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Guy de Maupassant La rivolta degli oggetti (Qui sait?, 1890) Su questa terra siamo divisi in due categorie: quelli che hanno bisogno degli altri per distrarsi e venir intrattenuti, e che la solitudine fa soffrire e stanca come I’ascensione di un tremendo ghiacciaio o la traversata del deserto; e quel- li invece che con il prossimo si annoiano, si imbarazzano € si esauriscono, mentre !’isolamento li calma e permette loro di fantasticare liberamente. Io sono sempre stato un solitario, un sognatore, un filo- sofo. Non che rifiuti la compagnia, la conversazione, il pranzo con un amico, ma se questi durano troppo a lun- go vengo colto da una specie di vertigine, da un malessere intollerabile. Il risultato ¢ la mia grandissima affezione per gli oggetti inanimati che assumono per me limportanza di esseri reali: la mia casa, prima che succedessero i fatti che sto per raccontare, era diventata un intero universo in cui vivevo una vita solitaria e felice in mezzo a mobili e oggetti che contemplavo con tenerezza come volti amici. Avevo fatto costruire la mia dimora in un giardino isolato, e posto a dormire i miei domestici in un *padiglione in fondo al parco circondato da un alto muro. In questa ca- sa nascosta, sommersa dal fogliame dei grandi alberi, tra- scorrevo unesistenza cosi riposante che la sera rimanevo alzato a lungo per goderne ancora un poco la pace. Quel giorno tornavo a piedi dalla citta, dove mero recato 50 La rivolta degli oggetti ateatro. Era buio, ma talmente buio che distinguevo ap- pena la strada. Verso Puna di notte il cielo comincid a schiarire un poco, poi spuntd la malinconica falce dell’ul- timo quarto di luna. La luna crescente é chiara, allegra, di un lucido argento, la luna calante & rossastra, tetra, in- quietante. La sua luce é cosi sbiadita che quasi non crea ombre. Per la prima volta, scorgendo di lontano la massa cupa del mio giardino, sentii sorgere nel cuore un’inspiegabile an- sia. Quel buio d’alberi sembrava una tomba nella quale la mia casa giacesse sepolta. Apersi il cancello ed entrai nel viale a volta, fiancheggiato da cespugli fioriti, dai colori indistinti sotto quella pallida tenebra. Silenzio. Non so perché, ero terribilmente in- quieto, anche se non avevo paura; era il presentimento misterioso che coglie Puomo quando sta per assistere a qualcosa di inspiegabile? Quando fui pit vicino alla mia vasta dimora, con tutte le imposte chiuse, sentii il bisogno di concedermi qualche minuto prima di entrare. Cos} sedetti su una panca sotto le finestre del salotto. Stavo li, con la testa appoggiata alla parete e gli occhi spalancati nell’ombra, quando awvertii una specie di ronzio, che crebbe e crebbe fino a diventare un frastuono confuso che con certezza proveniva dall’in- terno della casa. Era piuttosto un’agitazione, come quan- do si spostano i mobili, facendoli strisciare sul pavimento. Applicai Porecchio all’imposta e non ebbi pit’ dubbi: un rumoroso disordine, anormale e incomprensibile, regnava nella mia casa. Immobilizzato dallo stupore, attesi. Attesi a lungo, senza saper che fare, col cuore in tumulto. Il rumore aumenta- va, si faceva violento, come una misteriosa rivolta. AlPimprovviso provai vergogna per la mia paura: scelsi dal mazzo di chiavi quella giusta, la infilai nella toppa e spa- lancai con violenza la porta, cosi che il battente andd ad urtare rumorosamente contro la parete. Il colpo risuond come una schioppettata, e in risposta venne, da tutte le stanze della casa, un assordante frastuo- 51 La rivolia degli oggetn no. Era uno scalpiccio incredibile, git: per i gradini della scala, sui pavimenti, sui tappeti, ma non uno scalpiccio di scarpe, di piedi umani, bensi come di stampelle di legno e di metallo che vibravano simili a sonagli. E improvwvisa- mente sulla soglia si present una poltrona, la grande pol- trona sprofondato nella quale usavo leggere, e se ne uscl dondolandosi. Attraversd il giardino seguita dalle quattro poltroncine del salotto, poi dai divani che si trascinavano sulle corte zampotte come coccodrilli, dalle sedie che sal- tellavano come capre e dagli sgabelli che trotterellavano come conigli. Quella visione mi sconvolse. Mi nascosi in una macchia dove mi accucciai, sempre seguendo la sfilata dei miei mobili che se ne andavano, chi lento e chi veloce, a se- conda del loro peso e della loro forma. Il mio grande pia- noforte a coda passd al galoppo come un cavallo pazzo, emettendo folli sonorita dal ventre. Gli oggetti pitt picco- li- spazzole, vasi, cristalleria — strisciavano come formiche sulla sabbia, dove il chiaro di luna ne traeva fosforescenze di lucciole. Gli *arazzi si allargavano sul terreno come piovre marine ea un certo punto vidi andarsene anche il mio scrittoio, portandosi via le lettere d'amore ¢ le fotografie di una vi- cenda che mi aveva fatto tanto soffrire! Lira fu pit forte della paura: mi buttai su di lui cercando di trattenerlo come fosse un ladro, ma quello non si fermd, anzi mi travolse nella sua corsa inarrestabile. Roto- lammo insieme lottando, ma fui trascinato nella sabbia mentre i mobili che lo incalzavano mi andavano calpe- stando e coprendo di lividi: infine passarono sul mio cor- po come una carica di cavalleria schiaccia un soldato ca- duto di sella. A stento, quasi impazzito dal terrore, riuscii a trarmi fuo- ri dalla fiumana, in coda alla quale zampettavano gli og- getti pid piccoli e modesti. Quando la casa fu completamente deserta, resa sonora dal vuoto, le porte sbatterono richiudendosi ad una ad una, con un frastuono disordinato e pauroso. La rivolta degli oggetti Allora fuggii correndo verso la citta, ¢ riuscii a calmarmi solo nelle strade ancora popolate da qualche nottambulo. Suonai a un albergo dov'ero conosciuto, dicendo d’aver perso il mio mazzo di chiavi. Mi tirai le coperte del letto sugli occhi, ma non riuscii a prender sonno. Alle sette bussd alla mia porta il mio cameriere che nel frattempo avevo fatto avvertire. Era sconvolto. «Stanotte € successa una disgrazia» disse. «Cioe?» «Hanno rubato i mobili della casa e tutto il resto, fino ai pitt piccoli oggetti.» Non mi tradii neppure per un istante. «Bisogna avvertire la polizia» dissi soltanto. Linchiesta durd cinque mesi, ma nulla venne scoperto, né i ladri né gli oggetti scomparsi. Se avessi rivelato quello che avevo visto, avrebbero rinchiuso me, come pazzo, an- tiché i ladri. Seppi tacere. Perd non volli pit: tornare nella mia casa. A che valeva riarredarla? Tutto sarebbe ricominciato. Ma i miei nervi erano scossi e i medici mi consigliarono di viaggiare, di lasciare Parigi. Attraversai tutta [Italia e passai in Africa dove il gran de- serto giallo & sereno, percorso da cammelli, gazzelle e ara- bi vaganti, e dove nell’aria trasparente nessuna ossessione fluttua né di giorno né di notte. Ma appena tornato in Francia sentii che non ero comple- tamente guarito dalla mia ansia. Mi attardai ancora in Normandia, passando una settimana in unantica citta medioevale. Un pomeriggio stavo bighellonando in una stradetta oscu- ra, quando fui attratto da una serie di botteghe di *rigat- tiere, *sinistre sotto i tetti di *ardesia su cui stridevano an- cora le antiche banderuole di ferro. Stipati in fondo alle botteghe semibuie si ammucchiavano ceramiche, statue, crocifissi, madonne e santi e vecchi tabernacoli dorati. E in quel cimitero di mobili e oggetti antichi improvvisa- mente... mi apparve uno dei miei armadi “fuggiti”! Mi 53 La rivolta degli oggetti awvicinai tremando: era proprio lui, e un po’ pit lontano, celate nelle profonde tenebre della galleria, scorsi tre delle mie poltrone imbottite, e ancor piti lontano due mie ta- vole di gran valore. Avanzai, nonostante temessi di rimaner paralizzato dalla paura, eppure coraggiosamente avanzai come un cavaliere antico che entri nell’antro della magia. Ad ogni passo ri- conoscevo un lampadario, un libro, meno lo scrittoio cu- stode delle mie lettere preziose. Il negozio si snodava in bui corridoi come un labirinto, finché Poscurita fu totale, e io sedetti su una delle mie se- die, timoroso che mi sfuggisse, sempre gridando di tanto in tanto: «C’é nessuno?» Finalmente udii un rumore di passi strascicati e nella stan- za accanto si accese una pallida luce. «Chi &» chiese una voce. «Un cliente.» «Ormai é tardi.» «Ma io sono qui da tanto!» «Ripassi domani.» «Domani devo partire.» Silenzio. Nessuno si muoveva. Vedevo solo la luce rischia- rare debolmente un arazzo dove due angeli volavano so- pra un campo di battaglia. Anche quell’arazzo mi era ap- partenuto. «Venite voi qui» disse la voce. In mezzo alla stanza sedeva un omiciattolo minuscolo, di- sgustosamente grasso, pelato cosi completamente che la sua testa, alla luce della lampada, splendeva come una pic- cola luna. Gli occhi scomparivano nel gonfiore del volto. Pagai per tre sedie e dissi che me le portasse all’albergo lindomani. Appena uscito andai al commissariato. Le no- tizie che la polizia richiese nella mia citta confermarono il furto. «Bisogna arrestare subito quell’uomo» disse il commissa- rio. «Pud essersi insospettito e fino a domani pud far scomparire la vostra roba. Tornate fra due ore.» La rivolta degli oggetti Tornai, ma trovai il commissario desolato. «Il vostro uo- mo @ scomparso» disse. «La bottega @ sbarrata. Ma l’apri- remo con la forza e mi indicherete gli oggetti che vi ap- partengono.» Nella bottega pero non v'era traccia di quanto avevo visto solo poche ore prima. Il commissario cominciava a guar- darmi con diffidenza. AlPalbergo trovai questa sconvolgente missiva del mio giardiniere: Signore, 2 avvenuto questa notte un fatto stranissimo, che nessuno é in grado di spiegare. Tutti i vostri mobili sono improvvisamente tornati e ogni oggetto é stato ritrovato al suo posto. I viali so- no segnati da impronte diverse, proprio come il giorno del furto. Ce da perdere la testa. Vi aspettiamo per disposizioni. II vostro umilissimo servo Raudin Philippe No, non tornerd pitt nella mia casa, non assisterd a nuove stregonerie, Anzi, me ne stard nascosto. Forse solo in una clinica saré al sicuro. La certamente non potra mai ritro- varmi il mostro dal cranio di luna. G. de Maupassant, Paura! Racconti col brivido, adattamento di D. Ziliotto, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano

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