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novamento della societ in cui opera e degli uomini che in essa lavora no.

E sono le azioni e gli investimenti, molto consistenti anche sul piano


economico, realizzati da Adriano Olivetti per concretizzare la sua
visione del ruolo della fabbrica nella societ che rappresentano la vera
discontinuit rispetto agli imprenditori dell'epoca e che gli sono valsi
l'etichetta di "imprenditore rosso". Per citare solo alcuni esempi di tali
contropartite: gli investimenti culturali (Olivetti istituisce la prima
biblioteca aziendale e organizza in azienda concerti e mostre d'arte), i
servizi sociali d'avanguardia, il rispetto dell'ambiente rurale, la riduzione
dell'orario di lavoro (finalizzata, tra l'altro, a consentire ai lavoratori di
conciliare il lavoro di fabbrica con la cura della campagna),
l'investimento nello sviluppo urbanistico della citt e del territorio in
cui la fabbrica collocata, l'architettura e la forma degli spazi fisici, i
salari elevati (con una inedia del 20% in pi degli stipendi erogati dalle
aziende del settore).
Nella visione di Olivetti, l'attuazione dell'idea di uno sviluppo industriale capace di garantire la soddisfazione delle esigenze sociali e il
rispetto dell'ambiente, realizzando quello che oggi definiremmo
un'azione di 'responsabilit sociale dell'impresa', costituisce la principale contropartita in grado di giustificare e rendere accettabile l'asse gnazione di un lavoro di per s povero di senso, ripetitivo e fortemen te
costrittivo come quello progettato, anche nelle fabbriche olivettiane,
applicando i principi tayloristici.
Sul piano dei "correttivi" tra le scelte di organizzazione del lavoro vanno
citate, da un lato, alcune misure volte ad attenuarne gli effetti pi costrit tiri e, dall'altro, una serie di attivit dirette al sostegno e rafforzamento
delle capacit e del morale dei dipendenti e all'intervento terapeutico per
far fronte ai danni e ai deterioramenti psicofisici della salute dei lavorato ri, provocati dalla razionalizzazione del lavoro tayloristico.
Sono queste azioni che segnano l'ingresso del movimento delle
"Relazioni Umane" in Olivetti gi nei primi anni Cinquanta, che pro seguir e si svilupper nei due decenni successivi, e testimoniano anco ra
una volta la capacit dell'imprenditore di saper cogliere le innovazioni
organizzative prodotte a livello teorico e applicate altrove (oltreoceano
e nei paesi nordici) e la volont d'importarle in Italia e sperimen-

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dubbio potenzialmente vastissimo e crescente ogni giorno. Ma, per


raggiungere prezzi accettabili e soddisfare questa domanda potenziale,
necessario organizzare capacit produttive sufficientemente ampie,
siano queste costituite da singole imprese d grandi dimensioni o da
knowledge COMMilli&S di imprese pi piccole. E questa la sfida dell'oggi,
questo il terreno su cui l'esperienza di Adriano Olivetti pu aprirci la
via verso la scoperta e il recupero di tesori imprenditoriali dimenticati
e nascosti, ma profondamente attuali e vitali.

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