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CITT E VILLAGGI
DELLA SARDEGNA
DELLOTTOCENTO
Abbasanta-Guspini
a cura di Luciano Carta
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VITTORIO ANGIUS
CITT E VILLAGGI
DELLA SARDEGNA
DELLOTTOCENTO
Vol. 1 ABBASANTA-GUSPINI
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Riedizione dellopera:
G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale
degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, G. Maspero e G. Marzorati,
1833-56, voll. 1-28 (selezione dei lemmi relativi alla Sardegna
con laggiunta della voce Savoja).
Copyright 2006
ILISSO EDIZIONI - Nuoro
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Indice
Prefazione
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Nota biografica
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Nota bibliografica
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Avvertenze redazionali
Appendice
1777 Il compilatore a chi legge
1784 Avvertimenti
1787 Quesiti statistici per la redazione dei lemmi del
Dizionario
1796 Lemmi aggiunti
1803 Indice dei lemmi
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doveva risultare opera molto utile agli impiegati nei pubblici e privati uffizi a
tutte le persone applicate al foro alla milizia al commercio e singolarmente agli
amatori delle cose patrie. In altre parole, il Dizionario doveva riuscire un valido
contributo ad una politica dinamica di riforme e di sviluppo della societ e dello
Stato, secondo le direttive del riformismo illuminato perseguito dalla dinastia sabauda a partire dalla seconda met del Settecento.
Come ha scritto Gian Paolo Romagnani, lidea di raccogliere tutti quegli
elementi geografici, storici, economici e statistici che avrebbero potuto servire
agli uomini di governo per una migliore conoscenza e conduzione degli affari
dello Stato4 non era nuova nel contesto culturale piemontese. Tale idea partiva
da lontano: gi presente nel secolo XVII nelle Relazioni universali di Giovanni
Botero, essa era stata fatta propria nella seconda met del Settecento da un gruppo di giovani intellettuali torinesi sensibili al clima culturale del secolo dei lumi
e alle suggestioni enciclopediche dellIlluminismo francese. Tra questi figuravano
Angelo Paolo Carena, che nel 1765 aveva scritto un abbozzo di Dictionnaire
gographique des tats de S. M., e un gruppo di giovani aristocratici, di cui era
anima il giovanissimo Prospero Balbo, che nel 1783 avevano dato vita ad un vivace circolo culturale, noto in seguito come Societ filopatrida, e si erano fatti
propugnatori di un moderno progetto di Dizionario geografico degli Stati sardi
non meramente corografico-descrittivo, ma storico e geografico allo stesso tempo, e inoltre attento alla demografia, alleconomia politica e alla nascente scienza
statistica, che potesse fungere da valido supporto alla illuministica idea di riformismo politico e di uso civile della letteratura.
Lidea di matrice illuministica per cui la conoscenza della storia, della natura
e del territorio del proprio paese sarebbe stata la premessa necessaria per qualsiasi azione riformatrice volta a migliorare le condizioni di vita dei sudditi di Casa
Savoia,5 che accomunava i progetti, che non ebbero seguito, del Carena e del
circolo dei giovani aristocratici filopatridi, sta anche alla base del progetto di Dizionario proposto dal Marzorati e soci a Goffredo Casalis. La complessit di impostazione ne rendeva problematica la realizzazione, soprattutto perch il peso
della redazione, per scelta dei committenti e dello stesso Casalis, avrebbe dovuto
ricadere sulle spalle di un unico estensore. Questa circostanza trattenne a lungo
il Casalis dallaccettare lincarico. Pur essendo un letterato di riconosciuta capacit, particolarmente versato nella ricerca erudita di storia patria e di consolidata
esperienza dal 1823 al 1829 egli aveva curato un Repertorio medico-chirurgico e
dal 1829 dirigeva per gli editori Maspero e Marzorati una fortunata collana popolare di cultura religiosa denominata Biblioteca economica di opere di religione il sacerdote di Saluzzo si rendeva conto che lampio spettro di ambiti conoscitivi avrebbe presupposto lesistenza di un nutrito gruppo di specialisti nelle
diverse discipline, secondo la tradizione dellenciclopedismo settecentesco. Tuttavia, poich gli editori e lo stesso Casalis escludevano a priori tale soluzione, diventava essenziale, soprattutto per lacquisizione delle notizie di carattere statistico
4. G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Torino, 1985, p. 305.
A questo testo si rimanda per una approfondita trattazione dellargomento che qui viene succintamente
esposto.
5. Ivi, p. 306.
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del Manno, il Casalis si era rivolto allerudito cagliaritano Ludovico Baille, persona che in quel momento era oggettivamente la pi indicata per favorire le cognizioni pi accomodate a poter descrivere la corografia di tutta quellisola.11 Da oltre mezzo secolo lerudito cagliaritano si era infatti dedicato alla trascrizione negli
archivi isolani e della penisola dei documenti manoscritti relativi alla storia della
Sardegna, alla realizzazione di una compiuta biblioteca di testi a stampa sulle vicende dellisola e alla illustrazione di importanti testimonianze archeologiche e
letterarie venute alla luce. In virt di tali benemerenze era stato destinato a succedere nel 1827 al grande Domenico Alberto Azuni nella direzione della Regia Biblioteca dellUniversit di Cagliari e attorno agli anni Trenta occupava una posizione di rilievo nel governo dellAteneo cagliaritano di cui era il censore.
Motivi di salute impedirono al vecchio Ludovico Baille di accettare lincarico,
ma fu egli stesso a trasferirne lincombenza, con il consenso del Casalis, al trentacinquenne scolopio cagliaritano Vittorio Angius, giovane ardente negli ottimi studi dogni maniera,12 il quale, oltre a sobbarcarsi lonere di raccogliere i materiali richiesti agli Intendenti ed ai Sindaci, sincaric anche di redigere direttamente le
voci relative alla Sardegna divenendo cos, a pieno titolo, coautore del Dizionario.13
2. La personalit di Vittorio Angius
La personalit di Vittorio Angius, nato a Cagliari il 18 giugno 1797, stata
variamente giudicata dagli storici. Ingegno molto versatile, portato sia agli studi
umanistici che a quelli scientifici, aveva per un carattere scontroso e altezzoso
che lo indusse pi volte a polemiche astiose, che finirono per isolarlo. Solo e ridotto allindigenza mor a Torino il 19 marzo 1862. Della sua morte nessuno in
pratica si accorse; essa fu comunicata dal generale Alberto Lamarmora, suo conoscente ed estimatore col quale aveva condiviso diverse escursioni per la Sardegna negli anni Venti, al canonico Giovanni Spano in una lettera del 21 marzo
1862. Solo lo storico Pietro Martini nel 1863 e lo Spano nel 1867 gli dedicarono, nelle rispettive biografie del Lamarmora, poche parole di compianto e di riconoscimento dei meriti letterari e civili. Se vogliamo essere giusti, scrisse il
11. Ibidem. Sullerudito cagliaritano Ludovico Baille (Cagliari 1764-1839) non esiste a tuttoggi uno
studio; per le notizie biografiche si rimanda a P. Martini, Catalogo della biblioteca sarda del cav. Lodovico Baille preceduto dalle memorie intorno alla di lui vita, Cagliari, 1844.
12. In Il compilatore a chi legge, vol. 3, p. 1781.
13. Secondo le consuetudini dellepoca, il Dizionario di Casalis-Angius si pubblic per fascicoli, che
poi venivano rilegati al termine dei singoli volumi. Per comodit del lettore indichiamo di seguito la sequenza cronologica di pubblicazione dei singoli volumi. Vol. 1 (1833) ABBADIA-AZZARA; vol. 2
(1834) BACENO-BUTTOGNO; vol. 3 (1836) CABELLA-CASALE provincia; vol. 4 (1837) CASALE cittCHIERI; vol. 5 (1839) CHIESA NUOVA-CUZAGO; vol. 6 (1840) DAGNENTE-FURTI; vol. 7 (1840)
GABIANO-GENOVA; vol. 8 (1841) GENRI-KEREMULE; vol. 9 (1841) LA BALMA-LUZZANO; vol. 10
(1842) MACELLO-MONDOV; vol. 11 (1843) MONDRONE-NIZZA; vol. 12 (1843) NOASCA-NURRI;
vol. 13 (1845) OBIANO-OYACE; vol. 14 (1846) PABILLONIS-PIEMONTE; vol. 15 (1847) PIERLAZ-PUTIFIGARI; vol. 16 (1847) QUADRATE-RUTORT; vol. 17 (1848) SABBIA-SALUZZO (la voce SAGAMA si trova al termine di questo vol. alle pp. 872-875); vol. 18 (1849) SALZA-SARDARA; vol. 18 bis (1851) SARDEGNA; vol. 18 ter (1853) SARDEGNA; vol. 18 quater (1856) SARDEGNA; vol. 19 (1849) SARDIRESSERRENTI; vol. 20 (1850) SERRIRES-TORGNON; vol. 21 (1851) TORINO provincia-TORINO citt
(parte); vol. 22 (1852) TORINO citt; vol. 23 (1853) TORNACO-VERBOUX; vol. 24 (1853) VERCELLI;
vol. 25 (1854) VERD-VINTEBBIO; vol. 26 (1854) VINZAGLIO-ZURZANA; vol. 27 (1855) Appendice,
ABAI-BUTTOGNO; vol. 28 (1856) Appendice, CADARAFAGNO-ZERBOL.
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hanno provveduto a rendere a questo importante studioso della Sardegna quellatto di giustizia, a suo tempo auspicato dagli amici e contemporanei, con la pubblicazione di diversi contributi storiografici.19
Agli inizi degli anni Trenta, quando Ludovico Baille decise di affidare a lui
lincarico di compilare gli articoli del Dizionario del Casalis relativi alla Sardegna,
Vittorio Angius era un giovane sacerdote scolopio gi molto interessato alle ricerche sulla storia e sulle antichit della Sardegna. Il Baille lo aveva sicuramente conosciuto nel periodo di formazione a Cagliari, dove il giovane aveva seguito gli
studi nelle scuole degli scolopi, lunico ordine religioso che si occupasse delleducazione della giovent dopo la soppressione dei gesuiti nel 1773, che annoverava
numerosi uomini di cultura e docenti universitari, alcuni dei quali si erano distinti nello studio e nellinsegnamento delle lettere e delle discipline scientifiche.20
Entrato nellordine dei Padri della Scuole Pie allet di 15 anni nel 1812, port
a termine gli studi presumibilmente attorno al 1820. Ordinato sacerdote, dopo
aver insegnato a Cagliari per qualche tempo nelle scuole elementari, nel 1826 lo
troviamo a Sassari con lincarico di docente di Retorica e aggregato al Collegio di
Filosofia in quella Universit. Nel 1829 viene creato prefetto (ossia preside) delle
Scuole scolopiche del capoluogo turritano. I progressi della carriera del giovane e
brillante scolopio cagliaritano ci sono noti da un fitto carteggio inedito intercorso
tra il 1826 e il 1834 tra lui e i fratelli Ludovico e Faustino Baille, suoi estimatori e
consiglieri, conservato presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari. attraverso
questo carteggio che conosciamo lattivit dellAngius durante il periodo sassarese,
che dur fino al 1835, quando egli rientrer a Cagliari con lincarico affidatogli dal
governo di prefetto delle Scuole Pie di Cagliari.
Durante il soggiorno a Sassari, nella sua qualit di professore aggregato al
Collegio di Filosofia dellUniversit, nel novembre 1827 Angius ebbe lincarico,
Il Nuraghe. Cfr. F. Loddo Canepa, Vittorio Angius. Profilo, Collezione uomini illustri di Sardegna, III,
Cagliari, 1926. Non ci sentiremmo per di condividere la perorazione finale del Loddo Canepa, che vede
strumentalmente nellAngius un improbabile precursore del programma di presunte riforme del governo fascista. La sua attivit di storico, scrive Loddo Canepa di letterato, di educatore e di parlamentare, che
nel suo complesso ha un valore notevolissimo, fu inspirata al nobile concetto di una Sardegna rinnovellata,
degna della grande madre Italia, gareggiante per pensiero, prosperit, ricchezza, con le prime regioni della penisola. Rievocare la modesta figura di questo instancabile lavoratore, ingiustamente tenuta finora
nelloblio, additarlo ai sardi nel momento storico in cui il Governo Nazionale d, dopo tanta aspettazione, una poderosa spinta al radicale rinnovamento, traducendo in pratica quel grandioso programma di riforme, che fu in cima al pensiero degli illustri isolani del secolo XVIII [sic, recte XIX], un atto di giustizia e di doverosa riconoscenza (F. Loddo Canepa, Vittorio Angius cit., p. 69).
19. Cfr. B.J. Anedda, Vittorio Angius politico, Milano, 1969; L. Carta, Vittorio Angius. Opere poetiche e
orazioni latine e Lettere di Vittorio Angius a Giovanni Spano (1840-1860), in Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico, n. 35/37, Cagliari, 1991, rispett. pp. 109-175, pp. 293-343;
A. Accardo, Il mito della nazione sarda: Vittorio Angius, in A. Accardo, La nascita del mito della nazione
sarda cit., pp. 75-110; G. Sotgiu, Vittorio Angius e i suoi tempi cit., pp. 41-101; S. Pira, Vittorio Angius e
il Dizionario che svela la Sardegna, in La Sardegna paese per paese (presentazione della recente riedizione
delle voci del Dizionario Angius/Casalis promossa da LUnione Sarda), vol. 1, Cagliari, 2004, pp. 9-23.
20. Ricordiamo tra questi Stanislao Stefanini, professore di eloquenza latina; Giovanni Battista Garau,
docente di Fisica sperimentale allUniversit cagliaritana; Benedetto Porcu, autore di una dissertazione
sullaerostato dei fratelli Montgolfier; Giovanni Muscas, professore universitario di Matematica e Geometria; Angelo Conquedda, docente di Fisica sperimentale e autore di una bizzarra dissertazione sugli
abitanti degli altri pianeti; Tommaso Napoli, singolare figura di erudito, geografo e giornalista, al quale
si deve la realizzazione della prima carta geografica della Sardegna condotta secondo criteri moderni.
Per tutti si rimanda al volume di F. Colli Vignarelli, Gli scolopi in Sardegna, Cagliari, 1982.
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superare larretratezza, inserire nelle Universit sarde linsegnamento dellEconomia politica; soprattutto era necessario favorire lapplicazione della giovent sarda allo studio delle scienze sperimentali: Iuvenes praestantissimi egli esorta
omne ingenium conferte in scientias!
Ma non solo questo il messaggio che proviene dallesempio dellAzuni.
Egli anche, secondo lo scolopio cagliaritano, una emblematica figura nella
quale possibile vedere come una mentalit moderna e un programma di svecchiamento della cultura e della societ si coniugano in modo armonico con
unideologia politica moderata, contraddicendo lassioma secondo cui varrebbe
lequivalenza tra modernit e ideologia politica giacobina. Infatti, sostiene lAngius, contrariamente a quanto dellAzuni stato detto e scritto dai suoi detrattori gi al suo rientro in Sardegna nel 1816, durante il periodo della sua permanenza in Francia egli non fu mai un giacobino, non profess idee rivoluzionarie
e non trad mai la causa della monarchia sabauda. In effetti, come ha scritto
anche Luigi Berlinguer, il suo pi autorevole studioso, D.A. Azuni fu un moderato, un girondino, un restauratore. Attacc Rousseau per difendere il diritto
alla propriet privata come diritto naturale; fu contrario ad espressioni politiche
di eccessiva libert individuale (libert di stampa, ad esempio, ed alle forme di
autogoverno espresse temporaneamente dal moto antipiemontese in Sardegna);
fu sempre decisamente avverso ad ogni forma di egualitarismo.23
Lideologia riformista si sposa bene, dunque, con una fede politica moderata, tutta inserita nellalveo del paternalismo illuminato della monarchia sabauda, secondo le linee tracciate dal Manno nella sua Storia di Sardegna, il quale
aveva additato il riformismo settecentesco del periodo boginiano come strada
maestra della politica sabauda anche nel periodo feliciano e albertino. Emerge,
dunque, in questa orazione latina in lode dellAzuni, personalit nella quale
lAngius sembra quasi specchiarsi, una chiara operazione politico-culturale che
vedremo costituire lobiettivo di fondo anche del Dizionario: consolidare e propagandare quella ideologia che Girolamo Sotgiu ha definito di ammodernamento senza riforme, elemento caratterizzante della politica sabauda dallepoca
del Bogino fino al 1848. Lammodernamento della cultura, cos autorevolmente rappresentato dallAzuni, doveva essere riportato nellalveo del riformismo illuminato; la Grande Rivoluzione, alcuni aspetti della quale potevano far capolino attraverso la personalit dellAzuni, andava esorcizzata. La ricca e complessa
figura del giurista sassarese andava mendata da ogni peccato rivoluzionario e
proposta ai giovani secondo il clich di scienziato brillante e suddito fedele alla
causa della dinastia sabauda. Ed quasi in adempimento ad una delle aspirazioni dellAzuni, che nel 1821 aveva proposto la pubblicazione di una rivista
scientifica, che lAngius promuover, tra la fine del 1838 e lautunno del 1839,
la rivista mensile Biblioteca sarda.24
Non tuttavia senza significato che lorazione in lode dellAzuni termini con
un altissimo elogio di Giuseppe Manno il pi grande storico della Sardegna
23. L. Berlinguer, Domenico Alberto Azuni cit., pp. 143-144.
24. La rivista Biblioteca sarda, interamente redatta dallAngius, fu pubblicata a Cagliari presso la Tipografia
Monteverde in fascicoli mensili di 40 pagine dallottobre 1838 al settembre 1839. Ogni fascicolo era in genere diviso in tre parti, dedicate rispettivamente alla Storia, alle Scienze Arti e Mestieri e alla Letteratura.
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del quale la citt di Alghero potr vantarsi come Padova del suo Tito Livio. Accanto alla modernizzazione della mentalit e del metodo scientifico doveva procedere, secondo lAngius, il recupero della memoria storica della Sardegna; a questo
secondo aspetto del programma di rinnovamento della cultura sarda da parte dellAngius dedicata in gran parte lorazione in elogio di Giovan Francesco Fara, il
padre della storiografia sarda, patrem et conditorem sardoae historiae.25 Dopo
avere esaminato il metodo educativo, fondato sul rispetto della personalit dellallievo, lAngius illustra il metodo storiografico dello storico sassarese, che poi lo
stesso metodo che egli addita per la ricerca storiografica. Gian Francesco Fara, osserva lAngius, ha saputo costruire nella Corographia sulla Sardegna e nel De rebus
sardois una narrazione storica sulla base di un corretto metodo storiografico fondato sulla ricerca diretta e minuta del materiale documentario. La narrazione storica diventa, grazie alle ricerche pazienti e documentate del Fara, narrazione di fatti e non di fantasie mitiche e retoriche. LAngius, nellattribuire al Fara la paternit
di quella che in realt la sua concezione storiografica, lo pone sullo stesso piano
dei moderni statistici. E di quel che lAngius intendesse per statistica, egli forniva in quegli stessi anni un esempio negli articoli che andava redigendo per il
Dizionario del Casalis: fornire una conoscenza della realt sarda che fosse frutto di
una documentata ricerca sul campo, attraverso un inventario puntuale dei documenti archeologici letterari e archivistici, nonch di uno studio dei fenomeni demografici ed economici che non pu fare a meno dellanalisi quantitativa. Come
vedremo meglio oltre, lopera storico-statistica dellAngius presente nel Dizionario molto accurata e si potrebbe dire che in questo il suo lavoro pi completo
di quello del Manno, se allAngius non facesse difetto lo stile letterario e la capacit di intessere la narrazione storica attorno ad alcune fondamentali idee chiave.
Lopera storica del Manno tanto tersa e misurata nel dettato quanto farraginosa
e priva di freno quella dellAngius; per ugualmente vero che invano nellopera
del Manno il lettore ricercherebbe quellimpressionante mole di dati quantitativi
che ritroviamo negli articoli del Dizionario capaci di offrire una dimensione meno
letteraria e pi scientifica della realt sarda. La statistica intesa come ricerca sul
campo e come sforzo di quantificazione dei fenomeni storico-sociali, che non dovrebbe mai mancare nellopera storiografica, secondo lAngius gi presente nellopera del Fara e a questa caratteristica di essa il moderno ricercatore deve far riferimento per offrire un adeguato recupero dellidentit culturale dei sardi.
Laltra importante orazione dellAngius, letta nellAteneo sassarese come prolusione dellanno accademico 1835-36, interamente dedicata alla individuazione di un periodo storico e di un personaggio in cui la civilt del popolo sardo
abbia raggiunto il suo apice, una sorta di et delloro della civilt sarda. Ebbene,
nellorazione in onore di Eleonora dArborea egli individuava nel medioevo giudicale il momento culminante della civilt dellisola e in Eleonora il personaggio
eroico di quel glorioso passato della nostra storia. Nasceva con questa orazione
dellAngius il mito storico del medioevo sardo e delleroina Eleonora.26 E poich
25. V. Angius, De laudibus Johannis Francisci Farae oratio cit., p. 120.
26. Su questo aspetto ci sia consentito rimandare a L. Carta, Il mito storiografico di Eleonora dArborea in Vittorio Angius, in Intellettuali e societ in Sardegna tra Restaurazione e Unit dItalia, Atti del
Convegno Nazionale di Studi (Oristano, 16-17 marzo 1990), a cura di G. Sotgiu, A. Accardo, L. Carta, vol. I, Oristano, 1991, pp. 173-202.
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il genio di un popolo non pu riferirsi solo agli aspetti politici della sua vicenda storica, ma coinvolge anche i costumi, i modi di vita, la cultura artistica e letteraria, la lingua, lAngius, dopo aver delineato queste caratteristiche specifiche
del genio del popolo sardo negli articoli che egli andava gradatamente redigendo per il Dizionario del Casalis, cercher anche di dare una compiuta rappresentazione di questo periodo doro della civilt sarda attraverso quella che egli definisce lepopea della storia giudicale della Sardegna: si tratta dellopera Leonora
dArborea, cui egli lavorer fin dai primi anni della sua permanenza a Torino ma
pubblicher solo nel 1847 e che impropriamente viene definita dagli studiosi
come il romanzo storico dellAngius.27
Occorre avere presenti anche questi aspetti del pensiero dellAngius per un
adeguato inquadramento del suo lavoro per il Dizionario geografico-storico, un
pensiero che egli andava maturando in altri scritti negli stessi anni in cui collaborava ai primi volumi di esso.
3. Strumenti, modalit e tempi di raccolta dei dati statistici
La rilevazione dei dati statistici, come gi avveniva per gli Stati di terraferma,
avvenne in primo luogo attraverso la spedizione agli uffici periferici dellamministrazione statale, ai sindaci e ad alcuni eruditi, di una sequenza di punti formulati attraverso 30 quesiti sulla cui base dovevano essere compilate le schede
relative ai singoli paesi, citt o regioni storico-geografiche, le cui risposte dovevano poi essere restituite a Sassari al sacerdote Vittorio Angius che firmava in qualit di incaricato della compilazione della corografia della Sardegna. Da una
rapida analisi del primo questionario, che si pubblica integralmente in questo
volume (vedi Appendice, vol. 3), si coglie la struttura di massima che si ritrova
nella descrizione dei luoghi e la ricchezza di informazioni statistiche richieste.
Di ogni localit si voleva sapere lestensione territoriale, lassetto urbanistico
e viario, le condizioni igieniche, le professioni e i mestieri che vi si esercitavano
con il numero degli addetti, le istituzioni civili e religiose presenti, lo stato dellistruzione elementare istituita in tutti i Comuni nel 1823, la presenza di scuole superiori, leventuale contingente di forza pubblica e di truppe miliziane o
della compagnia barracellare, il numero delle chiese urbane e rurali e la loro intitolazione, la consistenza del clero e delle decime, le principali feste religiose e i
pubblici divertimenti che le accompagnavano, lo stato della popolazione anche
in prospettiva storica con lindicazione dellincremento demografico attraverso
il numero annuale di matrimoni, nascite e morti, il clima, la distanza dei piccoli comuni dalle citt e dallasse viario centrale, lappartenenza alle divisioni amministrative (province e distretti) e giudiziarie (mandamenti).
Unaltra serie di quesiti di carattere economico chiedeva di segnalare le risorse
principali del territorio, con particolare attenzione alle due fondamentali attivit
della pastorizia e dellagricoltura. Doveva pertanto essere indicata la primaria vocazione del territorio, se agricola o pastorale, la quantit di frumento e di altre sementi coltivate e raccolte, il numero di contadini e di pastori addetti alla coltura
e al governo del bestiame, lo stato dei monti granatici e nummari, lalternanza
27. Cfr. V. Angius, Leonora dArborea o scene sarde degli ultimi lustri del secolo XIV, vol. I (lunico pubblicato), Torino, 1847.
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annuale o biennale delle vidazzoni e dei paberili e i conseguenti rapporti tra contadini e pastori, la consistenza delle chiusure in applicazione delleditto delle
chiudende, il numero dei gioghi e di animali da trasporto, lestensione della coltura dei vigneti, degli oliveti e di altri alberi da frutto; si dovevano inoltre indicare
il numero di armenti e di animali domestici, le modalit di confezione dei formaggi e dei latticini e la quantit destinata al commercio.
Una terza serie di quesiti tendeva a individuare le risorse naturali del territorio, ossia la situazione delle acque e delle fonti, la presenza di minerali passibili
di sfruttamento, labbondanza di cacciagione e il suo esercizio nei territori di
pertinenza, lentit e le modalit di esercizio della pesca nei paesi costieri.
Una quarta serie di quesiti si riferiva alla conoscenza di quello che oggi definiremmo patrimonio artistico e monumentale dei singoli comuni. Si richiedeva la segnalazione ove possibile precisa di nuraghi e monumenti megalitici e
neolitici in genere, di castelli e vestigia di antiche popolazioni, di iscrizioni antiche, di chiese monumentali di particolare importanza storica o religiosa.
Infine negli ultimi quesiti, che ci fanno cogliere una Sardegna ancora immersa
nellanacronistico sistema feudale, si chiedeva il feudo di appartenenza delle ville
infeudate con lindicazione dei diritti esatti dai feudatari e della curia baronale di
riferimento; per i feudi reali e per le sette citt di amministrazione regia si chiedeva
lentit dei diritti versati al fisco e la segnalazione degli uffici periferici dellamministrazione civile, fiscale e giudiziaria cui le singole localit facevano capo.
Si tratta, come si pu vedere, della raccolta di una mole veramente imponente di dati, che dovevano servire alla redazione del prospetto statistico delle
voci del Dizionario, gran parte delle quali, in particolare quelle che descrivono i
singoli comuni e le province o le regioni storico-geografiche, risultarono poi essere delle vere e proprie monografie esaustive e fedeli dei territori descritti. Ed
proprio questa ricchezza di dati statistici e descrittivi che rende il Dizionario
Casalis-Angius ancora oggi, a distanza di quasi due secoli dalla sua pubblicazione, una fonte unica nel suo genere per la conoscenza della Sardegna.
Come racconta il Casalis nella prefazione al Dizionario, lAngius, appena ebbe
ricevuto lincarico di collaborazione attorno al 1830, provvide subito, con lincoraggiamento del Manno e con la collaborazione del vicer e del suo segretario
particolare Ciaudano, a far pervenire il questionario di cui abbiamo parlato sopra
agli intendenti e ai sindaci della Sardegna. Lesito di questo primo approccio non
fu per secondo le aspettative. Di conseguenza, veggendo che gli venivano troppo a rilento i chiesti ragguagli dei luoghi di ciascuna Amministrazione, abbracci
tostamente il consiglio di rivolgersi per questo scopo, con altra apposita circolare,
e con altro acconcio prospetto, ai Vescovi, ai Parroci, ad ogni pi colta persona
della Sardegna: e questo avveduto consiglio ottenne il miglior effetto possibile;
perocch in men dun anno, alle sue preziose cognizioni, a quelle attinte alla gravissima storia del Manno, e ai rilevanti scritti, che il Della-Marmora dett, fu egli
in grado di riunire tutte quante le notizie dalla natura di questo lavoro addimandate.28 Anche questa circolare e i prospetti spediti di nuovo dallAngius, consistenti in un pi semplificato quadro di Quesiti statistici e in una scheda semplificata, questultima probabilmente fatta pervenire ai comuni pi piccoli, vengono
pubblicati in Appendice di questa nuova edizione del Dizionario storico-geografico;
28. In Il compilatore a chi legge, vol. 3, p. 1781.
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La provincia, che spazia dalla Barbagia allAlta Marmilla, dalla costa del Sinis con linclusione di Oristano, stranamente non eretta a capoluogo, ai Campidani di Milis e Maggiore, dai paesi gravitanti attorno al fiume Tirso ai comuni
di Sedilo e Ghilarza, secondo i dati del 1834 consta di 27.205 contribuenti e di
una popolazione residente di 71.605 abitanti, di cui 1708 nel capoluogo. Considerata la vasta estensione della provincia, sono diversi i problemi e le potenzialit economiche del territorio. In primo luogo da rilevare lo stentatissimo
incremento demografico che nel decennio 1825-34 passa da 68.565 unit a
71.605, con un saldo decennale di soli 3040 abitanti, conseguenza anche della
bassa longevit della vita, che con la media di 55 anni risulta essere la pi bassa
rispetto alle altre 10 province. Se domandi scrive lAngius qualche ragione
perch [lincremento della popolazione] sia minore, che potrebbe essere, mentre
molte io ne riconosco, tra queste ti citer le principali: ed , a dir vero, anche generale quella chio desumo dalla povert, che non solo non lascia prosperare e vivere la massima parte dei nati, ma vieta i matrimoni tra persone mature: quindi
la poca diligenza verso i bambini e fanciulli, la non rispettata sobriet, e le acque
gravi di sostanze maligne nei campidani, e i cibi poco sani, che conviene si prendano in mancanza di migliori. Si aggiunge specialmente per li dipartimenti di
levante le vendette, e la vita errante dei pastori , e generalmente nelle malattie
i pregiudizi, la poca persuasione del salutare effetto della vaccinazione, e la stoltissima ignoranza, e nessuna destrezza dei chirurghi e flebotomi, che decimano
le popolazioni, e sono la causa principale della mortalit. Una situazione che
difficilmente pu essere superata per lincuria in cui versa listruzione, affidata a
persone incapaci e senza zelo, fatta eccezione per la citt di Oristano, che ospita le Scuole Pie e il seminario arcivescovile; per la frequenza delle zone paludose
soprattutto nei tre Campidani; per luso di seppellire i defunti nelle chiese anzich nei cimiteri, in particolare nel distretto di Ales, dove si respira unaria fatta
maligna dalla mefite dei sepolcri; per linsufficienza dellalimentazione e la
mancanza di colture particolari, come quella della patata, coltivazione questultima che se debitamente inculcata libererebbe anche la Sardegna dalle funeste
conseguenze delle carestie; ma soprattutto, in una regione a vocazione prevalentemente agricola, per la mancata riforma dellagricoltura. Si ritrova in questo articolo sulla provincia di Busachi uno dei passi pi significativi e appassionati
scritti dallAngius in difesa di un programma di riforma agraria che si richiama
espressamente alla linea sostenuta da Francesco Gemelli nella seconda met del
Settecento, che pone come elemento essenziale il superamento della comunione
dei terreni e conseguentemente una seria applicazione delleditto delle chiudende per la formazione della propriet perfetta e listituzione di aziende modello
che fungano da punto di riferimento agli agricoltori. Si vorrebbe da molti
scrive lAngius riformata lagricoltura, si vorrebbe portata alla perfezione cui
giunse nelle pi culte regioni. Ma con ci sia che al desiderato evento nessuna
preparazione siasi fatta, il compimento di questi voti io li veggo molto ancora in
l. Cessi prima e la comunanza e la quasi comunanza delle terre, abbia ciascuno
il suo campo, e sel chiuda; i ricchi proprietarii siano i primi nella riformazione
degli istromenti, e nelladottamento dei metodi pi ragionevoli; i contadini siano istruiti nei principii dellagronomia, ed abbiansi tutte le facilitazioni. La vera
propriet, lesempio persuasivo, listruzione soda, le molte agevolezze, ecco quali
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saranno i potenti impulsi che faccian progredir questarte fra noi. Ed insistendo
sulla necessit dellistruzione dico primieramente convenire ai proprietari come
a interessati nella prosperazione dellarte ed ai parroci cui gioverebbero decime
pi pingui, che procurinsi delle cognizioni georgiche: in secondo luogo che per
riguardo ai contadini, immediati esercitatori dellarte, si faccia praticare quello
fu sapientemente instituito, e per somma disgrazia generalmente trascurato, che
nelle scuole primarie si insegni con diligenza il catechismo agrario. Il quale per,
mentre si riconosce insufficiente a conseguire il fine, sarebbe ottimamente fatto
se in ciascuna provincia si formasse una villa-modello, dove e si mandassero dai
vicini dipartimenti i giovani ad un pi ampio addottrinamento, e gli imprenditori fossero da un falegname e da un ferrajo ammaestrati per la fabbricazione dei
nuovi istromenti dei lavori: e terminato il corso quelli degli istromenti, questi
degli utensili delle rispettive officine, fossero provveduti, concesso ai poveri un
respiro al pagamento con tenuissimo interesse.
Sempre al 1834 sono riferiti i dati demografici della provincia di Cagliari,
costituita da 62 comuni, la cui popolazione risultava essere in quellanno di oltre
100.000 abitanti, di cui 25.769 nella capitale.34 Una situazione complessiva,
quindi, migliore rispetto alla derelitta provincia busachese, dovuta alla maggiore
fertilit dei terreni, alla variet delle colture, allo sviluppo del commercio che si
esercitava prevalentemente nel porto di Cagliari, alla evoluzione culturale e sociale della capitale del Regno dove tutto conforme alle mode fiorenti nelle pi
polite citt del continente e dove adeguatamente sviluppato il sistema dellistruzione con la presenza di tutti i gradi di essa fino allUniversit. Pi curato,
inoltre, risulta in questa provincia il sistema sanitario, con la presenza in ogni distretto di un medico, di un chirurgo e di un farmacista stipendiati dalle comunit locali dalle quali stabilito, che quelli, di cui consti la povert, abbiano le
medicine gratuitamente. Anche qui tuttavia da lamentare, nonostante lintroduzione gi dal 1828 dellobbligo di somministrazione del vaccino per limmunizzazione antivaiolosa, che tale pratica soprattutto nei paesi dellinterno vedesi
procedere lentamente per la costante pervicacia dei genitori. Lagricoltura costituisce la primaria occupazione e la principale speranza di questa provincia, che
soprattutto nei territori della piana di Sanluri e della Trexenta vanta campi veramente graniferi della Sardegna, dove vedresti biondeggiar le famose opime
messi. Cionostante, osserva lAngius, occorre procedere con maggiore convinzione sulla strada dellammodernamento dellagricoltura attraverso la modernizzazione degli strumenti di lavoro e lintroduzione di nuove e pi variate colture,
sullesempio di quanto va facendo il marchese di Villahermosa nel podere di Villa dOrri, tra Sarroch e Capoterra. La seminazione del frumento rileva lAngius viene ancora praticata secondo gli antichi metodi. Alcuni per cominciano a sarchiarlo quando ancora in erba tenera, e sgombrarlo di tutte le inutili e
nocive gramigne. Si sono fatti degli sperimenti di aratri a treno, se n lodata loperazione; ma il sardo va con calzari di piombo a tentar le novit; egli ben esperto
che i grani sono assai pi produttivi quando si piantano a due o tre pollici non sa
34. I 62 comuni della provincia di Cagliari erano distribuiti in 9 distretti i cui capoluoghi erano, oltre
la capitale, Domusdemaria con giurisdizione su 5 comuni, Pauli-pirri su 7, Sanluri su 8, Senorb su 13,
Serramanna su 6, Siliqua su 6, Sinnai su 5, Ussana su 11.
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vedere perch convenga far gemere i buoi sotto laratro profondamente impresso;
egli propugna ancora i suoi maggesi. N in questo io saprei contraddire considerato lattuale condizione delle cose. Ch, un campo gi esausto per la produzione, e che dallinflusso delle meteore deve unicamente attendere di essere invigorito a nuovi parti, duopo che riposi, se in questa solita graffiatura dellaratro
comune non pu una terra inesercitata e piena di sue forze rivoltarsi in su a dar
alimento ai semi. Ma in questo egli che versa suo errore. In profonde arature
avriasi sempre una terra ricca di buone sostanze.
Il miglioramento dellagricoltura passa per anche attraverso la colonizzazione delle campagne e il superamento della comunanza delle terre. ben piccola la porzione delle terre che veggonsi cinte, o assiepate, e queste sono intorno alla popolazione a un piccol raggio. La propriet per molti pregiudizi e forti
ostacoli non pu ancora vincerla sopra la barbara comunanza: e se non ottenga
il trionfo, che le augurano i buoni cittadini, non sar mai che possa fiorire,
quanto le consente la natura. Le poche private propriet non sono n anche
per un terzo chiuse, e le chiusure sono comunemente a siepe viva, durevole e
fruttifera, adoperandovisi i fichi dIndia.
Altra risorsa caratteristica di questa provincia la presenza di un numero
grandissimo di uccelli, di cui diffusissima la cacciagione, il consumo alimentare
e il commercio soprattutto dagli abitanti della capitale e dei comuni circonvicini.
Un patrimonio, quello ornitologico, di cui lAngius offre un interminabile elenco, che pu contribuire a far conoscere la Sardegna allEuropa sia sotto il profilo
scientifico sia sotto il profilo della fruizione turistica. Grande osserva lAngius
lornitologia di questa provincia, e poi sar maggiore, che si riconoscano tutte
le specie, che o vi siedono come in luogo patrio, o vi avvengono da altronde. Se
non senza frutto sonosi alcuni da poco tempo in qua applicati a riconoscere se la
Sardegna, che non so per qual destino rest quasi ignota allEuropa fino a questi
ultimi tempi, potesse dare qualche nuova specie; da sperare che maggiormente
avranno a riuscir fruttifere altre pi studiose inquisizioni. Non sar discaro che io
qui enumeri le specie, che sono conosciute generalmente in questa provincia, e
che hannosi in mostra nel gabinetto ornitologico.35 Quanto alla fruizione turistica di questo patrimonio naturalistico, che Cagliari deve soprattutto alla presenza dello stagno di Molentargius, di notevole suggestione la descrizione che egli
fa dei fenicotteri e di altre specie presenti nello stagno. veramente in giorni sereni uno spettacolo magnifico aggirarsi su per queste acque, vedere i fenicotteri
spiegar le loro grandi linee o aggregarsi in quadrati o in triangoli; le volteggianti
turme dei cigni, dei codoni, delle morette, e di altre specie di anitre, di gabbiani,
di procellarie, sterne, colimbi, totani ecc., il volo insidioso dei corvi anguillatori,
dellaquila ecc., vaganti in tutte parti per esplorazione quando con la rapidit del
baleno piombano e si tuffano e ne traggon fra gli artigli la preda, e quando, come
suole laquila, sur un palo si posa a sbranarla.
Analoga funzione scientifica, economica e turistica lAngius attribuisce al patrimonio ittico, di cui fornisce come per gli uccelli un lunghissimo elenco delle
35. Angius enumera 218 specie di uccelli conosciute a Cagliari indicando la triplice denominazione
italiana, latina e vernacola, avvalendosi, egli scrive, delle note favoritemi dal signor Gaetano Cara preparatore di Zoologia nel R. Museo della Universit degli studi.
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specie presenti nei mari della provincia cagliaritana, tra cui spicca la presenza di
branchi di foche monache. Forse che in altri paraggi delle coste europee, come
nei mari della Sardegna, e specialmente alla parte meridionale, non frequentano in
ischiere pi numerose pi generazioni di pesci. Sar pregio dellopera se io qui
proferisca ai lettori un indice delle pi conosciute specie. Quando qualche nazionale pieno damore per la storia naturale vorr applicarsi a questa parte, stimo che
grande incremento ei potr cagionare alla Ittiologia europea. ignota la terra sarda, ed men noto il suo mare.
Ma il vero salto di qualit la provincia di Cagliari, pi fortunata e pi ricca
di risorse delle altre province, potr farlo solo a condizione che proceda sulla
strada dellindustrializzazione e del libero commercio: senza questi volani di
sviluppo, commenta lAngius, lisola rester sempre una colonia. di grande
forza persuasiva, ricca di forti accenti di modernit e di preveggente fiducia nel
progresso la pagina in cui lAngius denuncia la mancanza di industrie nellisola
e ne chiede limprocrastinabile introduzione. Dopo aver descritto la povert e
pochezza delle industrie anche nella provincia cagliaritana che la pi prospera
della Sardegna, egli scrive: Dalle quali cose dritto inferire esser le manifatture
di tutta la provincia una cosetta meschina, o essere in sul nascere ahi che loroscopo infausto! E si intender di vantaggio pochi essere i prodotti della natura, che si nobilitino a maggior valore, e mancare il popolo di impiego; ond
conseguenza penuria, miseria, povert, ignoranza, rozzezza, superstizione, barbarie. Oh quanti si lamentano che in ripigliare manofatte le materie che diedero grezze, sian richiesti di restituire il ricevuto con una arrota doppia, tripla, e
talvolta decupla! E s che ben conoscono quanto si aggiunga di valore alle materie per larte; e non pertanto non li vedi mai determinarsi al buon partito, e
non saprai presagire, quando siano messi in grado di entrare nella guerra commerciale, e onorevolmente liberarsi dal tributo, cui sono costretti di offrire tutti
gli anni alle fabbriche estere, e da una vil servit, qual veramente la dipendenza che non sia da una ragione insuperabile; quando si scuotano dalla inerzia, in cui naturalmente va a spegnersi il movimento degli animi in questo e simili climi, e caldi di generoso ardore adoprino a che lindustria, cui molto
felice questa provincia per lo migliore relativo stato dellagricoltura, germini, e
di quelle arti, che in regioni pi colte educa, sia beneaugurata madre. Che le
persone di non volgar fortuna studiino a farle fiorire, n rifugga da questimpegno la nobilt, essendo la vera verissima ragion di prestanza nella patria il ben
meritar di lei la vera gloria, il ben meritare della umanit, togliendo, per via
desempio, la mendicit, che certo una gangrena, e stringendo gli oziosi, che
sono una peste, a vivere per s e per altri. Che si faccia sentire desto quello spirito dassociazione industriale, che le piccole fortune riunisce e pareggia a grandi intraprese, e dal niente e dal poco fa nascer cose, e cose grandi. Allora soccorrendo opportune le proibizioni, le quali non si pu negare essere alunne
della industria principiante, potrebbero pure fra i sardi elle rinnovare i miracoli,
che altrove felicemente ebbero operato. Pretender di pi dallo stato, che gi pose fondamento a tutto con incoraggiare lagricoltura, con prestarle ampio favore, con togliere questi ostacoli, che per la condizion delle cose stato lecito alla
di lei migliorazione, e cos creava labbondanza, ed in questa cagionava un prezzo mediocre alle opere, non si concede che alla gente grossa. Che se incumba a
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lui di formare degli stabilimenti di industria, ci non sar che in uno dei due
casi, o di impiegare le persone dannate, o di assoggettare al lavoro gli oziosi vagabondi e accattoni.
Risalgono al 1834-35 i dati demografici e statistici relativi alla piccola provincia di Cuglieri, sebbene alcuni cenni alleditto del 21 maggio 1836, che prevedeva un primo provvedimento di abolizione della giurisdizione feudale, che sarebbe
stata completata nel luglio 1838, indichino che la redazione dellarticolo risale al
1836-37, mentre la pubblicazione del vol. 5 in cui questo inserito del 1839.
Assegnata in origine alla citt di Bosa la sede della prefettura, nel 1821 essa venne
spostata al villaggio di Cuglieri, dove rester fino alla riforma del 1848.
Composta di 25 comuni suddivisi in 4 distretti,36 la provincia abbraccia un
territorio compreso tra le regioni storico-geografiche del Montiferru, della Planargia e del Marghine, fatta eccezione per Bolotana, villaggio che pur essendo
nel Marghine inserito nella provincia di Nuoro, distretto di Bono. La provincia si estende, come limiti estremi, a Ovest fino a Seneghe, a Sud fino a Borore,
a Nord-Est fino a Silanus e Lei e a Nord fino a Bosa e Montresta, con un totale
nel 1835 di 34.505 abitanti. Territorio nel suo insieme abbastanza produttivo,
con triplice vocazione economica, agricola nella Planargia, marittima lungo la
costa bosana e pastorale nelle zone montane del Montiferru, del Marghine e
della Planargia orientale, esso ricco di prodotti cereali e ortivi, di alberi da
frutto e di vigneti, in particolare nel territorio di Tresnuraghes, dove viene prodotta la celebratissima malvasia che dicono di Bosa, scrive lAngius perch
dai bosinchi solita vendersi e offrirsi in dono; un vino che quando acquista maggior purezza dal tempo pu mettersi a confronto di qual che esso sia
miglior vino che vantino le pi suntuose mense dEuropa. Di particolare rilevanza il patrimonio forestale di questo piccolo territorio, tuttavia costantemente insidiato e distrutto dallo spirito di distruzione nei pastori. pertanto
quanto mai opportuno, osserva lAngius, convinto assertore della salvaguardia e
dello sfruttamento razionale dei boschi, che il governo, cui non sfugge il grandissimo vantaggio dei boschi ben conservati, operi per la loro tutela perch
cessi tanto guasto, n si permetta il taglio che quando il bisogno lo comandi, e
in una piccola circoscrizione da esser chiusa col prodotto del taglio e ripiantata
di querciuole, n si possano recidere che alberi gi bene sviluppati, purch far si
possa senza nocumento dei minori.
Gustoso inoltre il quadro dellindole degli abitanti di questa provincia: I planargiesi sagaci e laboriosi: i bosani poltroni, buffoni, e poco amici di cultura; gli
uni e gli altri dediti al commercio di baratto. I marghinesi persone accorte e industri; ma in questo bene spesso peccanti che non rispettano laltrui propriet.
A questi prevalgono i lussurgiesi in ogni rispetto. Questi ultimi inoltre sono i
produttori della miglior acquavite: Contenendo principalmente i vini del loro
vigneto molta copia di alchool, ed essi adoperandosi nelle operazioni con pi intelligenza succede che la loro acquavite sia in pi alto pregio, che quella dei villacidresi, e con pi riputazione di questi si venda per tutto il regno.
36. I 25 comuni della provincia di Cuglieri suddivisi nei rispettivi distretti sono i seguenti: CUGLIERI,
Scano Montiferro, Sennariolo; BOSA, Flusso, Magomadas, Modolo, Montresta, Sagama, Sindia, Suni,
Tresnuraghes, Tinnura; BORTIGALI, Birori, Borore, Dualchi, Lei, Macomer, Mulargia, Noragugume, Silanus; SANTU LUSSURGIU, Bonarcado, Seneghe.
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suo territorio, che nel 1840 consta di 2990 abitanti. La parte meridionale della
provincia di Iglesias nel 1838 annovera 13.615 abitanti nel Cixerri, che comprende oltre al capoluogo, i comuni di Gonnesa, Portoscuso, Fluminimaggiore, Domusnovas, Musei, Villamassargia; 8027 abitanti nel Sulci proprio, come lo denomina lAngius; 2365 nel Sulci meridionale, coincidente con il comune e il
territorio di Teulada; infine 7064 abitanti, secondo i dati del 1839, nel Sulci occidentale, comprendente le due isole di S. Antioco e di S. Pietro. Nel complesso
la vasta provincia iglesiente, che si estende nella fascia costiera da Capo Pecora a
Capo Teulada, annovera attorno al 1840 poco pi di 60.000 abitanti.
Dotata di grandi potenzialit economiche, la provincia iglesiente si distingue in primo luogo per la cospicua ricchezza di risorse minerarie, presenti sia
nelle montagne del Guspinese e dellArburese sia nei territori di Iglesias, Fluminimaggiore, Villamassargia, Domusnovas, Barbusi e Capo Teulada. I minerali,
minutamente enumerati dallAngius, il quale non omette di sottolineare come
le miniere siano state sfruttate fin dalla pi remota antichit, sono la galena, da
cui si estrae il piombo, la barite, i materiali ferrosi in genere, i marmi. Si tratta di
risorse, sottolinea lAngius, riprendendo le ricerche e gli studi fatti dal Belly e dal
generale Lamarmora, che non vengono ancora adeguatamente sfruttate. Solo
qualche decennio pi tardi, come auspicava lAngius, diversi imprenditori locali e stranieri avrebbero iniziato la valorizzazione delle miniere dellIglesiente,
dando inizio alla prima industrializzazione mineraria dellisola, che avrebbe visto nascere agli inizi del Novecento il movimento operaio e socialista.
La provincia anche ricca di acque e di territori a vocazione agricola e pastorale a un tempo. Le valli, in cui scorrono [le acque], scrive lAngius sono
pittoresche, le sponde floride e beate dellarmonia di infiniti usignoli, le colline
coperte di olivi e olivastri, divise in molti predii, e sparse di abituri pastorali.
Ed proprio questa diffusione di coloni sparsi nel territorio del Sulcis che attrae maggiormente lattenzione dellAngius. Come nelle cussorgie e negli stazzi
della Gallura, nel Sulcis a partire dalla seconda met del Settecento, pastori ed
agricoltori hanno iniziato a popolare le campagne, edificando i caratteristici casali e cascine che gli abitanti del luogo, i maureddini, dicono furriadorgius,
cio luoghi dove ritornano dai pascoli o dalle opere agrarie per riposarsi e ripararsi dalle inclemenze della stagione. Dalla riunione di varie cascine presso una
chiesa officiata da un cappellano hanno avuto origine i boddus o oddus, piccoli
e grandi aggregati di contadini e di pastori, che si avviano a diventare veri e propri comuni. I boddus crescono moltiplicandosi le famiglie, e se ne vedono alcuni che si potrebbero annoverare tra i comuni, e meriterebbero avere un paroco e
un consiglio. LAngius enumera e censisce i numerosissimi boddus. Si tratta di
Tului, Suergiu che consta di venti furriadorgius tra grandi e piccoli, Santadi,
Nugis che uno de pi belli siti del Sulcis, di una grande amenit e duna
maravigliosa fecondit, Masainas al levante di Portobutis, Narcao uno de
maggiori boddus, Villaperuccio che pu esser considerato come un piccol
villaggio, Villarius, Palmas, Barbusi, Flumentepido costituito da circa 20 furriadorgius nel cui territorio trovansi molte cose dellantichit romana e vedonsi le rovine dun antico monisterio di benedittini, Piscinas rinomato per
due copiosissime fonti termali, Mazzaccara, Terraseu, Perdagius, Pesus, Sirai,
Armas, Coderra, Giba, Garamatta, Piolanus, Sirri, Santa Giuliana, Murdeu,
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non sono provveduti dalle loro case, e non fare mal viso a nessuno per risparmiare, e avere maggior guadagno da una maggior quantit di formaggio.
Di particolare rilevanza sono in questo articolo le considerazioni sullistruzione e sulla alfabetizzazione delle popolazioni rurali. Convinto assertore del ruolo
propulsivo dellistruzione nel processo di modernizzazione della Sardegna, egli
denuncia come, a circa 18 anni dallistituzione nel 1823 dellistruzione elementare obbligatoria, questa non abbia potuto raggiungere gli effetti desiderati perch i
maestri, spesso incapaci, operavano inoltre senza un adeguato controllo da parte
di una struttura centralizzata e soprattutto non esisteva ancora una scuola deputata alla formazione degli insegnanti. Proprio in quel periodo, per volont del governo, tre confratelli dellAngius, tra cui il futuro vescovo della diocesi dOgliastra
Michele Todde, erano stati inviati a Milano per una missione di studio sulla formazione dei docenti. A questa missione di studio lAngius attribuiva giustamente
una grande importanza: essa infatti diede luogo allistituzione in Sardegna delle
Scuole di Metodica e dei provveditori agli studi nelle diverse province incaricati
di presiedere al funzionamento delle scuole. Per le cose tra poco miglioreranno:
si stabiliranno nel regno tre scuole di metodica, dove da que religiosi scolopi, che
il Governo spes per molti mesi a osservare la pratica delle scuole primarie della
Lombardia, saranno iniziati nel magistero puerile giovani a ci idonei; e quindi
per una pi attenta sorveglianza sopra i maestri, non pi la istruzione patir le
molte interruzioni che furono nellinsegnamento in molti comuni. Tale istituzione necessaria ma non sufficiente, ammonisce lAngius, la cui originaria vocazione di educatore emerge spessissimo nelle voci del Dizionario. Rimaneva infatti
del tutto fuori da questi propositi leducazione delle fanciulle, ancora affidata alla
intraprendenza di qualche parroco e di qualche nobildonna, ma ancora non presa
in considerazione dal potere pubblico.
Altro aspetto significativo di questo importante articolo sulla provincia di Isili
sono le considerazioni che lAngius svolge in relazione alla sanit pubblica. In una
popolazione di circa 50.000 abitanti, egli documenta nella parte statistica, sono
presenti solo 8 medici (in pratica uno per distretto!), 17 chirurghi, 9 farmacisti, 47
ostetriche e ben 79 flebotomi! Una situazione che esige interventi energici da parte
del governo perch le gravi deficienze nel settore sanitario si riflettono tragicamente
sulla rarefazione demografica; solo una energica e convinta politica di promozione
della sanit pubblica, che vigili in primo luogo sulla vaccinazione contro il vaiolo,
sulla bonifica igienica dei centri abitati e sullallontanamento dalle periferie degli
stessi dei letamai, sulla costruzione dei cimiteri, far s che riempirassi di abitatori
la terra sarda. Soprattutto occorrer liberarsi dalla piaga sociale dei flebotomi attraverso lincoraggiamento allo studio delle scienze mediche. Sar un vantaggio o un
danno la scarsezza de medici? E sono cos pochi perch pochi si applicano a conoscer bene quello che usano dire scienza medica, nella quale non pertanto sono desiderati principii stabili, e metodi costanti. Non sono n pure i chirurghi quanti esser
dovrebbero, e non bene situate le farmacie. I flebotomi non si possono tenere nella
loro sfera, e non solo invadono la provincia de chirurghi e de medici, ma quanto
pi ignoranti, tanto pi sono presuntuosi; e con impudentissima ingiuria usurpando laltrui diritto, e con certa pernicie degli imprudenti, a quali pare ridondanza di
dottrina la loro dottrina, prescrivono per mali interni, esercitano loperatoria, praticano lostetricia, e osano talvolta arrischiarsi nelle manovre dellalta chirurgia. I professori barbitonsori quando vorran restare nel loro grado?.
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presso la spiaggia alta, un po sotto il levante di Baunei, fuor della curva del golfo.
Fu usato da naviganti che notarono questa rupe, come distintiva della costa, e
per trovasi negli antichi portolani: finalmente pass nel parlare degli isolani,
che lo scambiarono nel nome comune a pi luoghi di Ogliastra.
La nuova provincia, che occupa le regioni del Sarrabus, dei Salti di Quirra e
dellOgliastra propriamente detta, costituita da 26 comuni distribuiti in 4 distretti,42 mentre per lamministrazione della giustizia divisa in 4 mandamenti:
di Lanusei, dove risiede il prefetto e un tribunale che funga da corte dassise, di
Baunei, di Jerzu e di Muravera. La superficie di 660 miglia quadrate e la popolazione raggiunge, secondo i dati del 1840, i 27.000 abitanti.
Le osservazioni sulla provincia ogliastrina, come Angius rivela, sono frutto
di un viaggio compiuto attorno al 1833 di cui conserva un cartolaro di viaggio fitto di appunti. Il territorio dellOgliastra risulta essere allAngius una
delle pi fertili e metallifere provincie della Sardegna. Di questa per certi versi
inaspettata e non ancora adeguatamente sfruttata ricchezza mineralogica viene
data unanalitica descrizione basata sul 2 volume del Voyage en Sardaigne di Alberto Lamarmora: si tratta di giacimenti ricchi di rame, piombo e zinco nei
territori di Talana, di ferro ossidulato magnetico nel territorio di Arzana, per
la cui fusione fu impiantata una fonderia nel 1767. Questo giacimento, rileva
lAngius, che dalle analisi effettuate a Genova risult dare un prodotto da 51 a
61 per cento di un ferro superiore a quello dellElba, pu facilmente essere
immesso nel circuito commerciale dei paesi del Mediterraneo in quanto dalla
miniera al porto di Tortol non sono che tre ore di viaggio, e si pu facilmente
far il trasporto per il continuo pendo.
Ricchissimo dacqua e di pascoli, il territorio si presta prevalentemente alla
pastorizia, mentre le colture ortive e le piante da frutto sono particolarmente indicate nella fascia collinare e costiera. Le zone costiere e di pianura, occupate
dalle tuerras o benazzus, ossia da acquitrini e zone paludose, attendono unopera
di risanamento idraulico; in tali lavori, suggerisce lAngius, potrebbero essere
utilizzati i servi pubblici, ossia i galeotti, ai quali si pu ricorrere quando nellinverno non sono occupati in fatiche di maggior importanza; in questo modo,
oltre a realizzare unopera di vitale importanza qual sicuramente il risanamento di questa provincia nelle sue maremme, essi coi loro sudori soddisfanno alla
societ delle offese, che le inferirono violando le leggi.
Di particolare gravit in questa provincia il problema sanitario. Su 26 paesi sono presenti solo 5 medici, 14 ostetriche, pochissime farmacie e 33 flebotomi: come
dire che la sanit interamente affidata ai barbieri o chirurghi barbitonsori come
sprezzantemente abbiamo visto li definisce lAngius. Tra le malattie dominanti, oltre
alle solite febbri intermittenti e perniciose e alle non meglio specificate infiammazioni addominali, lAngius annovera anche la clorosi, la quale deriverebbe, egli
scrive, [dal] guadamento del fiume per le menstruate e lo starvi a lavare!
Ciononostante anche nella prima met dellOttocento gli abitanti delle zone montagnose della provincia dOgliastra si contraddistinguevano per la loro
42. I 26 comuni della provincia di Lanusei con i relativi distretti sono i seguenti: LANUSEI, Arzana, Elini, Gairo, Ilbono, Osini, Tortol, Villagrande; BARISARDO, Jerzu, Loceri, Tertenia, Ulassai; VILLAPUTZU,
Muravera, Foghesu, San Vito; TRIEI, Baunei, Ardali, Girasole, Lotzorai, Donnigala, Talana, Urzulei,
Villanova Strisaili.
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longevit: Ne paesi di montagna sono molti, che vivono ad una lunga et nel
decimosesto o decimosettimo lustro, e sono attualmente non pochi che hanno
trapassato questo termine, ed inoltrano al secolo, il quale nellarticolo Arzana
notava superato da Domenica Contu, alla quale, son gi otto anni da che fu
pubblicata quella descrizione,43 si eran fissati 103 anni, nel qual tempo non era
ancora nel suo volto cancellata del tutto lantica bellezza, nello spirito menomata la potenza, negli organi ottuso il senso, fuorch in rispetto alla vista, e
nelle membra mancato il vigore per la fatica. Lantica donna vedea intorno 83
discendenti, carissima corona, e udia vagire i figli delle figlie de suoi bisnipoti.
Le diligenti rilevazioni dellAngius di circa due secoli fa anticipano le odierne
ricerche sulla longevit di quelle popolazioni.
Le popolazioni dei paesi di montagna non hanno potuto profittare dei benefici che altrove ha arrecato listituzione delle scuole primarie, sebbene sotto il
profilo delle capacit intellettuali gli ogliastrini siano di unottima materia, cos
come gli orgolesi e inseriti in un ambiente adatto i giovani hanno dimostrato di
essere dotati di quella docilit e pieghevolezza che riconoscesi nel carattere nazionale e sono tali da potersi maneggiare e formare nel modo che si voglia.
Hanno influito in maniera decisiva sulla mancata scolarizzazione dei fanciulli
nel 1839 risultavano alfabetizzati solo 280 e vi erano 24 maestri insieme allignoranza delle famiglie, i cattivi metodi pedagogici, basati pi che sul rispetto
degli allievi, sulleccessivo rigore degli insegnanti e soprattutto sulluso della sferza. Nei confronti di questi metodi in questarticolo lAngius riprende la vecchia
polemica contro tali metodi educativi. Non si era ancora spenta in lui, ex prefetto delle Scuole Pie di Sassari e di Cagliari, nei primi anni del soggiorno torinese,
lavversione nei confronti dei superiori dellordine religioso in cui era ancora incardinato Angius otterr la secolarizzazione solo nel 1844 che nel 1837 lavevano costretto ad abbandonare gli incarichi di dirigenza nelle scuole di Cagliari.
Il concorso [dei fanciulli nelle scuole primarie della provincia di Lanusei]
egli scrive stato poco numeroso, e perch i padri non si curavano di mandarli, e perch i figli prendeano orrore ai precettori, i quali, non ostante che per volont sovrana siano state proibite le battiture, continuano non pertanto a battere, e quando son di mal umore, e cadono nellimpazienza, spiegano una feroce
brutalit percuotendo quei teneri, come userebbero governando bestie da soma,
talvolta con effusione di sangue, e con lesione di qualche membro. Questa barbarie ricorda quei tempi non lontani dalla nostra memoria, quando la maggior
fatica de maestri era in flagellare i loro discepoli, e questi, o i loro padri, erano
costretti a reprimere limpeto de furiosi con i modi pi terribili.
6. Le province di Nuoro, Ozieri e Sassari tra vecchio e nuovo nel clima della fusione perfetta con gli stati di terraferma e delle riforme
Come abbiamo osservato sopra e come ci rivela lepistolario con il canonico
Giovanni Spano, nei primi anni della sua permanenza a Torino Vittorio Angius,
impegnato a redigere le voci sarde del Dizionario geografico-storico, continu a
chiedere agli amici isolani, soprattutto sacerdoti, la compilazione dei Quesiti statistici e a sollecitare notizie particolareggiate su diversi contesti territoriali dellisola.
43. Da qui possiamo dedurre, come si detto sopra, che il viaggio dellAngius nellOgliastra avvenne
attorno al 1833, essendo stato pubblicato nel 1841 il volume contenente larticolo Lanusei provincia.
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In una lettera del 1842, ad esempio, egli comunicava di aver affidato al magistrato Francesco Maria Serra un centinaio di Quesiti statistici, che poi lamico
Giovanni Spano si sarebbe curato di far pervenire ai sacerdoti ed amici sparsi per
lisola, raccomandando che questione pro questione procedende pongan rispostas riccas et plenas de beridade.44 Questa ennesima richiesta di collaborazione
non ottenne i risultati sperati se in diverse occasioni egli lament la mancanza
delle risposte ai quesiti relativi ai paesi e regioni compresi nella lettera M e successive. Bido sa difficultade egli scrive nellagosto 1842 de poder haer notitias pro
mediatione puru de cuddos amigos chi hant medas relationes et amigos indognia
incuntrada dessu regnu. Non ti infades, amigu, insta, insiste, punghe, repunghe,
excita: forsis pro sa molestia hant a fagher sos mandrones majales su chi recusant
faghere pro prinzipiu pius generosu, pro charidade patria.45 E in altra lettera del
settembre 1843, facendo eco allo Spano il quale lamentava lincuria degli amici
cui aveva raccomandato la raccolta di vocaboli per il suo dizionario del sardo logudorese cui stava lavorando,46 Angius ricordava le inadempienze da parte di Giorgio
Asproni e di Giovanni Siotto Pintor che gli avevano promesso di fornirgli notizie
su Nuoro e sulla sua provincia: Eo credia qui tantos amigos preiteros qui has ti
haerent factu servitiu: ma has rasone, ipsos non sunt gente de applicare sa mente a
sas cosas qui non llos toccat, comente est su tractadu de decimis, dessincungia et
de certas ateras cosas qui su cagliare est cosa bella. Si ti significare sas promissas de
Asproni; et pustis O miserabiles mandrones! Mancu male qui Juanne Siotto mi
avvisait de haermi procuradas notitias de Nuoro!.47 Per fortuna, in assenza di dati
pi recenti, egli poteva attingere ai numerosi appunti da lui presi durante le lunghe peregrinazioni nellisola fino al 1839. Has rajone aveva scritto allo Spano
nel settembre 1842 a taxare sa mandronia dessos porcos de sa terra nostra, qui
epicureizant lassande qui fattat quie hat voluntade e forzas et tempus de facher. Eo
illu iscu bene, qui si no essere essidu a peregrinare e patire como no ia a tenner che
pagos e imperfettissimos materiales. Non ostante custu, insta ancora, faedda, persuade los; forsis qualqui unu shat a ischidare dae tantu letargiu. Isto in custa hora
regogliende materiales pro dare unhistoria de Arborea de simile fattura assa de su
Logudoro, e bido chi mi mancat meda, et chi sos amigos oristanesos non si curant
qui siat illustrada sa patria ipsoro e vivificada sa gloria dessos arboresos. Si tue has
cognizione de qualqui patriotu bonu impignalu a mi favorire, su chi benit a essere
44. Procedendo quesito per quesito, diano delle risposte complete e veritiere (lettera di V. Angius a G. Spano del 28 febbraio 1842, in L. Carta, Lettere di Vittorio Angius a Giovanni Spano cit., pp. 324-325).
45. Ivi, pp. 326-327, lettera di V. Angius a G. Spano del 29 agosto 1842. Mi rendo conto della difficolt di avere notizie anche attraverso quegli amici che hanno molte conoscenze e amici in ogni parte
della Sardegna. Non perdere la pazienza, amico, chiedi, insisti, stimola e ristimola, non stancarti di
chiedere: forse per levarti di torno quei maiali poltroni faranno ci che non vogliono fare per un motivo pi nobile, quale lamor di patria.
46. Lo Spano inizier la pubblicazione del suo vocabolario nel 1851 e la concluder nel 1856; vedilo
ora nelle due edizioni Ilisso: G. Spano, Vocabolariu sardu italianu e Vocabolario italiano-sardo, 4 voll.,
Nuoro, 1998, e ledizione in 2 voll., Nuoro, 2004.
47. Lettera di V. Angius a G. Spano del 19 settembre 1843, in L. Carta, Lettere di Vittorio Angius a
Giovanni Spano cit., pp. 335, 337. Io credevo che i tanti amici preti che hai ti avrebbero dato una
mano; ma hai ragione, non sono persone che si danno da fare per le cose che non li toccano, come
invece il Trattato sulle decime, il raccolto e altre cose che meglio tacere. Se io ti ricordassi le promesse
di Asproni; e poi O miserabili poltroni! Meno male che Giovanni Siotto Pintor mi aveva detto di
avermi procurato notizie su Nuoro!.
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su matessi, que serbire assa patria; punghe cum qualqui paraula su Rettore de Paulilatinu, qui mi hat fattu bonas promissas.48
Questa mancanza di dati recenti e il ricorso a tutti i materiali da lui raccolti
nei taccuini di viaggio appare evidente nellarticolo Nuoro provincia, redatta,
come si desume da alcuni cenni interni, tra la fine del 1843 e i primi mesi del
1844, sebbene lanno di stampa dellintero volume rubricato Noasca-Nurri, rechi la data del 1843, che da riferire alla stampa del primo fascicolo.
Estesa su una superficie non minore di miglia quadrate 1144, la provincia
di Nuoro comprende 42 comuni distribuiti nei 7 distretti di Nuoro, Bitti, Bono,
Fonni, Galtell, Orani e Posada.49 La provincia comprende, dunque, paesi appartenenti a circoscrizioni feudali diverse e alle tre diocesi di Nuoro-Galtell, Alghero
e Ozieri. E ai dati della sola diocesi di Nuoro del periodo 1826-35, in cui ricadevano i distretti del capoluogo, parte di quello di Bitti, Fonni, Galtell e Posada,
lAngius fa riferimento per sottolineare il sensibile incremento demografico verificatosi nella provincia a partire dallistituzione della provincia nel 1821; la statistica per incompleta in quanto mancano i dati relativi ai paesi appartenenti alle
diocesi di Alghero e Ozieri. Il dato complessivo della provincia per il 1843 di
54.842 abitanti. Una popolazione che appare in incremento, nota lAngius, sebbene la quantificazione, come si detto, si fondi sui soli dati della diocesi di
Nuoro; un dato che suscettibile di ulteriore incremento se si procede sulla strada gi intrapresa di risanamento sanitario dei centri abitati, dellintroduzione di
nuove colture, della realizzazione di strutture viarie e del superamento di quelle
atroci inimicizie, nel furor delle quali spargevasi tanto sangue e dovean tutti i
complicati [oggi diremmo implicati] ne delitti uscire dalla societ a salti, dove si
inselvatichivano. Attorno al 1843, secondo lAngius, il fenomeno del banditismo appare molto diminuito rispetto al recente passato. Attualmente i delitti
che si notano in questa provincia sono alcuni omicidi, cinque o sei per anno, che
un nulla in confronto di quel che era in altri tempi; ed i furti di bestiame e pi
del rude che del domito, che per sono immensamente minori di quanto gi furono. Le grassazioni, un tempo frequentissime, ora si commettono ben di rado
anche dagli orgolesi, che in siffatti delitti, come negli abigeati, erano spesso nominati. Diminuiti a tanto i delitti proporzionatamente diminuito il numero dei
banditi, i quali solevano comunemente uscire da Orgosolo, Dorgali, Siniscola e
Lod. Ci a dimostrazione che la modificazione del regime di vita e lattuazione
delle riforme contribuiscono in modo decisivo al superamento del disagio sociale.
48. Lettera di V. Angius a G. Spano del 28 settembre 1842, ivi, pp. 328-329. Hai ragione veramente di biasimare la poltronite dei porci della nostra terra; essi se la spassano lasciando che lavori chi ha volont e forze e
tempo di lavorare. Lo so bene io, che se non me ne fossi andato in giro per la Sardegna fra mille disagi, adesso non avrei che pochi e difettosissimi materiali. Nonostante questo, insisti ancora, parla, cerca di convincerli: forse qualcuno si sveglier da cos lungo letargo. In questo periodo sto raccogliendo materiali per scrivere
una storia di Arborea sul genere di quella del Logudoro, e mi rendo conto che mi manca molto, e che gli
amici oristanesi se ne infischiano che sia nobilitata la loro patria ed esaltata la gloria degli arborensi. Se conosci qualche connazionale volenteroso impegnalo a darmi una mano, che sarebbe la stessa cosa che servire la
patria; sprona con qualche buona parola il parroco di Paulilatino, che mi aveva fatto delle promesse.
49. Diamo di seguito i 42 comuni facenti parte della provincia di Nuoro: NUORO, Lollove, Oliena; BITTI,
Gorofai, Onan, Lula, Nule, Osidda, Orune; BONO, Anela, Benetutti, Bottidda, Bultei, Burgos, Illorai,
Esporlatu, Bolotana; FONNI, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda; GALTELL, Dorgali, Orosei, Onifai, Irgoli, Loculi; ORANI, Oniferi, Orotelli, Ottana, Sarule; POSADA, Siniscola, Torp, Lod.
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Del resto gli abitanti della provincia nuorese sono in genere di indole buona,
fatte salve le eccezioni. quanto lAngius ebbe modo di osservare direttamente
durante il viaggio compiuto nella provincia nel 1838, in cui annot in modo
analitico lindole della gran parte degli abitanti dei paesi. Secondo questa graduatoria del tutto soggettiva, i nuoresi sono laboriosi, docili, pacifici, timidi della
giustizia, sebbene poco rispettosi della propriet altrui; gli orunesi sono stati ingiustamente catalogati come poltroni, ladri, vendicativi, giuocatori e beoni attribuendo a tutti le caratteristiche di pochi; i bittesi sono uomini non molto
aperti, sensibili delle ingiurie e memori delle medesime, ma di gran generosit
verso il nemico pentito; gli orotellesi hanno poca sofferenza delle ingiurie, e alcuni non amano che il mio sia diverso dal tuo; gli oroseini sono generalmente
pacifici e amanti del lucro che facilmente ricavano dal commercio co battelli
napoletani, genovesi e della Maddalena. Non hanno invece una gran bella riputazione, notati generalmente di vendicativi e rapaci gli abitanti della baronia di
Siniscola; un po amanti del bello far niente e del vino sono i gavoesi, che hanno per donne laboriosissime, che fan fruttificare i loro orti particolari; coraggiosi, intelligenti, attivi, amanti del lucro e parsimoniosi sono i fonnesi; infine gli
orgolesi, che sono un popolo assai sfavorevolmente conosciuto per lo spirito di
vendetta, per le rapine e per lanimosit che spiegano i banditi contro i militari e
in fatto di furti altri non sono superiori agli orgolesi in astuzia ed audacia, tuttavia essi, considerati nella miglior parte sono uomini dintelligenza, cortesissimi nellospitalit, delicati in certi rispetti donore, e religiosi.
LAngius per fiducioso che in tempi rapidi saranno abolite le vestigie dellantica barbarie soprattutto se si proseguir sulla strada, che gi quasi impercettibilmente in atto, dellincremento dellagricoltura rispetto alla pastorizia brada,
che ha sempre costituito lelemento che ha inciso maggiormente sullarretratezza
dellisola. Un dato questo che lAngius analizza a lungo, con laiuto delle statistiche
fornite dai monti di soccorso, plaudendo ad iniziative innovative come la costituzione nellagosto 1843 di un Comitato agricolo per lammodernamento delle colture promosso dal parroco di Orune Francesco Angelo Satta Musio, con la progressiva attuazione delleditto delle chiudende dopo un grave momento di crisi
verificatosi negli anni 1832-33. Considerate le inveterate tradizioni e le caratteristiche del territorio, lincremento dellagricoltura a danno della pastorizia costituisce
limpresa pi difficile: i progressi sono lenti, ma gi nel 1843 lAngius poteva asserire che il sorpasso degli agricoltori sui pastori era gi avvenuto e lo annota con
soddisfazione dopo aver fatto un analitico confronto, paese per paese, dei progressi
fatti dallagricoltura e dei dati sulla pastorizia nei primi decenni dellOttocento.
Resta per che in complesso scrive lAngius con soddisfazione al termine della
sua analisi sia verissima lasserzione della predominanza delle cose agrarie, perch
in somma i pastori di questa provincia sono 7745, gli agricoltori 8915, come vedesi nella tabella delle parziali di ciascun paese.
Quanto si osservato sopra sulla carenza di dati statistici aggiornati in possesso
dellAngius per le voci del Dizionario redatte dopo il suo arrivo a Torino, vale in
particolare per la provincia di Ozieri, alla cui descrizione fisico-geografica e demografica sono dedicate poco pi di tre pagine, mentre la parte restante, comera accaduto per la provincia di Nuoro, dedicata a minute e tediose narrazioni storiche.
Della provincia ozierese lAngius indica in pratica solamente la superficie, che di
462 miglia quadrate: non indica invece la suddivisione per distretti e i dati sulla
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provincia sassarese consta di 65.372 abitanti, a fronte dei 33.937 della provincia
di Alghero, dei 24.070 di quella di Ozieri e dei 22.673 di quella di Tempio. Gli
abitanti della Divisione di Sassari sono 146.052, su un totale di 574.102 abitanti di tutta lisola.
Estesa su una superficie di 680 miglia quadrate, la provincia sassarese comprende nei suoi distretti 28 comuni, annoverando fra questi, precisa lAngius, le
famiglie sparse nella Nurra, come ne formassero uno, e i casali dellAsinara, come
se ne componessero un altro.50 Pur essendo prevalentemente pianeggiante, la provincia dotata di una notevole ricchezza di risorse minerarie, in particolare nella
disabitata regione della Nurra, dove sono presenti il piombo, lo zinco e il ferro, e
nei territori di Osilo e dellAnglona ricchi di trachite e di selce. Lambito a NordOvest, a Nord e a Nord-Est dal mare, il territorio ricchissimo di prodotti della
pesca, in particolare nellampio golfo dellAsinara, mentre nelle zone montuose
della Nurra e dellAnglona sono presenti numerosi boschi, in cui abbondano le
querce da sughero, che vengono sfruttate commercialmente da quando si vide
il lucro che produssero i sovereti del Putifigari. Purtroppo la barbarie pastorale, nota ancora una volta lAngius, ha notevolmente contribuito a impoverire la
superficie dei boschi; nellagosto del 1839, egli ricorda per pi di 15 giorni
arsero 17 selve della Nurra con s vasto incendio, che incener innumerevoli grossi
alberi ghiandiferi e annosissimi olivastri, e distrusse una superba vegetazione, la
quale pochi anni prima lo scrittore non potea spesso traversare a cavallo.
La vocazione prevalente della provincia per quella agricola e pastorale. Lagricoltura sviluppata soprattutto nei territori di Sassari, la citt pi agricola della
Sardegna, e di Sorso, mentre la pastorizia viene esercitata soprattutto nella Nurra,
nellAnglona e nella Romangia, a sud della capitale. per da sottolineare in questa provincia un fenomeno del tutto nuovo rispetto al resto dellisola, che sembra
coronare con successo la politica di riforma dei sovrani sabaudi avviata fin dalla seconda met del Settecento: la progressiva trasformazione della pastorizia brada in
pastorizia stanziale e la parziale conversione, come si era osservato per la provincia
di Nuoro, del ceto pastorale in ceto agricolo. La pastorizia scrive lAngius vedesi
oramai molto ristretta, perch anche nelle regioni deserte, quali sono le nurresi, i
pastori fissi badano meno al bestiame, che a guadagnare dal frutto dei terreni, che
ebbero conceduti intorno al loro casale. Quindi decrescer anche pi rapidamente,
perch i pascoli liberi saranno ristretti per lampliazione della vera propriet.
Il commercio, infine, assai fiorente soprattutto nella citt di Sassari dove
convergono in gran parte le risorse eccedenti del territorio, assai facilitato dalla grande strada centrale [la Carlo Felice] che traversa da sirocco a maestro
questa provincia con gran vantaggio de popoli che vi restan vicini.
7. Tradizioni popolari e storia nel Dizionario: mito ed epopea della nazione sarda
La pur ampia carrellata sin qui effettuata, intesa a dare unidea della situazione
della Sardegna tra il 1830 e il 1850 dal punto di vista geografico, statistico e commerciale, non esaurisce la ricchezza di dati e di notizie presenti nel Dizionario,
50. I 28 comuni della provincia di Sassari in ordine alfabetico, come riportati dallAngius, sono i seguenti: Sassari, Asinara, Nurra, Banari, Bessude, Bulzi, Cargieghe, Castelsardo, Chiaramonti, Codrongianos,
Florinas, Ittiri, Laerru, Martis, Muros, Nulvi, Osilo, Ossi, Perfugas, Ploaghe, Porto Torres, Sedini, Sennori, Siligo, Sorso, Tissi, Uri, Usini.
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Patriae Monumenta nel 1861 e nel 1868,54 di aver fatto conoscere numerosi
documenti inediti della storia dellisola o mediante trascrizione integrale, come
per le pergamene relative a donazioni dei giudici conservate nellArchivio arcivescovile di Cagliari, o mediante regesto, come per gli atti dei Parlamenti sardi.
Egli infatti stato il primo e il solo tra i cultori di storia della Sardegna ad aver
fatto conoscere nella loro esatta sequenza cronologica una fonte di eccezionale
valore storico quali sono gli atti dei Parlamenti sardi dal 1355 fino al triennio
rivoluzionario sardo del 1793-96 dopo le edizioni parziali dei secoli XVI e XVII
ad opera del Bellit, dellArquer e del Dexart;55 poich questultima raccolta si
fermava al 1641, le successive deliberazioni stamentarie venivano rese pubbliche
per la prima volta dallAngius. Ancora per diverso tempo, fino a quando non sar terminata la pubblicazione integrale degli atti dei Parlamenti sardi voluta dalla
Regione autonoma della Sardegna,56 lAngius rimarr lunica fonte cui lo studioso pu attingere informazioni su questa materia.
Nella valutazione dellopera storica dellAngius, interamente affidata al Dizionario, necessario distinguere, relativamente alla storia della Sardegna dalle origini al periodo giudicale, tra quanto egli ha pubblicato prima del 1850, cio prima
che egli venisse a conoscenza delle false Carte dArborea, e quanto ha scritto e
pubblicato dopo quella data. Infatti, le voci relative ai periodi indicati, contenute
nei volumi dal 1 al 18 sono da considerare storicamente attendibili, per quanto
in gran parte frutto di un diligente lavoro di compilazione effettuato sullopera del
Manno (si tratta dei lemmi compresi tra la lettera A e la voce Sardara), mentre
quanto stato da lui pubblicato dopo il 1850, in particolare nella voce Sardegna,
privo di attendibilit in quanto interamente inficiato dalla adesione incondizionata
dellAngius alle notizie riportate nelle false Carte dArborea.57 Diverso invece il
discorso sulla parte moderna della storia sarda dal secolo XVI al 1848: questa parte, attendibile nei contenuti, lo di meno sotto il profilo dellinterpretazione.
proprio sotto il profilo dellinterpretazione e del metodo che lintera produzione storica dellAngius manifesta i suoi limiti pi pesanti. Tutta la narrazione soggiace fondamentalmente a due categorie interpretative: luna, dispirazione
romantica, risponde allesigenza di affermare nel percorso storico una specificit
del popolo sardo, un suo genio consistente nella fierezza, nellamore per la libert e nella opposizione ad ogni genere di tirannia, nel coraggio, nellaver a pieno
titolo partecipato allo sviluppo della civilt dei popoli nellarte, nelle lettere e
54. Cfr. P. Tola, Historiae Patriae Monumenta edita iussu regis Caroli Alberti. Codex diplomaticus Sardiniae, tomus I, Taurini, 1861; tomus II, Taurini, 1868; di questopera fu pubblicata una piccola parte
nel 1845, interrotta alla pagina 128, poi riprodotta nel primo tomo del Codex alle pp. 1-103 (cfr. P. Tola, Codice diplomatico di Sardegna con altri documenti storici, Torino, 1845).
55. Cfr. F. Bellit, Capitols de Cort del Stament militar de Sardenya, Caller, 1572; P.G. Arquer, Capitols
de Cort del Stament militar de Sardenya ara novament restampats y de nou aadits ab molta diligencia y
curiositat reunits, Caller, 1591; I. Dexart, Capitula sive acta curiarum regni Sardiniae, sub Coronae Aragonensium imperio concordi trium Brachiorum aut solius militaris voto exorata, Calari, 1641; questultima
compilazione era ordinata per argomento e non cronologicamente.
56. Nella collana Acta Curiarum Regni Sardiniae sono stati pubblicati sinora i Parlamenti del 1355,
1421-52, 1495-1511, 1553-54, 1592-98, 1614, 1631-32, 1698-99, 1793-96.
57. Per le complesse problematiche relative a questo clamoroso falso si veda il fondamentale volume
collettaneo Le Carte dArborea. Falsi e falsari nella Sardegna del XIX secolo, a cura di L. Marrocu, Cagliari, 1997, in particolare il saggio di A. Mattone, Le Carte dArborea nella storiografia europea dellOttocento, pp. 25-152.
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nella legislazione; laltra, di carattere politico, o forse sarebbe pi appropriato dire propagandistico, intesa ad affermare che il governo della monarchia sabauda
quello che ha avviato la Sardegna sulla strada della redenzione politica, sociale ed
economica, mentre la dominazione aragonese e spagnola, ma in generale tutte le
dominazioni, cartaginese romana bizantina e pisano-genovese, oltre ad essere
state vessatorie e tiranniche, sono state allorigine dei mali della Sardegna. La
specificit della nazione sarda, il carattere del popolo sardo a partire dallet
dei nuragici i nuritetti come li chiama lAngius sino ad oggi sono rimasti
immutati nei secoli: da questa idea aprioristica nasce quella che stata giustamente definita la ossessione nazionalistica.58 Ne consegue la continua e compiaciuta mitizzazione delle vicende isolane, nellaffanno di ricostruire gli avvenimenti del passato in modo conforme a modelli culturali e politici precostituiti.59
In altri termini, una storiografia cos concepita, che opera costantemente una
idealizzazione del passato, non fa altro che mitizzare il passato stesso: il fatto storico trascorre ineluttabilmente nel mito, la storia cede il passo allepica.
A ben vedere, lobiettivo cui tendeva il discorso storico, che lAngius ha perseguito con determinazione e convinzione, stato quello di rappresentare unepopea
del popolo sardo, che trova il suo culmine nel periodo giudicale, in particolare nella figura delleroina arborense Eleonora.
Abbiamo gi accennato al fatto che lAngius, gi nellorazione in onore di
Eleonora, nel 1835, aveva delineato con chiarezza il mito storiografico di unet
aurea che la civilt sarda avrebbe vissuto nel periodo giudicale; una civilt di cui
la regina arborense Eleonora il simbolo, sia come campione della resistenza
contro la dominazione straniera, sia come matura espressione di una saggia legislazione espressa nella Carta de Logu.60 Questo disegno, delineato nellorazione
in onore di Eleonora e narrato nelle voci del Dizionario relative ai Giudicati e al
Logudoro, apparse entrambe nel 1841, avrebbe dovuto trovare la sua compiuta
espressione appunto in unampia epopea del popolo sardo, alla quale egli poneva
mano attorno al 1842, di cui dava notizia allamico Spano nel settembre 1843.
Secondo il disegno dellAutore, nellopera, che diventer il cosiddetto romanzo
storico Leonora dArborea, originariamente scritto dallAngius in lingua sarda e
successivamente per ragioni editoriali tradotto in italiano, la civilt sarda del periodo giudicale, impersonata da Eleonora, doveva essere rappresentata in tutti i
suoi aspetti, sociale, politico, letterario, artistico, linguistico, di costume. In custa epopea subra simpresa storica de Leonora scriveva lAngius allo Spano si
presentat totu e quantu appartenit a sa Sardinia, et sunt totu referidos sos costumenes et usos nostros, aberindesi su poema in Monteleone (casteddu), de inde
passande in Ardari, in Gallura, in Terranova, in Posada, in sos saltos de Montenieddu, torrande in Ardari, e inde procedende in su Goceanu in su Marghine in
sa Planargia in Arborea, pustis in Parte Barigadu (Fordongianus) in Parte Useddus,
in Sardara, Sellori, Sigerro e Sulchis, et terminande in sos cuccuros de Caralis.61
58. A. Accardo, La nascita del mito della nazione sarda cit., p. 75.
59. Ivi, p. 81.
60. Sulla Carta de Logu si veda il recente volume collettaneo La Carta de Logu dArborea nella storia del
diritto medioevale e moderno, a cura di I. Birocchi e A. Mattone, Bari, 2004.
61. Lettera di V. Angius a G. Spano del 19 settembre 1843, in L. Carta, Lettere di Vittorio Angius a
Giovanni Spano cit., p. 336. In questa epopea sullimpresa storica di Eleonora si illustra tutto quanto
concerne la Sardegna, e vengono presentati tutti gli usi e i costumi nostri, prendendo le mosse il poema
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E in una successiva lettera in data 19 aprile 1844, allo Spano che gli chiedeva
notizie dellopera epica su Eleonora, lAngius rispondeva: Ista isectende sa Leonora? Hapas patientia ancora unu pagu, qua so tribaliande a sa traduzione italiana. Custa finida subitu hapo a pubblicare su programma, et pustis has a legere
su solenne pastissu qui hapo factu pro celebrare sa eroina sarda et impare representare sa natione in omni respectu, de modu chi non restet che pagu a ischire
de sa natione nostra facta qui si siat sa lectura de su interu poema.62
Il programma di associazione per la pubblicazione del poema-romanzo Leonora venne diffuso nel luglio 1844. Soffermandosi sul carattere di epopea nazionale dellopera, lAngius scriveva: [LAutore] non intese a porre in migliore luce
di gloria questa donna straordinaria, che stata ed , quant merito, onorata,
prima per quanto di essa nellItalia, nella Francia e nella Spagna parl la fama in
su la fine del secolo XIV, poi per quanto dopo il Manno ne scrissero altri storici:
pi tosto operava nel principal pensiero di rappresentare il popol sardo nel vero
suo essere ed aspetto, e in tutta la sua esistenza, dando del medesimo una nozione
in tutte le parti sincera e possibilmente intera, e per proponendo il meglio che
sia nellantichit monumentale, nella storia politica e religiosa, e nelle tradizioni
di vario genere che si continuarono fino a noi; disegnando il carattere fisico e
morale di tutte le trib in generale e in particolare; notando le antiche istituzioni
politiche, le arti, le usanze lasciate e persistenti, e sottoponendo allo sguardo tutte
le varie regioni di quella terra.63
Quello che poi verr impropriamente chiamato il romanzo storico Leonora
dArborea, sar pubblicato solo nel 1847.64 Non questa la sede per addentrarsi
nellesame di questa pubblicazione dalle flebilissime qualit letterarie, che del
resto ricalca le caratteristiche generali dellopera dellAngius. Vale per la pena
ribadire che questo lavoro dellAngius risponde meglio di qualunque altro a
quello che stato lobiettivo generale della sua lunga attivit di appassionato
cultore degli studi sulla Sardegna: lasciare un monumento alto e significativo della civilt della sua patria.
Laltro aspetto dellopera storica dellAngius, lintento celebrativo della monarchia sabauda, stato pi volte messo in evidenza in questa Prefazione nellesposizione degli aspetti corografico-statistici, perch sia opportuno insistervi ulteriormente.
per importante capire, per una delineazione pi completa della personalit dellAngius, che cosa stia dietro quellaspetto, che pu apparire a tratti poco dignitoso,
quasi frutto, diremmo col Manzoni, di servo encomio, di bassa adulazione. Eppure, a ripercorrere la vicenda biografica dellAngius, non si pu certo dire che
dal castello di Monteleone, da l proseguendo per Ardara, la Gallura, Olbia, Posada, per la regione boscosa di Montenieddu, indi facendo nuovamente tappa ad Ardara per procedere verso il Goceano, il
Marghine, la Planargia, lOristanese e ancora nel territorio di Fordongianus, di Usellus, di Sardara, di
Sanluri, del Cixerri e del Sulcis, e concludersi nei colli di Cagliari.
62. Lettera di V. Angius a G. Spano del 19 aprile 1844, ivi, p. 337. Sei in attesa della mia Leonora?
Abbi ancora un po di pazienza perch sto lavorando alla traduzione italiana. Appena la terminer pubblicher il programma dassociazione e poi potrai leggere il solenne pasticcio che ho fatto per celebrare
leroina sarda e al tempo stesso rappresentare la nazione sarda in ogni suo aspetto, cos che una volta
completata la lettura dellintero poema, resti ben poco da sapere sulla Sardegna.
63. Programma dassociazione. Leonora regina dArborea di Vittorio Angius opera dedicata a S. M. il re di Sardegna, Torino, 10 luglio 1844, p. 2. In realt il sovrano non accolse la richiesta di dedica fatta dallAngius.
64. Cfr. V. Angius, Leonora dArborea cit.
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quelladerenza cos marcata alla casa regnante abbia ottenuto gratificazioni di sorta.
vero semmai il contrario! Dalla monarchia sabauda egli ebbe nel corso della sua
vita solo un assegno annuale di 450 lire per la collaborazione al Dizionario. Nulla
pi. Mor solo, povero e dimenticato; il suo funerale fu fatto a spese del Comune di
Torino. Dietro quellinsistita celebrazione della monarchia sabauda stava una radicata convinzione: non esiste un reggimento politico che sia superiore allistituto
monarchico e solo un regime politico monarchico di tipo paternalistico, in cui il
monarca si piega con sollecitudine a sollevare le sofferenze e a risolvere i problemi
dei sudditi, in grado, secondo lAngius, di risolvere i problemi della societ.
sufficiente, a questo proposito, esaminare brevemente la narrazione storica
che lAngius dedica nella voce Logudoro, scritta nel 1841, alle vicende della fine
del Settecento sardo e allo sfortunato tentativo di abolizione del feudalesimo da
parte di Giovanni Maria Angioy. Abbiamo sottolineato pi volte in questa Prefazione che per lAngius il sistema feudale costituiva la vera cancrena della societ
sarda del suo tempo ed egli ha costantemente auspicato labolizione di questo
anacronistico sistema; quando ci concretamente avvenuto tra la fine degli anni
Trenta e i primi anni Quaranta dellOttocento, egli ha salutato Carlo Alberto, il
sovrano che fu artefice di questa riforma, come rigeneratore della Sardegna; a
conclusione dellarticolo sul Logudoro egli scriver: Dal regno di CARLO ALBERTO comincer [per la Sardegna] lepoca della sua felicit. Anche il movimento
antifeudale guidato dai patrioti sardi di fine Settecento e dallAngioy ebbe come
suo principale obiettivo labolizione del sistema feudale. Nonostante ci lAngius,
profondamente convinto della giustezza delle rivendicazioni antifeudali da parte
delle popolazioni della Sardegna, non approva loperato dellAngioy, anzi d di lui
un giudizio durissimo. Secondo lAngius G.M. Angioy, che pure sosteneva una
causa giusta, era da condannare perch corrotto dalle pervertitrici dottrine del
tempo, ossia perch corrotto dalle massime giacobine e democratiche della Rivoluzione francese. Ancor prima del Manno, la cui Storia moderna della Sardegna
uscir nel 1842, lAngius nella voce Logudoro, che dellanno precedente, accusa
lAngioy di aver capeggiato il movimento antifeudale con lobiettivo finale, a lungo
dissimulato, di creare in Sardegna uno Stato repubblicano modellato sulla Francia
rivoluzionaria. Sebbene lAngioy nel 1793 avesse contribuito alla vittoria dei sardi
contro linvasione francese, depravato poscia nello spirito am le novit politiche,
che tutti i buoni abominavano, inspir ne popolani massime sovversive, concit
alle sedizioni, favor lanarchia, e potente per le sue aderenze e per la popolarit opprimeva il magistrato, e perseguitava gli amici dellordine e i devoti del Re.
Partecipe del dibattito fortemente polemico sulle vicende del 1793-96 a cui
negli anni Quaranta dellOttocento aderirono da posizioni conservatrici numerosi intellettuali del periodo, con la sua interpretazione lAngius anticipava il
giudizio pesantemente negativo che lanno successivo avrebbe espresso il Manno
nella Storia moderna, giudizio che diverr poi, considerata lautorevolezza dellautore, il canone di interpretazione degli intellettuali e dei politici di parte conservatrice e moderata.65 Da conservatore convinto Vittorio Angius affronter la
battaglia parlamentare nei circa quattro anni della sua attivit di deputato al Parlamento subalpino, spessissimo critico nei confronti del governo per la lentezza e
le dilazioni dei provvedimenti atti a favorire lo sviluppo della Sardegna, preciso e
65. Si veda, su questo dibattito, A. Accardo, La nascita del mito della nazione sarda cit., pp. 92-109.
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Prefazione
66. Si veda su questi aspetti dellattivit dellAngius parlamentare la monografia di B.J. Anedda, Vittorio Angius politico cit.; relativamente al problema dei trasporti, qualche anno dopo egli si occup con
competenza del problema dei voli aerostatici: cfr. V. Angius, Lautoma aerio o sviluppo della soluzione del
problema sulla direzione degli aerostati, Torino, 1855; Nuovi studi sul problema aerostatico. Appendice sullautoma aerio pubblicato nel 1855, Torino, 1857. Recentemente questopera dellAngius stata ristampata nella collana Biblioteca della Scienza Italiana delleditore Giunti: cfr. Vittorio Angius, Almerigo
da Schio. La scienza aerostatica, a cura di V. Marchis, Firenze, 1998.
67. Cfr. Hymnu sardu nazionale Conservet Deus su Re, parole del prof. Vittorio Angius, Musica del
maestro Gonella, senza luogo e data (ma Torino, 1844); linno venne pubblicato anche da lIndicatore
sardo, n. 34, Cagliari, 1844.
68. G. Sotgiu, Vittorio Angius e i suoi tempi cit., p. 43.
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Nota biografica
Vittorio Angius nacque a Cagliari il 18 giugno 1797. Del periodo della sua
formazione sappiamo solo che nel 1812, allet di 15 anni, vest labito dellOrdine di San Giuseppe Calasanzio. Le notizie sulla sua vita partono dal 1826,
anno in cui inizia una fitta corrispondenza tra lui e i fratelli Ludovico e Faustino Baille, che durer fino al 1834. Da questo epistolario sappiamo che nel
1826, giovane sacerdote, lAngius si trovava a Sassari, docente nel Ginnasio delle Scuole Pie e iscritto alla Facolt di Teologia per il conseguimento della laurea
in Dommatica. Gi prefetto delle Scuole Pie di Sassari, nel 1829 lo troviamo
ascritto al Collegio di Belle Arti e Filosofia nellAteneo turritano e docente di
Retorica; nel maggio dello stesso anno inizi i suoi viaggi nellisola, che diverranno frequenti a partire dal 1832, per conoscere e studiare le testimonianze archeologiche, storiche e demografiche. Gi noto nellambiente letterario per le
sue doti di oratore e di verseggiatore, nel 1827 fu incaricato dallUniversit di
Sassari di tenere la prolusione per lanno accademico 1827-28 con lelogio in
latino in onore di Domenico Alberto Azuni; fino al 1835 in qualit di professore di Retorica, pronuncer altre quattro prolusioni accademiche in latino in
onore di tre illustri sassaresi, Giorgio Sotgia, Francesco Angelo Vico e Gian
Francesco Fara, e della giudicessa Eleonora dArborea.
Nel 1831 iniziarono i gravi contrasti con i superiori dellOrdine: come prefetto delle scuole scolopiche di Sassari, chiedeva labbandono delluso delle punizioni corporali nei confronti degli allievi (lo strumento di punizione in uso
era la famigerata palmetta) e lintroduzione di pratiche educative rispettose della personalit dellallievo; promuoveva metodi pi innovativi e moderni che,
abbandonando lapprendimento di carattere meramente mnemonico, facessero
spazio a contenuti di carattere scientifico e pratico. Nel 1834 per decreto regio
fu nominato prefetto delle Scuole Pie di San Giuseppe a Cagliari, dove si trasferir nel 1835. Aggravatisi i contrasti con il padre Basilio Dettori, provinciale dellOrdine, nel 1837 fu sollevato dallincarico di dirigenza scolastica e nellaprile di
quellanno fu nominato, in sostituzione del linguista Vincenzo Porru, da poco
deceduto, vice-bibliotecario della Biblioteca Universitaria di Cagliari, diretta
dal suo antico estimatore Ludovico Baille.
Per interessamento dello stesso Baille nel 1832 lAngius aveva ricevuto dalleditore Marzorati di Torino, lincarico di collaboratore ed estensore delle voci
relative alla Sardegna del Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli
Stati di S. M. il Re di Sardegna, curato da Goffredo Casalis. Questa collaborazione si protrarr fino alla conclusione della monumentale opera nel 1856; nel
1859, ad opera ormai conclusa, egli far stampare a sue spese un volume integrativo della voce Sardegna. Nel complesso, lapporto dellAngius al Dizionario
fu fondamentale in quanto scrisse pressoch tutte le voci sulla Sardegna, circa
un terzo dellintera opera.
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Nota bibliografica
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[nome arcadico dellAngius] sul componimento del prof. Carmine Adami, Cagliari, 1835.
Antichit di Nora, in Indicatore sardo, a. IV, nn. 11 e 35, 1835.
Lettera al gazzettiere di Cagliari sulla nota 3 del n. 39 dellIndicatore sardo sulle donne
accoppatrici, Torino, 1837.
Nel primo viaggio da Genova a Sardegna del regio piroscafo sardo lIchnusa comandato
dallEgregio Cavaliere D. Sebastiano Sotgiu di Sassari, Cap. di Fregata nella R. Marineria Sarda, Cagliari, 1837.
Alla gloriosissima Madre di Dio Assunta nei Cieli, Cagliari, 1838.
A Mons. Arcivescovo di Cagliari Don Antonio Tore, Cancelliere della R. Universit degli
Studi, Cagliari, 1838.
Associazione al novello giornale La Biblioteca Sarda, Cagliari, 1838.
G.F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo; de rebus sardois libri quatuor, ex recensione
Victorii Angius addita oratione de laudibus auctoris, Monteverde, Carali, 1838, voll. 3.
De laudibus Johannis Francisci Farae oratio quam in Turritana accademia, inter solemnia studiorum auspicia die V novembris 1835, habuit Victorius Angius scholarum piarum praefectus, in J.F. Farae, De chorographia Sardiniae etc., Carali, 1838. [ l'orazione
in onore di G.F. Fara annessa al lemma precedente].
Lettera seconda allestensore dellIndicatore sardo sulla questione delle donne accoppatrici,
Torino, 1838.
Nella esaltazione dellIll.mo Rev.mo Mons. Antonio Raimondo Tore vescovo dUselli alla sede arcivescovile di Cagliari, Cagliari, 1838.
Per le feste dei nuoresi nel giorno dellonomastico di Carlo Alberto, re di Sardegna, fondatore della citt, Cagliari, 1838.
La Biblioteca sarda. Mensile di scienze, storia, arti, lettere. Direttore Vittorio Angius, Cagliari, fascicoli 1-12 dallottobre 1838 al settembre 1839.
Sulla patria di D. Salvatore Alepus, in Biblioteca sarda, n. 1, 1838.
Agricoltura, in Biblioteca sarda, nn. 1-2, 1838.
Sunto dun viaggio per la Sardegna nel maggio 1838. Festa e novena di S. Francesco
di Lula e i due vecchi di questo villaggio, in Biblioteca sarda, n. 2, 1838.
Fonti medicinali della Sardegna, in Biblioteca sarda, n. 3, 1838.
Sistema stradale dellepoca romana. Illustrazione dellItinerario dAntonino nella parte
spettante alla Sardegna, in Biblioteca sarda, nn. 1 e 5, 1838-39.
Illustrazione della Corografia antica della Sardegna secondo Claudio Tolomeo Alessandrino nella tav. VII dellEuropa, in Biblioteca sarda, nn. 1-11, 1838-39.
Antichit sarde. Periodo congetturale, nel quale sono compresi i tempi anteriori ad
ogni istoria, in Biblioteca sarda, nn. 2-10, 1838-39.
Sopra il Dizionario biografico del cav. Tola, in Biblioteca sarda, nn. 11-12, 1838-39.
Riflessi sulle parole del dott. Giambattista Monfalcone, in Biblioteca sarda, n. 6, 1839.
Rivista della Biografia sarda del cav. Martini, in Biblioteca sarda, n. 10, 1839.
Improvvisatori sardi, in Biblioteca sarda, nn. 4, 5 e 8, 1839.
De laudibus Leonorae Arborensium reginae oratio, Cagliari, 1839.
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Nota bibliografica
Notizie statistico-storiche dei quattro Giudicati della Sardegna, Torino, 1841 (estratto
dal vol. 8 del Dizionario).
Notizie geografiche e statistiche della provincia di Lanusei, Torino, 1841 (estratto dal
vol. 9 del Dizionario).
Cronografia del Logudoro dal 1294 al 1841 preceduta dalla descrizione degli antichi dipartimenti del Regno, Torino, 1842 (estratto dal vol. 9 del Dizionario).
Sulle famiglie nobili della Monarchia di Savoja. Narrazioni fregiate de rispettivi stemmi incisi da Giovanni Monneret ed accompagnate dalle vedute de castelli feudali disegnati dal vero da Enrico Gonin, Torino, 1841-53, voll. 1-3 in 6 tomi; Torino, 1857-62, vol. 4 in 2
tomi. Questopera illustrata, pur non presentando il nome dellAngius nel frontespizio,
viene concordemente attribuita allAngius per la parte storica. Tale paternit si desume
dallAvvertenza al vol. 4, nella quale a p. 1573 si legge: Per la morte avvenuta il 19
marzo scorso [1862] del sacerdote Vittorio Angius, autore di questopera, non si pot
continuare la narrazione di parecchie famiglie.
Serti di fiori sardi alla duchessa di Savoia, Torino, 1842.
Chica organica: mezzo semplice per distinguere i tessuti di lana mescolati di cotone e
quei di cotone mescolati di lana, in Il Liceo, a. I, n. 5, 1843.
Pensieri morali. Educazione, in Il Liceo. Giornale di scienze e di letteratura, darti, di
teatri e di mode, a. I, nn. 10-11, 1843.
Gusto e bont, in Il Liceo, a. I, n. 20, 1843.
Linguistica, in Il Liceo, a. I, nn. 20, 21 e 25, 1843.
La Storia letteraria di Sardegna del cav. G. Siotto Pintor, in Il Liceo, n. 46, 1843.
Nel periodico Il Dagherrotipo, di cui era collaboratore, e successivamente sullaltro periodico Il Liceo da lui diretto, lAngius ha pubblicato tra il 1842 e il 1843, sotto lo
pseudonimo di Angelo Nino, le seguenti novelle di argomento storico e morale:
sul Dagherrotipo: Luomo di prima impressione, Il buon-tono, La famiglia rovinata dal lusso, Il fattore, Il duello del cane, Storia francese del medioevo nel
1371, Il giocatore, Fios e Setarisak;
su Il Liceo: Orientalismo, Tian-Chi o la fedele cinese, Personalit bizzarre e singolarit morali.
Della provincia sulcitana di Sardegna, in Indicatore sardo, a. XIII, n. 45, 1844.
Programma dassociazione. Leonora regina dArborea di Vittorio Angius opera dedicata a
S. M. il Re di Sardegna, Torino, 10 luglio 1844.
Hymnu sardu nazionale Conservet Deus su Re, parole del prof. Vittorio Angius, musica del maestro Gonella, senza luogo e data (ma Torino, 1844); linno venne pubblicato anche da lIndicatore sardo, n. 34, Cagliari, 1844.
La novella regia vaporiera sarda: Il Malfitano, in Indicatore sardo, a. XIV, n. 2, 1845.
Leonora dArborea o scene sarde degli ultimi lustri del secolo XIV. Traduzione dalloriginale sardo, vol. I (lunico pubblicato), Torino, 1847.
Agli elettori del Collegio di Cagliari, Cagliari, 1848.
Necrologio del dott. Vincenzo Chio, introduttore della cura omeopatica in Piemonte, Torino, 1848.
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Ode al cav. Dott. Pietro Crotti di Castigliole, in Omaggi poetici al cav. Don Pietro
Crotti di Castigliole riformatore e governatore del Capo di Sassari e Logudoro, Sassari, 1848.
Progetto sulle decime in Sardegna, in Lindipendenza italiana, a. I, n. 42, 1848.
Riflessioni intorno alle Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna di Carlo
Baudi di Vesme, Torino, 1848.
Abolizione delle decime, in Indicatore sardo, a. XVIII, nn. 2, 8 e 21, 1849.
Supremi onori a Carlo Alberto il magnanimo re di Sardegna e dellAlta Italia. Discorso
agli italiani, Torino, 1849.
Poche parole in risposta ad un libro o considerazioni sul progetto di Alberto della Marmora,
di una nuova, radicale, ed unica circoscrizione territoriale della Sardegna, Torino, 1851.
Sardegna. Geografia, storia e statistica dellisola di Sardegna, in G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. 18
bis, ter e quater, Torino, 1851, 1853, 1856.
Cenni sulla lingua sarda, in G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, voce Sardegna, vol. 18 ter, Torino, 1853, p. 441 ss.
L8 maggio 1853 in Torino (carme), Torino, 1853.
Per linaugurazione della ferrovia in Genova add 20 febbraio 1854 (manoscritto inserito nella miscellanea che contiene il carme precedente, conservato presso la Biblioteca
Universitaria di Cagliari).
Aeronautica: cenno duna probabile soluzione del problema della direzione degli aerostati, in La Gazzetta piemontese, n. 159, 7 luglio 1854.
Lautoma aerio o sviluppo della soluzione del problema sulla direzione degli aerostati, Torino, 1855.
La presa di Sebastopoli (poema), Torino, 1856.
Nuovi studi sul problema aerostatico. Appendice sullautoma aerio pubblicato nel 1855,
Torino, 1857.
Complemento della descrizione complessiva della Sardegna compresa nei volumi XVIII2 ,
XVIII3 , XVIII4 del Dizionario geografico-storico-statistico ecc. degli Stati di S. M. il re di
Sardegna compilato dal prof. Vittorio Angius di Cagliari autore di tutti gli articoli relativi alla Sardegna nel predetto Dizionario, Torino, 1859.
Elogium Dom. Alberti Azuni, patricii Sacerensis, a cura di V. Finzi, in Archivio Storico Sardo, II, 1906, pp. 187-199.
OPERE E TESTIMONIANZE SU VITTORIO ANGIUS
G. Siotto Pintor, Storia letteraria di Sardegna, Cagliari, voll. 4, 1843-44, passim.
Padre Angius, in Profili parlamentari, pubblicati da Espero, serie prima, Torino,
1853, pp. 84-88.
T. Sarti, Angius Vittorio, in Il Parlamento subalpino e nazionale. Profili e cenni biografici, Terni, 1890.
E. Scano, Storia delleducazione e degli istituti educativi in Sardegna, Cagliari, 1894, p.
130 ss.
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Nota bibliografica
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Avvertenze redazionali
La presente edizione, rispetto al Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna di Goffredo Casalis, pubblicato tra il
1833 e il 1856 in 28 volumi, contiene esclusivamente i lemmi relativi alla Sardegna compilati da Vittorio Angius. Tuttavia manca per intero la voce Sardegna in
origine trattata per esteso nei volumi 18 bis, ter e quater (1851, 1853, 1856).
In unottica quanto pi possibile conservativa, gli interventi redazionali sono stati minimi e di lieve entit: in particolare si provveduto ad emendare i
chiari refusi tipografici anche quando non specificatamente segnalati negli errata corrige delleditore ottocentesco.
stato adattato alluso moderno il sistema di scrittura dei valori numerici a
prescindere dallo specifico ambito di pertinenza (coordinate geografiche, quantit, valori monetari o unit di misura), sopprimendo i punti finali o gli spazi antecedenti i segni di separazione decimale.
A vantaggio di una pi agevole consultazione, si provveduto a generalizzare limpiego del carattere corsivo tanto nelle voci di rimando il pi delle volte
precedute dallindicazione Vedi/vedi, ora preferita rispetto allabbreviazione
V./v. di uso non costante quanto nei titoli citati nelle referenze bibliografiche
queste ultime offerte secondo gli attuali criteri di riferimento.
Allo stesso modo le tabelle, assai numerose nel testo, quando non conformi
alloriginale, sono state composte ricorrendo a soluzioni grafiche (p. es. tratto
lungo in luogo del dato corrispondente non indicato) adatte a garantire una
lettura agile ed immediata del quadro sinottico.
Osservazioni e rettifiche del curatore sono state racchiuse entro parentesi
quadre; analogo trattamento contraddistingue quanto genericamente esula dal
testo originario comprese le designazioni toponomastiche correnti.
In Appendice (vol. 3, pp. 1787-1795) sono stati per la prima volta pubblicati
alcuni documenti esemplificativi della storia del testo; tale materiale, poco noto, consta infatti di questionari statistici che, elaborati in forme e momenti distinti, avrebbero, secondo le intenzioni dellautore, facilitato la redazione delle singole entrate del
Dizionario, nonch di una lettera dinvito indirizzata ai corrispondenti sardi.
Infine sono state conservate, allinterno del Dizionario, come in originale,
anche le voci Villa-Cidro, Villagrande Strisaili, Villagreca, Villamar, Villanuova
Forru, Villanuova Franca, Villanuova Monteleone, Villanuova Montesanto, Villanuova di S. Antonio, Villanuova Truschedu e Villanuova-Tullo, sebbene, come si
detto nella Prefazione, gi lo stesso autore ne avesse disconosciuto la paternit; per lo stesso motivo sono state accorpate negli apparati conclusivi gli
esponenti di argomento sardo (insieme alla voce Savoja) presenti ai volumi 27
e 28 (Appendici) delledizione originale.
Considerato lalto numero di abbreviazioni, viene di seguito presentato un
elenco di quelle pi frequenti non segnalate negli Avvertimenti preposti alla
prima edizione inseriti in questopera nella Appendice del vol. 3; inoltre viene
riportato un elenco delle misure e delle monete con riferimento alle misure base e alle monete dellepoca.
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Abbreviazioni pi frequenti
A. G. C. = avanti Ges Cristo
ant. = anticamente
b. = beato
B. = barone
barom. = barometrico
cant. = cantara/o
carr. = caratello
cav. = cavaliere
ch. = chiaro/chiarissimo
c. l. = capoluogo
comp. = compagnia/e
D. = don/donna
dat. = datato/a
dip./dipart. = dipartimento
dist. = distante/distanza
diss. = dissertazione
epist. = epistola
fondo num. = fondo nummario
Fr./fr. = frate
fr. = franchi
G. C. = Ges Cristo
g. = genere
ind. = indizione
l. = libro/i
l. n./ll. n. = lira nuova/lire nuove
lat. = latino
m. = martire
M. P. = milia passuum (rif. alle miglia romane)
m. q. = miglia quadrate
m. s. = martire santo/a
march. = marchese
matr./matrim. = matrimonio/i
min. = minuti
mig. = miglia/miglio
N. D. = Nostra Donna (riferito alla Madonna)
numm. = nummario
off. dinsin. = officio dinsinuazione
ordin. = ordinario
orecch. = orecchio (rif. a elemento di una
fortificazione)
P. = Parte (rif. ad antichi dipartimenti)
p. = palmo o pollici (misura di lunghezza)
p./popol. = popolazione
P. M. = Pontefice Massimo
parap. = parapetto
pon. = ponente
q./qu. = quadrati/e
quart. = quartana o quartara
R. = Regio
ras. = rasiere/i
s. = santo/a o anche salme (misura di
quantit)
s. v. = sub voce
sem. = seminagione/seminerio
signif. = significante
ss. mm. = santi martiri
starelli cagl./star. cagl. = starelli cagliaritani
v. e m. = vergine e martire
V. R. = vicer
vill. = villaggio
Voc. = vocativo
Misure agrarie
aro/ari = ara, m2 100 (Angius usa quasi sempre il termine al maschile, alla francese)
rasiere = are 139,53
Misure di capacit
barile = litri 33,60
botte = litri 555 ca.
caratello = 1500 litri o 300 quartane
carica = litri 72
pinta = 1 litro
quartiere o quartana o quartara = litri 5
salma = litri 541 (starelli cagliaritani 11)
starello = litri 49,90
starello cagliaritano = litri 49,1
Misure di lunghezza
miglio geografico = m 1852 ca.
miglio romano = m 1460 ca.
palmo sardo = m 0,262
trabucco = unit di misura usata in Italia
prima delladozione del sistema metrico decimale, con valori oscillanti da
m 2611 a m 3086
Misure di peso
cantaro = Kg 42,276
libbra = Kg 0,46
oncia = grammi 33,4 ca.
pesata = libbre sarde 150
Monete
lira sarda = lire nuove 1,92
scudo sardo = lire nuove 4,80
soldo = lire nuove 0,09
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CITT E VILLAGGI
DELLA SARDEGNA
DELLOTTOCENTO
ABBASANTA-GUSPINI
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Abba-Santa
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nellantico dipartimento Gmini del giudicato di Gallra. situato alla falda meridionale dun alto colle,
che lo lascia esposto a tutti i venti dal ponente al levante, il quale per a preferenza vi domina. Le case
sono 195, le strade irregolari. Il clima tende al freddo,
e la temperatura n spesso variabile. Vi piover approssimativamente allanno 150 volte; le nebbie vi riposano talvolta, ma senza gran nocumento, essendo
quasi sempre basse nuvole che trascorrono. Laria riconosciuta per salubre. Sta questo paese da Tempio
capo-luogo del dipartimento e mandamento unora,
da Bortigiadas 3/4, da Luras ore 2 per istrade pessime.
La generale professione lagricoltura, o la pastorizia.
Delle arti meccaniche di necessit pochissimi fanno
esercizio, e quanto basta ai bisogni del paese. Le donne al solito attendono alla tessitura, ed ogni casa ha
un telajo, e taluna anche pi. Vi un consiglio di comunit, una giunta locale sul monte granatico e nummario, ed una scuola normale, dove concorrono circa
40 fanciulli.
Si annovera questo popolo tra i componenti lantica diocesi di Civita. La chiesa parrocchiale sintitola
da s. Vittoria, e governasi da un rettore, e tre vice-parroci. Le feste popolari frequentate da gran numero di
pastori, e da esteri sono, una in onore della Vergine
assunta, unaltra per la solennit del santissimo Rosario. Di chiese rurali se ne annoverano tredici. I. S.
Leonardo, distante ore 4. II. S. Pancrazio, dist. ore
3. III. S. Antonio IV. S. Maria Maddalena,
dist. ore 4. V. S. Giuseppe patriarca, dist. ore 3.
VI. S. Orsola, dist. ore 3. VII. S. Pietro apostolo,
dist. ore 1. VIII. San Pietro martire, dist. ore 4.
IX. S. Giacomo apostolo, dist. ore 1. X. S. Maria e
s. Elisabetta XI. S. Lussorio, dist. ore 1. XII. La
santissima Trinit de Agultu, nome di una cussorgia
in amenissima regione. questa una parrocchia filiale, dove un vice-parroco fa permanenza per 8 mesi,
instituita nel 1813 da monsignor Stanislao Paradiso,
in riguardo dei molti pastori stanziati intorno a questo sito, che distante dal paese ore 3. XIII. S. Maria de Vignla presso al littorale. La positura delle medesime dal greco al ponente del paese. Il numero
delle famiglie residenti nel villaggio, e sparse nelle varie cussorgie del territorio proprio, e in quelle di Coguinas, e del Sassu, di 452, delle quali 200 dimorano in Agius. Il numero totale delle anime 1850. Si
ha dai registri della Chiesa, che celebransi allanno da
15 matrimoni, che nascono circa 56, che muojono
35. Questi numeri per sono minori dei veri, a cagione che alcuni ricevono i sacramenti nei villaggi, cui
sono pi vicini. Lordinario corso della vita nel paese
oltre il 60, e le malattie ordinarie sono infiammazioni massime di petto, e qualche periodica, e talvolta perniciosa acquistata in siti insalubri. Il costume del
vestire il generale della Gallra, onde vedi questarticolo. Il pubblico divertimento suol essere il ballo o allarmonia del canto, o al suono degli istromenti. Giocasi con frequenza alle palle. Nei funerali vanno i
congiunti dietro del feretro, facendo gran piagnisteo.
Agius
Arsero spesso in questo comune delle intestine discordie, e ne seguirono frequentissime stragi. Facilmente
gli abitanti si lasciano trasportare dal furore, e cadono
in eccessi; ma ci avviene solamente quando sono abbandonati a se stessi. Rei dun delitto, che suol essere
una vendetta, fuggono nei monti, e col menano
unasprissima vita, rendendosi terribili anche ad una
forza imponente. Quindi cagionava stupore il vedere
come una quadriglia restasse animosamente a fronte
delle truppe che li perseguitavano, quando lintera popolazione viveva queta, e perseverava nel buon ordine
sotto la vigilanza di soli cinque o sei carabinieri reali.
Questa rifior e god pace appena vi posero quartiere
quei militari; si cess dallarmeggiare, e si attese allagricoltura. Il carattere di questo popolo saria degno
dogni lode, se meno fosse propenso a farsi giustizia
da s. La generosit degli animi vi spicca alle volte in
modo ammirabile. Veggonsi talvolta con somma cortesia ricettare e salvare dalle persecuzioni quelle persone, che a ragione consideravano nemiche, e non
smentendo la confidenza che in loro siasi posta, ed
ascoltando le umili preghiere, esporsi a certo danno in
favore di quegli istessi, cui, se avessero ritrovati in campagna, avrebbero senza ritardo fucilati. Sono persone
di spirito, hanno un buon criterio, un giusto raziocinio, una soave pronunzia, ed un modo di esprimersi,
che non pare da idioti.
Agricoltura. Le terre di dotazione di questo comune
sono vastissime, mentre contengono il territorio di
quasi tre degli antichi dipartimenti del giudicato di
Gallra; che comprender in superficie 192 miglia
qu. Per due terzi questa estensione montuosa, per
uno ha delle pianure, che, come lo porta la qualit
delle roccie granitiche, piuttosto sabbionoso. Il paese sta allestremit verso sirocco. Tre sono le vidazoni,
dove si fa il seminario, e capiscono tra tutte rasieri
150, eguali ad ari 20929,50. Si semina grano, ed orzo, ed il prodotto del primo suol essere a termine medio 2300 star. cagl. (litr. 112260), 1000 dorzo (litr.
49200), 150 di civaje (litr. 7380), 1000 libbre di lino
(chil. 465). La coltura del granone non si ancora
adottata, e poco si cura quella delle erbe ortensi. Le
vigne a preferenza di molte altre regioni della Gallra
vi prosperano, ma sono poche e piccole. Le uve per lo
pi sono bianche, e di rado maturano bene. Il vino,
siccome colto con molta sapa, sembra assai robusto;
se ne brucia gran parte per acquavite. Le piante fruttifere non sono che fichi, in totale circa un migliajo. In
cotanta estensione non vi sono pi di 15 chiusi, e dieci
tanche, che servono or al seminario, ed ora al pascolo.
Le piante ghiandifere contenute in alcune di dette
tanche, e nel rimanente del territorio sono numerosissime, s che forse in totale arrivano a 100,000,000. Le
spezie sono quercie, e soveri, e lecci. Nella foresta di
Cincu-denti gli alberi sono cos densi, che a pena vi
penetra il raggio solare. Sta questa regione da Agius
ore 4, e volgesi a settentrione verso Bonifacio.
Pastorizia. Occupansi i pastori della propagazione
di cinque specie, cavalle, vacche, pecore, capre, porci,
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quartiere dei banditi, dove raccoglievansi le quadriglie, quando erano perseguitate. Avvenne talvolta che
vi si ritrovassero pi di 300 fuorusciti sotto diversi
capi di masnada. Ivi stanziava spesso la compagnia di
D. Geronimo Delitala di Iteri-cannedu, quella che
obbediva ai fratelli Pintus di Nuloi, laltra che seguiva i Cubeddu di Pozzomaggiore, e la schiera di Giovanni Fais di Chiaramonte, ecc. Il Fais vi fu assediato da truppe di ordinanza, e da numerose schiere
miliziane, che chiuse tenevano tutte le uscite, e fortemente guardate. Non potendo evadersi per mare
in mancanza di legni, come altra volta dallo stesso
monte si era salvato fuggendo in Corsica, concep
lardito disegno di romper la linea di assedio, e la
ruppe in fatti nella parte dove erano i ploaghesi, che
egli riconosceva come i pi accaniti suoi nemici, essendo eglino i provocatori della spedizione, e trasse
quasi tutti salvi dal pericolo i suoi compagni, e alleati. Sorge questa montagna presso al mare, di considerevol massa, e ben rivestita di elci. Abitano nella
medesima in gran numero daini, cervi, cinghiali, lepri, martore. Vi abbondano le pernici, i colombacci,
le aquile, e molte altre specie di volatili. Come in
questo monte, cos in tutto il restante del territorio
abbonda il selvaggiume, ma principalmente nella
selva di Cincu-denti.
Acque. Numerosissime sono le sorgenti dellagiese,
e la loro bont tale, che non le lascia posporre alle
pi pure e salubri che si riconoscano nella Gallra,
principalmente per si celebra una fonte che sorge
dal monte Tummu-soza, onde gli ammalati bevono
con giovamento; n sono poche quelle la cui temperatura cos bassa, che presto sbiada il color del vino
nelle bottiglie. Si annoverano cinque ruscelli, il primo dicesi Riu-mannu vicino alla popolazione di 5
minuti; il secondo appellasi Sirna, e divide lagiese
dal tempiese, non lontano pi di mezzora dallabitato; il terzo nominasi Conca-di-cira a egual distanza;
il quarto Turrli distante 3/4; il quinto Fiuminaltu a
distanza di ore 2. Non hanno ponti, per non sono
pericolosi a guadare che nei pi grossi temporali.
Prendonsi in queste acque anguille e trote.
Littorale. Il territorio agiese termina col mare per
una linea di 16 miglia; i luoghi di sbarco sono lIsola
Rossa, la Crocetta, e Vignla; per maggior sicurezza
si ha nel golfo di Vignla ampio mig. 21/2, entrante
un buon miglio con fondo di 5 e 7 tese nella maggior vicinanza al lido, e di 10 dopo un miglio dalla
terra. Vi domina la tramontana, ma pericoloso lo
starvi col vento maestro-tramontana, meno col maestro-ponente. Con tutti gli altri venti vi calma. In
questo porto veggonsi le rovine di antico paese, che
verisimile sia la Tuciola di Tolomeo. Si abbassa il terreno secondo la curva del lido in una vasta pianura di
gran fertilit: questa popolata da gran numero di
pastori, che vi hanno i loro casali ben costrutti e comodi, i quali sono a poca distanza gli uni dagli altri.
A distanza dal mare di 3/4 vi la chiesa di s. Francesco de lArgentu, dove compiono gli atti di religione.
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Aido-Maggiore
10 matrimoni, nascere 40, morire 26. Le famiglie sono 240, e le anime 1016. Let degli abitanti tocca
lordinario i 50 anni. Vi dominano nellestate febbri
intermittenti, pleuritidi, e malattie catarrali nellinverno. Il cimitero nella chiesa di s. Giorgio, e questa
unaltra causa della insalubrit del luogo, come lo sono anche i letamai che tengonsi vicinissimi allabitato,
e il sucidume delle strade. Per riguardo al costume nel
vestire, alle consuetudini, ed ai divertimenti, vedi Parte-Cir-Canles.
Agricoltura. La superficie del territorio di circa 36
miglia qu. La sua figura quasi la circolare. Si suol seminare di grano star. cagl. 1500 (litr. 73800), dorzo
200 (litr. 9840), di fave, granone, ceci, fagiuoli, in totale 60 (litr. 2942). Il frutto in ragione media di 12
a 1. Le piante ortensi, che si coltivano, sono meloni,
citriuoli, zucche, cavoli, pomidoro. Le vigne sono poche, e i vini deboli. Le piante fruttifere sparse nei
chiusi sono prugni, peri, fichi, mandorli, melograni,
ciriegi, noci, persici, aranci, limoni, in totale di 2500
individui. Tra le tanche che recentemente si sono formate, e i chiusi antichi (che insieme saranno da 300),
viene compreso quasi un terzo del territorio. Le tanche sono destinate al seminario ed al pascolo alternativamente. Mancano le selve, e invece trovansi assai frequenti le macchie del lentisco, con molti olivastri, e
qualche sovero. Sonovi nel territorio piccole eminenze; la pi considerevole dicesi Matta de Itiri, onde la
popolazione provvedesi di legna. Era gi folta selva, ed
ora quasi affatto distrutta pel progresso dellagricoltura. situata questa collina a greco-tramontana, ed
ha alla base circa metri 7404,00 di circuito.
Pastorizia. Gli animali, che si nutrono, sono cavalli,
vacche, capre, pecore, e porci. Tra cavalli e cavalle il
numero ascender a 200. Le vacche sono divise in 10
armenti, e saranno capi 450. I porci in 4 branchi, e in
totale 300; le pecore in 15 greggie, in totale 3500. Pascono nella stoppia dopo la messe; e prima di tal tempo nel pabarle, cio nelle terre aratorie, che sono in
riposo, e nelle tanche. Si fa vendita qualche volta dei
tori; le pecore sono assai prospere, e il formaggio delle
medesime di ottima qualit, che con quello delle
vacche concambiasi per olio coi bosinchi.
Selvaggiume. Vi sono in questo territorio dei cinghiali, e dei daini; ma in maggior numero sono le
volpi, e le lepri. Le pernici, i tordi, i merli, le tortore
vi sono pure in gran numero.
Acque. Vicino al paese hannosi tre fonti, di cui si
servono gli abitanti, e sono le acque di mediocre bont.
Una di esse, detta de Corte de Josso, trovasi verso maestro, ed assai abbondante; laltra di minor copia sorge
alla parte di ponente, e dicesi Bingile. Pi scarsa la
terza che resta alla parte di scirocco. Nel rimanente del
territorio ve ne saranno da 20, ma niuna degna di special menzione. Scorrono questo territorio due fiumicelli tributari del Tirso. Il primo, detto Riu-mannu, deriva principalmente dalla sorgente Cherbos di Macomr,
e dalla Mrghine-Stara di Norghiddo, taglia il territorio nei limiti di scirocco-mezzogiorno, e va subito nel
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sorge questo terreno; primeggia per fra le altre la detta dessos columbos. Le roccie sono tutte granitiche.
Acque. Le acque sorgono da varie parti e copiosamente: ma devesi far menzione principalmente delle
fonti di Lttari, Usol, Nrile, Cossu, Uchicnu, Sucunnirocco con crateri, che pajono argentei. Sono esse intorno al paese a non grandi distanze. Delle altre
la pi rimarchevole la fonte dessos columbos a unora
e mezzo dal paese, nel monte dello stesso nome, vicina ad un norache: il suo fondo pare sparso di particelle auree. Principia in questo territorio il fiume che
divide le terre di Al da quelle di Monti, e passa poi
fra Oschri e Berchdda per andare a versarsi nel Cogunas. Dicesi desslema, pianta notissima che trovasi
tra Al, e Berchideddu. Vi prende pure la sua origine
laltro detto Dessu Pscamu, che passa tosto nel campo di Buddus dirigendosi al Pattadese, il quale traversato entra nelle terre di Oschri, dove si mescola
col Cogunas. Sono entrambi senza ponti, e formansi
da una gran quantit di ruscelli. Vi si prendono anguille e trote.
Antichit. Veggonsi in vari siti da 10 norachi; i principali sono quel di Inini tra Al e Buddus, quel di
Nuri verso i monti di Bitti, e anche quel di Beddto,
in ciascun dei quali trovansi tre stanze.
Condizioni del comune. Entra questo paese nel feudo di Montacuto appartenente ad un barone spagnuolo. Per le prestazioni feudali vedi Montacuto dipart. Per
gli affari di giustizia ricorresi alla curia di Buddus.
ALES, borgo della Sardegna, capo-luogo di distretto
della provincia di Busachi, che comprende Asslo,
Bnari, Cpara, Curcris, Escovdu, Figu, Gonnosnoo, Mogorella, Masullas, Morgongiri, Pau, Pompu, Smala, Siris, Sersla, che al presente trovasi spopolato. Apparteneva allantico dipartimento di Usellis
del giudicato di Arbora. situato nella falda orientale del monte Arc, distante da Busachi 24 miglia, e
da Usellus, antico capo-luogo del dipartimento, e gi
colonia dei romani, miglia 21/2, ambo verso tramontana. Estendesi in lungo quasi un miglio.
Vi sono da 280 case; le vie sono senza selciato o lastrico, polverose in estate, quanto fangose in inverno.
Non vi alcun palazzo rimarchevole, n pur lepiscopio, che una casa a pian terreno di poca comodit, e
indegna di alloggiare un personaggio di alto grado.
Nel sito detto Padru-maggiori verso scirocco si
suol fare la passeggiata pubblica, quando il tempo
sereno.
Quivi la terra stendesi in continuo piano, mentre
ad ogni altra parte solcata da molte vallette tortuose. Il clima temperato solo in primavera, cocente
poi nellestate, e freddumido nellinverno. Non raro
che si addensino le tempeste sul vicino monte, e precipiti la grandine tra orribili tuoni e fulmini. I venti
pure si fanno con frequenza sentire, e qualche volta
con velocissimo flusso.
Per la situazione soggiace spesso il paese alle pioggie ed alle nevi, che per poco durano. La nebbia vi
Ales
domina in tutti i tempi dellanno, ed sempre esiziale. Il paese, cui fanno corona cinque eminenze o piccoli colli, risentesi di molta umidit, cui aumenta un
ruscello che viene dalla montagna. Il vento che pi vi
signoreggia il scirocco. Laria infamata meritatamente come una delle pi insalubri. Quindi pi che
i raffreddori, catarri e punte dominano le febbri intermittenti, e pi spesso le perniciose.
A questi mali si aggiugne, che i poveri paesani, in
mancanza di buon medico, devono, dopo tentati i
soliti rimedi della pi semplice flebotomia, abbandonarsi alloperazione della natura col semplice soccorso
dellacqua di qualche salubre sorgente della montagna, che adoprasi come un possente febbrifugo, e
specifico universale per ogni infermit; la qual condotta, a dir vero, giova pi, che operare secondo le
prescrizioni di certuni, che senza teorica e senza pratica la voglion fare da chirurghi e medici con gravissimo danno della popolazione.
Pochi sono che esercitino le arti pi necessarie
agli usi della vita: vi molta oziosit, e piace piuttosto mendicare, che procacciarsi coi propri sudori la
sussistenza. Le donne, come in ogni altro paese, attendono ai telai, il cui numero non avanza di molto
li 200.
Vi un consiglio di comunit, una giunta diocesana sopra li Monti di soccorso di tutta la diocesi usellense; una scuola normale benissimo regolata, il cui
maestro, per decreto del magistrato sopra gli studi
delluniversit di Cagliari, tiene commessa la sorveglianza sopra tutte le altre scuole normali della diocesi; il che stato fatto con ottimo consiglio. Inoltre vi
sono le scuole vescovili fornite di idonei precettori
per ogni classe, dalla grammatica infima fino alla teologia morale. Il numero dei fanciulli e giovani studenti, compresivi pure i cherici, ascende a 200 circa.
Essendo Ales capo-luogo ancora di dipartimento
ecclesiastico, tiene il seminario tridentino; ma per le
angustie del locale, e per la scarsezza del reddito non
pu tenere e alimentare pi di undici allievi, oltre il
preside, leconomo, il direttore spirituale, il maestro
di canto-fermo, e quattro ripetitori per linsegnamento dei giovani. Migliorer per senza dubbio questo
stabilimento, dopo che monsignor D. Antonio Raimondo Tore ha con regio assenso ottenuto dal pontefice un aumento di rendite nella fattasi applicazione per un decennio dei frutti decimali della rettoria
di Gonnos-Codna, e di alcuni legati pii.
Quel che vi abbia di meglio in questo borgo si la
chiesa cattedrale e insieme parrocchiale, la quale, avvegnach di piccole dimensioni, tienesi giustamente per
una delle pi belle chiese del regno. dedicata allapostolo s. Pietro. Lepoca della traslazione della cattedra
vescovile da Uselli in questo paese si riferisce a tempi
prima dellanno 1182, trovandosi, come ne assicura il
Mattei, in un diploma di Barisone giudice e re di Arbora fatta menzione dun tal Comitano vescovo alense. Caduta la vecchia cattedrale ai 28 giugno, anno incerto, ma per verso la fine del secolo XVI, venne
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Il quadro dello stato dei monti di soccorso in favore dellagricoltura presenta una notevole differenza in
meno tanto nel fondo granatico, quanto nel nummario dai numeri della dotazione. Tutto calcolato, si pu
fissare che tra grano, orzo, fave, civaje non si semina
allanno meno di 10,720 ras. (litr. 1,845,984), che in
mediocre fertilit pu dare il 6 per uno. Il seminario
del lino pu andare a 1000 starelli cagl., il prodottto a
cantara 2000 in lino, ed a starelli 3500 in seme.
La pastorizia poco fruttuosa, per ignorarsi il modo di mantenere in sanit il bestiame, e per non assicurargli la sussistenza, quando il rigor del verno ricopre i pascoli di nevi, o il ritardo e le mancanze delle
pioggie autunnali, come avvenuto nel 1832, fanno,
che non nasca a tempo pel bisogno lalimento.
Nutronsi cavalle, vacche, pecore, capre, porci nei
prati, ne pabarli ossiano maggesi, nelle tanche, e nei
monti, che con gli animali domiti e domestici, cavalli, buoi, majali, e giumenti possono formare un totale di 142,930 capi, numero che riconoscesi inferiore
a quello, che soffrirebbe il terreno, se lindustria cooperasse alla sua produzione. Da capi vivi venduti al
macello, allagricoltura, o al servigio delluomo, in lane, pelli, e formaggi, si possono per ordinario ricavare scudi 30,000 (lire nuove 144,000).
Poca attenzione si usa alla propagazione del pollame. Le specie non sono generalmente che due, delle
quali la pi numerosa sono le galline, essendo i colombi da pochissimi coltivati. Forse tra gli uni e gli
altri in tutta la provincia sono al di qua, o poco al di
l di 50,000 capi. I polli credonsi fatti per la tavola
dei ricchi, e ci in giorni straordinari.
Caccia. I cinghiali e daini abbondano dappertutto:
in alcune montagne pi folte abita il cervo; le volpi si
moltiplicano in tutte le parti, parimente le lepri, e in
qualche regione le martore, oltre non poche specie di
volatili; tuttavia non se ne ha vantaggio. Non vi sono
cacciatori di professione, e dalle caccie, che fannosi per
partite, non ricavansi che poche pelli di daini, e cervi; e
dalla diligenza dei pastori in iscemar le volpi, una certa
quantit delle loro pelli, che passano nel commercio.
Boschi. Come nella maggior parte della Sardegna,
cos anche in questa, a malgrado che la vegetazione
spieghisi con gran vigore, non trovansi delle selve di
alberi colossali, quali veggonsi in altre regioni. I pastori col ferro e col fuoco spargono la distruzione, ed
atterrano i pi grandi vegetabili per somministrare
pascolo di poche foglie al bestiame. Niuno invigilando alla conservazione dei boschi, scema ogni d il loro numero. Cominciasi a profittare della scorza del
sovero; e molto se ne estrae dai boschi di Putifigri.
Minerali. Poche cose in questo genere sonosi finora
conosciute; si spera per che unattenta ricerca potr
dimostrarci non poche ricchezze naturali; per ora potrebbesi trar partito dal bolo armeno rosso, dal gesso,
dalle calcedonie, agate, diaspri, corniole, che trovansi
a maestro ed a mezzogiorno di Alghero, come pure di
certe produzioni di natura ignea, che trovansi nella
parte a scirocco di questa provincia, le quali terre sono
la regione veramente vulcanica della Sardegna, come
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Da questo avere bisogna ora sottrarre la decima ecclesiastica sui prodotti dellagricoltura e pastorizia,
cio scudi 40,500; le contribuzioni regie scudi 9454;
le prestazioni feudali scudi 15,000; le dirame comunali, che possono ascendere a scudi 4000; la corrisponsione pel servigio baracellare, e assicurazione delle propriet scudi 10,000. In complesso 78,954, il
quale dedotto dallavere indicato 472,955, avremo
per residuo 394,001, onde chiaro che tocca individualmente scudi 12.5 (lire nuove 59.97); risultamento, che deve stimarsi vicinissimo al vero, e che di poco
andrebbe cresciuto per la minor quantit dellindicata, che si d per decima.
Istruzione pubblica. Questa in Alghero nella condizione, in cui pu essere in una citt di provincia, nella quale vi siano molti ingegni, e gran desiderio di apprendere. Nellantico collegio dei gesuiti sono stabilite
le regie scuole di latinit, e di belle lettere, che per
hanno ancora, come le altre della Sardegna, un po di
antica ruggine, pel metodo di addotrinamento, da cui
non si vuol partire, metodo, che richiede otto anni di
tempo per la grammatica latina, di cui poca cognizione viene ad ottenersi, e insieme per le belle lettere, dove nessun vero progresso possono fare i giovani. Pare
che si voglia al presente, da chi le dirige, instituirvi lo
studio delle storie patria, sacra e universale, e della geografia universale, come stato ordinato da pi di dieci
anni. Le scuole di filosofia sono subordinate alle universit per le materie da dettare; ma lo studio della fisica uno studio materiale, perch sprovveduto dei
necessari soccorsi, ed trascuratissimo quello degli
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In generale le case sono benissimo costrutte, comode, eleganti, a tre, quattro, e cinque piani.
Alghero era piazza darmi sin dal medio evo, e fu poi
sempre pi fortificata, da meritare di esser detta massimo presidio di tutto il Logudro. Le muraglie sono
fortissime: nella loro linea, che corre con vari angoli circa 3/4 di miglio, sporgono sei torri, alcune delle quali
di gran diametro, e si denominano di Montalbano,
dello Sperone, di san Giacomo, torre del Molo, della
Maddalena, di Porta-terra. Sotto alla torre di Montalbano ritrovasi il forte dello stesso nome, che difende
lentrata, con alcune opere avanzate di fortificazione.
Aggiunto ad una parte della torre dello Sperone vi un
bastione, e due minori dallaltra. Tra lo Sperone e la
torre di san Giacomo sporge altro forte. Il bastion reale
alla punta del porto, ove la polveriera, e si inalbera
la bandiera nazionale. Vien poi la spianata che da questo forte si allunga fin sopra la porta del Molo o Portamare con tre fila dalberi, tra le quali la solita passeggiata; al di l della detta porta vi altra spianata meno
larga, arboreggiata anchessa, ed allungata sino alla torre
e al forte della Maddalena, che corrisponde subito con
le fortificazioni di Porta-terra. Vi un fornimento competente di pezze dartiglieria di vario calibro.
Il nome di questa citt dicesi sia lo stesso che aveva
il lido, detto dai sardi salighra, dalla quantit delle alghe marine, che vi si accumulavano dal movimento
delle onde. Latinizzossi in Algarium, e i catalani ritenendolo lo declinarono el Alguer. Dalla sua fondazione sino allanno 1503 ebbe lappellazione di villa o
rocca, quando per diploma del re D. Ferdinando III
fu eretta in citt, e contemporaneamente scelta a sede
dun vescovo, secondo la bolla pontificia di Giulio II
dell8 dicembre 1503.
Le arti necessarie e di comodit sono in uno stato
mediocre; non vi stabilimento alcuno di manifattura.
Dinstituzioni di beneficenza non vha che il solo
ospedale governato dai religiosi di s. Giovanni di Dio,
con due sale, una per li maschi con sei letti, laltra
per altrettante donne, e un solo camerino per gli alienati. Questi frati appena hanno pel loro sostentamento; si spera per che saranno fra breve in grado
di porgere maggiori soccorsi alla languente umanit,
e prender cura di maggior numero. In che parte gli
antichi versavano i loro tesori nei legati che facevano
al punto di morte? chi li consigliava?
Stabilimenti distruzione
Scuole normali. Sono le medesime frequentate da
76 fanciulli, ma meno assomigliano a ci che esser
debbono le scuole normali, che alle scuolette antiche,
dove solo insegnavasi a leggere e scrivere.
Scuole regie di grammatica latina, e belle lettere. Oltre gli algheresi, vi concorrono alcuni giovani dei paesi vicini, in numero totale 50: il metodo dellinsegnamento, come nelle altre del regno, domanda una saggia
riforma.
Scuole di filosofia. Sono frequentate da circa 20
giovani, ai quali si spiegano le materie che corrono in
una od in altra delle due universit. Vi inoltre una
scuola di chirurgia pochissimo frequentata.
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che tosto cominciossi. Esso situato presso capo Galera sotto la vigilanza della torre vicina. una fabbrica a due piani con 6 camere in ciascuno, con magazzino, corridojo scoperto, un giardino, un pozzo di acqua
buona, ed una cappella. Fa meraviglia come scelta
siasi questa spiaggia, dove i bastimenti sospetti o infetti non possono star con sicurezza, e siasi dispregiata una miglior situazione nel golfo Conte, dove sarebbesi potuto fare un amplissimo stabilimento, a cui
rimandar le navi a fare le lunghe osservazioni.
Chiese. La parrocchia di Alghero era prima una
pievana compresa nella diocesi di Sssari, finch nel
1503 Giulio II la separ, e la institu in cattedrale.
Diocesi di Alghero. Da tre distinti vescovadi, cio di
Ottana, Castro, e Bisarcio formossi il vescovado di
Alghero, con bolla di Alessandro VI eseguita nel
principio del pontificato di Giulio II. Crederono alcuni che siasi operata la traslazione dellOttanense,
ma con pi di ragione stimano altri che stata sia una
creazione, o novella erezione.
Erano in principio col vescovo sette canonici e
larciprete, ciascuno con prebenda. Nel 1526 si cre
laltra dignit dellarcidiaconato, e sei canonicati di
distribuzione. Nel 1570 fu instituita la terza dignit
del decanato. Con altri due canonicati di patronato
laicale di recente fondati si ha il numero totale dei
membri del capitolo di 18, comprese le tre anzidette
dignit. Le piazze dei beneficiati sogliono essere 16,
e attualmente ne son riempite 14. A dir vero non
son questi quali si dicono, ma piuttosto mansionari:
hanno al giorno soldi 21/2 pel salmeggio corale, qualche provento avventizio, e la limosina ordinaria di
soldi 71/2 per la celebrazione di 240 messe; di maniera che in tutto possono avere allanno scudi sardi 66
(lire nuove 316.80). Sono essi amovibili a volont
dei capitolari.
La diocesi cess di essere la riunione dei tre antichi
vescovadi suddetti, quando nel 1805 fu ristabilito il
vescovado di Bisarcio, con giurisdizione sopra una
porzione del castrense, dal pontefice Pio VII.
Al presente vien composta da 27 parrocchie. La costituzione delle medesime tale, che la pastoral vigilanza invano vorrebbe veder a tempo i bisogni e i disordini, e che riescano incomodissime le sacre visite a
chi non sia robusto di forze. Stretta fra la diocesi di
Sssari e quella di Bosa, deve la sua giurisdizione stendersi per una lista stretta e irregolare per pi di 45 miglia, traversando lisola nella direzione da maestro a
scirocco sino ad Orni. A questi inconvenienti si arroge la difficolt della corrispondenza, per cui il governo
diocesano non pu regolarmente essere informato delle cose occorrenti. Ma se a questo si possa ovviare con
un corriere ecclesiastico, che ottimo consiglio sarebbe
di instituire perch tutti i parrochi settimanalmente
consigliandosi col loro superiore meglio procedessero,
non vedesi come si possa rimediare a siffatta distribuzione delle parrocchie nel presente spopolamento delle
regioni vicine ad Alghero. Finch per capo-luoghi di
diocesi si vorranno le citt poste ovunque, dove ab antiquo sia una chiesa cattedrale, e non i luoghi centrali
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aggiunto pure Val-verde, di cui poscia si parler, vi fossero in questo territorio altre popolazioni, delle quali
appena vedonsi alcune vestigie, ma se ne ignora il nome, come non si pu affermare che siano le vere antiche denominazioni quelle, con cui sono al presente distinti i siti di quegli abitati, delle cui rovine si fatta
menzione. Sarebbe ottimo consiglio, e di grande incremento allagricoltura, al commercio, alla popolazione
dellisola, se in molti di questi siti, i pi comodi per la
vita e salubri, si ripristinassero le abitazioni, e se la porzione dei cittadini dedicati allagricoltura si facesse
stanziare nel contado.
Norachi. Ve nerano in molto numero, ma i pi
sono presentemente quasi del tutto disfatti. Se ne osservano in Montedoglia, in Rsula, in Serrana, in
Benecuada, in Cubercida, in monte Sisri, in Muragsas. Dicesi sianvisi scoperte in alcuni delle ossa
umane di straordinaria misura.
Val-verde, distrutto villaggio, che ora si vuol ripopolare. Era situato nella valle alla falda di Scala piccda, quasi in faccia a tramontana, in distanza di unora
da Alghero. Vi si vede la bella chiesa dedicata alla Vergine, che si denomina come denominavasi il paese, dallamena valle in cui trovasi; fu consacrata ultimamente
dal vescovo Arrica. Governasi dal capitolo dAlghero,
che vi tiene un beneficiato col titolo di rettore. ricca, e fra le chiese campestri forse la migliore: laltare
di marmo sardo, e la statua della Vergine adornata
di molte preziose offerte della religione dei popoli.
Questa effigie fu gi ritrovata sotto un pilastro di altra distrutta chiesa, donde fu solennemente trasferita
lanno 1650. Nel giorno della festa, che si celebra la
domenica in Albis, come anco nella vigilia vi si porta
il suddetto capitolo per officiarvi. In questa occasione
ha luogo una piccola fiera, e vi si fa un ragguardevole
concorso. Val-verde titolo dun marchesato. Il feudatario esige il dritto di terratico nellanno di seminario, ed il deghino del bestiame quando maggese. La
curia per gli affari di giustizia governasi da un uffiziale
stanziato in Alghero.
Littorali dAlghero. Il promontorio di Pglina, avanzandosi a ponente per quasi due miglia, e incurvandosi un poco, apre un piccol golfo in faccia a libeccio,
dove si pu ancorare coi venti di terra: il fondo a 10
e 12 tese; segue poi verso tramontana la piccola cala
del Bolentino; quindi quella detta Canal dellOmamort, dove si versa un ruscello dello stesso nome, a
distanza di Alghero di meno di due miglia; su questa
il piccol seno del Cntaro, delle cui acque si possono
provvedere i legni; pi oltre Calabona, dove ha foce il
fiumicello dello stesso nome. Il porto di Alghero ha
dei seccagni; formasi dal promontorio; aperto al
maestro, e potr contenere non pi di 12 piccoli legni. Dalla citt in l, per un arco di sei miglia col concavo aperto allaustro, formasi la vasta rada di Alghero, profonda da otto a dodici tese, dove si resta sicuro,
purch i venti non sieno dal terzo quadrante. A un
miglio sopra della citt, e un po meno dal littorale,
sorge lisoletta della Maddalena. tutta vivo scoglio,
bassa, inetta ad ogni coltura, e priva di animali, della
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varie altre specie, che vi passano dal mar vicino. Vi sono occupate poche persone, ed usano le reti, lamo, la
pettinella, ed altri ordigni. La pesca pi copiosa in
inverno, che in altra stagione. Vendesi la libbra (chil.
0.40) a soldi 2 (0.18), e pi ancora, secondo la copia
della pesca, ed altre circostanze. Non solo Alghero, ma
anche i paesi vicini, e Sssari ne restano provveduti in
tempi, che non sia lecito far pesca in mar vivo. Vi si
prendono inoltre vari generi di conchiglie, delle quali
si fa vendita pure fuori di Alghero. Nel mare trovansi
quasi tutte le specie, onde abbondano i mari di Sardegna pi di qualunque altro littorale, e dove i naturalisti
verranno col tempo a riconoscere delle nuove specie.
Sebbene non siano in gran numero le barche peschereccie, non ostante si introducono alla giornata in Alghero non meno di cantara 8 di pesci (chil. 338.16),
oltre la quantit, che spesso si sbarca nel littorale per
trasportarlo in Sssari, ed in altri paesi dellinterno.
Come in altre parti delle coste sarde, cos anche in
queste si riconoscono i tonni stazionari o golfitari, e
nel corso dellanno se ne coglie nelle reti non piccola
quantit. Prendonsi pure degli altri pesci enormi, e
principalmente delle foche, che in gran numero abitano nelle caverne della penisola di capo Caccia. A tutto
ci si aggiugne una grande copia di squisitissime conchiglie di varie specie, e le pinne marine entro del golfo Conte, che vi si trovano anche di un metro di altezza. Il prezzo dei pesci fini non eccede lungo lanno i
soldi 3 (0.28), gli altri vendonsi a soldi 2 la libbra.
Le grotte di capo Caccia. I viaggiatori, che visitano
Alghero, non trascurano, sempre che il tempo lo permetta, di vedere la grotta delle stalattiti di capo Caccia;
vi andava nel maggio del 1829 il re Carlo Alberto,
principe allora di Carignano; e vi si concorre anche da
molti luoghi dellisola. Dicesi la grotta di Nettuno, e
meglio dovrebbe dirsi della Fantasia, pel gioco della
medesima entro quei profondi recessi al lume delle
fiaccole sopra le svariatissime formazioni della materia
calcarea, che per lazione dellacido carbonico tennero
dissolute le acque filtranti pel monte. Gli abitanti di
Alghero riguardano con ragione questa caverna maravigliosa come una curiosit naturale del loro paese, e
forse non pretendono pi che sia ragionevole, quando
la dicono pi bella di quella di Antiparos, e pi interessante di quella di Maone, e di altre congeneri, che
sono in Europa. Checch per sia di ci, gli certo,
che superiore in belt alle altre della Sardegna. Ha ella lingresso, come gi si detto, in una piccola cala rivolta a libeccio, e molto dominata dai venti entro
maestro e austro, i quali, quando soffiano, rendono
difficile e pericoloso s lapprodarvi, che luscirne. Entrasi per una grande apertura, e tosto offresi agli sguardi unampia caverna, nella quale, abbassandosi il suolo
circa alla met di sua lunghezza, vedesi un piccol lago,
che vieta lavanzar oltre, se non si abbia pronto uno
schifetto. Poche cose sono da osservare in questa prima
camera, le cui migliori concrezioni furono a colpi di
artiglieria infrante dal capitano duna nave da guerra,
una di quelle anime, che prendono gran piacere nel distruggere le belle cose; e in altri modi danneggiate dai
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Planu-Lodd. Vi si vede pure un norache mezzo distrutto, alto circa metri 10. Quivi appariscono le rovine dellantico paese di Barbaggiana, che tra i sei, che
questo partito di Barigdu conta distrutti, fu lultimo
ad essere deserto, e dicesi per antica tradizione, che
tutti gli arredi sacri in argenteria, che possiede la parrocchiale di Allai, fossero di questa popolazione.
Pastorizia. Pochissimo il bestiame, tra rude e manso che nutrono questi paesani, possessori duna vastissima estensione di terreno, che bastava in altri tempi per
li tre suddetti villaggi distrutti. Il numero totale dei capi
di 2600, distribuiti cos nelle specie: buoi e vacche
manse 300, cavalle 50, pecore 1000, capre 1000, porci
100, giumenti 150. Le specie domite pascono nel prato
e nelle tanche, le rudi nel pabarle e nelle tanche.
Selvaggiume. Dopo aver accennati quali animali selvatici trovinsi nel Brghini, non resta a dire che dei volatili, che abbondano in queste campagne di quasi tutte le specie, che annovera la Sardegna e del genere dei
sedentari e dei viaggiatori. Essendo piccolissime le paludi, non vi si veggono uccelli acquatici che dinverno.
Nellabitato mancano le sorgenti, e servonsi per i popolani delle acque dei pozzi comunali e privati, che sono di mediocre bont; o del fiume, che scorre in poca
distanza dal paese, quando sono sane e potabili; ovvero
dalla sorgente perenne, che a un quarto di distanza
trovasi nel sito detto Is Crucris, la quale somministra
unacqua pura, leggera, e freschissima. lodata egualmente la fonte detta Biargiu distante dal paese tre
quarti, e a questa e allanzidetta si attribuisce la virt
di essere diuretiche. Esse sono abbondantissime s,
che formano due ruscelli. Innumerevoli sono poi le
sorgenti di acque buone e salutifere, che trovansi nel
Brghini; le altre assai pi numerose di altre parti sono pesanti. I ruscelli degni di essere particolarmente
menzionati, sono il detto Judas sempre perenne, da cui
in tutti i mesi dellanno comunicato il moto ai molini: questo divide il territorio di Allai dallagro di Busachi; il Foroju, che separa queste terre da quelle di Samugheo, e manca nellestate; il terzo dicesi dessIsca de
sa Corte, oppure Ghentiana, in vicinanza dei limiti
con Runas. Tutti e tre confluiscono nel fiume grande.
Questo conoscesi sotto il nome di fiume di Allai: pericoloso a guadarsi principalmente dinverno, ed ha
quattro guadi: 1. di Baugius in istrada a Runas e a Samugheo; 2. di Bau-Accas in istrada pure a Runas,
Mogorella, Ales, e alla capitale; 3. di Benta-Corra,
dove si passa per andare a Fordongianos, e ad Oristano, guado sicuro per lampiezza del letto; 4. Bau-Missas frequentato principalmente dai carri, che passar
non possono sul vicino ponte, stretto, senza ripari, e
interrotto, mancandovi due archi, li quali si suppliscono con delle travi, che restano fino a che le grosse piene non se le portino via. Lamenit delle sue sponde
cagionasi dagli alberi di varia specie, che vi vegetano, e
dalla verzura degli orti nella primavera. Le sue sorgenti sono nei salti di Olloli e di Ovodda. Un ramo scorre verso i salti dAstis, Sorgono, e Atzra, e si unisce
col fiume di Meana tra i limiti di questo paese e di Samugheo, onde scorrendo tra li territori di Lconi e di
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Assni, e ne limiti di questultimo e di Runas, si congiunge con altro fiume a s non inferiore, detto Flumini Imbessu, che viene dalla parte di Senis, e dopo una
linea di due miglia entra in questo territorio, dirigendosi verso ponente con un corso per lo meno di due
ore, quindi passa nel Busachese, e presso ai limiti di
Fordongianos si versa nel Tirso.
Nel detto fiume e confluenti sogliono prendersi
anguille di bellissima qualit e sapore, specialmente
nellautunno, inverno e primavera, nel qual tempo se
ne pesca assai, e talvolta pi dun cantaro (chil. 40.65)
al giorno. Dodici persone sono ordinariamente applicate a questo; il prezzo pi alto mezzo reale (0.23)
la libbra (chil. 0.40). Dopo provveduto il paese il rimanente si porta altrove in vendita, meno nellestate,
quando il fiume vien meno, e nei ristagni le acque
son troppo calde ed ammorbate dallammollamento
dei lini; per che allora, sebbene se ne possa prendere
nei gorghi, riescono al gusto assai ingrate. Pescasi con
piccole reti, dette obigas, con ami, a nassai, con filati,
con cestelli di giunco, ed in altri modi. Oltre le anguille, prendonsi muggini e trote di gusto assai aggradevole. Le saboghe vi ascendono, ma in poco numero, nella primavera.
Strade vicinali e carreggiabili. Da Allai si va a Samugheo in unora e mezzo verso levante, a Runas
per istrada egualmente lunga, a Mogorella verso austro in ore due, a Fordongianos in unora, a Sia-manna, e a Sia-picca verso ponente in ore due, in egual
tempo a Busachi, capo-luogo della provincia e del
mandamento.
Questo comune entra nel feudo di Busachi. Per li
dritti feudali, vedi Busachi sulla fine.
AMPURIAS, o Empurias, da Emporiae, nome, con
cui nella Storia ecclesiastica sarda dei bassi tempi era
distinta una citt vescovile. Sebbene questa sia da pi
secoli distrutta, resta ancora il suo nome alla diocesi,
di cui ella era capo-luogo. Il pi antico monumento
di questa denominazione trovasi nel libro dei censi
della chiesa romana, formato da Cencio Cameriere
(poi Onorio III) lanno 1192. Un altro nome, e forse
pi comune, ebbe questa citt, venutogli senza dubbio dalla vicinanza del fiume Coqunas, uno dei pi
considerevoli dellisola. Quindi fu che il vescovo ebbe
ad essere come da special nota distinto col titolo di
vescovo de Flumen, come ci viene indicato nel Condghe della chiesa di Saccargia, e nel diploma di
Gonnario, figlio di Mariano I di Logudoro.
La popolazione di Ampurias era a tale assottigliata
verso lanno 1565, che il vescovo risolvette di abbandonarla, trasportando la sedia episcopale nel Castello,
allor detto Aragonese, come avrebbe fatto, se ostato
allora ai suoi disegni non avesse Pio IV, cui non si
presentarono le ragioni della necessit della traslazione. Ma questa essendo stata poco dopo eseguita, partirono dietro del vescovo i pochi emporitani che vi
sopravvivevano, e stette la desolazione fra le rovine.
Diocesi. Dellantico stato della medesima, ed estensione di sua giurisdizione nei bassi tempi nullaltro di
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certo puossi affermare, che aver ella compreso lAnglna, almeno in gran parte, e il dipartimento di Coqunas, come ancor comprendevali al tempo del corografo sardo (il Fara). Forse per vi erano aggiunti i pi
vicini dipartimenti della Gallura. Il capitolo componevasi, se credesi al Vico, di nove canonici prebendati,
compreso un dignitario col titolo di arciprete, e appartenevano loro i frutti decimali di Perfugas, Martis,
Sdini, Nulvi, Bulci, Coquna, Bangios, Montefurcadu, Mortedu. Di questa diocesi e capitolo, dopo la
traslazione del seggio vescovile nel Castello, si dir
nellarticolo Castello Aragonese.
Situazione di Ampurias. questa una questione difficilissima a definirsi, sebbene trattisi di unepoca da
noi distante di anni 268, anzi meno, e che coincideva
col tempo, in cui il sullodato corografo preparava i
materiali per la descrizione della Sardegna. E nasce la
difficolt non perch ei non ne abbia scritto, ma perch quel che scrisse non si pu combinare con altre
certe cognizioni. Egli dice, che Ampurias giace in una
pianura presso alle sponde dun pescoso fiume, cos distrutta, che nulla vi si ravvisi degno di farsene menzione, se non il tempio insigne di costruzione antica dedicato a s. Pietro, e gi cattedrale. Soggiugne poscia, che
da questa chiesa fu nel 1502 per autorit di Alessandro
VI trasferita la sede alla chiesa di s. Antonio, gi priorato dellordine di s. Benedetto nel Castello, prima
Genovese, ed allora denominato Aragonese. Se questo
falso, quanto lo sia ci che evidentemente tale si conosca, se la traslazione avvenne dopo del 1565, se la
chiesa, che egli dice insigne, non sia tale in nessun
conto n per architettura, n per grandezza, n siavi alcun segno di essere stata una cattedrale, non nasce subito il dubbio, che egli abbia ben conosciute le cose
che scrisse? E riguardando il sito, dove egli dice sia stata Ampurias, chi vorr persuadersi che ivi sia potuta
essere una citt? Se anco fosse stata dal furore di barbari invasori distrutta, pure gli avanzi attesterebbero lantica condizione. Ma nulla di ci vedeasi a tempi del
Fara, nei quali avvenuta la traslazione, come non se
ne scoprirono insino ai d nostri. Quindi si pu con sicurezza affermare, che non fu col che sorse Ampurias,
e che non fu mai cattedrale la meschina chiesa di s.
Pietro di Mare. Ma dove dunque si avr a credere questantica citt? Dov che trovinsi tali rovine, che indichino unabitazione di cittadini, e tali vestigie insieme
di chiesa, che possa credersi degna daver avuto la cattedra episcopale?
Passando al vicino territorio di Coqunas ritroviamo presso al fiume dei ruderi indicanti una non piccola popolazione, che nei bassi tempi conoscevasi
sotto il nome di Biddalva (Villa bianca). Vi si raccolgono spesso delle monete, e si scoperto qualche
magazzino con del grano. Sorgono fra le ammucchiate rovine tre chiese, che gi cominciano a cadere. La
prima e maggiore dicesi di s. Giovanni, di antica costruzione, alta competentemente, e con quattro colonne per pilastri, che per manca di tetto, di cui corre voce fra gli abitanti di quelle cussorgie, che fosse
una cattedrale. Le altre due sono denominate: una da
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Vi erano in questo giudicato da 9 citt, che poi si ridussero a poche, e finalmente al solo Oristano; 8 castella; e villaggi circa 200, con una popolazione che non
era al dissotto di 500,000 anime. Nella decadenza dei
giudicati caralese, logudorese e gallurese, gli arboresi occuparono molti dipartimenti dei medesimi, e la loro
potenza lott gran tempo con quella degli aragonesi.
Notizie istoriche. Dei primi giudici mancano affatto le memorie; la pi antica giugne presso al 1060,
prima del qual anno Comita di Logudro stendeva la
sua autorit ancora su questa provincia, detto perci
Giudice dambo i luoghi. Il primo che occorra giudice proprio della medesima Mariano I De Zori.
Nel 1070 Onroco trasmigr col popolo e col clero
dallantica citt di Tarra in Oristano, che perci divenne capitale del giudicato. A questi scrisse il pontefice romano Gregorio VII. Dopo lui regn Torbno,
indi Onroco II De Zri: dei quali non possono fissarsi in alcun modo le epoche. Successe Comita I
Orvu, suocero di Onroco. Gonnario di Lcono, altro
genero di Comita, fu padre di tre figli: Costantino I,
Comita II, ed Onroco, dei quali i primi due regnarono successivamente.
Comita II regnava nel 1131: oppresso dalle arme
dei pisani, si concili con doni la protezione dei genovesi: amb il regno di Logudro, poi abbandonossi
del tutto in potere dei suoi amici e protettori.
Nel 1147 Barisne di Lcono governava il giudicato; affett il titolo di re di Sardegna, e fu per mediazione dei genovesi incoronato re in Pavia da Federico
Enobardo imperatore di Germania: fu scomunicato
da Baldovino cardinale arcivescovo di Pisa. Nel 1181
and ad osteggiare nel logudorese, e nel caralese. Erano quei due regoli suoi nemici congiunti fra loro di
sangue e di sentimenti, e gravissimi danni seguirono
da queste contese. I consoli pisani mandarono due dei
loro colleghi a comporre gli animi in pace, minacciando guerra a chi rompesse i patti.
Nel 1186 Pietro I, figlio di Barisne, con Ugone I
di Basso, figlio dun nobil personaggio di pari nome,
conosciuto prima col cognome di Poncetto, governarono insieme, essendosi in un compromesso riconosciuti pari i loro diritti. Morto fra breve Ugone, trasmise i suoi diritti nel figlio Ugone II di Basso.
Nel 1191 Guglielmo di Cagliari assal lArbora, e
fece prigioni Pietro I col suo figlio. Ugone salvossi in
Genova, e Guglielmo rest senza contraddizione padrone della provincia. Dieci anni dopo avendo lesule
Ugone contratte nozze con la figlia di Guglielmo,
non ostante la riprovazione del papa Innocenzo, rientr nel possedimento dei suoi stati.
Nel 1211 regnava Costantino II, che pare figlio di
Ugone. Questi guerreggi con Ubaldo, giudice della
Gallura e del Logudro, poscia pacificossi col medesimo per mezzo del legato pontificio, e, perduta la
speranza di aver successione, institu erede di tutte le
sue ragioni il romano pontefice. Di Comita III, che
govern dopo di lui, non rimase che la memoria.
Nel 1253 Guglielmo, conte di Capraja, successore
di Comita III, governava il giudicato. Favoreggiando i
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marchesato e contea D. Leonardo De-Alagon, prossimo parente del defunto. Guerreggi costui col vicer,
e avendolo vinto, fu ammesso a patteggiare col re, e
venne instituito marchese: ma per lodio del vicer
Carroz accesasi di nuovo la guerra, Leonardo fu condannato reo di ribellione, e quindi assalito dalle regie
truppe e vinto, mentre fuggiva, cadde in potest del
re. Portato in Ispagna fu rinchiuso nella prigione di
Xativa, dove mor.
Dopo questa vittoria il re dAragona incorpor questo feudo alla corona, e da quel tempo cominciarono i
Sovrani della Sardegna a inserire nel loro titolario il
marchesato di Oristano, e la contea del Gocano.
ARBUS, villaggio della Sardegna nella provincia dIglesias, distretto di Gspini. Figurava nel medio evo come capo-luogo della curatora o dipartimento, o, come ancora fu detto, del giudicato di Colostri.
nobile questo paese per aver prodotto il famoso
D. Raimondo Garu, prima professor di pandette
nella regia universit di Cagliari, poi senatore nel reale senato, e membro del supremo consiglio del regno
in Torino, ingegno straordinario, mente prodigiosa,
ammirato con merito in quella dominante dai primari personaggi: mor in Genova in et di 56 anni.
Ebbevi pure i natali Pietro Leo, professore di medicina, uomo di profonda perspicacia, e di gran fama,
nato a portar pi avanti la nobile scienza ed arte che
esercitava, del che sarebbe lodato da tutto il mondo al
d doggi, se immaturamente non moriva in Parigi nel
1808 per insuperabile nostalgia.
questo paese di figura allungata, posto sopra una
bassa collina, avente dalla parte dellaustro a poca distanza alcune piccole eminenze, altrove dei monti di
mediocre altezza.
Il clima e laria ottima: il freddo tollerabile, come
il caldo: vi nevica di rado, vi piove per con frequenza: poche volte soffresi lingombro della nebbia, e temesi degli effetti dellelettricit.
Il numero delle case va a 670.
distante a marcia di cavallo da Gspini mezzora;
da Gonnos-Fandiga unora e mezzo; da Flumini-majore ore 5; da Iglesias, capo-luogo di provincia, ore 10;
da Cagliari ore 12.
Vi si esercitano varie arti meccaniche, e vi sono in
opera circa 600 telai per tele di varia qualit, e panno
forese, di cui si fa grande smercio nei paesi vicini.
Vi un consiglio di comunit composto di sette
soggetti, un delegato, e due scrivani per lamministrazione della giustizia nel mandamento.
Vi una scuola normale, dove concorrono da 25
fanciulli.
La chiesa parrocchiale dedicata al martire san Sebastiano. Governasi da un vicario assistito da tre altri
sacerdoti sotto la giurisdizione del vescovo di Ales. Vi
sono cinque chiese figliali, una nel paese appellata da
s. Lussorio, le altre rurali; una nella regione di Santdi, distante dal paese ore 8, denominata da s. Antonio
di Padova, la cui festivit annualmente si celebra nel
giorno proprio: laltra nel Salto-Idda, dedicata alla
Arbus
Vergine dItria, dove solennemente festeggiasi; la terza, sotto linvocazione dei santi martiri Cosimo e Damiano, sita nella regione denominata san Giovanni di
Arbus, la cui festa cade add 27 settembre; la quarta,
intitolata da s. Stefano, nel luogo detto Gurzei, ma
gi distrutta, come lo pure altra che nominavasi da
s. Sofia. Alle suddette feste concorresi in gran numero
da tutti i vicini paesi. Il cimiterio posto nel centro
del paese, di figura rotonda, e assai capace anche in
occasione di grave mortalit; lanzidetta chiesa di s.
Lussorio nel centro. Vi si festeggia in onore di questo santo, e si d lo spettacolo dei fuochi artifiziali.
Si ha dai registri, che lordinario numero dei matrimoni sia circa di 30; delle nascite 105; delle morti
40. La vita si produce anche oltre il settantesimo anno, e alcuni toccano il secolo. La malattia pi frequente la pleurisia. Le famiglie sono in numero di
666; le anime di 2762. Questa popolazione somministra al battaglione di Monreale dei corpi miliziani
barracellari soggetti 46.
Lestensione territoriale di questo comune pu calcolarsi a miglia qu. 396. Si suol seminare di grano
starelli cagl. 3000 (litr. 147,600) che rende il 20 e 25
per uno nelle annate propizie. Si semina a proporzione orzo, fave, e civaje.
La dotazione del monte frumentario in grani era di
star. 1810, in danaro di lire sarde 4178.2 (fr. 8021.94),
ed il fondo presente granatico di starelli 2250, il
nummario per le angustie dei poveri contadini ridotto a lire 222.6. In anni di fertilit raccoglie questo comune nei quattro detti generi da 200,000 starelli. Di
lino se ne fa da 300 cantara (chil. 12,195).
Oltre la cultura dei cereali si attende a quella degli
alberi fruttiferi: vi sono gi alcuni giardini dagrumi
ben tenuti, e che prosperano maravigliosamente, e ne
crescer senza dubbio il numero, mentre vi sono ancora molti siti a ci idonei, come per crescere il numero
degli orti amenissimi. I peri, noci, fichi, susini, albicocchi, peschi, e molte altre specie in n. 25 rendono pi
amene le tenute. Gli olivi vi prosperano come nei siti
pi a loro natura conformi. Pochi sono i gelsi che si
hanno, ma di una meravigliosa vegetazione. Il numero
totale degli alberi fruttiferi va a 80,000. Le vigne vengono felicemente, e uve di moltissime variet distinguonsi nei filari. Si ha perci una copiosa vendemmia,
e comunemente si sogliono imbottare da 3000 mrigas, che sarebbero quartieri 42,000 (litr. 210,000). Un
decimo di questa quantit bruciasi per acquavite.
I monti pi considerevoli di questo territorio sono
Arro-Martino, Bau, Nara-Cauli, Zappajni, Biaxi-Mela, e Roja-Cani, tutti ghiandiferi, dove si portano a ingrassare molte greggie di porci, e si taglia il legname, che
serve per gli usi contadineschi. Tra queste selve ed altre
restano privi della coltura poco meno di nove decimi di
tutto il territorio, che lo stesso che dire, che della superficie di 396, sole 50 miglia qu. sono coltivate. Quanto terreno rimane per altra popolazione! Le specie pi
comuni in questi boschi sono quercie, elci, e ginepri.
Le strade per questi monti sono assai incomode, e
in molti siti assai pericolose.
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Arcidano
Nellanzidetta montagna di Arro-Martino, nel sito che ha nome sEnna de Aru-melis, accadde un
brillantissimo fatto di arme, dove non pi di 14 valorosi di questo paese postatisi assalirono e trucidarono
circa 400 barbareschi, che ritornavano dal villaggio
oggid deserto di Serru, conducendo seco schiavi al
porto di Flumini-majore tutti gli abitanti del medesimo; pochissimi poterono arrivare alle galere ferme
nel detto porto, un maggior numero sviatosi furono
trasportati in Cagliari: cos si ha per una ferma tradizione, e riportasi dallo storico Vitale.
Si contano da 400 tanche, dove pascolano tori,
buoi, vacche domite, e cavalli, in alcune vi sono piccole selve di quercie ed elci alte pi di 28 metri, e
grosse 7, e soveri con corteccia grossa 0,25, con dei
pioppi, castagni, olivastri, alni, ed alberi fruttiferi.
La pastorizia coltiva le seguenti specie: pecore n.
4000, capre 5000, porci 800, vacche 2400, tori 600,
buoi 1000, cavalle 800, cavalli domiti 300, e un piccol
numero di giumenti: il totale dei capi pu ascendere
14,800, tenue quantit in confronto alle sussistenze
del vastissimo territorio. Le abitazioni dei pastori nella
campagna sono temporarie. Come delle granaglie, cos
del bestiame, e dei prodotti del medesimo se ne fa
commercio con i paesi vicini, e principalmente con
Cagliari e con Oristano. Si coltivano pure le arnie, e
del miele e della cera si ha un nuovo ramo di lucro,
che potrebbe crescere a una cospicua somma.
Il selvaggiume abbondantissimo, ed i cacciatori
non devono stentare assai a trovar occupazione fruttuosa. I cervi, daini, cinghiali, conigli, lepri, volpi, e
altre specie sono in gran numero. Abbondano pure
quasi tutte le specie dei volatili che han nido fisso
nellisola, o che vi passano.
Mineralogia. questo territorio in una delle tre
provincie metalliche del regno, e forse nella pi abbondante. Vi si trovano perci in varie regioni dei minerali, e apparisce, che gli antichi ne ricavavano pi
frutto dei moderni: esiste infatti gran numero di miniere in Montevecchio, in Sa-Tella, in Arriu-manno,
in Suingutossu, in Genna-Mari, dove lArbese si attacca ai territori di Flumini-majore, ed in Zurufusu,
dove veggonsi enormi ammassi di materie metalliche.
Ad ogni parte di questo territorio montuoso e selvoso sgorgano le acque, dalle quali formansi o si ingrossano parecchi ruscelli. Il principale fra questi il
denominato dessacqua frida. Nasce dalla montagna di
Monte-majore, bagna il territorio di Canali-Canna, di
Zappajni, e Piscina, e per la confluenza di numerosi
rivoli gonfiasi di maniera, che dinverno vietato,
mancando i ponti, il passaggio da una ad altra sponda,
e rotta la comunicazione. In tutto il suo corso abbonda di anguille assai pregiate, e nel sito detto sIsca forma un piccol lago, dove, oltre questa specie, nuotano
molte altre. Lacqua vi profonda in vari punti da 18 a
20 metri, e sarebbe navigabile senza limpedimento dei
folti tamerigi e rovi, che sporgono dalle rive.
A distanza di 12 passi dal letto di questo lago entra
lacqua nel mare. questa unottima bevanda in tutta la lunghezza del canale, ed in molti siti potrebbesi
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derivare formando dei canali dirrigazione, che feconderebbero spaziosi tratti di terreno: al presente se ne
profitta solo per alcuni orti.
Laltro ruscello nasce da Gttoro-Cmera, e, scorse
alcune regioni, va in mare col nome di Bau-Mgoro.
Le amenissime sue sponde domandano la mano industre del contadino per convertirsi in deliziosi giardini.
Il terzo ha origine dalle sorgenti del monte ArrioMartino, il quale per molte confluenze va di passo in
passo ingrossandosi sino al sito che dicesi Cuco, ove
prende il nome di fiume, e forma col suo canale la linea di demarcazione tra lArbese, e le terre di Gonnos-Fandiga, sboccando poi nel mare nella maremma di Badu-arna. Abbonda questo fiumicello, e
pure i suoi tributari, di anguille e ottime trote; manca di ponte, pericoloso a guadarsi, e le sue piene
durando talvolta anche dodici giorni, onde per tanto
tempo resta impedita la comunicazione.
Littorale. La parte occidentale di questo territorio
bagnasi dal mare da sopra il porto di Flumini-majore,
continuando verso allimboccatura del golfo dOristano sino al sito detto Osu. Due tonnare erano in questo littorale, una in Perdas-albas gi dimessa, laltra
ancora in attivit, ed la conosciuta sotto il nome di
Flumentorgiu. In questo mare si fa pure la pesca del
corallo, delle alici, e sardelle.
In due diversi punti di questo littorale sorgono due
torri armate, una nella regione di Santdi, e laltra in
Porto-palma. Nei tempi addietro vi frequentavano
assai i barbareschi, e vi predavano uomini e bestiame; accaddero alcuni fatti darme onorevoli a questi
paesani, dei quali non si conservata che una semplice memoria.
Antichit. In questo territorio esistevano altre quattro popolazioni, le quali da molto sono mancate. Si
ravvisano ancora le fondamenta degli edifizi nelle regioni denominate s. Sofia, Bidda-Erdi, Bidda-Sciatta,
Bidda-Zei; le parrocchiali erano per la prima s. Sofia,
per la seconda s. Stefano, per la terza , per la quarta
s. Nicol. Il paese di Serru, di cui si fatta menzione,
forse lo stesso, che or dalla chiesa di s. Sofia viene significato. Nel 1584 esso era ancora in piedi, e non
avea sofferto i danni di quella invasione, di cui fu fatta
menzione. Bidda-Zei pare sia stato residuo dunantica
citt. Sopra una rupe alta da 30 in 40 metri, in distanza di mezzora dal comune, veggonsi i residui dun antico fabbricato, che pare fosse un castello. Nel monte
oggi detto dArcuentu, e prima Erculentu, che sollevasi sopra tutti i circonvicini, appariscono ancora le rovine e gli avanzi dellantico castello di Erculentu: vi anco intatta una stanza a volta, e tre cisterne. Lestensione
superficiale del piano della sommit del monte, in cui
era il castello, sar presso poco di ari 89.72.
Norachi. Nella regione di Pedras-albas vi sono alcuni norachi, tra i quali un solo considerevole.
Condizione del comune. Entra nella signoria di
Monreale, feudo del marchese di Quirra. Per li dritti
feudali vedi Monreale [recte vedi la voce Quirra].
ARCIDANO [San Nicol dArcidano], villaggio della Sardegna nella provincia di Busachi, distretto di Ales,
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Ardara
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Ardara
patteggiato, che si desse e restasse in potere dellarcivescovo di Oristano, finch il papa pronunziasse a
chi di dritto spettava. Non essendosi ci eseguito, rest questa lite gran tempo pendente.
Nellanno 1478 Artaldo De-Alagone, e Giovanni
De-Sena, visconte di Sanlri, attaccarono il castello e
borgo di Ardara, ma respinti con grave perdita, dovettero ritirarsi nel vicino paese di Mores, dove poco
dopo furono trovati dalle genti del re, e completamente battuti.
ARDARA, piccolo villaggio della Sardegna nella provincia e distretto di Ozieri. situato in una mediocre
eminenza dominata da tutti i venti. Il clima temperato; vi piove nellinverno con frequenza, ma rare volte
vi nevica. La nebbia assai frequentemente lingombra,
e nuoce assai. Laria passa per malsana; ma certamente
cos non era nei tempi antichi, quando vi sedevano i
giudici; e non lo sarebbe n anco al presente, se le strade fossero selciate, e si desse lo scolo alle acque, onde
non istagnassero, se le sozzure delle case non si versassero nel passaggio, se dallorlo dellabitato si togliessero
tutti quei mucchi di letame, che vi fermentano, e se al
ruscello che scorre in poca distanza sotto del colle si
formasse senza gran fatica un canale pi facile, onde
nellestate non si rompesse il corso, e non avessero origine tanti pantani, sentine di aliti perniciosi.
Sussistono 70 case; e vi ha una sola strada principale trafficabile, perch posta sulla roccia.
Le arti praticate dagli abitanti sono lagricoltura, e
la pastorizia: le donne lavorano al telajo, ma in piccol
numero.
Vi un consiglio di comunit, una giunta locale,
una scuola normale frequentata da soli cinque ragazzi.
La chiesa parrocchiale una delle pi antiche della
Sardegna, fabbricata, come dicesi in qualche antica
scrittura, da Georgia, sorella di Comida. Laltar maggiore, secondo lappostavi iscrizione, fu consacrato
sotto il pontificato di Pasquale II, cio prima del 1118.
situata allestremo della presente popolazione, dove
comincia a declinar il colle. Essa costrutta a pietre di
taglio di natura vulcanica, ed divisa in tre navate,
delle quali le due laterali sono coperte da volte a padiglione, e la navata di mezzo, che pi larga e pi alta,
da un tavolato. Le incavallature del tetto sono ordite
con travi di grossa riquadratura, e le tegole sovrapposte
sono in parte piane con due orli rilevati, in parte convesse, tutte regolarmente disposte. Due file, ciascuna
di sette grosse colonne formate di diversi pezzi congiunti da grappe di ferro, separano la maggiore dalle
minori navate. Sono di diversi ordini, avendo altre il
capitello dorico, altre jonico, alcune corintio: le basi
sono rozzamente sagomate, come la base detta attica.
La pianta della chiesa un rettangolo, la lunghezza del quale quasi triplo della larghezza. Nel fondo
della medesima havvi un capace nicchione che era
destinato ad uso di sagrestia; esso veniva separato dal
resto della chiesa da un assito, che univasi ai muri di
fianco; questo conservasi ancora in buono stato, ed i
dipinti conservano tuttora la freschezza dei colori.
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I panneggiamenti hanno del rozzo, ma i visi e le mani non potrebbero farsi pi belli. Il campanile attiguo al fianco destro della chiesa, e si ascende sino alla sommit, che non di molto sopra il terreno, per
una scala di pietra vulcanica, praticata esternamente
contro una delle pareti.
dedicata questa chiesa alla santissima Vergine
sotto la denominazione del Regno, e governasi da un
parroco, che ha il titolo di Rettore, e che soggiace alla
giurisdizione del vescovo bisarchiense.
La festa principale del paese per la titolare.
Il cimitero sta dietro della chiesa.
Non vi ha che una sola chiesa figliale dedicata a s.
Pietro, e distante dal paese un quarto verso il ponente.
Si celebrano allanno circa quattro matrimoni, nascono 15, muojono 8. La vita suol avanzare ai 50.
Le gastro-enteritidi, le epatitidi, il reumatismo, le
periodiche, e nelle donne la clorosi, e le fisconie addominali, sono le pi frequenti malattie.
Le famiglie sommano a 70, le anime a 230.
Il contingente pel battaglione di Oziri dei corpi
miliziani barracellari di 21 individui.
La maniera del vestire somigliante a quella degli
oziresi. Il ballo e canto lordinario divertimento: e
si usano le nenie nei funerali.
Lestensione dellArderese si pu computare di 25
miglia qu.; il paese sta quasi nel centro.
Agricoltura. Monte di soccorso. La dotazione era in
fondo granatico starelli 310, in fondo nummario lire
sarde 398.10. Al presente vedesi scemato luno e laltro in conseguenza dei successivi anni di sterilit, il
primo a star. 250 (litr. 12,300), il secondo a lire 22.6
(lire nuove 42.78). Non pu qui credersi che la seminagione sia un numero superiore al fondo granatico,
trattandosi dun popolo poverissimo. Si semina di pi
100 starelli di orzo, 20 di fave, 10 di lino, con minor
quantit di granone e civaje. Spregiansi le patate, e si
muore di fame. Il terreno corrisponde lotto per uno.
La vigna vi prospera; le uve sono di poche ma
buone qualit; quindi il vino riesce buono, e se ne
raccoglie allanno pinte o litri 12,500.
Le piante fruttifere non sono in totale pi di 300
tra peri, peschi, fichi, susini.
Tanche. Vi sono in questo territorio da 22 tanche,
che potranno capire il seminario di 1500 rasieri (litr.
258,300, ari 209,295), e servono per la pastura.
Selve. Vi sono tre spazi separati di terra coperti da
quercie, soveri, e da qualche leccio: lestensione superficiaria dei medesimi eguaglierebbe rasieri 500 (ari
69,765): di queste selve ghiandifere la confinante allOzierese appellasi Tola, e fa un corpo con la selva di
Mores.
Colli. In massima parte il territorio di Ardara
pianura, eccetto la regione di Binzna, dove sorge un
colle contenente una delle suddette selve ghiandifere.
Le roccie sono vulcaniche.
Pastorizia. Nutronsi le solite specie di bestiame, e
sono in numero, le vacche 1000, che pascono nelle
tanche; le pecore 5000, che errano per i pubblici pascoli; le capre 300; i porci 500; i cavalli e cavalle 20.
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I pastori vivono per la maggior parte dellanno nelle loro capanne in sos cules.
I prodotti del bestiame si spacciano in Sassari. da
osservare, che questo bestiame degli ozieresi, i quali
avvassallati ad Ardara occupano la maggior parte del
territorio.
Selvaggiume. Sono numerosi i cinghiali, le volpi, e
i lepri: dei volatili i colombacci e le pernici, e pi di
tutti le taccole.
Acque. In tutta lestensione di questo territorio si
numerano da 60 e pi sorgenti: due ve ne ha vicine
al paese, una detta funtana de bidda molto copiosa,
laltra funtana de littu poco pi discosta dellaltra.
Scorronvi due fiumicelli, uno appellato de Binzna,
laltro de sa Badde, e due ruscelli, uno detto de sa
Giaga, laltro Piansu. Il Binzna nasce dal territorio
di Ploaghe, e percorre per unora e mezzo lArdarese,
donde va a versarsi nel Coquina (fiume dOzieri); e
in questo si versa pure il rio de sa Badde nato nellArdarese, che descrive una linea tortuosa di due ore.
Mancano di ponti, ed pericoloso guadarli in tempo
di grandi pioggie. Vi si prendono delle anguille.
Antichit. Oltre della chiesa, di cui si gi fatta la
descrizione, occorre parlare dellantico castello, che
costrutto dicesi nellundecimo secolo. Anche al presente esso sarebbe in gran parte intero, e presenterebbe un oggetto di considerazione, se non che la barbarie lha quasi del tutto disfatto nellanno 1798, pel
solo tristo fine davere i materiali, che copiosi sarebbonsi potuti tirare dal sito istesso dove fabbricavasi.
A breve distanza dalla parrocchiale sopra una piccola eminenza apparisce di presente una porzione
della torre principale. Essa, come scorgesi dal residuo, avea la forma dun parallelepipedo a base romboidale, ed era costrutta in muratura con cemento di
calce e sabbia, rivestita poi da pietre di taglio parte
calcaree, e parte vulcaniche. La sua altezza di circa
palmi sardi 45 (metri 12), e vi si vede ancora una
porzione del parapetto del ballatojo.
Varie vestigia delle mura del castello si riconoscono
nel dintorno: havvi una porta centinata costrutta a
mattoni lunghi 0,43, larghi 0,22, spessi 0,085. Non
per possibile distinguerne la figura e la circonferenza
sotto il mucchio di tanta rovina.
Norachi. Di queste moli se ne trovano in questo
territorio non meno di undici, le maggiori delle quali, sebbene non intere, avranno laltezza di 10 metri:
lentrata proporzionata alla statura ordinaria.
Rinvengonsi pure di quegli altri antichissimi monumenti, che diconsi volgarmente Pedras ladas, e sepulturas de gigantes. Vedi articolo Sardegna, Monumenti antichi.
Condizione del comune. compreso nei feudi del
duca di Vallombrosa, e fa un feudo distinto col titolo
di Signoria del castello di Ardara. I dritti, che esigonsi,
sono scudi sardi 6 e soldi 30 per dritto di feudo, 18
galline, e uno starello cagliaritano, e 8 imbuti di grano e di orzo per ogni giogo.
Deghini. Quattro pecore figliate per ogni segno o
branco dello stesso marchio, otto scudi per ogni segno
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che dicesi cortu. Questo giubbone tiene delle aperture al gomito, ed allavambraccio. Con un velo di
panno nero, o sajo rosso detto su capucciu, formato
come il velo monacale, coprono la testa, e gli omeri.
Quando sono occupate nelle bisogne domestiche lasciano il cappuccio, e restano con una mezza cuffia di
seta o di filo, che sostienesi da piccole bende di panno legate sotto il mento.
I matrimoni si celebrano con la massima semplicit; i balli ed altri pubblici divertimenti sono rari, e
lallegria nelle feste dimostrasi con un gran consumo
di polvere da fuoco in mastii e razzi.
Vi si osserva pi che altrove il funebre rito delle lamentatrici (attitadras), e ci ad onta di tutte le misure di rigore che furono prese dai superiori ecclesiastici.
Havvi un certo numero di donne improvvisatrici, che
appena sanno essere in alcuna casa un defunto subito
vi accorrono, e disposte intorno al cadavero spiegano
tal superiorit, come se abbiano un dritto sul medesimo, e sulla famiglia. Cominciano quindi a verseggiare
in tuono flebile, onde si eccita vieppi lulular delle
femmine afflitte per quella morte, e di quelle altre accorsevi per la memoria che opportunamente rinnovasi
dei loro pi cari. Queste lamentatrici non prima si ritirano, che si porti il cadavero alla sepoltura.
La superficie territoriale dellAritzese si calcola di
98 miglia qu. Potrebbe questa vasta estensione ripartirsi in quattro quasi eguali porzioni, di cui una comprenderebbe la regione niente idonea allagricoltura,
cio i colli e rialti, molto per adatta nella primavera
ed estate al pascolo dogni genere di bestiame, massimamente pecorino e caprino.
Laltra parte conterrebbe tutto il ghiandifero, e la
selva della fertilissima ed amena eminenza detta Monte-Cresia (Monte della Chiesa), perch di propriet
della parrocchiale, dove le quercie, i soveri, i lecci, e simili vi frondeggiano densissimi.
La terza divisione, che la pi idonea al seminario
dei cereali, comprenderebbe i luoghi meno esposti, e
pi feraci.
La quarta finalmente avrebbe la selva dei castagni,
ciriegi, noci, nocciuoli, regione meritamente celebrata per lestensione, per la regolarit della piantagione,
inclusivi i predi di spettanza privata.
Elevansi in questo territorio non pochi monti, che a
ragione si pongono fra i pi alti dellisola. Primeggia
fra questi lanzidetta montagna di Funtana-cungida
(fontana chiusa o cinta) a sirocco del paese, la quale
nella sua sommit presenta sotto al meridiano una linea non minore di 5 miglia. Dal suo piano superiore
scorgesi a ciel sereno un terzo circa dellisola nella parte
meridionale, ed ove non fosse frapposta la catena di
Genn-e-argentu, potrebbesi vedere maggior estensione. La montagna di Genn-e-entu, cos detta, perch
passando al suo piede nella strada reale, che mena alla
capitale, vi si sente linfluenza dun vento, che spira costantemente, sorge a libeccio dello stesso paese. Questo
monte nellAritzese il secondo per elevazione.
Nella stessa direzione, e pi vicino alla popolazione, sorge il colle Tixili di considerevole altezza, e di
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figura conica, nel cui vertice osservasi un grande ammasso di pietre, il quale, sebbene guardato da presso
sia di figura irregolare, rassomiglia in distanza a un
cilindro perfetto, la cui altezza sul posto pu misurarsi da cinquanta piedi parigini, con un semidiametro
di circa quaranta.
Vi sono allintorno del paese altri rialti, che non si
considerano, sebbene alcuni sorpassino il livello del
paese, che credesi il pi elevato dellisola.
Abbonda lAritzese di selvaggiume, massime nella
regione denominata Mont-e-Crsia, dove con frequenza si fa la caccia maggiore. Vi si riconoscono
quasi che tutte le specie dei volatili, che nidificano
nellisola; per sono pi numerose le tortorelle, i tordi, i merli, e sopra tutti i colombacci, che veggonsi a
stormi di migliaje, massime dopo la messe, e quando
son mature le ghiande.
Sorgono ad ogni parte acque purissime e salubri; e
notasi, che in qualunque tempo esse sono superiori a
quel grado di freddo, che rende quelle daltrove meno potabili, e assai pericolose allo stanco passeggiere.
Tra le principali possono annoverarsi le due che
servono a quotidiano uso e bevanda degli abitanti in
vicinanza al paese, una a tramontana, laltra ad austro; pare eguale il diametro del getto in ambe, di m.
0,05, che alquanto raccorciasi nel cuore dellestate.
Scorrono in diverse direzioni vari ruscelli, nei quali ritrovansi squisitissime trote e anguille.
Il Flumendosa, uno dei maggiori fiumi dellisola,
divide questa giurisdizione da quella di Seulo: manca
il ponte, e la comunicazione assai pericolosa nelle
piene invernali.
Nellanzidetta montagna di Funtana-cungida si
suole regolarmente ogni anno fare lincetta della neve
per provvisione della capitale, e delle altre parti del
regno, tolto il caso straordinario duna insolita serenit anche in queste parti, sebbene allora si supplisca
dai medesimi aritzesi, che vanno a raccoglierla nella
vicina montagna di Monte-argentu, ove pu dirsi,
che stiano perpetuamente le nevi.
E relativamente a questo ramo di industria, che da
tempo immemoriale costituisce un diritto esclusivo
di regala, perch spettante come i sali e i tabacchi al
regio patrimonio, non pu lasciarsi di dire, che questo provento allerario devesi unicamente alle fatiche
dei soli aritzesi, che si impegnano a promoverlo travagliando studiosamente per sei mesi.
Sta a loro lesclusiva incumbenza di raccogliere e
incettare la neve nei mesi di marzo e aprile nelle due
dette montagne di Funtana-cungida, e di Monte-argentu, distante quella due ore dal paese, e questa tre,
sotto la direzione degli appaltatori, che in questo senso, e con non pochi obblighi verso il regio patrimonio soscrivonsi per un sessennio.
Le nevi raccolte si conservano in piccoli magazzini
appositamente edificati sino a tutto ottobre, e dentro
questo tempo la maggior parte di questi paesani, quasi
per torno, e anche due volte alla settimana quei di Belv, sono tenuti di trasportarne le some, dove, secondo
reciproci concerti con gli appaltatori, stato stabilito.
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Il dipartimento di Barbagia Belv o di Aritzo, sebbene incluso nel demanio regio, ha non di meno un Signor utile, il quale pu in certo modo dirsi feudatario.
Questa signoria, in ordine ai pagamenti soliti farsi in
danaro, grano ed orzo, pu dirsi feudo fisso e chiuso;
in ordine poi ai dritti sul bestiame partecipa anche di
aperto; per che fisso la quantit e qualit dei capi,
che pagansi per ogni segno (branco di bestiame dello
stesso marchio); ma sempre incerto il rispettivo numero dei segni, per lo che pu il feudo dirsi aperto.
Aritzo paga annualmente lire sarde 100 (lire nuove
192), sei starelli, e dodici imbuti di grano (litr. 332.04).
Lesazione viene ripartita in tre classi: quei di prima
pagano imbuti di grano 4 (litr. 12.28), e soldi 5 (lire
nuove 0.45); quei di seconda imbuti 3, e soldi 5;
quei di terza imbuti 2, e soldi 5.
La comunit di Mena paga lire sarde 125.10.0,
sessantasei starelli di grano, e ottanta starelli e dodici
imbuti di orzo da ripartirsi come si detto di Aritzo.
La comunit di Gadni corrisponde lire sarde
50.0.0, trentatr starelli, e dodici imbuti di grano da
ripartirsi come sopra.
La comunit di Belv paga lire sarde 25.0.0, sedici
starelli, e dodici imbuti di grano.
I redditi sulla pastorizia di questi paesi sono cospicui. Oltre i suindicati dritti, che da tutti esige il Signor utile, gode sopra Mena e Gadni il dritto degli
alveari. In questo dipartimento non si riconosce alcun dritto di vassallaggio, n di comandamenti personali a favore del Signor utile, cui non compete su
gli abitanti alcuna giurisdizione n civile, n criminale. Questo impropriamente detto feudo, e meglio Signoria dei redditi civili del real mandamento di Barbagia Belv, fu costituita in favore di D. Salvatore Lostia
di Cagliari. Ne prese linvestitura add 9 novembre
1767, mediante lo sborso al regio erario di lire sarde
45,000 (lire nuove 86,400).
In tale acquisto vengono compresi ancora i salti
spopolati dellArcidno, i quali ebbe accordati con la
giurisdizione civile e criminale, mero e misto imperio, e con una sola giudicatura.
Ebbe questa signoria il titolo comitale di s. Sofia,
ed trasmissibile in una ed altra linea.
ARIXI, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari, distretto di Senorb, e antico dipartimento della
Tregenta del giudicato cagliaritano.
Componesi di circa 95 case, ciascuna col suo cortile.
Le strade sono competentemente larghe.
La situazione in valle, dove a un calore elevato
nella giornata succede di notte un freddumido assai
nocivo alla sanit. Le pioggie vi sono regolari, e assai
frequenti dinverno; vi cadono pure delle nevi, ma
non durano oltre il terzo giorno: non vi sono per
rare le tempeste di grandine e fulmine. La nebbia
frequente; ma, dominandovi il ponente, alla qual
parte il paese aperto, prestamente diradasi.
distante da s. Basilio, che sta al scirocco, 3/4; da
s. Andrea, posto allaustro, unora e 1/4; da Ssini e
da Suelli, situati dallaustro al libeccio, mezzora; da
Arixi
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Armungia
I possessi chiusi non comprendono meno di starelli 200 di estensione (ari 7972), i quali annualmente si seminano. Manca il bosco, e si fa provvisione pel
fuoco nella vicina montagna di s. Basilio.
una bella collina quella che il paese tiene al levante tutta coltivata a vigne, dalla sommit della quale osservasi ad occhio nudo tutta la Tregenta.
Quivi sarebbe stato pi felicemente situato il paese, ma gli antichi temevano assai i luoghi ventilati, e
niente linsalubrit delle posizioni basse ed umide, il
che fu cagione che la Sardegna, che come tutte le altre regioni calde ha dei luoghi malsani, e de migliori
secondo il livello e altre circostanze venisse da chi poco saggiamente sa giudicar delle cose infamata come
interamente morbosa.
Il bestiame rude, che si alimenta, somma il grosso al
numero di 100 le vacche, di 150 le cavalle, che vagano
nelle montagne di s. Basilio; il minuto a 1000 pecore,
le quali perir sogliono per raffreddore alle viscere, il
quale si presume cagionato dal pascolo, che coglie bagnato dalla rugiada freddissima presso i pantani; al che
spesso si rimedia col vino caldo, o col siero.
Essendo cos tenue il numero delle greggie, i formaggi, che sono di mediocrissima qualit, non somministrano il sufficiente al bisogno: anche le lane servono ai telai del paese, e solo vendonsi le pelli.
Il bestiame domito somma i cavalli a 15, i giumenti a 60, i gioghi per lavoro a 50.
Mancando le selve manca il selvaggiume, e solo
abbondano i conigli, le lepri, e moltissime specie di
volatili, comprensivamente alle beccaccie, quaglie,
pernici, e colombacci: di queste due ultime specie,
che sono numerosissime, si fa frequentemente caccia.
Nelle acque si suol fare la caccia delle anitre e daltri uccelli delle stesse abitudini, e si pesca molta quantit di grasse e saporite anguille, principalmente nel
Rio-grande, che scorre vicino al paese, da cui perci
generalmente si cognomina.
Tre sono le sorgenti di questo fiume, che uno dei
confluenti del Ceralta, una nel salto di s. Cosimo, aggiudicato al ducato di Mandas detto Mizza de Isu; la
seconda nei salti di Seurgus: questi due canali si riuniscono nei salti di Ssini; le acque della terza si uniscono a quella corrente in distanza di unora e mezzo dal
paese. Da quel punto prende il nome di Rio di Arixi,
e passa cos vicino al popolato, che bagna le mura di
alcune case. Entrando nel territorio di Senorb accoglie a distanza di mezzora il rio Cardaju, e ingrossato
da queste acque, che mancano solamente nellestate,
passa nei salti detto Coxnas di Barrli, sopra il quale
riceve a sinistra il fiumicello, indi scorre fra le lcane
(limiti dei territori) di Samatzi e Donri, onde savanza nelle terre di Ussana, dove ordinariamente fa non
piccoli guasti. Sintroduce poscia nel territorio di Monastir, avvicinandosi a Flumineddu, delle cui acque si
accresce sopra Decimo-grande. Proseguendo il suo
corso sino ai salti di Uta e di Assemini, si versa finalmente nel Caralta. Manca questo fiume di ponte per
la comunicazione comoda e facile con le terre della
sponda destra: il guado vicino alle case, pericoloso
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Conchiudesi la solennit con fuochi di artifizio. In riguardo alla voce eleil, che come intercalare ripetesi, si
ha per tradizione essere della lingua del popolo, che
abitava a quattro ore in distanza di Armungia nella regione detta su Duttu, o Mordga, donde in occasione
di morbo pestilenziale molta gente siasi trasferita in
questo paese nel mese di settembre per iscansare il malore, come in fatti lo scans.
Quindi si afferma esser questa festivit in memoria
di quella salvezza, di cui rendonsi grazie al martire s.
Sebastiano, siccome a quegli, che tutti i sardi venerano, come loro speciale intercessore presso Dio che ci
preservi dai mali contagiosi; quella corsa dei fanciulli
alludere allingresso dei miserabili, che fuggivano dalla morte; ed il grido eleil significare un sentimento
di gioja per lo evitato pericolo.
Comprovasi pure che da Mordga sia in Armungia venuto il popolo dal dritto, che possiede questo
parroco di percevere i frutti decimali di quei salti,
sebbene sieno pi vicini ad altra parrocchia.
Il cimitero ancora presso la chiesa principale per
non essersi ancora scelto fuor dellabitato un sito opportuno a formarvi il campo-santo.
Allanno si sogliono celebrare circa sei matrimonii,
nascono 35, muojono 15.
Le famiglie sono 270, le anime 875. Vivesi da
molti oltre il settantesimo anno.
Le pi frequenti malattie son di stomaco, e qualche
febbre intermittente, non escluse le infiammazioni cagionate dalle vicende atmosferiche in quei che voglion
lasciare lantica moda di vestire. Bisogna per confessare che facilmente si superano con un piccolo ajuto dellarte per favore della salubrit dellaria e delle acque.
Vi qualche cosa da notare sulle vestimenta usate.
Gli uomini di et vestono il colletto consistente in
quattro pelli cervine ben concie a colore gialloscuro,
che formano quattro ale lunghe fino al ginocchio ricamate in seta, delle quali due si addoppiano avanti, e
due dietro agganciandosi sotto le ascelle, e stringendosi alla vita una larga cintola a ricamo, e un camauro
nero sopra una cuffia bianca, che contiene la capellatura. I giovani in luogo del colletto usano sa best-epedde (vesta di pelle) formata di quattro pelli dagnello
di lana nera inanellata, che con certe artificiose pieghe
scende sino ai lombi. La vita coperta da un giubboncello di velluto nero, la testa da un lungo berretto nero, restando sciolta la capellatura. Alcuni per la vesta di
pelle indossano cappotti di forese, guerniti di velluto
nero, con ricamo di cordoncini di seta nera. I calzoni
sono corti e larghi, e, come dicesi, a campana, fatti di
forese, e sovrapposti ad altri di tela larghi e lunghi oltre
il ginocchio. Le calze son di forese, e stringonsi a mezza coscia sopra i calzoni di tela. La cintola nera, e nel
petto si ha una bottoniera dargento.
Il vestir delle donne riducesi a due mode diverse
distintive, una delle fanciulle, laltra delle maritate e
delle vecchierelle. Queste vestono gonnelle di forese
rosso, e si coprono con grandi manti di panno verde
o nero, secondo le circostanze di allegrezza o tristezza. Le giovani maritate vestono con molta semplicit
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gonnelle di color oscuro, lunghe sino ai talloni, e velansi in pubblico con grandi manti, o con fazzoletti
di color oscuro. Le nubili vestonsi di panno verdescuro fino, o di broccato doro, secondo i mezzi, e
coprono la testa con grandi scialli, o con fazzoletto
bianco piegato in triangolo, che frenasi coi capi sotto
il mento, lasciando vedere alcune ciocche inanellate,
e facendo pompa della bianchezza del petto a met
scoperto (immodestia quasi generale nelle fanciulle e
donne dei contadi del regno), e ornato di belle collane di corallo, di altre materie, e pur doro, che adornano con molta grazia la lor belt splendida per un
bel colorito, e per occhi vivacissimi. Le loro gonnelle
sogliono esser corte, ondech vedesi una candida sottoveste, che quasi ricopre il piede.
Nei funerali usansi le cantiche lugubri, e le prefiche (attitadras) vengono rigalate secondoch permette la condizione del defunto.
Nello stringersi dei matrimonii occorre una consuetudine osservabile. Il giovine appena assicurato, che
non dispiace la sua alleanza colla famiglia, in cui abbiasi scelta la donna, avvisa un sacerdote, col quale, e
insieme con tutta la sua parentela portasi nellora appuntata nella casa della futura sposa, dove gi riunissi
tutta la di lei consanguinit. Questi fingono dignorare
il fine della visita, e restasi nel pi rigoroso cerimoniale
e contegno senza accettare alcuna esibizione o trattamento. Dura la faccenda da quattro in cinque ore; fatta di nuovo la dimanda della fanciulla, e ricevuta con
tutta solennit la promessa, si passa alla formazione
delle carte matrimoniali; indi lasciate le cerimonie si
entra in un lauto banchetto, sul finir del quale viene
stabilito il giorno della celebrazione delle nozze. Queste si festeggiano per pi giorni, secondo la possibilit
delle famiglie, e, trattandosi di gente benestante, durano per pi di otto giorni laccoglienza per le congratulazioni, i conviti, i divertimenti. da rimarcare il grande uso che vien fatto di caff e di rinfreschi, e dei
liquori pi fini, esclusa lacquavite, di cui n anche la
plebaglia si diletta, come generale nei contadini sardi,
onde sono cos frequenti le infiammazioni.
Le donne del volgo ajutano i loro mariti nella seminagione dei legumi; le nubili usano la falce, e seguono i mietitori. Oltre la mercede portansi a casa in
dono un fascio di spighe.
Questi paesani trattansi vicendevolmente con molti riguardi; sono di bellumore, e hanno fama dessere
i pi aggraziati ballerini: veramente un vago spettacolo la leggerezza dei loro movimenti, e leleganza del
loro portamento.
Possiede questa comunit un territorio assai vasto di
circa 120 miglia qu. in superficie triangolare. Grandissimo frutto potrebbe percepirsi da cotanta estensione
in massima parte coltivabile; ma non si cura daver oltre della sussistenza, e di arricchire. Si semina ordinariamente circa 720 starelli cagliaritani di grano (litr.
35,424), che rende in anno di mediocre fertilit dal 12
al 15 per uno; dorzo starelli 200, onde si ha pi del 15;
di fave 100, le quali producono anche il 25; di legumi
50, che rendono il 10; di lino se ne semina tanto, che il
prodotto possa provvedere ai bisogni delle famiglie.
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fonte di Perdemontis, e quelle di Miansa, di Suacue-sa figa, e Dessu-Spinosu. Sono distanti non meno
di 2 miglia dal paese.
Scorrono in questo territorio due ruscelli, uno detto
Spgulu, che abbonda di squisite trote ed anguille; laltro denominato Gruppa, dove pure pu farsi unabbondante pesca. Il primo ha le sue scaturigini nel territorio di Villa-Saltu, e principalmente dalla fonte
Miri; laltro formasi in questo stesso di Armungia
dalle perenni indicate sorgenti. Alla parte di levante,
in distanza di mezzora dallabitato, serpeggia il Flumen-Dosa, nel quale, oltre le suddette specie di pesca,
abbondano anche in certi mesi le delicate saboghe.
Non vi ponte per passare allaltra parte del fiume;
quindi nelle piene si dee varcare sopra una barchetta,
per cui ogni capo di famiglia paga al barcajuolo due
imbuti di grano (litr. 6.14).
Sono in questa vasta regione non meno di 14 di
quelle antiche coniche costruzioni darte ciclopica, che
diconsi norachi: due se ne veggono ancora in buono
stato, uno dei quali dentro labitato alto circa 12 metri.
Entra questo comune nel mandamento della curatora di Gerri, stata elevata al titolo comitale di Villa-Saltu, e poi al marchionale di Villaclara. Gli affari
di giustizia trattansi in Gerri, dov la curia. Per li
dritti feudali vedi Gerri.
ARZACHENA, vedi Appendice.
ARZANA, borgata della Sardegna nella provincia e
distretto di Lanusi, appartenente allantico dipartimento dellOgliastra nel giudicato cagliaritano, capoluogo di mandamento, che comprende Lanusi, Ilbono, Elini, e Villagrande.
distante dal capo-luogo di provincia unora a cavallo, ed ore 3 da Tortol, nella medesima latitudine,
e nella longitudine orientale da Cagliari di 023'.
Esso situato sulla pendice orientale della gran catena centrale dellisola, che sorge dalla parte boreale,
e sprofondasi in mare in Carbonara. Giace alla falda
del monte Idolo, guardando la tramontana, il ponente, e mezzogiorno: il suo circostante assai ameno; le
case sono circa 150, divise in due borghi, uno detto
Budci, laltro Barigu.
Le arti meccaniche di prima necessit per gli usi
della vita, e pei bisogni dellagricoltura, sono trattate
da pochi. Le donne sono molto laboriose, ed i loro telai, che non sono meno del numero delle famiglie,
provvedono di tele di diversa qualit e di panno forese
non solo gran parte dellOgliastra, ma molti paesi ancora del campidano di Cagliari. Il forese tingesi variamente con le erbe e radici che trovansi nel territorio.
Havvi un consiglio di comunit, una giunta locale
sul monte di soccorso, ed una scuola normale frequentata da 20 fanciulli.
Nellestremit dellabitato, presso una chiesa distrutta, veggonsi certe rovine, che credonsi di antichi
bagni, ed il sito pare il persuada col nome che ritiene
di Bngiu. Si vuole siano stati abbandonati da 200
anni addietro.
Arzana
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Arzana
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gran nodo della catena centrale (vedi articolo Barbagia). Dopo questo devono considerarsi i monti Idolo,
Armidda, e Ccuru-majore. Questa regione metallifera. Vi uno scavamento di minerale di ferro ossidulato magnetico, con piriti fra roccie granitiche: nel sito
detto sa ferrera trovasi pure del ferro nel luogo detto sos
frales, con granati di un giallo verdastro, e si d per
certo che esista qualche altro minerale in Monte doro.
Nutresi gran quantit di bestiame; quello che serve
dajuto alluomo nelle sue fatiche delle seguenti specie e numero: buoi 235, cavalli 300, asini 150, i quali
pascolano nel prato comunale. Grande poi il numero degli armenti e delle greggie, che pascola nei salti
del paese nella primavera, estate, ed autunno, donde
nellinverno passa alle marine nei territorii di Tortol,
Bar, Locri, e altrove. Le pecore saranno poco pi di
30,000, le capre 20,000, i porci 556, le vacche 638.
Coltivansi pure gli alveari, ma il numero non eccede
il migliaio. I prodotti delle greggie sono di ottima
qualit; e degual bont, sebbene scarsi, sono quei degli armenti. Si commercia direttamente coi genovesi,
ma pi spesso coi sensali ogliastrini e sarrabesi.
I formaggi hanno riputazione sopra tutti gli altri
dellisola per gusto e durata; il che, come dai pascoli,
cos dipende pure dalla manifattura.
Il selvaggiume assai copioso in questi monti e valli, e tra i cinghiali e daini dato spesso di trovare torme di mufloni. Le specie pi numerose dei volatili sono i merli, le pernici, i tordi, i passeri, le beccaccie, le
allodole, gli usignoli, le tortore, oltre i cuculi, le piche,
le calandre, gli allocchi, le civette, i colombi, le anitre,
gli smerghi, i beccafichi, le quaglie, e tante altre specie, alle quali bisogna aggiugnere i corvi, gli sparvieri,
gli avoltoi, e laquile che pi di tutti danneggiano.
questo territorio abbondantissimo di acque. Dentro il paese sgorgano da varie parti, principalmente per nel centro, dove trovasi la fontana Suja molto abbondante, e nellorlo dellabitato altre due, la detta
Macinis, e quella del Bagno minor delle altre Funtana
de Serra un po lontana, e pochi se ne servono. La prima e la seconda hanno fama di essere diuretiche. Funtana-Onniga nel prato, in distanza di 3/4, celebrata
per la sua leggerezza e freschezza, e per una virt che si
sperimenta da chi bevela, mentre promove, come se si
avesse preso la miglior manna, le evacuazioni. Dalle
prime quattro sorgenti cominciano quattro ruscelli.
Vari fiumi scorrono per questo territorio, li quali
tutti poi confluiscono col Buzzne, ricco sempre dacque, e insieme pericoloso. Nasce esso fuor del territorio dArzana, dove arriva dopo sei ore di corso dalla
prima sorgente. Entrano nel suo canale il Siccaderba,
che, quando gonfiasi, non possibile di trapassare; il
fiume di Genna-e-Luca, cos detto dal nome della regione alle falde del Monte-argentu; ed un terzo denominato di Tedderi-mannu dal luogo, onde prende
origine. Il primo arriva al Buzzne, dopo un corso di
ore tre e mezzo; il secondo dopo 4; il terzo dopo due
e mezzo. Questo fiume cos ingrossato, e facendosi
sempre maggiore per nuovi aumenti corre verso levante, passa a mezzogiorno, e in poca distanza di Tortol,
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Asinara
Scombro attaccasi alla seconda regione; monte Tamburino di superficie di miglia 3 qu. Questa seconda
eminenza a inferior livello della prima. Il campo di
Tamburino assai depresso divide questa seconda dalla
terza regione, detta Monte-Ruta, della piccola superficie dun miglio quadrato, e dinferiore altezza delle
precedenti. Langusto umilissimo piano di CampoAperto, o della Reale connette queste parti meridionali alla settentrionale pi montuosa ed elevata, con
una superficie eguale alla somma delle precedenti, la
quale chiamo di Vallombrosa da una valle di tal nome, che traversa la regione in linea al greco.
Il mare dintorno quasi dappertutto assai profondo, onde potere qualunque legno aggirarvisi senza timore. Dalla punta del Lupo, terra bassa ed arenosa,
cominciando per la costiera di ponente il giro, trovasi
subito la cala dello stesso nome, con fondo di 20 e poi
di 36 tese, dove niun si ferma, se non coi venti di terra. Dopo due miglia lungo una costa dirupata entrasi
nella cala di s. Nicolao, bassa, con ispiaggia sabbiosa
seminata di alcuni scogli, che risponde alla cala di
Scombro nella costiera di levante, con lintermedia distanza di 250 passi. aperta al libeccio. Quindi per le
colline dette di Sabuno con massi cadenti sul lido, lasciata una piccola cala detta della Nave, dopo tre miglia toccasi la cala di Campo-Tamburino con terreno
basso e scoperto, dove si possono tirare a terra i piccoli legni a remo. Da questo punto scorrendo le basse
rupi delle falde di Monte-Ruta approdasi alla cala di
Campo-Aperto, e un po pi in l alla cala dei Muronelli, donde continuandosi il corso per quattro miglia e
mezzo secondo la curva irregolare di quelle inaccessibili spiaggie, si arriva al promontorio settentrionale della
Caprara. Quindi volgendo a riconoscere la sinuosa costiera di levante, dopo poco pi dun miglio trapassando quattro piccole cale, giugnesi alla punta di cala di
Arena, cui appresso in una eminenza sorge una torre,
che presentemente trovasi sguarnita. Il seno aperto al
levante, ed ha in testa una spiaggiuola arenosa, dove ha
foce il ruscello di Vallombrosa. Vi si possono tenere alcuni piccoli legni, se pur non avvenga che vi si volga
molto mare dal levante. Indi per due linee, una dun
miglio direttamente a scirocco-levante, e laltra degual
misura per ostro-scirocco, lasciati due piccoli seni, entrasi in cala dOliva aperta a scirocco-levante, e cos
detta perch di molti olivastri veggonsi ingombri i territori vicini. Su la punta dello stesso nome trovasi la
torre presidiata da un alcide, con un artigliere e pochi
soldati, che d nelle occorrenze i segni alla torre di Porto-torre, la quale tienesi quasi a mezzogiorno. questo
un seno dove non temesi di portare e sostenere legni
di mediocre portata anche in tempi burrascosi. Scorse
altre due miglia quasi in arco di semicircolo, e vedute
due piccole cale si va sotto il promontorio e torre presidiata del Trabucato; e apresi tosto il golfo dellAsinara
concavo quasi una mezza circonferenza col diametro
di 4 miglia da questa alla punta di s. Maria nella falda
di Barbarossa, sotteso a una curva di miglia 6. Guarda
il scirocco, che non vi spinge che le acque dun tratto
di 20 miglia. Il levante gli alquanto obbliquo, e ve ne
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nebbie ed assai crasse, e talvolta cos basse, che paja vedere una inondazione per escrescenza del fiume vicino.
Tuttavia la ventilazione ordinaria dalla parte del maestro minora il nocumento, e se nha sicura prova nel
vedere questi paesani dimostrare non poca attivit nelle facolt intellettuali, e perspicacia maggiore, che altri
che vivono nella stessa pianura; ed ancora nellosservare come ad una bella fisonomia e taglia rimarchevole,
specialmente nelle donne, vada unita una non ordinaria robustezza. E sarebbero i medesimi soggetti a pi
poche malattie, se meglio provvedessero a s contro alle variazioni della temperatura, che salta repentinamente in meno o in pi non pochi gradi, e se non volessero dimettere luso del collettu, veste antichissima
di pelli conciate, e in questo clima necessarissima alla
conservazione della salute, che con gravissimo danno
stata in non pochi luoghi abbandonata.
Labitato avr circa due terzi di miglio in circonferenza, e 480 case. Sono costrutte a mattoni crudi, generalmente senzaltro piano sopra il terreno, hanno
un cortile, e taluna anche un orticello contiguo. Niuno per si ha data mai la cura di piantar degli alberi
o fruttiferi, o di sola ombra; disattenzione che con
istupore vedesi in tutti quasi i paesi della pianura, i
cui abitatori, ove non movesse il benefizio pregevolissimo della scemata insalubrit dellaria, dovrebbe persuadere il visibile vantaggio della provvista delle legna
pel focolare, delle travi e travicelli di cui si potrebbero
giovare per li tetti, e per gli usi dellagricoltura.
Le strade sono bastevolmente larghe, sebbene poco regolari, se eccettuisi la principale, che denominasi
di Cagliari, per ci che in quella passano quanti da
Decimo-manno si dirigono alla capitale.
La maggior parte di questi paesani esercitano lagricoltura e la pastorizia; altri attendono alla pesca nel
fiume e nel vicino stagno; altri alla caccia; ed una pi
piccola parte fanno da vasellai. Questi fabbricano
con qualche arte delle stoviglie grossolane, brocche,
scodelle, fiaschi, tegami, casseruole, ed altri vasi. Ne
provvedono i villaggi vicini; ma la maggior vendita si
fa in Cagliari nella vigilia della festivit della Vergine
del Carmine, dove concorrono coi decimesi, che in
gran numero sono applicati a questi lavori. Se avessero metodi migliori potrebbero scemar di molto in loro profitto il quantitativo, che ogni anno si sborsa
per terraglie straniere. La tessitura loccupazione
delle donne, e si lavora in pi di 400 telai. Malgrado
siano questi molto semplici e rozzi, veggonsi bene
spesso dei tessuti, che meritano lode. Molte di queste, come sogliono quelle dei paesi pi vicini alla capitale, con molta frequenza vi si portano a vendervi
uova, pollame, formaggio fresco, ed altri oggetti.
stabilita in questo villaggio la curia per gli affari
di giustizia dipendentemente dalla prefettura di Cagliari, e dal magistrato della Reale Udienza. La sua
giurisdizione estendesi ancora sopra i popolani di
Uta. Havvi un consiglio di comunit, una giunta locale sul monte di soccorso, ed una scuola normale
frequentata da 15 a 20 fanciulli, sicch la maggior
parte di costoro resta senza istruzione.
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Il carattere morale lodevole. Sono pacifici, laboriosi, sobri, insiememente pieni di vigore, armigeri,
amanti della caccia: governano bene il cavallo, e sul
medesimo sogliono anche far la caccia.
Le donne appajono modeste. Sono poche che mangino a tavola coi mariti, se non in occasione di qualche
convito. Siedono ordinariamente ad altra mensa con le
figlie e con le serve: il quale costume troverassi ragionevole da chi conosca la condizione delle cose.
Le famiglie ascendono a circa 495, lintera popolazione a 2025. Nascono allanno circa 80, muojono
30, e si celebrano 18 matrimoni. Da questo numero
sono trascritti 51 individui tra fanti e cavalli al battaglione di Cagliari dei corpi miliziani barracellari.
Le malattie ordinarie sono le febbri intermittenti e
perniciose, e le pleuritidi. Pagano pel medico distrettuale, e non ne hanno giovamento. Non si ancora
formato il campo-santo, ed i cadaveri vengono sepolti nelle chiese figliali, dove a chi ha buon naso troppo
riescono moleste le esalazioni delle mal suggellate
tombe. Alcuni sono inumati nel cimitero annesso alla parrocchiale.
Lestensione superficiaria del territorio di questo
villaggio di circa 20 miglia qu. Procede secondo la
curva dello stagno dalla parte del libeccio; da quella
del scirocco stringe tra s e lo stagno il territorio del
Maso. Il fiume di Bau-arna lo divide in due parti, di
levante, e di ponente. Lagricoltura si esercita principalmente in quella regione.
Il monte di soccorso era costituito dal fondo granatico di starelli 1510 (litr. 74,292), dal nummario di lire
sarde 2258.13.0 (lire nuove 4336.43). Ora il primo
ridotto a star. 1000; il secondo a lire sarde 203.13.9.
Non si seminer meno di starelli 1800, ed in poco minor quantit la somma delle fave, orzo, civaje. La fruttificazione, quando corran propizie le stagioni, principalmente la primavera, pu nel generale calcolarsi al
15 per uno. Si semina lino in molto terreno, per d
pi stoppia, che capecchio. I ceci sono di ottima qualit, straordinariamente grossi, e assai riputati.
La principal cultura intorno alle viti. Il vigneto
non occuper meno di starelli di terreno 1100 (ari
73,846). Poche sono le variet delle uve; rendono per assai, ed era questa la principal risorsa di questi
paesani, quando i prezzi non erano cos avviliti. Se ne
vende a Cagliari e ad altri paesi. Maggiore certamente sarebbe di 60,000 quartieri (litr. 300,000) la somma, se non si vendesse gran quantit duve. molto
celebrato il moscatello per la sua leggerezza e soavit.
Il metodo della vinificazione non molto peccante,
ma vorrebbe essere ancora perfezionato.
Le piante fruttifere sparse nei poderi sono di poche specie. Coltivansi specialmente i fichi, i susini, i
peri, ed i mandorli, ma il numero n ben piccolo.
Non si usano altre piante allassiepamento, che i fichi
dIndia. Le erbe e piante ortensi riduconsi a cavoli,
lattughe, appio, cardo, ravanelli, e poponi, delle quali
non si ha pure quanto basti al bisogno delle famiglie.
La sola cultura dei pomidoro molto estesa; se ne fa
grande smercio nella capitale. Sarebbe a desiderare
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paese a sinistra, e le terre di Sanluri a destra. Continuando quindi nella pianura il suo corso, riceve presso Serra-manna il rio Lni, che gli viene dai monti di
Villa-Cidro, e lasciata poi alla sinistra Villa-Sor, ed alla destra Villa-speciosa e Decimo-Puzzo, inclinatosi
un poco verso libeccio, passa sotto il ponte detto di
Uta, e dopo uno scarso miglio si unisce col secondo
suo ramo, di cui si parler nellarticolo Decimo-manno. Procedendo congiungesi col rio Ciserro, di cui si
parler nellarticolo Uta, entra indi subito nello stagno, e attraversandolo va a perdersi nel mare sotto il
ponte della Scaffa ad un miglio dalla capitale.
In questo fiume prendono gli asseminesi anguille, lisse, e saporitissime saboghe. Vedi Sardegna, articolo Pesci.
La pesca una delle risorse del paese. Vi si occupano da 50 e pi individui con una ventina di barche piatte. Passano nello stagno con tolleranza dei
pescatori cagliaritani, e ne levano gran copia di pesci.
Usano gli asseminesi un ordegno, su-inginnu, sconosciuto nelle altre parti dellisola. Agli estremi di due
bastoni incrociati stanno attaccati i capi di una rete
quadrata un po concava: cotal croce pende dallestremit dun travicello, che oscilla in alto e in basso sopra un perno. Si deprime nelle acque la rete, i pesci
vi si fermano per lesca; lattento pescatore coglie il
buon punto, e abbassando con molta forza laltro
estremo della leva li trae nellaria.
Sarebbe desiderabile che questo popolo comprendesse meglio i vantaggi della sua posizione, e migliore
senza dubbio sarebbe la sua condizione. Principalmente converrebbe che procurassero in tutti i modi
di render meno insalubre laria con una numerosa
piantagione di alberi, e con asciugare quei pochi pantani che soffrono vicini.
Assmini, uno dei tre mandamenti in cui divisa
la baronia di s. Michele nella Sardegna. Comprende il
villaggio di questo nome ed Uta. Per li dritti feudali
vedi Campidano di Cagliari, Baronia di s. Michele
[recte vedi alla voce Cagliari].
ASSOLO, villaggio della Sardegna, nella provincia di
Buschi, distretto di Ales. Comprendesi nella tappa (uffizio dinsin.) di Srgono, e nellantico dipartimento o
curatora di Parte-Valenza del giudicato di Arbora.
situato in faccia a maestro-tramontana nelle falde della Gira e del Giuerri, donde si ascende a quella per vie caprine difficilissime in non meno dunora
e mezzo; ed alla cima dellaltro in altrettantora per
una strada praticata sulla costa in linea scalare, per la
quale pu andare anche il carro.
distante da Nurci unora e mezzo; da Senes, capo del mandamento, mezzora; da s. Antonio de Funtana-coberta ore due; da Ogliastra-Useddus due ore e
mezzo; da Ales ore 3; da Buschi, capo-luogo di provincia, ore 6. Queste strade sono in pessimo stato, per vi possono, sebbene con difficolt, trafficare i carri.
Labitato stendesi in lungo circa 8 minuti. Le strade
son poco larghe; il piano disuguale e sassoso, ed in
istagioni piovose impraticabile anche per lo fango. Tutte le case hanno davanti un piazzale con un loggiato
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aderente, che dicesi Lolla nel campidano de-Parte-Jossu, Stulu nel campidano dOristano. Nei piazzali dei
benestanti continua il loggiato intorno, e vi si tengono
buoi, cavalli, e giumenti. Mancano in questi ed altri
spazi gli alberi, e solo vedesi qualche ficaja. La costruzione a pietre con fango, e non si usano i mattoni
crudi (su ladri).
Non havvi alcuna piazza per li balli, solito divertimento nei d festivi della giovent; ma costumasi celebrarli ora in una, or in altra casa presso i giovanotti
principali. Le fanciulle vi concorrono invitate da due
o tre dei medesimi, tra li quali ha da esser sempre un
suo parente per custode.
Le arti necessarie meccaniche vengono da pochi
esercitate; lunica manifattura la solita delle tele e
del forese. Si fanno pure delle coltri, ma tutto serve
per uso proprio. Lavorasi in 140 telai.
Un consiglio di pochi probi ed anziani governa le
cose comuni, una giunta le cose dellagricoltura, e
specialmente il monte di soccorso. Havvi una scuola
normale, dove concorrono non pi di 8 fanciulli.
La chiesa parrocchiale sotto linvocazione del
martire san Sebastiano. minore del bisogno, ha soli
tre altari, disadorna, e manca pure del campanile.
La governa un vicario sotto la giurisdizione dellarcivescovo dOristano, cui appartiene la decima.
Allestremit dellabitato trovasi la chiesetta di s.
Maria con un solo altare. molto antica, e si crede
che in altri tempi fosse la parrocchiale. Entro questa,
e nel contiguo piccolo cimitero, come anco nel piazzale, sono seppelliti i cadaveri, e non si pensa a formare il prescritto campo-santo.
La festa principale si celebra nella terza domenica di
settembre in onore di s. Lucia vergine e martire. Si
corre il pallio, e confluisce molta gente dai vicini villaggi, men di allora per quando era ancora in pi la
chiesa campestre dedicata alla medesima. Anche per la
festa di s. Pietro apostolo vi lo spettacolo della corsa.
Si celebrano allanno circa 6 matrimoni, ed usasi di
augurare agli sposi abbondanza e fecondit con gittar
loro addosso del grano a piene mani quando ritornano
da chiesa alla loro casa; muojono circa 12, e le donne
del parentado fanno la invano proscritta cerimonia funebre dellattto. Le famiglie sono circa 135, le anime
545. Il contingente per il battaglione di Lconi dei
corpi miliziani barracellari di 13 individui.
Il clima, eccettoch nella grande state, temperato,
r il freddo molesto in inverno, che soffiando quei
venti, cui il paese resta esposto. La neve vi dura talvolta
per tre giorni, e tal altra anche di pi. Vi piove con
qualche frequenza, per la nebbia non vi si ferma che
nellinverno. Poca pure lumidit che vi si risenta, ed
una sorte che per la posizione protetto sia labitato
dal levante-scirocco e mezzogiorno. Non pu dirsi che
laria sia in s malsana. Generalmente vi si gode buona
sanit; e se pochi giungono a molta vecchiezza, ci nasce da cause morali, che si dovrebbero togliere.
Le ordinarie malattie sono infiammazioni ed ostruzioni, e alcuni terminano per colpi apopletici. Vivesi
quasi comunemente con qualche agiatezza.
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Le vigne han poche variet di uve, e pare che la regione non convenga a questa cultura, mentre le viti e
rendon poco frutto, ed i vini non sono molto pregevoli. Gli alberi fruttiferi sono peri, susini, pomi, persici, mandorli, fichi, meli granati ecc., che in totale
non avanzano oltre i 500 individui.
Vi ha una sola tanca (gran chiuso per pascolo del
bestiame, e per seminarvi ancora), e questa con i piccoli chiusi che sono in buon numero occuper una
quindicesima della superficie totale dellassunese.
La parte montuosa del territorio vestita di selve
annose, di lecci, soveri, roveri, corbezzoli, ulivastri,
aliderri (philyrea angustifolia), che riempiranno circa
una quarta di tutto lagro.
La somma dei capi delle diverse specie di bestiame,
alla cui propagazione attendesi, ben mediocre. I buoi
per lagricoltura sono circa 210, le vacche 170, cavalli e
cavalle 30, porci 60, capre 500, pecore 1500. I formaggi sono poco riputati.
Non scarso il selvaggiume, principalmente cinghiali e daini, tanto pi che di rado si muove loro
guerra. per pi osservabile la gran copia degli uccelli, massime passeri e colombi selvatici.
Si riconosce assai piccolo il numero delle sorgenti
dellassunese, e quelle otto che si lodano gettano ben
poco. Invece vi scorrono non pochi ruscelli, dei quali
tre mancano nellestate. Il fiume Imbessu tocca questo
territorio, mentre procede a congiungersi con lArscisi, o Arschisi.
Di pochi norachi rimangono vestigie. Presso ad
una di queste antichissime costruzioni veggonsi le rovine della chiesa di s. Giovanni Battista, la quale nel
1763 fu distrutta per un incendio che destatosi nei
salti del villaggio di Palmas dOristano venne serpeggiando col favor del vento sino a questo territorio.
Ritrovansi in diversi siti del medesimo da 20 caverne sepolcrali di molta antichit, lunghe ordinariamente metr. 1.30, larghe 1.0, ed alte altrettanto. Chiamansi dai paesani forreddus (fornelli), vocabolo consimile
allusato nelle provincie settentrionali del regno forrigheddos, e corrottamente forrighsos, o furrichsos.
Comprendesi questo comune nel contado di Nureci. Per i dritti feudali vedi Nureci, capo-luogo di
mandamento, ecc., dove stabilita la curia, e bisogna
andare per proporre le proprie ragioni.
AUSTIS, antico dipartimento del giudicato di Arbora,
ora compreso nella provincia di Busachi. Confina da
tramontana e levante con Barbgia-Olloli, allostro
con Mandr-e-Lisi, a ponente con una porzione del
Barigdu.
La superficie pu valutarsi a 70 miglia quadrate.
paese montuoso, e quelle sue valli che sono irrigate
dai rivi appajono amenissime.
Sono in questa regione tre sole popolazioni; cio Astis o Augustis, capo-luogo del mandamento, Tiana, e
Teti; n rimane memoria di altre che ve ne siano esistite
nei tempi antichi. Il totale delle anime nel 1805 era
1173, nel 1826 era scemato a 1140, ed in questanno
1834 arriva a 1305, distribuite in 324 famiglie.
Austis
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e pulizia dei paesi dipende dal barone, che tiene in Astis, capo-luogo del mandamento, un delegato di giustizia, dipendente dalla prefettura di Buschi.
Non avvi in questo dipartimento alcuna stazione,
e minor dellopinione il vantaggio che sentono i comuni dai 59 individui tra fanti e cavalli coscritti pel
battaglione di Buschi dei corpi miliziani barracellari,
ad una porzione dei quali incumbe la vigilanza per la
conservazione delle propriet, e lesecuzione dei comandi che loro si diano pel buon ordine pubblico, e
sicurezza delle persone.
Baronia dellincontrada dAstis. Vertendo lite tra
Matteo Arbosich, ed il regio fisco per le saline di Alghero, usc sentenza del vicer D. Iigo Lopez, che
aggiudicava le saline a Matteo coi frutti importanti
pi di ducati 1500. In soddisfazione di tutte le pretese del vincitore fu dal re D. Ferdinando (add 2 settembre 1504) conceduta al medesimo lincontrada di
Astis, composta dei tre suddetti villaggi Astis, Teti,
Tana. Pass questo feudo a titolo di dote nella casa
Dessena, poi, in forza ancora di capitoli matrimoniali
(anno 1593), nella casa Cervellon, ultimamente nella
casa Amt dei baroni di Sorso.
I dritti che si sogliono domandare dal feudatario
sono i seguenti: il feudo fisso, su che vedi Astis vill.,
Teti, Tana; il dritto di beras, il dritto di vigne, il
dritto de cartucciu, di grano e di orzo da quanti seminano, eccettuati i sacerdoti, i nobili, ed i porcari
che pagano segno, il che importava dodici imbuti
(litr. 12,30) di grano o dorzo.
Quando nei ghiandiferi introduconsi porci di pastori non vassalli pagasi 5 capi grossi per ogni centinaja di mardiedu, vedi lart. Feudi di Sardegna, ed annicoli 4 per ogni centinaja di capi di questa classe.
I porcari nativi pagano un porco per segno, e tutti
insieme pagano quattro porci, denominati de pezzas.
I pecorai pagano una pecora per segno (branco
dello stesso marchio che non sia minore di 10 capi)
quando siano di un solo, se siano di due diversi padroni, allora si devono due capi grossi, e tutti insieme
i pecorai del comune sono obbligati a nove pecore de
pezzas. Tutti i redditi di questo feudo vanno probabilmente a lire sarde 2000, non compresi gli affitti di
Monte-mannu, che del demanio.
AUSTIS, villaggio della Sardegna, nella prov. di Buschi, distretto di Tonra, tappa (uffizio dinsinuazione)
di Srgono, e gi compreso nellantico dipartimento,
incontrada o curatora del suo nome, della quale era
capo-luogo.
La sua situazione in una valle umidissima, esposta ai venti settentrionali, ed offesa ancora dai levanti.
Vi sono circa 125 case mal costrutte, disposte in
istrade niente regolari, e non selciate, nelle quali in
tempi piovosi non si pu trafficare pel fango, che anche di estate resta in frequenti pozzanghere a render
pi insalubre laria.
distante da Tonra ore 2, da Srgono e Orturi
21/2, da Neonelli 3, da Teti 11/2, da Tana 2, da Buschi, capo-luogo di provincia, 4.
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questo uno dei paesi, in cui commerciano i gavoesi comprando tutte le pezze di panno forese, che
sono superflue ai bisogni delle famiglie. Vha poi due
o tre che fanno darmaruoli, e falegnami, e nulla pi
in proposito di arti.
Come negli altri paesi del regno, cos in questo
stabilito un consiglio comunale, una giunta locale
per lamministrazione regolare del fondo granatico e
nummario a maggior incremento dellagricoltura, ed
una scuola normale, che pu dirsi di molta frequenza, avuto riguardo al numero delle anime, e fatto
paragone con altre popolazioni pi numerose, poich
vi concorrono circa 20 fanciulli.
Il tribunale di giurisdizione ordinaria per tutta lincontrada qui stabilito, e governato da un delegato di
giustizia con uno scrivano per segretario.
Non vi ha altra forza pubblica, ad eccezione del
contingente miliziano barracellare di 20 uomini tra
fanti (17), e cavalli (3).
Questa parrocchia sotto il governo dellarcivescovo dOristano. La chiesa dedicata alla Vergine Assunta. Ha la cura delle anime un rettore, cui non
sempre che altri assista in questuffizio. Vi sono inoltre due chiese figliali, una appellata dal martire s. Sebastiano, e laltra campestre in distanza di 3/4 dal
paese verso tramontana, sotto linvocazione di s. Antonio da Padova.
Due pure sono le principali solennit accompagnate da pubblici divertimenti, balli, e corsa di barberi, una nel paese in onore di s. Agostino, laltra in
campagna in onore di s. Antonio da Padova, con
gran frequenza dai villaggi vicini.
Il totale di questa popolazione in questanno
(1834) di anime 490 in 120 famiglie. Si celebrano
per ordinario da 6 matrimoni, nascono 22, muojono
12. Il corso della vita suole essere sin presso al 70.
Le pi frequenti malattie mortali sono le pleurisie,
e le febbri intermittenti.
Il clima un po freddo, e in vari siti anche umido: vi nevica con frequenza in inverno, vi imperversano le tempeste, e vi si addensano delle nebbie non
sempre innocenti.
Lestensione superficiaria dellaugustese pu computarsi a 24 miglia quadrate. Il comune quasi in centro.
Le terre sono pi adattate allorzo, e perci di questo
genere si semina in quantit maggiore, e se ne fa pane.
La dotazione del suo monte di soccorso era fissata
in grano a starelli 410 (litr. 20,172); ed a lire sarde
368.12 (lire nuove 707.54). Nellanno 1833 il fondo
granatico portavasi a starelli 510, ed il nummario era
ridotto a zero. Il quantitativo dellorzo che si semina
si calcola a starelli 500, quello del grano a star. 60.
Rende il grano il cinque, lorzo lotto, le fave il sette.
La qualit dei legumi ottima. Il lino coltivasi in piccola quantit, il canape in molto maggiore, e se ne
raccoglie allanno 150 cantara in circa (chil. 6341,4).
Negli orti si coltivano cavoli gambusi, zucche, pomidoro e granone.
Le vigne non prosperano che in alcuni luoghi aprichi esposti a venti caldi. Poche sono le variet delle uve,
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Si sogliono celebrare allanno 12 matrimoni; nascono 45, muojono 25, ed ordinariamente si vive al 60.
Le pi frequenti malattie sono le pleurisie, altri
mali di petto, e le febbri periodiche. Generalmente le
famiglie vivono in certa agiatezza.
Vi un macello libero, che provvede di carni dogni
specie.
La maniera del vestire non dissomiglia da quella
dei campidanesi per gli uomini. Le donne per hanno una moda loro propria nel coprir la testa, per
che in luogo del fazzoletto, o del velo, quale usasi in
altri luoghi, esse portano un pannolino lungo quasi
una tovagliuola, ond che la dicono con nome appropriato tiazla.
I giuochi comunemente usati sono le carte, e isbrillus (il rullo). Il ballo muovesi per lordinario allarmonia deis launeddas, ed a qualche intervallo a
quella del canto in quattro voci o pi in certaria breve e rapida, come si costuma nelle provincie settentrionali dellisola.
Il clima piuttosto da dirsi temperato. Di rado vi
nevica, ma con frequenza vi piove, specialmente nella
primavera. Il paese poco soggetto a tempeste, ma lo
alla nebbia, che si sperimenta per lo pi nociva.
Il territorio azzarese rappresenta quasi un triangolo; la superficie valutasi a 20 miglia quadrate: labitazione presso alle lcane (confini) dalla parte di ponente.
Le terre in generale sono pi adatte allorzo ed alle
vigne, che al grano. Vero che questo genere potrebbe fruttificare secondo i voti dei contadini nel salto
de Giossu, se essi volessero preparar le terre come, e
quando conviene; ma troppo difficile menarli fuori
dalla via delle antiche consuetudini.
Il monte di soccorso ebbe nel primo stabilimento
la dotazione in grano di 1110 star. (litr. 54,612), in
danaro di lire sarde 820 (lire nuove 1574.40); ora il
primo fondo ridotto a star. 250; il secondo a lire
sarde 90. Non ostante certo che si semina di grano
oltre li star. 500, e pi ancora di orzo; e che la messe
mostra moltiplicato il grano da 2500 a 3000, lorzo
da 5500 a 6000 starelli. Sebbene vi siano dei terreni,
dove verrebbe prosperamente il granone, e ogni sorta
di legumi, tuttavia appena se ne semina quanto basta
ad una meschina provvisione.
I cavoli, e i pomidoro sono le sole piante ortensi
che si pregino e si curino; quindi debbonsi comprare
quegli altri frutti di questo genere che si brami gustare,
come comprasi non piccola porzione del lino e canapa, che adoprano le donne nelle loro manifatture.
Mentre il colono azzarese quasi del tutto distratto da questi oggetti, che dovrebbe per ragione di economia ben riguardare, deve dirsi che la sua attenzione rivolta principalmente alle vigne, che egli reputa
il pi importante capo delle sue risorse. Le uve quasi
tutte sono nere: non si sa se il vino sia tanto buono,
quanto si vanta; ma certo che grandissima la sua
quantit, la quale non solo basta al consumo prodigioso, che se ne fa nel paese, ma ancora a provvedere
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quali oltre ci sono trattenuti per tre giorni in continua festa: e quando poi si accomiatano, tolgonsi in
dono del pane e della carne.
La festivit di s. Maria de Nuraji ha qualche cosa di
singolare che merita rimarcarsi. Al primo sole del luned dopo la Pasqua di Risurrezione, giorno destinato a
queste celebrit, levasi dalla parrocchiale, e nel solito
modo ed ordine delle religiose supplicazioni, fra il devoto cantico delle preghiere del rosario, e i frequenti
spari dallegrezza conducesi il veneratissimo simulacro
della Vergine alla sua antica sede. Ivi assiste tutta la
moltitudine alla messa solenne, dopo la quale attendesi
ai balli ed ai conviti, che una bellissima cosa a vedersi.
Errerebbe il tuo sguardo da una in altra parte, ora su
duna folla che corona una turba di giovani menanti in
danza le modestissime forosette ornate di tutta la pi
pregevole loro ricchezza allarmonia deis launeddas; or
sur un crocchio che ascolta il cantare di quei che riputati pi sono per la voce, o su li due toccantisi circoli
dei favoreggiatori di due improvvisatori che intorno ad
un dato punto tessono in contrario senso delle ottave, o
terzine con larmonioso accompagnamento delle altre
tre voci, ed in diverso tuono dei canti meditati. Quinci
ti apparirebbe sotto un albero una famiglia, intorno ad
una tovagliuola bianchissima stesa sullerbetta, altri assisi obliquamente, altri sdrajati, le donne sedute sulle
gambe incrocicchiate mangiano di ci che portarono
dalle lor case nei cestini; quindi in mezzo a rare macchie di lentisco fumano le brage sotto le carni infilzate
in lungo verdeggiante virgulto, intente le donne a varie
faccende. Qua si ride a piacevoli racconti; l si vede un
momentaneo risentimento, o si tace e si riposa. Si cangiano i presenti, e si offrono le pi svariate scene. Presso
alle porte della chiesa stanno disposti molti banchi di
dolcerie, liquori e commestibili. Dentro da ammirare
diverso genere di cose. Ivi gli obbligati a voto, molte
donne e pochi uomini, composti religiosamente se ne
restano a pregare nel digiuno, quasi tutti a piedi nudi
in vesti ordinarie e a crin disciolto, o genuflessi, o seduti sulle gambe incrocicchiate con in mano i voti da appendere e i doni da offerire. Sul vespro si dispone tutto
al ritorno, e cantatosi prima intorno al cimitero il salmo De profundis con le assoluzioni e preci annesse in
suffragio, come dicono i ballaesi, dei loro maggiori ivi
sepolti, si procede con lo stesso ordine della mattina al
paese, e vi si restituisce la sacra effigie.
Maravigliosa la religione dei ballaesi verso la medesima, ed tradizione, che la Beata Vergine desse
non dubbio segno del suo gradimento quando i silesi armati lardiron togliere da mano a questi inermi.
Per che non avendo potuto portarla a malgrado degli sforzi fatti per muoverla, atterriti dal prodigio,
pentiti la dovettero rendere.
La popolazione di Ballo nel 1805 computossi di
anime 812, nel 1826 di 718, e nel 1833 di 785 distribuite in 205 famiglie.
Contraggonsi per lordinario nellanno 6 matrimoni, nascono 25, muojono 16.
Le malattie, in cui si succumbe, sono per lo spesso
febbri perniciose, e pleurisie.
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vivo sasso per sepolture, in alcune delle quali vi si trovarono delle ossa, si ravvisano gli avanzi ancora di altro
villaggio. Era questo situato nella valle in non maggior
distanza di mezzora dal presente abitato: diceasi VillaClara, e diede il suo nome al feudo sin dalla prima istituzione. Vi si vede una fonte perenne coperta con antico fabbricato, frantumi di vasi, pile di pietra, macine,
e si trova gran quantit di monete romane.
I ballaesi sarebbero molto fortunati, e la loro agricoltura prenderebbe un grande incremento, se si stabilissero sul Dosa e sullo Stanli dei solidi ponti. Nelle escrescenze dei medesimi sono questi contadini
costretti a restarsi inoperosi qualche volta pi di dieci
giorni, mentre lestensione territoriale quasi tutta al
di l dei medesimi. Si eviterebbero inoltre le frequenti disgrazie di molte famiglie per le persone che vi periscono, ed il commercio tra questo dipartimento,
lOgliastra e il Sarrbus sarebbe sempre pi spedito.
Comprendesi questo comune nel feudo di Gerri.
Per le prestazioni feudali vedi Galila.
La curia stabilita in Pali, ed soggetta alla prefettura di Isili.
BANARI (di Meilgu), altrimenti Vanari, villaggio
della Sardegna, nella provincia di Sassari, distretto di
Codronginos, tappa (uffizio dinsinuazione) di Sassari. Apparteneva allantico dipartimento di Meilgu del
giudicato del Logudro.
situato in un ripiano del monte del suo nome a
pi delleminenza denominata Silva.
Componesi di 350 case separate in varie isole da
strade larghe s, ma irregolarmente tirate, delle quali
alcune sulla roccia nuda, e perci pulite, altre sulla
terra, e perci fangose in inverno. Stendendosi il livello del paese in maniera agevole nel prato, vi si ha
una bella passeggiata, onde si gode la bella prospettiva dellamena valle di Pesi irrigata da un ruscello.
Si fabbricano in questo paese pentole, fornelli, ed
ordinarie stoviglie. Quasi in ogni casa impiegasi il telajo per la propria provvista di tele e panno forese. un
paese misero.
Vi un consiglio presieduto da un sindaco per le
cose comuni, una giunta sul monte di soccorso, ed
una scuola normale di 35 giovanetti.
Il contingente per il battaglione di Tisi dei corpi
miliziani barracellari fissato a 41 individui tra fanti
e cavalli, una porzione dei quali esercita le funzioni
dellantica barracelleria.
La chiesa parrocchiale sotto linvocazione di s.
Lorenzo martire. non solo minor del popolo, ma
gi rovinante.
Dicesi essere stato in questo sito un monistero antico, del quale non sono residui che alcuni pezzi di
mura.
Il parroco che ha il titolo di rettore ordinariamente assistito nella cura delle anime da altri due sacerdoti. Della decima ne preleva un terzo la Camera
arcivescovile di Sassari, nella cui giurisdizione questa parrocchia insieme con le altre dellantica diocesi
sorrense.
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vi spesso il bosco o la macchia. Si fa con qualche frequenza la caccia grossa nella selva e nel prato. Nellestate
gli uccellatori possono con poca fatica e tempo cogliere
non poche pernici, tortorelle, beccaccie, beccaccini, colombacci, ed altre specie.
Non scarso di acque il banarese. Sono allorlo
dellabitazione due fonti, una Funtana-e-jossu coperta con fabbrico che versa lacqua per due cntari, laltra denominata di san Michele esce da una fessura
della roccia. Nel rimanente del territorio sono numerosi gli sgorghi dacque finissime, delle quali pi nobile, ed insieme pi vicina la detta de Ucule, ordinaria bevanda dei principali; ed maniera comune di
domandare una tazza de Ucule.
Due fiumicelli scorrono per questo territorio, il
Bidighinzu che dal campo di Tisi viene nel banarese
romoreggiando forte fra i sassi e rupi che frangono la
sua corrente, onde poi passa nel florinese. Il nominato Dess-adde prende origine nel silighese da alcune
fonti sotto la chiesa di s. Vincenzo, e dopo una linea
tortuosa di circa tre miglia, sincorpora al Bidighinzu
presso la distrutta chiesa di s. Giacomo. Nei grossi
temporali ridonda uno ed altro. Mancano di ponti,
ed in tempo di pienezza stendonsi nel Bidighinzu
due travi per il passaggio dei pedoni da una ad altra
sponda, che facilmente quando esso pi si gonfia seco porta per la valle di Giunchi.
Le strade da questo ai paesi circonvicini sono tanti
rompicolli. Indi si va a Sligo in minuti 20, a Bessde
in 3/4 dora, a Tisi in unora, Iteri in due, a Codronginos e a Florinas in altrettanto tempo, a Sassari in
ore cinque avanzate. La strada centrale passa a levante a distanza di unora.
Sorgono ancora in questo territorio in varii siti
dieci di quelle antichissime costruzioni a cono troncato, che diconsi norachi. Due sono per met diroccati, gli altri quasi totalmente distrutti. Trovansi pure
di quei monumenti, che il volgo denomina sepolturas de gigantes, principalmente presso al norache di
Badde-mania, dove se ne veggono parecchie lunghe
da metri 4, larghe e profonde uno nella solita forma;
ve nha per qualcuna di minori misure. Vicine sono
le Pietre late. Vedi Sardegna, Monumenti antichi.
Questo comune col vicino di Sligo formano la
contea di Villanova-Montessanto. Per le prestazioni
feudali vedi Villanova-Montessanto.
La curia risiede a Sligo capo-luogo del mandamento.
BANARI (di Parte-Useddus), villaggio del regno di
Sardegna, nella provincia di Buschi, distretto di Ales,
tappa di Masllas. Era inchiuso nellantico suddetto dipartimento di Parte-Useddus del giudicato di Arbora.
Le colline che gli stanno allintorno lo proteggono
dai venti, meno dal meridionale, che vi entra senza
ostacolo a rendervi pi grave e insalubre laria che vi
ristretta. Il clima quale lo rende questa infelicissima positura, caldo, ed umido. Cadevi poca pioggia, e
nellautunno ritarda pi che altrove, e per lordinario
si prelude con una tempesta di grandine e folgori.
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Baratili
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Barbagia
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Barbagia
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Barbagia
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Barbagia
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BARBAGIA CENTRALE
Mandra-e-Lisi
Fondo gran.
Fondo num.
Barbagia Belv
Fondo gran.
Fondo num.
star.
lire sarde
5150
4158
star.
lire sarde
1730
1436
BARBAGIA INFERIORE
Fondo gran.
Fondo num.
star.
lire sarde
1230
1436.15. 0
star.
lire sarde
4580
4142.19.11
BARBAGIA CENTRALE
Mandra-e-Lisi
Fondo gran.
Fondo num.
Barbagia Belv
Fondo gran.
Fondo num.
star.
lire sarde
6640
6346. 2. 0
star.
lire sarde
5285
2024.16. 5
BARBAGIA INFERIORE
Fondo gran.
Fondo num.
star.
lire sarde
2760
1436. 1.10
Orticultura. Coltivansi fagiuoli di molte variet, cavoli, melingiane, lattuche, zucche, ravani, cipolle, cardi,
indivie, lenticchie, cicerchie, pomi doro. Le patate sono
gi ben introdotte nella Barbagia superiore, e quei popoli non solo ne tirano parte della sussistenza, ma ne
fanno una vistosa vendita. Il terreno di questa e delle altre regioni propriissimo a cotal radice, e fra breve meglio conoscendosene lutile, se ne adotter la coltivazione e nella Barbagia Belv, dove gli aritzesi, e nella
inferiore, dove i sadalesi han gi cominciato a praticarla.
Vigne. Molte sono le variet delle uve, ma il clima
generalmente non adattato, perch prima che le
medesime maturino, sopraggiungono i freddi. I vini
sogliono peccare dagro, e facilmente inacidirsi; quindi per correggerli e conservarli vi si mischia certa
quantit di sappa. Nella parte pi bassa del Mandrae-Lisi i vigneti sono assai estesi; e le uve potendo
ben maturare, danno vini migliori.
La quantit del vino in anni di molta produzione
pu sommare a botti 6000, che conterrebbero pinte, o
litri 3 milioni. E dividerassi cos, che tocchino alla Barbagia superiore pinte 775,000; alla Barbagia centrale,
per lo Mandra-e-Lisi, pinte 1,600,000; per la Barbagia
Belv 500,000; alla Barbagia inferiore 130,000. Due decimi del totale suddetto vendonsi fuori della Barbagia,
ed uno bruciasi per acquavite, che suol riuscir ottima.
Generalmente poca la cura che si ha dei vigneti,
e questi vanno ognora deteriorando da che scemato il
commercio della Ogliastra e di Terralba con gli esteri,
una porzione dei loro vini venne ad essere annualmente introdotta in questi dipartimenti. Da allora
sviluppossi il gusto per li vini stranieri, e si aprirono
in molti luoghi delle bettole. Introducesi acquavite
anche da Villa-Cidro.
Alberi fruttiferi. Occupano una larghissima estensione, e sono prodigiosamente moltiplicati i noci, castagni, avellani, ciriegi. Sono ancora assai numerosi i mandorli, peri, meli, susini, persici, albicocchi, fichi, meli
granati con moltissime variet. Non mancano i nespoli,
cotogni, giugioli, lazzeruoli, gelsi, olivi, e in qualche sito
caldo vi allignano anche i melaranci, limoni, e cederni.
In totale sono calcolati a 9,600,000, dando la Barbagia
superiore alberi 3,800,000; la centrale pel Mandra-eLisi 3 milioni, per la Barbagia Belv 2,750,000; la Barbagia inferiore 50,000. Dai castagni, noci, nocioli, e ciriegi proviene il maggior lucro alla Barbagia centrale.
N questi alberi si coltivan solo entro terreni chiusi, ma
anche nellaperta campagna, formando selve sorprendenti, che occupano i piani ed i canali delle montagne,
e le spaziose valli. Nel Mandra-e-Lisi potrebbesi maggiormente amplificare la coltura degli olivi, se si volesse
innestare gli olivastri che vi lussureggiano.
Chiudende. In un paese dove dominarono finora i
pastori, e conservano anche al presente la superiorit
numerica, era da aspettarsi, che pochissimo territorio
si sarebbe chiuso dopo la facolt concedutane dal re
Carlo Felice. Appena un quarantesimo di tutta la Barbagia sar occupato dai chiusi e dalle tanche (grandi
chiudende); e sar anche nellavvenire difficilissima
cosa, e piena di pericolo per li proprietari di voler
cingere le loro terre, e proibirne gli altri, se larte pastorale non si riforma, e se lagricoltura non fa su
quella progressi maggiori. Nelle tanche per lordinario
sintroduce a pascolo il bestiame domito, o rude, e
talvolta vi si fa seminagione.
Pastorizia. Ecco forse lunica professione degli antichi barbaracini, e la principale dei presenti. Il territorio alla medesima opportunissimo; e se miglior
fosse larte, maggior sarebbe la quantit del bestiame,
e del lucro.
Le specie che si propagano e si educano sono capre, pecore, vacche, porci, cavalle, giumenti, api.
Il numero dei capi di ciascuna specie era nel 1833
come nella seguente nota: vacche 12,780; capre
35,650; pecore 272,000; porci 24,480; cavalli e cavalle, tra rudi e manse, 3,582.
Degli animali domiti e domestici era il numero
dei capi nelle specie come segue:
Vacche mannalte (domestiche) compresi i giovenchi capi 3,450; buoi da giogo per lagricoltura e per
istrascinare, o per portare delle some sul basto 6,666;
majali 4,212; giumenti 1,472. Onde in complesso sono capi 364,292. Se nella epizoozia dellanno 1832
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non fossero periti tre quarti del totale delle pecore, una
met dei porci, e non piccol numero delle altre specie
ancora, che si possono calcolare a capi 571,000, gli
certo, che nellanno seguente per la soprascritta addizione sarebbesi letto 935,292.
Cani barbaracini. La razza de cani, che allevano i
pastori, poco gentile allaspetto, quasi lanosa, con
una occhiatura torva e sanguinosa, una ferocia non ordinaria, ed un coraggio sorprendente. Ardiscono assalir
luomo a cavallo senza temer dellarme, e se trovan
persona che non si sappia maneggiare, ne lo traggon
gi azzannandolo alla gola. I pastori ne han sempre
uno o pi per seguaci, ed i fuorusciti se ne servono come di guardie, ed alluopo per sussidio negli attacchi.
Campagne dinverno. Quando in queste montagne
la temperatura si abbassa di molto, e che dai ghiacci
la forza della germinazione viene compressa, e dalle
nevi ricoperti i pascoli, allora tempo che le pecore si
conducano sotto cielo pi mite nelle marine o nei
campidani. Comincia questa campagna nellottobre, e
termina nellaprile, quando nelle loro contrade rinascon lerbe tenere. Talvolta anche le capre vanno a
svernare in altri dipartimenti, e quando manca il frutto delle selve, portansi anche i porci in altri boschi a
ricercarvi sussistenza.
Il dritto di pascolare in altrui giurisdizioni si compra, ed il prezzo tanto, che al presente, che i prodotti del bestiame non hanno pi lantico valore, gi
mancato, o di molto scemato il commercio de formaggi con gli esteri, appena si eguaglia con i frutti
che se ne percepiscono durante il semestre.
Per difetto s di cura che di necessarie cognizioni, come per li continui patimenti, cui soggetto il bestiame,
le dette specie appariscono assai meschine nella corporatura, e poco feconde. N sono sufficiente compenso i
vantaggi che hannosi altronde. Le specie vaccina ed
equina sono molto degradate, sebbene non manchino
di robustezza e di vigore. I porci domestici, quando siano molto liberalmente nutriti, pesano al sommo tre
cantara (chil. 121,95). La ruvidezza delle lane tale,
che non sarebbero trattabili a mani meno incallite.
Malattie del bestiame. La malattia pi comune del
bestiame bovino e cavallino il carbonchio, che da
molti dicesi sa essda de cguere, perch la esperienza
ha insegnato, che il mezzo migliore per curarla, e
che pi convenga a giudizio degli esperti veterinari,
sia la cauterizzazione mediante un ferro rovente. Nella specie bovina questo male prende il nome di male
dessa figu, perch si usa di infiammare un ramo di fico selvatico (ficus crabus) per cauterizzare il tumore.
Sviluppandosi questo morbo nei cavalli, si ricorre
dai maniscalchi, i quali, avvegnach empiricamente,
riescono il pi delle volte a distruggerlo con un ferro
incandescente. Il tumore carbonchioso endemico
nellisola fra li grossi quadrupedi, che restano esposti
alle vicissitudini atmosferiche, dalle quali eccessivamente soffrono nellinverno, senza che un senso di
compassione si ecciti nei proprietari. Succede tosto
una ubertosa primavera, che offre al bestiame abbondante pascolo, con che in breve riparasi alle invernali
Barbagia
perdite. Esuberando allora il sangue di materiali nutritizii nel suo ardore e straordinario concitamento,
d origine a vari malori, fra li quali, pi terribile e
spesso fatale, primeggia il carbonchio. Ci che prova
questo asserto gli che linfezione, di cui trattasi,
pi comune di primavera, che daltra stagione; che i
cavalli di stalla, sottomessi quasi sempre allo stesso
regime, non vi vanno che rarissime volte soggetti; e
che in quei dipartimenti, dove i buoi sono mantenuti a fave peste, orzo e paglia, raramente si vede questa malattia. Dovrebbe pertanto esser consiglio dei
proprietari dinvigilare nei mesi di maggio e giugno,
acci venisse praticato il salasso in quei capi, che da
una estrema magrezza passarono ad una eccessiva
grassezza; e si conducessero per tempo da un abbondante pascolo ad una regione che ne fosse scarsa, se
non vogliano vedersi a un tratto privi dei preziosi
animali, su cui si sostiene principalmente leconomia
rurale.
Il bestiame lanuto, oltre alla lunga serie di malattie comuni agli altri animali domestici, va soggetto al vajuolo
ed alla idropisia. La prima malattia eminentemente
contagiosa mena deplorabile strage, quando invade
una greggia. E siccome questa affezione pu far successivamente perire tutte le pecore duna provincia, anzi
dun regno, gli necessario, che il governo pigli il massimo interesse, onde porvi freno, comandando con
gravi comminazioni, e incaricando della esecuzione i
consigli comunitativi, onde vada isolata la greggia, in
cui siasi da prima sviluppata, finch abbia percorso tutti i suoi periodi, e sia interamente cessata. Ove per in
pi greggie al tempo istesso si manifestasse il vajuolo, e
non fosse facile di isolare le une dalle altre, converrebbe
almeno confinare in un solo dipartimento o provincia
le infette, e passare alla inoculazione delle sane.
La idropisia comunissima nelle pecore sviluppasi
per lo pi nelle annate piovose e scarseggianti di pascoli, ma principalmente per lo continuato pascolo
lungo i fiumi e i ruscelli, e intorno a luoghi pantanosi. Sono ivi le piante ricche di principii acquosi e rilassanti: gli animali sono obbligati di carpirne gran copia
per satollarsi: viene quindi il loro apparato digerente
molto dilatato, succedono delle indigestioni, diarree,
irritazioni dei visceri addominali, quindi lidrope. Badi pertanto il pastore di allontanar le greggie da questi
luoghi malsani; e se accorgasi, che in qualcuno di
questi ruminanti la malattia sia principiante, tosto gli
somministri un po di sal comune, qualche poco dorzo, crusca, bacche di ginepro, le quali per la loro propriet nutritizia, e leggermente diuretica (quanto alle
bacche di ginepro), utilmente si adoprano per ovviare
ai progressi dellidrope.
Vanno inoltre le pecore soggette alla rogna, ed ai
pidocchi propri della specie: ma facilissimo rimediarvi impiegando per la rogna qualunque preparazione di zolfo combinato col grasso; e pei pidocchi
linfusione o decozione delle foglie di tabacco. Anche
i porci sono soggetti al vajuolo, e va inteso anche per
questi ci che si detto in riguardo alle pecore travagliate da questo morbo. In questa specie comunissima
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Irrigazione. Laltezza del livello, onde hanno origine copiosissime sorgenti, che tosto vanno a riunirsi
in ruscelli, ed il movimento del terreno dice anche a
chi molto non si intende dei principii idraulici, che si
potrebbe formare un ampio vantaggiosissimo sistema
di irrigazione. La natura vuol favorire, ma non si usa
di sua benignit. Attendiamo, che lindustria, quando pi vi si renda nota la economia rurale, profitti di
quelle grazie. Gli uomini di altra et (an. 1689) alla
pubblicazione della legge comandante lartificiale inaffiamento del terreno, non erano in grado di secondarla, perch la era una cosa in connessione con molte altre, e in conseguenza di una serie delle medesime; ma
i presenti lo sono certamente.
Formaggi. Quelli che allora si manipolano, che pascono in questi monti le pecore e le capre, sono assai
migliori dei manipolati nelle terre basse nella stagione
invernale. Il che dipende dalla diversa bont dei pascoli.
Vagando su per le montagne hanno a carpire e nutrirsi
a saziet del sermollino, che vi abbonda. Senza che migliore eziandio esser deve la qualit del latte, quanto
migliore la loro sanit. Tuttavia innegabile che anche
questo deve cedere in paragone col pi riputato cacio
del continente; la quale inferiorit da ci solo dipende,
che non si conosca larte; ed questo talmente vero,
che se si praticassero tali metodi, quali hanno i piacentini o lodigiani, il sardo la vincerebbe sopra quelli, come persuade la conosciuta miglior condizione dei pascoli dellisola. Molti sono i difetti di questa pastorale
operazione e quivi ed altrove. Spesso accade, che il cacio si formi da latte troppo riposato, che vi si tenga pi
a lungo il gaglio, n si esprima dalle forme tutto il siero.
Ed in riguardo ai formaggi salati, o bianchi, poco si bada alla giusta saturazione della salamoja, o non si rinnova sempre che conviene. I rossi poi, che sogliono asciugarsi allaura del fuoco per lo fumo, mentre si tengono
nel canniccio sospeso sul focolare, e vi si dimenticano,
restano offesi dal troppo calore.
Di formaggio vaccino grande scarsezza. Nella
pi parte dei paesi la vacca sol fruttifera del feto, e
non chiamasi alla mulsura. Si rende ragione di ci
per lo scarso nutrimento che ha questa specie, cui
non riservansi luoghi ricchi di pascolo, n si provvede perch nelle nevate non manchi il nutrimento.
Alveari (Casiddus). La coltivazione delle api era in
altri tempi con pi diligenza curata nella Barbagia,
specialmente inferiore, o meridionale: oggid in tutta
questa estensione vastissima, dove gran numero di
siti riparati e floridi, non si potrebbero annoverare
pi di 15 mila arne. Quindi che grandi e numerosi
sciami vanno a deporre i favi nei vuoti tronchi delle
annose piante.
Pollame. Allevansi nelle case e nelle corti galline e
pollastri, ma in piccol numero, e sono a ben pochi
conosciuti i polli dIndia. Le colombaje sono rare. Il
totale degli animali di questa specie molto inferiore a quello che potrebbesi ritrovare in altrettanti villaggi del campidano. Di questi non si mangia ordinariamente che nelle principali feste, e per onorare
qualche ospite. Non trovandosi sempre che si voglia
della carne per gli ammalati, giacch in pochi paesi
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Il cantone superiore, o Barbagia superiore, o settentrionale, comprender la volgarmente detta Barbagia Olloli dal nome del suo antico capo-luogo.
Il cantone centrale conterr i due dipartimenti
Mandra-e-Lisi e Barbagia Belv, come ora comunemente si appella, o Barbagia Mena, come era denominata in altri tempi, secondoch o questo o quel
paese era centro del mandamento.
Il cantone inferiore comprender la Barbagia gi
appellata di Sei, e poi di Selo.
La Barbagia superiore contiene sette comuni, e sono Fonni, Mamoida, Gavi, Olzi, Ovodda, Olloli, Lodne.
La Barbagia centrale nel dipartimento di Mandrae-Lisi numera 6 comuni, e sono Tonra, Dsulo,
Srgono, Sammugho, Azzra, Orturi. Nel dipartimento Barbagia Belv quattro, che sono Aritzo, Mena, Belv, Gadni.
La Barbagia inferiore ne comprende soli cinque,
che nominiamo Sei, Selo, Sdali, Sterzli, Ussssai.
BARBAGIA SUPERIORE
Popolazione
Fonni
Mamoida
Gavi
Olzi
Ovodda
Olloli
Lodne
Totali
nel 1826
nel 1833
n. delle famiglie
2764
1536
1278
928
853
701
99
8159
2900
1630
1850
991
950
807
93
9221
650
400
400
253
230
171
22
2126
BARBAGIA CENTRALE
MANDRA-E-LISAI
Tonra
Dsulo
Srgono
Sammugho
Azzra
Orturi
Totali
2236
1559
1392
1374
1300
1175
9036
2310
1723
1542
1500
1250
1650
9975
609
401
359
350
305
475
2499
BARBAGIA BELV
Aritzo
Mena
Belv
Gadni
Totali
1821
1278
747
650
4496
1860
1425
816
690
4791
480
325
190
160
1155
BARBAGIA INFERIORE
Sei
Selo
Sdali
Sterzili
Ussssai
Totali
Totali riuniti
1814
790
708
661
405
4378
1500
720
615
620
465
3920
417
190
140
172
114
1033
26069
27907
6813
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morti nat.
matrim.
longev. ordin.
80
45
50
35
35
30
5
50
25
35
25
25
15
2
20
12
16
10
9
6
1
70
65
50
60
60
65
60
Tonra
100
Dsulo
80
Srgono
53
Sammugho 60
Azzra
50
Orturi
45
65
70
40
40
25
20
16
20
14
14
12
12
60
50
50
55
60
70
Aritzo
Mena
Belv
Gadni
60
50
35
20
45
45
15
15
18
12
5
6
65
45
70
50
Sei
Selo
Sdali
Sterzli
Ussssai
Totali
40
30
20
22
14
959
25
20
15
14
10
641
10
7
5
6
4
235
60
50
40
50
40
Fonni
Mamoida
Gavi
Olzi
Ovodda
Olloli
Lodne
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Attitudine intellettuale. Come solito osservarsi negli abitatori di regioni sublimi e di aria pura, cos in
questi si riconosce molta attivit dingegno, perspicacia, accortezza, saggezza. Dai pi rozzi accade sovente
che si vedon folgorare quei lampi, che brillan solo dalle pi belle menti, ed hannosene chiari argomenti nella facilit, con che quelli che si onorano del titolo di
poeti improvvisatori nellallegria delle feste popolari e
domestiche, cantano cose l pensate stando, come dicesi volgarmente, sur un piede. Quelli che si applicano
alle lettere spiegano una suscettibilit non ordinaria, ed
il celebre uomo, che tanto figur verso la fine del secolo scorso (il Labras) diede prove grandi della forza dellingegno, che frequentemente adorna i barbaracini.
rimarchevole specialmente nei pastori una certa
astronomia, che corre fra loro, e fra molti altri montanari dedicati alla pastorizia, fondata sulle proprie
osservazioni, e su ci che appresero dai maggiori. Il
sistema delle loro costellazioni ha nulla di comune
con quello che abbiamo ricevuto dagli antichi saggi.
Dalla inspezione del cielo, sia di giorno sia di notte,
determinano lore con maravigliosa esattezza, e da
certi dati prenunzian pure lo stato metereologico, che
poche volte smentisce levento.
Instruzione normale. Anche a questi dipartimenti fu
esteso il beneficio dellerudimento nella lettura, calligrafia, aritmetica, e principii agronomici. Piccolo per il
numero di coloro, che se ne giovano, come apparisce
dalla qui aggiunta nota, che valeva per lanno 1833.
BARBAGIA SUPERIORE
Fonni 35 Ovodda 15 Gavi 25 Mamoida 20
Olloli 15 Olzi 5 Lodne 6
Totale 121
BARBAGIA CENTRALE
Mandra-e-Lisi. Srgono 30 Orturi 15
Azzra 14 Sammugho 17 Tonra 80
Dsulo 18
Totale 174
Totale 64
BARBAGIA INFERIORE
Sei 25 Selo 12 Sterzli 8 Ussssai 4
Sdali 8
Totale 57
Totali riuniti 416
che un quarto del numero dei fanciulli i quali potrebbero concorrere alle scuole. Gioverebbe assaissimo al bene di questa instituzione, che quelli che aspirano a tenere una scuola normale fossero prima ad
apprendere in una scuola metodica; e che annualmente da un deputato per ogni provincia si visitassero questi stabilimenti, e si riferisse al governo del loro
stato. Non piace questo laborioso uffizio di dirozzare
i fanciullini; ma se il governo costituisse, che questo
il primo grado sarebbe per sorgere ai posti di dignit
e di lucro, allora chi vi si ricuserebbe?
In risultamento della instruzione normale, e degli
studi fatti nei collegi del regno, si ha in tutta la Barbagia
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bottoneria, ciondoli donneschi, e da fanciulli, catenelle, cucchiari, ecc. Le opere dei legnajuoli sono instrumenti dagricoltura, e quanto vi si riferisce, come carri,
botti, carrattelli, fiasche, tinozze, e sopra ci anche
macchine per molini idraulici, e gualchiere, selle, basti,
e grossolani mobili domestici. Larte del segatore, di recente introdotta, va crescendo per lo numero di coloro
che vi si applicano, e lavoransi per lo commercio tavoloni e tavole di noce, castagno, ciriegio, pero, tasso, oltre le doghe e travicelli, e i pali di ginepro. I muratori
sono imperitissimi, come pure i pochi calzolai, e sartori. Parecchi attendono alla calcinazione delle roccie per
la costruzione. Avvi pure dei fabbricatori di mattoni e
tegoli, che male riescono in queste opere facilissime, e
peggio nelle stoviglie; dei conciatori inettissimi, dei
fabbricanti di turrni, che un mandorlato sodo di
pasta melata, di cui si fa grande spaccio nelle feste. Laranciato, che una confezione di tritoli di scorza darance, e di altri agrumi, si fa solamente per provvista
domestica, ed il solito presente, che si fa a persone,
che gli abbiano obbligati. Alcuni lavorano la cera per
lo consumo delle chiese; altri traggono lolio dalle
bacche del lentisco. In qualche paese le donne, dopo
aver raccolto nella primavera, ed estate, del vetrice, e
del fieno, ne lavorano canestri, panieri, corbole, crivelli. In Olloli, e Mamoida, dove si coltivano pochi
gelsi, e si alleva piccola quantit di bachi, si fa un po
di seta, dalla quale si formano calze, bende e cuffie.
Quasi tutte le donne sono occupate nella filatura delle
lane e del lino, nella tessitura e tintoria. Queste manifatture sono di certa mediocrit, la quale facilmente si
sorpasserebbe, se le macchine fossero meglio formate,
meno rozze le lane, e si conoscesse qualche cosa di pi
per li lavori di qualche complicazione. Il numero dei
telai in tutta la Barbagia nellanno 1833 presentavasi
nella nota seguente:
BARBAGIA
SUPERIORE
CENTRALE
INFERIORE
Srgono
Orturi
Azzra
Sammugho
Tonra
Dsulo
315
317
200
320
400
300
1852
Mena
Belv
Gadni
Aritzo
250
70
160
215
695
Selo
Ussssai
Sei
Sterzli
Sdali
180
100
410
170
140
1000
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non erano gravati di forti dritti dalle gabelle di Napoli, e vendevansi con riputazione, allora dal frutto del
semestre invernale non solo aveasi come pagare la locazione dei pascoli stranieri, ma portavasi in paese pi di
quello fosse necessario alle annue spese per sostentamento della famiglia: nel tempo presente a malapena
se ne ritrae quanto sia sufficiente pel prezzo convenuto
pel nutrimento del bestiame. Nellattuale numero del
bestiame che mungesi, il formaggio nel totale dellanno non pesa pi di cantara 36 mila; una met della
qual somma si consuma fresco nelle mandre e nelle famiglie; dellaltra se ne pu vendere circa due terzi, riservatone uno per la provisione domestica, col guadagno di circa 36 mila scudi.
Vendonsi capi vivi per lagricoltura e per lo macello, tra vacche, buoi, tori e giovenchi numero 800; capre e capretti 1000; pecore, montoni, agnelli 5000;
porci 500, onde ricaverassi circa 8500 scudi.
Mandansi fuori pelli di cervi, daini, mufloni num.
300; volpi, lepri 2000; vacche, cavalli, buoi, giumenti
9000, per 1250 scudi.
Delle lane non manifatturate si fa commercio solamente entro i dipartimenti: il peso delle medesime
dopo il lavamento nel presente numero della specie
lanuta si pu computare a 2000 cantare.
Le recenti ricerche della pietra lana accrebbero di
questo nuovo ramo il commercio della Barbagia. Se
ne raccoglier circa 800 cantara, che si cede ai negozianti galluresi per 2400 scudi.
Altre principali cagioni di guadagno sono le frutta,
le legna, ed i tessuti. Sortono ogni anno in giro non
meno di 300 cavalli, e fanno diversi viaggi per vendere castagne, noci, avellane, ciriegie, patate; onde moltiplicati a dieci per ciascun cavallo i viaggi, ed il profitto dogni vendita a tre scudi, vedesi che dovranno
riportare nelle loro case circa 9000 scudi.
Dalle legna vendute agli ebanisti, falegnami, e bottari, in tavole di noce, ciriegio, tasso, pero, castagno, travicelli, pali, con diverse opere darte, si ritrarr scudi circa 4000. Ambo questi rami produrrebbero assai pi, se
le strade consentissero poterne fare il trasporto su li carri. Non si consumerebbe allora nei focolari unenorme
catasta dei tronchi dei legni pi pregiati, e se ne potrebbe fare allestero delle considerevoli esportazioni.
Ma il primario, il pi ampio e lucrativo, gli il
commercio dei tessuti di canape, lino, e lana, in pezze
di canovaccio, di tele di lino e di lana di vari colori per
vestiario, cillnis (coperte di letto), tappeti da tavoli, da
sale e chiese pel pavimento; saccus de coberri (pezze di
panno forese nero ben fitto, lunghe da otto palmi, larghe circa quattro, che i contadini indossano, e con cui
ben si difendono dalle pioggie e dal freddo, quando si
adattano il capperone), bisaccie, calzarini, calze, berrette, ecc. Si estrarranno dalla Barbagia per ciascun anno
circa 2,000 pezze di panno lano e lino, 800 cillnis,
200 tappeti, 1000 bisacce, e un maggior numero di
manifatture minori, che produrranno circa 12,000
scudi. Parte di questi tessuti portansi dalle stesse fabbricanti nelle fiere dei dipartimenti vicini. Mandasi ancora nel commercio circa un migliajo di cantara di
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turroni, molta quantit dolio di lentisco, zibibbo, sappa, acquavite, miele, cera, vini, un po di seta, bacche
di ginepro, lavori di ferrari, di sartori, corde di crine,
cappio scorsojo (soga), che la maggior parte dei pastori
porta ravvolta a mo di tracolla, e di cui usano destramente alluopo, quasi frombolando, lavori di cuoi, e
pelli per cintole, e cartucciere (carrighras), vasi di vinchi, vetrice e fieno, ecc., dai quali oggetti pu risultare
un profitto di 2 in 3 mila scudi. Se le ricerche dei sugheri continueranno, ed estenderannosi a questi dipartimenti, crescer allora ad essi una nuova sorgente di
guadagno, e per ampliarlo e conservarlo si risparmier
di offender i boschi di questa specie, e distruggerli, come si va barbaramente facendo.
Cillonara. Dai cillni che portansi in vendita, e
che si gridano prima dei nomi degli altri tessuti, viene
il nome di cillonari a questi merciajuoli, e di cillonara
alla loro professione. A dire il vero questa nel presente una classe di uomini vagabondi, che meno per
lo guadagno che possono avere dalla vendita delle manifatture del loro e di altri paesi dentro e fuori della
Barbagia, girano per girare, e per non sudare occupandosi in altro pi utile mestiere. Il profitto deve
comparir ben tenue, se riflettasi, che piccolo essendo
il capitale, poco posson portare in vendita ad ogni
corsa; che conviene perdano molti giorni discorrendo
da una in altra regione, e pi ancora ne consumino
battendo le strade; che cotali merci sono a prezzi vili,
e tali che delle medesime non in tutti i luoghi si possa
fare spaccio, perch, con qualche eccezione dei campidani, ogni altro paese provvede a s coi propri telai.
Sono pertanto gente meschina, e pi meschine sono
le loro famiglie, che restano per la maggior parte dellanno abbandonate. Quando hanno fatto la vendita,
talvolta vi ritornano. Allora dannosi pi bel tempo,
consumando fra gli amici il fatto gruzzolo. Non cos
nelladdietro si conducevano i loro pari: per che non
andavano in giro per lo regno, che in certi tempi dopo
fatta la seminagione, e poi dopo riposta la messe. I gavoesi principalmente attendono a questi negozietti.
Viandanti, o viaggianti, o cavallanti. con questo,
o quello di tai nomi appellata unaltra classe di mercantucci girovaghi, o vetturali, dei quali gran numero
sortono principalmente dalla Barbagia centrale per
trasportare le nevi, il legname in tavole, o travicelli, e
quello ancora che si lavorato in arnesi e mobili. I cavalli sono il solo mezzo e maniera di vettura, che possa aversi nel presente stato delle strade. Sono essi di
piccola taglia, ma di forte nervo. Le some adattansi e
stringonsi con la susta sul basto, che una certa guisa
di sella formata di tavole ad archi elevati, onde non
siano offesi i giumenti, e sia pi portabile il peso
maggior del solito.
Negozio delle nevi. Si portano ogni anno nella capitale, ed altre parti del regno, donde sia fatta richiesta,
da 4 in 5 mila cantara di nevi per conto degli appaltatori di questa regala. Gli aritzesi sono privilegiati per
la incetta e trasporto delle medesime, e queste operazioni durano per 6 mesi con un competente profitto.
Gli uomini di Belv solo due volte per settimana nel
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Comp. 5 da
BUSACHI
Fonni
72
Mamoida 66
Lodne
6
Totale
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Gavi
Ovodda
Olloli
Olzi
Totale
48
36
30
30
144
LACONI
Comp. 6 da
Comp. 4 Srgono
Azzara
Dsulo
Tonra
24
13
38
45
120
Comp. 2 Sammugho 19
Comp. 3 Orturi
19
38
OGLIASTRA
Mena
Aritzo
Belv
Gadni
31
38
23
28
Totale
120
Comp. 6 Sei
Selo
Sterzli
Ussssai
Sdali
51
36
27
18
18
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Questi totali riuniti danno 716 pedoni; al qual numero aggiunti 158 cacciatori a cavallo avrassi la intera
somma dei contingenti di 874 individui.
Le loro armi sono larchibugio, e un coltellaccio di
4 in 5 palmi, inserito obliquamente tra la cartucciera
e il seno.
Una certa porzione di questi nella pi parte dei
paesi dovrebbero attendere perch salve fossero e intatte tutte le propriet mobili e immobili, che loro
sono denunziate.
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poco meno di metri 3 in quadratura, e di 0,40 di spessezza. Una consimil figura scavata di pochi centimetri
in parallelismo ai lati, ed il lavoro dello scarpello in
questo e nel rimanente da lodare. Sopra di questa lastra
quadrilatera incumbeva altra semicircolare, o semiovale
con pari figura in piano pi basso come nellaltra, onde
risultava una figura quasi di due terzi di una elisse. Nei
monumenti minori una sola lastra che rappresentala.
Sono rari quelli, nei quali le due lastre siano collocate
come si detto, e la semiovale caduta a pi della quadrata ha eccitato lidea dun antico altare, ond che in
molti luoghi si sono creduti, e detti altares altarittus.
Non vi si vede incisione di alcuna sorta di cifre.
La pedra lada in parecchi vedesi tangente dun semicircolo di pietre aperto alloriente, le quali spesso
trovansi ancora ben piantate. Sopra questo genere di
monumenti gli da poco tempo che si fissata lattenzione. Mentre si ricercavano nel dipartimento Doris limitrofo della Barbagia delle pietre coniche, pedras fittas, nel territorio di Sarle si scopriva Saltare de
Lgula. Lo visit nellanno seguente il cavaliere Della-Marmora, estese quindi le sue investigazioni, e fu
molto fortunato a trovarne dei meglio conservati. Da
lui si aspetti una spiegazione ben dettagliata di siffatti
monumenti, non conosciuti dal Ferrario, il quale solo dilettossi a ricuocere quella nausea dellaria sarda
pestilenziale.
La volgare opinione, che sieno sepolture, non pare
da essere ammessa. Una cassa sepolcrale avrebbe una
larghezza in certa ragione con la lunghezza, qual sarebbe di uno a quattro o a cinque al pi, mentre in
questi vacui la prima linea un ottavo, ed anche assai
meno dellaltra. Se eran sepolcri, a che serviva quellapertura praticata a traverso della pedra lada e del
muro? I cadaveri entro quel vacuo non eran pi, posto
questadito, inviolabili ai denti dei minori quadrupedi
carnivori. Dunque che bisogna credere? Quando le osservazioni siano pi numerose e pi esatte, e le idee
pi maturate, allora potr forse soddisfarsi a chi brama
saper di cose tanto oscure. Pare non di meno, che si
avranno a collocare tra gli altri monumenti religiosi.
Nulla giova alla opinione corrente tra i sardi, lavervi
ritrovate delle ossa. Sarebbe veramente necessario fossero queste di una combinazione pi forte di quella,
che usa presentemente la natura, perch dopo tre o
quattro decine di secoli sotto la efficacia di tanti agenti non si fossero scomposte le sostanze.2
Domos de ajnas, o bajnas, cio case di vergini,
quasi case delle fate. Cos sono appellate certe antiche
caverne, che trovansi con molta frequenza, come nel
restante dellisola, cos in questi territori. Sono scavate
ad arte nelle roccie. La fenestrina che vi d ingresso,
era prima pi angusta, che comparisca al presente. Entrasi in una camerina a volta piatta, n una persona vi
pu stare se non sulle ginocchie, conciossiach laltezza
non superi nella massima parte il metro e mezzo. La
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esser Olbia di una antichit superiore allepoca di Jolao; siccome quella, che fu fondata dagli etruschi
quando la loro navigazione cominciava a progredire
in successi felici. La situazione di Dolia nei campi
che jolei chiamavansi nellantichit, e poscia insino
alla nostra et Parte-Olla o Partiola, aumenta la probabilit della novella asserzione.
Sopravvennero i trojani, e trovando li jolaesi in
guerra con gli antichi coloni, che rendeva animosissimi lausilio dellAfrica, siccome si accorsero, che se dai
dritti della vittoria venisse a questi lautorit di dar la
legge, sarebbero obbligati a ritornar sul mare, perci
pensarono fosse miglior consiglio sostener la fortuna
dei greci; per lo che, stipulata con costoro unalleanza,
li accompagnarono al campo, dove era riunita la forza
de sardi ed africani. Il Tirso separava i due eserciti, e
con la sua piena vietando forse per non pochi giorni il
passaggio, accadde che e si raffreddassero lire in ambe
le parti, e che s gli uni, che gli altri, non avendo sicurezza di buon esito, venissero a qualche composizione,
dopo la quale si ritornarono gli iliesi, jolaesi, e sardi
alle lor terre, gli africani ai loro lidi.
Ritornati questi dopo molti anni con pi numerosa flotta, furono i greci colti allimprovviso, e quasi
interamente distrutti: pochi, se dicea il vero lantica
tradizione udita dal lodato autore, poterono fuggire
sullorme dei trojani, che non preparati anchessi a
difesa, riparavano alle regioni montane, dove con la
munizione di forti steccati fra le rupi scoscese si salvarono dalla violenza nemica. Diodoro, ragionando
di questa ritirata, nomina i soli jolaesi, e dice esservi
stati costretti dalle armi cartaginesi. Ma io non mi offendo, se un autore dica africani i vincitori, laltro li
appelli cartaginesi, perch propriamente le trib africane conteneansi nella giurisdizione di Cartagine, e
la provincia dAfrica era quella, che nella moderna
geografia diciamo Reggenza di Tunisi. Del resto le asserzioni di uno non essendo contradittorie a quelle
dellaltro, giova conciliarli, e tener vero quanto luno
e laltro consegn alle lettere.
In confermazione della venuta della colonia di Jolao, attestava Pausania, che anche allet sua eranvi de
luoghi in Sardegna, che da Jolao erano cognominati, e
noi possiamo in argomento dello stanziamento delle
stesse genti nelle montagne della Barbagia attestare,
che anche ai d nostri trovansi nella nomenclatura di
molti siti non poche vestigie del nome di quelleroe
con una tradizione ancor vivace. Olloli, che in altri
tempi era un borgo celebre per la moltitudine degli
abitanti; Artili, che credesi corrotto da Arx Jolai, ecc.,
sono pregievoli monumenti della celebrit di questo
nome in cotale provincia.
Stabilita nellisola la dominazione dei cartaginesi,
tentarono, dice Diodoro, a pi riprese, e sempre con
pi gagliardia di forze, di ridurre questi popoli allobbedienza, ma senza sorte; e la verit delloracolo renduto in Delfo sulla colonia dei tespiadi conserv ai
medesimi in ogni tempo inconcussa la propria giurisdizione. Nessuna memoria per di fatti speciali giunse insino a noi.
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Venne in Sardegna nellanno seguente T. Sempronio Gracco con un numeroso esercito, attacc pi
volte battaglia, e se gli scrittori delle cose romane attestano il vero, sempre con suo vantaggio. Nondimeno dovette rimanere in Sardegna, anche per lanno
seguente, per vieppi comprimere gli animi dei rivoltosi; e poscia, ritornato in Roma con ricchissimo bottino, ottenne le trionfali. Che che si debba giudicare
di queste vantate vittorie, gli certo, che gli iliesi non
restarono oppressi, e che il furor di Sempronio Gracco pot solo sfogarsi con coloro che si erano sollevati
con la speranza di esser protetti da quei valorosi.
Riaccesasi, e probabilmente dagli iliesi e blari, la
guerra contro i romani, venne il console Q. Cecilio
Metello Caprario, e sconfitti i sardi, ottenne gli onori
del trionfo.
Otto anni dopo ricominciarono con furore questi
sardi indipendenti la devastazione delle terre romane.
And contro loro il pretore T. Albucio, e avendo fatto
men di quello che avrebbe potuto, davasi tal vanto,
come se avesse fatto pi di quanto si sperasse, e avessero mai fatto gli altri. Pare sia lecito credere, che gli
altri ancora, che furono celebrati come vincitori dei
sardi, se fecero pi di Albucio contro popoli poco agguerriti, che parteggiavano per gli iliesi, abbiano fatto
non pi di lui contro questi.
Mancano dopo questa epoca le memorie per non
piccolo spazio di tempo, e pare ragione di ci, non
perch avessero cessato gli indipendenti dal travagliare i romani, ma piuttosto perch lattenzione degli
storici tutta si rivolse ai maggiori e pi importanti avvenimenti delle guerre civili.
Sebbene nella divisione fatta delle provincie romane tra C. Ottaviano ed il Senato, la Sardegna sia stata
aggiudicata a questo; tuttavia ne tiene dal crederla
tutta composta in pace il vedere che per alquanti anni non prefetti scelti dal Senato vi si mandavano a
governarla, ma soldati e capitani per tenere in rispetto i montanari.
Sotto il governo di Tiberio quattro mila dei proscritti da Roma, perch seguaci delle superstizioni
egizie e giudaiche, furono trasportati in Sardegna per
opporli alle scorrerie de barbari.
Il nome degli iliesi non meno che dei blari e dei
corsi di Sardegna era in questi tempi nobilissimo fra i
romani per le prove di valore che non cessavano mai
di dare con molto danno delle loro legioni.
Regnando Diocleziano e i suoi colleghi non era ancor dimesso lanimo degli iliesi. Apprendesi dagli atti di
s. Efiso, che mentre militava in Sardegna dovette prender le armi per reprimere la baldanza, con cui discorrevano per la provincia, come un nembo distruttore.
Nulla dei medesimi si sa nel periodo della dominazione vandalica; tuttavia possiam congetturare che
non gli abbiano pi rispettati dei romani, massime
incitati da quanti fuggendo dalle loro violenze covavano il desio della vendetta. N furono poscia meno
avversi ai goti.
Riconquistata da Giustiniano la Sardegna, rinnovasi la menzione delle loro incursioni. E queste erano
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delle campane quadrata, e di unaltezza e architettura, per cui si ponga tra le prime fabbriche del regno
in questo genere. Fu compito nel 1802 dallarchitetto
Antonio Melis, dal quale fu ancora fabbricato loratorio che trovasi a destra della parrocchiale in faccia
al levante. Il piazzale bello, ampio, e ombreggiato
da filari di sorgiaghe. Il sacerdote che la governa sintitola provicario della parrocchia: gli antecessori erano qualificati come rettori. Nella cura delle anime
assistito da due o pi sacerdoti. considerevole, avuto riguardo al paese, la ricchezza dei sacri arredi.
Oltre il summenzionato oratorio vi erano altre due
chiese figliali sullestremo dellabitato, una dedicata a
san Leonardo verso mezzod, di cui esistono le sole
mura; laltra verso mezzanotte sotto linvocazione di
santa Cecilia, la cui festivit cade add 22 novembre.
Dietro della parrocchiale alla parte di sera evvi il
cimitero.
Le altre principali solennit sono per la nativit
della santissima Vergine, per san Girolamo, che festeggiasi nella prima domenica di ottobre, quando il
proprio giorno occorra negli altri sei della settimana;
e nellottava di questo per san Leonardo. Vi per
ciascuna gran concorso da tutta lOgliastra e Capodissopra, con lo spettacolo della gara dei corsieri, e
con tutti gli altri divertimenti popolari.
Lestensione territoriale eguagliasi a 15 miglia qu.;
il paese quasi nel centro. Ambe le vidazzoni di Tecu e di Campu-Moli sono tenute per fecondissime,
e veramente tali sarebbero, se larte adottasse maniere migliori.
La dotazione del monte di soccorso in favore dei
poveri contadini era stata fissata per fondo granatico
di star. 710 (litr. 34,932), per nummario di lire sarde 699 (lire nuove 1362.72). Nello stato del 1833
furono trovati ascendere il primo a star. 1750, laltro
a lire sarde 774.2.6.
Si semina ordinariamente starelli di grano 300;
dorzo 200; di fave 100; di granone, ceci, fagiuoli, cicerchie, piselli, lenticchie in totale starelli 100. Il grano suol rendere per uno l8; lorzo il 15; le fave il 10;
il granone il 5; le civaje il 10; meno le lenticchie che
danno il 5.
Lerbe ortensi, che si coltivano, sono lattughe, coppette, cipolle, pomidoro, patate, aglio, bietola, indivia, ecc.; le piante zucche, poponi, cocomeri, citriuoli, melingiane, ecc.
Nel generale il lino che si raccoglie somma a
30,000 manipoli.
Nessunaltra terra e clima pare pi a proposito di
questo per le viti. Le variet delle uve bianche, rosse, e
nere sono molte, che si distinguono coi nomi volgari
di moscatello, canonato, sinzillosu, bovali, varnaccia,
semidno, merdolino, rosa, argumannu, apesorgia
bianca e nera, detta ancora triga, corniola, galoppu,
manzsu, nieddra, monica, girne, moscatellone. Del
moscatello, varnaccia e girne si fanno vini dilicatissimi, che passano col nome di vini bianchi. Il galoppu
ed argumannu si secca per uve passe. Lapesorgia, ossia
triga, si conserva fresca per la maggior parte dellanno.
Bar
Le altre uve servono pel vino nero, che gode nel commercio di molta riputazione. Si vende quasi tutti gli
anni ai genovesi, che lo trasportano in vari porti. Se ne
brucia ordinariamente poco per acquavite.
Le piante fruttifere sono di molte specie. Le pi
numerose per sono ficaje di frutti bianchi e neri di
molte variet, susini, peri, aranci, limoni, ecc. Si dissecca gran quantit di fichi per provvista domestica,
e per averne lucro. In totale tutte le piante suddette
sommano a 50,000.
Le tanche ed i chiusi sono in buon numero, e racchiudono una superficie non minore della capacit
di 1500 star. (ari 59,790). Una parte serve al seminario, laltra al pascolo.
Presso al paese sono alcune colline, una a ostro-libeccio, detta Su-planu, altra a levante, detta Pizzemonti, sulla quale trovasi delle stanze sepolcrali scavate nel vivo sasso. Maggiore di queste la eminenza
di Tecu a greco-levante. La sua sommit stendesi in
un fertile piano, dove si seminano cereali di varie
specie; larea pu valutarsi a mezzo miglio quadrato.
A tramontana sorge altra collina, ma di poca considerazione, che chiamasi Perdecas. Dalle roccie di
Tecu, e da quelle della regione Su-crassu cavansi
molte macine. In varie parti riconoscesi dellargilla
buona per tegoli e mattoni. In Senafnu pretendesi
vi sia una piccola vena di rame.
Nellanno 1833, che fu fatale al bestiame specialmente minuto a causa della gran siccit, la numerazione dei capi delle diverse specie era come segue: vacche
500, capre 1000, pecore 1500, le quali pascolavansi
nel prato e nelle tanche. I tenui prodotti appena bastavano al consumo della popolazione. I formaggi sono
mediocri in bont. I buoi per lagricoltura erano 100
gioghi, i majali 200, i cavalli e cavalle per trasporto e
per sella non pi di 100, i giumenti 200.
Delle specie selvatiche trovasi i cinghiali nelle colline, principalmente in Tecu, le lepri nella pianura.
Gli uccelli sono di molte specie, e ciascuna ben
numerosa. Le cornacchie sono detestate pel danno
che cagionano ai seminati. Vengono a nuvoli a gittarsi su li solchi, nei quali si sono nascosti i semi pi
grossi, fave e simili, e se li divorano. Le beccaccie,
pernici, colombacci, e tortori presentansi frequentissime ai cacciatori. Molte specie di uccelli acquatici si
offrono nelle acque stagnanti facile preda.
Non lungi dal paese alla parte di mezzod trovasi
la perenne fonte di Trias o Tria, dalla quale bevono i popolani. Contienesi in un recipiente coperto a
volta lungo circa metri 5, e largo 2,50, e altrettanto
profondo. La sovrabbondanza della medesima forma
un ruscello, il quale, dopo bagnati alcuni giardini,
scorre in mezzo del paese, ed in certe stagioni loltrepassa di molto.
Alla parte di tramontana in distanza non pi dun
miglio serpeggia un piccol fiume detto Su-caladrgiu,
che quando ingrossato dai torrenti si passa con pericolo. Il guado pi sicuro cade nella linea della via da
questo paese a Tortol, nel qual punto formansi dei
ponticelli con pali e tronchi, che sussistono finch la
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Barigadu
corrente rinforzatasi per la copia delle acque non scioglie la connessione dei medesimi, e schiantati li porta
via. Viene questo fiume dalla costa della catena centrale, e mette foce a greco-levante del paese nei termini con Tortol (vedi Ogliastra, Fiumi). Il suo corso
entro questo territorio di circa 4 miglia: ha un letto
competentemente profondo, e perci anche in tempo
di copiose pioggie poco danneggia ai possessi che sono alle sue sponde. Vi si veggono in vari siti delle acque stagnanti, le quali abbondano di anguille, lupi,
mugili, e di molte specie di uccelli acquatici.
Il Bariese dalla parte di levante bagnato dal mar
Tirreno. Comincia questo littorale dalla foce del fiume
anzidetto, indi girasi la Punta-negra alquanto elevata, e
si percorre la spiaggia di Cortinus, in fine della quale
trovasi un piccolo scalo detto la Cala di Bar, con
ispiaggia arenosa, capace di piccoli bastimenti, che vi
possono restare sicuramente con i venti di terra. Sporge
qui nel mare la punta detta di Bar con piccola scogliera
in testa. Sulla cima basata la torre della stessa denominazione, custodita da un alcaide e pochi soldati, che ricevono e corrispondono ai segnali della torre di Largavista. Ivi ancorano le navi al tiro dello spingardo.
distante questo seno dal paese poco men di tre
miglia un po sotto il levante. Per laddietro vi concorrevano battelli sardi ed esteri per caricarvi dei vini, ed altri effetti di Bar, Locri, e di Giro; ora per che si ristretta ogni estrazione al solo porto di
Tortol, in questo non si carica altro che qualche poco di legname per costruzione di carri per la capitale.
Prima del 1815 i legni barbareschi vi frequentavano,
e vi fecero degli sbarchi, ma con grave perdita dovettero
sempre fuggire ai loro legni. La memoria delle pi gloriose azioni di valore che ebbero luogo in questo lido
gi oscura, perch mancava nei tempi antichi e chi pregiasse il valor nazionale, e chi ne conservasse a noi i fatti
egregi. Trovasi in questo lido uno stagno, che chiamasi
Bauan, dove considerevole la quantit dei pesci.
Quando i levanti cagionano piena, il mare superata la
sponda arenosa vi aggiunge le sue acque. Scorsa poi
tutta la spiaggia di Lorcoli tutta giarrosa, coperta duna
rupe verdeggiante di cespugli, arrivasi alla foce del fiume Sdini, che divide questo lido da quello di Giro.
Sebbene ed il mare e lo stagno e il fiume sieno
abbondantissimi di molte specie, tuttavia non vha
alcun bariese che per professione sia applicato alla
pesca. Onde avviene che manchi al paese questo ramo di sussistenza e di guadagno, qual potrebbe avere
vendendo ai paesi lontani dal mare il suo superfluo.
assai tenue la quantit dei pesci che prendesi, e rarissime volte avviene che se ne venda qualche libbra.
Usasi lamo nello stagno per li muggini, lupi, e anguille che se ne tolgono di grandezza enorme, e la
fiocina nel lido per le murene.
Entro i limiti di questo territorio dicesi non essere
stati mai pi di 6 norachi. Ora sono in gran parte diroccati, e nulla vi che debba rimarcarsi dei medesimi.
Il comune baronale. Comprendesi nel feudo
dellOgliastra appartenente al marchese di Quirra.
Per li dritti feudali vedi Ogliastra dipartimento.
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Barumini
Questo territorio si traversa dalla strada provinciale della Ogliastra, e avvicinasi al paese poco pi
dun miglio.
Barrli distante da Pimentl mezzora; da Ortacsus e Samazzi 3/4; da s. Andrea, Senorb, Arixi, Donri unora; da Suelli, Slegas, Gua-maggiore unora e
1/4; da Guasila unora e mezzo; dalla capitale 5 ore e
mezzo. Le strade sono carreggiabili, ma non senza
qualche difficolt, principalmente dinverno.
Di cose antiche altro non si pu osservare, che le su
accennate rovine di Santdi, ed un sol norache sopra
Montida, donde si vede tutto il cratere della Trejenta.
Comprendesi questo comune nel feudo di Trejenta appartenente al marchese di Villasor. La curia
stabilita in Guasla, e le sono soggetti Gua-maggiore,
Ortacsus, e Pimentl. Per li dritti feudali vedi Guasla. Sono coscritti da questo paese 19 individui al
battaglione di Serra-manna dei corpi miliziani.
BARUMINI, villaggio della Sardegna compreso nellantico dipartimento di Marmilla del giudicato di Arbora. presentemente capo-luogo duno dei distretti
della provincia dIsili, che contiene Bardili. Le piazze
(Is prazzas), Lunamatrona, Siddi, Sezzu, Tuli, Turri,
Ussana-manna. Includesi nella tappa (uffizio dinsinuazione) di Masullas.
distante da Gergi 2 ore e mezzo, da Tuli 3/4, da
Gsturi altrettanto, dalle Piazze mezzora. Scorre vicina
al paese la linea della strada reale, che da Cagliari scorge alle parti settentrionali dellisola per la Barbagia. Le
strade sono carreggiabili, sebbene poco comodamente
negli inverni umidi. Le case sono circa 300; le contrade larghe, e non tutte irregolari: siccome per non sono selciate, le pioggie le rendon fangose.
La temperatura moderata dinverno, alta destate. Domina la nebbia e li venti di levante ed austro.
Laria insalubre: le malattie, che pi frequentemente affliggono questi popolani, sono le periodiche, e
le pleurisie. Lordinario corso della vita al 55, ed
raro vedervi persone ottogenarie. Le famiglie (an.
1833) erano 305, il numero degli abitanti 1130. Nascono 40, muojono 30, e soglionsi contrarre circa 10
matrimoni.
Il vestiario secondo le maniere del Campidano;
osservasi per nelle donne molta cura e bella grazia
nellabbigliamento. Gli uomini non significano in alcun modo il duolo, ma le femmine, come usanza
universale nei villaggi della Sardegna, quando rimangan vedove, vestono a bruno o sino a nuove nozze, o
alla morte. In tutti i d festivi, che sia lecito, si celebrano i pubblici balli allarmonia delle zampogne, o
daltro rusticale istromento.
Delle arti meccaniche quelle solamente sono esercitate, che rispondono alle prime necessit e comodit della vita, ed ai bisogni dellagricoltura. In ogni
casa armato un telajo, ma non vi si lavora pi di
quanto domandi il privato bisogno. Vi un consiglio per lamministrazione delle cose comuni, una
giunta locale per lo governo dellazienda agraria, ed
una scuola normale frequentata da circa 25 fanciulli.
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Soggiace questa parrocchia alla giurisdizione dellarcivescovo dOristano. La chiesa principale dedicata alla Nostra Donna nella venerazione della di lei
concezione purissima. Vi si veggono alcuni altari e
statue, col fonte battesimale di marmo. Il parroco si
qualifica vicario, ed assistito nella cura delle anime
da altri due sacerdoti. Le chiese filiali sono tre: una
sotto linvocazione di s. Giambattista, laltra di s. Tecla, la terza di s. Lucia, la cui memoria rinnovasi solennemente nella terza domenica di luglio con molta
frequenza dai paesi dintorno, e con lo spettacolo
della corsa. Aggiungasi la chiesa annessa al convento
dei frati cappuccini, fondato lanno 1609.
Il cimiterio contiguo alla chiesa parrocchiale ed
alle case, n si pensa ancora alla formazione del camposanto in sito men pericoloso.
Fuori del paese trovansi altre chiese: una sulla anzidetta strada reale verso a Nurallao e alla Barbagia,
dedicata al m. s. Lussorio, di antica costruzione; altra nella stessa regione, egualmente antica, sotto linvocazione della SS. Trinit, cui aderente una casa,
che dicesi essere stata nello scorso secolo ospizio de
frati trinitari, e molto prima monistero di benedittini. Trovasi alla sponda del Caralta presso al ponte.
Quindi alla distanza dun quarto dora la chiesa di
s. Rosa v. e m., che gi comincia a rovinare.
La estensione superficiaria comprender m. q. 30.
Il paese sta presso allangolo che formano le linee,
che corron contro ponente ed austro. La natura delle
terre assai propria ai cereali.
Lazienda agraria di questo comune era fissata in
star. di grano 1200, e in lire sarde 1898. (N. B. Pareggiasi lo star. a litri 49,20: la lira a l. n. 1.92). Nello stato del 1833, il fondo granatico compariva di
star. 510, il nummario di lire sarde 3904.15.7.
Si semina ordinariamente star. di grano 1500, dorzo 300, di fave 250, di cicerchie 100, di lenticchie
10: talvolta il totale della seminagione passa li star.
2500.
Il grano, lorzo, le fave si moltiplicano al ventuplo, le cicerchie rendono dal 5 al 10 per uno, le lenticchie dal 20 al 40. La raccolta intera qualche volta
va ai 30 mila starelli. Si semina poco lino. Le viti vi
prosperano, e se ne annoverano circa dodici variet,
dalle quali ottienesi del vin nero gagliardo, e insieme
assai soave, e quattro sorta di vini bianchi, cio malvasa, semidno, moscatello, barbarajna molto potenti e sulfurei. La quantit che imbottasi, si calcola
a quartieri (misura eguale a litri 5) 640,000. Un
ventesimo al pi si potr bruciare per acquavite.
Le piante fruttifere, che qua e l e lungo le siepi
formate di fichi dIndia veggonsi sparse, si contengono nelle specie dei peri, meli, mandorli, fichi, prugni, albercocchi, peschi, aranci e limoni. In breve
cresceranno a quantit considerevole gli olivi, che
gi cominciasi con molto studio ad attendere alla loro propagazione e coltivazione. La totalit degli alberi si pu computare di 4500, e larea occupata dalle
vigne di 1000 star. di capacit (ari 39,860), cui sembra eguale quella che occupano le chiudende, dove si
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paesi a ponente, celebri per questo genere; e se procedasi con metodi migliori, essendo la natura del suolo,
senza contrasto, pi idonea a questa coltivazione, potranno allora vincere nella concorrenza.
Le piante fruttifere sono un numero poco maggiore di 2000 individui disugualmente spartito nelle
specie dei susini, peri, pomi, fichi, ed albicocchi.
Il territorio quasi del tutto occupato da tanche,
che alternativamente usansi per la seminagione, e
per la pastura del bestiame. Non mancano le specie
ghiandifere, per in maggior copia sono gli olivastri,
che attendono dalla industria di esser migliorati di
natura, e costretti a maggiore e pi utile produzione.
Il bestiame che propagasi, sono vacche, capre, porci,
cavalle, giumenti. Le vacche (an. 1833) sommavano a
capi 300, i tori per lagricoltura a 200, le capre a 50, i
porci a 60, i giumenti a 70, le cavalle a 15. I buoi pascolano sempre nelle tanche; laltro bestiame per una
parte dellanno ammesso in queste, per la restante
vaga nei piccoli tratti di terra ancora aperta.
Di rado i cacciatori trovano qualche daino e cinghiale: ma sono in gran numero volpi, lepri, pernici,
tordi, ecc.
Due sorgenti sono in questo territorio, una detta
di Zinnri, coperta con fabbricato a mattoni presso
un norache; laltra, cognominata Pirula, vicino ai
tre norachi di Murafigus, Muracrabas, e Madris, distanti fra loro non pi di 40 passi. Sono ambe perenni, ma di ingratissimo gusto, e converrebbe analizzarle, gi che pare che siano minerali.
Solca queste campagne il fiume Cispri proveniente da varie fonti del monte di s. Lussurgiu presso ai limiti di Bonrcado nel sito Sos-peles. Indi disceso costeggia per unora di corso le campagne di
Orci e Marzccu di Pali-ltinu, onde poi viene nel
piano, traversando una piccola parte di questo territorio, nel quale riceve Sa-bubulca, nato esso pure
nei monti di s. Lussurgiu, dai quali va nelle valli di
Pali-ltinu, passando a ponente del paese in poca
distanza, e poi serpeggiante in fondo alla valle, sulla
cui sinistra corre la strada centrale. Indi uscito, trova
il Cspiri, e forma con lui il fiume di Tramazza (vedi
Tramazza). Il suo corso non si interrompe n anche
nella pi ardente estate. Nei temporali diffondesi dal
letto, ma non cagiona considerevoli danni. Alle sponde si fa la coltivazione della meliga e dei fagiuoli, e
quindi traggono questi popolani la sussistenza, con
ci sia che nutransi per tutto lanno di pane di meliga, e di legumi. Alcuni attendono talvolta alla pesca,
e fanno un piccol guadagno dalle anguille e trote assai gradite nelle mense. Essendo cos ingrate, come
si accennato, le suddette fonti, necessario, che
anche nella stagione estiva attingasi la bevanda dalla
sua tenue corrente, il che non pu non nuocere gravemente, quando ei volge le acque contaminate dai
lini, che nei luoghi superiori vi si tengon sommersi
ad ammollare.
Oltre i norachi gi nominati, altri se ne trovano entro questa terra, sebbene per la massima parte in distruzione. Sono tra questi, per certe loro singolarit,
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Il clima temperatissimo, fuorch destate: le pioggie sono assai frequenti dinverno, ma rare le nevi, e
senza consistenza. Il vento che pi molesta il ponente, quel che pi danneggia, perch spesso nuoce anche alla salute per lo trasporto delle esalazioni miasmatiche delle terre basse dOgliastra, quello che
spira dalla parte australe.
Se la semplicit dei costumi e la innocenza di questo popolo rinnova allo spirito le belle immagini della prima et della specie umana, il loro pi ordinario
vitto ne rende pi larga la rassomiglianza. Sebbene
non sia il solo in Sardegna, che mangi pane di ghianda, per il solo, in cui pi comune ne sia luso, e
pi continuato: con ci sia che per la maggior parte
dellanno non si alimentino daltro. Il singolar modo
di farlo merita di essere con brevi parole significato.
Sopra il fuoco in una pentola con acqua decantata da
ceneri di vegetabili e da certa argilla mettonsi le ghiande sbucciate. Il ranno ad addolcire alquanto lasprezza di queste frutta, lo immisto e glutine, che fu tolto
dalla argilla, a dar tenacit alla materia. Poich questa
da una continuata rimesta sia ben disciolta, ed il liquido che ne risulta abbia il necessario grado di cozione,
che segnasi dallacquistato color rossoscuro imitante
quel della cioccolatta, allora si lascia rappigliare. La
pasta, che se ne ottiene, vien disseccata al sole, e ridotta in panetti, o in fette, mangiasi con formaggio, lardo,
o carne, e tanto volentieri, quanto i contadini delle regioni granifere gustano il pi bel pane di fior di farina,
o il pi saporito pan di sappa. Questarte non par conosciuta a quelle genti di Spagna, Africa, America ed
Asia, che traggono il vitto dalle stesse piante. Le donne baonesi ne portano in altri paesi, principalmente
in Tortol, e lo vendono pi caro, che se fosse di farina scelta. Se ne manda in dono, e si pregia come una
cosa singolare.
La superficie delle terre di Bauni valutasi a circa
140 m. q. Una piccola porzione della medesima nel
piano, dove, tolte le lande, rester coltivabile unarea
capace di 400 starelli di semenza, che equivale ad ari
15,944. La massima estensione nel convesso di
Montessanto.
Lagricoltura, sebbene poco favorita dalla localit,
potrebbe essere in miglior grado, se si sapesse profittare di tutti gli spazi, che la permettono, e se una saggia
industria si estendesse ad altri oggetti fuor di quelli, a
cui si mira. La seminagione (an. 1833) impiegava soli
300 starelli, dei quali 80 in grano, 100 in orzo, 50 in
fave e cicerchie, ed il restante in lino. La fruttificazione ordinaria ascende al decuplo. Di lino se ne raccoglie circa 200 cantari. (N. B. Ragguaglia il cantaro a
chilogrammi 40,65).
Lazienda agraria pur essa ben tenue. Lo stabilimento del fondo granatico portava star. di grano
250; quello del nummario lire sarde 267.2. Nello
stato del 1833 rappresentavasi il primo dalla cifra
1000, il secondo da lire sarde 269.3.11. (N. B. Ragguaglia lo starello a litri 49,20: la lira sarda a lire
nuove 1.92). Le donne, sopra il lino ed i legumi,
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Questa regione non scarseggia di minerali, e quando sar ben esaminata, si riconosceranno delle altre
sostanze, oltre le gi notate nella presente sarda mineralogia. Nel luogo detto Frando a due ore e mezzo
dal paese lavorasi a scavare una miniera di rame per
conto di una societ. Le roccie si bruciano per calcina,
la quale molto pregiasi per la lega.
Sono le selve di Montessanto popolate dalle solite
specie, che dappertutto per le terre boschive dellisola
si ritrovano, dir cinghiali, cervi, daini, volpi, martore, lepri. Vi abita pure la stirpe dei mufloni, e vi errano a grandi torme. Di rado i cacciatori vanno a spaventarli, e farne strage. Le specie dei volatili comuni
nelle terre pi alte dellisola, aquile, avoltoi, sparvieri,
falchi, ecc.; e le ricercate dai cacciatori, pernici, quaglie, beccaccie, tordi, merli, sono assai numerose. Delle fluviatili se ne trovano poche, e in piccol numero,
ch la loro regione nella maremma ogliastrina, giacente alquanto sotto.
Una porzione dei baonesi attendono alla pastorizia. Passano gran parte dellanno nel monte e nelle
lande, riparandosi entro meschine capanne, che l
compongono di rami e frasche, e coprono di sala, o
felce, dove convenga per la copia del pascolo e per
lopportunit delle acque stabilire la mandra. Educano vacche, capre, pecore, porci, e ciascuna specie
nellanno 1833 numerava capi quanti qui notansi:
400 le vacche, 2500 le capre, 1500 le pecore, 500 i
porci: in somma delle somme circa 5000 capi, che
prima della epizoozia dellanno antecedente era forse
maggior del doppio. Gli animali domestici sommavano a circa capi 800, come risultava da vacche mannalte o siano domestiche 100, da buoi per lagricoltura 250, da majali 200, da cavalli e cavalle 150, da
giumenti 100. Essendo cos poco numerose le specie, piccoli dovranno esserne i prodotti; e veramente
nel detto anno la quantit dei formaggi non fu maggiore di 200 cantara, quella delle lane non avanz le
cantara 250, dei quali numeri appena un terzo rispettivamente pass nel commercio.
Molte sono le acque, che sgorgano da varie parti
di Montessanto: quella di cui servesi la popolazione,
trovasi alla distanza dun quarto dora dal paese nel
luogo appellato Osno: di molta bont, e comparirebbe anche pi abbondante, se si impedisse il suo
disperdimento.
Scorre a due miglia dal paese il fiume Palmara,
che nellinverno per le continuate pioggie ricevute
dai monti, onde move, ingrossa a segno, che spesso
per lunghi mesi vieta ogni comunicazione col restante della provincia, e paralizza il piccol commercio, che
si fa con Tortol. Alcuni che sono troppo arditi, periscono miseramente avvolti nei gorghi, ed ogni anno
parecchie famiglie hanno a deplorare la perdita di
qualche necessaria persona. Gli in cos luttuose contingenze, che si vede per ciascuno la necessit dei ponti, e che si confessa senza questo comodo non si poter
tenere in continua attivit il commercio; ma poscia
non vi si pensa pi. Cotale incomodit e pericolo,
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spiaggia bianca, trovasi appresso la foce del Palmara, dove termina il lido di Bauni.
Nessuno di questi popolani applicossi mai alla pescagione nel mare, onde non hanno neppure uno
schifetto: rare volte ricercano nel fiume per le anguille e trote.
Nel suddetto piccolo porto di s. Maria Navarresa,
e in altre cale di questo territorio, sono nei tempi
anteriori all815 avvenuti frequenti sbarchi di barbareschi, e si ebbero a patire danni gravissimi. Ma non
sempre toccava la mala ventura ai baonesi od ardalesi, che ritrovavansi presso ai lidi. Pochi dei medesimi
seppero pi volte non solo ostare a quei masnadieri,
perch non si gittassero addentro le terre, e giusta il
loro solito, andassero a sorprendere nel sonno le popolazioni, o ad assalirle mentre le persone che potrebbero far difesa mancavano; ma anche respingerli
al lido, e ributtarli in mare; o attirarli in qualche insidia, ed ivi farne strage.
Molte azioni eroiche di valore si fecero in questi littorali, come nella maggior parte degli altri, dove era facile laccesso; ma giacciono senza gloria, perch non vi
ebbe chi per onore della patria ne tramandasse a noi la
memoria circostanziata; e quantunque la tradizione ne
riferisca i principali avvenimenti, tuttavia dobbiam dolerci, che non ci abbia conservati i nomi dei prodi.
Presso la punta di Moro-negro si pi volte domata la
insolenza di que barbari, ed indi pesti ed insanguinati,
partirono pentiti del loro temerario ardire.
Il comune di Bauni con la sua dipendenza di Ardali nel feudo dOgliastra, propriet dei marchesi
di Quirra (vedi Ogliastra). Comprendesi per lamministrazione della giustizia nel mandamento di Tortol, ed in questo capo-luogo stabilita la curia.
Siccome per era troppo gran dispendio e molestia dover anche per affari e questioni di poco interesse andare col per aver ragione, e ci non era sempre
possibile per limpedimento del fiume nellinverno,
quindi si us di eleggere un maggior di giustizia, il
quale risponde sopra i minori negozi. Per le prestazioni feudali, vedi il citato articolo.
Da Bauni sono coscritti 36 individui, e 6 da Ardali per lo battaglione dellOgliastra de corpi miliziani barracellari.
BELV, villaggio della Sardegna nella prov. di Buschi, distr. di Mena, tappa (off. dinsin.) di Srgono.
Era nel medio evo capo-luogo del secondo dipart.
della Barbagia centrale, cui dava nome, ed apparteneva allArbora.
situato nella costa del monte Genna-de-crobu a
pon. di Aritzo, e forse un centinajo di metri sotto il
suo livello. La strada da uno ad altro paese di maniera ombrata da noci e castagni, che nellestate non
vi pu il sole penetrarvi direttamente da parte alcuna.
Si annoverano 210 case (an. 1833) separate da vie irregolarmente tirate, fuori della principale che corre
da meriggio a mezzanotte per una retta di mezzo miglio con una larghezza di sette metri.
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capo-luogo del mandamento, dove sogliono i belviaschi ricorrere per dire la loro ragione.
Per ci che concerne al costume nel vestiario, agli
usi, consuetudini ecc., si vegga quanto stato scritto
degli aritzesi, con li quali hanno questi popolani una
compita somiglianza.
BENETUTTI, villaggio della Sardegna nella prov. di
Noro, distr. di Bono, tappa (off. dinsin.) del Gocano, ora aggregata a quella di Ghilarza. Comprendesi
nellantico dipartimento, poi contea del Gocano, che
dopo abolito il giudicato del Logudoro venne nella
potest dei giudici dArbora.
Parlano gli antichi corografi sardi di Bulterina, quasi
piccolo Bultri o Bulti, e la dicono rovinata nel tenimento di Benetutti. Bullejana che trovasi in alcuni,
forse fu una storpiatura di Bulterina, e questo io crederei nome non di una popolazione estinta, ma lantico e
primitivo che si avesse il paese di cui si ragiona, il quale poi si scambiasse con quello che si acquistarono le
vicine terme per la loro creduta salutare efficacia.
Sebbene sianvi entro la circoscrizione del territorio dei siti dove chiare appariscono le vestigia di antiche popolazioni, non vi ha nelle appellazioni usitate dei medesimi n pure indizio di tal nome.
Infelice la positura di Benetutti in fondo alla valle
di Gocano a pi dun monte dirupato, onde nellestate dopo il mezzod, riverberandosi in lui i raggi solari,
vi cagionato un calor bruciante. Molta lumidit
delle notti, molta pure quella dei giorni nella stagione piovosa. Il ponente vi batte pi della tramontana,
e riflettendo dal monte raggirasi in violenti ruote. Da
qual altra parte che scorrano laure, questi strati inferiori dellatmosfera stagnano tranquilli. Nellautunno
scoppiano con frequenza le tempeste, ed i frutti ancora pendenti ne sono malamente percossi. La copia
delle pioggie competente. Le nevi ingombrano
spesso il suolo nellinverno, ma per poco. La nebbia
domina nelle stagioni temperate e calde, ma non regge molto alla forza del sole. Laria malsana.
Le case sono circa 285, costrutte in gran parte a
pietre granitiche, che la rocca dominante. Le strade sebbene irregolari son belline: mancano di selciato, non di meno poche ritengon lacque in pozzanghere, s per la inclinazione, che per la natura del
suolo tutto sabbionoso.
lontano Benetutti da Nuce mezzora, da Bono
unora ed un quarto, da Oziri 5, da Noro 4, da Sassari 14, da Cgliari 30. Le strade carreggiabili sono solamente quelle che guidano a Bono, Noro, Cgliari.
Le generali professioni sono lagricoltura, e la pastorizia. Nelle arti meccaniche di necessit non si
esercitano pi di 20 persone. Le donne sono applicate alla tessitura dei panni lani, e lini in 200 telai; e
producendo i lavori pi che domandino i propri bisogni, mandano nel commercio molte pezze.
La scuola normale contava nel 1833 fanciulli 20.
Al ponente, in distanza di tre quarti dora, nella
regione denominata da una chiesetta, di costruzione
antica, dedicata a san Saturnino, trovansi le rinomate
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inducono nella temperatura le diverse correnti dellaria. Se non a tutti gli incomodi che ora devon patire gli ammalati, certo si negherebbe luogo ai maggiori, se quei che in questa regione possedono delle
terre, vi costruissero delle stanze e casse, appropriate
per quelli che volessero tentare la virt di questo rimedio. Senza dubbio, che ei ne trarrebbero grandutile, e lumanit avrebbe un altro mezzo di sollievo da
molti suoi mali.
Comprendesi il popolo di Benetutti nella giurisdizione del vescovo di Bisarcio, nella quale fu incorporata la diocesi di Castra, cui il medesimo apparteneva.
La chiesa parrocchiale denominata da s. Elena
imperatrice. Il sacerdote che la governa ha la qualificazione di rettore con un reddito di lire nuove 4, o 5
mila, e tiene coadjutori nella cura delle anime altri
due preti. Le chiese figliali sono otto, delle quali sei
dentro il popolato, appellate da s. Gavino, santa
Croce, s. Michele, s. Rosalia, s. Salvatore, s. Timoteo
martire; due nella campagna, una sotto linvocazione
della B. Vergine Assunta, volgarmente detta s. Maria
de Bole, a tramontana in distanza di minuti 20;
laltra di s. Barbara alla parte contraria, ed a distanza
eguale. Le principali festivit occorrono per s. Michele, e per s. Rosalia, con corsa di barberi, e piccola
fiera. Manca il camposanto, ed i cadaveri si seppelliscono entro la chiesa, o nel cimiterio, che tocca la
chiesa parrocchiale, e che resta in fuori dellabitato.
Il censimento parrocchiale del 1833 presenta numero di famiglie 250, danime 1500. Nascono per
lordinario 40, muojono 30; la vita si suol protrarre
al cinquantesimo, e contraggonsi 10 matrimoni. Le
malattie pi frequenti sono di febbri periodiche e
perniciose, infiammazioni, reumatismi, dolori articolari, ostruzioni, e flussioni. Nei funerali ancora
in uso il compianto.
Sono da questa popolazione coscritti al battaglione
di Bono dei corpi miliziani-barracellari 24 individui.
La superficie territoriale avr in circa 40 miglia
quadrate. Molte regioni sono lodate di grande ubert, ed certa cosa che si otterrebbero pi copiose le
ricolte se pi diligentemente si travagliasse, e meglio
fosse larte conosciuta. Lazienda agraria di questo
paese era fissata nella dotazione di star. di grano
510, e di lire sarde 366.15.0. Nello specchio dellanno anzidetto vedeasi il fondo granatico del numero
di star. 2110, il nummario di lire 333.7.6. Ragguaglia lo starello a litri 49,20, la lira a lire nuove 1.92.
Si semina ordinariamente star. di grano 500, dorzo altrettanto, di fave 100, di lino egual misura, poco canape, e meno di legumi. La fruttificazione media al settuplo. Coltivansi in alcuni orti lattughe,
cavoli, poponi, cocomeri, e pomidoro. Le vigne sono
molte, tuttavia corrispondon poco. Il vino bianco,
e nulla pregiato. Quanto sopravanza dalla consumazione distillasi in acquavite.
Le chiudende occuperanno due terzi in circa del
territorio. Vi si tiene il bestiame a pascolo, e poche
volte vi si sparge semenza di cereali. Gli olivastri vi
prosperano mirabilmente, sono in grandissima copia,
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e non di meno nulla si attende a ingentilirli, e costringerli a migliori frutti. La met di tutta la superficie si pu dare come occupata da selve ghiandifere,
ed il numero degli individui bene sviluppati prossimo a 4 milioni. Le altre specie s fruttifere, che infeconde, sono molte, ma ben pi scarse di numero.
Il bestiame che educavasi per lo macello, per lagricoltura, e per altri usi e bisogni umani, sommava nellanno sopra segnato a capi 14250, numero molto
inferiore dellordinario, ed a tale ridotto dallepizoozia dellanno antecedente. Nelle specie questa era la
distribuzione: vacche capi 3000, pecore 8000, capre
600, cavalli e cavalle, compresi i domiti, 1300, porci
500, mannalte o vacche domestiche 150, buoi da lavoro 300, majali 200, giumenti 200. Essendovi promiscua fra li comuni della real contea entrano spesso
queste greggie ed armenti nei pascoli daltre giurisdizioni. I prodotti in latticini smerciansi nei dipartimenti dintorno, specialmente in Sassari, e nella baronia dOrosei.
Sono assai numerose in queste terre le specie selvatiche, cinghiali, daini, lepri, volpi, e tra quelle dei
volatili sono assai moltiplicati i colombi, le tortorelle, i tordi, i merli, le anitre, le folaghe.
Le vie da questo paese agli altri sono tagliate da
tre riviere distanti dal popolato qual due, qual tre
quarti dora. Una di esse e la maggiore il Tirso, e le
altre sono due suoi tributari, che se gli congiungono
nella pianura di s. Saturnino, detti Seddle e Riu-minore. Nel solo Tirso vi modo di passare sopra alcune travi stese da una ad altra sponda, finch la piena
non se le porta seco. In tutti e tre gli alvei crebbe a
gran quantit la generazione delle trote ed anguille;
in certe stagioni vi si veggon nuotare altre poche
specie. Le due prime sono assai gradite ai palati delicati. Circa dieci persone attendono alla pesca, e ne
provvedono ai villaggi limitrofi.
Sono in vari siti di questo territorio visibili le vestigie di antiche popolazioni, e presso la chiesa di s. Barbara, e a quella intorno che fu dedicata sotto linvocazione della Vergine Assunta, il qual paese forse
dicevasi Bole, come pure nella regione denominata
dalla distrutta chiesa di s. Giovanni in distanza da
Benetutti di unora e1/2, dove le rovine ampiamente
sparse sembrano attestare una gran popolazione: ma
il nome antico n dimenticato, ed ignota la cagione, e lepoca del disertamento.
Non mancano i monumenti della pi remota antichit. Si possono vedere undici norchi, de quali i
pi considerevoli sono i cognominati lAspro, Urrle, Torodda, e Tolidda, maggior degli altri, fondato
su duna rupe presso alle fauci duna grossa vena
dacqua, sgorgante da un macigno. Sonovi ancora alcuni massi granitici conformati in piramidi o coni,
che credonsi appartenere alla religione delle pi antiche trib che coltivarono questisola. Vedi Barbagia
Monumento. Sas pedras fittas o longas.
A sopra capo del comune sul ciglio del vicino
monte appariscono tali rovine, che si credono materiali dun antico castello, che sarebbe stato nominato
Berchidda
Ssini, di cui per niuna memoria trovasi nelle antiche carte, e poche cose riferisce la tradizione.
Questo paese inchiudesi nella real contea del Gocano. Per li dritti feudali, vedi quellarticolo.
La curia stabilita in Bono capo-luogo del mandamento. Governasi da un delegato consultore, da
cui dipendono tutti i paesi della contea, solo eccettuato Orne, che ha una curia propria.
Nellanno 1831 il moto sedizioso dei pastori, insofferenti delle chiudende, e fermi a volere aperta
tutta la terra alle loro greggie ed armenti, si distese
sin qua. Furono in gran parte distrutte le muriccie
delle tanche, ed in molti luoghi si appicc il fuoco al
bosco ed al vigneto. Le energiche operazioni del governo compressero in un momento limpeto dei nemici della propriet; i traviati ed ingannati si ridussero al dovere, e la tranquillit ricomparve nel paese.
Vedi su questo proposito larticolo Noro sulla fine.
BERCHIDDA, villaggio della Sardegna nella prov.
dOziri, distr. dOschiri, tappa (off. dinsin.) dOziri. Comprendevasi nellantico dipart. del Montacuto, cantone di Pratojano, appartenente prima al Logudoro, e questo giudicato abolito allArbora.
Giace alla falda del monte Limbra sotto al picco
del Gigantino nello stesso meridiano in faccia a meriggio, e contro i venti del secondo e terzo quadrante, riparato dagli altri per lopposizione della gran massa del
monte, che qui pare moversi da oriente in occidente.
Le case sono 315, per la massima parte con sole
stanze terrene. Le strade non corrono molto irregolarmente su dun terreno sabbionoso. Pare che in et
rimote fosse maggiore che ora non sia questa popolazione, e si componesse di due rioni separati da un
largo di 60 passi.
Sono ancora visibili i ruderi, e principalmente osservabili gli avanzi della chiesa di s. Sisto, che per
tradizione sappiamo essere stata parrocchiale.
lontano da Oschiri capo-luogo del mand. ore
due, da Tula altrettanto per cagione della strada alpestre. Vassi a Tempio capo-luogo della Gallra, traversando il Limbra per sentieri difficilissimi in ore
5, e come conviene per evitare i frequenti evidentissimi pericoli pi a pi propri, che sul cavallo. temerit tener questa linea di corso, quando il monte
sia ricoperto di nevi, ove non abbiasi un giumento
pratico della medesima. In tal contingenza giova allungar la via costeggiando la falda, e passando per la
pianura di Norvra. Anche verso a Terranuova sono
due strade, una sul piano che percorresi in sei ore,
laltra sul monte pi corta dunora e mezzo.
La massima parte di questi popolani sono applicati allagricoltura ed alla pastorizia. Non pi di 15
persone lavorano il ferro, il legname, il cuojo, e meno sono ancora i muratori. Alcuni vi si occupano a
formare dei pettini da telajo, dei quali provvedono al
loro paese, ed ai circonvicini. Le donne lavorano con
molta assiduit tele e panno forese, ed generale
lindustria e lattivit, s che toltane appena venticinque circa famiglie mendiche, in tutte le altre case si
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Berchideddu
Tavolra. Era lontano da Monti unora, e cinque dalla marina. Da una parte toccava il dipartimento Gmini della Gallra, dallaltra la contrada di Silvas,
appendice del Montacuto.
Sotto Norvra esisteva forse labbazia menzionata
dal Fara con la denominazione di Bellacqua (aquae formosae); l dove presso alla fonte appellata Ebba-bedda
(Acquabella) sono situate alcune capanne di pastori.
Erano da per tutto di quelle costruzioni, che sono
dette norachi, delle quali la massima parte giacciono
ora affatto distrutte. Sono fra gli altri degni di osservazione i denominati Colomeddu e Piddu, ambo con
cinta e terrapieno. Presso quello, che conoscesi sotto
il nome di s. Juanne-Cabrle, osservasi uno di quella
sorta di monumenti che il volgo appella Sepolturas
de gigantes (vedi Barbagia, Monumenti antichi, Sepolturas de gigantes), dove se dice il vero la fama trovaronsi ossa umane, rottame di giarre e di terraglie
gentili, ampolline ed altre anticaglie.
Dicesi pure siasi trovato una non piccola quantit
di monete dargento, grandi quanto una mezza lira,
nel norache Custia. Intorno al norache detto di s.
Michele osservansi vestigia di unantica popolazione.
Castello di Montacuto. Nel medio evo sorgeva sul
vertice di questo cono un castello, da cui ebbe nome
tutto il dipartimento. Del medesimo ora non rimangono che alcune parti delle mura che formavano la
torre, con la cisterna ancora in buono stato, avendo
pi potuto contro il medesimo la pazza smania di trovar tesori, che il tempo. Questa torre assai piccola,
perch credasi che una fortezza dimportanza quale
era in quei tempi il castello del Montacuto di essa solamente contasse, ed quindi da credersi, che al dissotto in varie distanze fossero varie linee di mura quasi a gradini con le quali si chiudesse uno spazio pi
ampio. Dellepoca in cui esso sia stato fondato nulla
sappiamo dire: certo per che antichissimo. Del
suo fondatore niente ancora possiamo affermare per
autorit di idonei monumenti: che se poi si volesse
dar orecchio alla tradizione che corre fra i popoli circonvicini verremmo a conoscere essere stato edificato
da un cotal Lemo, come pure che una tale Georgia
abbia fatto costrurre in poca distanza da questo alle
falde del Limbra un altro castello, quale dicesi essere
stato nel sito dove ora veggonsi alcuni ruderi, nel qual
luogo ricordasi sia stata la famosa Leonora, forse
quando dopo la barbara morte del fratello Ugone con
gente armata combatteva gli Arboresi che vollero farsi
repubblicani, ed espugnava le castella.
Lasciate da parte queste dicerie ricorderemo piuttosto, che nellanno 1237 Adelasia regina Logudorese ed il suo sposo concessero al Papa questo castello,
in mani del maestro Alessandro cappellano e legato
della Sede Apostolica, che avealo domandato. Costui, con atto che si segn nello stesso castello, incommendavalo poi al vescovo dAmpurias, perch lo
resignasse a cui indicasse il Papa.
Berchidda compreso nel feudo di Montacuto.
Per li dritti feudali vedi Oschiri, dove la curia per
lamministrazione della giustizia.
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BERCHIDEDDU, luogo della Sardegna, nella contrada Silvas, appendice del Montacuto, nella provincia
dOziri. un casale o stazione di pastori oriondi in
maggior parte dai villaggi di Calanginos e Buddus.
situato verso greco di Al, in distanza di due ore e
mezzo, nel declivio di unamenissima pianura, in faccia a mezzod.
Dalle rovine che veggonsi intorno si pu dedurre
esservi stata in altri tempi una competente popolazione. Esistono tuttora delle mezze colonne di granito delle tombe di antica forma con vasi lacrimatorii:
vedesi molto rottame di mattoni e tegoli, ed appariscono delle fondamenta. Vi sorge unacqua salubre e
sufficiente al bisogno, e si riconoscono gli avanzi del
fabbricato dellantica fonte.
Non vi alcuna chiesa, e questi pastori vanno
quando possono a compire gli atti di religione alle
chiese rurali dei vicini territori, e prendono i sacramenti alcuni dalla parrocchia di Al, altri da quella
di Buddus. La popolazione pu ascendere a 120
persone distribuite in 30 famiglie.
Nei crusos (chiusi) seminano tanto di grano, orzo,
fave, legumi ecc., quanto basti ai loro bisogni. La cinta di questi crusos altrimenti arvos uno steccato di
grossi travicelli contessuti con delle frasche. Commerciano costoro coi viandanti Galluresi e Sassaresi, o a
meglio dire concambiano i formaggi e le pelli con gli
articoli che sono loro necessari.
Se vi si costruisse una chiesetta, e vi si mandasse
un sacerdote, e si desse loro un forte eccitamento allindustria agricola, in poco tempo prospererebbe la
popolazione, col riunirsele che farebbero tanti altri
pastori che vivono fuori dogni societ.
BESSUDE, anticamente Bissuda, villaggio della Sardegna nella prov. di Sassari, distretto di Codrongianos, tappa (off. dinsin.) di Sassari. Apparteneva allantico dipartimento di Cabuabbas.
situato a pi del monte Plao in una concavit,
esposto a ponente e tramontana. Il totale delle case
di 150, disposte lungo vie irregolari, e non selciate.
Le strade vicinali che portano ai paesi dellintorno sono impraticabili a vetture, e pericolose pure ai cavalli:
la prima accenna a Tisi, dove giugne dopo percorse
quattro miglia, laltra a Bnari distante tre, la terza a
Sligo, di quasi eguale lunghezza, e per una od altra
di queste due a Sassari, distante ventidue miglia. Potrebbesi facilmente entrare in comunicazione con la
strada provinciale dAlghro, per un piccol tratto di
lavoro, e quindi con la centrale.
Il clima poco da lodare e per la umidit che cagionano lacque che scorrono per labitato, e per le
pestilenti esalazioni che svolgonsi dalle immondezze
stagnanti in alcune parti, e dai letamai, e per lo calore che vi si raccoglie nella estate quando non soffino
i venti che vi hanno libero il flusso.
Regnano di primavera e di inverno le infiammazioni, nellestate e autunno le febbri periodiche, le
diarree, le dissenterie.
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vegetazione degli alberi da frutta e da ombra. Mandorli, peschi, pomi, olivi, susini, peri, albicocchi, meligranati, agrumi, quercie, pioppi, e pi altre specie.
Di queste frutta si fa smercio nella festa campestre,
che si celebra in una chiesetta del territorio di Sdilo
in onore di s. Constantino Regolo sardo, giudice del
Logudro, per li tre giorni di fiera (5, 6, 7 luglio), e
in quella di san Palmerio, che (add 8 dello stesso
mese) si celebra in Ghilarza.
Questa valle irrigata dalle due copiose fonti, che
pollano in vicinanza dellabitato. I canneti, e gli orti
la rendono pi deliziosa.
La pastorizia meschinissima. Le pecore (anno
1833) erano 400, le capre 60, le vacche tra rudi e
mannalte (domestiche) 100, i buoi da lavoro 80, i
capi porcini 100, il qual bestiame pascola ne territori, e prati dello stesso villaggio, e pu anche passare
in quei di Serradle, con cui si ha promiscua. I porci
devono portarsi altrove al sagginamento, mancando
qui i ghiandiferi.
Abbonda il selvaggiume, cinghiali, daini, lepri, volpi, martore, donnole: sono copiosissime le specie dei
volatili pi pregiati, pernici, tortori, beccaccie, meropi, merli, tordi, colombi selvatici. Alcuni popolani
attendono alla caccia.
Molte sono le eminenze in questo territorio. Tra le
altre merita di essere notata quella che nominasi di
Bonaria a 20 minuti dallabitato, sulla quale si osservano gli avanzi duna chiesa. Le piante di lentisco la
vestono in gran parte, e quindi principalmente raccolgonsi le coccole, onde spremesi molta quantit dolio,
che ben purificato serve per li lumi, e per le vivande.
Bagna queste campagne il Tirso, che i bidoniti, ed
altri dei vicini paesi dicono Coloc, ed il Dalro suo
confluente dai medesimi appellato Ghiargio. Il corso
del primo di circa due ore dal sito Intercorra (Inter
cornua), o Giuntras, come usano altri di dire, sino
allunione col fiumicello Siddu, che dai campi di Aido-maggiore scorre, ed entra nella sponda destra,
lunghesso il campo Stei, regione assai temperata, dove anche nei pi forti temporali la neve non persiste
che poche ore, e dove potrebbe farsi con molto frutto una seminagione di mille starelli.
Nelle prime escrescenze autunnali sogliono i pescatori prendere nei nassai grandissima quantit di
anguille di ottimo gusto, e non poche del peso di circa dieci libbre. (Ragguaglia la libbra a chil. 0,406).
Nelle altre stagioni ne prendono coi giacchi, comech in minor copia. Ne vendono fresca ai paesi dintorno, e ne salano per la quaresima. Di primavera e
di estate hannosi trote assai delicate e muggini, e
prendonsi molte testuggini.
Sono frequenti dinverno le inondazioni, e le acque
distendendosi da una ad altra parte dellalveo a mezzo
miglio, cagionano danni gravissimi ai seminati. Mancano i ponti, e perci tutti gli anni vi periscono molti
passeggieri. Il guado di Codnas nella linea della strada
carreggiabile dalla Barbagia centrale il passo men pericoloso, trovandovisi un fondo piano e fermo. Questo
sarebbe il luogo pi acconcio a costrurvi un ponte.
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Birole
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si calcola a circa 450 cariche: basta appena alla consumazione, e non si brucia che il viziato.
Le piante fruttifere pi comuni sono peri, meli,
fichi, mandorli, pochi olivi, e pi pochi individui di
altre specie, in totale 2500.
La pi gran parte del territorio, capace forse di pi
di 5000 starelli di seme, occupata dalle chiudende.
I proprietari delle medesime, quando non le coltivano, le concedono ai pastori per certo prezzo.
Mancano le piante ghiandifere.
La maggior eminenza che spicchi nel Birolese la
collina di Niu-de-crobu a non molta distanza dal paese.
Si nudrivano nellanno su segnato vacche rudi 350,
mannalte 60, buoi da lavoro 80, pecore 400, porci
350, majali 60, cavalli 35, giumenti 70.
I cacciatori vi trovano alcuni cinghiali, pochi daini, gran numero di lepri, e molta copia di volatili,
massime pernici, merli, colombi selvatici, ecc.
Un fiumicello irriga il prato comunale. Egli lo
stesso che il Murtazlu, la cui pi alta origine presso Mulargia. Quando i torrenti vengono nel suo canale, n pericoloso il passaggio, e rompesi affatto
ogni comunicazione, se tolgasi seco la piena le travi
solite distendersi da una ad altra riva.
Veggonsi in questo territorio vestigie di antiche
popolazioni, e le rovine occupano una considerevole
superficie, dove non si fatta finora osservazione da
persona intelligente. Si ignora qual nome avessero, e
la tradizione niente riferisce dellepoca delleccidio, o
disertamento.
Come nelle altre parti del pianoro del Mrghine,
cos in questa sono frequentissime quelle maniere di
antichi monumenti, che si appellano generalmente in
Sardegna nurghes, e sepolturas de gigantes. Di molti
appariscono le sole vestigie, dopo che per costruire le
muriccie delle chiudende si distrussero i coni, e le cinte; di altri rimane ancora qualche parte, che il viaggiatore possa osservare, e onde ammiri larte, che gi possedeva lantichissimo popolo edificatore di queste
grandiose moli, o alla memoria dei suoi maggiori, o a
cagione di religione, o ad uno ed altro fine copulativamente. Tra li pi degni di menzione il Srolo presso
al fiume, che elevasi circa 50 piedi con grosso corpo,
nella cui stanza interna vi si conterrebbero comodamente 60 persone. Ladito alquanto pi basso della
statura delluomo. Era di quei che avevano una cinta,
in cui comprendevasi un terrapieno, che arrivava al livello della camera media. Sono gli altri inferiori, ma
hanno bene di che poter essere oggetto di osservazione, e di esami, e si cognominano Orossai, Chessa,
Frusciu, Bidi, Urighe, Srbine, Arbu, Meddu, s.
Giorgi. Le sepolture dei giganti meglio conservate sono
quattro (vedi Barbagia Monumenti antichi di questo
nome). Tre sono distanti dal paese minuti circa 15, la
quarta unora, che si riconosce col nome pedra dessaltare, cui raffigurossi dal volgo la gran lastra che chiudeva
il monumento incontro al levante. Di questa costruzione ciclopica ha gi data la descrizione il chiarissimo
cavaliere Alberto Ferrero Della-Marmora, e trovasi inserita nel Bullettino dellInstituto di corrispondenza
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Bitti
le campane ad unaltezza ragguardevole. La porta principale nel suo arco fregiata di vari intagli, quali si usavano nellantica architettura, che la fanno elegante.
Stette in questa chiesa per molti secoli la sedia vescovile, alla quale fu unito nellanno 1445 da papa
Eugenio IV il priorato di s. Nicolao di Btule, e rest insino al 1503, quando da Giulio II si decret
lunione di questa diocesi allOttanense o Algariense.
Se si creda al Fara, nella enumerazione dei dipartimenti e parrocchie, che scrive poste nella giurisdizione del vescovo Bisarchiense, in due sole regioni
questa si estendeva, che erano Oppia e Montacuto
inferiore, contenenti circa 15 parrocchie, cio Bisarcio e Ardara cittadi, Oziri, Biduv, Tula, Noceto o
Nughdu, Ilanto o Ilna, Btule, Itiri, Urvi nel Sassu presso alla rupe di s. Leonardo, e alcuni altri.
Conservasi memoria di 15 vescovi dal 1102 al
1487 (vedi Vico, parte VI), uno dei quali, che nominavano Antonio Pinna, circa lanno 1436 celebr un
sinodo nella chiesa di s. Maria dOziri. Nellordine
del Vico devonsi inserire tra il primo e secondo il vescovo Pietro, che nel 1116 intervenne alla consecrazione della chiesa di Saccargia, e tra il terzo e il quarto, circa allanno 1237, Giovanni.
tradizione fosse il capitolo di questa cattedrale
composto di sette canonici, due dei quali costituiti in
dignit. Le prebende erano Ardara per larciprete,
Oziri per lo decano, Lidinse, Bubide, Retba, Oraci, Nughdu per gli altri canonici (vedi il Vico, luogo citato, cap. XII). Resta dubbio se egli scrivesse
correttamente i quattro nomi anzi notati.
Era in Bisarcio un monistero di benedittini. In
pi carte circa lanno 1236-37 troviamo sottoscritto
come teste il priore Gisarcliense.
Nel Sassu, al cucuzzolo di s. Leonardo presso la
chiesa dedicata a questo santo, dicesi sia stato un altro monistero del suddetto ordine. Eragli vicino il
paese di Orvi o Urvi, abbandonato circa al 1650.
BISARCIO, nome dantica curatoria del giudicato
di Logudro, la quale trovasi menzionata dal Zurita
(an. 1350, cap. XXXVIII) insieme con le curatorie
di Anglna, Capudabbas, e Nrcara, che poi credesi
detta di Monteleone. Apparisce da ci che il Fara
non pose tutta la cura a designare il vero numero
delle regioni o dipartimenti delle sarde tetrarchie, e a
darne i nomi propri; come si sa daltra parte che pretermise nellenumerazione molti paesi.
Non si saprebbe ora dire le limitazioni di questo dipartimento, n perci appellare le popolazioni o gi
deserte, o ancora esistenti, che vi fossero comprese.
Forse lo stesso Chiaramonti, e tutto il monte del Sassu
apparteneva al Bisarchiese. Ma in mancanza di buoni
dati giova contenersi dal profferire alcuna opinione.
BITTI, anticamente Bithe o Vithi, dipartimento della Sardegna nel giudicato di Gallura. Il Fara qualifica
questa regione come una quarta Barbagia, e a quel
che appare senza alcun dritto. Confina a levante con
la marca di Posda, a meriggio con la contrada di
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Starelli, orzo
500
150
100
Grano
500
80
50
Orzo
2000
200
100
Fave
200
20
20
Legumi
150
10
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Bolothana
pagliuzze doro, che strofinate sulla palma della mano le danno la lucidezza dun leggerissimo indoramento. Quando ne son riflessi i raggi solari resta offesa la vista. La temperatura poi n cos bassa, che
ben le conviene il nome che volgarmente se le d.
Quando vi si immerga una boccetta con vino ad essere rinfrescato nei calori estivi, se ne sbiada il colore
quasi fino ad imitar quello dellacqua, n si ricarica
della prima tinta che dopo aver sentito il sole.
Il fiume Dore si varca per un rozzo, ma solido
ponte, fabbricato nel 1815 a spese del comune. Ha
dentro il bittese il corso per una linea tortuosa di
circa sette ore; e cos esso come i suoi confluenti abbondano di anguille e trote delicatissime.
Molte sono le antichit osservabili in questo territorio. Diremo prima delle antiche popolazioni, poscia di quei monumenti, che detti sono norachi e sepolture di giganti ecc.
Non pi che a un quarto dora dal paese nella
dolce china che appellasi domestica si vedevano in
tempi da questo non lontani vestigie dantica popolazione, che sparirono dappoich vi si piant la vigna.
Rimane solo da uno dei lati una caverna con tre stanzine successive nel sito detto Monte-rasu; dallaltro
appariscono le fondamenta dun norache, e due pietre piramidali fondate nel terreno circa 5 palmi (vedi
Barbagia Monumenti antichi).
Al levante del paese in Dure si riconobbero non
da molti anni le reliquie dun antico abitato consistenti in fondamenti di case, forni, strade selciate, e
molte stoviglie, e ben tosto sparvero di nuovo ridotto quel terreno a coltura. Restano tuttavia le prove
dellesistenza di quellantica popolazione nelle chiese
che ancora sussistono in certa vicinanza tra loro, e
nella memoria dei bittesi, che discendenti si credono
dagli abitatori di quel paese, e conservano intorno
ad esso molte tradizioni. Le chiese ivi situate sono
dedicate una a s. Georgio vescovo, laltra a s. Lucia,
la terza a s. Stefano, la quarta alla SS. Trinit, lultima alla Nostra Donna, tutte cognominate di Dure.
In alcuna delle medesime avvi qualche anticaglia da
osservare. Sonovi allintorno molte fonti perenni, ed
un ruscello di amenissime sponde detto Crstalis,
che si unisce al Rivu-mannu nato esso pure dalle acque del territorio bittese.
Verso tramontana in distanza dal paese di tre quarti trovansi altre vestigie di antico abitato con un norache vicino, ed una fonte appellata Olosthes. A grecotramontana in distanza di tre ore esistono le vestigie
dunantica popolazione sopra una collinetta, che dicono Nrcali. Sono intorno tre fonti dacque finissime e copiosissime: una di esse ha il cognome de
Lotte, laltre della Regione. Sta sotto una estesa amenissima prateria detta sa pianura de Nortiddi.
Da questo punto piegando a levante dopo una
mezzora di corso offronsi allo sguardo i ruderi, come
pare, dunantica fortezza, sopra un colle alquanto elevato, che perci questi popolani dicono sa Kitathe.
In Ghelli a sirocco del paese ed a distanza di tre
quarti, quando svolgesi il terreno trovansi tutti gli
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anni dei sicuri indizi dantica popolazione. E in vicinanza una bellissima fonte.
Credesi fosse pure antica popolazione, di cui per
a questa et non rimase alcun vestigio, nella regione
detta Lassnis.
Sarebbe questo il Leranis che si vede notato dal
chiarissimo istoriografo sardo (Manno, l. 8). Non mi
rimarrei dal crederlo per ci solo, che vogliasi questo
paese comprendere nel dipartimento del Montacuto.
Dure apposto al medesimo per certo non vi era incluso, o il bittese era porzione del Montacuto.
Trovasi in Lassnis un norache mezzo diroccato,
quattro belle fonti, ed una sepoltura de gigante. distante dal paese unora e mezzo.
Finalmente nella eminenza su-ccuru-alvu, dove
un norache di questo nome in gran parte distrutto,
trovansi immensi mucchi di pietre, e pare ad alcuni di
riconoscere delle fondamenta. Confermansi in questa
opinione dalla vicinanza duna chiesa antichissima dedicata alla Beata Vergine nella sua Annunciazione, dove i bittesi frequentano nel maggio per causa di religione. Vi sono parecchie case per famiglie distinte, ed
alcune minori per li novenanti volgari.
Si pretermettono parecchi altri luoghi del territorio, nei quali dice la tradizione fosse consorzio duomini senza per che si osservi vestigio alcuno od indizio, che ne persuada.
Grande era il numero dei norachi, che gli antichissimi abitatori dellisola come in altre parti, cos
in questa costrussero; ma perch sono nella massima
parte distrutti, perci di quei soli faremo menzione
che meno furono offesi.
Oltre quelli di cui occorse di parlare, i quali trovansi
in Monte-ruiu, Olosthes, Ghelli, Lassnis, ne restano ancora osservabili altri dieci, che sono cognominati
dalla regione: 1. In Isthel vedesene uno molto ben
conservato alto circa metri 7 con 15 di circonferenza.
Per una porta comodissima entrasi in una camera spaziosa, nella cui volta dicesi infisso un grosso anello. Da
questa si passa in altre due stanzine. Sorge in vicinanza
la limpidissima fonte de Terra-e-sole da un cratere indorato. 2. In Ortoidde sopra uneminenza se ne osserva un altro quasi intero, e componesi di tre camere. L
appresso la bella fonte su-cantaru-de-Mamne che
cade da una rupe allaltezza duomo, e forma tosto un
ruscelletto sotto una folta selva di lecci. 3. 4. Nella regione Orthi, e quindi non lungi nel sito detto Raighna se ne trovano altri due, uno per met laltro per due
terzi disfatto, ed a questo fanno corona dieci fonti. Altri sei si trovano nelle regioni dette Orthiddi, Lier,
Sa Petra-alva, Saj prunas, Birsila, Badde longa.
Dei monumenti detti sepolturas de gigantes ne troverai ancora in Orthiddi, Petra-alva, Birsila, Badde
longa. Forse potresti vederne altri, ma non essendo
finora ben conosciute queste regioni, non si possono
indicare.
BOLOTHANA [Bolotana], villaggio della Sardegna
nella provincia di Noro, distretto di Bono, tappa (officio dinsinuazione) del Gocano, aggiunta allofficio
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contro tramontana traversa le montagne di Bolthana, di Bono, e Nughedu, e va nellalveo del Coguna.
Il Chivargio che si genera dalle acque che confluiscono in Coghinadorgiu procede verso Badu de cannas, ed indi al campo di s. Lucia in territorio di Rebeccu o Bonorva.
Questi tre fiumicelli sono i primi rami del Coguna.
Il Sacco, il cui principio fu sopra notato, corre
verso ponente, trapassa Pardu-mannu, e si pu tenere come una delle pi lontane origini del fiume Temo (Rio di Bosa).
Il Nueradorgio che scorre dal monte contro levante, e si versa nel Tirso.
Il Bacchis che principalmente formasi dalla sorgente
di san Bacchisio, e rende ancor esso tributo al Tirso.
Il Badu nascente dalle fonti su narrate, e cresciuto
con altri due rivoli, uno che se gli congiunge nel sito
dello stesso nome proveniente dalle sorgenti Lettu
de fruscu, Padedda, Nieddo, altro nel sito detto Ortu movente dalle acque di Dnniga, Ottili ecc. vassene poi nel Tirso.
Il Facchetta, limite fra le giurisdizioni di Lei e Bolthana, nel sito cognominato Riu-tortu, si unisce al
rivolo, che scende dalle terre di Silnus, poi riceve
Sindali, e da questo passato nelle terre di Noraggume si aggiunge al Murtazlu, che volge le acque di
Macomr, Bortigli, ecc. Riuniti prendono il nome
di Cokile, trascorrono i campi di Ili, ed entrando
nel Sedilese in Crocoroc si confondono col Tirso.
Il Tirso divide il territorio di Ottna dal bolothanese per una linea di tre miglia. Nelle sue escrescenze si trapassa per lo ponte di Illori, in altro tempo si
tentano vari guadi. Prendonsi dal medesimo in ogni
stagione trote, ed anguille.
Sono da notare in questo territorio alcune chiese
campestri. Una distante 50 passi dallabitato dedicata alla Nostra Donna col titolo di Buon camino;
laltra sotto linvocazione di san Bacchisio martire
in distanza di 16 minuti. Essa lunga metri 50, e
larga 25, con otto cappelle ed il presbiterio, una bella sagrestia, un buon palazzetto, ed un loggiato. Due
volte allanno vi si festeggia, e si celebra una frequentissima fiera, add 10 maggio, anniversario della sua
consecrazione, e poi a 7 settembre. Vi tradizione
che abbiavi dissotto un santuario, in cui sieno riposti
i corpi dei ss. mm. Sergio ed Apuleio.
Si pu in questo luogo far menzione della chiesa
silvestre di s. Maria di Saccu posta nel bosco, dove
toccasi la terra di Bolthana con altre giurisdizioni.
Ella di poca capacit e di barbara struttura. Forse
dessa fu posseduta da monaci benedittini, conciossiach facciasi menzione di s. Maria de Savucco o Sabucco fra li luoghi sacri che quelli ottenevano in Sardegna, s nel privilegio concesso da Callisto II (an.
1123), come nella bolla di Alessandro III (an. 1159),
e nel diploma di Clemente IV (an. 1188). Il sito assai ameno, e vi sorge quellacqua, che dissopra abbiamo notata come prima origine del rio Saucco o Sabucco (Sambuco), che corre contro ponente e taglia
in Padru-mannu la strada centrale. Ogni anno alcuni
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La festa di s. Maria di Bonacatto, che annualmente si celebra con numeroso concorso add 19 settembre preceduta da un novenario per li forestieri, ed
seguita da un altro per li popolani. La molta celebrit d occasione ad una fiera di tre giorni (17, 18 e
19) simile a quella di s. Croce in Oristano, e di s.
Mauro in Srgono.
Alla parrocchia di Bonrcado rimangono ancora
altre quattro chiese figliali. La chiesa di s. Sebastiano
dentro labitato uffiziata dalla confraternita di s. Croce, che si edific verso la met del secolo XVII. A sinistra della principale loratorio del Suffragio delle
Anime purgantisi, donde si passa nel campo-santo.
A distanza dunora e mezzo dal paese, nel punto dove si toccano i territori di Milis, San Vero-Milis, Narbola, Sneghe, trovasi la chiesa rurale di s. Pietro deMilis-piccinnu, nome dellantico villaggio che era
intorno alla medesima.
Dallatto di donazione del giudice Costantino, con
consenso della sua moglie Anna, e consiglio dellarcivescovo dArbora Omodeo, si ricava, che la regina
Toccode consorte del giudice Comta de Salris fece
edificare questa chiesa, ed intorno molte abitazioni ai
suoi schiavi, ancelle e liberti, perch si coltivasse tutta
la estensione del territorio che ella vi possedeva.
Il priorato di Bonrcado, perduto ogni altro dritto, conserva solo il possesso della chiesa in mezzo ad
una piccola area, dove vegetano una trentina dolivastri assai annosi disposti in bellordine, tra li quali
sono osservabili certe grandi tavole di pietra (lunghe
palmi 7, larghe 41/2), ed un norache a lato della chiesa; ed a poca distanza dalla medesima il copiosissimo
fonte Mandrnia, che pu servire al movimento di
dieci molini, e giova alle vicine popolazioni.
Vi si celebra la festa del titolare nel proprio giorno, presiedendovi un vice-parroco bonarcadese. Il
concorso di molto diminuito da che si sono proibite le carole entro il recinto.
Appartiene pure a questo priorato la chiesa rurale
di s. Cristina, sita in territorio di Pali-Ltinu, distante da questo paese un quarto, mentre da Bonrcado
lontana due ore. Vi sono vicine alcune casipole per li
novenanti, che vi concorrono al primo del maggio.
La festa principale cade add 10 del medesimo
con molta frequenza, e devota processione sino al
pozzo denominato dalla santa, il quale duna singolar forma e struttura (vedi Pali-Ltinu).
Si fa altra festa add 24 luglio, in cui si commemora la morte gloriosa della medesima. Leffigie vi si
trasporta sulla barella dai confratelli seguiti da un
numeroso popolo che canta il rosario per tutta la via
lunga circa 4 miglia.
Per le pretese dei paulesi contro i bonarcadesi, nascono spesso delle risse, e le allegrezze terminano in
guai. Se non intervenisse a tempo lautorit rispettabile dei sacerdoti presidenti della festa (uno bonarcadese, laltro paulese), il disordine pi facilmente e
spesso giugnerebbe al delitto.
Lestensione del territorio di Bonrcado eguaglierebbe miglia quadrate 20, e nella parte coltivabile
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botteghe di merciajuoli, delle taverne, e si ha il vantaggio duna beccheria, che sempre provvede al pubblico.
Questo comune posto sotto la giurisdizione del
vescovo di Bisarcio: in principio per apparteneva al
vescovo di Castro.
La chiesa parrocchiale dedicata allarcangelo Michele. di struttura antica, e ben capace. Vedesi nel
coro la statua colossale del titolare (scolpita, dicesi,
nel 1095) atteggiato siccome immergesse nel serpente il suo dardo. Oltre questa, che rimarcasi per lantichit, veggonsene varie altre che si credono da mani
maestre. Non la medesima assai ricca, da che fu
spogliata nel tempo delle sedizioni dai soldati tedeschi, de quali, essendo i pi daltra fede, commisero
orribili sacrilegii, e tutto rapirono quanto poteron
trovare. Sfugg per alle loro mani un antichissimo
gran calice con la sua patena, travagliato con tutta
larte, che allora si conosceva. Si legge da una parte in
esso calice: Donno Gonnario de Gotino; dallaltra sono le arme gentilizie del donatore, che appariscono
essere le stesse che si osservano nella torre del castello
del Borgo, o Burgo, o del Gocano (vedi Gocano).
Governasi questa parrocchia da un rettore, che tiene coadjutori altri nove sacerdoti. Egli ha una cospicua prebenda, percevendo le decime di quanto seminano i suoi parrocchiani non solo nel territorio della
giurisdizione di Bono, ma in altri ancora della contea. Essendone le terre comuni e per la pastura e per
la seminagione, le decime si corrispondono per ragione dei sacramenti. La divisione delle giurisdizioni territoriali solo per regola dei ministri di giustizia, ad
oggetto di notare in caso di qualche delitto a qual
paese il sito appartenga, in cui siasi commesso.
Dintorno e dentro del paese sono le chiese figliali
di s. Efisio, s. Raimondo Nonnato, s. Gio Battista,
della B. Vergine del Carmelo, delloratorio di s. Croce, di s. Antonio abbate, e di s. Catterina vergine e
martire. Vi sono instituite due confraternite.
In altra superior risega della stessa montagna di
Monteraso, a distanza dunora verso libeccio, nel
bosco e in delizioso sito, vedesi uno dei pi antichi
conventi dei francescani, ora ridotto ad un vile e sordido ospizio, dove pare cosa indegnissima che vivano religiosi. Fu fondato da due uomini di quellordine, che vennero in Sardegna verso il 1218, i quali,
dopo aver dato principio e regola ad un piccolo stabilimento della loro professione nella Gallura, precisamente nel luogo anche oggi qualificato Santo (Logu-Santu) entro lantico dipartimento di Montagna,
invitati dal principe Costantino II, edificarono questaltro convento nel 1220, dedicandovi una chiesetta alla Vergine, la quale poi cesse a s. Francesco.
Fu questa casa, come quella di Luogo-Santo, visitata dal B. Giovanni Parenti, venuto da Corsica con
parecchi compagni, dei quali lasci alcuni in una ed
altra per attivarvi losservanza. Il religioso, che non
molto stante mor in Monteraso in odor di santit,
non fu gi, come mal si crede, il sunnominato Parenti (morto in Corsica nel 1250), ma sibbene uno
di costoro, che egli aveva condotti. Dimorarono, se
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prestisi fede al P. Pacifico dei minori osservanti, i religiosi del suo ordine in questo convento sino al 1400,
in cui abbandonatolo lasciarono subentrare i conventuali, che tuttora il ritengono, sotto un preside vocale, o guardiano, che spesso risiede nel vicino convento di Bottidda. I due religiosi fondatori, dei quali si
ragionato, passarono poscia a Cagliari, e sullestremit
a sirocco dellantico abitato della citt presso al sepolcreto fondarono il convento di s. Maria in PortuGruttis, dedicato anche a s. Bardilio diacono, ove esisteva una piccola antica cappella, primo oratorio dei
cristiani in quella citt. Forse sono dessi quei due francescani, che nel 1237 soscrissero allistromento fatto
nel palazzo di Ardara, dove il legato pontificio a nome della chiesa romana concesse alla regina Adelasia
la provincia Logudorese.
Nella anzidetta chiesuola di Monteraso si celebra
due volte allanno divota solennit con gran concorso: add 2 agosto per la Vergine delle Grazie, detta
della Porziuncula, e a 4 ottobre per la memoria di s.
Francesco. Alla prima accorre molta gente dal Meilgu, Mrghine, Dris, e da pi lontane regioni; a
questa, meno dalle altre parti, che dal Gocano. In
esso tempietto, costrutto con semplicissimo disegno,
non altro di osservabile, che la bella effigie di s.
Francesco in sullessere stimmatizzato.
A due ore in distanza dal paese verso oriente, nel
sito dove gi esisteva lantica popolazione Lorthia,
stanno ancora cinque chiese; una di esse consecrata
a s. Restituta sarda, madre di s. Eusebio vescovo di
Vercelli, fondata sopra uneminenza con alcune case
vicine per comodit dei divoti, che vi si portano dai
paesi del Gocano, e dei prossimi dipartimenti. ben
tenuta, ed ogni anno in due distinte volte, ci a dire add 17 maggio, e 26 settembre, vi si festeggia,
presiedendovi tre vice-parrochi di Bono. Vi suol essere corsa di cavalli, per, essendo di poco pregio i proposti premi, non vi gareggiano che i cavalli comuni
del paese. A questa appresso la dedicata a s. Ambrogio, che onorasi add 23 settembre. Altre tre, ma pi
piccole, trovansi al ponente in prossimit fra loro. Si
celebra add 9 settembre la festa di s. Barbara vergine
e martire; add 25 del medesimo quella di s. Nicolao
di Bari; ed a 4 maggio e 25 ottobre quelle dei santi
martiri torritani Gavino, Proto, e Gianuario.
Lestensione superficiale del tenimento di Bono,
in lungo ore 8 dun pedone, e in largo ore 2, potrebbe computarsi di circa 40 miglia quadrate. La maggior parte montuosa, tuttavolta facilmente si presterebbe allagricoltura.
I bonesi fanno seminagione non solo dentro la circoscrizione del loro agro, ma anche nelle tenute proprie
incluse nelle giurisdizioni di Anla, Bttidda, Burgos,
Esporltu. Impiegano 150 gioghi, ognuno dei quali lavora ordinariamente per starelli 12 di grano, 5 dorzo,
escluso il lino, il canape, le civaje, onde si ha che il totale del grano seminato sia di starelli 1800, dellorzo 750.
Le vidazzoni non si alternano che ogni due anni.
Lazienda agraria avea per dotazione starelli di grano
610, e lire 717.10.0. Nello stato del 1833 compariva il
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Bortigiada
La chiesa parrocchiale sotto linvocazione della Vergine regina degli angeli governasi da un vicario e tre vice-parrochi. Le chiese figliali sono otto. Quelle poste
dentro il popolato sappellano dalle Anime del Purgatorio, dalla Vergine del Rosario, dalla s. Croce, da s.
Lucia, e da s. Antonio. Le rurali sono cognominate da
s. Giambattista, da s. Martino, e dalla Vergine di Sacu. Di questa si parlato nellarticolo di Bolthana.
Il cimiterio alla estremit del popolato, in luogo
elevato e ventilato, ma i defunti si vogliono sotto il
tetto della chiesa, e si soffre volentieri la depravazione dellaria che si spira, in voler che la pioggia non
offenda quelli.
Il numero dei matrimoni suol essere di 25 allanno, mentre le nascite si computano 95, le morti 40.
Lordinario corso della vita ai 70. Le malattie pi
frequenti sono infiammazioni di petto, e febbri periodiche. Il numero delle famiglie arriva a 515, delle
anime a 2920 nel 1833, le quali nel 1829 sommavano a 3000.
La superficie di tutto il tenimento comprender
circa 35 miglia quadrate. Il paese verso lestremit
australe.
La terra prestasi a tutte le voglie del contadino.
Specialmente riconoscesi atta ai grani ed orzi, che ordinariamente fruttificano il ventuplo. Coltivansi molte specie di erbaggi e legumi. Le patate forniscono il
nutrimento alle familie povere, quando fall la messe.
La vite vi prospera mediocremente, e la qualit dei vini non dispiace. Le piante fruttifere sono varie nella
specie, copiose nel numero, grate nei frutti.
Le grandi e piccole chiudende occupano la pi gran
parte dellestensione territoriale, e servono principalmente al pascolo delle vacche, e bestiame destinato al
lavoro.
Le selve sono vaste, ed in esse trovasi lelce, la
quercia, il tasso, il ciliegio, il moro selvatico, e altre
specie atte a varie costruzioni.
Vi sono parecchi colli, su i quali per di molto
elevasi Santu-padre. Nella sua cima veggonsi le rovine della chiesa di s. Barnaba. Ha la chiara forma dun
cono troncato; le roccie sono vulcaniche.
Si nutrono 300 cavalle, 2500 vacche, 20000 pecore, 700 porci, 500 capre, e gran numero di giumenti per la macinazione dei grani, e trasporto della
legna e formaggio al paese. I prodotti della pastorizia
si sogliono smerciare in Bosa.
Sono assai numerosi i cinghiali, i daini, le volpi,
le lepri e martore. Tutte le specie dei volatili, o stazionari o viaggiatori nellisola, vi fanno nido.
La pi ragguardevole fonte al pi del Santu-padre, e appellasi Mnigas. Forma tosto un ruscello,
che nellestate irriga gli orti attigui al paese. Il fiume
principale il detto Murtazlu, difficile e pericoloso
a guadarsi, quando lo ingrossano i torrenti. Vi si
prendono trote e anguille.
Trovansi in questo territorio le vestigie di due antiche popolazioni; una chiamavasi Verre, laltra verso
i limiti di Dualchi era nominata Ponte. Sussistono
ancora moltissimi norachi, dei quali i maggiori sono
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Boruta
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della filosofia e della morale. Le lezioni di grammatica e rettorica si danno da parecchi maestri secondo
lusata divisione delle classi. La filosofia si spiega da
un solo con poco profitto, perch i lettori quanto
sono bravi nelle scienze razionali, tanto sono imperiti nella matematica e fisica. Il canonico teologale detta
ai giovani iniziandi la morale, e godesi perci la decima di Sni. Il totale di tutta la scolaresca compresi i
normalisti monta a 500.
Non manca lo stabilimento del seminario ecclesiastico. Il numero degli alunni suol essere di 30. Ne
hanno la direzione un preside, un vice-preside che
governa leconomia, tre ripetitori e due prefettini. Si
ha il benefizio di 14 piazze, 8 in tutto franche fisse
in questo collegio, e 6 per met, che si godono alcune in Cagliari, altre in Sassari. Gli altri giovani sono
ammessi per una pensione di scudi sardi 50.
Il reddito del seminario consiste nei frutti decimali del villaggio di Tres-nurghes, in parecchi predi
e pensioni censuarie. La somma annuale pu arrivare a scudi 3000. Le scuole sono in alcune sale di
questo edifizio. I maestri vengon pagati dai fondi del
monte di riscatto, meno il lettor di filosofia, e maestro di sintassi, che sono stipendiati dalla cassa del
seminario.
A lode di alcuni cittadini pieni di patria e cristiana
carit dobbiam riferire, essere stata loro volont che si
assegnasse ognanno a quel numero di fanciulle orfane
che patisse la quantit dei frutti dei fondi a questo destinati, la somma di scudi sardi venticinque da somministrarsi alle medesime quando andassero a marito.
Regolarmente ogni anno se ne tirano a sorte dieci.
Era in addietro stabilito in Bosa un piccolo ospedale: poi con pessimo consiglio venne soppresso.
Sono alcune balie stipendiate dalla cassa civica per
gli spurii. Il numero di quelli che espongonsi suol
essere allanno di otto o dieci. Ne muojono quattro
o cinque.
I redditi della accennata cassa da varii dazi, e
contributi. Questi si appaltano ordinariamente in lire sarde 10,000, dalle quali difalcate ll. 7,000 che si
corrispondono per regie contribuzioni, spese necessarie, riparazioni ecc., restano disponibili ll. 3,000.
Ragguaglia la lira sarda a l. n. 1.92.
Non si sa quando sia stata fabbricata la prima cattedrale. Solo noto, che fu ristaurata nel 1400. Nel
1806 fu riedificata dallarchitetto Salvatore Are nativo di questa citt a spese di D. Francesco Simon canonico prebendato di Sinda. Essa degna di essere
annoverata fra le pi belle del regno. Laltar maggiore di finissimi marmi ragguardevole per le tre statue della stessa materia, una dellImmacolata, che
la titolare della chiesa, e laltre dei ss. mm. sardi
Emilio e Priamo. Vi sono molte altre belle opere.
In fondi stabili ed in suppellettili si calcola sia
questa chiesa ricca di pi di centomila scudi sardi.
Ragguaglia lo scudo a l. n. 4.80.
Molte sono le chiese filiali dentro e fuori del popolato. Tre delle prime appartengono alle confraternite del Rosario, della buona morte, e della s. Croce.
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olivastri, e formare grandi e regolari piantagioni. Pretendono i bosinchi che alcuni dei loro oliveti siano dal
principio del secolo sedicesimo, quando la citt, e con
essa la Planargia e le ville dOppia appartenevano alla
principessa di Salerno; ma crederei potessero tornar assai pi indietro sino allepoca dello stabilimento dei
Malaspina, e dei loro Genovesi, che intendentissimi di
questa parte dagricoltura, e consci del gran vantaggio
che se ne ritraeva, conosciuto il suolo alla medesima
idoneo, e trovata una infinita quantit di piante selvaggie, senza dubbio fin dallora vi si saranno applicati.
Sono in Bosa 20 fabbriche dolio, ed in anni di abbondanza si possono avere circa 12,000 barili. (Ragguaglia il barile a litri 33,60). Si sono formati tre lavatoi, e se ne ritrae un utile considerevole.
Una non piccola parte del territorio comprendesi
dalle chiudende, altra assai maggiore ingombrata
da foreste, nelle quali dominano gli alberi ghiandiferi delle solite specie. Questi sarebbero sufficienti a
nutrire e ingrassare pi di 10,000 porci, ed indi un
gran provento alla azienda civica, che riceve soldi
cinque per ogni capo.
Il bestiame appartenente a Bosa egli (an. 1833)
delle seguenti specie e numero di capi. Vacche 3,500.
Pecore 30,000. Capre 15,000. Buoi per lagricoltura
1,000. Mannalte o vacche manse 200. Cavalli e cavalle 600. Giumenti 200.
Le selve sono popolate di cinghiali, daini, lepri e
volpi. Molti si occupano spesso della caccia, i benestanti per diletto, gli altri per guadagno. Gli uccelli
sono di molte specie, e in famiglie numerosissime,
avoltoi, sparvieri, corvi, gazze, strigi, civette, pernici,
quaglie, tortori, colombi, galline camprestri, colombacci, tordi, merli in grandissima copia, solitari, usignoli, e filomene che riempiono le valli della loro armonia, starne, beccafichi, passeri ecc.
Havvi pure varie specie di acquatici, che galleggiano nella riviera, e in alcuni acquitrini, beccaccie,
folaghe, galline, anitre di quattro differenze, il corvo
anguillatore, ed altro cognominato cugumarzla.
Nel sito della citt non sorge alcunacqua. Vi sono
invece alcuni pozzi, due dei quali presso le porte di s.
Giusta e di s. Giovanni danno acque insipide. Quella
che attingesi dagli altri salmastra. Lacqua piovana
raccolta e conservata nelle cisterne la comun bevanda. Nel contado sono numerosissime le fonti, ed alcune assai considerevoli per la quantit che versano.
Il fiume di Bosa, come oggi comunemente si appella, il Temo della Geografia antica. Consta di due
principali rami, uno dalla parte di levante che ha le sue
sorgenti nei monti di Bolthana, e cresce per le acque
della fonte di Saccu, onde procede a Padru-mannu
(vedi Bolthana). Laltro dalla parte di tramontana e territorio di Villanova-Monteleone (vedi questarticolo). Il
suo bacino comprende parte dei dipart. della Planrgia,
Mrghine, Costavalle, Cabu-abbas, Nrcara, e tutto il
contado di Bosa e le terre deserte del partito di Minutdas, dalle quali parti ricever non meno di 25 ruscelli.
Nel di Bosa dalla sua sponda destra ne accoglie sette. Su vargiu, il pi prossimo alla citt, che ha origine
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nel prato comunale; il Tazla; il Crispo; il Querquetnos, che vengono dalle fonti del ghiandifero Tulas;
quindi Coronarugia e Campillotto, che scorrono dalle
montagne di Montresta: dalla sponda sinistra tre, il
Cabrargiu che nasce nei salti di Sni, e muove molti
molini, il Badu-pedrsu originario dalla stessa regione, e da quella di Sindia, ed il Lnari.
Questo fiume di grande utilit sia per labbondante pesca, sia pel facile trasporto dei frutti dai poderi, che sono alle due sponde. Serve ancora alla ricreazione degli abitanti, che sulle gondole vanno a di
porto a caccia o a pesca. Guizzano in esso lorata, lo
zerro, languille, il muggine dalle cui uova si fanno le
bottarghe, le palaie, e vivonci i gamberi, e le telline.
Fuori della foce trovansi moltissime altre specie.
La pesca nel fiume si fa dagli stessi bosinchi, che
usano le reti, e in tempo di piena i nassai per le anguille. Nel mare oltre questi si affaticano pure i napoletani, che vi accorrono con le loro feluche.
Si venderanno annualmente di pesci nella citt
circa 1000 cantara, nei paesi circonvicini 200, e di
testacei 300, per 2,500 scudi.
Il ponte che fu costrutto presso la citt tiene sei
pile dentro lalveo, tra le quali valicano comodamente le gondole. Per esso pu passare una vettura.
Le acque del fiume sono dolci quando la stagione
piovosa, senton del sale quando, come avviene nellestate, la corrente non pu respingere le onde del
mare. Dopo gran piovitura suole riboccare, ed il diluvio copre la valle, e spesso gran parte della citt.
Con una caracca si eviterebbe questincomodo, ed
altro assai pi grave. Nettato il fondo dai fanghi le
sue esalazioni non sarebbero quanto sono perniciose,
e meglio incassato non sorpasserebbe la sponda.
navigabile per pi di due miglia da battelli di circa 80 tonnellate, e lo sarebbe anche a legni di una portata pi del doppio, se non proibisse lentrata lostruzione della foce eseguita con improvvido consiglio dai
Bosinchi (vedi Notizie istoriche). Il porto a questimboccatura, e la stazione viene difesa dallopposizione
duna isoletta. in esso stabilito un officio di dogana
dipendente dalla principalit di Oristano. Si pu percevere dalle importazioni circa lir. n. 20 mila, dallesportazioni intorno alla met.
Nel prossimo golfo si fa ogni anno la pesca delle
sardelle e del corallo da feluche straniere. Queste concorrono in numero poco pi o meno di cento. Nei
giorni festivi e nei tempi fortunosi si ricoverano entro
il fiume. Sole tredici barche appartengono ai Bosinchi, delle quali otto pescareccie che usano nel fiume
o nel mare con 55 persone, e cinque di piccolo cabotaggio con 40 marinai.
Il littorale di Bosa comincia dal Capo Columbargiu. In questo trovasi una calanca in forma di grotta,
dove vanno a sollazzarsi le foche. Segue il piccol seno
dellAla, poi trapassate le coste del Corallo e Pietra
dura e la spiaggia arenosa di Turas si arriva alla foce
del Temo. A chi entravi sta a destra un piccol rialto,
sopra cui la chiesa dedicata alla nostra Donna intitolata del Mare, ed in certa manica una peschiera. Assai
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Nel 1528 temendo i bosinchi che la flotta francese che faceva dei guasti nel littorale sardo in odio di
Carlo V entrasse sin dentro citt per lo fiume ne
empierono la bocca.
Nel 1748 fu in Bosa un commovimento popolare
per carestia di annona.
BOSA (vecchia). Nella valle Calamda, altrimenti
Calamdia, a mezzora dalla nuova citt sulla sponda
sinistra veggonsi non oscuri monumenti della antica
citt, che in Tolommeo ed Antonino troviamo appellata Bosa.
La chiesa gi cattedrale dei migliori edifizi che
persistono. La sua fondazione ignota, ma sappiamo
bene che fu ristaurata in sul declinare del secolo XI.
Sta ancora lantica torre delle campane, si riconosce
il cimiterio, e sono chiari gli avanzi o vestigie delle abitazioni dei cittadini. Larchitettura ricorda i tempi barbari. Vi furono trovati molti avelli, e gran numero di
iscrizioni dei tempi romani, delle quali non rimase alcuna copia. Di una ritrovata tra i ruderi degli antichi
edifizi ricordasi che vi si leggesse D. O. M. ed Anthimius Eps. Il rimanente era poco men che cancellato.
Di medaglie doro, dargento e di rame ritrovossi sempre una gran quantit, senza che ad alcuno sia venuto
nellanimo di farne una collezione.
In questa chiesa pontifica ogni anno il vescovo assistito dal suo capitolo tanto nei due vespri che nella
mattina: vi si porta in una bella gondoletta tra molte
altre che contengono le persone del capitolo, e le primarie del paese. Una gran parte dei cittadini vi concorre, e vi frequenta pure gran gente dai vicini paesi,
le quali nella notte della vigilia e nel mattino maravigliosamente si sollazzano nelle danze e nel canto.
Diocesi di Bosa. Nel medio evo comprendeva i dipartimenti di Monteferro, Planargia, e Nrcara, che
si componevano, se si ha fede al Fara, di 27 comuni;
per che constava di sei il Monteferro, la Planargia di
sette, la Nrcara, poscia detta dipartimento di Monteleone, di tredici.
Il vescovo suffraganeo del metropolitano torrense.
Credesi esiste questa sede sino dai tempi di s. Gregorio.
La presente sua giurisdizione sopra 21 parrocchie.
Il capitolo consta di 15 canonici compreso un dignitario con la qualifica di arciprete, e di 16 beneficiati.
Le prebende canonicali sono sette. S. Lussurgiu,
Suni, Aido-maggiore, Tres-nurghes applicato al Seminario tridentino, Sinda, Scano, Flusso.
Le distribuzioni quotidiane dei canonici potranno,
compensando uno con altro gli anni, sommare a scudi sardi 90: quelle dei beneficiati a scudi 70 non compresevi le elemosine per le messe, e qualche legato.
Gli uffici parrocchiali in Bosa sono addossati a un
vicario, che tiene quattro [coadiutori], di cui se gli
presta opera sussidiaria.
Dopo la cattedrale da rimarcare la collegiata di
Cglieri eretta nel 1810, la quale componesi di 8 canonici, compresi un dignitario con titolo darciprete,
e i due dofficio (il teologale, ed il penitenziere). I beneficiati sono essi pure 8.
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Bosa
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Bottidda
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An. 1806
4774
4065
3230
2764
707
211
109
184
205
360
1216
938
299
621
135
505
215
388
887
190
266
22249
23271
24717
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Buddus
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questi popolani sono infiammazioni di petto, reumatismi, artritidi, gastro-enteritidi e febbri periodiche.
Il tenimento di questo comune si apre in una grandarea, e dividesi in due parti, una delle quali stendesi
intorno al paese, laltra al di l della giurisdizione
Alase. Il circondario da potersi raffigurare ad un quadrato si calcolerebbe di 20 miglia quadrate. Il lato
contro tramontana confina con le montagne di Lerno
e territorio dOskeri, distante da Buddus ore 4; quel
di ponente affronta con le terre di Pattda ad ore 21/2;
laustrale adiacente alle campagne di Osddu a circa
ore 11/2, ed a porzione del Bittese. Finalmente la linea
di levante tocca di nuovo il Bittese e lAlase. Resta
Bitti lontano ore 3; Al 13/4. La possessione dei salti
de Giossu (inferiori) poco men che tutto montuosa e
boschiva di superficie maggiore. Confina da tramontana e levante con la contrada, o terra demaniale
di Silvas, pertinenza dello stesso ducato di Montacuto; dalla parte di mezzogiorno con la marca di Posada,
e da ponente col territorio di Al. Ivi sono i ruderi di
due antiche castella, uno era alle falde di Montenieddu
(Montenero) che cognominavasi di Ergri, laltro sulla testa duna elevata montagna detta Silva-Nuri era
appellato di Olev. In vicinanza dei medesimi appariscono le rovine di due chiese e borghi. Trovasi menzione di queste due antiche fortezze nel solo Fara,
niente ricordandosene dagli antichi storici, che toccarono dei movimenti politici della Sardegna, quando
dominavano ancora i regoli o giudici.
Stanziano in queste campagne molte famiglie di
pastori, che vi allevano il loro bestiame, e vi fanno
seminagione. Il ricovero e abitazione delle medesime
o in capanne, od in mal costrutte casupole.
Una parte della pendice orientale di Montenero
comprendesi dentro i termini di questo territorio.
Esso ebbe questa qualificazione dal nereggiante colore onde tinto appare a cagione dei folti alberi ghiandiferi che lo vestono, fra i quali sono pi sparsi i lecci ed i soveri, che le quercie, dei cui frutti copiosi
singrassa larmento porcino del comune, e gran numero di branchi daltri paesi. Oltre le dette specie
trovansi in gran numero i ginepri, i tassi, i pini selvatici, onde distilla in abbondanza gomma di eminente qualit; ed i corbezzoli, ascendenti spesso allaltezza dei lecci e delle quercie, i cui fiori e bacche
forniscono alle api il prezioso alimento, onde correndo lautunno esse formano il miele amaro, quanto screditato un tempo per li motteggi di qualche
uomo autorevole, tanto oggid pregiato, perch gradevole al gusto, e riconosciuto medicinale. Coltivansi in tutte parti per questi salti gli alveari, che sono
una sorgente di lucro ai Buddusoini. Accade spesso
che ei possano vendere da 60 cantara di cera, ed un
peso maggiore di miele. Il mirto e lolivastro frondeggiano per tutto con maraviglioso lusso.
Cos il territorio circondario, come i salti de Giossu sono nella massima parte sabbionosi, secondo che
porta la natura delle roccie granitiche; quindi pi
convenienti alla pastura, che alla coltivazione. Onde
avviene che poca quantit si semini di cereali, non
Buddus
spargendosi di grano pi di starelli 300, che ordinariamente sono moltiplicati a 1800; dorzo 800, che
nellaja si misurano cresciuti a 6400. Di questo il
pane, onde si nutre la maggior parte. Di fave e civaje
ben poco si suol coltivare, contuttoch il terreno
non risponda ingratamente dove sia ben letaminato.
I gelsi vi prospererebbero quanto dove meglio, come
ne persuade a pensare la spontanea vegetazione di
quei pochi che hannosi nei poderi; ma sgraziatamente non si conosce il pregio di questa pianta, come n di quella pure del castagno, cui ben si accomoda il clima ed il terreno. N uno, n altro per
benigno alla vite, da che le uve non maturano perfettamente, onde riesce il vino di poca bont. Di
egual condizione sono le frutta di pochi alberi, i
quali si possono tutti classare nelle specie dei fichi,
peri, prugni e meli in tre o quattro variet.
Nel territorio del circondario sono circa due centinaja di quelle chiudende che volgarmente si appellano
tanche. Le pi sono di molta capacit. In alquante si
avvicenda la sementazione del grano e dellorzo, e poscia sintroduce il bestiame: nelle altre sono inchiuse a
pastura le vacche ed i giovenchi destinati allagricoltura od al macello. Dentro le mura di esse tanche sono
molti alberi ghiandiferi, e numerosissimi se ne trovano nelle terre aperte, e di comunit, e pi che in altre
regioni nella elevata montagna di Lerno.
Pascono in questo territorio vacche circa 6000,
capre 7000, pecore 8200, porci 3000. Quanto dei
prodotti sopravanza il consumo della popolazione
vendesi in Terranova, Orosi e Sassari, dove si trasporta di formaggi, tra affumicati e bianchi, non
meno di 300 cantara allanno.
Le montagne sono popolatissime di cervi, daini e
cinghiali. Sulle giogaje del Lerno abitano una gran
famiglia di mufloni, e incorrono nelle balestriere (agguato dei cacciatori) perseguitati dai bracchi e mastini in frotte di 30 e pi capi. pure ben moltiplicata
la generazione delle volpi e delle lepri, n sono rare
le martore, cui si d caccia per la preziosa pelle. Chi
si diletta della caccia dei volatili pu ferir quante voglia pernici, quaglie, beccaccie, beccaccini, tordi,
anitre ecc. Sono essi ancora in buon numero gli uccelli di rapina, nibbi, falchi, avoltoi, e tante altre specie, non esclusa laquila, e laquilastro. I quali ultimi
fanno il nido nelle eccelse rupi del Lerno, e nelle
balze dei salti de Giossu.
Nel territorio convicino scoppiano perennemente
molte acque. Queste, come vuole lavvallamento delle terre, confluiscono in varii canali, i quali mettono,
altri nella valle dessasenas, altri nel Campo. Il primo
di questi due fiumi va a dar tributo al Coguna, laltro il principio del primario dei fiumi dellisola, il
Tirso. Ambodui hanno origine nella stessa regione
allintervallo di tre quarti di miglio, il primo nel sito
Sa pianedda, laltro in Abbas de frau; come vi ha pure origine il Dore, fiume di Posada (vedi Bitti villaggio). Nei medesimi prendonsi di primavera e destate
delicatissime trote, ed in questa ed in altre stagioni
gran quantit di anguille.
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Bulti
Non trita in tutto il Buddusoese alcuna carreggiata, avvegnach a qualunque direzione con facilit
se ne potessero aprire, siccome ve le aprirono i Romani. Imperocch passava presso Abbas de frau una
delle strade militari (la centrale che da Olbia conduceva a Cagliari), e la stazione era detta ad caput Thyrsi,
distante da Olbia miglia di Piemonte 40, da Sorable
citt presso Fonni (vedi Fonni) 46.
Osservansi in alcuni siti, a qualche miglia dallabitato, vestigie di antiche popolazioni. Segnatamente nel luogo detto Tertre, un miglio a levante, ed in
Donnighddu a circa due miglia, la dove esiste lantica chiesa rurale di s. Liberata. Su i confini poi delle
possessioni dei Buddusoini, e delle contigue degli
Osiddesi era il villaggio di Usuluv (Usulife del Fara
nella regione del Montacuto Superiore) disertata verso
il 1483. Cinquantanni addietro sussisteva ancora la
parrocchiale dedicata alla Nostra Donna.
Dintorno al paese sono sparsi non meno di 30
norachi, che costrutti a durare nelleternit i barbari
pastori contro la noja dellozio si trattengono a disfare. Sono la maggior parte nella solita forma conica,
altri in figura elittica, e quasi tutti con una cinta della stessa costruzione, e con ladito non pi alto di
palmi sardi 5, con poco men di largo. N varia la
grandezza, conciossiach abbiano alcuni linfima circonferenza di palmi 250, in quel di Loelle se ne numerano 260, e ne due di Locorna ed Eghinanella
270. Ragguaglia il palmo sardo a metri 0,262.
Da levante, tramontana e maestro sono a brevi
distanze di cotali monumenti che pajono della pi
alta antichit. Vedesi una trentina e pi di caverne
nella roccia granitica, che sono divise queste in due,
quelle in tre, e quali ancora in cinque camerette, taluna con delle nicchie. La figura e grandezza di siffatte capacit non in tutte eguale, conciossiach alcune siano quadrate, altre bislunghe, tali altre rotonde,
e la dimensione si veda da pochi palmi ascendere sino a 16 di lunghezza, 12 di larghezza, e 8 di altezza.
Nella fenestra esteriore osservasi una specie dincassatura, dove forse veniva applicata e commessa qualche lapide a chiudersi questi depositi o tombe, che
tali si devon credere. In queste da non so quanti secoli aperte a tutta gente nulla fu ritrovato, non ossa,
non urne, non segni simbolici. da rimarcare che le
medesime sono rivoltate alloriente.
Appartiene questo comune al feudo di Montacuto. Per li diritti feudali, vedi Montacuto.
BULTI, o Bultri, villaggio della Sardegna nella
provincia di Noro, distr. di Bono, tappa (officio
dinsinuazione) del Gocano, ora aggiunta allo scrittojo di Ghilarza. Comprendesi nellantico dipartimento del Gocano, e vanta grande antichit.
situato appi della catena del Gocano, che gli
abbrevia lorizzonte meno che alla parte meridionale. Consta di case 207. Un ruscello lo divide in due
rioni. discosto da Bono capo-luogo di mandamento ore 2, da Anela 1/2, da Benetutti 2, da Noro capo-luogo di provincia ore 5.
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Il clima temperato pur nellinverno. Soffresi spesso della nebbia, e talvolta se ne sperimenta nocumento. pure danneggiante lumidit che viene s dal ruscello accennato, come dalle acque che spargonsi dalla
fonte pubblica per lestremit del paese ad occidente.
Laria non sempre salubre. Non altra manifattura
da notarsi che la solita delle tele e dei panni lani per li
bisogni proprii. Si lavora in circa 50 telai.
La scuola normale frequentasi da 12 fanciulli.
Era questo popolo anticamente sottoposto alla
giurisdizione del vescovo di Castro, ora venera quello della restaurata diocesi di Bisarcio.
La chiesa parrocchiale si appella sotto linvocazione
di s. Margarita vergine e martire. Il parroco che la governa si qualifica rettore, e tiene ausiliario nella cura
delle anime un altro prete. Si annoverano cinque chiese
minori dedicate alla vergine dellAltra, alla s. Croce, a
s. Sebastiano, s. Pietro apostolo e s. Antonio abate.
Il cimiterio fuori dellabitato a pochi passi della
parrocchiale, dove non si sotterrano che i pi miserabili, che non posson comprare il riposo dentro la
chiesa.
Il censimento parrocchiale portava pel 1833 anime 785, in famiglie 208. La media per un decennio
di nati, morti e sposati d i seguenti numeri 35, 26,
8. Lordinaria meta al corso della vita intorno al
sessantesimo. Le pi frequenti malattie sono le pleuritidi, le periodiche e perniciose.
Larea della possessione dei Bulterini si computa
di circa 35 miglia quadrate.
La terra suscettibile di varii generi di coltivazione.
La dotazione del monte di soccorso fu stabilita di
starelli di grano 100, e di lire 121.0.0. Nel quadro
del 1833 il fondo granatico esprimevasi da starelli
510, il nummario da lire 317.10.8. Ragguaglia lo
starello a litri 49,20, la lira a lire nuove 1.92.
La quantit ordinaria della seminagione del grano
e dellorzo in totale di starelli 1500, che, adeguando i numeri di dieci anni, moltiplica al 6. Di lino,
canape e legumi si coltiva solo quanto faccia alle famiglie. Non trascurata la cultura di alcune erbe e
piante ortensi. Le uve sono di molte variet, e soglion dare circa 700 cariche (litri 5040) di mosto. Il
vino di qualche bont, quando i grappoli giungono a perfetta maturazione. N se ne brucia, n se ne
vende, anzi non bastando se ne compra da altri paesi, e si vanno piantando altre vigne.
Le specie degli alberi fruttiferi che si allevano nei
poderi non sono poche; bens pochissimo il numero degli individui in ciascuna, da che la loro addizione resta in qua dei 2000.
Le chiudende non contengono di questo territorio che quanto potesse ricevere cento starelli di semenza. Quelle che appellansi tanche sono lasciate incolte a pastura del bestiame manso.
Si ha un ghiandifero esteso, cos che forse occuper uno spazio eguale al coltivato e coltivabile. Le specie sono lecci, quercie e soveri.
Quattro monti della summenzionata catena comprendonsi dentro il Bulterasco, e si nominano Orov,
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Ispedrunle, Pizzu, Asprisargiu, poco tra loro diseguali in altezza. Su quelle sommit vedesi esteso intorno
un ampio vaghissimo orizzonte. Dalle rocce staccasi
molta oricella pel commercio.
Gli animali che si educavano erano nelle loro specie
numerati come segue: (an. 1833) pecore 4000, porci
1000, capre 1000, vacche 500, buoi per lagricoltura
120, cavalle 200, cavalli 50, giumenti 40. I formaggi
sono assai pregiati, solo per lottima qualit dei pascoli. Se ne vende porzione ai negozianti che vi passano, i quali oltreci tolgonsi le pelli, e quanto di lana
non si pu manifatturare dalle donne del paese.
Le specie selvatiche sono assai moltiplicate, ma pi
dei daini sono numerosi i cinghiali e le volpi. Spesso i
cacciatori usano in questi monti, i quali quando si dilettino dei volatili ne trovano frequentissimi, e di quasi tutte le specie, che si conoscono nellisola.
Molti sono i siti in cui sgorgano acque perenni. Delle quali la pi celebrata quella che si nomina della Soletta in mezzo alla selva e sulla strada che da Oziri e
Pattda conduce a Benetutti. Non gi per la copia, ma
per la riconosciuta bont dai passeggieri tenuta in
gran pregio. Il luogo delizioso, e gli Ozieresi fanno
con piacere quattro ore di strada per andarvi, e mangiare di quei porcetti che vi si pascono. ancora vantata la
fonte di Spedrunle. Quella da cui beve il comune, e
che coperta da un piccol edifizio, somministra unacqua temperata e salubre, ed abbonda anche destate.
Tra le acque sorgenti nel bulterasco dovrebbonsi
lodare le termali, ora dette di Benetutti, ma avendone parlato dove esigeva il loro cognome, a quellarticolo rimettiamo il lettore.
Bagnasi questo territorio da tre ruscelli appellati
uno Norchdda, altro Giuntra-de-pira, il terzo Istchiri ch quello che traversa il paese. Il Tirso bagna
la terra pi bassa.
Lantico paese Bulterina, che il Fara ricorda come
gi deserto alla sua et, e accennava nel territorio di
Benetutti, pu credersi in origine una dipendenza di
Bulti. Se n parlato gi nellarticolo Benetutti. Pretendesi che le rovine che osservansi nel Campo presso
la chiesa di s. Saturnino indichino unantica popolazione, che essa fosse nominata Usulv, o Usulviddi, e
che siavi pure esistito un monistero dellordine dei camaldolesi. In altri due siti verso il mezzod a non
grandi distanze (s. Vittoria e s. Giulia) pare ritrovar
vestigia di altre popolazioni, ed tradizione che siano
state annientate per una pestilenza.
Sono nel campo le vestigia di due norachi; nel
monte ne sussistono ancora cinque, Norchdda, Curzu, Logustna, Pedrade-Bttile, e maggior degli altri
il Tilriga.
Comprendesi questo comune nella contea del
Gocano. Per le prestazioni feudali, vedi Gocano. La
curia stabilita in Bono.
BULZI, o Bulci, villaggio della Sardegna nella provincia di Sassari, distretto di Nulvi, tappa (officio
dinsinuazione) di Sassari. Si comprende nellantico
dipartimento oggi principato di Anglna.
Bulzi
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Bunnannaro
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Burci
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Burgo
propria possono esser credute unarea di circa 30 miglia quadrate. La popolazione ben situata perch
quasi in centro.
Essendo i terreni in massima parte sabbiosi convengono pi allorzo che al grano, e quello infatti
solito rendere il 12, questo il 6.
Era stabilita lazienda agraria di questo comune a
starelli di grano 500, ed a lire 586.8.0. Nello stato
del 1833, il fondo granatico era nello stesso numero,
il nummario si vedeva ridotto a lire 57.17.0. Ragguaglia lo starello a litri 49,20, la lira a lire nuove 1.92.
Il totale della seminagione pu ascendere a starelli
900. poco curata la cultura del granone, legumi, e
lino.
Le viti vi prosperano, se non che sopraggiungendo la stagione fredda prima della maturit perfetta
delle uve, il vino riesce leggiero, e facilmente inacidisce. Consumasi tutto nel paese.
Gli alberi fruttiferi sommeranno a 3000 individui.
Le specie sono peri, fichi, pomi, ciriegi di alcune variet. I castagni ed i noci vi allignano mirabilmente, e
ci non persuade ad accrescerne la piantagione.
Sonosi formate alcune chiudende per seminarvi,
ed in anni di riposo a tenervi il bestiame a pastura.
Alcune piccole selve ghiandifere sono in varie regioni, le quali riunite non coprirebbero un miglio
quadrato.
Le principali eminenze del Burcerese sono Puntas
de forra, Sa Serra, Sa Parda, su Bruncu dessa Trvura, sotto le quali stendesi tutto il Campidano, vedesi
la capitale, terminandosi lorizzonte dai monti di Villacidro e dalla catena Norese. Su tutti sorge Monte
Forru che a tramontana scopre di pi il dipartimento
del Giarri e la Barbagia australe o inferiore, a levante
il golfo del Srrabus, e la valle di s. Priamo. Tra le altre piante selvaggie trovasi pure dei tassi.
Grandissima labbondanza delle acque, e molto
lodata la loro finezza. La gi menzionata fonte, che tienesi in mezzo labitato potrebbe servire ad una popolazione dieci volte pi numerosa. Nelle estreme case del
rione detto Sa-rocca sorgene altra in minor copia s,
ma pi leggiera (Sa mizza dessa rocca). La prima difesa da un fabbricato con vasche e lavatoi; questa scoperta. In Sergasi, sito distante dal paese mezzo miglio,
unacqua assai celebrata per la sua freddezza, che
spesso per estinguendo la sete, accende febbri fatali.
Scorrono nel territorio tre ruscelli, uno nella regione Assdi, laltro in Piras-arbas, il terzo in Barbasu. Vi si prendono anguille e trote, e vendonsi le prime a 0,25 la libbra, le altre a 0,80. Ragguaglia la
libbra a chil. 0,406.
Il bestiame che allevasi nelle rispettive specie dei
numeri seguenti (an. 1833). Buoi per lagricoltura
170, vacche manse 12, cavalli 30, giumenti 45, capre 2000, pecore 1000, porci 200. I formaggi vendonsi nella capitale con molta riputazione.
La montagna popolata di mufloni, cervi, e cinghiali, oltre le comuni specie delle volpi e lepri. I pastori cussorgiali (che restano in una determinata regione) soli fanno la caccia. Potrebbesi insidiare con
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maggiore montuosa e ghiandifera; laltra, che dicesi il Campo, distendesi dalle falde del monte alla
sponda del Tirso.
Lazienda agraria aveva questi numeri di dotazione, starelli di grano 110, e lire 77.13.0. Nel quadro
dellanno 1833, il fondo granatico ammontava a starelli 375, il nummario era ristretto a lire 26.16.2.
Vale lo starello litri 49,20, la lira a lire nuove 1.92.
Lordinaria seminagione di starelli di grano circa
100, dorzo altrettanto, 10 di granone, e circa 50 tra
fave, civaje e canape. Fruttifica il grano allottuplo,
lorzo al ventuplo, il granone al decuplo, poco pi le
fave, i fagiuoli al trentuplo, il canape rende libbre
200 per starello.
La terra atta a qualunque altra produzione se intervenga la dotta mano dun agricoltore diligente.
Le migliori variet delle uve vi sono coltivate con
buon successo, vi prosperano gli agrumi, i ciriegi, gli
albicocchi, i peri, i susini, i fichi, i mandorli, i noci, i
castagni, gli olivi, ed ogni specie di pomi, le fragole
dette melingnas, le patate, i piselli, i carcioffi, e i cavoli fiori, qualcuno dei quali bilanciasi con le venticinque libbre. Il totale delle piante fruttifere non sorpassa
i 3000 individui. Gioverebbe assai a questi terrazzani
che pi si applicassero alla coltivazione, e rinunziassero alluso antico di alternare la coltivazione e il riposo
per bienni.
Le molte ghiande che si hanno, son prodotte dai
lecci e dalle quercie, e danno non piccol lucro.
Nellanzidetto anno si allevavano pecore 3000, capre 900, porci 500, vacche rudi 300. Nelladdietro si
nutrivano nelle stalle circa 50 vacche mannalte o domestiche, il cui latte portavasi giornalmente a esser
venduto in Bono; ora sono in tanto scemate, che ve
ne avr meno di due decine. Le pecore pasconsi nella
montagna alle buone stagioni, alla invernale scendono
nel Campo, e si stanno sui maggesi biennali per certo
prezzo. Le capre vanno nei territori di Bolthana.
Trovasi molta selvaggina, e sono numerose le specie volatili, pi le gentili.
Il ruscello Ole, che trae origine dal salto di Monterasu e regione denominata Canrgius, discorre a
poca distanza dallabitato, e va a profondersi nel Tirso. Sempre perenne giova assai alla irrigazione degli
orti. La pubblica fonte fuori dellabitato alle falde
della montagna in distanza di tre minuti. Lacqua
buona, ma non vha un buon recipiente.
Sono in questo territorio le vestigia di tre soli norachi.
Castello del Gocano. In prossimit al Borgo sorge
a levante sopra un asprissimo colle lantica rocca, che
diede il nome al dipartimento, e poi alla contea, gi
titolo dei giudici Arboresi sin da Mariano IV, poscia
dei marchesi dOristano, e finalmente dei re dellisola. Questa eminenza inaccessibile dalla parte di levante e di tramonatana aveva in faccia allaustro e ponente una grossa e solidissima muraglia per primo
riparo, nella quale era una gran porta. Indi ascendendo trovavasi altra murazione di difesa, e nel sommo
la rocca. Esiston tuttora in gran parte le sue mura
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Busachi
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Topografia idraulica. Grande il numero delle acque sorgenti in questa provincia massimamente al suo
levante. Tra le quali sono quelle pi riputate che sgorgano dal seno di montagne granitiche o schistose s
per la purezza e freschezza, come per la copia. Tante
altre in altre parti sono nobili a causa di certe virt
mediche, che dal volgo, e forse a buon diritto, sono
lodate: per sopra tutte hanno buona fama le termali,
che sorgono in Fordongianos presso alle sponde del
Tirso. Del loro grado di temperatura, e delle sostanze
che hanno in combinazione, perciocch sono pure
minerali, se ne far parola in luogo pi acconcio.
Nelle parti di ponente la secchezza fa un troppo
sentito contrasto con questa ridondanza, e i pozzi che
sono stati finora scavati non somministrarono che acque gravi e salmastre, salvo quelli ai quali per linfiltrazione arrivano quelle dei fiumi. Laridit pure pi
che altrove notevole in quei siti della pianura arborense, che sono in maggior distanza dai monti: ondech
sar unopera di molta utilit se continuasi nellimpresa, cui di movimento il degnissimo arcivescovo monsignor Bua, di condurre per un canale in Oristano
quelle dellArci che si possono allacciare, e se altrove
vogliasi tentare la trivellazione artesiana.
Considerevole pertanto devessere ed nelle terre
elevate il numero dei ruscelli, che vanno a riunirsi in
riviere, dalle quali poi nascono alcuni fiumi. E questi
sono il Cspiri, il Tirso, e le acque provenienti dalla
falda orientale dellArci, che in appresso appeller il
fiume Mrmora in onore dellanzilodato egregio cavaliere, ed il Sacro, volgarmente Rio di Pabillnis. Il
primo ha la sua foce in Mar-e-pontis, il secondo contro lapertura del golfo, il terzo nel Sassu, il quarto in
Marcedd. In nessuna parte regolato il loro corso,
come non lo del pari il flusso dei torrenti, da che
hanno origine molte paludi e laghi. Di quelle non
piccol numero nei Campidani, massimamente nellArborense. Il Cspiri presso Riola slargasi, e senza
pendenza lascia morte gran quantit di acque. Il Tirso nelle sue innondazioni compie i luoghi infossati, e
deponevi quanto la terra non si possa bevere, che dopo molti giorni. Lasciati da banda questi ristagnamenti volgiamoci alla maremma, dove sono grandi
laghi che dividonsi dal vicino mare per le accumulate
sabbie in grandi banchi; ed ecco il Mar-e-pontis, che
copre una superficie di circa 12 miglia quadrate. Sottesso lungo la curva della spiaggia vedi lo stagno di s.
Giusta, che ne occupa 4: indi ordinatamente il Sassu
o Salsu, che ne copre 9: ed ultimo il cognominato di
Marcedd, o Marcellino, eguale in area al secondo. Le
quali quantit superficiali riunite, e a queste aggiunto
il valore daltri stagni minori, avremo unarea totale
di poco men che 32 miglia quadrate.
La linea del littorale di questa provincia, inseguita
passo passo per le sue incurvature dalla Torre del
pozzo, discendendo al seno di Flumentorgiu, si
computata di 43 miglia.
I capi pi salienti sono, il Capo-mannu alla latitudine 401'30", e longitudine occidentale 047': S. Marco
alla latitudine 3951', e simil longitudine 043': la
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Frasca, dagli antichi detto Capo-Napoli, alla latitudine 3946', e simil longitudine 042'.
Le stazioni, o siti dancoraggio sono, presso Capomannu da una parte il porto del Peloso con ispiaggia
arenosa, dove possono assicurarsi molti bastimenti
dal vento, seppur non spiri da tramontana a ponente-maestro: dallaltra banda in faccia al mezzogiorno
la cala denominata dei Mori per lovvia ragione, che
ivi star solessero alle insidie i pirati barbareschi. Lungo la spiaggia della Mandrila posta contro ponentelibeccio un buon fondo, quanto del pari lungo
quella che si cognomina del Sevo.
In l della Frasca una costa importuosa, e non
sarebbe alcun asilo ai legni, se uno non se ne aprisse
ai minori in Flumentorgiu.
Il pi sicuro ricovero che questi di qualsivoglia portata, e numero sieno, aver possano tra i porti del Conte e di Palmas il golfo dOristano. La sua area, in cui
raffigurasi un orecchio umano, non minore di 28
miglia quadrate, calcolandosi la linea di sua lunghezza
quasi coincedente con una delle projezioni meridiane
di miglia 11, e quella della larghezza maggiore di non
pi di 51/2. Lapertura fra i due capi San Marco e la
Frasca non sopravanza le 5. Il fondo buon tenitore,
e la sua altezza va decrescendo da 13 tese, quanta alle fauci, a 10, e poi a 6, e cos vie via: ma dove a un
miglio, dove a meno, per tutta la proda non si possono avvicinare legni che peschin molto. Oltre il quale
incomodo c il timore che diasi da poco periti nella
seccagna che resta a levante del capo San Marco a due
miglia dalla spiaggia, superiormente alla quale in contro alla imboccatura del Tirso nascosta altra minore.
Isole. Tre isolette inospitali, e poco eminenti sullacque appariscono in faccia a questi lidi. Una, prossima
al Capo-bianco, dicesi del Peloso: laltra fu nominata
dai navigatori Coscia di donna, ed lungi dal continente circa 6 miglia alla latitudine 3952', e longitudine occidentale 053' con una circonferenza di mezzo miglio. Da questa in verso tramontana per quasi
tre miglia i fondi sono bassi. I pirati vi frequentavano
nei tempi addietro. La terza distinguesi con appellazione non meno bizzarra di Mal di ventre; distante
dal continente circa 31/2 alla latitudine 3959', e simil
longitudine 050'. Entro il suo giro non maggiore di
miglia 2 sono fra le roccie pochi arbusti ed erbe. Hannovi dei bassi fondi a ponente ed ostro, degli scogli a
libeccio e greco.
Topografia atmosferica. Molta variet di climi in
questa provincia per le cause locali dellaltezza ed
esposizione delle terre. Si pu non pertanto distinguerli in tre e successivi, caldo, temperato e freddo,
quanto per esser possa in questi paralelli, dove non
gelano n pure i riozzoli. Il clima caldo hassi al ponente nelle due pianure Arborense ed Usellense; il
freddo nelle eminenze della Barbagia centrale; il temperato nelle regioni medianti.
Le nulle osservazioni termometriche che si abbiano
finora, non permettendo doffrire le precise medie
della temperatura nei tre distinti climi, forza ti contenti delle conosciute sensazioni. La stagione inverna-
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vanno inquietissime ronzando intorno al letto, e spesso spesso malamente pungendo, ed il clamoroso gracchiare di innumerevoli ranocchie. Nelle altre regioni
laria generalmente salubre: non di meno dover
confessare, che fin tra le fredde montagne della Barbagia devesi fuggire da certi siti, e puoi intendere per
quai cagioni.
Se non fosse permesso in tutto, di certo che potrebbonsi in gran parte sanificare queste arie cos infamate. Onde si desidera che conoscendosi bene le
sorgenti dei perniciosi miasmi, e come si possano
chiudere, studiisi a tanto benefizio.
Popolazione. Si vollero in questa provincia comprendere 81 comunit, e si spartirono in otto distretti, che dal nome sono distinti dal capo-luogo. 1.
Buschi, 2. Ales, 3. Ghilarza, 4. Mena, 5. Oristno,
6. Tonra, 7. Tramatza, 8. Uras.
Il primo distretto contiene 10 comuni, e sono: Busachi, Allai, Ardale, Bidon, Fordonginos, Nughdu, Neonlli, Serradile, Ula, Villanova-Truschedu.
Il secondo 17, e sono: Ales, Asslo, Bnari-Usellus, Cpara, Curcris, Escovdu, Figus, Gonos-n,
Mogorella, Masullas, Morgongiri, Pau, Pmpu, Smala, Sris, Usellus, Ogliastra-Usellus.
Il terzo 11, e sono: Ghilrza, Aido-maggiore, Abba-santa, Boronddu, Domus novas-Canles, Norghddo, Pali-Ltinu, Sdilo, Sodd, Tadasni, Zri.
Il quarto 6, e sono: Mena, Artzo, Azzra, Belv,
Orturi, Sammugho.
Il quinto 15, e sono: Oristno, Cbras, Mssama,
Nurji-niddu, Oglistra-Simjis, Palmas, Sa-mnna, Sa-maggiore, S. Vero-Cngiu, S. Giusta, Sapicca, Sil, Solnas, Villa-urbana, Simjis.
Il sesto 6, e sono: Tonra, Astis, Dsulo, Srgono, Tti, Tana.
Il settimo 12, e sono: Tramatza, Bartili-Mlis,
Bu-ldu, Ceddini, Cerfalu, Donnigla, Mlis, Narbola, Nurchi, Rila, S. Vero-Milis, Solorssa.
Lottavo 4, e sono: Uras, Marrbio, Terralba, Arcidno.
Quale sia il progresso della popolazione potr vedersi dalla Tavola III dove sono le annuali consegne
parrocchiali, ed il paralello delle medesime in un
decennio. Se domandi qualche ragione perch sia
minore, che potrebbe essere, mentre molte io ne riconosco, tra queste ti citer le principali: ed , a dir
vero, anche generale quella chio desumo dalla povert, che non solo non lascia prosperare e vivere la
massima parte dei nati, ma vieta i matrimoni tra
persone mature: quindi la poca diligenza verso i
bambini e fanciulli, la non rispettata sobriet, e le
acque gravi di sostanze maligne nei campidani, e i
cibi poco sani, che conviene si prendano in mancanza di migliori. Si aggiunge specialmente per li
dipartimenti di levante le vendette, e la vita errante
dei pastori (vedi Barbagia sul proposito), e generalmente nelle malattie i pregiudizi, la poca persuasione del salutare effetto della vaccinazione, e la stoltissima ignoranza, e nessuna destrezza dei chirurghi e
flebotomi, che decimano le popolazioni, e sono la
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portare dallimpulso che loro danno i capi delle diocesi, veggonsi dirette da persone incapaci, e senza zelo. Le medesime sono mal fornite In breve ritornami qui quanto scrissi gi sul proposito nellarticolo
Alghero provincia, e ritornami occasione a rinnovare
gli stessi voti, che la provvidenza voglia compiere.
Il numero degli accorrenti tapparir dalla Tavola II.
A quei giovani poi che vogliono entrare nella carriera letteraria non mancano dei mezzi nella stessa provincia, e sono in Oristano le scuole pie, nelle quali
alla educazione cristiana, laltra si congiunge della
lingua latina, e delle belle lettere. Oltrepassate queste, sono a tutti aperte nel seminario ecclesiastico le
scuole di filosofia e teologia, nelle quali si dettano le
istesse materie, che si spiegano in una od altra delle
due universit. E in una od altra di queste conviene
si trasferiscano, o a conseguire gli onori dei gradi accademici coloro che nelle due suddette facolt vogliono
essere riconosciuti bene addottrinati, o ad ascoltarvi
ancora le lezioni quelli che amino conoscer la legge e
la scienza medico-chirurgica. I giovani che frequentano le scuole inferiori, sono ordinariamente una
somma di 4 in 500: gli studenti di filosofia di 30 in
40: quei di teologia di 25 in 30. Nelle scuole inferiori sono impiegati tre maestri, uno nella filosofia, due
nella teologia.
Se chiedemi il general carattere morale degli abitatori della provincia, io mi rimarr dal definirtelo,
perch mentre non conosco quale universalmente
predomini, osservo al contrario molte variet corrispondentemente alle variazioni delle condizioni locali, e di quantaltro suole influire nelle modificazioni morali.
Riducendomi per alle primarie grandi differenze
mi volger ai popoli dei due climi estremi.
Nei valligiani certa diligenza pel lavoro, la quale
non bene riconosciuta nei montanari; quelli pacifici e timorosi delle leggi; questi alquanto fieri, e se
abbian un po di caldo, nulla timidi di rendersi degni della sanzione delle medesime. I campidanesi,
quelli specialmente che respirano unaria insalubre, dilettansi di bere assai, ondech cadono talvolta nella ubbriachezza; gli altri che hanno migliore stanza vengon
di rado a tanto eccesso. Tutti ospitali, ma pi affabili
e affettuosi i montanari. I costumi quanto sono rozzi, tanto sono semplici e casti. In nessun popolo pu
notarsi dissolutezza, e se domandi per un corso danni quanti miseri frutti abbia prodotti e rifiutati la
scostumatezza, forse non ne potrai per una media
dar 15 ad ogni anno. Di questo numero attribuisci
due terzi ai paesi pi prossimi al mare.
Leducazione domestica non trascurata, ma certamente poco illuminata a cagione che i maggiori
mancano essi stessi di lumi, e mancano i necessari ausili per lo progresso alla vera civilt. La religione praticata con molte esteriorit, ma spesso con devozione
poco sincera. In moltissime parrocchie sono tuttora in
uso certe penitenze pubbliche. Qual sia listruzione
evangelica nol saprei dire. Le credenze e le pratiche
superstiziose sono in grandissimo numero. Credesi
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Le abitazioni sono nella pianura costrutte con mattoni crudi (ldiris da later voc. latino), e poche hanno
la parte pi bassa fabbricata con pietrame. Le medesime, che ordinariamente son poco sane per la umidit inevitabile in stanze terrene, e per le esalazioni del
letame, che va accumulandosi nei cortili, sono daltronde n molto comode, n pulite, se si eccettuino
quelle dei campidanesi, che hanno qualche fortuna.
Dordinario le mobiglie sono grossolane.
Gli edifizi principali sono le chiese, e queste se
tolgasi la cattedrale e seminario dOristano, e quella
dAles, che sono fabbriche sontuose con qualche
merito architettonico, sono senza alcun gran pregio
di costruzione, e molto povere.
Quasi non men che in tutte si respira unaria fatta
maligna dalla mefite dei sepolcri.
Sono in questa provincia alcuni luoghi dove gli
antiquari avrebbero degli oggetti da considerare, e
principalmente le rovine di Fordongianos (Forum
Trajani), di Tarro nel littorale dOristano sul promontorio di s. Marco, di Napoli in fondo al porto di
Terralba o Marcedd, e dUselli colonia romana.
I norachi sono in grandissimo numero, e tra questi accaderebbe loro di incontrarsi in quegli altri monumenti, di cui si ragionato nellarticolo Barbagia.
Statistica medica. Conoscendosi dai popoli che nelle
malattie men avvi di rischio in abbandonarsi alloperazione della natura, che in balia degli empirici, e guastamestieri, i quali andarono malauguratamente a stabilirsi fra loro, non sono molti che amino porsi sotto il
regime medicale. Quindi pochi fisici sono condotti
dalle comunit, e per conseguenza poche spezierie sono state erettevi. Invece sono in onore certi rimedi popolari, che spesso hanno del superstizioso. Gi intenderai che fanno le medichesse certe brutte streghe con
parole secrete ed orazioni, che non so da qual maestro
abbiansi apparato. Le stesse si chiamano ausiliatrici alle
partorienti; ma grazie alla natura che opera da s, altrimenti dogni cento puerpere ne morrebber cinquanta.
Le malattie pi comuni sono, nella pianura, infiammazioni e febbri periodiche autunnali complicate, e non di rado perniciose, fisconie addominali,
idropisie, e in qualche luogo la podagra: nelle montagne, infiammazioni di petto e delladdomine, affezioni nervose, febbri gastriche, reumatiche, e intermittenti destate ed autunno.
Nellindagamento delle cause si riconosce essere le
principali e comuni dalle variabili condizioni atmosferiche per temperatura ed umidit, e dalle altre cose
gi toccate, dove parlava delle cause della mortalit.
Qual sia lannuo numero medio delle morti ricavalo dai dati della Tavola III.
Sulla polizia sanitaria non si osserva alcun regolamento.
Sonosi perci moltiplicati i laboratori dei miasmi,
ed alle cause gi recate dellinfezione delle chiese e
delle case aggiungi la immondezza di molte strade
non selciate, i fetidi pantani, dove guazzano i vagabondi animali, la corruzione delle foglie cadute dei
fichi dIndia, e di altri vegetabili cos dentro, che
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fuori del popolato; la putrefazione allaria aperta danimali morti naturalmente, il macello nella pubblica
strada, dove se ne ha, ed i letamai pubblici.
La vaccinazione procede lentissimamente per lincuria dei medici distrettuali non meno, che per la
non buona volont dei padri di famiglia, molti dei
quali o non conoscono, o non amano lasciare il pregiudizio, che limpedito sfogo dei cattivi umori debbe nuocere alla sanit dei figli. Che se vinta questa
ritrosia facciansi gli innesti poca cura si ha poi di assicurarsi del successo. Per la qual cosa grandemente
temo che se abbiasi qualche nuovo influsso vajuoloso dovremo piangere in vedendo decimata la poco
numerosa popolazione di questa e delle altre provincie. Si multassero almeno quelli che mancano a quanto dovrebber prestare per la mercede.
Professioni. Le principali sono lagricoltura e la pastorizia, e quella a questa nella proporzione di 3 ad 1,
da che nella parte occidentale e nella media, come porta la natura dei luoghi, assai pi dei pastori sono gli
agricoltori. Non creder per, che dove lagricoltura
pi amata, le terre, che ne sono senza gran dispendio
suscettibili, siano tutte dissodate e lavorate. Generalmente i tenimenti sono vastissimi. Fosse quadruplicato
il numero delle braccia, e sarebbe a tutte in che occuparsi. E da questa questione sulla quantit delle terre
che si coltivano, e che si potrebbero coltivare, posso
senza gran salto passare a spiegarti la proporzione che
esiste tra le terre coltivate, e le destinate a pascolo.
Tieni dunque che nelle regioni piane e basse lestensione superficiaria delle culture a quella delle pasture come 1 a 60; nelle pi elevate come 1 a 100; nelle
montagnose, fattasi pi tenue la ragione, pu essere
stimata come incirca 1 a 150.
I terreni delle pianure sono siliceo-calcarei, ed anche argillosi. In alcuni siti la terra vegetale assai
profonda, in altri scarsissima, e pi che altrove nelle
pendici spogliate per avvenuto incendio, onde in
violenti pioviture gi la trassero i torrenti.
I campidanesi dArbora fanno una general distinzione delle loro terre denominando altre di Gregri,
altre di Benaji, o Venaji; e voglion significare col primo quelle alquanto eminenti, onde pu scolar lacqua: al contrario con laltro, che origina dalla voce
vena, indicano in generale un sito basso ed acquidoso, e specialmente una terra alle sponde del fiume dal
quale quando straripa essa innondata ed ingrassata.
Nella determinazione del valore dei terreni entra
non solo la ragione della fecondit naturale, ma di vantaggio quella dello spazio di distanza dalla popolazione.
Cos di due campi di egual condizione uno prossimo,
laltro distante per esempio mezzora, propongonsi i
prezzi tanto disuguali, che se pel primo debba pagarsi
venti, il secondo si otterr per non pi duno.
Quanto ti parrebbe in questi popoli agricoli, dei
quali vantansi le opime messi, avesse progredito larte
della coltivazione? Tuttavolta siamo ancora negli antichi metodi: i nuovi o non son conosciuti, o non si
tengono adattati alla terra sarda, o per estrema ragione
non si credono praticabili nella meschina condizione
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in cui sono. Quindi la fruttificazione non risponde alle innegabili bont del suolo, e, ci che non minor
stupore cagioni, accade un vero degeneramento, come
da questo provato, che non sono i prodotti del pregio, che i congeneri hanno dove migliori maniere sono adoperate. Tristo effetto dei mal eseguiti lavori s
per ignoranza, che per poca diligenza, come pure per
inettitudine e difetto degli istromenti.
Laratro meschinissimo, ed il seno della terra non
squarciato, ma leggiermente graffiato. Antichi pregiudizi non consentono a migliori maniere, e certa infingardaggine approva ottime le antiche, perch quando le stagioni sono faustissime alla vegetazione la terra
spiega grandi forze. Si fatta la prova dellaratro svizzero, e se n ammirato il lavoro: non ostante i pi ricchi proprietarii, che lascian fare ai contadini giusta i
loro usi, non sono rimasti persuasi ad adottarlo.
Non pi che due lavori per lo grano, e tre o quattro per lo lino, e poi in bel riposo aspettansi i miracoli della divina benedizione. In qualche luogo lorzo si
sparge, e tosto ricopresi con una leggiera aratura. Nei
carri della provincia ravviseresti il plaustro degli antichi, salvo una piccola riforma in quei pochi, che deggiono scorrere sulla strada centrale. La rozzezza della
fabbricazione pi notabile in quei di montagna, a
molti dei quali manca nelle ruote il cerchio di ferro.
Gli altri instromenti di questi contadini, da potersi
numerar sulle dita duna mano, meriterebbero un
luogo nei musei danticaglie, come mezzi di primi
tentativi, e imperfetti utensili dellarti nascenti. Tra
questi ti vo citare credo il primo concetto dellerpice
in una certa maniera di gratticcio formato di frasche,
che nel campidano serve di spianatore, e si strascina
per le terre che si seminano a lino.
Gli oggetti principali dellagricoltura sono dappertutto il grano, le fave, il lino, la vigna, e pochi alberi fruttiferi. In molti paesi coltivansi pure molte
specie e variet di civaje, ed il canape; in pochi la
meliga, gli ulivi, gli agrumi. I castagni, noci e nocioli
prosperan meglio nelle montagne. Le patate sono
poco conosciute e curate, e chi dovrebbe tutti eccitare a questa coltivazione che libererebbe anche la Sardegna dalle funeste conseguenze delle carestie, disconsiglia quelli che per altre esortazioni vi si inducano, e
ti farai pi grandi le meraviglie se intendi questa
condotta essere da ci, che ei non avrebbe un diretto
profitto dalla medesima, e potrebbe scapitare in altra
parte. Pensa or lo stesso dei navoni, barbabietole, e
carote coltivate in grande. La cultura delle piante ed
erbe ortensi n generale, n molto varia. Sono rari
anche i giardini.
Nelle terre buone di privato dritto i semi per ordinario si avvicendano nel seguente modo: fave, grano; oppure fave, lino, grano: nelle pubbliche o lasciasi in riposo per due anni una parte in quello si
obbliga laltra a due produzioni consecutive, o si lavorano alternativamente.
La divisione dei terreni aratorii in queste due parti ti dia cognizione di che significhino i due nomi in
tutto il Regno usati vidazzone e pabarle. Col primo,
Busachi
che puoi stimare una storpiatura di vetazione, indicata la parte dalla quale, siccome attuale lavoreria,
interdetto il bestiame: col secondo, che pi chiara
ostenta lorigine latina da pabulum, significato il
maggese, dove hannosi a portare le greggie e gli armenti a pascimento.
Oltre questi due distretti coltivabili ne ha quasi
ogni paese un altro terzo, denominato volgarmente
pradu de siddu, che secondo il Mameli (Costituzioni
di Eleonora Carta de Logu, not. 354) era pradu vsidu quasi pratum vetitum, perch vietato il lavorarlo,
essendo riservato a pastura del bestiame domito.
Si calcola che un giogo possa lavorare poco pi di
mezzo starello (vedi Tav. I) al giorno, comech, a dir
vero, non si abbia in questo niente di fisso. Si semina in varii modi. Il pi comune a spargimento: in
maniera che domanda gran quantit di semenza, ed
una persona abile, perch la terra vi abbia egualmente in tutte le parti: il seme sparso ricopresi tosto con
una nuova aratura. I pi infingardi talvolta cos praticano in terre non preparate. Alcuni van gittando la
semenza nei solchi dietro il vomere: pi pochi seminano a roccu ponendo pochi semi nellapertura, che
da una sarchiella, o bastone (ci che si indica dal vocabolo roccu) fatto a piuolo lungo la solcatura alla
distanza circa duna spanna. Quando poi si voglia
dar il seme ad un terreno incolto, allora tagliate, ed
estirpate prima le macchie, e poi bruciate, si opera
con la zappa, non dando per che la met di quello
si darebbe alle arature. Riconosci in questa maniera
la coltivazione che dicesi comunemente narboni, onde narbonare. La mietitura si fa con la ronca, la trebbiatura con cavalle ordinate in ischiere che girano a
gran trotto intorno a un palo, cui tienesi fissa la lor
catena. Vi sono, che costringono a questa operazione i buoi, e nelle montagne si fa dai medesimi strascinare un grosso cilindro girevole in un asse.
La fruttificazione ordinaria vien per una media
calcolata al sestuplo. In anni di straordinaria fertilit
generale anche il quindecuplo.
Intorno ai dispendi delle lavorazioni nulla potrei
definire, varii essendo i metodi e le mercedi. Tuttavolta puossi universalmente porre per le pianure, che
un giogo con luomo che lo regge, se debbasi allogare non costa per giornata meno di lire nuove 2. Il lavoratore pagato a soldi 7 insino al marzo, poi ottiene qualche tenue aumento, il sommo in tempo di
messe 121/2 (vedi Tav. I).
Gli affitti dei terreni sono calcolati per tanti starelli quanti di sementa ei ricevono, o per met se
poca sia la fecondit, o molta la lontananza. Stima
per che hannovi delle variazioni, ed in Oristano
per esempio pagasi dal 3 al 6 per uno starello di superficie.
Per la polizia agraria era stato ordito un Codice
rustico da Mariano il grande, che poi fu ampliato e
inserito nella sua Carta de Logu dalla famosa eroina
Leonora dArbora di lui figlia, quando spento Ugone prese a governare il paterno stato riconquistato
con larmi. Molti regolamenti andaron in disuso.
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abbian penuria di semenza, stata stabilita universalmente e metodicamente sin dal regno di Carlo
Emanuele III. Vedi nella Tav. II la dotazione in grano e denari e di Busachi, e del totale della Provincia.
Su questo proposito di moltissima importanza io
non tacer alcune verit quantunque abbian ad essere incresciose.
Il censore locale, il depositario, il parroco, che sono gli speciali e immediati amministratori dogni
monte, fanno in generale con poca o nissuna diligenza le loro parti. E pertanto invece di aumento vedesi continuo decremento ne capitoli, anzi ho qualche timore, che per colpa di alcuni il numero totale
citato nella Tavola II indichi quel che non . Vedi
quanti abusi. Spesso si fa imprestito del grano e denaro a persone che non attendono alla coltura, ed i
poveri contadini domandano indarno. Talvolta ne
profittano gli stessi amministratori sotto finti nomi.
Accade di far somministranze a nulla tenenti e senza
cauzione. Accade che la massa del grano sia spruzzata dacqua, o mescolata di mondiglia e sabbia. Accade, e questo un vero ladroneccio, che diasi a una
misura, e ricevasi ad unaltra. C altro. Egli dai lucri che fa il monte devon esser serviti glimpiegati: or
la centesima ed altre quote dobbligo non sono calcolate sul fondo reale, ma sul figurativo, da che dovea essere che si intaccasse il capitale non bastando
gli accessori del fondo reale. Qualche volta si procede contro i debitori, e per costringerli si mandano
commessari. La qual condotta ben considerata ingiusta e spesso crudele, e per le spese che si cagionano ai poveri, e perch alcune volte questione di antichi debiti ignorati dagli eredi, e perch in questo
negozio discorso dun calcolo progressivo dinteressi, essendo stato il monte esentato dalla regola, che
interesse non produce interesse. Certamente sarebbe
assai meglio fatto che si transigesse equamente su li
debiti arretrati, e che le gravezze fossero proporzionate al fondo reale. La ristaurazione dei fondi non
difficile impresa, se si pratichino le roadie, le socierie,
come fu fatto nella prima istituzione.
Le vigne sono assai prospere nelle terre di ponente, e senza moltarte si fanno dei vini squisiti. Tra i
quali ha maggior fama la vernaccia, di cui, come si
gi accennato, mentre si consuma una quantit prodigiosa, altra non piccola si mette in commercio in
tutte le parti dellisola. Quanta sia ordinariamente la
quantit dei vini ti apparir dalla Tavola II. Per le
misure vedi Tavola I, Equazione metrica.
Nelle stesse regioni, e nominatamente in Cabras,
Nurachi, Solnas, Donnigla, Rila attendesi alla coltivazione degli ulivi. Lolio non di molta riputazione, e
per la qualit del terreno, e massimamente per la manipolazione. Dalla quantit che si raccoglie non solo si
ha la sufficienza al consumo dei paesi che fanno questa
coltura, e dei circostanti, ma si pu provvedere a non
pochi altri. Nei tre suddetti paesi, e in Oristno,
Simjis, Tramatza, Narbolia, Ceddini, Solarussa, Mlis, Villa-urbana e Ogliastra, che sono compresi tutti
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nel bacino del Campidano Arborense, se ne pu invasare in anni di fertilit circa quartane 80,000. In qualche altro paese se ne fa pure, ma in ben poca quantit.
I Bosinchi e Sassaresi lo comprano, e poi lo spacciano
come proveniente dalle lor fabbriche.
Olio di lentisco. Nelle terre dov gran quantit di
queste piante si raccolgono le bacche, e stivate dentro sacca sono col peso dei pi donneschi spogliate
di tutta la materia oleosa. Questa purificata col fuoco serve ad alimento delle lucerne, e pure a condimento dei cibi. Il soprappi del consumo dai fabbricatori passa nel commercio. La quantit dipende
dalla maggiore o minor copia dei frutti: ma quando
questa sia stata grande non si sono avute meno di 60
mila quartane. Vedi Equazione metrica, Tavola I.
Agrumi. Questa coltivazione gi da molto tempo
stabilita in Milis, dove frondeggiano vigorosamente
pi di 500 mila alberi, i quali fatto un equo compensamento non producono per anno meno di 10 milioni
tra melarancie, limoni e cedrati. Il profitto ora minore che per laddietro, a cagione che queste specie prosperano in pi altre contrade, come in Iglesias, Domus
novas-Sigerro, Sassari, e in molti siti delle terre orientali dellisola. Cominciasi a trar profitto dai fiori.
Gelsi. Monsignor Ludovico Carretto, portato per
grandezza e bont danimo a procurare anche il bene
temporale dei suoi diocesani, promosse con tutto lo
zelo questa coltivazione, e per suo eccitamento si fecero numerose piantagioni di gelsi bianchi in Oristano, Tramatza, e Mlis. Mancato lui ai vivi, manc
lanimo a tutti.
Condizione dei contadini. Toccai gi di passaggio
questa materia, ed ora mi vi fermer alquanto. Se
tutti io li considero complessivamente, non la posso
dir felice; e, se riguardo i soli campidanesi, la debbo
anzi pronunziare assai misera. Ei lavorano senza lucro, e la terra, sebben ferace, non d ordinariamente
quanto sia duopo, perch si possano disimpacciare
dalle obbligazioni delle forti imposte e prestazioni.
Prescindendo da una fastidiosa enumerazione dirotti, ed abbil certo, che questa gente deve dare spesso
l80 dai suoi cento, e pi ancora. Che sar di loro, se
le stagioni non rispondano ai voti, e poco o nulla
raccogliano? Facesser finalmente senno, e si volessero
occupare in altri generi di coltivazione, e spendere
utilmente il tempo, di che abbondano dopo i necessari lavori di quella dei cereali. Coloro fra questi che
non si abbiano alcuna propriet da coltivare e custodire, quando avvenga che manchi loro nel proprio
paese il lavoro, e sia chiusa ogni sorgente di guadagno, se ne vanno a quei dipartimenti dove sappian
essere chi li conduca. Ritornando in patria puoi credere che non sentan fatica per un pesante gruzzolo.
Lande. Di due posso far menzione: una si appella
Campo di s. Anna, la quale dalle falde occidentali
dellArci distendesi a non molta distanza da Marrbio: laltra si cognomina il Salto di Snis.
Ambo questi distretti comprendono tanta superficie quanta darebbe sufficiente sussistenza a due
Busachi
considerevoli popolazioni agricole. Vi si tiene bestiame a pascolo, e vi si legna. Non ti verrebbe fatto,
specialmente nel secondo, di ritrovar un albero dalto fusto, che sopravvanzi i lentischi, i mirti, corbezzoli, e quella specie (limbrentina o cistio) dalle cui
foglie in altri paesi caldi risulta il ladano. Argomenti
di pastoral barbarie.
Selve. Un sesto almeno della superficie della provincia occupato da selve ghiandifere, se cos le posso dire, e non piuttosto loro miserabili avanzi, come
le ha rese il genio devastatore dei pastori, e la licenza
dei tagliatori di bosco, carbonari ecc. Le cose sono
quindi a segno, che se non si sottopongano i boschi
e selve ad una intendenza di vera giurisdizione, fra
breve spariranno anche questi residui.
Oltre agli spettanti alla parte della Barbagia, che
comprendesi in questa provincia, e dai quali in quellarticolo si discorso, gli altri boschi, dove potrebbe
praticarsi un taglio, quelli sono del monte Arci tra i
due campidani Arborense ed Usellense, e di Montemannu ai confini di Orturi, Neonlli ed Astis. Le
specie sono elci, quercie, e soveri: la prima sempre
dominante.
Pastorizia. Grande e di tutte le specie solite la
quantit del bestiame che in questa provincia educasi: questarte per vi esercitata come dai popoli nomadi. Le greggie e gli armenti stannosi sempre esposti
allintemperie delle stagioni, e lindustria in nessun
modo concorre alla loro sussitenza. Quindi sono misere e degeneranti le razze, e per frequenti epizoozie
ridotti i branchi spesso alla met, e talvolta anche a
meno. Se amassi tu riscontrare le specie Sarde con altre dItalia, i capi scelti, che qui siano lodati di maggior corpulenza, forse ti comparirebbero pimmei.
Che diresti di quelli che sono pure spregiati nel
paragon domestico? E qui comprendi che il grosso
bestiame del campidano supera di tanto in volume
quello della montagna, che se un bue della prima regione si trova pesare 400 libbre, altro della montagna di corrispondente condizione non peser certo
molto pi della met. Donde agevole a concepirsi
qual frutto si ottenga da tanto numero. La quantit
dei formaggi molto tenue in paragone dei capi
producenti, e la qualit non pare consentire con la
bont dei pascoli. Della ruvidezza delle lane si parlato altrove. Ora in quello che concerne il peso delle tosature, ti accerto, che quella di una pecora non va in
generale oltre a libbre tre. Vedi sotto Tavola I, Equazione metrica.
La produzione dei capi fruttiferi di questa specie
non si calcola a pi di lire nuove 7 per anno.
Dai dati gi posti pu pure dedursi la robustezza
dei giumenti, che si adoperano nel vettureggiare.
Non vha dubbio che le specie sarde abbiano forte
nervo, ma conviene ristorare, e sostener la forza con
competente nutritura. Stupiresti in vedendo talvolta
cinque paja di buoi o tori infilzati per li gioghi in
una corda stentare a strascinar nel piano orizzontale
non pi di 12 cantara.
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Lestensione dei pascoli per tanto numero di gregge ed armenti ti gi nota dai rapporti fissati tra le
terre di cultura e pastura. I medesimi sono utili alla
risoluzione del problema. Quanta popolazione potrebbe lisola alimentare? e non temere che nelluniversale i medesimi siano al di l del vero. Quando
nelle montagne imperversa la fredda stagione, i pecorai sen vengon gi nelle pianure di pi mite temperatura, e nelle maremme.
Ritorno sul progetto dei poderi-modello, perch
veggo quanto sia necessaria una certa istruzione ai pastori sardi. Sarebbe veramente utilissimo congiungere
queste due discipline, e per maggior incremento della
pastorale aprirvi una scuola di veterinaria, alla quale
fossero ammessi pure i ferrari maniscalchi dei villaggi.
Regia tanca di Pauli-Latinu. Lantico tenimento
del distrutto villaggio di Tsili dellarea di circa 1308
giornate venuto in potere dei sovrani dellisola forse
anche prima del secolo 17 fu chiuso e destinato ad
allevarvisi razze nobili delle specie maggiori, onde rimediare quanto si poteva allevidente e sempre crescente degeneramento delle specie comuni. Negli
anni scorsi vi si teneano buoi e vacche piemontesi, e
cavalli barbareschi con buon numero di cavalle, e vi
furono introdotte pure le pecore spagnuole. Non si
pu negare siasi avuto qualche miglioramento di
razza da quelli che vi portavano le loro cavalle e vacche; ma lo stabilimento n si accrebbe, n cagion
gli sperati vantaggi, perch lamministrazione non
era sorvegliata dal Governo.
Api. Coltivansi in molti paesi le arnie. Esse nel capitale e nel frutto vengono rugguagliate al valor duna
pecora.
Caccia. Per le terre montagnose vale quel che si
detto in proposito nellarticolo Barbagia. Nelle lande
trovasi di rado selvaggiume grosso. Nelle pianure sono
in famiglie numerose volpi, conigli, e lepri. Molti prendonsi piacere a ricercarli nei greppi dei poderi, dove
hanno le tane sotto lispido bosco dei fichi dIndia, che
fan le veci di muriccie con molta perdita di terreno.
Pesca. Questa una professione per moltissimi individui delle popolazioni prossime agli stagni. ben
vistosa la quantit dei pesci che estraggonsi dai calici,
la quale buon numero di viandanti si spartiscono, e
portano in tutte le parti dellinterno. Da questo si
dedurr quanto ne percevano dutile i proprietari.
Fu posto il problema che fosse pi vantaggioso in
tanta superficie, o lacque, o laratro? Si pu rispondere. Quante migliaja di lire potrebbero venire da
una ben lavorata superficie dun miglio? quante dunque da circa 32 miglia, a che sommano i grandi laghi
gi altrove menzionati, ed i minori che sono Pauli-figu, Mari-foji, Pauli-majori? Verso questo quant meschino il lucro attuale! Senza che laria sarebbe pi sana, e lagricoltura pi curata.
Molti in varie maniere insidiano ai pesci nei fiumi. Pure il totale a mala pena sar un decimo di
quelli che lavorano negli stagni. Questi cotali hanno
in lor arte di avvelenare spesso le piscine.
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sta, si offre la decima di molti, e pressoch tutti i prodotti vegetali ed animali, grano, orzo, fave, legumi,
lino, canape, olio, vino, e altri frutti secondo la consuetudine, e una varia quota delle greggie, degli armenti, del formaggio ecc. ecc.
Non si dee passar sotto silenzio, che nella mala
volont pressoch universale nei popoli per questa
prestazione, che ei dicono gravosissima, e che i preti
pretendono dalla massa brutta, non si d mai non
solo quel che si esige, ma n anche intero quanto in
coscienza stiman essi dover offerire: in guisa che
troppo vero ci, di che si lagnano i parrochi, che non
la decima, ma la ventesima si presti.
Con tutto ci in anni di fertilit non dassi meno
in tutta la provincia di quanto valga un centomila
scudi sardi, della qual per vistosa somma molto gli
ecclesiastici devon togliere per soddisfare alle obbligazioni dei loro benefizi.
Ricchezza di questi provinciali:
I frutti dellagricoltura complessivamente possono
essere calcolati a scudi sardi incirca
1,200,000
I prodotti della pastorizia a
100,000
della pesca a
30,000
dellindustria a
10,000
Totale dellavere
1,340,000
100,000
60,000
18,000
9,000
187,000
Scemata la somma positiva della determinata negativa resta netto 1,153,000. Distribuito questo numero
in quello degli individui della provincia di circa
72,000, vedrai toccare annualmente a ciascuno scudi
sardi 15.8.4.0. Poni ora il caso, e non infrequente a
cagione della scarsezza delle pioggie, che poco sia il
raccolto, e che debbasi dallestero importare dei grani,
e dimmi se le loro particolari fortune non debbano
andare in sensibilissimo sbilancio, come vi sono andate, e ancor vi sono per le dove mancate, dove scarsissime messi nei tre anni superiori. Possa migliorare lagricoltura ed estendersi in pi rami, possa eccitarsi e
crescere lindustria, fiorire ogni arte, moltiplicarsi e perfezionarsi le manifatture, animarsi il commercio, togliendosi quanto si riconosce aver finora vietato il
progresso alla civilt; e ponendosi quanto si stima
possa accelerare vieppi le genti alla medesima, ed allora fattesi maggiori le ricchezze, comune lagiatezza, i
popoli riposeranno tranquilli e beati allombra del trono del loro Re, Padre, e Rigeneratore. Ecco i voti miei
e di quanti amano la patria.
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TAVOLA I
TAVOLA II
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EQUAZIONE METRICA
Misure lineari
Palmo 1, eguale a metri
La canna p. 10
Il trabucco p. 12
0,262
Dotazione
Fondi attuali
Misura superficiaria
Starello di Cagliari 1, ari
39,867
Capacit di liquidi
Pinta 1, eguale a litri
Il quartiere pinte 5
Quartana 1, eguale a
La quartana si divide in 12 quartucci
Il barile dolio contiene quartane 8
1,000
4,200
49,200
3,075
0,406
Monete
Soldo 1, eguale a lire nuove
Il soldo dividesi in denari 12
Il reale soldi 5
La lira soldi 20
Lo scudo reali 10
0,096
Stato dei donativi e contributi regii, e dirame comunali dei paesi componenti la provincia di Buschi sul numero di 27,205
contribuenti.
Distretti
Buschi
Ales
Ghilarza
Mena
Oristno
Tonra
Tramatza
Uras
Totali
ll.
28,207. 5. 0
31,061.10. 7
Grano
Orzo
Fave
Legumi
Lino
Alberi fruttiferi
Quantit di seminagione
star. 900
300
210
80
400
n. 10,000
Buoi
Vacche
Pecore
Capre
Porci
Cavalli
Giumenti
Vino
Tessitrici
Artigiani
Agricoltori
Pastori
Professioni
n. 400
30
400
200
n. 12,074
885
14,861
2,771
Istruzione
Scuole normali
n. 25
Persone che sanno leggere
80
n. 1,143
3,661
star. 48,561
15,514
6,173
3,222
4,396
n. 1,923,430
n.
20,731
49,533
272,370
37,810
23,410
11,025
7,374
litri 1,772,100
Religione
n. 4
6
Preti
Chiese
n.
280
252
22151. 8. 4
TAVOLA III
1825
1826
Popolazione in Busachi
n. 1625
Id.
nella Provincia
68565
Nascite
in Busachi
40
Id.
nella Provincia
2171
Morti
in Busachi
25
Id.
nella Provincia
1465
Matrimoni in Busachi
15
Id.
nella Provincia
743
1632
69246
38
2203
26
1562
15
640
1827
1828
1651 1663
70282 70456
40
46
2244 2221
25
30
2030 1705
14
15
727
673
1829
1830
1831
1832
1833
1690 1695
71596 72411
50
64
2504 2507
30
35
1535 1682
20
13
561
554
1834
Famiglie
nel 1834
1708
426
71605
17952
38
2334
24
1611
12
551
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delle diverse specie di civaie si fa stima. Queste coltivazioni patiscono spessi danni da varie cause, e non
guardando alla solita scarsezza delle pioggie, che
pi comune della ridondanza, le gr che in sul cominciare del verno compariscono in grandi stormi,
quando savvisino dun campo seminato a fave, accorronvi a scavarle s che obbligano a nuove fatiche e
dispendio, ed a una rigorosa guardia a volere che germini il seme. Quel lascino intatto le gr, toccasi dalle
cornacchie, che in un momento lo coprono quasi
dun nero velo instandovi operose a saziarsi.
Le escrescenze del fiume, quando son continuate,
come nel 1832 che accaddero dieci alluvioni, fanno
cadere tutte le speranze e restar senza premio le fatiche durate.
Il superficiale frullamento delle terre, difetto comune degli arboresi, limperizia nelle operazioni sono sempre, e meglio che altro, cagione del tenue
frutto che percevesi.
Il suolo opportunissimo alle viti, onde vengono
con molta felicit, e maturano i grappoli prima, che
altrove, onde ne pi anni santicipano nel giorno di
s. Bartolommeo le allegrezze del Sanmartino; negli altri
non si lascia andare la prima domenica di settembre.
Tanta accelerazione egli da ci, che per la difettosissima manipolazione del mosto i vini sentendo il calore si
esacerbano, e questo rinforzando ogni d pi ancora si
inforzano sino ad una acidit troppo pungente.
Grande il consumo di questo prodotto, e quando accada che se ne esponga in vendita di tal gusto
che lusinghi, allora una moltitudine (e i pescatori sono sempre la massima parte dei concorrenti) questi
tra motteggi, quelli tra discorsi che serio il tono vuotano in brevora una botte. I vini inaciditi si passano
sul fuoco, e la quantit pu ragguagliarsi ad una ottava del mosto. Questo vigneto tiene una certa variet da cui sono quelle uve passe, che si paragonano
alle migliori del commercio.
Tra le specie fruttifere le pi numerose sono i fichi, peri, susini, meli, gli agrumi di molte variet, i
mandorli, gelsi, sorbi, e le palme, che darebbero in
somma non meno di 15 mila individui, non messi
in calcolo gli ulivi. Queste piante tra grandi e piccole sommano esse a non meno di 40 mila, e quando
sia una piena produzione e non offesa dalle meteore
si viene a raccogliere dal torcolo circa 8 mila barili,
di cui sono serviti i valligiani dArborea, e fino la
stessa capitale. Possano questi agricoltori badare a
quanto valgano i gelsi, e cos procurarsi un altro ramo di lucro, e pi nella produzione sicuro, che non
sono gli ulivi.
Finora non si formata alcuna gran chiudenda, o
tanca che dicono volgarmente, e le piccole sariano facilmente contenute in una dodicesima del territorio.
Vi si semina e tiene a pastura il bestiame domito.
Il Sinnis una vasta regione chiusa da ostro a tramontana per lo mare, a levante dal gran lago. In sua
maggior lunghezza potresti numerare miglia 13, nella
maggior larghezza 5, nella sua superficie 32 quadrati
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distanza dalla sua imboccatura. N queste acque solamente, ma altre delle minori paludi poste verso la
tramontana del paese sono riconosciute pescose.
Le principali specie, di cui grandissima cattura,
sono le anguille e i muggini. Da questi egli che si
traggono quelle belle e grandi bottarghe, che sono a
dir deglintelligenti un buonissimo leccume, un gran
tornagusto.
I lupi, e non pochi sulle 30 libbre sarde (vedi per
le misure sarde nellart. Busachi prov., Equazione metrica), prendonsi nellacque del fiume, nel bacino
principale di Pontis, e Mrdini: e dentro del Mare-epontis uno spazio chiuso da palizzate sulla parte,
nella quale sono stati aperti i rivi, dove in numerosissime greggie essi pascono da nessuno turbati di
giorno (per che i ladri amano loscurit): e chi su
qualche battello osasse approssimarvisi, ei si esporrebbe ai colpi della vicina torre.
La saboga, che tra tutte le altre specie pi apprezzata, vedesi nel fiume alla primavera: la canina si
coglie dai calici del Mistras. Quivi quando soffia forte il maestrale, e fa traboccar nel mare con forte corrente, e pi forte nellore del riflusso, le acque dello
stagno, aperto il varco essa si vibra contro limpeto
delle medesime, e tosto vi riman chiusa per prendersi quando tenti di ritornar nel mare affrontando la
corrente della piena.
Vive tra laltre nel Mar-e-pontis certa specie di
pesciolini bianchi, e se ne fa gran preda nelle serene
giornate dellinverno allaspetto del sole, al quale essi
soglion uscire e venir su. Nella immensa copia, di
cui si grava il battello, il prezzo cos basso, che se
ne possono nutrire anche i pi poveri. Chiamasi oji,
ed assai gustoso, quando abbia lovaja. Si fa gran
salagione di anguille e muggini, e un gran smercio
per tutto il regno.
Non pesci solamente, ma varie specie pure di uccelli in numerosissimi stormi frequentano queste acque nelle stagioni dautunno e dinverno. Non mancano i fenicotteri. Il Fara fa menzione dei cigni, e chi
sa quale specie tra le molte che vengono a svernare
egli voluto abbia designare.
Pesca di mar vivo. Pi numerosi dei pescatori di
stagno sono quelli che si affaticano sul mare, dei quali se ne pu numerare circa 110 distribuiti in una
dozzina di battelli. Il golfo e mari del paraggio sono
abbondantissimi, e pi sentita cotanta abbondanza
nellautunno e primavera. Alcuni nella quaresima
vanno sullacque di Marcedd; prendono parte coi forestieri nella pesca delle sardelle e ne fanno salatura.
Saline. In fondo al seno del Peloso sono delle saline, che ora tengonsi in economia del R. Patrimonio,
e producono un annuo reddito di circa 20 mila lire
nuove. Nellultimo appalto queste con laltre di Pauli-pirastu (littorale di Terralba), che sono inferiori,
furono locate in scudi sardi 7000. Delle spiagge del
Crabarese, le quali dalla foce del Tirso continuano
per tutto il Sinnis, stato detto abbastanza nellart.
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(Smith) per un arco, come vuole la curva del littorale, troverai da l ad Oristano 9 miglia comuni, che
rispondono a XI M. P. e CCCV; la qual differenza
data a delle condizioni locali potreste dedurre che la
strada ad Othoca era tracciata lungo il lido, che scorreva al mezzogiorno di Cabras in distanza di circa P.
D., e che Othoca stava o in sul suolo della citt dOristano, o in molta prossimit, come sarebbe presso s.
Giusta. Se rivedrai ancora liscrizione di Cabras,
mentre ti appariranno due diversi punti di direzione,
comecch spiegati con poca esattezza grammaticale
(se non sia errata la proposta leggenda) forsech in te
pure nascer il sospetto non si diramasse presso Cabras la strada romana in un bivio, del quale una linea
sincurvasse a Tharro per la spiaggia del mare, laltra
sulla sponda orientale del lago di Pontis corresse dirittamente a Cornua.
Veramente a chi volesse da Othoca portarsi in
questa colonia saria stata una perduta fatica il soprappi degli VIII M. P. che avria dovuto fare in
passando per Tharro. Ma non voglio insister su ci.
Era Tharro fondato sul promontorio oggi detto di
s. Marco, non lungi dalla anzinotata chiesa di s. Giovanni, e ne sono ancora tra la sabbia visibili molte vestigie insieme con i sepolcri, e le fondamenta del
doppio corno del porto ora quasi del tutto colmato.
Trovasi vicino un pozzo che tiene unacqua bianchiccia e un po crassa siccome fosse mescolata di sapone.
I crabarissi la gustano volentieri e lhanno grata; e
cos dovea accadere in un luogo aridissimo; piuttosto
stupisco del Fara che abbia lodato un pozzo siffatto
come un fonte perenne somministrante acque dolci.
Della fondazione di questa citt chi ne potr parlare? Non pertanto di suo prospero stato nei tempi romani nessuno vorr dubitarne, inducendone la sua posizione a crederla una citt commerciante, e la in allora
popolatissima regione del Sinnis, e idonea a grandi
coltivazioni ad affermare lagiatezza dei suoi cittadini.
Volgendomi quindi nelle cagioni di sua decadenza
stimo senza gran tema derrore, che come le altre citt marittime dellisola, cos Tarro abbia sperimentata
la violenza dei barbari invasori dellimpero romano,
poich si fecero navigatori a danno delle isole, e delle
remote provincie. Ma il pi fiero tormento ella certamente pativa dagli arabi spagnuoli ed africani partecipe del destino di Cornua (vedi il ch. barone Manno agli anni 1051-52).
N quando fu posta la Sardegna sotto lalto dominio e protezione dei Pisani cessarono le molestie
dagli infedeli, le quali anzi pi rabbiosamente si accanirono, e non potendo coi Pisani, che erano pi
forti, sfogavano il furore sopra i loro dipendenti. Tal
condizione di cose credo essere stata la suprema ragione perch i Tarresi nel 1070 abbandonate le antiche sedi trasportassero le loro cose pi addentro. Sul
quale traslocamento pi cose vennero scritte poco
probabili. E primieramente si pose quanto era bastante a far stimare che verso quei tempi fosse questa
la capitale dellArborea, e vi risiedesse il Giudice: a
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al passeggiere, quando venga in sul tratto di Rumolnu, e bastano pure a fargli concepire una non
piccola idea della vetustissima citt che ivi componeva i suoi morti.
Alla pi alta antichit sono in questo dipartimento ad essere riferiti non meno di 90 norachi. Delle
quali costruzioni se moltissime siano ammirabili per
la grandezza ed esattezza delle forme, e per gli enormi materiali, altre cagionano dello stupore per la loro
ardita situazione in su torreggianti inaccessibili massi
a cui sia poca stima della meccanica degli uomini
delle prime et. Indicher solo i denominati de Bos,
de Cgules nel di Giave, ed il Fenestras in quel di
Tisi, siccome i degnissimi che siano da un viaggiatore veduti, e da un dotto esaminati.
Delle costruzioni del medio evo proporr il castello di Giave sulla parte pi alta del monte nobile
nella storia di quei tempi; del quale si parler nellart. Giave.
Questa regione stata divisa in due feudi: la Baronia detta di Cabu-abbas, che comprende Cossane e
Giave, ed appartiene ad uno straniero: il marchesato
di Montemaggiore che contiene Bessde, Kremule e
Tisi, e si possiede dalla antichissima e principalissima delle famiglie sarde, la casa Manca, investitane
dopo onoratissimi servigi al re dAragona per annullare la potenza dei Dorieschi. Se ne parler negli articoli dei capi-luoghi di mandamento.
La popolazione degli esistenti villaggi (an. 1834)
componesi di famiglie incirca 1600, e di anime 7100.
Si semina poco pi o meno di star. 12000, e si educano capi di varie specie quasi 35000.
Il nome di Cabu-abbas fu comunicato per simil
ragione dellanzidetta con altri siti. Perci lo udirai
ad accennare un luogo a 3 miglia da Terranuova,
donde lacquidotto dOlba avea suo incominciamento. Parimente saprai appellata una regione in
quel di Sindia, dove era un insigne monistero fondato da Gonario (il santo) tetrarca del Logudoro, il
quale vi pose un buon numero di monaci concedutigli da s. Bernardo abbate di Chiaravalle. Finalmente, a tacer daltri luoghi, troverai nel Ciserro siffattamente denominato un sito (Capudacquas), dove
una grossa vena che versa un fiumicello, il quale cresciuto per lo conflusso del Flumen-tepido, e del Paringiano entra in mare in Bau-jerbu a due buone
miglia nel mezzogiorno di Portoscuso.
CABU-E-IOSSU, vedi Capo Inferiore [Capo].
CABU-E-SUSU, vedi Capo Superiore [Capo].
CAGLIARI (provincia), la prima e pi importante
delle provincie dellisola e regno di Sardegna, di cui
capo-luogo la stessa capitale.
Comprendesi entro i paralelli 3852', e 3930':
fra li meridiani 032' alloccidente, e 028' alloriente
della Dominante. La superficie pu calcolarsi di migl.
quadr. 1100.
Cagliari
Contermina da levante alla Ogliastrina, da tramontana alla Isilese, da ponente alla Sulcitana, da
mezzod vallasi dal mare africano.
per una met piana, per altra montagnosa, di
modo per che il piano fiancheggiasi a ponente e levante da catene di monti tutti di prima formazione.
La catena di levante in continuazione con la
centrale, dove pi alta levan la cresta i monti del
Partiolla, e i due che succedono pi prossimi al meriggio, i Sette-fratelli ed il Mela. La punta di Serpedd domina su tutte le altre. Le falde occidentali della
prima e maggiore eminenza stendonsi non poco,
onde che da questa parte vi apparisca il piano gonfiato in frequenti ma facili colline, in alcune delle
quali riconosciuta dai geologi lorigine ignea.
Nei monti di ponente parria vedere una prolungazione della catena movente dal Capo-frasca, se non
che nel Ciserro tanto vedesi avvallato il terreno, da
esser troppo sentita la interruzione impreparata. In
essi sono pi cospicui il Spara, lArcusu, il Montessanto. Il Spara levasi pi alto ancora del Serpedd, e
dalle sue estreme rupi distendesi un vastissimo orizzonte, che da maestro a sirocco perdesi nella vastit
del mare, in l delle 40 miglia.
Degna di essere menzionata dopo queste la piccola catena cagliaritana, la quale per intermedi avvallamenti in quattro eminenze comparisce distinta, che
sono da tramontana ad austro; una di s. Michele, la
cui testa vedesi coronata da un antico castello; altra
della citt; la terza appellata Monvolpino; lestrema
sporge nel mare, e forma quasi una testa da potersi
facilmente isolare. Sono le roccie stimate di calcareo
terziario Ma nientaltro su questo, ch della geologia parler compiutamente il ch. cav. Alberto Della
Marmora nella relazione de suoi viaggi scientifici.
Seconda alla gran valle, di cui si fatto cenno, resta a notarsi il piano di Nora tra i monti di Sarroco e
Montessanto, la sua continuazione lungo il littorale
di Caladostia a Chia, e quindi in l il campo di Spartivento.
Non , a dir vero, molta copia di acque sorgive,
massime nelle pendici occidentali dei monti di levante, n poi scarsezza nelle falde, ed un vero difetto
nelle parti pi basse. Conoscesi qualche acqua minerale, che vorrebbe essere analizzata.
I fiumi che ne derivano sono il rio di Trejenta, di
Donri, di Settimo, di Snnai, di Geremas, di Solnas, di Carbonra.
Pure dalle pendici orientali dei monti di ponente
scorrono poche acque. Nel riunirsi nutrono alcuni rami
del Ciserro che viene dalla provincia Sulcitana, e formano il fiume di Pula, il Riera, il fiume di Chia, e quello di Teulda, non fatto conto di altri minori riozzoli.
Sbocca nello stagno di Cagliari il Caralta, a cui tenui principii nel Sarcidno (prov. Isilese) si fanno accrescimenti poco considerevoli sino a che avvicinandosi allo stagno accoglie a sinistra i due fiumi anzinotati
di Trejenta e di Donri riunitisi presso la terra di Decimo-mannu, e alquanto in gi a destra il Ciserro.
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aspergerle di finissimo sale; la qual pratica lodata come ben propria a fortificar la cute, e scansare alcune
malattie superficiali, tra laltre i sudamini. Le esperienze confermano lopinione. Di cotal uso antichissimo appariscono le vestigia nella Sacra Scrittura. Costumavano gli Ebrei (cos il Tirino in Ezech.) di lavare
con acqua calda i molli corpi non solo perch fossero
purificati dalle sordi del parto, ma e perch le membra che contratte ancora nel medesimo rimanevansi si
potessero distendere e acconciamente formare. Le medesime tantosto venivano salate a farsi pi sode giusta
lasserzione di Galeno, e poi si costringevano tra i
panni con le fascie per non curvarsi e depravarsi.
Nelle morti un rito quasi comune il compianto,
e fino nellestremit della stessa Dominante, nominatamente nella Villanuova, non una usanza conosciuta da pochi. Il defunto esponesi in casa e portasi
alla tomba con le vesti di gala; se maritato con gli
abiti pi splendidi, anzi con quelli stessi nei quali
comparve nel solenne giorno dellamore: e qui da
notare che molti non pi li indossano dopo le nozze,
e con diligenza conservati li risparmiano al giorno
della loro morte: se nubili alle loro proprie vestimenta ed abbigliamenti aggiungonsi dal padrino o padrina altri ricchi fregi. O questa o questi tolto una fronda di alloro forma una corona intrecciatevi rose ed
altri fiori, e tutto stringe con catenelle doro, dargento, e con filze di collane. Ma egli sul collo e sul petto della vergine, o del giovanetto, dove con molto
studio si compongono siffatte gale. Composto il corpo sul feretro, le donne del parentado, e quelle pure
di servigio meste nelle gramaglie del duolo si assidono intorno sospiranti. Non possono che non lascino
romper dal petto i gemiti, e diano pi forza al dolore
di chi pi sente la perdita o madre o sposo o figlio.
Intanto sorge il funebre metro della cantatrice.
In qualche luogo della diocesi Cagliaritana non sono, come accennava, totalmente perdute certe superstizioni che una inumana piet non sa stimare empie,
a voler abbreviare le agonie dun infelice. Levansi via
dalla stanza e croci e simulacri e imagini, e viene egli
spogliato, quando abbiane, degli scapolari sacri di
qualche ordine religioso, delle scatolette che abbiano
alcuna reliquia ecc. Tanto perch? perch si crede che
esse valgano ad impedir lanima nella partenza, e prolungare le sue sofferenze. Ove poi in breve non estinguasi il loro carissimo, viensi al rimedio che stimano
per efficacia supremo, e sottopongono e adattano alla
di lui cervice il giogo dun aratro, o dun carro.
Verso i contadini delle altre provincie sono questi
lodati siccome pazientissimi della fatica, e non poco
solleciti duna esatta esecuzione delle opere. Ma attendi che compiscano i lavori della preparazione delle terre, della seminazione del frumento, di alcune
specie di civaje, e della messe, e tu non riconoscerai
pi i cotali in una gente scioperata. Manca lindustria, perci angusto il cerchio dellesercizio, e pertanto meschina la loro condizione.
I Sardi in generale, e caratteristicamente i contadini campidanesi, sono frugivori, amando a preferenza
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il pane, le paste, i legumi, e poco desiderando la carne e i pesci. Nella stagione delle frutta se ne mangia
con tale avidit, che non spegnesi per poco, e non si
aspetta la perfetta maturit. Delle frutta del fico dIndia, che forma le siepi delle tenute, si fa un grandissimo consumo. Non cos procedon le cose nei paesi di
montagna, dove si educhi gran quantit di bestiame,
e in quelli che sono alla sponda del mare o del gran
lago; per che nei primi sono per quanto dura il lattamento a comune materia di sussistenza i latticini;
negli altri, per la stagione della pesca, le pi copiose
specie che si estraggano dalle pescaje. Le frutta ed erbe ortensi fanno pure una parte del vitto alle popolazioni pi prossime alla Capitale; non per sono gradite le patate, che si coltivano in poca quantit per
darne ai cittadini. Il panificio molto lodato, e la pasta s per la estrema bianchezza, che per lo gusto pu
difficilmente eguagliarsi in altre regioni dellisola. Le
pagnotte ordinarie per la gente da servigio sono preferibili al miglior pane lavorato nel processo darte
quale usato dai genovesi e francesi. La macinazione
del grano si fa per gli asinelli con una mola semplicissima e rozza, quanto sar stata nei pi antichi tempi.
Le pietre sono provvedute dai Nurresi (prov. dIsili).
Di molini idraulici non se ne trovano nella pianura,
che dove sia corrente dacqua. La superiorit delle paste sarde fatte a mano con lungo stento ben conosciuta; le fabbricate nel campidano di Cagliari non
cedono che alle pi fine dOziri. Amasi molto il pan
di sapa, cos detto perch di questa intridesi la farina. La forma di un anello. Si adorna con fettucce
di fogli doro e dargento, e con variamente colorati
confettini. Usasi farlo per Ognissanti insieme con le
pappassne, che sono una mescolanza di uve passe,
mandorle, pinocchi, pistacchi ecc., agglutinati con
un po di pasta sapata. Pure per le feste solenni se ne
usa fare; e quelli che si offrono al santo e si inseriscono nelle braccie della barella, sulla quale trasportasi il
simulacro, sono enormi. Bevesi generalmente vin generoso, e nella pianura se ne fa maggior consumo che
in situazioni pi elevate. Non intendi per che si ecceda: un eccesso in tal materia ha congiunta certa infamia. Le donne dei villaggi sono proibite del medesimo anche in piccola dose. Nelle tavole usasi poca
variet di cibi, salvo quelle dei principali dei paesi,
nelle quali tutto preparato, come solito nella citt.
Lacquavite lordinaria mattutina bevanda della
plebe; ma a bel bello anche in questa classe va propagandosi il gusto pel caff. La naturale bevanda, lacqua, non , per la terza parte almeno della provincia,
quale esige la sanit. Le vene dei pozzi non somministrano che grossi umori pregni di sali o daltre sostanze minerali poco salutifere. Cominciasi a supplire
con le acque piovane, e in molti siti potrebbesi con
perpetuo vantaggio per cannelle di terra cotta raccogliere da scaturigini non molto discoste, e gioverebbe
ricercarne per la trivellazione. Anche in Cagliari, sebbene non siane un vero difetto, perocch hannosi alcuni pozzi pubblici inesauribili, tuttavolta mal volentieri beve dai medesimi la stessa minutaglia, ondech
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fanno copiosissime vendemmie, s che i minori proprietari in mancanza di botti, ed in bisogno di denari
devono offrire il mosto a vilissimo prezzo.
A concepire quanta sia in qualche anno la fruttificazione delle vigne basti sapere che nel territorio di
Carbonra da un tralcio destinato a propaggine per
tre fondi, che erasi allungato a 28 palmi entro i mesi
della vegetazione, si portarono, senza connumerarvi
i racimoletti, centoventidue grappoli. La quantit
del mosto che suole ottenersi in tutta la provincia, se
niente sia avvenuto dinfausto alle vigne, non si calcola in meno di quartieri 80,000,000.
La vendemmiazione comincia solitamente dopo il
4 ottobre, e dura sino alla met di novembre. Il vino
distinto di due sorta; il comune, che volgarmente cognominano nero, comech, non abbia un color molto
carico; ed il gentile che dicono bianco, sebbene siane
qualche specie assai colorata. Il primo assai generoso, e conviene beversi con molto rispetto. Il metodo
di sua manipolazione semplice. Raccolgonsi le uve
in grandi botti (is cuppus) con un fondo, e vi si lasciano a fermentare pi o meno di otto giorni, per che
variasi nel tempo seconda la qualit delle uve e la condizione atmosferica. Il momento della pigiatura arriva, e non si pu indugiare, quando il mosto rende un
odore aggredevole, sentesi in certo moderato grado di
temperatura, ed ha un gusto tra il dolce e lamaro.
Il vino gentile, che si sperimenta generosissimo,
non manipolato in modo eguale. Le uve non si lasciano fermentare, e tosto come sien poste nel tino
vengono spremute.
Questi vini distinguonsi in tre specie: i semplici
che derivano da una stessa qualit di uve; is genas,
che sono da diverse uve; e i vini de passadra, o conciati, i quali mentre provengono da una certa uva si
fan passare per la vinaccia dunaltra diversa.
I semplici sono: la malvaga, la varnccia, il nscolo, la mnica, il nurghus, il cannono, il moscato, il girne, prese le denominazioni dalle uve. Se ne
potrebbero annoverare altre specie, se si usasse farne
da altre uve gentili senza mistura di mosti.
Le gene non sono distinte in pi variet; ma non
pertanto queste sono tante, quante le variabili combinazioni delle diverse uve, s per lo numero e le
qualit diverse, come per le disuguali proporzioni.
I vini di passatra sono di due sorte, essendo o
passatra nel girne, o passatra nel moscatello. Il
primo dal mosto della mnica, il secondo dal semidno, tenuti per circa dodici ore nella vinaccia,
quello del girne, questo del moscatello.
Ottime nei semplici e nelle gene sono le essenze:
queste sono i liquori di colatura spontanea. Alcuni,
come il moscatello, il girne ecc., si temprano per
un gusto dolce, e ci si ottiene o torcendo sulla vite
il picciuolo del raspo alcuni giorni prima, o se i
grappoli vendemmiati si espongano ad alcuni soli.
Dei nominati, la malvaga principalmente pregiata,
massime ove abbia il merito del tempo, il quale, a
giudizio degli intendenti, non una qualit che si
imagina, ma che benissimo si sente per la purezza,
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finezza, e per certo qual gusto, che dicono di catrame. Confrontati coi pi riputati vini dellEuropa
meridionale hanno avuto, cos giudicando dilicatissimi palati, lonore della preferenza, e presentono i
medesimi che, se accada meglio sieno conosciuti nel
continente, i famigerati ungarici vini del Tokai non
si possano sostener nellalto luogo, dove sono, e il
colle di Mizo-male debba cedere al cagliaritano.
I campidanesi pongono moltopera ad assicurare i
vini. Consiste questa operazione nel travasarli, e separarli dalla feccia, o dal sedimento.
Siffatte trasfusioni dopo la prima, che si suole eseguire nel gennajo, si ripetono nel marzo, nel maggio, da alcuni anche nel luglio, da pi pochi pure
una quinta volta nel settembre. Cos si diffecciano, e
acquistano maggior liquidit e chiarezza.
La quantit che si fabbrica dei vini gentili circa
un decimo del comune.
Sono celebrate nella provincia la varnaccia di s. Sperato; la malvagia, ed il moscato di Samassi e di Uta.
N sono in minor pregio i vini dOrri e di Capoterra.
Si pubblic trovato da un intelligente proprietario
il modo di fabbricare il vin di Malaga, e fu annunciata tanto perfetta limitazione che non se ne addarebbe un malaghese. Sia. Ma meglio far conto dei
nostri, n necessit dare al mnica nazionale un
nome straniero per conciliargli estimazione.
Dalla distillazione dei vini producesi per ogni quartiere (vedi Busachi prov., Equaz. metrica) tre libbre di
alchool poco pi o meno per la maggiore o minor
loro bont.
I Samatzaesi bruciano gran quantit di mosto, e
provvedon dacquavite i paesi dintorno. comune
larte di far dei rosoli, e di confezionar variamente li
spiriti men rettificati.
Altra porzione di mosto si acidifica, ed a questo
ora suole usarsi quello che viene dalle uve che si tolgono dal superiore strato del tino, le quali ne han
gi concetto un principio.
Gioverebbe alla economia domestica, quando labbondanza maggiore dellordinario, n si sa che uso
farsi del mosto, se conoscessero i contadini come ottenerne dello zucchero. La facilit del processo permette
che possa questa manipolazione raccomandarsi alle
donne (vedi Elem. di chimica generale applicata, nella
traduzione italiana per G. L. Cant). Che se questo
per lo gusto rinfrescante e dolce sia inferiore al comune, non pertanto sar cagione di grandi risparmi.
Orticoltura. Questa in qualche pregio nelle terre
pi prossime alla capitale. Le erbe e le frutte non
vengono meglio altrove, e sono stimate per una sapidezza gratissima. I Quatturciesi, Selargiesi, Donoresi, Utesi studiano con molta intelligenza in questa
coltivazione, e se i luoghi sono aridi ei suppliscono
opportunamente con lacque dei pozzi. Usasi il molino a cavallo, e le trombe sono in piccol numero. In
Pula nelle terre del fiume presso alla foce ammireresti una vegetazione maravigliosa. Pochi coltivano le
patate, e non vha dubbio, che in certi siti la compattezza dellargilla niente fausta a questa specie.
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Lo zafferano coltivasi con gran successo in Villamara, in s. Gavino, in Samatzi, e se ne ritrae non
tenue lucro; ch vendesi a lire sarde 4 loncia. Si introduceva anche in altri luoghi, ma i conigli sel divoravano. Vien pure nelle terre di Cagliari.
Gli alberi fruttiferi. Pi che altrove sono coltivati in
Cagliari e terre pi vicine del suo contado, nella regione di Flmini (lungo tratto di terra nelle falde dei
monti di Mara-Calagonis) ben irrigata ed esposta e per fatta agli orti ed a grandi vegetabili, in Orri, Sarrco, Pula ecc. Sono un buon numero le specie, e in ciascuna molte distinzioni; ma se ne desiderano pi altre.
Le frutta lodansi per la loro singolar soavit.
Le specie pi comunemente sparse sono i mandorli, dei quali fassi una vistosa raccolta. Il solo march. di
Villahermosa in cinque o sei tratti del suo gran podere dOrri nha gi piantati 18,866. La estensione
della specie in tutta la provincia eguaglia forse i
2,000,000 individui.
Gli olivi si cominciano a riguardare con certo
amore, e se adesso a mala pena ne potresti numerare
circa 80,000 per la massima parte dispersi, forsech
non andranno due lustri, e li oliveti nascenti, e quelli che vannosi formando produrranno oltre il bisogno della popolazione.
I paesi che la natura e la esperienza designa acconci
a questa specie sono Decimo, il Maso, Pula, Orri. In
questultimo nha gi il prelodato marchese o piantati
o innestati poco men di 10,000. Ma poi la falda dei
monti di levante dalla contrada del Giarri al mare
tanto pi idonea a siffatta coltivazione, che con maniera vieta di parlare degna sarebbe desser detta la terra di Pallade. Ivi meglio che in altre regioni meridionali dellisola si allefica questa specie, ed cagione di
maraviglia vedere lenergia dello sviluppo nelle piantagioni che si praticano secondo i veri metodi dellarte.
Agrumi. Se nella Forda del Srrabus, che dir voglio eguale, se non oso superiore, alla Vega di Milis,
troverai molte terre attissime a queste piante; di certo che non meno alle medesime ti avverr di riconoscerne attate nel tenitoro di s. Sperato, di Pula, di
Orri, e nella anzimentovata regione di Flumini in su
quel di Cagliari. Gli aranci ed i limoni di molte variet con i cedrati ecc. fruttificano cos che pi non
si possa bramare.
Gelsi. Egli tanto tempo, che molti piemontesi
precedente e susseguentemente alle esortazioni del
Gemelli mentre conoscono questo clima a siffatta coltivazione ben idoneo, ci van proponendo i grandissimi vantaggi che ne potremmo ritrarre; e tuttavolta
non vi si sinora convertita lopera e la mente, salvo
da pochi. Fra i quali primeggia il march. di Villahermosa, che intende e non invano studier ad estendere
questa importantissima cultura, e le necessarie cognizioni per lo setificio. Le fanciulle del conservatorio di
Cagliari hanno gi in questo non poca esperienza, e
dai bozzoli dei filugelli sardi veggonsi alcuni lavori,
nei quali pure da ammirare la bont della materia.
La quantit delle piante fruttifere della provincia
si pu computare di circa 4,500,000 tra grandi e
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piccole. In verit che per cotanta superficie sono pochissime, e saranno finch non si prendano opinioni
e metodi migliori.
Cagionavasi questa scarsezza e dal pregiudizio anche oggid fermissimo del certo nocumento dellombra ai seminati ed alle vigne, e dalla difficolt dellallevamento. Il pregiudizio cader diffondendosi pi
ampiamente i lumi; la difficolt del prosperamento
cesser se vogliasi tenere il metodo praticato nella villa
esemplare dOrri, dove nei fossi, in cui sono dal vivajo
trasportate le pianticelle, usasi alternare degli strati di
buona terra con altri di fico dIndia, le quali per labbondante umorosit diventano le sicure loro nutrici
nel caso non infrequente di siccit; in quel metodo
quasi assicura la riuscita, e rende proficue quelle foglie, che prima si lasciavano corrompere su la terra ad
accrescere il vizio dellaria. quindi da sperare, che
quanto prima vi torni la Sardegna in quella condizione in cui la ottennero i Romani, quando Polibio la lodava e per la frequenza degli uomini, e per lo copiosissimo provenimento dei frutti, e beata la dicea.
Strabone per un suolo eccellentemente ferace di frumento, e di tutte le cose maravigliosamente fecondo.
Tabacchi. Si voluta introdurre in vari luoghi della
provincia la pianta nicoziana; per o sia il difetto nel
clima, cio nel suolo o nel cielo, o sia piuttosto nella
coltivazione essa ben inferiore a quella che vegeta in
Sassari, Sorso, Sennori. Non ogni terreno porta tutto.
Soda, ed erba cristallina. In compenso il contado
di Cagliari nelle terre un po salse, che sorgono alla
sponda del mare e degli stagni, attissima a queste erbe, onde la materia prima per alcune fabbriche,
che ancora desidera la Sardegna.
Altre coltivazioni. La robbia viene molto prosperamente nel circondario istesso della citt. Verrebbe parimente lindaco, come cel persuade il soddisfaciente
esperimento che tentossi nel regno di Carlo Emanuele III. Si vuol augurare una vegetazione non meno felice della cannamela, e di altri pregiatissimi generi coloniali. Su che io non vorrei contradire; conciossiach
a voler comprendere quanto questo clima sia fausto
alle piante esotiche basta guardare nel vasto giardino
attiguo al palazzo della villa dOrri, dove sono in bella
e prosperevole vita con le nordali molte piante delle
regioni equatoriali, e in piena terra e floridissime sono
quelle vedute che per la restante Europa nei climi superiori non si posson serbare in vita se non col benefizio duna conveniente temperatura.
Coltivazione dellanice. Fu provata nel 1833, e produsse il 62 per uno. La comparazione lo dimostr per
forza non inferiore allestero, per di dolcezza minore
dello spagnuolo.
Formium tenax. Tra le piante erbacee, che in questo clima prosperano con molta felicit, merita esser
notata questa specie, della quale sono nellanzidetto
giardino pi di 400 ceppi. Se propaghisi potrannosi
mettere nel commercio le sue fila ottime per cordaggi e gomene da servire alle macchine idrauliche.
Giardini. Ne potrai veder parecchi presso la citt,
tra i quali pi degno di considerazione quello del
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marchese di s. Tommaso, e pu anzi parere un piccolo stabilimento. In Pula ed in Samassi se ne trovano dei belli; per nessuno pi del gi sopralodato di
Orri. In questo vedrai pure un gran vivajo, che con
gli altri degli attigui possedimenti contengono circa
le 40 mila pianticelle. Larte del giardinaggio se cominciasi a conoscere merito e deve esser lode del
marchese di Villahermosa. Egli la faceva apprendere
a due nazionali cui somministrava generosamente
mentre si trattenevano nei migliori stabilimenti del
continente, e assistevano alle lezioni dei professori di
Botanica. Ora col sussidio dei giornali georgici le acquistate cognizioni vanno perfezionandosi, e si ha
opportuna contezza dei continui progressi dellagricoltura, e de migliori metodi che vengono in onore.
Intanto si formano degli allievi.
Terre chiuse. ben piccola la porzione delle terre
che veggansi cinte, o assiepate, e queste sono intorno
alla popolazione a un piccol raggio. La propriet per
molti pregiudizi e forti ostacoli non pu ancora vincerla sopra la barbara comunanza: e se non ottenga il
trionfo, che le augurano i buoni cittadini, non sar
mai che possa fiorire, quanto le consente la natura. Le
poche private propriet non sono n anche per un
terzo chiuse, e le chiusure sono comunemente a siepe
viva, durevole e fruttifera, adoperandovisi i fichi dIndia. In nessunaltra parte dellisola vegeta questa pianta pi vigorosamente, che nel campidano. Distinguonsi alcune sue variet, tra le quali il napal con fiori
e frutte rosse, e con le spine molto sottili e riunite in
fascetti, nel cui congenere gli industriosi americani allevano linsetto della cocciniglia. Altre se ne sono recentemente introdotte, e tutte vengono maravigliosamente. Le frutta delle siffatte siepi somministrano per
li meno agiati parte della sussistenza, e producono
non piccol lucro per quella quantit che porgesi ai cittadini. Il sovrappi serve di nutrimento ai majali.
Selve ghiandifere. Nelle pendici occidentali dei
monti di levante queste specie (tra le quali pi numerosi i lecci) vanno sempre pi diradandosi per opera
maligna dei pastori. Patiron meno nei monti di ponente forse perch tutto il dipartimento del Norese
frequentissimo gi duomini anche nellepoca dei Saraceni, e pi nel governo dei regoli Cagliaritani, rest
poi deserto, quando gli Aragonesi vennero a dominare. Grandissima la superficie che occupano queste
selve, o, dir meglio, avanzi, dove non pertanto potrebbero in anni ubertosi impinguarsi pi di 300,000
capi porcini, e computarsi circa 50 milioni individui
di piante fruttifere. Trovansi frammisti innumerevoli
ginepri, ed alcuni assai annosissimi, dai quali si sanno
lavorare mobili di grandissimo pregio. Veramente per
la bellezza e per la durevolezza sorpassano le opere
pi stimate del tasso e del noce.
Lentisco. Ecco il supplementario degli olivi nei
paesi posti alle falde dei monti. Se ne trae moltolio,
e questo mettesi nel commercio interno, ond un
qualche lucro alle manifattrici.
Bosco ceduo. Invano ne cercheresti nel piano, dove
fuor della breve circonferenza delle vigne, sar gran
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3. Il sig. Cara avendo potuto osservare sette individui di questa specie ne rilevava i seguenti caratteri Le parti superiori,
testa, collo, groppone dun bruno leggiermente tinto di verdastro-cangiante. Le piume delle copritrici alari, e del dorso
orlate duna frangia biancastra e lustra. I remigi neri, e di pari
colore la coda composta di dodici penne orlate di bianco
sporco. Le parti esteriori delle coscie brune. Nellaltre parti
inferiori del corpo v bianchezza. Del becco la parte inferiore
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fruttare anche i 30 scudi, con che il numero degli uccelli si calcolerebbe di circa 3000. Lolio della bollitura
cos pregiato, che si serba per un regalo distinto.
Caccia delle folaghe, e daltri acquatici nello stagno
maggiore di Cagliari. Egli in queste acque che quelle
molte specie di uccelli acquatici, che abbiamo annoverate nella ornitologia della provincia, o vengono a
svernare, o abitano fissamente. I fenicotteri ricompariscono sin dal settembre, e non se ne partono prima
della buona stagione. Avendo atteso altrove alla propagazione portano qui i novelli parti, e in circa ventidue
diverse posizioni distendono le loro schiere. Qualcuna
di queste consta di pi di dodici mila capi, e se n calcolata in questanno (1835) la somma a poco pi o
meno 250000. Volgon essi fra lacque il lungo collo, e
sempre frugano a mangiarsi i piccoli crostacei, le conchigliette del g. rissoa, ed alcune specie bivalve delle
quali ricorre in queste stagioni il producimento. Indugian molto persistendo in uno stesso sito, se ne sentan
troppa salsedine nelle acque, n i cacciatori troppo si
avvicinino. Levansi allora, ed o tendon col volo allacque dolci, o a sottrarsi dalle insidie in posizioni non
molto lontane, pochi eccettuati, che pi timidi fuggono agli stagni o di Quarto o di Sanluri. Non cos i fistioni del ciuffo, che molto amanti dellacque dolci
usano a ricercarne e riempire le borsette, dirigersi giornalmente in numerosissimi stormi in varie parti. Questi pasconsi delle tuberose radici della pianta acquatica, che volgarmente si nomina ruargiu: altre specie
mangiano altre erbe; le rimanenti dan caccia ai pesci,
tra le quali voracissime sono conosciute laquile ed i
cormorani. veramente in giorni sereni uno spettacolo magnifico aggirarsi su per queste acque, vedere i fenicotteri spiegar le grandi loro linee o aggregarsi in
quadrati o in triangoli; le volteggianti turme dei cigni,
dei codoni, delle morette, e di altre specie di anitre, di
gabbiani, di procellarie, sterne, colimbi, totani ecc., il
volo insidioso dei corvi anguillatori, dellaquila ecc.
vaganti in tutte parti per esplorazione quando con la
rapidit del baleno piombano e si tuffano e ne traggon
fra gli artigli la preda, e quando, come suole laquila,
sur un palo si posa a sbranarla. Chi voglia far guerra a
queste o ad altre specie ha ben in che esercitarsi per
tutte lore e non manca di fortuna, se non sia che
prenda di mira gli aironi. Ma comecch troppo difficil
cosa sia poterli cogliere, non pertanto assai spesso si
assaliscono, siccome quelli che si amano per le carni
che sono saporitissime, per la peluria che giova nelle
emorragie da ferite, e per lolio di una virt molto predicata contro i reumatici. Non mai che manchino
tutte le specie per che restano sempre laquile, e nidificano in siti secreti a fior dacqua; restan pure alcune
folaghe, che depongon le uova tra le canne; n parton
i cormorani ecc. Per la caccia principale che facciasi
in questo stagno delle folaghe. Certa classe di pescatori suole in essa occuparsi dai primi dottobre alla fine
del carnevale, onde in tal tempo sono cognominati
paradris dalla preparazion delle insidie. Conosciuto
da certi indizi dove nella notte usi questa specie posare, travagliano a formarvi dalghe e fanghi un letto
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frequentissima nel mare sardo, le acciughe (clup. encrosicolus) che vegnenti dallAtlantico a grandi sciami
prendonsi e si salano come si pratica delle sardine.
Tra le cheppie la vera (cl. alosa) volg. saboga. Alcune
specie di trote. Tra gli sgombri, il tonno (thynnus
scomber) v. tonnina, la palamita (s. pelamis), lalalunga (s. alalunga), il macarello (s. scombrus), lo sgombro
biscia (s. glaucus). Tra i gadi, il luccio di mare (gadus
merlucius) v. merluzzu, il gado blennio (g. blennius),
il capellano o mollo (g. minutus) v. mustia, lasello
pollacco (g. pollachius), il gado verde (g. virens), il nasello bianco (g. merlanus), il gado donnola (g. mustela) v. pisci moru. Della famiglia degli spari, la dorata
(sparus aurata) v. canina, lo sparago (s. annularis), lo
sparo-sargo (s. sargus) v. srigu, lo sparo dal muso appuntato simile allo sparo-sargo (s. puntatus) v. feriara,
lo sparo occhiatello (s. melanurus), lo sparo piccarello
(s. smaris) v. giarrettu, lo sparo pagello o francotino (s.
erythrinus) v. pagellu, lo sparo mendola (s. moena) v.
ciccarra, lo sparo occhio di bue (s. boops) v. boga, lo
sparo canteno (s. cantharus) v. tannuda, lo sparo castagnola (s. castaneola), lo sparo bogaraveo (s. bogaraveo), lo sparo mormillo o mormiro (s. mormyrus) v.
mormungioni, lo sparo marrone (s. chromis) v. orbra,
lo sparo di color di piombo (s. livens), il vargadello o
sarpe (s. salpa) v. sarpa, lo sparo tricuspide (s. osbeki),
lo sparo dentice, il re della famiglia, pi che altrove
frequentissimo in questi mari, ma pochi sorpassano le
30 libbre (s. dentex) v. dentiji, finalmente lo sparo cetti (s. cetti) specie novella. Della famiglia degli squali,
il cane o lupo di mare (squalus carcharius) v. cani-marinu, il can-di-mare dal naso lungo (s. cornubicus) v.
cani-marinu-nasoni, il can-di-mare azzurro (s. glaucus) v. cani-marinu-aslu, il pesce gatto (s. catulus) v.
gattu de mari, il can-di-mare di rupe (s. stellaris), il
can-di-mare donnola (s. mustelus) v. mussla, il candi-mare stellato (s. asterias), il fiburo (s. fiburus) v. pisci-palitta, il martello (s. zigaena), la lamiola (s. galeos)
v. canuzzu, il pesce spinello (s. canthias) v. aguglia, il
pesce porco (s. centrina) v. bernardinu, il can-di-mare
dallo sprone (s. spinax) v. cani cun sproni, il pesce sega
o istrice di mare (s. pristis) v. spada de mari, lo squadro
(s. squatina) v. pisci angiulu. Della famiglia dei pleuronetti, o pesci piani, la lima (pleuronectes limanda) v.
pisci lima, la sogliola (p. solea) v. sogliola, il passero (p.
platessa) v. palaia, la limanda dalla scaglia (p. pegusa),
il rombo scatto (p. rombus). Della famiglia dei labri,
il labro topo (labrus melops), il labro merlo (l. merula), il labro trimacolato (l. trimaculatus) v. arrocali, il
labro a due macchie (l. bimaculatus) v. arrocali, il labro dalle labbra increspate (l. ossiphagus), il labro dal
dorso violetto (l. tessellatus), il labro cappa (sciena
cappa), il labro dalla macchia bruna (sciena unimaculata), il labro mosca (l. operculatus), il labro pavone (l.
pavo) v. marabutu, il labro cinerino (l. griseus), il labro
azzurro e giallo (l. mixtus), la donzella (l. iulis), il labro
gallo (l. psittacus), il tordo di mare (l. turdus), il labro
cinedo (l. cynaedus) v. arrocali, il labro dai denti (l.
scarus), il labro di creta (l. cretensis), il labro a rete (l.
venosus), il labro macchiato in bianco (l. guttatus), il
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labro olivastro (l. olivaceus), il labro duna macchia sola (l. unimaculatus), il labro adriatico (l. adriaticus).
Della famiglia dei pesci di quattro denti mostrasi talvolta in queste coste il pesce tamburo (tetraodon morsa), il pesce luna, mola, e pesce argento (tetr. mola), il
riccio di mare bianco (lagocephalus), il riondo (lag. lineatus) v. pisci-sirboni, la luna nuova (tetraodon ocellatus), il flacspsaro (tetr. hispidus) v. pisci-columbu.
Tra le razze la razza cinerina (raja batis) v. zirulia, il gilioro, razza dal becco appuntato (r. oxyrhincus), la razza del dorso a punte di cardo (r. fullonica), la razza a
spine (r. rubus), la razza elettrica o torpiglia (r. torpedo), la razza aquila, falcon di mare, o pesce rospo (r.
aquila) v. aquiloni, la razza ricciuta (r. clavata), la razza
bruco o pesce topo (r. pastinaca) v. ferrazza o scritta, lo
squadrolino (r. rhixabatos), la razza occhiuta (r. miraletus), la razza nera (r. nigra), la razza di giorna
Tra i ragni (trachinus) il drago di mare, v. arania, il ragno grigio cinerino, il bianco (t. osbeki). Tra le corifene (coryphena), lorata (c. hippurus), il pesce pettine
(c. novacula) v. pisci resoia, la lampuga (c. pumilus).
Tra i gobbi (gobius) lo zolero (g. niger), il chiozzo
bianco (g. iozo) v. maccioni, il chiozzino (g. minutus),
il gobbio rosso (g. cruentus), il gobbio nero e bruno
(g. bicolor), il pignoletto (g. aphya), il paganello (g.
paganellus). Della famiglia delle triglie (mullus) la
triglia dalla barba (m. barbatus) v. triglia barbada, la
triglia barbio (m. surmuletus), la triglia senza barba
(m. imberbis) v. trigliola, la triglia saltatrice (trigla volitans), la rondinella di mare (t. hirundo) v. pisci caponi,
la triglia brontolona (t. gurnardus), il nibbio di mare
(t. lucerna) v. pisci lanterna, la triglia lira (t. lyra), la
stoviza (t. adriatica), la triglia cabrigia (t. cuculus) v.
organu. La lampreda di mare (petromyzon marinus). La persica di mare (perca marina) v. persica, la
bella persica (p. cabrilla) v. pisci grogurubiu-aslu, il
pesce lupo o ragno (p. punctata) v. lupu, lupazzu. La
gagnola dalla tromba (syngnathus typte), il pesce ago
(s. acus) v. aguglia, il caval marinu (s. hippocampus) v.
cuaddu de mari, il serpente di mare (s. ophidion) v.
serpenti marinu, la gagnola verde, rossastra, a strisce, il
pappaccino. Delle remore, la piccola (echneis naucrates). La spinarola (gasterosteus), la mezzana (poll.
3). La murena anguilla o vera anguilla v. anguidda, il
grongo (m. conger) v. grongu, la murena di Plinio
(murenaphis helena) v. murena, la murena dal rostro
acuto (m. myrus), il serpente di mare macchiato (m.
orphis), il gran serpente marino (m. serpens) v. serpenti mannu, languilla elettrica (m. gymnotus), languilla
di sabbia (m. ammodites) v. ziringoni. I muggini sono numerosissimi, in sei diverse specie, e popolano il
grande stagno. Vedi in seguito Pesca dello stagno.
Laterina anguilla (atherina hepstus) v. guenaru. Largentina (argentina sphyrene) v. argentina. La vecchierella (balistes vetula). Dei blenni, il blennio gattoruggine (blennius gattorugina), la lepre di mare (b.
lepus) v. lpuri de mari, la tinca (b. phycis) v. pisci-mola, il blennio-gado (b. albidus), il mesoro (b. cellaris) v.
piscialetta giudea, il pavon di mare, il blennio stellato,
il blennio argentino, il ranocchio di mare (b. raninus)
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tra queste specie copiosissime sono molte che somministrano un alimento delicato nelle mense pi laute. Mareggiano lungo i lidi della provincia da 30 in
40 battelli; e si calcola, che possan prendere allanno
circa 15,000 cantara per 45,000 scudi.
Tonnare. Non solamente nella stagione del consueto loro viaggio entro il Mediterraneo dopo mezza la
primavera che prendansi dei tonni in queste acque, per che ve ne restano in gran numero anche nellinverno. E quivi che viene a far le uova pressoch tutta
quella colonna che dallAtlantico entrando nel bacino
mediterraneo viaggi lungo le coste della Spagna,
Francia, e del Genovesato, onde al mare sardo si converte passando tra lElba e la Corsica. Ve nha dun volume meraviglioso, lunghi 17 e pi piedi, che pesano
1800 e pi libbre sarde. Il tonno bianco conoscesi sotto lappellazione di sgombro sardo.
In altri tempi erano in vari punti del littorale della
provincia degli stabilimenti per la pesca dei tonni; ma
siccome accadeva spesso, che il prodotto fosse minore
del necessario dispendio, furono abbandonati. Gli ultimi che si dismisero sono stati quello di Malfettano nel
golfo di Teulada, e laltro dellisoletta di s. Macario
presso Capo-Pula. I negozianti che le calarono ebbero
a patire grosse perdite. La tonnara di Malfettano si calava al ritorno dei pesci nellAtlantico, quando essi sono assai degradati da quanto erano in primavera, e per di pochissimo valore. Importa molto esplorare qual
linea sogliano avere nella loro corsa, e stabilir la pesca
dove si conosca che le loro greggie possano scorrere.
Della maggiore o minor quantit degli individui di
questa specie nella colonna su accennata portansi varie
ragioni, e molte non da essere ammesse. Intanto non si
considera, che la sorte allo stretto di Gibilterra, l dove mentre si volgono per una maggiore o minore curvit della linea del corso e avvicinamento alla costa spagnuola, o alla africana, si determina ad una pi che ad
altra grande lafflusso; siccome per una maggiore o minore propinquit delle diverse schiere le seguenti sono
determinate a inviarsi nella direzione delle precedenti.
E quando molti qui ne vengano pu il can marino azzurro che molto li ama e divoraseli in uno o due bocconi, perci dai tonnarioti appellato pisci-tunnu, perseguitarli, sperperarli, come qui solito fare nientemeno
che sulle coste dellInghilterra e della Francia.
Pesca nello stagno. Trovansi in questo gi stabilite
undici peschiere, otto nella linea della plaia, una in
s. Gilla, altre due nellinterno, le quali fruttano s.
Gilla scudi 600: Girnas, che incontrerai dopo la
scaffa, tra la prima e seconda isoletta, 120: Sa pischeredda 900: Sa puntijedda 900: Su fndali 900:
Corti-longa 1000: Pontis-beccius 600: Sa piscina
dessa mola 400: Malamura 250. E nel territorio di
Assemini, la peschiera di s. Maria 300: Su pertusu
300. Si pu per senza scrupolo sospettare che questi numeri non rappresentino una precisa media. In
queste peschiere sono applicate circa 46 persone senza far conto dei ragazzi, e impiegate barche 42.
Altri 460 pescatori di Cagliari, con 20 di Assemini, e 12 del Maso sono occupati nella pescagione
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dello stagno con circa duecento barche, dei quali altri usano le reti, altri lamo, questi la fiocina di giorno a tentare i luoghi fangosi, dove stimino trovarsi
delle anguille, quelli nella oscurit con la fiaccola:
onde nelle notti illuni, ma serene, un bellissimo
spettacolo alla citt; alcuni finalmente usano le nasse. I pesci pi copiosi sono i muggini di sei diverse
specie, cefalo, bidumbula, ulline, serebeo, conchedda, musulo. Non meno di circa altre venti diverse
specie vi guizzano, non ponendo in conto i gamberi
che sono copiosissimi. I ragazzi frugano nei bassi
fondi per le conchiglie.
Si calcola il prodotto di queste acque a 12,000 cantara, dalla qual somma detratto un sesto per lo vitto dei
pescatori e loro famiglia, pare possano venire per la
vendita del restante lire sarde 145,000. E mentre le peschiere fruttano approssimativamente lire sarde 17,500,
conchiudasi, che le altre arti (quali sono chiamate le diverse maniere di pescare) rendano lire 127,500. Dallanzinotato totale toccherebbero allappaltatore lire
36,250, e le rimanenti divise in uomini 520, compresi i
piccoli, avrebbesi per comune lire 208.2.
Pesca nei fiumi. Nel Caralita, e nei principali suoi
influenti non sono scarse le anguille e le trote, e in
certi tempi vedonsi presso la foce anche le cheppie
(alose). La copia del primo genere allora grandissima, quando per larghe pioggie il fiume ristaura il
corso, e gonfiasi. Le maniere della pesca sono varie,
ma la pi comune per li nassai; che per dovrebbe
essere limitata con appositi provvedimenti, perch il
piccol lucro dei pescatori non costi, come accade, un
grave danno ai comuni; quanto si sperimenta, quando le molte acque non si potendo contenere nellalveo e smaltire nellaperto solco in varii tratti colmato
per lo stabilimento dei nassai, si spargono, e causano
calamit ai seminati, e spogliano i fondi della terra
vegetale. Si possono annoverare circa 50 pescatori,
che in comune, quando sian fortunati, prenderanno
cinquanta cantara, che vendute a un prezzo medio
potran loro valere scudi 250.
Rare volte si pesca nelle paludi, ondech le anguille vi ingrossano cos, che se nebbe alcuna, la
quale super le libbre sarde 25.
Sanguette. Se ne raccoglie grandissima quantit
dai fiumi e paludi. Furono ricercatissime nel commercio, e se ne mand tanta copia, che alluopo
mancarono agli stessi cagliaritani: per fu pubblicata
una proibizione.
Saline. In pi luoghi anche alquanto remoti dal
mare sono dei bacini in cui, quasi tutti gli anni, formasi il sale; per non se ne scava che nel littorale
della citt alla parte di levante. Le artificiali sono al
Lazzeretto, a S. Pietro, e lungo la plaia. Quelle che
furono formate in fondo al golfo di Teulada sono
neglette da non pochi anni.
Gli da un tempo immemorabile, che nelle vicinanze di Cagliari si pratica il salificio. Se ne trova menzione
nel governo dei Giudici, e poscia in un diploma del re
di Aragona e di Sardegna D. Jacopo (allanno 1327), in
cui concede, che dalle regie saline degli stagni potessero
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Porto. Il numero medio dei legni mercantili che allanno frequentano il porto ascende ai 300. Che se si
considerino quelli solamente che direttamente vengono per commercio forsech il sopposto numero dovr
scemarsi sino alla met. Di rado s, ma pur avviene
che passi la settimana senza un arrivo o partenza: e
pi infrequentemente, che si veggano entro limmenso porto tanti legni (n. 50) quanti stavansi ancorati
col segnal nessun mi tocchi sul trinchetto o compresso,
quando in sul cadere del 1835 affollaronsi tutti quelli
che avevano negozi nella piazza per entrar i primi in
quelle porte, che da sei mesi con danno incalcolabile
dei produttori tenea serrate una opinione. Le frequentissime provenienze sono da Genova e sue riviere,
Marsiglia, Livorno, Napoli, Malta, Fiume. Con la
Finlandia e Svezia pochissimi contratti, meno ancora
con la Spagna. Dei legni di commercio con bandiera
sarda, che sono la massima parte degli avvenienti, non
so quanti appartengono a negozianti della piazza.
In tutta la provincia non pel commercio altro
porto, che il cagliaritano. E gli in questo, che pu
uno formarsi giusta idea di tutti i bisogni dei sardi.
Quali e quanti sieno gli articoli principali dellattivo,
e chi non sappia? Quali e quanti quei dimportazione? dicali lindustria nazionale, ed il pazzo lusso gi
da una in altra delle classi cittadine sino ai villaggi
propagato con la forza dun contagio, ch questo, il
quale anzi un bene dove fioriscono larti, veramente altrove una rovinosa pazzia. In poche parole
abbiti molto: ricevesi quanto nelle cose necessarie
utili dilettevoli, fatta restrizione per alcuni manofatti
che gi somministrano le piccole fabbriche della citt. Piccol risparmio, che certamente non pareggia la
perdita patita dal commercio attivo per certe estrazioni cessate, o molto ridotte. E qui mentre mi cade
in acconcio noter che dello scemamento degli avventori, mentre potevano essere state altre, e furono,
con troppo manifesta ingiustizia si voluto portar
cagione la malafede. Ebbervi qui pure (e in qual parte non si trovi questa gente piena di magagne?) dei
cotali che si intrusero avventurieri nella professione
del commercio, e adulterarono i grani, la soda, i vini, i formaggi ecc., e fortunati nella frode sfuggivano
poi di essere mandati, dove meglio stanno questi infami delitti, che certe venialit in materia di furto,
che lodio, linvidia, la vendetta spesso fanno vedere
per un microscopio. Ma senza questo, in mani di
chi il commercio della piazza?
Chi ora domandi in qual parte preponderi la bilancia commerciale? Gi sarai venuto in gran maraviglia per quel certo Statistico, il quale ragionando
di tai tempi, quando era bisogno di pi merci dallestero, osava affermare ineguaglianza grande nelle
somme comparate del commercio attivo e passivo, e
questa in favor dei sardi, i quali or dovriano, se avesse detto quel che era, esser ricchi di molte centinaja
di milioni di lire nuove serbati. A riformar lopinione secondo il vero, eccoti alcuni numeri del movimento commerciale non della sola provincia di Cagliari, s bene di tutto il regno negli anni
Import.
Esport.
1824
4,849,111
3,487,177
1825
5,838,181
5,228,836
1826
7,173,333
5,418,796
Import.
Esport.
1827
9,065,215
8,239,788
1828
7,812,493
10,433,644
1829
9,519,122
7,126,001
Risulta una passivit, e questa si verifica frequentemente. Si vorrebbe calcolato quanto viene dai sali;
ma gli questo un articolo daltra natura. Si vorrebbe computato quanto viene dai contrabbandi; ma in
questo fatto non accadono scandali, e per avventura
lavuto pu bilanciarsi col dato.
Amministrazione di giustizia nella provincia. Sopra
la medesima preposto un prefetto, che consultore
dei ministri di giustizia tra i vassalli di feudatari stranieri. Mandamenti. 1. In Cagliari il tribunale della
R. Vicaria con gli assessori dei quartieri secondo il
voto dei quali sentenzia il Vicario. 2. Quarto capoluogo di mandamento Quartucciu e Pirri. 3. Selargius c. l. Settimo e Sestu. 4. Pali-pirri c. l. il Maso.
5. Snnai c. l. Mara-Calagnis, Burci, Carbonra.
6. Ussana c. l. Solminis. 7. S. Sperato. 8. Villasr c.
l. Decimo-puzzu, Villahermsa. 9. Capoterra c. l.
Sarrco. 10. Pula c. l. s. Pietro-Pula, Domus de Maria.
11. Serdina c. l. Donri. 12. Sicci. 13. Assmini c. l.
Uta. 14. Decimo-manno c. l. Villaspeciosa. 15. Villamr. 16. Samssi c. l. Serrenti. 17. Sanlri. 18. Nurminis c. l. Monastr. 19. Senorb c. l. Slegas, Seni,
Ariji, s. Basilio, s. Andrea. 20. Furti c. l. Segaro, Villagrca. 21. Serramanna. 22. Guasla c. l. Guamaggiore, Ortacesus, Pimentello, Barrli. 23. S. Pantaleo c. l.
Suelli. 24. S. Gavino c. l. Srdara, Pabillnis. 25. Silqua. 26. Samatzi.
Delitti. Essendo generalmente i campidanesi di miti
costumi sono di poco conto le pi frequenti colpe, e
degne men di pena, che di una paterna correzione. Ci
chiaro dalle stesse condanne alla schiavit pubblica
per leggieri peccati, ordinariamente di furto. I gravissimi sono di uccisioni spesso indeliberate per trasporto
di furia, raramente premeditate per amor di vendetta, e
accadono pi spesso nei paesi di montagna, dove ancora un po di fierezza, che altrove. Non pertanto si ricordano esempi di crudelt in uomini delle terre pi
basse da commozione di gelosia; e furono pure che intraprendessero sulle strade pubbliche i passeggieri.
Intendenza provinciale. In quanti distretti sia stata
spartita gi fu detto. Amministrasi dallo stesso Intendente generale del Regno, onde che egli deve dividere la
sua attenzione tra le particolarit e minuzie provinciali e
locali, e la generalit del reggimento di tutte laltre.
Quello che proviene allerario cumulativamente alle
gabelle e agli altri redditi si pu stimare di novecento e
pi mila lire sarde, circa due milioni di lire nuove.
Opere e forze militari. Senza i propugnacoli della citt dominante, di cui sar poi particolar discorso, sono
state in certi punti del littorale edificate delle torri.
E procedendo da levante a ponente troverai prima delle altre la torre di Cala-pira con la vicina di Serpentaria
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Questo ed altro pi grave peso, che loro sovra incumbe, fa gemere e questi e gli altri popoli della Sardegna. Ma gi verso di loro si volge il cuore dellaugusto
Carlo Alberto, gi vede le cause della misera condizione, in cui versano, e tocco da piet non pi indugia a
tutta porre in opera la Sua Real provvidenza (vedi Carta Reale 19 dicembre 1835 prescrivente la consegna
dei feudi, giurisdizioni e dritti feudali) in loro sollievo.
Gli animi amanti della patria e cupidi del rifiorimento
della nazione si ergono a grandi speranze: poco ancora,
e i popoli dellisola saranno posti nel grado di incivilimento e prosperit, in cui per benefizio dei Principi
Sabaudi sono pervenuti e consistono i loro fratelli del
continente; e Carlo Alberto acquister altri e massimi
diritti alla perpetua gratitudine dei sardi, e con tutto
merito lappellazione affettuosa di Padre della patria, il
glorioso cognome di Ristoratore della Sardegna.
Del governo generale dellisola e regno di Sardegna
Il reggimento della Sardegna monarchico.
Le sue forme, e gli ordinamenti per la legislazione, e per lamministrazione si costituirono cos:
Il re D. Pietro, il Cerimonioso, fu il primo dei sovrani dAragona e Sardegna, che convocasse a Cagliari in parlamento i pi distinti fra i suoi soggetti.
Il che avvenne nellanno 1355 (vedi Manno, Storia
della Sardegna in detto anno).
Alfonso V, quando abbandonata limpresa della
Corsica soffermavasi nellisola, volle congregare alla
sua presenza nel castello di Cagliari il parlamento
della nazione (anno 1421). Da quel tempo cominci per la nazione sarda un ordine miglior di cose,
perch si facea partecipe in qualche maniera delle
cure del proprio reggimento, ed invitavasi dai sovrani a rassegnare periodicamente il quadro dei suoi bisogni, e la proposizione dei rimedi. Ed ecco il cenno
che delle leggi politiche della Sardegna d nella sua
lodata istoria il chiarissimo summentovato Autore.
Il re D. Alfonso non volendosi dipartire da quelle
norme, che nei regni suoi della Spagna erano gi in
vigore, estese alla Sardegna la stessa legge delle cos
dette corti generali del principato di Catalogna, convocando a formare il parlamento sardo tre ordini di
persone: quello degli ecclesiastici, composto dei vescovi, abbati, priori e capitoli delle chiese cattedrali, chiamato anche fra noi con vocabolo castigliano stamento
ecclesiastico: quello dei gentiluomini, nel quale sono
compresi tutti i signori dei feudi, rappresentanti
eziandio i comuni loro sottoposti, ed intervengono
tutte le persone nobili ed i cavalieri del regno, appellato stamento militare: e lo stamento intitolato reale, al
quale convengono i deputati di ciascheduna citt. Allorch per convocazione intimata dal sovrano o dal vicer, si dovettero questi tre ordini congregare in solenne parlamento, chiamossi tal concilio corte generale,
o curia del regno. La riunione distinta di ciascuno ritenne il nome di stamento; la qual cosa succedette
specialmente pi volte nelle raunate dello stamento
militare per lo privilegio concedutogli di congregarsi
anche alloraquando non si trovano adunate le corti,
onde rappresentare al sovrano le cose necessarie al bene
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Il vicer nella solenne inaugurazione di sua autorit giura in presenza dei tre ordini del regno nella
chiesa maggiore losservanza delle leggi vigenti nel
regno, privilegi, capitoli di corte ecc.
Assistono al vicer nella generale amministrazione
delle cose pubbliche come suoi legittimi consiglieri i
capi dei dipartimenti giuridico, economico, militare.
Ma il principale e perpetuo egli il Reggente la Real
Cancelleria, il quale dopo il vicer precede tutti gli altri impiegati del Regno. Ei gli offre i suoi consigli nelle materie giuridiche, giurisdizionali e politiche, che
non sieno per di tanta importanza, da si dover sottoporre alle deliberazioni della Reale Udienza, e con la
stessa norma nella provvisione duffici soliti conferirsi
dal vicer o interinalmente o per incommenda ecc. La
istituzione dellufficio del Reggente fatta dal re Ferdinando II fu il primo temperamento posto allarbitrario ed assoluto governo dei vicer. La Sardegna per
circa 160 anni soggiacque ad un reggimento quasi
militare. Lodossi mai sempre il governo di coloro che
contenti ad invigilare, e studiosamente invigilando
operarono che le amministrazioni fossero esercitate
col dovuto zelo, e si accomodarono nella spedizione
degli affari al giudizio dei capi di dicastero.
Sta presso il vicer una regia segreteria di stato e
di guerra. questo il primario uffizio del regno, onde sfogo a tutte le provvidenze governative.
Reale Udienza. Nel regno la Reale Udienza un
consiglio di stato. Gli mandato al vicer, che occorrendo cose gravi o concernenti alle massime del governo, ei le debba trattare con la medesima; ed pure ordinato che la risoluzione, che daccordo verr presa,
abbia ad essere spedita con segnatura del Reggente,
ecc. ecc. I pregoni contenenti provvidenze e disposizioni prese nella maniera accennata, e pubblicate nella
forma prescritta, ottengono nel regno forza di legge
perpetua. La stessa Reale Udienza forma le terne dei
soggetti nei quali concorrono le richieste qualit, per
essere delle prelature e dignit ecclesiastiche del regno,
arcivescovadi, vescovadi, abbazie, priorati, nei quali la
nomina e presentazione spetta al Real patronato, onorate e provviste sempre secondo la espressa volont sovrana le persone pi degne e benemerite di esso regno.
Siffatte terne tocca pur fare alla Reale Udienza nella
vacanza di quegli impieghi, ai quali deve il re nominare i regnicoli, in favore dei soggetti pi benemeriti e
distinti del regno in probit e dottrina. Quando sia
questione intorno a provvidenze estere, o di regi editti,
patenti, e diplomi, comprese pure le lettere di grazia,
di creazione, di commende ecc. ecc., essa se riconoscavi ragioni di orrezione o surrezione, o altro che stimi
pregiudiziale al reale servigio, al pubblico bene, o al
terzo, deve sospendere lexequatur, o la registrazione
delle medesime, e proceder tosto alle opportune rimostranze. Finalmente in mancanza del vicer (se pure gi
non siasi in altra maniera disposto) il Reggente la Real
Cancelleria, e tutti i ministri della Reale Udienza, sino
a che il Re provvegga, devon prendere il governo del
regno ed amministrar giustizia con autorit viceregia
in una col governatore di Cagliari.
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Magistrati supremi di giustizia. Il Supremo consiglio del regno, e la Reale Udienza riuniscono in s
questaltro sublime carattere. Sono ambedue supremi,
ma tuttavolta dassi supplicazione da questa a quello, o
straordinariamente consentesi una revisione. Veramente in parit daltro dovea preponderare lautorit del
Consiglio per la prerogativa delloracolo regio.
Compete al Supremo la giurisdizione civile e criminale nei casi e modi dalle leggi del regno determinati, e
secondo le prescrizioni e disposizioni del legislatore.
Un avvocato fiscale generale vi deve intervenire a difendere i regii dritti, ed a spiegar il suo voto consultivo in tutte le cause, nelle quali si tocchi linteresse del
reale patrimonio. Dal Supremo si sentenzia su li processi conchiusi dal visitatore cui sia stato commesso di
esaminare la condotta dei ministri reali, e degli altri
magistrati del regno, e ove a lui sia stata fatta potest
di dar sentenza si ricevono gli appelli. Capo di questo
magistrato il Re, e chi lo presiede in suo nome ha il
grado e le onorificenze dei primi presidenti.
La Reale Udienza, come magistrato, fu con editto
del 21 gennajo 1818 ordinata in tre sale, due civili,
ed una criminale, che pur denominata Reale Consiglio, o Sala di governo. Il Vicer capo del medesimo, e se intervengavi pu dar voto nelle cause criminali. Lui assente prevale lautorit del Reggente la
Real Cancelleria, e se questi manchi, ottien le prime
il presidente o il giudice seniore. Mentre libero al
Reggente di presiedere in quella delle sale, dove stimer meglio convenire secondo la importanza dei
negozi, tuttavia dichiarata sovrana intenzione che
sia pi assiduo nella Sala criminale.
Spetta al Reggente la distribuzione delle rispettive
cause ai giudici civili e criminali perch ne possan ridire la somma. Ciascuno di questi quando gli tocca sua
volta riferisce, e a questatto vien ammesso il pubblico.
Una si delle precipue incumbenze dellavvocato
fiscale, che promova il corso della giustizia con procurare le prove dei reati, e larresto dei delinquenti. Egli
spiega il suo sentimento sulle criminalit, denunzia i
delitti dei quali ebbe avviso dai ministri di giustizia,
domanda levocazione al Reale Consiglio delle cause
per misfatti degni di pronta ed esemplare punizione, e
deve vigilare sulla condotta dei giudici locali.
I dottori di legge dopo che siansi esercitati nella
pratica se voglian essere ammessi a patrocinare davanti questi tribunali devono prestare un apposito
giuramento. Ve nha un numero sorprendente.
Per li poveri assegnato un avvocato e procuratore che deve gratis e con buona fede patrocinare lor
cause tanto civili, che criminali.
Supplicazioni. Dalle sentenze della Sala criminale
concesso supplicare alla stessa, o alle civili; e da
una civile ad ambe unite se il valore della cosa che si
contende sorpassi le lire sarde 500; od al Supremo,
se si litighi per una somma maggiore di 1500.
Reale governazione del Logudoro. E questa pure ha
il doppio carattere di corpo politico, e di magistrato
per le provincie del Logudoro. Risiede in Sassari, ed
ha per capo il governatore. Questi pu intervenire
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del procurator reale. Siffatta amministrazione nel doppio aspetto di studiare al miglioramento delle rendite, e
al regolamento delle spese tutta in mani dun supremo provveditore, che si appella Intendente generale.
E pertanto costituito, che nulle opere straordinarie si
possono intraprendere senza il suo consenso; e nella
previsione, che in tal accidente fosse dissentimento di
lui dal Vicer, fu riservata la decisione al Sovrano, o ad
un particolare congresso, o giunta in casi durgenza.
Leconomia delle provincie commessa ad altrettanti Intendenti provinciali. Di questi quello che fu
posto in Sassari ebbe il titolo di Vice-Intendente generale a causa di certa soprantendenza sugli offici
economici del Logudoro, che le fu raccomandata
per consimili ragioni a quelle, onde si cagion la
creazione della R. Governazione.
Agli Intendenti provinciali incumbe di verificare il
ripartimento degli imposti reali e comunali nelle terre e villaggi del rispettivo reggimento, di decidere
qualunque controversia, che in dipendenza delle medesime possa nascere, di vegliare alla formazione del
personale dei consigli comunitativi, e al riempimento
dei doveri di tal carica, di vedere il bilancio dei redditi, e delle spese dogni comune, i conti dei sindaci, ricevidori e agenti comunali, i contratti per laffitto dei
terreni pubblici; e finalmente di provedere allincremento dellagricoltura, e industria di loro provincie,
ed alla esecuzione degli speciali provvedimenti che si
sieno dati per la salute pubblica.
Non manca la necessaria controllorazione per un
uffizio governato da un fungente le veci del controllore generale.
Amministrazione delle cose militari. Il supremo comando delle armi presso il Vicer. Sono a suoi ordini due generali, uno delle truppe regolari, altro
delle bande nazionali.
Delle prime niente , che non sia noto. Le altre
non hanno stipendio fisso, salvo quelli che sono nei
gradi maggiori, i quali sono stati liberalmente provvisti. I militi furon divisi in due corpi, uno di cavalleria, altro di fanteria, onde risulta una forza rispettabile, di facilissima riunione, e traslocazione per
qualsiasi urgenza.
Dai miliziani sono scelti i barracelli, antica ed ottima instituzione sarda, imitata ora con buon esito
da alcune nazioni pi colte. Queste non sono meno
che compagnie di assicurazione contro i furti e i danni ingiuriosamente dati (vedi la Carta de Logu (cavaliere Giovanni Maria Mameli) not. 265).
Torri. Uno dei particolari mezzi di difesa del regno si una linea di torri lunghesso il littorale une
da altre a certe distanze per la corrispondenza. Mentre le medesime possono giovare alle regie finanze
impedendo il commercio di frode, ed alla salute
pubblica vietando lapprodamento delle navi procedenti da luoghi pieni, o sospetti di infezioni, ottienesi pure di render difficile laccesso ai nemici, come
gloriosamente avvenuto in molti punti, quando si
pativa dagli europei che i barbari delle coste africane
scorressero a ladroneggiare nel mare mediterraneo.
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delle scuole maggiori nei capiluoghi di diocesi, spiegandosi pressoch in tutti i seminari ecclesiastici la
filosofia e la teologia, omessa sempre la canonica.
Le scuole minori per la grammatica latina e per le
belle lettere sotto la direzione di chierici regolari, o
di preti secolari. Di queste vha un buon numero,
conciossiach siano stabiliti dei ginnasi nelle citt,
nelle terre vescovili, e davvantaggio nelle pi popolose. E questi studi dimandano pure una saggia riforma. Dopo otto anni impiegati nei sunnotati due
rami i pi diligenti accorgonsi non aver ottenuto
che un meschinissimo frutto.
Le scuole primarie sono per benefizio dellimmortale Carlo Felice stabilite in quasi tutte le popolazioni del regno. Con sommo dispiacere di tutti i buoni
male esse corrispondono allintendimento dellistitutore. Restano sotto la sorveglianza degli intendenti
provinciali, e in nulla o in poco dipendono dai moderatori della istruzione pubblica.
Capitania generale e consolato. Il vicer in qualit di
capitano generale presiede al tribunale cos detto, cui
commessa la cognizione dei delitti degli uffiziali delle milizie nazionali, e degli uomini addetti al servigio
delle torri in ci che riguarda i loro rispettivi offici; e
spetta pure il giudizio sopra delitti commessi in mare,
sopra la legittimit delle prede. In generale le incumbenze e giurisdizioni del consiglio dellammiragliato
in Genova sono in Sardegna esercitate dal vicer e dalla capitania generale.
Il magistrato del consolato venne stabilito in virt
del regio editto 30 agosto 1770. Esso decide sommariamente e senza formalit di atti le cause di cambio,
mercatura, ognaltra questione riguardante il commercio, e le insorte per costruzione di navi mercantili, e
loro armamento, equipaggio, stallie, e getti. Oltre le
quali attribuzioni ha dritto di ispezione sulle fabbriche e manifatture, ed specialmente incaricato di
scoprire e impedire i monopolii, di pubblicare i fallimenti, e provvedere sui medesimi.
Sono nel regno due siffatti tribunali, uno nella dominante, altro in Sassari. Dai giudici subalterni si pu
appellare a suddetti due magistrati, se la somma sopravanzi gli scudi 40, se il centinajo si pu pure da
questi. I giudizi di supplicazione vertono unicamente
avanti il magistrato di Cagliari, cui sono aggiunti altri
due giudici, se chiedasi riparazione di sua sentenza.
Censorato generale sopra i monti di soccorso. Sono
cos chiamati i monti nummari e granatici che furono in favore dellagricoltura stabiliti secondo le prescrizioni del pregone 4 settembre 1767.
Ogni agricoltore ha dritto di farsi imprestare la
quantit che siagli necessaria per fare o compiere la seminagione. Dopo la ricolta restituisce con laggiunta
dun lieve interesse. I denari che si ritraggono dalla
vendita delleccedente la conveniente somma dotale
sono a profitto delle banche nummarie, che pure con
altre particolari istituzioni sono dotate. Dalle quali si
anticipa ai poveri il danaro necessario per lacquisto
dei giumenti, degli istrumenti rurali, con la tenuissima usura delluno per cento.
Per lamministrazione dei monti di soccorso stata
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Anno 1833
75,78
75,52
75,02
75,30
75,67
75,52
75,61
75,51
75,39
75,42
75,44
75,79
1834
75,78
75,82
75,82
75,40
75,63
75,94
75,57
75,61
75,92
75,92
75,45
75,87
Termometro medio
Anno 1833
Gennajo Int. 12,52 Est. 11,28
Febbrajo
13,31
13,37
Marzo
12,46
12,44
Aprile
15,21
16,29
Maggio
20,21
21,26
Giugno
24,09
24,82
Luglio
25,38
26,30
Agosto
23,22
27,64
Settembre
21,56
22,65
Ottobre
20,08
19,47
Novembre
16,68
16,69
Dicembre
14,49
14,01
Anno 1834
Int. 14,07 Est. 13,71
13,04
12,73
13,82
14,32
19,99
15,53
21,28
22,33
24,29
25,46
28,44
29,66
28,67
28,84
28,33
27,20
21,88
21,92
17,81
17,44
12,19
12,02
Anni 1833-1834
Piov. Vent.
Vent. dom.
4.3
2.18
Levante
Maestro
2.4
15.3
Maestro
id.
6.0
7.8
id.
Ostro
4.4
12.7
id.
id.
4.3
3.3 Ostro Sir.
id.
0.1
5.7
id.
id.
0.0
13.7
Maestro
id.
0.0
14.3
id.
Sirocco
6.0
8.1
id.
Ostro
2.3
3.9
Ostro
id.
2.8
5.3
Maestro
id.
2.2
20.5
id.
id.
La elettricit poche volte sovrabbondante a cagione della molta e quasi ordinaria umidit; ma in altra
costituzione atmosferica non infrequentemente accade che il forte calore scaldando assai latmosfera giovi
al suo sviluppo; e allora se lo squilibramento non si
faccia sempre sentire con violenti fulminazioni, manifestasi in altre meteore, e solitamente con siffatti venti
che imitano le bufere. Sono memorabili alcune tempeste pi per lo spavento, che per avvenute disgrazie:
imperocch mentre in alcune persever per molte ore
un toneggiamento orribile, e tanta rapidit di fiamme, che pareva ardesse la citt, tuttavolta non si pat
quasi mai dolore per grave danno di edifizi, n si ebbe
a deplorare spenti che pochi uomini e animali. Nelle
medesime fu a molti osservato il fenomeno dei riflussi
elettrici dalla terra alle nuvole. Gli da molto che la
elettricit sotterranea non pi opera, e da uno in altro
secolo appena chi ne sia esperimentato accorgesi di alcuna leggerissima succussione, sussulto o tremito, coincidente negli stessi fatali momenti quando funestamente avviene che nella Sicilia e Italia cadano le citt,
e si sprofondino i monti. Di simili fenomeni si ha
memoria uno avvenuto nel 1610 (4 giugno), altro nel
1773 (17 agosto), il terzo nel 1813, tutti innocenti.
La umidit molto sentita, quando dominano i
venti da levante. Vedesi allora il selciamento delle
strade cos umettato che giureresti avesse piovigginato, e gemere le mura alle parti inferiori nei luoghi
umorosi. Immagina quanto si rallenti lelasticit dellaria, che in quel tempo si respira. Per segue un rilassamento di fibre, una condizione di melanconia
con perturbamento delle facolt intellettuali. Non
poi di s tristo carattere il levante, o vento di mare,
come dicono, nel periodico e regolar fenomeno che
si conosce sotto il nome dimbattu, anzi moltissimo
giova a temperare il calore estivo. Dalla primavera allautunno se non prevalgano, per pi potenti cagioni,
che la maggior densit or dellaria marina, or della
terrestre, altri venti, suole giornalmente avvenire che
in su le 10 antimeridiane laria dal mare influisca nella terra, e poi nella notte rifluisca nel mare.
Archeografia cagliaritana. Cagliari antica, Caralis, e
Calaris, ch sono a detta dellArduino autorizzate
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addietro si disascondeva altro impiantito dopera maravigliosa rappresentante un Ercole tra varie fiere, che
diviso in parti mentre si mandava in Barcellona, i barbareschi gittarono in mare. Lunga cosa sarebbe lo indicar, e non pi, le cose che ancora rimangono non
da spregiarsi; il che deve far crescere lidea di quanto
era in tempi remoti questa citt a chi consideri quanto si distrutto ed annientato nei passati secoli, e
quanti belli monumenti, dei quali ora ci potremmo
onorare sono periti nella piena barbarie, in cui sventuratamente si giaceva il popol sardo, prima desser
riunito alla Italia per li Duchi di Savoja. Non pertanto
questi pochi che rimasero a essere veduti da noi attestano sia stata Cagliari nei tempi antichi, e sotto la
dominazione romana una citt ragguardevole e per
magnificenza di fabbriche, e per numero di abitanti,
che, se non mi inganni nel congetturare, passavano
bene i centomila. Eran quei tempi molto fausti allindustria. E da non pochi segni lecito arguire esservi
stata precisamente nellappendice di Tuvijeddu una
fabbrica di terraglia. Frugando nella terra ti verr fatto
di scoprire una incredibil quantit di frammenti di antichi vasi di svariatissime forme, molti di una sorprendente finezza, altri con, altri senza vernice, dei quali
potrai vedere nel gabinetto archeologico di Cagliari dei
pregievolissimi pezzi. Inferiormente si trovarono degli
indizi duna vetraia, e nellanzidetto gabinetto ti si offriranno dei vasi di tal materia assai stimati.
Anfiteatro. Ecco unopera grandiosa, che pu far
concepire le ricchezze e popolazioni dellantica capitale. Esso era per due terzi formato nella roccia, e per
un terzo a costruzione, della quale sono veduti alcuni
avanzi. Lellisse suprema pare avere avuto lasse maggiore di metri 88,90, il minore di 72,90. Linfima
pu computarsi nel primo di 50,00, nel secondo di
34,00. Laltezza dal seggio estremo allarena calcolata di 18,30. Consta di due prencizioni, la prima pei
cavalieri di sette ordini, la seconda pel popolo di altrettanti. Quindi era la galleria o ambulacro superiore
con conveniente numero di vomitori o sbocchi agli
scalari per li cunei. Dissopra erano altri ordini di sedili. Sotto il podio cui un competente sporto scorreva una galleria con forse sei aperture con cancelli
nellarena, e ingresso a due stanze per li gladiatori, e
scala per cui salivano al podio gli uomini primari e altre persone privilegiate. Allorlo del medesimo una
gora che si pu stimare fatta a raccoglier lacqua, se
piovesse, a che non si riempisse larena, e in essa certi
sfiatatoi ad una apposita chiavica nel detto ambulacro inferiore che portava fuor dellingresso dellanfiteatro, dove visibile un maggior condotto, che riusciva a qualche serbatojo. Ti verran pure veduti nel
podio i forami in cui piantarsi le aste per tendervi da
alto in basso i velari nellestate. Non poca parte dellarena coperta di rovine; tuttavolta pare sianvi delle buche dove si tenessero preparate le fiere. Se qualche studioso di antichit ne rimovesse lingombro,
forsech potrebbesi allora darne una pi distinta descrizione. Del suntuoso abbellimento niuno mover
dubbio, quando niente sono oscure le apparenze di
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in l del rivellino di porta Gsus. Il vacuo dello speco tale che anche un uom di superiore corporatura
vi scorre comodamente. La inclinazione del canale
quasi insensibile, e non la crederei guadagnare pi
del due o tre sul mille. Non si pu ben calcolare la
quantit dellacqua che si portava ai bisogni della
popolazione; ma certo che era sufficiente anche a
pi di centomila anime, e a quel numero di truogoli
domestici, e di bagni pubblici che gli uomini di quei
tempi che non avevano luso della biancheria di lino
stimavano e non senza buone ragioni una delle cure
necessarie per la sanit. Basti il dire che era quel copioso ruscello dacque limpide e pure che sorge dal
monte di s. Giovanni presso Domus-novas. Questa
era lorigine creduta comunemente, e questa confermavasi dalle ricerche ed osservazioni fatte dal P. Angius: con tutto questo nacquero nello scorso anno
per un momento dei dubbi: ch vi fu uno che poco
saputo nei principii dellidraulica, e povero di altre
belle cognizioni, ma tanto animoso quanto sono i
ciurmadori, os spregiare i lavori dellanzidetto Osservatore, e presentarsi al pubblico siccome lunico
che poteva ridurre alla verit la comune antica opinione, avendo e investigato la derivazione delle acque da altra parte, e scoperto le medesime tuttora affluenti a pochi passi dalla citt. Si infiammarono
tantosto i desideri, ch erano per lunga siccit aride
le cisterne; voleasi senza indugio riaperto lantico
corso allacque, e ristaurato il benefico flusso. Era
duopo di conforto! Tocc cinquecento lire nuove,
travagli a trarre 30 metri cubici di terra, e poi? Il
pubblico continua nellardente desio di godersi il bel
comodo dun elemento tanto alla vita necessario,
che spesso manca. E converrebbe trovar modo di risarcire lantico idroforo sino allanzinotato monte di
S. Giovanni. Gli veramente un gran dispendio,
che forse vorrebbe due milioni e mezzo di lire nuove;
ma la necessit quanta nei luoghi pi aridi: lutilit
saria immensa; e credo questuna cosa decuplerebbe
il pregio della bellissima posizione della capitale, gioverebbe alla salute pubblica, ed allincremento della
popolazione. Se allesempio dei romani si impiegassero nelloperare i servi pubblici, verrebbe fatto non
piccol risparmio sulla somma supposta; e se le famiglie continuassero, essendo meglio servite, a pagare
per glinteressi dun imprestito, e per lestinzione del
debito quel che cumulativamente ora sono costrette a
pagare ai carrattori, che non stimo meno di 100,000
lire nuove, e quello che domandato dalla formazione e riparazione delle cisterne, credo potrebbero aversi le necessarie somme.
Antiche necropoli. Alle falde del Monreale e annesso poggio di Bonaria un antico sepolcreto, ed un
altro alla estremit del colle cagliaritano sopra e lunghesso S. Avendrace. Probabilmente ve nera pure
nellarea, che poi occupava il castello, e i molti cippi
e altre pietre sepolcrali che vediamo nelle residue costruzioni pisane sembrano raffermare la congettura.
Gli principalmente sulla collina di S. Avendrace
che deve volgersi la considerazione degli osservatori
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il buon destro, e riesce al suo fine, ricevuta parte dellisola per ispontanea dedizione, parte per la forza dellarmi. La rocca di Aradi (se per avventura non sia da
leggersi Caralis) stretta dal vincitore dov calare ai patti. Eravi lo stesso ricuperator della provincia per Ottaviano il summentovato Eleno. Menodoro fermavasi
nellisola allanno appresso, quando nella conferenza
del Miseno fu sotto certe condizioni da Ottaviano e
da Antonio a S. Pompeo il governo della troppo cara
provincia sarda.
714. Menodoro chiamato dal suo padrone a render conto di sua amministrazione, uccisi i messaggeri, rimetteva in bala di Ottaviano lisola, il navilio,
lesercito. Quindi nuovo motivo di guerra.
715. Ottaviano tenzonava con Pompeo in battaglia navale presso Cuma, e poi lo vinceva presso le
spiaggie della Sicilia. Le succedute violenti procelle,
che per non poco fecero il mare pericoloso gli vietarono di veder Cagliari.
Nella divisione dellimperio la provincia sarda ascrivevasi al senato fra le dieci pretoriane.
Era volgare. Coincide nellanno di Roma 754, del
regno dAugusto 32.
Frequenti disturbi della sicurezza pubblica per gli
indomiti Iliesi.
Nellanno 19. Quattro mila giudei di verde et
furono trasportati in Sardegna con incarico di frenarvi i ladronecci. Questa generazione fu svelta dallisola nel 1492.
56. Vipsanio Lena preside della Sardegna per averla
con soverchia avarizia governata fu condannato.
62. Aniceto ministro delle scelleraggini di Nerone
fu confinato in Sardegna.
65. C. Cassio per sua venerazione alluccisor di
Cesare ebbe egual sorte.
69. I sardi conosciute le vittorie dOttone se gli
sottomisero, contro lesempio della Corsica che soccorse a Vitellio.
192. Dalle legioni romane dellIllirio e delle Gallie salutato imperatore Settimio Severo, che avea
nellisola esercitata la questura. Razio Costante governa i sardi a suo nome.
Dopo lanno 284 nella divisione dellimperio sotto Diocleziano la Sardegna fu compresa nellimpero
dItalia, alla quale era stata aggiunta nel ripartimento
geografico amministrativo sotto Adriano (an. 117).
302. Dalle arti di Galerio indotto Diocleziano a
pubblicare un sanguinoso editto contro i cristiani,
cominciavasi dai magistrati provinciali la inquisizione e persecuzione dei seguaci della proscritta religione. La tirannica intolleranza sparse moltissimo
sangue anche in Cagliari, giacch Erculio e Costanzo per lettere del primario imperatore dovettero eseguir leditto.
Gran carestia dannona per tutto limpero romano, la quale incit molti popoli alle sedizioni.
330. Nella divisione dellimperio sotto Costantino rest la Sardegna contenuta nella terza parte dello stato e diocesi dItalia.
383. Apparteneva allimpero occidentale nellItalia.
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398. Radunasi nel golfo di Cagliari la flotta destinata contro Gildone tiranno dellAfrica.
455. Genserico come conobbe esser morto Fl.
Placido Valentiniano, mandava i suoi vandali, che
occuparono Cagliari, e ridussero tutti i sardi sotto il
giogo. Atrocissime cose furono commesse che altri,
tranne chi le toller, non saprebbe narrare. Gi fino
dal 440 avea ben assaggiato la Sardegna che gente si
fossero questi barbari.
461. Ilario di Cagliari pontefice massimo.
468. Marcellino acquista allimperatore Leone
Cagliari, ed il rimanente della provincia. Poco dopo
rientraronvi i vandali.
472. Il monte Vesuvio vomendo le bruciate sue viscere, cagionava notturna oscurit nel pieno giorno, e
spargeva di minute polveri e ceneri la faccia dEuropa.
508. Scriveansi in Cartagine iniquissimi editti contro i vescovi ortodossi, e designavasi lisola sarda, nella
quale ei fossero deportati.
509. Si adducevano in Cagliari gli illustri confessori accompagnati da chierici e monaci. Nel numero
dei primi non si conviene; ch questi ne denuncia
120; questi 220; altri altrimenti. Essi portaron seco,
per sottrarle alle profanazioni, le reliquie dei grandi
martiri, e daltri uomini santissimi; in questi il corpo
di S. Agostino. Scrissero al papa per avere, conforto
nellinfortunio, le reliquie di ss. mm. Nazario, e Romano; e Simmaco uomo sardo, che sedea nella cattedra di S. Pietro, al bramato dono aggiungeva danaro e vesti; di che negli anni appresso, finch dur
sua vita, non cess di fornirli.
Fulgenzio coi vescovi Illustre e Gianuario formava
in Cagliari un monistero, dove convisse pure con
Feliciano prete, che fu suo successore, e co monaci e
chierici, che avean amato essergli compagni nellesilio. Questa casa fu un oracolo per li cagliaritani. Vittore primate della Bizacena vi moriva.
514. Simmaco P. M. loro benefattore era tolto da
Dio. Trasamondo mosso da ci che la fama predicava di Fulgenzio lo chiamava a Cartagine.
517. Il santo vescovo per opra degli ariani tante
volte vergognosamente sconfitti, quante superbamente osarono assalirlo, rimandavasi in Cagliari.
Pens tosto a edificarvi un monistero fuori dalla citt, a che Brumazio gli addiceva un certo seggio presso la basilica di S. Saturnino. Vi raccoglieva quaranta
e pi cenobiti.
520. I vescovi confessori celebrano una sinodo per
consultare sulla risposta ai legati dei monaci sciti in
Roma intorno alla Incarnazione, e Grazia di G. C.
522. Altra sinodo, nella quale dopo gravissime
discussioni fu distesa una lettera sinodica ai monaci
sciti in Costantinopoli.
523. Ilderico asceso al trono de re Vandali ruppe
la catena della lunga schiavit.
530. Gilimere spalleggiato da una valida cospirazione toglie a Ilderico lo scettro e la libert. Giustiniano avendo per la seconda volta invano richiamatolo al
dovere si volgeva ai consigli di guerra. Su questi fatti
consulta s. v. il Morcelli nellAfrica christiana.
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danno e ignominia dei vicini vi si annidano. Benedetto VIII spinge contro loro molte genti, che con
tutte armi e da terra e da mare li combattono. Musatto vede cader tutti i suoi, perde la sposa, e con precipitosa fuga rifugiasi nella rocca di Cagliari. Quivi a
disfogare la rabbia che conceputa avea contro i cristiani, faceva i miseri cittadini infigger vivi nelle mura. Di cos lagrimevole sciagura dei cagliaritani conscio il santo padre, e pregato dai fratelli Cao, Ilario, e
Atanagio, padre di Benedetto, in appresso cardinale
di santa chiesa, uomini nobilissimi degli isolani, che
per esimersi dalle ire di quel carnefice si erano ricoverati in Roma, inviava in Pisa ed in Genova il vescovo
dOstia perch congiungessero larme allesterminio
dei saraceni padroni di Sardegna. Musatto delibera di
fabbricare sul colle cagliaritano una citt forte. Arrivano i pisani e liguri, pugnano coi mori e prevalgono. I sardi cooperavano. Discussione tra li due popoli
alleati. I liguri sono espulsi dallisola.
II. 1019. Guglielmo I, signor di Corsica, onoravasi
pure del titolo di Giudice cagliaritano. Il che appare
da una carta di donazione al monistero di S. Mamiliano della regola dei Camaldolesi.
III. 1021. Ugone II, marchese di Massa, signor di
Corsica, era Giudice cagliaritano, siccome consta da
un diploma riferito dal Muratori e provato dagli annalisti camaldolesi.
Musatto ripigliato vigore ed ardimento, e profittando della negligenza dei pisani per troppa confidenza nelle proprie forze, move dallAfrica, e inaspettato
presentasi. Niuna resistenza ei trovava nelle rocche, le
quali non erano munite per la guerra. Nondimeno gli
isolani si mossero a fronteggiarlo, e solamente costretti da necessit inclinarono allaccordo.
I genovesi ed i pisani nuovamente consenzienti lo
assaliscono. Quelli ebbero per s il tesoro del saraceno; questi si immaginarono di aver acquistato il dominio dellisola; ma non avvenne cos, perch gli antichi giudici continuaron ad esser padroni in casa
loro, ed il papa ritenne i dritti dellalta sovranit; di
maniera che la loro sovranit non era n di dritto, e
n pur di fatto, che nellunico caso, in cui per le forze maggiori prevalessero. Cagliari e gli altri luoghi
pi importanti dellisola furono fortificati.
Verso la met del secolo Musatto gi ben avanzato
in et adduce sulla Sardegna nuova tempesta. Accorrono di nuovo pisani e liguri alla salvezza dei popoli, e
si accampano presso alla citt, che avea potuto fin allora reggere agli assalti dei barbari. La potenza di questi disfatta in terra e in mare. I sardi esultano liberati
per sempre dalla schiavit.
IV. 1059. Torchitorio I offriva doni a Montecassino per la erezione in Cagliari dun monistero.
In questi tempi cominciava a fiorire per sapienza,
santit, e virt prodigiosa Giorgio di Cagliari vescovo della Barbagia.
V. 1073. Onroco. A lui e agli altri giudici sardi
scriveva Gregorio VII P. M. s tosto come imprendeva il governo della chiesa universale. Scriveva poscia
a lui solo, e mentre consentivagli di poter portarsi in
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Roma, imponeva chiamasse a conferenza gli altri giudici, e deliberasse con essi su di ci, che era stato significato per Costantino arcivescovo di Torre. Le parole non erano tutte amorose, che non si pot tenere
il papa dal far prevedere il suo sdegno, ove essi non
dessero prontamente una risposta appagante. Trattavasi del dritto ed onore di S. Pietro.
Nellanno seguente mandavasi dal papa in Cagliari il vescovo di Populonia, e Onroco, cui la punizione recente di Enrico III imperatore dei romani con
la scomunica e col disobbligamento dei sudditi dal
giuramento di fedelt dava dei timori, lo accoglieva
molto rispettosamente, e con lui adempiva a tutti i
suoi doveri. Di che Gregorio grandemente lodavalo,
dichiarando che soddisfatto del suo vassallaggio, era
fermo a non lasciarsi piegare dalle preghiere di grandi personaggi tra i normanni, toscani, lombardi, e
alcuni popoli oltramontani a permettere che conquistassero la Sardegna, e a non lasciarsi vincere dalla
lusinga delle amplissime promessioni che proferivansi in grande incremento della sede apostolica.
1087. Vittore III P. M. poco prima di morire si
indirizzava allarcivescovo di Cagliari, cui qualificava
primate dellisola, perch esso e gli altri vescovi provvedessero al ristauramento delle chiese per opra degli
infedeli in miserevole ruina giacenti.
I pisani trasportano alla loro patria dalla tomba
presso Nora i corpi dei ss. mm. Efisio e Potito.
VI. 1088. Arzone de Unli, giudice della provincia, lodato per donazioni fatte ai benedittini.
VII. 1089. Costantino I, figlio di Arzone. Erigeva
nellanno appresso il monistero di S. Saturnino presso
Cagliari, se pure non ristorava il cenobio di S. Fulgenzio (vedi lanno 517), e confermava le paterne religiose
offerte nella solita formola della redenzione dalle pene
penitenziali, particolarizzando il concubinato, lomicidio, lincesto, di cui erano stati i giudici ed i loro popoli notati nellanno 864 dal P. M. Nicol I, la negazione delle decime, e la violazione di altri dritti della
chiesa, e certificandone che erano questi vizi comuni
agli altri principi sardi.
1095. Il Fara dalla autorit degli scrittori spagnuoli segna la fondazione del castello e borgo di
S. Igia, o Gilla, da un certo Gillo marchese Longobardo. Sar cos.
VIII. 1103. Turbino de Unli, fratello di Costantino. Prese a s il governo del Giudicato non ostanti
i dritti di Torchitorio, altrimenti Mariano, suo nipote, il quale era stato onorato, vivente ancora il padre,
col cognome di Giudice e di Re.
IX. 1109. Torchitorio II de Unli. Nel qual anno,
che corse lietissimo a tutta la cristianit per li trionfi
che dei turchi menarono i crociati, e per la ricuperazione di Gerusalemme, terminava Torchitorio la guerra contro lo zio, e per una compita vittoria riceveva il
regno avito. Erasi egli partito da Pisa nellanno addietro
con la compagnia di molti nobili cittadini su tre galee;
conciossiach non potesse altrove, alloggiavasi nella penisola sulcitana restandovi in molta strettezza di vettovaglie tra le fatiche e pericoli delle armi. Essendo stato
Cagliari
poscia ajutato dai genovesi di sei grosse navi capitanate da Ottone Fornario, conseguiva le sue cose, e
dava prove di suo animo grato. Obbligavasi a mandare ogni anno in Pisa una libbra di oro puro, una
nave carica di sale, e prometteva franchigia a tutti i
cittadini pisani da qualunque tributo e dazio nel suo
stato. Scriveva altri doni alla chiesa maggiore di una,
e di altra citt. E siccome stimava molto aver conferito alla sua prosperit limplorato patrocinio di S. Antioco venerato nella mentovata penisoletta, per lo
onorava di offerte cospicue.
1112. Turbino era gi rientrato nella grazia del nipote.
1114. Fu parte della spedizione dei pisani contro i
mori delle Baleari, e vi si fece ammirare per lo senno.
1119. Guglielmo, arcivescovo di Cagliari, alla
presenza di Pietro cardinale di s. chiesa, e de vescovi di Bisarcio, e di S. Giusta, consagrava la chiesa di
S. Saturnino, confermate le donazioni gi fattesi in
vantaggio del monistero, e approvate le recenti di
Torchitorio.
X. 1130. Costantino II de Unli, figlio di Torchitorio, conosciuto per sue religiose largizioni.
1152. Federico I imperatore invalorando gli antichi dritti che stimava avere sopra la Sardegna la donava a Guelfo; onde questi cominci a qualificarsi
Principe di Sardegna.
XI. 1164. Pietro de Lcono, signore della Nrcara e secongenito di Gonnario giudice logudorese,
avendo sposata la figlia di Costantino partecip degli onori sovrani del giudicato cagliaritano.
Sorse un pretendente allautorit suprema della
provincia, che la cronaca pisana chiama Barisone, figlio di Bubbino, e che al baron Manno pare esser
possa Salucio, cui conghiettura fratello di Costantino
II. Sia stato luno, o laltro, certo questo che Pietro
fu obbligato a ricoverarsi colla sua sposa nel Logudoro, n prima pot ottenere il sicuro possesso dello stato, che suo fratello Barisone venisse con lesercito nel
caralese. La citt fu presa, scacciato lusurpatore, restituito il legittimo signore.
Congiuntesi alle logudoresi le schiere cagliaritane
furon rivolte nellarborea, dove i due fratelli in odio
e danno del Giudice tutto posero a ferro a fuoco a
sacco. Molti furon condotti in ischiavit.
1165. Essendo devotissimi alla repubblica pisana,
e per nemici di Barisone di Arborea, al quale il favore dei genovesi otteneva da Federigo Barbarossa la
corona di Re di Sardegna, i due fratelli Pietro di Cagliari e Barisone di Logudoro voltaronsi di nuovo a
devastar i di lui stati.
1166. Riaccendesi la guerra tra le due repubbliche rivali per lesclusivo dominio della Sardegna. I
genovesi spediscono il console Uberto Reccalato in
Cagliari per risuscitarvi la loro autorit. Meno il difetto di carattere, che di convenienti forze fece s,
che egli si avesse da Pietro accoglienza onorevolissima, giuramento di fedelt, parola di un donativo,
promessa di certo annuo tributo, e che gli si consentisse di mandar via tutti i pisani. Infatti partitosi il
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e della potenza dei Gherardeschi nella provincia di Cagliari sia la fondazione posteriore; onde si possa inferire
che o non riuscirono i pisani a costituire il nuovo signore, o che abbia prevaluto lantico.
XV. 1253. Giovanni, e Chiano di Massa propinquo a Guglielmo, ma in grado ignoto di consanguinit. Il quale per reprimere la baldanza di Guglielmo di
Gapraja e rivendicare i dipartimenti stati smembrati
dalla sua tetrarchia ricerc lamicizia di Genova, e per prendeva in isposa una fanciulla di quella nobilt, e
offriva il castello alla repubblica, obbligandosi a sgombrarlo di tutte le persone che fossero malvedute a quei
cittadini, a trasferire nei nuovi abitatori i loro beni, a
nutrirli per un anno, a permettere lestrazione gratuita
del sale, a non aprire nella provincia altro porto.
Mentre egli aspettava lajuto della repubblica amica, una fatal necessit sorgeva di stare incontro ai
Gherardeschi, ed al Capraja. Restava dissotto nella
tenzone, perdeva larme, la libert, la vita barbaramente trucidato sotto le mura di S. Igia.
XVI. 1256. Guglielmo IV di Massa, sopranomato Cepola, cugino di Giovanni. Partecipe dei sentimenti di questi lo sopravanz nella devozione verso
il comune di Genova, cui si rendeva ligio. Vi si trasferiva nellanno seguente, e attaccato da morbo repentino finiva. Trascurato e i suoi figli naturali, e
quelli del fratello Rinaldo, gi suo benefattore, tramandava alla repubblica la gravosa eredit della ricuperazione del giudicato. In questo la rocca cagliaritana stringevasi ogni d pi, e a che in nessun modo
venisse fatto ai genovesi di soccorrerla, si innalzava
sul porto una torre con macchine e uomini provati
in arme. Sedici navi piene di genti e munizioni per
la rocca comparvero, ma non si avvicinarono. Si invoc la cooperazione della carovana orientale, per
senza frutto. Imperocch le truppe sbarcate vennero
con furore rigettate in mare. Dopo molti e varii casi
gli assediati gi cadenti per inedia si arrendevano al
giudice di Arborea (anno 1257).
Divisione del Giudicato Cagliaritano. Furon fatti tre
membri non eguali. Uno al giudice Arborense, ed erano i dipartimenti di frontiera che gi erano stati annodati alla sua toparchia fin dal 1250, o in quel torno; laltro al giudice di Gallura, che constituivasi dalla
Ogliastra col castello di Cirra e dipendenze, che forse
erano a quel giudicato congiunte dal tempo delle invasioni di Ubaldo; il terzo, che veramente era molto
maggiore degli altri, rest ai pisani in suddivisione tra
il comune, e i Gherardeschi. Essendo stati aggiudicati
ad Ugolino Iglesias, Domus-novas e altri borghi vicini
con le terre littorali della regione sulcitana; ai successori di Gerardo le castelle di Silqua e di Villamassargia con la regione del Ciserro.
Ma non quanto era Cagliari avea ottenuto Pisa, n
era ben sicura dellacquistato. I genovesi insistevano
se potessero rientrare nel castello, e per mandavano
Gioachino Calderario con nuovo navilio, sebbene altro frutto non venisse loro da questa impresa, che
una cospicua quantit dargento che trovarono in seno
ad una nave predata; e con tanta costanza sostenevano
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Comparisce il navilio della repubblica di cinquantadue navi da guerra. LInfante raccozza sotto
Cagliari tutte le sue forze. Vuol prima cimentarsi in
mare, ma n i suoi, n i nemici vollero arrischiarsi
allabbordaggio. Il conte Manfredi della Gherardesca
salta con sue genti in Capoterra, e si avvia a Decimo
ingrossandosi di molte bande di paesani. Alfonso
corregli incontro cogli aragonesi, e si affrontano tra
il Maso e Decimo nella regione di Bau-sisterri. Supera la fortuna aragonese, e i vinti si ricoverano nel
castello. In questo voltosi il Carroz contro la flotta
nemica scemata di molta gente la spingeva in fuga, e
rendeasi padrone di tutte le navi onerarie.
Cagliari cingesi da ogni lato, e a privarla affatto
delle vettovaglie si ordina una stazione alla scaffa in
sul capo della plaia.
Manfredi con molte sortite travaglia gli assediatori. Tenta di pieno giorno una incursione nel campo
reale; ma il valore non super lavverso destino. Gli
aragonesi avvicinano le macchine alle mura del castello: il fuoco dei pisani le annienta.
Benedetto Calci ambasciatore e sindaco della repubblica, veduto le cose allo stremo, sottoscrive le condizioni dellaccordo riserbandole in titolo di feudo il
castello con Stampace e Villanova col porto e stagno
ecc. Lo stendardo aragonese sventola sulla torre del
duomo. Lantica citt regina dellisola degradasi alla
condizione delle terre feudali. I confini della sua giurisdizione non vanno molto in l delle falde del suo colle. Le tende del campo regio si cangiano in abitazioni,
e Bonaria, come dissero gli aragonesi storpiando il vero Bagnara, sorge al grado di citt dominante.
1325. Mentre i cagliaritani sentivano troppo grave la superbia e ingiustizia dellaragonese; questi mal
volentieri tolleravano veder i pisani dentro il loro insuperato castello. Dai lamenti delle ingiurie si venne
ben presto alla vendetta. Gaspare Doria con le sue
galee, e con quelle di Pisa entra nel golfo di Cagliari,
commette molte scaramuccie con lammiraglio aragonese, finalmente lo provoca ad ordinata battaglia.
La sventura pisana oppresse il valoroso genovese.
Si pensa alla espugnazione della citt. Il vincitor
ammiraglio col generale Raimondo Peralta investono
daccordo Stampace, superano le sue mura, e cagionano grave duolo ai pisani che aveanvi raccolte le donne,
i figli e le masserizie. Fecesi grande strage e bottino.
1326. Stringendosi con vigor sempre pi fermo
addosso ai propugnatori le schiere aragonesi, fu necessit che quelli inclinassero a pensamenti di pace.
Pei nuovi patti diveniva Cagliari colonia aragonese.
Add 9 giugno del 1326 i pisani uscivano dal castello per la porta leonina, e Filippo Boyl coi regii
commissarii e con gli aragonesi entrava dalla porta
di s. Pancrazio. Ritorn allora Cagliari nellantico
suo grado.
Governo della medesima. Le forme consuete degli
altri municipii aragonesi, come era ragione e dritto,
furono date a Cagliari, la quale anzi si volle assomigliare in tutto a Barcellona. Si stabiliva fossero cinque consiglieri, e cinquanta o pi giurati, i quali
Cagliari
trattassero, ordinassero e procurassero le cose del castello, e dei popoli che erano e sarebbero alla falda della collina. Si instituiva lufficio della Vicaria per lamministrazione della giustizia, si creava un bailo ecc.
Concessioni di privilegi. I nuovi cittadini di Cagliari
erano aragonesi, erano i conquistatori del regno; e per furono verso i medesimi prodighi dogni sorta di favori i sovrani, e D. Jacopo nel diploma di erezione della comunit in municipio comunicava con loro tutte
le libert, immunit, privilegi e consuetudini di Barcellona; sopra li quali beneficii crebbero accumulo altre e
molte grazie speciali. LArquer parlando (circa lanno
1540) dei cinque consoli, cui era commessa lamministrazione delle cose pubbliche, affermava, che n dal
Re, n dal Vicer erano essi mai disturbati nei loro negozi, che andavano per la citt ornati delle insegne dellofficio, che dispensavano (o almen dovevano) secondo il consiglio della prudenza o dei pi savi cittadini le
rendite del comune, le quali erano molte; che infine
aveano in pi casi la podest di far leggi e pure sanzionarle con la pena di morte o di mutilazione.
Notizie storiche di Cagliari sotto la dominazione aragonese e spagnuola. Giacomo II tiene il regno di Sardegna dal 1324 al 1327. Non volendo che la novella citt di Bonaria cadesse dopo brevissima esistenza
ordinava si costruissero nuove abitazioni nellintervallo
che separava Cagliari da Bonaria, si congiungessero
ambedue in un sol corpo, e a difesa di Bonaria si costruisse sulla eminenza vicina una fortezza col nome
di Monforte. Ma gli aragonesi amaron meglio di abitar in case vecchie.
Alfonso IV il conquistatore. 1329. I pisani che non
disperavano di ristaurare in Sardegna la loro antica
autorit non sapendo far meglio vollero adoperare i
frati Francescani e Domenicani. Ci fu cagione che
lammiraglio Boxados mandasse fuori dal castello i
frati e tutti i sardi che vi si trovavano. Giovanni XXII
supplicato dal Re ordinava che gli ordini religiosi che
per laddietro erano sotto la giurisdizione di prelati pisani fossero per lavanti soggetti a superiori aragonesi.
1330. Aitone Doria blocca Cagliari, e preda alcune navi.
1332. Tredici galere genovesi si avventurano a penetrare nel porto; ne sortono in minor numero.
1335. I consiglieri promulgano degli ordini e statuti contro gli israeliti. Il Re non li approva.
1336. Muore Alfonso.
Pietro IV prende il regno.
1345. Confermasi a Cagliari il privilegio del re Alfonso di stabilire delle imposte su merci e vettovaglie
per impiegare certa parte del frutto nella costruzione
delle muraglie di Lapola e di altre opere di difesa.
1348. Mentre ardeva la guerra tra genovesi ed
aragonesi si diffuse nellisola lorribile pestilenza descritta dal Boccaccio. La strage pi che in altra parte
fu spaventosa in Cagliari.
1353. Scoppiata la guerra tra Aragona e Arborea i
capitani del giudice Mariano espugnato Decimo, e
distrutto il castello Orgoglioso nel Giarri, vennero
a oste contro la capitale, e stabilirono i quartieri nel
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di Narbona pretendente del giudicato di Arborea. Allegrezze per la vittoria di Sanluri. Lutto per la inonorata ed immatura morte del vincitore.
1410. D. Pietro Torrellas muove da Cagliari con
lesercito per espugnare la capitale dellArborea, e obbliga Leonardo Cubello a prendere il titolo di Marchese dOristano, deposto quello di Giudice dArborea.
Muore il re D. Martino. Interregno. I cagliaritani
sono ridotti allo stremo per la guerra e pestilenza.
1411. Muoriva in Alghero il vicer, e Giovanni
Montagnano governator di Cagliari cadeva estinto
in un incontro coi popolani dalcune terre sollevate.
1412. Alcune navi genovesi bruciano dentro il porto i legni catalani, e vessano i sobborghi.
La stirpe castigliana ottiene il regno di Aragona.
Tra molti competitori scelto e proclamato re lInfante di Castiglia
D. Ferdinando.
1415. Il Re comanda che, ove presentisi, sia rispinto lantipapa Benedetto, il quale avea disegnato
di riparare al castello di Cagliari, e quivi sostenere la
sua indipendenza.
1416. Ascendeva al trono
Alfonso V.
1421. Ritornando il Re dalla spedizione di Corsica soffermavasi in Cagliari.
Secondo parlamento nazionale presieduto dallo
stesso Sovrano, che con molta benignit accolse gli
omaggi dei procuratori dei comuni, e dei principali
della nazione. Fe ragione secondo le leggi; accord li
favori supplicati, e decor i benemeriti di grazie,
onori e privilegi.
1423. Si fanno provvedimenti per la maggior sicurezza di Lapola.
1432. Il Re approda in Cagliari, vi riunisce la flotta, e quindi parte a combattere la reggenza di Tunisi.
1442. Soprastando allisola larmata turchesca, il
Re nomina capitano generale del regno D. Raimondo Satrillas di Cagliari.
Nello stesso anno essendo accaduti in varie regioni alcuni commovimenti egli mosse con le truppe a
ristabilir lordine e la tranquillit, e fe valere lampia
podest, che era stata in lui conferita dal Sovrano.
Assediava Villaiglesias, e la riduceva allobbedienza.
1448. Corti straordinarie. I baroni del regno vedendo le cose pubbliche troppo travagliate dalla
malvagit degli ufficiali si radunano, e mandano alla
corte due messaggi.
1458. Ascendeva al trono
Giovanni II.
1459. Da Sicilia passando in Ispagna toccava in
Cagliari D. Carlo Principe di Viana. Il governatore
della citt spedivasi da lui a raggranellare tra i comuni quella somma di danaro, che se gli doveva offrire
in attestazione di onore.
1470. Il vicer Carroz sorte da Cagliari contro il
marchese dOristano. sconfitto presso Uras, e perde molto terreno.
1475. Leonardo di Alagon marcia sopra la capitale intento a opprimere il Vicer suo personal nemico.
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lassemblea dal governatore di Cagliari. Il Re destinava a suo luogotenente generale Ferdinando Giron
Rebolledo. Pare che costui indicasse la continuazione del parlamento in Sassari: ma per una interposta
contradizione fu obbligato di ritornare indietro da
Oristano, e tener lassemblea nel castello.
1516. Muore Ferdinando il Cattolico. I regni della Spagna sono devoluti nella stirpe di Ausburg.
Carlo I di Spagna, e poi V fra gli imperatori romani, figlio di Giovanna la folle, da Filippo il bello
dAusburg, imprende il regno.
1519. Convocazioni delle corti. D. Angelo di Villanova V. R. Si attent contro lo statuto del regno;
per che i gentiluomini di Sassari, Alghero, e degli
altri luoghi settentrionali comportavano a male in
cuore, che per la validit delle unioni dello stamento
militare si comandasse lassemblea nella capitale (vedi B. Manno allanno 1519). Il Re volle inalterate le
antiche consuetudini.
1530. Congregazione degli stamenti. D. Martino
Cabrera V. R.
1535. Si riunisce nel golfo un numerosissimo navilio per la guerra Africana. Carlo V fermasi alcuni
giorni in Cagliari. Allegrezze per la vittoria di Cesare, e per la liberazione di 1119 schiavi sardi. Il valoroso cavaliere cagliaritano D. Salvatore Aimerich resta governatore della Goletta.
1540. Orribil penuria. La stessa capitale langue di
miseria e di stento.
1541. Adunanze parlamentari. V. R. D. Antonio
Cardona, cognato di Cesare. Circa questi tempi fu
scritto per lo summentovato Sigismondo Arquer di
Cagliari un Saggio, che dir possiamo storico-politicostatistico della Sardegna, onde si apprende la tristissima condizione morale delle citt primarie e provinciali, e delle popolazioni rustiche. Nel quale notavasi
la negligenza del comune, lo studio del privato interesse, la crassa ignoranza, la gran lode che era aver veduta la grammatica latina, lette le leggi di Giustiniano, e le pontificie, scorso con occhio sonnacchioso il
Galeno ed Avicenna, la enormit del lusso e della superbia, e con tutto questo i vizi della barbarie. Vi si
parlava con poco onore dei preti e monaci.
1549. D. Girolamo dAragal cagliaritano, governatore della capitale e provincie dipendenti, prende
il governo del regno con titolo di presidente. Egli
erigeva il baluardo dello Sperone.
1553. Gran timore in Cagliari per le correrie del
famigerato corsale Dragutte alleato dei francesi e per contrario a Carlo.
1555. Corti generali del regno. D. Lorenzo DEredia V. R. A costui, che moriva s tosto come chiudeva il parlamento, successe nel governo del regno D.
Alvaro di Madrigal, sotto il quale le fortificazioni del
castello furono in gran parte condotte a perfezione,
come apprendesi dalla iscrizione nel fianco del baluardo di s. Croce, che domina quello del Balice.
1556. Carlo I chiude sua vita politica rinunciando il regno delle Spagne al suo figlio
Filippo II.
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erede il duca di Angi. Muore al primo di novembre. Comincia la guerra di successione. I sardi obbligano lor fede a
Filippo V.
1701. Lammiraglio inglese Rooch veleggia lungo
le coste sarde se possa eccitarvi qualche movimento
in favore del pretendente austriaco.
1703. Lammiraglio inglese Schowel avvicinasi con
simile intendimento. Il Re esige il donativo per lo suo
avvenimento al trono.
1704. Comincia a vacillare la fedelt dei principali baroni. Il marchese di Villassor disgustato degli
onori del marchese Laconi sparge i semi duna congiura. Il suo genero conte di Montessanto per somma perfidia e ingratitudine alienasi dal Re.
Il marchese Valero V. R. teme di convocare in tempi cos pericolosi le corti del regno, e in forma meno
solenne ottiene dagli stamenti il consenso per la proroga del donativo.
Viene in sue mani il memoriale dun frate sardo allArciduca, nel quale notava i principali personaggi
del regno che ei stimava inclinassero allAustriaco, o al
Borbone. Inconsideratamente fa trasportare tre uomini primari in Francia. Per che i Satrillas, e tutta la loro
clientela cangiaron colore.
1706. Chiede il sovrano un altro donativo, e ottiene offerti duecentoventi mila scudi a quote eguali
in tre anni.
1708. Il nuovo V. R. marchese della Giamaica si avvisa della divisione degli animi, e dove Villassor con
Montessanto tendessero. Non ottenuti li chiesti soccorsi intende a guadagnare il Montessanto, dal quale fu
sostenuta una gran simulazione ed ogni arte esperimentata ad estenuare la forza dei principali Filippeschi.
Il fratello di costui marchese di Cifuentes apertamente
devoto allaustriaco esorta alla conquista del regno. Per
la influenza di alcuni Carleschi postisi nella Corsica
scoppiava primamente nella vicina Gallura la sedizione. Il Montessanto incaricato di opprimerla. Appare
sua mala fede, e gli si sostituisce D. Vincenzo Baccalar
di Cagliari. Il quale andato tra i galluresi e fatto consapevole dellocculto negozio nominava al V. R. quei che
espediva bandir dal regno. Questi restarono. Comparisce la flotta inglese con poche truppe da metter in terra, ed esse mal disciplinate. I Filippeschi si incoraggiano alla difesa: i Carleschi la impediscono. I consoli non
sono lusingati dalle promesse dellammiraglio Lake;
ma abbandonatosi dal V. R. ogni pensiero delle cose
pubbliche, e svelatasi la perfidia dei Villassoriani veggonsi ridotti a questo che patteggino con laggressore.
Il Montessanto agli spergiuri ed alla perfidia contro il
sovrano poneva il colmo con una barbara empiet contro la patria, per che a scemar lonta duna sommessione, che manifestava il tradimento fece che gli inglesi
in piena notte vuotassero le artiglierie sopra i cittadini
che riposavan sulla capitolazione conchiusa.
Carlo III.
Il conte di Cifuentes giurava in di lui nome.
Il fedelissimo Baccalar incontravasi con D. Francesco Pes, e veniva alle mani. Ma oramai vedendo
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1766. Monizione e comminazione ad Agius cagione di gravi pregiudizi alla quiete ed interesse pubblico. La regia indegnazione appena conteneasi, che
nol schiantasse.
1767. Stabilimento dei monti frumentari. Indulto generale per incremento dellagricoltura.
1768. Si regola la monetazione. Usasi un conio
proprio del regno.
1769. Apresi la nuova casa delle scienze sulla gola
del baluardo del Blice. Lantica a pi della torre di
S. Pancrazio destinasi a teatro, e ad altro.
1770. Il V. R. Des Hayes degno rappresentante
del Ristauratore della Sardegna visita il regno. Erezione del tribunale supremo del consolato.
1771. Arriva una nuova colonia di tabarchini ed
quindi diretta alla penisola di S. Antioco in Calasetta. Regolamenti per lamministrazione delle cose comunali.
1773. Mancava ai viventi il grande Carlo Emanuele onorato di sincere lagrime dai regnicoli, ai quali era
cosa n veduta, n udita lamore con che studiava a
conoscerne i bisogni, ed a migliorarne la condizione.
Con lui cessava pure il ministerio del conte Bogino.
Questi due nomi sono scritti nel cuore di tutti i sardi,
e alluno e allaltro sar una gloria non caduca, che in
quattro decine danni quasi ristoravano la Sardegna di
tredici secoli di continuate sciagure.
Vittorio Amedeo III re di Sardegna.
Si inaugura il regno nelle solite maniere. Si pubblica un generale indulto; appresso un altro per le
nozze del principe di Piemonte nel 1775 rilasciato il
dovuto donativo.
1776. Rientrano nella patria molti schiavi redenti.
1777. Viene al governo il conte D. Giuseppe Lascaris dei conti di Ventimiglia, personaggio nobilissimo per la discendenza dagli imperatori dOriente,
per li suoi valorosi talenti massimamente nella diplomazia, e per lo molto zelo negli alti suoi uffici.
1779-80. Orribile carestia ricordata nei proverbi.
Ma soccorreva con maravigliosa generosit il Lascaris dando in sollievo deglinfelici tutto il suo danaro,
ed implorando dal sovrano pi larghi sussidi. Quindi fu salutato padre del popolo, e proseguito con lacrime e benedizioni nella partenza. Gli stamenti con
affettuose parole riconobbero i reali benefizi.
1781. Si imprimono e mettono in corso viglietti
di credito sulle regie finanze. Si provvede per la seminagione della soda nel littorale di Cagliari. Precauzioni contro il contagio. Si manda in Sassari lIntendente generale a sedarvi un tumulto popolare.
1782. Nembi di locuste danneggiano alle messi.
Entra nella segreteria di stato, e restavi per un decennio, D. Silvestro Borgese, gi professor di canoni
nella R. Universit di Cagliari, poi avvocato fiscale.
Ei tratt tutte le parti della pubblica amministrazione con zelo e sapienza somma. Le tre prime voci degli stamenti presso il V. R. consentono su di un annuo contributo per strade e ponti. Il Re permette la
congrega. Il marchese Laconi la indica ai baroni e
nobili tutti del regno.
Cagliari
1783. Add 29 gennajo si apr la sessione dello stamento militare. Non vi intervennero i cavalieri di
Sassari, che si dolsero della citazione siccome irregolare, e rinnovarono la pretesa a ci in simili occasioni
avvisati della materia da discutere potessero nella loro
citt deliberare, e ragguagliare del parere dei pi la
prima voce in Cagliari. Il Re viet questa divisione.
1785. Morte della regina Maria Ferdinanda.
1788. Grave scontento nel regno, e pi che altrove in Cagliari, perch alcuni officiali spregiassero i
loro doveri, e oltrepassassero la linea, in cui erano
circoscritti dalle leggi del regno. Il flagello delle locuste, il timor del contagio dura tuttora.
1792. Temesi dei francesi, i quali per lo console,
o agente commerciale, studiano alla corruzione.
Dolore per le angustie del Sovrano, e proposito giurato di prima patir le cose estreme, che i suoi nemici aggiungano allintendimento di torgli lo scettro.
La capitale in condizione pericolosa, perch senza
presidio di soldatesche, e senza il necessario istromento delle arme. Il V. R. consente si congreghi lo
stamento militare, e vi siano chiamati i nobili del
Logudoro.
1793. Si provvede e occorre ai bisogni e ai pericoli. I baroni fanno leva di dieci battaglioni di fanti, e
di milledugento cavalli. Le schiere si situano a coprir
la capitale. Alcune centinaja di artieri si mandano a
tenere i baluardi e le batterie della sponda.
Add 22 gennajo, Truguet presentasi con navi di
linea 11, fregate 3, bombardiere altrettante.
24. Intimasi alla lancia parlamentaria di ritrocedere, mentre non ascolta se le comanda in tuono pi
terribile. Lagente francese rifugiasi tra i suoi.
La citt percossa da alcuni vascelli; i difensori li
contraccambiano.
28. La flotta schieratasi in battaglia erutta per pi
di sei ore torrenti di fuoco. I pi tiri van persi; ma le
palle infuocate dei sardi non vi arrivano stanche.
Era gi nata, ed in questo crescea la diffidenza dei
sardi verso alcuni forestieri, creduti studiare a novit.
Ai primi di febbrajo comparisce il contrammiraglio Latourche-Treville con navi di linea 3, fregate 4,
navi onerarie 30, e dentrovi pressoch 7000 soldati
sotto il general Casabianca.
12. Attacco dei siti forti del promontorio di S. Elia
a sloggiarne i sardi, e sbarcarvi 1200 marinari.
13. Fulminamento contro le milizie nazionali poste alla spiaggia di Quarto. I marsigliesi e corsi si
trincerano sul lido.
15. Orribile bombardamento della citt per dodici
ore, e cannoneggiamento contro la spiaggia. Larmata
nemica muovesi a prender la citt di fianco e alle spalle. La colonna indiritta sopra la terra di Quarto urta
in una positura dei sardi, e n rimbalzata sino agli alloggiamenti; laltra procedente tra il mare e lo stagno
viene di notte sotto il trinceramento di S. Elia, e ritirandosi sbalestratamente alcune sue bande nelle tenebre e nel terrore dei sardi inseguenti si fucilano scambievolmente. Compariva al sole per un gran tratto la
vergogna della fuga.
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per la estinzione dei viglietti di credito sulle regie finanze. I rappresentanti lo umiliano al Sovrano, e lo
hanno approvato (23 maggio).
Dolore per la sventura di molte centinaja di carolini che nella notte del 2-3 di settembre furono rapiti
in schiavit dai pirati di Tunisi. Il Re provvede pei
mezzi di salvarli. Add 2 ottobre nasceva Carlo Amedeo Alberto di Savoja principe di Carignano. Per una
perfidia politica obbligato Carlo Emanuele ad uscire
dai suoi stati annunciava da Parma (26 dicembre) la
sua determinazione di venire nel regno.
1799. Gli stamenti ed il consiglio civico si affrettano di significargli laffettuosa brama di tutta la nazione. Si mandano tre deputati a condurre in Cagliari la Real famiglia.
Add 3 marzo arriva il Sovrano, e vedesi accolto da
un immenso popolo con tanto entusiasmo di affezione, che potea sollevare lanima sua dal peso delle patite disgrazie. Protesta stando ancora sulla nave contro
la convenzione segnata a Torino col generale Joubert,
e apre i suoi porti agli Inglesi. Si pubblica una amnistia. Vittorio Emanuele, duca dAosta, creato general delle armi del regno, e governator di Cagliari, sue
dipendenze ed aderenze: il duca dello Sciablese destinato a presidente dellamministrazione delle torri.
I tre ordini del regno offrono un donativo straordinario di 165 mila scudi per li maggiori pesi incumbenti allo stato.
Il raccolto infelice. V. Emanuele vede morir dal
vaiuolo lunico suo figlio, e in questo uditosi il suono delle vittorie degli austro-russi in Lombardia parte a precorrer il Re nella Italia. Carlo Felice nominato in suo luogo governator di Cagliari.
Mentre il Re disponevasi a ritornar nei suoi stati
(28 agosto) la nazione riduceasi in termini pi politici verso lui, e gli stamenti supplicavano fosse variato
il sistema stabilito col diploma 8 giugno 1796 rispettivamente alla privativa per li regnicoli delle cariche
politiche giuridiche economiche e militari alla interna amministrazione del regno, e ordinata una perfetta promiscuit ammessi i non regnicoli nel regno, i
regnicoli negli stati del continente. E dopo altre preghiere questa pure gli porsero, che, durante la sospensione delle corti periodiche, potessero legittimamente essi ordini in occasione di dover consultare
sulla proroga dei donativi continuar la sessione per
quel numero di giorni, che sarebber loro determinati
a deliberare le rappresentanze da fare per lo meglio
del regno. Carlo Emanuele (12 settembre) rispondeva secondo i desideri.
Lautorit di Vincenzo Sulis era gi caduta, ed i
nemici che la fortuna aveagli provocato contro travagliavano alla sua perdizione. Il duca di Aosta avea
voluto salvarlo mandandolo nelle Smirne come console generale; ma fu ricusata lofferta. Nati dei forti
sospetti di qualche suo disegno contro lesistente ordine delle cose, il duca del Genevese (9 settembre)
ordinava il suo arresto. Il padrone dun bastimento
napolitano lo svaligiava di tutto, e poi lo vendeva
per 500 scudi.
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stato ufficio dei barraccelli; in cui per non durarono che due anni, trasferitasi cotal cura nei nuovamente instituiti cacciatori provinciali. Una seconda
riforma fu ordinata nel 1822, incorporati i medesimi ai carabinieri reali.
1819. Il conte Thaon provvede contro alcuni che
perturbano la Gallura. Nella festa popolare di S. Paolo di Monti molti principali dei villaggi, che non sapean patire si annullasse la influenza, si comprimesse
la cupidigia, si usasse severit contro le loro ingiustizie, perci a rispingere il governo dai saggi procedimenti chiamarono in congiura tutti i capi di squadriglie. Questi con le loro genti si riunirono presso
Tempio minacciando atti di vera ostilit, se i preposti
al governo ed alla amministrazione della giustizia non
consentissero ad un indulto generale, ed al libero porto delle arme, e di vantaggio alla continuazione delle
barraccellerie, ed alla riduzione dei tributi allantica
quantit, articoli impertinenti a quegli scellerati. Lo
che ben considerato dal Thaon cos operava che quelle molte centinaja in pochi giorni si disgregassero da
se stesse. Rannodaronsi anche unaltra volta un mese
dopo sebbene in minor numero, ma la forza del governo snerv la loro audacia. I cacciatori o carabinieri
reali non perdettero mai di mira i principali motori, e
in breve liberarono il paese dalla loro tracotanza.
Carlo Felice, in rimpiazzamento dei fondi mancanti alle rispettive dotazioni dei monti di soccorso,
assegna ai medesimi una porzione dei donativi dovutigli dal regno.
Add 6 ottobre muore in Roma il re Carlo Emanuele IV.
1820. Vittorio Emanuele avoca al R. patrimonio le
dogane del regno, e facilita la introduzione delle granaglie sarde negli stati doltremare. Precauzioni, infierendo la peste in Majorca, Africa ecc. Il Sovrano, instando a colorare i disegni di Carlo Emanuele III,
pubblica la legge sulle chiudende. La tortura abolita.
1821. Add 13 marzo Vittorio Emanuele, glorioso per la sua fortezza nelle sventure, gloriosissimo
per essersi saputo sostenere nel decoro dellalta dignit, abdicava alla corona. Lesercizio della autorit
e potest reale era assunto da
Carlo Felice I re di Sardegna.
Il quale notificando agli stamenti il suo avvenimento al trono dicevasi soddisfatto del savio e sommesso contegno della capitale ne passati turbamenti.
Gli stamenti deputano il marchese di Villahermosa a presentargli lomaggio della nazione. Lalto personaggio, e gli stamentari di suo seguito udirono parole faustissime ed onorifiche.
Sono riorganizzate le prefetture, e nuovi uffici costituiti dintendenza, tesoreria, esattoria, ecc.
1822. Gli stamenti mandano deputati al V. R. a
significare la loro adesione alla chiesta proroga dei
donativi. Lo straordinario, che Carlo Felice avea voluto impiegare esclusivamente in pro del regno istesso, ora destinavasi alla formazione delle strade maggiori dellisola, alla estinzione del debito pubblico,
alla istruzione, e ad altri articoli di comune utilit.
Cagliari
Add 6 aprile, anniversario della nascita di Carlo Felice, lottimo V. R. il marchese di Jenne D. Ettore Veuillet, uomo carissimo alla nazione, quasi in sul partirsi dal
governo per lo pi florido commercio dei popoli con
auspici fausti poneva la prima pietra del monumento
da costruirsi a sue spese, donde incomincieriano le
miglia della nuova gran strada. Il cavaliere D. Emanuele Vialardi intendente generale pronunciava un
discorso in faccia al festeggiante pubblico sulla piazza,
cui nel tempo istesso si imponeva il nome di S. Carlo.
La magnificenza dellapparato ebbe a risplendere maggiormente nellordine della esecuzione delle cose. La
esultanza dellimmenso popolo onorava il Sovrano ed
il suo degno rappresentante.
1823. Con lanno sono incominciati i lavori della
gran strada.
Al V. R. conte Galleani dAgliano, uomo di gran
carattere, succede nel governo come presidente il
conte Roero di Monticelli. Al quale Cagliari debitrice di sua maggior eleganza.
Si istituiscono le scuole primarie, e si pubblicano
delle provvidenze per la superiore istruzione.
1824. Add 10 gennajo muore Vittorio Emanuele.
1825. Si stabilisce il debito pubblico redimibile.
Le intendenze sono separate dalle prefetture.
Add 27 settembre la divisione navale sarda comandata dal cavaliere Sivori operava ostilmente contro Tripoli. Il cavaliere Mameli di Cagliari guidava i
bravi che quella reggenza riducevano in pi onesti
termini col governo del Re. Il suo mirabil valore otteneva dal Sovrano un alto premio, e dalla camera
del commercio di Genova belle onorificenze.
1827. Promulgasi (1 settembre) la raccolta delle
leggi civili e criminali del regno. Si fa nuova organizzazione di corpi di fanteria e cavalleria miliziana. Formasi alle falde di Monreale in disegno elegante un
proporzionato camposanto. Sapre lorfanatrofio di
S. Lucifero, il quale Carlo Felice preparava a proprie
spese fin dal 1804.
1828. Sistemansi le condotte mediche, e la vaccinazione, e si ordina in Cagliari una giunta primaria.
Add 9 marzo i deputati ambasciatori degli stamenti al cospetto del rappresentante regio con ladesione alla proroga dei donativi esternavano il desiderio
della nazione di poter con maggiori servigi provare al
Re la sua devozione.
Add 18 aprile. Festeggiasi in Cagliari a Carlo Alberto di Savoja principe di Carignano venutovi alla
perlustrazione del regno. Fermo stabilimento duna
scuola di geometria pratica, architettura, e disegno.
1831. Carlo Felice padre del popol sardo, del cui
amore, delle cui beneficenze dir non si pu quanto
sia in eguaglianza perfetta col merito dopo un regno
di dieci anni morendo (27 aprile) tramandava la regia autorit in
Carlo Alberto re di Sardegna.
Le pi care speranze letificano i popoli, lui potente
moderator delle cose, che sapeva osservare da filosofo
la condizione dei medesimi, e vedeva i mali che persistevano, perch nascosti sempre ai sovrani, e gli
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Porcell Tommaso, medico di gran nome nelle Spagne. Pubblicava (1565) una sua scrittura sulla pestilenza di Saragozza.
Arca Giovanni scriveva = Naturalis et moralis historia de regno Sardiniae, De Barbaracinis libri duo,
che sono inediti, ed a giudizio del baron Manno
non cos pregievoli, che sia un bene pubblicarli. Nel
1598 produceva De sanctis Sardiniae libri tres.
Serpi Dimas, minor osservante, dava in lingua castigliana il Trattato del purgatorio contro Lutero 1600; la
Cronaca de santi di Sardegna in quattro libri nello
stesso anno, e Apodixis sanctitatis S. Georgii Suellensis, episcopi, Roma 1609 (vedi il baron Manno nel libro 11).
Brondo Antioco della regola della Mercede, autore di certi commentari, parafrasi ecc. su lApocalisse
in lingua latina, Roma 1612, e di altre operuccie di
minor conto. Nel qual genere riduco e lIstoria della
invenzione dei corpi santi ritrovati presso Cagliari,
opera del P. Esquirro Serafino dei cappuccini (anno
1624), e il Trionfo dei santi di Sardegna del dottor in
legge e teologia Bonfant Dionisio (anno 1635); e altri scrittori di orazioni sacre, e di cose ascetiche.
Baccallar Andrea, arcivescovo di Sassari, che nella
fede del cavaliere Cossu possiam dire scientissimo
nella teologia, e nelle lingue latina, greca, ebraica, e
siriaca, voltava nel sermone latino le opere di S. Giovanni Damasceno. Non furono esse pubblicate.
Perez Xea D. Michele pubblicava in Madrid (anno
1622) Precetti militari sullordine e formazione degli
squadroni, e scriveva unopera Della difesa delle
piazze. Guerreggi nel milanese, e nelle Fiandre, fu
maestro di campo, e per le prove di un mirabil valore, e per lopinione non mal fondata de suoi grandi
talenti nella scienza delle arme, ebbe lode tra i primi
militari della Spagna. Il Re lo qualificava commessario generale delle artiglierie di tutto il regno, e quando la Francia pi fortemente instava per ottenere le
isole di S. Margherita, e di S. Onorato sulle coste
della Provenza lui mandava a difendere la fortezza
erettavi. Fu assalito dalla flotta dellHarcourt reduce
dalle terre dOristano, e insieme da unaltra squadra
francese. Comecch grandissima fosse la violenza degli aggressori ei tenne fermo per due mesi; dopo i
quali consumate tutte le provvisioni otteneva quei
patti, che solo sono consentiti a pi valorosi. Pass
quindi a nuovi pericoli, perch il governo spedivalo a
soccorrer a Fontarabia stretta da unarmata francese.
Vi entrava passando su questa, e vi si sosteneva, e travagliava gli assedianti con frequenti sortite. In una di
queste egli moriva pieno di gloria.
Aragall D. Diego, estremo della nobilissima famiglia di questo cognome, governatore di Cagliari ecc.
ecc., guid le milizie sarde contro il conte dHarcourt, lo cacciava da Oristano, e lo sconfiggea su
quelle maremme.
Canales De Vega D. Antonio, dottissimo giuresconsulto. Lasciava scritti in buona latinit Quaranta consulti, ed otteneva maggior onore sopra gli altri
alleganti, che non voglio nominare; pubblicava pure
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tradimento cancellava i disegni, e vietava al marchese novelli onori. Vedi Notizie storiche. Il cavaliere di
Valguarnera, che sotto limperio dei reali di Savoja
govern con somma lode il regno, stette giovinetto
sotto i suoi ordini alla prima disciplina militare.
Baccallar D. Vincenzo, marchese di S. Filippo, della
cui ammirabile fede al legittimo sovrano, e valore nelle
contenzioni guerresche si fatta onesta menzione nelle
Notizie storiche agli anni 1708 e seguenti, fu peritissimo nelle scienze di stato, e nella letteratura. Da Filippo V, che sel teneva carissimo tra i primi, fu onorato
della carica di suo grande scudiere, esaltato alla dignit
marchionale, e inviato suo ambasciatore alla repubblica di Genova. Scrivea in lingua castigliana la Storia
della monarchia ebrea, Madrid 1702, Genova 1719 e
la Haye (tradotta dal francese) 1727; storia, dice il baron Manno, piena di dottrina, di senno, e scritta con
gran brio di stile. I Commentari della guerra di Spagna,
commendati altamente dagli spagnuoli, e dai francesi,
che ebberli voltati per Mandave 1756. Un poema sacro in lingua castigliana e ottava rima. I due Tobia,
Madrid 1709, e 1746. Vedi le biografie universali a
pi ampia cognizione, ed il baron Manno.
Nin D. Gabriele de conti del Castiglio, figlio del
Felice di cui nelle Notizie storiche anno 1709, scriveva un libro sopra le Evoluzioni militari, e si ebbe lode di eccellente militare.
Genovs Antonfrancesco, marchese della Guardia, governatore di Cagliari, ecc. ecc. Con poche milizie nazionali, e non pi di 600 uomini di truppa
dordinanza difese Cagliari per circa 40 giorni contro la violentissima aggressione dellarmata spagnuola. Vedi Notizie storiche (1717).
Nurra Gianpaolo, canonico cagliaritano, scienziato,
e filologo insigne, che il barone Manno pone tra i migliori, e pi accurati scrittori nazionali. Nei primi anni
del secolo XVIII feasi nellItalia ammirare dai primi
dotti, e nel 1708 pubblicava una dissertazione sulla varia lezione dun antico adagio greco riferibile alla Sardegna. Lo stesso ch. pontefice Benedetto XIV attest
pi volte in che alto pregio lavesse. Soggiornava pi
spesso nella Toscana a far tesoro di erudite notizie onde rischiarare i fasti storici della patria, caro ai letterati
tutti di quella provincia e soprattutto allillustre Magliabecchio. Una morte immatura il rapiva. Vedi il sullodato barone Manno. Rimangono alcuni MSS.
Fancello Giuseppantonio, protomedico di Cagliari, scrisse nel 1730 un Trattato sulla flebotomia, ed
un Compendio in anatomia e chirurgia in lingua castigliana in quel torno di tempo.
Maccioni Antonio, gesuita, pubblicava nel 1732
in Madrid lArte ed il vocabolario della lingua lula e
toconota, e nel seguente la Descrizione corografica delle due amplissime provincie dellAmerica meridionale,
il gran Ciaco, e Gualamba, e poi altre operette minori, tutte in lingua castigliana.
Masones D. Giacomo, conte di Montalvo, uomo di guerra, e di stato. Fu posto nel grado di generale di fanteria, e come direttore govern tutte le
scuole militari spagnuole dellartiglieria, e del genio.
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Fu inviato straordinario e plenipotenziario nel congresso dAix-la-Chapelle nel 1748, dove segn la pace. Con tal carattere pass e stette alcuni anni alla
corte di Francia. Quindi il sovrano lo chiamava nel
suo consiglio di stato.
Masones D. Felice, duca di Soto-major, grande di
Spagna di prima classe. Fior circa alla met del secolo passato di molto onore per le scienze di stato. Fu
inviato straordinario in Portogallo, di poi consigliere
di stato, e presidente del consiglio degli ordini. Vedi
il cavaliere Cossu-Cagliari.
Marcello Antonio, medico. Scrivea tre drammi: il
Marcello an. 1784, lOlimpia 1785, e la Morte del
giovine Marcello. Si stampavano in Cagliari.
Sanna-Lecca D. Pietro, riputato legista, e reggente di toga nel supremo consiglio di Torino. Dava al
pubblico la compilazione delle leggi emanate sotto il
governo dei reali di Savoja sino allanno 1773.
Marchi Francesco Alberto, dei carmelitani, professore di fisica, e poi di teologia nella regia universit. Lasci un tomo di orazioni sacre, le quali ben
attestano quanto egli fosse, e quanto finor la fama
sia stata inferiore al merito. Restavano alla sua morte inediti, e un altro tomo di discorsi sacri, ed un
terzo che comprendeva il quaresimale. Comecch
abbondino siffatti libri nellItalia, non pertanto goderebbero i lettori assennati dei giudiziosi e bei lavori del Marchi.
Carta Francesco Gianstefano, dei minori osservanti, con ottimo consiglio dava al pubblico la Logica e Metafisica che dettava nella regia universit.
Stampava pure alcune orazioni ed un eccellente catechismo.
Chiappe D. Giuseppe, canonico della primaziale,
dottissimo teologo, poeta, ed oratore molto aggraziato. Abbiam di lui alcune poesie ed orazioni sacre.
Deidda D. Gemiliano, uomo che and molto
avanti nelle matematiche, e di cui dice il barone
Manno, che poco dovette alla fortuna, niente allaltrui ammaestramento, tutto ai propri studi profondi
ed aggiustati, che seppe utilmente applicare. Vedi il
preclarissimo istoriografo, ed il Caboni nei suoi Ritratti poetico-storici di alcuni illustri sardi.
Cabras Antonio, lodato pei suoi moltiplici talenti,
per la sua ampia e profonda cognizione della giurisprudenza. Fu canonico della primaziale, e ottenne
su i pergami solenni applausi. Indi nacque una nobilissima fama. Ma le sue orazioni, non ha molto, presentate alla lettura del pubblico, lo degradarono non
poco da quella sublimit, in cui appariva. Vedi nel
citato opuscolo il Caboni.
Cadello D. Diego, arcivescovo di Cagliari, e prete
cardinale della S. R. Chiesa. Laltezza della mente era in
lui, quanta la grandezza del cuore. Consulta il Caboni.
Pintor cavaliere Efisio Luigi, bravo giuresconsulto, e poeta assai apprezzato. Non guari che si sono
pubblicati alcuni suoi componimenti in lingua patria veramente lodevoli. Questi navig fra le tempeste politiche della Sardegna nel declinare del secolo
scorso, ed una sorte propizia lo port a salvezza.
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Castelli Raimondo, canonico cagliaritano. Fu molto riputato per la eloquenza sacra. Le sue orazioni
pubblicate non mancano di pregi.
Pintor Francesco, canonico cagliaritano, autore di alcuni componimenti latini, dove poco spirito di poesia, ma molta purgatezza di lingua.
Valle Raimondo, canonico cagliaritano, conosciuto vantaggiosamente per lo suo poemetto I tonni.
Viventi
Mameli D. Giovanni alla scienza legale tiene aggiunto lornamento di moltiplici cognizioni. Percorsa con moltonore la carriera degli impieghi giuridici
ora provveduto a riposo. Ei traduceva ed arricchiva
di note eruditissime la Carta de Logu, codice di legislazione patria, promulgato dalla sarda eroina Leonora dArborea.
Navoni D. Nicol. Mentre studiava alla educazione
dei giovani del seminario arcivescovile scriveva e pubblicava alcune poesie, e drammi sacri. Fatto vicario generale spiegava pi utili talenti. I quali in quel tempo
pi brillarono, che ebbe commesso il governo della
diocesi sulcitana. Imperocch riduceva a societ in
molte parrocchie figliali le disperse famiglie dei pastori,
e con propria personal fatica le indirizzava e portava ad
una vita civile. Questa sua grandopra sta vigorosa, e i
progressi ne sono tanto rapidi, che fra non molto i piccoli boddus (casali) si formeranno in felici popolazioni. Il re Vittorio Emanuele pertanto degnavalo di una
special confidenza, e faceasi gran conto del suo sapere,
e della sua cooperazione per lo governo dei popoli sulcitani, e per la difesa di quei littorali. Lo zelante vescovo privavasi dei comodi per assicurare le popolazioni
che avea create dalle repentine incursioni dei barbareschi, e contribuiva tutto alla erezione di alcune necessarie difese. Elevato alla maggior dignit della chiesa
sarda nella pi estesa ampiezza di questa sfera, e nelle
altre provincie, in cui ebbe ed ha parte come prima
voce dellordine ecclesiastico, fe pi brillare i suoi talenti politici. Entro il decimosettimo lustro egli opera
ancora vivido di spirito e di cuore.
Tiragallo D. Luigi. Compet nel 1770-71 per
una cattedra di legge, ed ebbe la rara sorte, che fosse
fatta giustizia al suo merito trascendente. Questo superava linvidia, e gli procacciava splendide mercedi.
Dopo onoratissima gradazione arriv a tanto, che fu
nominato intendente generale del regno, invitato
negli stati del continente allalto ufficio di avvocato
generale, e in fine creato reggente del supremo magistrato del consolato di terra e di mare con lonestissima arrota della decorazione delle grandi insegne ecc.
ecc. Fu stimato e si prest profondo giuresconsulto,
uomo di stato, e letterato insigne.
Manca di Tiesi D. Stefano, marchese di Villahermosa, e di s. Croce. Nella prima et molto si distinse
nellarmi, e fu parte di molte azioni, delle quali port
incancellabili le onorate memorie. Tanto poscia in
questa scienza egli progrediva, che nullaltro a lui vedea da preferire lo stesso Vittorio Emanuele molto
intendente delle cose di guerra. Versava insieme in altre non poche parti dellumano sapere, e acquistava
Cagliari
gran tesoro di erudizione. Onde gli accademici italiani si onoravano del suo nome, e la reale societ agraria ed economica di Cagliari lo venerava suo degnissimo presidente. Fu devotissimo a Carlo Felice, dal
quale mentre era corrisposto con affettuosa amicizia,
al bene della patria riguardava, ed alla gloria di lui.
Pertanto come affettuoso patrono lo riguardarono e
amarono i suoi cittadini persuasi della parte, che avea
ben grande nelle moltissime ottime cose, che quellamantissimo principe nelle sue vice regie, e nel regno fece per la comune prosperit; gli ingegni pi
chiari lo veneraron mecenate; le persone di merito
protettore. Dei suoi studi al rifiorimento della Sardegna fu fatto alcun cenno nellarticolo Cagliari provincia, Agricoltura. I sovrani di Sardegna, e i loro alti
alleati consapevoli dei sommi suoi meriti lonoravano
delle pi nobili decorazioni. Carlo Alberto, in attestato dellalta sua stima, gli conferiva la carica gi da
s onorata di gran mastro dartiglieria.
Grondona D. Antonico. Fece la guerra nel continente, e poi nel 1800, quando i tiesini apertamente ribellavano a danno del feudatario, ebbe raccomandata
la spedizione (vedi Notizie storiche); contro i quali pieni di audacia per lo numero, e trasportati da furore
contro ci, che essi dicevano tirannia feudale, non solo
si sostenne, ma emendati i gravi errori del piano propostogli ottenne una compita vittoria. Teneva dopo
questo e altri fatti onorifici li governi di Alghero e di
Sassari, ed in questo spiegando una maravigliosa attivit fece procedere in meglio le cose. Dotto nelle scienze
militari sente pure molto avanti nelle naturali, e tante
doti spiccano pi belle nelle virt del suo cuore.
Baille D. Lodovico, membro dellaccademia delle
scienze di Torino, e di pi altre, segretario perpetuo,
ed ora presidente della reale societ agraria ed economica di Cagliari, censore della universit, e presidente della biblioteca. Fu uno dei primi che abbiano
coltivato in Sardegna con buon gusto la letteratura,
produsse vari componimenti poetici assai tersi, ed
soprattutto lodato per lo suo amore alle cose patrie,
per le sue vaste cognizioni in queste e nellarcheologia, intorno alle quali cose scriveva e produceva molte illustrazioni. Egli ha la bella soddisfazione di veder gi sulle sue orme ben diretti non pochi giovani,
dai quali la patria spera assai.
Caboni avvocato Stanislao dottissimo nel dritto e
nelle scienze economiche, ed uno de letterati superiori. Dal concorso ad una cattedra di legge, nel quale avea brillato al pubblico lesimio merito del suo
ingegno, e dei suoi profondi studi, essendo partito
senza premio, entr nella carriera economica, resse
con sommo onore la intendenza generale del Regno,
in appresso con pari merito di zelo e di abilit govern la vice-intendenza generale di Sassari, ed ora tiene
le veci del controllo generale. Egli redigeva il Giornale Cagliaritano in bella lingua con molta copia di cognizioni utilissime; dettava due orazioni, una per D.
Raimondo Garu, altra per Carlo Felice; molte poesie assai pregiate da chi gusta il bello; e gi intraprese
la pubblicazione di Saggi letterari e scientifici con nel
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primo fascicolo i Ritratti poetico-storici di alcuni illustri sardi. I dotti bramano la continuazione dei medesimi, e augurano alla patria dai suoi rari talenti e
somma bont di cuore maggiori cose.
Amat di s. Filippo monsignore arcivescovo D. Luigi. Dopo aver amministrato con somma soddisfazione del governo pontificio e dei popoli varie delegazioni, fra queste quella di Bologna, and nunzio alla
corte di Napoli, e in appresso con egual carattere a
quella di Madrid. Ai suoi talenti nella diplomazia
aggiunto il fregio che viene dalla letteratura. Abbiam
di lui una orazione latina per li funerali del re Vittorio Emanuele celebrati in Roma.
Contessa Margherita D. Carolina nata De-Quesada. Si rese nota ai letterati per alcuni scritti, che
sono argomento certo dellalto ingegno, e della sincera piet di lei.
Pes di Villamarina cav. D. Emanuele, luogotenente
generale, cav. gran croce, e cav. di s. Luigi di Francia.
Fu paggio del Re Vittorio Amedeo. Impaziente di appartenere alla milizia in tempo, in cui era fieramente
minacciata lindipendenza dei dominii Sabaudi, entr
giovanissimo nel reggimento Aosta, compagnia de
granatieri. In una sanguinosa fazione valorosamente
combattendo fu fatto prigioniero dai repubblicani di
Francia. Divenuto poi libero di s, e rientrato nel detto reggimento, da prode e solerte uffiziale si distinse
contro i francesi nelle campagne degli anni 1794-9596. In seguito alla presa dAlessandria nel 1799 fu prigione di guerra degli austriaci. Nelle campagne degli
anni 1799, 1800, 1801, 1802, 1803 segnalossi guerreggiando sotto i vessilli dellAustria. Pass di bel nuovo al servizio del Re di Sardegna Vittorio Emanuele.
Fu commissario del Governo Sardo presso gli eserciti
austriaci nella campagna del 1815, e trovossi presente
alla presa di Grenoble. Venne quindi prescelto a capo
dello stato maggiore della divisione di Torino. Dal
provvido Re felicemente regnante fu dapprima eletto
a consigliere di stato, e vennegli quindi affidata la
somma degli importanti delicatissimi affari della guerra, marina, e Sardegna. Ch veramente egli personaggio dingegno vivacissimo, di rari moltiplici talenti, e soprattutto di una maravigliosa attivit a farli
tutti valere. Dallo studio delle dottrine tattiche non
avendo disgiunto lo studio dellaltre scienze di pubblica utilit, specialmente delle economiche, ebbe la riputazione cos di militare peritissimo, come di abile
uomo di stato. Confermava la prima con una molto
applaudita teoria militare, e laltra con la sapienza, onde conduce le cose al bene della patria nellaltissima
dignit, cui lo innalzava il saggio Monarca.
Materiale della citt di Cagliari. Che in alcun tempo
sia stata Cagliari allintutto disfatta e ridotta a diserto
contro la verit storica. Perch errava il Fara in asserendone il primo eccidio da T. Sempr. Gracco Cons., laltro dopo molte furiose oppugnazioni sotto lariete di
diverse schiatte di barbari. Non posso per non consentire nel suo diminuimento ad una particella della
superficie, che copriva coi suoi edifizi in quello che
correvano i meno infelici tempi della dominazione
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nel primo modo. In che mentre facilmente condiscendo terr per certo che governando Musatto, cui ognuom sa essere
stato molto pratico delle cose di mare, aver amato il corseggiare, e stato pure sia in Cagliari un laboratorio di navi.
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con miglior disegno, se cos fosse; il quale si cominciava a fondare add 22 novembre 1669 per un uomo del genovesato Mastro Domenico Si accrebbero i materiali dalle due braccie dellantica chiesa
basilica di s. Saturnino.
Castello di s. Michele. Fabbricavasi dai pisani sulla
eminenza a settentrione della citt nel sito dove erano
sin allora vissuti dei certosini. quadrato con torri simili, ma disuguali ai tre angoli in libeccio, sirocco, e
greco. Il perimetro somma a metri 144. Dalla prima
capitolazione dei pisani vi si alloggiarono gli aragonesi.
Raimondo Peralta preposto alle cose di guerra fecelo
fortificare, quando parve imminente nuova tenzone
con gli antichi possessori. Ottenevalo poscia Berengario Carros obbligato a ben munirlo. In progresso adattavasi alle nuove armi, e formavansi i rampari, nei quali potevano agire pochi cannoni, scavato il fosso
intorno e prodottolo da una parte contro ponente con
muro posto sul ciglio interno a impedire il nemico di
vedere i lati di pon. e tramont.; da altra contro il levante a nuovo ostacolo per passare al lato di levante
sulla piazza darme in forma di piccol campo, senza il
fosso era negli altri lati salvo laustrale una cinta che si
attaccava agli angoli delle spalle delle due torri a libeccio e sirocco. La porta era nel lato a levante con ponte
a saracinesca. Solo dalla parte a mezzogiorno poteva il
castello essere battuto, e da questa esso teneva tre cannoniere alla cortina. I Carros vi dimoravano spesso, essi ritornati in Spagna non si ebbe molta cura di conservarlo. Presentemente abbandonato, lasciati dentro
citt gli invalidi, che nelladdietro vi avean caserma.
Era un borgo sotto questa rocca, ed il cavaliere
Baille credelo appellato Calamatias.
Bagnara. Porto e borgo di Cagliari nei secoli di
mezzo, e negli anteriori estrema parte della citt, sotto la necropoli australe. Vi erano le dogane, e si esercitava il principal traffico degli isolani con gli esteri.
Sedeanvi il Camerlingo del porto, i consoli del commercio, i giurati, i sensali, altre persone necessarie in
queste bisogne, e certo numero di uomini per la forza. In esso si accumulavano s gli articoli da esportarsi, cereali, formaggi, lane grezze e lavorate, e altre
non poche derrate compreso il prodotto delle miniere; come le merci estere ai bisogni, comodi, e al lusso, qual fosse, delle popolazioni dellisola. La strada
principale la ruga dei mercanti era fiancheggiata da
ricchi fondachi. Era stata erettavi in parrocchia la
chiesa poi denominata da s. Bardilio, e in addietro
dalla SS. Trinit sotto la invocazione della Vergine
del Porto delle grotte (caverne sepolcrali; vedi Necropoli cagl.), cui si festeggiava nella memoria della sua
annunciazione con grande luminaria in cera dal prodotto dun tenue dritto su i bastimenti secondo che
fossero capevoli. Le quali cose ed altre sono dedotte
dal Breve portus caralitani progettato in Cagliari, ed
emendato in Pisa lanno 1318, che il chiarissimo cavaliere Baille estrasse dallarchivio Roncioni di Pisa,
dove di notare le cose della vendita e compra, e come allora fosse pi attivo uno ed altro commercio.
Venuti gli aragonesi, e non tolto per li patti il castello, il sobborgo di Stampace, e la Villanova ai pi-
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Fortificazioni novelle sotto i Reali di Savoja. Il re Vittorio Amedeo dedicava a meglio fortificare la citt
una gran somma di danaro riscossa dal governo spagnuolo in compenso dei cannoni di bronzo, onde era
stata spogliata la rocca cagliaritana, e nel lato orientale
del castello edificava tre baluardi di diversa grandezza,
cui non mirer mai alcun aggressore, e formava per
tutta la linea di levante dal mare alla porta avanzata la
strada coperta con le opere solite, aggiungendo eguali
opere al lato occidentale della Marina. Lopera pi
dispendiosa fu sulla sommit del colle dalla parte di s.
Lorenzo, dove il vero punto di attacco contro il castello, e sul disegno del Devincenti formavasi unopera a corno in gran parte intagliata nelle rupi [che] fu
appoggiata alla freccia spagnuola, e cinta delle solite
opere. Rinforzavasi pure la linea della sponda, ma con
poco saggio consiglio a rivestire alcune faccie e fianchi
di bastioni fu scelta una dura pietra calcarea. Finalmente dopo la invasione del Truguet furon permesse
alcune costruzioni sul Monvolpino, sul promontorio
di s. Elia, e in qualche punti del littorale.
Particolarizzazione delle opere di difesa di Cagliari
Lopera a corno di Porta-Reale tiene i due bastioni
nominati uno dal B. Emanuele faccia a s. Lorenzo
metri 70, fianco 37, in linea di difesa 180; altra facc.
al ciglio delle rupi sulla passeggiata della polveriera
metri 81, altezze sul livello marino del fosso e del
parapetto (e distingui sempre cos i due numeri notati) allang. fiancheggiato 92,98, e 98,98.
Il bastione di s. Filippo, facc. sullanfiteatro romano (sulla cui estrema precinzione siede lo spalto) 80,
fianc. 37, nella dif. 190: altra facc. 48, fianc. 14, nella dif. dal torrione di Porta-Cristina 280.
Dentro questopera il baluardo di s. Brancazio
in forma di tanaglia con lato a s. Filippo 70, nella
dif. dal detto torrione 168, con lappendice dun
basso fianco a orecchione, in cui mascherata lantica porta della cos detta cittadella (questistesso baluardo). Il primo lato dellangolo rientrante 40, il secondo che domina il B. Emanuele 56. Il fosso dun
gran lavoro a 89,43 dal livello del mare. Il parap. allang. della spalla a Porta-Cristina a 101,84, allang.
rientrante della tanaglia 112,80.
Nella cortina quindi al torrione pi volte mentovato fu aperta Porta-Cristina.
Torrione. Questo dellantica fortificazione pisana.
Batte pure sul fianco di s. Giovanni a metri 128, altezze 81,69 e 99,75. Sotto questa torre concorrono
due linee di mura variamente spezzate con lo spalto
sul ciglio del fosso di s. Andrea. Indi a s. Filippo figura una cortina nella quale un angolo saliente onde
sono due linee di difesa, la prima di sovrappi alla
faccia a libeccio di s. Filippo, la seconda a s. Giovanni,
con una falsa braga; laltra spezzata a questo baluardo
figura una consimil opera sovrapposta.
Baluardo di s. Giovanni. Facc. a campagna 64,50,
con fianco a orecch. 36, nella dif. 210. Facc. a Stampace 74, nella spezzata di dif. 265 x 40, con basso
fianco. Altezza allang. fianc. 47,69 e 80: nellang.
della spalla al Balice 45,69, e 69,09. La controguardia alta dal fosso 6, da fuori 11.
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per lo castello con 120,912 per larea di ci che dicono cittadella: 137,387.50 per la Marina: 189,787.50
per lo Stampace, non compreso il borgo: 293,000
per la Villanova.
Il castello ha contrade principali 6 ed altre pi
piccole alle mura, traverse 4, isole 27. La pi lunga e
nobile che pare andar media, secondo la ordinaria
corrispondenza delle cose alle parole con molte stortezze dicesi dritta. Sua misura di metri 484,80. Su
questa quasi nella met uno spazio, che dicono la
piazzetta, ed da poco che se n aperto un altro in fine della medesima, e fu nominato la piazza di S. Brancazio. Quindi il ramparo di S. Croce, ed il bastione
di S. Remigio. Persistono ancora alcune case fabbricate nei passati secoli. La circonferenza dellarea dov
labitato di 3,030. Vi sono aperte quattro porte; la
porta Castello alla Marina; la porticina dellElefante
a Stampace; lApremont alla porta avanzata per a
Villanova; e la recente porta Cristina a porta Reale
sul colle di S. Lorenzo.
La Marina, o Lapola, presenta la figura dun trapezio. Sonovi strade maggiori per lerta 8 della lunghezza del quartiere di circa 303 e altrettante intersecanti,
delle quali la pi bella la Costa, per cui la linea di
comunicazione tra lo Stampace e la Villanova. Pi
spaziosa di tutte la piazza or detta di s. Francesco, e
in addietro della Marina, nelle cui estremit sono le
porte della darsena e del molo. Si annoverano isole
37, e da tutte le parti riunioni di case alle spalle dei
rampari. La darsena lunga miglia 234, larga 110,
con apertura 56. Nel primo giorno del 1836 vi si numerarono 56 navi di carico, e vi restava ancora capacit per legni minori. La Marina ha 6 porte, come
pu ricavarsi dal gi detto. Di queste e delle altre gi
notate nel castello due sole sono in buon disegno,
Porta Cristina nel Castello e Porta Villanova nella
Marina. Sarebbe a notarsi la porta del Molo per la
sua architettura, ma troppo piccola. Fu ordinata ma
sinora non eseguita quella di Stampace secondo il disegno del cavaliere De Albertis in architettura di forme
adatte alla fortificazione, di cui sarebbe parte. Quando
si effettui vedrassi tolta la discontinuazione della strada Yenne con la costa cagionata dallorecchione del
vicin balordo baluardo.
Stampace pu esser distinto in due parti; quella
che fu gi circondata di mura, delle quali nel secolo
XVI era in gran parte nudata; e la contrada Yenne
con sue appendici. Nella prima sono isole 21, nellaltra 15. A pi della faccia a maestro del baluardo del
Balice formavasi la piazza di s. Carlo, e vi si ergeva il
monumento del marchese di Yenne, onde comincia
la misura migliaria delle grandi strade del regno fatte
e da fare. Diverrebbe pi ampia e pi bella tolte
quelle casette, che si concesso fabbricar nel fosso.
S. Avendrace, borgo di Cagliari, che dista metri
390 dal rione dellAnnunziata, nel quale spazio ornato di due ordini di alberi ad una e ad altra parte
della strada suol essere la passeggiata nei giorni sereni dinverno, componesi di 203 case, delle quali 190
a pian terreno, disposte in due linee bruttamente
spezzate ad una e ad altra parte della grande strada a
Cagliari
pi del colle dei sepolcri antichi. Alcune famiglie misere abitano entro quelle caverne.
Villanova. Ha due grandi contrade, la pi lunga di
s. Giovanni di metri 1212, laltra detta deis Argilas di
1090,80 che procede con una larghezza irregolare. Si
numerano altre minori 15, traverse 11, isole 60.
Chiese. Dentro il castello 8: la cattedrale, s. Giuseppe collegio degli Scolopi, s. Lucia monistero, la Purissima monistero, s. Catterina monistero, s. Croce basilica
magistrale della Religione de cavalieri ss. Maurizio e
Lazzaro, la Chiesa del monte confraternita, la Speranza, che stimasi la pi antica del castello. Fuor della cittadella la chiesa di s. Brancazio, oggid volgarmente
denominata di s. Lorenzo, o Buon cammino. Nella
Marina 12: s. Eulalia parrocchiale, s. Antonio spedale
governato dai religiosi di s. Giovanni di Dio, s. Teresa
collegio dei gesuiti, s. Francesco dAssisi monisterio
delle cappuccine, il s. Sepolcro confraternita, s. Catterina chiesa nazionale dei genovesi e confraternita, s.
Rosalia convento degli osservanti, s. Lorenzo convento
degli agostiniani, s. Lucia confraternita, s. Francesco di
Paola covento dei Paolotti, la Vergine dItria confraternita, s. Elmo oratorio del collegio dei marinai e pescatori, che dicono, di mar vivo.
Nello Stampace dentro labitato 11: s. Anna parrocchiale, s. Francesco convento dei claustrali e antico
monistero dei benedittini, s. Michele casa di noviziato
dei gesuiti, la SS. Annunziata casa di noviziato degli
scolopi, s. Bernardo parrochia figliale, s. Efisio confraternita, s. Giorgio di Cagliari vescovo, che dicono di
Suelli, s. Chiara monistero, s. Restituta confraternita,
s. Margherita, s. Nicolao. Fuori dellabitato 4: s. Agostino antico monistero dellordine degli eremiti, il
quale non compreso nella vallazione della marina gli
spagnuoli in gran parte diroccarono, perch dominava sul vicino propugnacolo, mandati i frati dentro le
mura; il Carmine convento dei carmeliti; la Chiesa
del convento maggiore dei cappuccini; s. Pietro chiesa
antichissima, dove nel secolo XIII sappiamo aver frequentato gli arcivescovi ai divini uffizi, ora patronata
dal collegio dei pescatori di stagno.
Nel borgo, s. Avendrace parrocchiale, s. Paolo alla
sponda dello stagno, e i ss. Simone e Giuda sopra la
isoletta.
Nella Villanova dentro labitato 7: s. Giacomo parrocchiale, lOratorio del Cristo confraternita, lOratorio del suffragio confraternita, s. Giovanni confraternita, s. Cesello, s. Domenico convento dei padri
predicatori con alcuni oratorii annessi, s. Mauro noviziato dei frati minori. Fuori s. Rocco; s. Benedetto
noviziato de cappuccini; s. Lucifero formato gi a casa pubblica di studii, poi abitata dai frati trinitari, e
finalmente ridotto a ospizio degli orfani; s. Cosimo,
residuo dellantica basilica di s. Saturnino, gi monistero di s. Fulgenzio, poscia dei benedittini; la Nostra
Donna di Bonaria convento dei mercedari, antica
parrocchia della villa e castello di tal nome: sorgele al
fianco un grandioso edifizio sacro, che non si compito. ora interdetta anzi ridotta a usi profani lantichissima chiesa della Vergine del porto, casa dei francescani nel primo secolo di loro istituzione, indi de
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Illuminazione notturna. Sono per tutta la citt distribuiti 115 riverberi, dei quali 35 nel Castello, 34
nella Marina, 23 nello Stampace, ed altrettanti nella
Villanova. A provvederli stato imposto un dazio
sulla introduzione dellolio dolivo alla consumazione. Quando il gran riverbero della luna sia sullorizzonte non credesi convenire i minori risplendano n
in quelle strade che non sian vedute da quel raggio.
Accade spesse volte che in assenza pure di quello molti tra questi si ecclissino.
Contado di Cagliari. Se si volesse determinare secondo la circoscrizione portata nel diploma di D. Jacopo (25 agosto 1327), estenderebbesi nella parte di
ponente sino a presso alla villa di Decimo, che sarebbe a circa M. P. X e miglia italiane 8; nella parte
di levante a 6.
La circostanza di Cagliari poco amena in tutto
quello, che non sia valle; il che conseguita piuttosto
dalla negligenza degli uomini, che dalla inettitudine
del terreno. Niun sito nelladdietro pi orrido, ed ora
niun sito pi ameno del pi delle rupi alla polveriera.
Popolazione di Cagliari. Quanta fosse quando prese possesso del regno la dinastia Sabauda, lo potrai
vedere nel primo censimento portato nelle Notizie
storiche. Ora appare quasi raddoppiata.
Vedi per un decennio dal 1825 al 1834 le consegne del censimento parrocchiale. Restano esclusi i
preti, i religiosi, le genti del presidio, i forestieri, non
domiciliati fissamente, che son qualche cosa pi di
5000 [vedi Tab. 1].
La popolazione notata al 1834 era divisa ne quartieri con questi rispettivi numeri
Castello
Marina
Stampace
Villanova
S. Avendrace
Uom.
Don.
Tot.
Fam.
1,767
3,931
3,153
3,134
525
1,987
4,379
3,388
3,052
453
3,754
8,310
6,541
6,186
978
990
2,165
1,520
1,495
296
Maschi
11,548
11,847
11,621
11,888
11,231
12,243
11,834
12,167
12,258
12,510
Femm.
12,850
12,982
12,703
13,456
12,423
12,708
12,073
13,244
13,314
13,259
Totale
24,398
24,829
24,324
25,344
23,654
24,951
23,907
25,414
25,572
25,769
Morti
380
415
409
450
325
395
435
340
375
360
Matr.
197
220
160
235
168
250
195
260
215
265
Fam.
6,860
5,990
5,982
6,100
5,000
5,030
5,080
6,160
6,270
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devoti. I naviganti vi accorron (pi nelladdietro) a liberarsi dai voti: e alcuni usano visitarla prima di sciogliere come per pregarla propizia, cos per esplorare il
vento del canale. Ragionossi in altri tempi duna navicella davorio (lunga metri 0,25), la quale, mentre era
per un sottil canape sospesa da un trave sotto larco
della volta, desse certissimo segno della direzione del
vento fuori del golfo. Si scritto (vedi Narrazione
compendiosa della miracolosa venuta del simulacro della
Vergine di Bonaria stampato in Cagliari, e dedicato al
re Carlo Emanuele II di Sardegna) fossero fatte molte
prove, dalle quali risultasse nuova confermazione a
tanta maraviglia. Questa tacque quando al canape fu
per religiosa splendidezza sostituita una catenella, rinnovossi quello rimesso. Da questo ragioni ognuno a
suo modo.
Maravigliosa poi la divozione del popolo verso s.
Efisio, uomo militare sotto limperio di Diocleziano,
che per la fede fu decapitato alla porta della citt di
Nora. Si riferiscono a lui molte grazie ricevute, e la
cessazione dellultima pestilenza (vedi Notizie storiche
allanno 1656).
Peregrinazione a Nora. Nel primo di maggio circa
le 11 antimeridiane il simulacro di questo martire fregiato di preziosi voti dentro una urna ottangolare,
chiusa nelle faccie a cristalli, ornata di banderuole, e
sospesa sur un carrozzino, traesi fuor della chiesa. Due
buoi, qualmente sogliono essere abbigliati dai contadini per fare una schiera di bestie nelle processioni,
sono aggiogati al temone. Un coro di zampognatori
precede, un altro segue questa sorta di carro trionfale.
Due divisioni di cavalleria fanno lanti e il retroguardo. Gli uomini dellordine di questo santo, senza per
le confratesche divise sopra scelti destrieri, seguono
col vessillo il primo squadrone, e sono riccamente
bardati, susseguiti da un consigliere della citt, il quale
ottiene pel luogo della festa nella chiesa di Nora lautorit di Alter-nos. Intorno e addietro del simulacro
una moltitudine di devoti si affolla in pi e pi cori
guidati da sacerdoti e da persone pie, altri con gli accesi cerei promessi, altri scalzi, altri scapigliati, e fra le
femmine molte coperte di un saio azzurro, che stringon al seno con un nastro di seta bianca, divisa delle
devote del santo. Al saluto della citt cessano i balli
nelle piazze s. Carlo e Yenne, e nel campo di s. Nicolao, ed allora un gradevole spettacolo veder dal baluardo del Balice un popolo immenso, che compie le
sottoposte contrade, e da varie traverse sbocca nella
via alla Scaffa. Vedresti genti diversissime, nazionali,
esteri, cittadini e villici, e tutti i costumi del regno da
poterne fare a bellagio il confronto, e veder le differenze. Cresce ognora la calca intorno al santo, ondeggia il popolo, e appare solo una infinit di teste, cappelli, bonnetti, berrette, cappelline di antiche e recenti
mode, di estate e di inverno, parasoli, e i fazzoletti e
veli delle donne plebee e delle villiche non so di quanti diversi colori. Sulla qual massa soperchia la sola urna del santo, e i cavalieri dellaccompagnamento coi
confratelli. Uscito il convoglio dallabitato la moltitudine sviluppasi e riempie il lido sino in l del ponte
Cagliari
alla casa nella prima isola della plaia, dove dee fermarsi la sacra biga, ed allora ti colpisce la nuova scena
dun gran numero di barchette in fiocchi, che nel mare e nello stagno volteggiano piene di gente plebea, o
villici che prendon diletto a far risuonar laria dei rozzi
lor tuoni in diverse maniere di canto. Come giugnesi
nella anzidetta casa cessa la solennit, ed il santo posto
in una cassa, ed in altro carrozzino mandasi in incognito, tuttavolta onorato di un numeroso seguito,
quali in modo di penitenti, quali a cavallo, quali sopra carri a tracca, che un telaio a botte su cui stendonsi lenzuola o tappeti. Arriva nella seguente mattina a Nora, si prepara alla festa per laltro giorno, dopo
il quale nella stessa forma riportasi in Cagliari, e rientravi verso la sera. La gente sebbene non pi che la
met del primo concorso adunasi di qua e di l del
ponte della Scaffa fin dal mezzogiorno, ed una festa
popolare, conviti, balli, canti, corse di barchette. Poi
rincomincia la solenne processione, e commove la religione del popolo.
Santuario della cattedrale. Visitano pure i cagliaritani con molta fede il deposito dei ss. martiri dove dallantica chiesa di s. Saturnino, che dicon basilica, tra il
1615-26 furono trasferiti per monsignor dEsquivel. I
monumenti prodotti per provare la santit di queste
reliquie stimaronsi da alcuni critici siccome o dubbi o
insufficienti, da altri rigettati con parole aspre. Nel
che si usc dal modo. Forse che sar avventuto in
quellentusiasmo di ricercare, in quella smania di ritrovare dappertutto santi maritiri, come se Cagliari
fosse stato un macello, che qualcuno (p. e. il buonuomo del Bonfant) abbia veduto spoglie sante anche in
reliquie profane; tuttavolta chi potr movere dubbi
ragionevoli sopra i distinti depositi, che si scoprirono
dentro la mentovata basilica con tutti quei segni, che
erano soliti esser posti per dire alle altre et, che quelle
ossa erano di uomini fedeli, e per virt eroica venerabili? Allora fu trovato sotto le rovine duna vecchia
chiesa vicina, dedicata, come portava la tradizione, alla memoria di s. Lucifero, il corpo di questinsigne
propugnatore della divinit di Ges Cristo e potente
patrono del grande Atanasio. Era sul sepolcro un
marmo, ed altro come un piccol triangolo dentro sopra le ossa del petto. Questo nella sua semplicit s.
Lucifer Eps presentava la pi certa autenticit. Dubitossi per intorno allesteriore, nel quale parlavasi della primazia cagliaritana, e della unione del santo vescovo alla sede apostolica, non fosse una impostura.
Ma scopertasi unaltra lapida in memoria di tre vescovi africani morti in Cagliari potevasi per la osservata
perfetta consimiglianza delle note di questa a quelle
del marmo esterno del sepolcro di s. Lucifero, togliersi dal chiarissimo cavaliere Baille la invalsa idea duna
impostura, ed assegnarsi lepoca della ristaurazione del
sepolcro, o reposizione delle sante reliquie.
Rispettivamente alle reposizioni si pu tenere che
precedentemente alla Esquivelliana altre due se ne
fossero fatte in tempi antichi; la prima alla pace data
alla chiesa da Costantino, e simultanea fabbrica della
basilica, altra forse quando a s. Fulgenzio fu concessa
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la stessa basilica per formarvi un monistero (vedi Notizie storiche). I vescovi africani portarono con s, e arricchiron Cagliari delle reliquie di molti santi.
Grande era pure in altri tempi la devozione verso s.
Agostino nella chiesa ove fu gi serbato il suo corpo.
Una lapida sullarchitrave della porta ne dice di certa
acqua mirifica negli ammalati sudante da un sotterraneo; la gravezza e amarulenza accusava sua origine dal
vicino mare. La distruzione del convento nel regno di
Filippo II e le sepolture permessevi nella mortalit del
1816 nocquero alla religione del luogo.
Associazioni religiose di secolari. Dai cenni dati parlando delle chiese si pu dedurne il numero. inutile ragionare dei loro istituti, i quali solamente appariscono in quelle del Monte nel Castello, e del S.
Sepolcro nella Marina. Poche eccettuate, laltre nelle
quali gente plebea servono ad accrescere il numero
delle schiere, e diminuire la dignit religiosa delle
supplicazioni.
Processioni e funzioni sacre in tempo di Passione. Nel
venerd di Passione tre confraternite dai tre quartieri,
nel marted santo una quarta vanno alle stazioni delle
Via crucis in molte chiese, nelle quali la massima parte dei confratelli passano da una porta allaltra, eccettuata lultima che ascolta alcune meditazioni. Portano
tutte sopra sei barelle il Cristo in altrettante diverse situazioni della passione, che dicono volgarmente i misteri, dopo i quali lAddolorata. Due piccole bande di
soldati tengono i due estremi della schiera. Due tamburi a suon di duolo apron la marcia.
Nel gioved sera e venerd mattina di settimana santa tutte le confraternite, alcune accompagnate da musica, sono in giro alla visita dei SS. Sepolcri formati i
pi come palchi scenici con le loro decorazioni, nei
quali rappresentata una qualche azione dei libri divini. Nel dopo pranzo nei tre quartieri bassi un concorso prodigioso alle chiese, dove si rappresenta la deposizione del Cristo dalla croce. Vedrai inalberta una
gran croce sur un palco presso al pulpito, sotto quella
un simulacro della Vergine, e presso la Maddalena e il
Giovanni molti angiolini in carne ed ossa. Il predicatore, quando a certo punto del suo discorso spiega il desiderio di Maria di riaver il corpo del figlio, vede tosto
appressarsi due mascherati a ebrei, che figurano il Nicodemo e il Giuseppe, i quali dopo e tra varie cerimonie metton gi il Cristo dalla croce, e infin di tutto
postolo in una bara lo portano in processione per la
citt. Si procura mettere in gran movimento la imaginazione, e non ostante che la bramata illusione spesso
manchi pure suol essere un gran piagnisteo. Accade un
frequente incontro di questi convogli funerei, ed nella gente una gran dissipazione. Lultimo atto nella
domenica di risurrezione: due confraternite sortono in
pubblico, una col Risuscitato, laltra con la Gloriosa, e
vanno allincontro e congiungonsi in qualche piazza.
Chiederai quanto lucri da tali usi la piet? Fatti i calcoli, mi par che perda, ed desiderato che si adottino altre maniere meno materiali, e pi commoventi.
Superstizioni. Per difetto distruzione certe pratiche condannate non sono ancora tolte. Nelle feste
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resta assoluto, poi ogni secondo corrisposto con rima interna dal verso seguente. Le strofe sono spesso a
decine col ritornello, che va cantato prima delle medesime. Il canto plebeo annunzia la sua aria con una
scala di tuoni sul la, la, la, la, ecc. Fatto questo preludio in quattro voci si comincia la bella canzone in due
settenari, ai quali succede nuovamente quella carissima
cosa del la, la, lar. Fatto una piccola pausa portasi in
altri due settenari il pensiero che si volea spiegare, e
quindi viene a corona la bellaria con delle variazioni
cosiffatte, che fanno spiritare. I primi due settenari sono volgarmente detti su sterrimentu, gli altri in cui la
idea principale sono su coberimentu, e i sentimenti
delle due parti hanno spesso tra loro quella connessione, che si conosce nelle cose pi disparate.
Majoli. Nella linguia sarda mailu una specie di
recipiente a piramide quadrangola che sospendesi rovescia sul collo della mola, in cui versarvi il grano; e
dalla forma che parve avessero consimile i cappucci
dei gabbani dei giovani villici, pensano alcuni, aver
questi procacciatosi un tal nome. Per questo valore
potrebbesi esso appropriare a quanti indossano siffatta vesta, ma non cos, dacch per luso fu ristretto a indicare principalmente i giovani che vengono
dai villaggi del regno per applicarsi agli studi, e specialmente tra questi quei cotali che, cos volendo la
loro fortuna, locano a qualche famiglia certo genere
di servigio sussidiario nei giorni ed ore non scolastiche, a merito dellalloggio e del vitto. Di questi ultimi
non sar un numero minor di 800, levati quelli che in
passare agli studi maggiori devono lasciare labito sardesco, ed il servigio anzidetto per dedicarsi allesercizio di pedagoghi.
Forestieri. Da varie parti del Mediterraneo, da Grecia, Sicilia, Napoli, Toscana, Spagna, Francia, e in pi
numero dagli Stati Sardi del continente immigrano
spesso delle famiglie, e per la ospitalit e favore che
incontrano, e per la facilit del vitto volentieri vi si
stabiliscono. Molti attendono a qualche manifattura,
alcuni al commercio; ed da essere riconosciuto da
essi non solo laumento della popolazione, ma la introduzione di alcune arti, e il miglioramento delle gi
esercitate, e quella attivit, che sia, nel traffico.
Poveraglia. Non ragionasi qui di quei del paese, dei
quali i pi si ritengono nella verecondia, ma dei paltoni che accorrono dai villaggi, e fermansi nellallettamento della beneficienza che sperimentano. Di cotali
ve ne avr forse da tre in quattro centinaja tra uomini
e femmine, un terzo del qual numero sono invalidi
per et, o per vero danno di alcun senso o membro.
Agli altri infelici per propria volont si potrebbero aggiungere circa due centinaja di femmine sciaurate tapinanti. Come in altri luoghi di Italia, cos anche nella Sardegna, dove per benignit di cuore sono copiose
le limosine, dovrebbesi ben conoscere la saggia risoluzione data per alcuni economisti sul modo di far la limosina, che giovi a chi la fa, e a chi la riceve, alla societ, alla religione, alla pubblica moralit.
Statistica medica. Vi ha in Cagliari gran numero
di persone addette al gran ministerio della sanit:
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Agrumi. Dal dicembre gli uomini di Domus-novas, Pula, s. Sperato, Villacidro, Iglesias ne portano
grandissima quantit, e li vendono per le strade a otto per soldo, e nella perfetta maturit a sei. I Milesi
sopravvengono nei primi giorni primaverili, formano delle baracche con stuoje di canne nella piazza
delle erbe da 15 a 20, in Villanova da 5 a 8. Vendono a prezzi sempre maggiori come procede lestate.
Se ne compra anche in ottobre.
Rigattieri. Distinguine due classi. Nella prima non
sono compresi pi di 22, i quali aver debbono una
banca pubblica, e sempre provveduta dei soliti articoli.
I medesimi fanno da salsicciai. Gli altri pizzicagnoli
che vendono e comprano alla giornata sono circa 160.
Trovansi sulle banche dei primi salame di porco e di
pesce, strutto, formaggi, frutte secche e fresche, sebbene non in tutto lanno, ch si ignorano i veri metodi a
conservarle, e senza questi moltissimi altri articoli.
Il butirro di pecora trovasi in vendita a circa 7
soldi la libbra dal gennajo al giugno; quello di vacca
a 12, proviene in gran parte dal Logudoro e quasi
per tutto lanno.
Il latte vendesi di buon mattino da alcuni pastori
vicini, o da alcuni rigattieri che fanno questo commercio. Questi sanno bene accrescerlo con acqua e
fior di farina, rare volte con amido. Pi tardi passeggiano altri con latte manipolato in due diverse maniere, il colostro, come chiamasi il latte mescolato
con buone dosi dacqua e farina, e passato sopra un
fuoco mite; e il caccio acido (casu-ajedu), che latte
quagliato in certo grado dacidit. fortunato chi
possa averne puro. Non ha guari che conducevansi
delle bestie per le strade, le quali si mungevano presso chi ne bramava. I rigattieri fecero osservare, che
questo modo nuoceva alla salubrit dellaria, e produssero ragioni convincentissime. Il pubblico si dolse
della mancanza di questo comodo.
Panificio. Sono fabbriche nellarte genovese e francese 23, nella sardesca 280. Nelle prime lavorano uomini 90; nelle altre 500 donne compresevi quelle
principali che tiene descritte il magistrato civico per lo
giornaliero servigio della citt. In totale si manifatturano per giorno starelli di grano 325 non compresa la
quantit che vogliono le genti del presidio. Il pane di
s. Avendrace in Cagliari, di Pirri, Selargius, Settimo e
Sinnai con merito assai pregiato, ed preferibile al
migliore, che con metodi diversi facciasi in citt. Dalle fabbricanti di questi villaggi se ne hanno quasi giornalmente libbre 2,000. Si numerano fabbriche di paste a torchio 17, a mano e alla sardesca 40; botteghe
di caff, cioccolata, liquori, dolcerie, ecc. 4 nel Castello, 5 nella Marina, 8 nello Stampace, 2 in Villanova:
dolcerie semplici con arte estera 2 nello Stampace, ed
altrettante alla sardesca: botteghe di vino, pane e altri
diversi commestibili 30 nel Castello, 58 nella Marina,
47 nello Stampace, 57 in Villanova, 8 in s. Avendrace:
di commestibili con articoli di pizzicagnolo 20 nel
Castello, 42 nella Marina, 34 nello Stampace, 20 nella Villanova: locande nel Castello 4, nella Marina 2,
nello Stampace 1, in Villanova 1, in s. Avendrace 1.
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povert hanno medico, chirurgo e medicine gratuite. Qui potrebbero fare utili osservazioni quei che
consenzienti al Beccaria ed al Ricci pensano pi giovi alla umanit se nelle loro case piuttostoch negli
spedali siano curati i poveri. Io sederei fra entrambi,
perch in tal condizione di cose giova pi in casa; in
tal altra nello spedale.
Trovatelli. Provvide il magistrato civico agli infelici, che o nascono contro le leggi, o si abbandonano
da madri povere; ed a raccoglierli furono poste due
ruote, una nel Castello presso S. Croce, altra nella
Marina a S. Antonio. Il padre degli orfani consegna
gli esposti a nutrici qualunque, talvolta alla stessa occulta madre, che desidera il tenue stipendio di lire 2
al mese.
Numero di esposti dal 1825 al 34, col corrispondente dei morti dissotto.
Esposti 76 66
Morti 25 38
75 64 62 81 100 84 114
48 43 27 52 63 56 73
88
48
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S. Paolo che onora e felicita la dominante del Piemonte, alle istituzioni di Rosa di Govone, e della vedova di Marillac.
Quando son venuto alle comparazioni giovami
confrontare la beneficenza pubblica di questa citt
con quella di Torino, e di Milano. La carit pubblica
in Cagliari riguarda non pi di 450 persone, in Torino circa 6,000, in Milano poco men che 11,000;
quindi la beneficenza di Cagliari a quella di Torino
come nove a cento venti, a quella di Milano come
nove a duecento venti; e tenendosi conto, come conviene, delle rispettive popolazioni riducesi la prima
ragione eguale a 13/50, la seconda a 13/55. Il grado
relativo dincivilimento sar ancora in questa ragione? Stimerei bene.
Soccorso di danaro per urgenze. Monte di piet. Nel
declinare del secolo passato istituivasi un monte nummario con dotazione di 25 mila scudi per sovvenire ai
poveri facendo dei prestiti (non mai sopra scudi 25)
con lassicurazione sopra un pegno, sottobbligo di ripigliarlo dentro lanno, il quale trascorso soggettasi allasta. Non domandata alcuna usura, il che suppone
che gli ufficiali di questistituto prestino lopra per pura carit. Se cos li benedica Iddio.
Molto era per laddietro lodata istituzione siffatta,
oggi si disputa sul suo merito. Eretto questo monte
contro lavidit de giudaizzanti non si riusc nellintendimento, mentre le imprestanze essendone limitate
alla suddetta quantit, quelli sono ancora ricercati per
grandi somme, talvolta con interesse da non credersi;
di forma che forse maggiori non ne avea esatto quella
genia di furfanti, che il severo Catone in sua pretura
cacciava dallisola. Altronde sovviene questo parimente che i congeneri istituti cos al vero bisogno, che alle
esigenze del vizio, e molte famiglie amministrate da
capi dementi vanno a restar sprovvedute degli oggetti
pi necessarii, dopo che furon abbruciate di tutto il
danaro. Che dovrebbesi sostituire? una banca di risparmio, da quale opera siffatta nessun detrimento, e
nasce un bene certissimo. Ch il popolo si educa ad
una saggia providenza, si sveglia al lavoro, e la pubblica moralit e ben essere prende incremento. La societ
prese miglior aspetto dappertutto dove questo consiglio fu posto in esecuzione. E avriasi per giunta che al
carattere dei sardi ne verrebbe onore, e cancellerebbesi
quella insouciance, di cui sono accusati.
Commercio interno. Principalissimo articolo ne sono i cereali. Ne marted, mercoled, gioved e sabbati
una gran frequenza di villici alla piazza destinata a
questo mercato, e i grani vi si trasportano a cavallo,
carri e carrettoni, con un carico i primi di 4 starelli, i
secondi di 10 in 15, gli ultimi di 20 in 40. Trovasi
sul posto un deputato civico, e mentre tiene spiegata
la bandiera si fa compra dalle panatare e dai capi di
famiglia; quella posta gi lecito patteggiare agli speculatori. Ivi dove gi fu lantico convento degli agostiniani, e poi alcune opere di difesa che non da poco
furono demolite, sono in costruzione molti magazzini per maggior comodit del commercio. Senza i cereali portano i villici linseme, mandorle, formaggi,
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pelli, cuoja, cera, miele, alcool, terraglie ecc., e comprano robe per vestiario, ornamenti, mobili ecc.
Botteghe di stoffa di varia materia 24, molte nella
Marina sulla Costa, poche nella continuazione della
stessa contrada del corso nei due quartieri di Stampace, e Villanova, e nellantica strada del commercio
denominata di Barcellona; di chincaglierie 8, di porcellane majoliche e cristalli 10, di ferro acciaio e piombo 15, di pelli e cuoje conciate s estere che nazionali
20, di cera lavorata 8, di sevo lavorato 6, di bijoutteries 29, di merciajuoli 70, di libri 2, di generi coloniali 6, di carte estere nessuna in particolare, ch si
vendono dai merciajuoli, di carta sarda 1.
Le stoviglie di Decimo vendonsi tra la piazza de
cereali, e delle erbe.
Istruzione pubblica
Istruzione elementare. Dopo leditto del 1823 furono istituite pure in Cagliari le scuole popolari per
lo primo dirozzamento dei fanciulli, una nel Castello, nella Marina e nello Stampace, e due nella Villanova. Concorronvi nel Castello 20, nella Marina 50,
nella Villanova 40, nello Stampace 30. Quanti credonsi o sono sopra lultima classe del popolo arrossirebbero di mandare i loro piccoli nella scuola normale, come qui la vogliono appellare; perch Scolopi
e Gesuiti devon tenere aperta lantica scoletta per
linsegnamento a leggere e a scrivere.
Ginnasi, dove insegnasi la grammatica latina, e le
belle lettere. Ve nha due, uno nel Castello delle Scuole Pie, altro nella Marina nella casa dei Gesuiti. Concorrono nel primo circa 900 giovani, nel secondo circa
300. Sono per ogni ginnasio sei maestri subordinati a
un capo che si qualifica prefetto degli studi. Sono distinte sette classi. Nella settima sono vari gradi dalla
compitazione ai primi rudimenti di lingua italiana, e
per due o pi anni di corso. Gli Scolopi hanno in
questa classe un maestro che educa tutti, ma istruisce
i soli provetti, essendo la istruzione speciale dei minori raccomandata per unora alla mattina, ed altra alla
sera ai cherici che sono in disciplina. I medesimi
avean nelladdietro una scuola di calligrafia e di aritmetica mercantile, la quale han dovuto sospendere
per la troppa incomodit del locale. Quattro anni sono destinati alle classi sesta quinta quarta e terza per
la grammatica latina due per le belle lettere nella seconda e prima. Sono segnati giorni di lezione intorno
a 175, di oratorio 45. Apronsi le scuole di mattina alle 8: di giorno dalle 2 alle 31/2 secondo la stagione.
Lora scolastica di ore due e mezza alla mattina e di
altrettanto spazio al giorno. Le ferie maggiori non cominciano dopo compito il numero ordinario delle lezioni, per cadono nel principio dellultimo quadrimestre. Le sale scolastiche nel ginnasio dei Gesuiti
sono salubri e molto comode; in quello degli Scolopi
sono mal situate, alcune poco illuminate, le pi cos
strette che i giovani vi restano ammassati, e tutte cos
incomode che i giovani mentre son costretti a respirare
unaria corrotta deggion restare per tutta lora in un vero tormento, e sortendo esporsi a pericolo di contrarre
un malore. I religiosi hanno generosamente esibito
Cagliari
sufficiente locale per lampliazione dei vani, ed il governo rivolge in questo la sua attenzione che divenga
questo ginnasio per la salubrit e comodit quello che
degno di essere un istituto siffatto.
Archiginnasio, o regia universit degli studi. Nel
castello di rincontro alla casa degli Scolopi sul Blice
il palazzo degli studi maggiori fabbricato con bel
disegno sotto il regno di Carlo Emanuele III di Sardegna dopo la ristaurazione delle scienze. La sua capacit assai minore delle esigenze.
Le scienze umane e divine sono ripartite in cinque facolt, Filosofia e buone arti, Medicina, Chirurgia, Legge, Teologia.
Nella filosofia sono due scuole pel primanno, una
di logica e metafisica, altra di matematica elementare;
pel secondo altrettante, una di fisica sperimentale ora
congiunta con la matematica, altra di etica.
Nelle buone arti sarebbero due cattedre di eloquenza una latina, altra italiana.
Nella medicina, il cui corso stendesi in quattranni, sono cinque scuole. 1. Istituzioni mediche. 2.
Anatomia. 3. Materia medica e medicina legale. 4.
Teorico-pratica. 5. Clinica. Pu aggiugnersi: 6. La
chimica generale e farmaceutica.
Nella chirurgia, il cui corso in altrettanto spazio,
sono tre scuole. 1. Teorico-pratica con lanatomia topografica. 2. Loperatoria con la ostetricia. 3. Clinica.
Nella legge scuole cinque. 1. Istituzioni di Giustiniano. 2. Istituzioni canoniche. 3. e 4. Il digesto in
due sezioni. 5. Le decretali. Il corso quanto nelle
due anzidette facolt, e nella seguente.
Nella teologia scuole tre. 1. Teologia scolasticodommatica. 2. Morale. 3. Scrittura e lingue orientali.
Professori. Nella filosofia solevano esser quattro;
nelle buone arti due senza officio; nella medicina
cinque; nella chimica uno; nella chirurgia due; nella
legge cinque; nella teologia tre. Senza questi sono altri per onore qualificati professori.
Collegi. Ogni facolt tiene matricolati certo numero di dottori, nei quali i professori ordinari e
straordinari. Chi presiede al collegio ha la qualifica
di prefetto, ed membro del Magistrato sopra gli
studi. Il collegio di filosofia e buone arti ha 14
membri, sette per sezione non compresi i professori
e due collegiali sovranumerari alla filosofia per la
chimica: il collegio di medicina ne ha 12 compresi i
professori e due sovranumerari. I collegi di legge e
teologia inclusi i professori hanno membri 18.
Aggregazione ai collegi. Il Magistrato riconosce prima di tutto dei requisiti delle costituzioni nei postulanti; poscia li propone al gradimento dei dottori
della facolt che lo accettino o rigettino. Il gradito se
fia alla filosofia riceve un tema, sul quale dopo quindici giorni legger una dissertazione; lo che fatto
subito decorato delle insegne di dottor collegiato; se
sia allaltre facolt egli intorno ad alcuni punti o titoli tirati a sorte deve proporre in certo numero di
tesi la sua dottrina, e dopo trenta giorni di preparazione disputare in difesa delle medesime in rigorosa
forma scolastica; dopo tre ore di tenzone il candidato
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viene nuovamente nel rischio della votazione, e qualche volta rigettato. Accade che il Sovrano dispensi
sulle votazioni, e faccia ad altri maggior grazia ordinando sien posti nella matricola dei dottori collegiati
i loro nomi senza alcun esperimento.
Elezione dei professori. Lordinario modo di questa
per concorso siffatto. Stabiliti i giorni per le disputazioni pubbliche dei competitori, questi nel d precedente alle singolari prove e ventiquattro ore prima si
riuniscono tutti presso al prefetto della facolt, cui assiste il segretario, e altre persone del Magistrato, e tirati a
sorte due punti della scienza il difendente deve prenderseli per dissertarvi. Nellaltro giorno allora stabilita
ei va sulla cattedra dellaula delluniversit in faccia ai
suoi emoli, al Magistrato ed al collegio cui spetta il
giudizio del merito comparativo, e dice le sue dissertazioni ciascuna per mezzora. Quindi i competitori tendono il sillogistarco, che necessit far le cose nella ritualit peripatetica. Dopo lesperimento dellultimo
dei competitori i membri del collegio fatti santissimi
giuramenti si accingono al gran giudizio per voti secreti, dando quella cedoletta che ha il nome di lui che vogliasi professore. Letti tosto i voti si scartano quelli che
ne ebber pi pochi, e si ritorna a votare su i rimanenti,
e di nuovo si scartano i meno favoriti, e cos vie via
finch la cosa venga a due pei quali fassi lultima votazione ragionando ciascuno con la penna come vuole e
come sa. Il governo superiore nomina quello che de
due sembri pi degno del magisterio.
Il Sovrano suol provvedere ad alcune cattedre senza
questa dipendenza dai voti dei dottori collegiati, e installare quelli, che per maniere meno fallaci conosca
degni del grado, esimendoli dal pericolo dessere in
confronto con altri di poco o di nessun merito rigettati. In questo modo provvedesi alle cattedre di Fisica,
Matematica, Chirurgia, Sacra Scrittura e Lingue orientali, come fu stabilito nellarticolo 1 della risposta di
Carlo Emanuele IV di Sardegna (12 settembre 1799)
alla rappresentanza degli Stamenti sulla promisquit
de regnicoli e non regnicoli negli impieghi del Regno.
Studenti. Lordinario numero dei giovani somma
a 320, distribuiti in Filosofia primo e secondo anno
150, in Medicina 10, in Chirurgia 20, in Leggi 80
non compresi quelli che studiano le sole istituzioni
cesaree per preparazione alla profession notariale, in
Teologia 60, inclusivi quelli che studiano la sola
morale.
Lezioni. I giorni di lezione sono ne due quadrimestri 135, di esercizi spirituali 8; di oratorio le domeniche, nelle quali non occorra una festa maggiore. Le lezioni durano unora e un quarto. Di mattina sono le
lezioni di prima ora, che cominciano alle 9 e terminano alle 101/4, onde cominciano quelle di seconda. Di
giorno una sola lezione. I teologi per altri venti giorni
devono radunarsi o alle esercitazioni sulla casuistica
sotto la presidenza del professore di morale, o alle dissertazioni sulla storia ecclesiastica del professore di
dommatica. Sono queste esercitazioni e dissertazioni
notate in giorni feriati. Le ferie maggiori occupano
tutto il terzo quadrimestre da maggio ad agosto.
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TABELLA 1
Magist.
27
26
29
37
Teol.
4
4
7
6
Leg.
21
15
18
16
Licenze private
Med.
3
4
2
Chir.
4
1
Teol.
4
2
3
5
Leg.
14
10
21
16
Teol.
4
2
3
5
Leg.
13
15
6
19
Licenze pubbliche
31-32
32-33
33-34
34-35
Teol.
4
1
5
5
Leg.
15
9
22
17
Med.
1
Teol.
3
2
4
4
Leg.
17
16
6
16
Med.
3
2
2
1
Chir.
2
Lauree private
Chir.
2
Lauree pubbliche
31-32
32-33
33-34
34-35
Med.
1
1
2
Med.
4
1
1
1
Chir.
Aggregazioni ai collegi
Chir.
2
4
Filos.
3
Teol.
Leg.
Med.
Chir.
31-32
32-33
33-34
34-35
Magisteri
2
1
4
5
Bacell.
1
3
Licenze priv.
1
2
3
Lauree private
4
3
Esami di Magistero
di Chirurgia
Privati
Pubblico
12
1
1
1
1
1
1
1
Esami
di
Farmacisti
Riprovati
nei diversi
esami
6
1
5
3
lire sarde
Totale
4,605. 0. 0
4,171.17. 6
375. 0. 0
500. 0. 0
7,275. 0. 0
2,880. 0. 0
1,415.11. 9
500. 0. 0
2,930.14. 4
24,653. 3. 7
Parte passiva
Stipendi agli impiegati e professori
Trattenimenti
Spese ordinarie e fisse
Spese straordinarie
Casuali
lire sarde
Totale
13,511. 5. 0
3,617.10. 0
2,761.10. 6
1,762.18. 1
3,000. 0. 0
24,653. 3. 7
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Lamore della letteratura ancora iniziale, per poco esteso, onde rendesi ragione del mal esito dun gabinetto letterario, che erasi aperto; delle nulle o quasi
nulle conferenze letterarie. Dei pochissimi cui il cognome di letterati tre quarti parrebbero uomini del
secolo passato, niente o poco avendo progredito dal
punto, in cui erano gli italiani venuti al restauramento
degli studi, uomini delle scuole soppresse; laltra porzione sono di questa et, e della vigente letteratura, da
cui sono degli scritti casti di lingua, ricchi di sapere,
pregievoli per lo ragionamento, piacevoli per la vivacit dello spirito, per la naturalezza e semplicit. Lesempio luminoso del preclarissimo baron Manno trasse
dal volgo questi giovani, e avvi sulle sue orme. Cresca il loro numero, e si accresca dai loro ingegni alla
Sardegna quella gloria letteraria, cui per la frequente
sublimit delle menti, mobilit di immaginazione, e
delicatezza di cuore ne suoi degna avere.
Matematica. Ecco la scienza pi meschina dal poco che si insegna, e dal nessuno amore alla medesima. Non si dettano che gli elementi, quali nel secolo
scorso, e sono un pochino di aritmetica, un pizzico
dalgrebra, alcuni libri della geometria Euclidea. Il
professore insegnerebbe eziandio la pratica, siccome
promettesi nellorario scolastico e nella nota delle
materie da trattare, se alcuno vi accorresse. Di quella
prendon cos poco i giovani, che i pi docili appena
in sulla fin dellanno ti potranno recitare alcune mal
intese definizioni, eseguire le prime pi semplici operazioni, e di pi nientaltro. E si porge a deliberarne,
come ho accennato, non tanto perch nella attuale
condizione del sistema non lecito pi, quanto per
lo poco studio: e di questo cagione la difficolt in
cui si incontrano i giovani, venendo in questa scuola
cos rozzi, che i pi non conoscon n la numerazione; la lingua latina in cui si detta e spiega, ed il discredito in cui han lei posta certi ripetitori che di poco levati sopra i discepoli bestemmiano quel che non
sanno. Si presentino al professore i giovani alquanto
dirozzati, imparata almeno laritimetica nei ginnasi;
prendano un bel corso di lingua volgare; siano assistiti da altri che soglion essere quei guastamestieri, che
mettono sulla croce i poveri scolari a imprimersi in
mente la materialit delle dimostrazioni e risoluzioni,
che non intendono; e cos accader che sveglisi molto
amore verso questa utilissima scienza, e in quel grado
si venga, nel quale possa essere ampliata nelle pi utili applicazioni, meccanica, idraulica, e nautica, che
tutti conoscono come sieno necessarie alla industria,
ed al commercio. Non perch in istato cos infelice
giaccia questa scienza nella universit, per credasi
mancare che abbiala in pregio, e la possieda. Senza
quelli che furono eruditi nella scuola del genio in
Cagliari da valenti professori, e gli altri pochi che
compirono il corso in Torino, sono alcuni che conoscono almeno la elementare in quella estensione che
ottiene nelle pi celebri universit. Se sotto lindicazione classe di matematici nellalmanacco non leggesi
alcun nome, questo ti dica solo, che non piacque notarne, e io non saprei perch.
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Fisica. Qual ella sia nelle applicazioni della matematica ragionane tu gi conscio della condizione di
cotale scienza. Rispettivamente alla parte esperimentale essa non dista gran tratto dal punto, in cui sia
nelle celebri scuole dItalia pervenuta.
Etica. Non si potrebbe questa qual e quanta solito
darsi spiegare nei ginnasi? Avrebbesi in tal caso e luoghi e mezzi ad altra utile scienza, p. e. alleconomia.
Esame per lo magisterio delle arti. Devesi rispondere
su la rettorica, logica e metafisica, matematica elementare, fisica, etica. una mole di cose quasi importabile, e per sarebbe giovevole se alla fin di ciascun
anno fossero i giovani interrogati su tutte le varie lezioni udite, e senza dispendio ornati dei diversi onori
accademici i pi studiosi. Questo vuolsi esteso a quegli altri esami, dove compresa la materia di pi anni.
Scienze medico-chirurgiche. Sono esse poco gi dalla condizione, in cui versino i paesi, dove esse sono
stimate quanto merito. I professori con privati mezzi si procurano la necessaria cognizione dei progressi
che facciano per le osservazioni, indagini, ed esperienze dei pi famosi che consacrano il loro ingegno
e studio allarte salutare. molta svegliatezza danimi
intorno a questa, e auguro che crescendo gli studi la
scuola cagliaritana potr essere con onore nominata.
Lincremento e miglioramento della parte medica
si da ripetere dal principio del corrente secolo. Nel
1800 creavasi un professore di notomia, e poi si comandavano pubbliche lezioni, che in seguito, da vano
spettacolo che erano, si ordinavano al profitto degli
studiosi; nel 1822, commessane la cura ad un dottore,
fu migliorato lo stabilimento sussidiario della clinica,
che prima si praticava dai diversi professori in torno.
E si cominci a esercitare la anatomia patologica, che
certamente un necessario compimento della clinica,
e la pi bella dimostrazione delle dottrine mediche.
Quanto sarebbe utile se delle cedolette che si hanno
appese ai letti, nelle quali notato il diario curativo, e
le giornaliere variazioni dello stato dellammalato si
tenesse miglior conto: vorrei dire, se si formasse un registro nosologico (imposta questopera allassistente
del professore), si compilassero dei quadri mensuali
nosostatistici, e il complessivo annuale. Dai quali lavori pubblicati verrebbe un vero giovamento alla
scienza, e si formerebbe un corso di annali nosocomiali, quasi tante pietre lidie per provare la verit o
falsit delle teorie, che a brevi intervalli vanno producendo immaginosi patologi, o superficiali osservatori.
Scuole di partito. Da quale si cognomina la scuola
cagliaritana? Non si pare una decisa parzialit, e non
so se fra i professori e dottori della facolt sia chi voglia giurare nella sentenza di alcuno. Forse Ippocrate
e Galeno sono rispettati come i grandi sapienti che
furono, ma non adorati come Iddii, e gli infallibili
oracoli della medicina. Sar dunque molto spesso
unopposizione di pareri? Quindi non sar unit nel
complesso delle dottrine? Questi incomodi hanno il
lor bene, che si moltiplicano le idee, e si esercita il
ragionamento. Nella servile adesione e consensione
un debilitamento di mente.
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Parte chirurgica. Con ottimo consiglio alla chirurgia sono stati offerti nellAccademia gli stessi onori,
di cui erano degnate laltre scienze. I chirurghi maggiori per li soliti esami, privati e pubblici, arrivano al
grado del dottorato. I minori, dopo due esperimenti
privati ed uno pubblico, conseguono lonor del magisterio. desiderato a pi piena erudizione degli
studiosi sia a tanto cresciuto il numero dei professori,
quanto ne vorrebbero le primarie e necessarie parti.
Botanica. commesso ad uno de professori, cui
incumbe altro principale insegnamento, dar gli elementi della fisiologia vegetale. Manca lorto botanico.
Storia naturale. Venne non ha guari da S. M. creata
una cattedra di storia naturale in questa Regia Universit.
Anatomia comparativa. Sarebbe necessaria per preparamento alla
Veterinaria. Non piccola parte delle ricchezze della Sardegna nelle greggie e negli armenti. Da ci il
vantaggio di questa istituzione.
Numero di studiosi dellarte salutare. Dalla inspezione della proposta tavola veduto quanto sieno
pochi che vi intendan lanimo. Accadde talvolta non
fosser tanti gli scolari quanti i professori; tal altra si
desiderasse uno cui leggere. Donde questo? credo da
ci, che sia ancora certa opinione poco favorevole, e
che gli emolumenti che se ne sperano pajano pi
costosi, e si stimino minori del lucro dalle esercitazioni forensi. Si aggiugne, che nellattuale ordinamento delle cose di questa disciplina, la moltiplicit,
la difficolt, la grandezza delle materie atterrisce quei
che non istudiano con amore; e i bei poltroni lodano per gli antichi dottori, che ai discepoli non la
teoria, in giusto sviluppo; ma dessero il sommario
della scienza. Possa questa sorgere a maggior onore,
ed essere amata da alti ingegni; possa crescere ogni
d pi, e con lode esser esercitata nelle citt, e in tutte le altre terre a benefizio della popolazione! Mancano persone necessarie in un comune, se manchi
un medico, un chirurgo, una levatrice, un veterinario. E questi sono certamente pi utili che quella
ciurma di notariuzzi, onde sono appestati i villaggi,
gente dappoco che quando per mancanza dingegno, o per dissipazione viziosa non poterono o non
seppero far di pi, per non ritornare alla vanga, vollero dalla penna il dritto dei gaudenti, e di poter vivere a spese altrui.
La chimica una recente istituzione. Il suo laboratorio poco fornito, e per sebbene le teorie che si
danno siano un eco di quelle che nella Italia molto si
pregiano, gli scolari (e questi sono i farmacisti, e gli
studenti di medicina e chirurgia in primo anno) non
procedono in molta chiarezza, e per poco speditamente. Dai farmacisti di Cagliari molti si esercitano
in varie preparazioni, che in addietro domandavansi
dalla Italia, e ve nha cui viene gran lode dalle vaste
cognizioni in questa bella scienza, e dai felici esperimenti, per li quali tuttavolta non saprei dire se stato
sia alcun incremento alla somma delle cose che si
aveano per loperoso ingegno degli oltramarini.
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onesta che ne risultasse erano degnati di tanto onore. Le quali prove desiderandosi in molti, nasce che
non sia in essi alcun dritto, e viene che questo debbasi acquistare con un esperimento non dubbioso.
Dettatura. Per tre quinti dellora scolastica. da
molto che alcuni saggi han cominciato e non invano
a declamare per la sua abolizione. Lasciando da parte
altre considerazioni deve persuadere il frutto da percepirsi maggiore se il professore nellanzideterminato
spazio che presente, e non agente, studiasse a far
ben intendere ai giovani le sue dottrine. Ma si ripugna, e perci che la desiderata pratica sarebbe dannosa nelle scienze progressive. Dunque almeno in quelle
di sistema fisso, dove non si pu variare, che il metodo, sia in meglio, o in peggio, non ne discorriamo,
quella potria senza danno anzi con vantaggio valere,
principalmente nella matematica elementare, e nella
applicata alla fisica: in che non solo si provvederebbe
alla correzione della materia, che disperata sotto il
dettame; ma alla economia, che per le tavole delle figure fatte a mano spendesi da discepoli pi che importeria lacquisto dunopera. E credo poi si possa
cessare dalla dettatura anche nelle progressive. Cotali
progressi non sono continui; altronde essi non son
pi che rettificazioni, aggiunte, e non abbandono dei
principii, e dei consettari, che le scienze sono tuttaltro che ipotesi. Or bene quelle rettificazioni aggiunte
ecc. non si possono o per interfoliamenti inserire a
suo luogo, o per appendice porsi in fin del libro?
Reale accademia agraria ed economica di Cagliari,
eretta e stabilita in detta citt a petizione di Carlo
Felice duca del Genevese dal re Vittorio Emanuele,
con diploma dato in Gaeta il 14 luglio 1804. Componesi dun presidente, segretario, tesoriere, coi loro
sostituti, e di 36 membri ordinari. Oltre i quali la
classe degli onorarii, in cui sono ammessi quanti siano creduti convenienti pel decoro e per linteresse della societ. La elezione degli accademici ai posti vacanti spetta alla societ collegialmente unita. Veramente viene
non poco lustro a questo corpo dai titoli delle persone
ascrittevi, i quali sono o di feudi, o di altre magistrature, o di uffici accademici. Vi si annumerano cherici di
alto grado. Sono aggregati a questa societ alcuni contadini, siccome consultori, e sperimentatori. Infine
una terza classe di socii corrispondenti, suddivisa in
ordinarii ed onorarii, i quali devon esser disseminati
in tutte le popolazioni del regno: anzi nel disegno
organico di cosiffatta societ era proposto si ecciterebbe da lei il patriotismo delle grandi, e specialmente delle citt ad erigersi in societ corrispondenti e
figliali della cagliaritana!
In quanto concerne le adunanze eccoti lart. XXII
del Regolamento: Di due classi debbono essere le
adunanze della societ: altre pubbliche, altre private.
Le private da tenersi periodicamente ogni gioved
sono composte dal presidente, segretario, e dodici
membri eletti per torno fra gli ordinarii senza esclusione degli altri che volessero intervenirvi.
Questi dodici soci eletti si rinnoveranno per met
ogni quindici giorni, di modo che non si trovino
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siffatto ufficio hanno 132 scudi sulle decime di Villassor, Nuraminis e Villamar perpetuamente applicata a dette parrocchie con bolla di Pio VII, delle quali
quanto sia residuo cresce alla mensa.
Decime. Furono da tempi antichi usate in Sardegna
due sorta di decime, una politica al capo dello stato,
altra religiosa per i capi delle diocesi. Della prima un
argomento nella concessione fatta per Costantino giudice del Caralense al monistero di S. Saturnino della
met della decima, che gli spettasse su i beni di quello
(vedi il baron Manno, Storia della Sardegna allanno
1089). E pare questa prestazione non esser tanto recente, quanto listituzione dei Giudici, ma per gli intermedii governi conservata e presa dalluso dei romani, ai quali fu con somma probabilit la Sardegna una
provincia de cumana. Dellaltra sono due antichi monumenti, che il sullodato istoriografo della Sardegna
accennava (anno 1089, vedi poi sulla fine del libro
VIII), uno nella concessione che faceva larcivescovo
Ugone al monistero di S. Saturnino di una met della
decima della chiesa cagliaritana; altro nella promessa
di Costantino giudice di offrire il decimo dei frutti e
le primizie da quel giorno negli anni seguenti. Per lo
meno quindi nella diocesi di Cagliari certissimo il
pagamento della decima; e possiamo congetturare siasi incominciato a fare sin dal tempo del governo imperiale o sullesempio della chiesa greca nella quale sin
dal secolo VI era conosciuta questa prestazione, perch cos comandassero i ministri imperiali; lo che emmi pi probabile, che una posteriore introduzione
sullesempio delle chiese gallicane, nelle quali diconsi
le decime messe in uso per autorit di Carlo Magno
consentendo la liberalit dei popoli. Dunque mal seppe le cose D. Alfonso, quando scrivendo allarcivescovo di Cagliari (anno 1332) Gundisalvo affermava la
riscossione delle decime contraria allantico costume.
E pertanto dee tenersi vero che, come osserva il baron Manno, fosse poi questa per cause a noi ignote
soppressa od intermessa; forse perch il clero fu dotato con terre e schiavi. Settantasette anni dopo la
proibizione di D. Alfonso (1409) il re D. Martino
commosso dalla gran povert del clero annuiva alle
preghiere dellarcivescovo Antonio, e annunziando i
concerti presi con la Santa Sede permetteva il pagamento della decima nella diocesi cagliaritana, riservatane la terza parte alla Corona. Nel qual modo non fu
praticato nella diocesi dAlghero, delle cui decime la
met fu infeudata al marchese Albis (cos il cavaliere
Cossu, Notizie di Cagliari) concesse due parti dellaltra al vescovo, riservata la terza al Re. Nel 1502 il re
Ferdinando comandava si prestasse la decima intera
senza deduzione o compenso alcuno delle spese, e
prescrivea certe cautele intorno al modo con cui dovesse eseguirsi tal prestazione onde non soffrissero alcun danno i decimatori.
Gran variet nei diversi luoghi s rispettivamente ai generi soggetti a siffatta prestazione, che alla
quota della medesima; della qual variet in altro non
pu trovarsi la cagione e ragione che nelle antiche
consuetudini e transazioni, e nellautorit dei giudicati
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certosini fino a che i pisani vi eressero il castello ancora stante; e forse cos detto dalla titolare della chiesa del monistero: altro di S. Maria de Claro a pi di
detto castello verso greco dove abitavano monaci di
Chiaravalle; altro di S. Maria delle vigne tra Cagliari
e Pirri, dove erano monaci camaldolesi; finalmente
un altro sul collo del promontorio presso la chiesa di
S. Bartolommeo.
In l del contado di Cagliari, era in Quarto due
monisteri uno dove fu poi la chiesa di S. Elena, altro
di S. Agata le cui rovine raddrizzarono i cappuccini
per formarsi un conventino; tra Pauli e Selargius S.
Lucifero; presso Mara-Calagnis due, un presso dove fu poi edificata la chiesa di S. Pietro, e forse un
altro, che quello sarebbe che S. Gregorio diceva Agilitano, se ivi situandolo non erra lAleo. Furono dei
monaci in Braci, o Monte-Cresia, nella montagna
di Solnas in due diversi stabilimenti, nellisoletta di
S. Macario presso Capo-Pula, nel Manso o Maso, e
questi dipendevano da Monte-Cristo, in Uta presso
S. Cromazio e S. Maria, in Decimo a S. Nicolao e a
S. Pietro, in Monastir in certo sito tra Siliqua e Villassor, finalmente in Segariu (vedi il baron Manno,
libro VIII dove troverai quanto finor leggevi).
Frati e cherici regolari. Francescani. Vennero in
Sardegna nei primi tempi di loro istituzione. Dopo
la famosa scissura tra il ministro generale Francesco
Elia, e Antonio di Padova fu divisione pure in Cagliari, e nel rimanente pure dellisola. Gli aderenti
di Francesco Elia (conventuali) continuarono a dominare nelle case per laddietro occupate dai benedittini, gli altri andarono ad abitar altrove. Nellanno 1274 essi tenevano seggio nel gran monistero di
Stampace, poi si distesero in Iglesias, in Oristano
(dove subentrarono ai monaci basiliani), in Castelgenovese, ora Sardo, mentre ancor vivea S. Francesco; nellAlghero; in Uta. La prima fondazione fu in
Gallura, la seconda in Montersu, dove un ospizio
(vedi Bono), la terza in S. Maria di Porto-Grotte in
Bagnara. Ma venuti ben presto col predominio dei
genovesi tempi infelici ai monaci benedittini, che in
massima parte possono essere supposti pisani di nazione, questi involandosi alle vessazioni e forse espulsi lasciarono le case ai novelli frati. Altri due stabilimenti sopra i gi enunziati ebbero essi in Sardegna
uno sotto Montersu presso il paese di Bttidda, altro in S. Barbara, quando cedevano da Uta. In tanti
secoli, e in quella generosit che gi fu per ragion di
coscienza negli uomini de secoli tenebrosi queste
fraterie accumularono grandi ricchezze, le quali per la
amministrazione poco saggia e fedele decrebbero non
poco. I loro predi e censi cumulativamente forse potrebbero avere il valore di lire sarde 2,000,000. Si
numeran religiosi 69.
I frati minori dellosservanza della provincia di Cagliari denominata di S. Saturnino hanno nella citt
due conventi. Nel 1458 fondavano alla Maddalena
presso Oristano, lo abbandonavano nel 1472 per istabilirsi in Ollolai, e vi ritornarono nel 1490 fuggiti da
quella sede (vedi Barbagia, Chiesa barbariense). Nel
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Sanluri, Samassi, Tortol, Scolca, Igliesias, Pozzo maggiore. Ora sono gi abbandanati i conventi di Ilorai,
Sassari, Sanluri, Scolca, Iglesias, e vanno disertandosi
gli altri, ch non restano pi di 37 religiosi, dei quali
19 sacerdoti, 4 cherici, 6 laici. Possiedono, e prima
che per difetto di buon economia si lasciassero deteriorare i fondi, possedevano in comune non meno di
lire sarde 500,000.
Carmelitani. Non prima del 1506 fu introdotto
questistituto. Essi succedevano agli anacoreti nel
promontorio di Cagliari, e dalla loro chiesa venne al
colle la denominazione di s. Elia. Poscia e perch
troppo esposti agli insulti dei barbareschi, e per pi
comodo di s e del pubblico passarono nello Stampace, ritenendo il possesso delle terre che aveansi acquistate presso Monvolpino e il promontorio. Fondavano poi in Mogoro nel , in Bosa nel 1599, in
Oristano nel 1636, in Alghero nel 1644, in Chiaramonte, in Sassari, in Nuraminis. Sono religiosi 70,
tra sacerdoti e cherici 45, laici 25. In pi luoghi sono cadute le loro amministrazioni. Essi possedevano
gi in comune per lire sarde 800,000.
Paolotti. Ebbero stanza in Cagliari nel 1625, dove
oggid il noviziato delle scuole pie, donde passarono in Lapola nel 1643. Si stabilivano pure in Villanova-franca e in Assemini. Questultimo conventino
da molto abbandonato. Sono religiosi 15 tra sacerdoti e laici, che vivono in quello di Cagliari, ad eccezione del religioso (ma non un eremita), che resta
in Villanova-franca. Possono possedere per un valore
di lire sarde 150,000.
Spedalieri. Hanno quattro case presso gli spedali, in
Cagliari dallanno , in Sassari dal 1639, in Oristano
e Alghero dal 1640. Quella di Bosa fu abbandonata, e
rest soppresso lo spedale. Sono religiosi 30. Lamministrazione diretta da regie congregazioni.
Monasteri di donne. Nel castello ve ne sono tre,
uno di s. Lucia fondato nel 1539; altro della Purissima nel 1540; il terzo di s. Catterina sotto la regola
di s. Domenico, fondato nel 1641. Dopo la met
del secolo XVII si fondava un monistero di clarisse
nello Stampace, uno di cappuccine in Lapola.
Cherici regolari. I gesuiti vennero in Cagliari la
prima volta nel 1564. Ebbero gi molte case con
ginnasi. Dopo la ristaurazione non se ne riaprirono
che tre, delle quali due in Cagliari, una in Sassari.
Sono religiosi circa 25. La dotazione del collegio di
Cagliari pu valutarsi in netto allanno di lire sarde
17,467.3.4, ossiano lire nuove 33,536.96. Al collegio di Sassari venne stabilita la dotazione di lire sarde 5000, con lobbligo di mantenere dieci religiosi.
In riguardo allo stabilimento di Cagliari, siccome i
predi sono di molto migliorati, cos da pensare che
maggiore sar il prodotto. Da questo nulla si detrae
per le feste di s. Michele e s. Teresa, e delle due sagrestie, per cui tenuto corrispondere il monte di riscatto, ecc.
Scolopi. Furon dai consoli di Cagliari chiamati verso il 1635, e fondaron ginnasi per la grammatica e
belle lettere in Cagliari, in Tempio, Sassari, Oristano,
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ferrari e armaroli) non sono in l di 30. Le donne lavorano in circa 300 telai.
Nella scuola di istruzione elementare concorrono
30 fanciulli. Un buon sacerdote legava una frazion
dellasse allo stipendio dun maestro per la grammatica latina e rettorica.
Comprendesi questo popolo nella giurisdizione
del vescovo di Civita, od Olbia. La chiesa principale
appellata da s. Giusta v. e m. consecravasi nel 1738.
La cura delle anime data ad un vicario perpetuo,
nella quale gli assistono altri due sacerdoti. Sono
quattro chiese minori, gli oratorii, uno di s. Croce,
altro della Vergine del Rosario ai fianchi della parrocchiale, un terzo sotto la invocazione di s. Anna, e
finalmente la chiesetta del piccol convento dei cappuccini, dove soglion convivere sacerdoti 5, e quando facciasi lettura di filosofia o teologia cherici 10,
in altro caso 4, laici 6, terzini 4. Suonavi tuttora la
fama di alcuni religiosi calangianesi, ed molto onorata la memoria di un fr. Antonio, che alle prelature
dellordine ebbe aggiunto il titolo di qualificatore
del s. uffizio di Sassari, e di commessario apostolico,
del quale lodato per santit stato detto che pronunziasse dal pulpito al popolo di Sassari la sua morte
avvenuta add 20 marzo 1742.
Le principali feste ritornano per b. Lorenzo da
Brindisi, e per s. Isidoro Agricola. I concorrenti vi
godono dei soliti spettacoli. Nel 1835 non si era tuttora formato il campo santo, e la chiesa, massime
nella state, era contaminata da s copiosa espirazione
di mefite dalle mal suggellate tombe, che conveniva
fuggirsi per non aver male.
Nella campagna troverai sei chiese rurali: s. Paolo
primo eremita verso ostro a 2 miglia; s. Leonardo a
tramontana miglia 4; s. Antonio abbate a tramontana miglia 6; s. Bacchisio ad ostro miglia 6; s. Giacomo, e s. Giambattista ambe a tramontana miglia 14.
Sono tutte di stile antico, salvo lultima che fu riformata. Caddero le chiese di s. Margherita e di s. Sebastiano non lungi al paese verso ponente, e quella
pi prossima di s. Nicol e s. Maria, di pochi passi
distante, dove secondo rivelazioni, che asseriva aver
avute un frate venerato per santit, si credono sepolti i corpi di Cesareo e di Usarida, che fra i tormenti
confessaron Cristo sotto la presidenza di Barbaro.
Agro. Grande la superficie del territtorio attribuito a questo comune dopo essersi estinte le altre popolazioni che lo coltivavano. Labitazione mal situata
in una estremit del medesimo. Spendonsi nella seminagione starelli di grano 350, dorzo 320, e lordinaria fruttificazione al decuplo; di fave e fagiuoli, di
tre variet, tanto che il prodotto sia non pi della
sufficienza alle famiglie. Negli orti sono coltivate lattuche, cipolle, rape coi porri citriuoli, ravanelli, cavoli, cardi ecc. Il freddo nuoce al lino, e poco per se ne
ottiene. Le vigne prosperano, e da molta copia e variet di uve cola tanto vino a poterne somministrare
ad alcuni paesi dintorno, dellAnglona pure e del
Montacuto; se ne distilla eziandio dellacquavite, e
questa pure in quantit maggiore del solito consumo
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Campidano
Campi. Sono molte regioni nelle provincie settentrionali cui generalmente si d questappellativo.
Campo dOziri, vastissima regione del Montacuto
chiusa da monti di Mores, Ardara, Ploghe, Chiaramonte, Sassu sino al fiume di Cogunas, indi dai colli
di Castra, e dalle eminenze di Oziri. La sua circonferenza valutasi in miglia 39, la superficie in circa 90
quadrati. Il terreno pi frequentemente sabbioso. Se
ne dar pi distinta spiegazione allarticolo Oziri.
Campo di Cogunas. Cos dicesi la maremma che
vedesi distesa dai monti di Gallura, Agultu, Cugurenza, Latrai, a quelli di Castelsardo in una superficie
di circa 28 metri quadrati [recte miglia quadrate]. Essa una terra che rinforzasi spesso dalla pinguedine
delle inondazioni del Cogunas, onde suole spiegare
una vegetazione prodigiosa. Vedi lart. Cogunas.
Campo Giavesu, cos detto da Giave che ne possiede
un grandissimo tratto. Ha una superficie di circa 10
metri quadrati [recte miglia quadrate], una terra umorosa e fertilissima. Vedi larticolo Giave.
Campo Lazzaro, che apresi a mezzod di Codrongianos ed a ponente di Ploaghe. La sua superficie pu
calcolarsi alli 8 metri quadrati [recte miglia quadrate].
La terra di somma virt. Vedi larticolo Ploaghe.
Campo Mela. Stendesi questo dalle fauci di Cane-Kervu sotto Scala-di-Giocca alleminenza di Codrongianos. Se la superficie un po minore della
precedente, la fertilit senza contrasto eguale. Vedi
larticolo Codrongianos.
Campo di Ottana. Vedi larticolo Ottna, ecc. ecc.
Nella Sardegna meridionale una landa a ponente del monte Arci, detta Campo di S. Anna: di cui
vedi nellarticolo Oristano.
Campidani. Due sono i principali, uno di Cagliari, laltro di Arborea. Queste cose hanno essi di comune, che siano di pochi metri elevati sul livello del
mare, con cui terminano da una parte; le terre argillose, scarse di sorgenti, e non propinanti dai poco
profondi pozzi che acque salmastre; povere di arbusti, e di piante dalto fusto venute spontaneamente in
mal compenso sparse di cardi agresti e di altre erbe
spinose; che salvo il tempo in cui verdeggiano i seminati compariscano orride come deserti; che soffrano
il calore e lumidit in grado maggiore; che nei tempi
di media temperatura soggiacciano a nebbie frequenti, e spesso fatali: nelle notti serene o a copiose rugiade, o a forti brinate, onde i fiori e i teneri germogli
sono bruciati, e intristiscono le piante e le frutta; e
in ogni tempo a tanta variabilit di condizione nellatmosfera, che entro lo stesso giorno ti parrai portato da una in altra stagione succedendo a un calore che
non sia da patire un freddumido che dia dei brividi.
Alle quali cose poco alla sanit fauste cresce, come dicea, la infezione dellaria dal luglio al novembre dai
molti funesti laboratori di miasmi, dei quali questi
non rimovibili, quelli permessi dalla infingardaggine
dei coloni; quindi correndo questi tempi pericolosi il
timore di prendere un male, che possa esser fatale, se
non si eviti lumido dopo di avere sperimentato il caldo, non temperandosi da troppe bevande, e da cibi di
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Canales
in cui elle si concitarono quando il medesimo rendevale consapevoli dellaltra sovrana grazia, per cui era
abolita la servit personale cui eran soggetti i popoli
aggiacenti alle saline, che o dovean travagliarsi nella
pi calda stagione, o redimersene con unannua prestazione; e meno potrei confidare di narrare la gioja
in quanta festeggiarono i popoli sardi nel d memorando, che richiamavasi alla sovranit la giurisdizione
per diversi titoli sin allora esercitatasi nelle terre infeudate per li baroni o loro ministri, ed una per tutti
i sudditi divenne lautorit direttrice delleseguimento delle leggi. Pi dilettosa allegrezza non mai felicit
la patria: vedeansi tutti i modi del pi sincero giubilo, suonavano le pi onorevoli acclamazioni, si udivano voti per lamatissimo Sovrano, e rendevansi con
religiose cerimonie grazie allAltissimo per averli beati
dun Re tanto studioso del loro bene.
CANALES, dipartimento della Sardegna nella provincia di Busachi, compreso gi nellantico giudicato
dArborea. Contiene Domus-novas, Norguddo, Sodd, Tadasni, Zuri, Sdilo, Boronddu. Dove questo in tempo del Fara esistea Birone, ma eran gi estinte Ustdu, Urru, Bole, Lichri, Nordi, Guilciri,
onde fu il nome al dipartimento, e Sella. Siccome la
curatoria Canales si considera qual frazione di Parte
Guilcier, per se ne rimette in quellarticolo il prospetto statistico.
CAPO, nome di una delle primarie divisioni del regno di Sardegna. Il re D. Pietro volendo cancellare
quanto potesse rammemorare lantico ordine delle cose, e riprodurne desiderio, ordinava nel 1388 quello
era in addietro appellato regno o giudicato di Cagliari
e di Logudoro, aver in avanti a nominarsi Capo di
Cagliari, e Capo del Logudoro. La Gallura aggregavasi al Capo di Cagliari, e dopo la dissoluzione dello stato di Arborea erane attribuita certa parte al primo, il
restante allaltro. I due Capi prendevan poscia un altro cognome, e si disse:
Cabu de Jossu, o Capo inferiore, tutta la pertinenza
di Cagliari nella parte meridionale del regno; senza
lappendice della Gallura Cabu-e-susu, o Capo di sopra, lantico giudicato logudorese; onde nacque la
distinzione degli uomini sardi in Cabu-e-sussus, e
Parte-iosssus.
La divisione non si intendeva dover essere unicamente politica, e si consegu fosse pur morale; onde
furono veduti i popoli della Sardegna separarsi in
parti opposte, che non solo si maltrattavano con disonestissimi dispregi, ma spiegavano una animosit da
nemici. N era gran consensione tra le genti dei rispettivi partiti, e i vincoli della unione erano disciolti
e rotti tra una e altra citt, tra un e altro comune.
Cos fu una dissoluzione fatale a eccidio della nazione, a sicurezza dun debole governo, esist lo scandalo dun disgregamento, quale fu rare volte in tempi
barbari tra nazioni diverse, e videsi la Sardegna con
due capi e nessunanima. Oggimai per la prudenza del
governo dei Reali di Savoja di tanto male non altro
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resta che il vestigio nella denominazione dei due Capi, e questo si spera sar quanto prima abolito.
CAPOTERRA, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari, nel distretto di Silqua. Comprendevasi nel dipartimento Norese dellantico giudicato
di Cagliari.
Nel 1550 questa, come tutte le altre popolazioni
del suddetto dipartimento, giaceva estinta, e giacque
fino a che nel 1655 D. Girolamo Aragall e Cervellon ebbe conceduto certe buone condizioni ad alcuni uomini del Logudoro e della Gallura, che non
sardivano ritornare nelle proprie case, ed esporvisi
alla vendetta dei loro nemici.
Sta sulla falda dei monti presso lo stagno e il mare
incontro alla capitale, in distanza di ore due e mezzo. Sono case 185 costrutte a mattoni dargilla crudi
di brutto aspetto, e nellinterno poco salubri e comode; tra le quali ancora a vedere parecchie delle
capanne che accolsero i primi coloni. Il clima temperato; ma laria in alcune stagioni sperimentasi depravata dagli acquitrini delle terre basse lunghesso
stagno. Non poca parte di tanto male pure da questo, le cui sponde sono di poche miglia rimote.
La popolazione (anno 1835) sommava ad anime
820, distribuite in famiglie 170. Nascevano nellanno 30, morivano 16, e si celebravano matrimoni 7.
Nelle ordinarie malattie sono febbri periodiche, infiammazioni ecc., e per esse, mancando lopera dei
medici e chirurghi, sotto quella di imperiti flebotomi alcuni succumbono nel fiorir della et.
Qui uomini e donne poco si curano della pulitezza. Quelli sono armigeri, di buon umore, inclinati
allamore e al vino, e generalmente poco rispettosi
delle altrui propriet. Molti lavorano a provveder la
capitale di legna sottili e fascine, che vi mandano su
i navicelli. Con essi alcuni uomini di Quarto brucian legno a carbone, onde avvien loro qualche lucro. Questo cresce con la vendita della sala e dei
giunchi che in sulla estate tagliano o strappano dalla
Tuerra, e delle sanguisughe che in grandissima copia
prendono nelle acque della medesima.
Risiede in questa terra il delegato di giustizia con
giurisdizione sopra Sarroco. Dal 1816 vi furon mandati in stazione de soldati di fanteria. Alla istruzione
elementare non concorrono pi di 5 fanciulli.
Questa parrocchia sotto la giurisdizione dellarcivescovo di Cagliari. Il sacerdote che lamministra si
qualifica rettore. Nel popolato non vha che una sola
chiesa sotto la invocazione del glorioso martire S. Efisio. Essa minor delluopo, siccome quella che era
stata dal barone edificata a suo oratorio, non per parrocchiale. Quindi disegnossene unaltra di solida e miglior architettura in luogo pi comodo. Il campo santo, che lantico cemeterio, contiguo alla detta
chiesetta. Nella campagna esistono altre due chiese,
una appellata da S. Barbara che si edificava nel 1281,
dove un cotal frate Guantino con altri compagni menava vita eremitica. La quale sorge sopra un pianerotto in mezza la pendice orientale del monte, luogo di
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unamenit deliziosa, e di estesa vaghissima prospettiva per mezzo lorizzonte da tramontana ad ostro per
levante dove apparisce in bella scena la catena cagliaritana in l del mare con la citt capitale che vi si specchia, e in fondo gli alti monti del Partiolla e la continuazione sino a Carbonara, onde comincia a vedersi il
cielo basato sul mare. I frati francescani vhanno un
ospizio, fin da quando cessero la bella antica chiesa
della Vergine di Monserrato in Uta allarcivescovado
di Cagliari (vedi larticolo Uta). Laltra sotto linvocazione di S. Girolamo trovasi nella parte inferiore del
monte in una valle pittoresca, per dove scorre il Cioffa, quasi sulla linea da Capoterra a S. Barbara. I frati
osservanti vi ebbero un ospizio circa il 1640; poscia vi
si pose un titolo canonicale. Alcuni signori di Cagliari
edificarono in uno ed altro sito delle case, e vi si stavano ne bei giorni a goder dellaria campestre, e della
caccia. Il sito di S. Girolamo presentemente men
pregiato. Dista da Capoterra la S. Barbara per unora,
il S. Girolamo per mezza. Nella memoria de due titolari era in addietro grandissimo concorso.
Due volte solennemente festeggiasi in Capoterra,
una per la Vergine del Rosario nella prima domenica di
maggio, altra per lArcangelo Michele add 29 settembre, con corsa di barberi. Nella prima da vedere mentre portasi in giro il simulacro della Vergine una lunga
schiera di buoi aggiogati con le corna infiorate, nella
fronte vezzi femminili e specchietti, e nel collo serti di
erbe verdi e odorose; cui succedono i confratelli, sopra
i quali viene ladorata immagine col prete, quindi un
codazzo di uomini e di donne in due cori. Quando si
passa presso la casa del devoto (cos detto colui che fa
le spese della festa), i buoi sono adornati in ambe le
corna con pani di sappa a cerchio (coccis) che vi si inseriscono, riconoscenza a chi conduce il giogo; i confratelli sono rigalati essi di consimili pani, e quattro
grandissimi se ne appendono alle quattro branche della
barella del simulacro, dono al prete. I poveri non sono
dimenticati, che trovano preparato il pranzo presso il
festeggiante. Ammirasi la sontuosit del gran convito
per le persone tutte del parentado, e amiche.
Il territorio di questo comune molto esteso, in
parte piano, in pane montuoso, con le roccie granitiche. Ai terreni vicini allabitato meglio si confanno
le viti che i cereali. Si seminano starelli di grano 350,
dorzo 500, di fave, civaie, e lino piccola misura. Il
vigneto occupa dun giorno in altro nuovi spazi. I
vini sono per forza e delicatezza non inferiori a quelli, che vengono dalle terre pi vantate in Sardegna
per questo prodotto.
La Turra. Cos chiamasi nella lingua de sardi
una terra bassa umidosa, solcata da un corso dacque, e fecondata cos dalle inondazioni, che vi si ammiri una vivacissima vegetazione, e cos detta una
siffatta terra sotto il paese per la sponda dello stagno.
In essa e presso, e a non maggior distanza dunora
sono molti poderi. Dai suoi canneti si provvede agli
appaltatori delle peschiere; dai prati naturali si ottiene un copiosissimo foraggio, che vendesi nella capitale sino allestremo giugno.
Capoterra
La Tanca di Nissa; titolo di marchesato per un cadetto della casa Villahermosa. Questo gran podere
segue allaustro della Turra, anzi una sua continuazione. Della cui amenit e fertilit, massime soccorrendo unarte bene intesa, si dovrebbero dire le
meraviglie. Vi si fa seminazione di cereali, e piantagione di tabacchi. Nessun luogo migliore per una
cascina, e questa vi fu costituita, formati alcuni prati
irrigabili con lacque derivate per maestrale dalla piscina di D. Giauru nella Turra. Molte cavalle, gran
numero di tori di razza, e di buoi vi stanno a pastura. Il Rio-lungo termina a mezzod questa terra.
Bestiame. Nel manso si numerano buoi 150, cavalli 30, giumenti 140. Nel rude, vacche 400, cavalle
200, pecore 3000, capre 4000, porci 1000. Il latte e
il formaggio smerciasi nella capitale. Le arnie sono
coltivate in alcuni orti.
Selve ghiandifere. Le principali nelle regioni Bacu
dessalinu, is Barachddos, Monte-Marcis, SArridli, Xilldos: in totalit d 3 milioni individui.
Acque. Avvi moltissime fonti, e le pi di acque
buone. Sono per verso le altre pi lodate la Bramanti in Is barracheddos, e Sa Scabizzada presso il
romitorio di S. Barbara entro un folto bosco di mirti, corbezzoli, filiree, lecci ecc., coperta dun rustico
fabbricato in forma di cappelluccia, alla quale i divoti, quando vi si appressano a bere, depongono certe
crocette di canna fessa o di fuscellini, e dicon essi
per evitar le cadute. Perch scabizzada vale decollata
pretendesi che su questa fonte consumasse suo martirio la santa. Ha fama eguale lacqua di S. Girolamo
sorgente nel giardino del barone, dove tra piante silvestri frondeggiano molte specie gentili.
Acqua minerale? Si pretende che una piccola acqua che scaturisce a pi del monte in distanza di un
miglio e mezzo dal paese verso maestro-tramontana
sia ferrugginea, e di ci adducesi prova nel suo gusto
ingrato, e in una pellicola che vi galleggia, nella quale si riconobbe un ferro carbonato. Qualche medico
la prescrisse con vantaggio in alcune affezioni croniche de visceri del basso ventre.
Viene in questo territorio dai monti di Uta e di Assemini un fiume (su riu mannu), e lo traversa. Nel
1833 il marchese Villahermosa lo deviava, perch in
un bel canale corressero le acque entro Nissa sino alla
foce aperta sullo stagno a versarvele incontro alla peschiera di Malamura. Il Rio lungo contribuisce esso
pure allo stagno, alla cui foce era in addietro un porticciuolo ai navicelli per caricarvisi di fascine e di altri
generi, quando le peschiere aperte davan libero passo.
Porto della Maddalena e Saline. Questo porto presso dove il gran banco della plaia tocca il suolo fermo, la
qual punta fu ci che in principio dicevasi Capoterra.
Siccome il fondo basso, per non vi possono approdare che le barche piatte, o i navicelli per trasportar in
Cagliari legne, paglia, grano, e altre derrate. Dista dal
paese unora, e scorrevi da presso la strada reale, onde
da Cagliari si procede in Capoterra, Orri, Sarroco.
Attigue a questo porto sono le saline che da pochi
anni si ricevean dal fisco.
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Caprra
Antichit. Restano in questo territorio otto norachi; e nella Maddalena sono vestigie di alcune suntuose antiche fabbriche di stile romano, e della via da
Cagliari a Nora. Si vuole che non lungi dalla Cioffa
sul bivio a Capoterra e a s. Barbara siavi esistito un
laboratorio di vetri. Consimil fabbrica parve a qualcuno di riconoscere nella cussorgia di Masoni-Ollastu presso al fiume.
Dei dritti baronali, dei quali molti gravosi, alcuni
vessatori, altri intollerabili, non giova ragionarne.
CAPRRA, anticamente Porcaria e da Tolommeo
insula Phintonis? una piccola terra montuosa aggiacente alla costa settentrionale della Sardegna, contro
al golfo di Arsaquna, sulle bocche dalla parte di levante.
La sua situazione geografica determinata tra li
paralleli 4110' e 4115', e tra li meridiani (alloriente
di Cagliari) 017'31", e 020'. Sarebbe affatto deserta,
se non vi stanziassero da dieci famiglie di pastori della
Maddalena in capanne di frasche a educarvi delle vacche, pecore e capre. celebre la ricotta butirrosa che
vi si manipola conformata in una pinocchia spirale;
quella che lavorano i galluresi ben inferiore; la romana non vince nel paragone. I maddalenini poveri
di terre bramerebbero queste a s in una equa divisione a piantarvi un vigneto, e coltivarvi delle piante
fruttifere, onde accadesse di dipender meno dalla
Ogliastra per li vini, e di avere dove e come impiegarsi, quando vacassero dal mare. Le roccie sono granitiche: il Tialone la eminenza pi ragguardevole.
CARBONARA, o Carbonaja, villaggio della Sardegna sopra il Capo dello stesso nome nella provincia
di Cagliari, e nel distretto di Sinnai. Comprendevasi
nella curatoria del campidano dellantico regno cagliaritano. Venne il nome da questo che ivi principalmente si facesse il carbone per la capitale.
Nella et del Fara (1580) era gi deserto, e si pu
congetturare nol fosse di recente; ch ivi prima che
altrove, essendo un luogo cospicuo e di frequente
passaggio, sar pi volte andata a cadere la furia de
barbareschi sino alla totale desolazione. Indi in avanti
quegli uomini di Sinnai e Mara che vi si conferivano,
ed in meschine capanne restavano per lavorare nei
colti di Simus erano frequentemente sorpresi e menati in ischiavit. Nel 1821-22 fattesi dal marchese
di Cirra o Quirra alcune concessioni ad alcuni signori cagliaritani, uno tra essi, il cavaliere Incani sotto gli
auspici del conte Roero presidente del regno, edificatavi una chiesetta vi chiamava alcuni coloni, e vi accoglieva quegli altri che non aveano stanza, e che vagavano cercando fortuna. Si attese a fabbricarvi delle
case, e capanne. Continuando laffluenza la popolazione in tanto crebbe, che dopo dodici anni vi si numeravano 550 anime in famiglie 130. Non pertanto
non fu sinora eretta in comune, manca di consiglio e
di sindaco, e sente solo gli stimoli dun maggiore costituitovi allesazione dei dritti feudali. Il governo a
sostenervi il buon ordine e reprimere laudacia dei
pastori, mandovvi in istazione alcuni soldati. Sonovi
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gi stabiliti in questa terra alcuni meccanici; e le donne maneggiano da 80 telai per panni lani e lini.
Carbonara sotto la giurisdizione dellarcivescovo
di Cagliari. La piccola chiesa tienesi come parrocchia figliale di Mara-Calagonis. servita da un solo
sacerdote, ed povera sino alla indecenza.
Agricoltura. Nella seminagione si spandono starelli di grano 300, dorzo altrettanti, di fave 150, di linseme 15. Non coltivasi specie alcuna di civaje. La
generazione delle locuste scemava di molto i prodotti; per gi da quattranni soffronsi pi pochi danni,
ch come va distendendosi la coltura restano felicemente oppresse le uova depositate ne terreni sodi.
Fruttifica il grano al decuplo, lorzo al quarantuplo,
le fave al quattrodecuplo. Il lino viene assai bello.
Nel vigneto sono in piena vegetazione viti 500000,
ed il loro prodotto triplo di quello ottengasi nel restante del campidano. Un giuli (ordine di 125 viti)
d i 60 quartieri. Conosciuta nel terreno cotanta attitudine a questa specie amano tutti di piantar vigne,
e provvedere in copia al bisogno e al piacere. Si fabbrica vini ordinari e gentili. Le specie de secondi sono state notate nellarticolo Cagliari provincia. Gli
ordinari sono buoni a pasto (per istomachi forti) e
sar maggiore lor bont come pi maturino le vigne.
Traesi dai medesimi acquavite eccellente, ed in copia; ch mentre altrove da 10 quartieri di mosto di
forza mediocre non ricavasi che una sola cotal misura di spirito; e non pi di due ove ottimo sia; in
questo se ne ottengono due e mezzo comecch il vino che bruciasi non sia scelto.
Si coltivano alcuni orti: le patate vi hanno una
terra propria allo sviluppo, e sono un cibo gradito.
Di alberi fruttiferi sono molte specie, comecch in
piccol numero, e vi prosperano mirabilmente. Gli
olivastri ricevono glinnesti, n mal corrispondono
alle speranze. Gran danno! che i narbonatori abbiano
incenerite innumerevoli piante di questa specie.
Pastorizia. Buoi per lagricoltura 200; vacche domestiche 12, rudi 200; pecore 2000; capre 1000; porci 600; cavalli 10; giumenti 150. Rendon di formaggio allanno per individui le pecore libbre 15; le capre
20; le vacche, che non da guari si cominci a mugnere, 40. Il tenue prodotto delle pecore, che appena
eguaglia la met di quello che solitamente producano
le sarrabesi, accusa la scarsezza del pascolo. Questa si
cagiona da maligni vicini di questo nascente popolo, i
quali sempre intenti al suo nocumento mettono dentro il territorio le greggie pecorine spesso pi numerose
di capi 4000, e gli stessi buoi domiti. Con essi congiurano i pastori Biddamannesi, i quali mentre sostengono daver dritto di svernare in Castidas oltrepassatine
i limiti devastano tutto, rapiscono quanto loro occorre, spogliano gli altri pastori, e quando il possan fare
senza pericolo entrano nel popolato a provvedersi a
spese altrui. Quando sar compressa laudacia di questi feroci, e tolta tanta peste?
Il ghiandifero ne monti di Gennasalto in loro
pendici orientale ed occidentale: vi domina il leccio,
e le piante son poco offese. Ve nha pure alcuni tratti
in Montemri, e Murdda.
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Carbonara
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Cardiga
CARDIGA, altrimenti Alssara, regione della Sardegna nel dipartimento del Srrabus. Giace a mezzod
de monti della Ogliastra, a maestro di Cirra, a levante del Giarri. un altipiano con parecchie, ma troppo ardue scale.
La sua linea da tramontana ad austro si computa di
miglia 5, con la perpendicolare di circa 8. In esso a
non gran distanza dalla sua sponda orientale levasi un
colle detto Sa Planedda, per ci che nella sua parte superiore stendesi quasi orizzontalmente una pianura
capace di starelli 100. Al qual livello pare aggiugnesse
in tempi assai remoti la restante massa, innanzi che o
per lazione delle acque interne che dissolvessero e
consumassero alcuni strati inferiori, o per alcuna convulsione intestina che li sfragellasse crollando si dimettesse di alcune centinaia di metri. Le roccie sono
di arene grosse e minute mescolate nelle parti inferiori
di lapilli, nelle superiori di conchigliette. Quivi vedesi
alcun banco di pure arene. Gli strati sono di varianti
spessezze, come chiaro laddove accadde infrangimento, e meglio nelle coste ove esse levansi quasi verticalmente. Vi troverai frequenti caverne, pi numerose in Mamsi, che per han piccol seno; e nel sito
detto Is tumbas molte cavit aperte alla superficie in
figura di pozzi o di tombe, pericolose fauci dove spesso gli animali sono assorbiti. Non scarsezza di acque. Delle quali nascono alcuni rivoli, che per lo repentino sprofondamento del livello precipitandosi
dalle sponde offrono lo spettacolo di altrettante cascate. Di queste bella a vedere la denominata Maista. Il
ruscello move da non lungi sempre nella stessa quantit, salvo quando le frequenti pioggie, gonfiasi a maggior volume, e presso la scala dello stesso nome volgesi
gi ad una estrema profondit, per influire nellAntas.
La cascata deis Canneddus da due finestre sotto il
ciglio duna rupe tagliata. Essa dalle acque, che si insinuano in is ingurtidorgius, i quali sono due caverne
aperte nel piano, e per un miglio e mezzo un po tortuosamente in unoscurissima gola si avanzano alle
due foci per crescere il fiume Tvulu o di s. Giorgio,
tributario del Cirra movente da Bacu-canargius. Le
cascate di Mamusi vanno nel rio Corru-de-Cerbu, ultimo dei confluenti a destra del Cirra.
Le valli principali del Cardiga sono Coma-e-Sulis,
Buddidorgia, Biscotti, Corrovoni. Nelle quali frondeggiano tra i lecci le filiree, i corbezzoli, ginepri,
mirti ecc. Anche alle Scale trovansi ghiandiferi, e fa
leggiadra pompa di s quello che vegeta alla pendice
e falda della Planedda.
Le capre vi hanno un abbondante ed ottimo pascolo; n ve ne manca per le pecore. Il serpellino non v
raro, e da cotale alimento sono assai pregiati i formaggi
del Cardiga. Essendo questo territorio promiscuo ai
sarrabesi ed ogliastrini, e gli uni e gli altri vi conducono lor greggie; quelli dinverno, questi di primavera.
Il clima fredduccio; laria ottima. La terra si presterebbe a molte coltivazioni. Se ne semin qualche
tratto, e si ottenne anche il 60.
Troverai vestigia di due popolazioni, una intorno a
Santu-Miali (S. Michele) a pi della Planedda; altra in
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bene irrigano li sottogiacenti terreni. Gli abitanti bevono dalla fonte Runache a 20 passi dal paese.
Acque di S. Martino in Campo Mela. Sono esse
fredde acidule leggermente ferruginose. Secondo
analisi del prof. Cant, riferita dal cav. Della Marmora, vi si riconobbero le seguenti sostanze. Gaz
acido carbonico, idrogeno solforato, azoto, ossigeno,
calce carbonata, soda carbonata, magnesia carbonata, ferro carbonato, soda solfata, selce, materie vegeto-animali.
La virt di queste acque in molte malattie, per cui
sono prescritte dai medici, contestata da stupende
guarigioni. Duole il vedere come non siasi ancora
potuto eseguire il bel divisamento di uno stabilimento, dove gli ammalati potessero star comodamente.
Nella condizione attuale del luogo n un terzo degli
ammalati, cui queste acque gioverebbero, pu profittarne; per che non vha n una capanna, dove ricoverarsi, e in certi tempi deve assai temersi della malignit dellaria; in tutti della troppa umidit notturna.
Tre ruscelli scorrono per le terre di Cargieghe, e
sono Riu-de-montes, Badde Sana, e Rio di S. Pietro. I due primi mancano nella estate; il secondo entra nel terzo.
Restano due soli norachi, e li troverai nel Campo
Mela un detto de sa Tua a ponente della strada centrale, che fu in gran parte demolito; laltro nellaltra
parte detto di S. Maria e del fiume de Montes, che
fu poco offeso.
Dei dritti baronali non serve fare spiegazione. Questo
comune e territorio fa parte della Baronia di Ploaghe.
CARLOFORTE, borgo fortificato della Sardegna
nella provincia dIglesias e isola di s. Pietro, alla
sponda del mare, in mezzo il lido orientale, dove
un seno aperto al primo quadrante. situato nella
latitudine 398' 30", e nella longitudine occidentale
da Cagliari 050'.
Dallepoca dubbiosa del suo disertamento allottavo
lustro del secolo XVIII, tra i quali termini furon molti
secoli, fu questa isola senza popolo, ed il solito luogo
di agguato per li barbareschi, onde si lasciavano sopra
le navi di commercio che vi si avvicinassero, o sopra la
Sardegna a desolarne i lidi. Nel 1621 convocavasi in
Cagliari un parlamento straordinario per provvedere a
certe fortificazioni in questa e nella sua prossima isola
di s. Antioco, che poi non si eseguirono (vedi il baron
Manno, Storia di Sardegna, anno notato).
Ripopolamento dellisola e fondazione di Carloforte.
Nel 1737 ridondando di popolazione la isoletta di
Tabarca, che giacesi di fronte allAfrica a non grandi
distanze, venne il caso di dover emigrare, e si prese il
partito di supplicare Carlo Emanuele di accettare in
alcuna delle piccole isole aggiacenti al suo regno alcune centinaja duomini. Il re destin loro lisola di s.
Pietro, e di essa investiva il marchese Della Guardia
D. Bernardino Genoves con titolo e dignit di Duca.
Mentre si regolavano le franchigie e condizioni dei
coloni, e le ragioni del Duca, le quali a nome degli
abitanti di Tabarca riconosceva Agostino Tagliafico,
Carloforte
un signore genovese (D. Giambattista Segni) proferivasi di aggiungere alla novella colonia la sua famiglia
e alcune persone dipendenti. Nel maggio adunque
dellanno 1738 giunsero i coloni Tabarchini, gente
tutta originaria e fin allora dipendente dalla Liguria,
in numero di pi di quattrocento uomini robusti e di
bella forma, con abbondante fornimento di robe,
masserizie, arredi per la pescagione, e instrumenti per
lagricoltura, senza i condottivi dal Segni. Si pu bene immaginare che fosse allora questa terra. Pertanto
diboscatovi uno spazio sufficiente alluopo, si cominci a edificare sur una piccola eminenza le case, e insieme un forte, e ad appellare, compostosi con questo il nome del benefico Sovrano, il luogo Carloforte,
gli uomini Carolini. A proteggerli dai barbareschi,
che si volean rivendicare una stazione opportuna ai
loro ladronecci, mandava il vicer artiglierie e soldati,
a farli prosperare li giovava in tutte altre maniere (vedi il chiarissimo baron Manno (anno 1738) che le
principali cose di questa colonizzazione egregiamente
descrive). Siccome per gli abitanti, che eran gente di
mare, poco amavano di restarsene chiusi in quelle
roccie, impresero per maggior comodit a formarsi
delle baracche sul lido, le quali pi volte divorate accidentalmente dalle fiamme, finalmente permetteva
il governo si fabbricassero stanze pi perdurevoli; ed
ora non restano nellantica dimora che poche famiglie, la guarnigione, i condannati al lavoro, ed i prigionieri. Della prima chiesa parrocchiale non sono
che le vestigia, e va rovinando la bastita di s. Carlo.
Sulla porta della quale ecco quali sensi furon scolpiti
in una tavola marmorea:
INHOSPITAM INSVLAM
LABORIOSA GENTE EX AFRIC ORIS ARCESSITA
VRBE FVNDAMENTIS ERECTA
CVLTA ET INCOLIS FREQVENTATA
IN PISCATIONIS ET COMMERCII PLAGAM
FELICITER CONVERTIT
CAROLVS EMANVEL REX
CAROLI MARCH RIVAROL PROREGIS
CONSILIO SEDVLITATE
QVO REGNO ET EXTERIS
OPES PARARET ET COMMODVM
E molto veramente il popolamento di questisola
confer allincremento di s. Antioco; e molto al Sulcis, cui furono grandi vantaggi dal commercio con i
novelli coloni.
Era il quinto anno dalla istituzione di questa colonia, quando lisola di Tabarca, che poteva stimarsi
inespugnabile a qualunque vigoroso attacco dei barbereschi, cadde in potere dei medesimi per uno stratagemma in tempo che fungeva le veci di governatore
un uomo di grande et e di poca prudenza, e furono
quanti vi si trovarono portati in ischiavit, miserevol
gente, in massima parte vecchi, donne e fanciulli; ch
gli uomini di forza per sorte o per disgrazia ondeggiavan sullalto a trarne i coralli. Il re Carlo Emanuele
restava commosso dalla disgrazia de miseri, che perduta aveano la libert, e dal dolore dei parenti, che
perduto aveano i loro cari; e veduto che la repubblica
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di Genova, cui dovea spettare di procurare la loro salvezza, non se ne dava alcun pensiero, intese a redimerli, e li redense, ricevuti i pi in iscambio di schiavi maomettani, gli altri a certa sopramisura per la
generosit del Bey Al. Dai quali (in numero di 120)
fu un nuovo incremento a Carloforte (vedi allanno
1750 il sullodato baron Manno). La memoria di
questo riscatto con tanta piet del re, e maggior incremento della colonia, serbasi durevole entro la popolazione per un monumento marmoreo erettovi nel
1788, che una statua colossale dellAugusto in paludamento reale e con laltre insegne della maest sovrana, cui da un lato un uomo, dallaltro una madre
col figliuolino sottogiacciono incatenati. Sorge nel
centro della piazza della marina sopra un gran piedestallo a due faccie, del quale a leggere queste scritte.
1. A fronte:
REGI CAROLO EMMANVELI
FORTISSIMO PRINCIPI
OB EXIMIAM CLEMENTIAM
QVA TABRACANOS METV AFRICAN
SERVITVTIS EXTORRES
CASTRO SVI NOMINIS CAROLINOS
IN INSVLA SANCTI PETRI EXTRVCTO
IN FIDEM RECEPIT
ET MVNERIBVS AC PRIVILEGIIS ORNATOS
IMMVNES AB OMNI TRIBVTO DIV SERVAVIT
COLONIA TABRACANA
CONDITORI SVO
ET ALBERTVS GENOVESIVS
DVX INSVL
MONVMENTVM EX SOLIDO MARMORE
FIERI CENSVERVNT
ANGELO SOLARO PROREGE
2. A tergo:
REGI CAROLO EMMANVELI
PIO FELICI AVGVSTO PATRI COLONI TABRACAN
QVOD CETEROS TABRAC INCOLAS
A BARBARIS E PATRI SINV IN VINCVLA
ABREPTOS
DIVQVE MISERA SERVITVTE PRESSOS
MISSO TVNETVM VIRO DILIGENTISSIMO
REDIMENDOS CVRAVERIT
ATQVE HIC CVM SVIS DEGERE INDVLSERIT
GENS VNIVERSA
ET ALBERTVS GENOVESIVS
DUX INSUL SANCTI PETRI
STATVAM ET SIMVLACRA SERVITVTIS RELEVAT
CVM TITVLIS ET OMNI ORNAMENTO
FECERVNT AN MDCCLXXXIII
CAROLO FRANCISCO THAONE PROREGE
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Carloforte
giustizia postovi a far ragione. Alla primaria istruzione attende un sacerdote dello stesso luogo, e la scuola
suol esser frequentata da 50 a 60 fanciulli, molti dei
quali passano poi allo studio della grammatica latina.
Questo popolo sotto la giurisdizione spirituale
del vescovo Sulcitano. La chiesa parrocchiale appellasi
da s. Carlo Borromeo, ed governata da un vicario
con lassistenza dun altro prete. Sono tre chiese figliali, una dentro il popolato, laltre fuori. La prima un
belloratorio dedicato alla N. D. nella sua Concezione, che appartiene alla nobil famiglia Segni. Il simulacro, che vi si adora, dicesi ritrovato miracolosamente
nelle terre di Tunisi da uno schiavo carolino, da lui
consegnato a un prete della detta famiglia parimente
schiavo, e da questi reduce in patria onorato di un
bellaltare. Laltra dedicata allapostolo s. Pietro nel padronaggio della nobil famiglia Porcile. Dista dalla popolazione un quarto di miglio. La terza sotto linvocazione dellapostolo s. Giacomo Maggiore, in cui ha
dritto la casa Mongiardino, lontana di un miglio e
mezzo. molto conosciuta la religiosit dei carolini.
Il territorio dellisola si calcola di circa 16 miglia
quadrate. Esso un ammasso di scoscese rupi, di piccole e aspre colline sparse di macchie, onde provvedesi la
popolazione pel fuoco, e di alcuni pineti, di cui si provvedono gli abitanti per la costruzione dei loro piccoli
battelli. Il suo aspetto geologico dalla parte di levante
d a conoscere essere stata questa terra in continuazione
di quella di s. Antioco. Nella qual costa vedonsi delle
sostanze vulcaniche che ne paiono esser procedute da
grandi masse di porfido silicioso, che tagliate verticalmente, presentano informi e grossolane colonne. La
base coperta dalle acque del mare; le facce de prismi,
le cui teste sono sulla massa argillosa, sono distinte da
una bella tinta rosa ramificata sovente per dendriti. Dicesi vi si trovi in abbondanza il manganese, in Cala-vinagra un filone di ferro secondo le apparenze assai considerabile; nella regione denominata il Becco, il diaspro
sanguigno; e in varie parti delle ottime terre per majoliche secondo sperimenti di persone perite.
Comech la natura di questo terreno sia tale, che
poco vi possa valere lagricoltura, non pertanto i carolini per lindefesso studio ottengon alcun profitto. Si
coltivano molte specie di erbe e frutta ortensi e i pomi
di terra; si seminano lenticchie, piselli, ceci, fagiuoli,
ma in poca quantit, e tutto consumasi ancor tenero.
Di grano accade spesso raccoglier meno, che erasi dato; e quando il cielo prosperi i seminati, non si procaccia pi che al bisogno di tre soli mesi: lorzo si d
in erba a buoi. Le viti vegetano benissimo, le uve sono delle variet comuni della isola madre; il prodotto
n copioso, ma tenue il vantaggio, che posson trarne i
coltivatori in tanta vilt dei prezzi. Le specie de fruttiferi sono in grandissima quantit fichi e mandorli, in
minore gelsi, olivi, albicocchi, susini, peri, pomi e alquanti alberi di agrumi, ciriegi e meligrani.
Mancando i pascoli non si possono educare che alcune centinaja di pecore e i buoi necessari per lagricoltura, che si comprano dal Sulcis, onde pur si provvede alla beccheria.
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Castel-Sardo
nel 1366 fu occupato dal Giudice dArborea La Padulazza nella Gallura presso Terranova: sarebbe quello
che gi si appell Rocca-forte? Palmas nel Sulcis
Pasules Pedrs, o Detrs, come dicesi, e pare pi
correttamente, dai Terranovesi Pisano (vedi Sassari)
Plassas (las), o le Piazze, lo stesso che il castel di
Marmilla Pula Rocca-forte Salvaterra (vedi Iglesias) Sanlri Santanno, che il re D. Pietro prima
di ritornarsene nella penisola facea munire, come riferisce lo Zurita Santisconta, che il Fara menziona
nella curatoria di Nora Sardo (castel) in sul principio genovese, poi aragonese Sarrabus: ne fa menzione il Fara, ma il padre Angius per ricercarlo che abbialo ricercato non n trov n vestigio n tradizione
Sassari Serravalle (vedi Bosa) Sorra Stccoli nella
Gallura presso Terranova Terranova Testu nella
Gallura, nome antico, cui forse fu sostituito o la Padulazza o Stccoli Tului, luogo forte mentovato dallo Zurita Uras ecc. Pare ve ne fossero altri sopra
questi, che si potranno riconoscere in una diligente
perlustrazione. De quali sono pochi rammemorati
nella istoria, quelli pi pochi, della cui edificazione
siaci nota lepoca.
CASTEL-SARDO [Castelsardo], cittadella della Sardegna nella provincia di Sassari. Denominavasi in sul
principio Genovese; poscia, fermamente stabilitasi nellisola la potenza de re di Aragona, ed esso per forza
darme venuto in loro dominio, fu detto Castellaragonese; finalmente da Reali di Savoja ebbe un cognome
che gli potesse perpetuamente convenire in qualunque
vicenda politica.
In distanza di ore 3 da Sorso verso libeccio, da Sdini verso scirocco, e di tre e mezzo da Nulvi, giace
Castelsardo alla latitudine 4055'; ed a 025' di longitudine occidentale da Cagliari sopra un promontorio da lungi cospicuo nella pendice a maestro, e di
circa un ottante inclinata allorizzonte. Perch sono
le abitazioni disposte in scala, e fu necessit formare
i gradi nelle strade che movono in tramontana.
La figura che determinano le muraglie irregolarissima per li molti angoli salienti e rientranti. Alla
grossa pu rassomigliarsi a un triangolo scaleno con
langolo minimo spuntato. Non le vedon tutti siffatte somiglianze!
Strade. Le pi sono selciate da che il V. R. DesHayes vi si trasfer a visita. Delle quali la primaria e
pi frequentata dicesi la piazza, nome che in tutto il
Logudoro vale strada del corso. Procede da levante a
ponente, comecch non per una giusta retta. Superiormente muovonsi tre altre, ed esse per linee meno
regolari; inferiormente ne corron due ancor pi tortuose. Delle traversali la meglio diretta la cantonata,
che appoggiasi a mezza la piazza. Puoi numerare edificate sopra la principale che notai isole 24 sotto 42.
Sono due spazi larghi, uno in alto nel bastione di
Bellavista, altro in basso nella piazza del Manganello, dove tra le mura e le case quasi un terzo di tutta
larea con alcuni orti e giardini. Mancando le cloache
accade che tutte le feccie debban gittarsi verso questa
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Castel-Sardo
parte; come fanno le serve tutte le sere verso le ventiquattro. Poche case sono che abbiano un piano superiore; nessuna che sia rimarchevole per vetust, grandiosit, e bella architettura, non escluso il palazzo
municipale, lepiscopio, il seminario, che comparativamente agli altri edifizi hanno alcun pregio.
Fortificazioni. Il luogo ha naturali difese cos formate che basti pocarte e forza a che sia la posizione
inespugnabile. Dallaustro unerta assai repente,
dove per agevolarvi lo salimento convenne di spezzar
la linea stradale in tre branche, sviluppo che tutto
non toglie laffanno: da ponente e levante rupi stagliate quasi imminenti sul mare; da tramontana la
scogliosa falda del monte su le quali ruota il vento e
frange onde vaste.
Fortificazioni antiche. Castello. Sorgeva sulla cresta, e perch gli approcci delloppugnazione esser
poteano dalla sola pendice australe su e contro questa parte, si edificavano e si accresceano gli ostacoli.
Quando vi si appressi da su la strada di ponente esso
ti si apparisce basato sopra acute balze in un aspetto
tale che pu scoraggiare chi mediti violenza. Ed era
per li tempi, quando non si trattavano le armi da
fuoco, come ben situato, cos parimente formato e
capace. Avendo gi subito non poche riforme e patito guasti dai nemici che se ne impadronirono, e dalla esigenza dellartiglieria moderna non si potrebbe
accertatamente determinare il suo primitivo disegno;
nondimeno chi si conosce dellarte antica ha bene
onde intendere il molto merito della architettazione.
Le mura sono tali quali nel medio evo si solevano
costruire, e cos condotte come voleva la condizione
del luogo, e consigliava una maggior sicurezza. Esse
quasi in ogni parte sorgean sul ciglio di scoscendimenti precipitosissimi, e non permetteano a un nemico nessun luogo sotto di s. Delle antiche torri, che a
varie distanze tagliavan la cinta, e sporgevano a difesa
delle medesime, due ne appariscono ancora presso al
castello in contro a sirocco, e cinque nella gran linea
contro al mare; laltre cadute per propria debolezza o
per ostili percosse non pi furono restituite.
Fortificazioni moderne. Nella innovazione che le recenti macchine di guerra indussero nella architettura
militare, siccome il governo Spagnuolo volle sostenere
nellantico pregio questa posizione, perci comandava
alcune aggiunte e riparazioni, e queste della solidit
che conveniva per soffrire il cannone; principalmente
dopo che nel 1527 ebbero i francesi cagionato non
poche rovine (vedi Notizie Storiche). I punti allora fortificati sono stati detti bastioni e baluardi, quantunque non sieno che semplici batterie l formate dove
parea bisogno a dare agli aggressori (il bastione di Bella vista e lo Sperone a ponente, il bastione della Corona col Manganello a tramontana, la Loggetta a greco
levante), e non gi ad altro; ch i baluardi n erano
necessari nel nullo timore duna breccia accessibile, n
praticabili nella condizione del luogo, e nel movimento della linea. Io non vo dire che sia risultato dallaccomodare alle ora usate le fortificazioni formate per
altre armi; niente di sua vantata inespugnabilit. La
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soggiacque a un crudele eccidio: ch come narra il padre Francescangelo Tealdi delle S. P. (in un manoscritto che conservasi nella biblioteca del collegio di Sassari, contenente alcuna parte della storia antica della
Sardegna con in fine un catalogo de giudici torritani)
sulla fede del condaghe di santa Tecla di Nulvi, dai saraceni discesi ne prossimi littorali e inoltratisi sino a
questo monisterio, esso fosse tutto posto a ferro e a
fuoco. Vedesi bene che siccome gli altri antichi monumenti appartenenti ad altre chiese fu questo pure di
santa Tecla depravato da uomini ignorantissimi, e studianti a rispingere ad una antichit maggiore le cose
avvenute molto dopo; ma non pertanto si pu dubitare della verit de principali fatti. Quindi voglio accettar col tristo evento che accennai, e la pena che
portaron tosto del loro sacrilegio glinfedeli dal giudice (sarebbe egli Gonnario II?) assaliti mentre erano
intenti ad altre rovine, rotti e sospinti nel mare; e la
restituzione della chiesa in miglior forma, la sua consacrazione, e la concessione ai fedeli di molte indulgenze. Essendo state queste cose, convien dire che la
chiesa ora esistente sia la ristaurata, comecch non
presenti alcun bello nel disegno, n vi si ammiri magnificenza di sorta. Sorge da lungi visibile un campanile quadrangolare in opera quadrata, o pietre rossastre. Nellinterno della chiesa pare che sia stata molta
semplicit prima che i moderni, che impotenti a far o
egualmente o meglio hanno difformate le cose antiche, la avessero toccata. Non sono pi di due cappelle, e nella maggiore adorasi la Nostra Donna in un simulacro di alabastro, che alcuni vorriano attribuire a
mani maestre. Fu in questa chiesa costituita una abbazia con giurisdizione sopra cherici, e chiese, onde
labbate esigeva certo annuo censo, con dritto sopra
servi, ancelle, vassalli, terre, corti, saline, ecc. (carta di
Gonnario II, 1153). In breve essa primeggi sopra gli
altri stabilimenti benedittini della Sardegna, e questo
possiam dedurre dallessere stata menzionata la prima
fra gli altri luoghi che vi ottenevano i cassinesi in un
privilegio (1123) concesso a quella regola da papa
Callisto II, in una bolla di Alessandro III (1159), e in
un diploma di Clemente III (1188).
Contado di Castel-Sardo. Stendesi in lungo per
quattrore, in largo per una e mezzo.
Si seminano starelli di grano 1900; dorzo 500; di lino 60; di fave, lenticchie, ceci, fagiuoli, piselli, ecc. 90.
I grani fruttificano al 15, e 20; gli altri semi si moltiplicano in modo, che tengasi per contento il coltivatore, se il cielo non sia contrario alla vegetazione.
Si coltiva 25 variet di uve, e si ottiene dai frutti
cariche 1500, che eguagliano quartieri 22,500. Delle
diverse specie de vini gentili non si ha che il moscato; degli ordinari si fa grandissimo consumo, e per
sono spesso visitati i cellieri.
Nelle vigne sono sparse moltissime specie di fruttiferi, meli, peri, aranci, limoni, fichi, peschi, meli
cotogni, in breve quasi quante si coltivano nel contado di Sassari. I fichi dIndia fanno belle siepi ai poderi. La mostarda viene spontanea, e certa quantit
ponesi nel commercio a lire sarde sette e soldi dieci
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Castiadas
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Ceddiani
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Cpara
Sta incontro al ponente sulla costa dun rialto in distanza da Cabras capo-luogo di mandamento dunora
e mezzo, da Oristano di ore due a cavallo.
Le strade sono irregolari in direzione e in ampiezza, e assai fangose, sebbene, come pu dedursi dalla
giacitura, sia ben facile dar uno scolo.
Le case sono 150, tutte a mattoni crudi di argilla.
Le anime (an. 1834) 473 in famiglie 141. Si celebrano allanno 7 matrimoni, nascono 30, muojono 15.
Nelle malattie ordinarie poni infiammazioni di petto
e delladdomine, febbri periodiche autunnali, dolori
laterali, epatiti, reumi ecc.
Grande il calore che si soffre per pi di sei mesi;
grandissima la umidit per le molte acque stagnanti,
onde in certe stagioni fuma una nebbia crassa. Laria
sarebbe sempre salubre? A danno della salute cresce
la pessima qualit delle acque potabili.
Sono gli uomini di Ceddini molto laboriosi. I pi
si occupano dellagricoltura, pochissimi si esercitano
in qualche arte meccanica quando sia bisogno; le
donne lavorano il lino in 120 telai.
Vi istituita la istruzione elementare, ma non vi
si mandano che pochi fanciulli.
Comprendesi questo popolo nella giurisdizione
dellarcivescovo dArborea.
La chiesa parrocchiale posta dopo le abitazioni ha
per titolare lApostolo s. Pietro, e governasi da un
pro-vicario con lopera sussidiaria dun altro prete.
Lunica chiesa figliale sotto linvocazione di s. Antonio da Padova trovasi fuori a pochi passi. La principale solennit per s. Vito, con molta frequenza, divertimenti e corsa di barberi.
Le terre sono molto idonee ai cereali, e dicesi pure al cotone e alle patate. Tra laltre assai lodata lIsca siccome fertilissima di granone, civaie e frutta ortensi. Si semina starelli, di grano 1000, dorzo 30, di
fave 80, di legumi 20, di lino 20. Il monte di soccorso distribuisce starelli 800.
Le vigne prosperano mirabilmente, e sono molto
pregiati i vini cos ordinari, come gentili. Il prodotto
somma a 10000 quartieri, di cui una parte si brucia
per acquavite. Nei piccoli predi non saranno pi di
1000 alberi fruttiferi. La maturit in tutte le specie
assai precoce. Non piccola parte del territorio chiusa,
e vi si coltivano cereali, o tengon in pastura le bestie.
Queste sono nelle seguenti specie e numeri: buoi
240; vacche 100; cavalli 40; pecore 2000; porci 36;
giumenti 110. Con ci sia che sieno le terre erbifere,
e in molti siti umidosi anche di estate han tutto lanno sufficiente alimento.
Scorre per esse il fiume che da Bonarcado passa in
Tramazza, e congiunto con laltro da s. Lussurgiu, va
sotto il ponte di Rila (vedi Busachi provincia). Il
Tirso dallaltra parte.
Questo riboccando dallalveo e versandosi in un
concavo forma una palude. Ne troverai altre minori.
Nelle quali terre acquidose vegetano bei canneti, onde
si prendono le canne per gli steccati delle peschiere.
Molte specie di acquatici offronvi facil preda ai
cacciatori.
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Chiaramonti
CHIARAMONTI, antico castello, e borgo della Sardegna nel dip. dAnglona del Logudoro, oggi compreso nel distretto di Nulvi della provincia di Sassari.
La sua situazione in luogo sovraeminente a tutta
lAnglona, e di vastissimo orizzonte, dove si giace in
una concavit tra le punte di S. Matteo, di Codina rasa e del Carmine, senza per che vi si patisca umidit
di sorta. Il clima forse non poco incostante per li
venti che vi agiscono spesso e violentemente; i fulmini
non rari, n sempre innocenti; le pioggie nellautunno
e inverno non desiderate, e in questultima stagione
frequenti le nevi. Laria dovria tenersi salubre in ogni
parte dellanno; tuttavolta dalla fermentazione de letamai ella mescolata di alquanta malignit, cui per
laddietro addoppiarono altre impurit dalla corruzione dei cadaveri sotto il pavimento della chiesa, dalle
cui fessure esalava un gravissimo odore a cotanta molestia de divoti, che accadea spesso fossero non volenti sospinti in fuora a ravvivar gli spiriti.
Le vie anzi sentieri al borgo da qualunque parte
salgasi, sono difficilissime e assai ripide per alcuni
tratti, e per molti coperte dalle lussureggianti siepi,
che se gradite nelle ore estive sono spaventevoli di
notte non tanto perch sotto quellingombro acciecasi il viaggiatore, quanto per la comodit a scellerati di poter fare dallalto e improvvisamente e impunemente i colpi.
Componesi questa villa di circa 390 case separate
in molti gruppi da strade poco regolari, delle quali
tre sono principali e molto frequentate. Ne d festivi
gran riunione in sulla piazza, che dicono su salone
dove i giovani prendonsi diletto nelle danze allarmonia di quattro voci, che ripetono le canzoni dei
poeti Logudoresi.
Professioni. Le principali sono lagricoltura e la pastorizia. Vedrai come la prima va sempre pi prevalendo sulla seconda da questo che a quella sono applicate pi di quattrocento persone, a questa circa 300.
Su che onde non si concepiscan idee false, convien sapere che di quel numero di agricoltori forse la met
manca di buoi, e quindi o lavora negli altrui campi a
conto altrui, o a proprio semina quei tratti di terra
che pot dissodare; e sono pochissimi fra quei che diconsi pastori che abbiano suoi gli armenti, e per gli
altri o custodiscono roba raccomandata, o servono
subalterni, o travagliano a legnare, o, come usano i
meno onesti e pi infingardi, vagano a trovar sua fortuna, che ad altri o diminuzione o sventura. Nelle
arti meccaniche non si affaticano meno di cento persone, i quali servono ai bisogni della gente del luogo e
delle vicine. La comune arte donnesca della tessitura
pochissimo esercitata, non adoperandosi pi di 50 telai. Non so di quali altre cose lavorino.
Istruzione elementare. Questa la sola che siavi
istituita, ma cos poco frequentata, che forse non vi
interviene n un trentesimo di quanti dovriano. I
genitori lasciansi nella profonda ignoranza dellutile
che viene sempre dallistruzione ed educazione, perch dai medesimi posposto al meschino profitto
che hanno dai fascetti di legna che quei teneri non
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Chiaramonti
atti ancora a lavori che esigon membra robuste, possan vagando tuttod raccorre.
Popolazione. Consta questa (anno 1834) di anime
2100, in famiglie 385. Avvengono per anno matrimoni 30, nascite 80, morti 60. Le ordinarie malattie
sono le periodiche e i dolori laterali, onde di inverno gran mortalit, massime da che fu quasi generale
il disuso del cojetto. Lordinario corso della vita pu
limitarsi allanno sessantesimo della et, quantunque
non siano rari gli esempli duna lunga vita maggiore
in persone temperanti, e che si sanno con le antiche
vesti sarde ben munire contro i tradimenti atmosferici, se lice cos dire.
Costumanze. Nella celebrazione delle nozze andando
alla benedizione sacramentale usano gli uomini di questo luogo, siccome quelli di non pochi altri, di offrire al
paroco entro un canestrino alcuni pani di semola, una
guastaduzza di vino e due candele di cera. Gli sposi o
vadano in chiesa o ne ritornino, non mai si ommette
verso loro la Deiscia versandosi sopra i medesimi grano,
orzo e fiori; congratulazione e augurio felice.
Messe novelle. In simil occorrenza il neo-sacerdote
vestito di cotta, stola e berretta, accompagnato da un
padrino e da una matrina con grandissimo codazzo, e
suonando a festa tutte le campane, portasi nella chiesa.
Questa riempiesi di gente devota, e di tutti quelli ai
quali certe strane opinioni si appigliarono sopra la virt delle messe novelle. Alloffertorio un movimento
generale e affollansi tutti allaltare. Baciato il manipolo
del celebrante depongono delle limosine nella preparata sottocoppa. Ritornasi in casa nellistessa forma, e si
instruiscono grandi mense a suntuoso convito. Intanto
in quella casa beata confluisce il bene da tutte parti,
ch si onora ciascuno di contestare coi doni che possa
la sua religione e gioja. Ivi vedrai scelti capi vivi dogni
specie di bestiame, e morti della et pi tenera; caccia
di grosso selvaggiume e di volatili; molte misure di
grano, orzo, fave, civaje; canestri di pane bianchissimo
lavorato con arte studiosissima e dipinto; di frutta scelte, e non pochi vasi di vini squisiti, ecc. ecc.
Veglia alle puerpere. Nella nascita de primogeniti
quando venga la notte le parentele e le aderenze si
congiungono appo la puerpera, e dopo uno splendido banchetto passano laltre ore sino a giorno in gioja tra suoni, canti e balli. Come comparisca il sole si
distribuisce alcune vivande del convito alle famiglie
del vicinato.
Compianto. A una morte violenta i primi consanguinei si affrettano al luogo dove giaccia linterfetto, vi
spiegano il loro dolore con crudeli ingiurie e danni alla propria persona, e tra gli ululati delle femmine, le
strida della o madre o sposa, il ringhiamento feroce e i
giuramenti di vendetta degli uomini, tutti scapigliati,
insanguinati, squallenti trasportano il cadavere in casa. Le cantatrici come prima sia composto lesangue
sono pronte alle solite nenie. Le quali non si trascurano mai qualunque sia lo stato della persona.
Funerali. I parenti vi intervengon accompagnati
da loro amici, e compito il divino ufficio le persone
del clero li riducono alla mesta stanza, e quivi loro
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fagiuoli moreschi e piselli 20, di lino? La moltiplicazione non considerevole; di che non si accagioni
la natura delle terre, ma piuttosto la poca perizia per
mancanza di esperienza che finora fu lunica maestra
degli agricoltori sardi, siccome degli altri uomini posti in egual condizioni di cose. Dai cereali ottiensi il
5, dai legumi l8, e si raccoglie circa 100 cantara di
lino. Negli orti coltivasi finocchio, pietrosello, cipolle, porro, ravanelli, rape, aglio, appio, bietola, cavoli,
lattughe, citriuoli, cocomeri, poponi, zucche, pomidoro, carcioffi. Alcune felici esperienze si fecero sul
cotone; ma niuno impresene finora la coltivazione.
Le vigne sono felicissime sulla falda, e nelle vallette del monte contro austro e levante. Le viti delluva
bianca sono distinte in diciassette variet, della nera in
12, della rossa in 2. I vini hanno fama di bont; ed
tanto la loro quantit che se ne pu e suole somministrare ai vicini villaggi. Cuocesi assai di mosto per sappa, e se ne brucia non poco per acquavite.
Piante fruttifere. Prugni di variet 14, peri di 40,
pomi di 16, fichi di 16, peschi di 6, e altre tredici
specie, ciriegi, noci, castagni, mandorli ecc. ecc.
Grandissimo il numero degli individui; onde tanta
la copia delle frutta, che fattane non piccola parte alle
genti dAnglona, ne resta assai per ingrassare i majali.
Tanche. Pi della met del territorio chiusa, ma
di questa estensione appena un terzo appartiene a
proprietari chiaramontesi. Di esse sono 62 che si
coltivano, e 250 che si lasciano per la pastura del bestiame manso e rude. Le pi di queste hanno quercie, lecci, soveri, delle quali specie sono non rare le
piante di s gran diametro che una catena di tre o
quattro uomini toccantisi di lontano non sempre
eguagline la circonferenza.
Monte Sassu. Giace quindi proteso ai monti di Limbara pi largo che eminente, presentando un dorso
che pare poco difficile. Grandissima parte del ghiandifero su le sue pendici, e la schiena quivi pure prevalendo di numero la specie de lecci. Tra esse ritroverai frequentissimi gli olivastri. Vuolsi che queste selve
ricoprano una superficie di circa 40 miglia quadrate;
le quali se sieno per tutti i luoghi egualmente folte
non so a quanti milioni possa ammontare la somma
delle piante.
Senza questa del Sassu sono nel chiaramontese altre considerevoli eminenze, quali di pi, quali di
men vasto orizzonte, e sono nominate Montozastru,
Ccchile, Montardu, Eleghia ecc.
Questi luoghi boscosi sono stati in ogni tempo il
nido de pi scellerati, e in alcuni siti sono tuttora
durevoli le memorie funeste de loro delitti, e del disperato loro valore. nobile sopra gli altri il castello
di Oloitti, rupi cos dette per la loro forma e per lo
scoscendimento de fianchi, dove nel secondo quarto
del secolo scorso riparavasi spesso il famoso bandito
Giovanni Fay, di cui ti dar poi qualche contezza.
Dicesi che a piccol intervallo del fiumicello che lambe quelle ime rupi sia indizio dun vulcanetto in un
continuo fumo che spira da piccole fauci. Si pure
preteso sia in queste regioni un minerale di carbon
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fossile (in che certamente scambiano la lignite o antracite) e si possa trovare del ferro. Tra le terre vantasi certa specie di color verdiccio e di un grave odor
di zolfo, onde si trarrebbe del salnitro, e altre di cui
volessero lavorare li vasai.
Pastorizia. Nel 1834 erravano in questi pascoli armenti di cavalle 14 nella comune di capi 30, di vacche
30 nella com. di 110; le capre in 12 greggie di 80; le
pecore in 125 greg. di 250; i porci in 13 greg. di 50.
In totale, non compresivi i giumenti e cavalli di servigio, capi 36,580. Da questo conto sottratte le parti
spettanti a proprietari stranieri, resta ai Chiaramontesi
nel rude vacche 300, pecore 3000, capre 1000, porci
800, cavalle 100, nel manso buoi 550, cavalli 80, vacche 150, maiali 200.
I formaggi sono ben riputati, e venduti annualmente a Castelsardo e a Sassari nella quantit di circa 325 cantara. Potrebbesi lucrare il doppio se la met del latte non si consumasse a nutrimento delle
famiglie pastorali.
Stazi. In alcune capanne formate a cono, od in casolari sparsi qua e l per le varie cussorgie di questo
territorio siedono da 150 famiglie, nelle quali si numerano circa 800 anime. Sono questi dalla vicina Gallura, ne adoprano il linguaggio e le maniere, e in tutto si
assomigliano ai pastori stanziati nella parte occidentale
della medesima.
Selvaggiume. Troverai cervi, daini, cinghiali, volpi,
lepri, gatti, martore. Pi dellaltre moltiplicata la generazione de cinghiali, e delle lepri. Tra le specie volatili grandissima copia di pernici, tortorelle, merli.
Acque. Si conoscono non meno di 300 sorgenti, e
le pi di acque salubri; come sono certamente le
somministrate al popolo delle due fonti una a tramontana, altra a ponente del villaggio, e quelle che si
attingono da vene sotterranee. Da tanto numero esistono circa 45 ruscelli, e da essi i fiumi di s. Pietro,
Puligosu, Cannarza, e Badu-olta, daltri appellato Peracchi. Esso nasce da Monteledda nella linea di lcana di questo e del Ploaghese, entra nella vidazzone di
Orria-piccinna, scorre verso Orria-manna, regione
Nulvese, quindi voltosi contro levante nella gran valle dellAnglona si mescola al fiume Coguinas.
Antichit. Sono a levante in distanza dun quarto
le vestigia dellantica popolazione di s. Giuliano; sulla tramontana a mezzora quelle dellErvanana; sul
ponente e circa quelle di s. Lorenzo, di Orria-piccinna, di Giulia a diversi intervalli. Credonsi disertate
dalle pestilenze ne secoli XIII e XIV.
Norachi. In area cotanto vasta fu chi ne annoverasse 150, dei quali moltissimi in gran parte demoliti, altri di poco scemati. I pi hanno lentrata assai
bassa, e in vicinanza una sorgente. Dentro trovaronsi
alcuni istrumenti di rame, e aggiungesi, grandi ossa!!
Questo comune fa parte del principato di Anglona, vedi questart. I Chiaramontesi molto si gloriano
che sia nato fra loro nellanno 1743 il generale di
Villamarina D. Giacomo Pes, gi luogotenente generale del regno. Vedi il Caboni ne suoi ritratti poetico-storici di alcuni sardi moderni.
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aveva sicuri asili, e bene come difendersi dalle persecuzioni del governo, e dalle aggressioni de suoi nemici;
onde vivea con certa sicurezza. Ma poich per fare cosa
grata a D. Lucia Tedde-Delitala5 ebbe ucciso certo
Giovanni Maria Tedde di Chiaramonti, da una lunga
serie di affanni si cominci a conturbar sua vita, e venne spesso tra terribili pericoli. Sorse contro di lui lo zio
dellestinto Antonio con quanti uomini forti erano di
sua parentela, e sebbene nelle prime zuffe perdesse tutte le persone pi care ei non si smarr e fiero si tenne
in su le difese fin a tanto che due fratelli, accresciutasegli lautorit di commissario contro i malviventi, e rinforzatosi con armati dellAnglona e spesso con soldatesca ritorn in sul fargli mali giuochi e pot scemarlo di
molta gente, parte uccidendone, parte sottoponendola
alla pubblica vendetta. La superbia di Fay sarebbe stata
infine conculcata se pi a lungo avesse durato il governo del V. Re Rivarolo. Partito costui siccome di molto
si diminuirono le forze del suo terribile avversario, cos
di molto si accrebbe la sua animosit alla risuscitantesi
audacia de Delitala. Con i quali scorreva le campagne,
invadeva le popolazioni, imponeva delle tasse, ed os
pure, entrato nel grosso villaggio di Bonorva, domandare dal Sindaco quel trattamento e quei vantaggi che
godevano le truppe regie. In ritornando ne suoi monti
incontratosi sotto Montessanto in una compagnia di
dragoni, che da Ozieri in Sassari trasportavano i denari
pubblici, i miseri barbaramente massacrati li spogliava
di tutto. Da questi trascorse a delitti politici, e in Chiaramonti peror pubblicamente perch il popolo non
pi contribuisse nel regio erario. Al quale eccesso non
pi tenendosi il Tedde, in fretta ragunati alcuni suoi fidi si precipitava sopra lui ancora sfiatantesi nei mali
consigli. La pugna fu spaventosa e mortale, ed essendo
le forze quasi in eguaglianza si stette per tre giorni contendendo, dopo i quali veduto il Fay di non poter resistere si evase al monte, e soffr che dal Tedde si facessero
prigioni molti de suoi col cognato Unali, e si mandassero in Sassari al tormento delle roventi tenaglie, alla
evulsione della lingua, e alla morte pi crudele e infame. Non tard il vincitore ad accrescere ai di lui affanni langustie dei pericoli, and a ricercarlo tra i monti,
e nel sito di Chirralza lo pot circondare con sue genti.
Stringevalo, ma poco potea guadagnare sopra anime
disperate. In questo veduto cadere a suo fianco il fratello colpito da una palla del Bazzan cos sinfiamm
nel furore, e cos incese i suoi, che presto i nemici furono allestremo. Il Fay malamente ferito nel braccio dallo schioppo del Tedde volle allora uscirsene inosservato
dal bosco e salvar s con la moglie e con una pargoletta. Mentre spiava i luoghi pi oscuri, e procedeva in
gran silenzio, la Mattea si cominci a dolere coi vagiti.
5. Di questa donna fa menzione il baron Manno c. XIII allanno 1735. Costei nel combattimento durato per tre giorni
in Chiaramonti tra il Tedde e il Fay (di cui sotto) cos operava valorosamente, che sostennevi le prime parti, e molti uccise. Era intanto dispregiatrice delle femmine, le quali troppo
studiosamente si attillavano e vestivano come non conveniva
alla lor condizione; che non temperavasi dallonte anche nella
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usan fare questi scellerati barbuti) poteva avere certi avvisi di tutto ci che il governo tentasse contro di lui.
Epper accadde pi volte che esso con tutta la comitiva si avvicinasse alle porte per insultare al governatore
quando gi verso altra parte erano andate le truppe ad
assalirlo. Infine dopo molti infelici tentativi il governatore marchese Alli Maccarani ottenne per mezzo di
due banditi sassaresi che erano nelle squadriglie del Fay
di liberare il Logudoro da tanto fastidio. I quali caduti
in sospetto vedendo imminente la morte, con lagrime
e spergiuri protestarono la loro fede, e con tutte le arti
ottennero di togliere i dubbi dallanimo del loro temuto capo. Bevve il Fay del vino che essi avean portato seco, e cadde tosto in un profondo sonno e vittima sotto
una scure con gli altri che quel liquore fatturato avea
offesi. I cadaveri furono strascinati per le strade di Sassari, poi divise le membra, ed a terrore affisse in vari
luoghi, ed uno posto in Chiaramonti di incontro alla
casa del Fay. Nel quale funestissimo fatto fu ammirabile la forza del core nella vedova e nelle misere figlie. Tale fu la fine di questo famoso capo di squadriglie.
Castello di Chiaramonti. Sebbene la eminenza dove
sorge la parrocchiale di s. Matteo non fosse de pi difficili ed aspri siti, era non perci una bellissima posizione. E vi fu edificato un castello, e probabilmente
dai Doria, quando in sul risolversi del regno logudorese ei si impadronivano della curatoria di Guisarchio, di
altre regioni, e vi si fortificavano. La sovraposizione
della chiesa sopra parte dellarca che chiudevasi in questa rocca non ci consente di ravvisarne la giusta icnografia; non pertanto ci sono tali vestigie che arguiscono la sua robustezza e la capacit. Sta ancora tutto
intera una torre, perch fattasi servire a campanile; sono di unaltra visibili alcune parti, ed qualche vestigio
delle mura, tra le quali la cisterna scavata nella roccia.
I Doria in pena della loro ribellione al re di Aragona furono nel 1348 abbattuti da questa fortezza per
Rambaldo di Corbera ausiliato dalle genti arboresi.
Due anni dopo essendosi alcuni di questa famiglia riattaccati alla parte regia fu a medesimi confermato il
feudo di Chiaramonti con le curatorie di Guisarchio
e di Anglona. Vedi lo Zurita allanno 1350. Nella pace del 1355 tra il giudice di Arborea e il re D. Pietro
si conveniva che questo castello cui tenevano alcuni
Doria fosse consegnato allarcivescovo dArborea e in
lui rispettato finch il papa decidesse il litigio. Nel
1357 fu dato a Brancaleone Doria con la citt di
Guisarchio, e gli altri feudi della famiglia.
CHIRRA [Quirra] (Sardegna), che i Sarrebesi dicono
Cirra, e alcuni scrivono Quirra, regione ora annessa al
Srrabus, e in altri tempi separata in una distinta curatoria del regno Caracense. Ora comprendesi nella provincia dOgliastra. Confina a tramontana con questantico dipartimento o giudicato che ancor dicevano
a levante col Tirreno, a mezzod con la Forda del Srrabus, a ponente col Cardga, che erane parte. La sua
lunghezza dalla gola di Gennarrei fino al capo Sferracavallo sarebbe di miglia 14, la larghezza di miglia 4; e
qui si intenda escluso il Cardga. Ma siccome Tertenia
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mortalit per le pestilenze non avesse consumate le misere reliquie, erano in questa regione, non computatasi
Tertena, per lo meno quattro luoghi abitati, quanti
sono dal Fara ricordati nella sua corografia, e nominati
Ullo, s. Pietro, Lentisco, e borgo di Chirra. La situazione di questultimo ben certificata dalle rovine che
veggonsi a pi del castello, da una caverna quadra scavata presso alla sponda del fiume nella radice delle rupi del castello, e dalla tradizione che ivi la designa, e
dichiara la ragione del nome, che ancora ritiene una
vicina eminenza sa giba (collina) dessa giustizia per lo
supplizio cui in questo luogo il barone infliggeva ai
delinquenti; n cade dubbio su quella di s. Pietro,
giacch presso la chiesetta intitolata da questo santo
vedonsi vestigie di antiche abitazioni. Mentre con simili indizi di antica popolazione appariscono presso s.
Nicol, e presso s. Barbara, non c onde definirsi quale fosse detta Ullu, e quale avesse nome Lentiscu.
Chiese. Delle non poche che servivano alla religione
de cirresi in una sola e una sola volta allanno si celebrano gli uffizi divini. La quale denominata da s. Nicol troverai alla destra del fiume sulla falda del monte di
suo nome dincontro al castello tra molte casipole dette
posdas edificatevi per ricovero de devoti. I villaputzesi
vi portano sur un carro il simulacro del santo tutti gli
anni nel sabbato alla terza domenica di maggio, e nel
riportano nel prossimo luned. Grandissimo numero
di gente da Villaputzu e s. Vito segue il sacro carro, e
quale a piedi, quale in sella, quale a tracca. Da Tertena
conviene pure un buon numero di persone, e prende
parte ai divertimenti. Le altre gi da qualche tempo
esecrate sono s. Lorenzo a destra della via da Gennarrei
al castello, s. Maria Dessu Claru in un ripiano di detto
monte, s. Barbara a destra del fiume Acquafrisca in
Cubingius. Procedendo nella gola di Cirra verso tramontana troverai a destra del fiume s. Michele, Santadi, s. Pietro; a sinistra s. Elena, nella falda dei colli che
congiungono il monte del castello a Serramari.
Norachi. Ne appariscono ancora circa a 20, dei quali alcuni in buono stato, e con costruzioni dintorno.
Castello di Chirra. Sopra un altissimo colle tagliato
in pi parti con rupi imminenti, e in quella contro levante e greco alle falde dun accesso difficilissimo e
presso la cresta via pi, fondavasi il castello di Chirra,
onde fu ed sinora il nome a tutto il dipartimento. Le
mura in presso che tutta la circonferenza furon basate
sulla sponda di precipizi spaventevoli. Esternamente
vestite di mediocri pietre marmoree, quali li sottostanti
scheggi, e con poca arte riquadrate, hanno una spessezza pi che fosse stato duopo ed una solidit comprovata dalla durazione. Giaccionvi grandi rovine che
non ti parranno opera del tempo. Della figura irregolare a darti una qualche idea potrei ravvicinarla a un
trapezoide, se non che le linee dei lati minori sono
spezzate, ciascuna in due angoli salienti. La circonferenza pu computarsi a metri 82, larea a quadrati
360. Nellapertura di uno degli angoli principali vedrai
la bocca di una cisterna, e sotto il lato ragguardante sul
fiume e la gola di Cirra poco men che intero il vacuo
duna grandissima vasca rettangolare a serbarvi maggior
Chirra
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Littorale di Chirra. Dal promontorio di Sferracavallo, antico limite del littorale della Ogliastra da
quel di Chirra a Monterubio, onde cominciava il lido del Srrabus sono circa a 14 miglia.
Se muoviti verso austro da Sferracavallo, percorsa
una costa scoscesa anderai nella cala di s. Martino
cinta da varie pendici e con una valle di pini. Sussegue la sponda dello stesso nome parimente erta, e a
questa una spiaggia scagliosa e in l terre basse con
piccole eminenze alberate di pini. Ora ecco la foce
del fiume Arrizzone che aggregatosi Tertena alla
Ogliastra essa divide da Chirra.
Quindi dunque il littorale propriamente detto di
Chirra aspro in principio per la costa di Sarri con
scogli rossigni, dopo la quale capo Palmeri, e quindi a un miglio e mezzo la Punta e Cala Murtas, seno
frequentato assai da barbareschi e difeso dalla torre
dello stesso nome. Vedi una bella spiaggia in un arco
di circa 5 miglia che qui si appoggia al fianco della
cala, laggi a Monte s. Lorenzo. La foce del fiume
Acquafrisca nel mezzo, e di incontro a quel grande
scoglio che dicesi Isola di Chirra, e sorge a un miglio
e mezzo. Non si avrebbe ai naviganti un bellarco se
questarco si incurvasse? Da s. Lorenzo se scorrerai
due miglia, quanto si stende la costa francese, arriverai alla meta in Monterubio.
CIDRO [Villacidro], volgarmente Villa-Cidro, grossa borgata della Sardegna, e capo luogo prima della
provincia del suo nome, ora duno dei distretti della
provincia dIglesias. Nellantica corografia era contenuta nel Gippi o Gippiri, che era uno dei dipartimenti del Giudicato di Cagliari.
Posizione, e parti. Siede alle falde di due monti (Domu e Cucureddu), i quali sono due grandi sporgimenti
del monte Cocina, e formano un lungo seno aperto al
levante. Vuolsi nella riunione di tutti i casamenti raffigurare una croce distesa in sua lunghezza per un mite
pendio incontro alloriente con la traversa dal tramontano allaustro. Sono cinque sue parti principali rioni: il
primo compreso nella fauce del detto seno appellano
di Castangia; il secondo di Seddnus; il terzo deis Lacuneddas, che sarebbero le due braccia della immaginata
croce; il quarto posto fra tre suddetti nominano variamente or dessa mitza, or dessa Frontera, ed ora della parrocchia: lultimo che allungasi per il pi della pretesa
croce, dicono il Rione-basso per ci che nella sua estremit gi depresso nel piano della gran valle.
Case e strade. Sono le case 1,500, affollate e mal
disposte: onde che irregolarissime sono le strade nellandamento, e nella larghezza. La solita costruzione
di pietre, s che rarissimi ti occorrano i laterizi crudi.
Alle spalle delle abitazione un cortile con loggia,
dove le donne, quando dolce la stagione, usano fare
alcune loro opere: nella parte anteriore un piccol ricinto, che dicon piazza, dove si adunano le legna
provvedute pel focolare, e alcuni accogliono i loro cavalli, e gli agricoltori i buoi ne temporali pi crudeli
della invernata. Hanno molte un piano superiore (su
solaiu), e parecchie fra queste possono dirsi belline e
comode secondo le ville. Primeggia su tutte il palazzo
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vescovile non ha guari rinnovato e a maggior comodit ampliato da Monsignor Don Antonio Raimondo Tore Vescovo di Uselli. La forma n gentile anzi
che no, ed certo una bella cosa la loggia, che egli
aggiugneavi alla parte posteriore sopra lelegante giardinetto con prospettiva dal tramonto al levante.
Veduta della villa. Laspetto suo s da lungi come
dappresso assai gradevole allocchio, essendo le case
disposte su diversi piani inclinati con alle spalle quellalte montagne, e intorno gran numero di poderi.
Dalla primavera allautunno ammirasi una lietissima amenit per gli alberi, e pergolati di viti, che sono
ne cortili, per i verdissimi e vivi aranci dei giardini,
che pi ampi che altrove e folti come selva, coprono
il rione basso dai venti boreali. La scena era certamente di pi maravigliosa bellezza quando le pendici soprastanti erano vestite della variata verzura delle
piante ghiandifere e cedue, e degli ulivastri.
Orizzonte. Una vasta e vaghissima prospettiva apresi dal tramontano allaustro-scirocco per levante. Tu
vedrai quasi tutta sottogiacerti allo sguardo la gran
valle sarda, e in mezzo alla medesima il bacino dello
Stasiro (stagno di Sallri) e in diversi raggi ed ineguali molte ville cinte da selve di fruttiferi, altre nella
pianura, altre nelle colline, che la terminano, e nella
linea al scirocco sopra la sua montagnuola la citt dominante tra i piani del mare e del Campidano; e finalmente nellestremo arco a cui definita la vista
dietro e superiormente ad altre eminenze la catena
centrale dal Capo Carbonara alle sublimi montagne
della Barbagia, i monti dArci, il pianoro della Iara, e
in l i monti del Goceano. Che se per le viette nella
pendice di Monte-Domu anderai al pittoresco canale
del Margiani, dove tra alte e nude roccie per un lungo
burrone si affrettano le acque del Cocina al salto della
cateratta di Seddanus, ivi godrai dunaltra vaghissima
parte dorizzonte, e ammirerai la gran valle dArborea
con i suoi stagni, la citt e molte ville, il golfo dOristano, e nei confini il Monteferro ed il Marrargio.
Clima. Dalla notata esposizione si pu intendere a
quali venti sia soggetta questa terra. Talvolta essi sentonsi assai violenti, tal altra raddoppiati per la riflessione dai prossimi monti. Il calore vi forte nella estate,
aggiugnendosi ai raggi diretti quelli che in certe ore sono riverberati dalle roccie e nude pendici. Che se laria
stagni, o il flusso ne sia dal levante, allora non si pu
volontieri soffrire. Il freddo non molesto nellinverno
se non regnino i venti boreali. Quando il vertice del
Cocina si offusca per le nebbie che raccoglie, o fumma
siccome dicono i Cidresi, la pioggia non lontana, ed
accade assai soventi nelle stagioni di autunno, inverno
e primavera chesso fumichi. Non una rara meteora
la neve anche nella novella primavera; ma presto vedesi
svanire nella villa e circostanze, pi tardi nel Cocina,
nel S. Michele, e in altre montagne non di molto a
queste inferiori: che anzi in alcun sito basso dura finch la stagione sia ben riscaldata. La nebbia nelle ore
umide della estate vedesi soventi serpeggiare in molta
propinquit al Rione-basso, dove divenute le acque del
Castangia e delle fonti pubbliche dispergonsi per la irrigazione de giardini, e di alcuni orti.
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Tra le costumanze di questo popolo noter la seguente, che occorre nel funesto avvenimento della
morte di alcun padre, o dalcuna madre di famiglia.
Il defunto vestito delle sue robe migliori, e spesso
di quelle stesse che esso avea indossate nel lieto giorno delle nozze, e poi memore di sua mortalit riservato al luttuoso giorno della morte. Tutte le persone
del parentado devono onorarlo accompagnandolo
mestamente alla tomba. Qui se gli tolgon quelle vesti pregevoli, e poi riponesi. Il becchino appende al
suo badile le vesti, e va a riportarle nella casa del
duolo, ove riceve la mercede della sua opera, e un
coccoi o focaccia. Dietro lui ritornano i parenti lagrimosi, e parasi un convito veramente poco lieto. Intanto tra grandi gemiti le vesti del defunto si sospendono nella cucina, ed ivi si tengono finch il vedovo
o la vedova, accompagnati dagli stessi che avean accompagnato il defunto, vada alla chiesa, e assista a
suffragi che si facciano allanima diletta.
In questi dolorosi eventi sentesi il compianto, ma
non si cantano strofe.
Fa maraviglia a viaggiatori il sapere che quelli che
sentonsi presi da malattia anche pericolosa non nel letto, ma si adagino presso al focolare; ivi persistano quando il male prende pi forza, ed ivi se ne muojano. Il
che pare praticarsi, perch mentre le donne e la servit
devono nella sala del focolare attendere alle loro faccende, queste sono per poco interrotte dalla attenzione al
malato presente, ed egli pi prontamente servito.
Vale tutto questo nella maggior parte del popolo;
nellaltra parte pi civile sono certamente opinioni
pi ragionevoli e costumi cittadineschi.
Professioni. Gli uomini di questa terra sono lodati
siccome laboriosi e industriosi, e lo sono meritamente. Di essi circa 1000 si esercitano nella agricoltura, e
quando lopera di alcuni o non sia pi necessaria, o
sia superflua, essi vanno a offrir le loro mani dove se
ne abbisogni, s che non saranno meno di 400, quelli
che tutti gli anni portansi in altri dipartimenti alle fatiche della messe. Nella pastorizia sono occupati circa
li 200, una parte dei quali governa armenti stranieri.
I bottari, falegnami, scarpari, ferrari, muratori faranno complessivamente altre due centinaja. I fabbricatori dellacquavite circa 110, i negozianti e vetturali
di questa e di altre derrate forse avanzano i 250.
Proprietari e poveri. Tra cidresi non sono grandi
proprietari e ricchissimi. Sono rarissime famiglie che
non abbiano almeno un poderetto, sia vigna, giardino, verziere, o un piccol chiuso. Dal prodotto di questi che essi coltivano con diligenza, da alcuna arte che
esercitino, o da alcuna industria o fatica, ritraggono
quanto sia duopo per il sostentamento. I poveri che
non abbian meglio da fare vanno al bosco a tagliar
legna pel fuoco o per costruzione, e cos si guadagnano il pane per s e per i figliuoli, n soffrono lavvilimento di mendicare.
Le femmine non sono meno laboriose degli uomini.
Spedite dalle altre faccende domestiche o filano o tessono il lino e la lana, e per non solo producono quello
che necessario alla famiglia, ma anche un soprappi
che vendono. I telai di costruzione antica sono circa
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1200: quei di nuova forma si vanno tuttod moltiplicando da che il degnissimo vescovo dUselli monsignor
D. R. Antonio Raimondo Tore ne provvide alcuni, e
chiam e ritenne per un tempo sufficiente alcuni periti
per ammaestrare quelle che volessero apprendere i nuovi metodi. Non tacer tuttavia, che prima di questo insegnamento le donne cidresi fabbricavano delle tele di
molto pregio per finezza e durevolezza.
Tribunale. costituito in questa popolosa villa un
Delegato consultare, che decide in prima instanza.
Scuole. Alla istruzione pubblica stabilita una
scuola primaria, cui soglion concorrere da circa 50
fanciulli. I pi fra quelli che continuarono e compirono il corso prescritto sono passati alle scuole inferiori di Cagliari e di Ales. Senza quelli che uscirono
da questa istruzione appena un centinaio di persone
sanno leggere e scrivere.
Stazione. A sostenere il buon ordine sono in Villacidro alcuni cavalleggieri. Nelle prigioni non sono
molti i ditenuti cidresi.
Cose religiose. Comprendevasi questo popolo nella
diocesi dUselli sino a monsignor Pilo, che vedendo
pericolosissima la dimora in Ales nellestate e nellautunno, offr Mara-Arbarei per Villacidro, e larcivescovo di Cagliari fu contento del cambio. Attende alla
cura delle anime un vicario con sei vice-parrochi. La
chiesa parrocchiale intitolata da s. Barbara, e perch
grande era la distanza di questa dalla parte inferiore
del Rione basso; per la chiesa di s. Antonio fu fatta
parrocchia secondaria o sussidiaria per lamministrazione degli altri sacramenti, eccetto il battesimo. I tre
oratorii appellati uno della Vergine del Rosario, laltro
da s. Efiso, il terzo delle anime purganti servono negli
uffici religiosi a tre confraternite. La chiesa della Nunziata servita da religiosi Mercedari, che hannovi a
posta una casa. Essi ordinariamente sono da 6 a 8, i
pi sacerdoti, gli altri operai. La chiesa del Carmine
posta in un ripiano del Cucureddu, in modo che domina il rione Castangia e Lacuneddas, non ha n confratelli, n alcun sacerdote proprio.
Campo santo. A circa 10 minuti di distanza dal villaggio si stabilito il campo-santo. Il suo disegno
una imitazione del campo-santo di Torino, e deve dirsi
molto acconcio al desiderio de popoli, a quali deve
parere essere la sepoltura nella chiesa, e non in un
campo, mentre vedranno i cadaveri portarsi dentro la
chiesetta che sar in mezzo alla fronte del sacro ricinto.
Chiese campestri. Nella campagna sono tre chiese.
A distanza di due miglia s. Sisinnio in sul fianco della collina di Genna-Spiana alla destra del Leni: a distanza di miglia quattro s. Giuseppe nella valle di
Villa-Scema, ed a distanza di due miglia nella stessa
valle del Leni s. Pietro. Sono poste in luogo deliziosissimo, e le prime due hanno vicine bellissime fonti: anzi s. Giuseppe ne ha una dentro, cui si attribuisce molta virt.
Feste. Le pi celebri sono per s. Barbara add 4 dicembre, e per s. Sisinnio nella terza domenica di
agosto. Nella vigilia di questa si trasporta da VillaCidro nella detta chiesa la reliquia del santo con laccompagnamento del clero, delle confraternite, della
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Laltezza di queste due cateratte di Murus-mannus e Figus forse tre volte superiore a quella di Piscina-Irgas; le acque sono eziandio pi copiose.
Origine dei rivi delle cascate. Quello di Piscina-Irgas, nato nel territorio di Flumini-majori dalla fonte
che dicono Acqua dessuntrujiu, traversa i monti
dOridda, onde riesce a quel precipizio. I rivi poi di
Figus e di Murus-mannus sono dalle fonti del monte Linas, e prossimi in territorio di Gonnos.
Il letto del fiume Leni, e quelli de suoi influenti
sono molto sassosi, ed hanno ad una e ad altra sponda una bellissima spalliera dai boschi ghiandiferi,
fuorch nella regione che propriamente dicono Leni;
dove non di meno comech pi rara la vegetazione
una piacevolissima amenit. Le acque in alcuni tratti
si nascondono e tacciono; in altre appena appariscono e mormorano tra sassi; e in altri o fremono romorose cadendo e infrangendosi, o placide stagnano
or trasparenti, sicch tutto vedasi chiaramente il fondo sassoso, or verdeggianti per labbassamento del
letto, tal che una delizia star su quelle sponde. Non
cos nellinverno. Allora pei torrenti alquanto torbide, molto grosse e frequentemente rapide e vorticose
vietano per molti giorni il passaggio a pastori, e li ritengono in uno stato penoso.
Gran pro potrebbesi avere da tante acque e per il
movimento delle macchine, e per la formazione di
prati artificiali. Nel secolo scorso quando da monti
dArbus e Guspini traevasi minerale, il Leni serviva
ad una fonderia, e non lungi dalla stessa volgeva alcune mulina. Ora non serve pi ad alcuna cosa, e
non regolato in suo corso va sempre slargando il suo
letto, e lascia in grandi tratti scoperte le ghiaie.
Agricoltura. Fino agli ultimi anni del secolo scorso i
Cidresi erano pi intenti alla cultura delle viti e dei
fruttiferi, che alla seminazione. Veduto finalmente che
non migliorava mai la loro fortuna, mentre quanto ritraevano dalle vigne e dai giardini dovea darsi per la
provvista del grano necessario alla famiglia, si sono
rivolti alla coltivazione de cereali, e sembrano studiarvi ogni anno di pi.
Di questi agricoltori altri coltivano con laratro,
altri con la zappa. I primi arano nel territorio proprio e in alcune regioni straniere. Nel territorio proprio o lavorano i chiusi, o seminano nella regione di
Guttur-e-forru, niente nelle altre regioni del piano
per essere le medesime destinate a prati pel bestiame
manso e pel rude. Nel territorio straniero hanno le
due vidazzoni dellAcqua-cotta e di Seboddus. La
prima cos detta da una gran fonte termale di pertinenza del barone di Villassor; laltra che ebbe questo nome da una popolazione gi da molto spenta
spetta a quello di Serramanna. Hannosi queste in
enfiteusi.
Servono allagricoltura 1200 buoi.
Nel 1836 sono stati seminati star. di grano 2500,
dorzo 200, di fave 200, di lino 250. La fruttificazione ordinaria tienesi nella comune del cinque per il
grano, del dieci per lorzo, dellotto per le fave, del
due in semenza e ducento manipoli in fibra per il lino.
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Cidro
I cos detti Paladeris, che coltivano con la zappa, hanno assai pi da terreni nuovi che dissodano e concimano bene con le ceneri.
Chi conosca come i sardi siano grandi frugivori,
argomenter facilmente che questo prodotto notato
assai minore del bisogno. E qui da sapere che
mentre tra i molti che seminano pochissimi sono
che lavorino sur una superficie maggiore di starelli
dieci, per pochi sono quelli che abbiano la provvista per tutto lanno.
Vigneto. assai esteso e molto fertile. Fino a questi
ultimi tempi si coltivavano le sole viti delle uve bianche; ora sono in varii siti mescolate a quelle le viti delle uve nere. Le vigne sono nel piano, nelle valli del Leni, di Villascema, di Narti, ne seni e nelle pendici di
Genna-spiana. In esse quando sono un po grandi
un magazzino ove fannosi le operazioni della vinificazione, e anche della distillazione.
Il vino bianco comune, essendo assai dolce mentr recente, procura ai cidresi alcun lucro vendendone nei dipartimenti vicini. La quantit non ben nota, ma certamente assai grande. Che se si dovesse
dedurre da quella che raccogliesi dai decimatori, essendone ordinariamente la somma di marigas 1500
(la mariga equivale a quartieri sei e mezzo), si potrebbe tenere che il totale della vendemmia fosse di quartieri 97.500. Ma siccome commettonsi in questa prestazione le pi enormi fraudi; perci pu il prodotto
delle vigne riputarsi di circa 200,000 quartieri. Accadde alcuna volta che i preti rifiutassero di raccogliere lofferte, che non sapeano dove versare dopo riempiti i vasi che aveano; e che molti proprietarii lasciassero
invendemmiate le vigne pi lontane.
Acquavite. Sono in Villa-Cidro non meno di 100
lambicchi ordinarii, ed ora che si sperimentato il
risparmio dei grandi lambicchi di miglior costruzione, ne quali si possono distillare per volta cento e
pi quartieri di vino, alcuni hanno incominciato a
usare di questi. Lacquavite tirasi comunemente sotto il 20. Non se ne conosce finora la quantit.
Giardini dagrumi. Se ne annoverano 20. Le piante vegetano maravigliosamente, e producono gran
copia di ottimi frutti. Ve ne hanno parecchie variet,
e prosperano felicemente i chinotti che fece allevare
ne suoi giardini monsignor D. Antonio Tore.
Verzieri. Il numero n assai grande, molte specie
vi si coltivano. Tra le quali sono assai moltiplicati i
ciriegi, mandorli, susini, peschi, noci, castagni, ulivi,
peri, fichi. Quante ne sieno le maniere non si pu
ben definire. Dispiace vedere come meno che in altri luoghi siasi qui studiato alla propagazione dei
gelsi, dai quali potrebbe venire un lucro assai maggiore che da tutte altre cose, dove si attendesse alla
coltivazione dei bachi. Era nel tempo scorso una
medesima negligenza verso gli ulivi; ma al presente
sonosi gli animi non poco eccitati, ed ogni anno innestasi un gran numero di ulivastri. Si hanno gi tre
mulini, e si supplisce a quella quantit dolio che
ancor necessaria con quello che spremesi dalle bacche del lentisco.
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Orti. Sono pochi, e sono cos trascurati, che sia necessit comprare il necessario dagli ortolani di Samassi, Serramanna e s. Gavino.
Patate. Il terreno felicissimo a questa coltivazione, ed essa gioverebbe assai in tanto difetto di grano.
Tuttavolta non si sono fatte finora che poche esperienze della loro cultura; e persiste lopinione che
un alimento da bestie.
Cotone. Pure di questa specie si fecero felici sperienze; ma gli animi pajono alieni da imprendere
nuove fatiche. Questa trascuratezza vogliono molti vedere nello stato naturale in cui veggono ancora le suddescritte bellissime valli; ma forse quando quei luoghi
avranno i padroni propri ne sar altro laspetto; e giova ancora sperare che se dopo il prosciugamento dello
Stasiaro esistano quegli stabilimenti di agricoltura che
si sono progettati, i cidresi ne profitteranno assai.
Selve ghiandifere. Tutte le pendici di Montemanno, Villa-Scema, Narti e quelle di altri seni sono ricoperte di alberi ghiandiferi. I lecci sono frequentissimi,
in poco numero i soveri, o nulle o rarissime le quercie. Le principali selve sono quelle di Montemanno,
Villa-Scema, Narti, Cocina, Alezzi. In quella di Montemanno sono distinti cinque estimi, quattro in Villa-Scema; nelle altre un solo. I boschi del territorio
di Villa-Cidro sono di quei rarissimi che siano stati
rispettati. Se non sieno gli alberi offesi dalla violenza
dei venti, o dal peso delle nevi, essi nol sono in altra
maniera. Quindi vedonsi piante assai belle e prospere, e rari sono i vacui tra le medesime.
Piante cedue. Le pi comuni sono i pioppi, le filiree,
le sorgue, il corbezzolo, il lentisco e tante altre specie
che col diverso loro verde rendono pi belle le valli.
Erbe medicinali. Nelle diverse esposizioni se ne
trovano molte specie.
Pastorizie. Nel prospetto delle cose agrarie e pastorali dato al censor generale nel maggio 1830 si notavano buoi 1200, de quali morivano 40 per la rigidezza dellinverno, e altri 40 da malattie: vacche e tori
2000, dei quali morivano 100: pecore 1800, delle
quali perivano 450: capre 2600, delle quali perivano
400: porci 1200, dei quali perivano 200. Nel maggio
del 1838 un viaggiatore che esplorava queste terre, conobbe esservi 20 ovili, capi 4500, governati da uomini 60: caprili 12, capi 4000, governati da uomini cinquanta. Le vacche proprie dei cidresi erano 600, i tori
800, gli uomini che governavano gli armenti 15: i
porci 1500, i pastori 15: le cavalle 200, appartenenti a
25 padroni: i cavalli 300: i giumenti 400.
Le pecore hanno buoni pascoli quando nelle stagioni temperate e calde si possono condurre a pascolare il
serpillo nel Cocina, s. Michele, Cucurdone, Casu-salu, Saroni. Allora si fa un formaggio delicatissimo che
si smercia fresco nel villaggio. Il prodotto duna pecora
si calcola a lire nuove 3.50 per anno, mentressa al pi
pu valere lire nuove 6. Le capre hanno ottima e abbondante pastura, ma il frutto di ciascuna non si stima
eguale del segnato per una pecora.
Le vacche non si mungono, s perch scarseggiano di pascolo, s perch (come dicono i cidresi) son
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Ciserro
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vestigie delle fonderie. I Romani ed i Pisani vi si affaticarono molto, e prima di essi probabile, che abbianvi
faticato, e non poco anche i Cartaginesi. Proseguissi
lopera nel governo spagnuolo, e ancora si continua
senza timore di prossimo esaurimento. I Romani giovaronsi molto dellargento, che trovasi mescolato col
piombo, e se ne giovarono anche i Pisani. Potrebbesi
anche al presente trarne vantaggio, non essendo sempre vera quella proporzione, che credesi comunemente
di questo prezioso metallo col piombo, ma spesso assai
maggiore. La regione montuosa veramente pittoresca
per le valli, per le rupi, e per la superba vegetazione,
che le riveste: nella primavera poi, e nella estate deliziosissima. Il pi alto di questi monti il Margani,
quindi quello di s. Giovanni di Connesa.
Sono due spelonche assai celebri, ambe appellate
di s. Giovanni, e distinte col cognome dei vicini villaggi di Domus-novas e di Connesa. Questa stata
fatta artificiosamente, e vi si riconoscono le antiche
gallerie: quella esistita in epoca lontanissima dalla
memoria degli uomini in alcuna successione, nella
quale siasi rotto uno strato, e siansi allontanate le parti, lasciando il vacuo, che vediamo sotto le masse superiori, che formano il cono del colle. Essendo questa
apertura sopra il livello del suolo circostante, si passa
per la medesima per una linea sette o otto volte spezzata di circa 500 metri da una in altra parte del colle,
e per esso vacuo le acque della regione di Oridda si
versano nellalveo del fonte di s. Giovanni. Vedi larticolo Domus-novas di Ciserro.
I boschi, che sono in queste montagne han patito
meno che in altre regioni dalla barbarie dei pastori; anzi non pochi veggonsi vegetare rigogliosi senza molti
diradamenti. Le piante ghiandifere sono frequentissime, e in varie regioni una gran copia di ulivastri.
La parte bassa tiene lentischi, mirti e cisti pi che
altre specie; delle quali va sgombrandosi il suolo secondo lincremento della agricoltura. Da venti anni
in qua grandi tratti si sono adattati alla seminagione,
che tutta in altri tempi soleasi fare nel Sulcis.
Il selvaggiume in tutte le specie conosciute nellisola, ed in generazioni numerosissime. Molte greggie di mufloni pascono massime nel Marganai, i cervi sono frequentissimi, e in tutte parti nella regione
bassa occorrono i daini.
Luccellame parimente tanto vario quanto sia altrove tanto nelle specie maggiori, quanto nelle gentili. Questa la patria degli usignoli, e tutte le valli sone beate della loro armonia.
La temperatura non mai nella Montangia troppo bassa, n troppo alta: ma nel Ciserro si patisce
nei giorni estivi grandissimo calore, se non lo mitighi il maestrale. Quivi sono frequenti le nebbie, e
sentesi molta umidit. Laria ottima in Montangia,
men buona nella regione bassa, ed ivi insalubre in
certi tempi, quando sviluppo di miasmi.
In questo dipartimento piove forse pi che in altra
regione dellisola, ed frequente che piova per quindici giorni continui, e dirottamente. Cominciano le
pioggie nei primi giorni di settembre, e la elettricit
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Civita
attestano fabbriche sontuose ed una popolazione felice. Il nome di questa citt non era certo quello con
cui si indica il sito, ma un altro ignorato, se pure
non le fosse proprio quel di Valeria, che troviamo in
Tolommeo, e che dalle sue relazioni geografiche siamo obbligati a dover attribuire a qualche antica distruzione intorno a queste parti. In Flumen-tepido
sono parimente degli indizi a farci stimare che fosse
nel tempo de romani una ragguardevole popolazione.
Restano ancora alcune lettere romane in alcune pietre
e colonne migliarie, gi che in questo luogo toccava la
gran strada di ponente che da Tibula per Torre, Napoli e Metalla portava in Sulci. In una di queste che
appartiene allimpero di Vespasiano lesse il cavaliere
Della Marmora il nome di questo Imperatore, e alcune altre parole: in altra sono assicurato che leggasi
Pompejus, e in un marmo Ennius praetor In Antas
sono delle grandiose reliquie e giace al suolo tutto il
materiale dun sontuoso tempio dordine jonico stato
osservato dal prelodato cavaliere Della Marmora, e
poi da me, che da frantumi della iscrizione che era
nel frontone del pronao potei riputare fosse stato eretto sotto limperio di Antonino. Quante tenebre sono
nella storia sarda, e come fatalmente esse sono impenetrabili, mancata essendo la memoria non solo delle
belle azioni dei prodi, ma ancora delle grandi sventure
che desolarono questa terra infelice. Appena possiamo
conoscere lopera dei saraceni, la ferocia de quali fu
irritata alleccidio dalla resistenza dei sulcitani, che
primi forse sostennero il loro furore, e come cristiani
degnarono sottostare allautorit degli infedeli, e come
uomini generosi non patirono il giogo della servit.
La desolazione per di Flumen-tepido dovette essere
posteriore, e noi il possiam congetturare dal riconoscervi le rovine dun antico monistero di camaldolesi.
Il Ciserro era traversato da tramontana a mezzogiorno nelle parti littorali per la gran strada di ponente che sopra indicai; e da ponente a levante, egli
a dire dallisola di Sulci a Cagliari per una strada
provinciale non notata dal descrittore delle tavole
itinerarie dellImpero romano, il quale lasci pure di
notarne alcun altro.
La strada di ponente passava in Metalla, e questo
luogo era certamente nel Ciserro, e con tutta probabilit nella regione di Antas, ove sono quelle ragguardevoli rovine. Ivi in vicinanza alle pi ricche miniere attendevasi alle operazioni della metallurgia,
onde le venne quel nome.
Resta a far menzione di unaltra citt che troviamo nella descrizione che fa Tolommeo del lato occidentale dellisola, e che egli appella Pupulum. A far
ragione delle indicazioni che egli ne d, la dovremmo stimare posta in sul lido nel sito di Paringiano. Il
qual luogo vuolsi ben perlustrato. Vha chi opina sia
stata Pupulum colonia Etrusca.
Non mancano in queste regioni molte e belle opere
del medio evo, le muraglie di Iglesias e di Villamassargia, e le castella di Salvaterra in Iglesias, di Domus-novas, di Gioiosa-guardia presso Villamassargia, e dallAcqua-fresca in territorio di Siliqua. Pare che i pisani
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una capannuccia composta di frasche. Si pu ben immaginare quanto incomodo e nellentrarvi e nelluscirne, e pure quanto pericolo vi sia.
Piccol dispendio basterebbe a edificarvi un albergo dove si potessero prender i bagni sempre quando
fosse necessit, e si avessero quegli agi di cui meritevole chi sta male di salute.
Non si ravvisa in tutto il sito alcun vestigio, e pare essersene poco curati gli antichi, se pure non usarono legname.
Il clima del Coguinas. caldo e insieme umidissimo per alcune paludi e per gran numero di pantani,
onde la nebbia frequente densa spesso nociva. I
maestrali e la tramontana vi dominano e vi spiegano
tutta la violenza. Laria infamissima, e a convincerne
basta vedere quelle faccie appassite negli anni di giovinezza, quei corpi squallidi, languidi che negli acciacchi perpetui e nei malori passeggieri senton laura della vicina morte, che se non chiamano, non odiano.
Fanno piet e nausea le donne, e spiace veder quei
piccoli ai quali non coperti che di alcuni cenci, tondeggia gonfio un mostruoso ventre.
In questa e forse peggior condizione sono quelli
che abitano i casali posti non lungi da questa e da
quella sponda del Coguina. Sar sempre stata questaria di natura tanto maligna? Nol credo, e stimo
che larte potrebbela bonificare a segno che la salute
non vi restasse offesa.
Popolazioni antiche. Si ricordano Cocina gi capoluogo, il borgo sotto il castel Doria, se pure non sia
lo stesso che lanzidetto, Villalba, alla destra del fiume non lungi dal guado, e Cervra alla stessa parte
del fiume fra il mare e il lago. Il Fara con molta franchezza pone la Giuliola (di cui menzione in Tolommeo, ed egli con certa qual temerit dice autore Giulio Cesare) in questa regione, e ne indica la situazione
alla sponda sinistra del fiume presso il lago e la foce,
dove gi in principio dello stesso articolo avea posta
la citt di Ampurias, fondata, come credeva, dai Focensi; sicch sono due cose diverse di nomi, di autori,
di et poste in uno stesso punto. Qui, salvo ed intero
lonore dovuto a tantuomo, sarebbemi dritto di ripigliarlo di qualche assurdit; ma vo temperarmi, e sol
notare che ben sonnacchiava se non si avveduto di
cosa che era chiarissima in Tolommeo a chi conosceva che dicessero i gradi e i minuti di longitudine. Di
Torre era certissimo il sito; da Torre a Tibula erano
segnati dal geografo miglia 25, dunque Tibula non
era sullo stagno di Platamona, ma in l di Castelsardo; da Tibula a Giuliola erano di differenza miglia
30. Dunque questa esser dovea per assai pi di M. P.
XXX a levante di Tibula. Ma dovera Giuliola? Secondo quel che ne indica Tolommeo, in quel sito dove Antonino ponea Longone. E dir dopo queste parole necessarie a cancellare le cose non conformi al
vero, di soprappi che a Longone fu applicato il nome di Giuliola per alcuna ragione che nelle molte
che si presentano non si ha onde poter determinare.
Forse per si accosta al vero chi pensa che per alcun
privilegio che da Giulio Cesare ottenuto avessero i
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questa poco dopo della abolizione del giudicato logudorese. Fu veramente allora che i Doria presero
grandi animi, e rapiron quanto parve ai medesimi
buona e facil preda.
1327 (vedi Notizie storiche di Castelsardo).
1354. Ristauravasi e munivasi per ordine del re
D. Pietro. Esso in questo tempo ebbe a patir non
poco dalle arme dei castellanesi.
1356. Matteo Doria ribellando lo sorprendeva.
Lui morto vi domin Brancaleone Doria, cui il Re
gratificava confermandolo nel possesso.
1437. Nicol Doria prese di viva forza questa rocca. Nellanno seguente Raimondo Riusec lo ripigliava e impadronivasi del borgo di Cocina e sue terre.
Littorale di Cogunas. Stendesi dalle falde del monte
di Castelsardo a quelle dellAgutta. Nel quale essendo
compresa la porzione di lido che descrissi a levante
della citt sino al fiume Cuiano, rimane a dire della
sua continuazione allindicato punto. Il piccol littorale
de Sedinesi, detto di s. Pietro, e non pi disteso di
due miglia, siccome stato gi detto, una spiaggia
arenosa con arginamento di piccole eminenze. V
buon fondo per battelli e una fonte dacque buone s,
ma non copiose. Dopo la foce del Coguina la linea
marittima di questa regione procede per sette miglia
nel greco tramontana con ispiaggia parimenti arenosa,
sulla quale per poco sollevasi il terreno verdeggiante di
spinai, macchie e alcune piante maggiori.
COLOSTRAI (Sardegna), che diceasi giudicato o curatoria di Arbus, era uno dei dipartimenti dellantico
giudicato di Arborea.
Confina a ponente col mare, a mezzod con il Sigerro e curatorie di Ippis e di Nuraminis, a levante
con Partemontis, a tramontana con questa stessa, col
Campidano di Arborea, e col golfo di Oristano.
Il P. Napoli valuta la sua superficie a miglia quadrate 400, ponendo la sua lunghezza da oriente in
occidente di 23 miglia, la larghezza dallaustro a tramontana di miglia 15. Ma questa seconda linea, essendo minor del giusto, duopo aggiugner a quella
somma tanto che abbiansi miglia quadrate 460.
Dividesi in due parti, una interna e quasi tutta
campestre, laltra esterna marittima e tutta montuosa. La prima occupa un terzo del gran piano che
stendesi dal Campidano di Cagliari insino ad Arborea; laltra una gran parte della catena che comincia
dal Capo Frasca.
In queste montagne notevolissimo il monte Linas,
siccome il pi elevato non solo di questa catena, ma
anche delle altre montagne che sorgono nei dipartimenti del Sulcis, di Noras e del Parte-Jola [Parteolla o
Dolia]. Dopo il Linas il Montevecchio dArbus, lErculentu, e il Laude-raji di Guspini. Ragguardevole
lErculentu per le molte sue punte e per la gran testa
che anticamente era coronata dalle mura e torri di un
castello dello stesso nome. In queste masse montagnose
sono riconosciute non poche vene metalliche, e alcune
sono in tal sito che si potrebbero con vantaggio coltivare. In Montevecchio erasi cominciato uno stabilimento,
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Conesa
Montevecchio, in direzione a Flumini-majore per riuscire nel Sulcis, una insigne reliquia per il tratto
di poco men dun miglio entro il seno di Marcedd,
che comunemente appellasi Ponte di s. Antonio;
dellaltra che da Otoca (presso s. Giusta) portava a
Cagliari passando per le acque Napolitane, ben visibile lo sternito per alcune centinaja di metri a circa
un miglio da s. Maria de Aquas.
In vari siti trovansi delle vestigie romane, ma ignoriamo il nome che si avessero i borghi, e quando avvenisse il loro disfacimento.
Avanzi de bassi tempi. Allora erano in questo dipartimento due insigni castella appartenenti alla tetrarchia Arborese; uno posto sopra il gran capo di Erculentu, nel cui piano che unarea di due starelli e pi
sono visibili le rovine della fortezza, e ancora aperte
due o tre cisterne, la distruzione della quale pare opera di mani nemiche; di che per nessuna memoria a
noi rimase. A salire su questa punta non sentiero
che da una sola parte, e questo pi da capre che da
uomini: laltro linsigne rocca di Monreale, che
una gran cinta di grossissime mura e spesso turrite,
che nella parte pi sublime si congiungono col castello.
Lopera militare solidissima, e fu una delle maggiori
fortificazioni che in quei tempi sia stata in Sardegna.
Appariscono ancora entro il recinto le fondamenta delle case del borgo e alcune strade.
Pare che sian avanzi dun castello quelle antiche
mura che veggonsi sopra un colle distante da Gonnos un buon miglio.
CONESA [Gonnesa], villaggio della Sardegna nel
distretto dIglesias, della provincia Sulcitana. Contenevasi nel Sigerro, dipartimento dellantico giudicato Caralense.
Per pestilenze e altre sciagure questo, come presso
che tutti gli altri luoghi del sunnominato dipartimento
e del limitrofo, rimase deserto sino al 1774, quando
(add 14 maggio) D. Gavino Asquer visconte di Flumini vi costituiva una colonia. Trovasi essa a distanza
da Iglesias dunora e un terzo; e sorge in questintervallo il monte di s. Giovanni nobile per la bellissima
grotta duna medesima denominazione. Gli ecclesiensi, cos come fecero altri popoli sulle terre delle vicine
popolazioni, che si estinsero del tutto quelle che gli antichi conesini eransi appropriate, e per s le ritenere,
avrian voluto impedire lo ristabilimento di questa; ma
non ostante questo malanimo fu restaurata e dotata
dun sufficiente territorio, che certo non perder quando vengasi alla final decisione del litigio.
Comech al luogo dove giace paja dover essere
unaria salutare, ella tuttavia riconosciuta malsana.
E causa della infezione sono detti essere i miasmi
svolgentisi dellalveo del prossimo ruscello che siede
in frequenti concavi, e non lungi dal mare ristagna
in una palude. Il clima caldo; le pioggie non sono
scarse, e i venti vi influiscono da molte parti.
Vedrai un bel villaggio. Le strade regolari in loro
dirittura, e parallelissimo con una convenevol larghezza; le case di non mal aspetto, e in ciascuna un cortile.
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quale onoravasi di stretta parentela col grande Annibale, accampossi col suo corpo darmata.
Forse da un altro sito detto su campu de Pompeu
potrebbesi trarre alcuna congettura; sia quivi approdata la flotta di Sesto Pompeo, e abbiavi Menodoro
sbarcate le legioni?
Stettero poi i Cornensi queti sotto limperio dei
romani, e od ottennero fosse la loro citt onorata de
privilegi di colonia, o dovettero accogliere qualche
truppa di veterani che di queste sedi e campagne abbia premiato Ottaviano, o un altro. Ecco linscrizione che nella faccia dun piedestallo giacente fra le rovine sulla cima del Corchinas lesse nellanno 1831 il
P. V. Angius.
Q SERGIO Q F QVIR.
QVUADRATO EQ R PATRONO
CIVITATIS ADLECTO AB
SPLENDIDISSIMO ORDINE
CORNENSIVM PRO MERITIS
. . . .CON. . . . . . . . . . .
ORDO ET POPVLVS CORNEN
SIVM OPTIMO CIV . . . . . . .
. C. . TO STATVENDAM DECRE
VERVNT EGERVNT LEGATI
CASSIVS HONOR. . .
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Coros
3021', alla latitudine 3761'. Pretese e pretende qualcuno, che questo fosse il porto di Corni, nel seno, che
ora dicono sarchittu. A me pare altrimenti, e perch
come non vi pu, cos non vi poteva essere una buona
stazione alle navi, aperto siccome esso al maestro e
ponente, che vi spingono grandissimo mare; e perch
non vha alcun vestigio di quelle costruzioni, che usavano i romani di fare nei porti; e massimamente perch le determinazioni poste da Tolommeo per lo porto, sono disuguali a quelle, che not per la citt: eccole
sottocchio, siccome portano i codici palatini. Longitudine: Corni 3030'; porto Coracode 3020'. Latitudine: Corni 3745'. Porto Caracode 3736'. Dunque
il porto Coracode di dieci minuti pi occidentale di
Corni, e di 9 pi meridionale; e pertanto il porto Coracode non fu mai loggi detto portu des Archittu, e
non fu mai il porto di Corni. Intorno a che parmi che
sia da tener conto di quello che sopra accennai: che
Corni non fra le citt littorali fu annoverata, ma fra le
mediterranee; il che saria stato altrimenti, se Corni
avesse avuto il porto Coracode. Qual seno adunque ha
voluto indicarne il geografo? Stimerei il porto che oggi
i naviganti appellano del Peloso con spiaggia arenosa e
fondo per qualunque bastimento, alla latitudine 403',
e longitudine occidentale da Cagliari 045'. Esso
aperto a tramontana, donde tuttavolta non pu ricever
gran mare per la longitudine maggiore, e sporgenza a
ponente di Capo Marrargio; e rimane protetto dal ponente e dal maestrale per la punta parimente detta del
Peloso ed isoletta in testa, che appellano de Porri. N
faccia maraviglia ad alcuno perch abbia notato Tolommeo questo seno in una spiaggia forse in quello
disabitata, siccome in questo tempo. Imperocch di
certo esso era assai nobile, e spesso frequentato dai naviganti, quanto esser doveva un asilo, e sicura stazione
in un littorale importuoso. Anche di presente il medesimo ben conosciuto, e vi si sogliono rifugiare quelli,
che veleggiano lungo la costa occidentale dellisola.
A sciortene, se ancora alcun dubbio ti tegna, riferisci le
misure del porto Coracode a Tarro. Sono nella stessa
longitudine, e questo deve ammettersi; il Coracode
pi a settentrione della citt di minuti 16, e n prossimamente tanto lontana a quella parte. La cosa pare
certa, se le basi, su cui costrussi il mio ragionamento,
sono sode e ferme.
COROS (Sardegna), uno degli antichi dipartimenti
del giudicato di Logudoro. Ebbe questa denominazione dallantico suo capoluogo Cros, di cui sono
le vestigia a levante dItiri: opinione fosse citt e
quella per avventura che diede nome ai popoli coracesi ricordati da Tolommeo, e indicati a questa parte
della terra sotto i Tibulazi. Confina col mare con la
Nurra, Fluminaria e Figulina.
Sottratto Alghero col suo contado, che erane parte, rimane una estensione superficiaria di circa 90
miglia quadrate. Se il P. Napoli nella sua descrizione
corografica della Sardegna calcolava la medesima di
75 miglia, gli era per ci che non comprendeavi Putifigari, che io penso doversi comprendere.
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Cosseine
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Costavalle
di panni in lino e lana, che richieda il bisogno proprio: quindi conviene a molti presso i quali non
questartificio, di comprarne da altre parti.
Di istituzioni di beneficenza non si ha altro che
due legati, e questo per un orfanello; laltro per una
piazza gratuita nel seminario arcivescovile di Sassari;
il che veramente non poca cosa, verso il niente che
si fatto in pressoch tutte le popolazioni dalle persone ricche, che viventi usaron male, e morenti mal
disposero dei loro beni.
Nella scuola primaria non si istruiscono pi di 25
fanciulli.
Comprendevasi questa parrocchia nellantica diocesi di Sorra; ora amministrata dallarcivescovo
Torrense.
La chiesa principale edificata nel 1723 si conosce
sotto linvocazione di s. Chiara: il parroco sintitola
rettore, e nella cura delle anime coadiuvato da due
altri preti. Stanno due sole chiese figliali, s. Sebastiano e s. Croce. A questa contiguo il campo-santo in
su la estremit delle abitazioni verso austro, che formavasi nel 1829.
Le maggiori solennit occorrono per la titolare e
per s. Sebastiano; quella alla prima domenica di
maggio; questa add 14 settembre di maggior frequenza. Nei balli a cantico in quattro voci i cosseinesi formano il coro di due uomini e di due donne.
In campagna sono questaltre chiese: s. Giorgio a
pochi passi dalle case verso ponente, dove gi soleansi
seppellire i morti; s. Pietro, s. Matteo poco distanti
verso ostro; s. Giorgio, a maestro, presso alla montagna cos nominata, in distanza di circa 2 miglia; s. Maria Isialas nella sommit dun colle a 3/4. Non pi di
50 anni che vi si festeggiava per la Nativit della B. V.
la N. D. de Binu-nou, a mezzod, pi in l dun miglio, dove non da molto si cess da una festa celebratissima, e lieta pe soliti spettacoli; s. Vittoria, ecc.
Il Cosseinese diviso esso pure in tre parti, le due
vidazzoni, e il monte. La popolazione sul confine.
Il terreno in generale ferace. Si semina starelli di
grano 1500, dorzo 300, di granone 35; si coltivano
da molti le fave, i fagiuoli di pi variet, i piselli, le
lenticchie, da pochissimi le erbe ed i frutti ortensi.
La vigna vi prospera, le viti sono distinte di circa
venti maniere, e danno quartieri presso a 20,000. La
qual quantit non soddisfacendo alla sete degli uomini e delle femmine deve esser cresciuta col prodotto delle altrui vigne a contanti o a baratto.
Poche specie di fruttiferi, e in piccol numero sono
educate, se si eccettuino le ficaje.
Sono in questo territorio chiudende grandi (tanche) 35, piccole 150. Le prime sogliono servire alla
pastura; laltre alla cultura. Le selve si van diradando
dalla scure e dal fuoco, onde non si pu numerare
n il quinto delle piante che potevano fruttificare in
uno spazio di circa a 4000 starelli.
Salvo il prato ed una parte del campo Giavese,
dov pianura, il restante del territorio monti e valli. Tra queste molto amena la denominata dal rio
che scorrevi, che si estende a 3 miglia, e si inaffia da
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Cuglieri
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nellanno 1683 invasa dai medesimi affricani condottivi da un uomo di Tres-nuraghes loro schiavo; e pat
nuovo eccidio; comech la sua gente liberatasi ristaurar potesse le distrutte cose in qualche parte. Imperocch il summentovato guidatore fuggitosi al suo
luogo cos eccit il popolo, che prontamente armatisi, e ordinatisi nelle opportune positure a tagliar la ritirata ai nemici, questi nel ritornare alle navi poterono
opprimere. Quindi corsi sul lido tentarono dimpadronirsi di quelle, ma non poteron prenderne che sol
una. Ad un Giovanni Poddighe, che avevali guidati
fu in mercede di suo valore lasciata la bandiera nemica, la quale non ha molto si conservava ancora da un
cotale Nicol Oggiano.
La situazione delle abitazioni non per tutti i comuni molto fausta alla sanit. Principalmente Bosa,
e i villaggi posti nel pianoro del Marghine sono in
luoghi male scelti.
Nelle ordinarie malattie poni le periodiche, e le
perniciose, poni le infiammazioni, che come pi frequenti, cos sono pi fatali a quanti non si curano di
ben governarsi in tutte le stagioni con panni lani.
Non poche donne soglion perire sopra il parto, in
tutti i luoghi per imperizia delle levatrici; in alcuni
per assoluta mancanza della loro assistenza. Donde
questo difetto? che sorta di opinione pu valere! Le
donne scanesi detestano come un vilissimo e disonorevole servigio lo assistere alle partorienti!! Vedesi
non rara la clorosi e le scrofole: vi ha dove le pustole
carbonchiose pajono endemiche.
Nel vitto si adopera comunemente pan di grano,
legumi, latticini. Pochi mangian carne, dove per
non amarla, dove per non averne, n per gli ammalati; pi pochi pesce di mare o di fiume. In s. Lussurgiu sono gradite a tutti le castagne, a pochi le patate: nella meschina Mulargia usasi farina dorzo.
Delle frutta grande ingordigia, e dei fichi dIndia
massimamente spesso con gravissimo affanno degli
stomachi deboli. Non noterai un gran numero di
astemi; bens molte donne che scambiano il vino
nellacqua.
Carattere. Varia questo come gli elementi topografici. I planargiesi sagaci e laboriosi: i bosani poltroni, buffoni, e poco amici di cultura; gli uni e gli
altri dediti al commercio di baratto. I marghinesi
persone accorte e industri; ma in questo bene spesso
peccanti che non rispettano laltrui propriet. A questi prevalgono i lussurgiesi in ogni rispetto.
Forma de corpi. Vedrai uomini di giuste fattezze,
robusti, agili a cavalcare, e destri nel maneggio delle
arme. Sullaltre femmine sono le lussurgiesi di molta
avvenevolezza, vivacit, soavit di colorito: alle quali
doti aggiugne pregio la loro scrupolosa pulitezza. La
quale alcuni avendo ricercata nelle loro case non poteron vedere.
Divertimenti. Tra questi provinciali sono usati gli
stessi sollazzi, che tra gli altri. Nel carnevale fannosi
grandi feste e tripudi, se sorrida speranza di larga
mercede alle fatiche. Ma, ove il cielo non si dimostri
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che pare vada languendo sino a tutta estinguersi questa avara genia di eredipeti che fan la caccia alle ricchezze dei moribondi, e che si comincia a vergognarsi
di estorcere quello che tocca ai parenti sotto lo specioso pretesto di dedicarlo a Dio per lo riposo di lor anima. Limmortale C. Emanuele il primo si opponeva a
cotanto disordine e ingiustizia, e proibiva a chiunque
di pretendere porzione della eredit dei morti ab intestato in virt di presunta volont de defunti.
Scuola di Filosofia. Dettasi in Bosa da un lettore
postovi dal vescovo le materie duna delle due universit del regno ai seminaristi, e ad altri pochi giovani. Dettasi, e spesso non si fa altro di pi perch
quelle tali scienze si comprendono dalla intelligenza
degli studiosi.
Scuola di Teologia. Per li chierici del seminario, e per
gli altri che voglion essere iniziati nel ministerio ecclesiastico si istituito un corso di teologia. In altri tempi
chi avea ascoltato il maestro di rettorica nelle scuole
pubbliche credevasi aver fatto abbastanza per poter entrare nel clero.
Si potranno forse annoverare in tutta la provincia
persone che sappian leggere e scrivere 2,841.
Agricoltura. Sono applicati a questa uomini 8,000,
numero che pare quadruplo del totale de pastori.
Si lavorano tutti gli anni per vidazzoni e per orti
starelli di terra 35,066. Le vigne, i verzieri, gli oliveti
occupano una superficie di starelli 23,000; onde se
ne coltivano annualmente 58,066. A che aggiunto altro numero poco meno del sunnotato in primo luogo per la controvidazzone, o terra in riposo, che dicono pabarle, risulter lestensione complessiva di tutte
le terre coltivate della provincia di circa 90,000 starelli, approssimativamente eguale a metri quadrati
358,685,721. Dalla qual quantit comparata alla total superficie della provincia (miglia quadrate 350) di
metri quadrati 1,199,170,350, nascer la ragione di
1, a 3,35 e si vedr come a sussistenza dun numero
quattro volte maggiore della esistentevi popolazione
potrebbe la terra comodissimamente somministrare.
Si seminano annualmente starelli di grano 22,476,
dorzo 6,14, di fave 2,391, di legumi 1,353, di lino
1,130, di canape una non ragguardevole misura, di
granone 175. La comune fruttificazione de cereali
pu essere determinata al settuplo.
Costumavasi nelladdietro un biennale esercizio
sullo stesso campo. Per questo preparavasi nellautunno, e riempivasi della semenza nellinverno. Ma
perch, se quella stagione sovrabbondasse di acque
non si poteva seminare ne terreni argillosi; pertanto
molto conferendovi il consiglio degli amministratori
della provincia si venne allalternativa annuale delle
vidazzoni, nel qual ordine entro la primavera arato,
ed iterato il terreno si terzia e semina nellautunno.
Indi i popoli soffriron meno dalle stagioni poco fauste ai seminati.
Nella coltura delle erbe e frutte ortensi (comprendivi quella pure del granone) si impiegano starelli di
terreno 1750.
Cuglieri
Il vigneto non ne occupa pi di 15,000. Le variet delle uve sono moltissime in alcune campagne, e
se ne potria o vorria discernere non meno dun centinajo. Le viti penso non essere in numero minore di
20 millioni. De loro vini comuni nessuno merit
special vanto; de gentili celebratissima la malvagia
di Tres-nurghes, che dicono di Bosa, perch dai bosinchi solita vendersi e offrirsi in dono. Quando essa
acquista maggior purezza dal tempo pu mettersi a
confronto di qual che esso sia il miglior vino che
vantino le pi suntuose mense dellEuropa.
Dalle vigne distanti dal mare si ha tal vino, che riesce poco gradevole, e poco resiste ai calori. Accade
frequentemente che si calpestino i grappoli non ben
maturi, e questo usasi fare da molti in certi luoghi
poco cupi sotto il cielo comech talvolta piovoso;
quindi senza altra cura darte e precauzione che di
meschiarvi alquanto di sappa a che non venga in
acidit, tostamente si imbotta. Con meno di fretta, e
pi di metodo nella manipolazione potriasi averne
dellottimo anche nel Marghine e in s. Lussurgiu.
Acquavite. Bruciasi nella provincia grandissima
quantit di mosto della quale tre quarti devonsi cedere ai Lussurgiesi. Contenendo principalmente i vini del loro vigneto molta copia di alchool, ed essi
adoperandosi nelle operazioni con pi intelligenza
succede che la loro acquavite sia in pi alto pregio,
che quella dei villacidresi, e con pi riputazione di
questi si venda per tutto il regno.
Fruttiferi. Nelle non poche specie che si coltivano
sono molte maniere, ed un numero di individui se
non molto dissopra, certamente poco dissotto a due
milioni. Pongo in essi come gran parte i ciriegi, ma
non i castagni. Questi vegetano maravigliosamente,
e ne sono prova i non rari di tale circonferenza che
spesso non si abbracci con cinque metri. Se continuino i lussurgiesi a piantarne in tutti i siti, dove il
clima non soffre cereali, viti, olivi, far che in breve
possano provvedere tutta lisola di doghe e cerchi,
tavole e travicelli; onde grandutile in essi venditori,
e gran risparmio ne compratori. I bosinchi lucrano
dalla vendita dei loro filari di fichi secchi spiralmente infilzati presso al picciuolo. Certamente che comparativamente a quelli che si preparano in altri dipartimenti siano questi assai pi pregievoli. Forse
non lecito dir altrettanto delle uve passe.
Olivastri. In grandissima copia e per tutto sparsa
vedesi questa specie e gi cominciasi a pregiare generalmente in vista del vantaggio, che dai medesimi
ingentiliti trassero e traggono i cuglieritani, e bosinchi. Quindi crescono gli oliveti nelle terre di Scano,
e alle piantagioni che sono statevi fatte, non corse
ancora il secolo, crescono nel Marghine da uno in
altranno delle migliaja.
Oliveti. Agli alberi antichi, che gi frondeggiavano
nella Planargia e in Bosa, aggiunti quelli che aveansi
nel Marghine che non eran finora sopra i settemila
individui avremo un aggregato di circa 160,000 ulivi,
che occupano una estensione totale non minor di
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che fosse soddisfatto del danno ai proprietari, siccome partecipano de proventi barracellari forse pi di
quello che meriterebbero le loro fatiche, cos non si
possono indurre a scemare la massa e mettono in
campo mille eccezioni per annientare i dritti del danneggiato.
Selvaggiume. Salvo i mufloni, sono in questa provincia le altre solite specie di quadrupedi selvatici comuni nella Sardegna. I daini vanno a torme nellaperto per le tanche, e soventi veggonsi a non pi lunga
distanza di mezzora dalle abitazioni, contro la quale,
ed altre genie gli accade rare volte, che i cacciatori si
riuniscano su i canali delle selvose pendici alle insidie, le pi volte, o stannosi allagguato, o fanno cattura di lepri. Tra i divertimenti dei lussurgiesi questo, che nei d festivi tentino nelle siepi e muriccie
delle tanche prossime al villaggio, e facciano gran
preda di questa specie.
Luccellame numerosissimo nelle comuni generazioni: esse sono delle pernici, tortore, dei merli,
tordi, sparvieri, falconi, falchetti, gheppi, di altre diurne e nottivaghe specie grifagne, e di alcune acquatiche.
Pesca. Nel mare. Moltissime famiglie in grandissimo numero (vedi Bosa) vivono in questi mari. Le alici
e sardelle vi compariscono a immensi sciami: ma
quanto se ne giovano questi provinciali? Negli stessi
paraggi trovasi molta copia di corallo, e per vi frequenta gran numero di felughe italiane.
Ne fiumi. Forse non sono 150 persone, che quando e dove stimino di non aver a faticar indarno, si
applichino con non so qual arte a prender le anguille, trote e qualche altra specie. I mugnai pi spesso
degli altri sogliono in ci spendere alcune ore. Essi
ed altri, se conoscan qualche gorgo, dove siane gran
copia, infettano lacque. Per in molti alvei i pescatori perdono il tempo.
Apicultura. Non sono gli uomini di questa provincia da lodar assai per lo studio e diligenza nella
medesima.
Mineralogia. In Monteferru nella pendice occidentale trovasi il ferro in una roccia verdastra, che
rende il 60 per 100 con un pochino dargento. Nel
Lussurgiese presso Badola, e sito, che dicono sa ferrera pare di vedere le rovine dun laboratorio, e non
mancare il minerale. A Silnus trovasi dellantracite.
Arti e mestieri. In tutta la provincia non sono forse
pi di 350 meccanici, de quali i pi danno opera alla fabbricazione deglistrumenti della coltivazione, alla segatura del legname e costruzione di alcune opere.
I bottari lussurgiesi tanto in questartificio son divenuti eccellenti, che le loro botti pajono dun sol pezzo, senza che sono di lunga durata, per le vendono a
caro prezzo. Per altre opere di non prima necessit,
conviene servirsi degli artefici daltre provincie.
La tessitura impiega telai circa 5000 per tele alle
rispettive famiglie, e per panni lani al bisogno domestico, e al commercio. Il forese di Cuglieri assai
pregiato, e quasi altro e tanto quello di s. Lussurgiu.
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Lattivit delle femmine lussurgiesi degna di commendazione. Esse mandan fuori allanno non meno
di 1500 pezze di panno.
Credo in nessun altro luogo siccome in s. Lussurgiu
si potesse erigere un lanificio con speranza di felicissimo esito. La salubrit de luoghi consente vi si mandino persone ben esperte e pratiche nel lavoro de tappeti alla maniera di Coblentz. Che le lane sarde siano
ottime per siffatte opere, e forse preferibili alle estere,
par dimostrato dallo strato, con che si suol vestire la
predella, e presbiterio della primaziale cagliaritana, lavoro di una Nenna Ruda di Quarto. Non mi duro il
credere fossero anticamente le lane sarde non molto
pi fine, che ora sieno; tuttavolta larte avea trovato come render certi panni di strato a varii colori in disegno
si intessevano in Sardegna, pregievolissimi ai romani, e
questo non in quel tempo di rozzezza, quando la citt
avea pelliti i patrizii e senatori; ma quando si coprivano
di finissime porpore. Varrone infatti mentre vantava il
suo lusso, recavasi a gran sorte di aver coperto suo letto
di tappeti sardiniani. In Herc. sacratico apud Nonnium
Marcellum c. 14, n. 34 de generibus vestimentorum.
Gualchiere. Nei fiumi di s. Lussurgiu, nei quali sia
un tal volume da metterne in moto gli ordigni, delle medesime un gran numero. Vi si lavora sempre,
perch anche dai villaggi dei vicini dipartimenti si
portano a sodarle molte pezze di forese.
Cartiera. Sotto il governo del Duca del Genevese, e
poi sotto il regno di Vittorio Emanuele si attese ad
erigere nella Planargia, a non molta distanza dal mare,
un grandioso edifizio, in cui vi stabilire una fabbrica
di carta. Sopra il comodo dellagevolezza a metter e
trasportare su battelli il prodotto della medesima.
Non si sa che altro abbia influito a voler nel fondo
duna stretta e profonda valle, dove sarebbero i lavoranti separati dalla societ, ed oppressi da fatali malattie, posta cotal fabbrica. Dicesi, che di circa 100,000
lire sarde spesevi, non altro frutto venisse, che alcune
prove o saggi di carta, la quale per suo colorito troppo
oscuro, ad altro non poteva adoperarsi, che a scrivervi
ed imprimere. Ci veduto, Vittorio Emanuele vi
mandava a tutto ben visitare ed esaminare, un uomo
ben intendente di tali bisogne, il quale avvis nuocer
meno al regio erario se si dessero siccome perdute le
somme gi dissipate, che se si volesse continuare in
una impresa mal pensata e peggio diretta.
Commercio. Dassi grano, orzo, olio, vino, acquavite, frutta, legname grezzo e lavorato, panno forese,
capi vivi, lane, pelli, salame.
Si potr vendere, se sia stato copioso il ricolto, di
grano starelli 60,000; dorzo 10,000; dolio barili
10,000; di vino gentile quartieri 5,000; dacquavite
15,000. Dalle frutte secche e fresche, principalmente
ciriegie di pi variet, e castagne di bont superiore
a quelle che produconsi dalla Barbagia, potr aversi
scudi sardi circa 4000; dal legname scudi 8000; dal
panno forese, di cui lavorasi poco pi o meno di
3000 pezze, scudi da 12 in 15 mila; dai capi vivi per
lagricoltura, per cavalcatura, per la beccheria della
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capitale in numero di 24,700, scudi 32,700, compresevi le pelli e le lane. Dal salame grande lucro ai
lussurgiesi, presso i quali cos acconciasi la carne
porcina, che ha un gratissimo sapore. Grosso pure
il guadagno che i negozianti di Macomer, Bortigli,
Silnus e Brore percevono dai tori di sorte, che portano nel campidano dArborea alla fiera di s. Croce, e
vendono a respiro agli agricoltori. Comech la usura
sia forte, dovendosi un giogo di tori cos detti di sorte, perch non si conosce la loro riuscita, pagare un
terzo di vantaggio sopra il giusto valore; la buona fede dei campidanesi tanta, che sono puntuali in dare il prezzo convenuto; n mai, o rare volte litigarono, sebbene ebbero la disgrazia daver scelti animali,
che male li servano.
I bosinchi, cuglieritani e lussurgiesi sono pi degli
altri conprovinciali studiosi del commercio. Quasi di
tutti i tempi vanno essi girando per lo regno a vender gli oli e laltre derrate del proprio luogo.
Fiere. Le pi celebri sono quelle di s. Leonardo e di
s. Didaco per alcuni giorni con affluenza da tutto il regno a s. Lussurgiu; di s. Angelo, in Sagama add 1 novembre, e in Tinnra anche ne due precedenti, ecc.
Gabelle degli amostasseni e de delegati di giustizia.
Quelli erano soliti angariare e gli stranieri che venissero nel villaggio a vendere le loro derrate, e pi frequentemente le persone del luogo. In s. Lussurgiu
obbligavano quanti vendevano tele o panni di comprare tutti gli anni come misura legittima (che spesso non bene eguagliavasi al campione) un pezzo di
cerchio di palmi due o in circa. I delegati anchessi
commettevano delle avanie nelle fiere non solo co
mercadanti, ma fino co detti bertolieri e venditori di
bagattelle, estorcendo da ognuno un quarto di scudo. Il Vice-Re conte dAgliano volle togliere cotali
abusi, ma non ebbero sue provvidenze tutto leffetto
s per la indocile e infrenabile avarizia de delegati di
giustizia che nominavansi dai baroni, come perch
non furono gli amostasseni riguardati nelle ingiuste
esazioni che facean fuor delle fiere.
Strade. questa provincia traversata da austro a
tramontana per la grande strada centrale, e fra breve
lo sar dalle due provinciali moventi da presso a Macomer una a Bosa per la Planargia, alla cui perfezione poco manca; altra per lo Marghine nella baronia
di Orosei non per anco incominciata. Vede ognuno
benissimo in qual felice condizione per un esteso
commercio sia questa provincia e i Macomeresi appo gli altri popoli.
Le antiche strade reali e vicinali sono veri rompicolli, dove non si pu carreggiare e in molti tratti n
pur cavalcare. Ne sono pur da lodare le avvenienze a
molti comuni, le quali altro non sono che profondi,
aspri e stretti canali, qua e l con lunghe volte di frascato dalla esuberanza delle siepi che rendon mesto il
giorno, oscurissima la notte, incomodano coi licenziosi ramoscelli e virgulti spinosi chi passavi sul cavallo, e offrono un opportunissimo agguato a scellerati.
Quanti in siffatti luoghi sono caduti colti dalla mano
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Di s. Lussurgiu. Vi accorrono per negozi di giustizia anche gli uomini di Sinnariolo. Sneghe comprendesi in uno de mandamenti di Busachi.
Di Macomer. In questa giurisdizione sono contenuti dieci comuni, Macomer, Bortigli, Birore, Borore, Dulchi, Li, Mulargia, Narggume, Silanus. Oltre il delegato vha un reggente officiale per li luoghi
pi remoti dal capoluogo. Ritornata nel sovrano ogni
giurisdizione gi concessa ai feudatari spesso con la
incredibile clausola di rigettare i supplichevoli che
volessero appellare dai gravami delle curie baronali,
condizione serbata solamente nei tempi della pi trista barbarie, ora si pensa ad una giusta circoscrizione
di mandamenti, e alla riforma dellantica amministrazione. Questa sar senza dubbio unoperazione facile a uomini prudentissimi del dritto; quella difficile
per la situazione delle popolazioni ne pi dipartimenti del regno. Intorno alla qual cosa come da
provvedere che il giusdicente non sia gravato di pi
faccende, che possa comodamente spedire, e quindi
perch la sua giurisdizione non si amplii pi che convenga, cos n pure da costituire il centro in questo
modo che non sia disagevole, e al giusdicente portarsi
dove conosca utile o necessaria sua presenza, e a popoli laccesso a lui. La lontananza, o separazione per catene di monti e grossi fiumi dalle residenze del giudice
era uno dei pi enormi e dannosissimi difetti delle
circoscrizioni baronali. Accadeva che quelle persone
che avean bisogno dellautorit e de consiglii di lui
dovessero aspettarlo sinch esso venisse a loro, se venisse, impediti di andar al suo tribunale altri da ostacoli naturali nella stagione invernale, altri da ostacoli
morali, da timore di nemici, de gravi dispendi del
viaggio ecc. Ma si occorse a tutto questo con istabilire un reggente officiale ne luoghi pi lontani Eh
via non son cose da dire.
Delitti. Pochi disordini accadono tra questi provinciali, e le pi frequenti accuse son di furto. Ci
indica la miseria dei popoli. Gli questa che consiglia a non rispettare laltrui: gli questa per cui le
madri lodano i figli delle prime esperienze di lor tristo ingegno in carpir le frutta da possessi altrui; onde
quelli crescono in audacia a danno dei proprietari.
Prigioni. In Bosa un vacuo semicircolare di una
mezza torre angusta e bassa: carcere di correzione
per giorni piuttostoch luogo di custodia di rei. Ve
ne sono in Cuglieri, s. Lussurgiu, Macomer, e Tresnuraghes, le quali come le altre baronali, hanno questo che siano un luogo di mefite esiziale alla salute
degli stessi uomini pi duri, e a persone delicate e
avvezze a miglior aria spesso fatale. Vedi quella di
Tres-nurghes, e da una le conosci tutte. Vieni, entra
a pian terreno in questo tristo tugurio tutto annerito
dal fumo. Osserva questa buca nel suolo con piccola
grata. Qui sotterra entro oscuro pozzo gemono i miseri; da questo spiraglio passa ai medesimi laria, la
luce, ed un pane nero
Intendenza. Un Intendente provinciale preposto
alle finanze, ai negozi economici delle comunit.
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3,994. 14.10
2,681. 9. 4
2,375. 14. 3
2,203. 13. 9
5,639. 18. 4
3,318. 17. 2
4,744. 15. 9
2,934. 17. 9
ll. s. 27,894. 1. 2
Religione. Sono chiese nelle popolazioni, e campagne 114, preti 220, frati 85 in cinque conventi.
Decima. Dallagricoltura sommerebbe questa in
anno felicissimo a starelli 13,000 tra grano, orzo, fave
e legumi, a due centinaja di cantara di lino, a quartieri di vino circa 200,000. Dalla pastorizia sarebbe
pure un frutto considerevole, ma dolgonsi i preti
della poco buona fede.
Peregrinazioni religiose. Sono pi delle altre frequentate le chiese campestri di s. Catterina di Pittinri, e di
s. Leonardo, titolo al presente di regia commenda, e in
altri tempi dun priorato dellordine di s. Giovanni
Gerosolomitano. Egli vero che alcuni vi si portano a
novenare, come essi dicono, mossi da un sentimento di
religione; ma certo che i pi vanno a sollazzarsi.
Antichit. Fuorch nel territorio di Bosa, dove i norachi sono scarsissimi, nel rimanente ve nha gran numero, e possono sommare a 376, dei quali i pi in
gran parte demoliti; molti assai grandiosi, e qualcuno
con delle rimarchevoli singolarit servono a ricovero
de pastori e del bestiame, avendovi di quelli nella cui
camera infima possono stare pi di 600 porci. Nel pianoro del Marghine sono alcune costruzioni ciclopee,
come pare, dette sepolture dei giganti, e nel territorio
di Macomr nella regione Tamli trovavasi posti in arco alcuni sassi conici ottusi con certi segni di mamelle.
Appariscono le rovine di molte popolazioni, che
gi esistevano nel medio evo, delle quali al proprio
luogo; e le vestigia di alcune citt della geografia romana, sono esse Bosa, Corni, Gurli nova, Molaria,
Macogosa (vedi Bosa, Corchinas, Cuglieri villaggio,
Mulargia, Macomr).
Antiche castella. Montiferro, Serravalle, Macomr,
che in parte ancor sussistono (vedi i rispettivi articoli).
Littorale e torri (vedi Bosa, Cuglieri, Tres-nuraghes).
CUGLIERI, altrimenti Culeri, capo luogo duna delle provincie del regno di Sardegna. Comprendevasi
nel dipartimento di Monteferro del Giudicato Logudorese. Venne questo nome alla terra dallantica citt
che nella geografia Tolomaica troviamo appellata Gurulis nova, di cui in appresso direm qualche cosa.
Siede la popolazione sopra alcune eminenze nella
degradantesi piaggia dei Menomeni incontro a maestro-tramontana; onde che se da una parte si abbassa
sotto lalte vette della montagna, dallaltra sorge sopra
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Cuglieri
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Cuglieri
Dista il mare, dove meno, unora e mezzo. Lunghesso apresi la costa in varie cale, quali tanto, quali
pi lontane, e sono discendendo incontro allaustro
Foghe, Pittinri, Sarchittu, asilo a filugoni e bregantini, non per a navi maggiori, e opportuna stazione finch dura la stagion della pesca, ai corallieri,
e a napoletani e genovesi che cercano le alici e sardelle. Di tali specie e in questi paraggi ubertosissimo
il mare, siccome delle murene, langoste, sarpe, dei
cefali, saraghi, polpi, tonni, buoi marini, dentici, e
di molti generi di crostacci. Ma chi se ne giova?
Sino al 1744, era presso Pittinri una tonnara.
Restano ancora visibili alcune parti del palazzotto, e
dei magazzini.
Tre faci sono in questo littorale, una di Riu-mannu, nella quale si potrebbe formare una peschiera, laltra di Pittinri, la terza del fiumicello di Corchinas.
Porto. I cuglieritani emetton le loro derrate dalla
cala di Pittinri, principalmente lolio, il quale i genovesi che ben se ne intendono, han sempre pregiato a
preferenza di quello che si fabbrichi in altra parte del
regno. Mentre in anno di fertilit venticinque torchi
ne versano intorno a 10,000 barili, accade quando
siane ricerca che se ne estragga forse pi di due terzi.
Commercio. Si not gi quanti vi siano applicati. Essi vanno in tutte le parti del regno a cambiarvi lolio e
altri loro prodotti o in denari o in quelle merci che
stimansi in loro terra; nella quale pertanto sono alcune botteghe ben provviste con molto comodo e risparmio degli abitanti e delle vicine popolazioni.
Torri. A dominare su gli anzidetti scali furono erette quattro torri, che si nominavano (discendendo ad
ostro) Fogudolla, Cabu-nidda, S. Catterina e Su Puttu. La seconda e quarta sono gi in rovina. Non si ha
memoria che i barbareschi abbiano alcuna volta superato questi ostacoli ed invasa la terra.
Antichit. Appariscono in vari siti certe vestigie di
antiche popolazioni. In s. Giorgio sono ancora alcuni avanzi dun edificio che dicono Su Anzu (il bagno), quale dalla costruzione pare esser stato. Di Pittinri si gi fatta menzione.
Citt antiche. Corni. Di questa stato detto abbastanza nellarticolo Corchnas. Qui aggiungo esser
paruto ad alcuno che al prossimo lido quando esistea la citt fosse un porto, da che ad acque basse
veggasi un muro di robustissima costruzione, e solcata la roccia di varie rotaie.
Grulis nova. Da ci che Tolommeo sembri serbare
un certo ordine nella indicazione delle citt mediterranee discendendo per gradi dalle situate a settentrione a
quelle che pi si approssimano allaustro; e sia questa
menzionata dopo Bosa, la cui posizione c certa, potrebbe alcuno stimare daver buoni e sufficienti dati a
dirla pi meridionale. E tali son essi veramente. Ma
siccome resterebbe indefinito in qual paralello e in
qual suo punto fosse esistita; per duopo di badare
a gradi ne quali fu indicata, se dai medesimi si possa
determinare il vero sito. Tieni la sua longitudine
3720', la long. 3030'. In questo che vedo Bosa alla
latitudine 3815' resterammi confermata la posizione
pi australe della suddetta Guruli; e che Macopsisa si
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Curatorie di Sardegna
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6. Dalla citata carta dove sono definiti i diritti che il re, o alcun feudatario esigeva dai villaggi e terre della Gallura, tolgo
due esempli Oris (Orisei) pagava al re lire 30. Per terre demaniali, vigne, e possessi lire 37. Dazio dei mercanti lire
25. Dritti del porto lire 300, sebbene lordinario prodotto
sommasse a 600, o 700, e pi. Frumento 8 guarre a ragione
di soldi 3 per misura. Orzo guarre 122 a soldo per una curatoria Gemminis-alto. Agios pagava lire 17. Villa Templi
lire 15. Per dritto di porto lire 12.10 Villa Latinaco lire
8. Villa Guortigliassa (Bortigiadas) lire 32. Geminis-Josso.
Villa Nuges lire 15. Villa Lauras lire 10. Villa Campo di
Vigne lire 12 ecc.
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denari vendevano a chi volea sicuro un annuo reddito, e un lucro crescente anzichen, con la giunta
dun titolo donore che conciliava maest allorgoglio pi ampolloso. Che se erano non poche propriet costituite al governo, queste senza fallo ne
rendevano quanto fosse duopo, n era giusto che il
peso premesse una piccola porzione dello stato, la
maggiore nol sentisse.
Della quantit, cui sommavano le contribuzioni de
singoli luoghi, pare potersi dire che fosse ben tenue; e
da questo che sono i giudici conosciuti non molto abbondanti di ricchezze; e da quello che si vede notato
alla summenzionata carta dei redditi della Gallura.
Forza armata. Certamente che, se non in tutti, erane nei pi dipartimenti, e nella carta di Leonora parola de liberi a cavallo, e de soldati, i quali in certi
luoghi e giorni dovevano rappresentarsi alla rassegna.
I soldati erano o nazionali o stranieri, ed essi servivano per uno stipendio. Non cos i liberi, che erano
uomini scelti della provincia, matricolati ne registri
del regno per dover servire con cavallo ed arme, e tenuti alla uniformit nazionale nellarmatura. Donde
questobbligazione? Da ci che in una comminazione
fu chiaramente espresso che, dove ei non fossero
pronti col cavallo e con larme per andare alla rassegna, o per cavalcare quando che fossero appellati, ritornerebbero alla mungia, o come spiega il Mameli,
alle gravezze personali e reali, se confermasi il quasi
general obbligo di contribuire de propri beni alle esigenze dello stato, egli se non certezza, una grandissima probabilit che il debito di quel servigio era dalla concessa esecuzione delle gravezze comuni.
E in proposito duomini liberi, senza questi che
costituivano, certo ordine militare erano altri cos
appellati tra quei che sedevano nelle corone, i quali
potriano pure essere stati primarie persone e privilegiate di simile esecuzione per qualche merito.
Resta a vedere se ne dipartimenti de giudicati
mentre fioriva il regno de Tetrarchi fossero ville infeudate. Della signoria feudale introdotta allora in
Sardegna si hanno traccie nel codice di Leonora,
nella carta del 1294, e nella cronaca sarda ossia condague, nella quale parlandosi del regno di Gonnario
si narra come egli riconoscente verso Ittocorre Gambella protettore della sua infanzia gli diede in dono
le ville tutte del distretto di Romanda. Ed eguale
natura sembra avessero le concessioni fatte da giudici agli abbati e a vescovi, ecc. Cos il baron Manno,
cui potrai consultare in sulla fine del libro ottavo
della sua storia di Sardegna. Ne feudi dArborea
sappiamo non in tutte le cose aver il principe conceduto a fedeli la giurisdizione e il medesimo mentre
se ne riservava la principale aver voluto sempre conoscere quali officiali quelli si instituissero a far ragione. Nel che degni sono di somme lodi, i quali a
s, siccome a veri padri, e dalla provvidenza incaricati a giudicare i popoli, pensarono convenire, e di
non abbandonarli ai possibili iniqui capricci, ai torti
appetiti, e alla superbia di tali uomini che considerassero gli altri creati a fruttificare e servire a loro
comodi e piaceri; e di invigilare a questo, che dagli
Curcuris
amministratori della giustizia si desse a ciascuno secondo la dignit, o il dritto, o il torto, con occhio
sano e con retto giudizio. Vedi larticolo Giudicati.
CURCURIS, villaggio della Sardegna nel distretto
dAles della prov. di Buschi. Era nellantico dipartimento dUsellus, del giudicato dArbora. Giace a
un miglio da Ales tra due colline, una, che dicono
Corongiu al libeccio, dalle cui sommit un vasto
orizzonte; altra su bruncu de s. Maria a tram., e sta
esposta a levante; perch vi si patisce una dannosa
umidit. Nel resto il clima non da dirsi molto temperato, siccome quello, in cui quanto suol essere cocente il calore, tanto sentesi penetrante il freddo, linverno non senza neve, lestate senza grandine, le
stagioni temperate senza nebbie, il terreno desideroso
dumori. Laria insalubre quando tempo che sviluppisi molta copia di miasmi. Nel 1834 vi abitavano
anime 270 in famiglie 77. Solevano nascere 6, morire
altri e tanti; farsi matrimonii 2. I corpi pi robusti
durano allanno sessantesimo. Tra le frequenti e micidiali malattie sono dolori laterali, infiammazione degli organi dellapparato digerente, e febbri periodiche. Il cimiterio contiguo alla chiesa parrocchiale.
Quasi da tutti gli uomini si d opera alla cultura
de campi; dalle donne a provveder la famiglia di
panni lani e lini, de quali esse lavorano in telai 30.
Vi costituita una scuola primaria, nella quale concorrono pochi fanciulli. La curia in Ales.
questo popoletto nella giurisdizione del vescovo
dAles, la chiesa principale, che assai povera, sotto la invocazione di s. Sebastiano. La cura delle anime commessa a un vicario. Laltra chiesetta, che abbiasi, denominata da santa Maria, dove per la N.
D. nella commemorazione di sua assunzione festeggiasi con grande solennit.
La campagna conoscesi molto idonea a cereali. Se
le danno a semenza starelli di grano 300; dorzo 80;
di fave 50; di legumi 40; e nel comune non si solito avere pi dellottuplo per poca diligenza e difetto
darte: il lino pu produrre 4000 manipoli. Sono
coltivati alcuni orti e un mediocre vigneto; ed essendo il clima fausto alle viti, ottengonsi ottimi vini, e
in copia, di cui per a niuno si fa parte.
La coltivazione degli alberi fruttiferi non trascurata: niente di meno le specie n sono molte, n
molto varie.
I chiusi occupano la terza parte del terreno coltivabile, che si pu computare a una capacit di star.
300, dove o si semina, o lasciasi a pastura il bestiame
domito. In questarte resta compreso Montijeddu
vestito di lentischi, tra quali macchie sorgono frequenti quercie e soveri. Le specie del bestiame sono
ristrette alle pecore, alle vacche e ai buoi, ed ai cavalli, majali e giumenti; e ciascuna ha cos pochi capi,
che la somma non ti sorger sopra i 2000. Le lane e
il formaggio si consumano nello stesso luogo.
Delle specie selvatiche non hannosi che le sole
minute; delle volatili sono in grandissimo numero i
passerotti, i merli, i tordi, e frequenti le tortore, le
pernici e le anitre.
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Decimo
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troppa vicinanza del gran lago di Cagliari; il termometrico non onninamente quale potrebbesi stimare. Il calore estivo rare volte ardente, che molto lo
modera, se non il vento periodico, da mare a giorno
avanzato, da terra nella notte, qualche altro che prevalga. Il freddo mitissimo nellinverno quando non
scorravi laria gelida del borea. Onde che sole due
stagioni per ineguali tratti vi si sentono regnare; una
dolce primavera dallottobre al maggio, unestate non
focosa negli altri mesi.
Metereologia. frequente lingombro della nebbia,
e questa le pi volte assai crassa, comech niente se
ne tema dai coltivatori, se inondi per i campi in altro
che nel tempo che le spighe fioriscono; nel qual caso
o molto o tutto detratto dalla speranza dei medesimi, ove gli invocati venti dalla parte del maestrale
pronti non soffino a sospingerla sullacque dello stagno e ad asciugare i campi.
Il cielo non suole essere molto liberale di pioggie,
ed pi spesso che neghi al bisogno, che dia sopra il
medesimo. Quanto rara questa prodigalit, tanto
pure raro il maleficio da furia di gragnuola o da saettamento. Non cos dei venti. Vengono essi frequentissimi, e non ostacolo che al piovoso libeccio. La
loro violenza pu alcune volte dare unidea degli
oragani. Ne tempi secchi veggonsi levare immensi
turbini polverosi, e in essi e negli umidi molto patiscono le coltivazioni, massimamente le piante o per
fratture o per rapimento de fiori e frutti.
Aria. Lautunnale insalubre, ed allora nel massimo, da potersi dire esiziale, quando si riempie della
colluvione di tutti i miasmi esalanti dai terreni, che va
squarciando laratro. Compiti i primi lavori se susseguan altre pioggie copiose essa perfettamente bonificata anche un mese prima dellinverno, e tolta ogni
tema di pericolo a quelli che sian usi ad arie pure.
Popolazione. Erano entro questo dipartimento nel
medio evo, per le memorie che restano, non meno
di dodici popolazioni, delle quali sole cinque sono
superstiti, cadute laltre. In queste pongo il borgo
del castello di Gioiosa-guardia, che oggi dicono di
Siliqua, Foixili, Sirvi, Siponti, e unaltra Uta; in
quelle sono Decimo-mannu, s. Sperato, Siliqua, Villaspeciosa, Uta.
Queste cinque popolazioni comprendevano nel
1800 anime 4634; nel 1835 erano cresciute a 6,651,
in famiglie 2,044, presso il qual tempo solevansi annualmente numerare nascite 217; morti 151; matrimoni 67; di modo che sarebbe mirabile quellincremento, se non si avesse una ragione nelle frequenti
immigrazioni, e nella conversione di molti uomini
di Silgua e dUta dalla pastorizia allagraria.
Da che de sunnumerati popolatori vengono non
pi di 64 a miglio quadrato, egli chiarissimamente
veduto come sia la regione leggiera di gente.
Se nelladdietro poteva essa a sufficienza somministrare con molta benignit a dodici popolazioni; certamente sarebbe anche di presente valevole ad altrettanto e a pi, e direi al quadruplo dellesistente
moltitudine, dove alla feracit delle terre sovvenisse la
intelligenza dellarte, e ad una e ad altra la industria.
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Agricoltura. Egli ben vero che verso altre popolazioni agricole sono i decimesi degni di lode per lo
studio loro nei lavori campestri.
Ecco quanti annualmente si sogliono seminare
starelli, di grano 6,140; dorzo 1,460; di fave 490; di
legumi 300; di lino 207.
La fruttificazione comune al quindecuplo per lo
grano ed orzo, allottuplo per le fave, al decuplo per
li legumi. Il lino raddoppia il seme e dona per starello circa libbre 200 di fibra. Il canape non si pregia,
n in alcun modo si cura comech in certi siti venga
non richiesto. Vedi in fine allarticolo Busachi provincia la Equazione metrica.
La vigna produrrebbe nientemeno che nelle finitime regioni del Campidano e del Norese; ove e fosse
piantata in una decente esposizione e migliore il processo della manipolazione. Mentre in Uta e in SantoSperato spremesi buonissimo mosto a vini e comuni
e gentili per ci che sono i grappoli da siti ben scelti;
dovea per altra ragione aversi poco o niente buono
dalle vigne prossime al monte sotto le correnti aeree
dal borea. Ivi la vite deve e non poco patire anche dal
gelo. Questa coltivazione non molto estesa, come
pu apparire, da che il prodotto complessivo non ha
molta quantit ridondante da una misura di quartieri
50,000; che per alla sufficienza dellannual provvista
devesene comperare dai dipartimenti finitimi. Generalmente pochi e poco studiano alla coltura ortense.
Gli alberi fruttiferi. Non ne potrei numerare molti
sopra i 22,000, ed essi di poche specie, e quelle non
molto variate. Le pi comuni sono ficaie, meli, peri,
susini. A Santo Sperato vedrai amenissimi giardini, e
gli aranci e limoni che vi allignano come in clima
proprio. In territorio di Silgua e regione la quale appellano Singas, una gran piantagione di agrumi e
ben prospera. Troveresti e in Decimo-mannu e altrove situazioni egualmente felici a questa specie. Gli
olivi che vi son culti dicono con la lietissima vegetazione e copia di frutta che il clima amico alla specie,
ma diconlo a non intendenti. Di perastri infinito
numero ne luoghi incolti, massimamente al primo rilevarsi della terra a montagne.
Chiusi. Le propriet che sieno cinte da siepe non
paion occupare che un ventiduesimo della superficie. Quella suole esser viva, e di fichi dIndia, de cui
frutti si giovano i poveracci e si impinguano i maiali.
Ghiandiferi. Avvene nel monte, i quali, avvenga
che per tutto siano mal governati, in molte parti divorati dalle fiamme, in altre diradati dalla scure, possono ancora non pertanto produrre quello che basti,
e pi, e impinguare un ottomila porci.
Bosco ceduo. nelle lande grandissima copia di
piante di nulli o vili frutti, fra alberi e arbusti. Alle
sponde de fiumi ma in rarissimi luoghi sono delle
specie proprie di tal sito, in pi rari e brevi spazi sono dei pioppi, quasi lunica specie che amisi coltivare, e quanto basti alle esigenze del luogo.
Prati naturali. Nelle terre umidose di Uta e Decimo, dove, quandoch accada ridondanza, stagna il
pi della pienezza, cresce copiosissima lerba di specie tutte care al bestiame, di cui molto si miete e
Decimo
mandasi a Cagliari ne primi mesi estivi per nutrimento fresco a buoi e cavalli, il resto lasciasi putrefare. Quanto fieno si potrebbe raccoglierne in pi
segate? quanto e di pi meglio potriasene ottenere se
larte cooperasse alla natura?
Pastorizia. Sur essa va ogni d guadagnando lagricoltura. In altro tempo e silguesi e utesi godean meglio
esercitarla pastorale, e questa glinfingardi stimavan pi
degna occupazione; ora venuti in altra opinione ed eccitati dal grave torpore, sono men studiosi de pascoli che de campi; ed a tanto cresciuto il numero dei
coloni (an. 1835), scemato quello de pastori; che
cos i primi riferivansi a secondi, come sei ad uno;
intendi erano quelli 1980, i secondi 330. Tra il bestiame rude e manso sono capi 39,040, che si spartono in buoi da lavoro 1,420, vacche 4,440, pecore
16,400, capre 7,000, cavalli e cavalle 555, porci 7,460,
giumenti 1,270.
assai lodata la specie vaccina educata in Silgua,
ma merita assai pi nel paragone quella che pasce ne
prati di Uta. Essendo questo clima cos, come noto,
propizio, a sperare che verr sempre pi bella la razza che vassi propagando dai tori dellonorevolissimo
marchese Villa-Hermosa, che sia stato scritto in una
pagina del Compilatore delle cognizioni utili di Cagliari da non so chi, cui non pertanto conoscono i saggi
degnissimo della sferza puerile per la forma del dire,
della pubblica per le cose temerariamente proferite.
Il preclarissimo cavaliere D. Francesco Serra di
Uta, per lo cui studio la predetta specie cresce cos
felicemente, ha pure introdotta la razza delle pecore
spagnuole e con molta intelligenza va sostenendola
che non degeneri.
Perch altri ricchi proprietari non si accomodano
al bellesempio, e studiano a far migliori le loro cose?
Perch non ordinano a loro uomini quelle pi saggie maniere che si praticano altrove, e turpemente si
ignorano, pi tosto che di tutto abbandonarsi a medesimi, nei quali o nessuna o una meschina prudenza darte.
Di formaggio pecorino puossi ottenerne allanno
cantara 3,280, di caprino 1,400. Non traesi latte
dalle vacche.
Alveari. Pochissimi in Uta, Silgua e in qualche altra regione.
Caccia. Numerosissimi sono ne monti entro la
circoscrizione di questo dipartimento, le famiglie de
cinghiali e daini, onde in gran parte provveduto il
mercato della capitale abbondantissimo nelle pi
stagioni di questi generi, e per anche aperto alle
brame dellinfima gente. I conigli poi sono nelle restanti parti del territorio cresciuti in tanto, che facciano notabilissimi guasti nei seminati de chiusi, e
vietino la coltivazione dello zafferano.
De volatili sonovi le specie comuni dellisola e assai
moltiplicate. Tra gli uccelli di rapina accade dover
menzionare laquila la quale dal chiarissimo cavaliere
Alberto De-La-Marmora che ne diede cognizione adeguata stata nominata dal Bonelli, e frequentemente
trovasi agli acquitrini di Silgua a far sue caccie onde
poi si ricovera nelle rupi delle vicine montagne. Di
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In Decimo furono gi due monisteri di camaldolesi, dove poi restarono sole le chiese di s. Nicol, e
di s. Pietro. Il giudice cagliaritano Arzone, gi prima
del 1089, siccome prova il Mattei, avea fondato il
monisterio di s. Georgio, e di s. Genesio ai cassinesi,
che certamente fu il primaziale dellordine nella tetrarchia cagliaritana.
Agricoltura. Non assai vasta la estensione del territorio decimese; ma in vero assai grande la sua feracit.
Si suol seminare starelli di grano 1200; dorzo
300; di fave 40; di legumi 50; di lino 40. La fruttificazione generalmente a tanto, che sia ben soddisfatto alle fatiche. Vedi Decimo curat. Le piante ed
erbe ortensi si coltivano con molto frutto.
Le vigne sono poche, e i prodotti di poca bont,
n la quantit sopravanza le 10 mila quartare.
Di piante fruttifere avvene circa 6000 tra mandorli, susini, peschi, peri, ficaie, olivi. Il clima sarebbe ancora molto accomodato agli agrumi. Vedi Decimo curat.
Chiusi. Sono non pochi, e i pi destinati alla cultura dei cereali.
Pastorizia. Il bestiame de decimesi consiste in
buoi 500; vacche 300; pecore 1200; capre 400; cavalli 170; porci 180; giumenti 400. Il formaggio lodasi di qualche bont.
Selvaggiume. Nullaltra specie considerevole dopo i conigli, generazione infesta alle fatiche e speranze di molti coloni.
Acque. Traversano questa terra due rivi ed un fiume: di questi il minore, il quale qui dicono Rio-Concias, move dal Giarri; laltro, che ha lappellativo di
Flumineddu, comincia dalla curatoria di Seurgus.
Ambo si raccogliono in un alveo a pochi passi dalle
case sotto la chiesa di s. Greca, dove un ponte forte
s bene, ma di grosse forme; e donde scorrono a
Bauarena per crescer di s il Caralita. Su questo, che
il fiume maggiore della gran valle meridionale,
un ponte molto nobile per li suoi tredici archi; opera
quadrata, per barbara che accusa unaltra antichit,
e pare costruzione di materiali di edifizii daltro genere. La lunghezza di metri circa 160, che per per
la continuazione de parapetti, e lo protendimento
delle due estremit, pare disteso ad altri m. 360. Dalla incuria e negligenza a ripararlo esso gi patisce e
non poco in alcune parti, temesi sar fra non molto
fuori duso con lungo impedimento al commercio, e
pericolo alla vita di coloro, cui alcuna necessit spinga a passare da una in altra sponda. Siccome di esse
tredici foci dieci sono ostrutte; per quando per
grandi pioggie cresca il volume dellacque; e sia la
piena pi che possa smaltire il libero sfogo, esse si
sollevano, si riversano dalluna e dallaltra parte, e cagionano inondazioni di gran nocumento ai seminati.
Il letto perch in vari luoghi rialzato a porvi i nassai,
divenuto cos angusto che non possa contenere un
aumento moderato in tempi piovosi, e quindi parte
del fiume devesi dalla parte destra scaricare in un canale, che dicono la gora di Uta, il cui guado non
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Professioni. La principale de pastori, dopo questa lagraria, quindi il mestiere facile de rivenditori,
che diconsi viandanti. Sono applicate persone 560
alla prima, 140 alla seconda; 50 alla terza. E qui occorre da notare che alcuni fra i primi aggiransi in varie stagioni anche nelle altre opere; dico che essendo
essi stabilmente pastori, hanno pure e un giogo per
coltivar alcun tratto di terreno, e un cavallo per vendere negli altri dipartimenti le proprie derrate. Nelle
comuni e necessarie arti meccaniche sono cos pochi, da non dirlo, ed essi senza alcuna istruzione, e
con mezzi inettissimi, il che nasce da ci che pretende ognuno di saper tutto fare, e si vuol risparmiare
in quanto sia possibile.
Sono conosciuti siccome provenienti da desulesi
certi lavori di legno grossolani e semplici come sono
pale, taglieri, cucchiai, e varie altre sorta di utensili
domestici. Ecco in che corrente la stagione invernale
si occupano quelli che devon tenersi in casa sedendo
tutto il d al focolare.
Le donne son sempre o in sul filare la lana o in
sul tessere. Di telai tanto numero, quante le famiglie. Nelle men doviziose soddisfatto al bisogno proprio, studiasi al lucro; e forse che non manderansi
fuori meno di 3000 canne di panno-lano.
Agiatezza. Quale e quanta esser pu in una non
molta distanza dalla barbarie! Sono poche famiglie,
cui non appartenga qualche greggia o armento; alcune cui sieno propriet cospicue: e copia di danari.
Non vedesi n pur uno al quale manchi per lo vitto.
Istruzione. La elementare si d a circa 20 fanciulli
nei mesi dinverno; conciossiach di estate anche i
piccoli intervengono nelle cure campestri. La scuola
in Issira. Che leggano e scrivano non saranno tra i
desulesi pi di 50 persone.
Cose sacre. questo popolo sotto la giurisdizione
dellarcivescovo dOristano.
Ha cura delle anime un rettore con due coadjutori. Ha la decima da tutti i frutti, castagne, noci, pere, grano, orzo, dagli alveari, dalle greggie e dagli armenti. Per la quota del formaggio costumasi di
offrire quello che ottengasi di latte in dieci giorni di
luglio; dividendo cos, che met sia pel materiale
della chiesa, un quarto al paroco, laltro in eguali
parti tra lui e i preti assistenti.
La chiesa parrocchiale sotto la invocazione di s.
Antonio abbate. stata non ha guari elevata dalle
fondamenta in un bel disegno a tre navate con crociere e cupola, e lodasi pi bella dellaltre de vicini
dipartimenti. Trovasi nel rione di Issira. Negli altri,
siccome chiedeva il bisogno ed il comodo, sono state istituite due proparrocchiali per lamministrazione di tutti i sacramenti, e quella di Uolcciu dedicata alla Vergine del Carmine, quella di Asu a s.
Sebastiano.
Nel principal rione dIssira sono due chiese figliali,
una di s. Croce uffiziata da una confraternita, laltra
di s. Pietro fuori a distanza di mezzo miglia: e fuori
Uolcciu a quasi egual distanza s. Basilio Magno.
400
Son quattro cemiteri presso alle chiese di s. Antonio, di s. Pietro, di s. Basilio, di s. Sebastiano.
La festa di molto concorso dalle terre dintorno
per s. Basilio. Si scannano circa mille e pi capi di
bestiame minuto, e molti del grosso per fare onore
agli ospiti, limosina ai poveri.
Estensione territoriale. Stendesi in una asprissima
superficie da levante a ponente, ore quattro di non
lento pedone, da tramontana a mezzogiorno ore sei;
sicch pu computarsi tutta larea in 48 miglia quadrate. La popolazione di poco lontana dalla sua
frontiera di ponente.
Comech sia montuosissimo il luogo, non perci
sono desiderati de siti, dove che coltivare i cereali,
massime in quei tratti nei quali molta pinguedine
del putridame delle foglie, e del fimo degli animali.
Apronsi alternativamente due vidazzoni: la prima,
e maggiore, nel salto di Aratu, nella quale si seminano circa 500 starelli di grano, e al massimo si pu
raccogliere il quintuplo, 200 dorzo che pu fruttificare ad altro e tanto: la minore nella regione Addettorgiu pu capire non pi della met delle due suddette seminagioni. A questa apparterrebbe il salto tra
i due fiumi Bacciaca e Dosa, dove una grande
estensione desiderata dai desulesi per lavorarvi; ma
invano, ch gli arzanesi vi si sono violentemente introdotti, e violentemente vi si sostengono, come fosse una appendice del territorio ogliastrino.
I gioghi che impiegansi nel lavoro sono da 300.
Se non strascinano laratro, hanno a impiegare le
troppo deboli loro forze, secondo la scarsezza dellalimento, a strascinare dei tronchi per lo focolare, e
opere darte.
Non manca listituzione del monte di soccorso in
benefizio dei poveri agricoltori col fondo di starelli
di grano 400, e di lire sarde 500.
Di fave lino e granone nessuna cultura.
Sono presso alla popolazione alcuni orti, dove merc delle acque perenni coltivansi cavoli, piselli, fagiuoli,
pomidoro, zucche, cipolle e altre poche specie, nelle
quali conto le patate alla cui coltivazione vi va ponendo di giorno in giorno maggior studio e diligenza. Riescon belle e candide e duna polpa assai sapida.
Non sono pi di dieci vigne, ed esse di piccola
estensione, sebbene alla parte occidentale sianvi delle
piagge al proposito. I vini sono poco beverecci, e
questo principalmente per farsi la vendemmia ai primi di settembre. Per ci, e pure perch pochissima la
quantit devesi tutto lanno prenderne dagli altri
luoghi del dipartimento, dove i vigneti sono pi felici, e dalla Ogliastra.
Alberi fruttiferi. Intorno e tra le parti della popolazione in un vasto prato un castagneto cos esteso e
spesso, che il frutto ordinario non somma a meno di
starelli 4000. La qualit del medesimo pu meritar
lode verso i prodotti della stessa specie nella Sardegna, ma non in altrove. Si detto essere nelle castagne una principalissima parte del vitto, ed ora da aggiungere, che non tutti usano diseccarle e sbucciarle.
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Laltra specie molto numerosa sono i ciriegi, che neppure comprenderei nelle migliori variet; quindi le
peruggini, e pochissimi peri, siccome i pruni, persici,
meli, e le ficaje, che solo si coltivano nei poderetti.
Dal giugno per sei mesi la raccolta dei frutti occupa le donne e i piccoli. Non vedesi alcuna distinzione nelle medesime; quelle che appartengono alle
famiglie pi ricche affaticansi, e nei mesi asciutti
vanno scalze come laltre di minor fortuna. Dopo le
ciriegie sono mature le pere, quindi la messe, poscia
la vendemmia, in seguito la raccolta delle noci e delle castagne quando comincia a esacerbarsi il clima;
infine, viene allora il dicembre, quella delle ghiande
per nutrimento dei majali.
Selve ghiandifere. Le maggiori sono, una detta di
Artu a tramontana, di forse due miglia quadrate;
altra, che appellano Serra de Code e Grgini a levante, di quasi egual superficie. Le minori il Salto di
Asui a ponente, di circa un miglio quadrato, e Lagass, anche pi piccola, ad austro. Si potrebbe aggiugnere siccome del territorio Desulese la gran selva, che trovasi nella regione tra due fiumi (Baujaca e
Dosa), usurpata dagli Arzanesi, della quale si potrebbero impinguare non meno di 6000 porci. In tutte
sono alberi annosi, ma, come altrove solito vedersi,
in tristissima condizione per lo guasto, che vi fanno
i legnaiuoli e i pastori. Nellultima selva non che il
leccio; nelle altre sopravanzano sempre di numero le
quercie.
Pastorizia. La notata superiorit del numero delle
persone, che vi sono applicate, quintuplo degli agricoltori, cagionasi come dalla qualit dei luoghi, cos
ancora dalla opinione ancora predominante, che sia
il lavoro della terra opera di codardi.
Il bestiame dei Desulesi contenevasi alla primavera
del 1833 nelle specie e numeri seguenti: pecore
40,000, capre 2000, porci 5000, vacche 1000, cavalli
100, majali 350, cui aggiugni i sunnotati 600 buoi;
onde sar un totale di capi 48,950, che certo minore
assai di quanto aveasi prima che le epizoozie frequenti
lo diminuissero a quello che numerossi in quellanno.
Pascolano queste specie nei prati, nei monti e boschi del Desulese dal maggio allottobre. Allora cominciando a coprirsi di un gran nevazzo i pascoli,
devono i pastori affrettarsi a discendere nelle pianure, e condurre le capre e le pecore a svernare presso
le marine, o le vedrebbero tutte perire. Qui mi accade di maravigliarmi alquanto di ci che scrisse Pausania dei barbari abitatori di queste alpi, avere i medesimi vissuto dalle loro greggie e dagli armenti,
mentre non praticavano alcuna agricoltura, con questo che avessero delle terre idonee alle sementi. Le
pascevano essi anche dinverno nei loro monti, o le
conducevano nelle terre romane? Sia quello o questo, vha bene di che stupire o della miseria del clima
in quei tempi, o della poca forza, che la repubblica
manteneva dinverno a stringere fra i loro baroni
questi montanari indipendenti, e vegnenti gi come
nemici. Ritorniamo alla Callaja.
Dsulo
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743
1144
987
269
140
90
229
305
190
230
200
55
20
17
46
57
25
45
30
35
14
12
30
30
10
30
20
11
4
3
8
12
5
9
6
Totale
7281
1653
295
181
58
Il P. Napoli che scriveva nel 1812, notava la popolazione totale di tutto il dipartimento
N. danime 7300
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410
220
170
450
400
300
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35
30
10
20
25
30
15
15
30
12
4
13
15
30
15
15
260
115
60
215
260
180
225
180
10
8
4
10
12
50
20
50
30
20
45
40
20
80
50
2
2
1
3
2
1
3
3
i suoi predii, e se ne avr utilit ne frutti e nel bonificamento dellaria! In alcuni luoghi attendesi a piantar
oliveti.
La vinificazione non eseguita con quello studio
che sogliono i vicini campidanesi. Le vigne sono con
molta cura coltivate in quello di Sicci e di S. Pantaleo, che danno alla capitale uve e mosto.
Lorticoltura procede a maraviglia nella valle di
Donori, dove coltivasi lo zafferano, sebbene il prezzo
sia decaduto dopo che i pastieri cominciarono a usare lacqua tinta di certo legno. I conigli nuociono assai a questa coltivazione. Erano vantati i suoi grossi
pomidoro e le mostruose zucche, delle quali alcuna
avea due metri in circonferenza.
Stato della pastorizia nellanno 1834 [vedi Tab. 2].
Vedesi bene che le cose pastorali sono assai meno,
che fosse lecito supporre, dove si hanno tante regioni di pastura. I prodotti sono scarsi, la manifattura
de formaggi ben intesa solo in Monastir. In questo
luogo ancora da considerare la cultura de bachi da
seta che vi pratica un cittadino di Cagliari, il quale
con molta intelligenza e con arte nata dalle proprie
sue riflessioni opera felicemente. I saggi della seta di
Monastir sono stati veduti in Torino, e nel confronto con le sete pi buone del Piemonte apparve la
bont della medesima quasi superiore. E qui rifletti
che non ancora a questa coltivazione quella maniera di condizioni che giovano alla miglior natura del
prodotto. Noi auguriamo a chi ha introdotto questa
industria di poterla sempre pi avvantaggiare, e col
suo esempio insegnar gli altri, e co suoi profitti persuaderli alla imitazione.
Lagricoltura in generale trascuratissima.
Antichit. Non mancano in questo dipartimento i
norachi; ma certo che la pi parte sono stati distrutti per servirsi del materiale alla edificazione di
case e chiese. A Samatzai vedeasene uno contornato
da un muro che ne riuniva altri cinque minori.
In Monastir nella collina Oldiri, che signoreggiava lantico guado del fiume, sono tuttora visibili le
rovine di un castello di notevole costruzione, le cui
muraglie nelle due faccie erano vestite a calcina e cementi o pietre di taglio, nellinteriore piene di argilla
mescolata di pietruzze, onde risultava un insieme di
maravigliosa consistenza.
TABELLA 1
star.
S. Pantaleo
Sicci
Soleminis
Serdiana
Monastir
Donori
Ussana
Samatzai
grano
1200
800
600
1000
1600
600
1200
" 200
orzo
300
100
350
300
400
70
210
200
Seminagione
fave
legumi
200
30
100
12
200
50
350
50
450
100
100
50
200
60
200
50
lino
30
20
20
30
150
20
15
10
Alb. frutt.
5000
3000
1500
3600
300
24000
1800
6000
Vino
quartari
100,000
10,000
8,000
5,000
4,000
6,000
15,000
15,000
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TABELLA 2
S. Pantaleo
Sicci
Soleminis
Serdiana
Monastir
Donori
Ussana
Samatzai
Buoi
320
180
50
340
500
170
210
200
Vacche
200
100
300
100
120
100
100
Pecore
2000
2000
600
3000
2500
5000
4100
4000
DOLIA [Dolianova], capoluogo di antico dipartimento ecclesiastico. Pare questo nome provenuto
dalla antica citt Jolia, gi metropoli degli jolaesi, essendo facile, che la retta pronunzia citt di Jolia si
depravasse in citt dOlia, o Dolia.
Ma fu mai nella Sardegna una citt cos appellata?
Posto come vero quello che si scrisse di Jolao secondo le tradizioni dei popoli, il quale avesse stabilito le
sue masnade nella pi feconda regione della Sardegna, e chiamato i luoghi occupati Jolea o Jolia, non
si pu dubitarne. Mi sovviene avere scritto alcuno,
che la citt fondata da Joleo si nominasse Olbia; ma
sono ragioni assai valorose, che mi dimostrano questo non essere stato, e non poi necessit di molto
lume vedere che forse i copisti ignoranti han potuto
scambiare lJolia in Olbia. Olbia certamente stata
assai prima di Jolia, e forse fu la prima citt, che surse fabbricata dai tirreni sopra i lidi sardi. (Vedi la Biblioteca sarda nel Periodo tradizionale).
Dirassi, se dunque al tempo di Tolommeo esisteva
questa citt duna origine cos gloriosa, perch non fu
menzionata? Forse la vera ragione non nascosa, potendosi ben immaginare, che dopo tante disgrazie
patite dagli jolaesi per i cartaginesi, e quindi per i romani fosse non pi abitata dagli uomini dellantica
stirpe ricoveratisi negli aspri monti per conservarvi la
loro libert, e assai decaduta dalla grandezza e dallo
splendore, che ottenea nei tempi eroici.
Il luogo dellantica capitale degli jolaesi, perduto
affatto il nome primitivo, ora appellato dal patrono della cattedrale s. Pantaleo.
Quando siavi stata costituita la sedia vescovile,
non si ha donde indicarlo, e quindi non si ha quanto sia duopo per affermare se il vescovado doliense,
poi detto di Bonadolia, e di Bonavoglia, esistesse
prima della invasione e dominazione saracenica, n
se tra questa esso continuasse ad esistere. Lopinione,
di cui pi mi piaccio, che antichissima fosse questa
giurisdizione, perch lo zelo dei primi fedeli a propagare la religione di Ges Cristo non lasci certamente per molti secoli senza questo ministerio quelli che
ebbero presa la fede; che la serie de vescovi non si
interrompesse sotto il governo degli infedeli, essendo
contro ragione il supporre che i sommi pontefici in
quel pericolo di seduzione e di apostasia lasciassero
Capre
2500
1000
1000
2000
500
Cavalli
160
25
20
140
80
70
60
50
Porci
300
300
200
200
200
1000
800
800
Gium.
200
150
60
200
250
150
220
210
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nel mandamento di Guilarza. Era parte della Curatoria del Guilcieri superiore, o Canales, dipartimento del Giudicato di Arborea.
La sua situazione geografica alla latitudine 408',
e longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari
012'. Giace in un seno del margine del pianoro che
sorge alla destra del Tirso, proprio in faccia al levante di maniera che sia nascosto agli altri venti. Grande il calore che vi si soffre destate, dolce la temperatura che si gode dinverno. Lumidit vi assai
sentita, ma non frequente che vi si addensi la nebbia. Se il luogo sia in tutte le stagioni salubre hai abbastanza con questo solo per definirlo.
Vago ed ameno laspetto del paese nel descritto
luogo. Gli olmi, mandorli, i pomigranati, i susini, i
fichi, gli albicocchi frondeggiano lussuriosamente
ne cortili delle case. Queste sono distinte in due
gruppi o rioni, uno superiore, laltro inferiore, e di
poco nel totale sopravanzeranno la cinquantina. Non
mezzo secolo che appena vi si numeravano tredici
famiglie: nel 1826 erano cresciute a ventuna, ora
sommano a quaranta e contengono anime 160. Le
nascite in questi ultimi tempi si calcolarono a otto
per anno, le morti a cinque, i matrimonii a due.
Professioni. Sono tre o quattro che danno opera
allarti meccaniche, gli altri allagraria ed alla pastorizia. In tutte le case lavoransi pannilani e lini. Vi
stabilita la scuola primaria, e frequentasi ordinariamente da sette fanciulli.
Chiese. Comprendevasi questo popolo nella diocesi di santa Giusta gi unita allArborense, e poscia
fu diviso e aggregato alla Bosanense. La chiesa parrocchiale ha per patrono s. Giorgio cavaliere, e governasi da un prete col titolo di rettore, il quale per
comodo de suoi parrocchiani pu ai d festivi celebrar due volte. Sono ad ornamento della cappella
maggiore dodici statue di legno dorato di arte mediocre, rappresentanti i dodici apostoli. Nella campagna furono edificate due chiesette una appellata
da s. Giuliano a metri trecento cinquanta in circa
dal paese, laltra da santa Vittoria a tre quarti di miglio. Nella prima domenica di settembre si festeggia
a s. Giuliano, e add sedici maggio a santa Vittoria,
con molto concorso dei popoli convicini. Una ed altra chiesetta ha lospizio per i novenanti, e questi,
poich in sul vespro hanno fatto i loro ufficii religiosi, volgonsi a divertimenti, e ballano e cantano per
tutta la notte. I balli si guidano al suono delle launeddas o dellaffoente. Lopinione popolare ha fatto
sacra una sorgente di acqua poco buona, che fu rinchiusa nella cappella di s. Giuliano, e vedesi sotto i
gradini dellunico altare. Da questo pozzetto attingono alcuni degli abitanti nellestate, e lusano solo
per bere, perch accaderebbe gran male a chi ne
usasse per altro, o qualche portento; il che seriamente confermano con alcuni fatti. Nella festa non accade mai disordine o rissa, e dassi per una delle ragioni
del contegno pacifico, perch altrimenti cesserebbe
la fonte di propinar acque. Di maggior concorso di
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male dalla nessuna precauzione nelle variazioni atmosferiche, dalle neglette regole igieniche e dalla intemperanza nella convalescenza. Le persone che si curano
ci vivon sane e da buona vecchiezza.
Componesi questo villaggio di case 380, le pi
costrutte a laterizi crudi, laltre anche a pietrame. In
ciascuna un cortile per legna, buoi e cavalli, ma
poi poca comodit e molto umido. Le strade procedono irregolarmente, non per sono aspre o difficili.
In alcune vi si forma del fango, che potrebbesi impedire assodando il suolo con la scoria che trovasi a
grandi mucchi duna antica fonderia.
Popolazione. Nel principiar del secolo non si numeravan pi che 670 anime. Nello statino del 1826
sommavano gi a 951, e in quello del 1833 si leggeva
il numero 1049. Egli certo che presentemente Domus-novas non ha meno di 1300 abitanti; s che in
circa 35 anni si pu dire siasi raddoppiata la popolazione. E apparve questo incremento assai chiaro, per che in meno ancora del definito spazio si vide cresciuta al doppio larea del villaggio, e accadde che la
chiesa parrocchiale, la quale nel 1812 era allestremit
della terra, siasi nel 1838 trovata nel centro. Attualmente si annoverano famiglie 370, e per la media
dello scorso quinquennio, sappiamo che annualmente nacquero 55, morirono 20, e si fecero 15 matrimonii. Questi nellanno 1837 giunsero a 30.
La pi frequente malattia il dolor laterale.
Al vitto contribuiscono molte parti i vegetabili;
quindi i latticinii e le carni. Vi aperta beccheria,
ma chi non ami la carne di caprone o di agnello deve spedire in Iglesias per carne vaccina. Lacqua ottima e prendesi dal rivo di s. Giovanni: il pane di
mediocre bont, il vino comprasi da Iglesias e S. Antioco. Rispettasi la sobriet.
Di questi terrazzani pochissimi si esercitano nelle
arti meccaniche pi necessarie, gli altri sono agricoltori e pastori. Le donne sono applicate alla tessitura,
e in ogni famiglia cos nel paese, come nei casali pastorali, un telaio quasi continuamente in opera.
Vi istituita la scuola normale: ma cos poco frutto se ne ha avuto finora, che forse non vi si trovino
dieci persone che sappian leggere.
Quali sieno gli uomini di Domus-novas? Non odesi bene dei medesimi che si accagionano di poca cura
della parola, dinvidia, cupidit dellaltrui, venalit.
Ma si conosce bene dai saggi come spesso sieno poco
fondati questi giudizii che pronunziano i vicini, i quali sragionando attribuiscono alla totalit quel carattere
che credono aver conosciuto in alcuno. Il vero per,
che nella giovent non vedesi una moralit molto lodevole, che non di rado narrasi alcun delitto atroce,
che sono frequenti gli insulti alle persone, gli spari alle
porte, de quali in poco tempo se ne raccontano non
meno di 25, senza le ingiurie che si fanno in deterioramento dellaltrui roba, mozzando orecchie e code a
cavalli e giumenti, tagliando o sradicando alberi e
piante. Il libertinaggio poi vorrebbe un buon freno
Che far un solo prete tra cotal gente? Molti saggi osservatori han veduto bene come poco studiosamente
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dentro la grotta denominata dallo stesso santo alluscita della medesima nella valle dOridda. Senza
queste alla gualchiera de frati cappuccini presso il piccolo loro ospizio entro un amenissimo boschetto tra le
acque correnti un oratorio, nel quale non ha guari
che essi cominciarono a invitar le genti per onorare s.
Daniele, che venne fra popoli in grandissimo nome,
e ottiene una generale religione. La festa si celebra alla terza domenica di maggio, se non accada che le limosine ricevute siano insufficienti alle spese; e siccome il luogo di somma amenit, per ci va sempre
pi guadagnando nel numero dei devoti, e la fiera
che vi si tiene crescendo tutti gli anni. Quindi que di
Gonnos-Codina, dov stata grandissima la frequenza
per il culto di questo santo negli anni andati, se hanno patito assai per le feste che si sono moltiplicate intorno in onore del medesimo, pare che debbano pi
temere da Domus-novas. cosa degna di osservazione questo che accade frequentemente che in pochi d
nasca e grandeggi la fama di alcuni santi, a quali si
concorre subito da tutte le parti con certi indizii di
superstizione, che si coltiva: ma non va molto che
nato uno spirito di emulazione, niente santo, si moltiplichi in pi parti questo culto, e dissuasi i devoti
da concorrere al luogo della primitiva religione, facciasi che questa cada, dopo la quale cadono anche le
altre per dar luogo ad altre novit. Cos era per laddietro, ma ora vanno altrimenti le cose per lo zelo illuminato de savii governatori delle diocesi, che vegliano perch il culto dei santi non degeneri in
superstizione per la irreligione degli avari.
Agricoltura. Molto angusto il territorio assegnato in dotazione a Domus-novas: per sono questi
popolani obbligati a prendere in appalto le terre di
Sebatzus demaniali del marchese di Villacidro. Non
si ha da accusarli di poco studio nei lavori agrarii.
Il monte granatico tenea fissato in dote star. 1000
e l. 5.1500.0.0 ora tiene star. 560 e l. 29.0.0. da
notare che fu levata una parte del capitale pe bisogni dello stato negli anni 1812-13-17: ma poi questo non buona scusa per lo stato attuale: gi che altri monti, che hanno patita simile sottrazione, si
sono ristabiliti nel cotanto che esser doveano, e si sono avvantaggiati di pi, perch i zelanti parrochi con
molta coscienza operavano secondo i saggi provvedimenti del consiglio generale di amministrazione per
i monti. Non ha molto che il Sovrano provvedea per
il meglio di questazienda, ed ora immancabile che
dove questa amministrazione era mal operata sia per
operarsi con pi regolarit e di fede.
I domonovesi sogliono annualmente seminare nel
proprio territorio, e nelle terre del Sebatzus e di s.
Marco star. di grano 600, dorzo 200, di fave altrettanto, e 100 di legumi. Il grano suol dare il 10, lorzo e le
fave il 15: i legumi producono maravigliosamente. Di
lino si seminano star. 100 e si hanno per ciascuna misura due di semenza e pi di 100 libbre di lino scelto
od organu che dicono. Di granone misurato a coppi
se ne semineranno 30 star. che ne producono 3000.
Di fagiuoli, separatamente dagli altri legumi, star. 100.
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Forse cinquanta passi prima di arrivare alluscita vedesi in un rialto lantichissima piccola cappella di s.
Giovanni con in fondo il nicchione o la tribuna. Le
mura sono scemate, ma doveano essere poco alte perch nol permetteva la volta della grotta. Dietro di questa chiesetta vedesi lestrema delle stalagmiti che dicono lachtus da laghetti che sono intorno alla vasca
principale. Le altre consimili stalagmiti erano bianche
e pulite, questa tutta imbrattata dalle vacche rudi che
pascolano in Oridda, e che qui entrano a meriggiare.
Anche luscita era chiusa da un muro della stessa
costruzione del gi descritto alla entrata, che per apparisce men grosso, non essendo sua larghezza maggiore di metri 3,20. In esso pure era la porta, e pare sia
stata pure la scala per andar su a merli. Alcune pietre
che sono ancora in costruzione veggonsi unite in un
masso dallo stillicidio. Da queste materie sono state
formate alcune stalagmiti che veggonsi a pi del muro
variamente tuberose a colore, dove bianco, dove verdastro, in certe parti liscie, in altre imitante il cavolfiore.
Apresi la spelonca ad una valle, sulla quale da
una parte vedesi sorgere un colle molto acuto, e cos
questo come le pendici, sotto le quali il canale del
torrente, sono rivestite a lecci e ad altre piante, tra il
colore delle quali appariscono qua e l le biancheggianti roccie.
Nel tempo che si fabbricava alle due bocche della
grotta il muro, di cui si ragionato, egli certo che
il torrente non entrava nella spelonca, ma radea la
sua bocca e volgeasi ad un altro esito costeggiando il
monte di s. Giovanni. Poscia il fondo della valle essendosi sollevato, le sue acque andarono a battere
questo muro, e dopo non so quanto tempo ne rovesciarono una parte e passarono dentro la grotta e rovesciarono pure parte del muro della entrata.
A chi ben esamini il luogo e riconosca lantichit
delle costruzioni con cui erano chiusi i due varchi, e
la grossezza del muro, e la porta e la scala per andar
su, sar evidente che dentro la medesima gli uomini
di quellantichit, alla quale appartiene cotesta maniera di edificazione, avessero abitazione e tenessero
le famiglie, ed essi nella notte si ricoverassero. Il P.
Napoli pensava che in essa in qualche tempo, che per parea a lui essere stato quando la societ era ben
costituita, vi si ricoverassero per sicurezza i malviventi. Io credo che nessun inquisito vi si voglia fermare,
perch coperte le due bocche, egli sarebbe perduto.
Rio di s. Giovanni. A destra dellingresso nella predetta grotta una ampia fessura tortuosa nella roccia
calcarea dalla quale esce questo celebrato fiumicello e
slargasi in un piccolo laghetto, e poi entrato in un canale fra le roccie scorre mormorante fra i sassi coperto
da molte piante. La quantit che vien fuori dalla fonte
pare essere ordinariamente in un volume di 0,80, n
accade n pure nelle grandi siccit che si scemi il suo
getto pi di un terzo. Dopo piccol corso questacqua
va tra il boschetto amenissimo della gualchiera dei
cappuccini, quindi procedendo verso mezzo giorno
lascia Domus-novas alla sinistra e discende incontro a
Villamassargia sino a quasi tre miglia e mezzo dalla
Domus-Novas
sua sorgente, poi volgesi verso levante, scorrendo quasi parallelo al Canadniga e ricevuti alla sua sinistra
altri tre fiumicelli si unisce a questo due miglia a ponente di Siliqua.
Acquidotto Cagliaritano. Da questa fonte, che dicono di s. Giovanni di Uccherutta o Aquarutta, pensano molti siasi derivata lacqua, che ne tempi romani portavasi alla capitale della provincia per un
sontuosissimo canale, di cui il P. Angius nel 1835 segu le traccie e consider tutte le parti da Cagliari fino al fiume Ciserro o Canadniga a un miglio e
mezzo sotto Siliqua, dove trov il canale scavato nella
roccia e diretto a traversar il rio in direzione a Villamassargia. Cos ancora in quel tempo pensava lesploratore, perch non conosceva che la sola fonte predetta di s. Giovanni buona e sufficiente al bisogno della
metropoli; ma poscia quando nel visitare le terre di
Villamassargia riconobbe a un miglio da questa verso
il ponente labbondantissima fonte, che i sigeresi
chiamano Cabudaquas cominci a vacillare nella prima opinione, e sospett che piuttosto dal Cabudacquas di Villamassargia, che dalla fonte di s. Giovanni,
i cagliaritani chiamassero lacqua nella loro citt. Gli
fece forza la direzione del canale, e la facilit di condurla al luogo dove sul fiume Ciserro esso era aperto.
Osserv che se lacqua si fosse dovuta prendere da s.
Giovanni non era alcuna necessit di far passare il canale sopra il fiume Ciserro, ma sarebbesi dovuto condurre alla tramontana di Siliqua; infine il nome istesso di Cabudacquas aggiunse nel suo giudizio alcun
peso, perch credesse piuttosto condotta in Cagliari
lacqua di Villamassargia, che quella di Domus-novas. Veggo bene che Cabudacquas forse di alcune
decine di metri inferiore alla fonte di s. Giovanni; ma
non pertanto questo punto ancora superiore al luogo, ove sotto Siliqua aperto il canale.
Or devo dire, che ove voglia stabilirsi un nuovo acquidotto, converr meglio prender lacqua di s. Giovanni, che quella di Cabudacquas. Questa pot essere
prescelta, quando lacquidotto formato secondo le regole della idraulica che si aveano i Romani, veniva alla
infima parte della citt poco o nulla sul livello del mare: non potrebbesi scegliere presentemente, che lacqua si dovrebbe condurre sulla parte pi alta della collina per indi diramarla in tutti i rioni della citt, e
farla salire ai piani superiori delle case, imperocch
mentre alla parte pi alta della collina di Cagliari, che
levata sul mare di metri 102? non ascenderebbe lacqua di Villamassargia, che nasce forse ad una pari altezza, potrebbe benissimo andarvi quella di Domusnovas, che nasce allaltezza di metri 188,60, che di
metri 58,68 superiore alla stessa torre di s. Pancrazio.
Lavor sopra il progetto di un acquidotto sufficiente ai bisogni della popolazione il maggior ingegnere Eusebio Molinatti, propostosi il problema di
trovar modo di tradurre in Cagliari unacqua buona
e bastevole alluopo, innalzarla almeno fino al piano
della piazza di s. Pancrazio per distribuirla nei varii
quartieri della citt senza eccedere nella spesa, e neppure aggiugnere quanto costa annualmente lacqua
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Donnigala
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Donnigala
Popolazione. Le famiglie sono altrettante che le case, e le anime 500. Le nascite sogliono esser 12, le
morti 8, e 4 i matrimonii. Le malattie frequenti sono
infiammazioni al petto e al basso ventre. Il cemiterio
attiguo alla chiesa parrocchiale in sulla estremit del
villaggio, e per non conforme ai regolamenti.
Professioni. Le arti necessarie sono esercitate da non
pi di dieci uomini. Le donne lavorano in 60 telai.
Listruzione primaria non numera pi di 7 fanciulli,
che pochissimo profittano.
Da questo popolo sono 30 coscritti al battaglione
della Trecenta; dieci fanno ogni anno il servigio barracellare.
Chiese. La parrocchia di Donnigala gi compresa
nella diocesi doliense, ora con questa inclusa nella
cagliaritana. La chiesa principale dedicata alla N. D.
di Monserrato, le due chiese filiali sono denominate
una da s. Biagio, laltra da s. Sebastiano. Nella festa
della titolare, che occorre add 8 settembre, si tiene
mercato, e corresi il palio. Il paroco ha titolo di rettore, e nella cura delle anime assistito da un altro.
Agricoltura. Lestensione del territorio di circa
7500 star. Si suol seminare ogni anno star. di grano
500, dorzo 70, di fave 80, e poco lino. Il grano produce lotto. La cultura delle piante ortensi trascurata. Il vigneto assai prospero, ma il vino leggiero e
di poca bont per il troppo umore della terra, e pi
per il metodo perverso della manifattura: se ne raccoglier circa 12 mila quartare, che si consumano nel
luogo. Le piante fruttifere non di molto sopravanzeranno le due migliaje nelle seguenti specie, fichi, peri,
susini, meligranati, peschi, giuggioli e pomi.
Il terreno chiuso a tanche sar poco pi del decimo della quantit coltivabile. Or vi si semina, or vi
chiude a pastura il bestiame.
Una superficie di circa 2500 starelli alla parte di
levante selvosa, e tiene tutte tre le specie de ghiandiferi, molti olivastri e buon numero di alberi che
servono solo per costruzione.
Il Donnigalese alla parte dov lanzidetta selva,
assai montuoso, e sono notabili le eminenze di Genna-ruina, Ruina-tobu, Sacquasalda e Mardeghina,
su le quali aperta allo spettatore unamplissima
prospettiva, fuorch alla parte di mezzogiorno.
In quei monti vanno talora a ricoverarsi quei che
diffidano della giustizia. Il mineralogo ha che osservare ne siti Masone-majore, che dicesi sia dellardesia
e del ferro ossidato, in Riu de colorus e in Bia de carru, dove trovansi delle terre di color turchino e rosso, che possono servire a pittori.
Pastorizia. Si numeravano nellanno 1836 buoi
per lagricoltura 200, vacche e tori 500, pecore
2500, capre 1000, cavalli e cavalle domite 35, giumenti 80. Il prodotto del bestiame scarso, perch
questo mal custodito ed esposto al rigore dellinverno senza riparo. Da ogni dieci capi pecorini non
si ottiene allanno pi di libbre 100 di formaggio, il
quale di mediocre qualit. Il superfluo a bisogni
della popolazione vendesi alla capitale.
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Donori
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Dorgali
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Dorgali
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Dorgali
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Dorida
Il fiumicello Carte, nato presso al villaggio, sbocca nella cala dello stesso nome, a piccola distanza a
mezzogiorno di Osalla.
Oltre questi e qualche altro minore, il fiume
Cdula, che si versa nel Tirreno, che viene per un
corso di tre ore dal marghine di Baunei. Esso di estate rompesi; ma nellinverno quasi sempre gonfio, e
trasporta al lido i legnami, che vendonsi alla capitale. Il suo nome da Cote, e significa un luogo petroso, com veramente quello, in cui scorre.
Nurras. Delle molte siffatte aperture, che si conoscono, la maggiore, o la pi celebre quella che cognominano di Spinigolli.
Caverna di Orolitu. Nella regione cos detta, a
unora dal villaggio entrasi per tre o quattro aditi larghi in una spelonca larga 25 passi; ma poco dopo il
suolo sprofondasi, mentre il vacuo segue ad aprirsi
ancora orizzontalmente. La volta tutta irta di stalattiti e da quella profondit vedesi crescere una stelagmite piramidale. Qui si nascondono molti delitti,
non osando molti di entrarvi per timore di spettri,
larve, demonii, e che so io.
Norachi. In questo territorio se ne conoscono soli
sei, che appellano Fuli, Jorgia, Sorti, Neul, Filne
e Norache grande.
Antiche popolazioni. Presso al littorale tra Osalla e
Cala di Luna trovansi vestigie di antiche abitazioni.
Il luogo ha, come il norache che vi si trova, il nome
di Fuli. Son vicine alcune caverne con ossame umano. Anche nella regione di Lanaitto, dove il norache di Filne, a distanza di due ore dal villaggio, sono altre vestigie di antica popolazione, ma dovea
essere una piccola cosa.
Littorale di Dorgali. Comincia questo da Osalla,
quindi a due miglia e mezzo Gonone, e poi a tre miglia Cala di Luna. Osalla dista dal villaggio miglia 4, in
viaggio di ore 3, Cala di Luna quasi altrettante miglia,
in viaggio di ore due, Gonone miglia due, in viaggio
di circa unora. I sestieri ai primi due punti non solo
sono aspri come quelli al Serro, ma pi tortuosi. In
Gonone non vi ha seno, tuttavolta per la maggior vicinanza vi si trasporta il grano per imbarcarlo.
Strada provinciale. Si fatto il progetto della strada provinciale a Nuoro, per cui la provincia ha offerto giornate 11600: essa pu metter capo in Orosei, e
lo pu mettere anche in Gonone. N in uno, n in
altro luogo vha seno per un porto; ma in Gonone,
siccome luogo salubre, potrebbero glimpiegati tenervi abitazione per tutto lanno. Questa considerazione pare che faccia forza, e che consiglier a sceglierlo. Alla dirittura della strada converrebbe bucare
il monte di Dorgali per alcune centinaja di metri, e
gi si progettato cotesto lavoro. I dorgalesi han fatto unofferta per il tratto della strada dal villaggio al
monte, e poi dal monte al lido.
DORIDA (Sardegna), vasta regione della pianura cagliaritana, che da una parte termina nella sponda settentrionale dello stagno maggiore, e nei monti di Capoterra, dallaltra nelle colline di Silgua e nelle rive
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Progresso della popolazione del dipartimento. Se vogliasi attendere al Cossu, era questo nel 1798 lo stato numerico dei popoli:
Orani
Sarule
Orotelli
Ottana
Univeri
Totali
Famiglie
565
495
344
194
56
Uomini
912
751
594
319
110
Femmine
968
794
607
295
126
Totale
1880
1545
1201
614
236
1654
2686
2790
5476
Orani
Sarule
Orotelli
Ottana
Univeri
Totali
Orani
Sarule
Orotelli
Ottana
Univeri
Fam.
350
300
250
80
63
1043
Maggiori
Mas. Fem.
560 530
460 440
382 370
265 245
88
83
1755 1668
Minori
Mas. Fem. Tot.
326
335 1751
230
270 1400
187
198 1147
100
110
710
45
52
268
888
965
5276
4
10
8
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buon colorito e grata fisonomia, se eccettui gli abitanti della paludosa Ottana, i quali generalmente sono di statura minore, di tinta giallo-bronzata, occhi
piccoli, petto elevato, addome tumido. Gli ottanesi
hanno ancora un diverso temperamento, ne quali
domina il linfatico, mentre negli altri doresi prevale
il nervoso sanguigno e bilioso. Nelle donne ammirasi grazia, vivacit e robustezza, e belle forme: le ottanesi per fanno eccezione.
Carattere morale. Generalmente gli uomini di questo dipartimento sono laboriosi. Loranese e il sarulese travagliano assai nella agricoltura e nella pastorizia,
lottanese ara, pascola, pesca, tesse arnesi di canne, e
si occupa sempre; lorotellese fa il pastore e sdegna le
opere dellagricoltura, come le sdegna anche luniverese. Notasi negli orotellesi la negligenza che hanno
delle loro cose e persone, e certa ferocia quando son
caldi, nel qual tempo usano far burle col coltello, rissatori facilissimi, litigatori pertinaci, insidiatori terribili ne loro agguati. E di questo spirito ringhioso ne
partecipano ancora gli univeresi, de quali notasi la
loquacit e spesso la maldicenza. Sar per la troppa
umidit che accusano in certi luoghi che amasi molto di bere; ma cotesto un rimedio che spesso gravemente nuoce alla sanit. Forse sono pi laboriose le
donne, le quali oltre le solite opere del telajo non
isdegnano alcuni lavori rustici, piantando e zappando
negli orti, dando acqua agli erbaggi e al canape, o
traendo olio dal lentisco. Alcune vanno da uno in altro paese portando in vendita alcuni prodotti di loro
industria o delle frutta e del pollame, intente mentre
che camminano a filar la lana; nel qual riguardo sopra laltre lodevole la donna ottanese.
Professioni. Sono in Orani contadini 300, pastori
140, in Sarule contadini 240, pastori 200, in Orotelli contadini 180, pastori 202, in Ottana contadini
200, pastori 65, in Univeri contadini 60, pastori
280. Nelle altre arti meccaniche che sono di necessit sono impiegate in tutto il dipartimento non pi
di persone 30.
In totale lavorano le donne in telai 770, e fabbricano allanno pezze di lana 860, di lino 1820. Le sarulesi lavorano a preferenza bisaccie e mante da letto. Il superfluo di queste manifatture vendesi nelle
fiere che si celebrano nel dipartimento.
Istruzione primaria. Sonovi tanti maestri quante
sono le popolazioni, ma il numero degli studenti
ben piccolo, perch in tutto il dipartimento non oltrepassano i 40.
Amministrazione della giustizia. Questi cinque villaggi formano un mandamento della prefettura di
Nuoro. Orani n il capoluogo.
Religione. Per la cura delle anime sono impiegati 18
preti, senza i frati del convento dOrani, che sono in
egual numero. Le chiese sono 33, cio 20 nei luoghi
popolati, 13 nella campagna, tra le quali la pi ragguardevole quella che dicono della Vergine di Gonnari, fabbricata sulla sommit del monte di questo
nome, alla quale concorresi da tutte parti con molta
religione. Senza queste ne sussistevano prima altre 19.
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Area territoriale. Sarebbe coltivabile nel dipartimento una superficie di star. 20,500; ma non sono
coltivati pi di star. 8200 a cereali, 950 a vigne,
1530 sono chiusi a tanche per pascolo e seminerio
alternativo, 190 a orti.
Boschi. Si noverano in tutto il dipartimento quercie 120,000, elci 35,000, soveri 105,000, ulivastri
42,500.
Agricoltura. Si seminano star. di grano 3400, e se
ne raccolgono ordinariamente 26,000; dorzo 2,400,
e se ne raccolgono 32,500; di fave 115, e se ne raccolgono 970; di legumi 34, e se ne raccolgono 105;
di canape 140, e si hanno 280 in seme, in fibra
2700; di lino 22 che d in seme 44, e in fibre 2140.
Si coltivano in Orani, Sarule e Univeri le patate. Dalle vigne si hanno 340 botti (di 75 quartara) di mosto
bianco e 7 di mosto nero. In Ottana si coltivano poponi, citriuoli e cocomeri di ottima qualit. Nello
stesso territorio, come nellOrotellese fruttificano bene i fichi dIndia. Ne due villaggi si manifattura lolio
di lentisco, di cui si avranno circa 1800 quartare.
Pastorizia. Bestiame rude, vacche 9,200, pecore
24,000, capre 8,700, porci 5,250, sebbene nelle selve
siavi nutrimento per pi di 8000 capi, a valle 300.
Bestiame manso. Buoi e vacche 950, cavalli e cavalle 610, majali 310, giumenti 395.
Formaggi. La quantit solita sopra le cantara 2000.
Alveari. Il loro numero non va di molto oltre i
1000.
Selvaggiume. Consiste in cinghiali, daini, lepri,
volpi e martore. Gli oranesi si dilettano assai della
caccia, e quasi tutte le settimane fanno delle partite.
Pescagione. Si fa questa principalmente nel Tirso,
e ottienesi molta quantit di anguille e trote.
Strade. Le pi sono carreggiabili, le altre si potrebbero facilmente render tali. Mancano i ponti, onde i
piccoli fiumi e i torrenti in tempi piovosi impediscono le comunicazioni. Accadono frequenti disgrazie
nel Tirso. Egli vero che allungando un po la linea
si potrebbe evitare ogni rischio passando sul ponte
dIlori; ma non pochi, poco badando al pericolo,
tentono il guado per evitare alcune ore di viaggio.
Commercio. Vendesi ordinariamente star. di grano
11,000, dorzo 8,250, di canape 7,000, di vino 80
botti, dolio di lentisco quartare 1,000, di lana libbre
16,500, pelli 1,400, di formaggio cantara 900, di
pesci libbre 2,000 di pannilani pezze 600, di pannilini pezze 500, bisacce 300, mante 300, di buoi, vacche e vitelli capi 1,230, di porci 1,175, di montoni e
capre 1,650, di agnelli e capretti 1,750, che si domandano dai beccari del paese o degli altri dipartimenti, oltre altri 500 capi che si vendono per uso
de compaesani nelle specie buoi, vacche, porci, cavalli e giumenti.
I doresi comprano generi coloniali, e pelli, suole,
tele, panni, con poche altre cose.
Antichit. Norachi. Nel dipartimento trovansi in
buono stato norachi 22 e in parte diroccati 28.
Pietre fitte. In varii luoghi trovansi le cos dette
pietre fitte e le sepolture de giganti, tra le quali
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ragguardevole lantico monumento, che dicono Saltare de Lgula nel Campo Valri, e territorio di Sarule.
In questo dipartimento era nel medio evo una sede vescovile nella terra di Ottana, ed ragguardevole
larchitettura dellantica cattedrale.
DUALCHI, villaggio della Sardegna, nella provincia
di Cuglieri e diocesi di Bosa [recte diocesi di Alghero], nella prefettura dOristano e nel mandamento
di Sedilo. Comprendevasi nellantico dipartimento
del Marghine, e apparteneva al Logudoro.
La sua situazione geografica alla latitudine 4013',
e alla longitudine occidentale da Cagliari 010'.
Popolazione e clima. Sta quasi in sul ciglione dellaltipiano del Marghine in una specie di promontorio a
breve distanza da Nuraggume che le sta quasi a scirocco-levante di miglio e mezzo. esposto a tutti i
venti, se non che la tramontana e il maestro sono in
parte impediti dalla catena del Gocano a Marghine.
Vi si patisce assai dal caldo nellestate, massimamente
quando non venta; ma nellautunno e nella primavera
la temperatura assai dolce, e tale pure nellinverno,
se non sia influsso di aria gelida. Vi nevica, ma per
poco la terra resta cos coperta; vi grandina spesse volte, e considerevoli sono i danni che soffrono le vigne e
i seminati. Le pioggie sono frequenti nellinverno, le
nebbie nella primavera.
Si numerano circa 270 case divise da strade mal
dirette e fangose in tempi di pioggie.
Nel 1833 constava questo popolo di 180 famiglie, nelle quali erano anime circa 700. Accade ordinariamente si celebrino nellanno sette matrimonii,
nascono 30, muojono 20. Pochissimi arrivano ad
una buona vecchiezza. Le malattie pi frequenti sono le pleuritidi, le perniciose e le periodiche.
La maggior parte de dualchesi sono agricoltori, e
curan poco le altre arti. Le donne tessono il lino e fanno delle belle coperte da letto figurate a loro capriccio.
In vista de mezzi poco idonei bisogna lodare assai la
loro abilit che sa supplire ai difetti della macchina.
Tessono pure panni-lani comuni, e li tingon bene.
La scuola primaria conta circa 16 fanciulli. Poco
o nullo il profitto che essi fanno.
Chiese. La principale sotto linvocazione di s.
Leonardo, ed il paroco dicesi rettore, cui nella cura
delle anime assistono altri due preti.
Sono altre cinque chiese, loratorio di s. Croce con
confraternita, s. Antonio abbate, la Vergine dItria, s.
Sebastiano martire, e fuor del villaggio la chiesetta di
s. Pietro apostolo, dove nel giorno della sua commemorazione si festeggia e si celebra una piccola fiera.
Nella processione un bello spettacolo il gran numero de cavalli che van dietro al simulacro. Quindi
corresi il palio.
Il territorio di Dualchi puossi computare di circa
8 miglia quadrate.
Si seminano starelli di grano 560, dorzo 150, che
fruttificano al 10, o 12. Di lino se ne semina poco, e
pochissimo di granone per esser il terreno arido anzich no. Poche specie ortensi sono coltivate. Sonovi
Dualchi
pi di 300 vigne, ma tutte di piccola area e poco fruttifere. Il vino soave, ma di poca forza, e la sua annuale quantit non sopravanzer li 18,000 litri, che
consumasi tutta nel villaggio; e siccome non basta, ne
devon comprare non piccola quantit da altri paesi.
Le piante fruttifere si possono calcolare a 10,000
individui di diverse specie, tra le quali sono in maggior numero i peri, susini, mandorli e peschi.
Si numerano circa 200 tanche, gli altri chiusi saranno 400, e complessivamente occuperanno pi
della met del territorio. O vi seminano o vi tengono a pascolo le bestie domite. Entro questi chiusi sono rari alberi di quercie, nel rimanente veggonsi lentischi, ulivastri e perastri.
Trovasi in questo territorio una piccola eminenza
di roccie vulcaniche cos come tutto laltipiano,
nella quale massime nellinverno si osserva una forte
evaporazione che par un fumo. I contadini che lavorano nelle vicinanze, quando patiscano assai dal
freddo, vi vanno per riscaldarsi, ed grato il restarvi,
perch non sentesi alcun odore molesto. Dicesi sia
ivi molta pozzolana, e che vi si trovino nella vicinanza alcune pietruzze di sale.
Pastorizia. Si educano pecore, porci, vacche e cavalle; ma in cos poco numero che non sopravanzino
il migliajo. I buoi per lagricoltura sono cento, e altrettanti i giumenti.
Selvaggiume. Nella regione ove abbondano gli ulivastri e sono frequenti le macchie trovano i cacciatori
cinghiali e daini. Le lepri sono una generazione numerosissima ed una preda facile. Le pernici, le tortorelle e altre specie pregiate occorrono in gran numero
e in tutte parti.
Paludi. Sono entro il Dualchese cinque paludi; la
maggiore dicesi Paule Mariani dellarea di circa 80
starelli, dove nellinverno e nella primavera frequentano alcune specie acquatiche: nellestate disseccasi.
Paule Codinas a circa 100 passi da questa. Le altre
sono nella regione Calfrighe e prossime tra loro,
una delle quali per quello che le danno alcune vicine
sorgenti spesso non si asciuga totalmente nella estate. In totale occuperanno 108 starelli di territorio.
Sorgenti. In venti luoghi di questo territorio sorgono delle acque; ma se le pioggie siano scarse, la
met di queste fonti inaridisce.
Fiume. Nella gran valle che si abbassa al settentrione del villaggio scorre il fiume Murtazlu, che
nasce alcune miglia al libeccio di Macomer, e quindi
procede verso levante a trovare il Tirso, nel quale si
versa dopo 15 miglia di corso. Esso abbonda di buone anguille. Non potendosi sempre guadare, si fece
un ponticello di travi nel luogo dove si passa a Silanos; ma quando i torrenti vengono copiosi il ponte
trasportato, e accadono delle disgrazie osando alcun temerario tentare il periglioso guado.
Antichit. In vicinanza del villaggio riconobbesi
delle vestigie di antiche abitazioni: ma pare non siano di altra popolazione.
Norachi. Come in tutte le altre parti dellaltipiano
del Marghine, cos in questa sono assai norachi, e si
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Elini
nominano uno Caddris che trovasi a confini di questo territorio e di quello di Sedilo: esso quasi intero:
laltro dicesi Birila, non molto lontano dal precedente, nel quale sono alcune cose degne di osservazione;
il terzo dicesi Una assai grande e con opera esterna; il
quarto appellasi Ponte dal nome della regione: esso
poco men che intero: il quinto dicesi Barile; il sesto
dicesi Ono o dessa Olivra, come nominata la regione a causa dei molti ulivastri, nel quale pure alcuna
cosa osservabile; il settimo Piddio, lottavo Nuragheinzas, il nono Pedra-majore, il decimo Baldalazzu,
lundecimo Cubas, il duodecimo Nuraghe-biancu, il
decimoterzo Nuraghe-crabu, il decimoquarto Pirizzada, quindi altri due innominati.
Sepolture di giganti. Non mancano i monumenti
cos volgarmente detti, e vedesene uno presso al norache Cubas, un altro presso il norache Uana, e un
terzo nel luogo detto SAvenargiu presso il nurache
di Baldalazzu.
Notizie storiche. Nellanno 1478 nella guerra tra il
marchese di Oristano e il vicer Carroz, parteggiando i dualchesi pel Marchese, e perci ricusando di
ubbidire al Vicer che passava con larmata regia, ed
avendo prese le armi per respingerlo, furono battuti
e soffrirono il saccheggio.
ELINI, villaggio della Sardegna della provincia e diocesi della Ogliastra, nel mandamento di Lanusi.
Comprendevasi nel dipartimento o giudicato dOgliastra dellantico regno Cagliaritano.
La sua situazione geografica alla latitudine 3954',
ed alla longitudine orientale dal meridiano di Cagliari 019'.
Dista da Arzana, cui sta quasi al meriggio, poco
pi dun miglio, da Ilbno, cui sta a ponente-maestro, di circa altrettanto, da Lanusi capoluogo di provincia, cui sta a maestro-tramontana.
Giace in un luogo concavo circondato da montagnette, fuorch alla parte del levante, dove lorizzonte apresi sulla maremma ogliastrina e sul Tirreno. Vi
regnano quindi i venti delloriente e vi ammassano
molta umidit. Siffatta condizione di luogo porta
che esso sia assai caldo, e che le rare volte che cadevi
la neve presto si sciolga. Laria non molto salubre.
La popolazione di questo paese gi da un secolo
in decremento, n si sa per quali cause. Or le famiglie
non sono pi di 40; n esse contengono pi di 220
anime. Le nascite non soglion essere pi d8, le morti
5, i matrimonii 3. La sterilit de matrimonii in parte cagionata dalla quasi continua lontananza dei pastori dalle loro famiglie. Le case non sono pi di 45, e
la loro riunione presenta una bella scena per gli olivi
che frondeggiano intorno alle medesime. Ogni abitazione ha cinque o sei di queste piante; i frutti si raccogliono, portansi alle macine dIlbono, e da ci hanno
qualche lucro, aggiunto il prodotto degli altri alberi
che coltivano ne predii.
La professione di questi paesani lagricoltura e la
pastorizia. Le donne tessono tanto quanto basta al
bisogno delle famiglie.
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Manca la scuola primaria e ogni altra buona istituzione, salvo il monte granatico.
Religione. La chiesa parrocchiale dedicata a s. Gavino. La cura delle anime affidata a un prete che ha
il titolo di vicario. Nella campagna la chiesetta dedicata alla Vergine del Carmine alla distanza dunora
sopra una eminenza, da cui scopresi gran parte della
Ogliastra e il Tirreno, luogo amenissimo per molti alberi di leccio e varie fonti perenni. Le feste principali
di Elini sono due: una si celebra nella parrocchiale in
onore di s. Agostino, laltra per la Vergine del Carmine, e questa festa, come usan dire di chirrilu, presentandosi dagli operai della chiesa un brano di carne
di caprone e un pane a quelli che vi concorrono. Si fa
parte anche alle persone distinte del paese, a quali si
manda la carne non arrostita, come dassi agli altri.
Agricoltura. Il territorio degli elinesi in due parti
distinte e separate per un piccolo intervallo. Una di
queste parti intorno al villaggio con un raggio di un
miglio e mezzo in circa; laltra che dista circa due ore
e mezzo trovasi ne confini di Tortol, Bar e Ilbno,
che sar di circa 4 miglia quadrate, quanta pare esser
laltra suddetta.
Si semina in uno ed altro territorio; per nel distante si usa solamente fare de narboni. In totale si danno
alla terra starelli di grano 45, altrettanto di orzo, e pochissima quantit di legumi. Le raccolte sono poco copiose, non parendo il terreno molto adatto a cereali.
La vigna prospera a maraviglia, ed principalmente da suoi frutti che guadagnano alcuna cosa questi
paesani. Anche gli olivi vi vengono felicemente, e
questo ha fatto che siasi usata alcuna cura verso i medesimi, e siansi ingentiliti tanti olivastri; che fatta la
proporzione in altro villaggio non si ha maggior numero di siffatte piante. Generalmente il clima propizio anche agli altri fruttiferi, ai castagni, susini, ciriegi, peschi e noci, dei quali se ne ammirano alcuni
colossali. Gli elinesi portano le loro frutta nelle altre
regioni del dipartimento e nel Sarrabus, cambiandole
per grano, fave e anche per gatti. Sar per la nessuna
cura di nutrirli che questi animali non vivono assai: e
pare sia la stessa ragione per cui le galline sono nane,
le maggiori appena eguagliando un pollastro.
Bestiame. Hannosi 50 buoi per servigio dellagricoltura, 180 capi di vacche, 300 capre, sebbene il terreno
sia adattatissimo a questa specie, e circa 500 pecore,
pochi cavalli, che per lo pi si nutrono a sola paglia
finch questa basti, gi che essi non ne raccogliono
dallaia che una piccola porzione, forse perch per la
difficolt de luoghi non possono condurvi i carri.
Acque. Non sono scarse le sorgenti. Dentro il villaggio hannosi due belle fonti perenni, che pare costantemente in tutti i tempi propinino la stessa quantit. Ma nissunaltra acqua pi celebrata di quella
che d la fontana Onniga, che trovasi a circa mezzo
miglio dalla chiesa del Carmine. Essa abbondantissima e duna freschezza deliziosa ne calori estivi. Dicesi che abbia alcuna virt medicinale ed ecciti altri
al sudore, altri a vomiti. Molti de paesi vicini vi vanno o mandano, quasi per unottima medicina.
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Obretu, gratissima alle cavalle per il molto fieno, nascono cinque grosse fonti (sas benales de Obretu). Molto abbondante la cos detta abba sutterrada (acqua
sotterrata), e laltra che appellano sas cntarus dessarca,
e quella di Donnigheddu, e quella di matta de arghentu (macchia dargento), e tante altre che versano con
molta larghezza. Tra le piccole rinomata labba-uddi
(acqua calda) perch ha un notevole grado di calore.
Dalle suddette e da altre fonti si formano quattro
ruscelli. Il Rio-grande che nasce dalla descritta rupe di
S. Antioco, e cresce dalle fonti delle Luzane e di Obreto. Attraversa il territorio per circa tre miglia, dove
mette in movimento tredici molini, e irriga alcuni orti
di fagiuoli, pomidoro, granone, cipolle e zucche. Non
si coltivan altre specie, perch il bestiame e i ladri tolgono il frutto a chi lavora. Il rio di Badu-nueddu (Guado-novello), che nasce dalle montagne ghiandifere di
Santu-Lussurgia, e traversa lo scanese per una linea di
quattro miglia. Lungo le sponde di questo lavorasi
dagli ortolani, come si detto del Rio-grande, col
quale questo si unisce. Il rio di Semus nasce in questo
territorio da una piccola fonte dello stesso nome, lo
percorre pel tratto di due miglia, e poi d le acque al
Rio-grande. Le sue sponde sono pi amene e colte, e
nutrono alcuni alberi fruttiferi; si intende per benissimo che fruttificano a ladri, essendo una rara fortuna
che il proprietario gusti un solo pomo. Il rio dessAdde
(della valle) nasce nella montagna che dicon dellElce a
piccola distanza dal villaggio, dalla fonte dessAqua sutterrada, e scorre in una lunga valle fiancheggiata ad
una e ad altra parte da colline, e dirupi, e dopo circa
quattro miglia va a trovare gli anzinominati ruscelli
nella vallata di Sinnariolo. Alle sponde di questo fiume sono piantate le vigne con fruttiferi di molte specie e variet, e molti ulivi. Gli agrumi vi prospererebbero a maraviglia essendo il terreno fecondissimo, e
somma la facilit della irrigazione; i proprietari fan de
disegni, ma tosto si attraversa quella idea brutta de ladri, e non vi si pensa pi.
Ponti. Ve nha buon numero. Ma quali sono essi?
quali furono nel principio delle cose umane. Immagina sulle due sponde un ammasso di grosse pietre;
questi sono i due fianchi; sopra i quali ne ponti
maggiori sono distese cinque o sei travi, nei minori
tre, ne pi economici una sola; e allora sta attento
quando passi, se il tronco sia poco largo.
Pesca. I mugnai si sogliono occupare in prender
anguille e trote, n altri vi d opera, se non occorra di
dover fare qualche presente, o fornire alcun banchetto nuziale, od onorare gli ospiti in occasione di qualche solennit. Da quando i ministri di giustizia hanno mostrato del rigore contro quei pescatori che
infettavano le acque, quasi dimenticata quella trista
arte. Usavano queste erbe allavvelenamento, Sa feruledda, di fior giallo, su Trubiseu, di cui si gi parlato,
e Saspidda, pianta simile alla cipolla, ma di larghe foglie adoperate da pastori per involgere la ricolta, e per
coprire le capanne in tempo di estate. Alcuni con minor danno degli animali che poi bevean dal fiume
adoperavano la calcina viva: altri svolgevano il corso
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FIGULINA, volgarmente Fiulina, regione della Sardegna, ed uno de dipartimenti dellantico regno del
Logudoro. Venivagli questo nome dal capoluogo
della curatoria, che leggerai in appresso.
Confina a ponente col Coros, dal quale divisa
per il fiume Tamarice o Torritano, a tramontana dalla
curatoria di Montes, a levante dallAnglona, ad ostro
dallOppia e dal Meiulgu.
Nella sua maggior lunghezza dal Sassutu a Giunchi si misurano miglia 15, nella maggior latitudine
da Figuruia alla valle del Mscari miglia 8. Fatte le
debite compensazioni, la totale superficie si potrebbe
dire quasich eguale a miglia quadrate 120.
Nellantica limitazione di questo dipartimento era
inclusovi Brii, esclusone Giunchi, dipendenza del
Coros; poscia nelle disgregazioni e aggregazioni operate nellamministrazione feudale vari lestensione,
come vediamo esser avvenuto in altri dipartimenti.
La superficie del Figulna in alcune sue parti
montuosa, in altre piana.
Le eminenze pi notevoli sono il monte Lella
(Ledda), dalla cui sommit vedesi non piccola parte
del Logudoro e della Gallura, il mare che bagna le
coste settentrionali dellisola e nellestremo orizzonte
la Corsica; quindi laltipiano di Fiulinas e i colli di
Codrongianos e di Ploaghe.
Nella regione di Ploaghe, non lunge da Figuruia,
da esser veduto il cos detto muru-ferru (muro di ferro). Del quale in un sito incontro a Montessanto il
maggior tratto che apparisca dirittamente lungo metri 150, costantemente largo metri 0,80, e variamente
alto, dove per pi, metri 5. Il terreno vulcanico, e
vha luogo a sospettare che nelle interne accensioni,
scoppiando la crosta che coperchiava quei naturali focolari, e ridondando per lo fesso le bollenti materie,
queste siansi poscia nel raffreddarsi divise in molti prismi di svariatissime forme; e che nel processo de tempi per la devastazione delle roccie laterali meno dure
venisse fuori questo basalto cos formato, e a tanto
sorgesse. Ad alcuni semplici par di vedere unopera
umana e unarte antichissima di costruzione. Fra gli
altri prodotti vulcanici la pozzolana, della quale
molti fanno uso e si lodano. Un mineralogista potrebbe con molto frutto esplorare questo dipartimento, e
principalmente la parte ploaghese, dove furono riconosciuti de boli di diversi e bei colori.
Le parti maggiori della superficie piana sono in
due campi che distermina il colle di Codrongianos,
uno il Lsari ad austro, laltro il Mela a tramontana.
Il Campo-Mela , a parlar propriamente, un vallone fiancheggiato quinci dal monte di Cargighe,
quindi da monti di Asilo. La inclinazione del piano
alla tramontana con la differenza che risulta dallaltezza sul livello del mare 147,15 e 101,97 de suoi
punti estremi.
Il Campo-Lsari una valle pi spaziosa e piana,
cui fanno argine i colli di Ploaghe e i monti di Fiulinas e Bnari. Pende verso austro nella differenza che
danno le probabili altezze di 340 e 300.
Figulina
Delle altre valli la pi nobile quella di Condrongianos. Lamenit del suo fondo coltivato a orti
e adorno di bei pioppi e di molti fruttiferi e del sinistro ertissimo suo margine piantato a viti e ad alberi
gentili, e diviso dalle siepi in cento irregolari figure,
piace a passeggieri che la veggono dalla gran strada
che serpeggia e incurvasi nella pendice del colle a destra. pure bella a vedersi la valle di Saccargia nella
sua parte superiore; e pi di questa si potrebbe lodare quella di Giunchi arborata a ghiandiferi.
Le sorgenti non sono in questa regione n poche
n scarse. Tra le pi considerevoli sono le acque minerali di S. Martino e lAbbauddi di Ploaghe.
Le acque di S. Martino sono allestremit del Campo-Mela a pi della massa di monti dOsilo sulla via
da Ploaghe alla gola di Canechervu, e sorte da alcune
fauci della roccia basaltica: ricevonsi in una vaschetta
profonda un metro e mezzo e larga un po pi di tanto. Quando il Fara scriveva la corografia non si era
tuttora conosciuta la loro efficacia salutare, e per non
furono menzionate. Poi per felici esperienze venute in
molta riputazione, si credette fare bellopera costruendovi un ricovero per gli ammalati, e si costrusse: ma
perch incustodito e spesso offeso da pastori non andr molto che sia reso inutile. Fu coperto il suddetto
recipiente con una cupoletta, e la ridondanza diretta
per un canale ad altro ricettacolo; ma gi le mani malefiche han rotto il canale e sviata lacqua. Quali sostanze abbia lanalisi trovate in queste acque le vedrai
descritte nellarticolo Carghighe.
LAbbauddi nel territorio di Ploaghe nel luogo
che dicono sa mandra dessa Gia in distanza dun
miglio dal paese. Sgorgano qua e l queste acque minerali, e col continuo gorgoglio parrebbero essere in
ebullizione. Sono sentite pi acidette delle sopradescritte di S. Martino e stimansi cariche di ferro e pi
efficaci. La temperatura non pare superiore alla notata in quelle, leffluenza pi scarsa.
Il Campo-Mela traversato dal fiume Mascari,
come volgarmente appellasi il tronco in cui si riuniscono i suoi tre rami: uno de quali ha origine in poca distanza da Fiulinas, laltro dalla fontana Palasi
nella parte superiore della valle di Saccargia e il terzo
dal perenne ed abbondantissimo Cantro de Lauros,
che scorre nella valle di Bedas separata dalla precedente per la lunga e tortuosa basaltica collina e piana
nel dorso che dicono Su Calru.
Alcune fonti del Ploaghese danno origine al fiumicello dArdara, tributario del Termo. Nello stesso
territorio da una gran fonte a pi del Norace che nominano Dessu Lacu nasce il fiumicello che traversa il
Campo-Lsari, trapassa il bel ponte della gran strada
reale, si sparge e impalluda in varii luoghi, e poi cresciuto dal rio di Montessanto e dalle acque di Bnari
entra nella valle di Giunchi, e col nome di fiume
Carabso va a trovare il Tamarice.
La coltivazione erratica de narbonatori (come si
dicono quei che seminano a zappa in regioni selvagge dopo aver impinguato il suolo con le ceneri delle
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piante recise) e la barbarie pastorale hanno sgombrato de grandi vegetabili anche le parti montuose di
questo dipartimento, e non potrebbesi ora notarvi
una sola selva ghiandifera se quella di Giunchi si dovesse riunire al Coros, cui apparteneva. N fu essa
risparmiata, se ora altro non che un meschino
avanzo di ci che fu in altri tempi, quando era meglio
guardata; un avanzo che in poco tempo sar consumato, come dalla scure e dal fuoco furono consumati nel breve giro di soli due anni i ghiandiferi di
monte Lella.
Clima. La temperatura moderata; la pioggia n
frequente, n copiosa, la neve rara, e pi la grandine e
i fulmini. La salubrit de luoghi? Nelle parti montuose le variazioni atmosferiche repentine, e spesso rapidamente successive, creano gravi malattie; nelle parti
basse offende lumidit, e in certe stagioni la malaria.
I campi Mela e Lsari quanto sono fertili, tanto sono
insalubri. I miasmi che ne esalano quando dal vento
sono trasportati sopra Ploaghe e Codrongianos, destanvi febbri ostinate, e alcune perniciose.
Popolazione. Quando cominci sulla Sardegna linfausta dominazione aragonese, numeravansi in questo
dipartimento i seguenti comuni: Figulina capoluogo
della curatoria, Urgighe, Brii, Musellano, Biguegna,
Sena, Peboddus, Dulnsa, Cotronianus susu e jossu,
Saccarga, Beda, Salvnnero, Nogra, Cargighe, Muros, Ploghe, S. Maria de Fenu, S. Leonardo, Marchino. Quindi per le pestilenze, e pi per la oppressione dei dominatori di tanto si scem quel numero,
che allo scadere del secolo XVII (dopo la penuria ed
epidemia del 1680-81) non restavano che i cinque
paesi, che diciamo Fiulinas, Ploghe, Codrongianos,
Cargieghe e Muros.
Si riconosce un vero aumento da una decina danni in qua, essendosi non poco distesa lagricoltura e
menomata la mortalit dei piccoli dopo listituzione
del vaccino.
Professioni. Si numerano in questo dipartimento
agricoltori 1190, pastori 771, meccanici di vario mestiere 50, vetturali e negozianti 100. Servono alla sanit pubblica medici 3, chirurghi 8, flebotomi 2, farmacisti 2, levatrici 4. Manca lausilio di queste in Ploghe,
Cargieghe e Muros, non trovandosi chi si applichi a
8. giusto che qui rendasi onore allo zelo con cui il sacerdote ploaghese Anton Maria Spano intende a questo e a tanti
altri miglioramenti, a introdur nuove coltivazioni ed a destare
Maschi
1000
1563
582
220
123
Femmine
1025
1572
551
230
110
Totale
2025
3135
1133
450
233
Famiglie
440
685
260
115
65
Totali
3488
3488
6976
1565
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Si computarono (anno suddetto 1838) vacche rudi 2600, mannalite o manse 190, buoi 2620, pecore
57000, capre 900, porci 5400, cavalle 780, cavalli
480, giumenti 292.
I pascoli sono abbondanti nella primavera e nellautunno, ma troppo scarsi nellinverno per i ghiacci; quindi molti pastori emigrano nella Nurra. Il governo del bestiame come negli altri luoghi della
Sardegna assai imperfetto.
I formaggi sono di buona qualit; ed il total prodotto si calcola di cantare 5670. Dalla vendita di
questi e dagli altri frutti della pastorizia il maggior
lucro che abbiano i figulinesi.
Tanche. Le grandi terre ricinte, dove alternasi la
seminagione e la pastura occupano piccola parte dellarea territoriale. Le contraddizioni dei patroni della
barbara comunanza sono vigorose; e la prepotenza
de pastori che fan perdere le spese della murazione,
hanno finora impedito che si chiudesse maggior estensione.
Selvaggiume. Il cacciatore dee vagar molte ore per
vedere qualche cignale. I daini sono pi rari; per le
volpi numerosissime. Egli nella selva di Giunchi
dove si sogliono fare le grandi caccie e quindi i conviti sulla freschissima e abbondantissima fonte che
trovasi tra ombre dilettose presso allantica chiesa de
benedittini. Le pernici incontransi assai frequenti.
Pesca. da pochi esercitata n i fiumi del dipartimento sono pescosi.
Antichit. In tutto il Figulina si potrebbero nominare circa ducento norachi, compresi quelli pure de
quali restano solo le fondamenta.
Di quelle cavernette manufatte, che probabilmente
furon destinate nellantichit a conservare i cadaveri, e
che volgarmente sono dette domos de ajnas (case delle fate), se ne veggono nel Ploaghese in tre diversi luoghi e anche in su i limiti di Fiulinas con Ossi.
Strade antiche. Dove ora serpeggia la gran strada
reale era gi ne tempi romani condotta la strada a
Torres. Se ne riconobbero le vestigie, e rest certissimo indizio nella pietra migliaria che fu trovata al pi
della scala di Giocca postavi nellimpero di Nerone.
Se nellitinerario di Antonino non fu ricordata, credo
sia stato perch posteriore alla formazione della nota
delle vie pubbliche sarde e perch questa nota non riformata n pure al tempo di Antonino. Mi poi probabilissimo che non prima che Torre fosse innalzata
agli onori di colonia romana siasi dalla strada centrale
da Cagliari a Tibula derivato il ramo Turritano da sotto Montessanto.
Di unaltra strada antica e n pur essa mentovata da
Antonino, vedonsi le vestigia da Ardara alle radici del
monte dOsilo. Nel piano di Filighe (territorio di Ploaghe) se ne vede un tratto di mezzo miglio. La formazione a due strati, linferiore di grandi pietre nere, il
superiore di ciottoli calcarei. La larghezza supera di poco di metri sei. Dalla sua direzione intendesi che da
una parte toccava Ardara, dallaltra procedea al luogo
che dicono Bados apertos in distanza dunora da
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Fiulinas
nel marted dopo la Risurrezione in onore del Salvatore, titolare della chiesa campestre, giacch vi si teneva una delle principali fiere.
FIULINAS [Florinas], volgarmente detta Florinas, villaggio della Sardegna nella prov. e pref. di Sassari,
compreso nel mand. di Ploaghe. Era gi capoluogo del
Figulina antico dipartimento del regno logudorese.
Questo nome avrebbe sua ragione nelle officine
de figuli, che in principio fossero stabilite in quel
luogo? A tale opinione d alcun favore la terra buona a tal arte, che trovasi nelle vicinanze, e che ora
usasi per tevoli e mattoni.
La sua situazione geografica alla latitudine 4038',
ed alla longitudine occidentale da Cagliari 027'39".
Soprasta al vallone di Codrongianos, dalla sponda
del Pianoro, che dicono Monte de Fiulinas in esposizione a tutti i venti, gi che le vicine eminenze non
gli fanno buon riparo. Godesi quindi unampia e
amenissima prospettiva.
Clima. La temperatura assai variabile, fredda
nellinverno ai venti boreali, moderata nellestate se
non sia perfetta calma. Laria lodasi pura de miasmi
pur quando ne siti bassi dintorno sperimentisi perniciosa.
Popolazione. Il numero delle case (an. 1838) di
410 disposte sopra strade irregolari in sito piano, che
potrebbero tenersi asciutte anche dinverno, se si selciassero, e si favorisse lo scolo. Le famiglie sono poco
meno del numero delle case, le anime 2025, e si calcolarono sul passato decennio nascite annuali 65,
morti 50, matrimonii 10.
Le malattie pi frequenti sono i dolori laterali.
Rarissimi sorpassano i 60 anni. I cadaveri si seppelliscono nella cappella delle anime annessa alla chiesa
maggiore, perch finora non si formato il campo
santo. Tacque da pochi anni il compianto nei funerali dopo le pi forti comminazioni ecclesiastiche.
Servono ai fiulinesi due medici, altrettanti chirurghi ed un farmacista. La vaccinazione non generalmente favorita.
Professioni. Circa 210 sono applicati allagricoltura,
e lavorano le terre proprie, 50 sono addetti alla pastorizia, 9 alle arti minori, 60 fanno da vetturali, e altri
50 locano la loro opera per i lavori agrarii e per la costruzione delle muriccie delle tanche o chiudende.
Non si adoprano per la tessitura pi di 40 telai, che
possono dare allanno pezze di pannolano 100, pannilini 50; per molte famiglie devono comprare da Sassari le tele, da Ploaghe lalbagio. Da questo che sian
cos poche quelle donne che attendono alla tessitura
non si pensi che restino le altre inoperose. Non poche
allaurora sono in viaggio a Sassari a vendervi frutte,
galline, uove, cenere; e nella stagione delle ulive vi
passano la met dellautunno e tutto linverno. Le
medesime quando viene il tempo di sparger la ghiaja
sulla strada reale, fanno gran parte del lavoro per
grandissimo tratto verso Sassari e verso Montessanto.
Istruzione. Vi stabilita la scuola primaria, ma
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Fiulinas
come generalmente accade, pochissimo n il giovamento. I fanciulli, che vi concorrono, non son pi
di 20; le altre persone, che san leggere, non sono
pi di 30.
Religione. Questa parrocchia, che in altri tempi
era parte della Ploaghese, ora sotto la giurisdizione
dellarcivescovo di Sassari. Il parroco sintitola rettore, ed assistito nella cura delle anime da altri quattro preti, non considerando lausilio, che prestano
alcuni sacerdoti, che vivono del loro patrimonio, o
dal reddito di qualche cappellania.
La chiesa maggiore sotto linvocazione della N.
D. delle Grazie, di costruzione antica a tre navate con
nove altari. Le minori sono denominate: una dalla
Vergine del Rosario, laltra dalla santa Croce, la terza
da s. Sebastiano, la quarta da s. Francesco di Assisi. Le
due prime sono uffiziate dalle rispettive confraternite.
Fuor del paese sono due cappelle: una alla distanza
dun miglio, che dedicata a s. Lorenzo, e laltra a non
pi lungo intervallo, che appellasi dal s. Salvatore; una
terza, dove festeggiavasi per s. Nicol, gi caduta.
La festa principale per san Francesco. Si tiene
un piccol mercato, e si corre il palio; per frequentata dagli uomini de vicini paesi.
Territorio. La sua superficie di circa miglia quadrate 18. Le pi parti sono nel Pianoro, le altre nel
Campo Lasari. Il suolo adattato a tutti i generi di
cultura, e se meglio si conoscesse larte, maggiore sarebbe il profitto. I terreni aperti dove si alterna la seminatura e la pastura, hanno unarea di starelli 3000.
Agricoltura. Lo stabilimento del monte di soccorso
va a cadere, se una pi diligente e disinteressata amministrazione non lo ristauri e sostenga. Si seminano
annualmente starelli di grano 900, dorzo 200, di fave
30, di lino 10, di granone 30. La fruttificazione de
grani principalmente nel Campo Lasari, ove i tempi
corran propizi alle condizioni del suolo, rende contentissimi i coloni.
Si coltivano a piante ed erbe ortensi soli starelli sei
di terreno.
Il vigneto estendesi in 200 starelli di superficie.
Le uve non sono di molte variet. Si fa vin bianco e
in tanta copia che se ne ha per vendere e per nutrire
tre lambicchi.
Le piante fruttifere si curan pochissimo. Le specie
pi comuni sono fichi, peri, pomi dinverno. Gli
ulivi non eccedono le quattro centinaje.
Tanche. Forse non pi di 40 starelli di terreno sono chiusi per seminarvi e tenervi gli animali domestici a pascolo.
Pastorizia. Sulla qualit e copia de pascoli, vedi
Figulina dipartimento. La estensione aperta per pascolo pubblico sopravanza li starelli 3000.
Il bestiame (anno 1838) nelle specie e ne numeri
seguenti, vacche rudi 300, domestiche (volgarmente
mannalitas) 20, buoi per lagricoltura 200, pecore
4000, capre 500, porci 1500, cavalle 100, cavalli 150.
La quantit de formaggi si calcola non maggiore
di cantara 400.
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Ghiandifero. Il salto di Giunchi contiguo al Finalese [recte Fiulinese]. Vi sono quercie e lecci, questi per in minor numero. I lentischi vedonsi in tutte parti frammisti alle specie fruttifere e ad altri
alberi che solo servono per costruzione e per fuoco.
In questo bosco han parte anche i codrongianesi e
cargieghesi. Gli itiresi comech clandestinamente
molto cooperano a diradar sempre pi la selva.
Selvaggiume. In Giunchi sono i cinghiali, negli altri luoghi le volpi e le lepri.
Acque. Dentro il villaggio sono due fonti di scarsa
effluenza e di mediocre bont. Quindi molti si provvedono a bere dalle sorgenti della campagna. Tra
queste sono alcune considerevoli e principalmente
quella a poca distanza dal paese che nominano Coscre e stimano medicinale a cavalli che patiscan di
vermini (sos tsconos) tenendo certo che essa valga a
precipitarli e cacciarli fuora: quindi labbondantissima fonte di s. Lorenzo che scorre nel salto di Giunchi a trovar il Carabuso e quella di s. Francesco che
cresciuta dalla Cniga, scende nel Campo Mela, e
coi rivi di Saccargia e di Beda forma il Mscari.
Commercio. Quei vetturali di cui abbiam parlato,
portano a Sassari i prodotti del paese, e questi venduti
vanno in altre parti per provvedersi di nuovi carichi.
Strade. Le vie vicinali di Fiulinas sono mal praticabili per la discesa malagevole dal monte ne due campi
Mela e Lasari. Dista Fiulinas da Codrongianos un
quarto dora se si traversi la valle; da Cargieghe mezzora; da Ploaghe unora; da Sassari due e mezzo.
Antichit. Sono in questo territorio dodici norachi e alcune cavernette sepolcrali appartenenti a pi
antichi abitatori dellisola.
Per le popolazioni antiche che ebbero parte dallattuale territorio de Figulinesi vedi Figulinas dipartimento.
Castello di Figulina. Il Fara ne suoi annali annoverando i luoghi che Pietro re dAragona aveva in Sardegna immediatamente sottoposti alla sua giurisdizione,
fa menzione di questo castello. Esso coronava leminenza vicina al paese dalla parte settentrionale, e dominava lantico borgo posto alla falda dove ancora
son vedute le vestigia di antiche abitazioni. Se ora difficilmente se ne riconoscano le fondamenta, egli
perch i Fiulinesi si servirono de suoi materiali.
Notizie storiche. Quali vicende abbia patito questa
rocca nelle guerre civili e in quelle che guerreggiarono
gli arboresi e i narbonesi contro i re dAragona, ci
ignoto, neppur sappiamo quando si abbandonasse se
prima o dopo che i borghigiani si ritirarono dal suo piede al luogo non lontano, dove or vediamo le abitazioni.
Lasciati cadere nellobblio i nomi di uomini pi
degni di lode, la sorte serb viva la memoria di Lorenzo e Giovanni fratelli Sanna di Figulina, nemici
dei dinasti dArborea nel 1368 allassedio di Oristano e furono felici che si poteron sottrarre alla spada
vincitrice del gran Mariano.
Unaltra volta i malvagi prendevano le arme contro la patria e sotto gli ordini di Rambaldo di Corbera pugnarono contro i lor fratelli!
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nel tempo che cominciano a venir su le spighe. In siffatti luoghi laria si sperimenta poco salubre nella stagione dellintemperie, come provasi nelle vallate o
nelle stesse vicinanze di Sassari a maestrale, dove il
suolo pi basso e contiene molto umore: quindi fan
molta strage le febbri perniciose, turbano e annientano la sanit le periodiche.
ROMANDIA. questa una regione marittima nel
golfo che dicono dellAsinara, e pare abbia avuto
questo nome perch appartenesse alla colonia romana di Torre.
Confina a tramontana col mare dalla foce di Fiume-santo alla punta di Perdas de Fogu, a ponente con
la Nurra, ad austro con Fluminaria e la curatoria di
Monty, a levante con le terre di Castelsardo, che forse
erano parte di quel dipartimento, che lo Zurita nominava Allegurina, e che altri monumenti, che io sappia,
non rammentano.
Topografia. La sua estensione in lungo nella linea
di ponente-levante fra i termini sunnotati, di miglia 14, la larghezza compensata di miglia 2,5: per
la superficie pu stimarsi in miglia quadr. 35. Il P.
Napoli la computava di 50.
Due terzi di questo territorio sono piani. Nellaltro sono notevoli le colline del Tniga. Domina unicamente la roccia calcarea. La maremma di Sorso
sabbiosa in unarea di circa sette miglia quadrate.
Acque. Intendesi bene, che questa regione non sar abbondante di sorgenti. Le pi considerevoli sono
quelle di Snnori, Sorso, Settupalmi, Querqui.
Fiumi. La Romandia bagnata ne suoi confini a
levante dal fiumicello di Perdas de Fogu, a ponente
dal Fiume-santo, ad austro per lungo tratto dal Gbaro, si traversa dal Tamarice e dal Silis proveniente
dai monti dOsilo.
Stagni. A circa tre miglia al levante di Portotorre
lo stagno di Platamona, lungo le due miglia e pochissimo largo. I ruscelli Buttngari, Plano e Mattone, vi
versano le loro acque. Il mare non vi si diffonde, se
non sia fortemente spinto dal maestro a tramontana.
Vantavasi questo bacino assai pescoso; ma dal 1795 le
specie diminuirono molto, e non se ne intese la ragione. Ora non si forma che una sola chiusa per la pesca.
Allaltra parte del porto in distanza di due miglia
grosse uno stagno, che dicono di Gianuario, dove in
qualche anno ha luogo la cristallizzazione.
Clima. Questa regione tutta esposta ai venti settentrionali; ma mentre la sua met occidentale sente
linflusso degli altri, la orientale poco battuta da
quelli che sono compresi nel quadrante daustro-levante. Lumidit assai sentita nelle parti basse, dove laria
meritamente temesi in certi tempi, come poco salubre.
Littorale. Comincia questo, come fu detto, dalla
punta di Perdas de Fogu, presso la quale fu una tonnara, che si abbandon, perch poco fruttifera; e rientrando, e poi gradatamente ritornando fuori sino alle
rupi di Bali forma un seno largo miglia 10, profondo non pi di due. Da Bali alla foce di Fiume-santo
procede senza notevoli sporgenze e rientranze; s che
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Nellagro sassarese si numera poco meno di un milione dolivi, da quali in anni di fertilit sono estratti
circa 100,000 barili dolio. Lolio sassarese non mai
classificato tra sopraffini perch le olive non si frangon fresche e usasi lacqua calda; n ponesi pure tra
fini, se non quando la raccolta siasi fatta in tempo e il
frutto non abbia patito depravazione. Sono adoperati
100 molini, e si sono gi stabiliti alcuni lavatoi. Se abbiansi domande dallestero e la raccolta sia stata copiosa si possono spedire pi di 50 mila barili.
Gli altri fruttiferi sono per lo meno 200 mila e vi
ha tra essi gran numero di specie, e in alcune specie
molta variet. Le mele sono il pi stimato de frutti,
delle quali mandasi alla capitale pi di 3 mila cantare.
Coltivasi in queste regioni il tabacco e vendesi allappalto regio, sottrattone prima un terzo per le fabbriche di contrabbando.
Romandia. Delle 35 miglia quadrate che abbiamo
assegnate a questo dipartimento sole 16 sono lavorate. La parte occidentale granifera, lorientale ottima per i fruttiferi e le vigne.
Seminagione. Si computa che i coloni di questo
dipartimento seminano annualmente starelli di grano 3800, dorzo 1000, di legumi 300. Generalmente si ha lottuplo della semenza.
Le vigne vi son lietissime e la malvaga di Sorso
meritatamente riputata.
Oliveti. La lunga collina del Tniga tutta ricoperta dolivi e non piccoli spazi in altre parti dedicati
alla loro cultura. Lolio della Romanda di maggior
bont, che quello di Fluminaria come pi limpido e
sottile e per avrebbe un prezzo maggiore se non entrasse nel commercio degli olii di Sassari. Il totale
degli ulivi non par minore di 250 mila.
Gli altri fruttiferi in molte specie e variet non saranno meno di 30 mila.
Tabacco. Coltivasi questa pianta con la stessa arte
che usano i sassaresi; tuttavolta per le migliori condizioni del suolo sono le sue foglie pi pregiate, siccome quelle che danno una polvere di superior bont.
Pastorizia. Nella Nurra di dentro si numerano 68
case pastorali, dove gran parte dellanno vivono famiglie de proprietarii. Esse hanno due o pi camere, in una delle quali riposano i padroni, nellaltra si
ha il focolare, si fanno le faccende domestiche e riposano i servi; in unaltra si conservano i frutti. Nella Nurra di fuora si posson notare 64 capanne, le
quali si costruiscono e si disfanno quando i pastori
devono trasferirsi in altra regione. NellAsinara le cose sono parimenti come nella Nurra. Vedi larticolo
Asinara. Codeste magioni sono volgarmente dette
Cuili voce un po corretta dallintera cubile, che usasi
in altri dipartimenti dove lantica pronunzia pat minori alterazioni. Non pare detto impropriamente cubile covile il luogo dove si riposa.
Numero del bestiame (anno 1834). Erano le vacche capi 4000 in segni 41, le pecore 8000 in segni
49, le capre 27000 in segni 80, i porci 2520 in segni
42, le cavalle 800 in 18 armenti, i buoi per lagricol-
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tura 2000 gioghi, i cavalli nella citt 800, ne distretti pastorali 264, gli asini per il servigio dellacqua in
citt 200, ne salti per la macinazione e per trasporto
di legna 400.
Formaggio. Cos il vaccino come il pecorino e caprino di mediocre bont. Perch spesso si supplisce
al pane col qualiato non vendesi quella quantit che
pare potrebbe essere prodotta. Le vacche potean benissimo dare cantare 400, le pecore 1200, le capre
4000.
Lana. Se ne posson avere annualmente cantare 140.
Altri prodotti. Vendonsi annualmente alle concie
cuoi vaccini 600, pelli di pecore e capre, di agnelli e
capretti 7600. Se sia mortalit i detti numeri eguagliano o sorpassano quello dei capi.
Tanche. Sono 530, e occupano una superficie di
circa 11 mila starelli.
Nella Romandia erano buoi 1218, cavalli domiti
538, porci domestici 670, vacche rudi 300, tori e vitelle 370, cavalle 460, capre 330, pecore 5000, porci
600.
Apiaria. Sono pochi che vi studino cos in questo,
come negli altri due dipartimenti. Non stato possibile raccogliere i numeri rispettivi.
Ghiandiferi. Ne dipartimenti di Romandia e Fluminaria non si vedono che poche di cotali piante, e
sparse a grandi distanze: nella Nurra per erano grandissimi tratti di terreno coperti dalle medesime. Il
Campo Calvagio contiene sparsi in una superficie
ben larga circa 600 mila alberi, i quali quando abbondan di frutto possono ingrassare diecimila capi.
La gran selva dellArgentiera con le sue appendici ne
numerava pi di 4 milioni tra grandi e piccoli. Ma
nel luglio dellanno 1839 essendosi da alcuni malefici
appiccato il fuoco, questo crebbe rapidamente in un
orribile incendio, che tutti comprese i suoi boschi
foltissimi dalberi annessi, e si propag largamente
per favore de venti. Dur cotanta ignizione pi di
10 giorni, e annient quei belli e vigorosi vegetabili
che rivestivano quelle montagne, sincenerirono le
messi che si teneano abbicate, arsero le case pastorali,
e furono precipitati in uno stato miserabilissimo da
dover domandare dellaltrui piet un pane, una veste,
molti che prima erano invidiati; felici non pertanto
che si poteano salvare da quelle fiamme! Vi furon per alcuni pi sventurati che rinchiusi ad ogni parte
dallincendio perirono miseramente, come periva un
gran numero di fiere, e di animali domestici o bruciati o soffocati. Si calcol che si incenerissero circa 3
milioni dalberi ghiandiferi, e un milione di grandi
olivastri: e si valutaron gli altri danni a circa 18 mila
scudi. La provvidenza paterna del Governo sovvenne
agli infelici, e molte persone di Cagliari e Sassari contribuirono al loro sollievo.
Asinara non manca di ghiandiferi in quella parte
dove pi montuosa, e n ben rivestita la Vallombrosa.
Olivastri. Laltra specie che dopo i ghiandiferi
pi frequente ne salti sono gli olivastri, de quali i
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Di altre tre ville Herahilo, Subiana, e Logu appartenenti a questa curatoria fatta menzione nella donazione a monaci di Chiaravalle; e la villa Logu trovasi pure notata nel manoscritto del 1358 su redditi
della Gallura: ma chi pu dire a quali de siti anonimi, che abbiamo notato popolati, corrispondano?
Romandia. Se credi al Fara erano solamente compresi in questo dipartimento Sorso, Snnori, Gennore, Uruspa, Tniga, e Grito; se per meglio riguardasi alla carta di fondazione del monistero torritano
fatta, come sopra fu detto, dal vescovo di Sorra, questa regione dovrassi allargare a confini, che gi assegnammo, e vi si comprender Save, Augusolo, Ennenna, di cui ignoriamo la situazione, e Taverra, la quale
sapendosi posta alla sinistra del Tamarice buona ragione perch questo dipartimento sia pi disteso nel
ponente, e contenga lantica citt di Torre, siccome
quella che dava al medesimo il nome con cui appellata. Dalla stessa citata carta deducesi, che anche Sestupalmi era parte della Romandia: per noi ve la includiamo. Pertanto erano contenuti nella Romandia:
Torre. Antica citt e colonia de Romani; gi rediviva, dopo quattro secoli di desolazione, i due villaggi esistenti Sorso e Sennori, ed i seguenti distrutti:
Otheri o Oceri nellagro di Sennori presso la chiesa
di s. Pietro.
Gennos o Gennore. Nel monte di Taniga. Avea la
chiesa di s. Maria che fu data al monistero de cassinesi di Nurchi.
Uruspa. Al sirocco di Sorso in distanza di 3 miglia.
Gerito. Nella regione di tal nome presso le rovine
della chiesa di s. Biagio nel monte di Tniga.
Tniga. Sul monte del suo nome.
Settupalmi. In distanza da Sassari di ore due e un
quarto.
Erti. Ad egual distanza presso la copiosissima fonte Lupidocciu.
Plajano o Plano. Dovera la chiesa di s. Michele,
posseduta prima dal capitolo di Pisa, e poi uffiziata
da monaci di Vallombrosa.
Querqui. A mezzora da S. Gavino con fonte abbondantissima.
Domus-Novas in distanza dallanzidetto punto di
tre quarti dora in sulla strada a Sassari.
Binis o Binis a tramontana di Montelvaru.
Soranna non lungi dalla sponda sinistra del Tamarice.
Taberra o Taverra posta parimente.
Numero probabile della popolazione quando esistevano le sunnominate citt e ville. Considerata la feracit
di questi terreni, possiamo tenere che una diligente
coltivazione, distesa molto pi che non sia al presente,
producesse tre volte pi, epper potesse sostenere una
popolazione tripla dellattuale: il che si consentir facilmente in rispetto delle parti, che somministrava il
mare alla sussistenza. Da ci intenderassi quanta io
pensi la grandezza di tanto numero di popolazioni in
una superficie di circa 200 miglia quadrate. Certamente n Torre, n Sassari aveano molte migliaja di
famiglie, n Sorso, n Sennori il numero di anime,
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meno di centomila piante, che in pochi anni potrebbe diventare un fruttuoso oliveto; ma in Flumini
non chi possa sostenere le spese preparatorie.
Pastorizia. Nellanno 1839 era il bestiame de fluminesi nelle specie e nei numeri seguenti: vacche
produttrici 430, vitelli e vitelle 270, buoi 400, pecore 4000, capre 5100, porci 450, cavalle 80, cavalli
domiti 30 e giumenti 7, giacch la macinazione dei
grani si fa per quattordici molini idraulici.
A questi animali non mai scarseggianti di pascolo,
n di acque buone, sono perniciosissime la ferula, la
squilla, la menta, il finocchio, ondech il pastore deve esplorare i luoghi prima di condurvi la greggia o
larmento, se non sel voglia veder molto minorato.
Le vacche non si mungono sul timore di scemar
di troppo ai parti il necessario alimento. Il formaggio caprino, e pecorino lodasi di molta bont.
Lagricoltura non molto avanzata. Si avranno bagni 600.
Selvaggiume. I fluminesi prendonsi gran piacere alla caccia, e soventi colgono i cervi, i cinghiali, i daini
e gli stessi mufloni. Vha gran numero di lepri e di
volpi. Ne volatili sono quasi tutte le specie, che si
trovano nelle altre parti dellisola, e abbondano le
gentili, nelle quali si notano per gran numero le pernici, le tortorelle e i colombi selvatici. Le valli riempionsi del soavissimo canto delle filomene e degli usignoli, i quali in certi tempi tra i silenzi notturni
provano nelle pi varie e dolci armonie la meravigliosa lor musica nella amenissima Minda. I passeri sono
come in altre regioni prodigiosamente moltiplicati a
danno de coloni; e nel tempo invernale i merli e i
tordi vi si trovano in schiere numerosissime.
Acque. Innumerevoli sono le sorgenti di questo
territorio, e tra esse alcune considerevoli per la copiosissima effluenza.
Il fiume, da cui la regione e il villaggio hanno appellazione, nasce da quattro montagne, che sono entro i termini territoriali, e diconsi Pubusioru, Su Mano, Sa Perda impiccda e Gutturu de Pala. Il rivo del
Pubusino porta pi acque degli altri, e quello del Mano, che appena sar la met del predetto, del doppio maggiore in paragone degli altri due. Riunendosi
questi fiumicelli nella regione, che dicono Sa perda lascinsa, il loro tronco comune prende il nome di fiume maggiore, passa in mezzo del villaggio, e percorsa
la Minda, entra nel mare. La linea del suo serpeggiamento dalla pi lontana fonte, che quella di Pubusino, non supera le quindici miglia. Ha due principali
confluenti: lo Znnero, che divide il rione di Baucerbu, dove ha un piccolo ponte di pietra per comodo
dei popolani nel solo inverno; e il rio del monte Bega,
che vi influisce in distanza di mezzora dallabitato,
ricco di acque nellinverno, ma nellestate cos scarso,
che non possa dar moto ai molini. Perch questo rio
tortuosissimo, e scorre dove la via ad Arbus e Gonnos, per debbe il viaggiatore traversarlo le quarantanove volte entro lo spazio di due ore!
Ne tempi di frequentissime pioggie, sovracarico il
fiume maggiore per li torrenti, che riceve in gran
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terza domenica di settembre, nella quale si fanno i religiosi uffizii al Santo, visitata da grandissimo numero di devoti.
Il Santo ha presso questi la denominazione Dessu
Compingiu, da quel bosco di pini, che abbiam notato prossimo alla chiesa.
Commercio. Comech la giusta distanza di Flumini
da Iglesias e da Arbus non sia maggiore di 8 miglia,
tuttavolta non si impiegan meno di sei ore da chi vada sollecito a piedi, perch a cavallo si impiega maggior tempo per la scabrezza delle vie che in certi punti
sono difficilissime. Egli per questo che di rado i fluminesi vanno a commerciare nel Sulci e nellinterno
alla pianura meridionale, e che di rado vi si portano i
forestieri. Grazie per a carolini che vi navigavano
spesso si pu esitare gran parte delle derrate. Sebbene
a dir le cose, come ragione, i carolini esercitano un
vero monopolio, e costringono quei poveri a ricevere i
prezzi che lor piace di esibire. Li vedrai concorrere nel
tempo che torna tra fluminesi il regio esattore, simulare nessun de generi proposti in vendita, e ottenere
che quei contribuenti facciano un vilissimo mercato.
Egli sarebbe una cosa di somma utilit se si aprissero due comunicazioni a questa fecondissima regione e
ricchissima di minerali e di legna da costruzione, una
alla parte di Gonnos, donde uscirebbero nel gran piano a commerciare con i dipartimenti di Nuraminis,
Trecenta, Marmilla, Partemontis e Arborea, laltra a
Domus-novas, donde uscirebbero al Sulci e a dipartimenti di Decimo e del Campidano di Cagliari. La
prima potrebbe condursi dal villaggio a Cucumeo, che
un tratto di mezzo miglio, dove si carreggia comodamente; indi a Ganoppi, che pure una via carreggiabile di pi di un miglio; da Ganoppi per altrettanto spazio di facil passaggio a Genna de Frongia gola
fiancheggiata da due colli, sui quali sono vestigie di
abitazioni antiche e gli avanzi delle due indicate chiese, s. Vittoria a man dritta, e s. Antonio di Maidu a
sinistra, al quale vicina, perch posta alla falda, la
chiesa di s. Giorgio rovinata e circondata da altre rovine. Dalla detta gola potrebbesi per una o due piccole
rampe discendere nella valle di rio Pizzeddus ne confini di Arbus e Gonnos, e andarvi per un miglio e
mezzo, fatto un piccolo ponte sul fiumicello, donde
insino alla fonte di s. Anastasia di Sbiri un mezzo
miglio di ottima strada, come ancor tale quella che
porta alla Bingia deis Lirus de Gonnos per unora di
corso, e la restante linea a Gonnos per una mezzora.
Laltra a Domus-novas converrebbe descriverla per
li seguenti punti, alla Pietra-lata, via carreggiabile di
25 minuti ma traversata dal rivolo di Sarrus; alla
Guardia dessu Brociu per un quarto; alla terra di Nostra Signora per altrettanto, e potendovisi parimente
carreggiare dove pure sarebbe necessario un ponticello; a Gutturu de pala per mezzora, e per luoghi non
difficili; a Canali de figu tratto egualmente lungo ma
un po aspro e traversato dal rivo che viene dallunione
delle acque di Pubusino e di Gutturu de Pala; quindi
per una discesa alla regione detta is argiolas dessu Spiridu santu, luogo piano e facile, e via di mezzo miglio
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alla terra che dicono Iba o Giba, donde dopo mezzora di non difficil transito e trapassato un rivoletto, si
anderebbe a Campo-spina, e quindi dopo unora alla
fonte di s. Giovanni.
Antichit. Si conoscono sei norachi, e sono in Fighezza, in Conca-muscioni, in s. Lucia, in Bega, in sa
Calcina, e quello che conosciuto generalmente col
nome di Su Corrazzu dessu Estiu (il cortile del bestione, come chiamano il diavolo), grande cos che il
suo circuito non si misuri in meno di cento passi ordinarii, e costrutto di enormi sassi con il muro a una
parte alto circa 30 palmi, allaltra la met. Dentro e
dintorno vi un grande ingombro di rovine. Tenendosi da quei semplici che ivi abiti un angelo cattivo molti temono avvicinarvisi, e sono solamente i
pi coraggiosi che ardiscono portarvisi per ricercare
nel settembre non so che fiore maraviglioso e di prodigiosa virt in favore di chi lo tolga. Ma quanti vi
sono andati faticarono invano, perch lo spirito del
luogo lo nasconde. questo luogo e questo spirito
un soggetto di racconti mirabili a fluminesi, e parla
indarno chi li vuol dissuadere.
Antas. Nellanno 1838 visitaronsi prima dal cav. La
Marmora, poi dal P. Angius, i monumenti finallora
trascurati di quella regione selvosa e tra gli altri si riconobbe un tempio romano, che da alcuni frammenti
della iscrizione che era al frontone si riconobbe eretto
sotto limpero di Antonino. La sua lunghezza era di
metri 18, la larghezza di 8, con sei colonne al pronao,
quattro delle quali sostenevano il frontone. Il diametro
di esse era di metri 0,95. Ascendevasi al pronao per
una gradinata larga metri 4 standovi tra questa e quello interposto un piano della stessa larghezza e lungo
metri 10? Il materiale una pietra calcarea assai dura
che imita il marmo, il lavoro fu accurato. Pare che sia
stato distrutto e non gi caduto da s. Le colonne erano formate di cilindri parziali, alti variamente da metri
0,35 a 0,85. Vedine la descrizione e la pianta presso il
cav. La Marmora, nel volume delle antichit.
Popolazioni antiche. Presso la chiesa di s. Nicol sono le vestigia dun cospicuo paese, e penso che ivi abitassero gli antichi fluminesi. Eravi altra popolazione
nel sito detto Sa domu deis Gragris nella via dellattual villaggio al mare, come pure intorno alla caduta
chiesa di s. Giusta, e nelle vicinissime regioni di Niu
de crobu, Corti de accas e di S. Giovanni, in Mairedda,
distante 10 minuti da Antas, in Seguris, in Frongia ecc.
Littorale. Comprendendo nel territorio dei fluminesi la contigua ampia regione, che dicon Territorio
de Gessa, perch demaniale, comincierebbe il littorale di Flumini da mezzo il golfo Paglia, e continuerebbe sino in l di Capo-pecora. In questa linea osservabile in principio lo scoglio, che dalla sua forma
i naviganti appellarono Pan di zucchero. Quindi
apronsi tre piccoli seni con antri profondi, degni di
esser veduti. Segue poi la costa con rupi inaccessibili
e con molti scogli al piede, che sono di grandissimo
pericolo a chi voglia troppo davvicino navigare.
La punta di Caladomestica dopo Capo-Stefano la
pi sporgente. Il suo seno aperto al maestrale, ed
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Fonni
aumentare il patrimonio, e moderati nelle spese. Le famiglie possidenti sono circa 700, le povere non pi di
74. Nella prima distinguonsi le case de nobili che sono
tredici e quelle degli ecclesiastici.
Vitto. I principali amano la buona tavola e se ne
onorano con gli ospiti. Gli uomini delle altre classi
usano vivande sostanziose, comech assai grossolane,
carni, latticini, legumi, frutta. Il fonnese prende piacere a bevere, ma non accade quasi mai che vada
tantoltre quanto lorgolese.
Panificio. Usasi il pane dorzo (sorztu), il quale
quando raffreddato sentesi un po acidetto, e il pane di fromento (su coccne) lavorato secondo larte
comune. Lorzato era in altri tempi il pane quotidiano per tutti; ora nelle famiglie pi comode mangiasi
il coccone, e in certi giorni anche dai servi. Una terza
maniera di pane la fresa. Si fa una schiacciata tonda
e molto sottile, introducesi nel forno quando in sua
maggior caldura, se ne estrae come vedesi gonfia,
spaccasi in due croste e riponesi a biscottarla, si conserva per molti giorni e mangiasi con molto gusto.
Foggia del vestire. Gli uomini vestono cappotti corti,
gabbani lunghi, calzoni larghi di tela e le brache di forese corte e assai larghe col giubbone di sajale rosso a
due petti. I letterati che dicono, usano pantaloni e corpetti alla italiana. Le donne di primo stato veston gonnelle di sajo fino e coprono la testa o con fazzoletti colorati o con mantelli triangolari orlati di trine doro o
dargento che incrociano sul petto, se pur non siano in
duolo, perch allora portansi manti di seta nera. Le
donne di minor grado veston tre gonnelle, grigia linterna, rosse le superiori, e adornate nelle falde a nastri
di color diversi, sospendon un grembiale contornato da
lavori di seta, e copron la testa con pezzuole bianche di
tela che dicon bendas o tivageddas (tovagliuole), fuorch
in tempo di duolo, perch allora portasi su cucuzzu, che
una pezza quadrata di panno azzurro con orlatura di
nastro pavonazzo che spiegano sulla testa raccogliendone soli due capi sotto il mento con un gancetto.
In occorrenze fauste si balla allarmonia del coro:
nel carnevale usano mascherarsi; ne funerali si fanno i canti funebri intorno al cadavere.
Professioni. Le principali sono la pastorizia e poi
lagricoltura. Un buon numero fanno da vetturali ed
esercitano piccoli negozii: altri lavorano alla muratura, in sul legno in sul ferro, e praticano tutte larti
che sono necessarie, comech sia in essi desiderata
maggior perizia. Negli altri ministerii sono: sei notai,
un medico, un chirurgo, due flebotomi, tre farmacisti, e nessuna levatrice.
Le donne lavorano in su trecento telai, e possono
vendere molte pezze di panni lani e lini a mercantuzzi del vicino Gavoi.
Amministrazioni. stabilito in Fonni il tribunale di
mandamento con giurisdizione sopra Mamojda e
Lodine, un ufficio delle poste, e un altro per la Regia
Esattoria.
Guarnigione. Consiste in un piccol corpo di fanteria e di cavalleria. I contingenti per le milizie nazionali di 60 uomini fra pedoni e cavalieri.
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Nellingresso a questo santuario, dalla parte che risponde alla piazza della fiera, una camera, dove dal
buon religioso si son formate dieci fonti in onore delle
altrettante virt della Nostra Donna. Queste acque sacre riunite a quella dellaltare per un canale sotterraneo
si mandan fuori nella piazza per servire alla fabbrica
della cera appartenente alla cappella, donde, spoglie
dogni santit, si lasciano uscire agli usi del popolo.
Consacravasi la cappella nellanno 1714, 15 maggio, da monsignor Antonio Sellent vescovo ausiliare
cagliaritano; il sottoposto santuario nellanno 1730
add 18 giugno dallarcivescovo dOristano D. Antonio Nin.
Se grande fu prima del P. Fr. Pacifico la religione
de popoli verso la N. D. dei Martiri, essa divent
maravigliosamente maggiore dopo la erezione di
questa cappella, ed era cos numerosa la concorrenza
dei pellegrini, cos continuata la oblazione dei devoti, che fu necessit formare in servigio de medesimi
unaltra religiosa famiglia e unaltra amministrazione
sotto il governo di uno de frati pi qualificati. Ma
raffreddatasi nellandar del tempo quella gran piet,
e menomate le limosine, cess la seconda famiglia, e
le amministrazioni si confusero.
Lo stesso Fr. Pacifico instituiva (an. 1705, 23 marzo) la confraternita dei dieci beneplaciti, o delle dieci
virt della Vergine nel sunnotato oratorio di s. Giuseppe allato della cappella, e le otteneva dal sommo
pontefice varie indulgenze.
La grande iscrizione della cappella. Sopra larchitrave della porta, per cui questi confratelli passano
nella cappella, o basilica, come essi dicono, fu posta
dal detto frate una lunga iscrizione latina, che i fonnesi lodano siccome un commentario storico, in cui
sieno radunate le pi importanti notizie delle antichit sarde civili e religiose. Credo per far cosa grata al lettore, recitandola in italiano.
A Dio ottimo massimo.
A gloria della santissima Trinit propongonsi a
leggere le cose contenute in questa tavola.
Descrivonsi brevemente le vetuste glorie, lorigine
e la conversione alla fede de barbaracini, jolaesi, iliesi e balari; quindi spiegasi ai pii fedeli il fine della
fondazione di questa sacrosanta basilica. Dunque a
sapersi che
Ercole il greco, figlio di Alcmena e di Anfitrione,
avendo nelle cinquanta figlie del re Tespio generato
cinquanta maschi detti Tespiadi, disegn mandarli in
questisola a fondarvi una colonia, perch avea ricevuto risposta da suoi iddii, che molto gioverebbe a lui
per conseguire la immortalit, se mandasse una colonia fra sardi. Pertanto nellanno 2769 sped il suo nipote Jolao con i figli sopra una gran flotta. Jolao occup la parte meridionale campestre dellisola: per i
suoi ottennero grandissima riputazione, e questa promessa dalloracolo, che la loro colonia goderebbe duna
perpetua libert. E quando prima i cartaginesi, poscia
i romani occuparono lisola, non poterono in alcun
modo soggiogarli. Trasferita di poi la colonia per gli
accidenti delle guerre in queste montagne, fondavasi la
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ci in che prevali per addurre al suo culto quanti potrai, e farli battezzare, ed esortarli, che provvedano alla
loro eterna salute. Che se per avventura ci non puoi
fare perch occupato in altro, io che ti desidero ogni
bene, ti prego di dar favore in tutte le cose al mio
confratello e convescovo Felice e al mio figlio e servo
di Dio Felice [recte Ciriaco]: perch in confortandoli
nelle fatiche, tu dimostri la tua devozione allonnipotente Iddio, ed egli ti sia nelle buone opere confortatore, alli cui servi tu sarai ausiliatore nella buona opera. Vi abbiam trasmesso per essi la benedizione di s.
Pietro, la quale io desidero che accogliate volentieri
Scrivendo poi a Zabarda, dicea: Mi fu significato che
a questa condizione vi avvenghiate a far la pace co
barbaracini, che li convertiate alla fede di Cristo: di
che io mi sono grandemente rallegrato
Avendo Felice e Ciriaco predicato G. C. ne paesi
de Barbaracini, consagrarono molti col lavacro del
battesimo, e dentro sette anni fondarono una parrocchia.
Tutte le quali cose ben considerando il frate Pacifico
Guiso-Pirella nuorese, perch mai pi non cadesse in
dimenticanza la memoria di tanto benefizio della B.
Vergine regina de martiri (da cui ogni bene e la sovversione della superstizione si riconosce) e de santi Efiso e Gregorio, eresse in loro onore questa basilica, e felicemente la compiva nello spazio di trentasette mesi,
Add 13 maggio 1708.
Ecco quanto si contiene in quella gran tavola. Sulla quale non posso lasciar di dire che la sola narratavi
dellErcole greco e de cinquanta figli, lapoteosi di
Jolao, il culto de nove Tespiadi, e la ricordanza degli
oracoli che si rendeano a sognatori, sono tali profanit che non si sarebbero dovute scrivere in un tempio cristiano, nella parete duna cappella dedicata alla
B. V., che le immaginarie origini de paesi che vi sono riferite si sarebbero dovute lasciare nelle pagine,
dove il Vitale scrivea i suoi sogni. Epper anche non
riguardando le molte altre cose che in quella tavola
occorrono degne di censura, stimerei ottimamente
fatto se si cancellasse quanto vi di falso, temerario,
dissimile dalla storia, favoloso, impertinente, e solo si
ricordasse il trionfo della fede sopra le superstizioni
antiche dei barbaraceni adoratori di statue di legno e
di alcune pietre, per darne gloria a Dio, alla B. Vergine, a s. Efiso, a s. Gregorio e a due uomini santi, per
li quali fu operata la felice conversione.
Feste. La principale in onore della Vergine de
Martiri, e si celebra il luned dopo la Pentecoste. Il
concorso comincia dal gioved precedente, ed numerosissimo gi che da dipartimenti dintorno e dalle lontane regioni moltissimi vi si adunano, altri per
causa di religione, altri per divertimento e molti per
comprare o vendere nel mercato, che si forse quello
dove si fanno pi affari, che un oltramarino per che
avesse vedute altre fiere potrebbe dire affarucci.
Laltra festa solenne e onorata da forestieri per il
titolare nella commemorazione della sua Nativit. In
quel giorno fassi la gran currilla, come dicesi la corsa
ripetuta di pi di cento cavalli, or in due, or in pi,
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Greci) a levante e alla distanza dunora; nel luogo detto Su Alinu verso la stessa parte e pi lontano per il
tratto dun quarto dora; in Osule a greco a unora di
viaggio; in Orri al ponente e in distanza di mezzora;
in Nole ad austro, e in Sorovle a tramontana a un
mezzo miglio; in Leporni Niente si conosce intorno a queste, e ignorasi il tempo del loro eccidio o disertamento. Vige per lantica tradizione duna spaventosa mortalit che spegneva quasi interamente
quei popoli. I pochi superstiti non potendo vivere
nella funesta solitudine de loro paesi, andarono a
Fonni e vi si stabilirono. Ma questa sventura avvenne
per certo in tempi assai lontani. Nella pestilenza degli
anni 1652-53-54 non pare che Fonni sia stato esente
dal malore. Nel censimento della popolazione dellisola fattosi nel parlamento del Lemos vedonsi notate su
Fonni famiglie 294. Circa venti anni dopo ne comizii
di s. Stefano (1678) il numero delle medesime era,
non si sa come, cresciuto a poco men del doppio; gi
che ne furono descritte 585. Sopravvenne nel 1680
una gravissima carestia, e nellanno seguente si aggiunse a scemare i popoli una mortalissima epidemia,
dalle quali tanto patirono i fonnesi, che nel parlamento del Monteleone (1688) non furono numerati pi
di 260 fuochi. Dopo quei tempi infausti fu appena
sentito laumento, e nel censimento del 1698 nellassemblea nazionale sotto il Montellano non eransi aggiunte al primo numero pi che 20 famiglie, e non si
numeravano in tutto il popolo pi di 1277 anime.
Sorovile o Sorobile. Egli nel luogo di questo nome dove si son vedute vestigia considerevoli e siffatte
costruzioni, nelle quali sia riconosciuta larte e la magnificenza de tempi romani; ed ivi che io riconosco
la Sorabile dellItinerario romano, s perch chiara
lidentit sillabica di Sorabile a Sorobile non dovendosi far conto della mutazione della in o, che pu essere o da sbaglio degli amanuensi o da differenza di
pronunzia che da troppo aperta sia passata alla maniera contraria; e s perch le misure segnate nellItinerario portano la seconda stazione della via centrale
da Cagliari a Olbia in questo punto. I proprietarii del
luogo vi trovarono varii utensili domestici e darte,
canali di piombo ecc.
Determinato il sito di Sorabile, siccome questa
citt era sulla anzidetta strada centrale da Cagliari ad
Olbia, quindi certissimo che la regione fonnese era
traversata dalla medesima, e questo ci fa certi che tal
citt sia stata posseduta da romani, sebbene non per
sempre ritenuta sotto il loro dominio, perch era
difficilissimo ritenerla in tanta vicinanza agli iliesi.
Una particolare tradizione serbasi tra fonnesi che
essa avesse una popolazione di circa 17 mila anime,
che fosse ridotta a pochissimi dalla pestilenza che la
invadea nellanno o 1320, o 1330, e che quellavanzo, lasciate le antiche abitazioni, si ritirasse al luogo
vicino che diceano Fonni.
Antiche cavernette sepolcrali. Se ne trovano in varii siti, in Orri presso la chiesa; in Drnnoro presso al norache: in su Foreddu; in Oruviduni e in Galennle
basse, come sono in altre regioni, s che luomo appena
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La diocesi comprendevasi forse tutta entro le sue mura? Quante citt sono cadute, persistendo non pertanto la cattedra vescovile e la sua prima denominazione? Lasciati gli esempli stranieri, ne posso addure
due domestici nel vescovado di Uselli, e nellarcivescovado di Torre. Io per contro la opinione di lui e
de suoi consenzienti ho tenuto e tengo che questo
vescovado continuasse la sua esistenza e altro non
fosse soppresso di lui che il nome antico. Se il vescovo che avea sua cattedra in santa Giusta in mezzo alla
diocesi arborense, fosse stato comandato di andare a
ristabilirsi nella sua diocesi, dove sarebbe andato? La
sua giurisdizione non comprendea il Guilcieri, la
Barbagia, Ollolai, e la parte Barigadu? E in questa regione non contenevasi Fordongianos? Egli vero che
il Fara la divise in due parti, e quella dove era Fordongianos dava a Oristano; ma sapendo noi, che egli
not le cose quali erano al suo tempo dopo molte alterazioni, non quali furono nelladdietro, per non
ne terremo alcun conto.
Feste. La festa principale di Fordongianos per s.
Lussorio add 22 agosto. Vi si corre il palio, vi si balla dai terrazzani e dai forestieri o a suon di zampogna o allarmonia del canto, secondo che usano nel
rispettivo luogo. Le allegrezze corrispondono allesito de lavori agrari.
Territorio. La sua superficie forse maggiore di 20
miglia quadrate; le pi sue parti sono in pianura.
Trovasi in esso la selce verde, liaspide, e in abbondanza una roccia di origine ignea e di colore rosso,
della quale granduso nelle costruzioni. Leminenza
principale quella del monte Brighini, che nella sua
punta (Ccuru-mannu) si riconobbe allaltezza di
metri 693,25 sul mare. Esso distendesi da maestro a
scirocco per una linea di circa 15 mila metri, e forma nella sua circonferenza alla base una ellisse. Fordongianos resta alla estrema falda settentrionale, Allai
in un rientramento profondo. Nelle minori eminenze sono notevoli le colline di Balangianus in sui limiti di Villanova-Truschdu.
Acque. Le sorgenti non sono numerose, n di molta bont.
Terme forotrajanesi. Queste acque termali e minerali, dette volgarmente aquas-caddas (acque calde), meritano essere descritte. Nella estremit del villaggio presso la sponda del Tirso sorgono esse in gran copia, e
subito si mescolano nella sua corrente. Distinguonsi
quattro fonti, una detta del Fegato, che temperata,
quindi le due caldissime, che sono di copiosa effluenza, e dopo queste la fonte detta del Bagno. molto lodata la loro virt salutare; e per se ne riempiono molte fiasche per giovamento degli ammalati di questo e
degli altri dipartimenti. Nel tempo de romani esse
erano ricevute nelle vasche del bagno, che vi si era edificato, le cui vestigie attestano a noi la magnificenza
degli antichi forotrajanesi. La loro temperatura fu riconosciuta di 55, mentre quella dellatmosfera non superava l11. Lanalisi vi rinvenne i seguenti minerali:
calce solfata, soda solfata, magnesia solfata, soda muriata, magnesia muriata. I paesani le espongono allaria,
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e raffreddate, le bevono volentieri, essendo esse non solamente pi salubri, ma pi grate al gusto che le acque
delle altre fonti; e quella, che sgorga dal Cntaro de
Lazznes molto abbondante, e assai cara ai pastori nella estate, perch vi dissetano il bestiame; e laltra non
scarsa di Cabrianus, che dicono la fonte del mirto:
leccezione non sta che per le sorgenti del Brighini.
Il Tirso scorre per due ore entro questo territorio
nella direzione da ponente a levante. Lantico ponte essendo stato distrutto nelle guerre civili, si imprese nel
secolo scorso a fabbricarne un altro, ma dopo circa 60
anni non si sono fatte che le sole pile; comech sia
grande la necessit che sentasi del medesimo nelle piene invernali e nelle primaverili, quando si fondono le
nevi delle montagne iliache. Molti sono periti tentandone il guado, e continueranno queste sventure, e rester tutti gli anni per molti giorni interrotto ogni
commercio, se lopera non si compisca. Spesso ridonda perch ha poca capacit nellalveo, e fa dolere i proprietarii delle vigne e degli altri predi posti sulle sue
sponde. La velocissima corrente sterpa anche i canneti.
Agricoltura. Ricevono annualmente i solchi star.
di grano 800, dorzo 200, di fave 100, la fruttificazione ragguardevole in ogni genere, comech non
sia da negare, che per la pocarte e molta negligenza
ottengasi meno che la virt delle terre pu dare. Il lino vegeta felicemente; il suo prodotto in fibra pesa
tremila cantare, e vendesi con molta riputazione pe
telai dei Campidani e della Gallura.
Le vigne pure prosperano e fruttificano assai, massimamente le disposte alla sponda del fiume. Sono
usate uve di circa otto variet, tra le quali comunissimo il nurgus.
Abbondano queste di mosto, tuttavolta non se ne
ha abbastanza per tutto lanno, e per devesi comprarne in quantit dai paesi vicini. La gran cura di
vincere con tal medicina la nociva umidit del clima,
gener la consuetudine di bere assai e di propinare
agli ospiti e ai passeggieri, sino alla nausea: per la detta ragione di sanit anche le donne bevono spesso.
Le piante fruttifere pi comuni sono delle seguenti specie, fichi, peri, susini, peschi, mandorli: in totale
individui 7000.
Tanche. Tra le terre chiuse per seminarvi, e alternamente tenervi il bestiame a pastura, notevole per
grandezza quella che diceasi di D. Giuanni, e apparteneva al demanio baronale. Essa trovasi in sui confini
di Guilarza e Pauliltino. Gli altri chiusi non sono
meno di 700, e col suddetto occuperanno poco meno
che la quarta parte del territorio.
Ghiandiferi. Vi sono due selve, una nel Cabrianus, laltra nel Brighini. La prima copre una estensione di 300 starelli. I lecci vi sono annosi, e hanno
qua e l frammisti grandi ulivastri e lentischi di folta
macchia. La seconda pi ampia; ma i fruttiferi della predetta specie mescolati al cistio e al corbezzolo
sono troppo giovani, comech sian corsi molti anni
da che la regione fu per orribile incendio coperta di
ceneri. Cos stentatamente si ristaurano i boschi, che
gli audaci pastori annientano in un momento.
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Forru
Popolazioni antiche. In Loddu a unora di distanza era un antico paese, la cui parrocchiale dicesi fosse intitolata dalla Nostra Donna.
Norachi. Non se ne nomina alcuno in questo territorio, e mi pare ragione che siano stati distrutti
quando si abbisogn del loro materiale per la costruzione delle muraglie e per altri edifizi urbani e rustici, e per lo sternito della gran strada. E ora non si distruggono per le sustruzioni delle vie, per muriccie
di tanche e per altri edifizi?
Nel luogo detto Is domigheddas (le casette) vedonsi alcune cavernette artefatte della stessa forma di
quelle che altri dicono domos de ajanas o fureddos.
Distruzione della citt di Forotrajano. Dicesi antica
tradizione che essa gi fortificata, come fu detto, per
contenere i barbaracini, sia stata distrutta da questi.
Le conghietture non discordano da questa opinione.
Per lodio antico che essi aveano a quanto era romano distrussero pure Uselli.
FORRU [Collinas], villaggio della Sardegna nella provincia e prefettura di Oristano, compreso nel mandamento di Mgoro. nel Partemontis, antico dipartimento del giudicato di Arborea.
La sua situazione geografica alla latitudine 3938'
ed alla longitudine occidentale di Cagliari 013'.
Il nome che ottenne questo luogo parve ad alcuni
una storpiatura della parola latina Forum: tuttavolta
pi verisimile sia una voce sarda, della quale massime i meridionali si valgono in senso traslato a significare siffatta concavit, dove nellestate sia un calore
bruciante, quasi come il vampo di un forno.
Da ci sar ben intesa la infelicissima positura di
questa popolazione tra alcuni piccoli colli, ad uno de
quali sta addossata. I quali cos la celano, che non
prima possa vedersi labitato, che uno siavi sopra.
Forte il caldo nellestate, penetrante il freddo nellinverno per la umidit. I venti settentrionali ventrano incanalati tra due eminenze e il flusso dalla terza
riflettuto sopra le case. Vi ha pure un adito al scirocco e al ponente, nessuno agli altri. Le nebbie sono
frequenti ne tempi pi umidi; delle quali mentre
nulla o pochissimo si risentono i corpi gi confermati
nel vigore dellet e indurati da continui disagi, spesso ne restano offesi i seminati e le viti.
Le case sono circa 310, e nel complesso presentan
la forma di un triangolo con la punta alla porta de
venti settentrionali.
Le famiglie (anno 1838), sommano a 306, le anime a 960, e per le medie risultate dal prossimo decennio celebraronsi matrimonii 8, nacquero 30, e altrettanti morirono per anno. I periodi di pi frequente
mortalit sono la prima e la estrema et; chi supera la
forza delle molte cause morbifere ne teneri anni e
nella adolescenza va spesso con sanit inalterata a 70
anni e li sorpassa.
Le malattie dominanti sono infiammazioni nominatamente dellapparato digestivo, e febbri periodiche nellestate e nellautunno. Il cimiterio che sta nel
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lentischi; ed essendo la terra intorno spoglia di vegetazione o sparsa di rari e miseri cespugli, fa meraviglia
come i devastatori li abbiano rispettati. A trattenerli
non domandavasi meno di quella terribile religione
che vige ne loro animi ne quali venne questa opinione che quelli alberi fossero carissimi alla N. D., e che
una orrenda vendetta si sarebbe presa di chi li avesse
violati. credenza comune che nel muro di questa
chiesetta alla parte del vangelo siano state deposte le
reliquie de due martiri Miro e Casto, e dicesi derivata
dal P. Fr. Pacifico (di cui nellarticolo Fonni) famoso in
tutta lisola per le rivelazioni che facea di depositi di
martiri e di antichi tesori, dopo esser stato alcun tempo a leggere negli archivi di Pisa e di Firenze le carte
spettanti alla Sardegna. Era nel Forrese unaltra chiesetta nella regione che dicono di Santu Mili (S. Michele), la quale fu dissacrata sotto il governo di mons. Pilo, quando atterrossi un gran numero di cappelle
campestri che si profanavano dai banditi.
Le feste principali sono per s. Michele e s. Rocco.
In occorrenza delle medesime vha grande afflusso di
forestieri e si corre il palio.
Territorio. La sua area valutossi di miglia quadrate
otto. Li pi notevoli rialzamenti del suolo sono nella
gira di Montefortuna che un altipiano coperto da
un grosso strato di basalto e nella consimile e maggiore che dicono Planu-mannu. In distanza del paese
dun miglio una cava di pietra di taglio azzurrognola e di molta durata.
Acque. Nellabitato sono otto pozzi pubblici, da
quali attignesi unacqua di poca bont. Dicono che
uno di essi (sa funtana spada) riempiasi improvvisamente quando per piovere, ritornando al solito livello come sia per rasserenare. Un bel barometro!
Nella campagna sono poche fonti, n di acqua
migliore. Un rivolo scorre presso le abitazioni e poi
volgesi al maestrale per dar le sue acque al fiume
maggiore non lungi dalle rovine di Serzela: un altro,
che ha la sua fonte nel luogo detto is lachitteddus
dalle varie vaschette statevi costrutte per abbeverare
il bestiame, scorre verso laustro e traversa la gran
strada reale a levante-scirocco di Sardara.
Agricoltura. Il terreno idoneo ad ogni sorta di
cereali. Si seminano annualmente starelli di grano
850, dorzo 250, di fave 320. La fruttificazione comune al dieci. Il lino viene dottima qualit, ma si
impiega poco terreno. Per i legumi si coltiva solo
quel tanto che possa dare la sufficienza alle famiglie.
Le vigne occupano una superficie estesa. Le uve
sono di molte variet, il vino comune bianco e
consumasi tutto nel paese.
Le piante fruttifere. Qua e l vedrai qualche fico e
susino; chi brama assaggiare altre frutta le compra
da altri paesi.
Tanche. Sommano a 70; sono piccole e danno
uno scarso pascolo a buoi dei proprietarii.
Bestiame. Aveansi nellanno sunnotato buoi domiti 275, cavalli 20, vacche 30, giumenti 250.
Selvaggiume. Non sono in questo territorio altre
specie, che volpi, conigli e lepri.
Furti
Commercio. La esiguit de prodotti dice la piccolezza del commercio. La situazione del paese a due
miglia da Sardara, dove per una carreggiata potrebbe
attaccarsi alla gran strada reale, e come vedasi molto
favorevole allo smercio de prodotti.
Antichit. Appariscono le fondamenta di tre norachi, uno detto di Cresia, laltro Terrgi, e il terzo Apiu.
Popolazioni estinte. A piccola distanza dalla suddescritta chiesa rurale di tradizione sia esistito un villaggio, e fosse detto Villaclara. Veramente in quel sito
si vedono tali vestigie che confermano lasserzione, e
in distanza 200 passi ordinarii verso mezzogiorno si
scoprono non pochi antichi sepolcri con vasi lacrimatorii, lucerne, medaglie e varii altri oggetti, degni alcuni di essere conservati.
FURTI, o Fortei, villaggio della Sardegna nella provincia e prefettura di Cagliari, e nel mandamento di
Salluri. Comprendevasi nella curatoria di Nurminis,
antico dipartimento del regno cagliaritano.
La sua situazione geografica alla longitudine
3934', ed alla longitudine occidentale di Cagliari
07'20".
Giace in fondo ad una valle amenissima in sulla
sponda sinistra del confluente Mandarese del Calarita. coperto da colli della Trecenta, e per non sente i venti australi; ma alle altre parti senza ripari. Il
sito dice lumidit, e li ristagnamenti dellacqua in
varii luoghi sopra un terreno fecondissimo e lussureggiante di vegetazione la morbosit di quellaria in
certe stagioni. La temperatura nellestate non dordinario assai alta n dinverno molto bassa.
Componesi questo villaggio (anno 1838) di 210
case tutte di rozza costruzione in pietra, cos per
disposte fra gli alberi, che offrano una amena prospettiva. Una parte delle medesime sulla riva del
detto fiume, laltra sulla falda del colle. Le contrade
dovrebbero essere meglio curate.
Vi abitano famiglie 207, nelle quali sono anime
950.
Risulta che le nascite annuali nel preceduto decennio furono 35, le morti 25, i matrimonii 8. Le malattie che vi soglion dominare sono infiammazioni, e
per lo pi delladdome, ostruzioni, idropisie, febbri
intermittenti e perniciose.
Professioni. Circa 250 persone attendono alla agricoltura, 25 alla pastorizia, 10 agli altri mestieri.
Ogni famiglia ha il suo telajo per lana e lino; ma
non si lavora pi che sia il bisogno.
La scuola normale frequentasi da 10 ragazzi.
Al servizio sanitario non si ha che un chirurgo e
un flebotomo.
La chiesa parrocchiale dedicata a s. Antioco. Ha
cura delle anime un vicario assistito da altri due preti
sotto la giurisdizione dellarcivescovo di Cagliari. Eranvi prima tre chiese minori; ora ne sussistono due sole.
La festa principale per la nativit della Vergine,
e si celebra con molta pompa contribuendo alle spese tutti i giovani (su bagadiu): corresi il palio e vi
molta allegria per le danze e per la moltitudine degli
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Nella regione che da qualcheduna di queste costruzioni dicono Nurachi, era una popolazione, la
quale non sono cento anni che rest deserta, e dicesi
per le frequenti invasioni dei malviventi. Veramente
nel censimento dopo lassemblea degli ordini della
nazione lanno 1698, notasi nella baronia di Furtei
con soli fuochi 15, uomini 25 e donne 28.
Sono quindi altre vestigie in Monte-cresia, in su
bruncu dessu Testivigliu, in Bangiu ed in S. Salvatore, i quali voglion essere esplorati.
GADNI, villaggio della Sardegna nella intendenza
dIsili, compreso nel mandamento di Aritzo della
Prefettura di Noro. Era nella Barbagia Belv, antico
dipartimento del giudicato di Arborea.
La sua situazione geografica alla latitudine 3955',
ed alla longitudine orientale di Cagliari 03'.
Siede alla falda duna montagna incontro al mezzogiorno. Altre eminenze essendo alle altre parti, il
suo orizzonte assai ristretto e poco variato.
Comecch il freddo sentasi men vivo che nelle altre
parti della Barbagia, esso assai pungente per gli uomini de climi meridionali e marittimi, e il nevazzo vi
dura spesso per pi dun mese. Si patisce molta umidit, e la nebbia sorge dal fondo della valle al suo piano,
ma senza nocumento. Il calore cresce giornalmente
dalla primavera allestate, e nel sollione intollerabile:
quindi laria si fa impura da miasmi che esala la valle,
e si destano le febbri dintemperie, per le quali per sono unottima medicina le fonti purissime del territorio.
Si numerarono (anno 1838) cento ottantacinque
case divise da varie strade irregolari, anguste e difficili,
come porta la pendenza e lasprezza del luogo. I poderi alberati a noci, castagni, ciriegi, peri, susini e sambuchi, disposti intorno a questi abituri fanno bello
laspetto del luogo a chi lo riguarda da Gennaentu
in sulla via ad Aritzo.
Popolazione. Le famiglie erano circa cento ottantadue, le anime seicento novanta, e per numero medio
sul decennio si ebbero nascite ventiquattro, morti diciotto, matrimoni sei per anno. Vedonsi non pochi che
hanno oltrepassato i sessantanni; e se meno insalubri
fossero le abitazioni, e pi cura essi avessero di conservar la loro salute, non sarebbe scarso il numero degli ottuagenari. Le malattie mortali sono comunemente infiammazioni di petto, mali di milza e febbri periodiche.
Uomini e donne sono di color gialliccio.
Professioni. Le principali sono lagricoltura e la pastorizia. Alla prima sono applicate famiglie novanta,
allaltra 60. Nelle arti minori sono falegnami, ferrai,
e ramieri. Questi ultimi, siccome usano i seusi a
imitazione de girovaghi di Calabria, vanno nelle altre regioni per trovar lavoro. Quindi sono a notarsi
alcuni, che dicono viandanti, e viaggiano trasportando sul dorso di loro cavallucci i prodotti del paese.
Le donne sono laboriosissime. In ogni casa il telajo, e si lavorano in lino, tele, salviette di vario disegno, e cortine; in lana coperte da letto, tappeti da tavola e bisaccie, che si smerciano nel Campidano.
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Carattere. I gadonesi sono gente di coraggio, e sarebbero soldati di valore. I loro banditi han fatto disperare
i pi astuti e valorosi che si son posti con larme a perseguitargli. Accorti e audaci superavano tutti gli stratagemmi, e lasciavano dolenti e pieni di vergogna quelli
che gioivano e insuperbivano per la certissima vittoria.
Tra gli altri ancora rinomato un cotal Antonio Tidri,
per la gagliardia dellanimo incontro a pericoli, per la
speditezza nelloperare, per lingegno a trar s da mali
passi con offesa degli assalitori, e a condurre i nemici
nelle pi dure angustie. Se tanto coraggio e tanto ingegno si fosse fatto valere in cause e condizioni migliori
costui avrebbesi meritato una bella lode.
Foggia del vestire. Le donne usano il sazzu, che
una gonnella di saiale rosso, se per non siano in vedovanza; la fascadrogia, grembiale nero di panno fino orlato a nastro dello stesso colore che termina in
una curva (vedi lAtlante de costumi sardi del generale La Marmora), ed attaccasi a fianchi con due gancietti; il giubbone con maniche di velluto verdognolo, e bottoniera dargento, ben guarnito di un nastro
giallo o rosso; una cuffia nera di seta o lana, e sopra
essa un fazzoletto ritorto come un turbante; finalmente il mantello (su capucciu) che stringesi sotto il
mento e copre le spalle scendendo sino a lombi, e
terminando in curva, come il grembiale. Hanno calze rosse e scarpe grossolane, alte di suola e tallone.
Istruzione. Alla scuola primaria concorreranno dodici fanciulli. Prima che cessassero i minori osservanti
un frate attendeva a questa istruzione, ed era obbligato un altro a continuar linsegnamento per le scuole
di latinit, come era in un contratto dellanno 1711.
Religione. Questo popolo sotto la giurisdizione
dellarcivescovo dArborea. Due preti hanno la cura
delle anime, e il primo dessi sintitola Rettore. La
chiesa maggiore dedicata alla Vergine Assunta. Le
minori sono tre; una appellata da s. Marta, laltra da
s. Pietro, che credesi essere stata anticamente parrocchiale, la terza dalla Vergine dItria uffiziata dallanno 1623 a questi ultimi tempi da frati osservanti. A
questa era annesso un bel conventino, che serviva di
ospizio a tutti i viaggiatori. Le due chiese rurali, una
intitolata da s. Nicol di Bari, laltra poco pi distante verso levante e appellata dallArcangelo Michele, sono rovinate.
Feste. Le pi solenni sono due; una add 29 luglio
per s. Marta con concorso di molti forestieri, e col
gioco del pennone. questo una lunga trave piantata
verticalmente con una gran corona di frasche di castagno pendente orizzontalmente dalla cima, e tutta carica di pani, galline, forme di cacio, capretti, e agnelli.
Si garreggia con gli archibugi e bisogna staccare i premii con la palla. In breve il cerchio resta alleggerito
dal peso. Laltra ricorre add 2 agosto, ed onorata da
molti devoti de paesi limitrofi per lucrarvi le indulgenze che dicono della Porzioncula. Tuttavolta tienesi
una fiera, e si praticano le solite popolari ricreazioni e
de canti e de balli a coro di voci o a zampogna.
Territorio. tutto montuoso, essendo compreso
nella massa de pi alti monti dellisola. Fra le altre
Gadni
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Giro
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Tradizione sulla origine de gairesi. Si vuole il lor autore un pastore di Osini, che stabiliva la capanna e la
mandra in quel luogo di questo abitato che dicono
Lorista, e poscia vi costruiva una casa per la famiglia e
i servi, i quali cresciuti in un popolo ebbero dagli Osinesi fratelli una parte del territorio. Questa tradizione
non indica alcun tempo e per non sappiamo se abbia a riferirsi in l del secolo XII, nel qual tempo erano gi i gairesi; o a tempi pi recenti, potendo essere
stato che o per pestilenza o per invasione da barbareschi rimanesse il luogo spopolato.
Professioni. Di questi popolani circa 260 sono applicati allagricoltura, 80 alla pastorizia e pochi altri
a comuni mestieri. Vha un buon numero di vetturali di vino, i quali vanno in carovana alla spiaggia di
Tortol e ne villaggi della provincia di Nuoro, portandolo su cavalli in grandi otri, alcune delle quali
sono capaci di dieci quartara.
Vhanno molti telai, 90 de quali sono impiegati
per la fabbricazione de pannilani, che si smerciano
ne paesi circonvicini, e nel Campidano.
Istruzione. Nella scuola primaria non si numerano
soventi pi di sette fanciulli. Qui pure si ha la mania
del latino, e omessi gli insegnamenti prescritti si perde il tempo nelle nullit grammaticali.
Religione. Questo popolo sotto la giurisdizione del
vescovo della Ogliastra ed servito nelle cose religiose
da due preti, il primo de quali si qualifica vicario.
La chiesa maggiore denominata da s. Elena: le minori sono tre, delle quali una dentro il paese dedicata
allo Spirito Santo, laltre due fuori, la prima denominata da s. Lussorio in distanza di unora nella regione
detta Sa costa, laltra appellata dalla Vergine del Buon
cammino in distanza di ore tre nella cussorgia di Sessi
alla sinistra sponda del Peli non lungi dalla strada
reale dal Sarrabus alla Ogliastra passando dallarco del
Cuaddazzone. Essa ha contigue molte stanze per i preti e per il romito che la custodisce, ed alcune logge
che nel giorno della festa si affittano a mercanti. Il
mare non dista pi dun quarto di miglio.
Feste. Le principali, alle quali gran concorso di forestieri sono, nel villaggio per lo Spirito Santo, nel qual
giorno si prepara il pranzo a poveri e a tutti gli ospiti,
porgendo a quelli un pane comune, e un brano di carne di caprone, a questi pan fino dipinto con zafferano,
carne di vacca o di capra. Gli operai, come son detti
quelli che si incaricano di questo convito, mandano
un simil dono anche a primarii del paese. Fuori del
villaggio, festeggiasi per s. Lussorio add 21 agosto e
banchettasi allegramente sotto i folti ulivastri, e alle
sponde erbose dellacqua freschissima, che vi sorge in
grande abbondanza: vi assiste una forza ragguardevole,
perch raro caso che non si commettano de disordini dopo il convito; quindi nella terza domenica di ottobre per la Vergine di Buon cammino, celebrandosi
insieme una fiera. Queste feste sono da annoverarsi fra
le pi frequentate e allegre della Ogliastra.
Territorio. La superficie valutasi di miglia quadrate circa 40. in gran parte montuoso e per appena
un terzo si pu coltivare.
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Selvaggiume. Sono in questi salti cervi, daini, cinghiali e nelle parti pi elevate anche i mufloni. Molti
prendono diletto nella caccia. Le aquile e gli avoltoi
si vedono spesso volare in grandi ruote insidiando
alle greggie, alle quali pure sono nemiche le volpi.
Abbondan gli uccelli gentili.
Apiaria. Si coltivano le arnie e si ottiene nellautunno un po di miele amaro.
Commercio. Larticolo principale il vino.
Distanze di Gairo da luoghi circonvicini; da Bar
in via carreggiabile, fuorch nellerta, che volgarmente dicono Sa serra, ore 3 1/2; da Villanova Strisaili 3; da Osini 1/2 via tortuosa e sassosa; da Lanusei 2 1/2; da Ussassai altrettanto.
Antichit. Sono in questo territorio alcuni norachi, ma i pi quasi in tutte parti disfatti.
Stando a una nota che nel Discorso sulle operazioni stradali (p. 65) il Carbonazzi attribuisce al gen. la
Marmora vedrebbesi qualche vestigio di stradone da
Nurri a Sdali, quindi da Sdali a Sei e da Sei verso Tortol passando per Tnniri non lungi da Perdailiana. Veramente nel primo tratto si osservano certi
indizi in l del ponte, e sono rivedute consimili traccie prima di entrare in Sei; per le vestigie nellultimo indicato luogo sarebbero una scoperta nuova,
perch n da quei che ben conoscevano la montagna
del Tonniri, su cui levasi la Pietrailiana, e che eran
pratici delle aggiacenze, non fu finora riconosciutavi
alcuna antica strada.
GALILA, o Galilo, volgarmente Gerri, regione della Sardegna, e fu una delle curatorie dellantico regno di Cagliari.
Confina a levante col Srrabus e con Chirra, a
tramontana con la curatoria Seurgus, a ponente con
la Trecenta, ad austro col dipartimento Dolia.
Estendesi nella linea daustro-tramontana miglia
9, e in quella di ponente-levante (fatti i debiti compensi) miglia 10: quindi la sua superficie pu tenersi
di circa miglia quadrate 90.
Questa regione cos, come dicea il Fara, aspra,
silvestre e montuosa. I monti sorgono alle parti di
ponente e daustro e successivamente a quella di scirocco; e tra essi notevole il Laudirargiu, e pi il
Montgi, alla cui sommit aperto un amplissimo
orizzonte dal Tirreno al mare di Cagliari e alla catena de monti che fiancheggiano alla gran valle meridionale.
Dentro la curva che fa la continuazione de suindicati monti galilesi vedesi il terreno elevato in un pianoro, il quale, dove Pali, notavasi dal gen. La Marmora superiore al mare di metri 395,49. Dalla consimil
natura delle sue e delle roccie del vicino altipiano di
Monte-Cardiga nascemi lopinione che in principio le
due masse fossero connesse in un sol corpo, e la frattura si cagionasse dalla violenza di alcuna succussione
nelle interne accensioni delle materie vulcaniche. Esisterono allora per labbassamento di alcune parti e la
gran valle in cui scorre il Dosa e quelle dello Spiniadorgiu e del fiume di Silius.
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Vuolsi che in questa contrada siano alcuni minerali di pregio; per certo che presso Ballao esiste
un filone considerevole di antimonio.
Le roccie calcaree danno una calcina sabbiosa. I
marmi che alcuno not nel salto di Murdga non
sono stati finora riconosciuti.
Mancasi di buone argille, e per ci i tevoli che si
fabbricano in Pali, Villasalto e Ballao sono poco
stimati, aggiungendosi a questo il difetto dellarte.
Sorgenti. Le perenni sono poche; e per destate
molto patisce il bestiame. Lodasi la bont delle acque
di Silius e di Pauli e delle due fonti che sono nel fianco del Montigi dincontro a borea.
Rivi. Lo Spinniadorgiu nasce dalle vene del monte
cos detto allaustro di Pali in distanza di due ore.
Correndo verso greco-tramontana avvicinasi molto a
questo paese, e va nel Dosa in territorio di Armungia,
dove pur si versa un altro fiumicello nato da monti di
mezzogiorno, e scorrente lungo il pi dellaltipiano di
Villasalto.
Boschi. Per gli incendii e i tagli sono cos diradati,
che ove con efficaci provvidenze non si occorra sollecitamente il terreno rester in tutte parti nudo.
Delle specie ghiandifere il leccio comunissimo; i
soveri si incontran meno spesso. A intendere quanto
sia il numero di questi fruttiferi basti il dire che in
anno di ubert si possono ingrassare li sei mila capi
porcini, s che il totale non si pu tenere o superiore
o inferiore di molto a migliaja centocinquanta. Fra
essi non pochi attestano i molti secoli della loro vita.
Dopo i lecci sono in grandissimo numero gli olivastri, dei quali moltissime tanche sono cos ingombre, che a certa distanza pajono oliveti coltissimi.
Grande la copia de peruggini, e il loro frutto un
grato compenso quando son scarsi gli altri alimenti.
Il lentisco sparso in tutte le regioni, dalle cui
bacche traesi tanto olio, che del superfluo venduto a
campidanesi e trecentesi lucrasi in alcun anno pi di
mille scudi. Si usa per i lumi, e serve a condire i cibi
se sia stato ben purificato sopra il fuoco.
Clima. Cos esposta, come questa regione, alla
tramontana la sua temperatura nelle terre pi elevate
tale che piaccia ai pastori starsi al calor del fuoco. Le
pioggie sono frequenti dal primo dautunno a mezza
la primavera; le tempeste anzi rare, la fulminazione
non sempre innocente a Villasalto e a Silius. Le regioni basse, dove nella state assai forte il calore, e molto
sentita lumidit nelle ore e ne tempi soliti, sono soventi ingombrate dalla nebbia, la quale meno pare offendervi i vegetabili, che gli animali. Ivi laria men
salubre, e quei di Ballao meglio degli altri sel sanno.
Situazione de paesi. Lanzidetto villaggio in fondo della gran valle a circa trecento metri dal Dosa,
ondech per debole e rara ventilazione non si disperdono i miasmi. Villasalto e Silius sono in luogo alto
e dominati da tutti i venti. Pauli contenuto tra alcune eminenze, dove per libera la influenza del
maestrale: Armungia in luogo ben scelto.
Abitazioni. Le case sono tutte costrutte di pietre, le
antiche mal formate s che pajon spelonche, le recenti
Maggiori danni 20
mas. fem.
137
196
250
570
244
180
188
250
582
233
Minori
mas. fem.
Totale
225
190
180
152
178
784
778
840
1481
826
242
204
160
177
171
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Le donne travagliano nella tessitura con gli antichi telai, che in tutto il dipartimento sono circa 575.
Fabbricano allanno pezze di pannolano 1150, il
quale perch di molta durata, vendesi spesso sino a
soldi 10 il palmo. Quelle di Villasalto e di Armungia
accompagnano nel tempo della messe i loro mariti e
genitori e ne dividono la fatica con la falce che sanno ben maneggiare. Nel tempo che il frutto del lentisco maturo escono di nuovo in campagna per
farne la raccolta: come parimente fanno nella stagione delle ghiande per provvedere allingrassamento
de majali.
Quasi in ogni casa se ne alleva uno con tutta cura, il quale poi uccidono a suo tempo per provvedersi del lardo, sostituendo un pi piccolo.
Religione. Attendono allamministrazione delle cose
sacre otto preti, a quali si calcola vengono per la decima de frutti maggiori scudi sardi 3100, per quella de
frutti minori 1570. Vedine le parziali.
Decima de frutti
Paesi
Pauli
Silius
Ballao
Villasalto
Armungia
Preti
Maggiori
Minori
2
1
1
3
1
590
340
744
902
524
240
295
196
577
262
Nei paesi sono sette chiese, nella campagna ne restano sole tre da sette che erano in addietro. Le parrocchie di Pauli e Ballao sono in pessimo stato.
Agricoltura. Il suo stato non da lodare gran fatto e
per difetto di necessarie cognizioni e per imperfezione
di metodi, e per poca attitudine degli istromenti: tuttavolta non pu negarsi che da dieci anni in qua non
sia stata e migliorata e accresciuta. E potrebbesi sperare
maggior incremento massime in Pauli e in Ballao ove
si avesse un maggior lucro dallo smercio de cereali.
I fondi del monte granatico e nummario non si
dicono male amministrati. Sorprende per che in
tanto tempo, quanto decorso da codesta utilissima
istituzione, n Ballao n Pali n Silius abbia sinora
fabbricato i necessarii magazzini. Il danno dei fondi
evidente per quello che si dee dare al padrone del
magazzino, dove si ripongono i grani fino alla prossima distribuzione; ed grave il pericolo che possano
essere scemati da mani ladre.
Si seminano annualmente in tutto il dipartimento starelli di grano 3600, dorzo 1800, di fave 430,
di legumi 30, di lino 170, di canapa 1, di granone 1.
Le parziali seminature sono come segue:
Paesi
Pali
Silius
Ballao
Villasalto
Armungia
star. grano
600
400
800
1200
600
orzo
fave
legumi
lino
200
100
250
1000
250
100
50
120
100
60
6
3
10
9
2
25
20
40
60
25
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le pecore il trifoglio e lavena. Si vorrebbero meno frequenti le ferule, le quali troppo son perniciose, massime quando rugiadose. Essendo cresciuti gli armenti e
le greggie si prendono in affitto i salti demaniali, che
prima otteneansi per i loro branchi dai pastori barbaracini. La lontananza di questi fa che i proprietarii siano pi sicuri delle loro robe.
Nellanno 1840 si numeravano ne pascoli del dipartimento vacche rudi 1600, manse 470, buoi 1270,
pecore 14900, capre 12600, cavalli 1890, cavalle 530,
giumenti 930, porci 190. Le parziali erano come nella
nota seguente [vedi Tab. 1].
Formaggio. Non se ne fa dal latte vaccino, perch
non si pratica di mungerle per tema che non ne soffrano i vitelli. Quello delle pecore pi pregiato del
caprino. La quantit totale si computa di cantara
2750, ma probabilmente maggiore.
Le lane non sono qui migliori che nelle altre regioni sarde; si impiegano tutte nel dipartimento, e
talvolta non sono sufficienti a lavori.
Si venderanno annualmente a campidanesi capi
vivi di vacche e buoi 500, di porci 300, di montoni,
agnelli e pecore 2000, di capre, caproni e capretti
1500.
Apicultura. La regione idonea, lattenzione poca,
e il totale de bugni forse non sopravanza il migliajo.
Selvaggiume. Sono in molto numero i daini, cervi
e cinghiali. Nel salto di Murdga trovasi pure il muflone.
Gli uccelli di tutte le specie stazionarie e passeggiere vi si veggono non rari; le pernici frequentissime, come pure i colombacci. I passeri volano in
grandi sciami a sgranare le spighe.
Pesca. Delle specie che sono nel Dosa si detto
negli articoli Armungia e Ballao. Si pesca pure ne
fiumicelli affluenti, e non cosa insolita che si avvelenino le acque, onde le greggie e gli armenti ne
concepiscano un morbo a molti capi esiziale.
Commercio. Gli articoli sono i prodotti pastorali,
formaggi, capi vivi e polli, i tessuti di lana, il superfluo de cereali, lolio del lentisco, le mandorle ecc.,
da quai possono guadagnare scudi sardi 15300. Se
continuisi nellingentilimento degli olivastri, e si
estenda pi la coltivazione delle noci, i redditi si amplieranno; e si triplicherebbero se si aggiugnesse la
cultura de bachi.
Fiere. Se ne celebrano alcune in occasione di concorso popolare a solennit religiose, in Pauli per s. Nicol di Bari nella terza domenica di maggio, in Silus
per le ss. titolari Felicita e Perpetua, in Ballao per s.
TABELLA 1
Paesi
Pauli
Silus
Ballao
Villasalto
Armungia
Vacche rudi
300
400
200
500
200
manse
100
100
60
150
60
Buoi
270
180
240
400
180
Pecore
3000
4000
1600
5000
1300
Capre
2500
3000
1500
3600
2000
Cavalli
50
50
30
1600
100
Cavalle
150
100
150
100
30
Giumenti
200
130
200
300
100
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Gallura
GALLURA, una delle quattro parti nelle quali fu divisa la Sardegna nel medio evo.
Oscura la provenienza di questo nome. Il Fara
lo vorrebbe derivato da Galli, che conduceansi coloni in questa regione da un cotal Galata: il Landino
lo dedurrebbe da certi conti pisani, i quali avessero
un gallo per insegna; il Nurra poi (nella sua raccolta
ms. de materiali per la Storia Sarda sacra e profana)
inclinava a crederlo originato dalla parola Galluri o
Galuth, con la quale stim siano stati appellati da
corsi quelli africani e iberi che disertarono dalle insegne puniche dopo la conquista dellisola, dando ad
intendere che Pausania err scrivendo Balari, come
err pure il Livio. La prima opinione uno de molti sogni del citato Viterbiese, non avendosi il pi lieve indizio di colonie galliche in Sardegna; quella di
Landino non sostenuta da monumenti; e la correzione che vorrebbe fare il Nurra non viene a tempo.
Confini, quali furono probabilmente
nella integrit dello stato sotto i giudici
Questa regione limitavasi dal mare cominciando
dalla foce del Termo (fiume di Coguinas o Cocina)
verso greco al capo-Testa, quindi verso sirocco-levante al Capo-Ferro da questo verso ostro-ostro-sirocco al capo Comino, donde si declinava verso
ostro-ostro-libeccio alla Cala Ssina: dentro terra
avea i suoi termini col Logudoro nella linea del suddetto Termo sino a pi del colle che dicono Montacuto, poscia in quella del suo con lElema, e nelle
falde occidentali dellaltipiano Bittese e del monte di
Oliena; col regno di Cagliari ne monti di Ursel e
in Monte-santo di Baunei. La lunghezza di queste
frontiere era di circa miglia 70.
Superficie. Cos definiti i suoi termini computiamo la totale area territoriale della Gallura di circa
miglia quadrate 1370.
Divisione principale. Distinguonsi due parti: la superiore, terminata a libeccio dal Termo, indi dallalveo delle acque scorrenti per la falda australe del
Limbara, e da una retta distesa tra Nulvra e la estremit meridionale del Montenero e dalla sua appendice, che ha capo in Punta Santanna: la inferiore
comprende tutta la rimanente regione. La prima ritiene tuttora il nome antico di Gallura, laltra ha
tanti nomi quanti sono li suoi dipartimenti.
La Gallura superiore ha di superficie miglia quadrate 703; la inferiore miglia quadrate 667.
Situazione geografica. Comprendesi questa provincia
tra le latitudini 4011'30" in Cala-Sisina e 4116'20"
in capo-Falcone; e tra le longitudini dal meridiano di
Parigi 647'30" nella foce del Termo, e 731'30" nel
Capo-Comino; dal meridiano di Cagliari 018' alloccidente nella foce del Termo, e 043' alloriente nel
Capo Comino.
Distanza dalla Corsica. La menoma di miglia
marine e italiane 6 un po avanzate, e di miglia romane antiche (1840 metri) 8 un po scarse.
Littorale. La sua linea non minore di miglia 90,
parte della quale nel mare sardo, parte nel Tirreno.
Ha molti sporgimenti e non pochi seni.
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Capi principali
Vignola
La Testa
Falcone
LOrso
Ferro
Figari
Codacavallo
Comino
Latit.
Longit. occid.
da Cagliari orient.
418'30"
4114'12"
4116'
4110'30"
419'20"
4059'55"
4050'
4031'20"
04'20"
01'23"
06'30"
018'
024'40"
033'
036'30"
044'20"
Porti principali. Sono stazioni molto sicure e capevoli di grandi flotte, il Mezzoschifo, dove si sta bene
in qualunque tempo, il porto dellIscia, e quello di
Arsachena. Pei legni minori aperto ricovero nei seni
di Longone, di Portopuzzo, di Portopoglio e altrove.
Porto di Terranova. Fu questo in altri tempi il porto
principale della Gallura, ma oramai ostrutta dalle sabbie la sua bocca appena permessa lentrata a battelli.
La corrente dellOlbio, che ha sua foce non lungi, vi ha
formato un banco, il quale canger il porto in un grande stagno se si lasci crescere sopra il mare. E crescer, se
non si apra un canale, per il quale vada il fiume a versarsi nel mare esterno. Questo sfossamento non sarebbe
gran tratto pi lungo dun miglio. Fatto questo lavoro e
distrutto quel gran mucchio di arene, avrebbesi un luogo, dove molte flotte potrebbero stare senza attaccarsi
alle ancore, pur quando imperversassero venti furiosi.
I cartaginesi e i romani se ne giovarono, e non meno di
essi i pisani. Nel secolo XVI vi si ricoveravano i maggiori legni, e vi entrava la flotta turchesca a distruggere
la citt. Vi sono sparse alcune isolette e giacciono al libeccio dellantico castello e dellattuale villaggio.
Isole aggiacenti alla Gallura. Nella parte occidentale LIsola rossa, cos detta dal colore delle sue roccie.
un grande scoglio.
Nello stretto La Maddalena, dove da circa 70 anni si stabilito un popolo. Essa maggiore delle altre, essendosi calcolata la sua superficie di miglia
quadrate 5.54 (vedi La Marmora, Voyage en Sardaigne, prem. part.).
La Caprera si abita da alcuni pastori. Lo stesso
geometra ne definiva larea di miglia quadrate 4.08.
Quindi S. Stefano, Spargi, S. Maria, Rzzoli, Budello, nelle quali sono alcuni pastori, e si sogliono seminare quei tratti di terreno che si possono coltivare. Tutte queste piccole isole formano il territorio
della Maddalena.
Nella parte orientale sul Tirreno:
Tavolara, cui si d la superficie di miglia quadrate
1.74. un immenso scoglio selvoso con fianchi dirotti s che non vi abbia che una piccola spiaggia,
dalla quale con gran fatica si pu rampicare al dorso
del monte. Vi pascono capre selvatiche;
Salzi, che i naviganti dicono Molara, isoletta abitabile, e gi abitata, la cui superficie computavasi di
miglia quadrate 0.87, o di metri 3,000,000.
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Gallura
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Gallura
Fiumi. Il Carana il principale de fiumi della Gallura superiore. Le sue pi alte fonti sono nel Limbara;
una quella del suddetto Pisciarone che forma il
Parapinta, laltra quella del Montebianco che forma il
Badumle. Accresciuto dalle acque di Tempio e de
monti di Calangianos rade la falda del Canaini, e ricevute quelle di Monte-santo e di Scopetu, volgesi a tramontana. Quindi fattosi pi grosso dal fiume di
Montangia scende nel porto dIscia dopo un corso di
circa 28 miglia.
LOlbio nasce nel fianco del Limbara, che incontro alloriente, dal concavo del Niellone sotto Puntabandera, cresce dalle sorgenti de monti Ultana, Pradu e Pino, accoglie il Cucciari nei campi di Sala, e
scorrendo alla sua foce riceve in suo letto a non grande intervallo da essa il fiume del Castangia. Questo
nasce nella cussorgia e valle di Frcicu, traversa le regioni Cucila e Patru, donde va nel luogo, che dicono
il Traghetto dei turchi, di l in Castangia, poscia in
Unchili, e finalmente nel Prato Olbiano. La linea
principale dellOlbio dalle pi lontane sue fonti alla
foce di circa ventun miglia.
Il Taras nasce nellAgiese dalle fonti di Montespina e della Sarra di Santu-Pedru, trapassa la foltissima
foresta di Cincudenti, e le valli di Montevargiu e di
Gincana ingrossandosi passo passo da rivoletti che
raccoglie: quindi impaluda presso la foce in sul golfo
di Vignola. Il suo corso di circa quattordici miglia.
LUnle il quarto fiume della Gallura superiore.
Le sue prime acque sono da monti Santo, Pino, e
Plebi, che scorrendo alla tramontana crescono da alcuni ruscelli, tra quali notevole quello che dicono
del Campo, e si versano nel golfo di Arsachena dopo
undici miglia di corso.
In quinto luogo il Tinnari nato tra monti Careddu e Cappateddu, donde alla sua foce, che in
un seno del suo nome, sono otto miglia.
Il Baldualga nasce nelle falde di Montenero incontro a tramontana, traversa le regioni di Oresla e di
Pilasca, donde passa nella cussorgia di Neuloni, e lasciando a dritta in poca distanza la chiesa di s. Teodoro di Ovidd entra nel Tirreno.
Il Baddini nasce dallo stesso monte, scorre quindi verso libeccio sino a venire al piano, donde volgesi a levante, e si versa nello stagno di Ovidd.
Laltro fiume degno di menzione il Baddini
nato nelle parti pi alte dello stesso monte, donde
discende al piano di Limpiddu, lasciando a sinistra il
casale di Argustos.
Nella Gallura inferiore sono:
Il Cedrino, o Vadarancio, nato nella regione di
Cornubue, cresciuto dalle acque del Cologone, dal
fiume di Dorgali, dal Marreri, e dalle fonti della gran
valle dIrgli, scende nella maremma di Orosei, e
scorse alcune miglia di quella spiaggia, dove impaluda, entra nel Tirreno dopo trentotto miglia di corso.
Il fiume di Posada nato presso Bithi, cresciuto da
frequenti rivoli del Montalbo, e dalle fonti di Al,
dopo un corso di miglia trentaquattro si versa per
due foci nel Tirreno sotto il castel di Posada.
472
Il rio di Siniscola nato presso Montepiccinnu cresciuto dalle acque della pendice siroccale di Montalbo, e dalla maestrale del Montirgoli, entra in mare
dopo un corso di quattordici miglia.
Paludi. Gallura superiore. Ve ne sono molte nella
regione di Padulu (che da ci pare aver tal nome),
comecch assai piccole, le quali abbondano di sanguette, e svaniscono nelle estati forti. Dopo queste
sono due piccoli bacini presso alla foce dellUnale, ed
un altro presso a quella del Carana, dove quando nella estate mancano le acque si pu fare una gran raccolta di anguille.
Gallura inferiore. Se ne vedono alcune nel campo
di Posada, quindi quella di Orosei, che sopraindicammo, e altre pi piccole allo sbocco dei ruscelli.
Stagni. Gallura superiore. Si possono notare quei
di Porto-Salina, Porto-Cervo, e quelli di Otilu e di
Santanna. Un po pi grande il Terranovesi, maggiore di tutti quello di Ovidd.
Gallura inferiore. Nel Capo-Comino lo stagno
che dicono di Terraria, e quindi procedendo allaustro il Lisca, il Crucuria, e nel littorale di Dorgali lo
stagnuolo di Osalla.
I due stagni di Ovidd, di Santanna vedonsi disposti lungo la sponda con poca larghezza, e divisi dal mare per un banco di sabbia, dove almeno nellinverno
aperta una foce per rigettarne le acque de torrenti o
fiumicelli affluenti. La ragione di questi ristagnamenti
si riconosce qui ben chiaramente dallaccumulamento
delle arene per la forza delle onde. Dalle stesse onde
chiusa la foce del Vadarancio le acque si sollevarono e
riversarono dove pendea il terreno, e cos esistette la
palude. La stessa spiegazione vale per il fiume Sepro.
Saline. Diconsi cos gli stagni summenzionati della
Gallura superiore e inferiore; ma sono state sempre
sterili e infruttuose, non vi si compiendo tutti gli anni la cristallizzazione. Nel parlamento del 1688 leggiamo che per questa ragione pochissimo e non tutti
gli anni producevano.
Clima. Gran differenza di climi osservasi nella
Gallura; per non riguarderemo che i due principali,
il mediterraneo e il marittimo.
Nella regione mediterranea ed alta cominciasi a
sentire il freddo dallottobre per cessare nellaprile.
Esso vivissimo quando spira il vento dalla Corsica,
s che di notte anche i pastori debbono ricoverarsi e
starsene al fuoco perch altrimenti arrischierebbero
di restar assiderati. La neve cade copiosa nel dicembre e nel gennajo, e spesso nel pianoro del Gemini
alta un metro e mezzo. Allora ne paesi si deve faticare per render trafficabili le contrade. Il Limbara rivestesi a bianco dallottobre, e accade soventi che non
se ne spogli interamente che in maggio. Il ghiaccio
che formasi nelle belle notti invernali sopra i pantani
una crosta spessa i tre decimetri e pi, e dalle grondaie si allungano de geloni cos grossi, che col peso
o rompono o tiran gi i tevoli. Nella forte estate anche il caldo eccessivo, se non spiri alcun zeffiro; e
le roccie granitiche bruciano i piedi. I calori cominciano pi per tempo, e cessano pi tardi nelle regioni
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volgere di secoli molti di cotesti edifizii siano stati distrutti per impiegare i materiali in operuccie miserabili, non per tanto ne rimase fin qui gran numero, e tra
essi ne sorgono siffatti che meriterebbero di esser ben
osservati e per una legge difesi dalle mani di certi barbari che oggetti di s alta antichit, e per i quali la Sardegna prova una sua bellepoca ai tempi pi remoti, riguardano come un ingombro del suolo. Noter quelli
della Gallura superiore che ne miei due viaggi del
1837-38 osservava, i quali non saprei definire quanta
parte sieno del vero numero degli ancora esistenti.
Il principale di questi trovasi nelle vicinanze della
citt di Tempio a circa un miglio, e giustamente appellossi Nuracu-maiori, con una circonferenza di metri 70. dun disegno particolare. Entrasi per un
andito coperto, che va sino nel centro della figura.
A destra dopo pochi passi ladito a una camera di
curva irregolare, la cui volta fu in parte disfatta dalla
mano delluomo; gi che senza questa forza le pietre,
comech non riquadrate n collegate da alcuna materia, non potevano cadere. Quindi uscendo nellandito
dopo due passi a sinistra unaltra apertura a unaltra
camera (coperta) consimile, se non che nella parete
una vacuit come duna nicchia. Proseguendo per
landito ed uscendone si troverebbe un cortile chiuso
da mezza la muraglia del cono, e dalla costruzione
delle suddescritte camere interne, e per della forma
duna mezza luna. Nella sua integrit presentavasi cotesto norache a chi il riguardasse da incontro alla porta come una grossissima torre sormontata da due pi
piccole sorgenti sulle due descritte camere.
Dopo questo sono considerevoli i norachi di Vignola, nei quali si vedono alcune insigni particolarit.
LAggari, nel quale entrando vedi nello spessore
del muro ad una e ad altra parte due cavit alte e
profonde non poco; passando poi nella camera la vedi della solita figura ovale con due nicchioni.
Il Tutusne ha le due suddette cavit nello spessore
del muro, in cui aperto ladito; dentro a fronte e a destra crederai vedere altre due nicchie; ma penetrandovi
ti avvedi di due cavit a sinistra nello spessore del muro
strette alte e un po profonde, dove puoi insinuarti.
Ma per non indugiar troppo in questarticolo, che
farei lunghissimo, se pur con poche parole volessi
notare le singolarit di ciascuno, passer a nominare
gli altri.
Oltre i due suddescritti sono in Vignola lu Nurachu
di la fogi presso la foce del Taras, il n. di Tarraolta, il n.
Muzzu, il n. di Agligana, il Norachetto, il n. Annignu, il n. Micaleddu, il n. dei Cannelli, il n. Finocciau, il
n. Concadiriu, i due norachi de sardi, il norace nero.
Nel territorio di Longone, il n. della Testa, il n.
Sterritojiu, il n. della Corba, il n. di Moterosso, il n.
Munuzzu.
Nel territorio di Arsachena, il n. del Tufo, il n. di
lInfarru, il n. Caccioni, il n. di Monte Aguis, la Nuracu, il n. di li Techji, il n. di li Conchi, il n. di Malchittu, il n. di Punta daghu in Capikere.
Nel territorio di Terranova, il n. di Tuvulu-maiore, il
n. della Pietra bianca, Su coddu de Siala, i due norachi
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loro dominio i tirreni condussero cinque colonie tosche, una di volterrani, unaltra di aretini, una terza di
populoniesi e due di veienti.
Nell850? Essendosi accesa guerra civile tra gli
etruschi, i sardi sposarono un partito e molto cooperarono con le loro navi, e con le loro schiere, vincendo con grande onore nella Campania e nella Etruria.
Nell844? I sardi si ribellano e si rivendicano in libert.
Quindi mancano le notizie per anni 351, dentro i
quali la Sardegna venne in potere de cartaginesi.
Se questa terra ebbe un periodo di prosperit e di
gloria, fu certamente in quei tempi.
I corsi. Secondo la narrazione di Pausania nelle cose
Fociche, essendosi accesa tra corsi una sedizione, la
parte pi debole dovette rifugiarsi nella vicina Sardegna, i quali occuparono le montagne della Gallura, ed
ivi stabilitisi furono poscia da sardi chiamati col nome dellantica patria. Quando scriveva Plinio questa
trib conservava ancora cotal appellazione, ed era ben
conosciuta da romani.
Chi terr vere le sopraesposte memorie etruscosarde forse riconoscer nella guerra tra gli areusenici e
i sumbri (A. G. C. 951?) la sedizione menzionata da
Pausania e ne sumbri vinti e fugati coi sardi loro difensori i corsi dello stesso autore. Si gridato allimpostura contro dellInghirami, e certamente nella sua
raccolta dei frammenti delle antichit etrusche sono
certe parti, che nessuno o ben pochi accoglieranno
come sincere; tuttavolta mi fo coscienza di significare
come la maggior parte delle notizie storiche relative
alla Sardegna mi paiano in buona corrispondenza alle
nozioni che abbiamo ricevute altronde, ed alla corografia antica. Lascio ora al saggio lettore che giudichi
da s solo se un impostore, un uomo toscano del secolo XVII, potesse cos bene comporre le cose; e se lo
abbia potuto ne pochi fatti storici, se lo potesse pure
nella corografia, dove era tanta oscurit, che fu gran
torto del Cluverio che abbia ardito trattarla.
I cartaginesi, impadronitisi delle principali regioni
della Sardegna, li assalirono; ma invano: ed i corsi
come gli iliesi ebbero lonore di conservare la libert
in mezzo al comun servaggio.
I Balari. Compita da cartaginesi la conquista della Sardegna, nacque tra essi e le truppe mercenarie
dAfrica e di Spagna una gran dissensione sopra la
preda: le quali temendo di essere oppresse si ritirarono dalle bandiere puniche e si stabilirono nelle parti superiori della Gallura propinque a corsi, ed ebbero da questi lappellazione di Balari; il qual nome
nella loro lingua valea quanto nella nostra esuli. Essi
fiorivano ancora nel tempo dei romani per molta riputazione di virt e grande amore di libert, e da
Plinio furono nominati tra popoli celeberrimi della
Sardegna.
La Gallura ne tempi storici
In sulla fine della prima guerra punica, prevalendo i romani, assalirono i loro emoli anche nella Sardegna. La parte settentrionale fu la prima a sentire le
armi de fortunati guerrieri, e accade presso Olbia
Gallura
una battaglia tra Annone e L. Corn. Scipione. I cartaginesi furon rotti, Annone ucciso, la citt presa.
Quando indi a non molto essendo la Sardegna
diventata romana, la Gallura dovette fiorire meglio
che sotto i cartaginesi, e Olbia farsi pi popolosa,
per la ragione di sua positura incontro alle foci del
Tebro. Le flotte romane vi avranno senza dubbio
frequentato, e molto animato sar stato il commercio delle provincie settentrionali per la esportazione
delle bestie da macello a provvedere la gran citt. E
pare ancor vero che i magistrati romani vi andassero
soventi per avvicinarsi a corsi, i quali con i sardi erano compresi nella stessa giurisdizione.
Corografia della Gallura nella geografia romana
Le principali nozioni della corografia della Gallura si deducono dallitinerario di Antonino e dalla
geografia di Tolommeo.
Citt antiche comprese nella regione gallurese
Tibula. Questa in altro mio scritto (vedi Biblioteca sarda, fasc. I, parte I, pp. 5, 6, 7) ho stimato doverla indicare sulla sponda pi interna del golfo che
oggi diciamo di Arsachena e in tal opinione sono
tuttora fermo.
Tibula non distava molto da Olbia, andandosi da
una nellaltra per una strada di miglia romane XVI;
il che, se non mi illude il pensiero, prova la situazione che determinai.
Codesta situazione, il concorso di tre grandi strade, due littorali, di ponente e di levante, e la maggiore delle centrali, paiono ragioni ben sufficienti a credere che nel suo porto fervesse un gran commercio.
Mostrai nella suindicata scrittura come nella descrizione delle due strade littorali fosse accaduto a
qualche copista (da cui poscia gli altri leggessero) di
trasporre le parti duna nellaltra; epper la via orientale che vedesi cos proposta nellitinerario Da Tibula
a Turubulo minore a Elefantaria a Longone
a Olbia a Coclearia al porto di Luguidone al
tempio di Carisio riformava per le ragioni ivi addotte nella seguente lezione, Da Tibula a Olbia a
Coclearia al porto di Luguidone al Tempio di
Carisio , e la via occidentale che comunemente
leggesi Da Tibula a Viniola a Erucio emendava
nel seguente modo, da Tibula a Turubulo minore
a Elefantaria a Longone a Viniola a Erucio.
I paesi notati nelle due strade centrali, i quali devonsi comprendere nella Gallura sono, Gemella sulla
strada a Tibula in distanza di M. P. XXV, e il Capo del
Tirso in sulla strada a Olbia in distanza di M. P. XLVI.
Premesse queste nozioni, e ritenuta la situazione
di Tibula gi determinata, indicheremo il luogo certo o probabile de sunnotati nomi, proponendo la situazione di
Turubulo presso il Palo,
Elefantaria presso Porto-pozzo,
Longone sopra il seno che tuttora conserva lantico nome, perch caratteristico,
Viniola nella regione di Vignola,
Erucio o Ericino presso Agius (vedi la Biblioteca
sarda, fasc. I, p. 7).
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Il promontorio Errebanzio. De tanti capi che trovansi dal Capo dellOrso verso al ponente, i cospicui
ai navigatori non sono che il Capo Falcone e pi il
Capo Testa, che paiano meritar menzione in una
geografia universale. Crederei per indicato il Capo
della Testa, penisoletta a collo stretto e rassomigliante nella sua forma sul piano ad una testa.
Isole. La Fintone. La Biblioteca sarda (fasc. 6, p. 207)
la indicava nellisoletta, che ora dicono Caprera, e in altro tempo appellarono Porcaria dalle diverse specie del
bestiame che vi pascolava in contro al golfo dArsachena
(Porto Tibula), presso la quale, come notai pi sopra, la
flotta sarda sarebbe stata distrutta dalla tirrenica.
LElba. Cos sarebbesi dagli uomini antichi appellata la maggiore delle isolette che coprono una parte del
lato settentrionale della Sardegna, la Maddalena. Non
mi par vero che fosse allora senza popolo; e non sarebbe improbabile che vi sorgesse la citt di Plubio.
La Ninfea. Chi sa dire qual credenza ottenesse
questo nome la isoletta o lo scoglio che or dicono
Isola-rossa? Le ragioni per le quali pensiamo questo
nome attribuito a quella gran rupe marina, vedile
nella citata Biblioteca sarda (fasc. 7, pp. 241-242).
Labbiamo gi veduta nelle antichit etrusche.
La Ermea. E questo nome ancora viene da ragione
religiosa; gi che Erme diceasi il nome che gli antichi
aveano immaginato avesse in sua tutela i mercanti, e
presiedesse a commercii. Giace questisola nel mar
tirrenico, ed quella che i naviganti or appellano Tavolara (vedi la citata Biblioteca, fasc. 7, p. 247).
E la Molara fu dimenticata? Lo fu da Tolommeo;
non pertanto con qual nome si appellasse dagli antichi, noi limpariamo dal Papa Damaso, il quale chiam Bucciana, e meglio forse Buccinaria, lisoletta propinqua alla Sardegna, dove esul il santo pontefice
Ponziano con Ippolito, gi che la tradizione de sardi
delle prossime regioni riguarda la Molara o Salzai, come un luogo sacro per lospizio del santo martire. Tal
nome secondo che abbiam notato nella Biblioteca sarda, le verrebbe da Buccinum specie minore di conchiglia marina, che aderisce alle pietre, e raccogliesi negli
scogli, dalla quale gli antichi traevano quel sugo di
porpora, che dicean pelagio, a tingere le vesti. La porpora sarda era molto stimata da romani.
Dopo queste potremo notare alcune altre isolette
menzionate da Plinio ne suoi cenni della corografia
sarda, le quali spettano alla Gallura.
Le Fosse? Usavasi tal nome nella geografia romana
a significare i canali che si scavavano per il corso delle acque, e pare siasi poi trasferito a significare le isolette sarde che sono in sullo stretto, e che nella loro
prossimit formano gran numero di canali.
Le Cunicularie? Questo nome cagionato dalla gran
copia dei conigli, pare sia stato applicato alle terre minori e mancanti di popolazione, quali certamente furono Spargi, Santamaria, Rzzoli e Budelli, le quali veramente cos come notava Plinio fanno pi angusto quel
mare (vedi la Biblioteca sarda, fasc. 6, pp. 208-209).
Fiumi. Di quanti ne sono nella Gallura nessun altro fu nominato che il Cedrino, il quale riferisce il
Vadarancio, o fiume dOrosei.
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Il procedimento della strada a Olbia ben riconosciuto presso Oskeri, dove va sul fiume a traversarlo
per proseguire lungo la falda di Limbara verso le cussorgie di Telti. In questa regione fu nel 1826 trovata
una pietra migliaria scolpita delle seguenti note:
M P CLXVI
IMPERATOR
M IVLIVS
PHILIPPVS PIVS
FELIX AVG PONTIFEX
MAX TRIB POTESTATE
PROC VIAM QVAE
DVCIT A KARALIBVS
OLVIAE VETVSTATE
CORRVPTAM RESTITVIT
CVRANTE M VLPIO
VICTORE PROC SVO
EV
Nellanno 1837 nelle mie prime esplorazioni delle regioni della Gallura superiore ritrovai sotto Telti
la linea stradale, e nel luogo che dicono Nuracheddus scopriva tre nuove pietre migliarie, delle quali
una riferivasi a Diocleziano, ma non avea leggibile
che questo solo nome, tutte le altre note essendo
cos oscurate per la corrosione della superficie, che
non si potea niente raccogliere: la seconda era del
tenor seguente
M P CLXVI
SS DD NN
IMP CAESARE P Licinio ValERIANO
INBICTO AVG P PATRIae Pont MAX
GERMANICO MAXIMO TRIBVNiciae
POTESTATIS . . . COS III P PATRIAE
IMP CAESARE LICINio GallieNO
PIO FELICI INBICTO AVG Pont Max
GERMANICO MAXIMO Tribun potestatis
COS III PATRE PATRIAE PROC III
Publio Licinio VALERIANO
CAESARE Principe Iuventutis
Biam quae Karalibus Ducit
Olviae vetustATE CORRuptam
restituit curante . . . . . . . IANVARIO
PROC SUO
La terza offr questa leggenda
..........
IMP CAES . . . . . VALER
IO CONSTANTIO . . . .
. . . . . . . . . . . INBICTO
PonT Max . . . . . . .
TRIBVNIC POTES . . . .
Viam quae Karalibus ducit Olviae
Vetustate corruptam restituit
CVRANTE
VALERIO
DOMITIANO
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Olbia sussisteva ancor intera nel 397, nel qual tempo sappiamo che una parte della flotta governata da
Mascezel per la guerra contro Gildone, venne in questo porto, donde poscia andava a raggiunger laltra gi
radunata in Cagliari. Non ci restano notizie particolari del tempo quando essa fu percossa da barbari; ma
si pu stimare che nessuna sventura labbia toccata
prima del 430, nel qual tempo Genserico ebbe composto una possente marineria, e sbarcando nella Sicilia
orribilmente la devastava con rovine, uccisioni e rubamenti. Quindi potr essere stato in un anno o nellaltro che patisse questa citt il primo e forse lestremo
disastro, e cinduce in tal opinione il sapere come intorno a questi tempi fu oppugnata dal barbaro la citt
di Nora. Potrebbe esser vero che il suo guasto si dovesse riferire allanno 455, nel quale la flotta de vandali fu distrutta da Ricimero nelle acque di Corsica, se
pure non si voglia segnare nel 462, nel quale Genserico si impadroniva della Sardegna.
Fausania
Dalle lettere di s. Gregorio, e determinatamente dalla XXIX ind. XII, an. 594 conosciamo il nome di questa terra. Essa non cominci a comparire che dopo la
distruzione di Olbia, ed probabile che gli olbiesi rimasti dalla sventura la fabbricassero, se pure non esisteva da prima in condizione di borgo. Poca era la sua nobilt, gi che il Pontefice non le d altro che il nome di
luogo: e un luogo misero cel fa credere la notata da lui
mala condizione delle cose, per la quale era da lungo
tempo cessata la consuetudine di ordinarvi un vescovo.
I suoi destini anzi che farsi migliori peggiorarono, e anche Fausania per, e cesse il luogo a Terranova. Io la stimerei situata pi dentro terra presso lantica cattedrale
di s. Simplicio non lunge dal fiumicello Pasna, nella
cui appellazione mi pare ravvisare lorigine del nome
Fausania, o Pausania, come dicesi volgarmente.
Vescovado di Fausania
Creatosi Vittore vescovo di Fausania, si ripristinava
il vescovado olbiese, la cui successione possiamo crederla interrotta dopo leccidio di tal citt: il che se sia
vero non si pu pi dubitare che Vittore fu il primo a
portare il cognome di Fausaniese. In questo tempo
non era nella Gallura spenta del tutto la superstizione
antica, gi che ebbe a dolersi il papa Gregorio che si
vedessero ancora alcuni alieni della religione di G. C.,
per la conversione de quali egli comandava al metropolitano di ordinarvi un vescovo.
Della durazione di questo vescovado ne secoli seguenti non pare si possa mover questione; e se ne ha
un certo argomento nella notizia de vescovi, che
credesi compilata sulla fine del secolo IX (vedi il Pagi nelle note al Baronio sotto lanno 893), nella quale si fa menzione de vescovi di Cagliari, Torre, Sulci
e Fausania.
Invasioni saraceniche
Le pi fosche tenebre coprono le cose della Gallura
nella prima met del medio evo: tuttavolta non si pu
dubitare che essa non abbia patito assai dagli arabi, i
quali comecch meno feroci de vandali per una miglior natura, non per tanto operavano con non minor
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Gli statuti politici di questo giudicato non li crederei in nessuna parte diversi da quelli che vigevano
in Cagliari, Logudoro e Arborea; e la maniera amministrativa in nulla dissimile dalla usata nelle altre
giurisdizioni. Infatti vediamo il giudicato diviso nelle solite curatorie o regioni abitate da molti popoli e
governate immediatamente per un curatore. Vedi
art. Curatorie, e Giudicati.
Linsegna de giudici della Gallura era un gallo, come intendesi dal carme dellAlighieri, il quale quando
parl della Beatrice di Este, che lasciate le bianche
bende prese per la morte di Nino, era per nuovo maritaggio passata nella casa de Visconti di Milano, volle predire sulla medesima in queste parole:
Non le far s bella sepoltura
La vipera che i Milanesi accampa,
come avria fatto il Gallo di Gallura.
Le sorti di questo giudicato dopo incominciata la
serie dei giudici che nomina la storia, non ci sono ben
conosciute per difetto di monumenti. Non di meno si
pu dire che per lo pi furono infelici per invasioni
straniere, per disturbi interni, e che fu solamente sotto
il governo de Visconti che abbia figurato con onore
(vedi nellart. Giudicati la storia dei giudici galluresi).
Dipartimenti, citt, castella, borghi e villaggi
della Gallura nel medio evo
Il Fara venuto nella sua corografia a parlar della
Gallura ne scrisse pochissime cose, e talmente, che
sia certo ad un lettore intelligente lui non aver avuto
tempo a veder con agio il paese: tanto sono scarse e
mal considerate le cose che egli lasciava scritte.
La divisione che sar addotta in dipartimenti o
curatorie, e i nomi compresi in ciascun distretto, desumonsi dai monumenti locali e da diplomi antichi
che si conservano negli archivi della capitale. De
quali il pi considerevole si riferisce allanno 1358 e
ha per titolo Castella, villae, sylvae, saltus, terrae, et
jura totius Judicatus Gallurae. Laltro che citeremo
il diploma della donazione fatta nel 1421 a Rambaldo di Corbera. Non si creda per che io possa dare
un giusto prospetto de dipartimenti e dei diversi
popoli della Gallura sotto il governo de giudici. Come questi caddero fu il loro regno scemato da Doria
e dagli arboresi; epper accadde che nella citata carta
del 1358, nella quale si annoverarono i luoghi pertinenti al re dAragona e ai suoi baroni, non fossero
comprese tutte le parti dellantica Gallura.
Nel riferire i nomi de paesi contenuti in ciascun
dipartimento crediamo far cosa grata ai lettori aggiungendo a quelli che abbiam trascritto dalla suindicata carta quello che i vassalli pagavano di feudo.
Il che giover per intendere il numero probabile del
popolo, che fu superstite alle molte sventure e le loro poco felici condizioni.
La Gallura superiore era divisa in otto dipartimenti che si appellarono Fundimonti, Unle, Montangia, Canahni, Balariana, Gmini, Taras, Orfili; i
quali partitamente prendiamo a considerare.
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Alascon, ghiandifero, di cui met spettava al re, laltra al vescovo di Civita; il salto di Murta de porcus,
ghiandifero; il salto Guadu de Vaccas; il salto di Siala;
il salto della palude donica; il salto della palude de
mulieribus; il salto del castel Detres. Chi introducea il
bestiame per le ghiande era obbligato alla decima,
per il pascolo a un certo prezzo.
Tavolara. A questo dipartimento appartiene lisola
cos detta dal paralellismo de suoi strati calcarei in
somiglianza duna catasta di tavole. Essa ha in una
parte una piccola spiaggia e dove questa tocca la falda del monte sorge quellacqua medicinale, di cui si
altrove fatta parola.
II. La curatoria di UNALE, regione marittima e
contigua alla suddescritta, distinguevasi in due regioni lalta e la bassa. Lalta corrispondeva alla parte
superiore, la bassa alla parte inferiore del fiume, che
la trascorreva in tutta la sua lunghezza.
LUnale basso aveva la
Villa di Arsachna di feudo ll.
Arastana
Albagnana
22. 0
10. 0
ll.
9.10
5. 0
5. 0
Captula lungo metri 900, largo 20. Nel porto Salina vi ha pure uno stagnolo in cui ordinariamente si
fa la cristallizzazione; e un altro di Porto-cervo appi
di Montemola, lungo metri 150, largo 18, dal quale
si sogliono provvedere i pastori.
Popolazioni. NellUnale-basso era la villa di Arsachena a tre miglia dal porto nella falda meridionale
della Pulcariccia. Se ne posson veder le vestigia presso la chiesa di santa Maria maggiore.
La villa di Arastana era gi distrutta nel 1358, e le
sue rovine possono vedersi in Monte Candla presso
il ruscello, che ivi nasce ed ha nome dallantica popolazione. Distava da Arsachena un solo miglio.
Albagnana dovera? Sarebbero sue le vestigia che
vedonsi presso il norace dellInfarru? o quelle che si
osservano presso i due norachi di li conchi a un miglio da Arsachena o da Santamaria?
NellUnale superiore. La villa di Castro? non saprei dove indicarlo. Orto-murato? Questo nome
rimasto una cussorgia. Corruaro? Almeno si pu indicare la regione nella quale si conteneva.
Non erano queste le popolazioni dellUnale; e al
numero loro nel tempo de giudici se ne dovrebbero
aggiungere per lo meno altre quattro, una nella regione di Scupetu, unaltra nella cussorgia di Mucciumannu nella Sarra di lu puzzu, una terza in uno o altro de
luoghi che si sono riguardati per Albagnana, e la quarta in Capikre. E questa non notandosi nella carta del
1358, si pu pensare che allora gi fosse estinta la sua
popolazione, comecch nella carta del 1421 diasi a intendere cessata con molte altre circa il 370.
Salti. In questo dipartimento sono notati dalla
carta del 1358 i salti di Gerbagia, di Juncargia, di
Arastana, che si locavano per le ghiande e per li pascoli, e quello di Baccas (ora detto Iscia de baccas)
dove si tenevano i cavalli della corte, siccome in luogo di pinguissima pastura.
Se le limitazioni che ora valgono per il dipartimento di Arsachena son le stesse che furono poste
ne tempi antichi, il castello, che dicono di s. Giorgio devessere compreso nellUnale. Ma qual castello? Era un erto colle fortificato.
Sopra un alto colle composto di enormi massi granitici, cavernosi e alcuni disciolti dalla massa per un
sentiero ripido, si dee salir nella cima, che una rupe
terminata in un piccol piano coronato di quattro
mura che forman un trapezio di 13 metri in circonferenza. questa nientaltro che una specola; e la vera fortificazione del luogo vedesi negli ostacoli fabbricati in quella parte, dove si potea tentare lascensione.
E a chi volea prender la traccia (che era unica) dalla
parte della chiesa, il passo aprivasi tra le rupi, e cos
angusto, che essendo molti non potessero andare che
ad uno ad uno; quindi trovavasi in linea spezzata un
muro grosso un metro che chiudeva non piccolo spazio; e poi pi sopra unaltra fortificazione formata in
paralellogrammo di metri 18 nel lato maggiore, e di
5 nel minore. La costruzione era in pietre quadre, la
spessezza del muro 0,78, la sua altezza superiore a
metri 4: gi che di tanto tuttora levasi in alcune sue
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ll.
6. 0
7. 0
9. 0
10. 0
2.10
6. 0
7. 0
3. 0
gli usati ab antico? Per senza voler nulla definire noter nella regione che appellan Vidiera in sulla strada
superiore a Tempio, a un quarto dora da Luogo-santo, le rovine dunantica villa; consimili vestigie nellIscia a mezzora da s. Michele, e in Arna a mezzora
da Porto-pozzo. Mi nasce lidea che Arna non sia lo
stesso che Arangia della carta del 1421.
Longone. Sulle rovine dellantica citt si ristabiliva
un popolo nel declinare del secolo XIV, quando fu
fabbricato il castello di questo nome, che divent famoso.
Castello di Longone. Esso sorgeva nelle estreme falde occidentali del monte Caresi in sulla sponda del
porto, di forma quadrilatera irregolare con unappendice di difesa dalla parte di terra, dove il terreno
potea favorire agli oppugnatori.
Il lato sul porto gonfiavasi nel suo mezzo in un arco di circa 75 per una grossa torre che vi sorgea,
quindi a una e allaltra parte spezzavasi la linea per offrire comodo a propugnatori di dirigere le arme in varie parti; il lato a tramontana una retta di metri 55:
il meridionale rientrava un poco e terminava in due
torri; lorientale avea metri 60. Da questo a metri 18
dallangolo della torre partiva la predetta appendice di
difesa che era una costruzione lunga metri 60, larga 6,
infine slargantesi e incurvantesi in una grossa torre.
A questa fortificazione era paralello nella distanza di
metri otto dalla parte di mezzogiorno un altro muro,
che poi si piegava a ricoprir la torre a levante e a tramontana, coperto esso pure da unaltra paralella. La
costruzione era solidissima, e pi l dove potea agire il
nemico. Poteavi stare, come ben si intende, un buon
numero di truppe. Ne monumenti istorici della Gallura si leggeranno le imprese che spesso si tentarono
contro questo castello ne pochi anni di sua esistenza.
Parlasi da longonesi di certa lapida, trovata nel castello, e portata via dagli isolani (della Maddalena), nella
quale leggevasi il nome della giudicessa Leonora.
Salti. Nella carta del 1358 non notato nella Montangia che il solo fatto Vreudan.
IV. La curatoria CANAHINI, regione mediterranea,
confinante a levante con lUnale, a tramontana con
Balaiana e Montangia, alle altre parti col Gemini,
conteneva:
Haagiana o Agiana che pagava di feudo ll.
Villa Canaran
Villa Canahini
5
13
32
La estensione di questo dipartimento non si potendo ben determinare dalla parte del Gemini e del Taras, perci non si vuol proporre la sua probabile superficie. Tuttavolta parrebbe che la sua estensione da
levante a ponente fosse maggiore, che da tramontana
ad austro, s che cominciando da termini di Spiteddu
comprendesse Zighinni, la Sarra di Canahni, Siuloni, Pulchiana, e di l fino al fiume Taras.
Topografia. Il Canahini era nelle pi sue parti montagnoso, e la massa pi considerevole quella che i
tempiesi dicono la Sarra di Canale.
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Acque. Nella fatta supposizione questo dipartimento sarebbe traversato dal fiume Carana, e dai
suoi confluenti, Cttala (Badupedrosu), Zighinone,
Rio Tommas, La Fogi, Littarru, Pische.
Situazione delle dette ville. Canahini fu gi presso
la chiesa di s. Michele arcangelo. Da questo paese,
che in principio era il capoluogo, prese nome di dipartimento.
Canaran, che nessuno dir diverso da Carana, era
presso le chiese di s. Bartolommeo e di s. Nicol.
Haagiana? Non abbiamo alcun lume per vederne
il sito.
Secondo la fatta limitazione devesi aggiungere Silonis o Siulonis, presso s. Pietro apostolo, chiesa antichissima a tre navate, e prossima alla Vergine delle Grazie.
In Artana a circa due miglia nella tram. di Siulonis
sono vestigie di altra popolazione. Ne appariscono in
Montivargia sotto monte Scala presso s. Biagio; in
Chivoni intorno alla chiesa di s. Martino nella pendice
sinistra dello Sfossato; e nella Traessa presso s. Andrea
a distanza dun miglio dalla chiesa della Vergine delle
Nevi a tramontana poco sotto la sommit del monte.
V. Curatoria di BALARIANA, piccola regione mediterranea confinante a tramontana e a ponente con la
Montangia, ad austro col Canahini, a levante collUnale, conteneva:
Villa Batore, che pagava di feudo
Villa Santostefano
Villa Uranno
Villa Nuragi
Villa Vigna-maggiore
Villa Telargiu
ll. 6.10
4. 0
6. 0
10. 0
9. 0
2.10
Il nome oggi usato a indicare questa regione Balaiana, storpiato evidentemente dallantico Balariana,
che alcuni lessero Balaniana. E qui sovvenendo alla
mente mia i balari, e la loro prossimit a corsi, sono
propenso a credere che il nome di questo dipartimento abbia sua ragione in quei popoli che ivi abitassero;
e quasi mi accerto che temerariamente abbia preteso il
Nurra (nel suo MS. de materiali per la Storia Sarda
sacra e profana) aver Pausania errato scrivendo Balari
in luogo di Galuri, ed aver parimenti errato T. Livio
che similmente scrivea. Conceder che gli esuli e una
folla di deportati dicansi ebraicamente Galuth, e che
da questa voce potesse venire Galur e Galuri; ma la
lingua in cui parlavano i corso-sardi, quando diedero
ricovero a disertori affricani, spagnuoli, era la stessa
che ora leggesi ne libri sacri? Stupisco come questa
osservazione sia sfuggita a un uomo ben erudito nella
lingua degli ebrei; e stupisco pure come non abbia veduto che se lappellazione Gallura fosse stata di tanta
antichit, noi la leggeremmo in alcuno degli antichi
scrittori, e Tolommeo non avrebbe dimenticato i galluresi nella sua enumerazione de popoli sardi, e Livio,
che non potea ignorare i veri nomi de popoli duna
isola propinqua, molto conosciuta ai romani, e gi da
tanti secoli romana, non avrebbe commesso lerrore di
cui si accusa insieme con Pausania.
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lati minori fu prodotto a metri 60 sopra un luogo dirupato s, ma non veramente inaccessibile; e dal lato
maggiore sul detto spianato si produsse un altro muro, ostacolo a quelli che volessero avanzarsi allultimo
assalto, aggiunto a maggior sicurezza dopo questo un
nuovo riparo. Dentro la torre sono due mura divisorie paralelle a lati minori, e nello spazio medio pare
vedervisi la cisterna. Prossimamente a questa sorge
una punta pi piccola, sulla quale lantichissima
cappelletta di s. Leonardo, dove ben poco agiatamente potrebbero stare 30 persone. Chi voglia salire al
castello, nol pu fare che da una sola parte per scala
aperta nella rupe. La fortificazione continua anche
nella precipitosa pendice, essendosi formati de ripari
su luoghi dove era men difficile il passaggio.
Sopra questo castello di Balaiana fu una forte contesa tra il giudice di Gallura Costantino, e i figli di
un tal Comita Spano, che esser dovea uno de principali signori del regno. Per la decisione del litigio si
adunarono i giudici di Cagliari, Arborea, Logudoro
e Gallura in Bonarcado lanno 1147. Pare che in
tempo di pace tra regoli sardi questa fosse consuetudine che al giudizio de medesimi riuniti provocassero quei vassalli, i quali avessero pretensioni contro il
proprio Sovrano (vedi lart. Giudicati).
VI. Curatoria GEMINI, regione mediterranea, distinta in due parti, lalta e la bassa.
Il Gemini superiore contenea le seguenti ville:
Agios, che pagava di feudo
Villa Templi
Villa Latinaco
Guortiglassa
ll.
17
15
8
32
ll.
15
10
12
3
Topografia. In questo dipartimento sorgono i monti pi ragguardevoli della Gallura, il Limbara, il Balascia, Sangiorgio, Monte Spina, la Trai, lUltana, e altri
minori. Quindi notevole laltipiano che da Limbara
stendesi al Pulchiana, del quale si ragionato in sul
principio.
Acque. Il Gemini abbondantissimo di acque; e
giacch abbiam altrove notato lorigine del Taras, del
Carana, e dellOlbio, or noteremo i rivi che vanno nel
Termo. A poca distanza dalla origine dellOlbio, a sirocco del Nieddone, nasce il rio di Narvra, che discende a S. Salvatore, donde volgesi a ponente per
versarsi nel rio dellElema, dopo esser cresciuto in via
dallacqua che vien gi dal Limbara a circa un miglio
da Puntabandera, e poi da un ruscello che scorre dallo
stesso monte a Berchidda. Nel suddetto Elema, e poi
nel Termo vanno questi altri rivi, quello che move da
presso Punta Balistreri, lasciando a sinistra Berchidda,
a destra il castello di Montacuto, poi lAmpulla per la
ll. 20. 0
20. 0
6. 0
12. 0
0.10
0.15
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Salti. Nella carta del 1358 notasi in questo dipartimento il Guehone, il Barbone e lAmenta, ne quali era la mandra dei cavalli del barone.
Paesi di ignota situazione, e che per serebbero contenuti nei dipartimenti di Montangia, Taras, e forse ne
vicini. Nel diploma del 1421 notavansi le seguenti
popolazioni distrutte, Sylonis, Carsiana, Haagiana,
Crastuscodu, Corvarini, Ortomurato, Capikere, Agragani, Bator, lAgustu, Aristani, Alvargius, Azimu, Melaxini, Nuraghe, Conarini, Vingia, Majormonte, Arangia, Vingiolas, Montecaredi, Lapia, Arsaghene, Baradel,
Agugheda, Devianni; e si diceano disposte da termini
di Longone a Casteldoria, e deserte da circa 50 anni
per pestilenza. La prima asserzione falsa in molte parti, come si pu vedere da quei paesi che noi abbiamo
indicato in regioni diverse, p. e. Arsachena, Capikere,
Ortomurato, Araistana, Silonis, Vignamaggiore,9 Batore, Alvargius, Nuragi, ecc. La seconda non vera in
tutte le parti. Nella detta nota sono non pochi paesi,
de quali non menzione nella carta del 1358, Carsiana, Crastuscodu, Argragani, Baradel, Devianni (se non
sia Villa Dani o Uranno), Agugheda (se non sia Agugari), Azimu (se non sia Assuni), Corvarini (se no sia
Corruaro), Conarini (se non sia Canahini o Canaran):
or se nel 1421 questi paesi erano deserti da circa 50 anni, sar vero che nel 1358 erano ancora popolati. Ma
se lo fossero stati, quantunque esiguo il numero de popolatori, non sarebbero entrati nella nota, nella quale
furono compresi meschinissimi casali, siccome si prova
da quello che in totale pagavan di feudo? Dunque
lAragonese estensore del diploma non solamente scrisse male molti nomi, ma fu male informato delle cose.
Il Fara troppo deferente alla asserzione di costui riferiva
tutte quelle ville al dipartimento di Taras, e per la storpiatura dello scrittore straniero credendo diversi tanti
nomi di questo diploma, che sono identici di quelli
che leggonsi nella carta del 1358, accresceva oltre modo il numero de paesi della Gallura.
VIII. Curatoria ORFILI, regione marittima sul Tirreno, che susseguiva ad austro il dipartimento di
Fundimonte, e confinava a ponente col dipartimento che appellasi di Montacuto.
Non conosciamo che tre sole ville riferite a questa
regione, e sono:
Orfili superiore che pagava di feudo
Orfili inferiore
Offud
ll. 25.0
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ll. 240. 0
38. 0
2.10
1.10
9. 0
3. 0
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10. 0
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ll.
30. 0
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30. 0
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Il monistero di questo Giovanni io lo credo stabilito in Posada. E ritornando in sulla questione del
numero de monisteri, confesso che non ostante il silenzio dei monumenti benedittini possono essere stati nella Gallura altri monisteri; e troverei ragione del
silenzio in questo, che essi furono colonie dedotte
non da grandi monisteri italiani, ma da quelli delle
provincie. Veramente quanti monisteri noi sappiamo
essere stati nella Sardegna, de quali non alcuna
menzione ne diplomi pubblicati? Qui per alcuni
oppongono che nella Gallura non trovasi niente di
simile a quei grandiosi edifizii che sono tuttora ammirati negli altri giudicati, nei luoghi dove que monaci avevan dimora: a quali una facile risposta nella
povert de popoli galluresi; sebbene non sia totalmente vero che manchino quelle magnifiche reliquie,
giacch la chiesa di Villalba, che fu descritta sotto il
dipartimento Taras, tenuta con molta probabilit
siccome parte dun loro stabilimento; e forse sono,
come pretendesi, rovine dun loro monistero quelle
non ispregievoli che furon vedute nella regione di Poi
propinqua alla citt di Tempio.
Frati francescani. Tienesi siccome cosa certa, che il
primo ospizio in Sardegna di questi religiosi fin dal
tempo che vivea il loro istitutore fosse nella Gallura
nel luogo che dissero Santo dopo linvenzione de
corpi de ss. Nicolao e Trano. Della loro casa non
apparisce n anche un vestigio. Quei penitenti non
soleano abitare i magnifici palagi de benedittini, e se
avessero voluto migliori condizioni, non le avrebbero potute avere in questa regione povera.
Memorie della Gallura dopo la morte di Nino
Quando questa provincia rest senza difensore,
incontanente si volsero contro lei molti nemici, i pisani della fazione ghibellina, gli arboresi e i doriesi,
prendendosene ciascuno quella parte che potea, come
dagli stessi e da Chiano Visconti erasi fatto non molto
tempo addietro sul giudicato del Logudoro. I doriesi
occupavano alcune regioni occidentali, gli arboresi la
Barbagia Bithi, e i pisani, a giudicarne da quello che
poi furon costretti a restituire, eransi impadroniti
delle castella di Terranova, Pedres, Telti, Cuco e Posada. Uris rest forse con la rocca di Galtell a chi
avea i diritti di erede.
Nellanno 1308, nella primavera, Gaducio Gallo
vicario della repubblica pisana in Gallura, mentre
scorrendo le regioni montuose vessava i popoli con
insolite esazioni e crude estorsioni fu ammazzato
con 30 uomini della sua comitiva, e le genti insofferenti della violenta molestia delle contribuzioni insorsero e si ribellarono (vedi Alberto Mussato, l. 13,
de gestis Henrici Caesaris).
Nel 1314 i pisani mandaron Buccio da Cortona
per sindacare gli ufficiali della repubblica cos nella
provincia di Cagliari, come in quella di Gallura.
Nel 1322 instando la invasione degli aragonesi, il comune di Pisa mand in Sardegna molte schiere e fece
fortificare e munire meglio Terranova e il castel Pedres.
I pisani avean di recente stabilita una popolazione
in sulla spiaggia non lungi da Terranova, perch nel
Gallura
caso che questo porto restasse chiuso dal nemico, restasse loro un luogo da sbarco. Quando nebbe notizia linfante D. Alfonso deliber di portarsi, tosto
come il potesse, in sul nuovo porto per impadronirsene e chiudere a nemici questa nuova via aperta a
soccorsi.
Indugiando Alfonso nellassedio di Iglesias, lammiraglio Carros dopo aver ottenuto il castello della
Ogliastra condusse la flotta sopra Terranova. Da tutti i suoi sforzi non guadagn pi che una torre.
Questo castello essendo difeso da buone truppe, egli
non seppe far di vantaggio, n pot sostenersi.
In sulla fine dellanno solleciti i pisani di soccorrere a quei valorosi mandarono in Terranova una
squadra di 25 galere, dalla quale sbarcavano trecento
cavalieri tedeschi e ducento balestrieri. Cresciute in
questa parte le loro forze pensarono a qualche impresa per chiamare il nemico e alleviare gli ecclesiensi dal peso della guerra, e assalirono il castello del
Goceano, il quale avrebbero preso se minore virt
fosse stata nel cavaliere aragonese che la difendea.
Nel 1324 i pisani sentendosi impotenti a prolungar la guerra contro gli aragonesi discesero a patti.
Per i quali cederono le rocche galluresi sunnominate,
assolverono i popoli dal giurato omaggio perch ubbidissero allInfante, e ottennero nellartic. IV che
potessero avere uno o pi consoli in Corsica ed in
Sardegna, e che nessuno fuor de pisani estraesse dal
giudicato di Gallura grano o altre grasce, se prima
non desse sicuranza di portarle in Pisa. La Gallura
era allora per essi necessaria, e amavasi come nutrice.
Nel 1332 i genovesi facendo grandi preparamenti
di guerra contro gli aragonesi, Alfonso mand governatore del regno Raimondo Cardona, il quale e mun
di buoni presidii le castella e le terre marittime de giudicati gallurese, logudorese, cagliarese; e dispose le galee incontro a quei lidi, dove era pericolo dinvasione.
Morto Sancio Asnarez capitano della Gallura gli fu sostituito Arnaldo Ladrera, e mandavasi in questo paese
con buone genti darme Roderico Fernando de Vega.
Nel 1334 assottigliato di molto il presidio aragonese nella Sardegna, i genovesi co Doria radunato
in Cocina un buon nerbo di cavalleria e fanteria invadono la Gallura ed espugnano tutti i borghi marittimi. Cresciuti di nuove genti venute da Corsica
stringon lassedio del castel Pedres, lo prendono e
trucidano la guernigione: quindi assalgon la Fava e il
castello di Galtell e tentan la fede de custodi della
rocca di Chirra.
Il re Pietro poco dopo che sal sul trono di Aragona, e fu alcuni anni tranquilla la Sardegna: se non
che i Doria in piena discordia tra loro si faticavano e
consumavano in una guerra fraterna.
Nel 1339 Raimondo Senesterra sollecitato a rispondere a creditori doveva vendere la citt di Terranova.
Nel 1340 Luchino Visconti signore di Milano volendo far valere i suoi diritti sulla Gallura si accosta
ai genovesi e a pisani, e trama con esso loro una incursione nellisola. Il Re avvisatone prepara le difese.
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Da Posada percepiva di feudo ll. 240, e in frumento quarre 40, in orzo 80.
Da Ossio ll. 13, da Lochd ll. 15, dal villaggio
dOrfilo ll. 25 con laggiunta della gabella su buoi e
sul vino, cos come fu sunnotato. Il prodotto di queste ville era destinato alla manutenzione del castello
della Fava.
Altri redditi annuali aveva il Re da ci che dovean
prestare quei feudatarii che non avean servigio obbligato duomini armati.
Finalmente otteneva somme per quel tempo considerevoli dalla vendita de feudi devoluti. Nellanno
in cui ancor siamo (1358) vendeva il villaggio di Lula per ll. 250.
Devozione de galluresi a baroni. Uno straniero che
si presenta come padrone, un uomo orgoglioso che
vuol essere servito puntualmente e dispregia i suoi
vassalli, cos avaro che tutto esige e rapisce, e trapassa
ogni decoro, non pi amabile dun demonio a
quelli che hanno unanima generosa. I discendenti
de Balari e Corsi, che nellamore della libert fecero
prodigi contro la prepotenza punica e romana, avrebbero sostenuto una schiavit obbrobriosa? Molto
tentaron que fieri per iscuotere il giogo. La loro propensione al governo di Arborea, le ripetute suppliche
a Visconti di Milano, perch non portassero in vano
il titolo di giudici di Gallura, provano quanto amassero un pi civil governo. La mala fortuna pot scemare il loro numero, ma non lanimo. Non si poteron mai vincere perch dessero al barone pi di
quello che fosse nella lettera delle antiche obbligazioni, e quando la esazione si volea effettuare con la violenza, essi fortificavano la loro negativa con le arme.
Quindi mentre in altre parti i redditi baronali da tenuissimi diventarono enormi, nella Gallura crebbero
pochissimo, e questa immensa regione non rendeva
pi che in altre parti un sol villaggio.
E rispettivamente alla autorit de baroni, come i
galluresi non pensavano molto favorevolmente de
lumi e dellanimo de giusdicenti, cos poco curandosi di questi cercavano spesso ne compromessi il
risolvimento delle liti, e il definimento delle compensazioni per ingiurie e danni. Finalmente non furono i galluresi tali uomini che si lasciassero soperchiare dallorgoglio dei signori, e volessero rispettare
le loro libidini. ancora viva in Posada la memoria
di un sonoro schiaffo che nella piazza della chiesa in
presenza di tutto il popolo pat da un principale del
luogo (un cotal Pilurzu) un conte di Montalbo (D.
Giuseppe Masones di Lime e Sotomayor padre del
celebre D. Giacomo), il quale aveasi permesso verso
la di lui figlia una tal libert, che i corrotti direbbero
una degnazione, una gentilezza. Il signor conte non
os alcuna vendetta, sebbene avesse conceduta sopra
i suoi vassalli una autorit regia, potesse esercitare il
dritto delle forche, e dalla sua sentenza non fosse ricorso neppure allautorit sovrana. I bei tempi! Ma
ritorniamo alle memorie istoriche.
Nellanno 1360 i genovesi continuando la guerra
incominciata nel 56, vessano la Sardegna.
Gallura
Nel 1362 scema la popolazione una nuova pestilenza, e occupa gli animi il timore duna guerra imminente.
Nel 1364 Mariano dArborea esce col suo esercito
e occupa la maggior parte dellisola.
Nel 1366 il Re manda nuove truppe, e un altro
capitano nel castello della Fava, e fortifica i pi importanti luoghi della Gallura.
Nel 1376 unaltra pestilenza toglie da mezzo Mariano, nemico troppo terribile agli aragonesi, e dirada i popoli sardi.
Funestissimi furono per la Gallura i danni di questa mortale influenza essendo rimaste deserte molte
ville: nella curatoria di Unle, Arsachena, Ortomurato e Corruaro; nella Montangia Assuni, Aristana,
Alvargius e Melassuni; nel Canahini Haagiana, Canahini, e Canara; in Balariana Batore, Nuragi e Vignamaggiore; nel Taras, Lapia, Villadanno, Vingiola,
Monte Caredi e Agugheda. Cotanta strage noi sappiamo dallatto di donazione de territorii di queste
ville, e di altre abbandonate prima della nota del
1358, che, siccome si disse pi sopra, si posero contro il vero distrutte intorno allanno in cui siamo.
Nel 1383 Leonora vincitrice degli Arboresi repubblicani, che aveano spento il suo fratello Ugone,
guerreggia gli Aragonesi, e non cessa dalle arme che
nel 1388, quando si venne alle conferenze preliminari della pace. I galluresi videro questa gran donna
in capo alle trionfanti sue schiere combattere i loro
oppressori, e goderono vedendoli cacciati.
In questi patti la prima menzione del castello di
Longone, e pare che esso si erigesse da Leonora, come dicono i longonesi fosse espresso nella tabella di
marmo gi menzionata. Il Re lo pretendea perch
fabbricato in suo territorio. Quando nel susseguito
regno si ripigli il negozio della pace i ministri regii
insisterono perch questo castello fosse consegnato
al Re, lasciando per a Leonora o che proponesse le
ragioni per le quali credeva aver miglior diritto che il
Re, o che domandasse la demolizione del medesimo.
Fermatasi la pace nel 1388 il Re mand delle
genti per custodire le castella di Cagliari, Alghero, e
Longone.
Antonio e Bartolommeo Sanda, valorosi uomini
galluresi e benemeriti del Re, nella passata guerra ebbero da lui molte lodi.
Nel 1389 gli arboresi tornarono a preparamenti
di guerra contro gli aragonesi.
Nel 1391 il Re mandava truppe in Sardegna e
apriva un asilo nel borgo di Longone per renderlo
popoloso. In questo intesosi Brancaleone, marito di
Leonora, con quelli che o avean in odio gli aragonesi, o amavano il denaro pi che lonor della fede,
usciva con le sue genti in campagna, e dopo aver occupato Sallri e il suo castello, e preso il castellano
Berengario di Entenza, dopo essere stato ricevuto in
Iglesias e aver messo in assedio intorno al castello alcune sue genti da piedi e da cavallo; si volse alla Gallura, e prima ottenne il castello della Fava dando al
castellano Gillo ll. 500, quindi il castello di Galtell
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citar gli assenti, o bandeggiarli, di sequestrare e confiscare i loro beni Infine il Re si spogliava dun dritto, che veramente inalienabile, qual quello di
ascoltare le querele de gravati, concedendo al barone,
che dalle sue condanne o sentenze e da suoi processi
non potessero i vassalli per molto che si reputassero
aggravati, appellare, supplicare e ricorrere alla sua autorit, od ai tribunali de suoi uffiziali, cos nelle cose
civili, come nelle criminali!!!
A sorte non migliore soggiacevano gli altri popoli,
mentre sappiamo non meno ampia la podest degli altri feudatarii in que tempi. Que signorotti, che non
riconoscevano i reali e santi diritti della umanit, erano
poi conscienziosi per il diritto che credevano avere i loro successori non ancora nati, e per con frequentissimo esercizio teneano vive tutte le loro facolt giuste,
ingiuste, oneste, disoneste, ed opprimevano e avvilivano i popoli, se erano padroni di popoli pusillanimi,
quali per furono e sono rari nella Sardegna.
Nel 1452 Nicol Carrs possedeva i porti di Longone e della Fava, e non esibendone i titoli, il V. R.
Goffredo Ortasa fu comandato di confiscarli. Il porto di Longone fu poi nel 1501 dato a Pietro Massa
Carros.
Nel 1459 la flotta genovese vess con molte violenze i littorali della Corsica e della Sardegna.
Nel 1479 il re Ferdinando mentre maturava il pensiero della intera conquista della Corsica, comandava
al suo ammiraglio Giovanni Villamar, che scacciasse
dalla Sardegna i corsi, e nominatamente quei Bonifacini, che nella Gallura esercitavano la pastorizia.
Nel 1492 Ferdinando ordinava lespulsione degli
ebrei dai suoi regni, e come altre popolazioni del regno, cos quella di Tempio ne fu scemata, dove, come riferisce la tradizione, abitava una colonia di
quella nazione.
Nel 1514 i pirati turchi invadono Siniscola, la saccheggiano e trasportano non pochi infelici alla schiavit, spargendo gran terrore nelle vicine ville di Lothd e Sarpei.
Nel 1520 (secondo il Vidal) i barbareschi discendono nella Gallura, e sorprendono la villa di Caresi
nel Fundimonte.
Nel 1527 mentre i francesi facean viva guerra a
Carlo V, Renato Ursino sbarcava sui lidi della Gallura un esercito di 4 mila uomini, percorrea tutta la
regione, devastando e saccheggiando, e dopo aver
cagionato infiniti danni, varcato il Termo, and contro Castelsardo.
Nel 1528 dallItalia pass in Gallura un mortifero
contagio, donde si diffuse nella rimanente Sardegna,
cagionando in molte regioni gran lutto e disertamento.
Nel 1553 quando la flotta turca alleata de francesi contro Carlo V, ebbe soggiogato gran parte della
Corsica, si volse contro la Sardegna. Dragutte entr
nel porto di Terranova, e trovando questa citt senza
difesa e quasi abbandonata, la saccheggiava e incendiava. Ma lui partitosi, e ritornati i popolani, nuovamente ristabilivasi. Forse intorno a questi tempi pativa Sull lestrema sventura. tradizione comune
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Lo stesso procuratore rappresentava, che perdendosi i frutti che produceano le loro fertili terre per la
proibizione viceregia, che gli uomini duna contrada
non potessero commerciare nelle altre, ma dovessero
andare nelle citt, nel cui distretto commerciale erano contenuti; e che non potendosi da essi fare il trasporto de medesimi alle citt distanti pi giorni di
viaggio per vie non carreggiabili, e difficili anche al
cavallo; per supplicava che fosse permesso ai popoli
dintorno entro un certo raggio di andar a contrattare coi montalbesi.
Questo sistema di distretti commerciali fu posto
per le pretese delle cinque citt privilegiate Cagliari,
Sassari, Alghero, Oristano, Bosa. Cos i poveri villici
oppressi da una parte per la tirannia baronale, erano
dallaltra resi via pi meschini per lo monopolio de
cittadini. Cotanta soperchieria era in vigore prima
del 1542, quando il sindaco dAlghero pretese osservato lo statuto del commercio, per cui quei del capo
di Cagliari non potean commerciare nel Logudoro,
dolendosi che vi andassero, ed opponessero alla legge
la licenza del V. R., mentre quei del capo di Sassari
andando nella provincia di Cagliari, erano soggetti a
gravi macchizie. Non pure da tacere unaltra petizione dello stesso sindaco, che in tutto il Logudoro
gli stranieri non potessero n vendere n comprare.
Ritornando nel 1574 e al sindaco di Posada, questi nel parlamento present unaltra supplica, perch
a quei del dipartimento fosse lecito prendere dalle
saline del loro littorale senza pagare alla Regia Corte.
Popolazione della Gallura in sul declinare
del secolo XVI, secondo il Fara
Nel Fundimonti non restava altro che Terranova;
nel Gemini Tempio, Agios, Calangianos, Nuches,
Laras e Bortigiata; negli altri dipartimenti della
parte superiore era solitudine.
Molto avea perduto anche la Gallura inferiore. Nel
Montalbo non rimaneva che Posada, Lod, Torp, Siniscola; nel dipartimento Galtellino Uris, Oliana,
Durgali, Galtell, Loculi, Irgoli, Gonifai, Lula; nella
Barbagia Bittese, Bithi, Gorof, Onan.
Le cause di tanta desolazione? Dalle cose fin qua
narrate si possono ben intendere: le pestilenze, contro le quali non era alcuna precauzione, le continue
aggressioni deglinfedeli, che non si sapeano n frenare, n comprimere, sebbene i dominatori avessero
potenza a tanto ed a pi, laudacia de malviventi, la
rapacit de ladri, la tirannia de baroni, le vessazioni
de loro fattori, le inimicizie, le vendette, e le guerre
delle grosse fazioni, le carestie, la somma povert.
Stato di ricchezze. Queste mancavano, perch frequente la sterilit, frequentissima la mortalit del bestiame, nessun commercio, o tenuissimo in prodotti
agrarii e pastorali: se Cagliari e Sassari si doleano di
gran mancanza di numerario, a credere, che pi si
dovesse dolere la Gallura. La penuria delle monete
doro e dargento faceasi da molto sentire, perch nel
parlamento del 1542 fu proposto dal sindaco di Cagliari di proibirsene lestrazione; e nel 1573-74 dal
sindaco di Sassari, che si crescesse il valore del duca-
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to e scudo doro, e delle monete dargento, per solamente in questo prezioso metallo, non gi in quello delle monete minime.
La povert sentivasi anche nellordine ecclesiastico
e le chiese erano poverissime, rovinose, mancanti di
ornamenti e delle altre cose necessarie agli ufficii religiosi. Ad averne unidea baster il sapere che larcivescovo di Cagliari, che aveva unite Dolia, Sulci, Suelli
(cio Ogliastra), e Galtell verso la met del secolo
XVI non avea un reddito maggiore di ducati 1500!!
Anno 1526. Nel censimento fatto per il parlamento straordinario di Blasco Luigi la Gallura superiore contava fuochi 1807, linferiore 1564.
Nel 1639 molti galluresi travagliano alla fabbricazione di monete false con un minore studio che facessero i logudoresi. Il monte dAgius, che dicono
Frale, ha preso questo nome da quella clandestina
operazione. Vi si ascende per una semita difficile e
in cima trovasi un piccol piano con alcune caverne
ed una sorgente. Se pure fossero scoperti non era
agevole impresa di prendere i rei. Ma questo luogo
non serv che quando la persecuzione fatta per D.
Matteo Pilo Boyl fu pi viva: in altro tempo lavoravano nelle case con tutto il comodo.
Nel 1647 le cavallette distruggono seminati, vigne, orti e frutta. Il fieno rimasto parea attossicato
morendo le bestie che ne mangiavano. Continu
questa sventura per altri due anni, sebbene gradatamente decrescesse. Se nelle altre regioni della Sardegna era grande la copia di questi insetti, maggior fu
certamente nella Gallura, il cui clima molto confaciente alle medesime.
Nel 1651-52-53-54 infuriando la peste in tutte le
parti della Sardegna e nellanno seguente avendo fatto grande strage dei cittadini della capitale, Tempio
rest immune da suoi danni, non cos per le altre
ville del Gmini.
Nel parlamento del conte Lemos il totale della
Gallura superiore dava famiglie 1374, quello della
inferiore 1941. Tempio cresceva sempre e nel 1664
il suo popolo era detto numerosissimo in una lettera
del V. R. D. Nicol Ludovisio (12 aprile).
Nel 1657 il V. R. Rodrigo rilegava in Gallura D.
Bernardino Cervellon governatore di Cagliari e Gallura, che era stato presidente nellinterregno.
In questo tempo Giovanni Galluresu di Tempio fece prove prodigiose di valore, che solo nella torre di
Longone lavea difesa dallassalto delle genti di molte
galere barberesche e ucciso pi di 50 di questi infedeli. Il V. R. ammirato della di lui virt lo istituiva alcaide della ben propugnata fortezza. Ma non and molto che la mano che avea fulminato i nemici si volse
contro i compaesani. Reo il Galluresu di molti omicidii, per evitar la pena si ritir ne boschi chiamando e
accogliendo in sua compagnia molti malviventi e
banditi. La sua squadriglia usc dalla Gallura nel Logudoro, e infest cos la citt di Sassari, che i cittadini
non osavano uscire a loro predii. Attaccato pi volte
dalle regie truppe sempre rimaneva vincitore e diveniva ogni giorno pi insolente e terribile. Non valendo
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la forza si usarono le arti. Fu osservato certo suo affetto alla figlia dun mugnajo Osilese, il suo frequente
notturno accesso alla valle della sua bella; fu assediata
la casa del molino e allalba quando egli senzalcun timore sen partiva a ritrovare i compagni percosso da
molte palle cadea. Il suo capo fu troncato, e portato
in Sassari si configgeva nella forca.
Nel 1668 si estesero nella Gallura i movimenti nati
nella nazione per la morte del marchese Laconi e per
la salvezza del marchese Cea che avea voluto vendicarla con la morte del V. R. marchese di Camarassa supposto mandante degli uccisori del Laconi.
Nel 1669 avendo il nuovo V. R. Tuttavilla duca di
s. Germano emesso una grida che i seguaci del Cea sarebbero tenuti e puniti come rei di crimenlese se non
si distaccassero da lui, fu ubbidito da molti, non per
dagli Ozieresi presso i quali era ospite linquisito: e
nulla valse n pur la minaccia della distruzione delle
loro case. Anzi che violare lospitalit essi volean subire
gli estremi danni stimando maggior peccato il tradire
uno che erasi abbandonato a loro, che non ascoltare il
comando del V. R., e soprattutto sentendo sommo orrore della vilt che credeano da loro domandata. Per
il Cea prevedendo che le minaccie del Sangermano sarebbero pi che un vano suono e non volendo esser
causa di danno ad amici cos generosi si ritirava nel saltuoso Montenero. Ivi in luogo sicuro si pose con Ludovico Rizzo cavaliere tempiese co suoi figli e con tutti i banditi di Gallura. Lattruppamento crebbe da
fuorusciti del Logudoro, i quali non si eran voluti fidare del V. R. n pure dopo il generale indulto.
Il V. R. ordina ad uno de commissarii (Simone
Saro), che raccolte tutte le cavallerie assalga i proscritti di Montenero. Costui si appressa, osserva i
luoghi difficilissimi, vede gli avversarii ben preparati
e torna indietro.
I galluresi sono comandati di consegnare il Cea e
si scusano.
Il V. R. ansioso di avere in sue mani quel vecchio
infelice, che fu malvagio per errore e non seppe essere
scellerato per salvarsi, raccoglie un esercito e marcia
in persona contro lui e i compagni: ma quantunque
pratico della milizia e uso agli assalti non os avanzare. Tuttavolta ripetendo le promesse e certificando i
dubbiosi della sua buona fede operava che la compagnia del Cea si scemasse. E fu di tanto scemata che
egli non avendo pi speranza di salvezza se i suoi persecutori lo assalissero dovette andare a nascondersi in
Sassari in casa di un amico, donde quando ebbe a sospettar dessere stato scoperto, ritorn in campagna,
rientr ne boschi del Montenero e della Gallura, finch perduta ogni speranza quando seppe larresto de
suoi principali fautori in Cagliari ne primi del maggio nel 1670, travestitosi da marinaro tragittava col
servitore in s. Bonifacio di Corsica, donde senza indugio pass a Nizza, nella qual citt eransi rifugiati
gli altri congiurati.
Questi finalmente furono dalla perfidia di Giacomo Alivesi di Sassari tratti nella rete, e nel 1671 approdavano in Vignola. LAlivesi unitosi in lIscia, a
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Nuches 66, in Terranova 72; le quali forse non davano il totale danime 8545.
Anche nelle corti del Montellano, celebrate nel
1698, ritornavano i tempiesi a supplicare pel desiderato privilegio di municipio. Era allora in questa terra un numeroso ordine di cavalieri, settanta de quali
sedevano ne banchi dello stamento militare in Cagliari; eravi un collegio per la istruzione pubblica,
nel quale da religiosi delle scuole pie sinsegnava la
grammatica, la rettorica, la filosofia e la scolastica,
un convento di minori osservanti ecc.
Ed il capitolo della collegiata ritornava nella sua domanda della traslazione del titolo e degli onori della
cattedrale civitatense. Ma ostava il sindaco di Ampurias, il quale dopo avere supplicato la grazia o il dono
dun diploma di cavalierato e nobilt col nome in
bianco per venderlo al miglior offerente, qualunque
egli fosse, e del prezzo ristorarne la cattedrale ampuriese, contraddicendo a canonici di Tempio, volle dimostrare che la chiesta traslazione non era cosa n del servizio di Dio, n del servizio del re, anzi in pregiudizio
duna e daltra maest. Pu intendere il lettore che sorta di prove egli adducesse. Egli forse tra quelli uomini
fece gran dimostrazione dingegno nella argomentazione che seppe fare; ma credo non abbia potuto celare
che la ragione che lo spronava a parlare era unicamente la superbia e linteresse della fazione ampuriese.
In questi tempi era continuo il terrore de barbareschi come nelle altre parti del regno, cos nella Gallura. Se si fossero scritte tutte le disavventure che si pativano dalla ferocia dei barbareschi non sarebbe alcun
anno senza funestissime ricordanze, comech non
mancherebbero i frequentissimi argomenti del valor
nazionale e gli egregii fatti non minori de ricordati
sotto il nome del Galluresu. E in questo anno istesso
del parlamento aveano gli infedeli osato penetrare nellinterno della Gallura per ben otto miglia: le loro
scorrerie davan sempre dolore a molte famiglie che
perdevano la libert e la patria o almeno la roba. Essi
potevano entrare da molte parti, perch in tanti seni e
scali quanti sono in Gallura non si avea che quello di
Longone che fosse difeso dalla torre di santa Lucia.
Quindi si supplic che se ne fabbricassero altre, almeno cinque ne luoghi pi pericolosi, una in Otilu,
laltra in Monte-Figari, la terza in Cala-volpe, la quarta in Capo-Libano, la quinta in Capo dellOrso.
La popolazione della Gallura, che fu numerata in
occasione di questo parlamento, pu tenersi come
prossima al vero, e meglio che ne preceduti censimenti. Il Montellano dava le opportune istruzioni a ben
eseguire la numerazione, e volle si facessero con tutta
attenzione, perch si fosse fatta giustizia a quelli che da
gran tempo riclamavano contro la iniqua distribuzione
delle parti del donativo. E qui avvertasi che gli antichi
censitori notando i fuochi facean ragione di quelle famiglie che potean pagare la loro quota, trapassate quelle case, le quali una gran povert dispensava da partecipare alla tassa. Queste in tutta lisola sommavano a
non piccolo numero, principalmente nel tempo che
pi scarsa era la circolazione del denaro.
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Fuochi
Uomini
Donne
Totale
910
349
286
204
187
117
149
1776
502
475
456
244
131
174
2091
579
528
308
325
153
205
3867
1081
1003
564
569
284
379
2202
3758
3189
7747
Terre
Fuochi
Uomini
Donne
Totale
Siniscola
Posada
Lod
Torp
Dorgali
Orosei
Galtell
Irgoli
Lula
Onifai
Loculi
Torpee
Oliana
Bithi
Gorofai
Onan
194
96
70
38
438
171
110
62
34
38
30
433
137
58
49
1161
355
294
159
81
57
79
814
262
119
88
2046
742
548
318
162
122
167
296
536
146
41
381
125
61
39
885
387
254
159
81
65
88
cessato
627
959
214
85
629
871
225
69
1256
1830
439
154
[2300]
[4410]
[4657]
[9067]
Tempio
Calangianos
Agios
Laras
Bortigiada
Nuches
Terranova
Totali
Gallura inferiore:
Totali
Tristissimi alla Gallura, e principalmente alla superiore, volgeano questi tempi, ne quali spento lordine,
caduta nel disprezzo lautorit de baroni, e sommamente debole linfluenza del Governo, erano i luoghi
pieni di malviventi, piene di pericoli pe ladri le pubbliche vie, e ardendo tra popoli crudeli inimicizie antiche recenti, spargevasi a torrenti il sangue fraterno.
Tra gli altri prepotenti che, secondati nelle loro imprese da uomini scellerati, si erano resi terribili, vennero a
noi con pi sonora rinomanza quei della gente Misorro, ricchissima famiglia, padrona di territorii immensi
da Pulchiana sino al mare, cinta dellimmensa clientela de pastori che erano sparsi in quelle regioni, e vi
pasceano le loro greggie ed armenti. Uno tra essi (D.
Giacomo Misorro) avea sempre a suoi comandi una
schiera di bravi, che al suo cenno correano a pi orrendi delitti. In quanti luoghi e dentro e fuori della
Gallura, nella campagna, nellabitato, que feroci esercitavano le loro infami arti di sicari e di assassini? Un
monumento religioso nella vicinanza di Tempio perpetu la memoria duna fra le molte stragi che si eseguirono negli spessi scontri con gente di contraria fazione. L sul suolo ora sacro, dove sorge la chiesa che
dicono del Purgatorio, gli scherani di D. Giacomo
usciti dallagguato notturno atterravano con mortali
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Luogo-santo alcune migliaja di galluresi sotto il comando di D. Giacomo Manca de marchesi di Tiesi,
commissario generale della cavalleria miliziana. Senza queste erano altre genti disposte in altri luoghi,
dove si potesse tentare uno sbarco, e non poche sul
littorale di Vignola.
Nella mattina del 23 cominciarono i francesi a
bombardare il forte e il borgo della Maddalena ben
corrisposti da sardi cos da mare come da terra.
Mentre fervea il combattimento staccavansi otto piccoli legni sopra lisola di s. Stefano, la quale occupavasi da Bonaparte. Dopo questo vantaggio la fregata
and a porsi nel canale tra le isole e la Sardegna.
Quando comparve il sole del 24 i sardi videro gi
terminata sopra la punta di S. Stefano la batteria, contro la quale nel giorno preceduto erasi molto operato
dal cannone della Maddalena. Cominci Bonaparte
un fuoco vivissimo; ma presto si accorse che gli assaliti eransi ben preparati a suo danno; perch smascheratasi una piccola batteria di due cannoni eretta nella
tregua della notte, si cominci a fulminare la fregata,
la quale colpita negli alberi dovette nascondersi.
Continuando la batteria francese a operar contro la
Maddalena i sardi si avvidero che quellisola era perduta se non andassero in Santostefano a sloggiarne i
nemici. In questo disegno costrussero nella notte
unaltra batteria, la quale stringesse la squadra nemica
a lasciar libero laccesso.
Venuto il 24 si riaccese la fulminazione, e i sardi
usando palle infuocate i nemici furon contraccambiati con un terribil fuoco per tutto il giorno.
Nel 26, mentre fervea pi forte la pugna, furono
imbarcati su legni sardi 400 uomini dal campo del Palao, i quali a voga arrancata andarono sopra Santostefano contro la batteria francese s tosto come la fregata
molto offesa dalle palle incendiarie lasciava libero il passo veleggiando ad Arsachena. Bonaparte accortosi del
suo pericolo nellassalto imminente corse a imbarcarsi
frettolosamente seguito da corso-galli che erano seco, e
lasciava preda a vincitori un mortajo, quattro grossi
cannoni, gran quantit di munizioni e tutto il bagaglio.
I legni nemici, mentre fuggendo passavano fra le
isole, presero molte cannonate, e al Capo della Caprera ricevettero una scarica di 150 galluresi col dispoti, la quale copr di strage le coperte essendo stati
i tiri ben distribuiti.
In totale i francesi ebbero uccisi 210 uomini, molti
feriti, ma lasciarono pochi al nemico. Gittaron contro
i sardi 500 bombe, e 5000 palle con pochissimo danno, non essendo rimasti offesi che due soli. Si perdette
per tutto il bestiame che pascolava in Santostefano e
nelle altre isolette, solo salvatosi quello della Caprera.
Nel 1796, quando dai popoli sardi, principalmente
i settentrionali, operavasi a romper il giogo feudale, i
galluresi non vi vollero prender parte, ma ben persisteano nellantico loro proposito di non pagar n un
denaro sopra lantico dritto. Tentati dallAngioy a far
causa comune con gli altri e unirsi a lui per ispegnere
il feudalismo, non diedero ascolto. Sper lAlternos
che se egli vi andasse potrebbe persuaderli, e pertanto
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gli avvis che si recherebbe fra essi; ma ebbe una risposta disgustosa dal consiglio comunitativo di Tempio, che potea ben venire ma non con pi di dodici
uomini, perch in altro caso sarebbe respinto. Irritatissimo imped che gli anglonesi portassero grano in
Gallura, o ne vendessero a quei paesani, e il consiglio
di Tempio lo contraccambiava subito proibendo che
si portassero montoni alla beccheria di Sassari.
Nel 1799 i galluresi accolsero con infinito piacere
il Duca di Monferrato, e nel 1800 il Conte di Morienna.
Nel 1800 destavasi gran scompiglio nelle cussorgie
di Agius, per le fazioni de Mamia, e degli Addis, Malu, e Biancu. Pietro Mamia, terribile pel suo valore e
celebre pe suoi contrabbandi, era cercato a morte da
quelli, che erano forti non solo delle loro aderenze, ma
pure della assistenza del governo. Fu assediato un giorno nel suo ovile da circa 60 uomini delle parti nemiche, e da una compagnia di soldati venuti improvvisamente dalla parte di mare: tuttavolta egli usc fra loro,
e senza essere offeso da alcuno de cento colpi che si fecero contro lui, n pat altro danno che la perdita del
bestiame sopra il quale si sfog tutta la vendetta. Spedissi nuovamente contro lui unaltra banda di soldati
sotto gli ordini dun animoso capitano, il quale quando vide scemare giornalmente in Vignola il numero
de suoi soldati, and a porsi in Agultu, luogo frequentato dallo stesso Mamia e abitato da suoi parenti. Quivi quattordici di lui cugini governati dal loro zio Andrea Tanxu, uomo ottuagenario e non pertanto cos
robusto e coraggioso come un uomo di 35 anni, poterono in tre diversi assalti uccidere non pochi soldati, e
obbligare i superstiti a ritirarsi. Sdegnato da questi fatti
il principe V. R. comandava una forte spedizione, ma
senza buon esito; non altro essendosi fatto che bruciare gli ovili e impadronirsi delle greggie. Il Mamia fugg
nella Corsica, donde ritornava spesso a suoi luoghi per
imbarcarsi poscia che avesse raccolto bestiame per venderlo a corsi, o si vedesse in pericolo.
Nel 1801 [recte 1802] approdava in Corsica il Cillocco col prete Sanna, e mostrando lettere supposte del
primo console di Francia chiamarono in societ il Mamia colla cui opera speravano eccitare i popoli di Gallura alla ribellione. Sbarcati in Sardegna impresero
lopera della seduzione, e si aggiunsero molti pastori
facendo credere a medesimi che fra giorni approderebbe in Gallura una flotta con 5 mila uomini da sbarco.
Add 7 maggio si adunava presso Noracu-polcu a due
ore da Tempio un gran numero di armati; i quali per
non furono molto animosi a movere contro quella terra popolosa e fornita di armati. In questo il Mamia essendo stato dal cavaliere Giambattista Villamarina comandante della piazza assicurato della indulgenza del
Re se volesse dissipare quel nembo di gente, e ormai
ben conoscendo che la promessa degli ajuti della repubblica francese era unimpostura, fe intendere al
Cillocco stimolantelo spesso a seguir limpresa, che in
essa era grandissimo rischio perch in Tempio eran
tutti in sullavviso e molti armati occupavano le entrate; e che da altra parte temeva essere stato ingannato
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con le pretese carte del console francese. Da quel momento lattruppamento and disciogliendosi rivoltisi
tutti a proprii salti. Il Villamarina liberato in questo
modo dal timore di veder Tempio assalito, si pot rivolgere a danni del prete Sanna, e comandava un
distaccamento della Maddalena e i pastori longonesi
ad assalirlo. Il Sanna mor facendo prodigi di valore a
pi della torre di Longone che aveva occupata e per
molte ore difesa.
Pi trista sorte sopravveniva al Cillocco. Egli and
alcun tempo errando per quei monti, e con difficolt
sottraendosi ai molti, che lo perseguitavano. Infine fu
accolto da Cieciello Muntoni-Decandia, e generosamente protetto; giacch costui avendo avuto promessa la liberazione di due figli gi dannati allestremo
supplizio, nol trad, e non solo soffr che perissero
que suoi cari, ma sostenne di vedersi rovinata la casa
e rapite le greggie. In questo i di lui parenti temendo
peggiori danni consigliarono il Cillocco di andare altrove. Il misero rientr nei boschi, donde uscito dopo
otto giorni esausto dallinedia, scontravasi in un Giovanni Mazzoneddu, e a lui domandava un coco per
carit. Il malvagio, deliberato al tradimento, lo accolse, e lui consolato con parole amichevoli e larghe promesse, nascondeva nel luogo che dicono Pietrafarro,
dove poco dopo mandava i suoi perch dormito lo
sorprendessero e legassero. Il Cillocco dava prove di
forze immense e di indomabil coraggio; ma combattuto da dodici, e senza poter far uso delle sue arme
pi forti, sbalordito da un grave colpo sul capo, fu
vinto. Il traditore patteggiava allora col Governo, n
volle venderlo che allenorme prezzo della libert di
quattordici suoi parenti uomini scelleratissimi. Dopo
otto giorni era tradotto in Sassari alle ignominiose e
crudelissime battiture del boja, aglinsulti di quelli che
lo avevano vilmente adulato in altra sorte, e al capestro. Il Cillocco sostenne con gran virt tanta sventura, e molti dimenticando luom traviato, diedero lagrime alluom pentito ed infelice.
Nel 1807 il Re divise il regno in 15 prefetture, ed
una di esse conteneva la Gallura.
Intorno a questo tempo, mentre fervea la guerra
tra lInghilterra e la Francia, Nelson con la sua flotta
veniva spesso a riposarsi ne porti che sono presso la
Maddalena, donde poteva correre incontro alle squadre francesi, se fossero uscite da Marsiglia o da Tolone. Avvenne ancora per la presenza di lui, o per la sua
frequenza, che i francesi non osassero tentare alcuna
impresa contro la Sardegna da questa parte. Nella
parrocchiale della Maddalena sono varii preziosi doni di quellammiraglio.
Verso il 1808 gli agiesi ed altri galluresi avendo
presentito che si comanderebbe la coscrizione, si armarono per opporsi alla esecuzione de supposti ordini. Nominaronsi a capo D. Gavino Agostino Valentino, e questi essendosi rifiutato, chiamarono D.
Pietro Prunas di Bonorva congiunto per affinit alla
casa Valentino, uomo ricchissimo e potentissimo nel
Logudoro, il quale parimente ricusava. Il Governo li
riconduceva facilmente allordine.
Gallura
Nel 1810 stabilivasi in Longone una nuova popolazione, che dal nome della regina Maria Teresa dAustria vollesi chiamare Villateresa. Ma questappellazione non fu accettata dalluso. Attese con tutto amore
allo stabilimento lavvocato e capitano Magnon, uomo di molto ingegno e di una esimia virt, che in altro non godea che in beneficare pur a quelli dai quali
avesse patito ingiurie. Egli educava, istruiva e formava allonest i coloni, e li dirigeva nelle opere rurali.
La introduzione delle patate in Sardegna devesi a lui.
Alcuni pastori, a quali spiaceva che una parte de loro antichi pascoli fosse assegnata a quei popolani,
pensarono, che se togliessero da mezzo il Magnon, la
novella societ si scioglierebbe. Il Magnon fu una
volta preso di mira, e salvatosi, non perseguit loffensore, anzi lo benefic: ma poi colpito da un altro
mentre usciva dal territorio del Capotesta, che eragli
stato conceduto dal sovrano, restava miseramente
spento. Il suo nome in benedizione tra i longonesi;
e se sulla sua tomba non leggesi alcun titolo, gli valgano a perpetuo onore queste mie parole.
Nel 1812 fu gran carestia di annona, per cui molti morirono. La Gallura pat non poco.
Larciduca dAustria Francesco duca di Modena,
venuto in Sardegna per isposarvi la figlia di Vittorio
Maria Beatrice, perlustrando lisola visitava la Gallura.
Nel 1814, ristaurata in Francia la dominazione dei
Borboni, riaprivasi un commercio lecito tra la Gallura e la Corsica, il clandestino non era mai posato,
neppure quando la inimicizia politica era pi viva.
Nel 1819 nella festa popolare di s. Paolo di Monti molti principali de villaggi, che dopo la creazione
de moschettieri vedean scemata o annullata la loro
influenza, compressa la cupidigia, e con severe leggi
minacciata la ingiustizia, perci a respingere il Governo dai saggi procedimenti, chiamarono in congiura tutti i capi di squadriglie. Questi con le loro
genti si presentarono presso Tempio, minacciando
atti di vera ostilit se i preposti al Governo ed allamministrazione della giustizia non consentissero
ad un indulto generale, al libero porto delle armi, e
di vantaggio alla continuazione delle barracellere, ed
alla riduzione de tributi allantica quantit, articoli,
che erano stati suggeriti, giacch non vi aveano i postulanti alcun interesse. Il V. R. Thaon intese bene
donde proveniva il movimento, e cos oper che in
breve si disgregarono quelle genti. Rannodavansi
unaltra volta un mese dopo, sebbene in minor numero; ma la forza del Governo snerv la loro audacia. I moschettieri poscia, detti carabinieri reali, non
perdettero mai di vista i principali motori, e in breve
liberarono la Gallura dalla loro tracotanza.
La istituzione de sunnominati militari se fu causa
di gran bene in quei dipartimenti, dove era gran numero di pastori e di uomini oziosi, audaci e malefici,
lo fu di maggiore alla Gallura. Rispettati e temuti
contenevano quelli che poteano rompere ai disordini, e reprimevano i malfattori, che erravano per le
campagne. Gli agiesi cominciarono a farsi vedere pi
queti, e si applicarono allagricoltura; gli altri paesani
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Gallura
migliorarono di giorno in giorno, e fu sentito leffetto di questa forza, come fu riconosciuta la docilit
de popoli.
Nel 1829 add 13 maggio Carlo Alberto Principe
di Savoja-Carignano, ed ora Re di Sardegna, mentre
visitava questisola venne in Tempio, e fu alloggiato
nellEpiscopio e nellattiguo palazzo Villamarina.
Quei popoli, i quali, come tutte le altre genti sarde,
vedevano in lui i prossimi loro migliori destini, studiarono a fargli tutte quelle maniere donore che poterono. Se il suo ingresso in quel capoluogo della
Gallura non fu splendido per grandiose pompe, fu
per gloriosissimo per le sincere acclamazioni e per
le pi sicure dimostrazioni di amore. Il giorno dopo
in un salone dello stesso palazzo si fece vedere al
Principe il lavoro festivo del Carminatoio, al quale
eran concorse le pi leggiadre zitelle; indi una numerosa mascherata a cavallo difil per la vicina piazza. In ultimo i pi destri giuocarono al bersaglio.
Nellanno 1837 Tempio ottenne gli onori di municipio da gran tempo meritati e desiderati. Si celebrarono magnifiche feste, e si diedero a Carlo Alberto le prove pi certe del grato animo a suoi benefizi
e della devozione alla sua maest.
Uomini rinomati della Gallura
Gomita frate gallurese confidente di Nino regolo
di Gallura e suo vicario quando egli era assente. Fu
insigne barattiere, e per le molte frodi, di cui fu vasello, mor impiccato. LAlighieri fece immortale il
suo nome, e note al mondo le sue trappolerie e le
frodi con averlo posto sotto la pece nella quinta bolgia del suo inferno in compagnia dello Zanche. Il
barattier Navarrese domandato da Virgilio
Chi fu colui, da cui mala partita
Di che facesti per venire a proda?
rispose: Fu frate Gomita
Quel di Gallura, vasel dogni froda,
Chebbe i nemici di suo donno in mano,
E fe lor s che ciascun se ne loda.
Denar si tolse, e lasciolli di piano,
Siccome ei dice; e negli altri uffizi anche
Barattier fu non piccol, ma soprano.
Usa con esso donno Michel Zanche
Di Logudoro: e dir di Sardigna
Le lingue loro non si senton stanche.
Sanda, Antonio e Bartolommeo, fratelli nativi di
Gallura, molto riputati per lo valore. Il Fara li ricorda nelle sue cose sarde sotto il 1388 e narrali rimeritati dal re dAragona con molte lodi dopo la pace
fermata in tal anno con la giudicessa dArborea,
Leonora. Da che si deduce aver essi in quelle guerre
preso partito con gli stranieri contro i nazionali. Ah!
si salvano dalloblio certi nomi che sarebbe giustizia
dimenticare, e si perde la memoria di quelli che furono virtuosi e giovarono alla patria. Quanti avran
fiorito nella Gallura uomini di gran cuore, di alto
senno, di mano forte? quante belle azioni si saranno
ammirate? Ma liniqua sorte ha tutto nascosto quello
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da cui sarebbe alla Sardegna sommo onore, e ha voluto lasciare vivi i nomi di tanti scellerati.
Judas Lorenzo famoso ladro, molto temuto dal
governo per le sue intelligenze coi nemici dello stato.
Di lui si parlato nelle memorie istoriche della Gallura sotto lanno 1557.
Galluresu Giovanni uomo di prodigioso valore,
che poi diventava pi famoso per le sue scelleratezze
(vedi le suddette memorie allanno 1657).
Balistreri di Limbara, che conviene cos individuare
mentre ignorasi il nome. Ibid. sotto lanno 1698.
Misorro Giacomo. Ibidem.
Pes Francesco, marchese di Villamarina. Ibid. sotto gli anni 1708-10-17.
Valentino Giovanni, conte di Sanmartino. Ibid.
Acquenza Mossa Pietro nato in Tempio circa la
met del secolo XVII vest per poco labito degli scolopi, e quindi applicatosi alla medicina vi riusc eccellente. Fu protomedico generale ed archiatro onorario
de re Carlo II e Filippo V. Delle molte sue scritture
nella materia medica rimasero a noi le sole due operette che stampava in Madrid, uno sul salasso col titolo De sanguinis missionei, libri IV anno 1696,
laltra sulle febbri dintemperie o di mutazione (perch colgonsi nel viaggiare per cambiarsi da un luogo
a un altro) lanno 1702. Moriva dopo il 1705.
Pes Bernardino nato in Tempio nel secolo XVIII
da nobil famiglia, lasciava alcuni mss. sulle cose patrie, uno de quali si intitola: Ristretto della storia di
Sardegna, laltro Ristretto dello stato antico e moderno
della Sardegna. Egli stava in su questa opera nel
1770, e poi continuavane la prima parte con la narrazione delle cose della sua et; ma disgraziatamente
questappendice and perduta.
Pes Gavino illustre poeta nazionale nato in Tempio lanno 1724 di nobil legnaggio. Senzalcuna ambizione am i gaudi di una vita privata e tranquilla,
e secondando il suo genio ne giorni pi lieti e tra le
compagnie sollazzevoli cantava amori e cose piacevoli e non di rado senzalcuna preparazione udiasi
svolgere da una ricchissima vena bellissimi canti.
Pes Bernardino uomo nobile e poeta insigne nacque in Tempio lanno 1739. Morta la moglie pass
nellordine ecclesiastico e si dimostr sacerdote esemplare. Pure fra le domestiche sventure, alcune delle
quali furono gravissime, egli comparve eguale a se
stesso sempre sereno e frequentemente lieto. Amava
i carmi faceti ma talvolta le facezie si riceveano come
satire e produceano delle spine allautore. Moriva nel
1823.
Pes Domenico, illustre fra dotti uomini sardi del
suo tempo. Nasceva in Tempio da nobili parenti e giovinetto si aggreg ai cherici regolari delle scuole pie.
Vedi il Dizionario Biografico degli illustri Sardi pel chiarissimo cav. D. Pasquale Tola, dove unampia narrazione su molti de gi nominati e da nominare.
Pes Francesco, nato in Tempio da nobili parenti.
Studi la legge, la conobbe profondamente e lo dimostr pi che mai quando dal Sovrano fu chiamato in
Torino nel sacro supremo consiglio della Sardegna.
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Scuole primarie. Furon istituite sin dal 1821 e vengono ordinariamente frequentate da circa 250 fanciulli i quali per pi della met appartengono alla
scuola primaria annessa al ginnasio tempiese.
Compresi questi il totale degli studenti ammonta
a 407 e la ragione di essi alla popolazione convivente
deve fissarsi di circa 1 a 38.
Delitti. Il pi comune fu la vendetta principalmente per ingiuria allonore. In altri tempi facilmente formavansi grosse fazioni, ch i consanguinei e gli
amici correvano subito alloffesa o alla difesa, fervevano ostinate guerre, fremevano frequenti battaglie, accadevano sanguinose stragi, poi si stabilivano tregue,
si patteggiavano paci solenni: ma la presente generazione pi mite, s perch va perdendo forza lopinione che possa vendicar lingiuria chi la pat, come
pure per gli opportuni provvedimenti del Governo
che dispergendo i principali in luoghi distanti, annulla la loro influenza, e assicura la tranquillit e la
quiete de buoni. Laltra colpa pi frequente era il
furto; di che furono accusati gli agiesi finch non si
rivolsero agli esercizii agrarii, e molto pi i lurisinchi,
i quali accompagnati da cani feroci soleano alla luna
cavalcare, e soventi in Padulu, a far caccia di vacche.
Inimicizie. Raccoltesi, come si detto sopra, intorno a due avversarii le rispettive genti si cominciano le ostilit, vanno a cercarsi in campagna, si tendono insidie, si affrontano, e si battono se gli animi
e le forze siano eguali, o uno fa le parti di offensore e
laltro veglia a star nelle difese. Sono piccole guerre,
e in esse hanno luogo tutti gli incidenti, che veggonsi nelle contenzioni degli stati.
Banditi. Come alcuno diffidi della giustizia per
imputazioni vere o calunniose armasi e se nesce a
salti. Se prema il timore della forza pubblica studiano
a sostenersi, si fortificano con lalleanza di altri inquisiti, e formano squadriglie. In altro tempo non adoperavano larme se non nellora dellassalto; ma da
che accadde che la intimazione del fermo fosse accompagnata dallo scoppio delle carabine o delle pistole molti usano prevenire lassalitore. Sono rari che
cedano volentieri, o che si possano prendere senza insidie. Il numero li rende protervi s che vanno nellabitato, passano armati in faccia alla caserma, e accadde che vi entrassero a visitarla. Che farebbero
pochi uomini sorpresi incontro a molti temerarii? Il
viaggiatore che imbattasi ne medesimi li riconosce
vestiti come chi peregrina e dee esporsi alle vicende
del tempo, armati di schioppo, di pistole e con lungo
coltello traversato nella cartucciera. Pur quando sono
ne loro stazii han fra le mani il fucile e lo ritengon
sotto il braccio nel fare alcun lavoro, se mai vengano
tra essi persone ignote. Essi diventarono molto sospettosi da che con tutte sorta di vesti arrivarono a
banditi i loro persecutori. Non dormono che di rado
dentro le capanne, e adagiandosi al riposo tra le macchie o in alcuna caverna abbracciano il fucile, e dormono sonni cos deboli, che si rompano a ogni piccol rumore. Soglion andare accompagnati da cani di
buona razza e li hanno per guardie e veglie quando
sonnacchiano, e per ausiliatori quando sono assaliti.
Fu un tempo che fra galluresi non si potea trovar
uno che volesse guidare i militari nelloscuro covile
del bandito; e se alcuno presentavasi era a essi il dubbio che non li portasse fuori di via e li esponesse a
vergogna, come accade tuttora nelle parti di Nuoro e
di Orgosolo; per dopo che cominci a praticarsi la
corruzione fu veduta una gran demoralizzazione, e la
malignit giunse a tale, che alcuni non ebbero riguardo n pure a consanguinei. La impunit promessa
per larresto o per luccisione di altri delinquenti,
stata unaltra causa di depravazione.
In altri tempi il numero de banditi sommava a
pi centinaja. Fra le loro stazioni celeberrimo il
monte Cuccaro.
Prigioni. Sono un immondo ergastolo. Siccome in
altri tempi temevasi che allo sforzo dei ditenuti non
reggesse lostacolo delle mura e delle porte, perci erasi presa la barbara usanza di porre ogni sera a ditenuti
per gravi e lievi contravvenzioni un collare di ferro, e
infilzarli in una grossa catena, il cui capo messo per
un buco fuor della prigione fermavasi fortemente.
Tutti, fuori un solo che si lasciava disciolto pel qualche servizio agli altri, dovendo restare tutta la notte
nella stessa positura, puoi ben intendere la gravit del
tormento. Fremiti, imprecazioni, bestemmie si udian
suonare nel silenzio; maledizioni alla notte presta a venire, tarda a partire, e maledizioni a quelli che poco si
curavano di sentenziare sulla loro sorte. Cadeano alla
fine i corpi per stanchezza nel sonno; ma questo era
incontanente rotto dallimpazienza dun altro, e dal
dolore di chi svegliavasi troppo premuto dal peso.
Forza pubblica. A sostenere il buon ordine sono
distribuiti in varie parti alcuni soldati di cavalleria
leggiera e di fanteria. Han guarnigione Tempio, Calangianos, Agius, Longone e la Maddalena.
Sussidiarii a soldati sono i miliziani. La Gallura
ha un battaglione formato da determinati contingenti delle diverse popolazioni.
Prove de delitti. Il pi delle volte non si ha come
porre i fondamenti al giudizio, che vorrebbesi fare
sopra delitti commessi nellabitato, e veduti da molti. Accade pure che uomini pieni di malizia fingendo una puerile semplicit accusino i folletti, e altri
spiriti; gli agiesi principalmente dicon siffatte scempiezze, delle quali poi ridono tra loro alle spalle dellistruttor della causa.
Vitto. Mangiasi di rado carne vaccina, pi spesso
caprina, ed alla rispettiva stagione montoni, capretti,
agnelli: si fa grandissimo uso di latticinii, di piante ortensi, di patate, di frutta e di erbe campestri, tra le
quali a poveri delizioso il porro silvestre (la smbula)
che se dolce alla loro bocca comunica pure alle medesime un fetore che disgusta chi sente la loro respirazione. Il pane di qualche bont. Si fece finora ne
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senza pettini, e quindi copron la testa con un fazzoletto addoppiato a triangolo, che dalla nuca volgesi e
legasi sulla fronte formando con i lembi varie rosette.
Usavasi prima la camisla, che era un giubbonetto
largo e con ale, aperto sullavanbraccio con bottoniera di argento sino al gomito: ora quasi universalmente dimesso, e si adottato in sua vece un altro a
maniche chiuse che stringesi sotto il seno.
Abitazioni ne paesi. Le famiglie di basso stato e di
nessuna fortuna vivono in stanze terragne di una sola camera, umidissime nellinverno, e alcune anche
troppo sordide, dove conviene che abbiano coabitatori il majale, il cavallo, il cane, quando per il tempo
troppo rigido non li voglion lasciar nel cortile. Quelli di mezzana condizione hanno due o pi appartamenti, uno de quali ben addobbato serve per il riposo. Al focolare sardo nel suolo in mezza la stanza
si da molti, anche dallinfima classe, sostituito il fornello, o cammino. Le case de primarii e ricchi sono
osservabili per comodit, nitidezza e lusso. In Tempio
ve se sono molte di bella architettura, con buoni fornimenti e belle decorazioni.
Dialetti. In questa provincia sono uditi diversi
dialetti. I terranovesi, lurisinchi, e i bortigiadesi parlano il sardo; i tempiesi, agesi, calangianesi e nuchesini il gallurese; i longonesi una lingua mista; gli isolani il corso mescolato di gallurese e genovese.
Il linguaggio gallurese regolare nella grammatica, armonioso nella poesia, amabile nella prosa, soave nella pronunzia, perch non soffre alcuna asprezza di suono. Gli altri sardi lo parlerebbero bene e
facilmente se non stentassero a imitare il giusto suono del chji e gji che non n italiano n francese, a
dare il quale devesi strisciar la lingua dolcemente sul
palato. Comech nel fondo il dialetto de galluresi
sia lo stesso in cui parlano i sassaresi, tuttavolta non
si sente la gorgia, che spiace udita in questi. Il gallurese pronunzia chistu (questo), il sassarese chiltu. La
lingua gallurese non ha altra origine dalla corsa, e a
parte alcune piccole particolarit, si assomiglia in
tutto a quella de sartenesi, tra quali un gallurese
non pare straniero. Ne daremo un saggio dove si
parler del carminatoio.
Le differenze che la pronunzia porta tra gli stessi
galluresi sono le seguenti. Lagiese parla spedito e vibrato, il nuchesino lento, il calangianese pi allungato, il tempiese tiennesi nel mezzo, e per la sua pronunzia assai gentile.
Il sardo che parlano i bortigiadesi, lurisinesi e i
terranovesi non identico in tutto. Quello de primi
depravato e mal pronunziato; quello de secondi
patisce meno di storpiature; quello degli ultimi
migliore, e molto pregiato.
Qual sar la lingua de longonesi, i quali sono un
miscuglio duomini di dialetto diverso? Corsi, napoletani, genovesi e sardi furono i principali elementi
di questa popolazione. Per il fondo vero corso,
perch gli oriondi da Corsica sono in maggior numero, e giornalmente crescono per altri, i pi de
quali sono banditi.
Gallura
Nella lingua gallurese sono stampate alcune canzoni, che potrai leggere sotto la narrazione del Viaggio in Sardegna del Valery.
Quelli che trattaron meglio in poesia questa lingua
sono D. Salvatore Sanna il maggiore, D. Gavino Pes
soprannominato lu Denticciu, e D. Gavino Pes-Pes,
che lo ha perfezionato nelle sue composizioni erotiche,
come D. Bernardino Pes-Sardo nelle sue berniesche.
Le composizioni che abbiamo di costoro furono
meditate; ma non sono meno riputate nella ragion
della lingua le canzoni che si ricordano improvvisate
da alcuni illetterati. Tra questi il pi celebre fu Pietro
Murtineddu di Tempio, uomo di estro maraviglioso
e di ricchissima vena, la fama del quale sarebbe stata
maggiore se alla natura avesse soccorso larte.
Li stivigni (soprannomi). In tutta la Gallura luso
di soprannomi, s che rarissimi sono quelli che si
odano chiamati con la parola del proprio casato. Il
soprannome del padre si adatta a figli se questi non
ne ottengano un particolare. Siffatte appellazioni, la
cui cagione in qualche fatto, propriet, difetto o
abitudine, sono per lo pi acquistate nella prima et,
e dalluso de fanciulli passano poi nelluso comune.
Sollazzi comuni. Il ballo e il canto, e spesso tra silenzi della notte odesi larmonia degli istromenti e
delle voci in quelle contrade, dove i giovani abbiano
le loro belle. Nelle feste principali si corre il palio, e
le pi solenni corse sono in Tempio per s. Paolo primo eremita, e il giorno dopo per la Vergine di Buon
cammino. Nel carnevale un gran fervore per correre a maschera.
Costumanze. Nella solennit de matrimonii si radunano le parentele per trattare tra loro lalleanza e
la fede data dal giovine, e il costumato bacio un legame che nessuno potrebbe sciogliere fuorch la fidanzata. Quindi si balla allegramente, e spesso intervengono i cantori.
Nelle nozze poi questa consuetudine che gli invitati dello sposo nel partirsene bacino la sposa, lasciandole a un tempo cader dentro il seno un qualche pegno o una moneta di valore. Nessun altro
senza somma ingiuria oserebbe altrettanto.
Li vigiatogji (le veglie). Di nuovo i parenti si radunano in occasione di puerperio, e passano la notte in
conviti e in sollazzi. Spesso allungasi la festa a tre notti.
Lattitu (il compianto). Le cantatrici, insieme con
le parenti pi prossime della persona defunta, dispongonsi presso questa intorno al cataletto vestite in
bruno con un gran velo dello stesso colore sopra
quello di color bianco che copre il seno e cinge la
faccia cos come usano le monache. Vedine la vera
immagine nellAtlante aggiunto al primo tomo del
Viaggio in Sardegna del gen. La Marmora.
Lavori festivi. Lu graminatogjiu (il carminatoio).
Nella stagion de fiori dopo il tosamento delle pecore si viene allopera della carminazione. Pronte allinvito accorrono alla medesima attillate quanto meglio
le fanciulle del vicinato e della parentela, si accosciano in semicircolo in mezzo alla sala adorna e profumata da eleganti vasi di scelti fiori, ricevon la lana
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stata gi lavata e cominciano il lavoro. Studiosamente occupate in questo canticchiano, stando fra esse
uno o due suonatori e un compositore di canzoni.
In questo concorrono i giovanetti innamorati con
musicali istromenti e bei mazzetti, e fannosi avanti
uno dopo laltro ad offerire il fiore alle fanciulle amate, accompagnando lofferta con una o pi strofe, o
con una continuazione arbitraria di versi. La bella
che riceve il fiore deve rispondere con altra strofa e
cantar, come esse dicono, il fiore, o raccomandar le
sue veci ad una compagna. Compito il lavoro si balla, ma spesso aman meglio danzare nelle maniere
studiate degli oltramarini che girar nella carola nazionale. Tutti i viaggiatori aman vedere questa festa,
e la vide pure il Re Carlo Alberto nel 1829. Ecco
una canzone che fu improvvisata da un giovine nelloffrir suo fiore alla sua diletta
Bona sera, bona genti,
Chi Deiu fozzia cuntenti
Canti so in chistu allogju
E in chistu graminatogjiu.
In bo locu socu datu;
E forsi chaggiu incuntratu
La bedda chera cilchendi?
Pi di tre ori arrugiendi?
Si non minganna la cara,
Chici cha la bedda rara
Non mi possu ingann pi:
Gi viccu be chi se tu,
Antonia Mirella sei
In Tempiu dapparedda!
Malanchi! cantu sei bedda
Se digna dess amata.
Cun resoni se invidiata,
Ca troppu ti vanta la fama.
Frittu chiddu chi no ama
La to biddesa custanti.
E in me tu chistu amanti
Ar si cun amori
Ti digni rec lu fiori.
Lu valcatogjiu. In sullestremo autunno, quando le
lane carminate sono gi in gran parte tessute, si viene
alla operazione del pestamento. Questo suol farsi da
fanciulle invitate, e terminarsi con la carola, gi che vi
concorrono gli innamorati con cetre, violini e flauti.
Li binnenni (le vendemmie). Il taglio delle uve
pure operazione delle donne. Perci si passa invito
alle fanciulle nubili, che non ricusan la fatica per
amore del solito conseguente sollazzo. Esse quasi
sempre sono ajutate nella fatica da giovani, e poi intreccian la danza.
Professioni. Le principali sono lagricoltura e la pastorizia, nelle quali sono occupate circa 3800 famiglie. Dello stato di queste due arti parleremo poi diffusamente.
Quasi tutte le donne si occupano nella tessitura del
lino e della lana, e in tutta la Gallura sono adoperati
non meno di 4000 telai. Fanno tele molto stimate, e
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Lentisco. Mentre da que pochi olivi non si esprime lolio, e i frutti degli olivastri sono conceduti ai
porci, ottiensi un supplimento dalle bacche della indicata pianta: ma le famiglie agiate danno non poco
denaro ai sassaresi per aver cosa migliore.
Una delle grandi occupazioni delle pastorelle nella stagione, che sono mature le coccole del lentisco,
lestrazione del suo olio, del quale e provvedono al
bisogno della casa, ed hanno non poco lucro quando sia ubertoso il ricolto.
In Terranova si stabiliva una fabbrica di questa
specie dolio con buone macchine. Se ne fecero molte esportazioni.
Il lentisco, delle cui foglie nutronsi le capre, ingrassa i porci con il frutto; ma il lardo cresciuto da
questo nutrimento si riconosce inferiore a quello che
aumentasi dalle ghiande.
Pini. Mentre una grandissima somiglianza di clima alla Gallura e alla propinqua Corsica, e in caso di
disuguaglianza, essendo migliori le condizioni della regione sarda, non pertanto non si vedono in questa i
pini cos frequenti come in quella. Soli due pineti si
possono indicare, uno nel monte, che ebbe appellazione da questa specie gi dominantevi, laltro nella pendice orientale del Limbara, nelle quali regioni siccome
in molti predii sono veduti individui bene sviluppati e
bellissimi. Glincendii, i tagli scemarono tanto questa
specie, e la nessuna sostituzione tolse la riproduzione.
Se gli altri grandi vegetabili non ripullulassero dalle radici, ormai tutte le montagne sarde sarebbero in gran
parte nude. Fa meraviglia, che il lucro, che alcuni percevono dal segamento de pochi pini, non abbia eccitato gli altri a piantarne e curarli. Se essi non godessero
di questo beneficio, ne godrebbero i loro nepoti, e ciascun albero sarebbe una parte della ricchezza. Non vo
dire che sia questo un tristo egoismo, e poco amore alla propria discendenza; ma certamente mancanza di
previdenza e spensieratezza dellavvenire.
Selve ghiandifere. Un terzo incirca della Gallura
rivestito di queste tre specie, leccio, sovero e quercia,
delle quali la prima assai frequente, laltra meno, la
terza pi rara. Gli alberi, che non soffrirono dalla barbarie pastorale, crebbero a grandi corpi. per ragion
di dire, che non tanto patirono i ghiandiferi nella
Gallura, quanto nelle altre regioni della Sardegna. Pi
che altrove nel territorio agiese vedesi certa cura per
questa specie, usando quei pastori di levar da mezzo le
filiree, i corbezzoli e le altre specie, perch tutto il nutrimento restando agli alberi diletti, essi crescano in
breve tempo, e producano maggior frutto. E veramente, secondo il loro intendimento, crescono belli, e
fruttificano bene, e verr il tempo, che si possa praticare il taglio. Donde questa diversa condotta de pastori galluresi e degli altri? La cagione ovvia. I boschi
ghiandiferi della Gallura sono divisi tra molti proprietarii, e questi sono, che ne usano, o invigilano quando
ne concedono luso ad altri; nelle altre parti non v
questa divisione, n questa cura de padroni.
Le selve maggiori sono quelle di Cincudenti, di
Lettu di Vidda e di Montenero; le minori sono qua
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astori, cuchi, corvi, le cornacchie, gazze, upupe, nottole, beccacce, pernici, e i colombi, stornelli, merli
ed una infinit di passeri.
Uccelli acquatici. Varie specie di anitre e molte folaghe vedonsi venire nellottobre per svernare negli
stagni. Con queste vengono pure cigni ed oche. Nelle marine pescano i corvi ed altre specie. Anche i fiumi sono bene popolati di uccelli.
Pesci. I mari della Gallura, principalmente ne
paraggi della Maddalena e di Terranova, hanno tanta
diversit di specie, e tanto numero, che altra parte
delle acque littorane della Sardegna non paja pi abbondante.
Pesca. In tanta abbondanza potrebbero molti guadagnare dalla pesca; tuttavolta sono pochissimi che
vi danno opera, e non altri che alcuni uomini di
Longone e della Maddalena. I terranovesi non so se
peschino n pure nel proprio porto. Cotanta negligenza de galluresi giova a napoletani, che travagliano continuamente su loro burchi, e fanno non piccolo guadagno. Questi laboriosi forestieri se il vento
li lusinghi dopo unabbondante pesca corrono a Napoli o a Livorno, e se il corso sia felice ottengono tal
merc di loro fatica che li consola. Il prezzo che essi
domandano a galluresi assai tenue.
Pesca ne fiumi. Il Termo tiene grandissima copia
di pesci, e son essi muggini nella lunga palude che
forma presso alla foce, anguille e trote nelle parti superiori del letto. Parimente il Carana, del quale sono
lodate le trote che si pigliano in qualche distanza dal
mare, e infamate le anguille che guizzano nella paludetta formatasi presso alla foce delle sue inondazioni; per che sempre si sono sperimentate dannose allo stomaco, sebbene le acque non fossero viziate da
alcuna lue. LOlbio e il Taras hanno le stesse specie
con la medesima distinzione. Cos pure lUnale con
laggiunta di gran numero di testuggini (li cuppulati). I lurisinchi lavorano con le reti sul Carana, e
queste adopran pure i pastori agiesi di Cervara nella
palude del Termo in estate: mentre i bortigiadesi costruiscono molti nassai nel Termo, come frequentemente usano fare i pastori. Ma quando ricercano di
notte le anguille entrano nel fiume con una fiaccola
di ginepro a un omero, e nella destra una fiocina, o
un altro ferro, che spingon l donde han tolto le pietre. Nella primavera prendesi gran quantit di trote
che si vendono a ss. 2 1/2 la libbra. E credo che la
copia sarebbe maggiore se tutti gli anni alcuni poltroni non andassero scemando la specie con lavvelenamento de gorghi, o dalcuni tratti del letto chiusi
a negar la fuga a pesci. Sebbene a dir vero questo accade pi di rado nella Gallura, che in altre regioni
della Sardegna, perch il pescatore farebbe mala pesca se il pastore se ne accorgesse. E con ragione ei si
sdegna perch se gli animali vanno a dissetarvisi essi
prendono male di morte o patiscono assai. Dallabatura, che dicono i galluresi, cio dallavvelenamento
per lacqua infetta, spesso muojono interi branchi di
pecore e vacche, e abortiscono le cavalle. Ma come
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dunque pu accadere alcun avvelenamento? Se il pastore non tema danno pel suo bestiame, e debba
avere porzione del pescato, lascia che il pescatore
pratichi questa mala arte. Usasi in Gallura per attossicare le acque principalmente lu pateddu stimando
che i pesci morti da questo veleno noccian meno o
nulla allo stomaco. Egli per vero che se luomo
beve di questacqua infetta ne sente male, e guardi
bene di coprire con un panno il viso mentre pesta
tal erba, perch la faccia si gonfierebbe dove fosse
battuta da qualche sprizzo. La radice pesta e mescolata con farina adoprasi a far morire i ratti. Le altre
erbe degli avvelenatori sono la trivoggia, o il frutto
pesto della ferruledda. Alcuni miseracci di Terranova
infettano le acque in fondo del porto dove un mare morto, dopo averne chiuso una porzione. Cos
ottengono alcune libbre di pesciolini. Si pesca pure
ne gi menzionati stagnuoli, e in quello di Ovidd.
In questo, perch di rado va alcuno a lavorarvi, crescono assai numerose le generazioni.
Quadrupedi selvatici. Trovansi nei monti e salti della Gallura mufloni, cervi, cinghiali e daini, volpi,
martore (li basli) in gran numero, e donnole (li bdduli). I mufloni (muvloni) abitano in gran famiglia
sulla sommit del Limbara: i daini (li caprioli) nel Cucurenza e ne boschi di Littarru e Montepino: i cervi
in Cincudenti, in Monticano, e in Bolione; i cinghiali
(li polchi avri) in tutte le parti, e molto danneggiano
alle vigne; le capre selvatiche trovansi sulle boscose rupi di Tavolara.
Caccia. Nella citt e ne villaggi sono rari che si dilettino della caccia degli uccelli e de quadrupedi, se
non siano i giovani. I terranovesi vanno ben di rado
nellisola vicina, essendo difficilissima la caccia della
notata specie per i grandi pericoli che si trovano andando su al dorso di quellenorme scoglio, e in discenderne. I pastori usano fare nella primavera la gran caccia; ma pi spesso si pongono (a orivetu) per cogliere i
cinghiali e i daini: ma il loro precipuo intendimento
di annientare, se fosse possibile, la generazione delle
volpi, che a danno delle greggie sembrano ogni d pi
moltiplicarsi. cos cordiale lodio che nellindicarla
non usano il solito nome, ma invece dicono la bestia
mala, la russa, lu focu e fiama. Essi non di rado pagano
bene e nutrono meglio alcun cacciatore che si occupi a
tender de lacci alle medesime. Il prezzo delle pelli cedesi a maggior loro benefizio.
Rettili. Di questo genere non trovansi in Gallura,
che le sole biscie (li salpi).
Insetti. Ve nha una grandissima variet di specie,
molte delle quali si sono riconosciute nuove nella
storia naturale. Si attende che il prof. Gen, che con
tutta diligenza ricerc e fu felicissimo in ritrovare delle novit che sono allincremento della scienza, pubblichi il suo viaggio scientifico per le regioni sarde da
altri finora su questa parte della natura non esplorate.
Apiaria. Gli alveari (li casiddi) sono in gran copia,
e si pu dire che conferiscano una parte al vitto e al
lucro. Alcuni pastori delle cussorgie marittime di
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Croli, Tnnari, Pedriccu e Cugnana, e delle mediterranee di Baldu e di la Traessa si arricchirono principalmente del prodotto delle api. Se larte fosse meno imperfetta, se meno frequenti i furti e le vendette
barbariche, che si scaricano su gli alveari, questi sarebbero un considerabile ramo di lucro.
Il numero di bugni va forse oltre li 150 mila. Essi
sono di scorza di sovero del diametro dun palmo,
dellaltezza di due, di forma assai rozza. Copronsi
pure con sovero, affermansi con pietre sovrapposte,
ma siccome non pongonsi sopra tale zoccolo, che
siano difesi dallacque scorrenti o stagnanti, per
spesso accade che le parti infime patiscano depravazione.
Ogni bugno per media pu dare allanno in cera
una libbra e mezza, in miele il doppio.
In qualche sito nel novembre e dicembre le api lavorano il miele amarognolo, come fanno in altre
parti dellisola, e nella vicina Corsica.
Il miele di Gallura tienesi siccome inferiore a
quello di Logudoro, dopo che il Gemelli (tom. II, p.
128) cos affermava troppo deferendo allarroganza
di certuni, a quali sono belle e buone solamente le
cose del proprio paese. Il miele che producesi nella
Gallura ne terreni secchi ed aridi, e dove abbondano le piante aromatiche, molto superiore al miele
logudorese de luoghi umidi. Il municipalismo corromperebbe anche il gusto dopo aver depravato la
ragione?
Il ricolto del miele, dipendendo dalla maggiore o
minore produzione di fiori secondo le condizioni atmosferiche favorevoli o contrarie, non si potrebbe
definire; poste per queste favorevoli si ottengono
circa 450000 libbre, e accade una numerosissima
prolificazione. Grande per il detrimento della popolazione de bugni per la mortalit e per la scemata
generazione se nellinverno a freddi giorni sopravvenga un sole tepido, e poi repentinamente si abbassi
la temperatura, mentre gli sciami vagano nei pascoli;
il che nella Gallura frequente e pi che altrove nelle
regioni apriche. Molti han poco frutto per la non
saggia scelta del sito dove allogano i bugni, principalmente se umido e spesso ingombro dalla nebbia.
Cererie. I galluresi fabbricano gran parte della loro
cera, e sono i provveditori di molte chiese nelle provincie meridionali e settentrionali. Le candele sono
assai bianche, ma consumate presto, perch invece
di proporzionare il sevo alla cera nella ragione duno
al dieci, come usano gli altri fabbricatori, ne mescolano un settimo, e taluni un quinto.
Pastorizia. Nelle specie che si sogliono educare sono le vacche, cavalle, capre, pecore, porci, giumenti.
Della loro natura in quanto alla grandezza de corpi
non mestieri ragionare, sapendosi generalmente,
che eccettuate le capre, le quali si sostengono nel miglior essere della specie, le altre sono in certa degenerazione. E nel confronto esse stanno al dissotto non
solo delle congeneri famiglie sarde della parte meridionale, ma di quelle ancora che pascono ne prossi-
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capi
15000
6000
3000
2000
1500
1000
2500
65000
25000
20000
2500
2000
Pascoli. Nella Gallura sono tutte le sorta de pascoli amati dalle diverse specie. Ma i porci, le pecore
e le vacche ne mancano spesso quando pei rigori del
verno, quando per il calore della state, che brucia le
erbe, e dissecca gli alvei de fiumi. Dalla siccit patiscono in varie regioni anche le capre.
Trasmigrazioni. Non pochi pastori debbono in certi
tempi passare da una in altra regione, per obbligati a
costruirsi due stazii. E conviene trasmigrare cos a
quelli che hanno i pascoli nel luogo delle vidazzoni,
quando torna la vece di queste, come agli altri, che
nel proprio distretto non possono tutto lanno nutrire
il bestiame; quindi nella invernata i pastori di pecore,
che sono in regioni alte, discendono nelle marine, e
nella estate da molti luoghi della marina ascendono
nelle regioni abbondanti dacqua e di pascolo i caprari
e i vaccari. Il Limbara, che nella fredda regione deserto, si popola di moltissimi branchi quando comincia a sentirsi il calore estivo. Molti pastori di Ovidd
vi conducono il loro bestiame, e vi convengono altri
daltronde. Lo stesso pure accade nelle altre grandi
montagne.
Vacche. Fa meraviglia agli esteri il sentire, che alcuni pastori hanno fino 300 vacche lattifere. Ma
quanta la quantit del latte, che d giornalmente
ciascuna dallaprile a tutto il giugno? non pi di
7/12 di libbra sarda. N credasi, che le mammelle
siano esaurite dai vitelli, perocch molti di questi
muojono per mancanza di nutrizione. Il totale del
latte vaccino, se si quagliasse solo, darebbe circa cantara 5600, ove il pastore nulla ne togliesse pel vitto
giornaliero della sua famiglia. Questa quotidiana
sottrazione fa una somma considerevole.
Buoi. Per la stessa ragione del nutrimento mancante sono questi di poche forze, e quando nellinverno manca del tutto, periscono. Molti contadini
galluresi non provvedono in alcun modo alla sussistenza de medesimi. Dopo averne esatto il servigio,
li mandano nel prato, dove spesso errano sotto il ciel
pi rigido senza trovar alimento. Queste bestie avvezzate al basto, servono al trasporto della legna, o
di altri carichi.
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25
20
18
25
14
32
16
21
43
40
42
38
18
119
10
20
20
20
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9
4
9
10
9
2
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50
20
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50
20
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16
43
20
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31
72
5
8
20
8
10
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stazii
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34
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19
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Nel Pardu
19, 20. S. Biagio, 3 febbrajo, 15 maggio.
21. S. Leonardo di Zighinoni
In Balaiana
22. S. Leonardo, ultima domenica di maggio.
23. S. Pietro di la Cattra, 5 maggio.
24. La N. D. del Rimedio, 4 giugno.
25. Santa Maria di Loreto, 5 giugno.
In Luogo-santo
26, 27, 28. La Vergine di Luogo-santo, 25 maggio, nel
giorno dellAscensione, e add 8 settembre.
29. S. Trano, 7 giugno.
30. S. Quirico, 8 agosto.
31. S. Stefano, nella domenica ultima di maggio.
Itzana
32. S. Marco, 20 aprile.
33. S. Antonio di Agligana, 13 giugno.
34. La Vergine delle nevi, 5 agosto.
35. S. Andrea, 30 novembre.
In Chivoni
36. Santa Reparata, nella vigilia dellAscensione.
37. S. Giacomo di Calcinagiu, 4 maggio.
In Muntagna
38. Santa Maria di Sraca, prima domenica di maggio.
39. S. Simplicio, 15 maggio.
40. S. Giambattista dellIscia, 24 giugno.
NellIscia
41. S. Michele, 8 maggio.
42. S. Giorgio, 9 maggio.
In Monticano
43. S. Michele, 10 maggio.
NellUltana calangianese
10. S. Bacchisio, 10 maggio.
Nello Scupetu
11. S. Giacomo, 4 maggio.
NellArsachena nuchese
12. S. Giovanni dArsachena, 3 maggio.
13. S. Michele, 6 maggio.
14. S. Pantaleo di Milmegjiu, ultima domenica daprile.
NellArsachena tempiese
15. Santa Maria Maggiore, terza domenica di maggio.
16. S. Pietro, nel d seguente.
In Porto-pozzo
44. S. Pasquale Baylon, 17 maggio.
In Longone
45. La N. D. del Buon Cammino, 20 maggio.
NellAglientu
46. S. Francesco di Assisi, prima domenica di giugno.
In Montivagliu
47. Santa Maria, terza domenica di agosto.
48. SantElisabetta, nel d seguente.
49. S. Brancazio
In Agultu
50. La santissima Trinit, nel d proprio.
51. S. Pietro martire, 28 aprile.
52. SantOrsola, 18 giungo.
Nel Carana
17. S. Antonio, immediatamente dopo s. Pietro.
18. S. Nicol, prima domenica di giugno.
In Cucurenza
53. S. Giuseppe, 17 maggio.
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In Colti
54. S. Antonio, 13 giugno.
In Viddalva
55. S. Leonardo, 22 maggio.
In Cogunas
56. Santa Maria Maddalena, 15 maggio.
In Pala di Monti
57. S. Lussorio, terza domenica di agosto.
Ne Parisi
58. S. Pietro di Rudas, 29 giugno.
In Padulu
59. S. Giacomo, 26 luglio.
60. S. Saturnino, 24 maggio.
61, 62. S. Gavino, add 4 maggio, e 25 ottobre.
63. La Vergine delle Grazie
In Siulonis
64. S. Pietro di la Cattra, 29 giugno.
In Riu-mannu
65, 66. S. Rocco, maggio e 16 agosto.
In Tisinnari
67. Lo Spirito Santo, nel d proprio.
In Saialtu
68. S. Brancazio, 22 maggio.
In Petra-mina
69, 70. S. Gavino, 4 maggio e 25 ottobre.
In lu Canali di Baldu
71, 72. S. Bacchisio, 10 maggio e 7 ottobre.
In Ovidd
73. S. Teodoro
Queste feste si celebrano dai paesani, nel territorio de quali trovasi la chiesa rurale: le eccezioni cadono nei numeri 16 e 22, dove hanno le prime parti
i lurisinchi, e nei numeri 17, 18 e 63, dove hanno
patronato i tempiesi.
Delle sunnotate celebrit la pi solenne in Luogo-santo add 8 settembre, nella quale sventolano le
bandiere di tutti i popoli del Gemini, e di tutte le
confraternite. Le insegne de comuni sono accompagnate da molta gente, e quando questi drappelli
giungono sul fiumicello Bandera in distanza da Luogo-santo di circa tre quarti dora, ivi devono soffermarsi finch arrivi la compagnia de tempiesi, la bandiera de quali deve precedere tutte le altre, che poi
tra loro hanno certo ordine. Giugnendo queste compagnie nel recinto di Luogo-santo, mentre ordinatamente le une dopo le altre le diverse schiere caracollano intorno alla chiesa, si fanno grandi plausi, ed
continuo lo scoppio degli archibugi, salutando i popolani successivamente la rispettiva insegna. A questa
festa, come alle altre due notate nello stesso luogo,
deve assistere la met de benefiziati e canonici della
cattedrale, nelle altre fa i divini uffizii un cappellano.
Sono in Luogo-santo diversi ospizii per le genti de
diversi paesi. Ogni comune ha il suo operajo della
bandiera, e le confraternite hanno ciascuno il proprio. Cotesti operai devono provvedere per la tavola.
Commercio de galluresi. Vendesi molto bestiame
grosso e minuto ai corsi, e la massima parte esportasi
clandestinamente dagli scali della Gruzitta, dello Strettone, dei Cannelli, di Monterosso, della Ficaccia e di
Curighena, dal Capo dellOrso, e da Arsachena. I corsi
negozianti di bestiame, vengono senza passaporto, e
fatto il contratto, e stabilito il punto per la fumata, e il
seno in cui si faccia il caricamento, se ne ritornano ed
aspettano lavviso, guardando al comparir della prima
stella se nel luogo indicato apparisca il segno.
I formaggi si portano in Terranova, in Posada, in
Castelsardo e in Sassari, e una parte si manda in Corsica senza farlo passare in dogana, come pure si usa fare per pelli, cuoi, ed alcun poco di grano. Gli ilvesi
(abitanti della Maddalena) danno la mano ai pastori
dellUnale, e praticano il commercio furtivo nel porto, che dicono Cannigione, e in Cugnana. Sogliono
anche aver affari in Ovidd. I longonesi, che nelle pi
parti sono corsi, esercitano pi soventi il contrabbando, e pu dirsi che sieno i sensali di siffatto commercio. E questo non solo nuoce alle finanze, ma pure alle private propriet, giacch troppo spesso avviene che
si esporti molto bestiame rubato nella stessa Gallura e
nei dipartimenti di Montacuto e di Anglona.
Vendono pure i galluresi pelli e cuoje conciate, lardo, presciutto ed altri salami, cera grezza e lavorata,
tele, albagio, vino e acquavite, sugheri, erbalana, ecc.
Lucrano dai capi vivi scudi sardi 39000, dai formaggi 30000, dalle pelli e cuoje 1600, dalla cera 600,
dal grano 2000, dal vino ed acquavite 10000, dai sugheri 10000, dallerbalana 2000, e circa 8000 dalle tele e dai panni. Pertanto il lucro che percevono i galluresi nel commercio cogli esteri, computando con i
generi suddetti il guadagno di alcuni altri articoli, non
si pu creder maggiore di scudi sardi 110,000.
Viandanti galluresi. Circa 200 tempiesi sogliono
girare pel regno a cavallo con some di vino, acquavite, pannilani e lini, cera, miele, pelli, ecc. Nella vendita del vino e dellacquavite nei prossimi dipartimenti sono pure occupati i lurisinchi; e le loro donne
viaggiano spesso a Tempio per vendere le loro derrate, donne laboriosissime, che van filando per via e
nelle contrade mentre portano sulla testa il peso delle cose da vendere.
Commercio passivo. Comprano da Corsica quasi
sempre in contrabbando e dagli esteri, che approdano nella Maddalena, panni, tele bianche e dipinte,
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sete, fazzoletti, pelli e cuoi di Francia, generi coloniali, pesci secchi, tavole, castagne, arme, polvere da
fuoco e tabacco; da Sassari molti de suddetti generi,
aggiunto il ferro e lacciajo; e dal Logudoro e da altre
parti, olio, grano, legumi, lino, lane, vino, ne quali
articoli forse spendono circa scudi 60000.
Fiere. Se ne celebrano due sole e di poca considerazione, una in Tempio per s. Paolo primo eremita, laltra in Calangianos per il beato Lorenzo nel settembre.
Strade e ponti. Poche vie della Gallura sono carreggiabili in tutte le loro parti; quindi i trasporti sono difficili e dispendiosi, e devono essere fatti sul dorso de
cavalli. Gli stradoni centrali, che aveva in altri tempi la
Sardegna, si terminavano in questa provincia; quello
che non ha guari si rifatto, scorre in molta distanza.
Dentro la Gallura non alcun ponte, e non se ne vedono neppur le rovine, sebbene sia certo che quando
le antiche strade erano in buono stato, ve ne fossero almeno sullOlbio, sullUnale e sul Carana. E credo che i
ruderi saranno un giorno riconosciuti, se si scoprano
dalla terra e dalle sabbie, che gli ha ricoperti. Solo nei
confini di questa provincia si riconobbero le fondamenta di due ponti in continuazione, uno della strada
littorale di occidente poco prima della unione del Termo col fiume dellAnglona, che pare di costruzione romana, e credesi distrutto in alcuna delle guerre degli
antichi regoli; laltro parimente di arte romana a poca
distanza da Oskeri nel luogo detto Su badu dessu ponte,
dove si guada a Berchidda scoperto da non molti anni
per una fortissima corrente, il quale pare fosse nella
strada centrale a Tibula e ad Olbia. Nel secolo scorso
se ne fabbricava uno un po al dissotto delle rovine del
primo in Scala-mala, e siccome fu fondato dove la corrente era pi forte, per nella prima piena si rovesciava.
La Scaffa. A provvedere per le comunicazioni tra la
Gallura e il Logudoro, che il Termo potea spesso e per
pi mesi vietare, si formava un navicello, e si poneva a
poco intervallo sotto le rovine del ponte moderno.
Movesi questo legno lungo un grosso canape disteso
tra le sponde, e pu trasportare due cavalli carichi. Resta in servigio dagli ultimi di ottobre sino a tutto giugno, e i passeggieri pagano un soldo per s e un altro
pel cavallo, se non siano galluresi, ai quali fu conceduta immunit. Il fattor baronale del signor della Gallura
dovea provvedere per il navicello e pel navichiere.
La Gallura ha bisogno per lo meno di tre ponti,
uno sul Termo per la corrispondenza col Logudoro,
laltro sullOlbio pel commercio coi dipartimenti
orientali, ed il terzo sul Carana nellIscia per le comunicazioni delle genti duna parte con quelle dellaltra: i quali giova sperare si costruiranno quando si
venga a produrre in questa provincia importante le
grandi strade. Allora si provveder per il sicuro passaggio in quegli altri luoghi, dove in tempo invernale abbiano i fiumi il guado pericoloso. Sino a far meglio si potrebbe agevolare il passaggio con ponti di
travi imposti sopra due pile ben fondate, e sufficientemente alte perch le acque non si rapissero il legname. Cos non perirebbero quanti ogni anno periscono o temerarii o incauti che tentano il guado.
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Cose religiose. Della diocesi di Civita si gi ragionato nel rispettivo articolo: resta or a dire delle parrocchie e cappellanie comprese nella giurisdizione del
suo vescovo.
Le parrocchie sono nove: Tempio, Agius, Bortigiadas, Longone, Calangianos, Luras, Nuches, Terranova, la Maddalena.
Tempio. Ebbe finora una collegiata sotto linvocazione di san Pietro apostolo, eretta nel 1560 da Gregorio XV, con un capitolo di dodici canonici di
massa, uno de quali ha la dignit di decano, un altro lufficio di teologo, e un terzo quello di paroco,
a quali non da molto che aggiungevasi un canonico organista. I benefiziati sono 18. Nellanno 1839
Gregorio XVI la innalzava al grado di cattedrale con
sua bolla datata add la quale finora (anno 1840,
agosto) non stata eseguita.
Sono in Tempio chiese figliali tredici, e ne circondarii dodici.
Agius. La parrocchiale dedicata a s. Vittore governasi da un rettore con tre viceparochi.
Le chiese minori sono, una nel paese, tredici nel
territorio.
Bortigiada. La parrocchiale ha per titolare e patrono s. Nicol di Bari, e per la cura delle anime un
rettore e due viceparochi.
Le chiese minori dentro il paese sono tre, fuori
sette.
Longone. La parrocchiale intitolata da s. Teresa,
perch fondata nel 1810, col favore della regina Maria Teresa arciduchessa dAustria.
Le chiese minori sono due, una dentro, che fu finora parrocchiale, laltra fuori.
Calangianos ha la parrocchiale dedicata a s. Giusta
v. e m., governata da un vicario assistito da due viceparochi.
Le chiese minori sono sei nel paese, e altrettante
fuori.
Nuches. La parrocchiale dedicata allo Spirito Santo governasi da un vicario.
Le chiese minori sono cinque nel paese, ed una
fuori.
Terranova. La parrocchiale, che appellasi da s.
Paolo apostolo, governata da un vicario con lassistenza di tre viceparochi.
Sono nel paese tre chiese figliali, fuori otto, tra le
quali si annovera lantica cattedrale civitatense dedicata a s. Simplicio.
La Maddalena. La parrocchiale dedicata a s.
Maria Maddalena, e governasi da un vicario con un
viceparoco. Evvi una chiesa campestre fabbricata nel
1764, intorno alla quale cominciarono a radunarsi i
pastori, e istituivasi la presente borgata.
Cappellanie o parrocchie campestri sussidiarie. Non
fu perch i vescovi che governarono la chiesa civitatense non avesser veduto la misera condizione della
religione fra pastori sparsi nei deserti della Gallura se
non provvedeano in qualche modo alla istruzione de
medesimi, ma perch mancavan loro i mezzi. Questi
finalmente postisi dalla saggezza del conte Bogino,
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arcivescovi e vescovi della Sardegna sopra i loro corpi riposanti nella Gallura narrava come per rivelazione della B. V. due francescani abitatori delleremo
poscia detto di Luogo-santo scoprissero la tomba de
due santi nel 1227, e perci si fabbricassero tre cappelle, una alla N. Donna, laltra a s. Nicol, la terza
a s. Trano. Il Fara scrivea che queste per le frequenti
largizioni de fedeli diventarono ricche; e forse sar
stato cos: ma nessuna magnificenza attesta quelle
dovizie raccolte dalle genti devote, non parendo altro quelle tre chiesette che bruttissime e sordide spelonche. Da lui furono luno e laltro de due santi
qualificati siccome anacoreti; ma disse diversamente
Cristoforo di Bagella vescovo salubriense intitolando
a s. Trano martire e s. Nicol confessore nella cedoletta della consecrazione dellaltar maggiore della
chiesa di s. Pietro di Tempio (anno 1319, 25 novembre). Questa piccola pergamena veniva estratta
dallarchivio di detta chiesa lanno 1633.
Il luogo dove furono deposte quelle reliquie si indica dal suddetto Gonzalez nella chiesa della Vergine
sotto laltare. E pare certo che in questo tempietto si
conservino, perch in esso fu specialmente rivolta la
religione de galluresi venerandola siccome un santuario e poco o nulla poi curando le altre due cappelle: sebbene per avventura il sunnominato abbia errato determinando quel sito pe due corpi santi, gi che
negli anni prossimamente passati essendosi riformata
la chiesa della Vergine e fatta qualche ricerca furon
trovate due tombe costrutte a mattoni in un angolo
presso alla porta e rispettate come sacre comech non
siansi visitate. Il Condaghe venuto sotto gli sguardi
del Gonzalez non mancava di quelle grosse imposture, di cui riboccano gli altri consimili monumenti; e
sulla fede di quello egli asseriva che il giudice Ubaldo
supplicasse il Papa di spedire un legato per la consecrazione della chiesa, e che godesse vederla consecrata
da un certo cardinal Giovanni. Che capriccio era in
quei buoni autori de Condaghe di far venire da Roma i cardinali per fare tali riti in meschinissime cappelluccie! E in quel tempo mostravasi Ubaldo cos
studioso di cotali cerimonie, quando dispregiava lautorit pontificia e rideasi delle censure? Egli supplicava il Papa, contro il quale era irritatissimo per conoscerlo contrario alla sua usurpazione? Pi grossolane
erano poi le imposture che si leggevano in una carta
che affermavasi trovata nel fesso dun antico muro
nellisoletta ove esul s. Ponziano. Stravaganze peggiori non ne proferisce un febbricitante.
Una novella gloria accrescesi alla chiesa gallurese
dalla dimora che pare abbia fatto in alcuni luoghi di
questa provincia s. Mamiliano. Secondo che narrasi
(riferisce lUghellio nella chiesa pisana) in un antichissimo codice, che conservavasi nel monistero di s. Matteo di Pisa, dove erano deposti i corpi di questo santo
e de compagni, essendo egli stato trasportato con essi
da Roma a Cartagine tra gli altri prigionieri che facea
Genserico, sentendosi inspirato da Dio a fuggire da
mezzo a quei barbari, ed avendo avuto loccasione duna
nave approdata in Africa, si imbarc con gli amici per
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la Sardegna e approd alla citt di Cagliari, dove avendo a essi partorita gran fama la virt illustrata da miracoli, vogliosi di sottrarsi alla gloria umana andarono a
nascondersi in un recesso pi secreto finch si porgesse occasione di passare nellAretusa, o isola di
monte Giove, che era il luogo pi vicino tra quei che
erano adattati alla loro vita. Or questo luogo secreto
di Sardegna pare esser stato nella parte settentrionale
dellisola nel littorale di Arsachena. Qui per da alcuni barbari, uomini di mare, fu Mamiliano con i suoi
compagni Lustro, Vendemio e Aurelio esposto in unisola che era detta il Torraio, e poi Ulturaio, dove non
appariva vestigio di piede umano, s che con le erbe e
le radici, che loro portavano gli uccelli dovean sostentare il supplizio duna vita digiuna: ma dopo non
molti giorni ricevuti in una nave furono trasportati allisola di Monte-Giove, che essi appellarono di Monte-Cristo ed ivi cominciarono a menare una vita eremitica. Sparsasi intorno largamente la fama della loro
santit, quando essi videro infuriare contro i cattolici la
persecuzione, temendo di s partironsi da quel luogo e
Mamiliano ritorn in Sardegna, dove si pose sopra un
promontorio (quel di Figari) che avea i fianchi dirotti e
pendenti sul mare: i compagni ritiravansi nellisola Iginia, donde dopo una santissima vita volarono nel cielo. Mamiliano sentendosi vicino a morte chiese da
Dio di poter venerare i luoghi sacri di Roma, si imbarcava e poco dopo moriva nellisola Iginia add 19 ottobre 460. Per la fama della sua santit molti cristiani
concorrevano a venerare i luoghi consacrati da lui e da
compagni, e alcuni fermandosi formossi un monistero
che in breve giugneva a gran celebrit; al quale andavano con grandi doni da Corsica e da Sardegna gli uomini pi spettabili per nobilt. Berlingeria signore di
Corsica e giudice di Cagliari fu uno de pi illustri benefattori. Questo monistero, secondo che rilevasi dalla
bolla del papa Giulio (anno 1119) a Enrico abate, possedeva in Sardegna la chiesa di s. Maria di Scala Heliae
(sarebbe lodierna Scala ola?), quella di s. Gregorio
e di s. Mamiliano di Simassi con le pertinenze.
Apparenze simultanee in Gallura de diversi periodi
dello stato umano. Le caverne, che (chi sa quanti secoli addietro?) furono il ricovero degli uomini, che
venivano primi coloni di questa terra, servono ancora di abituro a molti pastori. Va tra monti di Arsachena e nelli scavamenti naturali delle roccie granitiche, vedrai non poche famiglie povere, che vivono
del latte della greggia e ora arrostiscono gli agnelli e i
capretti, ora le fiere che colsero con le arme; e vedrai
i disagi che immaginiamo tollerati dagli uomini
quando erano ignari di tutte le arti che sono alla comodit della vita.
Non miglior condizione riconoscerai in tanti altri, che vivono dentro capanne coniche. E ti parr
vedere le stanze temporarie de patriarchi ambulanti
e ti maraviglierai della loro durezza.
Entra in quel rozzo abituro di una sola camera,
dal cui tetto espira il fumo in modo duna nebbietta,
che poco dopo dileguasi. Come nero linterno per
la incrostata fuligine? Non vedi altri mobili che gli
utensili per il lattificio, alcuni rozzissimi deschetti,
qualche tagliere, due o tre bassi scanni di ferula, un
cassone, e le pietre della macina. Il tronco fumeggia
in mezzo al suolo sotto il graticcio del formaggio, la
donna cuoce sotto la cenere calda la focaccia azzima,
la figlia canta lavorando sopra una grossolana macchina di tessitura, la vecchia giace sulle pelli raccogliendo il calore ne piedi, il servo munge le vacche,
il piccolo sopra un sovero vagisce, il pastore siede sopra una rupe che domina il pascolo delle capre, vezzeggia i suoi mastini, e tiene con laltra mano larchibugio se mostrisi il cinghiale Il vecchio suo padre
sta presso il margine del fiumicello se possa cogliere
alcuno di quei pescetti che guizzano.
Passa quindi in quella amena regione ricca di
pinguissimi pascoli. Tra quelli ulivastri e lecci troverai una miglior casa divisa in pi camere; vedrai alcune cose di comodit, un letto, alcune sedie, e panche, le persone meglio vestite, e unarte pi saggia
nelle opere pastorali. Lagricoltura non sconosciuta, e dentro quei campicelli cresce rigoglioso il seminato, e qualche albero con molti fiori fa promessa di frutta.
Una scena pi vaga ti si apre. Una casa meno rozza divisa in varii appartamenti per riposo, per conserva, per opere; maggiori comodi, utensili meglio formati, vitto pi vario, pane di farina cernite e cotto al
forno, e molte provviste. Lagricoltura pi avanzata,
i fruttiferi pi numerosi, una vigna Entravi a riposare, e non ti sentirai molto disagiato.
Da luoghi pastorali passa ne villaggi e vedrai la
societ pi avanzata nella civilt.
Finalmente va nella citt, e vedrai le condizioni
molto migliori, che non si poteano sperare in una
terra che di recente fu onorata dei privilegi di municipio; case di bellaspetto e ben fornite, contrade pulite, selciate o lastricate, il vestire nelle alte classi cos
come nelle citt primarie, il vitto abbondante e buono, molta gentilezza nel tratto, gran numero di persone illuminate dotte di pi lingue e distinte degli
onori accademici, spettacoli e grande amore a medesimi, e principalmente agli scenici; non pochi periti della musica, il numero de quali crebbe di molto dopo che un giovine10 straniero di molti lumi e di
certe carte che furon trovate presso lui, e da alcune voci che
il diceano uno de figli di Murat, o dun illustre personaggio
di Aquisgrana. Qualunque egli fosse, era certamente un uomo stimabilissimo, e merit che i tempiesi dessero molte lagrime alla sua disgrazia. Consentendo a questi animi grati,
scrivo queste poche parole perch la sua virt sia pure onorata da posteri.
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I
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III
IV
V
VI
VII
Galtell
Dorgali
Orosei
Onifai
Irgoli
Locula
Lula
Anni 1678
Fam.
1688
Fam.
Fam.
1698
Masch.
Femm.
Fam.
1838
Masch.
Femm.
183
699
310
82
141
69
99
198
353
146
35
71
30
74
110
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171
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60
30
34
254
885
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159
88
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150
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900
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180 23
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80 10
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15
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500
1000
150
400
125
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Si seminano starelli
Orzo
Legumi
500
300
150
100
250
130
560
160
25
140
50
100
30
50
Vino
Litri
80000
200000
150000
15000
30000
10000
30000
Vacche
Buoi
Capre
Pecore
Porci Cavalli
100
2000
50
10
10
110
500
1000
700
100
140
80
220
1800
3000
1500
600
1640
390
2100
2200
15000
1000
700
1100
1000
1400
1400
4000
450
300
400
250
1200
50
600
100
15
35
8
94
I pascoli sono ubertosi principalmente nella stagione invernale, ed per ci che molti pastori barbaracini vengono in queste regioni con le loro greggie.
Il prodotto del latte pu sommare a circa 2000 cantare.
Commercio. Vendonsi cereali, vini, formaggi e altri prodotti pastorali, parte agli esteri nel porto di
Orosei, parte agli uomini degli altri dipartimenti. Se
accada che si ottenga molto dallagraria e dalla pastorizia, e sianvi ricerche, si pu calcolare un guadagno di circa 245000.
GALTELL, villaggio della Sardegna, che fu capoluogo di un dipartimento del giudicato di Gallura e duna
antica diocesi. Comprendesi nella provincia e prefettura di Nuoro, e fa parte del mandamento di Dorgali.
La sua situazione geografica alla latitudine 4023',
ed alla longitudine orientale di Cagliari 030'.
Topografia. Giace in sulla falda boreale della montagna del suo nome presso alla sponda destra del Cedrino in esposizione alla tramontana ed al maestrale.
Il caldo forte nellestate, mite il freddo nellinverno,
se pure non domini uno od altro de sunnominati
venti; vi si patisce molta umidit, e le nebbie ingombrano soventi la terra. Laria grave e sperimentasi insalubre nella estate e nellautunmo. In questa stagione
sono i bambini presi da forti malattie e i pi se ne
muojono tra i due primi anni. Questi oltrepassati si
pu avere fiducia sulla loro vita; se non che resta
quindi a temere dalle influenze vajuolose, mentre non
si esegue che su pochissimi la comandata vaccinazione. Continuando la vita non appare una perfetta sanit, gi che i giovani patiscono ingorghi alla milza, e le
donne non se ne liberano che assai tardi. Credesi che
di questa malsania dei piccoli ed adolescenti sia causa
non solo lazione venefica dellaria, ma labuso delle
frutta e il frequentissimo bagno a piedi nel necessario
guadamento del fiume quando le acque son fredde.
Il territorio di Galtell ha una superficie non minore di miglia quadrate 12. Una sua parte occupata dalla montagna del suo nome, che sorge isolata
con una circonferenza alla base di circa sei miglia.
Componesi questa di roccie calcaree, e queste sono
variate qua e l da roccie pregievoli di diversi colori,
da alcuni massi dagata. Alle quali aggiungesi il diaspro sanguigno, che si pu trovare in vicinanza del
paese in sulla via a Nuoro, nel luogo che comunemente dicono Su gutturu (la gola) de Manganu.
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terzo rintocco della campana parrocchiale, che chiama tutti alladorazione del Santissimo.
Nozze. Nella mattina tutti gli invitati per accompagnare gli sposi alla chiesa mandano de doni; chi
una misura di grano, chi un montone, chi un capro,
ecc. Ricevuto il contraccambio, che suol essere dun
brano di carne e dun pane di farina scelta, rimandano i due piatti colmi dun miscuglio di grano, ceci,
fave e fagiuoli, e raccomandano al servente di riferir
loro le parole felici chessi pronunziarono. Quei semi
sono augurio di fecondit.
Gli sposi fatti i doveri religiosi in preparazione al sacramento, e ritornati a casa abbigliansi in tutta pompa.
Luomo accompagnato da suoi parenti ed amici va a
casa della sua donna, e ricevutala ben augurata da
genitori o da parenti prossimiori, la conduce in
chiesa per la benedizione.
Religione. Questo popolo sotto la giurisdizione del
vescovo di Nuoro. Ha cura delle anime un vicario assistito da altri tre sacerdoti, a quali per il loro ministerio
non lascia il vescovo che la sola quarta delle decime. La
chiesa parrocchiale famosa per il simulacro dun crocifisso, che tra tutti i sardi un oggetto di gran religione per li miracoli che si dicono operati. La tradizione,
che fu raccomandata a un inno popolare, pare una reminiscenza del miracolo, che dicesi avvenuto nella
spiaggia di Cagliari a pi del colle di Bagnara pel simulacro della Vergine che venerata nella chiesa de Mercedari. Le onde avrebbero gittato sulla spiaggia di
Orosei la cassa, in cui era chiuso questo crocifisso; le
parrocchie dintorno sarebbero concorse in maniera di
supplicazione religiosa; avrebbero fatto vana prova gli
uomini di ciascuna per sollevar la cassa; questa non sarebbe stata leggiera che a soli galtellini; si sarebbe interpretato il voler del cielo e da tutti ceduto a costoro;
la cassa sarebbesi portata trionfalmente sopra un carro;
con nuovo miracolo si sarebbe scelta la chiesa, che diceano di santa Maria delle torri, fermatisi immobilmente i buoi sebbene molto stimolati a continuare sino alla cattedrale; questo simulacro avrebbe poscia in
non so qual anno del secolo XVI sudato sangue, e di
questo prodigio avrebbero i tre sacerdoti che operavano nella messa conventuale scritto una testimonianza,
e lasciato un argomento nella pezzuola di lino usata allastergimento, e per tinta di rosso. Per questi e per altri miracoli, che diconsi infiniti, ma non furono registrati e giurati, questa chiesa divenne nobilissima, e alla
festa che celebravasi era gran concorso da tutta la Sardegna. Il simulacro di ordinaria statura, e tal opera
che testifica gran maestria dello scultore. Vantasi sopra
il crocifisso di Oristano, e sopra i due di Cagliari, venerati uno nella cappella del s. Cristo, laltro nella
chiesa di s. Giuseppe; ma questa maggior eccellenza
darte non riconosciuta da molti.
Le chiese figliali sono cinque nel paese, appellate
una da san Pietro che fu lantica cattedrale, laltra dalla s. Croce, la terza dalla Vergine Assunta, la quarta da
s. Andrea apostolo, la quinta da s. Giovanni; fuor del
paese ne sono altre due, una sopra uneminenza che
domina il paese ed dedicata a s. Catterina vergine e
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martire, laltra in sito pi elevato presso una fonte copiosa ha per titolare la Vergine dItria.
Furono istituite due confraternite; una delle quali
uffizia nella chiesa di s. Croce, laltra nella cappella
della Vergine Assunta.
Antica cattedrale. Galtell era nel medio evo seggio
de vescovi della diocesi del suo nome. Cessava la loro successione nel principiante secolo XVI, quando
per le tenuissime entrate non potevasi sostenere il
decoro del grado, e non si ristabiliva prima del
1781, quando il ministro Bogino nel suo zelo per la
educazione religiosa de popoli vide la necessit di
separare alcuni vescovadi riuniti ad altre sedi. Ma
perch la dimora in Galtell era riconosciuta pericolosa, e il luogo avea perduta lantica dignit, il Papa
trasferiva il seggio in Nuoro che era una terra per
tutti i rispetti pi degna di questonore.
La cattedrale di Galtell, che fu dedicata a s. Pietro Apostolo, sussiste tuttora in sulla estremit del
paese alloriente in sito molto superiore alla valle. Vi
ancor intero laltar maggiore, dove sono dieci antiche tavole di mano maestra, e rappresentano il
Crocifisso spirato, s. Gavino, s. Giorgio cavaliere, s.
Pietro, s. Paolo, s. Lussorio, s. Giambattista, il Cristo deposto dalla Croce, s. Giacomo maggiore e il
minore. Tra le quali veduto il titolare pontificalmente vestito in atto di benedire il popolo. Le persone intelligenti osservano questi dipinti con molta attenzione, lodano il disegno, il colorito, e molte altre
parti dellingegno pittorico, e bramerebbero che coteste reliquie della pittura del medio evo, che fortunatamente sono sfuggite alla barbarie de moderni,
che senza saperne sostituire migliori distruggono le
antiche, fossero meglio conservate, giacch hanno
non poco patito dalla troppa umidit del luogo. Si
abbia riguardo ai voti di questi saggi, si riducano in
un museo questi bei lavori, abbia la Sardegna, in cui
fiorirono cos eccellenti artisti, parte di quellonore
che godono tante altre provincie italiche per le insigni opere di pennello de loro cittadini, e fralle altre
scuole antiche dItalia abbia la Sarda quella nobilt
che si merita. Se a padroni di queste preziose tavole,
che sono in tutto il regno forse pi di tre centinaja,
si proferissero tele ben dipinte, essi le cederebbero
volentieri, e quelli che ne conoscono il pregio non
patirebbero il dispiacere di vederle vendute agli esteri per pochi denari, e non avrebbero a lamentare trasferito in altre parti ci che ben prova che lingegno
de sardi nella pittura se brilla in questi tempi, splendeva forse pi ampiamente in quel tempo, che da
scrittori esteri, e, quel che imperdonabile, pure da
nazionali, credonsi involti nella barbarie.
A pochi passi da questantico edifizio erasi, non
molti anni prima che la diocesi fosse sottoposta allarcivescovo di Cagliari, incominciata una chiesa di
miglior disegno e di maggiori dimensioni, e gi sorgeva a mezza laltezza quando si interruppero i lavori.
Non furono pi ripigliati; ed ora dentro il suo ricinto
si sotterrano i morti. Insieme con la nuova cattedrale
fabbricavasi un episcopio, che rest pure imperfetto.
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Ghiandiferi. Il monte di Galtell che alla parte incontro oriente spoglio di vegetazione vedesi dallaltra coperto di un bosco, dove dominano i lecci.
Tanche. Ve ne sono pochissime, perch fu negato
il terreno per formarne in maggior numero. In esse
si tiene a pastura il bestiame de proprietarii, e di rado si semina.
Pastorizia. Essa non in condizioni migliori, che
nelle altre regioni. Nel 1839 si numeravano vacche
80, buoi 500, capre 1800, pecore 2200, porci 1400,
cavalli e cavalle 50, giumenti 200. I formaggi sono
di mediocre bont.
Selvaggiume. Sono in gran numero i daini, cervi e
cinghiali. I cacciatori trovano pure frequenti le anitre,
le quaglie, le pernici, e i colombacci. Questi sono molto odiati da quelli che coltivano i mandorli, e non meno da pastori che desiderano copiose le ghiande.
Quando scosso il fiore comincia a crescere il frutto essi
vi concorrono con tutta avidit, e spogliano gli alberi.
Pesca. Il Cedrino abbonda di trote, anguille, e lupi. Alcuni attendono a coglierli co nassai, o con le
reti, o in altri soliti modi.
Commercio. I galtellini vendono cereali, formaggi,
capi vivi, pelli, e lane agli altri dipartimenti, o ai negozianti di Orosei. Il loro annuo profitto si pu calcolare di circa 30 mila lire nuove.
Strade. Galtell in frequente comunicazione con
Nuoro capo luogo di provincia, con Orosei e con Dorgali. Dal sunnotato guado (Vadu de donna) comincia
la via a Nuoro lunga cinque ore e carreggiabile, sebbene difficilmente nella salita di Marreri che dura unora.
La via ad Orosei lunga sol cinque quarti, quando ad
acque basse si traversa il fiume, in altro tempo si deve
prendere un sentiero difficile e sassoso sul fianco della
montagna. Pessima poi quella che porta a Dorgali
distante tre ore, perch in nessuna parte carreggiabile.
Antichit. Sonovi alcuni norachi considerevoli,
come il Salisco, il Marras, e il Gollei-lupu. In vicinanza del paese vedonsi scavate nella rupe molte di
quelle cavernette, dove in antichissimi tempi si solevano conservare i cadaveri. Sono dette concas de aianas (grotte delle fate), e formate cos come quelle
che trovansi in altre regioni, e le pi comunicanti
per piccole finestre con altre pi interne.
Qui si posson pur vedere quelle altre costruzioni
antiche, che sono comunemente dette sepolture di
giganti. In qualche luogo essendo stata rovesciata la
gran lastra, che nei consimili monumenti vedesi posta verticalmente e nella parte media dellarco delle
pietre, perch fortuitamente trovaronsi sottessa alcune di queste pietre, si credette veder limmagine
degli antichi altari degli ebrei, e su questa illusione si
fabbricarono tanti altri sogni.
Nel luogo che dicono Sttile, o Ghiriai, allostro
del paese, trovansi vestigie di antica popolazione; la
quale cadde certamente prima del 1358, quando formavasi la nota dei paesi della Gallura (vedi Gallura
inferiore). I galtellini fondandosi in quella tradizione,
che ho menzionata sulla popolazione e ampiezza della
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aver posto la causa del proprio dolore lasciando i piccoli nel campo sotto il sollione e non reprimendo la
loro avidit per le frutta.
A parte i cillonari che amano la vita dissipata e
dissoluta nel loro vagamento per tutte le provincie
del regno a vendere i tappeti, le pezze di lana e altri
tessuti, i restanti uomini sono da lodare come laboriosi. Tal vanto per molto meglio meritato dalle
donne che con costante opera si affaticano nel filare,
tessere e in lavorar calze e berrette, e non quelle solamente di mediocre e infimo stato, ma quelle pure
che sono in case agiate. Le medesime avendo ottenuta lesclusiva coltivazione degli orti, che sono quasi altri e tanti che le famiglie, usano una somma diligenza e li fanno fruttificare al vito e al lucro.
A render giustizia alla verit non posso tacere come
ne pi di questo popolo vedansi cuori magnanimi e
cortesi; perch auguro che educati pi cristianamente
potranno ottener nellavvenire una lode intera. la
morale cristiana che deve formare i virtuosi cittadini,
e a questa mira dovrebbero intendere quei sacerdoti,
a quali fu commessa la istruzione de popoli.
Nellanno suddetto erano ditenuti per ragione di
piccoli furti quattro uomini, e soli due banditi.
La istruzione primaria vorrebbe esser fatta con pi
diligenza. Comech concorrano alla scuola circa 45
fanciulli, non pertanto ne 18 anni che questa aperta ben pochi hanno imparato a leggere e a scrivere.
Forse in tutto il popolo non se ne potranno annoverare cento.
Vitto. Usano molti pane dorzo, patate, legumi,
frutta secche e fresche, carni e lardo. Consumasi
molto di vino e di acquavite, e non sono troppe le
sedici taverne che trovansi aperte, dove i cillonari
passano le pi belle ore sordi ai lamenti de figli affamati e delle mogli addolorate.
Foggie particolari di vestire. Le donne gavoesi, come
quelle di Ollolai, portano per velo una cocolla di grana che scende sino agli omeri. La camicia chiudesi sul
collo: il busto di stoffe preziose guernito a trina doro
cos stretto nella parte anteriore, che non possa raccogliere il petto; questo ricoperto da molte collane e
catenelle. Nelle gonne amasi il color rosso e formasi
in essa una piega un po larga intorno a fianchi. Le
scarpe sono a tallone alto, piccolo il grembiale e di
poco disteso sotto le ginocchia. Veston poi un giubbonetto con bottoniera dargento dal gomito al carpo.
Le vedove stringono ai fianchi un velo a mezzo pallone con una pezzuola della stessa roba che pende addietro. Il duolo non cessa fuorch nel caso di seconde
nozze. Le signore ritengono ancora la moda spagnuola, alla quale pure da riferire il suddescritto manto.
Gli uomini seguono la maniera comune, nutrono
i capelli, e i principali li stringono in una treccia.
Costumanze. I defunti si depongono in mezzo la sala. Il pi stretto consanguineo o il consorte si asside alla destra del defunto, quindi gli altri intorno. Si canta
o si recita il rosario, facendo per il compianto dopo le
decine. Il feretro accompagnato da parenti men propinqui. Terminati gli uffici del suffragio il paroco torna
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a dar consolazione a mesti e subito preparasi pel convito funebre, che dicono sa essda luscita. Consimil
convito si suol poi dare nella commemorazione de defunti; o invece offresi carne e pane ai poveri ed alle
persone che dovrebbero aver luogo nella mensa.
Il gioco solito delle donne quello del rullo, dessos brocos, come appellano le biglie, o dessorulla, come nominano il cilindro che lanciano per rovesciare
le erette biglie: gli uomini giocano alle carte.
Il ballo il divertimento comune e si fa o al concento del coro o al suon del tamburo, o alla meloda
delle canne (sas launeddas).
Professioni. Sono in Gavoi famiglie agricole 90, famiglie pastorali 70, e applicate ad arti meccaniche e a
vari soliti mestieri 97, determinando i quattro quinti
di questo numero pei cillonari e lasciato laltro quinto a muratori, scarpari, ferrari, falegnami ed a fabbricatori di molini idraulici e di gualchiere.
Quasi in tutte le case si attende a tessere tele di lino e
di canape, panni, tappeti, bisaccie. Per le opere di lana
sono cinque gualchiere poste in moto dalla corrente.
Nel ministerio religioso sono impiegati quattro
sacerdoti in certi ufficii dieci notai, nel servigio
della salute un flebotomo e un farmacista, nellajuto
delle puerpere una donna che pu saper tuttaltro
meglio che lostetricia. A pareggiare presso a poco il
totale delle famiglie si notino 10 case nobili con circa 50 persone, le quali son gi decadute dallantica
fortuna.
Agricoltura. Lagricoltura di Gavoi assai ristretta,
perch le mancano le braccia di tanti cillonari, che
sdegnano le opere campestri contro ci che usavano
i loro maggiori, i quali non prima uscivano alle scorse mercantili, che avessero seminato e compiti gli altri lavori agrarii sopra i predii.
Ordinariamente si seminano starelli di grano 300,
dorzo 400, di legumi 50. La fruttificazione comune
del 7 pel grano, del 10 per lorzo, e variamente secondo le varie specie per i legumi i quali per sono
molto produttivi. Nelle due sunnotate regioni, e in
altra che dicano seremu, la generazione molto maggiore, moltiplicandosi i cereali dal 16 al 30. Ne narboni vha una fecondit maravigliosa, perch se la stagione favorisca lorzo rende sopra il 150; e veramente
nel 1833 rese il 208.
Vigne. Dopo che gli ogliastrini fecero gustare agli
uomini di Gavoi i loro blandissimi vini, questi non si
poterono pi persuadere a coltivarle, accortisi che
qualunque cura adoperassero, non mai potrebbero
avere vini di egual bont. Nel loro vigneto le uve di
rado giungono a maturit per la sopravvenienza del
freddo sin dai primi di settembre; la qual ragione con
laltra della poca perizia nella manifattura fa che i vini
non debbano essere di pregio e grati. Comunemente
sono bianchi e conditi col cotto, perch durino alla
estate. Se le viti si fossero piantate in Meridd e in Samatta forse i prodotti sarebbero stati migliori.
I gavoini se bevono il vino straniero non gittano
il proprio, ma lo bruciano per averne unacquavite
che pare a essi una delizia, e che come la miglior co-
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Gavoi
Antichit. Non mancano in questo territorio i norachi, e quelle cavernette, che appellano domos de ainas, delle quali le pi osservabili sono in Gurri e in
Cogodhio; e vedonsi qua l o stanti o cadute quelle
piramidette quadrangole dun sol pezzo di granito,
che dicono Pedra-fittas, e potrai trovare nellorto della
chiesa dItria e nelle regioni nominate Grillu e Orrui.
Castel Corallo. Nel salto di Meridd presso alla
sponda del Gusana vedonsi delle rovine, alle quali si
d tal nome.
Tradizioni. Vanta questo popolo, come tanti altri
della Barbagia la sua origine trojana, la libert non
mai annullata dalle armi puniche e romane, e ricorda
tempi di potenza, quando nel dipartimento dellOllolai erano venti comuni e tanta popolazione, che sarebbesi potuto a un bisogno mandar fuori armati 30
mila uomini. Fra le principali terre si nomina prima
di tutte Ollolai, quindi Sorovile che dicesi desolata
sin dal 1330, essendosi i superstiti dalla mortalit, a
quali era troppo funesto il luogo dellantica abitazione, ritirati nel vicino luogo di Fonni, che da quellora
prese incremento. Nellordine di grandezza veniva
poi Lodine, e a questo susseguiva Castel Gavoi e CastellOladdu al suo ponente, quindi Domus-novas
presso alle Pietre-fitte, Gurrai nella regione di Oddirlo, Chidde che avea vicino un gran norache, Sacapriola, che fu pure distrutto dalla peste, e Giorgiflori
intorno alla chiesa della Vergine dItria.
Religione. Questo popolo sotto la giurisdizione
del vescovo di Nuoro.
La chiesa parrocchiale di antica struttura, con undici altari, dedicata a s. Gavino martire torritano. Sorge
sopra una collinetta a levante e incontro al paese che
tutto dimostrasi nel suo piano declive, e tiene aperte
ad alcune parti dellorizzonte bellissime prospettive.
Il paroco ha titolo di rettore. Fu un tempo che
raccoglievansi decime considerevoli. Ora sono scemate di molto, e vennero meno da che manc la diligenza nella cultura de campi e del vigneto.
Allestremit occidentale del paese la chiesa di s.
Antioco Sulcitano, nella cui festivit (domenica seconda dopo la Pasqua di Risurrezione) portasi processionalmente il suo gigantesco simulacro tutto ricoperto di ornamenti doro e dargento, dimostrazione
che fan le femmine della loro religione e gratitudine.
Nella parte opposta la chiesa di s. Antonio da
Padova.
Sono nel paese e prossimi alla parrocchiale tre oratorii per tre confraternite istituitevi, una che nominan
dalla s. Croce, la seconda dalla Vergine del Rosario, la
terza dalla Vergine del Carmelo.
Fuori del paese a levante la chiesa della Vergine
dItria con alcune stanze prossime per il cappellano,
loperajo e i novenanti. In altri tempi loperajo spendeva molto per il convito gratuito a concorrenti; ora
ricusando tutti un tale officio che porta cure e detrimento, mal si provvede alle spese necessarie con la
questua del custode della chiesa, perch questo romito (come il dicono) pensa prima e meglio a suoi bisogni e comodi, che alle cose necessarie per il culto.
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Gemini
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Istruzione. Vi stabilita la scuola primaria, vi concorrono circa 20 fanciulli e sono eruditi da un francescano. I religiosi di questordine, che furono istituiti
nel paese sin dal 1638, avean obbligo di far scuola
gratuita dalle prime lettere sino alla filosofia, e forse in
altri tempi soddisfecero a questo dovere meglio che
ne pi prossimi, ne quali non avanzarono in l de
principii grammaticali. Sebbene per patto non dovessero aver mercede per linsegnamento, non pertanto il
governo a gratificare chi fatica e a renderlo pi diligente nellopera fissava una rimunerazione.
Agricoltura. I terreni sono atti ai cereali; ma i coltivatori poco periti.
Si suol seminare starelli di grano 1200, dorzo
200, di fave 150, di ceci 60. Il grano e le fave rendono il 10, lorzo il 15, i ceci l8. Di lino coltivasi solo
quanto basta per li bisogni di famiglia. Lorticultura
negletta, sebbene si abbiano siti comodissimi.
Le viti prosperano e producono copiosamente: le
uve sono di molte variet, i vini, sebbene mal manifatturati, hanno della bont, li gentili una lusinghiera soavit. Forse si vorr presto ampliare il vigneto,
perch le botti che si hanno non propinando pi
dopo gli otto mesi, bisogna comprare il sufficiente
per gli altri quattro.
I fruttiferi nelle seguenti specie e in ciascuna molto variati, peschi, susini, peri, meli, fichi ecc., non
sono in gran numero.
Tanche. Delle terre chiuse sei solamente hanno una
considerevole estensione; assai minore le rimanenti
65. Vi si tiene ordinariamente a pascolo il bestiame.
Ghiandifero. Non trovansi che poche quercie, forse poco pi dun centinajo, in una terra non maggiore di sei giornate.
Pastorizia. Nellanno suddetto erano gli armenti e
le greggie ne numeri seguenti: buoi 500, vacche
400, cavalli 450, porci 600, pecore 2500, capre
1000. Sono frequenti le epizoozie, e tutti gli anni
nellestate periscono molte capre per il male (sacquavra), che concepiscono dissetandosi ne gorghi
dove le acque sono infette dal putridume di vegetali
ed animali e calorose dal sole.
I pascoli sono sufficienti, fuorch a porci, i quali
devono esser condotti altrove nella stagione delle
ghiande.
Gran parte del latte si consuma nel paese. I formaggi sono di mediocre bont.
Selvaggiume. I cacciatori potrebbero trovare le lepri
e i conigli in gran numero, non parimenti gli altri
quadrupedi maggiori. Occorrono frequenti i colombi,
i tordi, le anitre e le pernici: gli usignuoli rendon col
loro canto pi deliziosa la primavera; i passeri e le cornacchie fanno disperare i poveri coloni, quelli sgranando le spiche, queste scavando le fave invan nascoste ne solchi.
Pesca. Nei suddetti fiumi si potrebbero cogliere
molte trote e anguille, e molte ne prendono quei che
non avendo altro passatempo vanno nella buona stagione a prendersi questo diletto. Se mancano i pescatori di professione, non mancano mai quei poltroni a
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Genri
la prossima cappella di santElena. In s. Pietro si cessava di festeggiare nel 1770, e da tempi anteriori nella
vicina chiesetta di s. Anastasia.
La festa principale per san Costantino add 5
agosto, alla quale molto concorso di forestieri per
assistere alla gara di cavalli e godere degli altri soliti
sollazzi.
La cura delle anime affidata a due preti, il primo
de quali ha titolo di vicario, perch fa le veci del canonico. Da uno di questi prebendati nel 1808 si ordinava linsigne legato di 12 scudi in ciascun biennio a
una povera fanciulla che fosse per prendere marito.
I frati sono oramai ridotti a tre o quattro da molti
che erano in altri tempi.
GENRI, piccol villaggio della Sardegna nella provincia e prefettura dIsili, e nel mandamento di Lunamatrona. Comprendevasi nella Marmilla, antico dipartimento del giudicato di Arborea.
situato nella latitudine 3946', e nella longitudine occidentale di Cagliari 012'.
Giace a pi della Gira incontro al libeccio, ed
dominato da venti che sono tra il maestro e sirocco
per ponente, dagli altri protetto per lanzinominata
eminenza. Sentesi molto calore e grandumido, e non
rara la nebbia, n a tutti innocente. Laria poco salubre e in alcune stagioni morbifera agli stranieri avvezzi a miglior cielo.
Il territorio di Genuri poco esteso e non avr
coltivabili pi di 2400 starelli. Nella pendice della
Gira sono alcune fonti, e da su la medesima nasce il
rio che dicono Sadurru che scorre dentro il paese e
va ad unirsi al rio Santrbara, nato esso pure nella
parte superiore della Giara: e mancante nellestate,
come svaniscono alcune paludi che le alluvioni invernali formano in varie regioni. Nel paese bevesi
unacqua di nessuna bont.
La popolazione componesi (anno 1838) di anime
426, delle quali 216 nel sesso maschile, 110 nel femminile, in famiglie 90. Nascono allanno 12, muojono
8 e si celebrano 4 matrimonii. Le pi frequenti malattie sono le infiammazioni al fegato e le perniciose. Alcuni vivono sino agli 80 anni. Attende alla sanit un
flebotomo. Il cimiterio in sullestremit dellabitato.
Si numerano famiglie agricole 80, pastorali 3,
meccaniche 5. Non sono per che due soli mestieri,
di ferrari e falegnami.
Le donne lavorano in circa 80 telai il lino e le lane. Il sajale tingesi in giallo, rosso e nero. Sono in
molto pregio le fnove per il disegno e la tessitura, le
coperte di letto di lana variocolorata, e i tappeti
(tappabangus) di consimile lana, delle quali opere si
fa smercio nelle principali fiere.
Alla istruzione primaria concorrono 6 fanciulli.
Agricoltura. Il terreno atto a cereali. Si seminano annualmente starelli di grano 700, dorzo 300, di
legumi 150. La produzione media del grano il 13,
dellorzo il 20, delle fave il 14, degli altri legumi (fagiuoli, ceci e lenticchie) il 4. Si semina molto lino, e
si ha un frutto copioso e ottimo.
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individui, e altre 12 che sono di preti, notai e impiegati. Le famiglie proprietarie sono 180, le povere 40.
In ogni casa in opera almeno un telajo per la
provvista della famiglia in pannilani e lini. Le tele
sono ordinarie; le fanove lavorate assai bene.
Concorrono alla scuola primaria circa 40 fanciulli.
Il numero de giovani che san leggere e scrivere prova
che listruzione fu ben regolata e proficua pel passato.
Di che devesi lode al paroco Gio. Vargiu, or canonico
della primaziale, il quale seppe persuadere i genitori a
mandar i figli alla scuola, e animare il maestro gratificandolo per la sua diligenza. Il Sovrano attestava al
sunnominato il suo reale gradimento (anno 1825 add
14 marzo). Se tutti i capi delle parrocchie avessero imitato il bellesempio, non si avrebbe il dispiacere di vedere il nullo o piccolissimo frutto che dopo tanti anni
che le scuole primarie sono stabilite vedesi ottenuto.
Sono in questa parrocchia due legati per le povere
zitelle, pel primo si tirano a sorte tre nomi, e sono date
tre piccole somme; pel secondo estraesi un solo nome.
Il primo fu istituito nel 1717 dal rettore Ruiu, che dopo avere per 33 anni governata questa chiesa, pass tra
canonici della primaziale, e poscia alla sede vescovile di
Ales; laltro da D. Monserrato Diana nel 1815.
Religione. I gesighesi sono sotto la giurisdizione
dellarcivescovo di Cagliari. La chiesa parrocchiale
nel rione di Gesico-mannu. Si nomina da s. Giusta,
di bella struttura, ed ha 8 altari. Per la manutenzione ha un reddito annuo di ll. n. 1500, e per questo e per i doni di alcuni parochi abbellita di marmi e fornita de necessarii argenti.
Il paroco si intitola rettore, ed ha per cooperatori
nella cura delle anime due altri preti, senza un terzo
che incaricato della istruzione de fanciulli. La insalubrit del clima fa che si rifiutino molti sacerdoti di
andarvi a servigio; e per sono ricevuti, qualunque
sieno, quelli che sono nati sotto un cielo non migliore. Converrebbe formarne de nativi, a che provvide il
sullodato canonico Vargiu istituendo nel seminario
una piazza per un giovine del paese. Sia onore a tali
sacerdoti, che coi frutti de loro beneficii studiano al
bene dei popoli e non a impinguare le loro famiglie.
La decima che offrono questi popolani pu computarsi per media di ll. n. 7000.
Le chiese minori sono 5: la Vergine dItria che
credono essere stata lantica parrocchiale, trovasi allestremit del paese, ed adorna dunantica pittura
in tavola; s. Amatore distante pochi minuti dallabitato; s. Lucia, e s. Sebastiano, assai vicine, e s. Mauro, a mezzora dal paese.
Il campo-santo alle spalle della chiesa di s. Amatore, e fu stabilito nel 1817, cio poco dopo che il governo ordin che i cadaveri non fossero pi deposti nelle
chiese. Anche i gesighesi abborrivano come gli altri
sardi di essere sepolti fuor della chiesa per un comune
pregiudizio: ma tale pregiudizio svaniva alle istruzioni
del paroco, e cessava la ripugnanza. Se un tal effetto
non si vide in tanti altri paesi, fu veramente perch i
parochi mancarono al loro ufficio. Certuni con lo specioso pretesto che la loro messione solamente per le
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Ghilarza
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da un parroco che ha la qualifica di vicario, e lassistenza di altri quattro preti nella cura delle anime.
Le chiese minori sono nominate dalla Vergine del
Rosario, da quella del Carmine, da s. Lucia, s. Antioco, s. Michele, s. Raffaele, s. Giovanni Battista: le
tre ultime sono nella campagna.
Le principali sacre solennit sono per s. Palmerio
add 8 luglio, con fiera e corsa di cavalli; per s. Michele
add 8 maggio, e per s. Raffaele add 24 ottobre. A
queste due concorre gran numero di novenanti, e pare
per vero spirito di devozione, giacch nel corso della
novena frequentano con molta religione i sacramenti.
Agricoltura. La maggior parte de terreni di Ghilarza sono pi atti al pascolo, che molto sostanzioso: non pertanto sono alcune vallate dalla parte verso Ardauli, Ula, Abbasanta e Norghiddo, che sono
attissime alla coltivazione.
Si sogliono seminare starelli di grano 600, e ottienesi l8, dorzo 200, e ottienesi il 10, di fave, ceci, piselli
50, e ottienesi il 9. Per mancanza dacqua non si semina la meliga. Di lino si seminano circa 110 starelli.
La vite vegeta molto bene, e si pu distinguere in
circa 30 variet. Se la produzione sia copiosa si possono incettare 3 mila cariche di mosto (ogni carica da 15
quartare). I vini comuni sono bianchi, e han molto di
dolce, perch i grappoli maturano perfettamente. Il vino nero ottimo per pasteggiare. Quello che sopravanza al consumo si vende, o si brucia per acquavite.
I fruttiferi sono nelle seguenti specie, olivi, mandorli, aranci, limoni, noci, ciriegi, peri di circa 15
variet, pomi di 8 variet, susini e albicocchi di 4 variet. Gli agrumi sarebbero pi numerosi se non
mancassero le acque correnti.
In alcuni tratti di terreno sono coltivate le piante
ortensi. Pi di due terzi del territorio di Ghilarza sono chiusi, e vi si alterna la cultura e la pastura.
Bestiame. Nellanno 1839 si numeravano buoi per
lagricoltura 400, vacche 2500, capre 400, cavalli e cavalle domite 250, rudi 20, giumenti 250, porci 200,
majali 100. I buoi e le vacche pascolano nelle tanche;
laltro bestiame mandasi nel prato, e i porci si portano
in altri territori nella stagione delle ghiande. I prodotti
pastorali di Ghilarza degni di considerazione sono i vitelli e le vitelle, principalmente da che si migliorata la
razza con tori e vacche straniere. Gran cura vedesi ne
proprietari per togliere tutte le cause di degenerazione,
e questa cura gi compensata da molto lucro.
Selvaggiume. Scarseggiane questo territorio, e accade ben di rado che il cacciatore trovi qualche daino o
cinghiale. Nellinverno vengono numerose le gr, le
anitre, e le folaghe, e popolano le piccole paludi che
in quella stagione si formano. Le pernici occorrono
dappertutto, e in certo tempo non sono rare le beccaccie. Le lepri e le volpi sono in grandi famiglie.
Acque. Non si possono notare in tutto il territorio
che due sole sorgenti, una detta Orgono, dalla quale
nella estate si provvedono le persone agiate del paese; laltra appellata Burco che manda fuori un tenuissimo filo. I pi bevono da pozzi unacqua poco
salubre.
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Commercio. I ghilarzesi vendon molto vino a sedilesi che poco curano le vigne e mandan acquavite
ne paesi circostanti. Laltro articolo di lucro sono i
formaggi, le pelli, e pi i buoi e le vacche che danno
agli agricoltori dei vicini dipartimenti ed a beccai
della capitale. Si pu calcolare che guadagnino annualmente circa 45 mila lire nuove.
Strade. Si va da Ghilarza a Paulilatinu in unora e
mezzo (a piedi), a Busachi in 3 ore, ad Ula in ore 2
1/2, ad Arduali in ore 2, a Boroneddu in ore 3/4, ad
Abbasanta in mezzora.
Antichit. Vedesi nel paese una torre, o piccol castello, del quale non trovasi menzione nella storia sarda
del medio evo. Fu ed ancora adoperata per la reclusione de rei. Si osservano vestigie di antiche popolazioni in Donigala, che sar ducento passi distante dal
paese, e forse fu una sua frazione; in Orgono a mezzora verso greco; in Pantaleo e in s. Giorgio a brevissimo intervallo dal paese, che pure sembrano essere
state sue parti. In s. Giorgio sussiste ancora la chiesa
di tal nome, la quale vuolsi essere stata lantica parrocchia di Ghilarza. Vedonsi pure rovine nel luogo detto
s. Arenargiu a unora e mezzo verso il meriggio, in
Aunes a unora verso il sirocco; in s. Michele a unora
verso laustro, dove tradizione sia stato borgo appellato Urre, disertato dalla peste. Anche in Sa Manenzia
vedonsi indizi di antiche abitazioni.
Norachi. Nel territorio di Ghilarza si possono ancora indicare trentasette di queste antichissime costruzioni, due in Butturischela, Jane, Osconi, Trincias, Muratarenes, due in Conchedda, Cucuzzu,
Lazzones, Birigheddi, Murajoja, Nuracherussu, Arbiarbu, Madduru, Sa canzola, Sa Manenzia, Pranu
e navras, Surbaras, Corruddos, due in Orgosi, Su accargiu, Scalanurachi, Aunes, Furcas, Sa Perdera, Santumicheli, Sumbe, Suergeda, due in Listincos, Muradine, Prunache, Orgono, Nurache mortos,
Crastu. I pi considerevoli sono Osconi ed Orgono.
Qui pure tra ghilarzesi si parla di comunicazioni
sotterranee che fossero da un norache a un altro, e
pretendesi che dallOsconi si potesse andare sotterra
al norache Losa nel salto di Abbasanta per una linea
di circa 4 miglia.
GIARA (corografia sarda), nome che si d in Sardegna a certi altipiani poco accessibili nei loro fianchi.
La principale eminenza cos chiamata quella che
comunemente dicono Gira di Gesturi. Essa ha il
piano quasi orizzontale, e formato da un grosso strato di materia basaltica, i cui grandi prismi vedonsi
intorno pendenti sopra il declivio della base. La sua
area di circa 14 miglia quadrate, ed ha in suo centro una protuberanza che dicono Cpara-manna. Su
questa fu edificato un gran norache, ed altre consimili costruzioni si trovano intorno in sulla sponda
del piano. Pochissima la vegetazione che vi si trova
perch poca la terra che vi stata trasportata. Nascono da suoi fianchi molte sorgenti, comech siano
rare le considerevoli, e da esse sono formati alcuni
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Giave
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Gippis
Molino e presso al ponte di questo nome nella strada centrale cresce dalla fonte di s. Gavino. Quando
le acque che vengono in questo letto dalla scala di
Bonorva mancano nella estate, il Silanos e Sangavino scorrono soli sotto il detto ponte, e poi proseguono sino al ponente di Cosseine, donde volgonsi per
andare nellAndrliga, che il rio di Semstene.
Commercio. Da cereali, da vini e dai prodotti pastorali, che i giavesi vendono, possono ritrarre annualmente circa 30 mila lire nuove.
Antichit. Sono in questo territorio molti norachi e
alcuni degni di considerazione. Nel campo-Jossu Norache Bes, Cgules, Figu, Putuddi, Feruledda e Ponte: nel Campo giavese, Norache Saccos, Su Runcu,
n. de Idda, de riu Ena; nel monte Sarchessi, n. Meana, Samurdu, Porcheddos e Accas; nel Cttari n. Bidighinzos, Pianu de srighes e Donnigaza, presso cui
una fabbrica del medio evo, detta Su Palatu de
Donnigaza; quindi i due norachi denominati dalle
chiese di s. Cosimo e di s. Gavino. I primi due sono
degni di essere veduti.
Popolazioni antiche. A pi del monte di Giave in
Figuni, dove la strada centrale piegasi verso Toralba
trovansi le vestigie di un antico borgo o citt: ed
probabilissimo fosse qui lHafa dellitinerario di Antonino, dal quale nome pare derivato quello di Giave,
che oggi usasi. Si trovarono alcuni oggetti che attestavano una popolazione de tempi romani, e alcune lapidi sepolcrali che si possono riferire a primi secoli
del cristianesimo. Quindi appariscono altri indizii tra
Roccaforte ed Annaru, in sul cratere dellAnnaru, in
Santumiali (cos appellato dalla chiesa distrutta di s.
Michele) a poco men dun miglio da Giave verso
Cosseine; in Santu-baingiu (dalla chiesa distrutta di s.
Gavino) a pi dun miglio nellanzidetta direzione; in
Santunigola (dalla chiesa distrutta di s. Nicola), dove
credesi fosse un monistero di benedittini a poco men
dun miglio verso Bonorva, in Santamaria de Achettas
(dalla chiesa distrutta di s. Maria) tra il paese e il ponte della strada centrale; ed in SAmuradu nel Sarchessi, dove si trovarono monete doro, ed tradizione
abitasse una colonia di saraceni; il nome istesso pare
che indichi uomini di quella stirpe.
Caverne. Presso Figuini vedonsi due cavernette
fatte ad arte, del genere di quelle che in altre parti
diconsi Domos de ajanas (case di vergini o fate) e che
pajono essere state sepolcri. Ma il luogo dove possono meglio vedersi presso rio Molino o Santaingiu
presso la strada centrale. Ivi in cento luoghi vedesi il
fianco del monte scavato in piccole camerette, in alcuna delle quali trovaronsi reliquie umane e alcuni
oggetti di alta antichit.
Castel di Giave. Sopra lestreme rupi del monte di
Giave vedonsi le vestigie del castello di questo nome.
Esso guardava nel campo de Jossu verso tramontana,
ed nobile nella storia del medio evo. Nel 1337 mentre ardea la discordia tra Doria Sardi, Nicol fratello
di Barnaba guerreggiando contro i zii Galeotto e
Cassano lo fabbricarono non ostante la proibizione
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del governator generale del regno, e cos pot dominare la via centrale da Cagliari a Sassari. Esso fu rovinato quando gli aragonesi fecero gli ultimi sforzi
per distruggere la potenza di questa famiglia.
GIPPIS, volgarmente Gippiri, regione della Sardegna e dipartimento dellantico regno di Plumini o
Cagliari.
Chiamavasi cos dallantico capoluogo del dipartimento, la cui situazione indicata presso alle colline
di Fanri.
Si dividea in due parti, la inferiore e la superiore.
La inferiore era piana fuorch nelle colline sunnominate, la superiore tutta montuosa. La estensione superficiale pu computarsi di miglia quadrate 110.
La lunghezza da levante a ponente di miglia 18, la
larghezza da meriggio alla tramontana di miglia 6.
Confinava col Sigerro e Sulci, con le curatorie di
Decimo, Nuraminis, e col Giudicato di Colostrai.
Il Gippiri inferiore si traversa dal Caralita, dal rio
di Decimopuzzo e dal Leni. Tra le poche sorgive
deesi rammentare lacqua minerale e termale detta
Acqua cotta. I terreni sono di una gran virt produttiva, se non riguardi alcuni tratti che i torrenti spogliarono della terra vegetale, lasciando nuda la sterile
ghiaja.
In questa regione sono esistenti Decimopuzzo, Villasor e Serramanna, le molte altre popolazioni vennero meno sotto la spensierata amministrazione aragonese e spagnuola.
Il Gippri superiore elevasi in una gran massa di
montagne divise da amenissime vallate e gole. Le
sorgenti sono frequentissime, dalle quali formansi
alcuni ruscelli. Sono osservabili tre cascate, una di
Sedannus presso a Villa-Cidro, laltra di Piscinirga,
la terza di Murus-mannus. Vedi la descrizione del
territorio cidrese, che comprende tutta questa regione, articolo Cidro. Questi monti sono coperti nelle
pi parti da selve e boscaglie, popolati da molto selvaggiume e ricchissimi di pascolo.
In questa parte non esiste presentemente che la
sola grossa terra di Cidro.
Nelle note che abbiamo de paesi popolati nel medio evo trovansi nominati Gippiri, Pau o Pavu e Fanari, i quali erano distinti in due rioni o frazioni, inferiore e superiore, e che sono indicati nella regione piana,
dove era pur Bagno, forse presso la suddetta fonte termale e minerale. Sconosciuta poi la situazione delle
terre appellate Ispidu, Achenza, Dovisellu, Masoni, Issu, Paurissu, Mumpupusu, Murca, Scaru, Sipoli superiore e inferiore, Gettasana, Gurgosu, Polu, Sogus,
Palma e Ideispa di Sturpone.
Questo dipartimento dopo labolizione del regno
cagliaritano rest alla repubblica pisana, che lo conserv pur dopo la seconda capitolazione con gli aragonesi nel 1326 a titolo di feudo, ma con la inibizione che potesse tenervi presidio e costruir fortezze.
Il castello di Villasor di una origine men lontana. Nelle carte dellarchivio arcivescovile di Cagliari
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Girasol
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Femm.
Nasc.
Morti
Matr.
2950
1280
890
436
205
92
76
36
120
60
49
26
35
12
9
7
409
255
63
11,272
Stato agrario
star. grano
200
700
600
500
250
300
400
300
Vino Fruttiferi
Villacidro
Serramanna
Villasor
Dec. puzzu
2500
3500
1500
1000
200000 100000
50 20000
5000
60 18000
1500
60 10000
900
Totali
Stato pastorale
Vacche Buoi Capre Pecore Cavalli Asini Porci
Villacidro
Serramanna
Villasor
Decimo puzzu
2800
1000
500
400
180
2770
200 550 500
250 500 500
280 300 300
Totali
giudice cagliaritano Salusio di Lacon con consentimento della moglie donna Giorgia di Unali. Vedi le
carte dellarchivio arcivescovile di Cagliari n. 8.
La sua situazione geografica alla latitudine 3957',
e alla longitudine orientale di Cagliari 033'.
Giace nella maremma a poco men dun miglio
dalle sponde del Tirreno. La strada principale che
guida a Tortol verso il meriggio, a Lotzorai verso il
punto contrario, distanti di mezzora, lo divide in
due parti. La estensione piccola, e laspetto delle case meschino, molte delle quali vanno in rovina: e gi
sarebbe da gran tempo deserto se dai vicini paesi non
concorressero spesso alcuni avventurieri a stabilirvisi.
I Girasolesi avevano in altri tempi pessimo nome; ma
poi dal tempo che govern il regno il generale Villamarina si sono cos emendati che ora si debbono lodare come laboriosi e pacifici.
Gli uomini vestono le rozze lane che tessono le
donne; queste si abbigliano con robe estere, e quando sono in vedovanza appajono sordidissime non pi
lavando la camicia che lascionsi consumare addosso.
Si numerano (anno 1839) anime 269, delle quali
162 nel sesso maschile, 107 nel femminile, fuochi
73. La media dava nascite annuali 15, morti 12, matrimonii 4. La maggior mortalit vedesi nella infanzia, la quale se si trapassi felicemente si pu sperare
darrivare allanno settantesimo. Le malattie dominanti sono le periodiche ed i dolori laterali.
Il clima caldo eccessivamente di estate. I venti
occidentali impediti dai monti della Barbagia vi
hanno poca forza, e spiran pur deboli i boreali per
lostacolo del montessanto di Baunei. Regnano i
venti del levante che vi accumulano una prodigiosa
umidit. Il sirocco principalmente pernicioso per li
miasmi fetidissimi che vi trasporta dal vicino stagno
di Tortol. A viziar laria sono frequentissime le paludette in varie parti del territorio, s che si possa dire
sia questo uno de luoghi pi insalubri della Sardegna, sebbene si potesse notabilmente migliorarlo
scavando dei canali per lo scolo. Le pioggie autunnali sono frequenti e tanto copiose che sia vietata la seminazione: scarseggiano poi nella primavera, epper
accade che languisca la vegetazione, e si raccolga meno che si sperava.
De Girasolesi eccettuati 7 che attendono alla pastorizia, tutti gli altri sono agricoltori. Le donne sono
occupate nella tessitura. Sei fanciulli concorrono alla
scuola primaria, e nulla profittano.
Religione. Questo popolo sotto la giurisdizione
del vescovo dOgliastra. La chiesa maggiore sotto
linvocazione della Vergine di Monserrato governata da un prete che ha il titolo di rettore. Vi erano
prima due chiese minori, una dedicata a s. Antonio,
che poi fu ridotta a magazzino pel monte di soccorso, laltra fuor del paese dedicata a s. Alessandro, intorno alle cui rovine fu poi formato il campo-santo.
Festeggiasi in Girasole pel martire s. Antioco, e
per li ss. Cosimo e Damiano con mediocre concorso
dai paesi limitrofi. Nella processione per la festa di
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s. Sebastiano vedonsi precedere tutti i gioghi degli agricoltori, e il posto di ciascuno determinato dalla quantit dellofferta.
Agricoltura. Il territorio de Girasolesi assai angusto, e forse non avr pi di due miglia e mezzo
quadrato. In esso una sola eminenza. La parte pi
prossima al mare sterile, sparsa di piante inutili.
Quivi sono in sciami infiniti le zanzare, dalle quali
molto si patisce nel paese, massime quando si dorme. Il sonno rotto dalle loro punture velenose, alle
quali succede una enfiagione che non sanasi senza i
soccorsi dellarte. A questo male aggiunto lo stridore delle cicale che annojano e quei del luogo e i
passeggieri. Le altre regioni sono di una stupenda
ubert, e possono produrre due volte, se dopo il raccolto si seminano zucche, legumi e meliga. Si fa pane dal granone, e alcuni ne fanno pure delle paste,
che ad essi pajono ottime.
Si sogliono seminare annualmente starelli di grano
250, dorzo 30, di legumi 20, di granone 8. Il frumento e lorzo se la stagione favorisca moltiplica a
gran numero, e i legumi rendon comunemente come
ne migliori terreni.
Le vigne daranno circa 5000 quartare di mosto, del
quale i due terzi sono venduti ai negozianti di Tortol.
I vini sono ottimi e di durata, ma niente dolci, perch
le uve migliori si fanno appassire.
Tra le viti sono molte piante fruttifere, le quali in
totale daranno 5000 individui in molte diverse specie,
tra le quali sono assai numerosi i peri, susini, fichi e
mandorli. Si potrebbero formare giardini dagrumi.
Pi della met del territorio formata in predii
chiusi, ne quali alternatamente si semina e si fa maggese. Laltra superficie aperta, sebbene in molte parti
naturalmente fertilissima, d poco lucro perch i pastori non rispettano i seminati.
Bestiame. Numeravansi (anno suddetto) buoi per
lagricoltura 40, vacche 60, vitelli 12, cavalli e cavalle
8, porci 5, vacche rudi 150, cavalle 12, capre 150,
caproni 300, porci 40, tori 25, pecore 400, montoni
25. Le pecore vanno destate nelle terre di Villagrande, e quelle che restano nei pascoli del paese muojono in gran numero, o per linfezione delle acque stagnanti, o per la troppa abbondanza del nutrimento.
Nellinverno vengon in questo territorio alcuni pecorai barbaracini.
Selvaggiume. I salti di Biridesu e Tradalla abbondano di lepri, volpi, cervi e cinghiali. Nellinverno le
paludi e il fiume sono popolati di anitre e folaghe.
Le tortore vengono a covarvi, e sono frequenti le
pernici, i colombacci e le galline silvestri. Le rondini
scemano la popolazione degli alveari, e non pertanto
nessuno le tocca, perch uccelli sacri, essi dicono, e
cari a santa Lucia.
Acque. Ne due detti salti sono due sorgenti dacqua
ottima, che per non molto avanza nel suo corso assorbita dal terreno. Nel paese sono otto pozzi di unacqua dolce che usano a cuocere i legumi, e ad altre operazioni domestiche. Il fiume di Villanova Straisaile
scorre alla tramontana del paese e spesso impedisce la
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A riputare questa maniera pi che una conghiettura, sovviene la certa cognizione delle molte parti che
sappiamo aver tenuto e il clero e gli ottimati, cos nella elezione de giudici o nella ricognizione del diritto
ereditario de loro successori, come nel reggimento
de popoli e nelle negoziazioni con gli altri governi.
Da qual altro principio poteano venire quei diritti? In
che altro modo sarebbe avvenuto che i cherici ed i
nobili si fossero costituiti in due ordini politici?
Il luogo dove rivisse lautorit nazionale, e si istituiva questa forma di governo, fu, non ne dubito, la capitale, siccome quella che era pi esposta a nemici, e
abitata dal primario vescovo e dagli uomini principali
e pi potenti della nazione. E tale asserzione pare ben
sostenuta e dai fatti e da altre pregievoli ragioni. Da
Cagliari partiva nell815 la solenne legazione allimperator dOccidente, in Cagliari si fortificava Musetto, e
in Cagliari si compiva la vittoria de crociati pisani e
genovesi con la espugnazione delle sue mura; come
poco dopo col riacquisto della medesima poteva il
barbaro restaurar il suo regno. Ti confermerai in questa opinione alla considerazione della maggior dignit e superiorit del giudice di Cagliari sopra gli altri.
Il Gonzalez nelle sue note alle decretali (lib. II, tom.
XXIV, c. XXII) riconobbe questa primazia nel giuramento di fedelt che egli prestava alla Chiesa romana
per s e per gli altri giudici. Il Sigonio pure di tal
opinione, mentre qualifica principe de giudici quellOrzocco, al quale il papa Gregorio scrivea nel 1073.
E veramente a costui si commetteva di convocare gli
altri a deliberazione sopra le pretese della Chiesa romana, dirigeasi dal Pontefice il suo legato, e con costui si continuava e compiva il negozio. Anche il Mattei tenne certissimo questonore, e tale lo riputava
anche il Gazano, al quale era nuovo argomento a credere il giudice di Cagliari maggiore e primo degli altri
il titolo che di Re di Sardegna, del luogo di Cagliari,
davasi Torquitore nella sua donazione a benedittini
scritta lanno 1066 da Costantino di Castra diacono,
e che poi usava Costantino nellatto solenne di sua
penitenza, nel quale si intitolava assolutamente Re di
Sardegna. Ma cotesta preeminenza non fu sempre rispettata dagli altri giudici.
Statuto nazionale. Una nazione che si elegge un capo non si abbandona mai al di lui arbitrio. Onora la
virt delleletto con preferirlo a mille; ma temendo la
degenerazione de posteri, ordina prudentemente
quelle restrizioni che voglia nellesercizio della suprema podest. Quindi le costituzioni dei principati.
Gli articoli principali della politica costituzione de
sardi furono i diritti del clero e della nobilt, che si faceano tutori della libert de popoli; quindi i maggiori
doveri del principe, lautorit del quale cos moderavasi, che non potesse scemare il regno di alcuna sua
parte, regione o fortezza, n far patti con lo straniero
senza il consenso di quei che lo aveano eletto.
Nei primi tempi, e forse finch fu necessit star
sempre in sullarme per respingere i saraceni, morto il
principe e capitano, se gli sostituiva colui, che avesse
maggior riputazione di senno e di valore, e non prima
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fu aperta la successione ai figli e prossimi consanguinei, che cessato il bisogno dun buon condottiero si
fosse sentita la gran ragione di evitare i turbamenti
che suole destare lambizione. Questo rispetto valse
poi tanto, che furono ammesse anche le donne.
Solennit delle elezioni. Mancato il principe, i vescovi e i principali del popolo si adunavano per nominare il successore, ed essi, o convenendo nella elezione di uno de candidati, o riconoscendo i dritti
ereditarii di un pretendente, il capo dellordine ecclesiastico poneva in mani delleletto o dellerede il
bacolo regale, insegna della sovrana possanza, e lo
invitava a proferire la solenne promessa delladempimento de suoi doveri sul libro degli evangelii.
Curia, o Consiglio palatino. Il giudice ne fatti importanti di governo, e ne negozi con gli altri Stati
dovea deliberare con la sua curia. Barisone di Lacon
re dArborea nella sua carta di donazione a s. Nicol
di Urgen professa operare col consiglio di questa.
Entravano nella consulta i vescovi, i principi della
famiglia e alcuni scelti fra gli ottimati: dal qual uffizio e dritto si chiamavano savii del re e della corte
(vedi carta loc., cap. VIII, LXXVII).
Questa partecipazione del governo ne vescovi, e la
loro necessaria presenza nelle deliberazioni rende ragione della vicinanza di tante chiese cattedrali alla residenza de giudici, alcune delle quali erano non solo
mal situate in rispetto alle parti della diocesi, ma fuori della medesima. Assistevano al giudice pluminese
con larcivescovo di Cagliari, i vescovi di Dolia e di
Barbaria; al logudorese, i vescovi di Bisarcio, di Castra e di Ploaghe, residenti in molta prossimit ad Ardara; allarborese, larcivescovo di Oristano, il vescovo
di Forotrajano, poi detto di s. Giusta, e quel di Napoli, poscia denominato da Terralba. Se il giudice di
Gallura avea sua stanza in Posda era quasi degual
tratto vicino al vescovo di Galtell, e a quello di Civita. Negli affari della massima importanza concorrevano anche i pi lontani.
Lintervento de nobili nellamministrazione del regno ben provato da monumenti. Costantino nella
carta di fondazione del monistero di s. Saturnino dichiara di far a monaci di s. Vittore le donazioni in essa contenute col consiglio non solo de suoi fratelli,
ma pure de fedeli. Benedetta di Massa si consiglia con
i migliori della terra sulla scelta dello sposo, e nella lettera al Papa si accusa di aver giurato fedelt a pisani
senza aver consultato i buoni uomini della sua terra. E
fu per la parte che aveano nelle cose del regno, che il
legato del Papa (an. 1237) fece giurare a primarii
gentiluomini arboresi che darebbero al giudice consiglio, ausilio, favore, perch facesse secondo il piacere
del Papa, o che il farebbero essi, segli ricusasse. Nella
composizione fattasi per delegazione pontificia lanno
1176 di varie questioni tra genovesi e pisani da cardinali di s. Cecilia e di s. Maria In via lata comandavasi
a pisani che non impedissero che i quattro giudici
della Sardegna, e dieci dei magnati e pi potenti uomini di ciascun giudicato, interposto giuramento,
promettessero tutta la sicurezza nella terra e nel mare
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non pot essere adornato con la corrispondente autorit n da lui, n da quel Cora suo discendente, che il
Fara narr venuto in Sardegna a conquistarvi qualche
principato, e subito espulso dalla medesima, e rifugiatosi nel regno di Napoli, dove vuolsi abbia dato principio alla illustre famiglia de Caraffi.
Sono alcuni indizii dellautorit pontificia sopra
la Sardegna in su primi anni del secolo XI, e posso
notarne uno nella concessione che egli ne prometteva a chi la conquistasse; un altro nella lettera che nel
1073 Gregorio VII scriveva ai quattro giudici, nella
quale lodava la devozione da loro maggiori dimostrata alla chiesa romana. Tale autorit non pare venuta ai papi altrimenti che per spontanea sommessione di quei toparchi.
Si tenne da molti siccome vera la conquista de pisani e lautorit del loro dominio: io poi non so persuadermi n della conquista, n dellautorit. Se essi
lavessero conquistata sarebbe cessato lantico dominio e stabilitosi il loro imperio. Per il che io credo
che pi molte parti nella espulsione dei saraceni toccassero a sardi, e che vincitori ed armati non si lasciassero imporre legge da quelli che aveano solamente cooperato nella impresa.
Ma sia o no stata conosciuta da tutti i giudici sardi
lautorit della repubblica, egli certo che questa le fu
tolta dallo stesso dal quale ebbela avuta, vedendo noi
nel 1073 il papa Gregorio esigente da giudici sardi
lomaggio da essi dovuto alla santa sede, e minaccianteli in caso contrario di abbandonarli a pericoli.
Le domande, che in quei tempi fecero molti principi della santa sede di permetter loro la conquista
della Sardegna, prova che i pisani eran generalmente
riputati siccome scaduti da ogni dritto di sovranit.
E se prestiam fede al Gattola, essi avean perduto il
supremo dominio per lassassinio commesso sopra i
monaci cassinesi mentre navigavano al Logudoro,
chiamativi da Barisone.
Divisione della Sardegna in diversi regni. Pensa il Fara e giustamente che in principio uno solo fosse il governante. Ma non and molto che si moltiplicarono, e
potrebbe tenersi che intorno alla met del secolo IX il
governo dellisola fosse gi spartito in molti, se a questa
opinione sia buon fondamento nelle parole del sullodato bibliotecario Anastasio, il quale accenna non a
uno, ma a pi giudici. Lampiezza de littorali domandava che i difensori si dividessero in pi brigate, e stazionassero in luoghi donde potessero accorrere facilmente
sul punto minacciato. Questi rendendosi indipendenti
per la loro possanza esistette la divisione. Forse furono
tre o quattro, e forse pi ancora le parti, nelle quali la
unit nazionale rest distratta, come potrebbe indicare
il nome di giudicato rimasto a dipartimenti dOgliastra, Chirra, Colostri, Montalbo, ecc. Checch per
sia stato, egli certo che essendo nel sommo pontificato Gregorio VII i giudicati non erano pi di quattro,
la terra di Pluminis e pi comunemente parte di Cagliari; il regno di Arvar, poi detto di Arborea; il giudicato di Gallura, e quello dArdara che diceasi pi comunemente di Torre, o di Logudoro.
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che spettavano alla interna, e accadeva pure che si discutessero i dritti di alcun di loro in paragone con
quelli di qualche uom principale del regno. Di cotali
congressi non restano che poche memorie, la prima al
tempo di Gregorio VII, quando il giudice cagliaritano
per eccitamento di lui radunava gli altri regoli a consultare sopra le pretensioni del Papa; laltra nel 1147
in Bonarcado a giudicare tra il regolo di Gallura e una
potente famiglia di quello stato che richiamava a s il
possesso del castello di Balaiana; il terzo nel 1203
quando Innocenzo raccomand a Biagio arcivescovo
di Torre di convocare i giudici di Torre, Arborea e Cagliari, perch si componessero le differenze tra lArborea e la Gallura, e quietassero gli animi; e perch scegliessero un degno marito alla donzella di Gallura
erede del giudicato; e un altro quando nel 1221 il Papa scriveva a Comita di Logudoro, perch con gli altri
giudici provvedesse a questo che i pisani non potessero pi sbarcare nellisola.
Ricognizione di superior dominio. Non si ha monumento di ci che in principio i sardi dovessero offrire
ai pisani, e al Papa quando riconoscevasi la loro autorit. Rispettivamente poi a genovesi, se sia vero ci
che essi affermarono, i sardi avrebbero loro mandato
ogni anno nella ricorrenza della solennit pasquale
uno scudo colmo di pane, due vasi di vetro ripieni di
pepe, e due barili di vino (Foglietta allanno 1166).
In progresso di tempo quando da alcuna necessit o
ragione furono costretti a riconoscere il dominio di
questi o quelli si dedussero in patto diversi doveri.
Mariano di Cagliari nel 1108 prometteva che invierebbe ogni anno in Pisa una libbra di oro puro, ed
una nave carica di sale; Barisone che pagherebbe alla
repubblica di Genova nel natale del Signore 400
marchi dargento; e Costantino di Gallura (1165)
obbligavasi allannuale censo di lire 100 e per dodici
paja di falconi. Il Papa esigeva tanto di pi, che molto ne soffriva la dignit de governanti. Vedi listromento, nel quale la donnicella Benedetta si costituiva
vassalla della Santa Sede nellanno 1224 con la promessa del censo di 20 libbre dargento; il giuramento
del giudice di Gallura di obbedire in tutte le cose ai
comandi del Papa; la promessa di Pietro dArborea
nellanno 1237 di pagare alla chiesa romana in ricognizione del suo dominio lire 1100; quella di Adelasia, giudicessa di Torre e Gallura per annuali quattro
libbre di buon argento; e la obbligazione nello stesso
anno contratta dal giudice di Arborea di non contrar
parentela senza licenza del Papa.
Stato dellagraria, e della pastorizia. Pare che lagricoltura e la pastorizia fossero diligentemente curate.
Era la superficie dellisola nel governo de giudici sparsa di un grandissimo numero di ville, e di infiniti poderi coltivati dagli schiavi, i quali faceano non solo le
opere rurali, ma pure le pastorali. Da che certo che
non si rimanevano inarati i grandissimi spazii che poi
si videro nella desolazione susseguita, e che se siano
state terre pubbliche, o furono solo in quelle regioni,
dove non si potea far altro che pasturare, o furono assai ristrette, dove poteasi adoperare la vanga e laratro.
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le stesse violenze, le stesse soperchierie, che ha la politica: e come in questa, cos in quella non mancano le
pi indegne concessioni, i pi assurdi privilegi. Per i
molti esempi che si potrebbero proporre sul proposito
baster la convenzione di Pietro giudice di Cagliari,
che leggerai nel Prospetto Storico del giudicato di Cagliari, sotto lanno 1174, e ne Monumenti di Storia
Patria (tom. 1, n. DLX). I maggiori di porto de quali
si parler pi sotto pajono aver avuto giurisdizione sopra gli affari commerciali.
Danari correnti. I giudici non coniaron monete,
ma si servivano di quelle che erano nel commercio
comune. spesso fatta menzione de bisanti. La zecca di Villaiglesias non fu stabilita prima che, abolito
il giudicato cagliaritano, i pisani fossero padroni de
monti metalliferi. Si hanno nel tempo de giudici
non pochi argomenti della rarit del numerario.
Permute. Gli acquisti in quella gran scarsit de
danari si facevano per mutue offerte Dammi questo tuo e ti dar questo mio equivalente. Si davano
schiavi, bestiame, terre o frutti, o altra materia, e si
ricevea unaltra cosa di cui aveasi di bisogno, panni,
stoffe, lavori doro e dargento, sete, prodotti stranieri. Vedi la compra dun cavallo fatta dal giudice Torbeno di Arborea nella Storia della Sardegna del Manno, l. VII sotto lanno 1131. Gli stranieri quando
non portavano merci pagavano in contanti.
Usure. Lanno 1176 i cardinali di s. Cecilia e di s.
Maria In via lata, nel comporre per delegazione pontificia le varie questioni che si agitavano tra pisani e genovesi su loro diritti nella Sardegna, proibivano una
certa maniera di usure, che quei mercanti palliavano
col nome di donnicalia, come si chiamavano i maggiori dritti del Signore dello stato. Il baron Manno, notatore di questa carta di composizione, inserita nei Monumenti di Storia patria spesso citati, crede chiarirsi da
questo divieto che i pisani e i genovesi fossero specialmente intenti nelle loro negoziazioni coi sardi a profittare smodatamente de cambi del denaro.
Condizioni civili. Erano tre classi duomini. Nella
prima e pi alta erano le persone della famiglia regnante e i suoi affini, i grandi funzionari, i magnesi o
grandi che aveano feudo, i liberi, i vescovi, gli abbati
ecc.; nel secondo ordine era il popolo; nellinfimo
grado gli schiavi.
Il capo dello stato prendea il titolo di giudice e re; e
quei di Cagliari dicevansi pure arconti nelle loro bolle
inscritte grecamente: le mogli sintitolavano giudicesse
e regine del luogo. Davasi a medesimi lillustrissimo, e
a Barisone di Arborea in una carta di convenzione fu
da genovesi dato laggiunto di Maest.
A principi della famiglia conveniva spezialmente
che si chiamassero donnicelli: epper vediamo i zii, i
fratelli, i figli de giudici onorati di tal titolo. Era un
titolo di grandonore, e spesso se laggiunsero i regoli
e le regine. Gli uomini di distinzione prendeano il
titolo di donni.
Impiegati. Cancelliere, ambasciatori. Tra superiori
uffiziali del regno era principale il cancelliere, di cui
abbiamo parlato pi sopra, il quale stava sempre vicino
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met del solito servigio alluno, e met allaltro, dividendo il tempo legittimo tra due. Vedi il dipl. di
Torgotorio di Unali, e di Benedetta (n. 2 nellarch.
Arciv. Cagl.).
Di siffatti servi e ancelle ne aveano i principi, i
nobili, i prelati, i monisteri, le chiese, e in essi consisteva una parte principale delle fortune.
Trovasi pure menzione di servi di regno, credo perch appartenenti al patrimonio del principe. Torgotorio di Unali dava allarcivescovo di Cagliari Gualfredo, e a suoi successori i servi di regno viventi in
Cagliari. Probabilmente erano due sorta di servi, cos
detti, gli uni infimi addetti a basso ministerio, quali
pajono questi; gli altri nobili, quali credo quelli che
compariscono come testimoni dopo gli uomini primarii in alcuni diplomi. Vedi la carta di Benedetto
operario di s. Maria di Pisa (anno 1133) e quella di
Barisone di Gallura confermatoria delle donazioni di
Costantino suo padre.
Par probabile che i servi di parte dopera vendessero se stessi, e quelli di ciascun giorno (de cadadie) fossero per forza ridotti a questa condizione per diritto
di guerra, e poi di nascita, e forse anche per sentenza.
I cittadini di s. Gilla, quando quel castello fu espugnato
per lultima volta, patirono la disgrazia desser venduti e
ridotti in ischiavit. La condizione di questi schiavi doveva essere assai misera per li rigori che contro essi comandava il timore della fuga, i quali se evadessero in
unaltra provincia ritornavano tra liberi. I servi e le serve fuggitive che i sassaresi ridomandarono nelle condizioni poste per la loro sommessione allimperio dAragona furono certamente di questa seconda specie.
De servi e delle ancelle si disponeva come di tutte
le altre cose, donandoli, cambiandoli e cedendo il lato
che si avesse sopra alcuno. Era frase di quei tempi dare
una condoma per significare che cedeasi un pajo di servi uomo e donna coi figli e con la casa di maneggio.
Resta a far parola de servi temporarii. Alcuni del
popolo in pena di qualche delitto incurvavansi alla
servit per certo tempo.
Muniaria. Forse le donne cos dette in alcuni diplomi erano serve volontarie che locavano la loro opera: certo che non erano ancelle; da che un nome leggesi in antitesi con laltro nella carta di Torgotorio
vescovo di Subelli (arch. arcivesc. cagliaritano n. 2 =
Et kertarunt illi pro Jorgia Cucu kedi essiri muniaria, et isse (donnu Petru Desii) torredi berbu de parti
de donna Muscu, sa sogra, ca Jorgia Cucu non fudi muniaria, antis fudi ankilla E litigarono essi per Georgia Cucu, pretendendo che fosse muniaria; ed egli
(don Pietro Desii) rend parola, o rispose, che Georgia Cucu non fu muniaria, anzi fu ancella.
Curatori. Tra gli uffiziali del regno erano i curatori
che aveano lamministrazione dun dipartimento,
de quali si gi parlato nellarticolo Curatorie. Essi
erano serviti da un pubblico scrivano. Curatori di
minor grado e soggetti a quei del dipartimento eran
preposti a comuni, dopo i quali erano i maggiori
con 10 o 15 giurati secondo la grandezza della terra,
scelti da migliori del luogo, i quali dovevan provare i
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gabelle sopra limportazione ed esportazione, le multe sopra i delitti, il dritto di pesca negli stagni che
pagavasi in denaro o in certa parte del pescato, e
quello che domandavasi per il permesso di scavare
sali e miniere, e finalmente i frutti del patrimonio
della corona. Pare che i giudici avessero profitto dalle miniere che trovavansi nelle loro terre. Vedi nel
prospetto storico del Giudicato dArborea sotto lanno 1131, dove sono due concessioni duna parte de
monti argentiferi dellArborea e del Logudoro.
A quanto ammontasse in ciascuno de quattro regni
il denaro pubblico non si potrebbe definire. Egli per
certo che il pi ricco de giudicati era quel di Cagliari,
il pi povero era quel di Gallura. Il logudorese avea
molto meno di quello potea avere, perch una met
circa del suo territorio e de redditi era stata occupata
dalle famiglie genovesi, dalle chiese e dai monaci.
Milizie. Le genti darme erano o liberi o stipendiarii. I liberi di cavalleria sinscrivevano nel quaderno di corte, nel quale erano pure notati i cavalli. Essi
dovean presentarsi a certe rassegne, e al bisogno cavalcare; diceansi liberi, perch per tal servigio erano
immuni dalle contribuzioni, alle quali venivano nuovamente soggettati se mancassero allappello. Fatta
limpresa se ne ritornavano alle loro case. Su liberi
di fanteria non restarono memorie; ma sebbene pochi, perch la forza principale degli eserciti era nei
cavalli, non pare siano mancati.
Nelle guerre servivano le genti darme a cavallo e
a piedi: nelloste principalmente i pedoni e balestrieri; nella cavalcata o scorreria i soli cavalieri.
Gli stipendiarii ricevevano certo soldo pel loro servigio. Essi erano per lo pi stranieri, e servivano per la
guerra, per le guarnigioni, e pel buon ordine. Cos
nellarmata di Guglielmo di Massa eranvi masnade
catalane; nelle truppe dUgone molti pisani. Della
quantit del soldo abbiamo un monum. nellatto di
confederazione fra Sassari e Genova, dove fissato
debba la repubblica di Genova mensilmente pagare
alle genti che i sassaresi manderebbero al loro servizio
fuori del Logudoro lire 3 e ss. 10 moneta di Genova
per i militi o cavalieri, e ss. 30 pei pedoni e balestrieri.
Arme. Lo scudo era unarme comune pe pedoni.
Tra le arme particolari de sardi fu la verga sardesca comunemente appellata, che lanciavasi a mano, della
quale menzione nellatto suddetto di confederazione.
Generale era luso del veruto, che fu unasta con lunga
punta di ferro, non ancora dimessa dagli arboresi. Per
le battaglie molti aveano una maniera di armatura, che
diceasi sardesca, perch particolare a sardi.
Guerre. Le guerre straniere furono incessanti nei
secoli VIII, IX, X, XI, per che i saraceni si ostinavano a voler dominare sopra questisola. Conseguenza
di tali guerre fu il disertamento delle regioni littoranee, e la caduta di quasi tutte le citt poste sopra i
porti, Nora, Olbia, Corni, Sulci, ecc. Cagliari pi conosciuta delle altre citt, e posta sopra un seno di
buon ancoraggio soffriva molto pi, e la parte migliore della popolazione dovette per porsi nel castello di s. Gilla sulla sponda dello stagno in coda allattuale sobborgo di Santatnera, nel qual luogo quei
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cittadini non poteano essere facilmente sorpresi, perch trovavansi quasi a un miglio lontani dal lido, e
ove fossero inopinatamente assaliti o troppo premuti
aveano scampo per lo stagno. Torre, alla quale non
sempre poteano avvicinarsi le flotte saraceniche, perch quel mare poco sicuro, pat forse meno delle altre. Tarro dovette essere abbandonata. Le aggressioni,
delle quali rest memoria, sono notate nella storia
dei rispettivi giudicati. Se poscia ai saraceni mancava
la potenza, non per i sardi tranquillarono: imperocch cominciarono da quel punto ad essere travagliati
dallambizione de pisani e de genovesi.
Le guerre interne, che possiam giustamente dire civili, perch esercitate tra popoli fratelli, non furono rare. Non rimasero per che poche ed imperfette notizie.
Causa delle medesime, or fu lambizione di estendersi e
ottener quel che era daltrui, non per riunire in un corpo tutta la nazione, che sarebbe stato un ottimo intendimento, ma per orgoglio; ora le ingiurie che si erano
patite, o si temevano; ed ora per le ragioni di quelli, coi
quali aveasi contratto di cooperazione offensiva e difensiva; da che accadde che trovinsi spesso de sardi nelle
file dei pisani o de genovesi a combattere i nazionali.
Principali fatti darme nel governo de giudici sino
alla invasione degli Aragonesi. Le quattro battaglie
con i saraceni, nelle quali questi infedeli furono dal
valore dei sardi sconfitti e respinti nel mare.
Anno
1005 Espugnazione di Cagliari per Musetto.
1014
"
per i pisani.
1021
"
per Musetto.
1022
"
per i pisani e liguri.
1050 Presa e distruzione di Corni per i saraceni.
" Tre pugne de sardi coi saraceni.
" Espugnazione di Cagliari per i saraceni.
" Occupazione di Cagliari per i pisani.
1108 Vittoria di Mariano sopra il suo zio Turbino,
e presa di Cagliari.
1131-47 Guerra degli arboresi a logudoresi.
1163 Parasone di Logudoro vince lusurpatore del
giudicato di Cagliari, prende la citt e ristabilisce il fratello.
" Guerra dei cagliaritani e logudoresi al principe di Arborea.
1171 Guerra tra giudici sardi.
1178 Invasione de saraceni.
1181 Guerra degli arboresi, cagliaritani e logudoresi.
" Cagliari presa da Guglielmo di Massa.
1190 Guglielmo porta la guerra nel Logudoro, e
prende il castel del Goceano.
1196 Battaglia tra Guglielmo e i genovesi sotto le
mura di Cagliari, presa del castello di s. Gilla.
1197 Guerra di Guglielmo agli arboresi, sconfitta
del giudice, occupazione del giudicato.
1231 Invasione del giudicato di Cagliari per Ubaldo Visconti, e presa di Cagliari.
1256 Battaglia degli arboresi e pisani contro il giudice di Cagliari.
1257 Assedio del castello di Cagliari per terra e per
mare, sconfitta de genovesi, presa del detto
castello.
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N. 211 Ego
Io
donna
signora
su
il
Trogotori
Torgotorio
de
di
de
di
Lacon
Lacon
muliri
moglie
donnu
signor
Deu
Iddio
Binita
Benedetta
boluntadi
volont
de
di
Judigi
Giudice
de
di
Calaris,
Cagliari
Piscobu
vescovo
assolbullu
do licenza
miu
mio
de
di
Unli
Unale
cum
con
mia cum
mia con
potestandu
governando
a
a
donnu
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Subelli a
Suelli a
parti
parte
Trogotori
Torgotorio
fagirisi
carta
farsi scrittura
miu Judigi
mio Giudice
Trogotori
Torgotorio
de Unali
di Unale
mulieri,
moglie,
balaus
larghi
annus
anni
ki
che
millus
me li
cstigit
guardi
et
e
bonus
buoni
cum
con
Lacon
Lacon
donnu Deu
signor Iddio
habendu
avendo
filius
figli
Zebera cun
Zebera con
donnu
signor
boluntadi de sus
volont
dei
Trogotori
Torgotorio
filius a ora
figli allora
de
di
de sa
della
de
di
donna
signora
filia
figlia
de
di
Et comporeilli
E
comperai
donnu
signor
Arzoccu
Arzocco
a donna
da signora
cum
con
de
de
et saltu
e salto
si
si
serbus
servi
aeda in sa
avea nella
suus,
suoi,
villa
villa
aicussa
a quella
Figu et suu
Figu e suo
plazzas et terras
campi e terre
et semida et aqua
e sentiero e acqua
parteneda
apparteneva
de
di
domu,
casa
et
e
et binias
e vigne
omnia cantu
tutto quanto
et omnia
e
ogni
causa
cosa
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o
o
Et
E
calis
quali
daa su masoni de
da la greggia di
ki edi airi
che avesse
perdidu
perduto
dedindelli
ne le diedi
o
o
XX
XX
killent
che a lei
berbeis
pecore
airi
levadu
avessero tolto
de madriedu,
generative,
issas ankillas
le
ancelle
de sanctu
di
s.
de
di
de personis et
di persona e
anno
lanno
devertere
apat anathema
a rovesciare abbia maledizione
et
e
IIII
IIII
Sanctu
Santo
Spiritu,
Spirito,
Et
killaet
E chi lavr
et
e
daba
da
XII
XII
Apostolus,
Apostoli,
N. 5 Ego
Io
Benedicta
Benedetta
de
di
ni
n
a
a
curadori
curatore
dessu
del
denti
diano
mundu:
mondo:
intradia
ni
n
Lacon
Lacon
cum
con
filiu meu
figlio mio
potestandu
governando
Et i custu
E questo
fzzuli
facciogli
custa
carta
questa scrittura
boluntadi
volont
si no
ma
dessu
del
beni
bene
perunu Judigi
verun Giudice
Dulli
Dogli
nin
n
Jorgi
G.
de
di
Suelli
Suelli
trauda
homini
uomo
totu su
tutto
dari
dare
o
o
cantu
quanto
assu
al
regnu
regno
Calaris
Cagliari
nin
a perunu
a verun
non
non
Pscobu
Vescovo
donnu
signor
issoru.
loro.
ki fazzu a s. J. no apat
che fo a s. G. non abbia
bala
potere
Jorgi, ad
ki narant
G.
la quale dicono
de
di
dessa
della
Guglielmu patri
Guglielmo padre
fudi
fu
sa domestia de padru
la cascina di prato
jossu
sotto
de liurus, ki
di
che
Et in custu mundu
E in questo mondo
de
di
mi
mi
istari
a stare
kenti depir
fair
che dovrebbero fare
et
e
de
di
contissa
contessa
Adelasia
Adelasia
miu,
mio,
donnu Cerkis
signor Cerchi
fudi
fu
testimonius
testimoni
donnu
signor
padri
padre
donnu
signor
Gontini
Costantino
miu
mio
amigu
amico
Mariani
Mariano
Madellu
Madello
de
di
bonu.
buono.
Suelli, ki
Suelli che
Et
E
sarkipiscopu
larcivescovo
arckipridi
arciprete
de
di
sunt
sono
miu,
mio,
santa
santa
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Maria de Clusu
Maria di Cluso
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et
e
pridi
prete
Cumita
Comita
Dezzori
Dezzori
de
di
cuntemplationi
rispetto
de
di
ecc.
sa
la
quali
qual
Atto di donazione della regione della Trecenta dal giudice Torgotorio di Cagliari al suo figlio Salusio di Lacon
et
e
volemus
vogliamo
fazzu
faccio
hominis et
uomini e
et
e
Lacon
Lacon
et
e
pro
per
amori
amore
dessu
del
boluntadi
volont
matrimoniu
matrimonio
nostra
nostra
cum
con
siat
sia
pro
per
pro
per
ki
che
issu fagit
egli
fa
donna
signora
Adelasia,
Adelasia
et
e
issu
esso
irrevocabile,
irrevocabile
et
e
per totu
per tutta
ecc. ecc.
s. Maria
s. Maria
de Bonacatu
di Bonarcado
in sa sacrazione
nella consecrazione
de sa
della
et sancta Maria
e
s.
M.
figios bonos,
figli
buoni
vocatione
vocazione
mea.
mia.
qui
che
vita
vita
potestent
governino
Dolli
Le do
su
il
et sanitate
e
sanit
su regnu
il regno
saltu
salto
de
di
post
dopo
Anglone,
Anglona
nen
n
nullu
nessun
judice
giudice
nen
n
majore
maggiore
de Piscopiu a
di Piscopio a
de
di
intrare
entrare
regnu
regno
domo
casa
in cussusaltu a tuturu
in quel salto a malgrado
donnu Comita de Lacon
signor Comita di Lacon
de issa
della
Alibrandinu
Alibrandino
Galea piscobu
Galea vescovo
piscobu
vescovo
de Terralba,
di Terralba
Usellos, d. Azu
Uselli s. Azo
archipiscopu
arcivescovo
d. Bellu piscobu de
s. Bello vescovo di
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furunt
a sacrare sa
che furono a consacrar la
ego
io
a s. M.
a s. M.
Barusone,
Barisone
de
di
Bonactu
Bonrcado
qui
che
fazzu
fo
pro
per
haerellu
averlo
Amen.
ateru
altro
bene
bene
su
il
regnu
regno
figios et
figli e
in su
nel
de clesia
di chiesa
regnu,
regno
Pedra
Pietra
atgiungoli
le aggiungo
pertusa Et
bucata E
archipiscobu
arcivescovo
de Pisa,
di Pisa
cardinale de
cardinale di
Roma
Roma
su
il
saltu
salto
sunt
sono
testes
testi
qui
che
fuit
fu
cum
con
judice Costantine
giudice Costantino
de
di
de
di
judice
g.
Logudore,
Logudoro
pace
pace
de
di
donnu Villanu
signor Villano
bnnidu
venuto
pro
come
Plumins,
Cagliari
judice Gunnari
g.
Gonnario
Constantino
Costantino
Galluresu
Gallurese
faghiamus sa corona
facevamo la corona
judice
g.
Constantino
Costantino
de
di
Comita
Comita
Spano
Spano
de
di
Balajana ecc.
Balajana.
in
in
Bonacatu inter
Bonarcado
tra
Galluresu
Gallurese
et
e
figios
figli
pro
per
su
il
castellu
castello
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una carta di donazione a Placido abate di s. Mamiliano in Montecristo, la quale fu scritta in Cagliari.
Nellanno seguente (1003) sarebbe stata la invasione dei saraceni sotto la condotta di Musetto, la espugnazione di Cagliari, e lo stabilimento della sua tirannia in quella citt. Ne monumenti della storia pisana,
Musetto dicesi re delle Baleari; e narrasi aver egli con
violenta guerra soggiogato i sardi non preparati a resistenza, e occupato non solo le pianure, ma pure i luoghi montani: il che per non in alcun modo verisimile. Loccupazione dur undici anni. Il pontefice
Giovanni XVIII desideroso di snidare i saraceni dalla
Sardegna, donde era imminenti alla Italia e principalmente a Roma, pubblicava la crociata, e promettea la
signoria dellisola a chi la rapisse da quei barbari.
Nellanno 1014 i pisani irritati contro il re Saraceno vennero con una gran flotta a combatterlo, lo
cacciarono da Cagliari e da tutta lisola, ajutati senza
dubbio da sardi.
Nellanno 1016 il barbaro con la sua flotta infestava la Sardegna, e pi lo Stato Pontificio; ma incontratosi coi pisani ne mari di Corsica era vinto, e
costretto a ricoverarsi ne suoi porti.
Nellanno 1019 GUGLIELMO, signore di Corsica,
si intitolava insieme giudice di Cagliari, come vedesi
in una carta di donazione fatta da lui in questanno
(25 marzo) al monisterio di s. Mamiliano.
Il Cambiagi scrive che Guglielmo, posto al governo dellisola da pisani vincitori, la guardasse con poco
presidio; che inopinatamente ricomparsi i saraceni assalissero Cagliari per mare e per terra; che i presidiarii
sardi e pisani patteggiassero con Musetto di arrendersi
se non fossero soccorsi dentro otto giorni; che trascorso il termine si arrendessero, ma contro i patti venissero trucidati; che Musetto desse tutta lopera a fortificarsi edificando rocche, ponendo nelle citt grosse
guarnigioni, e chiamando dallAfrica molte famiglie.
Questi egli sostituiva ai miseri cittadini, i quali forse
perch avean favorito i pisani, condannava ai pi vili e
faticosi ministeri nella costruzione delle castella, e poi
facea incorporare nel fabbrico.
Nellanno 1021 UGONE era gi succeduto a Guglielmo nei titoli di signor di Corsica e di giudice cagliaritano, come consta da una donazione fatta da lui
in quellanno (add 6 marzo) alla chiesa di santa Maria di Canovaria in Corsica. Benedetto VIII conoscendo il tristo governo che il barbaro faceva de cristiani,
e mosso dalle preci di Ilario, nobile sardo, esortava i
pisani a oprare con tutto potere contro il barbaro.
Nellanno 1022 i pisani coi genovesi assalgono
Cagliari. Dopo varii sanguinosi assalti la espugnano.
I sardi cooperano, e tutta la terra sgombrasi da quegli infedeli. Musetto pot fuggire, ma non salvare da
nemici la sposa e il figlio. Questo giovinetto fu mandato allImperatore, ma poco dopo rimesso al padre.
Nellanno 1050 un altro Musetto, radunata una
grande armata, venne sulla Sardegna, e (add 20
agosto) sbarcato in sul lido di Corni prese la citt e
fece strage del popolo. I sardi, probabilmente gli arboresi, come udirono il suono di questa invasione,
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galee genovesi capitanate da Ottone Fornario, essendogli ben valuta la donazione da lui fatta alla chiesa
di s. Lorenzo di sei corti, che furono Quarto, Capo
di terra, Arsemine, Acqua fredda, Fontana di acqua
e Cespullo, e pot entrare nella Sardegna, battere le
soldatesche di Turbino, e con grande onore e vittoria
ricuperare il suo regno.
Nellanno 1108 MARIANO, che talvolta si nominava Torquitore de Unali, cominci a regnare su tutto il
giudicato. In questo anno istesso grato al soccorso de
pisani facea donazione alla loro chiesa maggiore di
quattro corti, Stia, Palma, Fanari e Villa de muntoni,
prometteva di inviare in ciascun anno a Pisa una libbra doro puro ed una nave carica di sale, e affrancava
quei cittadini da qualunque tributo e dazio ne suoi
stati. Mariano diede un bellesempio di moderazione
perch perdon allo zio e lo accolse nella reggia, dove
il vediamo nel 1112 assistere alle sue largizioni ai
monaci marsigliesi.
Nellanno 1114 i pisani non volendo pi lasciare
impunite le vessazioni che lItalia e la Sardegna pativano dalleunuco Nazaradech re delle Baleari, il quale
infestando i mari e i littorali aveva in sue catene e
nelle carceri una gran moltitudine di cristiani, deliberarono limpresa e radunarono le navi nel porto del
Capo-albo (Porto conte). Non mancarono i sardi alla
cooperazione: Turbino imbarcossi e giov molto col
suo assennato consiglio.
Nellanno 1119 si consacrava da Guglielmo arcivescovo di Cagliari la chiesa di s. Saturnino, presente
la famiglia regnante, il cardinale legato pontificio e
due vescovi, uno di s. Giusta, laltro di Bisarcio.
Questo regolo credesi giustamente dal baron Manno essere il Torquitore de Unali che facea cospicue
donazioni a s. Saturnino e a s. Antioco di Sulci. Dava a s. Antioco lisola, in cui la sua chiesa, e dove
egli era stato non pochi mesi travagliando a ricuperare il regno (vedi l. VII, nella nota sotto lanno
1109). Forse lo stesso Torquitore, in bene del quale s. Giorgio vescovo di Barbaria operava le meraviglie che narra la tradizione.
Mariano ebbe dalla sua moglie Preziosa Costantino suo successore. Vedi il diploma (carte cagliaritane) n. 19, dove d licenza al vescovo Pietro Pintori
di Suelli di notare in un condace alcune donazioni.
Nellanno 1139 COSTANTINO, che pur era nominato Salusio di Lacon, sal al trono, e si dimostr molto
benefico verso la chiesa. Viveva ancora nel 1163, quando acconsentiva alla concordia tra larcivescovo Bonito
e i monaci di s. Saturnino, trattata dallarcivescovo di
Pisa Villano. Una sua figlia and sposa al figlio di Gonnaro di Logudoro, unaltra pass nella casa marchionale di Massa, come rilevasi dal diploma (carte cagliaritane n. 1) di Benedetta, nel quale riconosce questo
Costantino per suo avolo o bisavolo, giacch la parola
sarda or disusata aioni, non si sa qual significhi de due.
Nellanno 1147 Costantino intervenne con gli altri regoli sardi in Bonarcado per deliberare su comuni interessi, e per giudicare di una lite tra Costantino di Gallura e gli eredi di Comita Spano.
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Confinava ad austro e levante col regno di Cagliari, a ponente del mar sardo, a tramontana col
Logudoro per una linea condotta da sul monte di
san Lussurgiu a quello di Gonnari.
La sua superficie pu stimarsi di circa miglia quadrate 1500.
Questo regno era diviso in quattordici curatorie,
Campidano-milis, Campidano-maggiore, Campidano Simgi e Colostrai, regioni marittime; quindi
Bonorchili, Parte-Monti, Uselli, Marmilla, Parte-Valenza, Barbagia Ollolai, Barbagia Belv, Barbagia
Mandralisai, Parte Barigadu, Parte Guilcier.
Secolo XI. Le memorie di questo giudicato non
passano in l di questo secolo.
Nellanno 1050 non si conosce il nome del regolo
che si oppose a Musetto, poich preso Corni si avanzava verso Cagliari. Conosciamo il nome di un regolo, il
quale govern lArborea in questo secolo, Mariano
Dezzori, ma non possiamo indicare circa quai tempi.
Tra gli altri che ebbero dominio in questa provincia vuolsi annoverato il Comita di Logudoro; ma la
nessuna autorit del Condace, da cui si attinse questa
notizia, mi dispensa dal segnarlo tra gli altri. Piuttosto io segnerei prima del seguente Onroco il giudice
Comita Salaris, marito di Diana, della quale fatta
menzione nella carta di fondazione del monistero di
Bonarcado. Imperocch mentre non trovo un luogo
a ordinarlo nella serie de giudici negli ultimi anni di
questo secolo e ne primi dellaltro, a quali altri opin doversi riferire il suo governo, la fondazione che si
ricorda mi richiama a questi tempi, quando nel Logudoro e nel Plumino erasi destato molto amore per
lo stabilimento del monachismo.
Nellanno 1070 ONROCO Dezzori trasporta il suo
seggio da Tarro in Oristano, e pare costretto dai perpetui assalti dei saraceni balearici. Fu questa unopera
di vilt, e avvenne che, mancato in quel promontorio
lantemurale della provincia, quei barbari potessero
senza contrasto sbarcare nei lidi del Sinni, e devastare tutta la regione marittima di questo nome, cos
come per il disertamento di Napoli potevano sbarcare
nel promontorio di Santadi e nel porto Napolitano
per quindi penetrare nel dipartimento di Bonorchili.
La distruzione di Tarro fu operata dagli stessi cittadini
che trasportarono i materiali in sul piano della antica
Otoca, nella terra di Aristani, per formarvisi le nuove
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abitazioni. Tarro era una citt antichissima, ed degna di essere veduta per molte sue caverne sepolcrali
che sono duna maniera particolare, e per le reliquie
dei tre edifizii darte romana che pajono essere stati
pubblici e molto sontuosi. Il Re CARLO ALBERTO
nella visita che fece del regno nellaprile e maggio
1841 col Duca di Savoja suo primogenito, trovandosi nellantica capitale dellArborea si compiaceva di
veder le rovine della medesima. Gli arboresi avrebbero una storia piena di pi glorie se non si fossero
perduti i monumenti del popolo che per pi secoli
sedette in questa citt e stette saldo contro tutti gli
sforzi de vicini saraceni.
QuestOnroco dArborea quegli che nominato
nella lettera del papa Gregorio a giudici sardi, della
quale abbiam gi parlato nel giudicato cagliaritano
sotto lanno 1073. Nibatta sua moglie edificava la
magione, o castello di Capra (Cabras) in sulla sponda dello stagno tarrese, dove poscia i giudici frequentemente risiedevano.
Nellanno TORBENO Dezzori, figlio di Onroco
e di Nibatta, succedeva nel governo. Forse lo stesso
che il Torbeno de Lacon marito di Anna, del quale
menzione nella carta n. 467 de Monumenti di Storia
patria.
Nellanno ARZOCCO, altrimenti Onroco Dezzori, figlio di Torbeno, e di Anna de Lacon, e marito
di Maria Orvu.
Nellanno COMITA Orvu, suocero di Onroco.
Questi lodato dal Fara come uomo religioso e amante del giusto. Duolci che non ci abbia manifestato da
quai monumenti egli deduceva queste parole onorevoli, e per quali fatti egli prov questo ottimo animo.
Nellanno ELENA Orvu, figlia di Comita, e
sposa di Gonnario di Lacon, fu giudicessa.
Secolo XII. Nellanno 1100 COSTANTINO di Lacon, figlio di Elena, succedeva alla madre. Egli regnava gi in questanno, e trovandosi in Pisa donava
allabbate di Pisa la chiesa di Bonarcado, perch vi
mandasse monaci, confermava le donazioni della regina Diana, e ne faceva pi ample, dando tra laltre
chiese quella pure di s. Pietro di Milis-piccinnu edificata dalla regina Toccode, consentendo nelle medesime la regina Anna sua moglie e larcivescovo Omodei. Si riferisce a questo regolo la edificazione della
chiesa di s. Nicol di Urgen.
Nellanno 1131 COMITA di Lacon, figlio di Costantino, successe al padre, termin la chiesa di s. Nicol, ma non continu la sua politica. Essendo stato
travagliato da pisani bramoso di vendicarsi se non sopra essi, almeno sul giudice di Logudoro loro alleato,
pass nellanno seguente alla parte de genovesi. Latto
dellalleanza fu stipulato in Oristano, e per conciliarsi
larcivescovo di quella citt, la cui autorit molto valea
tra i primarii della repubblica, dava alla chiesa di s.
Lorenzo una chiesa e una pianura con 100 schiavi e
2000 pecore, con buoi, vacche, giumenti, e con tutte
le pertinenze, la met de monti argentiferi del suo regno, e promettea che quando avesse conquistato il regno di Logudoro o di Torre, aggiungerebbe due curie
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Nel 1188, per interposizione del Papa, si conchiuse la pace tra i pisani e genovesi, si assicur reciprocamente la libera navigazione allisola, e lArborea fu dichiarata dipendente da genovesi.
Nel 1189 Pietro procacciossi il favore de genovesi, giurando losservanza e lampliazione degli obblighi di suo padre, facendosi ascrivere nel numero de
cittadini, professandosi vassallo di quel comune, salva la fedelt dovuta al Pontefice, assegnando di nuovo a trafficanti genovesi il terreno necessario a casamenti, e promettendo la pi larga protezione.
Nel 1192 acquetavasi felicemente la contesa tra
Pietro e Ugone merc dun compromesso, col quale i
due contendenti si soggettarono al giudizio di Burono
console di Genova. E questi recatosi in Oristano, riconoscendo eguali i diritti, dichiarava comune ad essi
la giurisdizione e i frutti, e in caso che morisse Pietro
senza discendenza assicurava la successione alla famiglia dUgone. Quindi ponendo mente agli interessi
del suo comune, decretava che de redditi della provincia una met fosse divisibile tra luno e laltro compromittente, laltra fosse riserbata alla repubblica di
Genova fino al totale sconto dei debiti, che il governo
di Arborea aveva con quella. E perch tali condizioni
fossero osservate, riteneva nella sua podest e de genovesi tutte le rocche della provincia. Il comune di
Genova mand in Arborea delle milizie per guarnire
le castella e le fortezze dArborea a spese de giudici.
Nel 1197 lArborea fu invasa da Guglielmo, giudice di Cagliari, e Pietro col figlio furono fatti prigionieri. Ugone, che in questo tempo non avea che 20
anni, salvossi in Genova, dove sperando di disporre
quei cittadini ad ajutarlo per la ricuperazione del regno, prometteva loro in pubblico parlamento, add
28 agosto, piena sicurezza nei suoi stati, luso delle
magioni loro necessarie, la quarta parte delle rendite
della provincia, e la soluzione de debiti verso il comune e i particolari, con le pi ampie guarentigie.
GUGLIELMO, giudice di Cagliari, fu dal clero e da
nobili dellArborea riconosciuto giudice di Arborea.
Questi travagli larcivescovo Giusto, e poi lo fece
arrestare, imprigionare dal regolo di Torre.
Secolo XIII. Nellanno 1207 UGONE spos una delle
figlie di Guglielmo, per le quali nozze forse egli rientr
nellesercizio della sovranit, ma cadde in disgrazia del
Pontefice per ragion dellincesto. Non mancarono in
costui i soliti segni della religione di quei tempi, giacch fece donazioni a monaci bonarcadesi.
Nellanno 1211 COSTANTINO era succeduto a
Ugone, che forse fu suo padre. Questi con la sua
moglie Anna ampliava le concessioni gi fatte da
suoi predecessori alla chiesa di Bonarcado.
Nellanno 1220, quando Lamberto e Ubaldo, usurpatori della Gallura, si disponevano a invadere lArborea, il Papa viet allarcivescovo di Oristano che non li
favorisse in alcun modo. Questo prelato era stato scomunicato perch aveva parteggiato per Ubaldo e per i
pisani, che macchinavano per rendersi soggetta tutta la
Sardegna; ma per il pentimento che non tard a dimostrare, fu assoluto (vedi Raynaldi, l. V, ep. 106).
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Nellanno 1230 PIETRO di Lacon, visconte di Basso, figlio di Ugone e di Preziosa di Lacon, fu principe
molto pio, e liberale verso i monaci, confermava al
monisterio di Bonarcato la donazione della regina Toccode, e col consentimento della sua moglie Diana, donava al medesimo la selva di Querquedu, e accordava
la facolt di pescare in Mareponti senza pagamento di
alcun diritto. Questo giudice incorse nella disgrazia del
Pontefice e ne fu scomunicato. Aggirato da consigli di
Ubaldo avea cooperato alla invasione della provincia
cagliaritana. Fu assoluto insieme con Ubaldo.
Nel 1238, a primi di aprile, professavasi fedele e
obbediente alla Chiesa romana, e ricevuta dal legato di
Gregorio IX linvestitura, e obbligatosi un annuo censo, promettea che non contrarrebbe parentela senza licenza del Papa, e che difenderebbe sempre le ragioni
della sovranit della Sede Apostolica, alla quale dichiar dovrebbe ricadere il regno nel caso che venisse a
mancare la sua posterit. Giurarono quindi molti nobili che darebbero al giudice consiglio e ausilio per fare
i comandamenti del Papa, i quali sarebbero fatti da loro, se egli mai ricusasse. Il castello di Girapala fu consegnato allarcivescovo dArborea perch lo custodisse
per la Chiesa romana. Per una questione di confini
che avea col giudice di Gallura, convenne col medesimo, nel luogo di Lucentino, in sulle frontiere dellArborea col Logudoro, ed ivi, add 2 aprile, avendo compromesso in Gottifredo, legato del Papa, poterono
felicemente accordarsi promettendosi scambievolmente soccorso per la difesa, e di far rendere tutte le cose
furtive che da uno Stato fossero portate nellaltro.
Nellanno COMITA, del quale nelle antiche
memorie rest solo il nome, governava lArborea.
Nellanno 1253 GUGLIELMO, conte di Capraja, governava gli arboresi. Costui, protetto da pisani, ricco,
potente e fortunato, bramava estendersi sopra la provincia cagliaritana, e nebbe il destro, quando quel giudice, fattosi vassallo a genovesi, concitavasi contro lira
della repubblica. Imperocch mosse subito con lesercito, occup la terra del regno di Cagliari, e accompagnato dal giudice di Gallura e da Gherardeschi, fece
una guerra cos fiera a Chiano nel 1256, che lo vinse
presso s. Gilla, lo fece prigioniero, e poi congiur per
ucciderlo. Da questo tempo cominci e crescere la potenza arborese, che divent maggiore nel risolvimento
del Logudoro, e poi nella rovina della Gallura.
Nellanno 1257 Guglielmo coi sunnominati alleati stringea vigorosamente lassedio del castello di
Cagliari, rigettava nel mare le genti mandate da genovesi, e costringea alla resa gli assediati disperati di
soccorso e cadenti per inedia.
Nellanno 1266, NICOL, conte di Capraja, era
succeduto al padre sotto la tutela di Mariano, donnicello dArborea. In detto anno il podest, il capitano,
e gli anziani di Pisa mandarono ambasciatori a Nicol e Mariano perch ottenessero a cittadini di Pisa in
Arborea laffrancamento da tutti i dazi, e la libera
estrazione delle biade e di qualunque specie di bestiame, esclusi i cavalli. Nicol e Mariano consentirono,
e per riconoscenza furono ascritti fra cittadini.
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Nellanno MARIANO govern per proprio conto il Giudicato, forse perch morto Nicol in et
pupillare. Questi nel 1282 prese in moglie la figlia
di Andreotto saracino, e fu amico ai pisani. Il Villani
lo descrive come uno de pi grandi e possenti cittadini dItalia, tenente in Pisa numerosa Corte e gran
codazzo di cavalieri, ed onorato non men che laltro
giudice sardo Ugolino di Gallura.
Nel detto anno mentre i pisani travagliavano alla
espugnazione dAlghero, che governavasi da Doria,
Mariano vi si present con le sue genti, e contribu
non poco alla resa.
Nel 1289 essendosi ribellato Guelfo, figlio del conte
Ugolino, ed a lui unito con le genti stipendiarie Lotto
suo fratello, Mariano un le sue soldatesche alle schiere
mandate da Pisa contro i sediziosi, e impadronissi della rocca di Domus-novas del Sigerro. Venuto quindi a
battaglia con Guelfo lo vinse e fecelo prigioniero, e
quindi otteneva alla repubblica Villaiglesias e le altre
castelle, cedute da Lotto per riscatto del fratello.
Nellanno TOSORATO degli Uberti reggeva lArborea. I fuorusciti pisani venuti in Gallura presso Nino
per turbare in qualche modo la tregua che il loro comune aveva comprata da genovesi con la cessione di
Sassari, e allegatisi ai signori genovesi, che erano potentissimi nel Logudoro, mossero contro lArborea,
ma non furono favoriti dalla fortuna. Il consiglio della
Repubblica volendo vendicare questi atti ostili citava i
suoi vassalli perch comparissero a render ragione. Ubbid il solo Tosorato, e assente dal regno lo perdette.
Secolo XIV. Nellanno CHIANO, o Giovanni,
Desserra, figlio di Mariano, govern il Giudicato.
Nellanno ANDREA e MARIANO Desserra, figli
di Chiano, governarono insieme concordemente.
Morto Andrea rest solo Mariano.
Nellanno 1321 UGONE, figlio di Mariano, ottenne la dignit di giudice non senza contraddizione
dei pisani, i quali riputandolo illegittimo non cessarono dal travagliarlo finch non avesse pagato diecimila fiorini doro. Mariano [recte Ugone] memore di
questa ingiuria incontr favorevole occasione di vendetta nel disegno gi maturantesi della conquista
aragonese, ed invi al Re un gentiluomo per offerirgli i suoi servigi, e quei di Brancadoria suo confederato. Il Re (anno 1322) gradiva lofferta, prometteva
a Ugone piena conferma e ampliazione dellantica
signoria, e lo autorizzava a promettere un condegno
guiderdone a chi passasse alla sua parte.
Nellanno 1323 UGONE, sapendo prossima la venuta degli aragonesi, ruppe la guerra contro i pisani
facendo orribile macello di quanti si trovavano nel
suo Stato, non esclusi quelli che erano tra le sue
schiere. Il Re dAragona conosciuto questo movimento spediva senza indugio in suo soccorso alcuni
gentiluomini provati in armi e dotati di consiglio,
con cavalli e alcune bande ragunaticcie, e non molto
dopo lInfante con tutto lesercito. A lui presentavasi
tosto Ugone seguito da molti notabili dellisola, facea recar vettovaglie, e proferiva il servigio delle sue
genti. Senza lausilio di lui gli aragonesi avrebbero
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scambio degli ostaggi sardi con i prigionieri, e pubblic limpresa della Sardegna sotto la sua condotta.
Gli arboresi assalirono il castello di Acquafredda,
ma inutilmente.
Nellanno 1369 Mariano occupava la citt di Sassari, e tentava espugnare il suo castello.
Nellanno 1370 gli arboresi venuti a giornata con
le genti di Brancaleone Doria partigiano del Re furono sconfitti.
Nel 1371 il Re dava il titolo di Conte dArborea a
un gentiluomo inglese che erasi proferto di passare
in Sardegna con tutte le sue genti, perch nel proprio interesse pi fortemente combattesse Mariano.
In questanno il castello di Sassari era occupato dalle genti dArborea.
Nellanno 1376 il re dAragona era in sul punto
di perdere il poco che aveva potuto conservare ancora nellisola. Questa formicolava di bande armate
aderenti al Giudice, mentre le terre littorane erano
infestate, e le navi catalane perseguitate dalle galee
capitanate da Ugone figliuolo di lui. Si giunse a tale,
che il Governatore di Cagliari era in sul punto di arder la rocca e fuggire. Ma in questo risuscitatasi la
pestilenza Mariano scendeva nel sepolcro, dolente di
non aver veduto libera lisola da suoi oppressori.
Alle molte parti che lonorarono, e che puoi leggere ben proposte dal Manno, lib. IX, sotto lanno
sunnotato, aggiunse pure il merito daver pubblicate
ottime leggi per quei tempi.
Nellanno 1377 UGONE subentrava al padre nel
governo dellArborea e sue dipendenze, e continu
lodio paterno agli aragonesi con il suo, e prosegu
con calore la guerra.
Nellanno 1378 Urbano VI disegnava concedergli
la corona della Sardegna privandone il re Pietro.
Il duca dAngi che contendea col Re dAragona
per la successione al regno di Majorca, due volte indirizzavagli una solenne legazione a ricercare con lalleanza del Giudice la mano della figliuola pel principe
suo figlio. Vedi nel Manno i particolari della seconda
ambasciata sotto lanno 1378.
AllArborea aggreg Ugone tutto il dipartimento
di Chirra, e passato in Sassari provvide al governo
della citt.
Valore Deligia prossimo congiunto del Giudice
passava alle parti del re, e nera gratificato col vano
titolo di barone del Goceano.
Nellanno 1383 mentre il Re preparavasi a combattere Ugone, questi cadeva estinto in una sedizione
popolare. Rimane il dubbio espresso dal Manno se
egli patisse questa sorte o per impazienza de suoi
sudditi, o per le male arti degli aragonesi, se non che
le conseguenze rendono pi probabile la prima parte.
REPUBBLICA ARBORESE
Morto che fu Ugone, i principali dellArborea deliberarono una novella maniera di reggimento, e si costituirono in Repubblica. De provvedimenti e degli
statuti della medesima sono svanite tutte le memorie.
LEONORA vedendo in questo movimento popolare violati i suoi diritti e quelli de suoi figli, imprese a
sostenerli con animo, e scambiate le parti col suo
consorte Brancaleone Doria, mentre questi portavasi
nella corte dAragona per certificare il Re della sua
sommessione, e ottenere i necessari ajuti a comprimere la sollevazione, essa indossava le armi, e scorrendo per le sollevate regioni alla testa de suoi fidi,
riduceva a obbedienza i ribelli, impossessavasi di tutte le terre e castella, e sopprimeva nel suo nascere la
novella Repubblica.
Nellanno 1384 Leonora avendo saputo la perfidia
del Re, che dopo conosciute le sue ardite e felici imprese la teneva in stretta custodia, volt le armi vittoriose contro gli aragonesi per la libert del marito. Invano questi la esortava a sottomettersi, ella fu stabile
nella presa risoluzione, e prosegu la guerra per due
anni, nella quale fu sempre fortunata, come si pu
dedurre dalle condizioni della pace che furono favorevoli a suoi interessi, e al bene de popoli soggetti al Re,
verso i quali continuava la protezione paterna; e dalla
restituzione di Sassari, Iglesias, Osilo, Salluri e Longonsardo dedotta ne patti. Il castello di Longone edificavasi da lei. Vedi larticolo Gallura.
Nellanno 1388 la pace che per la morte di D. Pietro era rimasta inconchiusa fu segnata convenendovi
tutti i sindaci de comuni soggetti a lei, ed i rappresentanti delle citt e terre sottoposte al Re.
Nellanno 1390 Leonora, offesa per la preferenza
data a donna Violanta Carroz nella successione al
feudo di Chirra, rompe la guerra; alla quale, mentre
essa era occupata nella compilazione delle leggi,
mandava il suo sposo. Questi in poco tempo toglieva agli aragonesi la massima parte delle terre soggette
alla loro dominazione.
Nellanno 1391 il Re forn le castella di munizioni e genti, e comand a feudatari che passassero nellisola ad assistere al governatore.
Nellanno 1392 si continu a mandare genti, ed
il Re sarebbe venuto egli stesso se non fosse stato
impedito nella guerra di Granata. Brancaleone stringeva ogni d pi lassedio di Longone. Le trattative
furono vane.
Nel 1394 il Re manda nuove genti per le quali
ottiene che si sciolga lassedio di Longone.
Nel 1395 Leonora pubblicava la sua legislazione,
conosciuta comunemente sotto il nome di Carta de
Logu, nella quale ampliando quella gi bandita da Mariano suo padre diede stabili norme alle formalit giudiziarie, alla ragion criminale, alle consuetudini del
dritto civile, ed alle leggi protettrici dellagricoltura. Vedi il barone Manno, Storia della Sardegna, lib. IX, sotto
lanno anzinotato, dove dimostra come su molti punti
questa legislazione meriti lode sopra le contemporanee.
Nellanno 1398 al 1403 la pestilenza si ridestava a
disertare i luoghi rispettati dalla guerra.
Nel 1404 moriva Leonora, e cadeva la fortuna
dArborea. Mariano, suo figlio, salutato Giudice, cominci il regno, e con i consigli di Brancaleone suo
padre lo continu per poco tempo.
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Il primo de Giudici che ci sia noto un tal Manfredi, il quale, secondo il Landino, governava la provincia nellanno 1050. Di costui non rimase alla nostra memoria nessun atto politico o militare.
Secolo XI. Nellanno 1058 BALDO succedeva al
Manfredi, se dee credersi al Cambiagi. Sarebbe ignoto
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se non gli avesse meritato fama la mala sorte che incontrava portando le armi contro il Logudoro. Imperocch affrontatosi con Georgia sorella del giudice
Comita, femmina animosissima e saggia, non pure
fu sconfitto, ma tratto prigioniero in Ardara. Il canale di Baldu, come appellasi la vallata di Balascia, dove scorre il rio di Figagrossa, avrebbe avuto nome da
questo fatto?
Che il Manfredi fosse cittadino pisano quasi certo; che venisse dalla stessa origine Baldo, o Ubaldo,
molto probabile; e penso che lasserzione degli storici
della Repubblica, che narrano preposti alle quattro
provincie del regno sardo altrettanti uomini primarii
di quella citt abbia suo fondamento in ci che avvenne nella sola Gallura. Noi abbiamo frequenti prove della poca sincerit degli antichi cronichisti, e della
immoderatezza delle loro pretensioni. Pare che con la
prigionia di Baldo sia cessata lautorit degli stranieri,
e che la vittoria della sunnominata Eroina abbia restituito il diritto degli antichi signori. Mentre per cos
opino non parimente acconsento che Baldo fosse un
usurpatore: imperocch mentre non vedesi alcun fondamento a tal asserzione apparisce la possibilit chegli
per successione subentrasse al governo.
Nellanno 1072 COSTANTINO incominciava il suo
regno secondo il sunnominato Storico.
Nellanno 1073 fu con gli altri regoli esortato dal
pontefice Gregorio VII a quella devozione che i suoi
maggiori avean dimostrato alla Chiesa romana. Il tenore della lettera apostolica fa vedere che il Pontefice
credeva Costantino e gli altri giudici di quel tempo
sardi e discendenti dagli antichi regoli: da che resta
confermata lopinione che sopra enunciai, e confuta
lasserzione del Fara che vorrebbe Costantino di sangue pisano.
Anno SALTARO? Probabilmente, siccome opina
il baron Manno, questi succedeva a Costantino giudice della Gallura. Del quale non altro fatto ci noto, che la donazione alla Chiesa della corte detta di
Vitithe. Moriva senza discendenza. Vedi Manno,
Storia della Sardegna, lib. VII, allanno 1175.
Nellanno 1089 TORQUITORE Dezzori usurpava il
sommo potere, come nota il Cambiagi. Il suo nome
comparisce con molto disonore nella storia ecclesiastica sarda intorno allanno 1092. Riferiremo ci che
il monaco Giovanni scrisse in una sua lettera diretta
al cardinal Riccardo, abate di s. Vittore di Marsiglia:
Il signor Papa anatematizz il giudice Torquitore e
tutta la sua regione, cosicch niun cristiano gli dia
consiglio o bacio di pace, e nessuno ardisca salutarlo.
Non pertanto egli superbo e traviato persevera sempre nel suo errore, e non vuol tornare nel seno della
Chiesa. Veduto siffatta condotta il signor Papa mand in Sardegna suo legato larcivescovo di Pisa, uomo
prudentissimo, che giunto in Torre convoc gli arcivescovi e vescovi della Sardegna perch concorressero
alla santa Sinodo. Concorsero tutti, e a nome del Papa chiamarono questo eretico a tornare nel seno della
santa madre Chiesa; ma il maledetto e impurissimo
tiranno indurossi come il diamante, e nessuno se gli
Giudicati di Sardegna
voleva avvicinare. Gli arcivescovi e vescovi ne sentirono gran dispiacenza, e tutti opinarono che si dovesse
anatematizzarlo. Si confermarono gli anatemi dal legato e dal concilio, e tutti i Principi della Sardegna
secondo il comando del Papa lo maledissero, condannarono, e concessero in podest del demonio.
Cos quel monaco. Per qual causa se gli sia inferta
questa pena dal Papa, e poi rinnovata dallarcivescovo
Dagoberto e dal concilio, non consta; ma sospetta il
Martene che Torquitore avesse seguitate le parti di
Guiberto antipapa, o di Enrico IV nemico intensissimo della Santa Sede; o avesse ricusato dimettere le
investiture delle chiese, o per lo meno fosse infetto di
qualche simonia, colpa in quei tempi dominante.
Resistendo i monaci ai di lui comandi di celebrare gli
uffizi divini per rispetto allinterdetto, egli li atterriva
minacciando che avrebbe confiscati i loro beni, e
mandatili fuor dal suo Stato con le sole vestimenta.
Ignorasi la fine di questuomo abbominato.
Secolo XII. Nellanno 1112 OTTOCORRE di Gunale governava il regno contro i dritti di Comita figlio
di Costantino, e di quelli che presentava la famiglia
di Torquitore. Mostravasi in sul principio ostilmente
avverso alla vedova Padulesa, e le facea grandi minacce; ma poi verso il 1116 si rappattumava con lei
e con Comita. Fu amico a pisani, come dimostra la
sua liberalit verso s. Maria di Pisa, alla quale diede
le 4 chiese di Torpeia, Toraie, Vignola e Laratanos: il
che a lui e alla provincia merit lodio de genovesi.
Nellanno 1114 approdava nel porto di Longone
e di santa Reparata e ne prossimi seni la flotta pisana di 300 navi destinata alla conquista delle Baleari.
Nellanno 1119, nel maggio, i genovesi invasero
la Gallura, la spogliavano di tutte le ricchezze e trasportavano prigionieri in Genova molti pisani.
Nellanno 1125 ricomparvero su lidi sardi e operarono grandi guasti. incerto se vivesse ancora Ottocorre.
Nellanno 1123 GUIDO giudice di Gallura? Il cavaliere Tola sotto larticolo Giovanna di Gallura, a
provare il suo assunto che i Visconti di Pisa ebbero
antichissima e lunga signoria nella Gallura, invia il
lettore alle membrane citate dal Maccioni (Memorie
istoriche dillustri uomini pisani, tom. II, Elog. dUgolino Visconti, not. 1) e nominatamente a diplomi
del 1094, 1104, 1111, 1123, 1130, ne quali il sunnominato giudice fece giuramento di fedelt alla repubblica. Siccome per nel tempo delle tre prime
date troviamo occupato il seggio di Gallura da altri
che da Guido, cos si pu pensare che questi si intitolasse giudice, almeno in quegli anni, solo per ragione de dritti che credesse aver ereditati da suoi
maggiori (Manfredi o Baldo?).
Nellanno 1147 COSTANTINO regnava sulla Gallura e interveniva in Bonarcado con gli altri giudici
alla corona politica, nelle cause della quale era il suo
litigio con gli eredi di Comita Spano per il castello
di Balajana. Non si saprebbe definire da qual famiglia uscisse questo regolo, se da quella dellaltro Costantino per il sunnominato Comita, o da quella di
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limpubert. Che costei fosse figlia dellespulso Barisone non par credibile: e se veramente nol sia stata,
bisogna dire che manchi un giudice nella serie de
regoli di Gallura, il cui regno occuperebbe tutto lintervallo che vedesi aperto tra la fuga di Barisone e
lanno sussegnato.
Nellanno 1206 la Principessa gallurese avea gi
preso a marito un cugino dello stesso Papa, ed erasene pure separata. Da quel fatto certificato Innocenzo
scriveva al vescovo di Firenze di costringerla perch
nuovamente lo accogliesse nel suo consorzio e nel talamo: e ordinavagli nella stessa lettera di ridurre il
popolo pisano a distruggere quei diplomi che pubblicavano contrarii a diritti della Chiesa romana sul
supremo dominio dellisola.
Nellanno 1207 la Gallura che era governata dalla
madre della principessa fu nel settembre occupata da
Lamberto Visconti cittadino pisano, forse per li supposti dritti derivanti in lui dal sunnotato Guido. Di
che essendosi il Pontefice doluto con la repubblica ricevette alcuni ambasciatori, dai quali fu assicurato che
se Lamberto non obbedisse al comando di rendere
quanto aveva rapito, saria dannato alla perdita di tutti
i beni che possedeva in Pisa. Ma quegli sordo a ogni
precetto, ritenendo lautorit mal acquistata, irrit cos il Papa che ebbe a sentire rinnovate in sulla fine di
ottobre per di lui comando da Rico arcivescovo di
Cagliari le gi proferite sentenze di scomunica e di interdetto contro lui e i signori Galluresi. Vedi le lettere
117, lib. X, p. 67, tom. II, e 143 nello stesso libro.
Da questo che vediamo i magnati galluresi compresi nella sentenza paremi si possa inferire aver essi
dato favore alla usurpazione di Lamberto. Il quale a
convalidarla e onestarla in faccia ai popoli, toglieasi in
moglie la principessa di Gallura, che gi vedemmo
maritata a Trasamondo, cugino del Papa. Vedi latto
di satisfazione presentato al Pontefice da legati pisani
ed inscritto dopo la sua lettera 117 del citato l. X. Il
baron Manno deducea da altra lettera dello stesso
Pontefice, che nellanno seguente 1208 siasi per opera
de pisani ammollita la contumacia di Lamberto, perch commetteasi allarcivescovo di Pisa Lotario che lo
prosciogliesse dal vincolo delle censure, ritenendo per sottoposte allanatema la consorte, la suocera e la
terra, finch in tutte le parti fosse satisfatto alla Santa
Sede. Vedi Raynaldi, ep. 80, l. XI, tom. II.
Lamberto non continu a possedere la usurpata
autorit essendo stato espulso dalla Gallura per Comita di Logudoro, mosso, come credibile, dal Papa. Innocenzo nuovamente sdegnato contro i pisani
per lajuto da essi prestato allimperatore Ottone nella oppugnazione della Sicilia, scriveva a Comita nellanno 1212, perch insieme con gli altri giudici
provvedesse a questo, che i pisani non rientrassero
nellisola, e poi soggiungeva: Intorno alla terra di
Gallura che tieni non presumerai di far alcun patto
n coi pisani, n con altri qualunque, senza nostro
special mandato. Vedi ep. 101, l. XIV, tom. II.
Nellanno 1218 Mariano III, che succedeva al padre nel governo del Logudoro, ottenea pure la sua
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Giovanni, che era stato beneficato dalla repubblica, si univa poi co fiorentini e lucchesi a far guerra
alla patria; e poi nel 1275 moriva nel castello di s.
Miniate, lasciando il regno al suo figlio Ugolino.
Nellanno 1275 UGOLINO, o Nino Visconti, succedeva a suo padre nel governo della Gallura. Mentre
egli dovea soggiornare in Pisa occupato negli affari
della Repubblica, lasciava nel giudicato per suo vicario un certo frate Gomita, di cui molto e mal si confidava; ma questi, che dallAlighieri si qualific vasel
dogni frode, abusando di sua autorit rimescolava
ogni cosa nella provincia, e commetteva tutte sorta di
baratterie. Per quando os vendere la libert ad alcuni nemici del suo signore, apparsa chiaramente la sua
malvagit, ne dava le pene col laccio circa il 1294.
Nino (come lo chiama lAlighieri), che fin dal
1285 era stato ammesso da Ugolino della Gherardesca ad amministrare in societ le cose pubbliche di Pisa, non rest gran tempo in consensione con costui.
Ritornato in Sardegna, poco dopo il dissidio, e passatovi pure Guelfo figlio del suo emulo, turbavano la
tranquillit dei popoli con gli odii reciproci, n prima
cess lo scompiglio che Nino si fosse nuovamente rivolto allItalia. Ivi, guerreggiando contro Ugolino, acquistavasi molta reputazione: ma non potendo un allaltro prevalere, e soli godersi lautorit suprema, a
poterne almeno godere una parte si ravvicinarono, e
con forze congiunte si impadronirono della repubblica nellanno 1287. Un anno essi passarono in quella
fortuna, dopo il quale larcivescovo Ruggieri, assistito da molti congiurati, occupava la podest suprema,
e la persona di Ugolino e di due suoi figli e nipoti. E
avrebbe pur colto Nino, se questi con pronta fuga
non si fosse evaso. Il quale gravemente irato allusurpatore lo fece dannare dal papa Nicol, ed oper
ostilmente contro i suoi cittadini sino al 1293, quando si riconciliava co medesimi; ma vedendo poco dopo che la citt si ripopolava de ghibellini, e tra essi
non si credendo sicuro, abiurata la patria, giurava il
cittadinatico genovese. Tornato in Gallura vi accolse i
fuorusciti pisani, e non meno di questi bramoso di
offendere lantica patria si attestava co marchesi di
Malaspina e co Doria, e intesi prima amichevoli patti
coi sassaresi conducea lesercito sul regno arborese, e
ne minacciava la capitale. Tuttavolta non avvenne alcun fatto darme, e la guerra si risolvette in una scorreria e in un ladroneccio. Veleggi unaltra volta allItalia; e nel 1295 moriva nel borgo di s. Miniate.
Egli erasi unito in matrimonio a Beatrice di Este, e
aveane avuto quella Giovanna che leggesi ricordata
dallAlighieri nella divina commedia. Il poeta giudic
molto favorevolmente del suo amico gentile; ma la
storia che giudica giustamente, gli perdoner la negligenza nel governo de suoi popoli, lambizione iniqua
della primaria autorit nella patria, le guerre alla medesima, e labbiurazione del suo nome?
Nellanno 1295, GIOVANNA Visconti ebbe trasmessi i dritti paterni sulla Gallura, e nel medesimo tempo
il papa Bonifacio VIII (come nota il cav. Tola nella
narrazione delle cose di Nino) scrivea da Anagni al
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donzella di Ardara gli corse incontro, lo arrest, lo vinse e lo trasse incatenato a pi del fratello. Questa vittoria giov per altro ai galluresi, se furono esenti dalla
soggezione a uomini stranieri, quali pajono essere stati
Manfredi e Baldo, e se fu restaurata lautorit de principi nazionali. La sunnominata eroina lasci bei monumenti dalla sua magnificenza nella basilica dArdara,
e nei propugnacoli con cui fortificava la citt.
Nellanno PIETRO di Gunale fu giudice del
Logudoro, il cui principio e termine sono ignoti, il
nome senza infamia e senza lode.
Sin qui le notizie sono oscure e non scevre di
dubbio, perch derivate da condaci poco sinceri.
Nellanno 1017, e forse meglio nel 1022 dopo
che i pisani e genovesi ebbero rivinta la Sardegna dal
Musetto, accadeva in questa provincia un gran scompiglio per la rivalit ed ambizione de due emuli che
in essa si trovavano al tempo istesso. I genovesi malfidi amici ed alleati congiuravano ad assalire improvvisamente i pisani per iscacciarli da tutta lisola e soli
dominare nella medesima, ed effettuavano il disegno, ma nol condussero al termine proposto; anzi
caduti dalla superiorit che avea loro data la sorpresa
furono battuti, e stimolati dalle lancie nemiche dovevano precipitosamente rimbarcarsi, abbandonando
tutta la terra ai traditi alleati, come narrasi nella cronaca pisana dal 971 al 1176.
Nellanno 1063-64 BARISONE di Lacon governava
questo Giudicato, e davasi il titolo di Re della Sardegna nella parte del Logudoro. Volle rilevare i suoi popoli dallabbiezione, dalla barbarie, nella quale erano
caduti nel governo de saraceni, e conoscendo quanto
a questo fine gioveria se restaurasse la religione, e a
questa restaurazione lopera de benedittini, faceva a
quei di Montecassino delle grandi offerte pregandoli a
voler mandare nel suo regno una loro colonia. Si volle
fargli piacere, e furono spediti dodici monaci, i quali
per non poteron pervenire alla meta: imperciocch
scontratisi in alcune navi pisane presso isola del Giglio,
furono spogliati dogni suppellettile, maltrattati in modo che ne morirono quattro, e costretti i superstiti dopo lincendiamento del loro legno a riparare al monastero per diverse vie. Barisone non si dolse invano
presso la Repubblica di questo sacrilego attentato, e
reiterando le suppliche ai cassinesi, accoglieva due anni
dopo uno stuolo di quei religiosi, e dava loro la chiesa
di s. Elia sul piano del monte, che dicono santo, e
quella di santa Maria di Bubali, posta non molto lungi
alla parte di Sligo, nel luogo che serb il nome di Bbalos, concedendo in dotazione lintera montagna e
poderi vastissimi con molti coloni e schiavi.
Sarebbe questo il Barisone, che le cronache sarde
ricordarono vincitore de saraceni, che ebbero devastato Cerigo (s. Maria de Tergo), e morto in Sorso
mentre ritornava dalla felice spedizione?
Nellanno 1073 MARIANO di Lacon, giudice del
Logudoro, fu con gli altri giudici esortato da s. Gregorio, perch adempisse i doveri del vassallaggio dovuto alla Santa Sede. Continu il favore ai monaci
cassinesi, emulato in questa religione, secondo che
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narra il Teoldi, dalla moglie Susanna Gunale o Dezzori, la quale edificava la chiesa di s. Maria di Castra, e di s. Michele di Plajano, occupata poi nel
1115 dai Vallambrosani; dalla sua madre, che fondava il convento delle monache di s. Pietro di Sirki; e
da suo fratello Gonnario che riformava la chiesa di s.
Maria di Cerigo, circa allanno 1117, e faceala nel
prossimo tempo consacrare.
Secolo XII. Nellanno 1092 Dagoberto, arcivescovo pisano, e legato pontificio, radunava in Torre un
concilio provinciale contro Torquitore di Gallura, al
quale fu pi profondamente impresso lanatema pontificio.
Nei primi anni di questo secolo poteano i genovesi
stabilirsi nel Giudicato, e pare con beneplacito del governo. I Doria vi mandarono almeno due della loro
casa, i quali furono capi delle famiglie sarde di questo
nome. Esse fiorirono per pi di due secoli, ebbero dominio su molte terre e castella, e gran potenza. Questa
era una sottrazione a giudici.
Nel 1102 uno de Doria fabbricava la villa di Alghero, e la popolava delle famiglie che avea seco portate; un altro circa allo stesso tempo edificava sopra
il promontorio Frisano il castello, che allora fu detto
Genovese perch proprio dun genovese, e abitato da
genovesi, poscia aragonese quando lo conquistarono
gli aragonesi, e finalmente sardo, con nome pi stabile e proprio.
Nellanno 1112 un altro Genovese, della gente di
Malaspina, ergeva sulla sponda destra del Temo, a un
miglio dalla foce, il castello di Serravalle, e sottesso
fabbricava un borgo, al quale poi diedesi il nome di
Bosa, da quello dellantica citt posta nella sponda sinistra dello stesso fiume, a un miglio pi dentro terra;
e meritamente se vi trasmigrarono quei cittadini.
Nello stesso anno COSTANTINO di Lacon governava il Logudoro.
Nellanno 1114 quando una parte della flotta pisana, spedita per limpresa delle Baleari, approdava
in Portotorre, Costantino che accolse amichevolmente e con molta cortesia tratt i crociati, volle che
il suo figlio Saltro li accompagnasse e combattesse
contro i saraceni. Il giovin guerriero navig al porto
di Capalbo (Portoconte) dove si riunirono tutte le
navi della spedizione per correre subitamente sulle
isole sunnominate a caricar glinfedeli, e nelle battaglie si meritava una bella riputazione per la gran destrezza nel maneggio dellarco.
Costantino ebbe tra sardi grandissima riputazione
per le sue virt, e dimostr una rara piet. Privilegi
con molte concessioni gli eremiti di Camaldoli, negli
annali de quali serbossi memoria delle sue e di quelle
che fece Marcusa sua moglie, avendo donato nellanno
1112 con approvazione di Pietro vescovo di Bosa la
chiesa di s. Pietro di Scano con tutte le pertinenze, e
nel 1113 quella di s. Pietro di Trulla; ed avendo consentito che Azzone arcivescovo Torritano chiamasse i
medesimi monaci nella sua diocesi, a quali nel 1116
fu data la chiesa di Saccargia. Probabilmente questo
Costantino il Comita che fece edificare la basilica di
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Torre. Marcusa faceva riformare quella di Ardara. Costantino viveva ancora nel 1120, nel qual anno interveniva in Ardara ad una donazione fatta a cassinesi.
Nellanno GONNARIO de Lacon, degno figlio e
successore di Costantino, merit di esser lodato per
la probit e lamore della giustizia, e di essere stimato da quelli pure che non lo amavano. Il suo onore
sarebbe intero se fosse stato men debole di spirito,
che spesso si dimostr.
Il principio del suo regno, essendo turbato dalle
ostilit di quelli che erano male affetti verso la sua casa, Ittocorre Gambella suo tutore, temendo non si
tentasse spegnerlo, lo trasportava segretamente in Torre, e consegnava ad alcuni mercatanti pisani, perch
lo conducessero nella loro citt. Ivi creato in casa di
Ebriando, che era uno de principali cittadini, quando
usciva dallimpubert toglieva per moglie la figlia di
lui (anno 1123), e poi offriva a s. Benedetto la chiesa
di s. Pietro in Nurchi, quelle di s. Nicol, s. Giovanni, s. Pietro in Nugulbi, e di s. Elia, e s. Gavino di
Settin per le spese delle vestimenta de monaci.
Nellanno 1127 Gonnario, giovine ancora di anni
17, scortato da quattro galee pisane ritornava al suo
regno, e accolto con molto amor da popoli, prendeva il governo finallora amministrato dal suo vicario,
ed edificava il castello del Goceano. Lintendimento
di questopera essendo stato a comprimere i particolari suoi nemici, si pu credere che questi avessero
stanza nella regione cos detta.
Fu molestato da Comita dArborea, ambizioso di
conquistare il Logudoro, e non adoper la forza necessaria per respingere questemulo, e per ripigliare le regioni usurpategli; come ne adoperava nessuna quando
dal cardinale Baldovino arcivescovo pisano ebbesi fatta
podest di invadere e occupare il regno dArborea, dal
dritto del quale Comita, secondo il tenore della sentenza, voleasi decaduto; imperocch n pur esplorava se la
sorte gli volesse confermare i favori del cardinale. Il che
avvenne felicemente per i popoli sardi, la cui tranquillit non fu turbata, n il numero scemato per le stragi.
Nellanno 1147 Gonnario and in Bonarcado alla corona politica per trattare con gli altri giudici delle cose indicate.
Nello stesso anno, ventesimo del suo regno, quando nel recarsi a venerare i luoghi santi della Palestina, passava e fermavasi tra benedittini di Montecassino, fece scrivere unamplissima conferma di tutte le
donazioni fatte a quel monastero, e segnatamente di
quelle che latavo suo Barisone re, lavo suo Mariano, e Costantino padre con la regina Marcusa consorte di lui, e molti suoi consanguinei aveano gi in
altri tempi fermato a loro beneficio.
Reduce poi dalla sua peregrinazione fond e dot
con ampie rendite nellisola un monistero della regola cassinese nella regione di Capodacque in su confini della Planargia, e lo popol ben tosto coi moltissimi monaci mandatigli da s. Bernardo.
Nellanno 1150 Gonnario volendo terminare nel
ritiro una vita incominciata nelle traversie, e continuata negli atti di religione, docile alla sua vocazione,
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seppero punirlo. Le armi del giudice di Cagliari si dirizzarono contro lui, e ne fu reso dolente. Imperocch
perdeva il castello del Goceano e con esso la nuova
sposa Punclosida scelta fra le nobili catalane dopo la
morte di Drudda sua prima donna, e parimente catalana. Aveala rinchiusa in quella rocca creduta inespugnabile per rimoverla dai pericoli. Non si sa che sia avvenuto di lei. Nelle cronache sarde un orrido ritratto
di questo regolo, rotto talmente al malfare, che vinse la
pazienza di tutti. Imperocch larcivescovo di Pisa lo
sottoponeva alle censure ecclesiastiche, i provinciali se
gli ribellarono, e lo abbandonarono gli stessi fratelli.
Nellanno 1191 COMITA fu eletto giudice del Logudoro. Persever nellamicizia de genovesi, ai quali
in questanno con consenso del figlio accordava alcuni favori. La consanguinit de Doria con questi
regoli portava e comandava questa politica. Ma forse
avea cangiato opinione quando second le ire di
Guglielmo di Cagliari contro larcivescovo dOristano, genovese dorigine, imprigionando e caricando
di catene il prelato.
Secolo XIII. Nellanno 1203 il giudice di Torre era
chiamato dal Pontefice insieme coi regoli di Cagliari
e Arborea per comporre certe differenze tra la Gallura e lArborea, e provvedere alle future nozze della signora di Gallura.
Nellanno 1205 ristaurava e fondava un monisterio della regola cisterciense.
Nellanno 1208 lautorit del Logudorese si distendea sulla Gallura per concessione del pontefice
Innocenzo e per dritto di guerra.
Nellanno 1211 Innocenzo scriveva a Comita esortandolo a voler insieme con gli altri magnati dellisola resistere alle macchinazioni de pisani, e comandandogli di non disporre delle terre della Gallura
senza sua licenza.
Nellanno 1218 MARIANO, figlio di Comita, governava il Logudoro e la Gallura. Fra poco perdette
la Gallura toltagli da Lamberto e da Ubaldo Visconti; e per riaverla preparava le armi confortato a questo dal Papa, e lusingato con la speranza degli ajuti
che gli porgerebbero i milanesi. Non sappiamo gli
avvenimenti della guerra, ma possiam congetturare
che intanto le sorti state sieno sfavorevoli a lui, che
fosse obbligato a ricever la legge dai suoi nemici; gi
che dovette promettere e dare la sua figlia a Ubaldo,
e con pubblica carta (add 18 settembre 1219) cedere
a Lamberto ogni suo diritto sopra la Gallura. Questo
Mariano prese in moglie Agnese, figlia del marchese
Guglielmo, giudice di Cagliari, dalla quale ebbe
Adelasia sposa di Ubaldo, Benedetta sposa del conte
di Ampurias, e Barisone.
Nellanno 1233 BARISONE succedeva nel regno in
et pupillare, e subito confermava a genovesi le concessioni fatte dal suo avo Comita, e dal padre Mariano. Tre anni dopo essendosi commossa a sedizione
una masnada di soldati sarzanesi, il giovin regolo periva tra il loro furore. Gregorio IX commosso dalle
querele di Adelasia commise allarcivescovo di Pisa di
fulminare le censure contro gli autori del misfatto.
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lasci le sue soldatesche in Portotorre. Poco dopo Andreotto Saracino voltosi contro Alghero la cinse di assedio, e favorito dal giudice di Oristano la prese.
REPUBBLICA DI SASSARI
maniera di giurisdizione, il mero e misto imperio, secondo gli statuti e le consuetudini del luogo, e ricevesse
un salario di ll. 600 moneta di Genova proibito ogni
altro guadagno, salvo le cose che servono al vitto, ma
non in maggior quantit che si potesse consumare in
tre giorni. Quindi si regolava in questo modo la elezione del podest. Il consiglio maggiore e gli anziani di
Genova si radunerebbero, ed eleggerebbero quattro de
presenti da ciascuna delle otto sezioni, gli eletti giurerebbero di eleggere il digniore, e quegli che ottenesse
maggior numero di schedule sarebbe podest di Sassari; che un podest non potesse tornar al governo che
dopo sette anni compiti, e nessuno della sua casa o del
casato prima che scorressero tre anni; che non potesse
eleggersi alcuno che avesse in tutta lisola terre e vassalli; che il podest, il suo scrivano, e il milite, socio o suo
bargello potessero essere sindacati dai sindacatori di
Sassari. Si ponea poi negli obblighi de sassaresi e distrettuali, che i cereali, i formaggi, le carni, le vettovaglie e altre merci che estraessero dal porto torritano
dovessero portarsi a Genova; quindi si concedea a genovesi, che per la difesa del porto Torritano potessero
ergervi due torri, e munire il porto con catene, macchine, ed altri apparati (paramenta), proibito per fabbricarvi fuorch un magazzino per deporvi le merci, e si
fissava per tali spese la gabella di un denaro a genovesi
e sassaresi che entrassero e uscissero dal porto, di quattro agli altri. Che i pisani sarebbero espulsi da Sassari
senza speranza di ritorno, concesso per finire i loro affari e vendere i loro predi lo spazio di tre mesi, e che
nessuno di Sassari potesse contrarre matrimonio co pisani. E finalmente che i sassaresi in segno di dilezione e
di fede manderebbero in Genova quattro cerei del peso
di 40 libbre ciascuno.
Vedesi da questa carta che Sassari veniva a farsi
colonia di Genova, il comune di Genova prendea in
apparenza il protettorato, in verit una specie di dominio, e che favoriva pi al commercio e monopolio
de suoi cittadini naturali, che al bene degli adottivi.
GOCANO, regione mediterranea della Sardegna,
e gi parte del regno del Logudoro. Chiamavasi cos
dal suo capo-luogo, che fu la terra conosciuta poi
sotto il nome del borgo (su burgu), sottostante al castello che tuttora si appella del Gocano.
Il Fara sotto questo nome comprese la parte meridionale del distretto, e indic laltra sotto il titolo di
curatoria di Anla. Sar stato che questa contrada
fosse divisa in due giurisdizioni; ma pare essere stato
ne tempi antichi, come al d doggi, che il nome Gocano comprendesse anche la regione settentrionale.
Questo dipartimento confinava a settentrione col
Montacuto, a levante con la Barbagia Bithi e col
Dore, ad austro col Marghine, a ponente col Costavalle e col Cabuabbas.
La sua superficie si pu computare eguale a miglia
quadrate 180, distendendosi da ponente a levante
dalle sponde della valle del Campo Giavese (Campu
de Jossu) fino alle falde dellaltipiano Bithese circa miglia 15, e dallaustro al settentrione circa 12 miglia.
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Gocano
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Seminagione
Star. grano
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
Totali
orzo
1500 700
420 230
850 700
300 400
300 500
210 350
600 600
160 180
4340 3660
alcune delle quali fu computata una superficie di circa 1000 starelli. Tali latifondi erano veduti male non
solo da pastori, che erano avvezzi a vagare senza ostacolo in tutte parti per nutrire le proprie greggie e di
armenti sopra le terre altrui, ma pure dagli altri che
vedeano incorporate le pubbliche vie, e i fiumi, chiuse
le sorgenti, e usurpate le terre de particolari o del comune. Lindegnazione maturava, e nel 1831 quando
in Nuoro per causa di consimili usurpazioni scoppiava, e accadeano demolizioni, incendii e zuffe, anche
nel Gocano si fece eco a quel tumulto, e in varie parti si rovesciarono le muriccie, si abbruciarono le siepi,
si spargeva il fuoco tra gli alberi fruttiferi, e insieme
con gli iniqui che avean usurpato laltrui, e cagionato
ai popoli incomodo e danno, patirono alcuni onesti
proprietarii. In Benetutti i pastori e altri malcontenti
infuriarono di pi; in Bono si pat meno, perch meno osarono gli invidi contenuti dal timore della potenza de grandi proprietarii, che minacciosi stavano
ad osservare chi primo movesse con la fiaccola.
150
36
60
45
40
35
80
60
506
100
50
80
30
35
25
50
15
385
20000
3000
10000
3000
3500
2500
8000
3000
53000
25000
7000
10000
6000
4000
4000
5000
3000
64000
Maschi
Femm.
Anime
Nascite
Morti
Matr.
520
115
330
165
176
120
230
78
1734
1274
318
768
313
410
286
490
156
4015
1187
250
804
346
398
294
510
154
3943
2461
568
1572
659
808
580
1000
310
7958
80
21
54
25
30
22
36
12
280
54
15
35
14
18
14
20
8
178
16
5
12
6
7
5
8
3
62
Operai
Agric.
Pastori
Meccan.
Fam. prop.
Fam. pov.
Scolari
Legg.
750
189
465
186
246
171
288
93
370
110
260
110
160
100
200
60
380
80
170
90
160
86
90
45
66
15
30
10
15
10
15
5
507
90
303
147
145
115
208
64
13
22
22
15
25
2
21
2
40
14
26
29
15
14
16
16
80
12
50
16
20
14
60
10
Bono
Anela
Benetutti
Bottidda
Bultei
Il borgo
Ilorai
Sporlatu
Totali
TABELLA 2
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
TABELLA 3
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
Totali
Capi-bovini
per lagric.
vaccini
rudi
idem
mansi
cavallini
rudi
idem
mansi
pecorini
caprini
porcini
alveari
500
156
338
154
180
130
266
100
1824
4000
280
2000
150
800
100
600
150
8080
150
50
100
20
35
40
60
40
495
500
20
150
20
100
65
30
885
300
30
200
50
60
40
80
60
820
15000
3500
7000
1500
4000
4000
6000
2000
43000
5000
1500
2000
600
1500
1000
2000
1600
15200
10000
1500
3000
1100
1600
1000
1500
300
20000
2000
200
1000
300
400
200
300
150
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Non si pu intendere perch i primi restauratori volessero stabilirsi in quel fondo meglio che in siti migliori poco lontani.
Le case non sono pi di 60, disposte in due rioni separati dal suddetto rivolo, costrutte a pietra nella forma
narrata per quelle di Gessico, ma meno comode, come
sono pure le contrade per un piano aspro. Vi abitano
64 famiglie, che danno anime 270, cio maschi 140,
femmine 130. Nascono allanno 10, muojono 8, e si
fanno due matrimonii. Trovansi poche persone agiate;
gli altri son tutti poveri, menano una vita meschinissima, e frequentemente emigrano in luoghi migliori. La
coltivazione delle patate sarebbe di sommo giovamento; ora molti sono obbligati a consolar linedia con erbe
selvatiche, dal qual nutrimento disumano provengono
frequenti casi funesti.
Le malattie pi frequenti sono le perniciose e le
infiammazioni toraciche; per la cura della salute non
si ha che un flebotomo.
Sono circa 60 persone che attendono allagricoltura, 20 alla pastorizia, e 3 alle arti meccaniche pi
necessarie. Quasi in tutte le case un telajo per i
panni necessarii al vestiario della famiglia.
I gonesi sono robusti, armigeri, cacciatori, ladri e
poco religiosi, come sogliono essere i popoli pastori.
Nelle loro differenze non si soglion prevalere dei curiali, e usano andarsene al monte quando il giudice
del mandamento va a visitarli. Cos costumano fare
in altri paesi consimili, e piuttosto che alla sentenza
de giusdicenti, che appellano scorticatori, si rimettono al parere di alcuni arbitri. Essi vanno spesso a
fare scorreria e bottino sulle terre di Donnigala, e i
delitti pi frequenti sono furti ed omicidii.
Questo popolo sotto la giurisdizione dellarcivescovo di Cagliari, e nelle cose spirituali curato da un
solo prete che si intitola vice-rettore, giacch non
pi creossi rettore dopo la morte del Columbano
nellanno 1816. Questo sacerdote fu creduto ricco;
vedendosi assalito da alcuni che volean derubarlo,
fece resistenza, e fu dagli aggressori ucciso, perch riconosciuti da lui temevano di essere denunziati. Ma
non pertanto portarono molti la pena del sacrilegio.
La chiesa dedicata a s. Giacomo, fatta di recente
e tuttavolta cadente, squallida per la povert, e umida per le acque che nella stagione piovosa scorrono
sotto il pavimento.
In campagna a circa mezzo miglio verso ponente
unaltra chiesetta dedicata allo stesso santo, la quale
fu gi parrocchiale. Vi si festeggia, ma pochi amano
andarvi.
Il territorio poco esteso e assai montuoso. Essendo le roccie di arenaria come nella vicina Galila, e il
suolo sabbioso, la produzione poco considerevole, e
in alcuni tratti dove son migliori condizioni, poco pure si ottiene per la poca arte, e per la poltroneria.
Si semin. star. di grano 200, dorzo 30, di fave
30, di legumi 8. Le vigne sono poche, e il prodotto
di nessuna bont, perch mal scelti i luoghi. Il mosto che fanno non basta al consumo, e devesi supplire comprandone da altri paesi.
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e dun cappellano fisso. Furono instituite due confraternite, una del Santo Sepolcro, laltra del Rosario.
Le chiese minori sono due, una dedicata a s. Bartolommeo, antica parrocchia, nella quale si continua a
seppellire i cadaveri, deponendo i soli poveri nel prossimo cimitero; laltra a poca distanza dal paese dedicata a s. Daniele, che fu di recente edificata con le offerte gratuite de divoti, restando esecrata lantica.
Feste di s. Daniele. Tre volte allanno festeggiasi
per questo santo, la prima add 9 maggio, la seconda
add 13 ottobre, la terza add 13 novembre.
Concorreva alla prima una gran moltitudine di
persone da tutte le parti del regno, e accadde si numerassero pi di 20000 persone di tutte et e condizioni.
Accettavansi nel paese quelli che poteano contenervisi. Le case ridondavano di stranieri, alloggiando in
qualcuna 40 e fin anche 60 persone; gli altri doveano
nella notte serenare nellaperto, dove erano pi di mille cinquecento cavalli, pi di mille carri coperti (traccas), e da settecento in ottocento carri carichi di aranci
e limoni: parea laccampamento di un esercito. La
grossa terra di Salluri restava deserta, ed era necessit
di raccomandarla alla vigilanza de bargelli. I campi
erano in gran parte devastati da tanti uomini ed animali. Nella mattina della festa era bello il vedere una
lunghissima fila di buoi aggiogati, spesso non meno
di due o tremila, tutti adornati nella fronte e nelle
corna con fiori, nastri, specchi, arancie, i quali docili
alle redini precedevano un immenso popolo che attorniava leffigie del Santo, e cantava il rosario tra larmonia di cento zampogne (launeddas), e i frequenti
scoppi degli archibugi, delle noci e de razzi. Quindi
era un altro bello spettacolo vedere i pranzi per i campi. I salluresi portavano a sacchi il formaggio grattugiato per condire i maccheroni asciutti.
Questa divozione di fresca data. Si cominci a festeggiare con qualche pompa, si di voce di grandi miracoli operati, e questa fama distendendosi persuase a
portarvisi le famiglie, che avean persone malatticcie, e
quelli che desideravano qualche grazia. Il rumore de
prodigii si and sempre rinforzando, crebbe il concorso, si moltiplicarono le obblazioni, che in poco tempo
sorpassarono li 5 mila scudi, e le tabelle votive coprirono laltare e le pareti della chiesa. Vedeansi letti con
ammalati, cadute, incontri con nemici, carri rovesciati,
teste, gambe, mani, cuori, bambini e altri segni di riconoscenza in tele mal pitturate, in cera, in oro, in argento, in legno, ed erano pure appese non poche treccie, non so se di teste di femmine o duomini.
Tuttavolta degli innumerevoli prodigii che si dissero
fatti nessuno potea venire alla pubblica cognizione.
Quando questa fama di miracoli fu sparsa in tutta
lisola, manc il concorso alle altre feste, alle quali era
stata fin allora una gran frequenza; e pochi continuarono ad andare a s. Paolo di Monti, a s. Greca ecc. Fu
preveduto anche per Gonnos-Codina un simile destino, e se ci non fu per una novella divozione, avvenne dopo il 1830, quando si inaugurava solennemente
la nuova chiesa; perch in diversi luoghi si cominci a
festeggiare popolarmente da cappuccini ed osservanti,
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Fiera per s. Daniele. Insieme coi divoti concorrendo i pizzicagnoli e mercanti, ebbe luogo nella festa
di maggio una fiera, che fu delle pi frequentate. Si
fabbricarono 60 botteghini presso la chiesa, e pagavasi per ciascuno perfino tre scudi.
GONNOS-FANADIGA [Gonnosfanadiga], terra
della Sardegna nella prov. di Iglesias, e nel mandamento di Guspini, sotto la prefettura di Oristano. Era
compreso nel giudicato del Colostrai, dipartimento
dArborea.
La sua situazione geografica nella latitudine
3929', e nella longitudine occidentale di Cagliari
027'30".
Giace alla falda settentrionale del monte Linas, in
due frazioni separate da un fiume, e distinte da due
nomi, appellandosi Gonnos la parte che sta alla dritta
del fiume in sullestrema pendice, e Fandiga linferiore che sta alla sinistra nel piano, a levante dellaltra.
Il riparo di quellalta massa di monti, fa che non
sentansi i venti australi. Vi dominano i boreali, e sono spesso sentiti violenti per il riflusso che accade da
quelle enorme mole: anche il greco vi spira liberamente. Nellinverno massime se il vento venga da
queste parti sentesi gran freddo, e la neve dura alcuni giorni; ma nella estate per i venticelli marini la
temperatura assai moderata. Non sono rari i temporali per le nubi tempestose che spesso nelle calde
stagioni si arrestano sul monte, e di quando in
quando si patisce danno dagli oragani; per che dallalte cime venendo gi per angusti canali qualche
impetuosa corrente aerea, e rimbalzando da colli di
Gonnos si genera il vortice, che distrugge la vegetazione delle vigne e dei fruttiferi, e atterra e opprime i
seminati s che pi non si possano rilevare e crescere:
ed talvolta tanta la furia, che sbarbica fin gli alberi
annosi. Le nebbie ingombrano spesso il paese, ma
non sono nocive, giacch le medesime sono delle
nuvole che si abbassano dalle alte parti della montagna, e venendo gi danno indizio or di prossima
pioggia, ed or di vento. Notasi una maggior umidit
nel rione superiore, e pare a cagione delle molte acque onde turgido il pi del monte. Laria suol esser
viziata dai miasmi che vi trasporta il levante, e dagli
effluvii de letamai che si hanno ne cortili, dalle immondezze del macello, e dalle sepolture fetenti dentro la chiesa parrocchiale.
Sono in questo paese famiglie 770 con anime
3313, delle quali 1687 nel sesso maschile, e 1626 nel
femminile. La media d nascite annuali 107, morti
60, matrimoni 15. Le malattie pi frequenti sono infiammazioni di petto, e delladdome, febbri gastriche
e intermittenti, idropisie e odontalgie. Per la sanit
pubblica sonovi due medici, un chirurgo, due flebotomi. Non si ha levatrice per le puerpere. Vedonsi
esempi non rari di longevit secolare.
Professioni. Si numerano famiglie agricole 536,
pastorali 120, meccaniche 93. Quindi sono 6 preti,
7 notai. Poche sono le famiglie che non possedano
qualche cosa, e potranno computarsi non pi di 35.
Gonnos-Fanadiga
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Gonnos-Noo
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Gonnos-Tramatza
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Gonnos-Tramatza
Lestensione territoriale di questo Gonnos pu valutarsi a circa starelli 5750 che nella massima parte
in pianura. Si possono notare dalla parte del sirocco
tre colline denominate Cucuru-Cabnis, Santavittoria e Cucurubingias; e dalla parte verso il meriggio
leminenza che dicono Crucu. In alcuni siti trovasi
terra ottima per la fabbricazione de mattoni e tevoli.
Il fiume sunnotato ridonda qualche volta in inverno, e allaga per qualche tratto i campi con grave danno de seminati, e con incomodo degli abitanti del
paese. Un ponte ben costrutto serve alla comunicazione fra due rioni. In esso contribu il popolo, ma il pi
della spesa fu conferito dal rettore Aru, che govern
questa parrocchia verso la fine del secolo XVI? e volle a
questopera utilissima consacrate intere due sue prebende. I gonnesi benedicono tuttora alla sua memoria,
ed io rendo al degno sacerdote lonore che si merita
per luso ottimo che seppe fare de frutti de suoi beneficii. In questo fiume vengono dalla parte di monte
Siddi alcuni ruscelli, il Coccioledda che traversa il rione di levante, ed ha un piccol ponte, quindi un altro
rivolo alla parte di mezzogiorno che taglia la via a Serzela, e laltro alla parte contraria che dicono Fascas, e
che vive solo nelle stagioni invernale e primaverile.
Popolazione. Nellanno 1839 si numeravano in
Gonnos anime 850, delle quali 410 nel sesso maschile e 440 nel femminile distinte in famiglie 230. La
media d nascite annuali 25, morti 15, matrimonii
6. I pi mancano prima del sessantesimo anno. Nella
prima et la maggior mortalit, e questa osservasi
principalmente nel mese dagosto. La ragione di tanta pernicie pare esser questa, che andando le donne
alla stoppia portano seco i bambini, non avendo a
chi raccomandarli, ed ivi li depongono sopra il terreno bruciante, non usando altra cura che di ricoprirli
dal sollione con un panno disteso sopra tre canne riunite in alto. Lo stesso praticandosi ne vicini paesi e
in altre parti vedesi lo stesso effetto, il quale non
poi veduto in rispetto a quei piccoli che non patiscono la stessa inclemenza. Nelle altre et vedonsi corpi
robusti, e cos temperati da resistere alle pi forti cause morbifere. Le malattie pi frequenti e perniciose
sono i dolori laterali e i mali di fegato. I due flebotomi che si hanno per curare la sanit pubblica, dopo
aver salassato ed aver adoperate le sanguisughe cos,
come da persone pi dotte della setta de dissanguatori usasi in altre parti, lasciano che operi o il male o
la natura. Si ha una levatrice.
Professioni. Sono applicate allagricoltura famiglie
150, ai mestieri 30, alla pastorizia 6. Vi sono poi famiglie nobili 3 con 9 individui, quindi le famiglie de
preti, de notai e dei ricchi. Le famiglie non possidenti sono 100. Le donne lavorano in 215 telai, panni,
lani e lini pel bisogno della famiglia. Quasi in tutte le
case questa macchina di antica forma, perch ogni
donna, di qualunque stato ella sia, quando va nella
casa del marito, tra tutti i mobili e arnesi che vi porta, pone primo il telajo.
Nella scuola primaria si numerano fanciulli 10, il
frutto finora ottenuto da questo insegnamento
quasi nullo.
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Agricoltura. Nel generale questo territorio attissimo ai cereali, e nutre ottimamente le diverse specie
de fruttiferi, principalmente gli olivi e i mandorli.
Si sogliono seminare annualmente starelli di grano
900, di orzo 100, di fave 250. Lordinaria fruttificazione allottuplo. Di lino se ne semina pochissimo.
Le vigne non sono molto curate; e non pertanto
producono abbondantemente. Le uve sono bianche,
e la pi comune quella che dicono nurgus; per
anche i vini sono bianchi. Lestensione piantata a viti
sar circa di 110 starelli.
Gli alberi fruttiferi, sebbene allignino, sono ancora rari. Vi saranno 100 ulivi, 2000 mandorli, ed un
altro migliajo di altre diverse specie.
Bestiame. in piccolissimo numero, non avendosi
che 200 buoi per lagricoltura, 50 vacche, 20 vitelli,
40 cavalli, 15 majali, 40 porci, 50 pecore. Questultima specie pascola nella regione di pastura comune
che dicono Pabarle, le altre nel prato e nelle terre
chiuse (le tanche).
Religione. I gonnesi sono sotto la giurisdizione del
vescovo di Ales. La chiesa maggiore dedicata allarcangelo s. Michele, ed il paroco che la governa ha il
titolo di rettore ed assistito nella cura delle anime
da altri due preti. Quindi vi ha una sola chiesa filiale
che trovasi allestremit dellabitato ed dedicata a s.
Antonio abate, ed unaltra in campagna.
La principale sacra solennit per il titolare. La
festa accompagnata dal solito spettacolo della corsa
de barberi.
La chiesa rurale che accennai lantica parrocchia
del deserto villaggio di Srzela e trovasi a mezzora da
Gonnos in sulla sponda sinistra del fiume. Essa era
dedicata a san Paolo apostolo, e tiene ancora il suo
fonte battesimale, laltar maggiore di legno dorato
con pitture in tavola di molta antichit e di gran pregio. Nel piccol coro vedesi un marmo incastrato nel
muro colla seguente leggenda in lingua nazionale:
A. VI. DE ARBILI MDLXXXVI
EST ISTA DA ISFATTA SA BIDDA DE VRAS
DE MANVS DE TVRCVS E MORVS,
E FADA SV CAPITANV DEIS MORVS BARBAROSSA
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nella cattedrale di Terralba, e questa pi non era servita o esisteva quando egli pass a reggere le due chiese
di Sardara e di Serzela; quindi il disfacimento e disertamento di Terralba pu riferirsi alla met del detto
secolo. Leccidio di Uras notato nellaltra nel 1586 per
le armi di Barbarossa mi rammenta unaltra invasione
de turchi e barbareschi riferita allanno 1527 sopra
Uras, Terralba ed Arcidano. I popoli poteron fuggire,
ma le loro case furono saccheggiate, onde i fuggitivi
dovettero andar raminghi.
Deducesi questa notizia dalla testimonianza dun
uomo di molta et, che ripeteva ci che aveva udito
narrare dal suo avo, in una causa di litigio de vassalli
dimoranti in quei villaggi contro certa pretesa del
barone.
GOROFAI, villaggio della Sardegna nella prov. e prefett. di Nuoro, e nel mandamento di Bithi. Comprendevasi nella Barbagia Bithese parte della Gallura.
Le sua situazione geografica nella latitudine
4028'30", e nella longitudine orientale da Cagliari
015'.
Siede quasi alla tramontana di Bithi, alla distanza
di metri 120 sulla sponda orientale del pianoro, ed
quindi anche a questo paese comune quel che si
notato sul clima, e sulla meteorologia dellaltro. Il
fiumicello Giordano scorre tra due paesi.
Si potranno numerare una settantina di case frammezzate da immensi mucchi di rovine, che attestano
quanto numerosa fosse in altri tempi la sua popolazione. Le vestigie stendonsi anche attorno delle presenti
abitazioni, e a chi voglia confrontare lantica superficie
del paese con quella che or si vede occupata, non pu
non sorgere in mente lidea duna funestissima desolazione, gi che questa non pi che un ottavo dellantica grandezza. Anche lantica parrocchia, con la sua capacit proporzionata allantico numero de fedeli dice
quanto sia stato lo scemamento. Ma quando e come
avvenne tanta rovina? Fu per pestilenza, fu per crudeli
inimicizie, o guerre intestine? un mistero.
Ne secoli trascorsi pochi erano che scrivessero, e
quei pochi niente sapevano dello stato de popoli, e
solo erano intenti a glorificare i loro municipii. Il Fara
ignor tante cose che avvennero lui vivente, e il Vico,
o il Pinto, in quella scritturaccia, che fu intitolata Storia generale del regno di Sardegna, non seppe movere
un passo oltre il termine in cui erasi posato il Fara.
Popolazione. Nellanno 1839 erano in Gorofai 60
famiglie con anime 244, delle quali 104 nel sesso
maschile, 140 nel femminile.
Professioni. Sono applicati allagricoltura uomini 59,
alla pastorizia 9, a mestieri 2. Le donne lavorano indefessamente sul telajo, e con le tele e i panni che vendono procurano a s e alla famiglia parte della sussistenza.
La scuola primaria frequentata da 8 fanciulli.
Un paroco, assistito da un altro prete, governa le
cose religiose, sotto la giurisdizione del vescovo di
Nuoro. La qual cura speciale per la chiesa di Gorofai
fu stabilita nel 1772, gi che sino a quel tempo amministravasi dal paroco di Bithi, che per era detto
pievano di Bithi e Gorofai.
Guamaggiore
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Guamaggiore
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dellanno MCCXIIII. Questa e laltra di s. Pietro rinchiuse entro un muro, servono per cemiterio.
Per la festa di s. Maria Maddalena, che cominci
a celebrarsi da circa 83 anni, quanto il tempo scorso dalla sua edificazione, concorrono molti da vicini
paesi chi per divozione, chi per ricreazione, e altri
per ismerciarvi frutta, vini, confetti, panni e stoffe.
Antichit. Norachi. Sono conosciuti co nomi seguenti, norace de Baccas, Friarosu, Sa Corti deis Bacus, Marigianu, Barru, Su bruncu dessu sensu, Laus
de leoni, Titiru, Pitzu Ecis, s. Maria Maddalena, Perdosu, Su bruncu de Giuanni Zuddas, Ungrera, Nuragi de Mindas, Sa corti dessu Seci, Montacuzzu, Ruina-enna, Atza-casu. Il pi considerevole il detto
Montacuzzu, gli altri sono in gran parte distrutti e di
alcuni non restano che le sole fondamenta. I norachi
di Pitzu Ecis, e Giuanni Zuddas furon distrutti per
usare i materiali a una chiudenda, e quello di s. Maria
Maddalena per fabbricar lattuale chiesa. da notarsi
che presso al norace Baccas si scopersero intorno al
1820 alcuni pezzi informi di bronzo con varii istromenti a lavorare su metalli.
poi da vedersi presso a questo stesso norace un
fabbrico antico di grosse pietre in forma circolare,
che volgarmente si appella Su frigu deis morus (la
fabbrica dei mori).
In varii luoghi di questo territorio gli agricoltori
scoprirono sepolcri, ne quali trovarono ossa, lucerne, scodelline, vasi lacrimatori e antiche monete. Le
misure de sepolcri e delle ossa sono al solito esagerate, e si suol far credere che fossero tombe di giganti.
Popolazioni antiche. Alcuni indizii sembrano ricordare lesistenza di alcune popolazioni, delle quali
ignorasi il nome; ed essi si trovano presso norace
Mindas, in su Corti dessu Seci, in Barru, in Perdosu.
GUASILA, anticamente Goy-Esili, villaggio della
Sardegna nella prov. e pref. di Cagliari, capoluogo di
mandamento con giurisdizione sopra Pimentel, Ortacesus, Barrali, Guamaggiore. Comprendevasi nella
Trecenta, che fu un dipartimento del giudicato pluminese o cagliaritano.
La sua situazione geografica nella latit. 3933'30",
e nella longit. occid. di Cagliari 05'.
Siede Guasla sopra un piccolo prolungato rialto (sa
serra), che poi declina in un fondo pantanoso, s che
resta in sulla sponda del bacino della Trecenta. La sua
esposizione tale che sente tutto linflusso del ponente
e del sirocco. La tramontana trova ostacolo nel monte
Corona, e il levante ne monti di s. Basilio. Il caldo
un po mite, ma il freddumido penetrante. La nebbia
ingombra quella parte dellabitato, che trovasi alla parte
di levante, dove nulla la indicata eminenza, non isvanisce se non dopo alcune ore di sole, e sentesi molto
nociva. Le case sono circa 480, tra le quali degno di
menzione il palazzo rettorale, che dicesi fatto per esser
abitazione vescovile quando progettavasi di separare
dalla diocesi di Cagliari quella di Dolia. Le strade sono
irregolari, ed alcune difficili.
Lestensione del territorio di circa starelli 8000,
una piccola parte de quali sono nel piano. I principali
Guasila
colli diconsi Monte-Corona, Sbera, e Siocco, il primo de quali quasi al settentrione del paese, laltro
al libeccio, il terzo allaustro, tutti e tre distanti circa
unora. La punta di Monte-Corona detta Montacuzzu, e da essa spazia locchio per un estesissimo
orizzonte. Il Sebera vantasi ricco di rame e di argento, e notasi in esso una cava di alume, che fu poco
curata. Vi frequente la roccia arenaria, e trovasi uno
strato di certa pietra azzurra e poco compatta, che
usasi nelle costruzioni.
Fra le erbe non sono altre usate che la Rubia tinctorum, che i guasilesi dicono Corijedda, ed usano a
tingere in rosso i sajali; e la timelea, che appellano
truiscu, e adoprano mescolatamente al vitriuolo per
dare il nero.
Alla estremit boreale questo territorio diviso
dallagro di Villanovafranca, e Villamar per il fiume
Seppu che proviene da Mandas. Accresciuto da altri
ruscelli passa tra i detti territorii, ed unitosi al fiume
di Villamar, scorre sotto il ponte di Furtei, e quindi
entra nel Caralita. Queste acque han poche anguille.
La gora detta Riu Ari nasce nelle eminenze di
Gesico e Guamaggiore, e dalla parte di greco entra
in questo territorio, dove tendendo al meriggio, traversa tutto il vigneto. Poco considerevole il volume
delle sue acque: non pertanto ne tempi piovosi vedesi crescere in tanto, che ridondando dal canale, cagiona gravi danni ai predii vicini, e ad una parte del
paese, dove passa volgendosi allaustro.
Nel paese sono alcune fonti pubbliche, e molte private; ma siccome sentonsi alquanto amare, per servono solamente per il bestiame e per gli usi di famiglia.
Popolazione. Nellanno 1839 erano in Guasila famiglie 475 ed anime 1807, delle quali 870 nel sesso
maschile, 937 nel sesso femminile. La media del decennio dava nascite 65, morti 35, matrimonii 12.
Lordinario corso della vita ai 65 anni, e non sono
rari gli ottuagenari e nonagenarii. Le pi frequenti
malattie sono infiammazioni, ostruzioni di milza e fegato, e lernia massime ne pi laboriosi per li grandi
sforzi che tentano. Attendono alla sanit pubblica un
chirurgo ed un flebotomo. In questo paese sono stabilite due farmacie.
Professioni. Sono applicate allagricoltura famiglie
470, alla pastorizia 28, ai mestieri 32. Quindi sono a
notare 4 famiglie nobili, 6 notai, 5 preti, ecc. Le famiglie possidenti sono 400. In ogni casa trovasi il telajo, e le donne lavorano tele, sajale, coperte di letto,
e quanto necessario per il servigio di tavola.
Alla scuola primaria non intervengono pi che 15
fanciulli.
Agricoltura. Il terreno generalmente di gran fertilit, e suole ogni anno ricevere starelli di grano 2000,
dorzo 400, di fave 500, di legumi 100. Il grano suol
dare il 15, lorzo il 25, le fave il 15, i legumi l8. Di
lino se ne semina cos poco, che sia duopo comprarne. Le erbe ortensi non si coltivano che in soli tre
luoghi, onde che mancano a soddisfare ai bisogni.
La vigna prospera, le uve comunemente sono nere, onde anche il vino nero, e in una quantit non
minore di quartare 25000. Le uve bianche possono
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Guilarza
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Guspini
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Comprende poco meno che i tre quinti meridionali del Pianoro, che dicono del Marghine dallalta
sua sponda sul Tirso, la quale nel linguaggio nazionale appellasi Marghine.
un terreno basaltico, e pare formato da un ampio ristagnamento del liquido igneo che fu eruttato
dal cratere di s. Lussurgiu.
La sua lunghezza nella linea daustro-borea si
avanza a miglia 12, la larghezza compensata a miglia
7; onde che la superficie si pu tenere eguale a miglia quadrate 84.
Questarea, fu spartita forse dagli aragonesi, per
una linea obbliqua secondo il maestro scirocco in
due distretti, uno superiore perch settentrionale,
laltro inferiore perch meridionale.
La parte superiore fu pure appellata Contrada Canales per li quattro o cinque seni, o canali, che sono
nella pendice, o nel margine orientale dellAltipiano sul
nominato fiume dal promontorio di Sedlo al seno o
canale di Tadasune, che veramente sono ragguardevoli
siccome le parti pi amene e feraci del dipartimento.
La parte inferiore fu cognominata Reale perch
fin dai primi tempi ritenuta nel demanio. In questa
sono due valli, una alla falda del monte di s. Lussurgiu, dove or passa la gran strada, laltra nella quale
serpeggia il fiume Melchi.
Irrigasi questo dipartimento da quattro fiumicelli,
originarii dalle fonti del suddetto monte. Due traversano la parte superiore, e riunendosi presso Aidomaggiore scendono nel Tirso; gli altri due scorrono
nella regione inferiore; e quel di Melchi la traversa in
un lungo solcamento pendente allaustro, laltro serpeggia presso i confini: il primo va a mescersi al Tirso, laltro va sempre crescendo per confluenze, e perdesi nello stagno di Cabras.
Le roccie del pianoro non essendo in ogni parte
ben coperte di terra, per non potrebbe tutta la superficie essere facilmente coltivabile, e devono restare de luoghi per selva e pascoli.
Il bosco spesso assai raro, e in molte parti recente,
indica i danni, che pat dal ferro e dal fuoco de pastori. Se non si provvede efficacemente contro costoro, le piante ghiandifere non potranno prosperare, e
mancheranno, come mancano in molte contrade, la
legna pel fuoco e per le opere.
I pascoli sono abbondanti, cominciando dallottobre alla fine della primavera, anche per le pecore e
pei cavalli, per le vacche e i buoi. Nellestate le erbe
non vivono che nei luoghi umidi, che sono rari, e
nelle rive de fiumi perenni.
Lattitudine del suolo ne luoghi, dove poca terra, grande per la vegetazione dei fruttiferi gentili, e
potrebbesi con gran successo coltivare quasi in tutti i
luoghi lolivo e la vite, e nelle valli gli agrumi.
L dove pu maneggiarsi laratro ben veduta
dalla fertilit la convenienza della terra ai cereali, e se
si lavorasse in tutti i luoghi, che lecito, potrebbesi
avere una messe quadrupla dellattuale.
Il clima della regione temperato: nellinverno
sentesi poco il freddo se non soffino i venti settentrionali, e nella state soffribile il calore per linflusso
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Guspini
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a sboccare nel luogo detto Is fossaus nella nuova peschiera di Marcedd non lungi da Nabuli (Napoli).
Popolazione. Nellanno 1839 erano in Guspini fam.
910 e anime 3808, distinte in maschi 1813 e in femmine 1995. Risultarono dal decennio le seguenti medie: nascite annuali 126, morti 75, matrimoni 25.
Non pochi arrivano alla longevit e oltrepassano gli
anni novanta. La malattia pi frequente e mortale
linfiammazione, e alcuni patiscono e muojono dalle
intermittenti e perniciose, massime quelli che frequentano le spiaggie dello stagno. Attendono alla sanit
pubblica un medico, due chirurghi e due flebotomi. Si
ha una spezieria, e assiste alle partorienti una levatrice.
I guspinesi sono gente laboriosa e generalmente
di umor poco gioviale; onde sono rare le ricreazioni
private e pubbliche. Le poche comunicazioni che
hanno con gli uomini di altri paesi li mantiene in
una certa rozzezza.
Professioni. Delle indicate famiglie, 554 sono agricole, 161 attendono alla pastorizia e 98 a mestieri.
Quindi sono dieci famiglie di preti, sette di notai, e
le rimanenti appartengono a persone di altri uffizi,
o proprietarii o negozianti. Vi sono famiglie possidenti 736.
Tra gli artefici sono distinti i fabbri ferrari, che lavorano con non poca abilit, e fanno delle armi. I telai sono circa 850, e si tessono panni, tappeti, coperte
di letto, tele, tovaglie, ecc.
Fu stabilito un legato per listruzione de fanciulli,
ed ora applicato in ricompensa al maestro della
scuola primaria, alla quale per non concorre neppure un quinto de fanciulli, che dovrebbero essere
istruiti. Per le fanciulle sono quattro maestre.
Agricoltura. Le terre guspinesi essendo comunemente sabbiose, sembrano poco atte ai cereali; non
pertanto si seminano annualmente starelli di grano
3300, dorzo 1000, di fave 200, di granone starelli
2, di ceci ed altri legumi 40. La produzione comune
suol essere al sestuplo. Di lino se ne raccoglieranno
annualmente 5 mila fasci.
Le vigne prosperano poco per essere i terreni di
poca sostanza. Le pi comuni variet delle uve sono
il moscatello e il nuragus. Il vino non essendo molto
gradevole al gusto, viene versato nei lambicchi. Il totale del mosto, che raccogliesi, circa 4000 brocche
(ciascuna di 10 quartare).
I fruttiferi pi comuni sono mandorli, aranci, limoni, peri, susini, pomi, peschi, fichi di molte variet.
Il numero complessivo sommer a 20 mila individui.
Le terre chiuse per tenervi a pascolo il bestiame
domito, e talvolta anche il rude, come pure per seminarvi de cereali una, o laltra volta, occuperanno
un duodecimo di tutto il territorio.
Ghiandiferi. La barbarie pastorale ha nudate in
gran parte queste montagne di quei preziosi vegetabili. Le pendici in pochi luoghi sono ombrate dai lecci
e dalle quercie, e questi alberi non si vedono in qualche numero che nelle falde occidentali, ed in quelle
vallette; ma se si annoverino, credo se ne troveranno
appena 200000, comprese le piante giovani.
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Guspini
Antichit. Vedonsi ne territori di Guspini non pochi norachi, e appellansi: Arrsu, Zuddas, Crobus,
Ominis, s. Sofia, Nuragi, Saurecci, SOrcu, Fumiu.
Fra quali sono osservabili principalmente gli ultimi
tre, che per la loro grandezza, per la enormit delle
pietre e pel disegno possono essere stimati come i
maggiori e pi considerevoli in confronto di tutti gli
altri, che in circa due migliaje sono sparsi per lisola; e
per degni di essere osservati da viaggiatori, dopo i
quali posson visitare limmensa mole del norache di
Pabillonis, e lartificiosissima costruzione del norache
di Domus-novas Sigerro. Vedi la Biblioteca sarda, fasc.
5, p. 2. Oltre i nove norachi nominati, vedonsene altri
cinque nel Guspinese, dei quali non so dire i nomi.
Il norache Saurecci posto sulla sommit duna collina rassomiglia a un gran castello. La sua curva di
metri 147, e riunisce tre norachi. In uno di questi
entrasi per un fenestrino aperto al libeccio-ponente,
e vedonsi enormi pietre basaltiche costrutte con argilla e cementi, la forma cilindrica, non conica. Il
suo diametro di metri 8; quello della camera inferiore metri 3,50.
Indi deducesi per metri 27 una muraglia alquanto
curvata, e giunge presso allaltro che riguarda il libeccio. Questo norache ha 30 metri di circonferenza, e
nel muro una spessezza di metri 2. Nella interruzione
che osservasi tra esso cilindro e la linea suddetta, parrebbe vedere unapertura per ingresso. La muraglia
proseguendo tocca un altro norache eguale al primo,
al quale risponde nella linea di maestro-scirocco. Nella parte interna una porta che riguarda il scirocco.
Quindi la muraglia continua sino a metri 19, dopo i quali trovasi unapertura larga 0,80, ed alta allordinaria statura degli uomini.
La linea della cinta prolungandosi per metri 23,
incurvasi due volte presentando un convesso come
di altri due norachi, quindi procede direttamente
per altri 20 metri, dopo i quali fa angolo con una linea eguale che termina nel primo norace descritto.
In qualche sito la cinta alta circa 4 metri. Forse
laltezza primitiva era doppia.
Norace Bruncu dessorcu. Vedi una figura settilatera non simmetrica, la cui periferia pu calcolarsi di
circa 120 metri. In ogni angolo la linea tondeggia in
un seminorace del diametro or di 7, or di 6 metri.
Dentro la sua area una figura incurvata cinque
volte convessamente. Tre di queste curve rispondono
a tre noraci della figura esterna, e le altre due a quattro rimanenti.
Finalmente in centro a questa un norace che ha
metri 25 di circonferenza. La sua porta par essere in
corrispondenza al Fumu; la camera ha un diametro
di metri 3,50. Le camere superiori sono distrutte.
Anche in questa costruzione i noraci vedonsi quasi cilindrici, le pietre non molto grandi, e sono usati
i cementi e largilla.
Norace Fumu. un tal disegno, del quale non si
possa dar unidea senza averlo delineato.
La figura dellopera esterna irregolarissima, presenta cinque convessit ed una retta, nella cui estremit forse era aperto lingresso. A una parte sta aderente
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larghezza delledifizio fu misurata dun metro, e il canale, secondo quel che puossi argomentare non aveva
una larghezza maggiore di 0,40. La estensione della
citt da levante a ponente, da dove cominciano ad apparire i ruderi infino ad una lunga fondazione, che dicono della muraglia, sarebbe di due terzi di miglia
contro la larghezza dun quarto; correva questo canale
per pi di tre miglia al monte di Laudebiaji.
Sedeva Neapoli sulla sponda destra dun seno, ora
comunemente detto mare-morto di Marcedd, il
quale diviso da levante in ponente da una tenuissima lingua di terra, detta Sa menistra, forma due porti. Ma il porto di questa citt, se pure in tempi antichi non furono meno colmi quei due seni, era un
po pi a ponente presso alla foce del rio Sabocu. La
popolazione che abitava in questa citt non era molto numerosa, se ci si possa con molta probabilit
inferire dalla quantit dellacqua che deduceasi a bisogni della medesima. N le condizioni del clima
erano cos triste come or possono parere. A chi non
parrebbe ben scelta la posizione incontro al borea, e
allinflusso degli altri venti, quelli solamente impediti che soffiano dalle parti meridionali? Che se laria
anche allora sia stata crassa, essa era certamente meno maligna che or sia pe ristagnamenti, onde effluiscono in tempi caldi i pi morbosi miasmi.
Strada antica. Ponte di s. Giovanni. Dalle terre del
Pompongia che sta dincontro al sito di Neapoli vedesi una costruzione che traversa lo stagno nella sua
larghezza di circa un miglio, e mette capo in Neapoli. Fu detta ponte per le foci che aveva frequenti a
non impedire il movimento delle acque, e cognominata di s. Giovanni da una piccola chiesa di Pompongia. Nella biblioteca sarda si parl abbastanza sopra questo ponte, e si indic come continuazione
duno de rami, in cui divideasi il tronco della strada
che usciva da Othoca (Oristano). Lopera suntuosa, e fatta con molto avvedimento di arte. Enormi
pietre basaltiche tolte da prossimi territori vulcanici
sono a sustruzione, e sostengono fortemente un ammasso di materiali della stessa natura; i quali se furono ben compatti tel provi la loro consistenza nelle
pi parti. Tutta la mole appena superer dun metro
il pelo dellacque medie.
Neapoliti. Tolomeo nel nominare le diverse trib,
che nel suo tempo popolavano la Sardegna, not i
neapoliti, e vedesi chiaro che lordine istesso nel quale
rifer i nomi, indica questo popolo abitatore de luoghi, intorno a quali era la citt Neapoli. Le Aquae
Neapolitanae, indicate poi dallitinerario, e certamente riconosciute nelle fonti termali e minerali di
Sardara, permettono che la regione occupata da questa nazione si estenda a levante, almeno sino a Sardara, mentre verso il meriggio possiamo allargarla sino alla valle del Sibiri, in l della quale abitava la
trib Sulcitana. Plinio rassegnava i neapoliti tra le
maggiori e pi illustri trib della Sardegna.
Castello Erculento. Alle cose gi dette su questo castello aggiungeremo che esso rare volte figura nella
storia, e che ignoto quando fosse abbandonato, e
se la distruzione sia stata da mani nemiche.