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due su tre non sanno come funziona Wikipedia, non sanno riconoscere una pagina di login fasulla
guardandone l'URL (e non chiamatelo URL, se non volete che vi guardino basiti) e non hanno idea
di come si reggano in piedi economicamente i siti commerciali pi popolari. Due su tre hanno uno
smartphone e la met lo usa per andare online tutti i giorni: la fruizione della Rete da postazione
fissa sta diventando minoritaria. Il computer, se c', prevalentemente un portatile: sigillato, non
modificabile, da usare a scatola chiusa, come lo sono i tablet e gli smartphone.
Questo rende molto pi difficile che in passato l'apprendimento di come funzionano i dispositivi e
le tecnologie di uso quotidiano. I nativi digitali stanno crescendo in un mondo nel quale non solo
non sanno, ma non possonosmontare, smanettare, sperimentare, in parole povere diventare
hacker, nell'accezione originale, positiva e sempre pi spesso dimenticata, di questo termine. Non
hanno le possibilit che hanno avuto gli immigrati digitali, che anzi erano costretti a imparare
per riuscire a far funzionare modem, schede audio e periferiche bisbetiche. Quelli di oggi sono
meri utenti, e non neanche tutta colpa loro: la tecnologia stessa ad ostacolarli.
L'emancipazione, il brivido di libert che offrivano i PC autocostruiti, i modem, le BBS e Internet
sono stati accecati dalla lucentezza dello specchio scuro nel quale questi nativi si riflettono per
una media di tre ore al giorno: lo schermo del telefonino e del tablet.
Non stiamo semplicemente crescendo una generazione di falsi nativi digitali, che non hanno una
reale competenza informatica (chiedete loro come si fa a mandare una mail in BCC o che cos' un
sistema operativo, per esempio; per loro Tor un personaggio della Marvel). Intorno a loro si sta
evolvendo, non per cospirazione ma per aggregazione spontanea, un giardino cintato e
privatizzato dal quale diventa sempre pi difficile uscire per diventare competenti. E in questo
contesto affidare un tablet a un'adolescente non far di lei un'informatica provetta, esattamente
come rinchiuderla tante ore in garage non la trasformer in un'automobile.
L'origine del potere dirompente dei primi personal computer, in particolare del PC IBM, era il fatto
che era basato su standard tecnici aperti. Dopo decenni di calcolatori incompatibili, farciti di
componenti proprietari e non intercambiabili, arrivava sul mercato un oggetto che accettava
componenti di marche differenti tra loro. Con poche eccezioni, i protocolli e i linguaggi di
comando di quei componenti erano noti e liberamente utilizzabili. Chiunque poteva essere hacker
e sviluppare software, driver, sistemi operativi. Questo fece prosperare in modo esplosivo la
cultura dell'informatica amatoriale. Il personal computer era, appunto, personal. Ci mettevi su il
software e l'hardware che volevi, senza renderne conto a nessuno. Ora considerate invece un
iPad: bello, funziona bene, ma sigillato. Niente aggiunte hardware. Provate a installarvi
software non autorizzato da Apple: potete farlo soltanto pagando una licenza ad Apple o
ricorrendo a un jailbreak. Il dispositivo fisicamente vostro, ma per essere liberi di metterci il
software che vi pare dovete scavalcare attivamente gli ostacoli e le restrizioni che il costruttore
ha imposto. Il salto da consumatore passivo a utente creativo diventato pi lungo.
Com' cambiato il paradigma dell'informatica personale: da uno scatolone rustico, flessibile e
aperto a una tavoletta patinata, rigida e chiusa. Nel terzo trimestre del 2013 sono stati venduti
nel mondo 80 milioni di PC (8,6% in meno rispetto a un anno prima) contro 250 milioni di
smartphone, e le previsioni di IDC indicano che le consegne di tablet, da sole, supereranno
quelle di PC prima della fine di quest'anno. Il PC sta morendo per abbandono: troppo scomodo,
troppo ostico come manutenzione, troppo vulnerabile al malware. Un universo di app sterilizzate
e verificate, su un dispositivo che fa di tutto per non sembrare un computer, molto pi
allettante e rassicurante per il consumatore medio.
La stessa china scivolosa si sta delineando per Internet. Il boom della Rete avvenuto per merito
dei suoi standard e protocolli aperti e interoperabili, a differenza di tutte le reti telematiche
commerciali chiuse che l'avevano preceduta. Su queste fondamenta aperte, accessibili a
chiunque volesse semplicemente studiare, stato possibile costruire liberamente di tutto: mail,
Web, ftp, VoIP sfruttabili con qualunque client e qualunque sistema operativo, anche fai da te
(Linux, e scusate se poco). La mancanza di un gestore centrale ha impedito l'introduzione di
sistemi di censura e controllo liberticidi e ha intralciato i tentativi commerciali monopolistici
d'imporre il Browser Unico e il Sistema Operativo Unico: non dimentichiamo, infatti, che nel 2002
Internet Explorer era usato dal 96% degli utenti e Windows deteneva oltre il 90% del mercato
desktop.
Confrontate questa situazione con quella di oggi: Facebook per molti utenti l'unico sito visitato,
tanto da essere per molti sinonimo e sostituto integrale di Internet. Qui le regole d'uso vengono
decise unilateralmente, senza dibattito, col risultato che per esempio il video di una donna che
viene decapitata va benissimo, ma un seno del quale si veda l'areola tab, e la mannaia della
sua censura pu colpire anche un museo che osa pubblicare una foto di nudo femminile parziale
in bianco e nero (per Rate My Bikini o Boobs, Butts and Cleavage Collection non sono un
problema). un ambiente chiuso, controllato secondo criteri bizzarri e soprattutto insindacabili. Il
parco pubblico stato sostituito dal centro commerciale. E a un miliardo e cento milioni di utenti
questo va benissimo.
I dati indicano che stiamo rinunciando progressivamente agli elementi tecnici fondamentali che
hanno permesso lo sviluppo della Rete, sostituendoli con un ecosistema hardware e software
progressivamente sempre pi chiuso. La mia preoccupazione che tutto questo non crea nativi
digitali. Crea polli di batteria.
-*Credits foto: Antonio Sofi
18 Novembre 2013
TAG: nativi digitali, scuola, istruzione, attivissimo