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Franois Delalande, Dalla nota al suono.

La seconda rivoluzione tecnologica della musica, Franco Angeli,


2010
La seconda met del secolo appena trascorso ci ha introdotto in quellautentica rivoluzione che ha visto,
laffrancarsi del suono dalla schiavit della nota, in un processo di ricerca sulla materia sonora (Maurizio
Disoteo, Prefazione, p. 13). E la natura epocale di questa rivoluzione ad offrire largomento dellavvincente
volume di Delalande il cui titolo proprio Dalla nota al suono, pubblicato da Franco Angeli per conto del
Centro Studi Musicali e Sociali Maurizio Di Benedetto (Trad. di Manuela Filippa).
Laltro precedente cambio di paradigma (la prima rivoluzione) si era avuto con lintroduzione della scrittura
musicale che inaugurava un nuovo pensiero, distinto da quello orale. Dallo scrivere le note si passa oggi allo
scrivere il suono, ma questo non che una altro modo di concepire la scrittura stessa, luogo inesauribile di
produzione per rinnovati artefatti del pensiero.
In questo differente contesto il suono diventa un suono-firma, come lo chiama Delalande, esprimente non
solo unidea di globalit, ma anche ci che, parafrasando Merleau-Ponty, si pu definire lo stile di quel
peculiare incontro tra noi e il Mondo. La musica, fenomenologicamente intesa, viene in essere come
esperienza proprio tramite questo catalizzatore che il suono. Non dunque intervalli, non armonie o
segmenti grammaticalizzati, ma esperienza avvolgente e totalizzante che si declina nella dimensione primaria
del corpo, lheideggeriana precomprensione del mondo. E proprio la scrittura, come si identifica oggi nel
supporto tecnologico, ad aprirci verso nuovi scenari uditivi, perch essa si tramuta non solo in un nuovo
pensare, ma in unaccresciuta dimensione aurale del fenomeno musicale. Dunque in un nuovo modo di
ascoltare. Non occorre essere sapienti di musica, non servono solfeggi e misurazioni; si tratta piuttosto di
cogliere quella grana (del suono) attraverso cui si imprime in noi tutta una fenomenologia di caratteri.
Unampia parte de libro affronta largomento dalla prospettiva di quei generi musicali in cui potremmo dire
costituzionalmente vi un aggancio diretto al suono, come il Jazz o la popular music. Nel Jazz il suono il
biglietto da visita del musicista che si espone e si d attraverso tutta una casistica di elementi minori come
il soffio, il respiro, lo sfregamento, il rumore delle chiavi, ecc. Si tratta di elementi che potrebbero sembrare
poco nobili nella convenzionale prospettiva musicologica, ma che in realt sostanziano quella modalit
corporea attraverso cui si declina di fatto un darsi, un essere-per, un pro-gettarsi. Il suono si fa cos la
traccia di unazione (p. 163): il soffio ci sintonizza sulla materialit del mondo e ci trattiene in essa anche
come dimensione immaginaria; il respiro scandisce nel suo ritmo primordiale il primo segno e il primo senso
della vita. In unaffascinante discussione, anche il registro, da sempre considerato parametro secondario nella
teoria musicale, si fa veicolo di un gesto politico come accade nella cultura nera (p. 95).
Ma ampio spazio viene accordato nel libro anche ad un nuovo approccio alla musica cosiddetta colta, e in
specie a quella letteratura barocca che consente, com noto, numerose aperture di senso a partire da tutta
una serie di interstizi lasciati alla pratica esecutiva. Il che implica, come direbbe De Natale, lemergere di
quel fuori della Teoria intesa come finestra sul Mondo che tesse una fitta trama di riferimenti simbolici (si
veda la discussione sotto la specie del suono sullidea di ghiaccio nelle Stagioni di Vivaldi e il suono al
ponticello).
Il libro lancia costanti sassolini verso una generale decostruzione della cultura musicale, come quando
rovescia il paradigma semiologico: perch crea un effetto che la musica ha un senso e non, viceversa, in
quanto ha un senso essa produce un effetto (p. 175). Analogamente, ci si pu chiedere, perch distinguere,
secondo un noto indirizzo francese, tra poietico, estesico e neutro? Pu esistere un oggetto musicale al di
fuori delle condotte che lo pongono in essere? Loggetto, ammesso che cos si possa chiamare, si costruisce
proprio a ridosso di quelle condotte, in una dimensione essenzialmente fenomenologica. Ancora una volta,
parafrasando Merleau-Ponty, viene da dire che non il particolare suono di un oboe a raggiungere i miei
sensi, ma piuttosto il suono delloboe a venire in essere come senso in quel mio modo di esperirlo. Cos
il suono/esperienza diventa il tramite che ricuce lio-tu del Mondo, in una trama di rimandi infiniti.
Unimportante parte del libro infine dedicata alla musica elettronica, quella particolare chiave daccesso ad
un nuovo orizzonte, quella nuova scrittura che ci permette di pronunciare (o anche di pensare) nuove
domande alla musica (non sulla musica), ponendoci dalla parte del suono. In effetti oggi la musica, grazie ai
computer, pu essere non pi solo ascoltata, ma soprattuto esplorata. Ecco perch i computer sono la nuova

scrittura di questo paradigma tecnologico: perch da essi si generano nuovi criteri di selezione del materiale
sonoro. Il suono esperito come brulichio di elementi, nel suo grezzo pullulare di micro- movimenti, ci che
nasce da uno strumento capace di avvicinare loreccho allinfinitamente piccolo. Ma questo avvicinarci al
suono modifica loggetto stesso di osservazione. Paradossalmente dunque, adattando alla musica quanto ha
scritto Davidson sul linguaggio, potremmo dire che non c prima un suono e poi noi che lascoltiamo, ma
viene prima lascolto e poi il suono, perch lascolto il dispositivo che, inaugurando un approccio di
selezione del materiale, per ci stesso lo pone in essere (non esistendo linguisticamente al di fuori di
quello).
In tale prospettiva la parte conclusiva del libro affronta la discussione sul suono a partire dalla sua analisi
effettuata via software: unanalisi che si sottrae alla partitura e si fa responsabile di quel tremendo gioco che
crea, nel momento stesso in cui seleziona la sua materia: lanalisi scrive Delalande dipender sempre da
una volontaria seleziona di tratti (p. 188).
Proprio per questa problematica che pesa sullo sfondo, va rilevato che lapproccio allAcusmografo e ai
sonogrami forse la parte pi naif del libro. Delalande ha voluto lasciare emergere proprio la prospettiva
giocosa, euristica, esplorativa e assolutamente non accademica della questione. Ed certamente un lato
accattivante. Tuttavia il caso di segnalare ai lettori che esiste tutta una letteratura che si occupata proprio
dellanalisi assistita dal computer nei suoi aspetti tecnici e soprattutto problematici. Prima fra tutte quella
dellamericano Robert Cogan con il suo New Images of Musical Sound, Harvard University Press, 1984 e il
successivo The Sound of Song. A Picture Book of Music for Voice, PCI, Cambridge, 1999. Specie nel
volume dell84, Cogan si pone proprio il problema di istituire un approccio meno soft, meno occasionale e
naif alla lettura dei sonogrammi. Mi permetto su questo di rimandare ad un mio contributo di qualche anno
fa, LAnalisi sonoriale in Robert Cogan, Spectrum, 4, Gennaio 2003 (pag. 20-28).
Aggiungerei infine (come elemento di discussione) che il suono diventa anche il punto di partenza di una
teoria musicale aurorale, come quella indicata in Wayne Slawson nel suo Sound Color (University of
California Press, 1985), identificando di fatto il Suono come luogo di incontro di differenti percorsi del
sapere, dalle tecniche compositive, alla percezione, allacustica, alla psicoacustica, alla psicologia. Il libro di
Delalande dunque una grande opportunit per iniziare una ridefinizione della teoria musicale stessa, alla
luce di una dis-posizione verso il Mondo che trova nel suono il suo essenziale e irrinunciabile punto di
accesso.
Antonio Grande

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