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Autovettori e autovalori
A. Savo Appunti del Corso di Geometria 2013-14
Endomorfismi
x
7x 13y + 6z
f y = 2x 8y + 6z .
z
2x 13y + 11z
7 13 6
La matrice associata a f rispetto alla base canonica `e A = 2 8 6 .
2 13 11
Cambiamo ora base, e consideriamo la base (v1 , v2 , v3 ) di R3 , dove
1
13
3
v1 = 1 , v2 = 2 , v3 = 0 .
1
0
1
1
0
13
65
3
15
Risulta f 1 = 0 , f 2 = 10 , f 0 = 0 . Dunque:
1
0
0
0
1
5
f (v1 ) = 0
f (v2 ) = 5v2
f (v3 ) = 5v3
0 0 0
` chiaro che la matrice associata A0
e la matrice associata `e A0 = 0 5 0, diagonale. E
0 0 5
`e molto pi`
u semplice; per studiare lendomorfismo f la base (v1 , v2 , v3 ) `e pi`
u conveniente
della base canonica.
Esempio Sia f lendomorfismo di R2 definito da
x
x+y
=
.
f
y
x+y
Determinare le matrici A, A0 , A00 associate a f :
a) rispetto alla base canonica;
1
1
0
b) rispetto alla base
=
dove
=
, v2 =
;
1
1
2
3
c) rispetto alla base B 00 = (v100 , v200 ) dove v100 =
, v200 =
.
1
2
B0
(v10 , v20 )
v10
Soluzione. a) A `e semplicemente la matrice canonica di f :
1 1
.
1 1
b) Si ha:
0
0
0
0
f (v1 ) = 0 = 0 v1 + 0 v2
0
0
0
f (v2 ) = 2 = 0 v1 + 2 v2
Dunque
A0
0 0
=
.
0 2
c) Si ha:
3
00
f (v1 ) =
= 3 v100 + 3 v200
3
00
f
(v
)
=
= 5 v100 + 5 v200
2
5
Dunque
A00
3 5
=
.
3
5
Cambiamento di base
Sia V uno spazio vettoriale e siano B = (v1 , . . . , vn ), B 0 = (v10 , . . . , vn0 ) due basi di V . Ogni
vettore della base B 0 si esprimer`
a dunque come combinazione lineare dei vettori della base
B:
0
v1 = a11 v1 + a21 v2 + + an1 vn
v0 = a v + a v + + a v
12 1
22 2
n2 n
2
(1)
...
0
vn = a1n v1 + a2n v2 + + ann vn
La matrice ottenuta incolonnando le coordinate:
a11 a12 . . .
a21 a22 . . .
M =
an1 an2 . . .
3
a1n
a2n
ann
(2)
dove, a destra, si intende il prodotto del vettore riga (v1 , . . . , vn ) (le cui entrate sono
vettori) per la matrice M . Si scriver`
a anche
B 0 = BM.
Proposizione a) La matrice di un cambiamento di base `e invertibile.
b) Viceversa, sia B = (v1 , . . . , vn ) una base di V n , e M = {aij } una matrice invertibile.
Allora i vettori v10 , . . . , vn0 definiti dalle relazioni in (1) formano una base di V n .
c) Se B, B 0 sono due basi, la matrice di passaggio da B 0 a B `e linversa della matrice di
passaggio da B a B 0 .
Dimostrazione. a) Il rango della matrice di passaggio M `e uguale alla dimensione del
sottospazio di V n generato dai vettori v10 , . . . , vn0 . Poiche questi vettori per ipotesi formano
una base di V n , tale sottospazio `e tutto V n , quindi il rango vale n e la matrice `e invertibile.
b) Per ipotesi, il rango della matrice M `e n: dunque il sottospazio generato dai vettori
v10 , . . . , vn0 ha dimensione n e coincide con V n . Ci`o significa che v10 , . . . , vn0 sono n = dim V n
vettori generatori e dunque formano una base.
c) Questo si dimostra moltiplicando ambo i membri della relazione (2), a destra, per
linversa M 1 .
0
Esempio Fissiamo
V
= R2 , esiano
B = BC = (e1 , e2 ) la base canonica e B la base
1
4
. Poiche
, w2 =
(w1 , w2 ) dove w1 =
3
5
w1 = e1 + 3e2
w2 = 4e1 + 5e2
la matrice di passaggio `e
1 4
M=
.
3 5
4
(3)
v1 = 1 , v2 = 1 , v3 = 0
0
0
1
e la base B 0 = (w1 , w2 , w3 ), dove
0
3
2
w1 = 1 , w2 = 3 , w3 = 3 .
1
2
1
Determinare la matrice di passaggio da B a B 0 .
Soluzione. Abbiamo le relazioni
w1 = v 1 v 3
w2 = 2v1 + v2
w3 = v1 + 2v2 v3
e quindi
1 2 1
M = 0 1 2 .
1 0 1
Matrici simili
Diremo che due matrici quadrate A, A0 sono simili se esiste una matrice invertibile M tale
che
A0 = M 1 AM.
Risulta che matrici associate ad uno stesso endomorfismo (rispetto a basi diverse) sono
simili.
Teorema Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V , e siano B e B 0 due basi di
V . Se A `e la matrice associata a f rispetto a B, e A0 `e la matrice associata a f rispetto
a B 0 , allora A e A0 sono simili. Precisamente,
A0 = M 1 AM,
dove M `e la matrice di passaggio da B a B 0 .
` una verifica diretta, che omettiamo.
Dimostrazione. E
Esempio In uno degli esempi precedenti, abbiamo visto che lendomorfismo f di R2
definito da
x+y
x
.
=
f
x+y
y
1 1
rispetto alla base canonica BC , e con la matrice
si rappresenta con la matrice A =
1 1
1
1
0 0
0
0
0
0
0
0
. Per il teorema,
, v2 =
rispetto alla base B = (v1 , v2 ) dove v1 =
A =
1
1
0 2
le due matrici sono simili. In effetti si ha
A0 = M 1 AM
dove M =
1 1
1 1
`e la matrice di passaggio da BC a B 0 .
Osservazione Vale anche il viceversa del teorema precedente: date due matrici simili,
diciamo A e A0 , allora esse rappresentano uno stesso endomorfismo. Ad esempio, se f `e
lendomorfismo di Rn rappresentato da A rispetto alla base canonica, e se B 0 `e la base di
Rn tale che la matrice di passaggio dalla base canonica a B 0 `e M , allora A0 rappresenta f
nella base B 0 .
Endomorfismi diagonalizzabili
x
9x 12y + 3z
f y = 4x 7y + 3z .
z
4x 12y + 8z
9 12 3
La matrice associata rispetto alla base canonica `e A = 4 7 3: non `e diagonale.
4 12 8
Pero possiamo trovare una base piu fortunata. Siano infatti
1
3
0
v1 = 1 , v2 = 1 , v3 = 1 ,
1
0
4
che formano una base di R3 . Un calcolo mostra che:
f (v1 ) = 0
f (v2 ) = 5v2 .
f (v3 ) = 5v3
0 0 0
Dunque la matrice associata a f rispetto alla base B 0 = (v1 , v2 , v3 ) `e A0 = 0 5 0,
0 0 5
diagonale. Per definizione, lendomorfismo f `e diagonalizzabile.
Notiamo che i vettori della base buona hanno tutti la seguente propriet`a: il trasformato
del vettore `e un multiplo del vettore stesso. Tale propriet`a caratterizza quelli che saranno
chiamati autovettori di f .
Studieremo il seguente problema:
dato un endomorfismo, stabilire se esso `e diagonalizzabile, e trovare eventualmente
una base rispetto alla quale la matrice associata `e diagonalizzabile.
5
5.1
Autovettori e autovalori
Definizione
x
x+y
definito da f
=
, e siano v1 =
y
x+y
5.2
Supponiamo ora che ci sia una base di V , diciamo (v1 , . . . , vn ), formata da autovettori di
f . Allora esistono autovalori 1 , . . . , n (non necessariamente tutti distinti) tali che
f (v1 ) = 1 v1
f (v ) = v
2
2 2
.
.
.
f (vn ) = n vn .
Per definizione, la matrice associata a f rispetto a tale base di autovettori `e diagonale
1 0 . . . 0
0 2 . . . 0
D= .
.. . .
..
..
. .
.
0
0
8
...
con elementi diagonali dati dagli autovalori. Viceversa, se la matrice associata a f rispetto
a una data base (v1 , . . . , vn ) `e diagonale, allora i vettori di tale base sono autovettori di
f associati, rispettivamente, agli elementi diagonali 1 , . . . , n . In conclusione, abbiamo
dimostrato il seguente risultato.
Teorema Un endomorfismo f di uno spazio vettoriale V `e diagonalizzabile se e solo se V
ammette una base formata da autovettori di f .
Osserviamo i seguenti esempi banali di endomorfismi diagonalizzabili.
Esempio Lendomorfismo nullo O : V V ha matrice associata nulla rispetto a una
qualunque base, dunque `e banalmente diagonalizzabile. Gli autovalori sono tutti uguali a
zero.
Esempio Lendomorfismo identit`
a I : V V `e diagonalizzabile, poiche ha matrice associata data, appunto, dalla matrice identit`a (rispetto a una qualunque base). Gli autovalori
sono tutti uguali a 1.
Osserviamo ora che non tutti gli endomorfismi sono diagonalizzabili; anzi, ci sono endomorfismi che non ammettono autovettori (e quindi non ammettono autovalori).
Esempio Consideriamo lendomorfismo di R2 definito da
y
x
,
=
f
x
y
x
0 1
sia un autovettore
. Supponiamo per assurdo che
con matrice canonica A =
y
1 0
di f con autovalore :
x
x
,
=
f
y
y
0
x
con
6=
. Allora si avrebbe
0
y
(
x = y
y = x
Moltiplichiamo la prima equazione per x, la seconda per y e sommiamo. Otteniamo la
relazione
(x2 + y 2 ) = 0,
da cui = 0 oppure x2 + y 2 = 0. Ora, nessuno dei casi si pu`o verificare, perche altrimenti
x = y = 0. Dunque f non ha ne autovettori, ne autovalori.
9
5.3
Il polinomio caratteristico
(4)
2 x
6
x 0
2 6
.
=
2
5x
0 x
2 5
Dunque
2 x
6
pA (x) =
2
5 x
= x2 3x + 2
Gli autovalori si ottengono risolvendo lequazione caratteristica x2 3x + 2 = 0. Troviamo
le due soluzioni:
1 = 1, 2 = 2.
che saranno quindi gli autovalori di f .
x
y
=
di R2 non ammette
Esempio Abbiamo gi`
a osservato che lendomorfismo f
y
x
0 1
autovalori. In effetti, la sua matrice canonica A =
ha polinomio caratteristico
1 0
x 1
= x2 + 1,
pA (x) =
1 x
che non ammette radici (reali).
12
1 1 1
Esempio Il polinomio caratteristico della matrice 0 1 1 `e:
0 0 3
1 x
1
1
1x
1 = (x 1)2 (x + 3)
pA (x) = 0
0
0
3 x
e gli autovalori distinti sono: 1 = 1, 2 = 3.
Notiamo che la matrice dellesempio precedente `e triangolare superiore. In generale, se A
`e triangolare superiore (rispettivamente, inferiore) anche A xI `e triangolare superiore
(rispettivamente, inferiore). Si ottiene facilmente che
gli autovalori (distinti) di una matrice triangolare (superiore o inferiore) sono gli
elementi diagonali (distinti) della matrice.
6.1
Abbiamo visto che gli autovalori di un endomorfismo f sono le radici del polinomio caratteristico di una matrice associata a f . Sappiamo che le matrici associate ad un endomorfismo sono, in genere, diverse, poiche dipendono dalla scelta di una base. In questa sezione
verificheremo che tutte le matrici associate ad uno stesso endomorfismo hanno lo stesso
polinomio caratteristico. Iniziamo con un esempio.
1 1
0 0
3 5
Esempio Le matrici
,
,
sono tutte associate alloperatore di
1 1
0 2
3
5
R2
x
x+y
f
=
y
x+y
1
1
2
3
0
rispetto alle basi: BC (base canonica), B =
,
,B =
,
. Un
1
1
1
2
calcolo mostra che, in effetti, tutte e tre le matrici hanno polinomio caratteristico x2 2x.
13
0 1 0
La matrice associata a D rispetto alla base canonica (1, x, x2 ) di R3 [x] `e A = 0 0 2.
0 0 0
Dunque
pf (x) = pA (x) = x3 ,
e lunico autovalore di D `e = 0.
14
2t
,t R ,
t
15
con base
v1 =
2
.
1
4 6
Per lautovalore 2 si ha A 2I =
e il sistema `e
2 3
(
4x + 6y = 0
2x + 3y = 0.
Quindi
3s
E(2) =
,s R ,
2s
con base
3
v2 =
.
2
Notiamo che i due autospazi hanno entrambi dimensione 1 e quindi gli autovalori hanno
entrambi molteplicit`
a geometrica 1:
M G(1) = M G(2) = 1.
Collezionando le basi di ciascuno dei due autospazi (prendendo cio`e B1 B2 ) otteniamo la
coppia di vettori linearmente indipendenti
3
2
,
,
(v1 , v2 ) =
2
1
che `e dunque una base di R2 formata da autovettori di f. Lendomorfismo
f `e diagonal
1 0
.
izzabile, e la matrice associata a f rispetto a tale base `e
0 2
` importante osservare che f ha due autovalori distinti 1 = 1, 2 = 2, entrambi di
E
molteplicit`a geometrica 1. Quindi la somma delle molteplicit`a geometriche degli autovalori
`e 2, pari alla dimensione dello spazio su cui opera f :
M G(1) + M G(2) = 2 = dim R2 .
Esempio Determinare gli autovalori
e
1 1
sentato dalla matrice A = 0 1
0
0
diagonalizzabile.
3
gli
autospazi dellendomorfismo f di R rappre5
3 rispetto alla base canonica. Stabilire se f `e
2
x
x + y + 5z
f y = y + 3z .
z
2z
16
Poiche A `e triangolare superiore, gli autovalori saranno gli elementi diagonali. f ha dunque
due autovalori distinti 1 = 1, 2 = 2 e, di conseguenza, due autospazi: E(1), E(2).
Cerchiamo una base di ciascuno di essi. Per E(1) dobbiamo risolvere lequazione f (v) =
v, dunque il sistema
(A + I)X = O.
0 1 5
y + 5z = 0
3z = 0
3z = 0
1
e il suo insieme delle soluzioni ha dimensione 1 con base 0. In conclusione
0
dim E(1) = 1,
1
con base 0.
0
3 1 5
A 2I = 0 3 3
0
0 0
ha rango due, otteniamo M G(2) = 1. Una base di E(2) si ottiene risolvendo il sistema
(A 2I)X = 0:
(
3x + y + 5z = 0
3y + 3z = 0
17
2t
1
dim E(2) = 1,
con base 1.
1
Primo criterio
M G(i ) n.
i=1
Dimostrazione. a) Per dare unidea della dimostrazione esamineremo solo il caso in cui ci
siano due autovalori distinti 1 6= 2 . Il caso generale si dimostra per induzione. Fissate
le basi B1 = (u1 , . . . , uk ) di E(1 ) e B2 = (v1 , . . . , vl ) di E(2 ), supponiamo che
a1 u1 + + ak uk + b1 v1 + + bl vl = O.
Ponendo u = a1 u1 + + ak uk e v = b1 v1 + + bl vl otteniamo
u + v = O.
Ora per ipotesi u E(1 ) e v E(2 ); poiche u = v vediamo che
u E(1 ) E(2 )
dunque u = O e
a1 u1 + + ak uk = O.
Poiche i vettori u1 , . . . , uk sono linearmente indipendenti per ipotesi otteniamo infine
a1 = = ak = 0. Analogamente v = O implica b1 = = bl = 0. La conclusione `e che i
vettori dellunione
B1 B2 = {u1 , . . . , uk , v1 , . . . , vl }
sono linearmente indipendenti.
b) Siccome Bi `e una base di E(i ), il numero dei vettori di Bi `e dim E(i ) = M G(i ),
per ogni i = 1, . . . , h. Dunque i vettori dellinsieme B1 Bh sono, in numero, pari alla
somma di tutte le molteplicit`
a geometriche; poiche sono linearmente indipendenti per la
parte a), tale somma non pu`
o superare la dimensione n.
La proposizione afferma che, unendo le basi di tutti gli autospazi, otteniamo sempre vettori linearmente indipendenti: se gli autovettori cosi ottenuti sono in numero sufficiente
(cio`e n) allora essi formeranno una base dellintero spazio e lendomorfismo risulter`a diagonalizzabile. Enunciamo dunque il criterio seguente, che chiameremo primo criterio di
diagonalizzabilit`
a.
19
8.1
Esempio
Consideriamo lendomorfismo f di R3
x
x+yz
f y = 2x + 2y 2z
z
x y + z
1
1 1
2 2
Scegliendo la base canonica, possiamo considerare la matrice associata A = 2
1 1 1
3
2
con polinomio caratteristico pA (x) = x + 4x che si fattorizza come
pA (x) = x2 (x 4).
Abbiamo due autovalori distinti: 1 = 0 e 2 = 4. Un calcolo mostra che rkA = 1 dunque
M G(0) = 2,
mentre rk(A 4I) = 1 dunque
M G(4) = 1.
La somma delle molteplicit`
a geometriche `e 3, pari alla dimensione, e f risulta diagonalizzabile. Una base di E(0) (che, per inciso, `e il nucleo di f ) `e data dai vettori
1
1
v1 = 1 , v2 = 0 .
0
1
Una base di E(4) `e data dal vettore
1
w1 = 2
1
Unendo le basi degli autospazi, otteniamo i tre vettori
(v1 , v2 , w1 )
21
che, grazie alla proposizione, sono linearmente indipendenti (non c`e bisogno di ulteriori
verifiche) e formano la base di autovettori cercata.
Notiamo che la matrice associata a f rispetto alla base B = (v1 , v2 , w1 ) `e diagonale, con
elementi diagonali dati dagli autovalori associati, rispettivamente, a v1 , v2 , w1 :
0 0 0
D = 0 0 0
0 0 4
ed `e simile alla matrice A, nel senso che D = C 1 AC. La matrice C `e la matrice di
passaggio dalla base canonica alla base B, e dunque le colonne di C sono date dalla base
di autovettori B:
1 1 1
C = 1 0 2 .
0 1 1
8.2
Esempio
2 0 0
Consideriamo lendomorfismo f di R3 rappresentato da A = 0 0 3 rispetto alla
0 2 0
base canonica. Il polinomio caratteristico di A `e
pA (x) = (2 x)(x2 + 6)
che ammette lunico autovalore 1 = 2 (infatti, il fattore x2 + 6 `e irriducibile). Si vede
che A 2I ha rango 2, dunque M G(2) = 1. La somma delle molteplicit`a geometriche `e 1,
minore di 3, e f non `e diagonalizzabile.
8.3
Esempio
2
Consideriamo lendomorfismo f di R3 rappresentato da A = 0
0
base canonica. Poiche A `e triangolare superiore, gli autovalori di
diagonali di A. Quindi f ammette tre autovalori distinti
4 1
3 1 rispetto alla
0 1
f saranno gli elementi
1 = 2, 2 = 3, 3 = 1.
Poiche la dimensione `e 3, il corollario assicura che f `e diagonalizzabile.
22
8.4
Esempio
1 a 0
Si consideri lendomorfismo f di R3 rappresentato da A = 0 1 b rispetto alla base
0 0 1
canonica. Per quali valori di a, b lendomorfismo risulta diagonalizzabile?
Soluzione. Abbiamo lunico autovalore 1 con M G(1) = 3 rk(A I) e quindi f `e diagonalizzabile se e solo se rk(A I) = 0, cio`e se e solo se A I = 0, che corrisponde a
a = b = 0.
Secondo criterio
9.1
Sia p(x) un polinomio di grado n a coefficienti reali. Il numero R `e una radice di p(x)
se
p() = 0.
Non tutti i polinomi ammettono radici.
Esempio Il polinomio p(x) = x2 + 1 non ammette radici. Pi
u in generale, il polinomio di
secondo grado p(x) = ax2 + bx + c ammette radici se e solo se il discriminante = b2 4ac
`e maggiore o uguale a zero. In tal caso le radici si ottengono dalla formula
b
=
.
2a
Quindi avremo due radici distinte se > 0, una sola radice se = 0 e nessuna radice se
< 0.
` ben noto che `e una radice di p(x) se e solo se p(x) `e divisibile per x , e si avr`a
E
p(x) = (x )q(x),
dove q(x) `e un polinomio di grado n 1. Se q() 6= 0, diremo che `e una radice di
molteplicit`a 1. Se q() = 0 allora possiamo dividere q(x) per x e avremo
p(x) = (x )2 r(x)
23
Il polinomio p(x) si dice totalmente riducibile se si spezza nel prodotto di polinomi di primo
grado del tipo x j , eventualmente moltiplicato per una costante c 6= 0. Se 1 , . . . , k
sono le radici distinte, allora p(x) `e totalmente riducibile se si scrive
p(x) = c(x 1 )m1 (x 2 )m2 (x k )mk ,
` chiaro dalla definizione che, per ogni j, lesponente mj `e la
con m1 + + mk = n. E
molteplicit`a della radice j .
Esempio Consideriamo il polinomio p(x) = 2x5 2x4 4x3 . Allora:
p(x) = 2x3 (x2 x 2)
= 2x3 (x 2)(x + 1).
Dunque p(x) `e totalmente riducibile, con radici 0, 2, 1: la prima ha molteplicit`a 3, e le
altre hanno molteplicit`
a 1. La somma delle molteplicit`a `e 5, pari al grado di p(x).
Esempio Il polinomio p(x) = x4 x2 6 non `e totalmente riducibile. Infatti
p(x) = (x2 3)(x2 + 2)
9.2
Definiamo molteplicit`
a algebrica dellautovalore la molteplicit`a di quale radice di
pA (x). Essa si denota con il simbolo
M A().
Ricordiamo che un polinomio `e totalmente riducibile se e solo se la somma delle molteplicit`a
delle sue radici `e uguale al suo grado. Dunque:
Il polinomio caratteristico di f `e totalmente riducibile se e solo se la somma delle
molteplicit`a algebriche dei suoi autovalori vale n.
Unautovalore d`
a luogo a due molteplicit`a: la molteplicit`a algebrica M A() e la molteplicit`a
geometrica M G() (definita, ricordiamo, come la dimensione dellautospazio associato
E()).
2
0
Esempio Supponiamo che una matrice associata a f sia A =
0
0
3
2
0
0
1 0
1 1
. Allora
2 4
0 3
25
M A(j ) = n.
j=1
M G(j ) = n
j=1
k
X
M A(j )
j=1
k
X
M G(j ) = n,
j=1
dove la prima disuguaglianza scende dal fatto che il polinomio caratteristico ha grado n, e
la seconda `e vera poiche M A(j ) M G(j ) per ogni j. Ne segue che le due disuguaglianze
devono essere uguaglianze, quindi
k
X
M A(j ) = n,
j=1
2
0
A=
0
0
3 1 0
2 1 1
0 2 4
0 0 3
rispetto alla base canonica (vedi esempio precedente). Si ha pA (x) = (x 2)3 (x 3), che
`e totalmente riducibile, con un solo autovalore multiplo 1 = 2 di molteplicit`a algebrica 3
` dunque sufficiente calcolare la molteplicit`a geo(laltro autovalore 2 = 3 `e semplice). E
metrica dellautovalore 2. Si ha M G(2) = 1, dunque M A(2) > M G(2) e lendomorfismo
f non `e diagonalizzabile.
Esempio Consideriamo lendomorfismo f
2
0
A=
0
0
3 0 0
2 0 0
0 1 1
0 3 2
1
2
A=
0
0
1 0 0
4 0 0
0 2 3
0 1 0
27
2
2
rk(A 3I) = rk
0
0
1 0
0
1 0
0
= 2,
0 1 3
0 1 3
dunque
M G(3) = 4 rk(A 3I) = 2.
In conclusione, M A(3) = M G(3) = 2 per lunico autovalore multiplo, dunque f `e diagonalizzabile.
` chiaro a questo punto che le molteplicit`a geometriche degli autovalori sono:
E
M G(1) = M G(2) = 1
e M G(3) = 2.
1 0 0 0
0 2 0 0
D=
0 0 3 0 .
0 0 0 3
Di conseguenza, A `e simile a D: se M `e la matrice di colonne v1 , v2 , v3 , v4 allora
D = M 1 AM.
Per esercizio, calcolare esplicitamente una base di autovettori e la matrice di passaggio M .
9.3
Soluzione. Esplicitamente T
nella base canonica `e:
a b
c d
2a
=
b+c
2 0
0 1
A=
0 1
0 0
b+c
. Dunque la matrice associata a T
2d
0 0
1 0
1 0
0 2
1 1 0 0
1 1 0 0
A=
0 0 1 1
0 0 1 1
Un calcolo mostra che pA (x) = x4 . Abbiamo dunque un solo autovalore 1 = 0 con
M A(0) = 4. Poich`e rkA = 2 si ha M G(0) = 2 < 4, dunque T non `e diagonalizzabile.
x y
2x + 6y 2x + 5y
=
.
Esempio Sia T : Mat(22) Mat(22) definito da T
z w
2z + w
w
Stabilire se T `e diagonalizzabile.
Soluzione. Matrice di T nella base canonica:
2 6 0 0
2 5 0 0
A=
0 0 2 1
0 0 0 1
29
1 0 0 0
0 1 0 0
A0 =
0 0 2 0 .
0 0 0 2
10
Matrici diagonalizzabili
(5)
Diagonalizzare una matrice (quando ci`o `e possibile) significa trovare matrici D e M che
verificano la relazione (5).
Il teorema seguente ci dice quando `e possibile diagonalizzare una matrice.
Teorema Sia A una matrice quadrata, e f loperatore di Rn rappresentato da A rispetto
alla base canonica. Allora:
a) A `e diagonalizzabile se e solo se f `e diagonalizzabile.
b) Se B = (v1 , . . . , vn ) `e una base di autovettori di f , associati rispettivamente agli autovalori 1 , . . . , n (non necessariamente distinti) e se M `e la matrice di colonne v1 , . . . , vn ,
allora si ha:
M 1 AM = D
30
10.1
Esempio
2 6
.
Diagonalizzare, se possibile, la matrice A =
2 5
Soluzione. Gli autovalori distinti di A sono 1 = 1, 2 = 2, sono due, dunque A `e diagonalizzabile. Base di autovettori:
3
2
.
,
(v1 , v2 ) =
2
1
Dunque D =
10.2
1 0
2 3
eM=
e risulta D = M 1 AM .
0 2
1 2
Serie di esempi
1 1 1
A1 = 0 1 1 ,
0 0 3
1 2 1
A3 = 0 2 1 ,
0 0 1
A2 = 1
2
A4 = 1
0
31
1 1
0 1
2 3
1 0
0 0
0 2
1
1
1
A2 I = 1 1 1
2
2
2
e lautospazio E(1)
si ottiene
il sistema (A2 I)X = O. Un calcolo mostra che
risolvendo
1
1
una base di E(1) `e 1 , 0 . Si ha poi
0
1
1 1
1
A2 3I = 1 3 1
2
2
0
1
per cui una base di E(3) `e 1. Unendo le basi dei due autospazi otteniamo la base di
2
autovettori:
1
1
1
1 , 0 , 1 associati, nellordine, a 1, 1, 3.
B=
0
1
2
Dunque
1
1
1
M = 1 0 1 ,
0 1 2
32
1 0 0
D = 0 1 0 .
0 0 3
0 2 1
1
A3 I = 0 1 1 , base di E(1) = 0 .
0 0 2
0
1 2 1
2
0 0 1 , base di E(2) = 1 .
A3 2I =
0 0 3
0
2 2 1
5/2
A3 + I = 0 3 1 , base di E(1) = 1 .
0 0 0
3
Quindi una base di autovettori `e:
5/2
2
1
B = 0 , 1 , 1
3
0
0
associati, nellordine, a 1, 2, 1.
Si ha dunque:
1 2 25
M = 0 1 1 ,
0 0 3
33
1 0 0
D = 0 2 0 .
0 0 1