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Il licenziamento discriminatorio

Il nostro ordinamento tutela il lavoratore anche dal cd. licenziamento discriminatorio, ossia dal
licenziamento intimato da ragioni di credo politico o di fede religiosa, dallappartenenza ad un
sindacato o dalla partecipazione allattivit sindacale, tra cui compresa la partecipazione del
lavoratore ad uno sciopero, nonch da ragioni razziali, di lingua o di sesso, di handicap, di et o
basate sullorientamento sessuale o sule convinzioni personali del dipendente.
Il recesso effettuato dal datore di lavoro per questi motivi sempre stato considerato nullo, a
prescindere dalla motivazione formale che viene addotta dal datore stesso. In tale caso, il
lavoratore poteva chiedere la tutela prevista dal vecchio testo dellart. 18 S. L. (reintegrazione e
risarcimento integrale del danno) anche al di fuori del campo di applicazione di tale norma.
A seguito della legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro il licenziamento discriminatorio
espressamente contemplato dal nuovo disposto dellart. 18 S.L. ed uno dei pochi, specifici, casi
in cui pu ancora essere applicata la tutela reintegratoria piena.
Infatti, qualora, il giudice accerti che il licenziamento stato intimato per una delle ragioni elencate
pi sopra, deve ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro e condannare il datore al pagamento
dellintegrale risarcimento del danno, in misura pari alle mensilit di retribuzione che il lavoratore
avrebbe dovuto percepire dalla data del licenziamento a quella delleffettiva reintegra, oltre al
pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Da tale risarcimento deve essere dedotto solo quanto percepito effettivamente per lo svolgimento
di unaltra attivit lavorativa. Esso non pu essere comunque inferiore a cinque mensilit.
opportuno precisare che la tutela accordata in caso di licenziamento discriminatorio opera in
ogni caso.
Questo significa, da un lato, che essa applicabile quale che sia il numero di lavoratori addetti
allimpresa (quindi anche alle piccole imprese) e, dallaltro, che opera indipendentemente dal
motivo formalmente addotto dal datore di lavoro a giustificazione del licenziamento.
Questultimo punto richiede una valutazione particolarmente accurata: , infatti, necessario
verificare con attenzione che il datore di lavoro non abbia usato una ragione oggettiva (come
quella tecnico- organizzativa) per nascondere, nella realt, ragioni discriminatorie, in quanto
fondate sulla diversit del singolo soggetto che ha subito il licenziamento. Tale valutazione, come
accennato, dovr essere opportunamente effettuata non solo e non tanto comparando la
situazione di tale soggetto in quanto inserito nel gruppo, ma anche e soprattutto considerando di
per stessa la sua singola situazione.

ROMA, 22 GIUGNO 12- Il Tribunale di Roma condanna la Fiat per discriminazione sindacale in
fase di assunzione: 145 lavoratori con la tessera del sindacato Fiom dovranno essere assunti. La
causa stata intentata circa 2 anni fa dalla Fiom sulla base di una normativa specifica del 2003
che recepisce unimportante direttiva europea sulle discriminazioni sindacali.
Il fatto. Levento che ha scatenato la causa Fiom contro Fiat nasce nel passaggio tra la vecchia
Pomigliano e la Newco Fabbrica Italia Pomigliano: su 2.093 operai assunti da questultima
nessuno risulta iscritto alla Fiom. Secondo studi statistici, la possibilit che ci accadesse
casualmente era di una su dieci milioni. Pertanto, il segretario generale della Fiom, Maurizio
Landini, ha agito contro Fiat per conto di tutti i lavoratori iscritti al sindacato (382). Lazione
antidiscriminatoria pu essere promossa dai diretti discriminati e se la discriminazione collettiva
dallente che li rappresenta, spiega il legale della Fiom. Il giudice ha ordinato lassunzione di 145
di questi lavoratori con la tessera di metalmeccanici Cgil, mentre 19 operai, che hanno agito in
giudizio individualmente, hanno ottenuto 3000 euro di risarcimento del danno.
Il diritto. La normativa di riferimento sulle discriminazioni sindacali attuate dal datore di lavoro
contenuta nel Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216, in attuazione della direttiva 2000/78/CEper
la parit di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Il decreto prevede
proprio una serie di tutele giurisdizionali per far valere il principio di parit di
trattamentoaddirittura in fase di accesso al lavoro, dunque in fase di assunzione. Per principio di
parita di trattamento si intende lassenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa
della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, delleta o dellorientamento sessuale.
Ed ecco appunto che tra le convinzioni personali possiamo annoverare lappartenenza ad un
sindacato o ad un gruppo politico. Unaltra novit importante introdotta dal decreto che il
ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio
danno, puo dedurre in giudizio degli elementi basati su dati statistici, come avvenuto nel caso
della Fiom, che ha riportato gli studi di uno statista inglese rivolti a dimostrare che lassunzione di
operai non iscritti al sindacato non era casuale. Infine, occorre sottolineare che il giudice cui
stato presentato il ricorso pu riconoscere il risarcimento del danno ( come nel caso degli operai
che hanno agito individualmente), nonch la cessazione del comportamento discriminatorio, e la
rimozione degli effetti cosa avvenuta nel caso dei 145 lavoratori per cui stata ordinata
lassunzione.

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