogenesi della propria opera sonora. Paul, al loro passaggio, si pose da
parte; e ascolt; e vide.

PRIMA PARTE
PER MOTO CONTRARIO

IL CONCERTO

Menecrate si sporgeva dalle gradinate del Tempio di Alicarnasso,


assorbendo fin nellintimo le parole del Rapsodo, ritmate dalla cetra accordata
in modo ionio. Ta agor Periclou eisin/ ta polemata Periclou eisin/ kai ta pragmata
eisin Periclou/ Oudens zenox Atenhaion eisin diceva il Rapsodo in un canto di
lode a Pericle, ostentando tra i meriti del tiranno laver ripulito il paese dagli
stranieri, sicch Menecrate, marinaio di Rodi, avrebbe dovuto risentirsene.
Ma, in quel momento, Menecrate non ci badava. Le spalle scoperte della
tebana Melicerte seguivano le curve di liquido cielo; le venuzze che le
variegavano ripetevano nel loro diramarsi i piedi dei versi, le scansioni della
musica. Da quando vagava per il mare, alla ricerca delle triremi pirate,
Menecrate non aveva mai incontrato una pelle che ricordasse le albe e le
nuvole leggere della sua terra: Rodi. Mentre il Rapsodo sillabava il nome degli
eroi e ricordava la genealogia delle opere, Menecrate riepilogava le varie fasi
del corteggiamento: lunga era stata la teoria degli incontri, infiniti gli
struggimenti, aride parole aveva pronunciato la voce di lei; ess che le aveva
donato una veste di lino persiano, un volume pergamenaceo delle liriche di
Saffo e un paio di calzari filati a Nasso con un cotone che certo doveva

assomigliare al quel vello doro di cui tent di impadronirsi Teseo. Menecrate


si struggeva di desiderio; cos, quando il Rapsodo cominci a ricordare il ratto
di Elena e i suoi occhi ciechi sembravano fissare proprio lui, Menecrate,
quasi a investirlo del potere della musica Menecrate si chin verso
Melicerte, e sussurrandole allorecchio le disse: Preziosa ninfa di Paro
remota, non vuoi unire i tuoi sensi ai miei, acciocch, insieme, noi si offici alla
dea dellamore, rivelando sotto i pepli la natura delle nostre diversit, il cui
reciproco completamento caro al Dio che soggiace alle frecce arroventate di
Cupido? Se dici di s, ti aspetto alla locanda di Argiropolo, domani, alle dieci
in punto.
Al che Melicerte, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, oscillando il lungo strascico della veste candida.
Alla corte di Enrico II, Panurge, il Menestrello, con ampie piroette solc la
lunga tavola dei principi fino ad arrestarsi di fronte al Sire in persona.
Cigolando come un filosofo di Salamanca sordo e con le giunture snodate
dalla lebbra, si lecc un dito, lo pose sulla gobba, quindi estrasse di sotto la
zimarra, tra salmodie in latino maccheronico, una zucca cui era stato fissato
un manico di cetriolo e quattro corde di budello. La poesia era in lingua doc, e
faceva: Tant de gioi marrivanz/ che pel desir mi lasco desultanz/ dismagar tra
Mussulmacchi e Christian/ se il baffo accorz in van; e con piglio da saccente il
Buffone tir un baffo al marinaio arabo che stava al fianco di Enrico,
tirandolo come per leggervi la rotta del sole in cielo. Le relazioni commerciali
tra Oriente e Occidente erano cominciate da poco, e quindi nessuno aveva
mai visto, alla corte di Enrico, un marinaio arabo. I suoi lunghi baffi avevano
suscitato la curiosit in chi, come quei cortigiani, osservava lusanza di radersi
del tutto.
Men-ech-cratah: il marinaio, osserv ancora una volta il profilo di Elena, la
figlia del Ciambellano. Dal d del suo sbarco, numerose e complesse erano
state le fasi del corteggiamento: il marinaio le aveva regalato una veste di
indaco bessarabo, un volume con le liriche damore di Ibn-Calid e un paio di
calzari birmani scavati nel legno di quella radica prodigiosa che fece balzar di
sette leghe Simbad, con un passo solo. Ma aride erano state le parole di lei.

Mentre il Menestrello narrava di Lancillotto e Ginevra, e di come Galeotto


fece lei amante di lui, Men-ech-cratah si struggeva di desiderio; cos cinse col
braccio Elena, e chinandosi verso di lei, le sussurr allorecchio: Preziosa
spezia della remota Xanadu; non vuoi unire i tuoi sensi ai miei siccome le
acque fatate di Ninive, che per dolore umano sospiravano e per umana gioia
sussultavano, dividendo di spruzzi lintatto corso loro? Se dici di s, ti aspetto
alla locanda di Folchetto, domani, alle dieci in punto.
Al che Elena, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, rincalzando il lungo strascico della veste cremisi.
La festa ai Giardini Rucellari era al suo culmine. Marsilio Ficino stava
conversando sullimmortalit dellanima con Pico della Mirandola, quando
fece il suo ingresso un celebre filosofo olandese: Menecus Ecritis. A causa
della condanna papale per eresia, si era mimetizzato da marinaio, e ora la sua
palandrana sdrucita contrastava con le vesti color porpora degli Accademici.
In suo omaggio, il musico Vincenzo Galilei improvvis sopra la propria aria
Psiche, volendo alludere alla teoria per cui il filosofo era stato pi volte
imprigionato: che tutto, nellUniverso, avesse unanima, e tutto fosse Dio.
Menecus vide quasi subito Ginevra: in piedi in mezzo agli Accademici,
risaltava come la rosa cremisi in un campo di sterpaglie. Il suo nome, in
quellassemblea, era Ipazia, come la martire della fede platonica in tempi
cristiani.
Menecus aveva gi conosciuto, in effigie, la giovane: per lei si era mosso
dallOlanda, col pretesto di incontrare Pico. Quindi, non appena il Galilei
mosse larco sulla viola, intonando Cor meus laetitia implet/ et pulchritudo mentem
finget/ a sponsalem Cadmi et Armoniae si fece pi vicino alla fanciulla attorniata
dai sapienti. A lei aveva donato un volume di versi del Bembo, una veste
intessuta dei pi fini damaschi di Fiandra e un paio di scarpini da cerimonia,
ricamati in seta verde, e con le nappe doro, certo intessuti in quella stessa
stoffa con cui Astolfo tess la gualdrappa dellIppogrifo, capace di levarlo in
volo. Gli fu inevitabile, quindi, al primo volgere della voce sulla storia di Ero e
Leandro, affogato nel tentativo di raggiunger lisola in cui lei dimorava, il
chinarsi fino allorecchio di Ginevra, a sussurrarle: O preziosa ragione

necessaria di ogni argomento sufficiente, tu che dimori nelle remote Idee pure
da cui il pensiero trae motivo al suo stesso pensare; non vuoi unire i tuoi sensi
ai miei come quel Verbo che stava dapprincipio a Dio nel modo in cui il Dio
stava al Verbo, e il Verbo era presso di Lui, e il Verbo era Lui? Se mi dici di s,
ti aspetto alla locanda di messer Durante, domani, alle dieci in punto.
Al che Ginevra, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, facendo ondeggiare le crespe della veste attorno ai
fianchi.
Nel Rigadoun le coppie si disponevano in due file, luna davanti allaltra.
Ogni cavaliere prendeva la mano della donzella ritta di fronte a lui; poi si
faceva insieme il tournment des dames. Jean-Baptiste Lully dirigeva lorchestra da
camera battendo in terra una lunga mazza. Ora cera la Musette, e poi laria: un
madrigale su versi del Fontenelle, intonato dal celebre castrato Senesino. Il
madrigale faceva cos: Il sont les femmes qui bouleversent/ chachun ideologie, chachun
sentiment. Luigi XIV era orgoglioso di avere invitato quel marinaio:
Menecretnne, il famoso corsaro al soldo della Francia che aveva pi volte
sconfitto la marineria dei Paesi Uniti, sotto il comando di van de Groot. Da
parte sua, Menecretnne era contento di essere l, perch poteva, cos,
stringere dassedio Ero, il cui inebriante profilo di liquida luce laveva
incantato, da quando aveva fatto per la prima volta la conoscenza della
popolazione riunita in quella piccola citt che aveva nome Versailles.
Senza por tempo in mezzo, Menecretnne aveva regalato alla fanciulla un
volume di versi del Metastasio, una veste intessuta di merletti boemi e un paio
di scarpe lavorate ad avorio e osso, la cui fibra era delicata come quella della
scarpetta di Cenerentola, da poco fatta conoscere al grande pubblico dai
fratelli Grimm. Nessuna meraviglia, quindi, se, non appena Senesino
cominci a cantare le gesta di Eugenio di Savoia e Angelica, e di come la
fanciulla riusc, con la sola arma della sua avvenenza, a far desistere il
condottiero dal distruggere Parigi, Menecretnne si chin allorecchio di Ero,
e le sussurr: O prezioso fregio delicato delluniversal, perch remoto,
frontone, virgola rococ sul solenne impiantito del mondo; non vuoi unire i
tuoi sensi ai miei, siccome le nazioni tutte, da Oriente a Occidente, si

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mescolano in quel regno magnifico su cui mai tramonta il sole, e il cui Stato
il nostro beneamato Sire? Se dici di s, ti aspetto alla Locande du Diable,
domani, alle dieci in punto.
Al che Ginevra, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, facendo frusciare la fascia che le cingeva la veste alle
caviglie.
Il Burgmeister di Fulda Stckenschmidt aveva, per celebrare lunione dei
quattordici Lndler nellunica confederazione di Margravia, invitato la celebre
orchestra di Weimar, diretta da Hans von Blow. In piedi, senza leggio, i
cinquanta musicisti suonavano a memoria, diretti solo con gli occhi da Blow,
che sedeva alla tastiera del pianoforte. Confuso tra la platea, Klaus Menecratik
si godeva il concerto di Weber in programma, alzando ogni tanto gli occhi,
per vedere se gli capitava di incrociare lo sguardo di Angelica. Sbarcato da
poco ad Amburgo, laveva incontrata in un emporio di vestiti, nel quale si era
recato con lintenzione di abbandonare la sua tenuta da avventuriero delle
Antille. Essendo subito rimasto colpito dai suoi lineamenti di liquido cielo, le
aveva donato un libro di versi di Heine, una veste intessuta di stoffe indiane e
un paio di scarpe trapunte nelle filande ungheresi e resistenti come le
calzature di Till Eulenspiegel, quel monello girovago le cui tante peripezie
Charles de Coster, nellomonimo poema, aveva appena narrato. Nulla di
strano, quindi, se, non appena Blow inizi la romanza damore, secondo
movimento del concerto di Carl Maria von Weber, il marinaio, adocchiata
Angelica, sola in un palco, si precipit su da lei e, cingendole la vita col
braccio, le sussurr allorecchio: Preziosa fanciulla i cui seni imitano il dolce
declinare con cui il remoto Oder si getta nel Reno; non vuoi unire i tuoi sensi
ai miei come nel grande Reich si stanno unendo le terre che la nazione tedesca,
come in un abbraccio di milioni, nel bacio del mondo intero, affratella? Se mi
dici di s, ti aspetto alla locanda di Karl Innerhofer, domani, alle dieci in
punto.
Al che Angelica, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, aggiustandosi la veste rotonda sullesile vitino
trattenuto dalle cinghie di cuoio.

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Il concerto dei W-3 era uno degli avvenimenti pi attesi dalla giovent
europea. La band californiana non si esibiva pi da diversi anni nelle capitali
del vecchio mondo, e gli stadi si riempivano fin dal primo mattino. Men O
Craten, marinaio irlandese, gi da tre ore vagava per gli spalti, col rischio di
farsi pestare da ubriachi e spinellomani, per ritrovare Maria, la fanciulla dark
i capelli irti sotto la cresta di gel, le occhiaie profonde il cui interessante
sorriso cariato aveva intravisto la sera prima in un pub di Dublino. Quella
mattina stessa laveva stanata nel suo miniappartamento in uno slum
periferico, e le aveva recato in dono un volume di versi di Allen Ginzberg,
una blusa di jeans della RAF e un paio di anfibi intessuti col cuoio grezzo
dellesercito vietnamita ai tempi della guerra contro gli imperialisti americani
la cui resistenza doveva essere pari a quelli che indossava Martin Sheen, nel
film Apocalypse Now.
Il marinaio scov Maria proprio nel momento in cui la band cominciava a
suonare In the dark, il loro cavallo di battaglia; per cui fu naturale, non appena
Jimmy Vicious, il leader, cominci a strillare no land, no space/ is useful for us/
no law no language/ is right for us che O Craten si chinasse verso Maria,
sussurrandole allorecchio: Tosto sorcetto doro, il cui musino farei montare
sul serbatoio della mia Harley Davidson, per fuggire verso le remote praterie;
non vuoi unire i tuoi sensi ai miei, come i Death Angels si fondono coi Satans
Sons, tutte le volte che il loro Mantra di Maggio chiede tre chitarre di rinforzo
per il nuovo LP? Se dici di s, ti aspetto nel camper di Spillo Mulligan,
domani, alle dieci in punto.
Al che Maria, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, facendo tintinnare le cerniere degli stivali da marine.
Lastronave era cos grande che conteneva una sala da concerto. Quella
sera, lennesima nel viaggio verso Antares, la terza generazione dei viaggiatori,
destinata a riprodursi per permettere infine alla dodicesima generazione di
raggiungere la stella, era tutta l. Stram Oghen, il grande virtuoso di
Stimolatore Mentale, dava un concerto. Era stata una buona idea, quella di
portare con s un maestro che potesse insegnare al proprio figlio il difficile
strumento; cos, i viaggi risultavano meno tediosi. E come cera Oghen, cos

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cera Amfortas, lattore, e Sibarret, il mimo, e altri ancora. Mencrtes, il


marinaio, aveva incrociato per caso, nel limbo dellinterspazio, la navicella.
Con lospitalit in uso presso le popolazioni stellari, lavevano invitato a
bordo, ad assistere al concerto. Aveva subito scorto Harlette Davidson, la/il
bella/o aliena/o ermafrodita dalla testa a pera e le orecchie di mandragora, e
le/gli aveva inviato in dono un volume di versi di Solom, una veste bionica
capace di ridare una linea perfetta e due calzature da odissea galattica che gli
aveva regalato Insel, il paria dei cieli, capace di percorrere venti parsec al
giorno, nella sua ricerca di nuovi mondi. Niente di strano dunque che, mentre
Oghen induceva in tutti il ricordo di cascate di luce straordinarie, e tutti i
colori di un tramonto sulfureo su un mondo di acqua fluorescente, si chinasse
su Harlette e le sussurrasse allorecchio: O tu le cui preziose chiome viperine
folleggiano come Betelgeuse quando celebra la sua congiunzione con la
remota nebulosa del Cancro; non vuoi unire i tuoi sensi ai miei col moto che
lAcquario compie, scivolando di quarantacinque gradi sullasse delleclittica, s
da assumere laspetto delle Cefidi, per immettersi nella spirale del Cigno? Se
mi dici di s, ti aspetto sul Gastroasteroide di Cosmo Tunner, domani, alle
dieci in punto.
Al che Harlette, col pi radioso dei suoi sorrisi, crepa, marinaio! sibil
rabbiosa. E si allontan, facendo risplendere laria tuttintorno con lo
sfolgoro serico della sua lunga veste a infrarossi.
Allora Mencrtes cominci ad avere il sospetto che la sua progenie dovesse
essere ben sfigata. Chiese dovera la toilette; vi si chiuse, e l dentro, pensando a
Harlette, si masturb lungamente.

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UN AMORE DI ACHAB

Chiamatemi Ismaele. Ho percorso per anni i mari di tutto il mondo. Sono


stato il primo marinaio a scorgere quei fuochi accesi dagli indigeni sullultimo
lembo dellAmerica Meridionale che fecero poi meritare a quella terra il nome
di Terra del Fuoco. Ho visto paesi i cui abitanti sono cos grassi che
rotolano velocissimi come palle, abbattendo nella loro furia alberi e intere
piantagioni, quando scendono in guerra contro popoli nemici. Ho visto gli
uomini-albero che, se percossi, piangono linfa, e la terra degli uomini-zeb,
issati a quattro metri di altezza su zampe di palmipede. Eppure, mai vidi, in
tutta la mia vita, un personaggio cos strano come il capitano Achab, sulla cui
nave fui nocchiero per unintera estate.
Percorrevamo in quel tempo larcipelago di Francesco Rodolfo, alle
propaggini estreme del grande Nord. Spesso il vento ci arenava su enormi
iceberg, e per ore e ore dovevamo rompere coi nostri rampini dacciaio
linesorabile morsa dei ghiacci. Cercavamo una balena, la pi grande e superba
di quante ne avesse mai viste mare od oceano: Moby Dick. Tante furono le
creature spaventose contro cui ci scontrammo: polipi multitentacolari,
ventresche spugnose dallo stomaco velenoso, granchi dalle tenaglie grandi
come speroni di navi vichinghe. Eppure, in questo terribile viaggio, Achab
appariva sempre impassibile; triste ma sereno, esplorava il pelago smisurato
aspettando di vedere, da un momento allaltro, davanti a s profilarsi la

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schiena lucente di Moby Dick. Ogni tanto, quando la notte era serena, e il
cielo stellato, lo scorgevamo, alla luce della luna, ritto a prora come un albero
maestro; cantava melanconiche romanze, e sospirava. Un giorno che cera
vento, e la tempesta spazzava il ponte ad alte, gelide ondate, ci volle
raccogliere tutti nella stiva, e allora vedemmo il sobrio capitano estrarre un
brogliaccio, dalla blusa rappresa di salsedine. E nel silenzio rotto dai sibili dei
refoli, prese sommesso a recitare questi versi:
I FANONI
I tuoi fanoni sono conchiglie di madreperla / I tuoi fanoni sono il cuore segreto del verde
mare / I tuoi fanoni sono, dei miei sospiri, faro e lanterna / Darei i miei speroni, per un
bacio dei tuoi fanoni / Se pur fanoni fossero le labbra mie / A te abbrancato sul dorso
scosceso / Vedrebbe lOceano qualcosa di s maggiore / I pesci tutti l sanno, che tamo a
tutte lore / La mia mente vaga dietro al tuo spruzzo / E se i miei pensieri rintuzzo / Mi
coglie tosto vaga malinconia / S che non so ben dovio mi sia / Il tuo grasso unambra
dorata / Il plancton tuo, pietanza prelibata / E se un giorno infin tabbraccer / Dogni
libidine la furia, su te riverser.
Un grosso scroscio di applausi accolse la fine di questi cos sentiti versi.
Allora scoprimmo che Achab era innamorato di Moby Dick.
Non so se siete mai stati imbarcati con un capitano innamorato di una
balena, e siete quindi avvezzi alla stranezza di certi suoi comportamenti. Io,
per parte mia, trovavo alquanto bizzarro quel suo avvolgere le sardine in un
nastro rosso cremisi, prima di gettarle in mare, sulla scia di un lungo sospiro
di speranza. Accalappiava anche pesci volanti per porre attorno al loro collo
messaggi damore in ultrasuoni, registrati su piccole musicassette al cromo, e
diffusi da microregistratori giapponesi nelle immensit di quei solitari tratti
marini. Aveva portato con s una gran quantit di ninfe dacqua e azalee, con
cui lastricava il mare solcato dalla grande baleniera
Cerano con noi, nellequipaggio, anche quattro damerini tedeschi, slavati e
coi capelli tinti di biondo; specie di fossili tristi e immusoniti, pareva non
avessero altro compito che scrutare lorizzonte sterminato. Noi marinai, tra

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lazzi e sfide alla lotta, ci chiedevamo quale fosse la funzione di quegli


impassibili personaggi. Lo scoprimmo quando il gabbiere di parrocchetto,
issato sulla sua larga tolda sospesa alle funi, ebbe dato il segnale di
avvistamento di una grande balena bianca. Allora i quattro corsero tutti
affannati nelle loro cabine, per poi riemergerne con in mano quattro
strumenti ad arco: Achab voleva rendere il suo incontro con Moby il pi
romantico possibile.
Mentre i musici, piuttosto ignoranti di ittica, suonavano La trota di
Schubert (per forza, erano marinai di acqua dolce!) Hans Bergius, capitano in
seconda, un bastianone di due metri e passa, rosso di sole e verde di salsedine,
con la pelle disegnata dai tatuaggi come una tappezzeria di Damasco e due
incisivi veri tra i denti metallici (quelli suoi naturali erano saltati per un colpo
di rampone male assestato); proprio lui, Hans Bergius, il pi grande
bestemmiatore dei sette mari, oscillava dal trinchetto, percorrendo da un lato
allaltro il ponte della nave, con due alucce di cartapesta appiccicate sulla
schiena, laureola di cartone e larco di Cupido stretto tra le mani. Non
potemmo ridere, perch sapevamo che, se lavessimo fatto, poi, disceso da l,
ci avrebbe, uno per volta, stritolato una mano nelle sue mascelle dacciaio. Da
quella volta, per, nessuno volle fargli credito al gioco; era chiaro, infatti, che
solo lammontare dei suoi debiti con Achab poteva averlo indotto a umiliarsi
fino a fare da richiamo erotico.
Quando apparve Moby, Achab ulul festante. Come impazzito, invocava a
gran voce il nome dellamata; allora la balena prese la rincorsa, e planando su
di noi come un Concorde manifest la volont orribile di salire a prendersi il
capitano. Su di un tremolo incredibile degli archi, si alz una grande ondata,
placatasi la quale udimmo un effetto musicale di rara finezza. Il secondo
violino, la viola e il violoncello rispondevano a un breve inciso enunciato con
grande maestria: un canto che si allontanava sempre pi, in un soprannaturale
diminuendo, esile fino allinudibile.
Infine, notammo che il primo violino non cera pi: la risacca laveva
sbattuto nella pancia della balena, donde, concentrato come un vero artista,
continuava la sua esecuzione. In un rutilo di bagliori e uno sfavillare di

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spruzzi, Moby si inabiss con Achab; presto le note di Plaisir damour,


accennato in punta darco dal violinista mercenario damore, ci fecero edotti
di quel che stava succedendo l sotto.
Dopo trenta secondi di sdilinquimenti, il violino attacc la Polka Furiant di
Dvorak; quindi, un Galop e il walzer Vertigini di Strauss; poi, su di
uninterminabile cadenza in due quarti, fu la volta del celebre Slancio di
Schumann; e qui il solista prese a eseguire il tema allindietro, a specchio,
nonch con la coda e la testa sovrapposte, a seconda della pose amatorie che
la bizzarra coppia, nuotando, assumeva. Dopo tre minuti di quiete, il mare
prese a incresparsi, sollevandosi in piccole ondate che, scuotendo la barca, ci
ribaltarono a pancia in gi; allora udimmo, dalle profondit marine, venire un
sibilo acutissimo e melodioso, che poi, salendo dintensit, ci sfond quasi i
timpani, per superare, infine, la soglia della percezione umana. Capimmo che
Moby aveva avuto un orgasmo. Dal ventre del mare, stanco e paonazzo,
riemerse Achab, portando a s abbrancato il suo prezioso violinista. Il
quartetto ricongiunto esegu per lui Pompa e Circostanza di Elgar; ma lui li zitt
con un gesto, e pretese Luccello di fuoco di Stravinski.
Caspita! Magari mia moglie avesse lorgasmo cos veloce e potente! disse
Hans Bergius, corrucciato, nel mentre scagliava in aria tante piccole frecce che
esplodevano come festosi petardini. Inutile dire che, da quel momento, il
capitano divenne oggetto delluniversale stima dellequipaggio. Chiunque, per
scoprire il mistero di quel suo arpione, avrebbe dato via il proprio.
Non questione di quantit, ma di qualit rispondeva Achab, alle nostre
indiscrete domande Le balene sono animali molto sensibili. A forza di
cacciarle per procurarci il loro grasso, le abbiamo convinte di essere obese, e
questo le ferisce pi di un colpo darpione. Per far contenta una balena basta
dichiararsi ammiratori della sua linea snella. Lideale farle un body su misura,
in cui possa pavoneggiarsi un po.
Ma il body di una balena deve essere enorme! disse Hans Dove
diamine lhai nascosto, capitano?
Allora Achab indic lalbero maestro, e tutti vedemmo un grembiule a
sbuffo garrire ai quattro venti. Le propaggini per le pinne facevano da

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parrocchetto.
Diavolo di un capitano! Aveva perfino previsto lapprossimarsi della
tempesta, non appena doppiato Capo Nord, e ci aveva voluto risparmiare la
fatica di smontare una vela non adatta.
Presto la tempesta arriv, e fu terribile davvero. Mentre, legati alle sartie,
col timone bloccato dai flutti, tentavamo di resistere agli assalti del vento,
scorgemmo un dorso liscio e fulmineo profilarsi allorizzonte, per poi
diventare una montagna di bestia affannata, dai riflessi chiari, tra le nuvole
dacqua. Luscita di scena del capitano fu trionfale: a cavalcioni di Moby,
cantava a squarciagola il finale del Tristano di Wagner, agitando un lungo
arpione che portava in cima un anello nuziale con incastonata la scritta A.
M.: fidelitate semper. Le lettere erano intrecciate a formare un cuoricino.
Per nove mesi non vedemmo pi il capitano; infine, durante il trasporto di
un carico di sardine a Malm, incrociammo unisola non segnata sulle carte.
Stupefatti, ci avvicinammo a quella strana terra, e subito una lunga scia di
balenotteri ci si fece incontro, scortandoci fino alla riva. Allora notammo che
lisola era stata costruita unendo con lunghi cordoni di alghe le innumerevoli
casse di sardine che i molti naufragi avevano scaraventato nelle profondit del
mare. Nel mezzo dellisola sorgeva, a mo di talamo nuziale, un enorme
catafalco composto di milioni e milioni di conchiglie agglutinate dalla
salsedine. Su questo giaciglio, pieno dacqua come una piscina, Achab e
Moby, ebbri damore, stavano consumando un ennesimo, rovente amplesso.
Osservammo i balenotteri, e notammo con meraviglia che avevano braccia
umane, e con queste reggevano una piccola pipa di spugna, tra fanoni e denti,
sopra la barba resa grigiastra dalle maree.
Ma in quel momento risuon lurlo amoroso di Moby, e questa volta fu
cos potente, cos irresistibile, da scagliarci a molte miglia di distanza. N, per
tanto cercarla, potemmo pi ritrovare quella misteriosa isola in cui il sogno
segreto di ogni marinaio: una razza invincibile di uomini-pesce, si era, grazie
alla potenza di un uomo superdotato dalla natura, infine fatto realt.

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PENE ELETTRICHE

Era il leader del complesso Fuck me, Madness: un gruppo heavy-metal


scomunicato pi volte per via dei messaggi demoniaci subliminari celati nelle
sue canzoni. Si presentava sul palco inguainato in una tuta di pelle nera a
cerniera lampo aperta sul davanti; dal collo gli pendevano enormi simulacri
caprini, emblemi dellAnticristo rivelato.
Come violinista classico, Lester aveva registrato opere di Dvorak e Ravel
con direttori dorchestra tedeschi e serissimi. Quando doveva suonare con la
London Symphony, si presentava in frac. Amava due donne: la batterista del
suo complesso: Maria, detta Bloody Mary, e Virginia, violoncellista del
Quartetto del Galles. Aveva anche due case: un appartamento nel West End di
Londra tutto arazzi e carta da parati salmone, e un vecchio barcone sul
Tamigi, che ospitava una fumeria doppio e una distilleria clandestina. Aveva
un occhio azzurro e uno marrone. Entrambe le sue donne potevano
testimoniare che anche i suoi testicoli erano di differente grandezza. Quando
suonava Ravel, prendeva il the alle cinque, e il giorno del concerto non faceva
lamore; quando suonava il rock, la mattina alle dieci era gi ubriaco, e il
pomeriggio lo passava a sfinirsi in orge irriferibili.
Una volta, confuso, aveva iniziato una serata col suo complesso esponendo
il tema del Concerto per violino di Dvorak; poi, quando se ne era accorto, ci
aveva lavorato su fino a farne un inferno di effetti psichedelici. Era stato il
suo tributo a quellopera che amava.

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Quando, alla Queens Elisabeth Hall, qualcuno faceva lerrore di chiedergli il


bis, lui imbracciava larchetto e dissacrava Land of Hope and Glory, tra fischi e
ululati orrendi.
Siccome aveva due differenti personalit, aveva anche due violini: uno
Stradivari e uno strumento cinese elettrificato.
Limportante, per Lester, era di non rimanere attaccato alle idee. Finch
riusciva a giocare con le idee come faceva con le note, nessuna maschera
sarebbe rimasta appiccicata alla sua natura umana. Aveva la seduttivit
delleterno sedotto, la cui forza sta nel senso di vuoto che emana attorno a s.
Il suo pi grande trionfo era stato riuscire a convincere le sue due donne a
fare lamore insieme. Pareva che non si divertissero tanto per loro stesse,
quanto per Lester, che le induceva nelle posizioni e negli atti pi di suo
gradimento.
Lamare due donne lo metteva al riparo dagli equivoci di coppia.
Dividendo in due le bizze e le impuntature del cuore, si evita la fatale
frattura.
Lester aveva comperato due merli indiani, sistemandoli nelle sue due case.
Il primo fischiettava Raiders on the storm di Jim Morrison, il secondo la Marcia
Trionfale dellAida.
Il terzo amore di Lester era il suo pubblico. Il pubblico, le sue due donne e
i violini formavano, nel suo immaginario, un trittico erotico. I due violini
erano come le sue donne: biondo, vellutato, sensibile, malinconico, lo
Stradivari; aggressivo, con un velo di canfora e benzoino negli occhi, bruno e
lunare, il violino elettrico. Spesso Lester, in concerto, si vedeva come un Dio
azteco dai due falli, intento ad accoppiarsi con luditorio intero, che andava,
biglietto alla mano, in cerca di lui: la grande puttana della sensibilit universa.
Lester aveva la divinazione degli animi, retaggio del suo passato di enfant
prodige. Adulto, aveva dovuto reinventarsi i brani che erano stati i suoi cavalli
di battaglia. Un giorno, allet di quattordici anni, Lester aveva alzato la faccia
dalla cordiera, aveva scorto tutta quella gente giunta apposta per ascoltare lui,
aveva indovinato quegli occhi lascivi di bellezza che lo scrutavano. Era
scappato via. Aveva dimenticato come si suona. Aveva dovuto riapprendere

20

con la testa ci che il cuore dimostrava di aver sempre saputo. Da allora


riusciva sempre a sentire, coi sensi, lanimo di chi gli stava davanti, di che
colore fosse, e quali armonici producesse la pulsazione del suo cuore.
Ma ai suoi sensi, al suo intelletto, il pubblico chiedeva sempre di pi. Non
gli bastava lanfanare delle dita contratte, la ragnatela alle tempie, il tumulto
del sangue. Abituato a rendere irripetibile ogni contatto, ogni slancio umano,
Lester capiva che la sua foga agogica rischiava ogni giorno la morte nella
routine.
Accadde il giorno del compleanno di Jimi Hendrix. Quel giorno, Lester
venne abbandonato da entrambe le sue donne. Fuggirono insieme. Si erano
accorte di essere autosufficienti.
Quel giorno, sul prato, Lester vide molte coppie fare lamore. Si
possedevano con la quieta complicit di chi ha superato il limite dei corpi. E
Lester lass, solo, sul palco, a reggere il moccolo a tutti loro.
In un disperato desiderio di potenza, tent di elevare al massimo il volume
degli amplificatori, ma ottenne solo di veder aumentare il ritmo degli
amplessi, mentre dai gruppi partivano gridolini eccitati, come se tutti stessero
precipitando gi per il pendio delle montagne russe.
Allora, dopo aver calamitato su di s lattenzione con un lungo assolo del
suo violino elettrico, Lester si sfil i pantaloni, mettendo in evidenza un
membro turgido, pi lungo che tozzo (lui lo chiamava affettuosamente il mi
cantino). Ora il pubblico lo stava osservando con interesse. Qualcuno
batteva le mani; le donne mandavano urletti. Lester prese a masturbarsi
lentamente, a due mani. Quando vide che erano tutti eccitati a dovere, stacc
il cavo elettrico dal ponticello e lo ficc sotto la cordiera. Quindi, incastr il
pene sotto le quattro corde. Le scintille sprizzarono da tutte le parti. Lester
gemeva, urlava, e i suoi urli amplificati si fondevano col crepitio delle sue
carni arroventate.
Due minuti dur quello strazio, mentre leccitazione dei presenti
aumentava a mano a mano. Morendo, Lester si chiedeva se non fosse poi
vero come gli aveva pi volte detto lo psicoanalista che gli enfant prodige
rimangono per tutta la vita ossessionati da una sensazione di onnipotenza

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RECONDITE ARMONIE

Il mio primo trauma fu il distacco da mia madre. Ero molto legato a lei.
Formavamo quasi: io, lei, i miei fratelli, un unico corpo. Ma chi appartiene alla
mia specie impara quasi subito ad andarsene per il mondo, attraverso certi
canali sotterranei a noi solo noti. Luomo che ospitava mia madre, colui dal
quale lei traeva il sostentamento alla propria vita, quel giorno, aveva mangiato
i funghi, incurante di come sempre gli procurassero coliche. Al primo sussulto
che percepii attorno a me, capii che io, lultimo nato, sarei dovuto morire per
salvare gli altri. Uninesorabile tensione attanagliava, a quel solo pensiero, le
viscere delluomo cui io pure, come gli altri, dovevo la vita. Mi piacerebbe
pensare che fosse il dolore di lasciarmi, ma so che non cos.
Lo schianto temuto non ci fu. Mi ritrovai in uno stagno; poi, dopo brevi
istanti, interrotti solo dai mormorii della lotta che luomo cui tutto dovevo
stava intraprendendo con la sua cena, una cascata purificatrice mi scaravent
nel mare aperto. Sapevo che la mia vita era cominciata, pur bruscamente.
Sapevo che anchio, al termine di essa, sarei diventato madre, fecondandomi
di nuove creature. Ora, dovevo trovare un uomo che mi amasse. Per lunghe
sorgenti giunsi al mare. Ero molto giovane; affusolata e agile, mi sentivo una
vera attrazione. Mi rannicchiai nellerba del fiume, alla foce, e quasi subito un
passerotto, dallalto, mi scambi per un lombrico e mi ingurgit tuttintero.
Furono ore di imbarazzo. Luccellino era simpatico, e da come si dava da fare
per nutrire i suoi piccolini, dimostrava un cuore doro; ma il suo addome era

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cos piccolo e delicato, che quasi non osavo respirare, per paura di
danneggiarlo. Per quanto mi dispiacesse per lui, io non potevo convivere con
un amante cos povero. Quando la povert bussa alla porta, lamore fugge
dalla finestra. Per fortuna, mentre beveva ignaro, il capo tuffato in una pozza,
luccellino fin nella pancia di una vipera. Mi dispiacque molto per lui, ma io
dovevo mettere su famiglia. Lappartamento del serpente era stretto e lungo
come un vecchio torrione gotico: un posto assai romantico, anche se tetro e
senza luce. Il mio amante era misterioso e sempre inquieto; grazie alla sua
acuta voracit, io mi tenevo in contatto col mondo esterno in modo ancora
pi efficace di quanto la televisione, tanto cara allamante della mia povera
mamma, mi permettesse. Un giorno, il serpente ingoi un rospo grosso e
prepotente. Questi, appena messo piede dentro casa, prese a inseguirmi con i
suoi piedi palmati, finch non mi accorsi che, per il tanto sobbalzare, mi
trovavo a scolice in gi. Svenni, e quando mi risvegliai sentii un gran fetore.
Cominci cos il mio periodo pi grigio: chiuso nel corpo di una puzzola.
La volgarit di quellanimale mi deprimeva profondamente, sicch quando,
dopo un tempo che mi parve immemorabile, la sentii dar strattoni, e poi
giacere immobile, non versai certo lacrime per lei. Dopo qualche ora, vidi una
lama penetrare nella pancia della puzzola; poi, scorsi un occhio umano che
rovistava al suo interno; quindi, una mano pelosa mi afferr, e mi mise in un
vasetto spazioso e ben illuminato. Allora notai con gioia che ero stata adottata
da un uomo uguale allamante di mia madre; solo, era un po pi calvo e
panciuto; ma, a quanto pareva, era un uomo di scienza. Potete quindi intuire
la mia stizza, quando mi accorsi che quelluomo riceveva a casa sua una gran
dama. Non che fossi gelosa; per quelli della mia razza, la masturbazione il
mezzo pi normale per avere esperienze sessuali. Tuttavia, quella donna non
mi piaceva. Infatti, dopo una breve conversazione, i due si versarono da bere
dello champagne, e il dottore mi tuff nella coppa della donna, che bevve il
liquido avidamente. Compresi che, essendo grassa, aveva ideato quella
strategia per poter dimagrire, costringendomi a ingozzarmi al posto suo. Mi
accomodai dunque a mio agio in quel ventre potente e proteso, e cominciai a
partorire, con grande piacere, volta per volta la mia numerosa famiglia.

23

Lunico lato spiacevole, in questa sistemazione assai conveniente, era che la


signora si dedicava per ore e ore a gorgheggi e sovracuti doveva essere un
soprano impedendo a noi tutti di dormire. Appena mi agitavo un po, si
assestava una manata sulla pancia, riducendomi subito allimpotenza.
La mia situazione, per altro, non era delle peggiori. Avevo sempre amato la
lirica, unica grande passione di quel protervo uomo che mia madre aveva
avuto per amante. Mi riconoscevo soprattutto nella Manon Lescaut: quel
lamento di Manon, agonizzante nel deserto, sola, perduta, abbandonata,
non mancava mai di scuotere i miei sensi, e farmi sospirare sul mio stato
miserevole. Tutti gli animali del Creato avevano la loro anima gemella: i leoni
avevano la leonessa, i canguri le cangure, i picchi le picchie, i gazzelli le
gazzelle; solo io ero, e sarei rimasto per sempre, un verme solitario. Presto,
alla prima colica della celebre cantante, i miei figli avrebbero preso la loro
strada nel mondo; e io?
Dopo le iniziali incomprensioni, avevo preso a voler bene a quella donna
che mi ospitava, e il cui vitto era sempre delicato e squisito; ringraziavo la
sorte che non mi aveva fatto finire dentro un uomo del popolo, capace di
tediare unonesta tenia con una dieta a base di salse piccanti e carne speziata.
Lessere cresciuta a contatto cos stretto con larte mi dava quasi limpressione
di farne parte.
Ora, quando il soprano studiava, io mi deliziavo a quelle sonorit
paradisiache; talvolta accennavo anche ad accompagnarla nei duetti. Fu cos
che scopersi di avere una gran bella voce, capace di passare senza fatica dal
registro di basso a quello di soprano, grazie al mio ermafroditismo. Sapendo
ormai a memoria tutte le parti che la mia ospite sosteneva in teatro,
partecipavo idealmente alla tensione della recita, rallegrandomi quando tutto
andava bene, e corrucciandomi quando ella non era in voce; in fondo, dal suo
successo dipendeva anche la qualit del mio sostentamento!
Non so dove presi il coraggio; fatto sta che una sera, alla Scala, si dava la
Norma, il cavallo di battaglia della mia, per cos dire, padrona di casa; quando
lei accenn Casta diva, il pubblico trattenne il fiato; ma io, nel mio posto di
ascolto privilegiato, udii, sul limitare dellultimo, etereo acuto, una vibrazione

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nella nota che non lasciava presagire niente di buono; allora presi quanto pi
fiato potei, e certo mai un teatro risuon di applausi tanto sinceri e convinti
come, quella sera, il teatro alla Scala. Tanta era la sapienza che in me aveva
trasmesso quella grande artista!
Da quel giorno presi a ripassare, insieme alla mia amica, tutto il suo
repertorio. Durante le recite le facevo da suggeritore. Le prestavo un acuto,
quando la voce le si incrinava. Una sera, dopo una trionfale Medea, lei prese la
rosa di un ammiratore, la strofin delicatamente e si cosparse di petali
laddome, in un ideale omaggio a me.
Eppure, la mia abilit non celava niente di soprannaturale. Quale artista
pu essere superiore a unanima solitaria e immalinconita dal deserto
sentimentale in cui la natura ha precipitato quelli della sua razza? Mi
meraviglia che le tenie non si siano finora dedicate anche alla pittura e alla
letteratura, e ne adduco a unico motivo il non avere abbastanza spazio per
dispiegare i fogli e le tele. Ma, per la voce, non ci sono inconvenienti.
Ora che sono giunta alla fine del mio ciclo vitale, e anche la carriera della
mia amante volge al termine, io sogno per i miei figli un futuro di artisti.
Inizialmente, volevo formare con loro unorchestra darchi; budello per le
corde, ne avevo a bizzeffe... Dovetti lasciar perdere, perch lo strofinio delle
setole sullintestino cieco faceva alla mia ospite un prurito dinferno. Allora ho
cominciato a insegnare loro larte del canto, e in breve tempo, devo dire, tutti
hanno fatto grandi passi avanti. Ora confido nelle virt amatorie di quella
gran donna dentro cui abito. cos bella! Tutti i grandi cantanti che hanno a
che fare con lei, prima o poi, ci finiscono a letto. Tra un amplesso e laltro,
non dispero di poter spedire i miei figli nel corpo di tutti quei divi, che presto
si accorgeranno di quali benefici influssi una tenia possa esercitare sulla loro
tenuta vocale, oltre che sulla linea.
S: nel giro di pochi anni, grazie al mecenatismo indiretto della mia
prediletta, io conto di fondare unintera dinastia di tenie canterine, riscattando
la mia vilipesa razza dalloscura condizione in cui stata finora tenuta.
In questo modo, io ristabilisco la giustizia naturale. Non pensate, infatti,
che chi deve, per gli intrighi dellavversa natura, rinunciare allamore, abbia

25

almeno diritto alla gloria? Lo dice anche il nano Alberich, allinizio dellOro del
Reno. Domani io e la mia maestra lo cantiamo insieme allOpera di Vienna.
Speriamo di non sfigurare. Tutti aspettano con impazienza il debutto
wagneriano di Maria Matheopoulos, in arte Maria Smirnas.

26

SECONDA PARTE
BURLESCA

CHI HA PAURA DELLA MUSICA ELETTRONICA?

Una disgrazia alla Sala Missaggio: Mischa Dichter, il tecnico pi bravo della
nostra quipe, rimasto fulminato dalla bobina dellalta tensione mentre
regolava gli indici elettrostatici dellAssurdium, il nuovo strumento elettronico
prodotto dal nostro laboratorio radiofonico: un mastodonte di venticinque
metri per cinquanta capace di produrre, in sintesi, il suono di dodici sirene di
transatlantico, una valanga, sette ebrei che si lamentano di fronte al muro del
pianto, una cantante hard-rock in crisi dastinenza e dodici vecchie vedove che
parlano dei difetti dei loro defunti mariti. Peccato: lAssurdium ci serviva per il
commento sonoro allultimo film di Jack Daniels, il nostro nuovo regista:
Alterco tra operai irpini in unacciaieria sassone, per continuo di sega circolare,

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zampogna solista e coro in dialetto molisano. Vorr dire che, alla prossima
trasmissione, sostituiremo il brano con Trumerei di Schumann suonato da
Marta Argerich: un must della nostra stazione radio. Osservando le reazioni
alla notizia dei compositori residenti nella stazione, ho notato che Roger
Scepsi, lo statunitense, ha danzato un furiant nordista; Wolfgang Stochen, il
tedesco, ha intonato Deutschland ber alles in costume bavarese, schiaffeggiando
il regista greco Demetrios Argiris. Luciano Sanpietro, litaliano, si preparato
un piatto di rigatoni alla pummar, coinvolgendo lintero personale artistico
in una versione di Funicul, Funicul per putip e grancassa.
Ho limpressione che il nostro tecnico non fosse molto simpatico ai
compositori residenti. Del resto, era sempre incazzato. Per forza: era lui che
pagava le bollette di questo laboratorio di studi sulla musica elettronica
sepolto nel mezzo della Foresta Nera, tra lupi mannari e direttori generali. E
pensare che, il peggiore del gruppo, non era certamente lui. Il peggiore del
gruppo Victor Siniavski, il sociologo russo, quello che ha firmato il
documentario Sesso e cibo. Comincia con Scarpia che, dopo aver offerto il vin
di Spagna a Tosca, cerca di trombarsela. Siniavski un genio nel riportare le
pulsioni artistiche alla loro primigenia natura: il pene e il cibo (in alcuni,
lordine inverso). Io, a Siniavki, non oso dire pi niente. Una volta, per,
contestai il suo documentario sonoro Cibo e morte, in cui, per sostenere la tesi
che la paura delle scoregge vigente nella societ civile paura della morte,
cre un tappeto sonoro di scoreggie, allo scopo di illustrare una lunga teoria
di culi caganti.
Comunque, adesso, il nostro tecnico migliore morto, e io non riuscir
mai a innestare linterruttore da due milioni di volt che ci necessita solo per la
nostra sigla radiofonica: un circuito di contatti ed elettrodi in mezzo allo
sfrigolare dei quali San Sebastiano, arso dalla corrente, ehi! mica male!,
esclama, e che ci valsa la segnalazione dellIstituto nazionale per la cura
delle malattie mentali. Ho paura: temo un insurrezione degli elettricisti, che
non vengono pagati ormai da dodici mesi. Potrebbero fare cose orribili:
legarci ai cavi dellalta tensione, fissarci un appuntamento con Karl Ulpius
Kraftberger, Presidente della stazione radio, oppure farci riascoltare Conati,

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per voce di castrato e nastro magnetico, di Cornelius Claudicans, da noi


prodotto lanno scorso, e a causa della messa in onda del quale la percentuale
di aborti in Germania aumentata del cinquanta per cento.
Ci che mi preoccupa di pi lincomprensione che i compositori
tradizionalisti manifestano per noi. Ieri Dimitri Bodanski, il compositore
russo, stato qui. Gli ho spiegato a lungo il funzionamento del Frequenzimetro:
lunico strumento al mondo capace di imitare il canto di morte della foca
monaca fiocinata dal pescatore groenlandese. Lui ha annuito con la testa, ha
detto da, da; poi ha messo le dita nella presa, e si beccato la trecentottanta.
Sono sicuro che, una volta tornato in patria, parler male di noi.
Temo il discredito che questo avvenimento getter su di noi nuoccia alla
realizzazione del nostro progetto: spedire una nave spaziale in rotta verso
Alpha Centauri, col proposito di registrare tutti i suoni astrali e farne, al ritorno
della spedizione, una Sinfonia siderale che certo assicurer, finalmente, la fama
alla nostra stazione. Peccato le statistiche dicano che la spedizione sar di
ritorno tra duemila anni luce: un tempo forse troppo lungo perch io possa
vedere gli esiti della mia idea.

II
Fino a ora, levento culminante della mia carriera di tecnico del suono
presso la Radio di Totenton stato larrivo di Giorgine: il megasintetizzatore a
dodici piste e ventiquattro testine rotanti uscito dalla mente di Karl Ulpius
Kraftberger, il sommo ingegnere elettronico. Appena giunse nel grande
auditorium della radio, Giorgione scaten nei compositori col convenuti da
ogni parte del mondo attrazioni omoerotiche. Tutti contemplavano i suoi otto
terminali duscita, vagheggiando di poterli, un giorno, penetrare con gli
spinotti dei propri computer. Ognuno di loro si diede ad atti seduttivi di
lancinante tenerezza. Roger Scepsi, lo statunitense, incaston dentro una

29

plancia doro i diodi pi trasparenti che mai arnese elettronico potesse


sognare, e ne fece dono a Giorgione; poi, piangendo, si stese a terra, e
cominci a baciargli i peduncoli dappoggio. Wolfgang Stochen, il tedesco, gli
fece revisionare i circuiti da Ingrid, una prostituta dalle mani doro, diplomata
in elettrotecnica per corrispondenza. Ingrid percorse per unora, con le sue
dita delicate, i circuiti di Giorgione, e in tutto quel tempo il consumo di
corrente allinterno del laboratorio raddoppi. Luciano Sanpietro, litaliano,
scrisse per Giorgione un Canto damore per termostato e lampadina. Giorgione
parve gradire, perch la temperatura interna dei suoi circuiti aument di sette
gradi celsius. Il russo Igor Anichim tent il suicidio, infilando le dita nel
perforatore delle schede di programmazione: era vestito alla cosacca; ubriaco
fradicio, tent anche di ballare una Dumka, ma scivol e si ruppe la testa sul
commutatore di corrente. Il rapprendersi dellumidit sui canali elettrici di
Giorgione fece correre sul suo visore una goccia dacqua che poteva anche
essere una lacrima di commozione. Confesso che latteggiamento di
Giorgione mi spoetizzava alquanto. Come faceva a essere cos puttana? Era
chiaro che si trattava di una macchina poco seria, capace di sfruttare per i
propri scopi il desiderio matto che tutti quei compositori avevano di
possederlo. Non sapevo di quanto il mio giudizio era destinato, in seguito, a
mutare.
Avvenne quando giunse allo studio Hermann Schering: il pi famoso
direttore dorchestra tedesco di quel tempo. Schering aveva avuto sette mogli,
dieci figli, quattro orchestre sinfoniche; oltre a numerose automobili da corsa,
aerei e barche che egli insisteva a volere pilotare personalmente. Ne erano
conseguite quindici operazioni e numerose mutilazioni, per cui dirigeva
alzando la spalla sinistra e il sopracciglio destro, in alternanza: le uniche parti
rimaste integre del suo corpo. La sua cultura era immensa, e frutto della pi
demoniaca volont. Pare che a dodici anni, mentre suonava, per campare, il
contrabbasso in unorchestra di music-hall, tenesse su di un leggio parallelo a
quello della musica una copia dellEtica di Spinoza, e durante le pause ne
mandava a memoria alcune righe. Questo spiega perch, durante il suo primo
concerto con lOrchestra di Radio Totenton, nel bel mezzo dellEroica di

30

Beethoven, url allorchestra: Fate piano, ch non riesco a leggere. Sul


leggio del podio aveva la Critica della ragion pura di Kant, che aveva studiato
allorch lorchestra in cui suonava da giovane aveva eseguito lEroica di
Beethoven Naturalmente, Schering era famoso soprattutto per i fenomenali
pianissimo che riusciva a trarre fuori anche dalle orchestre pi cospicue.
Sullorigine della sua sovrumana memoria circolavano tre leggende diverse:
una diceva che derivasse da unimpressionante forza di volont, che lo
spingeva a bruciare una per una le pagine della partitura che stava imparando,
onde non poterci, poi, ritornare sopra; una, che egli fosse la reincarnazione di
Giordano Bruno, e conoscesse, quindi, le stregonesche mnemotecniche in
conseguenza delle quali il Domenicano venne bruciato sul rogo; la terza
diceva che si era bruciato le cervella con lalta tensione, quando aveva ficcato
la lingua nel terminale di uscita della centrale elettrica di Gravesano,
scambiandolo, a causa della futuristica architettura, per una gigantesca
meringa.
Va detto che Schering era diventato, da qualche mese, tragicamente miope.
Era cos miope che, quando si guardava allo specchio, si scambiava per
Josephine Baker, il suo ideale femminile, e cercava sempre di portarsi fuori a
cena. Ci riusciva sempre, e quando, alla fine della serata, si ritrovava nel letto
da solo, la sua confusione non aveva limiti. Come aveva fatto, la Josephine, a
fuggire dalla camera? E lui, dove aveva sbagliato? Alla lunga, Schering aveva
sviluppato un sentimento di frustrazione che si era, infine, mutato in
inconscia omosessualit.
Che Giorgione fosse omosessuale, era noto a tutti. Il suo costruttore ne
aveva infatti invertito, per una svista, la polarit elettrica. Da come, al
passaggio di Schering nel laboratorio, per raggiungere lauditorium, Giorgione
accese tutti i suoi lampeggiatori, e le giunture presero a venire scosse da un
tremito inarrestabile, capimmo che si trattava di un colpo di fulmine. E colpo
di fulmine fu anche per Schering, che, catturato dalla macchina merc un
lungo cavo, riemerse dal suo interno tutto annerito e fumigante, col frac che
gli cadeva a brandelli e i capelli irti e divenuti biondo pagliaio, di corvini che
erano. Fu giocoforza presentarsi al pubblico in quelle condizioni, per le quali

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nessuno si scandalizz. In programma cerano Il poema del fuoco e Il poema


dellestasi di Scriabin, e tutti pensarono che Schering avesse solo voluto
sfoggiare un look in armonia col clima estetico di quelle composizioni.
Per il resto, Schering era un uomo fortunato. La sua carriera era decollata
grazie a una surreale interpretazione della Quinta di Beethoven, tutta
mormorata sottovoce. Non era una geniale rivisitazione. Schering, adiposo,
afflitto da un ventre a mongolfiera tale da costituire, pi che una parte di se
stesso, un altro se stesso lui lo chiamava caro collega, e diceva, alzandosi
da tavola: Caro collega, hai mangiato bene? Hai bevuto bene? portava le
bretelle. La Quinta di Beethoven comincia con un accento in fortissimo.
Schering sollev le braccia, poi le abbass violentemente. Le bretelle
saltarono. Cos, fu costretto a dirigere il resto della lunga sinfonia con una
mano sola, in quanto laltra era impegnata a sorreggere gli ampi pantaloni del
frac.
Ed ora, Schering e Giorgione si amavano. Io ero preoccupato per
Giorgione. Tutti conoscevano la fama di uomo cinico e senza cuore di
Schering; buono solo a sfruttare le sue numerose mogli, che gli facevano da
cuoche, cameriere, manager, segretarie e copisti. Da amanti, no, perch
Schering faceva sempre lamore con donne con cui non fosse sposato. Va
detto per che, dopo il divorzio, Schering diveniva, per tutte le sue ex-mogli,
un amante tenero e premuroso. Quindi, tutte sposavano Schering nella
speranza che lui, poi, divorziasse da loro.
Lultima moglie del maestro, la russa Galina, era cos bella che Schering
decise di accasarsi con lei in via definitiva. Glielo disse durante una romantica
gita sul Reno: Noi non ci lasceremo mai, cara. Te lo prometto. Lei svenne.
Lui pens fosse per la gioia. Da quel momento, Galina le escogit tutte: si
fece trovare a letto con lidraulico, il postino, il garzone del panettiere. Niente:
Schering, passando, si limitava a suggerire quali fossero le varianti erotiche
preferite dalla moglie. Talvolta ringraziava chi, siccome lui era molto
impegnato, teneva in allenamento i di lei procaci sensi. Quando Galina
smise di tenere in ordine la casa Schering, commosso, la abbracci: Cara le
disse la prima volta che lasci i miei libri tutti sul pavimento, nello stesso

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ordine in cui ce li ho lasciati io. Sapessi che fatica facevo, prima, a ritrovarli.
Galina divenne alcolizzata, e Schering pass con lei lunghe serate di baldoria a
suonare e cantare le opere di Mussorgski. Grazie a lei, scopr l ritmo giusto
della Canzone dellostessa, nel Boris Godunov, quale fosse. Infine, Galina tent il
suicidio, infilandosi in bocca il tubo del gas. Schering, quando la vide, si
precipit agitatissimo su di lei: Ma sei pazza? Non sai che il gas rincarato
del dieci per cento? Se vuoi, ti posso trovare un po di stricnina. Un
farmacista che conosco me la darebbe a prezzo di favore, e tu faresti una fine
molto pi spettacolare, con la bava verdastra che cola dalle froge schiumanti e
riarse... Va detto, infatti, che Schering era noto per essere un tirchio
tremendo, con la mania di conservare tutto. Conservava, in unapposita
scatolina, perfino i suoi dentini da latte. Diceva che, se fosse progredita la sua
incipiente sordit, ci avrebbe fatto un cornetto acustico davorio, saldando
cos, in unammirevole sintesi, linizio e la fine della mia vita. Schering aveva
riportato una lesione alludito quella volta che, per registrare la sua Sinfonia di
Hiroshima, si era fatto costruire dalla Radio della Svizzera Italiana un piccolo
studio costituito tutto di riverberatori e specchi acustici, dentro cui aveva
installato un registratore sul quale, per simulare leffetto della bomba, aveva
registrato: dodici sirene di piroscafo in mezzo alla nebbia del mare di Baffin, il
cozzo di uno dei piroscafi contro un iceberg, il ruggito dellorso siberiano
quando, per la sesta volta in un giorno, una troupe di ecologi lo filma mentre
dorme, tutti i concerti, sovrapposti, del gruppo heavy-metal Fuck Me, Madness, il
risveglio del vulcano Mount Pel dopo due secoli di sopore, lo schianto del
satellite artificiale Mercury, di duemila tonnellate, sul pack antartico che forse
venne chiamato pack dopo quel memorabile cozzo infine: il NOOO di
Hans Ulpius Kraftberger alla ennesima richiesta di Schering che gli
aumentassero il compenso. Questultima sovrapposizione sonora era la pi
rumorosa di tutte: il Presidente aveva non solo perso la voce, ma polverizzato
ugola, velopendulo e palato, sicch adesso, al posto della bocca, aveva una
valle lunare. Leffetto del crescendo conclusivo fu molto bello. Tutti i cani
del Canton Ticino presero a latrare schiumando di rabbia; poi, a gemere;
infine, esplosero. La nostra regione si spost di cinquanta chilometri a Est, a

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causa delle vibrazioni terrestri, e fin in Austria. Fu la prima volta, nella storia,
che si vide unintera nazione invaderne unaltra. LAustria, per contraccolpo,
invase la Slovacchia, e questa la Russia; insomma: alla fine la Siberia si
ricongiunse al Giappone, ricostituendo la Pangea preistorica. La popolazione
svizzera non pat conseguenze traumatiche, se si eccettua il fatto che, a
ognuno, gli orecchi finirono allaltezza dei calcagni. Quanto a Schering,
riemerse dallo studio con le orecchie a bandoliera. La loro circonferenza
misurava due metri. Ragazzi, che meraviglia, queste cuffie! disse, prima di
svenire a faccia in avanti. Va detto, per, che, dinverno, le orecchie presero a
fargli funzione, insieme, di sciarpa e berretta. Bastava arrotolarle o spiegarle:
prendevano tutte le forme.
Per seguire le disgrazie di Schering, abbiamo dimenticato di dire che
Galina, dopo quellestremo tentativo di divorzio, fin dritta in manicomio.
Allora Schering spos la psichiatra che laveva in cura, e Galina, subito, guar.
Lintesa tra Schering e la psichiatra era nata grazie a una loro strana
perversione sessuale: Schering si faceva legare al lettino di contenzione del
manicomio, con le mani sulle tastiere di due sintetizzatori; quindi, la psichiatra
mandava una lunga scarica, attivando, nel contempo, un registratore. Fu cos
che nacque la suite Orgasmi neuronali. Quando fu eseguita al Festival di
Darmstad provoc, tra i critici, opposte reazioni. Alcuni tra loro si
innamorarono di Schering, e tentarono di fotografarlo mentre faceva la
doccia; altri lo aspettarono fuori dal bagno armati di kalashnikov. Siccome i
due gruppi si erano appostati ai due lati del gabinetto di legno posto nel
giardino dellalbergo country-chic in cui il maestro soggiornava, il risultato fu che
met dei quotidiani tedeschi dovette rinunciare a riportare la cronaca dei
concerti successivi.
Lamore per lelettronica crebbe, in Schering, da quel giorno, sempre di pi.
Fino a quellincontro fatidico con Giorgione dal quale cominciata la nostra
storia.

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III
Dopo un lungo corteggiamento, avvenne quello che tutti noi temevamo:
Schering decise di scrivere per Giorgione un capolavoro, quel genere di
musica che ogni amato sognerebbe di ricevere dal suo amante. I tecnici del
suono se ne andarono a uno a uno; qualcuno accamp a scusa la nevralgia di
una vecchia zia, altri un imminente parto plurigemellare della nonna materna.
Io mi feci somministrare da un amico veterinario un virus rarissimo, capace di
provocare, in chi lo assumesse, lerpete cornuto: una malattia esantematica
tipica delle renne, che riduce la pelle come una pergamena. La malattia era
contagiosissima, ma Schering, quando mi vide, non si preoccup affatto. A
causa delle numerose operazioni mi disse egli non aveva pi una pelle, ma
un composto chimico al silicio, per cui non correva alcun rischio. Anzi,
poteva approfittarne per annotare la sua prossima composizione direttamente
sulla mia epidermide. Cos, da allora, non potei pi lasciarlo. La situazione mi
parve subito grave. Per prima cosa, Schering disbosc mezza Foresta Nera
per costruire una diga con cui imbrigliare le acque del fiume Aar. Poi cre
unimmensa centrale idroelettrica, onde avere in ogni momento lenergia
necessaria al funzionamento del mostruoso congegno da lui elaborato per la
produzione dei suoni infernali che gli passavano per la mente. Si trattava della
sinfonia Il collasso delluniverso: Una rappresentazione sonora della fine dei
tempi, il d che il Caos riprender nelle sue spire lenergia delle galassie, e la
far conflagrare in se stessa. Ma, non sarebbe pi appropriata una romanza
per violino e orchestra? azzardai timidamente. Niente da fare: Giorgione
stesso aveva richiesto al suo amante un brano di quel tipo. Non c da stupirsi
se cominciai a pensare che Giorgione fosse stato progettato dal diavolo in
persona. Del resto, chi aveva progettato Giorgione? Nessuno ne sapeva
niente. Era capitato l senza un foglio di accompagnamento, senza una sigla
incisa sulla sua corazza. Niente che potesse far sapere dove era stato
fabbricato. Sospettai che il demonio, un tempo esperto di alchimia, si fosse,
col mutare dei tempi e delle civilt, specializzato nelle discipline

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elettrotecniche. Non si diceva forse che i violini di Stradivari e di Guarnieri


dovessero il loro suono a uno strano elemento chimico, che nessuno era mai
riuscito a isolare? E non furono i violini di costoro, gli strumenti per cui
lanima di molti musicisti si consegn al diavolo? Paganini era solo il caso pi
conosciuto, ma in quante leggende popolari il diavolo suona il violino, per
attirare a s le anime? Decisi, dunque, di esorcizzare Giorgione. Pronunciai
anatemi e scongiuri, a cui la macchina reag con fulmini che, se mi avessero
colpito, mavrebbero folgorato allistante. Eppure, non riuscivo minimamente
a scalfirlo Nel frattempo, Schering aveva costruito un enorme
accumulatore dentro cui veniva ammassando tonnellate di kilowatt. Sopra tutta
la Svizzera stazionava in permanenza una nube temporalesca. Fuochi fatui
attraversavano laria. La gente camminava a qualche centimetro da terra. Chi
portava il pacemaker non riusciva pi a fermarsi, e correva per le strade del
paese, macinando centinaia di chilometri al giorno, col cuore a trecento
pulsazioni, fino a che non crollava a terra morto. Gli uccelli finivano ben
rosolati dentro i cespugli di rosmarino, e non restava che metterli in tavola.
Presto, le lavatrici presero vita, e roteando il cestello come elicotteri si misero
in volo, per poi abbattersi come proiettili sullautostrada del Brennero, dove
produssero duemila morti. Noncurante di tutto, ormai quasi pazzo, Schering
reclut una squadriglia di castori, con cui fabbric sempre nuove dighe,
imbrigliando fiumi su fiumi, per raggiungere il quantitativo di energia
necessario alla sua impresa. Certo, quando Kraftberger aveva detto che il
nostro laboratorio sarebbe stato la fine del mondo, non pensava di essere
cos vicino alla verit. Infine, Schering si chiuse nello studio con Giorgione, e
per due settimane, giorno e notte, perfor e introdusse al suo interno schede
magnetiche, per programmarlo al grande evento musicale. Tutte le radio del
mondo si sintonizzarono su Radio Totenton. La grande antenna parabolica
costruita per immagazzinare anche lenergia dei fulmini vibr a lungo.
Schering tir la leva. La corrente salt in tutto il mondo. Tutto si fece scuro.
Ci fu un immenso boato, una conflagrazione. Molti ponti crollarono; alcune
montagne si aprirono come souffl; il manto terrestre scivol, strato su strato.
Vienna fece tuttuno con Berlino, realizzando un antico sogno del popolo

36

tedesco. Alla fine del grande fragore, ci fu un attimo di silenzio, poi le radio
superstiti diramarono in tutto il globo un esile suono proveniente da
Giorgione: un violino fioco e scordato eseguiva il Minuetto di Boccherini.
Oh, ma il Minuetto di Boccherini! esclamai trasognato non appena
riuscii a emergere dalle macerie dello studio. E di sotto un enorme masso udii
la voce incollerita di Schering: Cosa vuole alludere: che non sia farina del
mio sacco?
Tirai un sospiro di sollievo. Il mondo era salvo. Le mie funeste congetture
si erano dimostrare infondate. Il clima idilliaco che sera instaurato fu
interrotto da un urlo tremendo di Kraftberger. Gli era arrivata la bolletta della
luce. Aveva cos scoperto che, per trasmettere il Minuetto di Boccherini, aveva
speso quanto gli sarebbe bastato per mantenere fino alla fine dei tempi
unorchestra sinfonica e coro di cinquecento elementi. Schering venne
cacciato via a calci in culo. Giorgione tenne per un po il broncio, ma alla fine
venne riconquistato da Kraftberger col dono di una snella, adolescente
resistenza tedesca che sapeva ballare e cantare Lili Marleen.

IV
La crisi finanziaria che travolse, dopo quel tracollo, lo studio radiofonico ci
costrinse agli impieghi pi biechi: registrare jingle per la pubblicit delle
marmellate, preparare le basi per il karaoke del dilettante, fornire gli effetti
sonori per tutte le duemila puntate della serie televisiva dellIspettore Yorick.
Io giravo tutta la citt alla ricerca di campanacci, fischietti, clacson, seghe
circolari, onde produrre tutti quegli assurdi rumori. Potevo essere anche
molto scorretto, come quando, per ottenere un urlo lacerante destinato ad
accompagnare una scena di omicidio, incastrai nella porta dellascensore il
piede di Kraftberger. Il tremendo uomo, peraltro, non sembr prendersela
troppo. Lantica baldanza aveva in lui lasciato il posto a unuggia cupa. Per
fortuna in quel periodo, dallAmerica, giunse nello studio il giovane William

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Gage con un progetto interessante: utilizzare Giorgione per catturare


larmonia che i pianeti, ruotando, irradiano in tutto luniverso. Gage si install
nel laboratorio, apr Giorgione come una cozza, lo coperse di contatti ed
elettrodi, poi install sulla sua sommit unimmensa campana parabolica: un
elettroscopio destinato a catturare qualsiasi onda sonora i corpi celesti
irradiassero nello spazio. Lavorava lentamente, con metodo, incurante del
chiasso che si faceva intorno alla sua creazione. Tutto il mondo aspettava di
sentire la musica delluniverso. I teologi sostenevano che Dio, in quanto
creatura perfettamente felice, cantava spesso, soprattutto quando era sotto la
doccia; alcuni si spingevano fino a supporre che tipo di musica prediligesse: il
Leitmotiv del film I dieci comandamenti. I cultori delloggettivit avanzavano
lipotesi che, anche se si fosse ascoltato qualcosa, si sarebbe certamente
trattato di qualche stazione radio clandestina occulta nelletere. Chi credeva
negli extraterrestri non vedeva lora di saperne qualcosa di pi su di loro, con
lascoltare le loro trasmissioni radio. Quando, infine, Gage ebbe sistemato
tutti i suoi rivelatori, le radio di tutto il mondo mandarono un segnale sonoro
prima fioco, poi pi rilevato. Il mondo trasal. Si trattava di Besame Mucho. Era
quella, larmonia fondamentale di tutto luniverso! I teologi divennero atei; chi
credeva negli extraterrestri propose listituzione di un corso di educazione
musicale per alieni, onde migliorarne i gusti musicali.
Ormai la partita ci sembrava persa per sempre, quando dal cielo, forse
stimolato dal nostro interesse per lui, giunse la salvezza, sotto forma di un
paracadutista che, una volta ripulito del fango e delle ecchimosi, si rivel per
Caius von Kthanos, il celebre direttore dorchestra, altrettanto noto per le
sue imprese sportive; anche perch non gliene andava mai dritta una, e finiva
allospedale una volta su due. Kathanos propose subito di sfruttare le ricche
apparecchiature dello studio per produrre dei film musicali che tutto il mondo
avrebbe, di certo, acquistato. Lillustre musicista pretese di fare una prova
tecnica con dodici telecamere che lo avrebbero ripreso mentre canticchiava
sotto la doccia, la mattina presto. Solo che, per errore, quel filmato venne
regolarmente distribuito in tutto il mondo. La commistione di scandalo e
bizzarria fece, da un giorno allaltro, la fortuna del nostro studio; per quanto,

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il Maestro, fosse furibondo, soprattutto dopo che un importante regista


porno gli propose una parte nel suo ultimo film, date le dimensioni dellarnese
seminale di Kthanos. Sullabbrivio di quel successo, fu girato un
documentario che mostrava la nascita di unesecuzione sinfonica. Era un film
molto bello: si vedeva Kthanos scherzare con gli strumentisti, che ridevano
beati, e poi, al levare possente del demiurgo, con gli occhi inumiditi di
pianto, principiavano la solerte opera loro. In realt, le scene idilliache erano
state girate senza sonoro: Kathanos faceva finta di parlare, gli orchestrali di
ridere, e poi di suonare; questo perch, durante le prove, le partiture volavano
in aria, il podio veniva scaraventato tra gli strumentisti ed epiteti luciferini
proferiti allindizio della falange strumentale, con la bava alla bocca,
rendevano il clima cos surriscaldato che perfino Giorgione prefer
disattivarsi. Ma la grandezza artistica di quelluomo era tale da fargli
perdonare ogni stranezza, dovuta, a detta del suo agente, a un cane idrofobo
che lo aveva morso da piccolo; il che spiegava anche il vezzo, invero poco
ortodosso, di Kthanos, di ululare nel punto culminante di un fortissimo.
Beh; disse Kraftberger finalmente, ecco una personalit potente,
che...; non pot finire la frase, perch Kthanos lo azzann al malleolo.
Sopravvenne il cimurro, e Kraftberger rimase per due settimane tra la vita e la
morte. Allora, Kthanos venne eletto Presidente della stazione radio. Ma la
pace, per noi, era ancora di l da venire. Quel benedetto uomo, infatti, non
aveva rinunciato alle sue discese in paracadute: una volta dovemmo andarlo a
recuperare in fondo al cratere dello Stromboli; unaltra, dentro la turbina di un
caseificio; infine, in galera, dopo che era piombato nella stanza da letto del
Primo Ministro inglese, Lord Reginald Tripleton, mentre questi si intratteneva
con una donna che non era la sua legittima consorte... Forse, la cosa non
sarebbe degenerata, se la donna, non appena visto Kthanos, non si fosse
lanciata su di lui ma guarda mugolando c quel direttore superdotato che
ho visto nella cassetta mentre faceva la doccia! Certo, Kthanos privilegiava
forse troppo il fatto tecnico su quello artistico. In pratica, quando doveva
incidere una sinfonia, chiedeva agli strumentisti di suonare ognuno la propria
parte, a casa propria, e di registrarsi. Poi lui, in cabina di missaggio,

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sovrapponeva le tracce. Si videro pianisti suonare tutta la musica una nota per
volta, con un dito solo. Cantanti sfiatati far tremare i vetri, violinisti con la
sclerosi a placche tirare arcate da boscaiolo canadese, flautisti con la
tubercolosi prendere fiato ogni duecentoquattro battute. Fu una grande era,
per la nostra stazione radio.
Ma tutte le cose belle, prima o poi, hanno una fine. Un giorno, Kthanos
decise di registrare lOuverture 1812 di Ciaikovski: quella che celebra la vittoria
dei Russi sullarmata di Napoleone, e prevede limpiego di cannoni, campane
e cori di cosacchi. Vedrete; disse il giorno prima della registrazione, con un
lampo di follia negli occhi sar una registrazione dagli effetti molto
naturali. La prima salva di cannone centr la torre di trasmissione. Al
secondo colpo si associ la deflagrazione di un missile Pershing che abbatt
due satelliti americani. La NATO non intese le nostre ragioni artistiche, e rase
al suolo lintera citt di Totenton. Allora, sulle rovine delle nostre case, giunse
cantando il Coro dei Cosacchi del Dniepr, che fecero razzia del bestiame,
violentarono le nostre donne, resero schiavi gli uomini e vendettero i bambini
alle cliniche private, per i trapianti di organi. Ma la registrazione fu un grande
successo, e con i soldi guadagnati potemmo ricostruire lo studio. Solo che
Kthanos spar. Le ultime fonti dicono che stato deportato in Siberia, e col
dirige unorchestra di balalaike.

V
Le molte esperienze che avevamo accumulato ci facevano pronti per la
grande avventura di una tourne, che, organizzata da Kraftberger, avrebbe
toccato tutti i continenti. Non fidandosi pi delle stars del podio, lorchestra si
provvide di un onesto Kapellmeister, e sotto la sua guida prov,
metodicamente, per cinque settimane. Alla fine, gli strumentisti ottenevano
dei magnifici diminuendo a pianissimo, di cui il vecchio maestro non finiva
di compiacersi. Per fortuna era molto miope, altrimenti si sarebbe accorto che

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la ragione di tanto virtuosismo stava nel fatto che gli orchestrali, cullati dalla
sua monotona voce chioccia, mentre parlava, si addormentavano a uno a uno.
Ma che Kraftberger avesse visto giusto, nello scegliere un uomo paziente
piuttosto che un genio della musica, apparve chiaro fin dal debutto europeo,
ad Amsterdam: citt provvista di un magnifico auditorium moderno, ma
posto in mezzo al quartiere a luci rosse, un luogo irresistibile per una falange
di orchestrali tra i venti e i trentanni provenienti da un paese di morti di
sonno come la Svizzera, in cui il massimo della trasgressione notturna lo
spettacolo di fontane danzanti sul lago di Ginevra. Fu cos che, in qualit di
chairman dellorchestra, dovetti annunciare una piccola variazione al
programma: in luogo dellOttava Sinfonia di Bruckner, per grande orchestra,
avremmo eseguito, nella prima parte, la Piccola serenata notturna di Mozart e,
nella seconda, la Sinfonia degli addii di Haydn: un brano in cui avviene che, alla
fine dellultimo movimento, gli strumentisti, a uno a uno, smettono di suonare
ed escono dalla sala. La maggior parte dei componenti lorchestra, infatti, era
sposata con altri orchestrali. I pochi che si erano presentati regolarmente al
concerto, quindi, avevano fretta di correre a recuperare i rispettivi coniugi,
che si erano persi per bordelli. Furono proprio le mogli tradite a suggerire a
Kraftberger il da farsi. E cos, la sera dopo, vedemmo il nostro albergo
riempirsi di prostitute, tutte attillate in divise nere della Gestapo, ciascuna con
un dobermann al guinzaglio. Chi casc nella trappola della propria
concupiscenza non tocc pi una donna per il resto della sua vita. Si trattava
del gruppo sadomaso Doktor Mengele, specializzato in prestazioni irripetibili, e
noleggiato per lintera notte dal dottor Kraftberger.
Risolto, una volta per tutte, il problema delle scappatelle sentimentali,
restava quello del repertorio. A Londra, presentammo al reazionario pubblico
inglese un brano in prima esecuzione mondiale, Rictus tetanicus, di Gsta
Sderstrom, per pialla, sega circolare e sfrigolamento di carboni, assicurati da
un martire messo a cucinare a fuoco lento durante lesecuzione. Sfortuna volle
che il concerto fosse stato organizzato dallAssociazione per il diritto alla vita, e il
pubblico fosse tutto composto di donne gravide. Ci furono settecento aborti.
Chi non abort, aveva una gravidanza isterica. Ce ne accorgemmo perch il

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turbine di vento che spazz il palcoscenico fece decollare le scene dellopera


Fernando Cortez di Spontini, allora in allestimento. Un enorme galeone
piombato su Piccadilly Circus speron lauto di rappresentanza del Primo
Ministro inglese, Lord Reginald Tripleton, e issandola sul pennone la trascin
con s dentro un colossale fast-food, per poi scaraventarla nella friggitrice
automatica. Sderstrom, imperturbabile, ci fece notare la corrispondenza che
si era venuta a creare tra scena e realt; com postmoderno, tutto ci!: fu il
suo commento sornione. Ci decidemmo a togliere il brano dal programma
solo dopo un concerto nella provincia australiana. Lauditorium era in mezzo
alla boscaglia. In capo a dieci minuti, la sala venne invasa da un branco di
mufloni, conigli selvatici e ornitorinchi, che fecero a pezzi sedie, tendaggi e
anche diversi spettatori, tra cui il Sindaco di Melbourne. Avemmo salva la
vita, ma solo a condizione di lasciare Sderstrom alla sommaria giustizia del
luogo. Pare sia stato dato in pasto agli squali tigre.
Rimpiazzammo Rictus tetanicus con Ci che si vede dopo il lento sorgere del sole
nella baia di Munde, del compositore islandese Bjrn Bjorson. A Vienna, la
prima esecuzione lasci il pubblico alquanto perplesso. In effetti, dopo un
lungo pedale dei timpani, alcuni accordi dei fiati preparavano una lunga
melopea delloboe, cui rispondeva larpa con una breve volata; poi, cera un
passaggio di armonici ai violini; poi, pi niente. Per un momento pensammo
che quel rincoglionito del Kapellmeister avesse dimenticato a casa met
partitura; invece, no. Il fatto era, ci spieg Bjorson, che nella baia di Munde,
dopo il lento sorgere del sole, cala subito la nebbia, per cui non si vede pi
assolutamente niente.
Anche limpressionismo dava, come si vede, i suoi problemi. Tentammo la
strada delle scuole nazionali. Scritturammo un compositore ucraino, Gidon
Krakoviak. Costui ci scodell, durante un fine settimana a nostre spese nelle
terme di Karlovy-Vary, il poema sinfonico Stefan Radzwillich, dedicato a un
oscuro capo cosacco che tent di capeggiare una rivolta contro lo zar, nel
Diciottesimo secolo, ma fin impallinato dai vicini di casa, da cui si era recato
con lintenzione di arruolarli per primi alla causa comune. Pare che,
avvicinatosi furtivamente, conscio di come la sua natura di rivoluzionario

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richiedesse la clandestinit, venisse scambiato per un ladro di polli.


Comunque, il brano era molto deffetto, non fosse che gli orchestrali, nel
terzo movimento, Orgia e saltarello, dovevano darsi delle gran manate nella
cosce, bere vodka russa, gettare i bicchieri dietro le spalle, urlare Ehil,
iollolo, opsasas! e poi fare un trenino che si snodava per tutta la platea,
scalciando come bufali impazziti. Alla prima, lordine degli eventi venne
rispettato, e tutto and bene. Durante la seconda esecuzione, lorchestra era
cos rilassata che tutti cominciarono a bere fin dalla Canzona introduttiva.
Quando mi accorsi che la Canzona sembrava una corale di mucche durante la
mungitura, intuii la catastrofe imminente. Fu cos che, giunti al Terzo
Movimento, tutti, invece delle pacche sulle cosce, presero a darsi dei gran
cazzotti sul naso; sulla platea volarono i bicchieri; il pubblico rispose
lanciando scarpe, bastoni e cammei grossi come noci. Sfortunatamente,
eravamo a Berlino, e al concerto assisteva lo stato maggiore al completo delle
Deutschland Sturmtruppen. Met orchestra fu stesa da stivali volanti grossi come
V 2. A questo punto irruppe la polizia, proprio mentre gli orchestrali rimasti
integri Ehil, iollolo, opsasas urlavano come impazziti. Quando udirono dal
fondo della sala un coro di altol, si misero a sfogliare con foga la partitura,
alla ricerca del passaggio in eco che gli era sfuggito. Infine, lOrchestra
Sinfonica di Radio Totenton usc tutta ammanettata: gli orchestrali in fila,
legati luno allaltro, danzavano un inebriante saltarello. Raggiunsero il
confine, e da quel giorno non avemmo pi notizie di loro. Cos termin la
nostra tourne.

VI

Tornati a Totenton, noi del personale tecnico e amministrativo venimmo a


sapere che Kraftberger era precipitato col volo di linea che doveva riportarlo
in patria. Cera stata unavaria, e il nostro vecchio sergente, pronto come

43

sempre a buttarsi anima e corpo nelle imprese, aveva preteso di mettere in


salvo laereo, accampando unesperienza di volo che, per quanto ne sapevamo
noi, si limitava allottovolante del luna-park. Questo spiega perch, quando si
trov la scatola nera, le ultime parole del comandante risultarono essere: Ma
che cazzo fa! Quella non la cloche; il microfono della radio! In che aviazione
ha fatto la guerra? No, no, quei pedali non si spingono tutti insie... Facemmo
due cose in sua memoria: ringraziammo il cielo che quello spilorcio ci avesse
fatto tornare a casa in autostop, e utilizzammo il magnifico fragore prodotto
dallo schianto dellaereo per un radiodramma su di lui, Lurlo e il silenzio, cos
concepito: le grida spaventose con cui Kraftberger martoriava da bambino i
suoi genitori si sovrapponevano agli alterchi con cui rendeva invivibile lo
studio e alle grida orgasmiche che segnavano i criteri con cui procedeva alla
selezione delle segretarie; il tutto poi, mescolato, veniva coperto dallo
schianto dellaereo; seguiva una modulazione lenta lenta; allora entravamo noi
dello studio, con un coro di estatici oh, che pace! ah, che delizia!.
Ma la morte di Kraftberger ci mise in uno stato di disperazione. Per quanti
sforzi facessimo, infatti, non riuscivamo a decidere quali soddisfazioni cavarci
per prime. Qualcuno si arrampic sulle antenne paraboliche e cominci a
smontare coi denti i bulloni cui erano fissati i dischi metallici delle
apparecchiature elettroniche, rimanendo folgorato sullistante. Una morte
felice. Altri presero Giorgione, lo trasformarono in un juke-box e poi lo
suppliziarono per ore, costringendolo a mandare in onda dischi di musica
country, finch il cervellone non scoppi, andando in mille pezzi. Rimase solo
una rotellina, che girava impazzita I am a yankee dudle-dandy. Ip-ip-urr!
cantando. Io realizzai un antico sogno: cantare in diretta A vucchella
accompagnandomi col mandolino su radio Baden-Baden, interrompendo la
cinquantesima replica di Gruppen, di Karlheinz Stockhausen. Lingegnere del
suono polacco, Protopopov Krzchk, che non parlava mai con nessuno per
paura di dover spiegare come si chiamava, fece il giro dello staff dicendo a
tutti: Ciao. Vogliamo essere amici? Chiamami Mimmo; e intanto dava delle
tremende manate nella schiena. Il sociologo della musica Theodor
Wiesesgrunt Malloppo, che nessuno aveva mai visto ridere, e che di solito

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esprimeva il suo gradimento per una composizione emettendo il grugnito


dellalce siberiano, ci salut cordialmente, con una luce cos nuova negli occhi
che, sulle prime, non notammo che sera truccato da pagliaccio. Ora, con i
suoi risparmi, ha aperto un circo a Whinterthur insieme allamministratore
dello studio, che fa il trapezista, tanto, ci ha detto dandoci laddio a fare i
salti mortali mi ci sono abituato, da quando devo far quadrare i vostri bilanci.
Noi siamo rimasti, per salvaguardare il rigore con cui la stazione di Radio
Totenton sempre stata gestita. infatti chiaro che la liberazione da
Kraftberger rischia di dar vita a fenomeni di gioia incontrollabile. Noi ci
siamo impegnati, invece, a dare a questo slancio liberatorio una comune
direzione. Ecco dunque che cosa faremo: trasformeremo lo studio quattro in
un night-club, con spogliarelliste parigine e attrazioni internazionali, lo studio
due in un music-hall, il numero uno in un locale di musica bavarese, che
chiameremo I dolori del giovane crauto, il numero tre in un teatro attrezzato per
ospitare festival di musica pop. E faremo tanta, facile, simpatica musica
commerciale. Vogliamo ascoltare solo canzoni scritte alla chitarra da
anafalbeti che fatichino a compitare anche il giro di Do; canzoni le cui
armonie rimangano per met sulla tonica e laltra met sulla dominante, per
poi ritornare, felici, prevedibili, sulla tonica. Vogliamo ascoltare musica
mentre facciamo la doccia, mangiamo, facciamo lamore, leggiamo un libro
giallo. E soprattutto: vogliamo tenere il volume basso, molto basso. Un
tappeto sonoro, un delizioso sottofondo per le nostre molteplici attivit. Ma
prima, naturalmente, dobbiamo assolvere un debito di gratitudine col nostro
antico mecenate. Per questo abbiamo deciso di erigere un grande monumento
in bronzo a Kraftberger, che sovrasti tutto il complesso del divertimentificio
destinato a sorgere in luogo del complesso radiofonico. Sar come averlo
ancora con noi. Come se ancora sovraintendesse a tutte le nostre molteplici
attivit. Come dite? Siamo dei sadici? Pu darsi. Ma ditelo piano, per favore.
Non urlate. Ecco: cos. Sapete: noi non possiamo pi sopportare rumori
troppo forti

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IL BAMBINO PRODIGIO

La primavera del 71 fu una delle pi tiepide degli ultimi decenni. Le


stalattiti dedera che si inerpicavano sulle guglie di S. Nicol davano a
Cavertieri, cittadina della bassa rovigotta, laspetto di una candida
termocoperta i cui vapori tiepidi traspirati dal terreno quei filamenti
pietrificati trattenessero a terra. Non cerano tanti giovani, a Cavertieri, e quei
pochi smaniavano sui libri di meccanica, nel locale Istituto Tecnico, per
precipitarsi come apprendisti nella vicina Padova. Aveva un unico Corso,
Cavertieri, con la sua piazza e, nel mezzo, il monumento ai caduti della
Grande Guerra. Poi cera la chiesa, S. Nicol, coi manifesti mortuari
appiccicati alle porte scrostate, perch i rampicanti rendevano impraticabili i
tabelloni in metallo, e la Sala Polivalente, l attaccata, voluta dal Sindaco
Zanon per onorare il novantesimo genetliaco del Maestro Tullio Bragadin, cui
Cavertieri aveva dato i natali. La Banda Municipale, nella ricorrenza, aveva
suonato fantasie dopera da Bellini, Verdi e anche Riccardo Strauss, per
ricordare che Bragadin, tra laltro, era stato il primo interprete italiano del
Cavaliere della Rosa, crollato a Milano tra i fischi dei futuristi.
Ohi, Bragadin! Dirigeva il Preludio del Parsifal in quattro, invece che in
otto! commentava ammirato il maestro Parini, direttore della banda. Il figlio
di Parini, Giuseppe, nella banda, ci suonava il flicornino tenore, e studiava il
pianoforte al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Era bravo,

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Giuseppe; aveva anche vinto il primo premio al Concorso di Fusignano,


dedicato alla memoria di Amintore Galli. Il padre spesso lo osservava
affrontare di slancio la Scuola della velocit di Czerny o il Gradus a Parnassum di
Clementi. Allora, scuoteva il ragazzo una strana energia, che pareva riaffiorare
dalla memoria remota dei suoi cromosomi. Piano piano al vecchio maestro
Parini, dopo il pensionamento dalla scuola media, non rimaneva che stare a
osservare Giuseppe nelle sue rituali otto ore di esercizio allo strumento;
specie dopo che la moglie, la figlia del locandiere sul Po, un attacco di cuore
se lera portata via. Giuseppe, in quelloccasione, era rimasto stranamente
freddo; anzi, composta una Rapsodia funebre in memoria di lei, durante
lesecuzione del pezzo, nella Sala Bragadin, sembrava quasi compiaciuto
delleffetto patetico che le sue dita sapevano trarre sul pubblico dalla
sublimazione dellevento luttuoso. Il padre, alla fine delle lunghe giornate alla
tastiera, aveva sempre limpressione che il suo snello corpo, arcuato nel
sussurro di un pianissimo conclusivo, gli occhi scuri dellombra malinconica
materna, dovesse disciogliersi nellaria, una volta abbandonato dalla corrente
cosmica che sembrava sconnettergli le giunture. Una volta lo vide volare: s,
ne era sicuro; vide volare suo figlio su di un pentagramma srotolato ai suoi
piedi come un tappeto, sul quale danzava tenendo Bach per mano: il Minuetto
della Suite francese in re.
Corrucciato nella tensione della resa agogica, Giuseppe cresceva senza
amici, passando dalla tastiera al letto, e sognando ancora che la mamma,
tenendogli la mano sospesa a mezzaria, gli spiegasse come solfeggiare la
sincope. Un giorno di maggio, Giuseppe suonava, con quel suo naso perso
nella reverie, le Scene della foresta di Schumann. Dimprovviso, si sent osservato,
come un formicolo lo prendesse alla nuca, facendogliela rigida e vuota a un
tempo. Si volse, e, per la prima volta, avvert suo padre che, di tra le pagine di
un libro, le gambe sghembe sul bracciolo della poltrona, lo osservava
compiaciuto. Intese il suo occhio trapassargli le ossa craniche, la dura madre, i
teneri gangli nervosi delle meningi. Da dieci anni. Era locchio triangolare di
Dio, il coltello sacrificale del sacerdote, quel padre che aveva dato vita alla sua
ritmica prigione fraseggiata.

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Si alz, Giuseppe; prese la mantella lunga fino ai piedi, e alle cinque del
pomeriggio, per la prima volta dopo dieci anni, usc a fare una lunga
passeggiata sullargine del Po. N, alla sera, ancora era tornato. Quando vide il
fiume ansimare di miasmi e gorghi sospesi sotto la coltre di latte della nebbia
gelida, sepolto in un ristagno del tempo, gli sembr di poggiare sulle nuvole,
mentre laria tuttattorno alle tempie disegnava trilli di panna. Pioveva la luce
nel suo cervello, precipitandovi il senso acre della cellula viva.
Per primo, incontr un vecchio che spingeva su un carretto pezzi di legna
da ardere. Vacillante, intonava una salmodia antichissima, interrotta da
bestemmie: miti gli sincrespavano attorno alle labbra unte di cibi consumati
senza interrompere il lavoro di sterratore, nel mentre raccoglieva gli arbusti
che gli scossoni facevano precipitare dal carretto. Una settimana stette,
Giuseppe, col vecchio, aiutandolo a rinsaldare gli argini nei loro punti pi
deboli, a difesa della capanna di arbusti e canne cementate col fango paludoso
del greto. La mattina, quando i primi stridii degli uccelli di passo segnalavano
lapprossimarsi del sole, correva fuori nella nebbia fitta, sentendosi penetrato
dallumido animare delle acque che correvano invisibili sotto di lui. Lalba poi,
invisibilmente alzando la cappa, schiudeva il barbaglio amaranto sospinto dai
venti tra gli sterrati diafani di rugiada. Allora a stento allora poteva trattenersi
dal mettersi a correre gridando di gioia.
Un giorno, il sole era gi sorto da un po, e il vecchio, presa la pala, si era
gi avviato alla sua quotidiana fatica. Giuseppe, uscito sullargine, rimont la
salita fin dove la palata sinterzava, creando una duna a precipizio sulle
correnti. Scorse una motoretta e due pullover buttati sullerba. Risate miste a
sospiri provenienti dallacqua, portandolo a volgere lievemente allindietro la
testa nascosta dagli arbusti di fiume, gli fecero notare due figure bianche
sospese sulle acque, le spalle teneramente mosse in un moto sincrono, per
sfuggire al risucchio della corrente. Erano due ragazzi, lei bionda, lui bruno:
immersi nel fiume, si godevano la sferza intensa delle temperature, ancora
diacce, eppure lietamente vitali, delle acque. Ci fu come uno schiocco.
Giuseppe non si accorse di stare osservandoli: dai vapori del fiume
sembravano venire quelle fragili trasparenze. Giuseppe sorrise; in quel

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momento il ragazzo prese unaria stranita, come i suoi lineamenti fossero fatti
di vetro, e con un moto imprevisto del braccio, il volto dipinto di infantile
tenerezza, sappigli alla schiena di lei, che in un piccolo grido,
arrovesciandosi, gli inanell con le dita i capelli lunghi fino alla schiena,
nellacqua bassa. a occhi chiusi, le loro bocche si cercarono, e infine le labbra,
in un sussulto di sollievo, strofinandosi si chiusero dai bordi alla lingua, luna
sullaltra. Il movimento leggero fece, chiss perch, venire a mente a
Giuseppe una Sarabanda tenue tenue: una triste Sarabanda in re minore.
Allora, gli comparve suo padre: piangendo, faceva lamore con sua madre
morta; reggeva il suo corpo anchilosato dal dolore, mentre il cielo, sopra di
lui, esplodeva in piccoli schianti di piombo.
Giuseppe torn a Cavertieri. Ma non era pi lo stesso. Ci correva un
cuscino daria, fra lui e il mondo. Suonando, esasperava lagogica, il contrasto
tra forte e piano, compiaciuto dello schianto del pedale che sabbassava, e del
ritmico picchietto dellultima delle sue falangi sulla tastiera. Nel concerto che
il padre di Giuseppe diede per festeggiare il suo ritorno, il pubblico di
Cavertieri gremiva la Sala Polivalente. a un certo punto, tutti avvertirono uno
strano frusco, come laffannarsi di migliaia tra elfi, folletti e coboldi; e luno,
appollaiato sulla spalla di Giuseppe, gli suggeriva le modificazioni dinamiche;
laltro gli asciugava il sudore sulle tempie contratte, gonfiate dalla tensione
NellAdagio della Sonata in si di Schubert Giuseppe, protendendo il capo
allindietro, ampio prendendo il respiro, pass di minore in maggiore con una
breve ritenzione del tema; fu allora che al vecchio padre, intento ansimante
nellascolto, gli prese un colpo, e lo dovettero portar fuori cianotico, ch di l
a due ore sarebbe morto, allospedale, chiamando ad alte grida il suo
Giuseppe; il quale, affatto turbato, era coinvolto, nel frattempo, in un uterino
Mephisto-Waltz di Liszt: lottavo bis concesso al pubblico delirante. Poi gli
attempati professionisti, le svelte e pudiche fanciulle, gli austeri uomini di
legge, le autorit dalle compatte pappagorge della cittadina: tutti si riversarono
allesterno e, danzando unimprobabile quadriglia anacrusica, luno allaltro
congiunti in una catena trasversale per le stoppie e le ubertosit dei campi,
persi in ritmo ancipite, se ne vennero alle liquide profondit del Po; n di loro

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pi nulla si seppe.
Si decret che Giuseppe venisse affidato a uno psichiatra noto nella bassa:
il dottor Tirincanti, specialista in turbe ebefreniche, con laurea a Jena. Molti,
giorni dopo, notarono che il dottore, pur nella gagliarda estensione della bella
voce baritonale, non aveva una grande appoggiatura sul do centrale, quando si
esibiva nelle principali arie del Don Carlos, nella piazza di Cavertieri, a
mezzod.
Il filosofo del luogo, Hermes Scattolin, stabil che il furore dionisiaco che
coglieva chi ascoltava Giuseppe fosse dovuto al materiarsi in lui del Wille
schopenauriano come Wesen, piuttosto che come Suche: pura Volont fatta
Essenza, non Sostanza mediata dal lessico dellarte. Dopo di che lo Scattolin,
abbandonata la cattedra di Teoretica a Venezia, raggiunse una certa fama
come mangiatore di fuoco nel Circo Medrano.
Un d destate, chiaro e tenebroso di tempeste magnetiche, lintera
popolazione di Cavertieri, nuda, i lombi cinti di pervinche, giuggiole e frassini
molli, con danze coribantiche inscen ladorazione della terra, fecondando, le
terga a terra in supina adorazione, le zolle molli e odorose, mentre Giuseppe,
al cospetto loro, si lanciava, su di un harmonium, in folli dissonanze. Lastro
solare simpegn a non muoversi fino a sera, fisso in un punto imprecisato del
lontano orizzonte. Allora Giuseppe trasse di tasca allora una zufolo di
frassino, e intonando Ardon gli incensi condusse sul greto del fiume lintera
cittadinanza plaudente. Quindi tutti, al suo cenno, si tuffarono nellacque
limacciose, con unaria leggera di allegra importanza, e, dati due o tre palpiti
fuori della distesa dacque, precipiti al fondo, pi non riapparvero.
Giuseppe si rec alla capanna del vecchio che laveva un d accolto in fuga.
Aveva issato il suo pianoforte su di un carretto, e ora tornava, dio nordico
trionfatore sui lemmings. Riprese lo Czerny dal punto in cui laveva lasciato.

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IL CANTO DELLA SARTINA

La morte un processo rettilineo, la memoria la ricomposizione di una


linea interrotta. Alle volte questa ricomposizione porta a un cerchio, altre a
unellisse. Lartista colui che preferisce lellisse; ma lellisse, per la sua
particolare natura, inadatta alla vita reale. Per questo, alle volte, lartista si
costruisce una stanza tutta per s, imbottita di sughero, e sviluppa lasma, per
non dover respirare nel mondo reale. Ma chi respira male perde lembi della
propria memoria; cos, alle volte, la linea interrotta si ricompone nel cerchio.
Spesso questo equivoco prende il nome di amore. Io amo la letteratura:
scrivo frasi su listelli di carta, che poi incollo ai lati di un foglio bianco. Il
foglio mi serve come mappa, e lo riempio di frecce e trattini, per indicare la
direzione in cui bisogna leggere i miei frammenti. Io scrivo frammenti perch
non riesco a respirare. Chi riesce a respirare non si rende conto di quanto ci
influenzi la sua andatura, la sua sensibilit; lo spirito, perfino. Io non riesco a
respirare perch, al posto mio, a respirare sempre stata la mia mamma. Ora
ho trentacinque anni, e lei dice che le cattive compagnie mi guastano.
Soprattutto, quando le sue amiche mi vedono col maestro Firpo.
Il maestro Firpo, la sesta volta, oggi, che mi telefona. Dice che qualcuno
gli fa le telefonate minatorie; gli dice: Devi morire, brutto finocchio. Vuole
sapere da me chi pu essere. Non facile saperlo. Nessuno ce lha col
maestro Firpo. Infatti, tutti lo detestano, per tutti sanno che la vita lo ha gi
punito abbastanza. Lui, Firpo, pensa che sia il maestro Salani, il direttore del

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Liceo Musicale. invidioso perch lui ha scoperto le musiche di Matteo


Tassinari, e ha avuto lidea di imbastire quel po po di concerto con
lorchestra e i solisti, e tutti gli invitati: il famoso poeta dialettale, il direttore
della rivista Mani di Fata, la famiglia di Tassinari in prima fila, e il poeta Albino
Bonifazi, che ha scritto il libretto delloperetta di Tassinari, Il canto della sartina,
ed lunico dei suoi collaboratori a essere ancora vivo... In tutto questo
bailamme, non sono riuscito a dire di no a Firpo, quando mi ha chiesto di
scrivergli il discorso della commemorazione; che poi, se lui non se la sente, lo
devo pure leggere io.
Invece, io sar in condizioni di spirito magnifiche. Mia mamma non vuole
uscire dalla sua camera, perch dice che la voglio ammazzare ( vero). La mia
ragazza, Silvia, dice che su Firpo ci farebbe un pensierino. Non sa che Firpo
omosessuale. A lei, gli omosessuali, piacciono tutti; il che non mi manda al
settimo cielo, quando mi confessa con gli occhi umidi che, s, insomma, a me
mi ama come non ha mai amato nessuno. Sono rimasto cos sconvolto da
questa sua dichiarazione da dimenticarmi di dire a Firpo che, secondo me, il
direttore di Mani di fata, col concerto, non centra, perch la sua rivista parla di
uncinetto, e non di pianoforte. Quello vuole pure fare il discorso. Di sicuro
dir che la musica di Tassinari un intreccio di linee regolari come un punto
doppio alluncinetto. Sulla mia rivista di questo mese abbiamo giustappunto le
basi per i modelli di primavera. a orchestra schierata, rischiamo che tutti si
mettano a ridere, come quella volta che il grande amore di Firpo, il pianista
rumeno Ion Dicu, ha annunciato tra mille mossette come bis una canzone che
si chiamava Vola fuori, uccellino rosso. Devo anche dire a Firpo che non lo
vogliono ammazzare perch finocchio. Semplicemente: nella mia cittadina il
potere culturale gestito da tipi dalla mente cos stagnante che ogni iniziativa
altrui rischia di evidenziare le alghe protozoiche, le striature batteriche che nel
loro cranio hanno preso il posto di ci che una volta doveva essere un
cervello. Certo, per, non sar la musica di Tassinari a fare salire le quotazioni
del maestro Firpo. Quando attacca a suonare la fantasia sinfonica Dal Volturno
a Vittorio Veneto, da lui definita un grande pezzo epico, mi aspetto sempre
che su di noi piombi la maledizione del Milite Ignoto: chi ne colpito passa il

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resto della vita a cantare suo-ni la trom-ba e intre-pido / io sfi-der la so-orte / bello affron-tar la mo-o-rte / grida-a-ndo li-bert con la faccia dei
martiri di Sapri, irta in un rictus tetanico mazziniano. La fantasia sinfonica di
Tassinari non un brano musicale; una rappresentazione mimica di
onomatopee caratteriali. Invece di suonare tutti quegli accordi vuoti, quei
collegamenti senza senso, quei raddoppiamenti svogliati, quelle smagliature
armoniche laddove ergersi dovrebbero le solide cosce delle concatenazioni
forti: al posto di tutto ci, il pianista potrebbe, agitando le mani sul coperchio
del pianoforte, fare brumm brumm, pepperep, zam, zam, con la
bocca, e il risultato estetico sarebbe lo stesso. Per non parlare della Preghiera
della vergine scalza che apre il programma. Alla seconda battuta, tutti pregano
perch la vergine si becchi un raffreddore, e la cosa finisca presto.
Tassinari era cornista, e suonava alla Scala. Per questo era detto il corno di
Toscanini. Pare che Toscanini, gran donnaiolo, andasse a letto con la moglie
di Tassinari. Quindi, lo chiamava in tutte le sue orchestre. Dunque, Toscanini
era il corno di Tassinari. Ecco che lamore ha fatto diventare di nuovo
lellisse cerchio. Quando ho detto alla mia mamma che avrei cominciato cos
il discorso di commemorazione, lei uscita dalla stanza, mi ha appioppato un
ceffone, poi si richiusa dentro a quattro mandate.
Ora Firpo prova i brani del concerto, e la mia ragazza trascorre tutto il
tempo a casa sua. Sta di fronte al pianoforte, e gli sbatte gli occhi melensa.
Balenga con quelle palpebre grosse che sembrano le chiuse di una diga; poi,
quando torna a casa, mi piange sulla spalla, perch Firpo dedica tutte le sue
attenzioni al soprano polacco, la Dzchnstovoski. Dicono che non abbia fatto
carriera a causa del nome impronunciabile. Con la sua voce chioccia e
lintonazione calante come le palle vecchie di Firpo, io credo che lei si chiami
Chiara Rossi, e si sia inventato il nome polacco per poi dargli la colpa della
carriera che non ha fatto. Il soprano canta unincredibile aria tratta
dalloperetta di Tassinari, stando bene attenta a non far capire una parola del
testo. Si capisce solo il ritornello, che dice a scuola certe cose non si fanno.
Quando viene il ritornello, lei fa col ditino un gesto che rende il pubblico
assai curioso di sapere quali siano, queste cose che a scuola non si fanno. Alla

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fine di ogni strofa, fa lacuto: un urletto col vezzo allins, come i baffi di certi
brigadieri. Allora il pubblico guarda i piedi di Firpo; siccome Firpo batte il
tempo col piede, la gente pensa che, nel tumulto dellesecuzione, le abbia dato
una pestata sui calli.
Per fortuna Firpo, oltre a suonare, presenta anche la serata. In questo,
grande. Col suo tono liturgico, sembra sempre l l per mettersi a moltiplicare
pani e pesci. Il pubblico di zitelle, pedofili e artisti frustrati che lo segue in
tutti i suoi spostamenti non lo fa certo per ammirazione delle sue doti
pianistiche, ma per il fascino della sua oratoria. Ci si sente tutti buoni e amanti
del bello, e per questa contemplazione narcisistica di s ci si sorbisce con
rassegnazione le mostruosit estetiche di Firpo. Lavesse saputo, ne sarebbe
morto.
La mia ragazza stava con me non per amor mio, ma per amore della
carriera che io, come scrittore, avrei, secondo lei, sicuramente fatto. Era
quindi normale si innamorasse perdutamente di Firpo, che, delle belle
speranze, aveva fatto il senso della propria esistenza. Molti talenti sono cos
bravi nel non riuscire da risultare intrisi del fascino dei vincenti.
Approfittai dellintervallo per raccogliere i commenti del pubblico. La
musica dissonante grata alle orecchie sazie; diceva Baudelaire nel cattivo
gusto c il piacere aristocratico di non piacere. Scopersi subito quanto a quel
pubblico estenuato dalle raffinatezze della vita come arte, la musica di Firpo
piacesse. Delizioso! diceva il poeta ermetico, autore di Lune dottone
Sembra la musica delle vecchie gag di Stanlio e Ollio: quella che fa pa-para;
pa-para e che sentivo quando ero piccolo a casa della mia nonna, che mor
proprio lanno del nevone, e... a questo punto il poeta gett il volto
piangente sulla spalla marmorea di Bruno Basili, il critico darte noto per una
Semiologia del covone in Segantini. I due sarebbero fuggiti insieme la sera stessa,
per farsi sposare in Danimarca. Nel frattempo Giuseppe Meluzzi, professore
di Biologia e scrittore davanguardia, stava parlando con Altiero Spinelli,
presidente dellEMPRESS (nessuno aveva mai osato chiedergli, questa sigla, a
che cosa corrispondesse) dei nuovi software per il suo computer. Meluzzi
scapolo. Ha tendenze omosessuali che non vive per senso di colpa. Vede in

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Firpo un maestro di vita. Non parla che con il suo computer, e ora amo
questa musica; sento che dice a Spinelli assomiglia a tutti quei suoni
artificiali che emettono i computer, quando gli carichi dentro il programma e
loro hanno lorgasmo elettrico. Ridacchiano insieme.
Intanto, Firpo mi fa segno di salire sul palco per leggere il mio discorso.
Non ho scritto nulla; cerco di improvvisare. Scorgo quasi subito la mia
mamma, che io lavevo chiusa dentro prima di uscire, ma a quanto pare
riuscita a spostare il com che chiudeva la porta, o forse uscita dalla finestra,
e ora mi guarda con gli occhi lucidi, e una gran voglia di inebriarsi alle mie
parole. (Prima di salire sul palco, la mia ragazza mi ha detto: Se sei bravo,
magari il direttore di Mani di fata ti fa scrivere sulla sua rivista. Potresti tenere
una rubrica, I mille fili del racconto: tu analizzi la struttura di un romanzo, e
io faccio i raffronti con tutti i modelli di maglieria che conosco. Proust che
cos? Pausa. E lei: Un piumone).
Nobili artisti che onorate della vostra presenza la memoria di uno di voi,
che non pi esordisco Vi piaccia por mente alle parole che larte di
costui sgorga di me leggere, come un gabbiano alto levato sulle nebbie del
mare (sporadici applausi) Io non so come definire i suoni inusuali che stasera
noi ascoltato abbiamo (commossi dalla concione, Meluzzi e Spinelli si baciano
dietro un abete): in queste partiture, lingegno e larte, avviluppati, si
fecondano a vicenda, soddisfando inclinazioni financo innaturali allumana
specie (Meluzzi e Spinelli si discingono, tutti rossi in viso). Io non so definir
questarte, ma direi che i suoni, nelle partiture di Tassinari, gemono e si
divincolano come le genti di Guernica sotto i bombardamenti tedeschi; si
sminuzzano e replicano quali platelminti schifosi; aduggiano e gravano
lumano spirto come la filossera della follia, e schiantano i precordi del
sentimento quasi fossero lepifania malsana di un cul di cavallo cagante.
Quanto al timbro di questi brani, signori, esso apparenta gli urli duna iena
idrofoba, gli schianti dun imene di bufala al primo contatto col maschio, gli
zirli dun avvoltoio al pasto e i rutti mattutini dun pulmann di tedeschi in gita
allOktoberfest; sicch si puote ben dire che, in Tassinari, larte imita la natura,
secondo i precetti di Aristotele. La strumentazione rende codesti spartiti simili

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ai feti deformi capo di capra, coda di cane, gambe di mula che celano certi
musei di scienze naturali, nel reparto di Teratologia. Nel contrappunto, poi, le
note son disposte in grigie file, con lordine stesso con cui lacne dissemina a
caso di corpuscoli rossi i volti adolescenti. Di tutto lordito dei brani esala,
infine, un odore di tomba: vuoi che sia la loffa duna mummia, vuoi un
concento di peti di pipistrelli, intenti a cos salutare lopera cadaverica dun
uom, or morto, il cui cervello per certo non fu mai vivo: il maestro Matteo
Tassinari.
Udii un prolungato silenzio, poi un tonfo. La madre centonovenaria della
prof. Melchiorre Edvige sera accasciata a terra senza un gemito. Ma non era
morta. Almeno, non allora. La madre della prof. Melchiorre era morta svariati
anni prima; ma non era andata in decomposizione, perch la vecchiaia laveva
fatta secca e asciutta come la coccia duna cozza al sole. Quella che la prof. si
portava in giro, ignara, era la mummia della madre, che si muoveva col
meccanismo infernale del Golem. Il mio riferimento ai pipistrelli doveva aver
rotto lincantesimo. La prof. Melchiorre cominci a strillare, e il pubblico si
scaten.
Scesi dal podio e cominciai a correre, prima a ellisse, poi in cerchio. La
gente si scontrava lun contro laltro. Io li amavo tutti; per la gioia, non
riuscivo a respirare, e tiravo a destra e a manca i listelli di carta su cui avevo
appuntato gli esiti di anni di cogitazioni. La mia ragazza era rimasta discosta
da quel pandemonio, accanto al direttore di Mani di fata che, dal modo in cui
la palpava, pareva voler accreditare vieppi la sua competenza a dirigere
cotale rivista. Capivo che se la sarebbe fatta per diritto e per rovescio. Pensai
a come lasciarla con dignit, la mia Bovary. Passando di corsa accanto a lei, le
misi nel seno un listello di carta su cui stava scritto: Se Emma Bovary fosse
nata in Baviera, si sarebbe chiamata Emmenthal Bovary. Anche al maestro
Firpo lasciai un biglietto; cera scritto: Devi morire, brutto finocchio. Firpo
si adagi senza un grido.
Al mio ritorno a casa, trovai mia madre che, umiliata, piangeva. Allora la
presi e le ficcai la testa nella boccia dei pesci. Si bevve tutta lacqua, ma poi la
strozz la coda dun persico.

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Ora vivo dentro il cerchio duna campana di vetro, e mi sento pi


tranquillo. Scrivo sui miei listelli, che poi lancio in aria. Quando cadono,
descrivono una perfetta ellisse.

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FATE LA VOSTRA OPERA

Lopera, se lera dovuta produrre da solo. Lidea era sembrata buona solo a
lui. Ma ormai ci era abituato. In dodici anni di attivit come compositore e
librettista, non gli era mai andata altrimenti. Lultimo parto del suo ingegno si
intitolava Il secondo volo di Lindberg. Ecco la trama: il celebre pilota americano,
dopo la traversata dellAtlantico a bordo dello Spirit of Saint Louis, non
riesce ad accettare il ritorno alla normalit; quindi, riprende il pellegrinaggio
per i cieli, verso il Polo Nord. Il soggetto strizzava locchio alla sproporzione
tra realt e sogno, tra ideale e certezze quotidiane. Inoltre, lopera aveva il
pregio di essere corta: un minuto al massimo. Andava cos: a sipario alzato,
dopo una breve Ouverture di cinque secondi per macchina del vento solista,
un coro di pinguini innalzava inni al coraggio delleroe. Seguiva lInterludio
coreografico degli orsi bianchi; poi Lindberg saliva, con un possente acuto,
sullaereo; salutava tutti, accendeva il motore, e tentava di levarsi alto sulla
folla, per guadagnare il libero cielo. A questo punto, dopo unimpennata,
laereo tragicamente cabrava, e infine precipitava sul pubblico, uccidendo sul
colpo centinaia di persone e distruggendo il teatro in un immane rogo. Tra gli
altri motivi per cui non era stata presa molto in considerazione dagli
impresari, lopera risentiva anche di una certa difficolt nel reperire il
protagonista.
Pierangelo Persichetti non era nuovo a parti melodrammatici di questo
tipo. Lanno prima, un fiero insuccesso aveva riportato la Tisbe incatenata,

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opera la cui protagonista, Tisbe, era prigioniera del crudele tiranno di


Pergamo. Nel primo atto Tisbe appariva legata e imbavagliata; per cui, per
quanti sforzi facesse, non riusciva a emettere alcun suono, durante le arie che
la vedevano protagonista. Nel secondo atto, Tisbe non appariva; anzi, non
appariva nessuno, perch lintera azione si svolgeva nellimpenetrabile regno
dei morti, da cui nessun suono pu raggiungere il mondo dei vivi. Infine, nel
terzo atto, Tisbe veniva liberata da Piramo, che si era follemente innamorato
di lei. Piramo la scioglieva dalle funi e la spogliava tutta; allora Tisbe volgeva
gli occhi sulla platea che la fissava sgomenta, e le sue prime parole erano: Ma
che ci fa qui, tutta questa gente? Io mi vergogno; fuori tutti! A quel punto, gli
armigeri del re cacciavano via il pubblico a spintoni, e in scena cera un duetto
damore straordinario, che nessuno poteva ascoltare.
Unaltra opera che non aveva ottenuto i riscontri sperati era stata il
vaudeville La figlia dellimpresario, frutto della conversione di Persichetti al
genere buffo. Lopera era molto breve: entrava il Prologo; cantava: Signori,
io sono il Prologo, poi annunciava: Ed ecco a voi, la figlia dellimpresario;
allora Sofia, la figlia di Persichetti, entrava in scena, inchinandosi al pubblico;
quindi, calava il sipario.
Persichetti reagiva agli insuccessi bevendo. Non che bevesse
smodatamente; piuttosto, nellalcool, ci affogava proprio. Cos, ogni tanto,
doveva fare qualche sosta in una clinica di disintossicazione, nella quale, per
curarlo, uno psichiatra gli faceva ripetere il verso del merlo indiano tanto caro
alla nonna. Nella clinica rinomata, Persichetti incontrava sempre una paziente,
Eleonora, che credeva di essere una sirena antincendio, e non pagava la retta,
perch, una volta, col suo richiamo, aveva salvato la clinica dal fuoco.
Siccome Persichetti, tra la altre cose, era tabagista, andava sempre a finire che,
avvicinandosi a Eleonora con la sigaretta accesa, quella cominciasse a strillare
con voce acutissima; una voce Persichetti si sorprese un giorno a
considerare di notevole soprano drammatico. Riemergendo unulteriore
volta dagli schiumogeni dei pompieri, Persichetti aveva gi ideato il viaggio
che avrebbe impresso una svolta alla sua vita.
Fondare un teatro dellopera a Manaus, nel cuore della foresta amazzonica!

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Quale idea pi brillante per attirare un pubblico dlite, cosmopolita, ansioso di


affrontare uneccitante avventura (con tutti i comforts, sintende) pur di
ascoltare nuove produzioni in uno scenario naturale tra i pi belli del mondo?
Il teatro di Persichetti era sospeso sugli alberi. Vi si ascendeva con speciali
liane. Il coro, nelle opere di Wagner, rimaneva a terra, e creava speciali effetti
deco. Lorchestra era distribuita a semicerchio su piattaforme poste
tuttattorno. I fondali erano sistemati tra un albero e laltro, a distanze
progressive, in modo da dare lillusione di una profondit in scala naturale.
Dopo sette mesi di lavoro, il teatro era pronto. Persichetti spos Eleonora,
e in suo onore scelse come opera dapertura della stagione il Fidelio di
Beethoven, la cui protagonista si chiama Leonore. La prima ottenne un
grande successo; durante il Coro dei prigionieri, per, il primo tenore, alla fine
del suo assolo, venne ingoiato da un boa. Il direttore dorchestra Herbert von
Karinnich osserv, col suo abituale cinismo, che, almeno in quelloccasione, il
tenore era uscito di scena perfettamente a tempo. NellOlandese volante di
Wagner le comparse, reclutate tra gli indigeni del luogo, furono proprio brave
a interpretare la parte dei pirati: durante lOuverture, infatti, assalirono il
pubblico e lorchestra, depredando gioielli, portafogli e strumenti musicali.
Lopera ne risult un tantino scorciata, ma guadagn in realismo.
Il Parsifal, eseguito al tramonto, godette di un tecnico delle luci
straordinario: Dio. Durante la cerimonia del Santo Graal con la quale si
tenta, nella finzione operistica, ogni sera, ostentando la coppa in cui venne
raccolto il sangue di Cristo, di curare la piaga di Amfortas avvenne un
inquietante prodigio: mentre Amfortas sollevava in alto la coppa, un uccello,
passando radente la scena, vi deposit un uovo di singolare grandezza. Gli
indigeni lo presero per un messaggio divino: rapirono il cantante che faceva la
parte di Amfortas, e di lui non si seppe pi niente.
Il direttore tedesco Karinnich, col suo abituale cinismo, disse che la cosa
non aveva importanza, perch quelluomo era una piaga.
Lanno successivo, il contratto, al maestro, non venne rinnovato.
Al suo posto giunse Tadeuz Ljutunnus, un lituano novantaduenne cos
dotato, cos sensibile, che il primo accordo scatenava in lui attacchi epilettici

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di grande sonno. Dopo lattacco, quindi, Ljutunnus veniva portato nel suo
letto, e lorchestra, per il resto dellopera, doveva cavarsela da sola. Ma la
personalit del maestro era cos magnetica che tutta lesecuzione rimaneva
segnata da quel suo prodigioso primo affondo di bacchetta.
Come opera dapertura della seconda stagione, Ljutunnus scelse una rarit
di Francesco Burlamacchi: Il Giasone incoronato, unopera barocca in quattro atti
e dodici interludi, la cui scena rappresentava la sala del trono degli Argivi, e
lazione consisteva solamente nel lentissimo procedere di Giasone verso il
trono, per esservi incoronato. La scena, quindi, era profonda quaranta
chilometri. Linterprete di Giasone era un ex-fondista di recente passato alla
lirica: il pubblico, assiepato ai lati della scena, ogni tanto, al suo passaggio, gli
tirava enormi secchi dacqua refrigeranti. Intanto Ljutunnus, nel suo letto, se
la dormiva della grossa, e venne svegliato solo dagli applausi. Allarrivo di
Giasone ci fu un po di tumulto: un corista, infatti, sosteneva di avere tagliato
il traguardo prima di lui, e si dovette ricorrere al foto-finish.
La seconda opera della stagione fu il Lamento di Orfeo, unopera della durata
di quattordici ore il cui libretto recitava soltanto: Ohim... ahim... che pi
mai... deh, fin... miserom ripetuto centododicimila volte. Questa volta non
si addorment solo Ljutunnus, ma anche le comparse, il coro, il pubblico, i
cantanti, le scimmie, i serpenti, gli indigeni nel raggio di trecento chilometri,
sicch il governo brasiliano ne approfitt per disboscare di soppiatto
dodicimila ettari di foresta, per la costruzione dellautostrada
transamazzonica.
Durante lOuverture della terza opera, Il Priamo nella Troia, di argomento
alquanto libertino, Ljutunnus rimase, al solito, fulminato al primo accordo;
mentre lo portavano via, per, fece lerrore di alzare una palpebra,
preoccupato non lo facessero scivolare per la ripida scala su cui era stato, per
motivi scenografici, issato il podio. Incroci il viso di Persichetti, che lo stava
tenendo per le braccia, e si ritrov licenziato sui due piedi.
Allora Persichetti pose in atto quellinsano suo progetto: dare, nellormai
celebre teatro, unopera interamente composta, libretto e musica, messa in
scena e diretta da lui, con protagonista sua moglie, Eleonora. Per loccasione,

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realizz il suo capolavoro: lallestimento doveva essere imponente; vennero


chiamati i pi celebri scenografi del mondo, che diedero vita alle loro pi
intense creazioni. Il corpo di ballo era tutto di toiles. Lorchestra era composta
dalle prime parti dei pi celebri complessi mondiali. Furono invitati i pi
illustri musicologi del mondo. La stampa mand i suoi pi famosi reporters. La
sera di gala, Persichetti ascese il podio come un trionfatore; aveva speso due
anni alla ricerca dellallestimento migliore, dei maggiori talenti; quando sollev
la bacchetta, teso e fiero, si accorse che sui leggii non cera nessuno spartito.
Era rimasto cos coinvolto nei preparativi dellopera da non accorgersi che,
lopera, si era dimenticata di scriverla. Nemmeno i suoi collaboratori,
impegnati, comerano, nella ricerca ansiosa del meglio che potessero offrire i
teatri internazionali, se nerano accorti. Lentusiasmo contagioso di Persichetti
aveva giocato a tutti un brutto scherzo.
Allora limpresario ebbe quellidea geniale a cui rester per sempre legata la
sua fama dartista. Volgendosi verso il pubblico, tenne questa breve
allocuzione: Signori, in questo teatro sono riunite le pi brillanti intelligenze
musicali e drammaturgiche della storia del teatro. Chi sono, io, di fronte a voi?
Un nulla, unastrazione somatica. Io, dunque, mi sento del tutto indegno di
proporvi una mia opera che ne sono ben sicuro non sfiorerebbe neppure
il vostro raffinato organo estetico. Dopo una lunga crisi creativa, sono giunto
alla risoluzione di accumulare in questo luogo le pi raffinate intuizioni
sceniche e le migliori masse orchestrali del pianeta. Tutto questo perch voi,
che siete di me ben pi brillanti, ne facciate luso che reputate migliore. Il
gioco aperto, signori. Il teatro a vostra disposizione. Fate la vostra opera.
Lidea suscit un vero delirio dentusiasmo. Qualcuno sugger le parole del
libretto, altri scrissero, in collaborazione fraterna, le musiche; ci fu chi si
improvvis assistente alla regia. Gli artisti insigni erano felici di avere, al posto
del pubblico, una scelta classe di allievi. Cos Persichetti pass alla storia come
linventore del Laboratorio lirico permanente di Manaus, e il pubblico di
tutto il mondo non attendeva altro, per un anno intero, che di venire
selezionato per farne parte. Siccome la selezione avveniva durante la messa in
scena, nei vari teatri del pianeta, delle altre opere di Persichetti, finalmente

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quelle neglette quanto insolite partiture ebbero lonore di ripetute


rappresentazioni. Chi applaudiva di pi, veniva scelto.
Persichetti divenne lautore di maggior successo della storia dellopera, ed
Eleonora, linterprete principale della sua musica, il soprano pi acclamato.

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VEXATIONS

Ci sono pensieri che, se pensati, mutano del tutto il rapporto col mondo
esterno. Alle volte, il pensarli frutto di una fatalit; una consuetudine col
vizio non differente da quel primo furtarello di dolci che, ancora bambino,
spinge il futuro omicida sulla via del crimine. Ci che, con parola pomposa,
chiamiamo carattere, altro non che un succedersi regolare di inclinazioni,
ognuna delle quali potenzia leffetto dellaltra, e il cui incunearsi in noi, per poi
diramare le loro fronde, la conseguenza di un patto: una scommessa che la
natura stringe col nostro animo. Come le perversioni servono, infatti, nelle
anime troppo sensibili, a reprimere coi loro automatismi le selvagge flussioni
della passione, che altrimenti distruggerebbero lanimo amante, cos certe
inclinazioni alla logica o alla intuizione dei massimi sistemi sono la maniera
con cui la natura provvede di illusori ideali le anime tendenti alla depressione,
e che certo non resisterebbero alla contemplazione di un mondo vacuo e
insignificante, in cui gli atomi compiono, a eterna irrisione delluomo, la loro
casuale oscillazione.
Quando mi venne comunicato che la terra orbita su se stessa e intorno al
sole, io avevo quattro anni. Poteva darsi che la mia mente di fanciullo
considerasse tra s e s come la combinazione dei due moti permettesse a
ogni uomo di camminare eretto senza avvertire vertigini; purtroppo, invece, la
mente vag sulle ali della suggestione, e due minuti dopo io ondeggiavo come

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un gabbiano in preda alla tempesta. Quando caddi a terra, apparve chiaro a


tutti che ero destinato a divenire filosofo, visto che il mio spirito si
dimostrava incapace di concepire le leggi del cosmo come interferenti luna
sullaltra; invece, per sua natura, esso isolava i fenomeni nella loro irripetibile
individualit (e che altro , la filosofia, se non una fissazione sul particolare
insignificante, assunto a regola e ordinamento dellintero universo?)
Tanto fu forte in me, fin dallinizio, lamore per la filosofia, che
nelladolescenza cominciai a pensare al corpo come un qualcosa staccato dalla
mia mente, e vivente di vita propria, nelle mille leggi del metabolismo. Per
risultato, il corpo mi si riemp di pruriti, ponfi, polipetti, punti neri, ragadi e
distorsioni somatiche, tutte fastidiose e gementi come terminali elettrici;
sicch presi a pensarlo come dotato di vita propria, e a non dargli alcuna
importanza rispetto alle mie idee, che si stagliavano pure, irrelate,
nelluniverso della mia immaginazione.
Non vero che la filosofia non serve a nulla. A me, la filosofia mi ha
insegnato a tenere a distanza lamore. Come si fa? Lo si mette al centro della
propria esistenza, facendone unidea pura e inattingibile, nella propria
immacolata perfezione. Non so se con voi funzioni, ma io, cos facendo, in
amore, ho ottenuto due vantaggi:
1) Stimo troppo lAmore per potermi innamorare di qualcuno.
2) Non potendo far lAmore con tutti, preferisco non farlo con nessuno.
Visto che, da quando nasciamo, dobbiamo passare la vita a ringraziare chi
ci ha fatto nascere, e poi chi, amandoci, trasfigura la riconoscenza verso chi ci
ha fatto nascere, e infine, da vecchi, quanti ci fanno ritornar bambini, se ne
deduce che il superare non lamore, ma i rapporti amorosi lunico modo, la
propria vita, unica e irripetibile, per godersela davvero.
Ed in questa mia filosofia io, la vita, me la godetti un mondo; fino a che
non mi trovai in quella chiesa sconsacrata, a eseguire Vexations di Satie. Era
una serata umanitaria; proprio quel genere di cose che io, da buon filosofo,
detesto. infatti chiaro che le serate umanitarie servono ad aiutare chi
abbisogna, per sopravvivere, di aiutare gli umani. Ma la filosofia, cos, se non
disciplina della morte? Quindi, chi prolunga le sofferenze degli infelici, per

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sua natura un antifilosofo.


Io, quando devo dire di no, seguo una regola. Dico di no per nove
telefonate; alla decima, dico di s, ma poi non tengo fede allimpegno. Infatti,
chi insiste per dieci volte si merita non un rifiuto, ma un vero e proprio
danno. Qualcuno mi accusa, per questo, di slealt. Stolti! sleale telefonare
dieci volte, chiedendo sempre la stessa cosa, dopo aver ricevuto, la prima
volta, un rifiuto. Il resto, solo giustizia.
Quando ho intenzione di dire di no, io mi preparo accuratamente a
svolgere il servigio che mi stato richiesto. Se mi viene chiesto di prestare il
mio aiuto alla compilazione di una tesi di laurea, io, quella tesi di laurea, me la
scrivo tutta!
Come dice il poeta: Ci si affanna a compiangere il morto, senza
considerare che ci si spartiti, come ladri, i suoi giorni e le sue notti. Quanto
a me, io ero una di quelle persone che danno lidea, i suoi giorni e le sue notti,
ci se li possa distribuire alla luce del sole.
Comunque, anche quella volta, fedele al mio dettato, alla decima telefonata,
presi a studiare con la massima cura Vexations di Satie. Conoscete Vexations di
Satie? un brano che dura poco pi di due minuti, e va ripetuto per pi di
duecento volte, nellarco di ventiquattro ore. Ai tempi di Satie, gli inizi del
nostro secolo, un brano simile voleva essere una paradossale provocazione
nei confronti dei compositori che, allispirazione, preferiscono la tecnica dello
sviluppo. Inoltre, da quel Socrate della musica che era, Satie voleva anche
irridere la nascente civilt delle macchine. Al giorno doggi, doveva succedere,
che qualcuno pensasse di eseguire Vexations per intero!
Cera gi un precedente. Una famosa casa discografica aveva inciso un
disco tutto di Vexations, ripetuto, per, soltanto per trentatr volte. Il pianista
furbacchione, in realt, laveva eseguito una volta sola, ma, siccome il pedale
del pianoforte cigolava, alla battuta quattro, per tutte le trentadue volte di
replica, si udiva uno screeck orripilante. Chi ha comprato quel disco, lo hanno
trovato ebete, gli occhi dilavati, la fronte avanflessa.
E certamente Satie di lui ride, nellaldil; cos come si rivolta, invece, nella
tomba, per lidea umanitaria escogitata dallAssociazione per gli aiuti alla

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Namibia dilaniata dalla guerra civile: lEnte che aveva promosso la nostra
performance.
Due giorni prima della manifestazione, dunque, io stavo studiando col
massimo impegno Vexations di Satie.
Lidea dellAssociazione era, infatti, questa: contattare famosi artisti,
scienziati, attori, cantanti (ogni specie di celebrit, dallepistemologia alla
telenovela, purch sapessero un po suonare il pianoforte); metterli alla tastiera,
e far loro eseguire, una volta per uno, Vexations, che un brano facilissimo.
Il pubblico, a rotazione, nellarco delle ventiquattro ore, avrebbe certo
deposto un consistente obolo. Nel frattempo, illustri poeti avrebbero
declamato versi composti per loccasione. Il mio poeta era Achille Baldassari,
e la quartina destinata a sommergere le mie stecche era la seguente: Tra rinniti
e rantoli la rena scorre e va / La serpe di fiume sul greto divelto sta / Orrore immemorabile
che fine pi non ha / I suoi occhi di crotalo visto hanno gi. Certo la quartina era la
conseguenza, come fenomeno, del noumeno di un quartin di vino.
Il bidone punitivo che gi pregustavo di fare aveva la perfezione di un
capolavoro estetico; infatti, quando, annunciato il mio riverito nome, ci si
sarebbe accorti che io non cero, non avrei solo causato un buco di due
minuti nello spettacolo, ma avrei mandato a monte lintera esecuzione di
Vexations.
I bidoni sono come le menzogne: devono essere monumentali, per avere
un senso. Poi lAccidente, che io avevo sempre tenuto alla porta del mio
sistema filosofico, irruppe nella mia vita; e non ci fu pi spazio che per il
rimpianto.
Il mio Accidente fu Clara, la Direttrice dellAssociazione eccetera, capitata
a casa mia a due giorni dalla manifestazione, per vedere se ero pronto a
esibirmi. Ora, io non mi intendo della grazia dei corpi; ma di quella dello
spirito, s. Quindi, mi attrae molto linnocenza. Soprattutto, quando essa pi
il risultato di un calcolo che una manifestazione istintiva dellanimo. La via
per linnocenza, infatti, passa di nuovo per il frutto proibito: lalbero della
conoscenza. Clara era la fanciulla pi innocentemente artefatta che mi fosse
mai dato di vedere.

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Clara era diplomata in pianoforte. Quando mi vide pestare i tasti a palmo


aperto pose le sue dita sulle mie ed esercitando una leggera pressione dei
polpastrelli mi insegn il segreto del giusto tocco; poi, ritraendo la mano, mi
sfior il dorso e il polso. Avvertii in lei una pelle morbida e opulenta daromi.
Scrutai, mentre si drizzava in piedi, le due rotondit del maglione largo ergersi
in tutta la loro pienezza davanti ai miei occhi: Clara non portava il reggiseno.
Feci appello alle mie competenze filosofiche: che pensai il corpo, se non
una composizione cellulare di grassi, acqua e proteine? E se un qualche
fascino ci viene dalle creature femminili, in fondo esso non che linganno
con cui la natura intesse le trame della sua riproduzione. Questo inganno
compitai tra me e me trae il suo senso dallansia di amore frustrata nelle
mille seduzioni dellinfanzia. Lamore il copione eternamente ripetuto di un
fallimento; lannuncio di una morte da cui si origina la sopravvivenza della
vita. Lindividuo muore, la specie sopravvive. Lamore, fissando gli animi sui
primi anni di vita, impedisce agli esseri viventi di crescere.
Cos argomentavo, mentre ogni pensiero rampollava dalla mia mente quale
barriera ai fianchi, e le cosce, e perfino i piedini di lei: il tutto offerto alla mia
immaginazione come al druido si offrivano le vittime gioiose per i sacrifici
divini. Quando mi accorsi che stavo contemplando con desiderio anche i lobi
degli orecchi, capii che ero spacciato. Tentai di resistere alle tentazioni della
carne effettuando mentalmente i pi complessi itinerari sillogistici; e le fluenti
cosce di Clara, ritte di fronte a me, mi fecero partorire una considerazione di
questo tipo: Tutti gli uomini sono mortali. Socrate un uomo. Che cosa
mai luomo? Una pietra che rotola basta ad annientarlo, nullo tutto il suo
potere di fronte a uno starnuto delluniverso; eppure egli vive, ed ama! Devo
ammettere che la deduzione dalle due premesse non era conseguente i
dettami della Logica.
Allora tentai di figurarmi nella mente il Vero come idea platonica: quel
Vero che tutti spiegava e riconduceva i fenomeni a una sola causa: lidea
platonica del Vero; e il Vero mi si configur nella mente nella forma di una
Salom sculettante, in procinto di abbattere la barriera dellultimo velo.
Visualizzai nel mio intimo la Filosofia, laltera vergine che, visitando gli

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anacoreti nel deserto, imped loro di soggiacere agli abissi della lussuria; e la
Filosofia prese laspetto di una danzatrice creola, col gonnellino intessuto di
ondeggianti banane. Flessuosa danzava tra i manghi, al ritmo di un inebriante
Calipso.
E cos, il Sarmata belluino e selvaggio in me sepolto dalla lunga
frequentazione con le cause necessarie e sufficienti riemerse dun tratto:
balzato addosso alla mia giovenca tutta umori, nel suo carnoso fiore, da
suggere con dilatate e frementi narici, piantai il vessillo della mia riconquistata
animalit. E dire che neanche ricordavo, in erezione, come fosse! Mentre
circumnavigando con le mani il periplo delle sue poppe articolavo in lei,
arrovesciata sul piano, pi e pi volte il mio sperone, limpido come lapriori
kantiano, fertile come lidea primordiale, ben assestato come la derivazione al
coito, ergo sum, sentivo sciogliersi la mia concupiscenza con lo stesso
gorgoglo di sollievo con cui il tubercolotico avverte in s risolversi
lingombro del catarro. Il mio pene era una faglia, un tubolare transcefalico,
una cataratta nel tessuto immacolato della ragione; e da quella faglia
fuoriuscivano gli entinemi, i morfemi e i logemi con lo slancio liberatorio di
quello zampillo sottile che poi, crescendo, provoca lo smottamento dellintera
diga. La mia intelligenza mi restituiva, intatto, al mondo dei sensi.
A quel punto Clara alz la testa, mi fiss negli occhi con fare trionfante e
impietoso; poi disse, con voce profonda e misteriosa: proprio perfetta,
vero? Dica, professore; ha avvertito qualche differenza, rispetto alle altre
volte? Sarei stato tentato di dirle che, altre volte, non ce nerano proprio
state; ma mi dominai, e con la massima noncuranza beh, ragazza mia
risposi non sono certo un verginello, ma si vede che ci sai fare.
Ma allora, loperazione riuscita! Non si staccata! Evviva. Come...
staccata... stavo per chiedere, ma un lampo mi illumin la mente, e con voce
strascicata e di che paese sei, ragazzo mio?, feci.
Brasile, ma se mi ti rivolgi ancora al maschile ti allungo uno schiaffo!
Il giorno dopo eseguii Vexations di Satie. And abbastanza bene. I giornali
mi intervistarono, e io annunciai che sarei subito partito per la Namibia, in
compagna di Clara, la compagna della mia vita.

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IL MAESTRO DELLE ICONE

I
Il maestro Calindri, fiero erede della musical disposizione propria al
Bergamasco, aveva sotto il collo taurino midolli spinali possenti come tubicoli
in cui corran neuroni. Per le leni pendici della val Brembana caracollava
auscultando gli anfratti di natura, in cui andavano a cacciarsi certe misteriose
nenie ormai spolpate, eppur intatte nella loro sostanza armonica. Perduta la
moglie in seguito allalluvione del Vajont, al Calindri, curvo gi, e irrigidito
dagli anni come il S. Antonio di Risceglie cos si esprimeva lui rimaneva
ununica figlia, che per, di Agathe la moglie, una soprano conosciuta in
Germania non era, essendo frutto di una relazione del maestro con Isa,
ballerina dellOpera Giocosa, conosciuta sul piroscafo Volturno durante
una trasferta ad Alghero con la Sinfonica di Tblisi in Georgia aveva
comperato una manifattura di cappelli di paglia che dava lavoro a ventisette
zingari ma mai impalmata, per pena di Agathe, tramontata stella.
Un dicembre di fine millennio Calindri, di ritorno da un Ercole al bivio, ovvero
di taverna in taverna al Morlacchi di Perugia, si mise in una cascina di
Fppolo negandosi alle visite (di solito erano acquirenti dei suoi cappelli di
paglia) per rielaborare la Suite Caucasica per ventitr archi solisti costruita su di
un motivo pentatonico che Calindri aveva udito fischiettare da un giardiniere
georgiano in visita al museo Hermitage di Leningrado. Giunto di fronte alla

70

tela di Scebalin 1913, dedicata ai martiri dei moti, sbigottito


dallimpressionante realismo della pittura, quello Ax! O Mocty, Mocty
struggentemente zufol, titillando lemisfero destro del musicista, che su quel
tema aveva sviluppato un crescendo di duecentoquindici battute, tutte
scandite da una settima di do minore ripetuta ogni ventisette misure.
Sconocchiando il tema in una serie di pregevoli variazioni, Calindri, infine,
aveva notato che dalla successione pentatonica re-mi diesis-sol-la-si, se
rovesciata per moto contrario, veniva fuori la melodia del Salve regina di
Callisto Salvieti, frate domenicano della Cappella Musicale del SS. Sacramento
(Diciottesimo secolo).
La circostanza fu causa, per lui, di grande perturbazione: possibile che
linno pi ecclesiale della polifonia bergamasca avesse dato origine al pi
intenso canto di liberazione del popolo russo che lanima sovietica avesse mai
esploso?
Fin qui, poteva ancora pensare a una coincidenza tematica, ma con qual
fretta la sua sorpresa si mut in stupefazione quando, cercando nel Lessico
universale della musica, venne a sapere che il tema di quel canto altro non
era che un inno liturgico ortodosso, opera del monaco Valery Smirnov, di
Baku, sul Mar Nero (1315-1386). Sul ponderoso quattordicesimo volume del
Lessico, il ritratto di Smirnov, fatta eccezione per barba e chierica, pareva a
Calindri in tutto e per tutto simile a quel ritratto di Salvieti che stava esposto
nella Biblioteca del Conservatorio di Bergamo.
A questo punto, avvenne un miracolo. Manuela, il frutto della relazione di
Calindri con Isa, era nata cieca, perch la madre, per non perdere il lavoro,
aveva continuato a danzare fino al sesto mese di gravidanza. Isa, infatti, aveva
acconsentito a non abortire solo a patto che Calindri si accollasse leducazione
della piccola. Cos, da diciotto anni, loscuro direttore, durante i suoi ozi
creativi, se la portava con s. Quando il padre componeva, al piccolo verticale
giapponese, la ragazza, esile esile, ma con la testa grossa gli occipiti, in
particolare, erano quasi ricalcati sul teschio scoperto del viso ascoltava in
silenzio. Con questa ginnastica, lorecchio musicale, in lei, si era a tal punto
sviluppato che spesso, quando il padre, distrattamente, incappava in una falsa

71

relazione, lo avvertiva con un gridolino.


Un mattino, nella cascina di Foppolo, mentre Calindri che gi, a tutta
quella storia di Salvieti, non pensava pi stava scrivendo lultima variazione
della Suite, laddove il tema e il suo rovescio si fondevano in un canone a
specchio, il respiro leggero di Manuela che, dietro di lui, scandiva
ritmicamente le battute, sarrest un momento; quando riprese, era pi piano
e roco; quindi, la ragazza mand un urlo: per la prima volta in vita, apriva gli
occhi alla luce! Manuela, ci vedeva. Calindri, in parte irritato, in parte
allarmato, si volse verso di lei; allora Manuela, contemplando lorrore di quel
volto maculato, quella caverna aperta dallo stupore tra la pelle, le braccia
lunghe arrotolate sul petto, le piccole fessure da cui globi acquosi vuoti la
fissavano, ormai fuori di s, prese la fuga.
Quello stesso giorno, a Bergamo, Bernardo Lugli, direttore del
Conservatorio, preparando una monografia su Salvieti, saccorse che, fatto
salvo il pizzetto e il lungo ciuffo, la fisionomia del musicista era identica a
quella del sovversivo russo Bakunin

II

Anatolij Tinjanov era un modesto pittore di icone dellUcraina, in servizio


ausilario presso il Monastero della beata Ipostasi dei Santi Cirillo e Metodio
di Baku. Un giorno nevoso di fine inverno, nel 1887, mentre pestava,
sputando nelle terrecotte, i colori raggrinziti dal gelo, vide unombra aggirarsi
tra le tombe dei patriarchi ucraini che allet media di centodieci anni si erano
serenamente accomiatati dal loro servizio alla guida del convento. Il braciere
con cui il poveretto tentava di diluire le croste cromatiche dellicona che
intendeva reimpiegare per il ritratto del Beato Smirnov si mise a vibrare tutto,
quando lenigmatica presenza spalanc luscio che immetteva dal dormitorio
ai chiostri. Per fortuna, Anatolij era un solido campagnolo ucraino, per cui,

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non appena vide un ceffo dalla barba raggrumata di neve vestito di stinti
scampoli, bendata la mano e il piede destro, che, con lunico occhio buono
(laltro era coperto da una benda sanguinolenta) lo fissava, si lasci andare a
una risata. Quindi svenne, permettendo al bieco soggetto di avvolgerlo in una
coperta da cavallo e trasportarlo via, insieme al trespolo, i colori e tutto il
resto.
Dopo uno scontro con la polizia dello zar, infatti, Bakunin si era rifugiato
in quel chiostro solitario. Non era affatto il diavolo, Bakunin, come sostiene la
tradizione popolare, n aveva fatto patti con Bel-el-zebub. Semplicemente, era
il fratello gemello di Pandora, la malaugurosa fanciulla greca che, aprendo lo
scrigno di tutti i mali, aveva diffuso su tutta la terra ogni morbo concepibile.
Ora: bisogna sapere che lunico modo che gli Agenti Demoniaci quegli
individui che, come Elena di Troia, diventano inconsapevole causa di
tregende e catastrofi plurisecolari hanno a disposizione per circolare su
questa terra ed, eventualmente sannoiassero, dipartirsene, di venire
raffigurati in affreschi, dipinti e cammei.. Nellantichit, Bakunin era noto
come Arimane; quindi si era fatto una fama, nel Medioevo, come Asmodeo,
abitando diverse suore ben presto agitate da considerevole foja. Tacciamo sue
ulteriori personificazioni (bisogner, comunque, citare una divertente
sarabanda tra i componenti il Comitato di salute pubblica, nella Parigi del
1793, con tanto di teste che scapicollano nel ballo) per ritornare alla poco
invidiabile situazione del nostro Anatolij.
Costui, quando, infine, si fu risvegliato, venne costretto da Bakunin a
dipingerne leffige sullicona sacra, non sapendo che sotto la ridipinta tavola
cera lex-voto di un carrettiere lituano: un Ges tutto sgembo e con un occhio
pi grande dellaltro. Si pu immaginare quale fu la sorpresa del
rivoluzionario, allorch, entrato nella caverna sotto lEtna in cui soggiornava
abitualmente, seduto al tavolo di cucina scorse un Ges cos sporco, cos
malridotto, da suscitare orrore. Rincantucciato in una stola che mal faceva
immaginare Sacre Sindoni, mangiava un piatto di spaghetti al pesto.
Superate le prime difficolt, i due divennero, infine, amiconi. Bakunin
scopr, anzi, che si erano gi conosciuti: una delle proprie ipostasi arcaiche era

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stata, infatti, quella di Giuda; quindi Ges gli doveva, infine, pur qualcosa.
Decisero dunque di costituirsi in cooperativa, e usare quellicona estorta ad
Anatolij come porta daccesso al mondo superno. In seguito, quella stessa
icona giunse nelle mani di Eustachio Cavalieri, maestro di cappella della
Chiesa di Foppolo, che la prese per un ritratto di Callisto Salviati, il cui
incompiuto Salve regina loscuro organista di paese tent, per tutta la vita, di
completare. E fu come ritratto del da lui tanto ammirato Salviati, che Calindri
la compr, apponendola, a sostegno dellimproba opera compositiva, sulla
parete al di sopra del pianoforte, nella sua casa di Foppolo.

III

Terminata la Suite ucraina, il compositore si stava, ora, strenuamente


dedicando a una cantata per il centenario della liberazione di Foppolo dai
Bergamaschi, dovuta al capitano di ventura Fortebraccio. La partitura era
notevole: dieci personaggi, nel finale dellAtto Primo, si fronteggiavano in
scena. Con un colpo di genio, Calindri aveva rappresentato in musica il
raffreddore da fieno dal quale lesercito di bergamaschi venne messo in fuga
con gli acuti di un corno da nebbia scozzese. Straziante la sequenza in cui
Berengario da Lodi, capitano dellesercito nemico, intona deh, chil respiro
mi manca; favellar io non posso omai... abbandonandosi poi alla celebre aria
degli starnuti in sol bemolle. Allora il pubblico capisce che Fortebraccio,
travestito da venditrice di garofani dal polline infernale, si introdotto
nellaccampamento bergamasco. Il sublime Recitativo dei contrabbassi, nel
Preludio dellopera, ancora oggi un modello insuperato di struttura ciclica,
unendo al lirismo il presentimento del Leit-motiv starnutale.
Taccio del grandioso finale, in cui lesercito tutto di Foppolo, travestito da
brigata di fioraie, passa nel pubblico a vendere garofani, cantando siam
fioraie dal maschil portamento, con tra le gambe un fiore ch un portento.

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Per la verit, lidea era venuta a Calindri in seguito alla preventivo delle spese
che avrebbe dovuto sostenere per mettere in scena lopera. Pensava che, coi
garofani, avrebbe potuto farci su qualcosa.
Lopera che il cervello in ebollizione dellanziano maestro veniva
componendo sotto licona magica piacque tanto allo spirito maligno ivi celato
che questi, nella sua spelonca etnea, non si chetava di danzare, col suo buon
amico Ges, la Czarda del moccio e la Polka della tosse asinina. Un bel giorno, le
musical meningi del Calindri cessarono di emettere crome e biscrome, e la
musica, in casa Etna, si spense. Qualche tempo dopo, Calindri ricevette la
visita di una fioraia ben costumata che, con la scusa di procurargli tulipani
neozelandesi, lo attir molto lontano da casa sua, fino alla Pinacoteca
Comunale bresciana, dove Bakunin, in una tela di Fra Melchiorre raffigurante
Susanna e i vecchioni, aveva una delle tante entrate di servizio al suo regno (si
dovette, anzi, scusare col Maestro della biancheria stesa ad asciugare, e che
occupava il poco spazio dietro la cornice).
Dopo avergli offerto il suo il rituale th al tritolo, Bakunin fece una
proposta a Calindri: se non voleva che sua figlia Manuela ritornasse cieca,
doveva acconsentire a che la sua immortale cantata si rappresentasse
nellaldill, utilizzando Bakunin e Ges come protagonisti, e tutti gli
ectoplasmi del loro entourage come comprimari. Lorchestra sarebbe stata
quella dei regni angelici, con la sezione di percussioni dellottava bolgia, e gli
ottoni dellApocalisse diretti da San Giovanni. Per i cori, gli ebrei in diaspora
permanente erano perfetti. Venne stipulato il contratto.
Il giorno della rappresentazione fu uno dei pi luminosi dellintera storia
dellOltretomba. Molto apprezzato il balletto dei foppolesi trapassati, a cura
del Corpo degli zombi municipali dellEtna. Il coro ebraico, per precisione
e intonazione, era una vera manna dal cielo. Nellultima scena, che progrediva
verso un impercettibile diminuendo, i percussionisti diedero una mano al
maestro concertatore, Tommaso dAquino, menando vigorosi colpi in testa
con le mazze agli archi delle prime file. Ci si divertivano un mondo, e
ridevano come dannati. Berengario, nellaria di sortita, cant da Dio, In
effetti, era suo figlio, e quindi di buona scuola. Gli effetti speciali delle

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tempeste, curati da Zeus e Vulcano, erano di impressionante efficacia.


Lassolo di trombone del dio Pan, nel secondo atto, che evocava lincombere
nel campo bergamasco della tremenda allergia, fu potentissimo. pur vero
che Hermes, al primo violoncello, rubava un po sulla durata delle note, e che
la Madonna, prima amorosa della compagnia, a met della recita rimase
incinta, a forza di guardare il suggeritore in buca larcangelo Gabriele ma
la cantata venne una meraviglia.
Fu cos che Calindri venne assunto dalla Diabolica compagnia dopera
delloltretomba per comporre un lavoro allanno. Con la sua parrucca di
salamandre, la bacchetta direttoriale che, impugnata, si trasformava in una
protesi di dieci braccia in tumultuoso movimento, locchio sinistro nella cui
pupilla le note si raggruppavano e scioglievano come in un grande schermo, il
maestro, sul podio, ci faceva una gran figura. Bakunin, dal canto suo,
rispolverando la sua arcaica natura di Zoroastro, si prodig nel ripetere a
scopo scenico alcune delle pi spettacolari catastrofi che mai la natura avesse
conosciuto. Ecco Il diluvio universale, con No al clavicembalo, impegnato, su
di una zattera vagante, nella realizzazione del basso continuo. Ecco Il passaggio
del Mar Rosso, con Mos alla tromba marina e il coro degli storioni palestinesi
(in questopera, infatti, si rivelava che era nato prima luovo di storione della
gallina; anzi, proprio mangiando caviale, la gallina aveva generato il primo
uovo). Ecco, infine, La resurrezione dei morti, il cui successo si rivel, per, un
fuoco fatuo.
Il pubblico di lemuri, folletti e spiritelli che seguiva gli spettacoli, aveva ben
presto fatto del Calindri uno dei suoi beniamini. Il maestro, pur avendo
ottenuto ben presto la cittadinanza onoraria oltretombale, rest attaccato per
un filo al mondo dellal di qua tramite gli occhi ormai vedenti della figlia, la
quale, dopo aver studiato pittura allAccademia, divenne una celebre autrice di
icone richieste dalle pi importanti diocesi dItalia.
Calindri occhieggiava il nostro mondo, i prati e i cieli che sinturgidivano
dazzurro sul far della sera, attraverso le vetrate delle grandi cattedrali, e alle
volte, durante le funzioni, quando le esili suore intonavano con un fil di voce
il Salve regina di Salviati, sogghignando dava un furtivo attacco al Coro delle

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malebolge; sempivano allora, gli immensi anditi, di mille voci tenebrose e


possenti, che facevano vibrar dei loro armonici fin i pilastri antichi.
E nella calca della gente in fuga si levava, ritmica, asmatica, la risata
diabolica del vecchio maestro Calindri.

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IL NORCINO

Il Vico dei Tornitori, a Norcia, si inerpicava per un viottolo tutto teso alla
rimonta di un colle brullo sulla prospettiva della val di Chiana, tra cui
saprivano bottegucce ricoverate in grotte di tufo il cui ingresso chiudevano
arbusti spontanei resi floridi dal soffio di Levante. Occupavano questi loculi
artigiani del ferro battuto, abili nel temprare salmerie, tazze smaltate, legature
dincunaboli e bracieri per incenso a rilievi policromi. Una casupola di fango e
cotto ricoverava le famiglie di quelli, sul bordo superiore del fossato che
separava la strada dalla palude malarica. La vita non scorreva bene nel vico, e
non fosse stato per le giravolte stranite delle farfalle e la tersa veduta a perdita
docchio, gi nelle macchie verdi presso il fiume; per il canale daria che
soffiando polline ed essenze di gialle graminacee stupiva i sensi, sul far della
sera (e i grilli, intanto, sembravano suggerire spazi immaginari); per la lastra
immacolata dei monti, lontano, su cui le nuvole screziavano tenui profili: se
tutto questo non ci fosse stato, la vita, nel vico, tra la malaria, la proliferazione
inconsulta dei figli, e il pane azzimo di segale, sarebbe risultata intollerabile.
Cera, tra quei fanciulli che impazzavano per i declivi ombrosi,
proponendosi di gareggiare coi rosignoli roridi di rugiada, un ragazzetto di
forse dieci anni che, sostenendo il fiato per molti secondi, faceva gorgogliare
le note a una a una come una cascata felice, attaccando in intonazione sicura,
per poi calare, appena un poco il diaframma, e modulare, cos, ai toni lontani
con un semplice soprassalto polmonare. Aveva nome Morello.

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Ora, avvenne che, essendo la famiglia di Morello composta di sei figli, una
nuora e tre fratelli disoccupati, il padre, di professione cardatore stagionale,
pi non sapesse come tirar la cinghia; cos dispose, dopo unaudizione presso
il convento dei Frati Minori di Gubbio, per Giuseppe di studiare il canto
presso la cantoria della canonica, dove avrebbe avuto vitto e alloggio gratis.
Priore, nonch Maestro di Cappella, era Baldo Reggiani, uomo un tempo di
mondo, divenuto monaco perch, concertatore a Lisbona, si era incapricciato
di Luigina Panfili, primadonna del Teatro, che gli aveva preferito, per, la
compagnia del celebre castrato Farinelli. Da allora, Reggiani aveva concepito
un tale odio per i castrati rimanendo nel contempo, tenace ammiratore del
loro timbro da proporsi, insieme al voto di castit, lintento di far castrare il
primo fanciullo di straordinaria avvenenza e notevoli qualit musicali su cui
avesse messo le mani, per sfruttare, onde arricchirsi, larte di lui, e vendicare,
nel contempo, la propria virilit distrutta, col privare della propria un futuro
grande amatore.
Non fu difficile a Reggiani, sfruttandone la povert, di convincere il
cardatore a sottoporre il ragazzo alloperazione, la quale, eseguita coi primitivi
sistemi dellepoca (incisione sullano ed estirpazione dei testicoli per
aspirazione dello scroto) aveva altissima mortalit, bench a Morello non
venisse mai, nelle difficili settimane successive allintervento, a mancare la
salute, e anzi la sua bellezza concentrata in due occhi di inimmaginabile
verdazzurro, e una pelle ambrata di velluto scuro ne venisse, nel trionfo
dellintegrazione fra i sessi, esaltata, per il potere che la nube dellambiguit
conferisce al fascino. Si aggiunga che la voce, di greve, ancorch modulata,
divenne pura, svettante e di mirabile pastosit, e si capir perch, quando il
Norcino, come veniva chiamato Morello, scendeva la lunga scala che univa le
mura di Troia alle navi in ormeggio, nel Patroclo di Giovan Battista Rigosi, e
dondolando il cimiero marziale per sincrono oscillare dei femminei fianchi,
intonava la sua aria di baule Non fia chinganno mi trattenga e intanto
abbracciava i soldati, dopo il massacro, riversi sugli spalti non vera chi non
venisse sopraffatto dalla commozione. Abile impresario di se stesso, sullonda
di quei primi successi, il Norcino stipul un accordo con la Compagnia delle

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Indie che gli assicurava esibizioni dal Brasile allAustralia test colonizzata.
Nel teatro di Melbourne, gli spettatori accorsero cavalcando struzzi dal pie
veloce, uno dei quali, glaucopide e dalla chioma variopinta, regalatogli dal
pubblico in delirio, divenne il suo compagno di tourne.
Nellininterrotto seguito dei suoi trionfi, il Norcino fu protagonista di
episodi pi unici che rari; una volta, per esempio, al Dragoni di Forl, si
dovette sospendere la recita perch lorchestra, commossa dalla purezza del
suo canto e dallintonazione patetica, smise gradualmente di suonare; tutti i
musicisti, infatti, per il gran piangere erano diventati ciechi. Unaltra volta, al
San Cassian di Venezia, venne calato il sipario perch la Primadonna,
Adelaide Platti, ascoltando il Norcino, fu presa da un tale accesso dira
invidiosa da cadere in deliquio sulla scena. Bisogna anche aggiungere che il
Nostro, da quel pessimo carattere che era, spesso, con voce gracchiante,
imitava le svenevolezze delle sue rivali sulla scena, oppure, durante laria di
sortita della Primadonna, si metteva a chiacchierare rumorosamente con le
dame sui palchi.
Infine, dopo aver commosso il pubblico di tutto il mondo conosciuto, il
Norcino venne convocato alla corte di Spagna, onde curare la melanconia di
Filippo IV che, in preda ad allucinazioni e sindromi maniacali, giaceva, nudo e
non rasato, tra le proprie feci, sul pavimento della Sala del Consiglio, e si
doveva nutrirlo a forza. Nascosto dietro un paravento, Norcino attacc con
un fil di voce Che far senza Euridice. Il re, al semplice suono della sua voce,
tacque, ch grufolava come un porco allo scanno; poi si rivest, si fece rasare e
chiam il suo attendente per avere del cibo e del vin di Porto. Il Norcino fu
fatto Grande di Spagna, e il giorno in cui lasci la reggia, quindici anni dopo,
fu festeggiato con un grande corteo navale sul Guadalquivir che migliaia di
lampade a lucciole rendevano magico e incandescente.
Quanto a quel Reggiani che aveva procurato a Morello lamputazione, non
pot sfogare in lui le proprie smanie di vendetta. Avvenne, infatti, un
miracolo: al Norcino, ormai sessantenne, scese un terzo testicolo, ritenuto
fino allora nei tubuli seminali; sicch, ritiratosi dalle scene, pot sposarsi e
avere tre figli.

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TERZA PARTE
INVENZIONI SU TEMI WAGNERIANI

LOHENGRIN

Il 25 gennaio 1872 Richard Wagner si rec a Bologna, per assistere, presso


il Teatro Comunale, alla prima italiana del Lohengrin. Lo accompagnava il re
Ludovico II di Baviera, che aveva appena offerto al compositore una
pensione annua di centomila fiorini e il saldo dei debiti accumulati da Wagner
in tutti gli stati germanici; sicch una frotta di creditori ne seguiva le orme, e a
Norimberga, dove si trovava per documentarsi sulle corporazioni dei
Meistersinger, sarebbe sicuramente stato arrestato, non fosse intervenuto, a
salvarlo, il messo del re. A lungo, sospettando si trattasse di uno dei suoi tanti
creditori, Wagner aveva rifiutato di riceverlo.
Prima di giungere a Bologna, Wagner fece dono al re di quel La nascita della
tragedia in cui Friederich Nietzsche, professore di filologia a Basilea, faceva
della sintesi tra larmonia apollinea e lesaltazione dionisiaca la resurrezione a
nuova vita della Tragedia greca, nel Wort-Ton Drama wagneriano.
Nietzsche aveva, con questopera, suscitato le ire di Wilamovitz, che vi
disconosceva ogni valore filologico; ma Wagner aveva accolto come un
profondo altro se stesso il miope, tetro filosofo; a Tribschen, sul lago di

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Ginevra, dove passava le giornate in compagnia dei suoi cani, a comporre il


Sigfrido. La mattina, la trascorreva nella composizione; la sera,
lorchestrazione. Faceva solo qualche passeggiata in citt, per ritirare la posta.
Wagner amava vivere nel lusso, vestire in seta e circondarsi di suppellettili
preziose, tanta la tensione emotiva cui mi costringo diceva che mi
necessaria una compensazione di tipo estetico. Ludovico II, salito al trono a
diciotto anni, fin dalla prima rappresentazione del Lohengrin era cresciuto nel
culto del Maestro; per questo non aveva esitato ad accoglierlo a corte, non
senza suscitare commenti malevoli nei consiglieri, che vedevano il nevrotico e
gi instabile principe precipitare nelle spire della fascinazione artistica, fonte
di rovinose spese.
Quella sera, a Bologna, dirigeva Franco Faccio, compagno di studi di
Arrigo Boito, e salito alla gloria del podio dopo unincerta carriera di
compositore. Latmosfera era pesante: i denigratori del maestro lo
attendevano al varco armati di fischietti Wagner, come i parigini del
Jockey club, che avevano inabissato il Tannhuser solo perch Wagner
aveva spostato il balletto di rito dal secondo al primo atto, impedendo, cos,
loro, di assistervi; infatti, non giungevano mai a teatro prima dellintervallo.
Wagner ricordava le giornate passate a comporre con un senso di pressione
alle tempie. Lacre stantio del lago saliva alle sue narici, comprimendogli il
cranio come tra pareti di latta manovrate da un giannizzero sadico:
lespiazione nellamore/ morte di lui, frutto di un amore illecito tra sua madre
e un giovane primattore del teatro di Lipsia. Eppure, ancora, non si sentiva
libero, finch vibravano soli nel suo volto scarnificato, e una tiepida nube
avvolgeva la sua mente di liquido azzurro. Strane sagome del passato
fluttuavano nellaria, davanti a lui, sul respiro dei suoi polmoni. Il Nord; il
Nord s, era puro, immacolato e libero. Quando, traversando i canali della
Norvegia su di un fragile scafo di legno, lHojotoho vichingo si era spento tra
le pareti erte del fiordo, il suo cuore era risorto dai sensi di colpa. Minna,
lingenua, ma dispotica moglie. La cardiopatica Minna, ora persa nella miseria
di Parigi.
Lorchestra stava raggiungendo lapice del Preludio, con lapertura

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allimmenso vibrante nel colpo di piatti. Rendere sublime anche il volgare;


trovare nel nesso tra grandioso e grottesco i germi dello splendore futuro; ma
dove innestare il grandioso progetto; come sottrarre alla melma del popolo
questa sanit faticosamente conseguita? La risposta era una sola: Ludovico II,
il re di pura stirpe nibelungica, vittima dei complotti di corte; lunico che
aveva accettato di dare riposo e usbergo allaedo tormentato. Come aveva
detto, il sire? La faremo, Wagner aveva detto questalleanza tra forza
germanica e purezza ariana, sgombrando il campo da intrusioni filistee o,
peggio, semite; solo nel maschio corpo del nibelungo forza e verit. Tu sarai
la memoria del nostro passato e la premonizione del nostro futuro. Arte
germanica, dunque; solida, pesantemente ariana, contro frivolezza latina: chi
avrebbe vinto?
Certo: larte gli aveva tolto la vita attiva delluomo spensierato; ma quale
altro tributo avrebbe potuto dare al demonio che dentro di lui
automaticamente trovava nessi nuovi e intatti alle sue ossessioni? Dallalto,
dallalto contemplare le isole mortali, e preparare forza e potenza alle
sterminate armate del Reich. Strinse la mano a Ludovico, il maestro, mentre
Faccio alzava di nuovo la sua bacchetta.
In quello stesso momento, in Engadina, Nietzsche, aguzzando a fatica la
vista declinante, scorgeva Lou von Salom baciare lallievo Paul Re,
decidendo la sua sorte di Superuomo.

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IL CANTO DEL CIGNO

Appena sono giunto in questo castello, il mio medico curante, il dottor


Gudden, mi ha obbligato a rinunciare alle mie passeggiate notturne a cavallo,
alle mie veglie nella notte silenziosa, e ad alzarmi per tempo la mattina. Non
capisce che, se la vita una malattia incurabile, che ha per esito la morte, la
notte il giorno. Solo nellanonimato delle tenebre luomo si pu sentire
meno solo, parte di quella natura che pulsa indefettibile intorno a lui. Io
detestavo mostrarmi al popolo; per questo che sono stato dichiarato pazzo,
e ho perso il trono. Anche mio fratello Ottone pazzo; cos, adesso, stato
nominato reggente un mio zio, quello che diceva sempre a mio padre, quando
avevo sedici anni, e mi esaltavo per il Lohengrin di Wagner, tale musica
porter tuo figlio alla follia.
Mio zio non vede i cigni; ma la mia terra non questa terra. Io vengo da
una terra lontana: la terra di Monsalvato, dove vivono i cavalieri reclutati da
Dio per difendere il sacro Graal, la coppa in cui stato raccolto il sangue di
Cristo. Io vivo nellattesa del cigno che mi riporter al mio paese; per questo
ho disseminato i miei castelli di cigni: cigni di pietra, cigni vivi, cigni dipinti a
miniatura su vecchi volumi, cigni dipinti sul vetro: tutti questi cigni sono
larredamento dei miei numerosi castelli.
Ormai questi cigni sono parte di me, e mi capiscono. Il giorno prima che
fossi tradito, un cigno cantava, nello stagno del castello di Neuenschwangau.
Annunciava che sarei stato tradito. San Pietro, fu il canto di un gallo, ad

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annunciare il suo tradimento. Come superiore la stirpe germanica a quella


giudaica!
In questo torrione circondato da inferriate vengo spiato dalla mattina alla
sera; mi danno coltelli di latta, mi hanno privato dello scettro e del mantello.
Hanno paura che ne faccia una corda di stracci con cui poter evadere.
Il dottor Gudden famoso per aver scoperto lorigine di un cancro
sanguigno che si forma nellorecchio medio, e che era noto fin dai tempi dei
Latini. Qualcuno sostiene che laverci messo duemila anni a scoprire lorigine
di questo cancro vada a onore della scienza medica, e in particolare del dottor
Gudden. Ma come pu, in nome di Dio, avermi diagnosticato una malattia
mentale, senza avermi mai visto?
Una diagnosi a distanza, basata sulle testimonianze degli stallieri, dei
camerieri su cui avrei infierito con le mie sfuriate.
Quei cani osavano guardarmi negli occhi. Io sono sempre vissuto da solo,
per evitare che la gente mi guardasse negli occhi. Gli occhi sono laghi le cui
sorgenti, da quando sono morti i re, si sono perdute per sempre. La nobilt
dellintelligenza si corrotta in questa razza di banchieri e notai che ora regge
il potere nella mia Baviera, e che, da ultimo, mi ha proibito di erigere altri
castelli. Mi ha impedito di creare; ma, per me, creare testimonianze perenni
del mio passaggio sulla terra la vita stessa; n credo al filisteismo del mio
secolo. Io sono lultimo dei Germani; lultimo dei re. Non era di un re, che il
mio popolo aveva bisogno?
Un buon re non pu che essere pazzo. La regalit unanomalia del
sangue. I re non sono n maschi n femmina; essi sono la razza stessa. Sono,
quindi, ermafroditi. Io, non sono io; io siamo me, Ludwig, e mia cugina
Elisabetta. Noi, insieme, siamo laquila a due teste. Ora laquila giace ferita,
uccisa dalla ottusa scienza; ma quando laquila spiccher di nuovo il volo, un
cigno verr a prendermi, e io potr far ritorno nel mio paese di Monsalvato.
Mi dicono pazzo perch non ho mai voluto essere visto, rivelare il mio nome.
Non sanno che Lohengrin, se dice il suo nome, condannato a lasciare il
mondo. Per completare la mia opera, ho bisogno di mistero. Nel lago del
cuore non roteano pi mani; lopaca pesantezza del presente ha reso velenosi

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al mio cuore gli sguardi dello stesso mio popolo. Tutti quegli occhi sono stati
avvelenati dal dottor Gudden.
Elisabetta la mia anima, Wagner la mia mente. Laquila, da quando ho
preso il potere, divenuta a tre teste. Avevo anche un cuore, una volta. Era
un attore del teatro di corte. Lohengrin era il mito; lui era la storia.
Ripercorrevamo insieme i sentieri di Guglielmo Tell, come Schiller li
descrive nel suo dramma. Ma una notte, mentre scivolavamo piano sul lago di
Costanza, lui si addorment. Quando gli chiesi di declamarmi ancora una
volta, con la sua bella voce sonora, la scena del giuramento dei Quattro
Cantoni, lui prese a russare. Lo lasciai addormentato; poi presi il mio cuore, e
lo diedi in pasto ai cigni.
Da allora, io non vivo pi nel tempo presente. Attorno a me, i paggi
prendono laspetto di fili doro, e la luce passa attraverso di loro, come
avvolgesse il loro corpo una nuvola inattingibile. I loro volti hanno la
malinconia della fiaba: langoscia del distacco. Allora io li vorrei portare con
me, a Monsalvato, perch, lass, la loro bellezza mai sfiorir. Avvicino le mie
labbra alle loro, e bacio quei giovani paggi. Da quando ho buttato il mio cuore
ai cigni, non posso farlo pi: ho dovuto gettare i miei paggi nellabisso del
tempo, da cui mai pi riemergeranno. Ho reso angeli il mio cavallo; il mio
cigno: ma gli esseri umani hanno un lago nel cuore, e in quel lago non roteano
pi mani. Non ha pi luogo il soffio leggero del semidio, quando increspa gli
umori del giorno.
Io non sono un Artefice; sono un semplice Guardiano dellEterno.
Posso ammirarne le superbe concrezioni sulla superficie liscia del giorno,
ma quando lEterno, nella notte profonda, pensa al suo domani, e spira di lui
quellalito di vita che permea la nostra luce dai primi sospiri del giorno:
quando lEterno pensa, e pensando , io non posso che contemplarlo, in un
silenzio eucaristico. Le mie mani non scolpiscono pietre, la mia mente non
pensa versi, la mia bocca non canta melodie. Io posso solo essere un
testimone. Il genio, lEterno lo ha dato a Richard Wagner, e io, amando lui,
sottraendolo alla prigione per debiti, permettendogli di realizzare la sua
grande Tetralogia, ho fatto lamore con lEterno.

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Non c da stupirsi se lEterno, per scendere sulla terra, ha dovuto


incarnarsi in un ometto basso, dalla testa troppo grande; quasi un nano,
cocciuto, egocentrico. Un uomo che tollera solo vestiti di seta, che si circonda
di lusso, che ha mandato in rovina, con le sue folli spese, lo stato di Baviera
pi di qualsiasi guerra.
Un uomo il cui motto : Il mondo mi deve ci di cui ho bisogno. Eppure
questuomo neppure sa, quanta verit ci sia in questa sua frase.
Wagner lorgano genitale dellEterno, per questo cos viscido e
ripugnante. Ma un giorno io vedr, dellEterno, anche il volto.
Ne sar folgorato. Mi salver lacqua. Io berr lacqua dalla coppa stessa
del sacro Graal. Il sacro Graal lo stagno dietro il castello in cui sono tenuto
prigioniero.
Ho anche capito, lEterno, chi : il dottor Gudden. Se, infatti, non fosse
lEterno, non sarebbe riuscito a catturarmi. Inoltre, la gente lo odia. Quando
venuto a imprigionarmi, si riunita una gran folla di contadini, di fronte alla
locanda in cui mi trovavo, e hanno minacciato di fargli la pelle. Per la mia
gente, io sono lincarnazione di un principio sovratemporale. Loro non mi
giudicano pazzo; pensano che io sia di un altro mondo. Ma il dottor Gudden
mi ha dichiarato pazzo perch lEterno, che parla attraverso di lui, ha deciso
che il mio compito quaggi finito, ed giunta per me lora di ritornare a
Monsalvato. Io, dunque, ho trovato il mio cigno: il santo veicolo di
salvazione. Quando il mio fedele cigno nuoter nelle acque chiare del
laghetto, io, dalla mia barca, spiccher il volo verso di lui, aggrappandomi
saldamente al dottor Gudden. Cos lEterno danzer con me, nel mentre il
cigno ci porter a Monsalvato. Non vedo lora che sia sera.
Vieni da me, sera, amica delle nebbie. Renditi degna del mio quotidiano
tributo.
Dalla torretta vedo luccello del Paradiso andarsene torno torno le mura.
Ogni tanto tuffa nellacqua, per bere, il lungo collo. Ora si volge verso di me.
Apre il becco, e canta; il grande virtuoso, linterprete per elezione della mia
voce. S, il cigno canta. Canta laria delladdio di Lohengrin a Elsa: In remota
terra/ a tutti ignota/ sta una citt/ che noman Monsalvato/ un tempio doro/

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sorge in suo seno...


Quando il dottor Gudden mi porter sul lago, a vedere le fronde
specchiarsi nellacque, questa sera, al tramonto, lo affogher insieme a me.

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IL CAVALLO DI DIONISO

La casa sul lago sempre l, serena come un dio olimpico. Ancora nei suoi
fianchi si specchiano le ninfe del lago, che in questo periodo dellanno cos
blu. La mia mente tersa, ma in essa abita un nibbio, un soldato implacabile
del dubbio.
Ero un giovane filologo, allora, appena giunto a Basilea dalla mia infelicit
infantile. La casa del nume mi apparve tutta avvolta nei veli; quando ardii
oltrepassare la soglia; era la vigilia di Natale. Io mi vedevo entrare nello spirito
di colui che pi di ogni altro aveva determinato la mia sconfessione di ogni
logica, in nome di una superiore, raffinata percezione del tempo fatto spazio.
Nellatrio della grande casa in cui il Maestro si era dovuto rifugiare per colpa
di quanti, a Monaco, lo accusavano di circuire il sovrano; nel vestibolo del
tempio, cera un quadro che raffigurava Dioniso nel mentre rapisce Arianna,
abbandonata da Teseo. Una breve attesa e mi apparve lei: la moglie di Hans
von Blow, ora sposa di Richard Wagner. Lei, Arianna; colei che doveva in
futuro dare un senso al mio tempo, da allora in poi speso solo nellansia di
rammemorare lei. Teseo aveva abbandonato Arianna; la verit storica
questa grande amica delle bestie tedesche direbbe che fu Arianna ad
abbandonare, in questo caso, Teseo.
Quando era ancora la signora von Blow, Cosima partor a Richard un
figlio. Lo scandalo fu enorme. Il solo Blow, incurante di tutto, continu a
dirigere in tutta Europa le opere del suo grande amico. Aveva compreso, lui,

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di non essere, n potere nulla, di fronte al genio. Il genio era Dioniso. Il genio
era Wagner: quel padre spirituale che, allora, a Triebschen, mi venne incontro
col passo di un buon popolano, il viso tutto a pieghe e sussulti,
misteriosamente invaso dalla giovialit di chi sente poter confondersi appieno
con le cose terrene, perch, quelle cose, le ha gi trasfigurate nel suo mondo
interiore.
Era Dioniso anche quel padre mio, morto di febbre cerebrale, prodromo
delle mie emicranie, che mi fanno veggente solo nel buio, inviso e mortificato
di fronte agli uomini; un pipistrello che batte ovunque la testa?
Io non credevo Dioniso potesse, un giorno, assorbire tutta la mia vitalit,
pensare i miei stessi pensieri. Io non ho vissuto; ho vegetato nella caligine dei
miei dubbi. In nome di essa, non ho prodotto opere ben strutturate, salde
nella loro tetragona verit. Come Kant, come Hegel, come Leibniz. No; io
non potevo essere come loro. Io dovevo essere un fuoco fatuo; il mio
pensiero, nostalgia del pensiero. Sotto la mia fronte, tra le mie tempie, doveva
ardere un alare di bronzo, incendiato dallo sguardo di Pan. La paralisi che ora
minceppa di tanto in tanto le virt percettive non il frutto dellunica
relazione sessuale della mia vita. Una sifilitica di Monaco mi si diede per tre
talleri, e io mi accoppiai con lei non tanto perch ne sentissi il bisogno, ma
solo perch la somma mi appariva vergognosamente modesta; volevo capire
che tipo di persona poteva vendere il suo corpo a un prezzo cos vile.
Quando lo scoprii, il mio corpo era gi tutto esulcerato dai bubboni.
Ma i veri bubboni, che tanto si gonfiano dentro di me da farmi scoppiare il
cervello, sono le mie opere. Le mie opere, nemiche di ogni cosa immonda,
partorite nella cupa serenit del mio rifugio in Engadina, con la montagna
fissa di fronte al mio viso, la Jungfrau di Sils-Maria: tutte le mie opere non
sono state scritte da me, ma da Dioniso. Richard Wagner scrisse tutte le mie
opere: dai deliri superomistici di Zarathustra alle serene campiture della Gaia
Scienza, dietro ogni mio motto, ogni mio pensiero distillato in pura poesia
nelle notti dinsonnia, c lui: il fauno dai mille desideri, dai mille appetiti,
sempre pronto a produrre inni alla castit. Sortivano gi fatte, spruzzi di zolfo
da basalti, per la sua mente ingorgata di succhi puteolenti, effetto di sesso

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promiscuo; mentre io, che scrivevo di lussuria, di dionisiaci abbandoni, non


ho mai, in vita mia, toccato altra donna che quella cui lalto Signore ha
conferito il compito di ordire la mia eterna dannazione.
La sifilide, Signore; quando, per la prima volta, mio padre, tra mille
esitazioni, mi fece edotto dei rituali con cui luomo possiede la donna, e dei
pericoli cui questo pu condurre chi poco avveduto, io Ti chiesi in cuor
mio: Tutto, tutto, mio Signore; ma non farmi ammalare di sifilide. Io
paventavo quel germe che sincunea nei circuiti cerebrali, e tanto li contorce,
tanto li surriscalda, che infine li aggroviglia, li fonde, li riduce a poltiglioso
acquitrino; invece io ora, in veste di Dioniso, Ti dico: Grazie, Signore, per
avermi fatto trapassare, col fuoco del tuo/mio sguardo, i confini normali che
separano corpo da corpo. Io infatti ora so che Richard Wagner non mai
esistito. Tu, Signore, conosci il pericolo mortale che, per luomo di genio,
rappresenta il successo. Da questo mi hai voluto preservare, creando un
fantoccio che per spirito e mente a me del tutto assomigliasse, ma che me non
fosse.
Questa notte ho avuto lilluminazione. Splendeva la luna sul lago, cui ho
fatto ritorno non per vana malinconia, ma per ricercare un colloquio con Te,
Signore, dimenticato in questi anni di cammino, dopo lincontro con la
divinit funesta: Dioniso, in cui, peraltro, forse Ti piacque incarnarti, per
farmi latore e destinatario, insieme, dei Tuoi messaggi di trascendenza.
Le piante rampicanti hanno tessuto la loro tela sui muri bianchi, che ne
sono tutti rinvigoriti; forse davvero, un giorno, uomo e natura saranno
ununica, fiorente sizigia, e i pensieri germoglieranno dalla mente come
virgulti ripieni del loro sole. Ho percorso con gli occhi il profilo delle stradine
che sinerpicano verso la sommit del colle; nel gioco delle ombre che
cadevano sulla valle, unaquila passata a volo radente ha disegnato i contorni
di Wagner; da essi, il sole si levato alle mie spalle. Immobile, trascendente
come il mio Zarathustra, ha fissato sulla pietra i miei stessi contorni. Allora ho
avvertito la trasmutazione della mia specie nella sua, e perch quando, durante
il trasloco a Monaco, io mi misi a improvvisare al piano struggenti melopee, e
Cosima si ferm incantata a guardarmi, non conscia di come il mio genio

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musicale sembrava provenire da quello del suo amante, e in lui rifluire, come
un affluente in piena porta limo alla valle; allora dico giunse il Gran
Maestro Luterano, con un lampo di astio negli occhi, e mi disse: La
padronanza dei concetti non d quella degli strumenti, professore!
Quale lambiccata e funesta frase, per dirmi come fosse geloso di me! Di
me, la cui prosa sempre stata una musica alta e gioiosa, slanciata come un
albatro levato in volo, un uccello dai mille piumaggi che un artista da sempre
nutritosi della creativit altrui, unaquila vampira, Richard Wagner, ha predato,
avvinto nei suoi artigli, spolpato per poi restituirla, disossata, alla terra riarsa.
Esistono, per ognuno di noi, un volto e una casa che il Signore ha creato
per lui, e solo per lui: ma in questo mondo ci sono anche i dannati, quelli per
cui nulla stato creato, perch di nulla essi sono degni. Costoro sono anime
morte, e loro precipua occupazione predare della loro linfa vitale le anime
dei puri, dei buoni. Io non riconobbi, sul principio della nostra amicizia, in
Richard Wagner, una di simili creature dannate. Eppure doveva suggerirmelo
la sua stessa configurazione fisica, affine a quella da Tardieu uno dei
fisiologici pi acuti della nostra epoca, cos pronta a catalogare i caratteri
morali desumendoli dai caratteri fisici definita fisionomia dei bastardi, e
che sempre si accompagna alla falsit e al ricatto. Wagner non era figlio di suo
padre; era figlio di un attore di nome Geyer. Solo per giustificare la sua natura
di bastardo, si dedic allarte scenica. Doveva dare un senso al tradimento di
sua madre. La genialit fu, in lui, un tentativo di correggere un errore umano.
Perfino la sua genialit il sintomo di un difetto congenito, come quella
testa smisuratamente grossa: la testa di un nano. Wagner Mime, labbietto
elfo che ha allevato Sigfrido col solo proposito di costringerlo a svelargli il
segreto della spada dei Nibelunghi; allo stesso modo, egli si fatto mio amico
solo per sottrarmi il segreto di Dioniso. Lui, ora, famoso, e io, mezzo cieco,
del tutto privo del mio slancio vitale, batto il capo in ogni muro, perch anche
la vista delle cose terrene, oltre a quella del mondo iperuranio, mi sta
abbandonando. Geyer, significa avvoltoio. Lintera opera di Wagner, un
tentativo di trasmutare lavvoltoio in aquila.
Ho sempre ritenuto la solitudine una sofferenza autoimposta. Solo

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nellallucinazione lanima diventa poeta. Per mia natura, sono sempre stato di
animo cordiale, e fervente nelle amicizie. Ma la pallida risposta alle mie
implorazioni cos comune nella maggior parte dellumanit mi ha gettato
nelleterno sconforto. Io ho avuto molti innamoramenti, ma nessun amore.
Oppure, se di amore si parlava, bisognava che io potessi appunto parlarne,
senza viverlo. Il mio grande amore fu lamore per lamore di Paul Re per Lou
von Salom. Lesule russa dal viso fatto di cenere e lago incant il mio Dione
Cassio: il poeta che aveva fatto della sua arte una rievocazione di capitelli: una
poesia tutta di scaglie, torsoli e penne daquila. Io non posso amare alcuna
donna, alcun uomo. Io posso solo amare un ideale che non sia terreno. Per
questo io amo tutta lumanit, e nellamore di lei io celebro il rito del silenzio;
lunico rito confacente a un simile amore profano.
Eppure, non conosco croci per ambizioni perdute. Ho fatto della mia vita
una navicella protesa su mondi. Mi sono rappresentato a me stesso la mia
vita. Se ho praticato per tanti anni la filologia, stata colpa e merito della mia
solitudine. La filologia era lunica maniera per far vivere i grandi antichi; per
riaverli davanti agli occhi, compagni allucinati della mia fantasia, doppi
pazienti e raccolti della mia nebbiosa psiche. Psiche la mia dea; a lei mi
sono, per fatalit, tristemente donato. Perch a noi uomini non dato vivere
due vite, e lunica maniera che abbiamo per duplicare il tempo non vivere
neppure lunica vita che ci data: non viverla se non nellimmaginario. La
festa a cui io ho invitato me stesso la festa delle voci. Io, come Don
Giovanni aspetta la statua del Commendatore; aspetto di essere visitato dalle
voci. Ma chi non smette di dire Io non potr mai essere visitato dalle voci.
Lautodistruzione dellIo lesperienza pi profondamente vissuta da ogni
artista. Forse, la sua unica.
Wagner mi sempre stato lontano. In lui legocentrismo stesso ha preso a
ruotare come un globo, e si fatto tristemente poesia. Wagner, il poeta della
rinuncia, non ha saputo mai rinunciare a nulla. A nulla, tranne che allamicizia
degli unici tre uomini che lo abbiano amato: Hans von Blow, il grande
direttore dorchestra che si fece paladino della sua opera, e cui port via la
moglie, Cosima, la figlia di Liszt; labate Liszt, che mai gli potr perdonare la

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sua colpa; e, infine, la mia amicizia. Mentre io, con lAnticristo, fissavo le basi
di una nuova morale che avrebbe liberato lumanit dalle catene della fede,
per farla fiduciosa in se stessa, nel suo essere fatta di uomini, Wagner, nel
Parsifal, accoppiava mostruosa copula la fede cristiana e la foia sessuale in
ununica, maleodorante palude dumori. La musica del Parsifal puzza. Wagner
non ha mai potuto amare un uomo. Ama lamore della donna, perch
produttivo. Tutto ci che Wagner fa, deve approdare a un risultato. Egli:
lantigratuito per eccellenza.
Io, invece, ho subito amato lei, Cosima. La schiava del genio, laura
lunare della sua immensa volont di potenza. In Cosima ho amato lideale, il
darsi a un sogno. Il viso di Cosima fatto dellaria pura delle vette; nei suoi
lineamenti si impastano in continuazione nuvole trascoloranti i mille colori
del sereno. Io non sapr mai se Cosima mi ha voluto bene; non sapr
neanche se mai veramente esistita. Lei per me rimarr sempre Arianna, la
dea che fila le passioni del Genio, passioni che lottuso Artefice ha voluto
rinchiudere nel limitato orizzonte morale di quel nano dalla testa grossa, quel
semita antisemita, quel bottegaio tedesco intriso della pesantezza prussiana
che risponde al nome di Richard Wagner.
Wagner uomo la goffa caricatura di Wagner artista; Wagner ha la
repellente natura di colui che il peggior nemico di se stesso. Il suo sguardo
che al lontano anela, la sua bocca infossata, denunciano la lacerante sorte di
colui che ha perduto la formula: il balsamo beatifico dellintrospezione.
Wagner creatura di palude; non conosce la serena purezza delle vette. La sua
opera intessuta delle opere altrui. La sua musica deve la propria genialit agli
esperimenti di Liszt. Dopo aver scritto il Tristano, ha perfino chiesto a Liszt di
non pubblicare, n suonare il suo Mephisto-Walzer, cui risalgono la maggior
parte delle novit di scrittura del Tristano, lopera sullamore/morte in quanto
sizigia. Liszt, questo grande esecutore puritano, che si vergogna della
creazione artistica come di una lussuria proibita, sedotto dal Grande Plagiario,
ha acconsentito. stato il sacrificio di Isacco. La noia del Dio che con un
soffio precipita la propria creazione nella miseria e nel buio. in questa
rinuncia che Liszt ha denunciato tutta la sua immensa grandezza. Il vero

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creatore effimero come tutta lopera sua; non crede nellimmortalit. Non
edifica teatri a se stesso. Sa che torner polvere.
Il vero creatore crede solo nelleterna sussistenza dellistante. Crede nella
polvere di cui intessuto luomo. Se crea, crea aforismi, che nelle loro prime
parole celino le contraddizioni alle conclusioni stesse. Se crea, solo perch
non ne pu fare a meno. Perch le voci si sono insediate in lui, e non lo
lasciano pi respirare; a meno che non si liberi di loro, facendole respirare al
posto suo.
La prima cosa che mi dissero le voci, fu che avevo perduto Arianna. Tutti
noi, che lamavamo, lavevamo, amandola, perduta. Io solo, per, la ritrovai, il
tre gennaio 1889, a Torino, la sola citt in cui io sia mai stato possibile. Avevo
appena terminato Ecce Homo, lopera in cui smetto una volta per sempre di
preoccuparmi dellumanit, e scopro di amarmi appassionatamente. Ah, che
cosa fu mai, lebbrezza di quei mesi passati a Torino, in luna di miele con me
stesso! Mi sono portato a teatro; trentatr volte di seguito a vedere la Carmen,
per disintossicarmi dal mortifero elisir wagneriano. Mi sono raccontato storie;
mi sono raccontato la mia vita, per scoprire quanto era stata grande e bella.
Mi sono scritto delle poesie, per poi recitarmele di fronte al muro bianco della
mia solitudine. Leuforia, la gioia della creazione, non hanno prezzo.
Fortunato chi ammaestra le sue voci a condurlo in luoghi lontani.
Il giorno in cui rividi Dioniso, avevo appena terminato i Ditirambi a lui
dedicati. Dioniso aveva laspetto del re Ludovico II di Baviera: il re poeta, il re
pazzo, e stava, malinconico, tra le stecche di una carrozzella, alla merc del
frustino di un fiaccheraio ubriaco. Quando scorsi lespressione che pervadeva
gli occhi di quel cavallo, mi resi conto di come non esista un solo Dioniso, ma
cento, mille Dioniso. Dioniso era quel cavallo, era Ludovico II, era Cosima;
Dioniso ero, soprattutto, io; e la mia missione era distruggere i falsi dei,
mettere fine alladorazione dei feticci.
Quanto a Wagner pensai non che un nevrotico. Questo pensai, prima
di mettermi a parlare con le spoglie in cui lanima del suicida sovrano si era
andata di bel nuovo a reincarnare. Il mio gesto suscit molta allegria nella
gente presente. Del resto, Dioniso il giullare tra gli dei.

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Desideravo tenere un discorso ai miei ammiratori, farli edotti di quanto


fosse grande lavvenimento cui avevano assistito: la resurrezione del culto
dionisiaco. Ma il dovere incalzava. Bisognava, per prima cosa, cambiare i
connotati politici dellEuropa; far trionfare la legge dellamore laddove si
celebrava il fasto della ricchezza. Scrissi a Overbeck, a Wilamovitz, a
Burckhardt: i miei colleghi nella carriera universitaria; e poi a Hindenburg, a
Ludendorff, allo stesso Bismarck. Scrissi che era mia intenzione, per prima
cosa, far fucilare il giovane Kaiser. Se ne assumessero loro il compito. Io
dovevo raggiungere Arianna, confinata a Bayreuth, ed educarla alla serenit
dellarte mediterranea, alla musica di Bizet che non fa sudare. Le scrissi:
Arianna, ti amo.
I miei ricordi, quindi, si fanno nebbiosi; per molti e molti anni le cure mi
hanno reso incosciente; ora, da sei mesi, io sono ristabilito, e potrei discorrere
tranquillamente con le centinaia di visitatori che ogni giorno si fermano al di
l della porta a vetri, per vedermi languire sdraiato su di un divano. Ora, sono
famoso. Tutto cominciato con il corso di Brandes a Stoccolma, lanno
stesso in cui venni internato. Ma io non posso parlare con nessuno. Mia
sorella, che mi ha assistito per tutto questo tempo, ha sistemato i miei
appunti, ricavandone unultima, grande opera: La Volont Di Potenza; in essa si
parla dellavvento del Superuomo, anticristiano, antigiudeo, indifferente ai
valori morali. Io non serbo memoria di questa svolta verso la vita e la
violenza; se qualcuno si accorgesse che posso parlare, verrei assediato, mi
verrebbero poste continue domande su di unopera di cui non so pi
alcunch. Mia sorella dice che gli Ebrei, venissero a sapere che sono ritornato
cosciente, mi farebbero uccidere.
Cos io taccio, e la mia mente ritorna a Dioniso. Nei miei sogni, tutte le
notti, in una desolata piana dellArgolide, Dioniso, il ridente, il vittorioso,
ebbro della sua stessa gioia, incontra un mendicante stanco e afflitto. Dioniso,
un po per scherno, un po per piet, tende la mano al vecchio incappucciato;
allora quello estrae di scatto un coltello e lo pianta nella pancia del semidio.
Poi, si sfila il cappuccio. il dio Wotan, lo riconosco dalla benda sullocchio.
Quindi, anche la benda cade e, riverso al suolo, io fisso lo sguardo

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trasparente, insieme maligno e buono, di Wagner, nel mentre contempla gli


ultimi disperati sforzi con cui il Dioniso che io fui tenta di protendere le mani
a serrarsi su quel collo grinzoso, floscio di barba precocemente incanutita,
attorno alla bocca molle e succosa dumori. La bocca che Wagner ha
seducente come una pianta carnivora fiorita nel giardino di Klingsor.

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TRISTANO

La signora Adele, moglie del celebre tenore Attilio Attisani, il pi grande


Otello del dopoguerra, non era mai stata a teatro.
Semiassopita dirimpetto la televisione satura di spot, sui canali privati, il suo
sguardo si perdeva attorno agli spigoli del mobiletto in teck, sovrastati dalle
coppe vinte dal figlio, campione di pallanuoto. A volte, quando, solitamente
verso le dieci di sera, si svegliava dallabbiocco postprandiale,
rimproverandosi del ritmo inerte che la sua indolenza imprimeva alla
digestione, accendeva la filodiffusione, sperando in un Divertimento di
Mozart. Se cera opera, allora spegneva. Non poteva capacitarsi del perch
tutti quei conti-duchi, fioraie e pittori dovessero darsi bordone a suon di
invettive e sacramenti; paonazzi, tesi i colli di tacchino, mobili sotto la
pappagorgia. E quelle trame sempre uguali di situazioni spasmodiche, con un
tenore che ama un soprano, e il baritono non vuole. Tutti quegli aff di
Dio, perdon, piet, vanne, dimon, ti guarda, le repellevano come
un sapone viscido sparso su rosse mele cotogne. Quando il figlio pi piccolo,
Valerio, che aveva tredici anni, le chiese di portarlo a vedere il padre in scena,
la signora, quindi, un po di resistenza, la fece. Disse che cera la lezione da
preparare, che la mattina tutte due si sarebbero dovuti alzare presto per
andare a scuola, che il tempo era freddo, la strada male illuminata, e una
donna sola con un bambino... Non ci fu niente da fare: cos Adele pens che,
comunque, avrebbe approfittato delloccasione per andare a trovare la Marta,

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che abitava l attaccato al teatro, e si mise il paletot castano e il berretto pesante


di pelliccia, che la faceva simile a un cosacco a cavallo, quando avanzava a
passo svelto, oscillando le strette spalle.
Camminarono, lei e il bambino, sotto i porticati rossi della citt
medioevale, oltrepassando supermarket moderni di vetro e cemento e chiese
romaniche grigie di modesta bellezza che la signora, tuttavia, non degn di
uno sguardo, essendo per sua natura poco portata verso le bellezze dellarte.
Larteria principale della citt, il Corso re Umberto, sgorgava improvvisa da
una piazzetta semichiusa. Il Palazzo di Giustizia soffocava la piccola aiuola
del centro, punto verde interrato tra due file di case scure sopravvissute alla
guerra, e che portavano, dalla parte opposta al Corso, al vecchio Rione delle
Biche, dove adesso stavano i fiorai.
Una comitiva di zampognari, proprio allinizio del Corso, ricord ad Adele
che si era sotto Natale; cerano anche i festoni tesi tra una casa e laltra, con le
loro gocce soffiate di cartone, le bancarelle dei dolci, i carrettini dei Babbo
Natale con foto ricordo, e la gente dentro e fuori dei negozi, davanti alle
vetrine, con una certa aria di nonchalance gaia e golosa, nel modo di guardarvi e
di guardarsi.
Subito, entrando nel lungo viale, not che la lunga teoria di grigi mattone
alternati a limpide vetrate era come interiormente ravvivata da uno squarcio
luminoso nel fondo, rannicchiato ai margini dello spazio abitabile, eppure
incombente, quasi suo malgrado. Immersasi nella ronda di gente sospesa tra i
sogni del cappotto nuovo e le strenne ancora impacchettate, una corrente
fredda le incune sotto la fronte il sentimento di una pianura artica scoscesa
su precipizi di mare libero, e un gagliardo fortunale gioioso tra la pelle, e i pori
umidi di salsedine.
Non era poi molto incline alle fantasie, la signora, ma forse la
suggestionava quella luce bianco crepuscolo, come una coperta sullimpiantito
di porfido carico di segni (era il passaggio dei popoli?) Cera nellaria un
sapore di th di quello maturo, aromatico e un languore misto a
inquietudine. Valerio la stratton leggermente, per carezzare lasinello di
Babbo Natale; un tizio occhi rotondi sotto la bambagia le prese un

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cinquemila, mentre armeggiava con lesposimetro. Davanti alla scalinata per


Piazza Carlo Alberto, alcuni guitti disegnavano nellaria evoluzioni strane; uno
ce nera, un pagliaccetto sui tredici anni, che teneva la mela in verticale sul
naso, scandendo coi sonagli delle scarpe un ritmo di danza. Allora, ad Adele,
una plaga di luce attravers la mente: vide, per un attimo solo, i suoi figli
ravvolti in fagotti di stracci: Valerio suonava un violino calante sulla quarta
corda. Diede una moneta al pagliaccio, poi scand i suoi passi sugli scalini di
porfido scuro.
La prospettiva della piazza si incassava sugli spigoli sfuggenti dei palazzi
antichi sullandrone, laquila torva di Emanuele Filiberto poi, quasi traesse
il respiro, incontrava un colonnato chiuso ai bagliori del corso: ed ecco il
teatro Carlo Felice. Era serata di gala, e il carosello delle auto al parchetto
della rotonda torno torno sostava sullo strato di sereno, gli umidi vapori della
sera. Adele, non sapeva neppure lei, come fosse, ma in quelle campate chiare i
sensi correvano, ormai liberi. I clangori metallici e i bagliori guerrieri delle
auto sfreccianti non valsero a scuoterla, persa nella rotonda dirimpetto il
teatro; finch venne, dal vento che le muoveva il respiro, una voce: al
trucco. Ormai mancano pochi minuti diceva Intreccia le dita, perch
stasera si d il Tristano.
Era Garrone, il corista dagli occhi bassi, corrucciato e scaramantico,
compagno di tante gite sulle Langhe.
Vieni con me. Entriamo dalla parte degli artisti. Il bambino, per, si
annoier. Sai, son quasi cinque ore...
Garrone si tormentava i risvolti lisi della giacca, con gli occhi che fissavano
un punto impreciso dentro di s.
A piccoli passi gi si facevano strada tra le custodie dei violoncelli, specie di
sarcofagi opachi, compagni alle tube, nel loro ondeggiare sincrono.
Garrone ebbe uno schiocco: Ma, forse riusciamo a vedere lopera di sopra
le transenne, nelle quinte ingombre di scene; e scrut i corridoi ciechi del
buio, ch non avesse a venire qualche usciere, fiero della patacca dorata sul
blusotto.
Non fu facile arrampicarsi su per la scaletta del boccascena, con laria

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tiepida del golfo mistico sulla schiena, e un flautista indiscreto li fissava


schernendoli.
Questa sera, non ho recita diceva Garrone Io faccio lAida la
settimana prossima. Il Tedesco, non lo pronuncio bene. Ci ho la patata in
bocca, e le o mi vengono bene, ma tutti quei sich, treue, freue...; ma la
signora Adele non ascoltava, intenta comera al la del primo oboe, segnale
daccordatura.
Un silenzio compreso di s muoveva i velluti dei palchi. Locra e i suoi
stucchi scandivano i pori dellimpiantito. La molle gelatina della finzione
fasciava il cervello.
E la signora Adele, appollaiata sulle impalcature, figurazioni di pi
fantastici trampoli, vide il Tristano.
Il primo atto fu saturnino: i crini tendevano un opale grigio, conchiglia
primigenia di fermenti. In principio non cera moto, e solo un roco ansimare
forava la bruma darmonici scheggiati. Venne poi la frase, lenta prosodia
fulminea, atta a fasciar destini.
Warum? Perch: chiedevano gli archi, sordi ai fiati, presaghi di
trasfigurazione. Adele vide londata crescere, schiantare i gangli nervosi; come
un laser bianco, fare di carne energia.
Infine cap linganno supremo di coloro che il vivere chiamano vita. Il velo
di Maja, crollando con schianto dorganetto, rivel voci, sapori rauchi della
memoria, che ora si erano fatti corpi, l sulla scena.
Wo sind wir, Brangne? Dove siamo, Brangania?: la terra chiara di
Cornovaglia, le rocce bennate, nido daquile.
Ricordi, Brangania? Isotta promessa al re forestiero, per linganno di
Tristano.
Ah, come morto vorrei il falso guerriero! pensava Adele, persa sul
palanchino. Poi venne un trascolorare: atto secondo. Licht! Licht! Luce!
Luce! Cede il supremo inganno, cheterno io mi credei. Mir verloren Per
me perso: Tristano, tra la ruggine dei tempi glaciali. Adele vide il filtro di
morte dare amore, equivoco propizio, dove il tempo diveniva spazio.
Il bagliore inutile ma chiaroveggente si sciolse, infine, nel deserto clastico,

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nulla che al nulla ritorna.


Atto terzo. Adele se ne voleva andare. Che senso aveva, infatti, quella
cavalcata corrusca del dolore verso la fine? Termine, non scopo. Leterno
anello dellinganno, riscattato dallamore, nutriva la vita in un oceano
sovratemporale, sospeso per sempre sopra e dentro di lei. Fu solo al
momento di discendere dallimpalcatura che ad Adele, voltasi per lultima
volta verso la scena, capit di fissare locchio sulla pupilla chiara del marito,
stranamente dilatata, sotto le palpebre ispessite dal cerone.
Allora, fu come se una mano di primordiale potenza la trattenesse sul ciglio
della scaletta scoscesa. Quel guerriero domato dalla volutt che, perduto tra le
braccia della sua Signora, Lass mich sterben, mormorava, era dunque Attilio?
Lasciami morire! Quando mai, nella tiepida abitudine delle carezze
coniugali, il marito le aveva sussurrato una simile volont di annientamento
nellestasi?
Qualcosa di pnico simpossesso della serena Adele: nella penombra
confusa i suoi lineamenti, alterati in una smorfia di baccante, regredivano ai
tempi primigeni, et di uomini armati contro uomini, che con la violenza
prendevano sulla donna il proprio piacere. Con un moto impulsivo della
mano spinse Valerio precipite contro il vuoto, finch il corpo gesticolante
non si schiant, travolgendo le file dei secondi violini; gi, nel golfo mistico.
Lorchestra tacque. Sillumin la scena. Non vi fu un lamento, n un
sobbalzo dorrore. Sospesa allimpalcatura, nellunico angolo del teatro
rimasto oscuro, Adele fissava il primo violino occhieggiarla di sotto in su,
temendo che avesse a scorgerlo.

102

IL CREPUSCOLO DEGLI DEI

Lothar Schmidt, un tempo primo clarinetto dei Berliner Philarmoniker, era


venuto, dopo la guerra, a insegnare in Italia. Non potendo ottenere un posto
in Conservatorio perch condannato, a Norimberga, per collaborazionismo,
riceveva i suoi allievi in un sottotetto rimodernato, nella zona vecchia di
Parma.
Si era innamorato di quella citt nel 37, durante una tourne dei Berliner,
allinizio dellalleanza tra Hitler e Mussolini. In realt, i suoi rapporti col
nazismo non erano stati cos buoni come la condanna lasciava supporre. Agli
inizi della guerra, aveva fatto scandalo una sua esecuzione a Berlino dei Drei
Stcke per clarinetto e pianoforte di Berg. Inoltre Hindemith, dedicandogli il
suo Concerto per clarinetto, lo aveva fatto mettere nella lista di coloro che
diffondevano unarte degenerata e bolscevica, secondo le parole del Fhrer.
Nel 48, dunque, terminato un periodo di isolamento volontario, Lothar
prefer andare a vivere, poveramente, di lezioni private, a Parma.
La morte in guerra dei due figli lo aveva sprofondato in un totale
isolamento. Non suonava neppure pi musica classica, perch gli
strumentisti dellultima generazione, con i loro clarinetti pieni di chiavi e
tamponi diceva non possono apprezzare il mio suono duro e legnoso.
LUr- Ton primevo, sporco di ceneri degli eroi.
Uno dei suoi allievi prediletti era Eugenio, nato tra quegli artigiani parmensi

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dalle strette botteghe ammassate sul selciato di porfido a cui lui faceva lezione
gratis. Era uno spettacolo vederlo, il gioved sera, sedere fianco a fianco con
calzolai e sarti, a far da spalla a Eugenio, primo clarinetto soprano della civica
banda. La sua compostezza e il suo impegno creavano un comico contrasto
col deteriore Supp strombazzato dal bombardino solista.
Con Eugenio, spesso, il prof. Schmidt andava a Verona, per assistere
allopera. Eugenio portava in cuore il fascino di una sera, quando una pioggia
insistente impediva linizio dellAndrea Chnier, e loro due, riparati sotto
impermeabili acquistati nellArena, sui gradoni inzuppati osservavano il volger
dei venti, e gli squarci che si aprivano lenti nel velo grigio del cielo.
Finch da dietro le arcate, per scaldarsi, un corno attacc un frammento
della Marcia funebre di Sigfrido; allora Lothar, pallidissimo, usc barcollando dalla
gradinata. Ritorn solo a met del primo atto; aveva gli occhi rossi e cerchiati.
Durante lintervallo, nel bar antistante lArena, in Piazza delle Erbe,
trasformata in un grande salotto lucente, Lothar prese un po il fiato, e
cominci:
Quando, nellaprile del 45, il fronte russo croll, e i polacchi arrivarono
alle porte di Berlino, segretamente, la notte, furono arruolati ragazzini
tredicenni, per arginare linvasione. Noi musicisti, in quel frangente, pressoch
ignari, ascoltavamo i bombardamenti e le urla, da dentro la Philarmonie,
lauditorium cittadino. Si provava il grande concerto della sera dopo, per
onorare il dolore della Germania, alla presenza del Fhrer. Sotto la terribile
bacchetta di Furtwngler, lavoravamo ormai da tre settimane la Settima di
Bruckner. Ricordo che tenevamo le finestre aperte, e laria era cos impregnata
di polvere, per le case distrutte, che lancia mi si seccava, e dovevo di
continuo inumidirla. Con alcuni colleghi, mi ero trasferito nei sotterranei della
sala, dopo che la mia casa in Prinzregenstrasse era stata centrata in un
bombardamento. Quegli androni colmi di strumenti e partiture portavano alle
pareti ritratti di maestri del passato, come Nikitsch e Blow, vecchi direttori
dei Philarmoniker. Il loro sguardo torvo comandava plotoni di contrabbassi
appoggiati sul fianco. Sembravano mummie sfasciate, simulacri della protervia
germanica. La sera del concerto la Philarmonie, zeppa di ufficiali e soldati,

104

venne tenuta al buio. Noi, ci si faceva luce con lumini a petrolio posti sui
leggii. Furtwngler era invisibile, tranne che nelle mani. Sentivi il suo
ansimare, e su di te avvertivi la volitiva potenza del suo braccio, che i lumi
proiettavano sul muro come lombra di un falcone da preda in picchiata
sullagnello. Tutto lambiente configurava un rito di messa nera, un folle
faustiano volo verso la morte. Quando, per entrare in scena, dovemmo
attraversare le quinte ingombre di feriti (i pochi edifici di Berlino rimasti in
piedi erano, infatti, diventati altrettanti ospedali da campo) lorrore ci gel, a
noi tutti, il sangue.
E con note intrise di putredine ci lanciammo in un Adagio lancinante e teso
contro il cielo; sprofondati gi gi, nei leggii, quasi a farci inghiottire da
questo canto rappreso su di un dolore ingiusto. Il mio timbro era cristallo
scheggiato; mi vibrava dentro, unendo le mie fibre, le mie cellule, rassodate
come il corpo teso dellaviatore, prima dellimpatto con cui le bombe
devastano il suolo. Mi sentivo nel respiro dei presenti ed, allo stesso tempo, i
presenti erano gi morti; eppure respiravano, come quel rantolo roco tra i
denti che veniva dal podio.
E ricordo molto distintamente che pensai: Mai, mai pi io potr suonare
cos. Suonare come se ogni nota fosse lultima; come se io potessi
comunicarmi a tutti quanti, e a tutti dire quanto amavo questa terra, e quanti
la abitavano, e il dolore di doverla lasciare, respirando lieve, a un palmo dal
loro caro viso.
Qualcuno in orchestra ricordo sussurr: Il Fhrer non c.
Qualcuno sussurr: Il Fhrer morto. Allora, nel silenzio allucinato,
Furtwngler, a testa bassa, diede lampio gesto dattacco alla Marcia funebre di
Sigfrido; e io ascoltai il corno vibrare, tellurico, nel pi terrificante assolo che la
storia della musica ricordi, mentre gli altoparlanti diffondevano tra le rovine
rossastre di fuochi queste note, e la notizia del suicidio di Hitler ed Eva
Braun. Poi, subito, via, tra le mitragliette che scrosciavano, abbandonando i
nostri strumenti. Con due automezzi corremmo le macerie fumanti della
Germania; finch, muniti di uno speciale lasciapassare, non mettemmo piede,
sei ore dopo, a Berna.

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Quando il direttore torn sul podio, dopo pochi stanti, Eugenio volse gli
occhi, lasciando Lothar a fantasticare su di un concerto di tanti anni prima, e
un celebre assolo di corno.

106

QUARTA PARTE
LIEBESTOD (MORTE DAMORE)

INGRATO NON SAR: MONOLOGO LIRICO

Posso capire che ti sveglino la mattina alle cinque perch forse la strada per
laeroporto sar invasa dal ghiaccio e non si sa mai quello che pu succedere,
laereo non aspetta; posso capire che per lansia tu non hai dormito e allora
vuoi ancora, ancora una volta raccontarmi di quando il maestro Molinari ti
disse ragazzo mio, chi non ti ha fatto cantare fino a ora un pazzo, e tu
facesti laudizione dietro una tenda, perch Molinari temeva il concorso fosse
truccato. Posso capire il doverti correre dietro nella zona rossa di
Amsterdam, perch lo scolo danneggia lemissione degli acuti, e poi nel
quartiere di Soho a Londra, dove le prostitute giamaicane ormai ti attirano in
unimboscata, e il dover cancellare lesibizione nelle Filippine perch laggi,
come minimo, ti prendi lAIDS. Posso capire le attese ai terminali che un
tassista ti porti, ubriaco, allaeroporto; e io sotto, a far ritardare il volo con la
telefonata della bomba a bordo (laccento arabo mi viene proprio bene). Per,
non posso accettare che ora tu, in quella specie di autobiografia, Una vita in
coturni, non mi nomini per niente, attribuendo alla tua vecchia madre lorigine
del tuo successo: la tua vecchia madre che la sera, stanca del lavoro nei campi,

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ti chiedeva di cantarle Core ngrato o Tu scendi dalle stelle, e si addormentava tra le


tue braccia: tu, a lei figlio, padre (amante?).
Tanto perch tu impari a distinguere tra realt e finzione scenica: quando ti
lanciai, tu pascolavi le capre in Lucania, e il massimo di carriera che ti si
prospettava era suonare la cornamusa nel presepe vivente, a Natale. Io solo
avrei potuto sopportare ci che avvenne quando mi riusc di estorcere un
invito al ricevimento del direttore dorchestra Valeri Andreescu. Ti presentai a
lui, per ottenere unaudizione, e tu stavi versando sulle tartine al caviale la
mostarda che ti aveva preparato mammata per il lungo viaggio! Mesi di lezioni
per educare la tua voce a non emettere solo latrati gradevoli ai cani da pastore;
lezioni pagate con forme di pecorino. E alle conferenze stampa, chi parlava
con i giornalisti? Quella volta che uninviata di Stampa Sera ti sorprese nella
toilette delle signore, a Parigi, e tu facesti al fotografo limmortale gesto che gli
inglesi denominano il luogo del braccio pi adatto per appendervi
lombrello, non successe uno scandalo solo perch io concessi unintervista
in cui parlavo del tuo amore per Rabelais, e delle molte derivazioni colte a cui
attingeva la tua sapida ironia. Ma poi tu finisti in copertina su Eva Tremila, e l
mi desti dello sciammanato pederastico, paraninfomane volevi dire
paraninfo: parola che avevi letto nel libretto di unopera di Zingarelli
vampiro che si scocuzza del mio. Quella volta, non ti fu facile convincermi a
ritornare da te, e a lungo Olga, la mia ragazza di allora, dovette sorbirsi le tue
serenate al chiaro di luna: stornelli lucani a suon di mandola.
Eppure noi siamo indubbiamente, per la storia del teatro lirico, come la
melodia e il basso continuo, laria e il recitativo. Orfeo ed Euridice, Cavalleria e
Pagliacci. Purtroppo, anche Don Giovanni e Leporello Ricordi? Fu quel
famoso regista: quello che aveva ambientato la Tosca ai tempi della Repubblica
di Sal (ci fu chi disse: Lha fatto perch gli piacciono i ragazzi in tuta a
kaki) a tentare per la prima volta il paragone, che mi piacque subito. Solo che
io ero convinto di meritare il ruolo del protagonista, quel burlador di Siviglia
inventato da Tirso da Molina. Una sera, invece, il regista mi sorprende in una
bettola di Barcellona, sulle peste dei tuoi peregrinari alcolici, e ed io vado
allosteria, a cercar pardon migliore, mi si appressa canticchiando: il cinico

108

inciso con cui Leporello commenta la scomparsa di Don Giovanni, portato


allinferno dal Convitato di Pietra. Quel monumento alla protervia eroica del
vizio, quellideale di immoralit a cui il regista dei cherubini in perizoma certo
guardava come Mos nel roveto ardente, saresti, dunque, tu?
Ho studiato Paleografia Musicale, Estetica, Filosofia. Parlo correntemente
quattro lingue. Ho scritto tre romanzi. Poi, ti arriva questa checca azzimata,
col suo caffettano rabbinico e una zucca firmata per cappello, e dondolandosi
sulle anche nellattesa che qualche hidalgo catalano, sfiorandogli la pelle del
culo, morbida di cremine al cetriolo, gli dia il segnale dellintorto; questuomo,
noto allo stesso tempo per il fatto di riempire la scena di piante a tal punto da
far sembrare ogni opera un duetto damore tra Tarzan e Jane e per essere uno
dei geni teatrali pi infallibili nel distribuire i ruoli di una rappresentazione,
che parte d a me? Il servo mediocre e pauroso! Lanno dopo, lho incontrato
a New York, impegnato a mettere in scena quella tremenda pacchianata che
la Eleonora di Barrows con la storia della ex-diva del muto che ottiene
dallAngelo della Morte di entrare in carne e ossa nelle sue pellicole, per
convincere gli antichi amanti a rinunciare in suo favore alla propria
condizione di immortali, in quanto creature darte e io gli faccio salute,
commendatore cos, tanto per portargli sfortuna con quella storia della statua
mortuaria del Commendatore, nel Don Giovanni, e lui se ne accorge (perch
stupido non ) improvvisamente ricorda tutto (perch, sar quel che , ma la
memoria lha buona) ci rimane pure male (come facevo io a sapere che aveva
appena scoperto di essere sieropositivo?) e mi fa: Oh, ma guarda; ma io
pensavo a Pulici come Don Giovanni solo per quella storia di suo padre...
Naturalmente, io, quella storia, lavevo saputa da Stampa Sera, che tu mi
avevi fatto querelare per diffamazione, salvo poi lasciarmi solo in tribunale a
fare una figura beota man mano che le prove della veridicit dellarticolo si
accumulavano sul banco del giudice. Nella fattispecie: la denuncia del
Sovrintendente del teatro di Cosenza; lonestuomo, dando unocchiata alle
missive in arrivo al Direttore Artistico (onesto ma, ebbene, spione, daccordo)
si era accorto di una serie di bustarelle con cui i giovani cantanti ungevano le
ruote dellaudizione prossima ventura, destinata a reperire tra le nuove leve i

109

ruoli della Manon; dimodoch, tra i due, infine, si venne ai manon, e ci fu una
scazzottata secondo Norma. Quanto a te, dove avevi trovato i soldi, visto che
avevamo cominciato da due settimane, e ancora non ero riuscito a trovarti un
solo ingaggio? Questa domanda mi assill a lungo; dopo essermi pi volte
premurato di guardare se mancasse qualcuna delle mie carte di credito, seppi
di tuo padre, che se la passava male, ricoverato in un ospizio comunale col
Parkinson allultimo stadio, ch sembrava uno di quei pupi abbandonati in un
canto dal desolato burattinaio che scruta, scruta la piazza, e non vede
comparire lombra di un bambino. Bene: a tuo padre mancavano gli incisivi,
un molare, un canino, e si doveva nutrirlo a brodaglie, mancando i soldi per
una protesi. Naturalmente la cosa, alla lunga, gli abbrevi la vita, e, mentre tu
mietevi successi nei teatri dellAmerica Latina, il vecchietto pensava a te,
trionfante tra la calca degli ammiratori, e si scioglieva in lacrime di
commozione al pensiero dei cibi ammanniti nei pranzi di gala a cui la tua
celebrit, certo, ti permetteva di partecipare. Naturalmente, poi, malediceva
me, che ti succhiavo tutti i guadagni, impedendoti di mandare al tuo povero
pap i soldi per morire di indigestione, riempiendosi la pancia a mano a mano
che i neuroni si svuotavano di mielina, facendolo tinco e tremante come
unoliva in mezzo a un budino. Ora, tu non ci crederai, ma si d il caso che il
regista a noi ben noto conoscesse un infermiere di quellospizio: un ragazzo
biondo e alto, capitato nelle grinfie del satrapo durante uno dei suoi giri
notturni per borgate alla ricerca di carne fresca; insomma, per farla breve, il
ragazzo tiene la mano del tuo vecchio padre mentre muore, praticamente di
fame, in quel letamaio, e tu sei a Caracas che strilli: Son ventanni, vecchio,
che tu servi, laria dellamor filiale dellAndrea Chnier, e allora il tuo vecchio
padre, sdegnato... (no, eh, per sdegnarsi, bisogna aver mangiato regolarmente)
deluso... (oddio, un po poco; daccordo la fame, ma lincazzatura lo rendeva
pi forte)... maledicente: ecco, s, maledicente, e mandando fuori dalle
orecchie fumo come un Minosse con la coda intorcigliata a ficcar gi anime
nellAverno: il tuo babbo confida al ragazzo che tu, per corrompere la
commissione, gi a Cosenza, gli hai venduto le protesi doro, che se lera fatte
fare coi soldi delleredit della sua mamma, morta di fatica sui campi di

110

Lucania per potergli rifar quei denti, caduti in tenera et a causa della
denutrizione. No, ma, dico: le protesi doro del tuo babbo...
Il ragazzo, la sera, nellindolenza del post-coito, racconta lagghiacciante
storia al regista, e quello, mentre cerca di rendersi interessante al cronista di
Stampa Sera che sta a visitare la sua villa di Positano, ed cos ingenuo nel suo
corpicino bruno di cronista di primo pelo che, quando il famoso ospite
vuole fare una sauna finlandese? gli tuba nellorecchio, lui dice ma non mi
far male allabbronzatura?; non appena il brunetto dal sottile vello gli chiede
qualche particolare piccante sui grandi cantanti con cui ha lavorato, si
schernisce civettuolo; ma poi il settimo velo di Salom cade, e il nostro regista
scruta, scruta e non ne pu pi: cos tutta la storia viene fuori, e la gente ci si
esterref.
Ora, io non dico che, a lavorare con te, non abbia anche passato dei bei
momenti, e conosciuto belle donne, e ricche per giunte, con cui tu alla fine
andavi, e visitato bei posti, e dal clima caldo, in cui tu ti abbronzavi, mentre io
ti inventavo malattie tropicali perch la prima venisse rinviata (come facevi a
studiare danzando sulla spiaggia al suon dellukulele?); quindi, in nome di quei
bei momenti (dove sono i bei momenti? dice la Contessa nelle Nozze di
Figaro) non mi accuserai di ritorsione se ti dico che quando, ad Amsterdam,
quel chiattarolo francese che eri andato a scocciare perch, il mese dopo,
dovevi fare il Tabarro e ti volevi documentare dal vivo (ma il libretto, questa
volta, lavevi letto, Stanislavski di Lucania?) e che poi risult stava
scaricando casse di hascs nascosto tra i manghi tropicali: quando quel
marinaio ti tir gi gli incisivi con un bel uppercut da scontri sul ring della
Filibusta, io, l per l, pensai a una forma di giustizia metafisica. Da quel
momento tu, doro, non avesti pi solo lugola.
Nella tua autobiografia (che, ovviamente, qualche negro prezzolato ha
scritto e tu hai firmato; del resto, non ti ho insegnato io a fare la tua firma?
Che tu fai uguale alla mia; anche quella, mi hai fregato!) lepisodio della
scazzottata ha un tono epico, nelle venti pagine della sua estensione: una via
di mezzo tra Conrad e Braccio di Ferro. Ti ricordi di quel compositore
americano che ci voleva fare sopra unopera, con tanto di apoteosi finale del

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tipo ora che il marrano al suol / cessi immantinente ogni duol? Per,
checch tu ne pensi, non fui io a escogitare la beffa del Don Giovanni, al teatro
di Macondo.
La citt ci aveva accolti trasudando sguardi malevoli; le febbri evocate dai
pollini sospesi nelle atmosfere vibranti della vicina foresta vergine si
insediavano nei gesti e negli occhi, perennemente allucinati. Si camminava
avvolti in una trepida aura violacea, e i gesti in teatro sembravano frangersi in
un rituale di atti privi di significanza, come fossero i corpi ombre pallide allo
sfavillo delle luci, negli stucchi e i velluti stinti da decenni di gomiti poggiati a
bere gli acuti traballanti di stelle in declino. Cera una strana energia malata
nelle rosse cornee dei cantanti del coro, e gli strumentisti sembravano,
rallentando il respiro, rifiutare che su loro scendesse quello strano schermo
nebuloso di pulsioni primordiali che l, nella calura, trovava il naturale suo
habitat. A Macondo, noi profanammo il mistero dellarte. Si dava il Don
Giovanni, e nel Terzetto delle maschere, al posto di Don Ottavio, Donna
Anna e Donna Elvira, si presentarono in scena tre figure eccentriche. Io, con
la mia pappagorgia nutrita dalle percentuali sui tuoi proventi, faticosamente
procedendo sugli alti stivaletti del bellamoroso, ti soffiai sul naso quella
polvere pruriginosa che tanta ilarit doveva scatenare nel pubblico del grande
teatro in legno nel folto della foresta che una aristocrazia di censo aveva
voluto, in quel luogo inospitale. Per, ti giuro: non sapevo che le due donne
la creola da te sedotta e portata via al marito a Porto Alegre, quando la nave si
era fermata per fare rifornimento e tu eri sceso in quella bettola gestita da una
famigliola di colore, e il marito la picchiava perch non era carina col
danaroso visitatore; quella creola poi aveva per un mese, durante la tourne,
convissuto con la soprano inglese, la tua allieva, da te convinta a seguirti in
viaggio con la promessa di una particina, una contadina scatenata nella festa
che chiude il primo atto, per poi ritrovarsi artefice di quella buffonata; e lei
aveva studiato a Princeton, e la creola firmava con la croce i conti del sarto di
bordo bene: io non sapevo che avrebbero messo nel vino che tu dovevi
bere nel brindisi Fin chhan del vino calda la testa, quella sinistra
contraddanza in tempo binario raddoppiato che promette al seduttore, entro

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la mattina seguente, di allungar di una diecina la lista delle sue seduzioni; in


quella coppa, che tu sorseggiavi golosamente, anche per compiacere lo
sponsor della serata, il vinicoltore pi facoltoso di tutta lAmazzonia, loro due
ci avevano messo la purga: una purga fulminea, intrisa delle pi infernali erbe
che la scienza evacuatrice inglese e la sapienza erborista indigena avessero mai
congegnato a beneficio della costipata umanit; sicch, durante la scena
presso la statua del Commendatore, il microfono che ti era stato posto vicino
per amplificare la tua voce negli immensi anditi del teatro rimand certi boati,
come un sinistro temporale notturno saddensasse sul cimitero dove stava la
statua di pietra del Commendatore; poi ti si vide, rosso come un tacchino, su
di un acuto periglioso coprirti di goccioline di sudore, e quindi, alto
mandando uno scoppio, come le tue budella sede fossero di una fabbrica di
fuochi dartificio, contorcerti a terra, mentre il servo Leporello viso e cera
aveva di uno che se nesca or ora da una gita sociale nelle Malebolge. Come tu
riuscissi da terra a urlare ugualmente con voce strozzata venir vuoi a cenar
meco? al Commendatore che per fortuna, essendo di pietra, non poteva
venire urtato dalla tua condizione, questo un mistero che le mie povere
facolt vogliono lasciare insoluto; certo che leffetto drammatico scaten
lentusiasmo del loggione e della galleria; della platea, meno, ch lodore non
ci mise molto a raggiungere le prime file. Qualcuno consider lintera
faccenda come un modo per evocare lincombere delle atmosfere infernali nel
ludico corso della vicenda; altri, fans fanatici della voce tua, aprirono
uninchiesta sulla qualit dei ristoranti di Macondo, alcuni dei quali, dopo
quella storica prima, vennero chiusi per un po di tempo. Tu, non ti
preoccupasti tanto; in fondo, ti avevano fatto anche di peggio.
ormai cronaca teatrale lincidente che ti occorse alla prima della Tosca al
Costanzi di Roma, quando Castel S. Angelo, nel terzo atto, fran sotto il
peso congiunto tuo e della soprano April Carmela, seppellendo sotto le
sconnesse travature gran parte dellorchestra; e chi aveva segato il basamento
in legno, se non la tua prima moglie, la figlia del losco faccendiere con
interessi nel mondo dellopera? Quella Tosca non ebbe molta fortuna se, nella
seconda rappresentazione, la Carmela, tuffatasi in volo carpiato da Castel S.

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Angelo, dopo aver maledetto Scarpia con quei terribili accenti (O Scarpia,
davanti a Dio), a causa delleccessiva elasticit del materassino adagiato sul
fondo a sua tutela, riapparve in scena tre volte, tra i mormorii del pubblico,
costernato per quella sequela di morti e resurrezioni. Taccio poi dello scherzo
che organizz ai tuoi danni quella comparsa parmigiana destinata a essere il
tuo killer, o Riccardo, nel Ballo in maschera al Teatro Regio: durante la tua
grande aria di addio alla vita, quello si present in scena per ucciderti alla fine
della prima strofa, sicch tu dovesti improvvisare un recitativo, buon uom,
ritorni dopo e i loggionisti cominciarono a ridere a crepapelle; anche se mai
risero come quella volta che, nel Rigoletto, quando ti accingesti a rapire Gilda,
alle prese con una soprano di abnorme tonnellaggio, qualcuno ti grid,
mentre armeggiavi con lingombrante fagotto: Fe du viaz; e tu, a quella
prospettiva di fare due viaggi per portar via ladorata fanciulla, ti aspetto
fuori, sparasti in do di petto al reprobo. Per un anno intero rimanesti senza
lavoro. Ma non ti bast: sei mesi dopo la rentre, ti ritrovai che inseguivi a
spada tratta un loggionista per tutto il colonnato del Regio. Il poveretto aveva
osato criticare ad alta voce la tua sortita nei panni del Conte di Posa, senza
considerare che tu, in scena, eri armato fino ai denti.
Dunque, ovunque tu vada, una piccola ma compatta schiera di sabotatori ti
segue e, a Londra come a New York, lorchestra che lavora con te si ritrova il
basso tuba colmo di stracci, sicch il povero suonatore, per tanto diventar
rosso, non ci cava una nota; il clarinetto con lancia bagnata di attaccatutto, la
tromba con un fischietto infilato nella canna di ottone, mentre il primo
violoncello, durante lassolo, si sente trascinar via lentamente lo strumento da
un invisibile filo di nylon legato al puntale. Non parliamo poi delle sedie che,
in scena, cedono misteriosamente sotto il tuo dolce peso, e i cuscini che,
appena ti ci abbandoni sopra, emettono un inequivocabile suon di
scorreggione. Con ci, ammetto che lidea di sostituire le cartucce a salve con
quelle vere, durante la fucilazione di Cavaradossi, nella Tosca di Venezia,
chiunque labbia avuta, fu qualcosa di pi che uno scherzo.
Daltra parte, perfino i suggeritori russi facesti arrabbiare con la tua
protervia, durante lEugenio Onieghin al Bolschoi di Mosca; e cos quelli, in

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recita, a te, ignaro di russo quasi come lo sei ditaliano, fecero cantare, di
fronte a ex-ufficiali del KGB riciclati a capi dello stato democratico, una cosa
del tipo il culattone coi mustacchi / mi va a pennello inver: ci stava cos
bene, metricamente Naturalmente, il direttore dorchestra, il maestro
Smirnov, aveva i mustacchi, ed era omosessuale.
Con ci, non vedo come il tuo farti scudo del mio corpo durante le
conferenze stampa, il vivere abbarbicato in quella specie di Fort Knox che tu
ti ostini a chiamare villa, con tanto di pappagallo, cocorite e una capinera; la
pietosa mania di girare film (lultimo con te nel ruolo di un terzomondiale che
si fa strada grazie alla sua arte fino a sposare la figlia di un grande capitalista
milanese, per poi uccidere la consorte, merc un foulard di Armani, in un
raptus di gelosia provocato ad arte dallinvidioso agente teatrale: Otello 2000, si
chiama, e lagente assomiglia tanto a qualcuno di mia conoscenza) la
fissazione di cantare ballate di cantautori emiliani ai concerti di Greenpeace
per salvare la foresta amazzonica dopo aver appena aperto la stagione al
teatro di Macondo, che si trova, guarda caso, al posto degli alberi di quella
foresta e il conseguente lancio al tuo indirizzo di lattine, sassi e spille con su
scritto No-Global: io non capisco come tu possa chiamare tutto questo
vita.
Ma io giuro, giuro che alla prossima che mi fai mi faccio agente di un
gruppo Heavy Metal; almeno, l, la roba la trovo quasi gratis, e non devo
girare tutta Harlem per raccattarti una busta di coca da un sudicio portoricano
che per ricevuta mi allunga sogghignando una pacca sul sedere. Quella volta
che, in prova, fatto come un cane antidroga, a Desdemona, la Protska,
ormai la strozzi davvero; oppure, quando hai graffiato tutta la Harris col
pugnale di plastica di don Jos, e lei se l presa con me, ch prima tavevo
maltrattato, e gli artisti sono anime sensibili, e tutti sanno che lui ha i nervi
scossi perch soffre dinsonnia; ma cosa vuoi che me ne freghi a me, alle tre
di notte, di ascoltare ancora una volta la storia dei tuoi bisnonni sterminati
dalle faide lucane, e poi vederti ancora una volta ordinare una camomilla gi
alla reception, e mandare me ad aprire la porta, perch, non si sa mai, un
agguato sempre possibile?

115

Adesso, questa storia del Golfo Persico, io non la mando gi. Daccordo
che, l, lopera, monopolio del primo che ci arriva; daccordo che, per te,
chiamarti Gianni Pulici o Muhammad Al la stessa storia, e il dittatore di
turno ti ha fatto una proposta da favola, ma non sono mica convinto che alla
Scala, dopo questa storia, ti accoglieranno bene, per linaugurazione della
stagione, con vedi un po Il turco in Italia (ma allora lo fai apposta!).
Durante i tuoi concerti, ho visto alternarsi sul palco musicisti (femmine) di
tutti i tipi, a seconda della fanciulla cui andavano in quel momento le tue
predilezioni: dalla scialba flautista britannica alla suonatrice ungherese di
cymbalon, fino allarpista venezuelana e leterea musicista di accordion argentino;
per tacere della cieca alle maracas durante unesecuzione pop di Torna a
Surriento al Festival di Sanremo che ti cost un articolo sul Corriere cos
intitolato: Torna a Matera. Eppure, proprio ai concerti il caso che tu
ormai ti rivolga, visto che lultimo dei direttori dorchestra un po decenti (di
quelli che tu qualifichi come cani opportunisti perch, poverini, seguono il
tempo che la buonanima del compositore, da qualche parte, ha pure segnato)
che abbia accettato di accompagnarti ha dichiarato alla stampa come, durante
i tuoi acuti, avesse tutto il tempo di sorseggiare in pace un caff, sfogliando il
quotidiano della sera.
Naturalmente, lhai sfidato a duello, e lui, per tutta risposta, ti ha inviato a
casa il Dacci: solfeggi parlati e cantati, primo corso. Eppure, lo sai che contro certa
gente non ti devi mettere. E cos, adesso, mentre gli archi accordano al La col
loro caratteristico miagolio, e i fiati, accorciando e allungando la canna, e
inumidendo lancia, si preparano al melodrammatico agone; io, solo, nel tuo
camerino, quando ormai ti vesti dei panni di scena di Fernando Cortez, per
cantare lopera prima di un mistificatore lucano che scrive musica come ai
tempi di Mascagni e, secondo me, ha composto tutta la partitura grattando
accordi sulla chitarra (naturalmente, lui dice che tutti quei numerini sotto i
contrabbassi, a indicare le armonie, sono un recupero del basso continuo
barocco) ma tu lo sostieni perch ti ha congegnato una parte tutta infarcita
di corone, sopracuti e cadenze virtuosistiche da eseguirsi nel tono e tempo
che pi ti piacciono tanto lui non se ne accorge, perch neppure lui sa che

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diamine ha scritto e alle prove i cornisti ridendo notarono che quelle note che
stavano nella loro parte, il corno le potrebbe fare solo se avesse il tubo lungo
tre metri, invece che ritorto com mentre sei l che ti pavoneggi dietro il
paravento, io ti scrivo un biglietto e me ne vado di corsa a proseguire i miei
studi sulla topografia delle citt longobarde. Io me ne vado dal timido, oscuro
e frustrato professor Corcelli, docente di Antichit Latine nellUniversit di
Udine, lontano da soires, nevrosi, e dal lattiginoso e appiccicaticcio mondo
falso dellopera; tanto so che, anche l, mi scoverai, e, dovunque io mi
rifuger, anche tu ci sarai; insidioso, oppressivo, come facesti quando mi
proposi come archeologo volontario a scavare nella Valle dei Templi, in
Egitto, e tu andasti a fare lAida proprio l, per essere sicuro che mavresti
scovato.
Che posso, che dovrei desiderare di pi, dalla vita, se non liberarmi di te?
Di te che, con la tua bestiale arroganza, la rassicurante monocromia,
listintivit oscena, hai imposto forzata quiete alle mie ansie, inibendomi
perfino di sposarmi, rendendomi penosa e indesiderabile una normale vita
coniugale. Ormai potrei quasi dire damarti, e che la mia sola gioia il sentirmi
tuo schiavo, e, rincorrendo la mattina presto laereo per Monaco e per Rio,
portarti la borsa, e desiderare, nelle sere calde destate, dopo averti ascoltato
mentre, nel tuo dialetto, ti lagni del clima umido, perch ti rende rauco il
metallo della voce; dopo avere una volta, una volta ancora, cercato di spiegarti
come si usa lapostrofo in italiano, e che c la i, nel plurale ciliegie; dopo
averti tolto dalle mani mentre, bofonchiando, ti addormenti discinto nella
calura il fumetto di zio Tibia o di Mortiria: desiderare, ancora, di girare la
citt alla ricerca di una puttana minorenne, per riconciliarti il sonno quando,
alle tre, ti sveglierai, preda del pavor nocturnus, come un bambino non ancora
svezzato; e sperare che tu, di lei, non abbia a innamorarti anche questa volta, e
che, per carit di Dio, non sappia suonare uno strumento, ch ne va di mezzo
il concerto. A tanto mi serve la mia conoscenza delle lingue, e della geografia,
e degli usi e dei costumi dei popoli: a inoltrarmi pian piano in un vicolo
puzzolente, e concionare con una vecchia sdentata di imprecisata etnia,
affinch mi faccia toccar con mano colei che elesse a erede del suo impero di

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carne. E non giudicare, non vivere, non amare che attraverso i tuoi occhi,
attraverso i tuoi sensi.
Finch, un giorno, la mia paralisi si scioglier, riacquister vita e parola, la
mia volont, e la ragione, rimuginando, trover lunica via duscita a me
possibile. Allora, quella sera, ci sar recita, e tu canterai ancora una volta il
Ballo in Maschera, o la Tosca. Facile, quindi, mi sar sostituire ancora una volta,
non visto, i bossoli delle cartucce; e forse il mio gioco sar, una volta ancora,
scoperto. Forse un inserviente pulendo i fucili, e le pistole ancora una
volta far, sbadatamente, partire un colpo, e una pallottola vera si infigger
ancora, profondamente, nelle travature del teatro.
E verr, per, una terza volta: quella buona. Lunga sar, allora, linchiesta.
La polizia durer fatica a scovarmi. Io, tutto quel tempo, me ne star buono.
Non cercher di scappare. Aspetter che mi trovino; come tu, adesso, aspetti
che io mi rifaccia vivo. Che la mia ansia distruttiva riacquisti forza. Perch tu
sai; ma non gemi, non ti rivolti. Come potresti rivoltarti contro colui che ti ha
creato, se quello, da te, rivuole la vita, non volendo vivere allombra del tuo
nome? Che ingrato saresti, se scappassi! Ancora una volta, ingrato non puoi
essere; ancora una volta, ingrato non sarai.

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A DUE VOCI

Quando scoccavano le dodici, al vecchio orologio della torre, nella piazza


disegnata tra la nebbia dal volo dei piccioni, pochi passanti infagottati in
cappotti smessi di chiss quali progenitori, e il tram che faceva sobbalzare le
vecchie imposte socchiuse del liceo, udivi un fremito trattenuto dietro gli usci,
nei corridoi silenti, che, a mano a mano, di basto si faceva strepitante, fino a
che le porte, forzate, non proiettavano lalta masnada nel pelago delle scale.
Alla testa del plotone cera Melandri, che un giorno attribu ai cantautori la
nascita dei poemi omerici; veniva poi Liverani lo smilzo, che, confondendo i
due Catoni, fece vivere il Censore duecentododici anni, e in coda a tutti, Josh,
col suo violino in ottavo, quello che la-sol, si-la-sol-fa-mi-re, do-do-do
solfeggiava mentalmente durante lora di Greco, fino a che la professoressa
Giosu, quando vedi passare una Walkiria, fammelo sapere! lo rampognava.
Josh caracollava verso il Liceo Musicale. Giorno di prova, quello: la prova
generale del saggio finale, classe di violino, professor Donati: ex-spalla
dellorchestra dellAugusteo, ai tempi di De Sabata e Guarnieri. Josh avrebbe
suonato, nel vecchio cinema del centro (il teatro, celebre, un tempo, perch
Verdi vi aveva allestito la prima dellAroldo, era stato distrutto dalla guerra) il
Concerto per due violini di Vivaldi insieme a Katia Bizzi, la figlia del direttore
del liceo. Come galoppava il primo tema! Era facile correre, con quelle note
nella testa. Anche Scarlatti, al pianoforte, era un puledro di razza. Bach,
invece, avanzava come un vecchio gottoso tirato in portantina dai suoi servi,

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che si fermi a perlustrare con locchialetto a bifora tutte le vetrine di


geodsia
Donati aveva un suo particolare sistema per correggere la posizione delle
spalle dei suoi allievi, quando preparavano un pezzo nuovo: gli collocava sulla
testa un libro in bilico; poi gli faceva suonare le note tenute lunghe, a una a
una. Chi lasciava cadere il libro ripeteva trenta volte il Leroux: studi per
lintonazione in tutte le scale. Una volta, durante un saggio, a uno spettatore della
prima fila era caduto il fascicolo del programma; allora, il ragazzino del terzo
corso aveva meccanicamente iniziato a suonare il Leroux, abbandonando
Pergolesi al suo destino.
Katia aveva i capelli a caschetto, come la Barbarella dei fumetti, e il sedere
tondo che d la perenne ricerca dellintonazione giusta, sul mi cantino. Si
aggiungano gli occhi neri, a cui qual occhio al mondo / pu star di paro come
dice Cavaradossi, una carnagione da silfide (Josh diceva da sifilide, ma era
un idiotismo adolescenziale) e due labbra uscite pari pari dal vaso di
Pandora, e si capir perch, durante lAdagio, Josh, avvicinandosi sempre
pi alla partner, fra vibrati e portamenti, trasformava gradualmente il prete
rosso nel Mahler pi allucinato.
Coshai Josh, che tremi tutto, il morbo di Parkinson? diceva Donati. E
per buona regola gli infliggeva il Leroux, da Josh detto anche lolio di ricino
del vecchio inchiodato.
Donati, infatti, dovuto abbandonare la carriera per un ictus. Durante il
Concerto per due violini di Bach, a Bergamo, aveva perso, improvvisamente, la
sensibilit ai polpastrelli, mandando fuori dal suo Guadagnini una fila di
stecche da primato. La registrazione del concerto stava appesa in bella vista
nellaula di Donati, con la didascalia hic sunt leones.
Dirigeva lorchestra del liceo il maestro Ferracci, ultraottuagenario, che
impiegava tutta la sua poca energia a raggiungere il podio, minato, comera,
dallartrosi, e poi dirigeva tutto in piano e pianissimo, anche la Cavalcata delle
Walkirie. Si diceva che avesse imparato a dirigere guardando i film di Tot.
Quando le cose andavano a catafascio il che, in media, avveniva ogni
dieci battute Ferracci lanciava un sonoro porco cane, zio suora e tutto

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tornava, miracolosamente, a posto. I concerti doppi non erano molto ben


visti da Ferracci, il quale asseriva che i ragazzi, impegnati in singolar tenzone,
a forza di superarsi lun con laltro, finivano per assomigliare, dopo pochi
minuti, a due taglialegna canadesi coinvolti in una gara di resistenza.
Tuttavia, non si poteva mandare la fragile e stonata Katia allo sbaraglio.
Cos Ferracci assicur che, al primo tentativo di Josh di coprire il belare della
ragazza, gli avrebbe appioppato coram populo una bella bacchettata sulla
testa, e amen.
Josh, invece, a coprire Katia ci pensava, ma in tuttaltro senso.
Cos, il giorno del saggio, al pubblico allibito apparve chiaro che i due
ragazzi, col pretesto del concertato vivaldiano, stavano, in realt, facendo
copulare i rispettivi strumenti.
Mi-fa-sol-fa-mi-re-sol-fa-mi-re-do proiettava virilmente Josh, in note
marmoree e tese fa-sol-la-si-re-do-re-do-ree tubava turbata Katia.
Larchetto di Josh sembrava allungarsi tra le sue mani. Lorchestra suonava
pian piano, imbarazzata, come Ferrucci se ne stesse nudo sul podio,
limpermeabile bianco del maniaco buttato in un canto. Alla fine dellAdagio,
la piccola Katia, scossa da capo a piedi dalle vibrazioni che lo strumento
sovreccitato trasmetteva alla sua virginea figura, scivol a terra, non voglio
pi vederlo, mandatelo via! ripetendo tra i singhiozzi.
Josh non perdon mai al suo violino di aver posseduto in vece sua
loggetto dei propri sogni di pubert.
E lo lasci, come si lascia un amico, se ti porta via la ragazza del cuore.

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NOTTURNO DI PRAGA

Faust ancora non usciva dal suo labirinto di parole. Margherita invano lo
aspettava. Una statuetta di gesso dal volto di paglia.
Come ci si toglie il cappello di fronte a una signora che abbia perso la testa?
La testa lei volata ai piedi del boia, quel giorno che i ventisette congiurati
hanno tentato di pugnalare larciduca Rodolfo. La statuetta ora guarda
lontano; lontano, verso il mare. Allora il pagliaccio le si struscia contro come
un gatto, poi le porge la mano, e insieme vanno alla riviera verzuta, i loro
corpi profilati contro la caligine della luna.
Le statuette comprate per finire le corone ceche, che non si possono n
importare n esportare, senn si viene a scoprire che non valgono niente.
Quando hai riso di fronte alla mummia del Nepomuceno, questo fantoccio
gesuitico la cui storia servita a indurre nei praghesi emozioni cattoliche;
ormai ti impalano, quella volta. Praga fatiscente, citt di cocci e di ombre. La
silhoutte di Bcklin, la barba dellInquisitore: Sai tu se esiste il male, ragazzo?
Il male la bellezza. Il male la musica. Il male larte, questa arrogante
tronfione, questepa grassa e rigonfia di vento, che ammanisce destini
improbabili alle pelli pi tenere, agli occhioazzurruti virgulti della felicit
adolescente, che solo felicit dovrebbero in cuor loro conoscere. Ci sono due
occhi che ti guardano, dal fondo della Moldava. Sono occhi di pesce, che
rimirano il tuo cuore-occhio-di-pesce, maestro Steffani? E il cervello? Il
cervello in cima a Vysherad: la fortezza degli eroi. Il cervello la storia. La

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memoria ci ricorda che Praga, dai tempi della Montagna Bianca, stata
lobotomizzata.
Un tendone da music-hall non un bel posto per lasciarsi.
Teatro Provvisorio: Herr, meine...voi italieski? No English? My theatret
was sterben... distrutto... niet avangarde... noi feciamo spetaclo tutte le sere.
Un clown dal volto distrutto, come di trementina ballonzolante dentro un
bicchiere di biacca rappresa. La tromba solista, ricordi? Mi sempre piaciuta
la musica dei circhi. Quando ho diretto per la prima volta Zyrkus-Polka di
Stravinski, mi pareva che un elefante da un momento allaltro dovesse entrare
in scena e calpestare sotto il suo gran piedone lintera sezione dei fiati, che
non mi stava mai a guardare. Forse perch con loro non sono mai stato
sincero; cos come con te. Ma non potevo. Che colpa ne hanno loro se non
capiscono che la musica, prima di essere unarte, una religione?
Una re-li-gi-o-ne, scandiva con lo sguardo assatanato di Rasputin il mio
primo violino, con la sua cera di golem, il collo morsicato dai succhiotti del
Guarnieri del Ges: orge notturne di armonici e tetracordi. Tieni, Luciani,
il biglietto con sopra la scritta Eloim. Ora io te lo ficco in bocca, e tu, dopo,
mi sarai fedele servo per leternit. Lho ascoltato, in radio, laltro giorno, da
Roma. Ormai lombra di se stesso. Ti sempre piaciuto, sedurre gli artisti,
per poi cibarti della loro energia. Anche lui, come me, era ancora integro?
Ti meravigliavi di come un direttore dorchestra potesse essere ancora
integro a trentanni? Mai sentito parlare di sublimazione? Bisogna servire la
musica con tutte le proprie energie. Quando ti ho incontrata, io pensavo di
essermi impadronito della musica. Mi sono rilassato. Ho cominciato a vivere.
Avevo torto, e lei si vendicata.
Che tristezza quella tourne a Praga! Si passa la vita a sfottere i romanzetti
rosa, per poi accorgersi di come i meccanismi dei sentimenti, le ruote dentate
delle emozioni, che ci inchiodano alla nostra sorte di ecce homo, siano pi banali
ancora delle loro trame. La moglie del direttore che fugge col primo violino,
durante la tourne dellorchestra di cui il marito direttore stabile, in una delle
citt pi romantiche del mondo: Praga. Ma via: andiamo! Non potevi
scappare con un lottatore di sumo? Un mangiafuoco bulgaro? Un incantatore

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di serpenti indiano? Ma gi: la sproporzione tra le mie ambizioni e la realt


quotidiana sempre stata la mia croce. e ora, eccomi qui: direttore stabile di
unorchestra che di stabile ha solo il fatto di essere instabile, e fare cinque o
sei concerti allanno, in quella particolare rassegna che io stesso organizzo
insieme al mio amico poeta, che la organizza perch non me lhai mai detto,
ha troppa paura ma innamorato di me: rassegna che ha i suoi manifesti, i
suoi relatori, e naturalmente il suo pubblico.
Nella mia citt si tengono quattro rassegne musicali allanno, organizzate
dalle quattro associazioni musicali della citt: ogni rassegna ha un pubbico di
aficionados che vengono al concerto per amicizia e, proprio perch ti sono
amici, non andrebbero mai a fare gli spettatori delle rassegne altrui: col
risultato che ogni musicista della mia citt, per ogni spettatore che assiste ai
suoi concerti, ha nel contempo tre potenziali non-spettatori dei suoi concerti!
Intanto lAssessore alla Cultura, arzillo e pettoruto come un nostromo inglese,
assiso sta alle sedi del Bilancio, e ammanisce, a chiunque ne faccia richiesta, i
fondi pubblici. Ha laria di un formaggiaio irpino che sia sceso in citt col
mulo carico delle sue gramaglie: tanto, per lui, un basso-tuba e un gassometro,
sono la stessa cosa. A questo punto, nei miei abbozzi, c scritto che dovevo
scrivere: Per ci sei tu, Sara.
Tu ormai non ci sei, Sara. Omai non sentesi, felice appieno, chi sul suo
seno... La cosa che mi dispiace di pi, dellintera faccenda, che, al mio
ritorno, da solo, da Praga, mi sono messo ad ascoltare i Pagliacci, e al
momento dello stercoreo lamento Ridi, Pagliaccio, quando il tenore sembra
che nelle corde vocali cabbia a far vedere il suo pisellino da esibizionista di
stazione nei parchi: io ho pianto. Ammetto che tu mi abbia piantato, ma non
che mi abbia fatto piantare dal mio buon gusto estetico. Del resto, ti ho
allontanata da me perch ero autoritario, egocentrico, chiuso nel mio stesso
culto. Credevo che un direttore dorchestra dovesse essere cos. Sai: come
potevo convincere gli altri che ero bravo, se non ne ero convinto e io non
ne ero affatto convinto io stesso? Poi, la sera del primo concerto a Praga,
mentre dirigevo quellarrangiamento per soli archi della Decima di Mahler, e mi
sbracciavo, e gemevo, e mi contorcevo, a un certo punto, nel delirio dei

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violini primi contro la piramide serena, ho visto stagliarsi una penna di corvo.
Ho alzato gli occhi: gli strumentisti, curvi sul leggio, ridacchiavano sommessi:
allora ho udito! Io, il direttore dorchestra, per la prima volta, uscendo dal mio
mondo, ho udito il suono della mia orchestra. Mi stavo sbracciando come un
matto; per anni mi ero sbracciato, e da quei goliardi in vacanza uscivano
trenta rantoli e dieci vagiti, per quei tredici che erano. Io ero il dottor
Coppelius, manichino indecente e impudico; io ero, sempre ero stato, il
Golem della musica. Quella, dunque, era la mia orchestra. E Praga? Cosera la
fascinosa, brunoramata, deliquescente Praga innamorata della luna? Una
puttana fetecchia dai rantoli irranciditi; ecco cosera. E tu, Sara? Chi eri tu? Ti
avevo mai conosciuta veramente, chiuso comero nel mio muro dautistico?
Fu proprio il mio volerti conoscere la causa della rovina del nostro amore.
Ti impietrasti. Ti impietrai. Quando entrasti nella mia stanza camere
separate, in albergo, in nome della mia concentrazione il tuo passo
riecheggi, nella mia mente, un accordo di settima diminuita. Don Giovanni,
a cenar teco/ minvitasti, e son venuto. Cara Sara, non lavrei giammai
creduto. Dunque: quella passeggiata sul Ponte di Carlo, tutti quei discorsi sulle
statue, i simboli araldici, la pietrificata storia del ponte, della citt Le risate
su per la Viuzza dOro, a immaginare quei gufi di alchimisti, intabarrati nelle
loro zimarre, mentre ricevevano la visita di Rodolfo II, e promettendo la
pozione di vita eterna lo supplicavano, in cambio, di poter vedere, per unora
almeno, la luce del sole (voglion vedere il sole? Ebbene, siano appesi in cima
al fossato, e, chiusi nelle gabbie, abbiano a morir di fame, tuonava il
tremendo sovrano): era stato tutto questo mio corteggiarti che ti aveva
pietrificata? Non avevo mai pensato a te come a una bella donna. Avevo
sempre pensato a te come a una necessit della mia vita. Quella volta, nella
Mala Strana, dove il geroglifico delle vie imita i percorsi del cuore, e il delirio
della mente, arretrata alle angosce barocche, si stupisce di trovare un muro l
dove prima cera lansa di un fiume: quella volta io, al termine della corsa a
ritroso, ti ho sorriso. Ti guardai negli occhi e mi paresti bella. Ero cos felice
da non aver notato che, tu, non mi avevi sorriso. Il nido dellamore resiste alla
furia dei venti, ma la sua paglia stata raccolta sul selciato delle

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incomprensioni.
Questanno, nella mia citt, si terr la quarta rassegna del ciclo
Musica/Letteratura, dedicato, questanno, a miti ed eroi nella musica
romantica e moderna. Sempre quello sterile titanismo confinato nel proprio
Ego; ci che io non sono pi.
Breve stata la mia vita felice. Finch ero un artista, vivo non ero; per
questo potevo permettermi di restare in vita. Ora ho scoperto di essere vivo;
non sono pi artista. Ne morir di certo, di questa vita che mi piombata
addosso. La mia arte non era arte, ma stata la mia arte a farti innamorare di
me.
Perch? Non lo sai? Perch ti permetteva di non concederti a me.
Di restare muta, distaccata, chiusa nella tua egocentrica considerazione del
mondo. Non ti preoccupare; hai scelto bene: Luciani molto pi artista di
me. Lo sempre stato; almeno nel senso in cui tu consideri la parola artista.
Lui non si occuper di te. Ti permetter di non amarlo, pur avendo lo stesso
qualcuno vicino che si occupi di te. Vedi; mi ero spesso chiesto come mai, in
questa mia ormai fatidica rassegna, io insistessi tanto sul tema del Viandante,
del Sosia, dellOmbra: gran bei miti romantici, non c dubbio. Era perch
sono archetipi? Modelli culturali? Genotpi? La risposta, nella vita, sempre
molto banale. Ci si innamora di chi non si riesce a sedurre, quando, nella vita,
stato tanto facile, gli altri, sedurli. Si pensa che questo sia indizio di una
speciale qualit. Ci si sposa, alle volte, per capire la natura di quel mistero.
Spesso il mistero si rivela mancanza di spirito; noiosa piattezza del sentire.
Vite intere dartisti se ne vanno in questo equivoco.
Quei modelli culturali su cui tanto pontificavo erano la roegentoscopia del
mio animo. Stavo solo facendo della piatta cronaca; credevo di penetrare
lanimo di Beethoven e Schubert, e intanto mi sfuggiva il mio. Che senso ha
avuto stare alla finestra tanto tempo? Ah, vita: scrittura di altre vite!
Ora aspetto di dirigere il mio ultimo concerto. Ormai non sono pi un
direttore. Per questo sono diventato un buon direttore. Per questo, domani,
non sar pi un direttore. Perch io, ora, mi vedo. La realt mi ha ghermito, e
non mi lascer pi.

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Sta tranquilla; nessuno ti incolper di aver spezzato una brillante carriera,


perch nessuno se ne accorger, che io ho smesso di dirigere. Perch? La
risposta , come al solito, la pi banale. Perch io non smetter affatto di
dirigere. Solo che non ci sar pi io sul podio. Ci sar il mio Golem. Il mio
Doppelgnger, il mio Sosia. La mia Ombra, che alla fine, sfiancata, mi ha
raggiunto. Le mie interpretazioni, dora in avanti, saranno belle e pure come
non mai.
Per ora affronter solo il repertorio sinfonico. In breve, diverr famoso.
Questa volta scritto, che io ce la faccia. Mi affideranno unimportante
orchestra. Non ti preoccupare. S: nessuno penser che eri tu a frenare la mia
carriera. Penseranno che la mia esperienza con te ha contribuito a maturarmi,
niente pi. Aspetter un po di tempo, qualche anno, prima di cimentarmi nel
concerto con solista. Sto aspettando che qualcuno mi raggiunga; perch
questo avvenga, anchegli deve essere raggiunto dal suo Golem, dalla sua
Ombra. Io, intanto, studio il Concerto n.1 per violino di Prokofieff: il Concerto
delle Ombre. Studio e aspetto. Sto aspettando il maestro Riccardo Luciani.
Quanto ci metterai, con lui? Quanto ci metterai a stordirlo, e poi svegliarlo?
Ah, gi. Non sei tu. Tu non centri. Tu sei una citt lussureggiante, chiusa
nella sua eterna decadenza. Tu sei una pietra passiva, in cui il Viandante,
specchiandosi, alla lunga scopre uno specchio. Tu sei verdazzurra,
rossoramata, bronzea e tufacea.
S, forse lo sei. Forse, Sara, sei tu, Praga; vestita dei suoi inganni, tremenda
e perturbante, chiusa e aperta come una valva; pianta carnivora, madida di
crepuscolo, nellinfinito ciclo dei suoi eterni ritorni, addormentata.

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SYMPHONIA VIRIDANS

Il tempo, quel tempo che altri avevano sventrato, saccheggiato, disperso ai


quattro venti, per impadronirsene a stilla a stilla; ora, quel tempo, sarebbe
stato soltanto il suo. Tutto quel tempo per un solo progetto: la Decima Sinfonia,
da eseguirsi in un teatro-tempio, inondato di profumi e luci in reciproca
mescolanza, sulle modulazioni di unapposita tastiera a colori. Ma il tempo
doveva essere il suo, soltanto il suo. Le estati passate a Dobbiaco, attenti, la
moglie Alma e le bambine, a non fare il minimo rumore, mentre lui, nella
catapecchia in mezzo alla maggese, si stendeva a terra piangendo, per sentire
ancora scorrere in s la vita. Una volta, mentre attraversava il bosco a tentoni,
strillando temi straziati, lo vide un bambino. Mahler aveva negli occhi un
dolente lampo che lo fece fuggire, e il suo terrore sparse in giro la voce che
fosse pazzo. Certe notti, Alma se lo trovava davanti, sconvolto dallinsonnia,
accanto al letto. Le lasciava sul comodino brevi poesie, biglietti che dicevano:
Ho baciato mille volte le tue pantofoline, amore mio. Quando mor, sulla
partitura dellincompiuta Decima, s trovarono certe frasi in inchiostro violetto:
Morte, sommergimi; Il Diavolo lo danza con me: cos stava scritto in
calce al Rond-Burlesque, un ghignante Walzer in cui il compositore
operava la pi radicale professione di antiumanesimo che le sue sinfonie
avessero mai concepito. I temi, di una saldezza brahmsiana, venivano
sconvolti tra gli strumenti; si contorcevano in convulsioni, mentre i clarinetti,
strozzati nel registro alto, chiocciavano fonemi sarcastici. Mahler non poteva

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sapere che quel disfatto scheggiare timbri contro lo specchio della forma
sarebbe divenuto lesito fatale della musica. Dellambizione giovanile:
costruire un mondo coi suoni, articolando i rumori di natura il canto di un
uccello, lo stormire delle fronde, il ruotare degli astri in un progetto
musicale che partisse dal respiro stesso di Dio, nulla restava pi.
Quando laveva spostato, Alma aveva dovuto dire addio alla musica: i suoi
Lieder, frutto del lungo apprendistato con Zemlinsky, giacevano sepolti in un
baule che lei si portava appresso dappertutto, come una bara. Tutto doveva
venire sacrificato al genio di lui.
Ed ora, era tempo. Il medico era stato chiaro: la vita di relazione era
completamente annullata. Ma limmaginazione, quella no: continuava a
pulsare, dietro gli occhi chiusi. Il suo tempo era, infine, venuto: ad Alma
sarebbe toccato il compito di riarticolare i frammenti della Decima, intuendo
dal contrarsi delle sue labbra e dallimpercettibile stringerle e rilasciarle il
polso lordine in cui voleva andassero ricomposti. La malattia era cominciata
come unangina. Da tre giorni la scarlattina si era installata tra il cuore e i
polmoni di Anna Maria, la figlia di Gustav e Alma, per non farla pi respirare.
Alla fine, Alma si era sentita male. Il medico le aveva diagnosticato un
affaticamento del cuore. Allora lui, quasi per scherzo, si era fatto auscultare a
sua volta il petto. Da allora il vizio valvolare non fu pi compagno occulto
alle sue giornate. Dovette reimparare a camminare, a dirigere, a fare lamore.
Il terrore di non avere pi tempo per completare i propri progetti gli provoc
limpotenza sessuale. A cinquantanni, pensava di essere troppo vecchio per
lei. Cominci a percepire con sgomento linfinita variet di corpuscoli in vita
intorno a lui, e nellinamidata solennit del concerto, direttore stabile della
Filarmonica di New York, avvertiva il fruscio dei batteri e delle spore, intorno
ai colletti bianchi degli abiti da sera, e tra le corde degli strumenti ad arco.
Ricordava il giorno in cui tutti quei corpuscoli avevano preso il sopravvento
sulla sua sublimazione del reale: la scarlattina di Anna, lavvento del crup.
Mentre il medico tentava, con la tracheotomia, di far filtrare uno spicchio
daria per la gola squarciata, lui non sapeva che camminare avanti e indietro
davanti alla porta della cameretta. Quando tutto fu finito, lo mandarono a

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chiamare. Per un po, vide solo un petalo scarlatto che aveva orli di buio. Poi,
Anna, che aveva due bocche: la seconda si apriva sul collo, e ne uscivano fili
di muco. Come artigli dalle falangi distese, luccicavano alla luna. Urlando,
scapp nel bosco, ma la colonia degli streptococchi viridans scov le peste del
suo dolore. Infett la sua gola. Si insediarono nel pericardio, e da allora ogni
pulsazione del suo cuore fu un attimo sottratto alleternit.
Il giorno dopo la morte della figlia, mentre, al pianoforte, nella catapecchia
in mezzo alla maggese di Dobbiaco, lavorava al grande addio alla terra con
quel suo eternamente eternamente che si estingue pian piano sulle note
della celesta e il mandolino, irradiando, dopo lesplosione pagana dei primi
canti, una luce crepuscolare unaquila si insinu tra le ante della finestra.
Esplose come un boato dali. Terrorizzato, agghiacci. Quando fu passato il
suo frullo, da una fessura del pavimento usc, tremando, un passerotto. Cos a
lui si dischiuse lepifania di tutta una vita: solo nella giovent c bellezza,
mentre larte fagocita il tempo, negando la silloge delle resurrezioni
annunciate.
Di fine febbraio, a New York, la febbre lo fece delirare tutta la notte, ma
volle lo stesso, la sera seguente, recarsi alla Filarmonica, a dirigere, in prima
assoluta, la Berceuse di Busoni. La sala era semivuota: il partito filoitaliano di
Toscanini, suo successore, aveva orchestrato bene la sua campagna. Dopo il
concerto, Toscanini si avvicin a Busoni, per dirgli che lui, la Berceuse,
lavrebbe eseguita meglio. Alla stazione di Vienna, ad aspettare il corpo di lui,
ormai ridotto a un vegetale, non cerano che pochi allievi: Bruno Walter, Otto
Klemperer, e alcuni amici della prima ora, come il dottor Sigfrid Lipiner.
Venne sistemato nella clinica del dottor Chantemesse, che, tutto eccitato, fece
vedere ad Alma, al microscopio, quanto erano ben sviluppati e floridi, quegli
streptococchi che infestavano il corpo di suo marito. Un simile rigoglio, il
dottore, non laveva mai visto. Era una vera delizia guardarli. Mor
tamburellando con le dita sclerotiche la coperta del letto, mentre storpiava in
dialetto viennese il nome di Mozartl.

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EPILOGO

IL GENIO

Lo so che me la dovrei prendere con le sorti divine, che mi hanno


catapiombato in questo cervello, e non con lo sfortunato possessore dello
stesso, se, dopo pranzo, quando io invio ai suoi ricettori nervosi i pi
straordinari temi musicali che mai lumanit abbia conosciuto, quello ne
approfitta per addormentarsi, cullato dalle dolci strofe. Cos ci che
dovrebbe, aiutato dalla tecnica, svilupparsi fino al capolavoro, rimane una
ninna-nanna per cullare impiegati poltroni. Si parla tanto, in questa terra
assonnata in cui sono precipitato dalle alte regioni dellEmpireo, dei geni
morti poveri, dellincomprensione in cui lumanit tiene i suoi pi grandi
spiriti, e nessuno di questi buffi bipedi sempre assorti nel tempo presente
sospetta che uomini come Mozart, in realt, hanno avuto una fortuna
sfacciata. La vera sfiga, la sfiga cosmica, quella di entit come me: scintille
della luce divina che tutta permea il Cosmo, le quali, per uninterferenza
magnetica, cascano dentro il cranio di un uomo molle, pigro, senza pelle
come quello in cui io mi trovo, senza speranza, a vegetare.
La colpa di tutti quei satelliti per le telecomunicazioni; il Grande
Demiurgo doveva essere ubriaco di ambrosia, quando ha spedito i due gemelli
tecnologici: Positivo e Negativo, nella testa di quel Marconi. Lui credeva che

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gli uomini ne avrebbero approfittato per entrare in contatto con noi; s, buona
sera. Usano quei maledetti affari che hanno spedito in cielo per rincoglionirsi
ancora di pi con i loro apparecchi televisivi! E poi succedono di queste cose:
manchi il neonato e, genio musicale, finisci nella testa bolsa di un futuro
impiegato delle poste, il cui gusto eletto si volge al clarinetto della musica
romagnola. E s che, dovendo abitare dentro di lui, ho fatto di tutto per
compiacere le sue tendenze. Gli ho perfino inviato un po di mazurche
campagnole, che lui si fatto trascrivere da un amico che sa di solfeggio
(almeno avesse imparato a leggere la musica, dico io) e spedito a un concorso
che ha, purtroppo, vinto.
Cos ora mi tocca ascoltare notte e giorno il disco che gli hanno inciso, con
quelle mostruosit che io stesso gli ho suggerito. Per di pi il suo amico, nel
trascriverle, ha sbagliato la tonalit, e io soffro le pene dei confinati nei buchi
neri, quando sento un simile strazio. Ma adesso, inutile che mi implori di
mandargli altre sciocchezze! Se anche, poi, col tempo, si dimostrasse in grado
di avvertire che dentro di s qualcosa non va; se anche cominciasse ad
auscultarsi un po, e ascoltasse la mia voce che notte e giorno gli grida:
Prendi lezioni di armonia! ci penserebbe sua moglie a dissuaderlo. Lultima
volta che sono apparso in sogno a Giorgio il mio ospite si chiama cos
come il Genio Alato, e gli ho fatto dirigere le costellazioni e le orbite
cosmiche tutte, sua moglie, al risveglio, lha portato dal dottore. Gli hanno
prescritto un periodo di riposo e unintera batteria di psicofarmaci che mi
hanno confinato a lungo in un angolo buio del suo cervello. mai possibile?
Gli uomini reprimono come anormali tutti gli slanci della loro anima, solo per
il fatto che sono strani. Perch, invece, quella loro realt in cui si agitano
come matti per trionfare su ci che poi, alla fine, li uccide: quella realt l,
normale!
La moglie di Giorgio proprio una megera. Anche la madre di Giorgio era
una megera. Il mio amico Sigismondo, che cascato a fagiolo dentro un
medico austriaco, un certo Freud, ci troverebbe un senso, in tutto questo. La
madre di Giorgio gli ha impresso lidea di essere un buono a nulla.
Naturalmente, lui, un buono a nulla pavido, insicuro, meschino lo

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diventato davvero. Cos, adesso, pu soddisfare le smanie di potenza di


Lorena, sua moglie.
E vai a spiegare a quelle due arpie che, l dentro, c un genio!
Almeno fossi stato uno scrittore. Gli scrittori si sanno sempre spiegare; nel
mondo in cui mi trovo, se sai parlare bene, fai sempre colpo. Ma io sono un
genio musicale. Il classico tipo del bambino prodigio. Nella realt, io ho
sempre sei anni, e quindi, quando parlo, faccio degli strafalcioni terribili. Una
volta, a un pranzo degli impiegati delle Poste, i colleghi prendevano Giorgio
per il culo. Gli dicevano che, a letto, sua moglie gli stava sopra, e faceva tutto
lei. Allora io, per far vedere che Giorgio non uno scemo, ho cominciato a
cantare dentro di lui tutto un atto della mia opera Visione Notturna, cos forte
che anche Giorgio, a un certo punto, si messo a cantare lopera, che
dodecafonica, perch in questo porco mondo oltre tutto ci sono cascato
quando la tonalit era belle sepolta, e noi spiriti non possiamo influire sui
linguaggi; e insomma lopera era dodecafonica, e dopo un po che cantava
tutti si sono messi a ridere, e segnavano Giorgio col dito; ma lui continuava a
cantare, non poteva smettere. Allora tutti hanno smesso, volta per volta, di
ridere, e il giorno dopo, al lavoro, tutti gli stavano distanti.
Ora: vero che gli spiriti non devono mai interferire con gli avvenimenti
reali, ma solo aiutare la gente che affoga quaggi, con larte e la scienza, a
intravedere le gioie del mondo di lass; ma io, a quel punto, mi ero proprio
stufato. Lo so che incredibile, ma io, a quellimbecille di Giorgio, alla fine,
mi ci sono affezionato. Ha un cervello cos vuoto che io, qui dentro, mi ci
posso sbizzarrire, mentre ho visto certi Geni tornare da noi, dopo la
permanenza nel cervello di un terrestre, tutti cos rattrappiti che, dopo varie
eternit, camminavano ancora curvi.
Insomma, per farla breve, sono stato accusato dal Tribunale degli Spiriti, e
condannato a incarnarmi prima in un lombrico, poi in un coleottero, e quindi
in un serpente, e una cernia, e un cane, e poi un maestro elementare... Poteva
andarmi peggio, anche se quella del maestro elementare me la potevano
risparmiare. Non ho mica fatto come lo Spirito di Nostradamus, io! O come il
Genietto di Swedenborg, che ha permesso di vedere agli uomini tutto il

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mondo di lass, quasi gli Immortali fossero le attrazioni di un programma


televisivo! (Secondo me, stato tutto uno scherzo di quel malefico Spiritaccio
poscia finito dentro Guglielmo Marconi, e per colpa del quale io mi trovo
qui).
Io non ho predetto il futuro. Io, siccome mi stava antipatica la Lorena, una
volta di troppo che ha dato dellimbecille al povero Giorgio, ho zufolato una
canzoncina di dentro quella povera testolina vuota, e la musica si gonfiata,
gonfiata, e poi si rovesciata fuori, e la Lorena ha cominciato a ballare,
ballare; e ha ballato per due mesi, finch non stramazzata morta al suolo. E
poi quando, al lavoro, i colleghi prendevano in giro Giorgio, perch, a forza
di non soddisfarla a letto col suo pisellino moscio, aveva fatto morire la
moglie, mi sono messo a battere col pugno sulle meningi di Giorgio piano
piano, ed venuta fuori una Dumka russa, e tutti hanno cominciato a far
capriole e saltare, e la gente agli sportelli ha chiamato la polizia, e dopo un po
per la citt si vedevano i poliziotti che saltavano come forsennati, usando i
tetti delle macchine in sosta come piste da ballo. Devono ancora fermarsi.
E non colpa mia se i medici hanno detto che si trattava di unepidemia
virale, e hanno messo la citt in quarantena. Dovevo lasciare che si
diffondesse un terrore fasullo, messo in giro da quel branco di mediocri in
camice, capaci solo di vedere esserini malefici al posto di noi Genietti? Cos,
quando, al Congresso dellAssociazione per la Ricerca contro il Cancro,
cerano i Solisti Liguri, ho messo Giorgio al posto del primo violino,
mentre il primo violino lho fatto stendere da Giorgio con un pugno, e legare
nel suo camerino. Poi i Solisti Liguri hanno attaccato una Czarda e quindi
un Furiant cecoslovacco che in mezzora ha distrutto tutti i medici, gran
bevitori e fumatori, come capita a chi gli rimorde la coscienza per aver rubato
le sovvenzioni statali allo scopo di fare i propri esperimenti sperando di
vincere il Nobel. pur vero che, poi, il primo violino si liberato e ha
rincorso Giorgio, e Giorgio, per sfuggirgli, cascato dalla scala antincendio ed
morto; e se non moriva era meglio, perch io tornavo su da voi fra qualche
decennio, e vi trovavo meno incazzati.
Che volete da me? Lo sapete che io amavo quelluomo. Bene,

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questautodifesa non sar un gran che... come dite? un reato gravissimo,


presso il Tribunale degli Spiriti Immortali, difendersi? Ma siete peggio degli
umani! Non incarnandomi per sempre in una spirocheta pallida che mi
farete tacere. Avete visto che cos successo, con quegli altri che avete
trasformato in spirochete pallide? Si sono andati a cacciare nel cervello in cui
stavano i Genietti, riducendolo in poltiglia. capitato con Beethoven,
Baudelaire, Nietzsche, e tanti altri. Come dite? Ah, mi fate diventare un
lamellibranco? Allora, grazie tante. Del resto, voi che vi credete superiori agli
umani, questa storia mi ricorda tanto quello che capit, tanti anni fa, sulla
terra, a un certo Socrate, quando si difese davanti al tribunale dellAeropago...
Eh? Ah, ecco! Mi pareva di ricordarlo fin troppo bene, quel saporaccio di
cicuta

Edizione on line a cura di www.wordtheque.com, Modena (Italy), ottobre 2001

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