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IL DIRITTO

Le branche pi importanti del diritto sono:

il diritto privato, che studia i rapporti giuridici fra soggetti privati. Cio regola
sia lo stato e la capacit delle persone, sia i loro rapporti di natura patrimoniale e
non. Il testo legislativo che contiene la maggioranza delle norme di diritto privato
il Codice Civile. A differenza del diritto commerciale, che si concentra di pi sullo
studio delle organizzazioni, il diritto privato si focalizza sullo studio della persona
fisica e di tutte le attivit riferibili ad essa.

Il diritto pubblico, che studia l'organizzazione dello stato e degli enti pubblici e i
rapporti tra privati ed enti pubblici e tra gli stessi enti pubblici quando agiscono
per scopi pubblicistici.

Il diritto penale, che regola i comportamenti che costituiscono reati, in


conseguenza dei quali lo stato, attraverso una pena, irroga una sanzione. Mentre
nei rapporti privati prevista l'autotutela, essa non possibile nel diritto penale,
dove lo stato si riserva la potest punitiva.

GLI ELEMENTI DEL DIRITTO PRIVATO


Per iniziare lo studio del diritto privato, necessario conoscere alcuni concetti:
1) NORMA GIURIDICA
Norma giuridica: precetto attraverso il quale si regola una fattispecie concreta. Le norme
giuridiche sono coercibili: i privati possono ricorrere all'autorit giudiziaria per far s che i
loro diritti, stabiliti da un atto giuridico, vengano applicati.
Ci sono due categorie di norme:
norme imperative o cogenti o inderogabili: norme che i privati non possono
derogare perch esprimono un precetto imperativo cui i destinatari delle norme
devono attenersi; qualora ci non accada, l'atto giuridico nullo (cio improduttivo
d'effetti);
norme dispositive o derogabili: norme che pongono un modello legale di
comportamento da cui i soggetti possono distaccarsi.
Queste due categorie si distinguono in base al tenore letterale della norma stessa.
2) DIRITTO SOGGETTIVO
Diritto soggettivo: posizione giuridica che attribuisce al soggetto titolare la facolt di
esercitare la pretesa che corrisponde al contenuto del diritto stesso. Vi sono tre principali
classificazioni dei diritti soggettivi:
diritti assoluti VS diritti relativi: i diritti assoluti sono opponibili erga omnes (sono i
diritti della persona e i diritti reali), mentre i diritti relativi sono opponibili
esclusivamente nei confronti di un soggetto determinato, detto debitore (essi sono
i diritti di credito);
diritti patrimoniali VS diritti non patrimoniali: i diritti patrimoniali sono suscettibili
di valutazione economica, i diritti non patrimoniali no;
diritti reali VS diritti di credito: essi sono tutti diritti patrimoniali ma i diritti reali
sono diritti sulle cose (ius in re) e si dividono in diritti reali di godimento (la
propriet e i diritti reali minori come usufrutto, uso ecc.) e diritti reali di garanzia
(pegno e ipoteca), mentre i diritti di credito sono diritti dei creditori di ottenere una
certa prestazione dai loro debitori (ius ad rem).
3) PERSONA
Ci sono due tipi di persona:
la persona fisica, che un individuo singolo nato vivo cui l'ordinamento riconnette
la capacit giuridica e la capacit d'agire;
la persona giuridica, che una collettivit organizzata cui l'ordinamento
attribuisce, attraverso un particolare procedimento, la capacit giuridica. Sono,
per esempio, le societ di capitali, le cooperative e le associazioni riconosciute.
La persona pu avere tre tipi di capacit:
la capacit giuridica, che la capacit di un soggetto di essere titolare di diritti,
potest e doveri. Essa si acquista con la nascita e appartiene ad ogni individuo nato
vivo;
la capacit di agire, che la capacit di un soggetto di acquistare diritti e assumere
obblighi attraverso valide manifestazioni di volont. Essa si acquista con il
compimento del 18esimo anno di et. Hanno l'incapacit legale: il minorenne,
l'inabilitato, l'interdetto e il condannato ad una pena detentiva maggiore di 5 anni.
Nei primi tre casi, ci deve essere un altro soggetto che ha la rappresentanza legale,
cio la capacit di compiere manifestazioni di volont per conto di chi ha
l'incapacit legale. Si tratta del genitore per il minore, del tutore per l'inabilitato e

del curatore per l'interdetto. Inoltre c' l'incapacit naturale, che si verifica quando
un soggetto, che di norma capace, perde la capacit d'agire per un certo periodo
di tempo (per esempio, per l'assunzione di alcol o di stupefacenti). Cos, mentre gli
atti compiuti da un incapace legale sono sempre annullabili, quelli compiuti da un
incapace naturale sono annullabili solo se risulta la malafede dell'altra parte e se
recano grave pregiudizio all'incapace;
la capacit di intendere e di volere, che la capacit di manifestare la propria
volont. In particolare, la capacit di intendere la capacit di percepire il valore e
il disvalore delle proprie azioni in una sfera laica parallela, mentre la capacit di
volere la capacit di scegliere tra comportamenti antagonisti.
I luoghi della persona sono:
il domicilio, cio il luogo dove un soggetto compie abitualmente i propri affari;
la residenza, cio il luogo dove un soggetto vive abitualmente;
la dimora, cio il luogo dove un soggetto trascorre determinati periodi di tempo.
4) PATRIMONIO
Patrimonio: il patrimonio di un soggetto costituito da tutti i beni mobili e immobili e da
tutti i rapporti giuridici attivi e passivi riferibili al soggetto stesso. La sua funzione
quella di essere una garanzia per i creditori: un soggetto risponde alle obbligazioni che ha
assunto con tutto il suo patrimonio.
La nozione di patrimonio si distingue da quella di patrimonio netto, che il patrimonio
detratto delle sue passivit.
Nel caso del patrimonio di una societ, l'autonomia patrimoniale pu essere perfetta o
imperfetta:
c' autonomia patrimoniale perfetta quando dei debiti della societ risponde
sempre e solo la societ con il suo patrimonio. Infatti, vi una netta separazione tra
il patrimonio della persona giuridica e quello delle persone fisiche che ne sono soci.
Godono di autonomia patrimoniale perfetta le persone giuridiche strutturate sotto
la forma di societ di capitali;
c' autonomia patrimoniale imperfetta quando dei debiti della societ risponde sia
il patrimonio della societ sia il patrimonio delle persone fisiche che ne fanno
parte. Infatti, i creditori sociali possono escutere sia il patrimonio della societ sia il
patrimonio dei singoli soci. Godono di autonomia patrimoniale imperfetta le
persone giuridiche strutturate sotto la forma di societ di persone. Quanto pi
complesso il modello organizzativo, tanto pi si attenua il concetto di autonomia
patrimoniale imperfetta:
- nella societ semplice, i soci sono solidalmente e illimitatamente
responsabili per le obbligazioni sociali. Pertanto, i creditori sociali possono
aggredire indifferentemente il patrimonio della societ o quello dei soci dato
che vi una confusione totale fra di essi;
- nella societ in nome collettivo, i soci godono del beneficio preventivo di
escussione del patrimonio sociale. Quindi, i creditori devono prima escutere
il patrimonio sociale e, solo quando questo si esaurisce, possono escutere il
patrimonio dei soci;
- nella societ in accomandita semplice, ci sono due diversi tipi di soci: gli
accomandatari e gli accomandanti. Per gli accomandatari vale la stessa regola
della societ in nome collettivo, mentre gli accomandanti rispondono alle
obbligazioni sociali solo nel limite del loro conferimento (quindi hanno
autonomia patrimoniale perfetta).
5) BENI
Beni: tutte le cose che possono formare oggetto di diritti (art. 810 c.c.). Rientrano nella

categoria dei beni tutte le cose che soddisfano bisogni degli individui e che possono essere
assoggettate al loro potere.
Vi sono diverse classificazioni dei beni:
beni di genere VS beni di specie: i beni di genere sono quelli che appartengono ad
una certa categoria (ad esempio, i mille sacchi di grano presenti in un magazzino), i
beni di specie sono quelli che sono stati individuati all'interno di una certa categoria
(ad esempio, i dieci sacchi di grano che voglio acquistare);
beni fungibili VS beni infungibili: i beni fungibili sono quelli che possono essere
sostituiti (il bene fungibile per eccellenza il denaro), mentre i beni infungibili sono
quelli che, per le loro caratteristiche, non possono essere sostituiti;
beni consumabili VS beni inconsumabili: i beni consumabili sono quelli il cui
utilizzo determina l'estinzione del bene (ad esempio, la benzina), i beni
inconsumabili sono quelli che possono essere utilizzati senza che il normale utilizzo
li distrugga (ad esempio, un orologio);
beni divisibili VS beni indivisibili: i beni divisibili sono quelli che nel loro utilizzo
possono essere frazionati (ad esempio, il denaro), i beni indivisibili sono quelli per il
cui utilizzo necessario che il bene rimanga integro (ad esempio, un orologio);
beni materiali VS beni immateriali: i beni materiali sono quelli che possono essere
percepiti dai sensi umani (ad esempio, una mela), i beni immateriali sono quelli
astratti, quindi non percepibili dai sensi umani (ad esempio, un'idea);
beni mobili VS beni immobili: questa distinzione fondamentale perch il diritto
detta una disciplina diversa a seconda che il bene sia mobile o immobile (ad
esempio, per vendere una casa serve un atto pubblico, per un giornale basta un atto
verbale). Costituiscono beni immobili il suolo, le costruzioni che sorgono sul suolo e
tutto ci che naturalmente o artificialmente incorporato al suolo (art. 812 c.c.).
Sono beni mobili tutti quei beni che non sono immobili. Ci sono, poi:
- l'universalit di mobili, ossia una pluralit di beni che appartengono ad un
medesimo proprietario e che hanno una destinazione unitaria (ad esempio,
una libreria). I beni oggetto di una universalit di mobili possono formare
oggetto di rapporti giuridici anche separatamente;
- la pertinenza, ossia un bene che destinato in modo duraturo al servizio o
ad ornamento di un altro bene. La natura di bene pertinenziale data quindi
da due caratteristiche fissate in via alternativa: essere al servizio oppure
essere ad ornamento di un bene principale (ad esempio, la cantina per
un'abitazione o i fregi per una villa). Le pertinenze possono formare oggetto
di rapporti giuridici anche separatamente dal bene principale.

DIRITTI REALI
Innanzitutto necessario fare una distinzione fra diritti reali e diritti di credito:
diritti reali:
- sono diritti sulle cose (ius in re);
- sono diritti tipici: sono in numero chiuso, le parti non possono creare diritti reali
diversi da quelli indicati dalla legge;
- sono diritti assoluti: sono opponibili erga omnes, possono essere fatti valere e
trovano tutela nei confronti di tutti;
- sono diritti immediati o autodeterminati: il titolare di un diritto reale pu trarre
tutte le utilit che la legge riconnette a quel diritto senza che sia necessaria la
cooperazione di altri soggetti;
- sono muniti del diritto di seguito o sequela: i diritti reali, essendo diritti sulle cose,
nel caso in cui il bene stesso formi oggetto di atti di disposizione, seguono il bene cui
ineriscono;
diritti di credito:
- sono diritti verso qualcosa, una prestazione (ius ad rem): il creditore ha diritto a
che il suo debitore compia una certa prestazione;
- sono diritti atipici: la legge non numera le prestazioni essendo la creazione delle
prestazioni rimessa alle parti;
- sono diritti relativi: possono essere fatti valere esclusivamente nei confronti di un
determinato soggetto, il debitore;
- sono diritti mediati o eterodeterminati: per il soddisfacimento del proprio diritto,
il creditore necessita della cooperazione di altri soggetti.
I diritti reali sono il diritto di propriet e i diritti reali minori di godimento, ossia
diritti reali che convivono con il diritto di propriet su un certo bene, comprimendo
alcune facolt del proprietario. Ci possibile per il principio di elasticit della propriet:
il diritto di propriet si comprime in ragione del diritto reale minore.
Ora approfondiamo i singoli diritti reali:
1) PROPRIET
Il diritto di propriet uno dei pi importanti diritti del nostro ordinamento, infatti esso
ha una rilevanza costituzionale (art. 42 cost.). La sua collocazione all'interno della
Costituzione frutto del compromesso tra le diverse ideologie che si sono scontrate
all'interno dell'Assemblea Costituente: cattolica, marxista e liberale. Infatti, il diritto alla
propriet non incluso tra i diritti fondamentali dell'individuo ma si trova nella parte dei
diritti economici, assumendo quindi la natura di un diritto attenuato. La disciplina della
propriet demandata dalla carta alla legge ordinaria, principalmente al Codice Civile.
Per capire la definizione di propriet, dobbiamo ricorrere all'art. 832 c.c. che recita: Il
proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i
limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.
Analizziamolo parola per parola:
diritto di godere: il proprietario pu fare del bene oggetto del diritto di propriet
l'utilizzo che pi ritiene opportuno, nei limiti di legge. Esso esprime anche una
facolt estensiva e omissiva del proprietario, in quanto rientra tra i suoi diritti anche
quello di non utilizzare il bene;
e disporre: il proprietario pu formare atti di disposizione che hanno ad oggetto
il bene;

in modo pieno: il proprietario pu godere e disporre del bene senza alcun limite,
cio in tutte le sue caratteristiche qualitative e quantitative;
ed esclusivo: il proprietario pu escludere chiunque altro dall'utilizzo sia in senso
materiale sia in senso giuridico del bene;
entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento
giuridico: i limiti di cui si parla sono principalmente due:
- divieto di atti emulativi (art. 833 c.c.): il proprietario non pu compiere gli atti
emulativi. Gli atti emulativi sono atti di esercizio del proprio diritto che hanno il
solo scopo di danneggiare o molestare un altro soggetto. Perch un atto sia
considerato emulativo, deve quindi presentare due requisiti: uno oggettivo, la
mancanza di utilit per il proprietario, e uno soggettivo, l'animus nocendi ossia la
volont di nuocere;
- espropriazione per pubblico interesse o per pubblica utilit: essa un atto che la
pubblica amministrazione pu compiere sulla propriet di un soggetto privato e
comporta la privazione della propriet al suo legittimo proprietario.
L'espropriazione pu avvenire solo se giustificata da esigenze di pubblica utilit e
dietro pagamento di un giusto indennizzo. Se uno di questi elementi manca o non
ritenuto sufficiente dall'espropriato, questi pu fare ricorso al Tar e poi al Consiglio
di Stato. I requisiti sono cristallizzati nel procedimento di esproprio che porta al
provvedimento di esproprio. Il provvedimento di esproprio deve contenere la
dichiarazione di pubblica utilit dell'opera per cui si realizza l'esproprio, nonch
deve indicare i criteri con cui l'ente espropriante arrivato a determinare
l'ammontare dell'indennizzo. Fino agli anni '90, la giurisprudenza riteneva che
l'indennizzo dovesse essere inferiore al valore di mercato in quanto, una volta
costruita l'opera per la quale si realizzava l'esproprio, anche l'espropriato ne avrebbe
giovato. In seguito la Corte Costituzionale ha stabilito che l'indennizzo deve essere
pari al valore di mercato, dato che l'espropriato non avrebbe ceduto la sua propriet
se non costretto dall'amministrazione pubblica.

I modi di acquisto della propriet si dividono in due categorie:


a titolo originario: il diritto di propriet non viene trasferito dal precedente
proprietario ma si consolida direttamente in capo a colui che lo acquista. Inoltre,
chi acquista il diritto di propriet diviene proprietario del bene libero da qualsiasi
peso o diritto altrui. I modi di acquisto della propriet a titolo originario sono:
usucapione, occupazione, invenzione, accessione, specificazione, unione e
commistione;
a titolo derivativo: il diritto di propriet viene trasferito dal suo titolare, detto
dante causa, ad un nuovo soggetto, detto avente causa. Il nuovo proprietario
non pu acquistare pi diritti di quelli che deteneva il suo dante causa. L'acquirente
subentra nella stessa posizione giuridica del suo dante causa. I modi di acquisto
della propriet a titolo derivativo sono: contratto e successione per causa di morte.
Le azioni a tutela della propriet (o azioni petitorie) sono azioni che l'ordinamento
appresta al proprietario e con cui egli pu tutelare il suo diritto di propriet. Le azioni
petitorie hanno tre caratteristiche in comune:
sono azioni reali: hanno per oggetto un bene;
sono azioni imprescrittibili: il diritto di attivare queste azioni non si estingue nel
tempo;
[ La prescrizione l'estinzione di un diritto per l'inerzia del suo titolare protratta
per un certo periodo di tempo (di norma, 10 anni). Essa per non si applica al
diritto di propriet ]
si fondano sulla qualit di proprietario di colui che le esercita, che l'unico che ha la

legittimazione attiva, cio l'unico che pu esercitarle.


Le azioni petitorie sono le seguenti (artt. 948-951 c.c.):
1. azione di rivendicazione: azione con la quale il proprietario mira a recuperare il
bene di cui proprietario e che un altro soggetto possiede o detiene illegalmente
(azione recuperatoria);
2. azione negatoria: azione con la quale il proprietario mira a far dichiarare
l'inesistenza di diritti altrui (azione di accertamento negativo);
3. azione di regolamento dei confini: azione reale che il proprietario esercita quando
vi incertezza sui confini di due fondi confinanti;
4. azione di apposizione dei termini: azione con la quale ciascuno dei proprietari di
due fondi confinanti pu, a spese comuni, chiedere che i termini (i segni) che
delimitano i confini siano resi visibili.
2) USUFRUTTO
L'usufrutto il diritto che attribuisce al suo titolare (usufruttuario) la facolt di utilizzare
un bene di propriet altrui (del nudo proprietario) e di trarre i frutti naturali e civili che
il bene produce, rispettando la sua destinazione economica.
L'usufrutto determina la convivenza di due diverse posizioni giuridiche sullo stesso bene:
quella del nudo proprietario e quella dell'usufruttuario.
Sull'usufruttuario pendono diverse facolt e obblighi:
la facolt di utilizzare il bene;
la facolt di far propri i frutti naturali e civili che il bene produce;
l'obbligo di rispettare la destinazione economica del bene, cio non pu attribuire al
bene una funzione diversa da quella data dal proprietario o dalla legge;
l'obbligo di restituire il bene alla scadenza dell'usufrutto nella medesima condizione
in cui stato consegnato, fatto salvo il deterioramento dovuto all'uso;
l'obbligo di utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia, ovvero il livello di
attenzione e di perizia che un soggetto deve porre in un determinato
comportamento per legge. Il livello quello di un uomo normale. Se non viene
posto questo livello di attenzione, il comportamento da considerarsi negligente e
quindi qualificato dalla legge come colposo.
Per quanto riguarda le spese necessarie al bene dato in usufrutto:
le spese ordinarie, cio le spese normalmente riconnesse all'uso della cosa, spettano
all'usufruttuario;
le spese straordinarie, cio le spese che non attengono all'uso normale del bene,
quindi non sono riferibili al contenuto del diritto di usufrutto, spettano al nudo
proprietario.
L'usufrutto necessariamente un diritto reale di durata, quindi deve esservi apposto un
termine di tempo. La lunghezza di questo termine dipende dalla natura dell'usufruttuario:
se l'usufruttuario una persona fisica, l'usufrutto non pu eccedere la vita
dell'usufruttuario;
se l'usufruttuario una persona giuridica, l'usufrutto non pu eccedere i 30 anni.
I modi di acquisto dell'usufrutto sono:
per legge: la legge stabilisce la costituzione del diritto di usufrutto in favore di un
determinato soggetto (per esempio, l'usufrutto dei genitori sui beni di propriet del
figlio minore);
per volont dell'uomo: attraverso l'atto di volont di un soggetto (nudo proprietario)
che ne costituisce usufruttuario un altro. L'atto pu avvenire tra vivi (inter vivos) o

attraverso una dichiarazione di ultime volont (mortis causa);


per usucapione: attraverso il possesso protratto per un certo periodo di tempo del
bene, accompagnato dalla volont di comportarsi come se si fosse il titolare del
diritto.
[ Il possesso una situazione di fatto che, per ricorrere, ha bisogno di due
requisiti:
- uno oggettivo: il corpus, cio la relazione materiale che ricorre tra un bene e un
soggetto, il quale esercita un potere di fatto (la disponibilit) sul bene;
- uno soggettivo: l'animus, cio la situazione psicologica che si identifica nella
volont di comportarsi come se si fosse il titolare del diritto (di propriet o di un
altro diritto reale minore).
Ci sono due diversi tipi di possesso:
- possesso in buona fede (art. 1147 c.c.), di chi esercita il possesso ignorando di
ledere un diritto altrui;
- possesso in mala fede: di chi esercita il possesso nella consapevolezza di ledere un
diritto altrui. ]

I modi di estinzione dell'usufrutto. L'usufrutto si estingue:


per scadenza del termine;
per prescrizione: se l'usufruttuario non usa il bene per 20 anni, l'inerzia del non uso
determina l'estinzione del diritto;
per morte dell'usufruttuario;
per confusione: quando la persona del nudo proprietario e dell'usufruttuario si
riuniscono in un unico soggetto;
per abuso del diritto: quando non vi il rispetto della destinazione economica del
bene;
per perimento del bene: il perimento pu essere totale o parziale. Nel primo caso, il
diritto si estingue completamente; nel secondo caso, il diritto permane soltanto
sulla parte del bene che non perita.
Con l'estinzione del diritto di usufrutto, si riespande il diritto di propriet.
Il quasi usufrutto un diritto che ha lo stesso contenuto del diritto di usufrutto ma che
viene costituito su beni consumabili. In questo caso, l'obbligazione restitutoria che ha il
quasi usufruttuario alla scadenza del quasi usufrutto non il bene stesso (idem) ma un
bene equivalente (tantundem).
3) SERVIT PREDIALI
La servit prediale il peso imposto sopra un fondo, detto servente, per l'utilit di un
altro fondo, detto dominante, appartenente a diverso proprietario (art. 1027 c.c.).
Se i proprietari dei due fondi sono gli stessi, non si parla di servit prediale, ma di un
rapporto di servizio. Nel nostro ordinamento, esistono solo le servit prediali (poste a
carico di un bene), non esistono le servit vadiali (poste a carico di una persona). Il peso
consiste in una limitazione del diritto di propriet. L'utilit un elemento essenziale della
servit prediale.
Esistono tre diverse classificazioni delle servit prediali:
servit negative VS servit positive o affermative: le servit negative sono servit
che obbligano il proprietario del fondo servente a non farne un determinato uso
(per esempio, non sopraelevare impedendo la veduta dal fondo dominante), le
servit positive sono servit che autorizzano il proprietario del fondo dominante a
fare un certo uso del fondo servente (sono, per esempio, la servit di passaggio o la

servit di acquedotto);
servit continue VS servit discontinue: le servit continue sono servit per il cui
esercizio non necessario il fatto dell'uomo, le servit discontinue sono servit per
il cui esercizio necessario un comportamento del proprietario del fondo servente;
servit apparenti VS servit non apparenti: le servit apparenti sono servit per il
cui esercizio sussistono opere visibili e permanenti, le servit non apparenti sono
servit per il cui esercizio non esistono opere visibili e permanenti. La differenza
fondamentale che solo le servit apparenti possono essere acquistate per
usucapione, in quanto sono le uniche suscettibili di possesso.

I modi di acquisto delle servit prediali sono i seguenti:


si parla di servit coattiva quando il diritto di servit viene concesso dalla legge in
favore di un determinato soggetto. Il diritto di servit imposto di norma
attraverso una sentenza costitutiva della magistratura ma, in casi particolari previsti
dalla legge, pu essere costituito anche attraverso un ordine dell'autorit
amministrativa. Naturalmente, trattandosi di una limitazione al diritto di propriet
del proprietario del fondo servente, la sentenza del giudice o l'ordinanza
amministrativa dovranno stabilire anche l'entit dell'indennizzo. Il pagamento
dell'indennit infatti un elemento costitutivo della servit stessa. Finch il
proprietario del fondo dominante non ha pagato l'indennit, il proprietario del
fondo dominante pu opporsi all'esercizio della servit;
si parla di servit volontaria quando il diritto di servit costituito per contratto o
per testamento;
per usucapione (in questo caso, l'acquisto a titolo originario);
per destinazione del padre di famiglia, che si verifica quando due fondi appartenenti
ad un unico proprietario e tra cui sussiste un rapporto di servizio divengono di
propriet di due soggetti distinti. In questo caso, il rapporto di servizio si trasforma
in una servit prediale.
I modi di estinzione della servit sono i seguenti:
per prescrizione;
per confusione: proprietario del fondo dominante e proprietario del fondo servente
si riuniscono in un unico soggetto;
per rinuncia del titolare;
per perimento del fondo: tale modalit pu concernere sia il perimento del fondo
dominante sia il perimento del fondo servente.
In seguito all'estinzione della servit, si riespande il diritto di propriet.

RAPPORTO OBBLIGATORIO
Con l'instaurazione di un rapporto obbligatorio tra due parti, in capo ad una parte sorge un
diritto di credito, in capo all'altra un'obbligazione. L'adempimento il comportamento
attraverso cui il debitore realizza la prestazione alla quale obbligato.

LA STRUTTURA DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

Dal punto di vista soggettivo, il rapporto obbligatorio si connota per la presenza di due
soggetti: creditore e debitore. Il creditore il titolare del diritto di credito, cio il soggetto
che pu esigere l'adempimento della prestazione. il legittimato attivo alla prestazione. Il
debitore il soggetto che, in virt del rapporto obbligatorio, obbligato ad eseguire una
certa prestazione. Il debitore colui che giuridicamente obbligato all'adempimento.
Questa posizione di obbligato qualifica il debitore come il legittimato passivo del rapporto
obbligatorio in quanto il destinatario della pretesa del creditore.
Dal punto di vista oggettivo, l'oggetto del rapporto obbligatorio la prestazione, ossia il
comportamento che il debitore deve tenere per realizzare l'adempimento. Nei diritti di
credito non esiste tipicit, pertanto l'art. 1174 c.c. stabilisce solo le due caratteristiche che la
prestazione deve avere per essere considerata tale:
patrimonialit: la prestazione deve poter essere quantificata in denaro;
utilit: l'adempimento deve arrecare al creditore una certa utilit, che pu anche
essere non economica.

LE FONTI DELLE OBBLIGAZIONI (art. 1173 c.c.)


L'art. 1173 c.c. indica due fonti tipiche idonee a costituire un rapporto obbligatorio, il
contratto e il fatto illecito, e introduce poi, con una formulazione aperta, il principio di
atipicit delle fonti delle obbligazioni.
1. Le obbligazioni che derivano dal contratto possono attenere alla sua fase
fisiologica, e quindi essere eseguite proprio perch vengono previste da esso, o alla
sua fase patologica, e ricorrere quando il contratto non viene adempiuto (l'azione
che ne consegue il risarcimento del danno).
2. Il fatto illecito pone a carico di colui che lo commette l'obbligo di risarcire il danno
cagionato (art. 2043 c.c.).
3. Le principali fonti atipiche, ossia i principali atti o fatti (oltre a contratto e fatto
illecito) idonei a produrre obbligazioni in conformit all'ordinamento giuridico,
sono:
il possesso di mala fede, ovvero il possesso posto in essere con la
consapevolezza di ledere un diritto altrui. Questa situazione di fatto
determina l'insorgere di una obbligazione di natura restitutoria, che si
sostanzia nella restituzione da parte del possessore di mala fede dei frutti e
degli interessi che il bene ha prodotto nel periodo di possesso in mala fede;
la gestione di affari altrui (negotiorum gestio, artt. 2028-2032 c.c.) che
ricorre quando un soggetto, senza esservi obbligato, assume scientemente la
gestione di un affare altrui. Da questa situazione di fatto conseguono una
serie di obbligazioni sia a carico del gestore sia a carico del gestito o
interessato (soggetto al cui vantaggio va l'esercizio esercitato dal gestore): il
gestore tenuto a continuare la gestione fintanto che l'interessato non in
grado di provvedervi da solo e a farlo con diligenza ( obbligato a comportarsi
come richiede il caso concreto), mentre l'interessato ha a sua carico l'obbligo

di adempiere a tutte le obbligazioni contratte dal gestore nel suo interesse e


l'obbligo di indennizzare il gestore delle spese che questi ha sostenuto nella
gestione;
la ripetizione dell'indebito (art. 2033 e ss.). L'indebito si distingue in due
ipotesi:
- l'indebito oggettivo ricorre quando un soggetto esegue una prestazione che
non oggettivamente dovuta;
- l'indebito soggettivo ricorre quando un soggetto esegue una prestazione
oggettivamente dovuta ma nei confronti del soggetto sbagliato.
In entrambi i casi, sorge l'obbligo, per chi ha ricevuto la prestazione, di
restituirla;
l'arricchimento senza causa (art. 2041), che si verifica qualora un soggetto si
arricchito senza una giusta causa in senso giuridico in danno di un altro
soggetto. Da questa situazione di fatto, sorge l'obbligo, per il soggetto che si
arricchito, di indennizzare colui che si impoverito nei limiti
dell'arricchimento stesso.

I TIPI DI OBBLIGAZIONI

1) Le obbligazioni positive si distinguono in:


obbligazioni di fare, cio obbligazioni in cui il debitore obbligato a tenere un
certo comportamento. L'adempimento si realizza quando il debitore compie
l'attivit per cui si obbligato.
All'interno delle obbligazioni di fare, bisogna operare una prima distinzione fra:
- obbligazioni che hanno ad oggetto un fare fungibile, cio vi sostituibilit della
persona del debitore: la prestazione pu essere adempiuta da un terzo, anche contro
la volont del debitore;
- obbligazioni che hanno ad oggetto un fare infungibile, cio non vi sostituibilit
della persona del debitore: essendo nell'interesse del creditore che la prestazione
sia eseguita dal debitore, questo non pu essere sostituito.
La seconda distinzione attiene alla valutazione del corretto adempimento della
prestazione da parte del creditore. Quindi distinguiamo fra:
- obbligazioni di mezzi, in cui la prestazione deve considerarsi correttamente
adempiuta quando il debitore ha impiegato il grado di diligenza richiesto da quel
tipo di prestazione, indipendentemente dal fatto che il debitore abbia raggiunto o
meno il risultato sotteso al rapporto obbligatorio;
- obbligazioni di risultato, in cui la prestazione deve considerarsi correttamente
adempiuta quando il debitore ha raggiunto il risultato per il quale il rapporto
obbligatorio stato creato, indipendentemente dalla diligenza impiegata dal
debitore.
La responsabilit del debitore: l'art. 1218 c.c. stabilisce che, in seguito ad un
inadempimento, sorga un obbligo di risarcimento dei danni subiti dal creditore da
parte del debitore. Viene prevista, per, anche una prova liberatoria a favore del
debitore: egli pu sottrarsi dall'obbligo di risarcire il danno se prova che
l'inadempimento derivato da un fatto a lui non imputabile. L'imputabilit diverge
in base al fatto che si tratti di un'obbligazione di mezzi o un'obbligazione di
risultato. Nelle obbligazioni di mezzi, il debitore si libera dall'obbligo di risarcire i
danni se dimostra l'assenza di colpa. Nelle obbligazioni di risultato, il criterio il
soddisfacimento degli interessi del creditore: il debitore deve provare un fatto
esterno al suo comportamento che gli ha impedito di adempiere. Questo fatto si
sostanzia in:
- forza maggiore: fatto naturale che rende oggettivamente impossibile la

prestazione;
- caso fortuito: evento imputabile all'uomo che ha le caratteristiche
dell'imprevedibilit;
- factum principis: ordine o provvedimento dell'autorit legislativa o
amministrativa che rende impossibile la prestazione;
obbligazioni di dare, cio obbligazioni in cui la prestazione del debitore consiste
nella consegna al suo creditore di un bene.
All'interno delle obbligazioni di dare, occorre fare una distinzione a seconda del tipo
di bene oggetto della consegna:
- se siamo nel caso di un bene fungibile, vi sostituibilit del bene, pertanto
l'obbligazione di consegna di un bene fungibile non diventa mai oggettivamente
impossibile;
- se siamo nel caso di un bene infungibile, non vi sostituibilit del bene, per cui il
debitore adempiente soltanto se consegna il bene oggetto della prestazione.

2) Le obbligazioni negative sono obbligazioni in cui l'adempimento si realizza


attraverso un comportamento astensivo. L'obbligazione consiste in un non fare o in un
non dare.
Alle obbligazioni negative non si applicano le norme sulla mora del debitore (norme che
disciplinano il ritardo nell'adempimento) perch, per il loro stesso contenuto, esse sono
insuscettibili di essere compiute in ritardo.
L'inadempimento costituito da ogni violazione dell'obbligazione negativa.
3) Le obbligazioni accessorie sono obbligazioni che accompagnano un'obbligazione
principale. A tale categoria di obbligazioni si applica il principio accessoria signitur
principalia: l'obbligazione accessoria segue l'obbligazione principale, ossia va incontro
allo stesso trattamento giuridico. Se l'obbligazione principale nulla, lo anche quella
accessoria, se la principale si risolve, si risolve anche quella accessoria.
Le principali obbligazioni accessorie sono le obbligazioni di garanzia e quelle di custodia,
in quanto sono strumentali all'adempimento dell'obbligazione principale.
4) Le obbligazioni alternative sono obbligazioni in cui l'oggetto del rapporto
obbligatorio sono due o pi prestazioni. Queste prestazioni sono considerate tutte
prestazioni principali e il debitore si libera adempiendo alternativamente ad una di esse.
La scelta su quale obbligazione adempiere spetta al debitore, salvo non sia espressamente
stabilito dalle parti che spetti al creditore o ad un terzo. Il debitore non pu liberarsi
adempiendo parte di una prestazione e parte di un'altra, ma solo adempiendone
interamente una fra quelle alternative. Una volta che il debitore ha operato la scelta, il
rapporto obbligatorio da alternativo diventa semplice.
Nel caso in cui una delle prestazioni alternative diventi impossibile, se ci accade prima
della scelta del debitore, il rapporto obbligatorio da alternativo diventa semplice e il
debitore si libera eseguendo la prestazione rimasta possibile, se ci accade dopo la scelta
del debitore, il rapporto obbligatorio gi divenuto semplice per effetto della scelta della
scelta operata dal debitore stesso, con la conseguenza che l'obbligazione che egli deve
adempiere quella da lui scelta.
Nel caso in cui in un rapporto obbligatorio siano dedotte, in via alternativa fra di loro, due
prestazioni di cui una lecita e una illecita, la prestazione illecita viene espunta dal rapporto
obbligatorio, venendo considerata giuridicamente non dedotta, l'obbligazione diventa
semplice e il debitore obbligato ad adempiere la prestazione lecita. Se quest'ultima
diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, egli liberato.
5) Occorre poi fare una distinzione tra:
obbligazioni giuridiche o civili: obbligazioni munite del requisito della

coercibilit: in caso di inadempimento, il creditore riceve tutela dall'autorit


giudiziaria;
obbligazioni naturali: obbligazioni prive del requisito della coercibilit.
Ciononostante esse sono comunque definite obbligazioni in quanto, pur non
potendo essere attivate dal creditore, producono un determinato effetto giuridico:
l'irripetibilit di ci che il debitore ha spontaneamente pagato.
Le tre pi importanti ipotesi di obbligazioni naturali sono: il pagamento di debiti di
gioco (non gestito o autorizzato dallo stato), il pagamento di una prestazione
contraria ai buoni costumi e il pagamento di un debito prescritto.

ESECUZIONE DELLA PRESTAZIONE (art. 1176 c.c.)

L'esecuzione della prestazione cambia a seconda che la prestazione sia professionale o


meno:
nelle obbligazioni non professionali, cio le obbligazioni che non sono relative
all'esercizio di una prestazione, il debitore deve comportarsi con la diligenza del
buon padre di famiglia, cio il livello di attenzione, cura e perizia tipico dell'uomo
medio. Il debitore che non impiega il tipo di diligenza richiesta attua un
comportamento indiligente, quindi il suo un comportamento colposo. Il
parametro per valutare il comportamento del debitore un parametro astratto;
nelle obbligazioni professionali, cio le obbligazioni relative all'esercizio di
una prestazione, il parametro non pi astratto ma concreto, la diligenza deve
essere misurata in base all'attivit svolta: tanto pi complessa la prestazione
professionale che il debitore deve svolgere, tanto pi alto il livello di diligenza che
l'ordinamento richiede. Questo principio trova contemperamento nell'art. 2236 c.c.
che stabilisce la regola per cui, se la prestazione richiede la soluzione di problemi
tecnici di particolare difficolt, il debitore risponde solo per dolo e colpa grave.
Infatti se, nelle situazioni di grande difficolt, nelle quali statisticamente possibile
sbagliare, venisse addebitato ogni minimo errore al debitore, chiunque si asterrebbe
dal caricarsi simili obbligazioni.

LUOGO DELL'ADEMPIMENTO (art. 1182 c.c.)

I criteri di collegamento attraverso cui possibile collocare l'adempimento del debitore ad


un determinato luogo sono di due tipi:
i criteri generali sono criteri applicati a tutti i tipi di obbligazione. Essi sono i
seguenti, in ordine di applicazione:
il luogo dell'adempimento stabilito dall'accordo delle parti;
[ Uno dei principi su cui si fonda il diritto il principio di autonomia in base
al quale i privati, nel regolamentare i loro interessi, sono liberi di
determinarsi come pi ritengono opportuno, salvo il rispetto
dell'ordinamento giuridico. ]
se l'accordo delle parti non c', interviene il secondo criterio generale,
secondo cui il luogo dove il debitore deve adempiere pu desumersi dalla
natura della prestazione;
se non c' l'accordo delle parti e la natura della prestazione non d'aiuto a
stabilire il luogo, allora soccorre il terzo criterio: il ricorso agli usi. Gli usi
sono una fonte normativa secondaria determinata dalla consuetudine;
se i criteri generali non sono sufficienti a determinare il luogo dell'adempimento,
intervengono in via sussidiaria i criteri speciali, ossia criteri applicati solo a certi
tipi di obbligazione, che sono i seguenti:
le obbligazioni che hanno ad oggetto la consegna di una cosa certa e

determinata devono essere adempiute nel luogo in cui la cosa si trovava


quando sorta l'obbligazione;
le obbligazioni pecuniarie vanno adempiute al domicilio del creditore che
questi ha nel momento in cui scade l'obbligazione, poich vige il favor
creditoris, cio una situazione di favore verso il creditore. Se per il cambio
del domicilio del creditore tra quando l'obbligazione sorta e quando
l'obbligazione scade rende particolarmente oneroso per il debitore adempiere
al nuovo domicilio del creditore, egli pu liberarsi pagando al proprio
domicilio, previa comunicazione al creditore;
tutte le altre obbligazioni devono essere adempiute al domicilio che il
debitore ha al momento della scadenza.

TEMPO DELL'ADEMPIMENTO (artt. 1183-1186 c.c.)


Al fine di terminare il tempo dell'adempimento, l'art. 1183 c.c. stabilisce un principio
generale: quod sine die debetur, statim debetur, ossia se non previsto il termine in cui
la prestazione deve essere eseguita, il creditore ha diritto di esigerla immediatamente.
Pu tuttavia accadere che, in virt degli usi, per la natura della prestazione o per il modo e
il luogo dell'adempimento, sia necessario un termine di tempo. In tal caso, il termine deve
essere individuato in base all'accordo delle parti. Qualora per l'accordo manchi o non
venga raggiunto, il termine fissato dal giudice, a cui pu fare ricorso uno o entrambi i
soggetti del rapporto obbligatorio.
Il termine presunto in favore del debitore, a meno che non sia stabilito che a favore
del creditore:
[ Nel nostro ordinamento, le presunzioni sono mezzi di prova grazie ai quali il
giudice da un fatto certo ritiene provato un fatto incerto. Le presunzioni si
distinguono in:
presunzioni semplici, che sono quelle considerate indizzi, i quali hanno valore
di prova solo quando sono certi, precisi e concordanti;
presunzioni relative (iuris tantum), che sono quelle per cui la legge rende
provato un certo fatto ma possibile offrire la prova contraria;
presunzioni assolute (iuris et de iure), che sono quelle per cui la legge
ritiene incontrovertibilmente provato un certo fatto e non ritiene possibile la
prova contraria. ]
se viene previsto che il termine sia a favore del debitore (favor debitoris), fintanto
che esso non sar scaduto, la prestazione inesigibile;
se il termine previsto a favore del creditore (favor creditoris), il debitore non pu
adempiere prima della scadenza ma il creditore pu esigere la prestazione prima
della scadenza del termine.
Se il debitore esegue la prestazione in anticipo rispetto al termine previsto, egli non pu
ripetere ci che ha eseguito. Egli, per, pur non avendo diritto a chiedere la restituzione del
pagamento, pu chiedere la restituzione di quanto il creditore si ingiustificatamente
arricchito per tutto il periodo intercorrente.
L'art. 1186 c.c. prevede la decadenza dal beneficio del termine, in base alla quale,
quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore, il creditore pu esigere
immediatamente la prestazione se il suo debitore diviene insolvente o diminuisce le
proprie garanzie patrimoniali. La ragione per cui l'ordinamento attribuisce al creditore il
diritto di far decadere il debitore dal beneficio del termine, sta nella necessit di evitare che
il passaggio del tempo impedisca al creditore di poter esigere il proprio diritto di credito.

DESTINATARIO DELL'ADEMPIMENTO (artt. 1188-1191 c.c.)


Il destinatario dell'adempimento il soggetto nei confronti del quale il debitore adempie
la prestazione.
L'art. 1188 c.c. elenca i soggetti che possono essere indicati come destinatari
dell'adempimento. In ordine, essi sono:
il creditore;
il rappresentante del creditore, dove per rappresentante si intende un soggetto che,
munito di procura, agisce in nome e nell'interesse del creditore;
l'adiectus, ossia la persona che il creditore indica al suo debitore come
destinatario del pagamento;
un soggetto indicato dalla legge (per esempio, il tutore per un minore);
un soggetto indicato dal giudice.
Il pagamento eseguito dal debitore a vantaggio di uno di questi soggetti ha effetto estintivo
del rapporto obbligatorio con l'importante conseguenza di liberare il debitore. Il debitore
che esegue il pagamento nei confronti di chi non legittimato a riceverlo, non liberato,
pertanto tenuto a ripetere il pagamento nei confronti del creditore legittimo; potr per
rifarsi sul creditore illegittimo, chiedendogli la restituzione dell'errato pagamento.
Il pagamento effettuato a chi non era legittimato a riceverlo ha comunque efficacia
liberatoria per il debitore in tre casi eccezionali:
1. quando il creditore ratifica il pagamento: la ratifica una dichiarazione unilaterale
e recettizia attraverso cui un soggetto si appropria degli effetti giuridici di un atto
che altrimenti sarebbe inefficace nei suoi confronti; [ una dichiarazione recettizia
una dichiarazione che presa ad un soggetto determinato e che produce i suoi
effetti giuridici quando entra nella sfera di conoscibilit del soggetto a cui
indirizzata ]
2. quando il creditore ha approfittato del pagamento;
3. quando il pagamento effettuato al creditore apparente (art. 1189 c.c.): il debitore
che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze
univoche, liberato se prova di essere stato in buona fede al momento del
pagamento. I requisiti perch questa fattispecie si verifichi sono:
uno oggettivo: la situazione di apparenza. L'apparenza una situazione
giuridica che fa apparire come vero ci che vero non . La situazione di
apparenza ricorre quando la situazione che ha soltanto il connotato della
verosimiglianza appare ad un soggetto come vera. L'apparenza pu essere di
due tipi: si ha apparenza oggettiva quando la situazione di verosimiglianza
si verifica indipendentemente dal comportamento del titolare del diritto;
mentre si ha apparenza soggettiva (o colposa) quando la situazione di
verosimiglianza imputabile al comportamento colposo del titolare del
diritto. L'apparenza presa in considerazione dal diritto ai fini della tutela
dell'affidamento che ingenera in un determinato soggetto, sia nella situazione
apparente che in quella reale;
un altro oggettivo: la ricorrenza di circostanze univoche che hanno
determinato la situazione di apparenza. Le circostanze univoche sono le
circostanze oggettive idonee a creare un errore comune. Ci significa che la
situazione di apparenza deve derivare da una serie di elementi oggettivi tali
per cui qualunque soggetto che si fosse trovato al posto del debitore sarebbe
caduto in errore e avrebbe pagato al creditore apparente;
uno soggettivo: la buona fede del debitore che esegue il pagamento. Ci
significa che egli deve ignorare di ledere il diritto del vero creditore. Il
momento in cui valutare la buona fede del debitore quello del pagamento, la

malafede sopravvenuta non idonea a privare l'atto dell'efficacia che la legge


gli attribuisce.
Il creditore reale viene tutelato attraverso l'azione di restituzione o ripetizione che
egli pu esercitare nei confronti del creditore apparente che ha ricevuto il
pagamento. La fattispecie in esame diverge ontologicamente dall'azione di
ripetizione dell'indebito, che quella che pu esercitare chi ha effettuato un
pagamento non dovuto.
Gli artt. 1190 e 1191 c.c. stabiliscono la disciplina nei casi in cui il debitore o il creditore
siano considerati incapaci.
L'art. 1190 c.c. stabilisce che, qualora il pagamento venga fatto ad un creditore incapace, il
debitore non liberato a meno che non provi che il pagamento andato a vantaggio
dell'incapace stesso. Altrimenti, il pagamento va fatto al rappresentante legale
dell'incapace.
Nel caso invece che il pagamento sia effettuato da un incapace, l'art. 1191 c.c. prevede che
sia efficace. Il debitore che ha eseguito la prestazione dovuta non pu impugnare [
impugnare significa contestare l'efficacia e la validit di un atto giuridico ] il pagamento a
causa della propria incapacit. Il pagamento valido perch il debitore compie un atto
giuridicamente voluto.

L'INADEMPIMENTO E LA RESPONSABILIT DEL DEBITORE


Il rapporto obbligatorio, nella sua fisiologia, si estrinseca attraverso l'adempimento. A
volte per succede che il rapporto obbligatorio non venga adempiuto; in questo caso, si
realizza la fattispecie giuridica dell'inadempimento, con collegata responsabilit del
debitore che si estrinseca sotto la forma di obbligazione del risarcimento del danno.
L'art. 1218 c.c., nello stabilire la responsabilit del debitore, afferma il principio della
responsabilit contrattuale, cio la responsabilit che deriva dall'inadempimento
dell'obbligazione la cui fonte sia diversa dal fatto illecito (quindi deve essere il contratto o
un fatto o atto idoneo a produrre un rapporto obbligatorio). Se la fonte un fatto illecito, si
applica l'art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito).
L'art. 1218 c.c. spiega quando il debitore va considerato inadempiente. Le tre fattispecie
sono:
non eseguire la prestazione;
non eseguire la prestazione in modo corretto;
non eseguire la prestazione tempestivamente, ma in ritardo (su questo caso, vedere
le norme sulla mora del debitore).
Con l'avvenimento di una di queste tre fattispecie, sorgono l'inadempimento e la
responsabilit del debitore.
Il debitore, per, pu sottrarsi dall'obbligazione risarcitoria fornendo una prova
liberatoria, che consiste nella prova che l'inadempimento derivato dalla sopravvenuta
impossibilit della prestazione per cause non imputabili al debitore.
La natura del fatto non imputabile dipende dalla natura dell'obbligazione:
nelle obbligazioni di mezzi, il fatto non imputabile si identifica con l'assenza di colpa
del debitore;
nelle obbligazioni di risultato, il fatto non imputabile si identifica con la forza
maggiore, il caso fortuito e il factum principis.
Il regime della sopravvenuta impossibilit di adempiere del debitore vale solo per le
obbligazioni di dare che hanno ad oggetto un bene infungibile, non vale per quelle di beni
fungibili (quindi le obbligazioni pecuniarie, per esempio, non si estinguono mai per
impossibilit sopravvenuta).

In merito all'obbligazione risarcitoria, l'art. 1223 c.c. spiega:


che, ai fini dell'obbligazione risarcitoria, deve intercorrere un nesso causale o
rapporto eziologico tra inadempimento e danno, che consiste in una conseguenza
immediata e diretta (post hoc ergo propter hoc). Al fine di individuare la
sussistenza o meno del nesso causale, la giurisprudenza ricorre a tre teorie:
la teoria della causalit adeguata (conditio sine qua non) stabilisce
l'esistenza del nesso causale tra un certo comportamento e un certo danno
ogniqualvolta un comportamento costituisce la condizione senza la quale il
danno non si sarebbe verificato. Attraverso un giudizio ex ante di prognosi
postuma, il giudice elimina l'azione incriminata e, se viene meno anche il
danno, chiaro che tra inadempimento e danno sussiste un nesso causale. Se
viceversa, pur eliminando l'azione che concreta l'inadempimento, il danno
permane, non vi nesso di causalit;
la teoria della sussunzione sotto una legge statistica o scientifica di copertura
stabilisce che il giudice deve accertare se, in base ad una certa legge
(scientifica o statistica), da un certo comportamento derivi un certo danno;
la teoria del pi probabile che non (la pi diffusa oggi) stabilisce che il
giudice, in base ad un criterio probabilistico, deve accertare se, da un certo
comportamento, pi probabile che si verifichi o se pi probabile che non
si verifichi un certo danno. Nella prima ipotesi, il giudice riterr presente il
nesso causale, altrimenti ne rilever l'assenza;
come individuare il quantum che il debitore deve risarcire. Il danno risarcibile
(quantum debeatur) deve comprendere il danno emergente, cio la perdita di
valori economici gi esistenti nel patrimonio del creditore, e il lucro cessante, cio
la mancata acquisizione da parte del creditore di valori economici futuri (tutte
quelle utilit che il creditore non potr acquisire in futuro).
Il debitore che, nell'adempimento della prestazione, si avvale dell'attivit di ausiliari
risponde dei fatti dolosi e colposi commessi da costoro (art. 1228 c.c.). La norma
costituisce quindi una garanzia a favore del creditore dal momento che,
indipendentemente da chi esegue la prestazione, egli potr sempre esperire un'azione di
risarcimento del danno nei confronti del suo debitore.
Le clausole di esonero dalla responsabilit sono quelle clausole con cui le parti
stabiliscono che, in caso di inadempimento della prestazione, il debitore sar esonerato
dalla responsabilit. Nel nostro ordinamento, questo tipo di clausole sono valide solo in
caso di colpa lieve, sono nulle (quindi improduttive di effetti giuridici) le clausole che
esonerano il debitore dalla propria responsabilit in caso di dolo o di colpa grave. In questo
modo, l'ordinamento mira a tutelare il creditore dal fenomeno della irresponsabilit del
debitore, cio mira ad evitare che il debitore non adempia appositamente perch sicuro
della propria irresponsabilit.

RITARDO NELL'ADEMPIMENTO: LA MORA DEL DEBITORE


La mora del debitore il ritardo nell'inadempimento. Il debitore che deve eseguire una
prestazione entro un certo termine e non la esegue, dalla scadenza del termine in mora.
Si parla di norma ex persona o ex homine in quanto necessario un comportamento
del creditore perch gli effetti della mora si producano. Questo comportamento l'atto di
costituzione in mora, che un'intimazione scritta con cui il creditore intima
all'adempimento il proprio creditore, preavvertendolo che non pi disposto a tollerare

il ritardo. Giuridicamente, quindi, l'atto di costituzione in mora rappresenta una


dichiarazione unilaterale recettizia e formale (quindi valida solo se fatta per iscritto) con
cui il creditore intima l'adempimento al creditore. L'atto di costituzione in mora serve a
superare la normale tolleranza che potrebbe avere il creditore: l'atto serve a vincere la
presunzione relativa di tolleranza.
Vi sono per delle ipotesi, cosiddette di mora automatica o mora ex re, in cui gli effetti
della mora si producono automaticamente, contrapponendosi alla regola generale della
mora ex homine. In questi casi, le conseguenze che l'ordinamento ricollega al ritardo del
debitore si applicano dal momento stesso che il debitore in ritardo e senza necessit che il
creditore lo costituisca in mora. Le tre ipotesi eccezionali di mora automatica che derogano
al principio generale (art. 1219 c.c.) si verificano:
quando l'obbligazione deriva da un fatto illecito, perch l'obbligazione la
conseguenza di un fatto grave;
quando il debitore ha espressamente dichiarato per iscritto di non voler adempiere;
quando si tratta di un'obbligazione da adempiere al domicilio del creditore perch,
trattandosi quasi sempre di obbligazioni pecuniarie, vige il favor creditoris.
Gli effetti della mora sono le conseguenze giuridiche che l'ordinamento riconnette ad
una situazione di mora. Gli effetti della mora sono:
il risarcimento del danno;
l'effetto della mora sul rischio (art. 1221 c.c.): il debitore in mora non liberato dalla
sopravvenuta impossibilit della prestazione per fatto a lui non imputabile, a meno
che non provi che l'oggetto della prestazione sarebbe comunque perito anche presso
il creditore. La ratio legis risiede nel fatto che, se il debitore fosse liberato, egli
gioverebbe del proprio ritardo;
gli interessi moratori (limitatamente alle obbligazioni pecuniarie). L'art. 1224 c.c.
prevede che, dal giorno di inizio della mora, sono dovuti gli interessi moratori.
Questi interessi sono dovuti nella misura legale, a meno che non fossero stati
pattuiti interessi convenzionali in misura maggiore. In tal caso, gli interessi sono
dovuti nella misura di quelli convenzionali, sempre che non eccedano la soglia di
usura, il che renderebbe la clausola nulla e gli interessi non dovuti. Inoltre, gli
interessi moratori sono dovuti a prescindere dalla prova del danno da parte del
creditore poich, trattandosi di obbligazioni pecuniarie, il legislatore ha posto una
presunzione assoluta che il creditore abbia subito un danno. Egli non deve provarlo
perch gli interessi sono i frutti civili che il denaro produce automaticamente con la
conseguenza che il creditore, non percependo la prestazione al momento stabilito,
automaticamente danneggiato.
L'art. 1222 c.c. stabilisce che alle obbligazioni negative non si applicano le norme sulla
mora perch esse, per la loro natura, sono insuscettibili di essere adempiute in ritardo.

MODI DI ESTINZIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO DIVERSI


DALL'ADEMPIMENTO
Ci sono cinque ipotesi in cui il rapporto obbligatorio si estingue anche se il debitore non ha
eseguito la prestazione: novazione, compensazione, confusione, remissione del debito,
impossibilit sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore.
Tra questi modi di estinzione del rapporto obbligatorio distinguiamo tra:
modi sattisfattivi, ossia quei modi di estinzione in cui, pur non essendo adempiuta
la prestazione, viene comunque soddisfatto l'interesse del creditore. Essi sono la
compensazione e la confusione;

modi non sattisfattivi, ossia quei modi di estinzione in cui, al mancato


adempimento della prestazione, consegue anche il mancato soddisfacimento
dell'interesse del creditore. Essi sono la novazione, la remissione del debito e
l'impossibilit sopravvenuta per causa non imputabile al debitore.
Ora vediamo i cinque modi di estinzione uno per uno.

1) La novazione
Distinguiamo tra due diversi tipi di novazione:
la novazione oggettiva (artt. 1230-1234 c.c.), in cui l'obbligazione si estingue
quando le parti sostituiscono l'obbligazione originaria con una nuova
obbligazione diversa nell'oggetto e nel titolo. Ci avviene attraverso un accordo
novativo tra le parti, in cui la volont di estinguere il rapporto obbligatorio
originario per uno nuovo (ovvero l'animus novandi) deve risultare in modo
esplicito e non equivoco. La legge lo richiede perch nel nostro ordinamento vige un
principio generale in base al quale le rinunce ai diritti non possono mai essere
presunte.
Perch vi sia novazione, l'elemento innovativo (quid novis) deve riguardare
l'oggetto e il titolo.
Nella novazione, l'obbligazione originaria si estingue, ci significa che, se la nuova
obbligazione diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, egli
liberato e non tenuto ad adempiere all'obbligazione originaria in quanto questa si
estinta per novazione.
In base al principio per cui se si estingue l'obbligazione principale si estinguono
anche le garanzie (accessoria seguitur principalia), a meno che le parti non
abbiano convenuto di mantenerle nella nuova obbligazione, insieme al rapporto
obbligatorio originario si estinguono tutti gli accessori del credito.
Se l'obbligazione originaria era nulla, la nuova obbligazione senza effetto, quindi
non vincola il debitore all'adempimento.
Se l'obbligazione originaria era annullabile (difetto che, a differenza della nullit,
permette all'obbligazione di avere effetti giuridici), la novazione possibile purch il
debitore assuma la nuova obbligazione conoscendo il vizio che rendeva annullabile
il titolo originario;
la novazione soggettiva (art. 1235 c.c.), in cui l'obbligazione subisce una
circolazione dal lato passivo. Infatti, attraverso la novazione soggettiva, muta la
persona del debitore e, se il creditore vi acconsente, il debitore originario viene
liberato con conseguente estinzione del rapporto obbligatorio nei suoi confronti e
con l'instaurazione di un nuovo rapporto obbligatorio nei confronti del vecchio
creditore (l'esempio tipico l'accollo del debito).
La prestazione in luogo dell'adempimento (art. 1197 c.c.) un istituto affine alla novazione
ma non origina un fenomeno estintivo. Il debitore si libera eseguendo la prestazione
dedotta dal rapporto obbligatorio, non si libera eseguendo una prestazione diversa,
nemmeno se di valore superiore. La facolt di stabilire una prestazione diversa lasciata
all'accordo delle parti: il creditore pu decidere di acconsentire ad una prestazione diversa
da quella prestabilita. Se la diversa prestazione diviene impossibile, il debitore non
liberato ma tenuto ad adempiere alla prestazione che formava oggetto del rapporto
obbligatorio. La differenza fondamentale tra novazione e prestazione in luogo
dell'adempimento l'animus novandi, cio la volont di novare.
2) La compensazione (artt. 1241-1252 c.c.)
Essa, insieme alla novazione e all'impossibilit sopravvenuta, la fattispecie che ha la
maggiore diffusione nella prassi. La compensazione si verifica quando due soggetti sono
tra loro reciprocamente obbligati e i rispettivi crediti si estinguono per le quantit
corrispondenti.

La compensazione una modalit estintiva del rapporto obbligatorio anche solo parziale.
Infatti, estinguendosi il rapporto di debito e di credito per quantit corrispondenti, vi la
possibilit di un'estinzione soltanto pro quota (parziale) e non totale del rapporto
obbligatorio.
La ratio legis della compensazione rinvenibile nel principio di economia degli atti
giuridici, in quanto inutile compiere due pagamenti quando il non adempimento avrebbe
il medesimo effetto.
Nel nostro ordinamento sono presenti tre diversi tipi di compensazione:
1. la compensazione legale, che opera per legge quando i rispettivi crediti godono
entrambi di tre requisiti:
- sono omogenei, cio hanno ad oggetto beni appartenenti al medesimo genere
(pertanto, di norma, la compensazione opera sulle obbligazioni pecuniarie);
- sono liquidi, cio sono determinati nel loro ammontare, ossia sono identificati ed
espressi in una quantit numerica;
- sono esigibili, cio quando il creditore pu chiederne l'adempimento, ossia quando
non c' un termine o c' una condizione sospensiva.
In contemporanea presenza di questi tre requisiti, i reciproci crediti si estinguono
per compensazione. Anche se la compensazione legale opera automaticamente, essa
deve essere sempre eccepita dalle parti: il giudice non pu mai rilevarla d'ufficio.
[ Nell'ambito del processo civile, vige il principio della domanda, in base al quale,
salvo determinate ipotesi indicate dalla legge in cui il giudice pu operare d'ufficio
(cio senza la richiesta delle parti), di regola il giudice pu giudicare soltanto sulle
domande e sulle eccezioni che le parti introducono nel processo. Nel processo civile,
infatti, ci sono di regola due soggetti: l'attore e il convenuto. L'attore colui che si
rivolge al giudice proponendo una domanda. La domanda si sostanzia in ci che
l'attore chiede al giudice e in ci che pretende dal convenuto. Il convenuto colui
nei cui confronti la domanda proposta. Il convenuto, costituendosi in giudizio,
chieder il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti, avanzando delle
eccezioni. Le eccezioni sono i fatti estintivi, modificativi e impeditivi del diritto
dell'attore. ]
La sentenza che accerta la compensazione legale una sentenza dichiarativa. Si
parla di sentenza dichiarativa quando la sentenza si limita a dichiarare un effetto
giuridico che si gi verificato. Le sentenze dichiarative hanno efficacia retroattiva
in quanto producono i loro effetti dal momento in cui si produce l'effetto giuridico
sostanziale che la sentenza accerta;
2. la compensazione giudiziale, che opera se ci sono i requisiti dell'omogeneit e
dell'esigibilit, ma non quello della liquidit dei reciproci crediti. Sebbene i crediti
non debbano essere liquidi, devono comunque essere di facile e pronta liquidazione.
sufficiente che il giudice, attraverso un semplice calcolo matematico, sia in grado
di identificare e quantificare il credito che determina l'estinzione dei rapporti
obbligatori.
La sentenza con cui il giudice dispone la compensazione giudiziale una sentenza
costitutiva. Si parla di sentenza costitutiva quando la sentenza non si limita a
dichiarare un effetto giuridico che si gi verificato ma la sentenza stessa che
produce la modificazione sostanziale nella sfera giuridica dei soggetti interessati.
La sentenza costitutiva non ha alcun effetto retroattivo poich l'effetto della
compensazione si verifica a causa della sentenza stessa, in quanto il giudice a
rendere liquidi i reciproci crediti. Pertanto, con la sentenza costitutiva, gli effetti
agiscono dal momento della sentenza stessa;
3. la compensazione volontaria, che opera in applicazione al principio di autonomia,
quindi in base all'accordo delle parti. Per cui, in caso di compensazione volontaria, i
reciproci crediti si estinguono indipendentemente dai requisiti di omogeneit,
esigibilit e liquidit.

3) La remissione del debito (art. 1236 c.c.)


La remissione del debito un modo di estinzione dell'obbligazione con cui il creditore
dichiara di liberare il debitore.
L'obbligazione si estingue quando comunicata al debitore, a meno che egli dichiari di non
volerne approfittare. La remissione del debito quindi una dichiarazione unilaterale e
recettizia, in quanto viene fatta dal creditore verso il debitore e produce effetti soltanto
quando viene comunicata a quest'ultimo. Infatti, nel momento stesso in cui la remissione
entra nella sua sfera di conoscibilit, il debitore liberato. Nel silenzio del debitore, la
remissione si presume accettata, dato che egli riceve un vantaggio e quindi l'ordinamento
presume che il debitore lo accetti. Nel caso in cui il debitore non accetti la remissione, la
dichiarazione non ha alcun effetto, per il principio per cui un soggetto non pu essere
impoverito o arricchito contro la sua volont.
4) L'impossibilit sopravvenuta per causa non imputabile al debitore
L'impossibilit sopravvenuta per causa non imputabile al debitore si verifica quando la
prestazione diventa oggettivamente impossibile, liberando il debitore.
Laddove l'art. 1256 c.c. fa riferimento ad una impossibilit derivante da una causa non
imputabile al debitore, intende riferirsi ad una impossibilit oggettiva, nel senso che
chiunque non avrebbe potuto realizzarla. Se invece la prestazione soggettivamente
impossibile ci troviamo di fronte ad un inadempimento: in questo caso il debitore non
liberato. La prestazione pu diventare oggettivamente impossibile per cause di forza
maggiore, caso fortuito o per un'imposizione dell'autorit.
L'impossibilit deve essere sopravvenuta, pertanto il fatto oggettivo che rende impossibile
l'adempimento deve sopraggiungere dopo l'instaurazione del rapporto obbligatorio. Se
l'impossibilit preesiste all'instaurazione del rapporto obbligatorio, questo nullo.
Distinguiamo tre diverse categorie di impossibilit:
l'impossibilit assoluta, che determina l'estinzione dell'obbligazione perch essa non
pu pi essere eseguita;
l'impossibilit temporanea, che non determina un'estinzione aritmetica del
rapporto obbligatorio ma determina soltanto una sospensione dell'obbligo del
debitore ad adempiere fintanto che l'impossibilit perdura. Pertanto non si
applicano le norme sulla mora del debitore e questi non sar responsabile per il
ritardo. Egli sar obbligato ad eseguire la prestazione quando questa ritorner
possibile. Se l'impossibilit perdura per un periodo di tempo tale da far ritenere che
il debitore non pi obbligato o che il creditore non ha pi interesse a ricevere la
prestazione, l'obbligazione si estingue;
l'impossibilit
parziale,
che
determina
una
riduzione
quantitativa
dell'adempimento. L'adempimento del debitore ha ad oggetto la parte
dell'obbligazione rimasta possibile. Il creditore ha diritto ad una riduzione della
propria controprestazione corrispondente alla parte dell'obbligazione del debitore
divenuta impossibile e pu anche risolvere il contratto.
L'istituto dell'impossibilit sopravvenuta non si applica mai alle prestazioni che hanno ad
oggetto un bene fungibile.
5) La confusione
La confusione opera (cos come nell'usufrutto) quando la qualifica di debitore e di
creditore si riuniscono nel medesimo soggetto.

LA CESSIONE DEL CREDITO


Il credito un diritto a contenuto patrimoniale. In quanto tale, esso pu essere ceduto. Con

la cessione del credito, si realizza una vicenda modificativa del rapporto obbligatorio dal
lato attivo: cambia la persona del creditore. Il creditore originario prende il nome di
cedente, il nuovo creditore prende il nome di cessionario, mentre il debitore prende il
nome di ceduto.
La cessione del credito pu avvenire sia a titolo oneroso (quando previsto un
corrispettivo), sia a titolo gratuito (quando il cedente non ottiene nulla in cambio).
La cessione del credito un atto sempre bilaterale cui partecipano, con una propria
manifestazione di volont, sempre, solo e soltanto il cedente e il cessionario. Perch la
cessione del credito si perfezioni, sufficiente l'accordo tra il vecchio e il nuovo creditore,
non richiesta l'accettazione del debitore ceduto, egli non partecipa all'accordo di cessione.
Il motivo di ci che, per il debitore non muta l'oggetto della sua obbligazione, per cui,
essendo per questi irrilevante adempiere nei confronti di un soggetto piuttosto che di un
altro, la legge prevede che egli non partecipi all'atto di cessione. (N.B.: nella cessione del
contratto, invece, richiesto anche il consenso del contraente ceduto).
Sebbene la cessione del credito sia un atto bilaterale, vi per la necessit di notiziare il
debitore ceduto dell'avvenuta modifica del credito. A tal fine, la legge prevede uno
strumento apposito: l'istituto della notifica, con la quale il debitore ceduto viene
informato che vi stato un cambiamento nella persona del creditore. L'art. 1264 c.c.
stabilisce che la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando viene a questo
notificata. La notifica svolge due funzioni fondamentali:
individuare il destinatario del pagamento: attraverso la notifica, il cessionario rende
cognito il debitore ceduto che il titolare del diritto di credito non pi l'originario
creditore cedente ma diventato il nuovo creditore cessionario. Il debitore ceduto
che, in assenza di notifica, paga al creditore cedente, anzich al cessionario,
liberato a meno che il cessionario non provi che il debitore ceduto aveva in altro
modo avuto conoscenza dell'avvenuta cessione;
risolvere il conflitto fra pi acquirenti del medesimo diritto di credito dallo stesso
dante causa: attraverso la notifica, la cessione del credito viene resa opponibile ai
terzi. Questo effetto si realizza sulla base della priorit della notifica: fra pi
cessionari, prevale chi per primo notifica al debitore ceduto l'avvenuta cessione.
Quindi la soluzione del conflitto non avviene sulla base della priorit dell'atto di
cessione ma sulla base della priorit della notifica al debitore ceduto. Questa regola
si declina, in relazione ai diversi tipi di beni oggetto della prestazione, nel seguente
modo:
con le obbligazioni pecuniarie, prevale chi per primo notifica;
con i beni immobili, prevale chi per primo trascrive;
[ La trascrizione uno strumento di pubblicit attraverso il quale viene reso
noto un certo fatto onde renderlo opponibile ai terzi. La trascrizione una
forma di pubblicit dichiarativa. Infatti, esistono tre diversi tipi di pubblicit:
- la pubblicit costitutiva la pubblicit in cui l'assolvimento dell'onere
pubblicitario incide sulla genesi dell'effetto giuridico (le due pi importanti
ipotesi di pubblicit costitutiva sono l'iscrizione dell'atto costitutivo di una
persona giuridica all'albo del registro delle imprese e l'iscrizione nel registro
delle ipoteche);
- la pubblicit dichiarativa la pubblicit il cui effetto non quello di
costituire un diritto ma soltanto di renderlo opponibile ai terzi. Il diritto
sorge indipendentemente dall'assolvimento dell'onere pubblicitario;
- la pubblicit notizia la pubblicit che serve a rendere noto ai terzi un
determinato fatto per consentire loro di far valere un'eventuale opposizione
agli effetti che esso produce (per esempio, la pubblicazione di matrimonio). ]

con i beni mobili registrati, prevale chi per primo iscrive in pubblici registri;
con i beni mobili non registrati, prevale chi per primo acquista il possesso in
buona fede del bene;
con i diritti di godimento, prevale chi per primo ha materialmente iniziato a
godere della cosa.

Nella cessione ordinaria (la regola differente nel caso in cui il credito venga trasferito
tramite l'incorporazione nel diritto di credito), il cessionario acquista il proprio diritto a
titolo derivativo, perch esiste un dante causa, un titolo e un avente causa. La natura
derivativa dell'acquisto da parte del cessionario ha un effetto giuridico ben preciso: egli
entra nella stessa identica posizione giuridica del cedente. Ci ha due importanti
conseguenze:
data la regola per cui nessuno pu traferire ad altri pi diritti di quelli che ha, il
debitore ceduto pu opporre al nuovo creditore cessionario tutte le eccezioni
estintive del diritto di credito che avrebbe potuto opporre al creditore cedente;
tutte la garanzie che assistono il credito si trasferiscono a favore del cessionario.
Gli artt. 1266-1267 c.c. disciplinano i rapporti tra cedente e cessionario. Il modello
legale stabilisce che il cedente, salvo patto contrario, tenuto a garantire soltanto
l'esistenza del diritto di credito che trasferisce al cessionario, ma non tenuto a garantire
l'adempimento del debitore ceduto. Ovvero, il cedente garantisce in nomen verum ma
non in nomen bonum. Il rischio dell'insolvenza grava sul cessionario.
per possibile che, se cos previsto nell'accordo fra le parti, nella cessione a titolo
oneroso, il creditore cedente garantisca non soltanto l'esistenza del credito ma anche la
solvibilit del debitore ceduto, la cui insolvenza andr a gravare sul cedente e non pi sul
cessionario. In questo caso, per, il creditore cedente risponde nei confronti del
cessionario, non per l'intero valore del credito ceduto, ma per quanto ha percepito a titolo
di corrispettivo per la cessione.
Il nostro ordinamento prevede anche la circolazione dei diritti di credito mediante la loro
incorporazione in un titolo di credito. Di regola, il titolo in cui viene tecnicamente
incorporato il diritto di credito una cambiale o un assegno. La cambiale pu essere una
cambiale tratta, cio una delegazione di pagamento, o un pagher cambiario, cio una
promessa di pagamento. Nel pagher cambiario, i soggetti coinvolti sono due (emittente e
beneficiario); nella cambiale tratta, sono tre (traente, trattario e beneficiario).
Le caratteristiche di un titolo di credito sono:
la letteralit: il titolo di credito vale per la cifra che riporta scritta su di esso;
l'incorporazione del diritto nel titolo: il titolo di credito diventa il documento
attraverso cui chi ne il portatore legittimato ad esercitare il diritto incorporato;
l'autonomia: il titolo di credito determina in capo a colui che lo riceve un acquisto a
titolo originario del diritto in esso incorporato. Nella circolazione del diritto del
titolo, ogni passaggio autonomo rispetto ai precedenti: nella cessione titolata,
quindi, il debitore non pu opporre al giratario tutte le eccezioni che avrebbe potuto
opporre al girante, ma pu opporgli soltanto le eccezioni personali al girante e le
eccezioni reali, ossia eccezioni relative alla natura del titolo. Questo principio trova
una deroga nella cosiddetta girata di comodo, che avviene quando un soggetto
trasferisce ad altri il titolo di credito non per trasferirgli il diritto in esso
incorporato ma esclusivamente per sottrarsi alle eventuali eccezioni estintive che
il debitore potrebbe opporre nel caso sia lui a escuterlo per il pagamento;
l'astrattezza: il diritto incorporato nel titolo di credito pu essere fatto valere
indipendentemente dalla sussistenza del rapporto sottostante.

CONTRATTO
Nel nostro ordinamento, il contratto ha due funzioni, a ciascuna delle quali corrisponde
una tipologia di contratto:
il contratto ad effetti obbligatori il contratto il cui effetto di creare una o pi
obbligazioni;
il contratto ad effetti reali il contratto il cui effetto di trasferire il diritto di
propriet o un diritto reale minore.
Il legislatore ha dedicato al contratto una disciplina normativa decisamente articolata e
complessa. Infatti, le norme del Codice Civile che regolano il contratto in generale vanno
dall'art. 1321 all'art. 1469. Inoltre, uno dei principi che presiedono al contratto, quello
dell'autonomia o libert contrattuale, non ha soltanto una disciplina civilistica ma un
principio di rango costituzionale.
L'art. 1321 c.c. enuncia la definizione di contratto: Il contratto l'accordo di due o pi
parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Analizziamo la definizione parola per parola:
accordo: nel nostro ordinamento, il fulcro del contratto l'accordo. Ci
confermato dall'art. 1325 c.c. dove esso indicato come il primo degli elementi del
contratto. L'accordo costituito per il principio volontaristico: salvo alcune ipotesi
(come quella del contratto imposto), nessun soggetto pu essere obbligato ad un
vincolo contrattuale se non vi una sua manifestazione di volont libera e
spontanea. Il contratto sorge e vincola le parti soltanto se esse manifestano la
volont di stipularlo. L'accordo contrattuale l'incrocio di due manifestazioni di
volont attraverso le quali si esprime il consenso al contenuto del contratto.
L'accordo quindi il punto d'incontro delle rispettive dichiarazioni di volont;
due o pi parti: le manifestazioni di volont necessarie per il contratto devono
essere due o pi, non esiste il contratto unilaterale. Se le parti sono due il contratto
bilaterale, se sono pi di due plurilaterale;
parti: la parte si identifica con un centro di imputazione degli effetti giuridici che
il contratto produce. La parte non si identifica necessariamente con una sola
persona ma pu anche succedere che sia costituita da pi persone. La parte pu
quindi essere unisoggettiva o plurisoggettiva. Per individuare il numero di parti che
compongono il contratto, quindi, non si fa riferimento al numero di persone ma al
numero di centri di imputazione;
costituire, regolare o estinguere: le finalit a cui il contratto teleologicamente
preordinato sono quelle di costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico:
costituire significa generare un rapporto giuridico che precedentemente
non sussisteva tra i contraenti, si crea ex novo;
regolare significa porre in essere un accordo modificativo di un rapporto
giuridico tra loro gi esistente, modificandone il contenuto rispetto a come
era al momento della sua costituzione;
estinguere significa dare origine agli accordi risolutori, ossia agli accordi
attraverso cui le parti consensualmente decidono di estinguere un rapporto
contrattuale esistente. La funzione estintiva realizza quindi una vicenda a
senso inverso rispetto alla funzione costitutiva. Dato che il contratto ha forza
di legge tra le parti, non pu essere sciolto unilateralmente: cos come per la
creazione del contratto, necessario l'accordo di tutte le parti;
tra loro: la nozione di contratto contiene l'indicazione del principio di relativit,
esplicitato dall'art. 1372 c.c. Gli effetti del contratto si dipanano esclusivamente tra

le parti, sono a loro circoscritti. Per i terzi il contratto non rilevante: chi non vi ha
partecipato con una propria manifestazione di volont con cui ha prestato consenso
al contratto, non partecipa agli effetti che esso genera. Per le parti, il contratto ha
forza di legge (cio come se fosse legge: una volta che le parti, attraverso un
accordo, hanno assunto determinati obblighi, come se quegli obblighi derivassero
dalla legge). Inoltre, il contratto non pu essere estinto se non per mutuo consenso,
ovvero per consenso reciproco, attraverso un accordo estintivo di tutti quelli che
hanno partecipato alla sua costituzione;
rapporto giuridico patrimoniale: tutte le funzioni che il contratto svolge
incidono su un rapporto giuridico patrimoniale. Un rapporto una relazione fra
due o pi soggetti. Un rapporto giuridico un rapporto che produce degli effetti
giuridici, trova la sua fonte nell'ordinamento giuridico ed disciplinato e tutelato
dall'ordinamento giuridico. Esattamente come avviene per il rapporto obbligatorio
in generale, anche il contratto deve avere un contenuto patrimoniale. I rapporti
giuridici che non hanno un contenuto economico non rientrano nella disciplina del
contratto ma in altre fattispecie giuridiche (ad esempio, il matrimonio, che produce
effetti economici ma fondato su altri principi).

L'art. 1322 c.c. introduce un principio generale fondamentale del nostro ordinamento,
quello della libert o autonomia contrattuale, in base al quale nel disciplinare i loro
rapporti giuridici, le parti sono libere di regolarsi come meglio credono. Come tutte le
libert, anche quella contrattuale incontra dei limiti: le norme imperative, i principi di
ordine pubblico e quelli di buon costume.
La libert contrattuale tutelata da una norma di rango costituzionale. L'art. 41 cost.
infatti stabilisce che l'iniziativa economica libera. E, se libera l'iniziativa economica,
altrettanto liberi devono essere gli strumenti giuridici attraverso cui essa si esplica.
L'articolo sulla libera iniziativa economica non inserito tra le libert personali ma in
quelle economiche. Infatti, essa non una "libert-fine" ma una "libert-mezzo": una
libert funzionale ai doveri di solidariet sociale di cui agli artt. 2 e 3 cost. Attraverso il c. 2
dell'art. 41 cost., il legislatore costituzionale ha stabilito che la libert economica, pur
potendo essere finalizzata ad uno scopo lucrativo, non pu essere dominata da un esclusivo
scopo egoistico, essendo sempre finalizzata all'attuazione dell'utilit sociale.
L'art. 1322 c.c. costituisce la proiezione in sede privatistica della libert d'iniziativa
economica prevista dalla carta costituzionale. L'autonomia contrattuale si esplica sotto due
diversi profili:
uno di carattere generale (di cui all'art. 1322 c. 1), che attiene alla libera
determinazione del contenuto del contratto.
La norma "minus dixit quam voluit", ossia dice meno di quanto intende: la libert
contrattuale si manifesta anche da un punto di vista negativo, cio omissivo.
infatti uno dei profili della libert contrattuale quello secondo cui un soggetto
libero di non stipulare il contratto.
La norma implica anche la libert di stipulare il contratto con chi si vuole. La libert
delle parti riguarda sia l'ambito patrimoniale sia l'ambito regolamentare o
normativo del contratto. Per quanto riguarda l'ambito patrimoniale, le parti, purch
ci avvenga in modo libero e spontaneo, possono attribuire alle prestazioni il valore
che desiderano, senza che il giudice possa sindacarlo. Per quanto attiene all'ambito
regolamentare, le parti sono libere di determinare le modalit di adempimento del
contratto;
uno di carattere particolare (di cui all'art. 1322 c. 2), che introduce il principio di
atipicit del contratto, ossia la libert per le parti di perseguire i propri interessi
utilizzando contratti anche diversi da quelli disciplinati dall'ordinamento. Infatti,
la legge, per permettere ai privati di soddisfare i loro interessi, prevede una serie di
contratti tipici. I contratti tipici o nominati sono contratti a cui la legge d una

disciplina giuridica. Ma la libert contrattuale tale che la legge d la possibilit ai


privati di usare contratti diversi da quelli previsti dalla legge. I contratti atipici o
innominati sono contratti non disciplinati dalla legge. I privati possono fare uso dei
contratti atipici in due modi:
- possono fare ricorso a figure contrattuali proprie di altri ordinamenti (per
esempio, il leasing o il factoring);
- possono combinare fra loro pi contratti tipici realizzando una figura atipica (per
esempio, il contratto di un custode che include la locazione e la prestazione
d'opera).
Esiste un unico controllo sui contratti atipici: la meritevolezza degli interessi
perseguiti sotto il profilo della liceit (le norme imperative, i principi di ordine
pubblico e quelli di buon costume).
Al fine di individuare quali norme giuridiche si applicano al contratto atipico, la
giurisprudenza ha elaborato la teoria dell'assorbimento o della prevalenza della
causa. In base ad essa, la selezione delle norme applicabili avviene sul terreno della
causa del contratto: occorre, pertanto, individuare la funzione economico-sociale
che il contratto atipico svolge e quindi, attraverso un giudizio di comparazione,
applicare la disciplina del contratto tipico che svolge una identica e analoga
funzione.
Con l'introduzione del secondo comma, la libert contrattuale trova la sua completa
espressione ed espansione.

LE CATEGORIE CONTRATTUALI
1) Prima classificazione. Relativamente ai modi di conclusione del contratto,
distinguiamo tra contratti consensuali e contratti reali (da non confondere con i contratti
ad effetti reali):
i contratti consensuali sono contratti, per la cui conclusione, sufficiente il
consenso validamente manifestato dalle parti. L'accordo delle parti quindi una
condizione necessaria e sufficiente per la genesi del contratto. Nel nostro
ordinamento, la gran parte dei contratti rientra nella categoria dei contratti
consensuali;
i contratti reali sono contratti, per la cui conclusione, oltre all'accordo delle parti,
necessaria anche la consegna del bene che forma oggetto del contratto. L'accordo
delle parti quindi una condizione necessaria ma non sufficiente per la genesi del
contratto, in quanto necessario anche l'atto materiale della consegna del bene che
forma oggetto del contratto stesso. Il pi importante contratto reale del nostro
ordinamento il mutuo.
2) Seconda classificazione. In relazione ai diversi effetti che il contratto produce,
distinguiamo i contratti fra le seguenti categorie:
i contratti ad effetti reali (o ad efficacia reale) sono contratti il cui effetto quello di
trasferire il diritto di propriet o un diritto reale minore.
In base al principio consensualistico, nei contratti ad effetti reali, l'effetto
traslativo del diritto reale si realizza nel momento in cui il contratto concluso
quindi, di regola, nel momento in cui il consenso validamente manifestato;
i contratti ad effetti obbligatori (o ad efficacia obbligatoria) sono contratti il cui
effetto quello di obbligare una o entrambe le parti ad eseguire una prestazione.
Il principale contratto tipico previsto dal nostro ordinamento il contratto di vendita.
Di regola, il contratto di vendita un contratto consensuale (in quanto si conclude con il
consenso validamente manifestato dalle parti), ad effetti principalmente reali (dato che

l'effetto tipico il trasferimento del diritto di propriet) ma che realizza anche effetti
obbligatori, sia a carico del compratore, sia a carico del venditore.
A carico del compratore, l'effetto obbligatorio quello di pagare il prezzo pattuito.
A carico del venditore, gli effetti obbligatori sono:
consegnare il bene con l'obbligazione accessoria di custodirlo fino a quel momento;
garantire l'evizione, ossia che il bene suo e non gravato da diritti altrui;
garantire che il bene oggetto della vendita non sia affetto da vizi che lo rendono
inidoneo all'uso cui destinato;
garantire che il bene abbia tutte le sue qualit essenziali o le qualit che egli ha
promesso.
Nella sua configurazione normale, come in tutti i contratti ad effetti reali, alla vendita si
applica il principio consensualistico, per cui il passaggio della propriet si realizza al
momento della conclusione del contratto. Esistono per delle ipotesi particolari o
eccezionali di vendita in cui, derogando al principio consensualistico, l'effetto traslativo del
diritto di propriet avviene in un momento successivo alla conclusione del contratto.
Queste ipotesi, che vanno sotto il nome di vendita obbligatoria, sono:
la vendita di cose di genere, in cui la propriet si trasferisce nel momento della
individuazione, ossia quando le cose oggetto del contratto vengono circoscritte
all'interno del genere di appartenenza;
la vendita di cose altrui, in cui la propriet si trasferisce nel momento in cui il
venditore della cosa altrui si procura la propriet del terzo;
la vendita di cose future, in cui la propriet si trasferisce nel momento in cui il bene
viene ad esistenza. Nell'ambito della vendita di cose future, bisogna per distinguere
due ipotesi diverse:
l'emptio spei, nella quale il compratore acquista la speranza che il bene
venga ad esistenza e quindi conclude un contratto aleatorio. Ci significa che,
se anche la cosa non venisse ad esistenza, l'acquirente sarebbe comunque
tenuto a pagare il prezzo;
l'emptio rei sperata, nella quale il compratore acquista la cosa sperata e
quindi conclude un contratto commutativo. Ci significa che, se la cosa non
viene ad esistenza, il contratto nullo perch non esiste il suo oggetto;
la vendita a rate, in cui la propriet si trasferisce col pagamento dell'ultima rata
quindi, fino a che il compratore non avr provveduto ad adempiere interamente
all'obbligazione di pagamento del prezzo, non diverr proprietario del bene oggetto
del contratto.
3) Terza classificazione. In base alla causa del contratto, ossia alla funzione
economico-sociale che esso svolge, distinguiamo i contratti fra le seguenti categorie:
i contratti a prestazioni corrispettive (o contratti sinalagmatici) sono contratti la cui
causa va individuata nel nesso di interdipendenza esistente tra le reciproche
prestazioni. Ci vuol dire che ciascuna prestazione trova la propria giustificazione
economico-sociale nella controprestazione.
All'interno della categoria dei contratti a prestazioni corrispettive, distinguiamo tra
due sottocategorie:
i contratti commutativi sono contratti in cui i contraenti, sin dal momento
della conclusione del contratto, conoscono le conseguenze patrimoniali che
esso produrr nei loro confronti, sia in termini positivi (di arricchimento),
sia in termini negativi (di depauperamento);
i contratti aleatori sono contratti nei quali la causa si identifica con l'alea,
cio con il rischio che un soggetto, per effetto del contratto, possa ottenere
vantaggi patrimoniali maggiori rispetto al sacrificio economico che il
contratto gli impone. Nel contratto aleatorio, quindi, le parti, al momento in

cui il contratto viene concluso, non sono in grado di sapere quali saranno le
conseguenze patrimoniali positive o negative che il contratto produrr nei
loro confronti. I principali contratti aleatori sono l'assicurazione e i contratti
di borsa. A questo tipo di contratti, inoltre, non si applicano i cosiddetti
rimedi riequilibrativi, quindi i contratti aleatori non possono essere risolti
per eccessiva onerosit sopravvenuta e nemmeno se conclusi in stato di
bisogno (vedi infra). Un contratto aleatorio in cui il rischio contrattuale
manca ab origine (cio, sin dal momento in cui stato stipulato), un
contratto nullo per l'inesistenza della sua causa;
i contratti a titolo gratuito sono contratti in cui manca il rapporto di corrispettivit
tra prestazione e controprestazione. Il che significa che, nei contratti a titolo
gratuito, una sola parte contrattuale (il soggetto obbligato) subisce una diminuzione
patrimoniale e soltanto l'altra parte (il soggetto beneficiario) ottiene un incremento
patrimoniale. In questo tipo di contratti, quindi, la causa del contratto si identifica
con lo spirito di liberalit, ossia con la volont da parte dell'obbligato di arricchire il
beneficiario senza ottenere nulla in cambio. I contratti a titolo gratuito sono gli unici
contratti cui possibile apporre l'elemento accidentale o accessorio rappresentato
dall'onere o modo (vedi infra);
i contratti associativi (o contratti con comunione di scopo) sono contratti la cui
causa costituita dallo scopo comune che i contraenti intendono raggiungere. Nei
contratti associativi, dal momento che tutti i contraenti mirano al medesimo
obiettivo, manca il conflitto di interessi che connota invece i contratti a prestazioni
corrispettive. In essi le parti perseguono interessi divergenti, nei contratti
associativi perseguono interessi convergenti. Il contratto di societ il principale
contratto associativo che conosce il nostro ordinamento. I contratti associativi sono
per definizione contratti plurilaterali, nel senso che ad essi possono partecipare pi
di due contraenti, mentre i contratti a prestazioni corrispettive sono sempre, tranne
che in un caso, bilaterali. Inoltre, i contratti associativi si connotano per essere
contratti a struttura aperta, ci significa che al contratto, mediante una
manifestazione di volont (contratto di adesione), possono intervenire altri
contraenti, anche quando il contratto stesso in fase di esecuzione. I contratti
associativi sono caratterizzati dall'applicazione di una stessa identica regola per
quanto riguarda le loro patologie: nullit, annullabilit e risoluzione sono tutte
governate dal principio della essenzialit della parte (vedi infra).

4) Quarta classificazione. In relazione al fattore tempo, ossia agli effetti che il


contratto svolge nel tempo, distinguiamo i contratti fra le seguenti categorie:
i contratti ad esecuzione istantanea sono contratti in cui esiste un'assoluta
coincidenza temporale fra il momento in cui il contratto viene concluso e il
momento in cui viene eseguito. In sintesi, fase genetica e fase funzionale
coincidono. I contratti ad esecuzione istantanea si esauriscono con un solo atto di
esecuzione;
i contratti ad esecuzione differita sono contratti in cui si realizza una discrasia
temporale tra la fase di conclusione del contratto e quella della sua esecuzione. In
sintesi, fase genetica e fase funzionale non coincidono. Nei contratti a prestazioni
corrispettive, il differimento pu riguardare soltanto una delle reciproche
prestazioni: in tal caso, per una parte del contratto, fase genetica e fase funzionale
coincidono, mentre per l'altra parte, si verifica l'ipotesi dell'esecuzione differita;
i contratti ad esecuzione continuata o periodica, comunemente detti contratti di
durata, sono contratti in cui gli effetti si producono per un certo periodo di tempo e
non si esauriscono in un solo atto di esecuzione. Ai contratti di durata, pu essere
apposto sia un termine iniziale sia un termine finale. Qualora il termine iniziale non

coincida con il momento della conclusione del contratto, avremo un contratto di


durata ad esecuzione differita. Nei contratti di durata, in caso di recesso o
risoluzione, non si realizza alcun effetto restitutorio, il che significa che recesso e
risoluzione non hanno effetto retroattivo e dispongono solo per il futuro.
5) Quinta classificazione. In base alla disciplina della forma del contratto,
distinguiamo i contratti fra le seguenti categorie:
i contratti formali sono contratti per cui la legge impone l'utilizzo della forma
scritta, a pena di nullit. I contratti formali non sono la regola ma l'eccezione,
pertanto sono indicati dalla legge;
i contratti a forma libera sono contratti dove vige il principio della libert di forma,
per cui le parti sono libere di stipulare il contratto nella forma che preferiscono,
anche oralmente.

LA STRUTTURA DEL CONTRATTO


Il contratto si compone di due tipi di elementi: gli elementi necessari o essenziali e gli
elementi accidentali o accessori. Questa distinzione fondamentale perch se gli elementi
necessari non sono presenti, il contratto nullo. La presenza o meno degli elementi
accidentali, invece, non incide sulla validit del contratto.
Gli elementi necessari o essenziali (art. 1325 c.c.) sono: l'accordo, la causa, l'oggetto e la
forma (quest'ultima solo quando prescritta a pena di nullit).
1) ACCORDO
Uno dei requisiti necessari l'accordo. Tutte le parti che partecipano al contratto,
esprimono una manifestazione di volont e, quando queste si sostanziano nell'accordo, il
contratto concluso. Le manifestazioni di volont che determinano la formazione
dell'accordo contrattuale sono la proposta e l'accettazione. La proposta una
manifestazione di volont che proviene da un soggetto detto proponente. L'accettazione
una manifestazione di volont con cui il destinatario della proposta, detto accettante,
accetta la proposta che gli stata fatta.
All'art. 1326 c.c., il nostro ordinamento applica il cosiddetto principio cognitivo, in base
al quale, perch il contratto sia concluso, non sufficiente che entrambe le parti
manifestino la propria volont attraverso la proposta e l'accettazione, ma necessario che
chi ha fatto la proposta venga a conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.
In base al principio della tempestivit dell'accettazione, l'accettazione deve
pervenire al proponente nel termine da lui stabilito o in quello normalmente necessario
secondo la natura dell'affare o secondo gli usi. Se l'accettazione perviene al proponente
dopo la scadenza del termine, essa inefficace, a meno che il proponente non decida di
ritenere comunque efficace l'accettazione tardiva e ne dia immediatamente avviso all'altra
parte. Ci significa che, salvo determinati casi eccezionali, nel silenzio dell'accettante, il
contratto non si reputa concluso, perch ogni sacrificio patrimoniale, espresso attraverso
un'assunzione di obbligazione o la rinuncia ad un diritto, richiede una manifestazione di
volont esplicita.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione
non ha effetto e il contratto non concluso se essa data in forma diversa. Sulla possibilit
per il proponente di consentire una forma diversa, sorto un contrasto dottrinario:

secondo l'orientamento maggioritario, l'art. 1326 c.c. minus dixit quam voluit, per cui
troverebbe applicazione il principio di autonomia contrattuale e si applicherebbe per
analogia il principio stabilito per il termine; secondo altri, invece, la norma non ha
riproposto volutamente la disposizione dettata per il termine, in quanto, con la richiesta di
utilizzare una determinata forma, il proponente avrebbe voluto imporre al contratto una
forma convenzionale e, dato che essa si presume a pena di nullit, un'accettazione fatta in
forma diversa deve essere considerata nulla e insanabile in ogni caso.
L'ultimo comma dell'art. 1326 propone il principio della conformit
dell'accettazione alla proposta, in base al quale se l'accettante esprime
un'accettazione difforme dalla proposta, il contratto non concluso. L'accettazione viene
considerata conforme alla proposta quando ne replica esattamente il contenuto. Ma
un'accettazione difforme dalla proposta non priva di effetti giuridici in quanto equivale
ad una controproposta o ad una nuova proposta, con la conseguenza di determinare
un'inversione di ruoli: l'originario accettante diventer il nuovo proponente e l'originario
proponente diventer il nuovo accettante. Si parla di trattativa in presenza di una serie di
proposte e accettazioni non conformi.
L'art. 1327 c.c. pone una deroga all'articolo precedente, affermando un principio di
conclusione del contratto diverso dallo scambio delle due manifestazioni di volont: il
principio della conclusione del contratto attraverso un comportamento
concludente. Esso stabilisce infatti che, su richiesta del proponente o per la natura
dell'affare o secondo gli usi, la prestazione deve eseguirsi senza una preventiva
accettazione e il contratto concluso nel momento e nel luogo in cui ha avuto inizio la sua
esecuzione. Il proponente potrebbe voler dispensare l'accettante dall'accettazione perch
ha l'interesse a ricevere immediatamente la prestazione. Anche nel caso della conclusione
del contratto attraverso un comportamento concludente, fatto salvo il dogma del
consenso e il principio volontaristico, poich la manifestazione di volont, pur non essendo
espressa attraverso una dichiarazione, espressa attraverso un comportamento
concludente.
Proposta e accettazione sono due dichiarazioni di volont di regola unilaterali e recettizie.
Sono quindi dichiarazioni indirizzate ad una persona determinata e producono effetti
giuridici quando vengono a conoscenza del destinatario. Ma, come tutte le dichiarazioni di
volont, proposta e accettazione sono soggette alla revoca. L'art. 1328 c.c. stabilisce il
momento fino al quale proponente e accettante possono revocare le loro manifestazioni di
volont, ossia possono esercitare lo ius penitendi (il diritto di pentirsi): il termine ultimo
per la revoca la conclusione del contratto. Ci significa che la proposta pu essere
revocata purch la sua revoca giunga a conoscenza dell'accettante prima che l'accettazione
giunga a conoscenza del proponente. Mentre la revoca dell'accettante deve giungere al
proponente prima dell'accettazione che si intende revocare.
Vediamo ora una serie di istituti che regolano la conclusione del contratto. Essi sono:
la proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.), che si sostanzia in una dichiarazione
unilaterale e recettizia con cui una parte si obbliga a tener ferma la propria
proposta contrattuale per un certo periodo di tempo (il cosiddetto termine di
irrevocabilit), con la conseguenza che la revoca inefficace. Se in quel periodo di
tempo, il destinatario della proposta manifester l'accettazione, le due
manifestazioni di volont progrediranno in contratto, altrimenti, scaduto il termine,
la proposta decadr. La proposta irrevocabile, dal punto di vista della sua struttura
soggettiva, un atto unilaterale e il termine di irrevocabilit un elemento
essenziale. Il che significa che, se la proposta irrevocabile non indica un termine di
durata dell'irrevocabilit, essa nulla. Ci previsto perch il nostro ordinamento

contrario all'assunzione di obbligazioni in perpetuo perch limitano la circolazione


dei beni;
l'opzione (art. 1331 c.c.), che un patto con cui due soggetti raggiungono l'accordo
a che uno tenga ferma la sua proposta contrattuale per un certo periodo di tempo.
Di regola, l'opzione un patto a titolo oneroso ma nulla vieta, in base al principio di
autonomia contrattuale, che sia a titolo gratuito. Teleologicamente l'opzione
produce gli stessi effetti della proposta irrevocabile (in entrambi i casi una parte
obbligata a tener ferma la propria proposta contrattuale per un certo periodo di
tempo) ma i due istituti sono connotati da due importanti differenze:
- la prima attiene alla sua struttura soggettiva: mentre la proposta irrevocabile un
atto unilaterale, l'opzione un patto, quindi ha una struttura bilaterale;
- la seconda attiene alla disciplina del termine: mentre la proposta irrevocabile
nulla se non vi apposto il termine di irrevocabilit, viceversa nell'opzione, in base
al disposto del secondo comma dell'art. 1331 c.c., se non previsto il termine, esso
pu essere stabilito dal giudice. La differenza si giustifica col fatto che, essendo
l'opzione bilaterale, ad essa si applica il principio di conservazione del contratto, in
funzione del quale, ogniqualvolta sia possibile, l'ordinamento prevede uno
strumento per salvare il contratto (vedi infra);
la prelazione il diritto che un soggetto, detto prelazionario, ha di essere preferito
(prelatus) rispetto ai terzi nella conclusione di un contratto. Dalla prelazione
derivano due obbligazioni a carico di colui che la concede:
- una a carattere negativo: l'obbligazione di astenersi dal concludere contratti con
soggetti diversi dal prelazionario;
- una a carattere positivo e solo potenziale: l'obbligazione di contrarre solo con il
prelazionario, qualora il concedente decida di concludere il contratto oggetto della
prelazione.
Vi sono due tipi di prelazione:
la prelazione legale la prelazione che deriva dalla legge. La prelazione
legale ha efficacia reale, ossia opponibile ai terzi, con la conseguenza che,
qualora il diritto di prelazione venga violato, il prelazionario pu ottenere dal
giudice una sentenza che dichiari inefficace nei suoi confronti il contratto
concluso in violazione del suo diritto e pu ottenere di subentrare nella
posizione del terzo alle medesime condizioni;
la prelazione volontaria o convenzionale la prelazione che deriva da un
accordo fra le parti. La prelazione volontaria o convenzionale ha efficacia
obbligatoria, il che significa che dispiega i suoi effetti esclusivamente nel
rapporto che intercorre tra colui che concede il diritto di prelazione e il
titolare del diritto stesso. Pertanto, il prelazionario non potr ottenere che il
contratto stipulato in violazione della sua prelazione sia dichiarato inefficace
poich esso inscalfibile. La tutela del prelazionario si attua attraverso
l'azione di risarcimento del danno che egli pu esercitare nei confronti di
colui che gli ha concesso la prelazione e poi l'ha violata;
l'offerta al pubblico una proposta contrattuale che rivolta ad una serie
indiscriminata di soggetti. Chi per primo, tra la collettivit indiscriminata a cui
rivolta, accetter l'offerta, assumer il ruolo di parte contrattuale. L'offerta al
pubblico, non avendo un contenuto recettizio (in quanto non rivolta ad una sola
persona), ha una particolarit per quanto attiene alla sua modalit di revoca: essa
deve avvenire con le stesse modalit attraverso cui l'offerta stata resa pubblica.
Affinch l'offerta al pubblico costituisca una proposta contrattuale, deve avere
almeno i requisiti minimi relativi al contenuto del contratto, ossia deve almeno
indicare il prezzo. Se i requisiti minimi non sussistono, ci troviamo di fronte ad un
diverso istituto giuridico: l'invito a proporre, con il quale un soggetto invita l'altra

parte a formulargli una proposta contrattuale. L'asta il classico esempio di invito


a proporre.
importante distinguere l'offerta al pubblico dalla promessa al pubblico. Mentre la
prima una proposta contrattuale, la promessa al pubblico una promessa
unilaterale con cui un soggetto si obbliga ad adempiere ad una certa prestazione a
favore di colui che riveste determinate caratteristiche o un certo status ovvero
compie una certa azione senza esservi obbligato. La promessa al pubblico
determina l'insorgere di una obbligazione a carico del committente.
Il contratto concluso dal rappresentante
Nel nostro ordinamento, la manifestazione di volont idonea a determinare la conclusione
del contratto pu essere resa dal soggetto che poi riveste il ruolo di parte contrattuale ma
pu anche succedere, e non di rado accade, che la volont contrattuale sia resa da un
soggetto diverso da quello che poi assume la qualit di parte contrattuale. In questo caso vi
la cosiddetta separazione tra parte formale (soggetto che conclude il contratto) e parte
sostanziale (soggetto che acquista i diritti e assume gli obblighi che dal contratto
derivano). L'ipotesi pi ricorrente in cui vi una separazione tra parte formale e parte
sostanziale quella del contratto concluso dal rappresentante.
Gli artt. 1387-1400 c.c. regolano la rappresentanza, ossia quel meccanismo giuridico per
cui la volont contrattuale viene espressa da un soggetto, detto rappresentante, ma gli
effetti di quella dichiarazione di volont si producono direttamente nei confronti di un
altro soggetto, detto rappresentato. La rappresentanza viene classificata in base alla sua
fonte nel seguente modo:
si parla di rappresentanza legale quando la sua fonte la legge. La rappresentanza
legale ha la funzione di rendere possibile a soggetti legalmente incapaci il
compimento di determinati atti giuridici che altrimenti sarebbero loro preclusi in
quanto privi della capacit di agire. Il soggetto investito dalla legge del compito di
rappresentare l'incapace detto rappresentante legale;
si parla di rappresentanza volontaria quando la sua fonte un atto di volont del
soggetto interessato a conferirla. La rappresentanza volontaria risponde a criteri di
opportunit, infatti il soggetto rappresentato ben pu compiere l'atto che demanda
al rappresentante ma ritiene pi conferente ai suoi interessi che l'atto sia compiuto
da un terzo. L'atto con cui nasce la rappresentanza volontaria la procura, ossia un
atto unilaterale e recettizio con il quale il rappresentato conferisce al
rappresentante il potere di compiere uno o pi atti giuridici in suo nome e nel suo
interesse. La procura pu essere:
- generale quando conferita per una serie indeterminata di atti;
- speciale quando conferita per uno o pi atti determinati.
Ai sensi dell'art. 1392 c.c., la procura deve avere la stessa forma del contratto che il
rappresentante conclude. Anche in tema di procura, quindi, vige il principio di
libert di forma, infatti la procura dovr essere conferita per iscritto soltanto se il
contratto che conclude il rappresentante un contratto per cui richiesta la forma
scritta a pena di nullit, se si tratta di un contratto a forma libera, altrettanto a
forma libera il conferimento della procura. In base a questo stesso principio,
infatti, gli atti prodromici e funzionali alla conclusione di un contratto formale sono
anch'essi atti formali.
Attraverso la procura, il rappresentante facultizzato a concludere un contratto che
produce i propri effetti direttamente in capo al rappresentato. Per, affinch si
verifichi l'effetto rappresentativo di cui all'art. 1388 c.c., sono necessari due
requisiti:
1. la spendita del nome o contemplatio domini: nel momento in cui conclude
il contratto, il rappresentante deve rendere edotto il terzo che il soggetto nei
confronti del quale il contratto produrr effetti non egli stesso ma un

soggetto diverso e, precisamente, il soggetto di cui ha speso il nome. E ci


tanto vero che, se il rappresentante, nella conclusione del contratto col terzo,
omette di spendere il nome del rappresentato, il contratto sar vincolante per
il rappresentante in quanto questi ha agito in nome proprio;
2. l'interesse del rappresentato: il rappresentante, nella stipulazione del
contratto, non deve perseguire un interesse proprio o l'interesse di un terzo
ma deve perseguire esclusivamente l'interesse del rappresentato, poich egli
la parte sostanziale del contratto. Sorge una situazione giuridica che va sotto
il nome di conflitto di interessi se il rappresentante, nella stipulazione del
contratto, comprime l'interesse del rappresentato a vantaggio di un
interesse proprio o di un terzo. Il conflitto di interessi, situazione
evidentemente dannosa per il rappresentato, pu essere di due tipi:
l'ipotesi generale regolata dall'art. 1394 c.c.: il contratto concluso dal
rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato pu essere
annullato su domanda del rappresentato se il conflitto di interessi era
conosciuto o conoscibile dal terzo. Il contratto concluso in conflitto di
interessi un contratto invalido perch questa una delle ipotesi
tipiche di annullabilit del contratto: qualora, nel concludere il
contratto, il rappresentante conculchi l'interesse del rappresentato
soddisfacendo l'interesse suo o di un terzo, la legge sanziona questo
comportamento dannoso per il rappresentato attraverso l'azione di
annullamento. In questo caso, l'unico soggetto legittimato a chiedere
l'annullamento del contratto il rappresentato, non possono farlo n il
rappresentante n il terzo contraente. Il contratto concluso in conflitto
di interessi non di per s annullabile in quanto perch esso possa
essere annullato necessario che il conflitto di interessi fosse
conosciuto o quantomeno conoscibile dal terzo (cio dal soggetto che
ha stipulato il contratto con il rappresentante). In questa situazione
opera infatti la tutela del terzo: se egli sapeva che il contratto era
dannoso per il rappresentato, allora era in mala fede (quindi era nel
suo interesse ledere il diritto del rappresentato); se il terzo non
conosceva il conflitto di interessi, e quindi la situazione dannosa, ma
avrebbe facilmente potuto conoscerlo, allora egli versa in una
situazione di colpa poich il suo comportamento non stato diligente;
se invece il conflitto di interessi non era conosciuto n conoscibile
usando l'ordinaria diligenza, l'ordinamento non pu muovere alcun
rimprovero al terzo. Al fine di tutelare il rappresentato il cui interesse
stato conculcato, l'ordinamento prevede l'azione di risarcimento del
danno, che egli pu esercitare nei confronti del rappresentante che,
nella stipulazione del contratto, ha agito perseguendo un interesse
estraneo al rappresentato, con ci danneggiandolo;
l'ipotesi particolare regolata dall'art. 1395 c.c. e consiste nel contratto
con se stesso (anche detto rappresentante contraente in proprio).
Questa ipotesi ricorre quando un soggetto da un lato agisce come
rappresentante di se stesso, dall'altro come parte contrattuale. Se
questa situazione si verifica, il contratto annullabile su domanda del
rappresentato. Nel contratto concluso con se stesso, il legislatore ha
previsto una presunzione relativa di conflitto di interessi, pertanto
possibile fornire prova contraria. Il contratto concluso con se stesso
non annullabile in soli due casi:
- quando il rappresentato abbia specificatamente autorizzato il
rappresentante a concludere con se stesso;
- quando il rappresentante stato degradato a semplice nuncio: in

questo caso, tutti gli elementi del contratto sono stati preordinati tutti
dal rappresentato in modo tale da escludere ogni possibile conflitto di
interessi. La degradazione del rappresentante a semplice nuncio
avviene quando egli si limita esclusivamente a riportare una volont
contrattuale determinata dal rappresentato e non concorre a
determinare il contenuto del contratto con la propria volont. Questa
distinzione importante per due fattispecie: i vizi della volont (art.
1390 c.c.), che sono errore, violenza e dolo, e gli stati soggettivi
rilevanti (art. 1391 c.c.), che sono buona fede/mala fede e la
conoscenza/ignoranza di determinate situazioni. Gli artt. 1390 e 1391
c.c. stabiliscono inoltre che, di regola, per accertare l'esistenza di un
vizio della volont o valutare uno stato soggettivo rilevante, si debba
fare riferimento alla persona del rappresentante. Se per gli elementi
del contratto sono stati predeterminati dal rappresentato, si fa
riferimento alla persona di quest'ultimo. Infatti, il principio generale
stabilisce che si debba sempre fare riferimento alla volont del
soggetto che determina il contenuto del contratto.
L'istituto del contratto concluso dal rappresentante senza potere (art. 1398 c.c.) va
comunemente sotto il nome di contratto del falsus procurator. Questa fattispecie ricorre
in due casi: quando un soggetto non ha i poteri di rappresentanza e quando un soggetto
eccede i limiti dei poteri di rappresentanza che gli sono stati conferiti. Il contratto concluso
dal falso rappresentante inefficace, sia nei confronti dello pseudorappresentato
(altrimenti detto interessato), perch egli non ha mai conferito procura per concludere
quel contratto, sia nei confronti del falso rappresentante poich egli, spendendo il nome
del falso rappresentato, ha manifestato la volont di non riferire a se medesimo gli effetti
del contratto. Per la tutela del terzo contraente, entra in gioco l'istituto della ratifica (art.
1399 c.c.). La ratifica una dichiarazione unilaterale e recettizia con la quale l'interessato
si appropria degli effetti contrattuali prodotti dal contratto concluso dal falso
rappresentante.
Attraverso la ratifica si d attuazione al principio generale di
conservazione del contratto. Relativamente alla forma della ratifica, vige la stessa regola
che vale per la procura, in quanto essa non altro che una procura postuma. Pertanto, la
ratifica deve avere la stessa forma del contratto che si intende ratificare. Per porre fine alla
situazione di incertezza sull'efficacia o meno del contratto concluso dal falso
rappresentante, il terzo contraente pu assegnare all'interessato un termine entro cui deve
comunicargli se intende ratificare o meno il contratto. Nel silenzio dell'interessato, la
ratifica si intende negata e il contratto si scioglie definitivamente.
2) CAUSA
Anche la causa un elemento necessario del contratto, per cui la sua mancanza determina
la nullit del contratto stesso. La disciplina che il legislatore dedica alla causa piuttosto
sintetica: si tratta di soli tre articoli, dal 1343 al 1345.
Il legislatore non d una definizione di causa, essa stata per elaborata dalla dottrina e
dalla giurisprudenza. La causa la funzione economica e sociale che il contratto svolge.
Attraverso la causa, il contratto attua i programmi economici (e sociali) che le parti
intendono perseguire.
L'elemento della causa trattato solo sotto il profilo della sua illiceit. La causa deve
essere esistente e lecita, a pena di nullit del contratto. In base all'art. 1343 c.c., la causa
illecita quando contraria alle norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. Di
qui, possiamo individuare ad contraris i casi in cui la causa lecita.
[ Le norme imperative sono norme che l'ordinamento qualifica come inderogabili,
pertanto esse non possono essere derogate dalle parti. I principi di ordine pubblico sono

una serie di principi di norme di natura cogente sui quali si basa l'ordinamento giuridico.
Si pu individuare la distinzione tra norme imperative e ordine pubblico nella
contrapposizione tra genere e specie: tutti i principi di ordine pubblico sono norme
imperative, ma non tutte le norme imperative sono principi di ordine pubblico. Infatti, le
norme imperative sono norme cogenti di endotutela (ossia di tutela riservata
esclusivamente per i contraenti all'interno di un determinato contratto), mentre i principi
di ordine pubblico sono norme cogenti di eterotutela (ossia la loro funzione quella di
proteggere non soltanto le parti contrattuali ma anche i terzi quindi una tutela di tutta la
collettivit). I principi di buon costume sono principi mutevoli che si identificano con quel
complesso di principi di ordine etico, sociale e morale vigenti in un determinato periodo.]
L'art. 1344 c.c. prevede un'ipotesi particolare di illiceit della causa: il contratto in frode
alla legge. In questo caso, si reputa illecita la causa contrattuale quando il contratto
costituisce lo strumento per eludere l'applicazione di una norma imperativa. La frode alla
legge ricorre quando le parti concludono un contratto di per s lecito ma, deviandolo dalla
sua causa, perseguono una finalit illecita. Anche il contratto in frode alla legge
sanzionato dal legislatore con la sua nullit.
importante distinguere la causa del contratto dai suoi motivi. Il motivo la ragione
individuale per cui una parte stipula un determinato contratto. Mentre la causa deve
necessariamente sussistere, i motivi delle parti sono di regola totalmente irrilevanti per il
diritto. Infatti, la causa, appartenendo ad entrambe le parti, un elemento oggettivo,
mentre i motivi, essendo dei singoli, hanno una valenza soggettiva. Tutti i contratti
appartenenti al medesimo tipo hanno la stessa causa, anche se conclusi per motivi diversi
fra loro.
Bench il motivo sia di regola irrilevante per il diritto, l'art. 1345 c.c. prevede per una
fattispecie in cui il motivo assume rilievo come causa di nullit del contratto. Affinch il
contratto sia considerato illecito, le parti devono concluderlo spinte da un motivo:
illecito (il contratto stipulato per il raggiungimento di uno scopo illecito);
comune (il motivo illecito deve essere condiviso da entrambe le parti);
esclusivo (il motivo illecito deve essere l'unico motivo per cui le parti si sono indotte
a stipularlo, se c' anche solo un altro motivo lecito, il contratto non nullo).
3) OGGETTO
Anche l'oggetto un elemento essenziale del contratto, per cui la sua mancanza determina
la nullit del contratto stesso. Come per la causa, anche le disposizione normative che
riguardano l'oggetto sono poche: dall'art. 1346 all'art. 1349 c.c.
Anche dell'oggetto il legislatore non d una definizione, elaborata per dalla dottrina e
dalla giurisprudenza: l'oggetto il contenuto essenziale del contratto.
Per identificare il contenuto essenziale del contratto per necessario distinguere fra le
varie tipologie contrattuali, in relazione ai diversi effetti che esso produce:
nei contratti ad effetti reali, abbiamo un oggetto immediato che si identifica con il
diritto trasferito e un oggetto mediato che si identifica con il bene che forma oggetto
del diritto trasferito;
nei contratti ad effetti obbligatori, l'oggetto costituito dalla prestazione che le parti
sono obbligate ad adempiere.
In base all'art. 1346 c.c., ai fini della validit del contratto, l'oggetto deve avere i seguenti
requisiti. Esso deve essere:
lecito: l'oggetto non deve essere contrario alle norme imperative, all'ordine pubblico

e al buon costume;
possibile: l'oggetto deve essere connotato da due tipi di possibilit:
- possibilit materiale, che attiene alla materiale e ontologica esistenza del bene o
alla concreta possibilit di eseguire la prestazione oggetto del contratto;
- possibilit giuridica, che attiene a che l'oggetto del contratto bench esistente non
sia una res extra commercium;
determinato o quantomeno determinabile: l'oggetto deve essere individuato nel
momento della stipulazione del contratto. Il contratto valido anche se l'oggetto
soltanto determinabile in quel momento ma viene individuato durante la fase
esecutiva del contratto.

4) FORMA
La forma scritta un elemento essenziale del contratto solo quando richiesta. La sua
definizione la seguente: la forma la modalit di esternazione della volont
contrattuale. La volont contrattuale pu essere palesata all'esterno attraverso una
dichiarazione orale, un atto scritto o un comportamento concludente.
Nel nostro ordinamento, vige il principio di libert di forma come una delle molteplici
applicazioni del principio di libert contrattuale. Il principio di libert di forma prevede
che le parti di regola solo libere di manifestare all'esterno la loro volont contrattuale
nella forma che pi ritengono opportuna.
La forma pu essere di tre tipi:
la forma scritta ad substantiam la forma scritta prevista a pena di nullit del
contratto.
In base all'art. 1350 c.c., il principio di libert di forma subisce una restrizione che
ricorre nei cosiddetti contratti formali, che sono una serie di ipotesi in cui
determinati atti devono necessariamente essere fatti per iscritto a pena di nullit.
L'art. 1350 c.c. esprime inoltre la sanzione nel caso in cui la forma scritta non venga
utilizzata.
Prevedendo la forma scritta, l'ordinamento fa riferimento alla scrittura privata o
all'atto pubblico. [ L'atto pubblico una particolare forma scritta in cui l'atto viene
redatto da un notaio alla presenza di testimoni e utilizzando particolari forme
solenni. L'atto pubblico si rende necessario ai fini dell'opponibilit ai terzi del
contratto in quanto nel nostro ordinamento possono essere trascritti soltanto gli atti
redatti per atto pubblico. ] In relazione alle due diverse modalit formali, nei
rapporti fra le parti il contratto valido con il semplice utilizzo della scrittura
privata. Per renderlo opponibile ai terzi, invece necessario che venga stipulato con
atto pubblico, onde poter divenire alla sua trascrizione.
I contratti per cui richiesta la forma scritta sono quelli che hanno ad oggetto i beni
immobili e i diritti reali. La ratio legis di questa disposizione sta nel fatto che,
quando stato scritto il Codice Civile, la ricchezza si identificava con i beni
immobili, pertanto il legislatore ha ritenuto che imponendo per questi tipi di
contratto la forma scritta, ci avrebbe indotto i contraenti a ponderare in modo
approfondito sulla stipulazione di un contratto che ha effetti patrimoniali
particolarmente gravosi. Con l'evoluzione della societ e l'introduzione di nuove
forme di ricchezza, l'onere formale si esteso, nelle cosiddette normative speciali,
anche ad altri diversi tipi di contratti, tant' vero che dottrina e giurisprudenza
parlano di una nuova funzione della forma. Questa nuova funzione si identifica nella
necessit di eliminare le asimmetrie informative, in modo da evitare che il
cosiddetto contraente forte utilizzi la propria posizione dominante per ottenere un
vantaggio in danno del contraente debole.
Diversi sono per gli effetti in caso di violazione dell'obbligo di forma scritta:
- nel caso delle ipotesi dettate dall'art. 1350 c.c. (contratti che hanno ad oggetto beni

immobili e diritti reali), la nullit assoluta, pertanto essa pu essere fatta valere
indipendentemente da chi la parte che vi ha dato causa;
- nel caso delle ipotesi introdotte dalle normative speciali, la nullit relativa perch
l'unico soggetto che pu farla valere il contraente debole. Perch sia soddisfatto il
requisito della forma (e quindi il contratto sia considerato valido), non solo
necessario che il contratto sia redatto per iscritto, ma occorre anche che i contraenti
abbiano apposto la propria sottoscrizione autografa in calce al contratto stesso.
Nei contratti formali, procura e revoca devono essere fatte per iscritto;
la forma scritta ad probationem la forma scritta prevista come prova
dell'avvenuta stipulazione del contratto, qualora questa sia contestata in sede
giudiziaria. Quindi, i contratti per cui richiesta la forma scritta ad probationem
sono validi ed efficaci tra le parti anche se non sono stati stipulati per iscritto e la
forma scritta ha una funzione esclusivamente processuale, in quanto serve a provare
a giudizio che il contratto stato realmente concluso dato che, in questo caso,
possibile farlo solo producendo il documento scritto del contratto, non per
testimoni n per presunzioni. Un esempio di contratto per cui prevista la forma
scritta ad probationem il contratto di transazione. La transazione un contratto
in cui le parti, facendosi reciproche concessioni, prevengono o mettono fine ad una
lite;
la forma convenzionale o volontaria (art. 1352 c.c.) la forma decisa dalle parti.
Essa un'ulteriore applicazione del principio di autonomia contrattuale. Nulla vieta,
infatti, che le parti decidano di utilizzare una determinata forma anche se essa non
imposta dalla legge. Per, l'ordinamento prevede che l'accordo con cui le parti
stabiliscono la forma convenzionale abbia una forma scritta. Nel loro silenzio delle
parti rispetto alla tipologia di forma scritta, essa si presume ad substantiam. Se le
parti vogliono adottare una forma scritta ad probationem devono specificamente
indicarlo.

Il contratto preliminare
Prima di parlare del contratto preliminare importante studiare l'obbligazione a contrarre.
L'obbligazione a contrarre una particolare obbligazione di fare che ha ad oggetto
l'obbligo per una o per entrambe le parti di stipulare un contratto. L'obbligazione a
contrarre si classifica in base alla sua fonte nelle seguenti categorie:
si parla di obbligazione legale a contrarre se la fonte la legge. In questo caso, la
legge impone anche l'obbligo della parit di trattamento: il soggetto su cui grava
l'obbligazione a contrarre deve trattare tutti allo stesso modo. Le due ipotesi di
obbligazione legale a contrarre sono:
l'obbligo a contrarre del monopolista;
l'obbligo a contrarre dell'assicuratore nel caso l'assicurazione abbia ad
oggetto la circolazione di autoveicoli;
si parla di obbligazione volontaria o convenzionale a contrarre se la fonte l'accordo
delle parti. Due ipotesi di obbligazioni convenzionali a contrarre sono l'opzione e la
prelazione, ma sicuramente l'ipotesi pi diffusa il contratto preliminare.
Il contratto preliminare, detto anche compromesso nella vulgata, un contratto da cui
deriva l'obbligo per una o per entrambe le parti di stipulare un successivo contratto,
detto contratto definitivo. Il contratto preliminare un contratto completo a tutti gli effetti
e in tutti i suoi elementi: accordo, oggetto, causa e forma (se la legge la prevede). Esso un
contratto consensuale, perch richiede l'accordo delle parti, e ad effetti obbligatori, poich
dal contratto deriva un'obbligazione: quella di stipulare il contratto definitivo. Il contratto
preliminare non realizza mai effetti traslativi, essi derivano sempre e soltanto dal contratto
definitivo. Tra preliminare e definitivo esiste un collegamento contrattuale in quanto sono

stipulati per la realizzazione della stessa operazione economica. Per, questo collegamento
opera solo dal preliminare al definitivo e mai viceversa, dato che l'operazione economica
pu essere realizzata con il solo contratto definitivo.
Il contratto preliminare (specialmente quello immobiliare) ha una forte diffusione nella
prassi. Ciononostante esso gode di una disciplina scarna: sono soltanto tre le norme del
Codice Civile che lo trattano:
l'art. 1351 c.c. stabilisce che il contratto preliminare nullo se non fatto nella
stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. Se il contratto
definitivo a forma libera, lo anche il preliminare. Questa norma collocata
all'interno della sezione della forma del contratto dato che disciplina la forma del
preliminare in modo induttivo;
l'art. 2932 c.c. regola l'esecuzione specifica dell'obbligo a contrarre. In particolare,
essa disciplina l'inadempienza dell'obbligo a concludere il contratto definitivo da
parte di uno dei due contraenti. Il primo comma appresta un rimedio al contraente
fedele nel caso che l'altra parte non adempia alla sua obbligazione a contrarre: egli
pu ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, quindi
sostituendolo. Ci si pu per verificare solo se il contratto possibile, cio se il
bene oggetto del contratto pu formare oggetto del contratto stesso, e se questa
ipotesi non esclusa dal contratto preliminare, cio se le parti, al momento della
conclusione del preliminare, non hanno previsto l'impossibilit di ricorrere
all'autorit giudiziaria per ottenere una sentenza che sostituisca il contratto non
concluso. Quest'ultima fattispecie costituisce una rinuncia a un diritto, quindi deve
risultare in modo espresso. Il secondo comma ha un ambito di applicazione
circoscritto ad una particolare tipologia contrattuale: i contratti ad effetti reali. In
essi la sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso non pu essere
pronunciata se la parte che l'ha domandata non ha eseguito la sua prestazione
ovvero non ha offerto di eseguirla nei modi di legge. Ci vale se la prestazione a cui
tenuto il contraente fedele gi esigibile, in caso contrario la sentenza ottenibile
anche senza l'adempimento della prestazione o la sua offerta di adempimento;
l'art. 2645 bis c.c. ammette la trascrizione del contratto preliminare solo nell'ipotesi
in cui sia trascrivibile il successivo contratto definitivo. La trascrizione una forma
di pubblicit dichiarativa che serve a rendere opponibile ai terzi il contratto, quindi
la sua funzione di risolvere il conflitto tra pi acquirenti del medesimo bene, tra i
quali prevale chi trascrive per primo. Sebbene di regola siano trascrivibili solo i
contratti ad effetti reali, l'art. 2645 bis c.c. ammette la trascrizione anche del
contratto preliminare, che produce soltanto effetti obbligatori, anche se solo nel
caso che sia trascrivibile il successivo contratto definitivo. L'effetto della trascrizione
del contratto preliminare, per, non l'effetto tipico della trascrizione, ma essa
realizza un mero effetto prenotativo. Ci significa che se viene trascritto il
preliminare e successivamente il definitivo, gli effetti della trascrizione del definitivo
retroagiscono al momento della trascrizione del preliminare.
Gli elementi accidentali o accessori sono: la condizione, il termine e il modo o onere.
Mentre condizione e termine sono apponibili a qualsiasi tipo di contratto, il modo o onere
pu essere apposto ai soli contratti a titolo gratuito.
Mentre gli elementi essenziali del contratto incidono sulla sua validit, quelli accidentali o
accessori non riguardano mai la sua validit ma esclusivamente la sua efficacia, quindi la
sua produzione di effetti nella fase funzionale.
1) CONDIZIONE

La condizione (artt. 1353-1361 c.c.) l'elemento accidentale pi importante e pi diffuso.


La condizione un evento futuro e incerto alla cui verificazione le parti subordinano la
produzione o la cessazione degli effetti contrattuali.
Prima classificazione. In relazione all'influenza sugli effetti del contratto, distinguiamo
fra:
condizione sospensiva, che sussiste se gli effetti del contratto rimangono sospesi
finch non si verifica l'evento condizionante;
condizione risolutiva, che sussiste se gli effetti del contratto cessano quando si
verifica l'evento condizionante.
Seconda classificazione. In relazione all'evento condizionante, distinguiamo tra:
condizione casuale, in cui la volont di una o entrambe le parti non in grado di
influire sulla verificazione dell'evento condizionante;
condizione potestativa, in cui la volont di una o entrambe le parti influisce sulla
verificazione dell'evento condizionante;
condizione mista, in cui la verificazione dell'evento condizionante dipende in parte
dalla volont dei contraenti e in parte dal caso.
L'art. 1354 c.c. disciplina le fattispecie del contratto sottoposto ad una condizione illecita e
del contratto sottoposto ad una condizione impossibile.
Il contratto sottoposto ad una condizione illecita nullo, sia che si tratti di una
condizione sospensiva sia che si tratti di una condizione risolutiva.
Per quanto riguarda il contratto sottoposto ad una condizione impossibile, necessario
innanzitutto qualificare il concetto di condizione impossibile, essa si verifica quando
ontologicamente certo che l'evento che la identifica non si verifica. In questo caso, se si
tratta di una condizione sospensiva impossibile, il contratto nullo perch manca la
volont delle parti ad obbligarsi; se si tratta di una condizione risolutiva impossibile, il
contratto valido ed efficace e la condizione da considerarsi come non apposta.
La condizione potestativa da tenere ben distinta dalla condizione meramente
potestativa poich quest'ultima, a differenza della prima, pone dei problemi concernenti
la validit del contratto. Ci che le distingue che, nella condizione potestativa, l'esercizio
della volont in funzione alla verificazione o meno dell'evento condizionante
riconducibile ad un interesse giuridico rilevante, pertanto il contratto sempre valido;
mentre, nella condizione meramente potestativa, la volont rimessa al mero arbitrio di
uno dei contraenti (essa si compendia nell'aforisma vorr se vorr). In questo secondo
caso, se la condizione meramente potestativa sospensiva, il contratto nullo perch
manca la volont di obbligarsi, se la condizione meramente potestativa risolutiva, il
contratto valido e la condizione si converte in una clausola di recesso unilaterale a favore
del soggetto che, con un atto arbitrario, pu mettere fine al contratto.
L'art. 1359 c.c. disciplina la finzione di avveramento giuridico. In base a questa
norma, la condizione si considera avverata qualora essa sia mancata per causa imputabile
alla parte che aveva un interesse contrario al suo avveramento.
2) TERMINE
Il termine un evento connotato dalla certezza della sua verificazione.
Il termine pu essere di due tipi:
il termine iniziale il termine al sopraggiungere del quale il contratto inizia a

produrre i suoi effetti;


il termine finale il termine al sopraggiungere del quale il contratto cesser di
produrre i suoi effetti.
Di regola e ci avviene soprattutto per i contratti di durata le parti, al momento della
stipulazione del contratto, prevedono l'apposizione sia di un termine iniziale sia di un
termine finale.
3) MODO o ONERE
Il modo o onere apponibile soltanto ai contratti a titolo gratuito.
Il modo o onere si configura come l'assolvimento di un obbligo cui il disponente
subordina l'attribuzione patrimoniale a favore del beneficiario.
L'adempimento del modo o onere non pu mai costituire un vantaggio patrimoniale per il
soggetto obbligato, altrimenti perderebbe la sua caratteristica di modo o onere e
diverrebbe una controprestazione, con conseguente trasformazione del contratto da
contratto a titolo gratuito a contratto a titolo oneroso.

IL CONTENUTO DEL CONTRATTO


Vediamo ora alcuni istituti relativi al contenuto del contratto.
1) RECESSO CONVENZIONALE (art. 1373 c.c.)
Del tutto legittimamente, con la stipulazione del contratto, entrambe le parti o soltanto una
di esse possono riservarsi il diritto di recedere dal contratto. Il recesso una modalit di
scioglimento del vincolo contrattuale. Esso costituisce un diritto potestativo azionabile
unilateralmente dal suo titolare nei confronti del quale l'altra parte si trova in una
posizione di soggezione.
Il diritto di recesso incontra per dei limiti in ordine al suo esercizio. Per individuarli,
occorre distinguere i contratti in base al fattore tempo:
nei contratti ad esecuzione istantanea o ad esecuzione differita, il diritto di recesso
pu essere esercitato finch il contratto non ha avuto un principio di esecuzione, il
che significa che, nel momento in cui la parte inizia ad intraprendere l'esecuzione
della prestazione, l'altro contraente non pu pi recedere;
nei contratti di durata, il diritto di recesso pu essere esercitato fintanto che il
contratto suscettibile di esecuzione. fondamentale inoltre affermare che, in
questo tipo di contratti, il recesso non ha effetto retroattivo. Pertanto, lo
scioglimento del vincolo opera soltanto per le prestazioni future ma non ha alcun
effetto sulle prestazioni gi adempiute: il recesso non determina alcun effetto
restitutorio sulle prestazioni che le parti hanno gi eseguito e che legittimamente
rimangono acquisite al loro patrimonio.
2) CLAUSOLA PENALE
La clausola penale la liquidazione anticipata e forfettaria del danno da inadempimento
o da ritardo nell'adempimento. Attraverso l'inserimento di una clausola penale all'interno
del contratto, le parti stabiliscono quale sar la prestazione che il debitore ritardatario o
inadempiente dovr all'altra parte. La funzione della penale risarcitoria: essa uno
strumento convenzionale attraverso cui vengono stabilite le modalit di risarcimento del
danno.
La penale deve la sua diffusione nella prassi contrattuale al fatto che esprime sia un favor
creditoris sia un favor debitoris:
favor creditoris: la penale dovuta per il semplice e obiettivo fatto
dell'inadempimento o del ritardo nell'adempimento, indipendentemente dalla prova

del danno. Altrimenti il creditore, per ottenere il risarcimento del danno, deve di
regola provare di averlo subito e di averlo subito per una somma pari a quella
chiesta a titolo di risarcimento;
favor debitoris: la penale ha la funzione di limitare il risarcimento del danno.
Infatti, a meno che non sia stata pattuita anche la risarcibilit del danno ulteriore,
ci che il debitore deve limitato a quanto indicato dalla clausola penale. Il
vantaggio del debitore si estrinseca quindi nella conoscenza delle conseguenze in
termini risarcitori che egli subir dall'inadempimento o dal ritardo.

L'art. 1383 c.c. stabilisce il cosiddetto divieto di cumulo, ossia il divieto per il creditore di
chiedere la prestazione principale e la penale, a meno che questa non sia stata stipulata
solo per il semplice ritardo. Quindi, il divieto di cumulo non opera nel caso di penale per il
ritardo, ma solo nel caso di penale per l'inadempimento.
L'art. 1384 c.c., rubricato riduzione della penale, conferisce al giudice un potere di
intromissione nell'autonomia privata. Questo potere si estrinseca nel potere dato
all'autorit giudiziaria di intromettersi nel contratto, rimodellandolo per porre misure
eque. Infatti, la norma stabilisce che la penale pu essere equamente diminuita dal giudice
in due casi:
quando la prestazione stata in parte eseguita. In questo caso, il potere si giustifica
con la necessit di mantenere un rapporto di proporzionalit tra il comportamento
illecito della parte inadempiente e la sanzione stabilita dalla penale;
quando la penale manifestamente eccessiva a vantaggio del creditore. In questa
ipotesi, la ratio legis che giustifica l'intervento del giudice si individua nella
necessit di evitare che il creditore ostacoli l'adempimento del debitore.
3) CAPARRA CONFIRMATORIA (art. 1385 c.c.)
La caparra confirmatoria una somma di denaro o quantit di altre cose fungibili che una
parte consegna all'altra al momento della conclusione del contratto. La norma si riferisce
alla consegna quindi essa ha un contenuto reale. La funzione della caparra rafforzativa
della volont di adempiere.
Nel caso in cui il contratto venga adempiuto, la caparra deve essere restituita o imputata
alla prestazione.
Nel caso in cui il contratto non venga adempiuto, bisogna distinguere due diverse ipotesi:
nell'ipotesi in cui l'inadempiente la parte che ha consegnato la caparra, l'altro
contraente pu recedere dal contratto e trattenere la caparra stessa;
nell'ipotesi in cui l'inadempiente la parte che ricevuto la caparra, l'altro contraente
pu recedere dal contratto ed esigere il pagamento del doppio della caparra. Se
invece, il contraente fedele, preferisce domandare la risoluzione del contratto, il
risarcimento del danno regolato dalle norme generali.
4) CAPARRA PENITENZIALE o PENA DI RECESSO
La caparra penitenziale o pena di recesso il corrispettivo che una parte paga all'altra
per riservarsi il diritto di recedere dal contratto.

I VIZI O PATOLOGIE CONTRATTUALI


Il contratto pu essere affetto da una serie di vizi o, come definiti dalla dottrina, patologie
contrattuali. Essi si dividono in due categorie:
i vizi genetici sono i vizi che colpiscono il contratto fin dalla sua conclusione. Essi
sono la nullit, l'annullabilit e l'inesistenza. I vizi genetici costituiscono la categoria
dell'invalidit contrattuale. Mentre nullit e annullabilit sono state create dal

legislatore, l'inesistenza stata introdotta dalla giurisprudenza;


i vizi funzionali sono i vizi che colpiscono il contratto nella sua fase esecutiva. Essi
sono l'inadempimento, l'impossibilit sopravvenuta e l'eccessiva onerosit
sopravvenuta. I vizi funzionali (anche detti alterazioni sinalagmatiche, perch
alterano la causa del contratto) costituiscono la categoria delle ipotesi risolutorie.
Dottrina e giurisprudenza sono divise sulla categoria a cui assegnare i cosiddetti vizi
rescissori (stato di pericolo e stato di bisogno): alcuni li assegnerebbero ai vizi genetici,
altri ai vizi funzionali, altri ancora li considerano una categoria a se stante.
NB: attenzione a distinguere tra recesso, rescissione e risoluzione: sono concetti diversi.
I vizi genetici
1) NULLIT
Il vizio pi grave in cui pu incorrere un contratto la nullit. Proprio per la gravit dei vizi
che lo inficiano, il contratto nullo di regola un contratto improduttivo di effetti giuridici
ab origine, ossia fin dalla sua conclusione (per il principio del quod nullum est, nullum
producit effectum).
Nel nostro ordinamento, il contratto nullo:
quando contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente
(art. 1418 c.1 c.c.);
quando manca di uno dei suoi elementi essenziali (art. 1325 c.c.);
quando ha una causa illecita;
quando un contratto in frode alla legge;
quando stipulato per un motivo illecito, comune ad entrambe le parti ed
esclusivo;
quando il suo oggetto illecito;
quando il suo oggetto impossibile;
quando il suo oggetto indeterminato o indeterminabile;
quando sottoposto ad una condizione illecita;
quando sottoposto ad una condizione impossibile sospensiva;
quando sottoposto ad una condizione meramente potestativa sospensiva.
L'azione di nullit
La legittimazione un particolare profilo processuale per il quale un soggetto, indicato
dall'ordinamento, ha il diritto di proporre una certa azione. In base all'art. 1421 c.c., i
soggetti legittimati a far valere la nullit del contratto sono:
i due contraenti, indipendentemente dalla parte che ha dato causa di nullit;
i terzi che vi abbiano un interesse, cio che siano in qualche modo pregiudicati dal
contratto nullo;
il giudice, che pu rilevarla d'ufficio. Questa una deroga al principio processuale
della domanda, in base al quale nel processo civile il giudice pu decidere soltanto
sulle domande e sulle eccezioni che le parti introducono nel processo.
In base all'art. 1422 c.c., l'azione di nullit, in deroga ai principi generali dell'ordinamento,
imprescrittibile. Ci previsto per la gravit del vizio del contratto. L'imprescrittibilit
temperata dalla regola che fa salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione
dell'azione di ripetizione.
La sentenza che accerta la nullit del contratto una sentenza dichiarativa in quanto il
contratto improduttivo di effetti fin dall'inizio e quindi la sentenza non fa altro che
dichiarare l'invalidit del contratto dal momento della sua stipulazione. La natura

dichiarativa della sentenza fa s che i suoi effetti retroagiscano al momento della


conclusione del contratto.
La sentenza di regola opponibile ai terzi, ci significa che, se un terzo acquista anche
con un titolo valido da un dante causa che a sua volta ha acquistato con un titolo nullo,
l'acquisto del terzo pregiudicato.
In tema di nullit, vige il principio della ultrattivit della nullit, in base al quale
tutti gli atti collegati e dipendenti da un atto nullo sono anch'essi atti nulli.
Cos come avviene per tutti i vizi contrattuali, anche in tema di nullit opera il principio di
conservazione del contratto, con il quale ogniqualvolta sia possibile, l'ordinamento
cerca in tutti i modi di salvare il contratto invece di decaducarlo. Questo principio trova
fondamento nel fatto che il contratto il principale strumento di circolazione dei beni, i
quali non devono rimanere cristallizzati ma circolare il pi possibile. Gli strumenti
attraverso i quali viene applicato il principio di conservazione al contratto nullo sono:
la nullit parziale (art. 1419 c.c.): se la clausola o la parte del contratto nulla non
ritenuta essenziale, nel senso che senza di essa le parti avrebbero comunque
concluso il contratto, la nullit rimane circoscritta alla clausola nulla, che viene
espunta dal contratto, il quale rimane valido in tutte le altre sue parti e quindi viene
conservato. Viceversa, se la clausola nulla una clausola essenziale, nel senso che
senza di essa le parti non avrebbero stipulato il contratto, lo strumento della nullit
parziale non si pu applicare, pertanto la nullit si estende all'intero contratto;
la conversione del contratto nullo (art. 1424 c.c.): il contratto nullo pu produrre
gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di
forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che
esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullit. Ai fini della conversione
del contratto, il giudice deve condurre un'indagine volontaristica, cio deve
accertare se le parti, nel caso in cui avessero saputo che il contratto concluso era
nullo, avrebbero stipulato il contratto in cui quello nullo si converte.
Ai contratti plurilaterali, si applica il principio della nullit del contratto plurilaterale
(art. 1420 c.c.): se la nullit colpisce il vincolo di una parte che partecipa al contratto, tale
nullit non comporta la nullit dell'intero contratto associativo, a meno che non risulti che
la partecipazione di quella parte al contratto debba ritenersi essenziale.
2) ANNULLABILIT
L'annullabilit una forma di invalidit del contratto meno grave rispetto alla nullit. Essa
rientra fra i vizi genetici dal momento che si applica quando il contratto presenta
un'anomalia volontaristica all'atto della sua formazione.
Il contratto annullabile un contratto provvisoriamente produttivo di effetti giuridici, che
perdurano fintanto che non interviene la sentenza di annullamento. Di qui la natura
costitutiva della sentenza di annullamento.
Nel nostro ordinamento, il contratto annullabile:
quando stipulato da un incapace (art. 1425 c.c.). In questo caso, occorre fare
distinzione in base al tipo di incapace:
- se si tratta di un incapace legale, il contratto sempre annullabile;
- se si tratta di un incapace naturale, il contratto annullabile soltanto se egli ha
subito dal contratto un grave pregiudizio e risulta la mala fede dell'altro contraente
(il quale ha percepito lo stato di incapacit dell'altra parte e ne ha approfittato per
concludere un contratto a lui dannoso);
- nel caso di un minore, l'art. 1426 c.c. stabilisce che il contratto non annullabile
solo se il minore ha occultato con raggiri la sua minore et. In questo caso viene
tutelato l'affidamento dell'altra parte. Occorre per tenere conto che la semplice
dichiarazione del minore di essere maggiorenne non causa ostativa
all'annullamento del contratto;

quando affetto da un vizio della volont o del consenso (errore, violenza e dolo). I
vizi della volont o del consenso sono quelle particolari situazioni che si verificano
durante la fase formativa della volont contrattuale determinandola in maniera
anomala. Infatti, l'art. 1427 c.c. elenca i tre vizi della volont affermando che il
contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza, o carpito con
dolo, pu chiedere l'annullamento del contratto. In questi casi, la volont
contrattuale non manca (ragion per cui il contratto non pu essere dichiarato nullo),
ma si formata in modo viziato. Ora esaminiamo i singoli vizi della volont:
l'errore. In relazione a questo vizio, distinguiamo due diverse tipologie:
- l'errore vizio l'errore che cade nella fase di formazione della volont
contrattuale;
- l'errore ostativo l'errore che cade nella fase di manifestazione della
volont contrattuale.
Perch l'errore sia causa di annullamento del contratto necessario che abbia
due requisiti:
- che sia essenziale e ci avviene in quattro ipotesi:
1) error in negotio: quando cade sulla natura o sull'oggetto del
contratto;
2) error in corpore: quando cade sull'oggetto della prestazione o su
una quantit della stessa che deve ritenersi determinante del consenso;
3) error in persona: nei soli contratti a base personale, quando cade
sull'identit o sulle qualit personali dell'altro contraente;
4) quando la volont espressa per errore stata la ragione esclusiva o
comunque principale che ha determinato la stipulazione del contratto;
- che sia riconoscibile (art. 1431 c.c.), ossia pu essere riconosciuto dall'altro
contraente usando l'ordinaria diligenza;
la violenza. La violenza che rileva ai fini dell'annullamento la violenza
morale. Infatti, nel caso di violenza fisica, la volont contrattuale manca del
tutto e quindi il contratto nullo. In base all'art. 1444 c.c., la violenza causa
di annullamento del contratto anche se proviene da un terzo. Inoltre essa
deve essere di un'intensit tale da far impressione ad una persona sensata e
deve farle temere di esporre s e i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Al
caso di violenza diretta contro i terzi, l'art. 1436 c.c. riconduce l'ipotesi di
violenza qualificata: se rivolta contro il coniuge, i discendenti o gli
ascendenti, il contratto sempre annullabile, se diretta contro un soggetto
diverso da questi, l'annullamento o meno del contratto rimesso al prudente
apprezzamento del giudice.
Diverso dalla violenza, il timore riverenziale, che uno stato di inferiorit
psichica di un soggetto nei confronti di un altro che non eteroindotto ma
autoindotto. L'art. 1437 c.c. stabilisce che il mero timore riverenziale non
causa di annullamento del contratto ma costituisce comunque un vizio della
volont che rende scemata la capacit contrattuale della parte.
Infine, la minaccia di far valere un diritto causa di annullamento del
contratto soltanto quando diretta ad ottenere un vantaggio ingiusto;
il dolo. Il dolo contrattuale ontologicamente identico al dolo della truffa,
quindi il dolo si sostanzia in una serie di artifizi e raggiri attraverso cui una
parte inganna l'altra. Occorre distinguere tra due tipi di dolo:
- il dolo determinante il dolo senza il quale il contratto non sarebbe stato
concluso: in questo caso, il contratto annullabile poich la volont
contrattuale risulta viziata nella sua totalit;
- il dolo incidente il dolo senza il quale il contratto sarebbe stato comunque
stipulato ma a condizioni diverse: in questo caso, il contratto non

annullabile ma il contraente raggirato tutelato attraverso l'azione di


risarcimento del danno, che egli pu esercitare nei confronti del contraente in
mala fede. Il danno verr identificato nella differenza tra quanto stato
pattuito in conseguenza del dolo incidente e quanto sarebbe stato convenuto
se l'inganno non ci fosse stato.
Se il dolo esercitato da un terzo, il contratto annullabile soltanto se esso
era noto al contraente che ne ha tratto vantaggio. In tal caso, il contraente
raggirato pu chiedere il risarcimento del danno al terzo che che l'ha
raggirato;
quando stipulato dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato.

L'azione di annullamento
Relativamente alla legittimazione, l'art. 1441 c.c. stabilisce che l'annullamento pu
essere domandato solo dalla parte il cui interesse stato danneggiato (l'incapace, il
contraente caduto in errore, minacciato, raggirato e il rappresentato il cui rappresentante
ha agito in conflitto di interessi).
Relativamente alla prescrizione, l'art. 1422 c.c. stabilisce che l'azione di annullamento si
prescrive in 5 anni, mentre imprescrittibile la relativa eccezione. L'imprescrittibilit
dell'eccezione risponde alla regola generale posta dall'ordinamento in virt della quale
temporalia ad agendum, perpetua in excipiendium, che significa che le eccezioni estintive
dei diritti altrui possono essere sempre fatte valere.
Relativamente all'opponibilit ai terzi, l'art. 1445 c.c. stabilisce che la sentenza che
dichiara l'annullamento del contratto non pregiudica i diritti acquistati in buona fede e a
titolo oneroso dai terzi, fatti salvi l'ipotesi di incapacit legale e gli effetti della trascrizione
della domanda di annullamento. Pertanto, ad contraris, l'annullamento opponibile ai
terzi solo se questi hanno acquistato in mala fede oppure a titolo gratuito.
In applicazione del principio di conservazione del contratto, l'art. 1444 c.c. prevede lo
strumento della convalida per salvare il contratto annullabile. La convalida pu presentarsi
sotto due diverse forme:
la convalida espressa una dichiarazione unilaterale e recettizia resa dal soggetto
legittimato all'azione di annullabilit all'altro contraente con cui dichiara di voler
convalidare il contratto, pur conoscendo l'esistenza di un vizio che lo renderebbe
annullabile;
la convalida tacita ricorre quando il contraente cui spetta l'azione di annullamento,
pur conoscendo il vizio che renderebbe annullabile il contratto, lo esegue
volontariamente.
La convalida altro non che la rinuncia all'azione di annullamento: entrambi i tipi di
convalida contemplano la rinuncia all'azione di annullamento, la differenza che, nella
convalida espressa, la manifestazione di volont esplicita, mentre nella convalida tacita,
implicita.
Relativamente all'azione di annullamento dei contratti plurilaterali, l'art. 1446 c.c.
pone la stessa regola che vale per la nullit: se l'annullabilit riguarda il vincolo di una sola
parte, il contratto annullabile soltanto se la partecipazione del soggetto al contratto da
ritenersi essenziale (cio, se senza quella parte il contratto non sarebbe stato stipulato).
DIFFERENZE TRA NULLIT E ANNULLABILIT
Nullit
1) Cause

- contrariet a norme
imperative;
- mancanza di uno degli
elementi essenziali;

Annullabilit
- contratto stipulato da un
incapace;
- presenza di un vizio della
volont;

- causa illecita;
- presenza di un conflitto di
- contratto in frode alla
interessi per il
legge;
rappresentante
- motivo illecito, comune ed
esclusivo;
- oggetto illecito;
- oggetto impossibile;
- oggetto indeterminato o
indeterminabile;
- presenza di una condizione
illecita;
- presenza di una condizione
impossibile sospensiva;
- presenza di una condizione
meramente potestativa
sospensiva
2) Produzione di effetti
giuridici

Nessuna (ab origine)

Fino alla sentenza di


annullamento

3) Natura della sentenza

Dichiarativa

Costitutiva

4) Opponibilit della
sentenza ai terzi

Sempre

Salvo i casi dell'incapacit


legale e della trascrizione
della domanda di
annullamento, non c'
opponibilit se l'acquisto del
terzo in buona fede e a
titolo oneroso

5) Legittimazione

Entrambe le parti, i terzi che La parte nel cui interesse


vi hanno interesse e il
opera l'annullamento
giudice

6) Prescrizione

Mai

In 5 anni, mai per l'eccezione

7) Strumenti di
conservazione

Nullit parziale e
conversione del contratto
nullo

Convalida

8) Nullit/annullabilit dei
contratti plurilaterali

Solo se la parte vincolata essenziale al contratto

3) INESISTENZA
L'inesistenza una categoria di creazione giurisprudenziale. Un contratto inesistente
quando la dichiarazione di volont non presenta neppure i connotati minimi di seriet da
essere presa in considerazione ai fini della produzione di effetti giuridici. l'ipotesi delle
dichiarazioni rese ioci causa, ossia per scherzo.
Per analogia, al contratto inesistente si applicano le stesse regole del contratto nullo.
I vizi rescissori
1) STATO DI PERICOLO (art. 1447 c.c.)
L'ipotesi di contratto concluso in stato di pericolo quella pi grave fra i vizi rescissori,
pertanto i requisiti necessari alla rescissione sono meno stringenti.
Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique per la necessit,

nota alla controparte, di salvare s od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona, pu essere rescisso su domanda della parte che si obbligata.
Affinch un contratto concluso in stato di pericolo sia rescindibile devono essere presenti
tre requisiti:
uno oggettivo, lo squilibrio contrattuale: squilibrio patrimoniale tra i valori delle
reciproche prestazioni;
un altro oggettivo, la situazione necessitata: situazione che induce il contraente a
stipulare un contratto in cui assume una prestazione iniqua. Essa costituita dallo
stato di pericolo in cui si ha la necessit di salvare s od altri da un danno grave e
attuale (non futuro) che riguarda la sfera dell'incolumit personale;
uno soggettivo, la conoscenza della situazione necessitata in cui versa il contraente
iugulato da parte dell'altro contraente: lo stato di pericolo deve essere conosciuto
dalla parte che si avvantaggia dal contratto, altrimenti esso non rescindibile.
La valutazione sull'equit o l'iniquit delle condizioni contrattuali operata dal giudice
nell'esercizio del suo potere discrezionale.
La giurisprudenza ha stabilito che lo stato di pericolo putativo, cio erroneamente
percepito, equiparabile a quello reale solo se l'errore scusabile (cio quando un errore
oggettivo in cui sarebbe caduto chiunque si fosse trovato in quella situazione).
2) STATO DI BISOGNO (art. 1448 c.c.)
L'ipotesi del contratto concluso in stato di bisogno di cui all'art. 1448 c.c. prevede che, se vi
sproporzione tra le prestazioni dei contraenti ed essa dipesa dallo stato di bisogno di
una parte del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, il contraente danneggiato
pu chiedere la rescissione del contratto.
I requisiti per rescindere un contratto stipulato in stato di bisogno sono pi stringenti di
quelli previsti per il contratto stipulato in stato di pericolo. Essi sono tre:
uno oggettivo, lo squilibrio contrattuale: disomogeneit tra i valori delle
prestazioni che le parti si scambiano. In questo caso, il requisito corrisponde a
quello del contratto concluso in stato di pericolo;
un altro oggettivo, la situazione necessitata: essa si identifica con lo stato di bisogno
sotto il profilo patrimoniale del contraente danneggiato. Nello stato di bisogno
rileva soltanto la situazione necessitata del contraente, eventuali stati di bisogno di
terzi sono irrilevanti ai fini della rescissione del contratto concluso in stato di
bisogno;
uno soggettivo, l'approfittamento dell'altro contraente: nello stato di bisogno, non
basta che l'altra parte conosca la situazione necessitata del contraente iugulato, ma
necessario che ne approfitti attraverso la strumentalizzazione dello stato di bisogno
per imporre il contratto sproporzionato.
La valutazione della sproporzione contrattuale operata dalla legge: infatti, essa stabilisce
una soglia oltre la quale un contratto viene considerato squilibrato e quindi viene rescisso.
Ci avviene quando si verifica la lesione oltre la met del valore reale della prestazione.
La fattispecie del contratto concluso in stato di bisogno non si applica ai contratti aleatori,
il suo ambito di applicazione circoscritto ai soli contratti a prestazioni corrispettive
commutatori. La ratio legis di questa disposizione insita nel fatto che la sproporzione tra
le prestazioni un elemento naturale nei contratti aleatori.
DIFFERENZE TRA STATO DI PERICOLO E STATO DI BISOGNO
Stato di pericolo
1) Requisito dello squilibrio
contrattuale

Presente

Stato di bisogno
Presente

2) Valutazione dello
squilibrio contrattuale

Fatta dal giudice

Stabilita dalla legge: lesione


oltre la met

3) Natura dello situazione


necessitata

Personale

Patrimoniale

4) Soggetti che rilevano nella Uno dei due contraenti o un


situazione necessitata
terzo

Solo uno dei due contraenti

5) Requisito soggettivo

Conoscenza e
approfittamento dell'altra
parte

Conoscenza dell'altra parte

L'azione di rescissione
Per quanto riguarda la legittimazione, l'unico soggetto che pu far valere la rescissione
del contratto il contraente iugulato.
Relativamente alla prescrizione, l'art. 1449 c.c. deroga alla regola generale per cui le
eccezioni sono imprescrittibili e dispone che sia l'azione che l'eccezione si prescrivono in
un anno. La ragione per cui il legislatore ha fissato un termine cos breve e ha derogato alla
regola sull'imprescrittibilit delle eccezioni trova il suo fondamento nello sfavore con cui
egli vede l'azione di rescissione, in quanto costituisce un limite al principio di autonomia
contrattuale derogando a quanto stabilito dall'art. 1322 c.c., cio che le parti sono libere di
decidere il contenuto del contratto anche stabilendo il valore che ritengono pi opportuno
per le prestazioni.
Come ogni patologia contrattuale, anche la rescissione prevede uno strumento di
conservazione del contratto: la riconduzione ad equit. Infatti, l'art. 1450 c.c. dispone
che il contraente contro il quale domandata la rescissione del contratto pu evitarla
offrendo una modificazione del contratto sufficiente a ricondurlo ad equit. In questo
modo, il contratto viene salvato attraverso l'eliminazione dello squilibrio contrattuale.
L'offerta pu provenire soltanto dal contraente che si avvantaggiato.
Per quanto riguarda l'opponibilit ai terzi, l'art. 1452 c.c. stabilisce che la rescissione del
contratto non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvo gli effetti della trascrizione della
domanda giudiziale. Infatti, il regime di opponibilit ai terzi in tema di rescissione
attenuato rispetto a quello in tema di annullabilit: l'acquisto del terzo fatto salvo
indipendentemente dalla natura del titolo o dalla presenza di buona o mala fede, la
rescissione soggiace solo alla regola pubblicitaria della trascrizione. La differenza data dal
principio per cui tanto pi grave il vizio contrattuale, tanto pi rigido il regime
dell'opponibilit ai terzi, tanto pi si attenua il vizio contrattuale, tanto pi lasco il regime
dell'opponibilit ai terzi.
I vizi funzionali
1) INADEMPIMENTO
Il vizio funzionale pi ricorrente l'inadempimento contrattuale.
L'articolo che spiega cosa succede in caso di adempimento l'art. 1453 c.c. ma, per sapere
quando ricorre la fattispecie dell'inadempimento, dobbiamo ricorrere all'art. 1218 c.c.
(sull'inadempimento delle obbligazioni in generale). Le tre categorie in cui si pu
suddividere la fattispecie dell'inadempimento sono:
la mancata esecuzione della prestazione: l'inadempimento (o inadempimento
totale);
la non corretta esecuzione della prestazione: l'adempimento irrituale;
la mancata tempestiva esecuzione della prestazione: il ritardo nell'adempimento.

Di fronte a una delle tre situazioni di inadempimento, il contraente fedele pu esercitare


due diverse azioni:
l'azione di adempimento, con la quale chiede l'adempimento coattivo del contratto.
In questo modo, il contraente fedele esperisce un rimedio manutentivo, dato che il
contratto rimane in essere tra le parti;
l'azione di risoluzione, con la quale chiede lo scioglimento del vincolo contrattuale.
In questo modo, il contraente fedele esperisce un rimedio redibitorio, dato che
volto a sciogliere il contratto. Si tratta, in questo caso, di una risoluzione
giudiziale o costitutiva, giudiziale perch la risoluzione viene pronunciata con
una sentenza, costitutiva perch la sentenza ha natura costitutiva dato che
produce essa stessa l'effetto giuridico dello scioglimento del contratto (e quindi il
contratto risolto dal momento in cui essa viene pronunciata).
In entrambi i casi, il contraente fedele ha diritto ad esercitare l'azione di risarcimento del
danno, in applicazione all'art. 1218 c.c. che obbliga il debitore inadempiente a risarcire il
danno se l'inadempimento a lui imputabile.
Tra l'azione di adempimento e l'azione di risoluzione intercorre per una relazione
particolare. Infatti, quando il giudizio stato promosso per ottenere l'adempimento del
contratto sempre possibile mutare domanda e chiederne la risoluzione, mentre non vige
la relazione inversa: una volta domandata la risoluzione del contratto non pi possibile
domandarne l'adempimento. La ragione di ci sta nel fatto che, con la domanda di
risoluzione, il contraente fedele manifesta il proprio disinteresse al contratto con la
conseguenza che l'altro contraente legittimamente autorizzato a dismettere ogni attivit
funzionale all'esecuzione della sua prestazione.
Ai fini della risoluzione del contratto, l'art. 1455 c.c. stabilisce che l'inadempimento debba
avere un requisito indefettibile: deve essere grave e non di scarsa importanza. Ci
previsto onde evitare che le parti strumentalizzino anche le pi piccole mancanze per
liberarsi dal contratto.
A fianco della risoluzione giudiziale o costitutiva fin qui esposta, esiste la risoluzione di
diritto o stragiudiziale o dichiarativa, in cui il contratto si risolve automaticamente
fuori dal giudizio oppure la sentenza che accerta l'avvenuta risoluzione ha natura
dichiarativa, limitandosi a dichiarare l'effetto giuridico dello scioglimento del contratto che
si gi verificato. La risoluzione di diritto contempla tre diverse ipotesi:
la diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.): dichiarazione unilaterale, recettizia e
formale attraverso la quale il contraente fedele intima il contraente inadempiente
ad eseguire la prestazione entro un certo termine, con l'espresso avvertimento che,
scaduto quel termine, il contratto si intender risolto. La diffida ad adempiere deve
essere redatta nella forma scritta. Il termine di diffida, ossia il termine entro il quale
la prestazione deve essere eseguita, non pu mai essere inferiore a 15 giorni, a meno
che non risulti congruo un termine inferiore per accordo delle parti, per la natura
della prestazione o per gli usi. Decorso il termine senza che il contratto sia stato
adempiuto, esso risolto di diritto;
la clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.): clausola inserita nel contratto dalle
parti con la quale si stabilisce che il contratto si risolva nel caso in cui una
determinata obbligazione non venga adempiuta. La risoluzione del contratto si
verifica quando il contraente fedele dichiara al contraente inadempiente che intende
avvalersi della clausola. Attraverso la clausola risolutiva espressa, le parti
sottraggono al giudice ogni valutazione discrezionale sulla gravit
dell'inadempimento;
il termine essenziale (art. 1457 c.c.): se il termine per l'adempimento di una delle

parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra e, alla sua scadenza, la


prestazione non stata eseguita, il contratto risolto di diritto, a meno che il
contraente fedele dichiari, nei tre giorni successivi alla scadenza del termine, che
intende comunque ottenere la prestazione.
L'azione di inadempimento
Relativamente alla legittimazione, il soggetto legittimato a chiedere la risoluzione del
contratto il contraente fedele, poich l'unico soggetto interessato a sciogliersi dal
contratto.
Relativamente alla prescrizione, salvo diversa disposizione di legge, trattandosi di
un'azione che deriva dal contratto, il termine prescrizionale di 10 anni.
Per quanto riguarda gli effetti inter partes della risoluzione, vige la stessa regola vigente
in tema di recesso:
nei contratti ad esecuzione istantanea o ad esecuzione differita, la risoluzione ha
effetto retroattivo (opera ex tunc), pertanto determina un effetto restitutorio, ossia
l'obbligazione di restituire le reciproche prestazioni. La risoluzione ha quindi
l'effetto di rimettere i contraenti nella stessa situazione patrimoniale in cui si
trovavano prima della conclusione del contratto;
nei contratti di durata, invece, la risoluzione non ha alcun effetto retroattivo (opera
ex nunc) ma dispone solo per il futuro, pertanto libera le parti dalle prestazioni
che devono essere ancora eseguite ma non ha alcun effetto su quelle gi eseguite,
che rimangono legittimamente acquisite alle parti.
Per quanto riguarda l'opponibilit ai terzi, la normativa sovrapponibile a quella della
rescissione: la risoluzione non pregiudica gli acquisti dei terzi, fatti salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di risoluzione. Anche nella risoluzione, quindi, si prescinde
dalla natura dell'acquisto e dallo stato soggettivo del terzo.
Per la risoluzione dei contratti plurilaterali, l'art. 1459 c.c. detta la stessa regola che
vale per nullit e annullabilit: l'inadempimento di una delle parti non comporta la
risoluzione dell'intero contratto, salvo che la prestazione rimasta inadempiuta debba
considerarsi essenziale.
In tema di risoluzione, previsto uno strumento di autotutela contrattuale: l'eccezione
di inadempimento (art. 1460 c.c.). Esso previsto per i soli contratti sinalagmatici ed uno
strumento che legittima i contraenti a sospendere la propria prestazione fintanto che
l'altra parte non ha adempiuto alla propria.
2) IMPOSSIBILIT SOPRAVVENUTA
L'impossibilit sopravvenuta una causa di risoluzione che si applica ai soli contratti a
prestazioni corrispettive.
Nativamente, deve trattarsi di un'impossibilit sopravvenuta non imputabile a chi deve
adempiere la prestazione.
La disciplina dell'impossibilit sopravvenuta varia in base ai tipi di impossibilit:
se l'impossibilit totale, cio se incide sull'intera prestazione di una parte, il
contraente la cui prestazione rimasta possibile liberato dall'obbligo di eseguirla,
se l'ha gi fatto, ha il diritto di vederne la restituzione, in quanto l'altra parte ha
ricevuto un pagamento indebito;
se l'impossibilit parziale, cio se incide soltanto su una quota della prestazione, il
contraente la cui prestazione rimasta possibile ha diritto ad una corrispondente
riduzione della prestazione dovuta e, qualora non abbia interesse a ricevere un
adempimento parziale, pu recedere dal contratto.
3) ECCESSIVA ONEROSIT SOPRAVVENUTA
L'eccessiva onerosit sopravvenuta una causa di risoluzione che si applica soltanto ai

contratti a prestazioni corrispettive, ai contratti di durata e ai contratti commutativi (non


opera nei contratti ad esecuzione istantanea e nei contratti aleatori).
Se la prestazione di una delle parti, successivamente alla conclusione del contratto, diventa
eccessivamente onerosa in conseguenza di avvenimenti straordinari (ossia, al di fuori della
normalit) e imprevedibili (cio, avvenimenti che non era previsto si verificassero nella
fase di esecuzione del contratto), l'altra parte pu domandare la risoluzione del contratto.
Questa ipotesi risolutoria non si applica ai contratti aleatori perch la disomogeneit fra le
prestazioni insita in tale tipologia contrattuale.
Lo strumento di conservazione del contratto affetto da un'eccessiva onerosit
sopravvenuta la riconduzione ad equit. Esattamente come avviene per la rescissione del
contratto concluso in stato di bisogno, la parte contro cui domandata la risoluzione del
contratto pu offrirsi di ricondurlo ad equit.
Il vizio dell'eccessiva onerosit sopravvenuta permette di rendere applicabile un istituto di
creazione giurisprudenziale: la presupposizione. Questo istituto deroga alla regola
generale secondo cui i motivi per i quali le parti stipulano un contratto sono irrilevanti. La
presupposizione una condizione inespressa ma nota ad entrambi i contraenti tanto da
rappresentare il motivo per cui il contratto viene stipulato con un certo contenuto. Questo
istituto prevede che, qualora il motivo pur inespresso sia comune ad entrambe le parti, se
l'evento che esso presuppone non si verifica, rendendo il contratto eccessivamente oneroso
per uno dei contraenti, egli pu chiedere la risoluzione del contratto.

LA RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE
(o responsabilit civile o responsabilit da fatto illecito o responsabilit aquiliana)

Oltre al contratto, l'art. 1173 c.c. individua tra le fonti tipiche delle obbligazioni il fatto
illecito.
Sotto il profilo civilistico, dalla commissione di un fatto illecito idoneo a determinare
l'insorgere di una responsabilit extracontrattuale deriva l'obbligazione di risarcire il
danno. Nel nostro ordinamento, infatti, la responsabilit civile non ha una funzione
punitiva, che riservata esclusivamente alla responsabilit penale, ma ha una funzione
reintegratoria delle utilit patrimoniali e non che il danneggiato ha perso in seguito al fatto
illecito.
L'art. 2043 c.c. stabilisce un principio di civilt fondamentale nel diritto privato:
chiunque cagiona ad altri un danno ingiusto con un comportamento doloso o colposo,
obbligato a risarcirgli il danno.

REQUISITI

Il fatto illecito deve avere alcuni requisiti oggettivi e soggettivi per poter far sorgere
l'obbligazione di risarcimento del danno.
1) Requisito oggettivo: comportamento/fatto del soggetto agente. Esso si distingue a
seconda che la condotta del soggetto agente sia un'azione o un'omissione:
nel caso di un fatto illecito determinato da una condotta attiva (illecito commissivo),
l'autore del danno risponde sempre del suo comportamento;
nel caso di un fatto illecito determinato da una condotta omissiva, l'autore del
danno ne risponde soltanto se aveva assunto l'obbligo giuridico di impedire l'evento
che la sua omissione ha causato, cio se aveva assunto una posizione di garanzia nei
confronti del danneggiato. La posizione di garanzia pu derivare dalla legge, da un
contratto o da un comportamento di fatto.
2) Requisito oggettivo: nesso causale. Cos come nella responsabilit contrattuale,
perch sorga l'obbligo in capo al soggetto agente di risarcire il danno, necessario che tra il
danno e la sua condotta ricorra un rapporto eziologico, cio il danno deve essere una
conseguenza diretta dell'azione o dell'omissione del soggetto agente. Sulle teorie
giurisprudenziali relative all'individuazione del nesso causale, si rinvia a quelle dette in
tema di responsabilit contrattuale.
3) Requisito oggettivo: danno ingiusto. Nel nostro ordinamento, un danno si qualifica
come ingiusto quando contra ius e non iure:
un danno contra ius quando viene lesa una posizione riconosciuta e tutelata
dall'ordinamento giuridico a prescindere dalla sua qualificazione formale. A questa
definizione, che prescinde dalla qualificazione formale della posizione lesa, si
giunti soltanto recentemente attraverso una elaborazione giurisprudenziale che
negli anni ha allargato sempre di pi le frontiere del danno ingiusto. Infatti, a
differenza di quanto avviene nella responsabilit penale, dove vige il principio di
tipicit del fatto illecito ( il Codice Penale a dire quali comportamenti sono
qualificati come reati), nella responsabilit civile vige il principio di atipicit,
pertanto spetta al giudice qualificare un fatto illecito o meno. L'allargamento delle
frontiere del danno ingiusto avvenuto in tre passaggi:
1. un primo e superato orientamento giurisprudenziale individuava la nozione
di danno ingiusto esclusivamente nella lesione dei diritti soggettivi assoluti.

Una sentenza assolutamente esplicativa di questo principio quella relativa


al caso Superga. Nel processo, il Torino Calcio, che aveva perso i suoi
giocatori in un incidente aereo causato da un errore del pilota, chiedeva il
risarcimento del danno alla compagnia aerea per la lesione del diritto di
credito che la squadra vantava nei confronti dei giocatori. La Cassazione neg
il risarcimento al Torino Calcio assumendo l'orientamento detto in
precedenza. Gli elementi su cui la corte si bas per arrivare alla sentenza sono
essenzialmente due: l'inesistenza di un nesso causale tra il fatto illecito e il
danno (il danno che subisce il Torino non una conseguenza immediata e
diretta dell'incidente aereo ma deriva dall'inadempimento dei calciatori) e
l'estraneit dei terzi (la compagnia aerea infatti un terzo) alle vicende del
contratto rimasto inadempiuto (dato il principio di relativit che vige in tema
di diritti di credito, in base al quale tutte le azioni, ivi compresa quella di
risarcimento del danno, possono essere esercitate esclusivamente nei
confronti del debitore della prestazione);
2. l'orientamento giurisprudenziale muta con un'altra sentenza epocale che
ammette la risarcibilit, in determinati casi, anche per i diritti di credito. La
sentenza si riferisce al caso Meroni. Anche in questa vicenda,
incredibilmente, era coinvolto il Torino Calcio, che chiedeva il risarcimento
del danno all'automobilista che aveva investito uno dei suoi giocatori. Anche
in questo caso, la Cassazione neg il risarcimento alla societ sportiva ma
cambi il suo orientamento, affermando che il nesso causale ricorre
ogniqualvolta che, in conseguenza del fatto illecito di un terzo, si determina la
perdita definitiva e irreparabile all'ottenimento della prestazione e che,
relativamente al principio di relativit del contratto, siccome il contratto ha
forza di legge tra le parti e pertanto attraverso la conclusione di un contratto
non si pu danneggiare un terzo, e se questo succede la condotta si configura
come illecita, allora un terzo con una propria condotta non pu interferire
illecitamente nell'esecuzione del contratto. La giurisprudenza, quindi, crea
una nuova figura di fatto illecito, che si configura come un'interferenza
illecita nel contratto. La Cassazione neg il risarcimento al Torino Calcio in
base al presupposto che la perdita non era definitiva e irreparabile, perch la
squadra disponeva di altri giocatori che potevano sostituire Meroni nella sua
prestazione;
3. l'orientamento giurisprudenziale muta ancora e le frontiere vengono
ulteriormente ampliate con la sentenza della Cassazione 500/1999, la quale
afferma il principio che il danno non sussiste soltanto quando vi una perdita
definitiva e irreparabile della prestazione, ma anche quando, pur essendo
possibile ottenerne una equivalente, essa presenta standard qualitativi e
quantitativi minori, in ragione della diversa persona del debitore che la
esegue. Se prima la giurisprudenza contemplava la risarcibilit solo per diritti
assoluti e relativi, ora amplia la sua applicazione anche agli interessi legittimi.
La giurisprudenza approda quindi all'affermazione per cui non vi ragione
alcuna per distinguere, ai fini del risarcimento del danno, tra la lesione di un
diritto soggettivo e quella di una qualsiasi altra posizione giuridica;
un danno non iure quando la lesione cagionata dal soggetto agente non
giustificata dall'ordinamento giuridico. Le due principali cause di giustificazione che
rendono il danno iure sono:
la legittima difesa (art. 2044 c.c.), il ricorso alla quale, per essere causa di
giustificazione del danno, deve essere necessario e inevitabile e deve essere
proporzionato all'azione a cui si reagisce;
lo stato di necessit (art. 2045 c.c.), che ricorre quando chi ha compiuto lo
stato dannoso vi stato costretto dalla necessit di salvare s od altri dal

pericolo attuale di un danno grave alla persona. Il pericolo non stato da lui
volontariamente causato e non era altrimenti evitabile. Pertanto, la
scriminante dello stato di necessit ricorre quando il soggetto agente procura
ad altri un danno nella ricorrenza dei seguenti elementi:
- la necessit di salvare s od altri dal pericolo grave di un danno alla persona.
Quindi deve sussistere la situazione necessitata, per la quale il soggetto
agente o un terzo si trovano in pericolo. Il danno deve necessariamente
riguardare la sfera della persona e deve essere grave e attuale, se si tratta di
un danno futuro non ricorre lo stato di necessit. Deve inoltre esistere un
rapporto causale tra l'attualit del pericolo e il danno che viene causato ad un
altro soggetto;
- la situazione di pericolo non deve essere stata creata dal soggetto agente: se
ha creato la situazione di pericolo o di danno, che poi lo determina a
danneggiare un terzo, con dolo o colpa, egli non giustificato;
- il pericolo deve essere inevitabile, cio deve essere una causa costrittiva alla
causazione del danno. Se la situazione di pericolo e il conseguente danno
sono evitabili attraverso un comportamento diverso da quello che ha
danneggiato il terzo, il soggetto agente doveva scegliere quest'ultima condotta
e quindi il suo comportamento non giustificato.
Nel caso in cui il danno venga causato in stato di necessit, il giudice, in base al suo
prudente apprezzamento (attraverso una valutazione equitativa), pu attribuire al
danneggiato un'indennit, ossia una somma di denaro che, pur non contemplando il
risarcimento del danno, in qualche modo ristori il danneggiato delle utilit perdute.
Nel caso in cui il danno venga causato per legittima difesa, invece, non prevista
alcuna indennit perch il danneggiato ha compiuto a sua volta un comportamento
illecito.
4) Requisito soggettivo: condotta dolosa o colposa. Ai fini dell'art. 2043 c.c., la
condotta del soggetto agente deve essere connotata alternativamente da due stati
psicologici: il dolo o la colpa.
In merito a questi due stati psicologici, l'ordinamento pone una netta distinzione tra
responsabilit penale e civile: nel diritto civile, vi un diverso trattamento a seconda che la
condotta sia dolosa o colposa, nel primo caso infatti la sanzione pi grave; invece, nel
diritto civile, ai fini del risarcimento del danno, dolo e colpa sono assolutamente assimilati.
La funzione della responsabilit civile, infatti, non punitiva ma reintegratoria: ha lo scopo
di rimettere il danneggiato nella stessa situazione in cui si trovava prima di subire il danno.
Analizziamo i due stati psicologici:
il dolo. Il dolo del fatto illecito (dolo extracontrattuale) va tenuto ben distinto dal
dolo contrattuale: quest'ultimo costituisce un vizio della volont ( una delle cause
di annullamento del contratto) ed ontologicamente identico al dolo della truffa; il
dolo nel fatto illecito, invece, ha una connotazione profondamente diversa. Cos
come avviene nel diritto penale, il fatto illecito considerato doloso quando avviene
secondo l'intenzione: nel soggetto agente vi la volont di tenere una condotta
dannosa per un altro soggetto. Nell'ambito del dolo, dobbiamo distinguere tra due
fattispecie diverse:
si parla di dolo diretto quando da parte del soggetto agente ricorrono volont
e rappresentazione, ci significa che il soggetto vuol tenere una determinata
condotta e se ne configura gli effetti dannosi che da questa derivano;
si parla di dolo eventuale quando il soggetto agente si rappresenta l'evento
dannoso e accetta il rischio della sua verificazione. Il rischio deve essere
accettato dalla parte come probabile e non semplicemente come possibile.
Pertanto, il dolo eventuale una fattispecie attenuata rispetto al dolo diretto,
in quanto connotato da minore gravit (anche nel diritto penale, uno dei

criteri per determinare quantitativamente la pena da irrogare l'intensit del


dolo). Il dolo eventuale meno grave di quello diretto poich con esso si
accetta solo che il danno si verifichi;
la colpa. La gran parte delle fattispecie di responsabilit civile avviene per colpa. Il
fatto colposo quando contro l'intenzione, ossia quando il fatto non stato
cagionato intenzionalmente ma si verificato a causa di negligenza, imprudenza o
imperizia ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini, discipline o usi.
Nella colpa non vi da parte del soggetto agente la volont di danneggiare un'altra
persona ma il danno si verifica per la violazione non intenzionale di una regola di
condotta, in relazione alla quale bisogna distinguere tra:
colpa sociale, che ricorre quando il soggetto agente, pur non violando una
specifica normativa, si comporta negligentemente, imprudentemente o
imperitamente;
colpa qualificata, che ricorre quando la condotta del soggetto agente viola una
specifica disposizione normativa, indipendentemente da quella che la sua
fonte. Infatti, la colpa non ricorre solo quando viene violata la legge ma anche
quando a rimanere inosservate sono fonti normative secondarie quali i
regolamenti, gli ordini, le discipline e gli usi.
Cos come per il dolo, anche per la colpa, distinguiamo fra due diversi tipi, in
relazione al loro diverso grado di gravit:
la colpa grave ricorre quando vi un'elevata violazione delle regole di
condotta;
la colpa lieve ricorre quando vi una minima inosservanza delle regole di
condotta.
Mentre nel diritto penale, anche all'interno dei reati colposi, il grado della colpa
incide sulla quantit della pena; nella responsabilit civile, ai fini del risarcimento
del danno, esso non ha alcuna rilevanza. Sia nel caso di colpa grave, sia nel caso di
colpa lieve, viene posta a carico del soggetto agente la medesima conseguenza
risarcitoria. Nella responsabilit civile, a differenza che in quella penale, ai fini
dell'insorgenza delle responsabilit stessa e quindi della relativa obbligazione
risarcitoria, sempre necessaria la verificazione dell'evento dannoso, essa non
sanziona la mera condotta.

DIFFERENZE TRA RESPONSABILIT CONTRATTUALE


RESPONSABILIT EXTRACONTRATTUALE
Responsabilit
contrattuale

Responsabilit
extracontrattuale

1) Titolo che determina il


criterio di imputazione

Inadempimento di qualsiasi
rapporto obbligatorio che
non trova la sua fonte nel
fatto illecito

Fatto illecito

2) Soggetto a cui spetta


l'onere della prova

Il debitore che, per


esonerarsi dall'obbligo
risarcitorio, deve provare
l'assenza di colpa e dolo

Colui che agisce per ottenere


il risarcimento del danno, in
quanto colpa e dolo sono
elementi costitutivi della
responsabilit civile

3) Prescrizione

10 anni, salvo le ipotesi


specifiche di prescrizione

5 anni

breve indicate dalla legge


4) Norme relative alla mora
del debitore

Salvi determinati casi,


necessario l'atto di
costituzione in mora

Ricorre sempre l'ipotesi di


mora automatica, quindi non
necessario l'atto di
costituzione in mora

5) Danno risarcibile

Di regola, soltanto il danno


patrimoniale

Sia il danno patrimoniale, sia


il danno non patrimoniale

6) Risarcibilit del danno


imprevedibile

Soltanto se l'inadempimento Sempre, sia con dolo che con


imputato al debitore a
colpa
titolo di dolo

L'IMPUTABILIT DEL FATTO DANNOSO


Ai fini della responsabilit risarcitoria, oltre ai requisiti essenziali posti dall'art. 2043 c.c.,
l'art. 2046 c.c. ne pone un altro altrettanto fondamentale: quello della imputabilit del
fatto dannoso.
In base all'art. 2046 c.c., non risponde delle conseguenze del fatto illecito chi non aveva la
capacit di intendere e di volere al momento in cui l'ha commesso, a meno che lo stato di
incapacit derivi da sua colpa.
in altre parole necessario che il soggetto agente sia imputabile. Capacit di intendere e
capacit di volere sono stati psicologici che devono ricorrere in capo al soggetto agente in
modo concorrente. La capacit di intendere si configura come la capacit di percepire il
valore e il disvalore delle proprie azioni in una sfera laica parallela (quest'ultima
espressione fa intendere che non necessario che valore e disvalore si riferiscano ad una
norma giuridica). La capacit di volere si configura come la capacit di un soggetto di
determinarsi fra comportamenti antagonisti.
L'art. 2046 c.c. per fa salvo il caso che lo stato di incapacit derivi da una situazione di
colpa. Essa l'ipotesi che ricorre quando capacit di intendere e di volere sono venute
meno a causa di un comportamento tenuto dal soggetto stesso. La norma per formulata
in modo infelice perch fa esclusivamente riferimento all'ipotesi in cui lo stato di
incapacit derivi da colpa, mentre non contempli l'ipotesi ben pi grave nella quale
deriverebbe da dolo. Quindi, se il giudice rimanesse vincolato al dato letterale della norma
si arriverebbe ad una conseguenza giuridica assurda, per cui se un soggetto si trova in stato
di incapacit per sua colpa, risponderebbe delle conseguenze dannoso, viceversa, se un
soggetto si pone con dolo in stato di incapacit, non sarebbe imputabile per il fatto
dannoso. Pertanto, la giurisprudenza ha interpretato l'art. 2046 c.c. sostenendo che questa
norma minus dixit quam voluit e quindi, laddove nomina soltanto la colpa, attesa
l'assimilazione tra dolo e colpa che vige in tema di illecito civile, il legislatore ha inteso far
riferimento a qualsiasi comportamento imputabile a colui che ha commesso il fatto illecito,
sia esso per colpa o per dolo.

LA RESPONSABILIT SPECIALE

Il principio generale in tema di responsabilit extracontrattuale stabilisce che del fatto


illecito risponde chi lo ha commesso e ne risponde solo in caso di dolo e colpa grave.
Quindi, nella sua configurazione generale, la responsabilit extracontrattuale personale e
presuppone la ricorrenza dell'elemento soggettivo. Ma vi sono due tipologie di
responsabilit speciale in cui questi principi generali vengono derogati. Esse sono:
la responsabilit indiretta, che comprende tre ipotesi, di cui agli artt. 2047, 2048 e
2049, nelle quali i profili generali della responsabilit extracontrattuale vengono
derogati laddove previsto che del danno risponda una persona diversa da chi lo ha

commesso;
la responsabilit oggettiva, regolata agli artt. 2050-2053 c.c., che deroga ai principi
generali della responsabilit civile laddove, ai fini della responsabilit risarcitoria, si
prescinde da dolo e colpa. Il soggetto che risponde a titolo della responsabilit
oggettiva risponde dal danno che deriva dalla sua condotta anche se essa non n
dolosa n colposa. L'unica prova liberatoria che l'ordinamento pone a carico del
soggetto agente consiste nel provare di avere adottato tutte le misure idonee ad
evitare il danno.

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