4 Tra carit legale e non intervento. I compromessi dello stato unitario italiano
NellItalia della prima met del secolo XIX mancavano le condizioni per una
massiccia rottura dellordine assistenziale ereditato dalla societ tradizionale.
La pratica dellinternamento dei poveri e dei soggetti marginali negli ospizi di
mendicit era assai diffusa anche negli stati preunitari, ma non aveva prodotto
problemi dordine pubblico di dimensioni tali da consigliare consistenti misure di
deistituzionalizzazione.
Al ritardo nel processo di sviluppo e di industrializzazione faceva riscontro un pi
generale ritardo delle dinamiche di modernizzazione a cominciare dalla sfera religiosa
e culturale. Un paese che non aveva conosciuto la Riforma protestante, sperimentando
piuttosto la pervicace azione di contrasto condotta dalla Controriforma per
neutralizzare le valenze politicamente pi perniciose del processo di secolarizzazione.
Anche nellarena politica mancavano proposte credibili di rottura con il passato. Le
forze che si ispiravano si principi liberaldemocratici e al diritto di esistere erano
manifestamente troppo deboli.
In Italia si era sviluppato un disegno politico favorevole ad una limitata e graduale
laicizzazione degli interventi. Operavano in tale direzione forze liberali interessate a
contrastare il peso economico e il controllo sociale esercitato dalla Chiesa mediante
una fitta trama di istituzioni beneficenziali, controllate e gestite dai religiosi. il
motivo per cui vennero formulate prime proposte di carit legale, inizialmente
appoggiate alle idee degli economisti classici e dei riformatori di tradizione
illuminista, e quindi relativamente ispirate alla legislazione inglese del 1834.
Tuttavia, la legge piemontese del 1859 sulle Opere pie segnava una battuta darresto
lungo il cammino della tutela legale. Si affermava il principio della minima
ingerenza dello stato nellassistenza: alle istituzioni caritative era conferita la pi
ampia autonomia, mentre alla provincia e al governo, nella fattispecie al ministero
degli Interni, venivano assegnate solo deboli facolt di controllo.
Nel 1862 venne approvata la grande legge sugli istituti di carit e beneficienza per
soccorrere in tutto o in parte le classi meno agiate in stato di sanit o di malattia.
Dopo un aspro dibattito parlamentare, lunica strada politicamente praticabile sembr
quella di recepire lordinamento statuito dalla legislazione piemontese del 1859. In tal
modo, tuttavia, si finiva per accogliere le istanze della Chiesa, mobilitata a difesa della
piena disponibilit privata dei beni delle opere assistenziali e della pi ampia
discrezionalit dellintervento, in ossequio a principi di carit gratuita e volontaria.
Non solo il disimpegno della finanza pubblica veniva scambiato con la conservazione
dellindipendenza e dellindividualit degli istituti, ma il governo rinunciava ad ogni
ingerenza negli assetti organizzativi e amministrativi degli enti, astenendosi perfino
dal definire criteri e standard assistenziali validi per lintero territorio nazionale.
Con le leggi di unificazione amministrativa del Regno, nel 1865, si consolidava un
ordinamento destinato a strutturare per lungo tempo le attivit assistenziali svolte in
ambito locale. Le province assumevano il compito del mantenimento e della cura dei
mentecatti, ovvero dei malati psichici, e dei minori illegittimi, per estendere il
proprio intervento alla sfera dellhandicap sensoriale (ciechi e sordomuti). I comuni,
per parte loro, dovevano provvedere alle spese di spedalit e assistenza medica per i
malati poveri, oltre che allassistenza di orfani e minori in stato di abbandono. Le
congregazioni di carit, che la legge piemontese aveva istituito in ogni comune con il
compito di amministrare le Opere pie, dovevano provvedere allassistenza di
specifiche categorie di poveri e di inabili.
Lavvento al potere della sinistra parlamentare, nel 1876, sembr porre finalmente le
premesse per una ben pi radicale riforma dellordine assistenziale. Un disegno di
legge venne predisposto, in tal senso, da Nicotera e Depretis, ma ancora una volta
ebbero la meglio le clientele locali, laffarismo degli imprenditori dellassistenza e
soprattutto gli interessi clericali schierati a difesa dello status quo. Nel frattempo,
diventava sempre pi insostenibile la situazione delle maggiori strutture ad internato,
in primis delle Opere pie, di cui erano palesi gli eccessivi costi di amministrazione, gli
enormi squilibri di trattamento (tra nord e sud, tra citt e campagna) e la generale
insufficienza delle prestazioni a fronte di nuovi e crescenti bisogni generati
dallurbanizzazione.
Con la legge Crispi del 1890 le Opere pie diventavano, quantomeno nominalmente,
Istituzioni pubbliche di beneficenza: enti di diritto pubblico tenuti non solo a dar
soccorso ai poveri, ma anche a promuoverne lintegrazione sociale e morale.
Allinterno degli enti, gli amministratori di un tempo vedevano riconosciuta unampia
autonomia gestionale, al riparo dalle temute interferenze statali, con la possibilit di
affiancare allattivit assistenziale molteplici altre funzioni: da quelle religiose a quelle
ospedaliere. Come contropartita il governo otteneva una parziale manovra sui beni
delle istituzioni caritative, con la possibilit di finanziare la Tesoreria dello Stato
mediante il reinvestimento in titoli pubblici di parte del patrimonio dei nuovi enti. Con
questa legge, le congregazioni di carit vedevano anchesse riconosciuto uno statuto di
diritto pubblico, con consigli di amministrazione in parte di nomina prefettizia in parte
eletti dai consigli comunali. La legge del 1890 istituiva inoltre il domicilio di
soccorso, che vincolava il diritto a prestazioni assistenziali alla residenza
continuativa, per almeno cinque anni, in uno stesso comune.
Riguardo al settore sanitario, con la legge Pagliani del 1888 i problemi igienistici
venivano affidati ad un sistema di sanit pubblica di elevato profilo scientifico e al
tempo stesso sufficientemente affidabile nella sua struttura tecnica e organizzativa.
Lintervento igienistico era assicurato da una rete opportunamente decentrata di medici
pubblici, dipendenti dal ministero degli Interni e operanti capillarmente nel territorio.
Con lo sviluppo delle attivit manifatturiere e con il diffondersi del lavoro salariato si
iniziava ad imporre il fenomeno del mutuo soccorso con nuovi importanti sviluppi. Le
prime societ di mutuo soccorso erano nate gi agli inizi dellOttocento, per esigenze
di autotutela di affermare categorie professionali e di esigue aristocrazie operaie, ma
uneffettiva crescita delle societ di mestiere si ebbe solo a partire dalla seconda met
del secolo. Non meno importante della crescita quantitativa la dinamica politica delle
istanze espresse dal mutualismo operaio, quale si evince dagli atti dei congressi che ne
registrano la complessa evoluzione.
Se agli inizi prevalsero orientamenti moderati, inclini ad accettare gli incentivi e i
controlli imposti dalle politiche liberali o indirizzi di ispirazione mazziniana,
Il moderno welfare state ebbe origine, nelle societ europee, nellarco di tempo
compreso tra gli ultimi due decenni del secolo XIX e gli anni immediatamente
successivi alla fine del primo conflitto mondiale.
Le variabili di contesto e i fattori strutturali che maggiormente operarono per una cos
profonda innovazione della politica sociale sono analizzati da Peter Flora mediante un
elaborato costrutto analitico, volto a evidenziare la macro-costellazione storica degli
elementi che presiedettero alla trasformazione. Tale costellazione individuata nello
sviluppo di democrazie di massa e di economie capitalistiche fortemente espansive in
un sistema di stati nazionali sovrani.
Con lo sviluppo dellindustrializzazione, i rapporti economici di tipo capitalistico
giungono a permeare vasti strati della societ. Accelerando dinamiche di
individualizzazione e dissoluzione dei tradizionali legami familiari e associativi. Si
produce, al tempo stesso, unestensione del conflitto di classe che sfida il sistema degli
stati-nazione a reagire non solo sul terreno della democratizzazione delle istituzioni di
governo, ma anche su quello di una pi equa distribuzione dei redditi, sollecitando le
burocrazie di servizio alla sperimentazione di nuovi interventi di protezione.
Nel conflitto che oppone lites di governo e opposizioni sociali, il nascente
movimento operaio sviluppa crescenti pressioni dal basso per il riconoscimento dei
diritti di partecipazione, in una fase in cui le istanze di natura economica non superano
ancora i confini della fabbrica o comunque la sfera della produzione.
Sul versante opposto, le lites nazionali tendono a limitare i danni che la crescita del
processo democratico pu infliggere allordine esistente, mediante unofferta
dallalto di nuove misure redistributive volte a mitigare il conflitto e a canalizzare la
protesta. Se questo vero, non sembra corretto ritenere che il welfare state europeo
rappresenti la soluzione ad una crisi di distribuzione successiva alla crisi di
partecipazione.
Tra domanda e offerta non v simmetria, ma una discrasia pi o meno profonda,
destinata ad imprimersi nei tratti di specificit che connotano esperienze e percorsi
nazionali diversi. Alla base dei nuovi interventi v per anche pi di un denominatore
comune, con elementi di discontinuit rispetto al passato:
a) listituzione di assicurazioni contro i principali rischi di interruzione del reddito
comporta il superamento della discrezionalit sin dalle origini connaturata alla pratica
assistenziale. Il riconoscimento di un diritto legale alle prestazioni formalmente
garantito da un contratto assicurativo, che impone la riscossione di contributi a carico
di tutti i beneficiari, diretti o indiretti, delle prestazioni;
b) le nuove politiche sono mirate ad integrare una classe operaia virtualmente molto
estesa, di cui occorre neutralizzare il temibile potenziale di mobilitazione. Lavvio
delle nuove misure di protezione sociale infatti in primo luogo sollecitato dalla
necessit di fronteggiare la militanza sindacale e politica dei lavoratori industriali, che
dal riconoscimento del diritto di coalizione traggono impulso per dispiegare una
conflittualit di inedite caratteristiche e dimensioni;
c) la finalit sociale delle politiche di previdenza non pi di aiutare i poveri nelle
situazioni di emergenza, bens di prevenire la povert di vaste categorie professionali o
di interi settori occupazionali, per mezzo di misure permanenti e procedure
2 Modelli di assicurazione
primi provvedimenti furono assunti alla vigilia di importanti elezioni, e con particolare
sollecitudine da parte dei regimi a vocazione autoritaria. I paesi pionieri del welfare
presidenziale, al momento del decollo, erano retti per lo pi da monarchie
costituzionali, forma di governo in cui il sovrano resta depositario del potere esecutivo
e sottrae al parlamento importanti diritti legislativi.
In definitiva, esce dunque confermata una teoria della politica sociale dallalto,
plasmata in modo diverso da sistemi di governo diversi. Alber ritiene di poter
affermare che listituzione delle prime assicurazioni sociali fu assai pi una risposta
alle esigenze di legittimazione politica delle lites nazionali, che un imperativo dello
sviluppo economico.
Con una diversa formulazione, si potrebbe affermare che una precoce risposta alla
crisi di distribuzione si prospett, alle lites conservatrici, come lunico modo per
evitare uneffettiva risposta alla crisi di partecipazione.
4 La via bismarckiana al Wohlfahrtsstaat e la cosiddetta via inglese
GERMANIA
In Germania, in assenza di effettivi poteri da parte del Parlamento, il movimento
operaio non poteva esercitare uninfluenza diretta sullattivit governativa. A
rafforzare lesclusione operata per via costituzionale, intervenivano, tra il 1878 e il
1890, le leggi antisocialiste, volte ad impedire la propaganda di partito e a contrastare
lazione dei sindacati socialisti.
Estranee al potere, le dirigenze operaie esprimevano una comprensibile ostilit nei
confronti delle iniziative dellesecutivo in materia di assicurazione obbligatoria: era
diffuso il timore che ne risultassero ulteriormente indebolite le societ di mutuo
soccorso e che i salari operai venissero gravati da pesanti oneri contributivi.
Per parte loro, le lites di governo tendevano anchesse a disporsi su una strategia di
tipo difensivo. Allazione repressiva nei confronti del partito socialdemocratico e dei
sindacati socialisti, si affiancava una politica di interventismo stabilizzatore, volto a
far aderire la classe operaia ai principi della monarchia sociale.
Il messaggio imperiale del 1881 inaugurava formalmente una stagione di riforma
sociale, cui era affidata lunica risposta credibile alla sfida di legittimazione che con
lascesa delle classi industriali investiva il regime monarchico costituzionale. Tale
risposta si poneva al di fuori dellalveo della democrazia liberale.
Tornava a farsi strada lidea del dispotismo illuminato. Il pensiero conservatore
riscopriva il valore dellesperienza corporativa e delle funzioni di benessere svolte in
passato dallo stato di polizia. Quella che si veniva affermando era lidea che il
potere dello stato potesse ancora essere usato per il bene di tutte le classi ed in
particolare degli operai.
Repressione politica delle organizzazioni antisistema e azioni positive per il
miglioramento delle classi lavoratrici diventavano parte di un unico progetto, in cui
lofferta di welfare era destinata ad assumere un ruolo cruciale e non puramente
compensativo. Lo stato avrebbe dovuto abituarsi ad un po pi di socialismo. Si
trattava di integrare e pacificare una societ divisa dal conflitto di classe e resa pi
fragile da uno sviluppo ancora troppo debole del senso di identit nazionale.
Tra il 1883 e il 1889 liniziativa del governo tedesco si adatt ad una logica di
sperimentazione e prudente gradualismo.
Il primo degli istituti attivati, lassicurazione di malattia, non solo non indebol il
preesistente tessuto mutualistico, ma lo rinvigor, pur nellintento di imbrigliarlo nei
rigidi schemi di un assetto corporativo. Si faceva obbligo ai lavoratori di iscriversi a
specifici Fondi di malattia.
I Fondi erano finanziati per 2/3 dai lavoratori e solo per 1/3 dagli imprenditori: in caso
di malattia questi erano tenuti a versare unindennit ai propri dipendenti fino ad un
massimo di 13 settimane.
Mentre lassicurazione di malattia tendeva sostanzialmente ad istituzionalizzare le reti
del solidarismo volontario, lassicurazione contro gli infortuni (1885) muoveva
dallassunto di un prevalente interesse degli imprenditori: ad essi era fatto obbligo di
provvedere al finanziamento e di indennizzare i dipendenti infortunati, nella misura di
2/3 del salario. Solo con lassicurazione obbligatoria contro linvalidit e la vecchiaia
(1889) lo stato doveva assumersi, oltre ad un crescente impegno gestionale e
amministrativo, anche una limitata responsabilit finanziaria.
INGHILTERRA
Lesecutivo britannico disponeva di una forte e indiscussa legittimazione, e questo gli
consent di attivare interventi molto pi coraggiosi e assai meno rispettosi delle regole
del mercato e degli interessi di importanti forze delleconomia di quanto fosse
consentito nella realt tedesca.
Negli anni tra il 1906 e il 1911, quando Lloyd George, in collaborazione con Churchill
e Beveridge, avvi il primo importante ciclo di riforme sociali, il governo liberale
poteva contare sul consenso di un vasto schieramento di forze progressive, favorevoli
anche a significative estensioni della responsabilit finanziaria e amministrativa dello
stato pur di superare le storture e le inefficienze dellimpianto assistenziale introdotto
nel 1834.
Il dibattito sugli effetti perversi della New Poor Law aveva sollecitato listituzione, nel
1905, di una Commissione reale di inchiesta, ai cui lavori presero parte anche
autorevoli rappresentanti del riformismo fabiano, come i coniugi Webb.
Sulla questione igienico-sanitaria, che da tempo polarizzava lattenzione dellopinione
pubblica, il Minority Report sollecitava un sistematico intervento statale, finanziato
per via fiscale ed esteso a tutti i cittadini. Lintento era di superare il carattere residuale
e stigmatizzante della vecchia assistenza pubblica, nella preoccupazione di poter
provvedere alla salute dei poveri anche in assenza di una loro espressa domanda e di
un implicito consenso. A misure di cos radicale socialismo si opponevano le
componenti di maggioranza, preoccupate dei costi, ma anche delle possibili violazioni
della libert personale dei destinatari e del consenso degli operatori sanitari.
Il primo dei provvedimenti adottati, lOld Age Pension Act del 1908, istituiva su basi
semiuniversalistiche una pensione statale per tutti gli anziani indigenti. Per il
finanziamento si era privilegiato un meccanismo di tipo fiscale. Restava comunque in
vigore il meccanismo dellaccertamento dei mezzi, sebbene applicato con modalit
meramente amministrative e sempre pi impersonali. Ma laspetto che pi di ogni
altro doveva imporsi era la possibilit di disporre di una pensione anche senza aver
versato alcun contributo, indipendentemente dal precedente status occupazionale.
Il National Health Insurance Act (1911) cercava di bilanciare filosofie di mercato e
principi di regolazione statale.
In palese contraddizione con la filosofia liberale si poneva lassicurazione
obbligatoria contro la disoccupazione. Con un meccanismo di finanziamento non
dissimile da quello adottato per la malattia, essa dava protezione ai lavoratori di
industrie ad alto rischio di disoccupazione ciclica, come quelle siderurgiche o
cantieristiche. La tutela del rischio di disoccupazione si affiancava ad altri interventi di
portata simbolica, quali la giornata di 8 ore lavorative per i bambini, lispezione
medica gratuita e obbligatoria per tutti i bambini di et scolare e listituzione delle
mense scolastiche per quelli appartenenti a famiglie numerose.
Laspetto che sottolinea loriginalit del National Insurance Act il suo carattere
tripartito. Attraverso lo stato, lavoratori, datori di lavoro e cittadini-contribuenti erano
chiamati a finanziare forme di tutela del reddito che erano insieme contributive,
obbligatorie e statalmente organizzate.
Alle origini della svolta inglese stata individuata una pluralit di fattori: un precoce
accesso del movimento operaio alla rappresentanza, dapprima in forme decentrate e
poi centralizzate; la necessit di offrire valori di integrazione nazionale sostitutivi di
quelli tradizionali; la debolezza del mutuo soccorso e in genere del tessuto delle
solidariet associative.
In presenza delle profonde trasformazioni di fine secolo, i liberali inglesi non solo
erano pienamente consapevoli della necessit di un pi diretto intervento dello stato
nella questione sociale, ma avevano anche compreso che, cessato di essere
essenzialmente un partito di ceto medio, essi si sarebbero potuti mantenere al potere
solo fin tanto che gli operai avessero votato per i loro candidati. Allopposto, il
tentativo dei conservatori tedeschi era di allontanare i lavoratori dallarena politica,
acquistandone il consenso con misure di protezione generose, pur di non dover dar
corso al processo di democratizzazione.
Weber nel 1919 aveva denunciato il carattere apolitico dellet bismarckiana e la
velleit di trafficare sulla gratitudine dei sudditi pi deboli, con il risultato di dare
vita ad apparati di welfare privi di governo politico, destinati ad inverare lincubo di
una dittatura degli impiegati, in fondo non dissimile dal socialismo di stato, capace
di soffocare ogni residuo di libert degli stessi operai.
5 Il percorso italiano
Il caso italiano si situa in una posizione in qualche modo intermedia rispetto a tali
esperienze. Agli esordi di una lunga e travagliante vicenda previdenziale non
difficile scorgere elementi di singolare analogia con il clima politico e con le logiche
dazione che ispirarono i primi delle lites germaniche.
La consapevolezza cavouriana della necessit di dar corso a coraggiosi interventi di
riforma sociale non diede avvio ad iniziative di rilievo, capaci di imporsi per
5.1 Dalla svolta autoritaria di fine secolo ai tentativi di innovazione dellet giolittiana
Quando nel 1898 venne varata la legge n.80 che istituiva lassicurazione obbligatoria
contro gli infortuni degli operai dellindustria, lesecutivo a guida del marchese di
Rudin si accingeva a sciogliere le camere del lavoro e a reprimere i tumulti per il pane
e per il lavoro ormai diffusisi dal sud al nord e dalle campagne alla citt.
Il provvedimento evidenziava delle lacune. Infatti erano coperti solo i rischi pi gravi
dei lavoratori manuali, con lesclusione del lavoro agricolo e delle malattie
grandi scelte. Se i fascismi degli anni Venti diedero corpo ad una repressione
anticipata delle minacce rivoluzionarie, le democrazie cercarono di riprendere il
cammino interrotto delle riforme.
In questa fase il ruolo pi importante assegnato alla politica sociale fu quello di
ammortizzatore della disoccupazione prodotta dalla smobilitazione e dalla
riconversione delleconomia di guerra in produzioni di pace. Tale indirizzo doveva
dare impulso ad una rapida estensione dellassicurazione contro la disoccupazione.
Tale misura venne adottata in Italia, Austria, Belgio, Svizzera, Germania.
La ricerca della pace sociale passava anche attraverso listituzione di generosi
programmi pensionistici per l'invalida e la vecchiaia in paesi che ancora non
conoscevano un sistema di assicurazioni obbligatorie. Era il caso della Gran Bretagna
e della Danimarca.
Nel periodo tra le due guerre, in tutti i paesi industriali si registr un considerevole
aumento della quota del PIL destinata alle assicurazioni sociali, con un significativo
allargamento della platea dei beneficiari. Aumentava il numero degli assistiti,
attraverso lestensione a nuove categorie protette (dagli operai agli impiegati
dellindustria e del settore pubblico, sino ai lavoratori indipendenti), mentre si dilatava
la gamma delle prestazioni erogate a copertura di un sempre pi ampio ventaglio di
rischi.
Linvestimento di politica sociale poggiava su una configurazione dellarena politica
profondamente mutata rispetto alla fase di decollo delle assicurazioni sociali. Le
politiche non erano pi soltanto sostenute dalliniziativa top-down delle lites di
governo, ma erano anche il frutto delle pressioni dal basso di componenti del
movimento operaio che cominciavano ad esprimere una esplicita domanda di
intervento sociale.
Di tale svolta, la costituzione della repubblica di Weimar costituiva la sanzione pi
formale, destinata ad assumere un valore emblematico anche al di fuori dellarea
germanica. Ne erano capisaldi il riconoscimento giuridico dei diritti sociali; la piena
legittimazione dellassistenza come istituzione volta a garantire stabilmente un elevato
grado di sicurezza dellesistenza materiale, e soprattutto la formale accettazione del
ruolo dei sindacati.
In un clima culturale di ritorno ai valori cardine del liberalismo, la fede nel pareggio
di bilancio e nella parit aurea delle monete nazionali (gold standard) comincia a fare
proseliti persino tra i leader di partiti socialisti che nel volgere di pochi anni sarebbero
stati allontanati dal governo. Di fatto, la stabilizzazione delle monete comportava non
solo una forte ripresa della disoccupazione, ma anche la drastica riduzione dei salari,
dei sussidi e delle misure assistenziali.
Nel momento in cui la situazione economica venne a deteriorarsi ulteriormente, si
verifico la crisi del 1929. Essa, con la profonda depressione che ne segu, rivel lo
scenario drammatico di una disoccupazione di massa e di una povert di inedite
proporzioni, che si generava e propagava proprio a partire dalle realt pi sviluppate
del mondo capitalistico. Nel volgere di pochi anni erano crollate istituzioni
economiche e politiche che avevano garantito il funzionamento della societ nata dalle
rotture e dalle innovazioni del XIX secolo: il principio del mercato autoregolato, la
base aurea, lequilibrio tra le potenze e lo stato liberale.
I paesi che, in funzione antioperaia, rinvigorirono una peculiare vocazione disciplinare
nellorganizzazione delleconomia, del lavoro e della societ, si confermarono in
scelte che li avrebbero portati al consolidamento di regimi autoritari e dittatoriali. La
politica sociale venne in tal modo sviluppata in tutte le sue potenzialit di misura
compensativa di una repressione economica, sindacale e politica di inedite dimensioni.
Della protezione sociale si riscopriva tutta lefficacia di strumento di controllo sociale
e di consenso, destinato rapidamente a sostituire le fragili istituzioni di democrazia
politica e industriale.
Per contro, i paesi che furono indotti a ritrovare le ragioni di una pi forte solidariet
sociale avviarono a sperimentazione nuove forme di regolazione, nel tentativo di dare
risposta contestuale alle sfide della sicurezza sociale, della democrazia e dello
sviluppo. Si scopriva cos che il potenziale di crisi insito nelle fratture della societ
poteva essere trasformato in una risorsa a disposizione del sistema politico per forzare
posizioni di stallo ed equilibri consolidati.
2 La risposta dei regimi fascisti
In un clima politico sempre pi favorevole alla restaurazione dellordine e alla
violenza risanatrice, il fascismo si materializzava come possibilit politica di
dislocazione del potere al di fuori delle istituzioni democratiche.
Nei paesi nei quali si afferm lingresso nellesecutivo dei partiti fascisti si ebbe una
sostanziale restituzione di potere agli attori istituzionali e agli interessi che ne avevano
promosso laffermazione: nellintesa che sarebbe stata drasticamente contenuta la
spinta livellatrice e modernizzante connessa allespansione delle funzioni di stato, con
effetti che le forze economiche reputavano altamente perniciosi.
utile distinguere due fasi:
FASE LIBERISTA (1922-1925): la violenza squadristica e lautoritarismo degli
apparati istituzionali furono posti al servizio di politiche di normalizzazione, volte a
risarcire gli agrari e gli industriali dellappoggio decisivo fornito al partito fascista nei
processi di mobilitazione che spianarono la strada al governo. Lobiettivo era di
arginare linterventismo dellultimo stato liberale, considerato alla stregua di una
incongrua risorsa di potere e di legittimazione posta nelle mani dei socialisti e delle
forze che ne avevano blandito il consenso.
Contro un uso partigiano e distorto delle prerogative dello stato si disponevano
interventi di riprivatizzazione industriale, di defiscalizzazione e di riduzione dei salari.
Alle politiche di risanamento del bilancio doveva corrispondere, quantomeno sulla
carta, un simmetrico disimpegno dello stato delle politiche sociali pi onerose.
Tuttavia, la crudezza della repressione sindacale e politica e lentit dei sacrifici
imposti in ambito economico e lavorativo consigliarono al governo di non infierire sul
terreno delle protezioni sociali accordate ai lavoratori industriali.
Viceversa, il debito politico contratto nei confronti degli agrari impose una puntigliosa
revisione in senso restrittivo di tutta la legislazione giolittiana: lintento era di
compito delle forze conservatrici, che si venivano nel frattempo coalizzando per
contrastare le violazioni della libert dimpresa e della propriet privata imputate al
socialismo roosveltiano.
Nel 1935 Roosevelt si risolse a compiere una pi netta scelta di campo, fino ad allearsi
con i movimenti e i settori della protesta radicale. Nello stesso anno il governo giunse
a patrocinare la nascita di un nuovo sindacato industriale, destinato ad organizzare le
masse operaie sino ad allora prive di rappresentanza.
Nellambito delle relazioni industriali, il Wagner Act venne a sostituire il NIRA, nel
frattempo abrogato dalla Corte Suprema per violazione della legge antitrust. La nuova
legislazione riconosceva come illegale ogni pratica antisindacale, dettava nuove regole
di democrazia industriale, e soprattutto affermava il diritto alla contrattazione
collettiva, istituendo una formale istanza di arbitrato dei conflitti da lavoro destinata a
diventare la base di una nuova e pi stretta collaborazione tra sindacato e
amministrazione. Un successivo provvedimento legislativo istitu lorario di lavoro di
40 ore settimanali e impose la retribuzione minima di 50 centesimi lora.
Nel 1935 venne varato il Social Security Act (SSA). Il nucleo essenziale del
provvedimento era costituito da un embrionale impianto di assicurazione obbligatoria
contro i rischi di invalidit, vecchiaia e superstiti, riservato alle pi importanti
categorie del lavoro dipendente privato e ai lavoratori autonomi con reddito inferiore
ad una soglia predeterminata.
Tutte le pi radicali innovazioni del New Deal, nel periodo tra il 1935 e il 1937, videro
la luce in un orizzonte sempre pi conflittuale. Alloffensiva innescata dagli interessi
colpiti o minacciati dalle riforme faceva eco un crescendo di mobilitazione e
conflittualit operaia, mentre in ambito industriale si diffondevano scioperi e
occupazioni volte ad ottenere migliori condizioni di lavoro ed il rispetto del Wagner
Act. Nel momento in cui gli imprenditori giunsero a valersi della reazione violenta
delle forze di polizia maturarono infine le condizioni per una rottura della
collaborazione tra sindacati e governo. Nel 1937 il ricompattamento tra ceti medi e
classi dirigenti offr allo schieramento conservatore una forza sufficiente a
condizionare, anche dal Congresso, le future scelte del presidente.
Linvoluzione del secondo New Deal si manifestava con costi sociali non indifferenti.
Anche le conseguenze economiche erano per di tutto rilievo. La ripresa era stata lenta
e difficile: solo nel 1937 si raggiunse la produzione del 1929, ma con 8-9 milioni di
disoccupati in pi. La vicenda del New Deal, per quanto emblematica la si possa
ritenere, resta unesperienza di sapiente gestione della crisi.
agente diretto dello sviluppo capitalistico, particolare accento stato posto sulla
necessit di sperimentare nuove formule di gestione corporata del conflitto;
sullespansione della spesa sociale e delle burocrazie del welfare; sulla diffusa
personalizzazione della leadership e sulla mobilitazione delle masse ai fini di
consenso.
Laffermarsi di processi per certi aspetti convergenti, in ragione dei comuni vincoli di
contesto, non fa che risaltare il fatto che per la prima volta incominci a legittimarsi un
progetto di integrazione sociale volto a sviluppare simultaneamente crescita
economica e inclusione.
Quanto allaspetto economico, la prima volta che esplicitamente si manifesta e si
giustifica un progetto di assorbimento del capitalismo nelle istituzioni, al di l
dellautonomia e della separatezza tra le due sfere, per tanto tempo postulata e difesa
dallideologia liberale. Caduta definitivamente lillusione di un aggiustamento
automatico e ottimale tra volume della domanda e dellofferta, tra saggio di interesse e
investimenti, occorreva reimpostare dalla radice il rapporto tra politica e mercato, tra
economia e stato.
Le dinamiche disgregative innescate nel 1929 avevano a tal punto delegittimato il
mercato da produrre una rottura di portata sistemica, per superare la quale si imponeva
una soluzione contestuale dei nodi dellaccumulazione e della legittimazione. E
paradossalmente la crisi non costituiva soltanto un vincolo, ma poteva anche essere
utilizzata per forzare le condizioni restrittive imposte dalla politica.
La condizione era che da un lato il movimento operaio fosse indotto a superare
posizioni di orgogliosa estraneit o di antagonismo conflittuale nei confronti delle
istituzioni; e dallaltro che le forze imprenditoriali si disponessero ad accettare il
nuovo ruolo dello stato come regolatore super partes dei processi economici, con
esplicite finalit di integrazione sociale.
In assenza di questi prerequisiti, anche una democrazia formalmente contrattata,
come quella di Weimar, era destinata a logorarsi nellindecisione e nella diffusione
pervasiva degli antagonismi, sino al collasso finale.