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INDICE

INTRODUZIONE pag.

CAPITOLO PRIMO

PSICOLOGIA SCIENTIFICA

10

1.1. Psicologia: breve excursus storico..

10

1.2. Psicologia come disciplina autonoma.

18

1.3. Psicologia come scienza..

28

1.3.1. Lindagine in Psicologia.

34

1.3.2. Metodi non sperimentali..

43

1.3.3. Metodi sperimentali.

50

CAPITOLO SECONDO

IL SISTEMA NERVOSO: CENNI SULLORGANIZZAZIONE


MORFOFUNZIONALE...

62

2.1. Introduzione pag. 62


2.2.

Studi sul cervello e sulla localizzazione


delle sue funzioni...

64

2.3. Anatomia del sistema nervoso.

70

2.3.1. La cellula nervosa

70

2.3.2. Sistema nervoso centrale e


sistema nervoso periferico

71

2.4. Studi sugli effetti delle lesioni cerebrali...

77

2.4.1. Lesioni ai lobi occipitali-parietali

78

2.4.2. Lesioni ai lobi temporali..

81

2.4.3. Lesioni ai lobi frontali..

84

2.5. Studi sul cervello diviso

87

CAPITOLO TERZO

ASIMMETRIE MORFOFUNZIONALI NEI VERTEBRATI


INFERIORI E SUPERIORI.

100

3.1. Introduzione..

100

3.2. Pesci, anfibi e rettili

104

3.3. Uccelli.

110

3.4. Topi e ratti...

117

3.5. Altri mammiferi

125

3.6. Primati non-umani...

130

3.6.1. Asimmetrie morfofunzionali


nei primati non-umani.

132

3.6.2. Asimmetrie morfofunzionali


nei primati umani

136

3.6.3. Luomo e i suoi progenitori diretti..

140

3.7. Teorie sulla lateralizzazione

145

PSICOLOGIA SCIENTIFICA.

1.1. Psicologia: breve excursus storico.


Se si vuole indagare la nascita della psicologia, come scienza
autonoma, ci si rende conto che le radici profonde si trovano in
tempi lontani risalenti alle antiche civilt. Gi i Greci, infatti,
nutrivano un forte interesse per lo studio delluomo, delle sue
attivit e del suo rapporto con lambiente. Ippocrate (469-431 a. C.)
studiava il cervello, considerandolo la parte pi potente del corpo, e
gli organi di senso, che, secondo la sua indagine, agivano in
dipendenza da esso. Le sue idee precorrevano quelle di Aristotele,
che considerava luomo parte della natura e, dunque, da indagare
con luso di metodologie adottate dalle scienze naturali.
Tutto ci faceva gi pensare ad un eccelso sviluppo delle
scienze incentrate sullo studio dellessere umano, ma il periodo
romano e, ancora di pi, il Medioevo bloccarono sul nascere gli
interessi attorno alluomo. Secondo le concezioni del tempo, infatti,
alla testa del mondo vi era Dio e da lui discendevano direttamente
luomo e tutte le sue componenti; inutile appariva, dunque, uno

studio dellanima o delle forme di vita sociale. Soltanto sul finire


del XIV secolo lo scenario incominciava a mutare: simponevano
dei concetti, caratteristici del periodo rinascimentale,

che

rivalutavano luomo inteso come membro attivo della natura; certo


si era ancora lontani dal farne un oggetto di studio, visti gli interessi
che circolavano per magie, alchimie e costellazioni, ma le barriere
erette dal pensiero cristiano cominciavano a sgretolarsi. Sulla scena
rinascimentale operavano ancora maghi ed astrologi, ma vicino era
il trapasso da questi ai moderni scienziati.
Un primo passo verso tale cambiamento si ebbe grazie a
Cartesio (1596-1650); le idee del filosofo francese rappresentano,
infatti, una pietra miliare per la nascita di una scienza delluomo.
Ren Descartes svilupp i temi fondamentali del Rinascimento, (il
riconoscimento

della

soggettivit

umana

lesigenza

di

approfondirla e chiarirla con un ritorno a se stessa, il


riconoscimento del rapporto delluomo col mondo e lesigenza di
risolverlo in favore delluomo) e li pose come nuovi problemi in cui
fossero coinvolti assieme luomo come soggetto e il mondo
oggettivo. In sintesi, ci che fondamentale ricordare della sua
teoria, , in primo luogo, la distinzione tra res cogitans e res

extensa, in altre parole tra anima pensante e corpo, inteso come


macchina e, in secondo luogo, la dottrina delle idee innate.
Il dualismo cartesiano, ponendo laccento sulla separazione
tra materia e spirito, che comunque interagiscono a livello della
ghiandola pineale, spazz via problemi religiosi che potevano
riguardare la res cogitans ma non la res extensa. Il corpo fu inteso
come una macchina perfetta che funziona autonomamente;
questidea diede un impulso notevole alle ricerche anatomiche e
fisiologiche e demol le barriere che impedivano di studiare luomo
con gli strumenti della scienza.
Tutto ci si consolida con la dottrina delle idee innate: per il
filosofo francese, oltre le idee dei sensi, della memoria che nascono
dal rapporto mente-realt, e oltre quelle costruite direttamente dalla
mente, vi sono le idee innate che nascono allinterno delluomo.
Proprio grazie a loro possibile, ancora di pi, una totale
indipendenza tra il corpo e la mente; infatti, la mente non ha
bisogno del corpo per esplicare la sua azione, visto che essa
possiede gi, in modo innato, i principi che le permettono di
funzionare.

Manca ancora molto, evidente, perch si abbia una scienza


delluomo, con le caratteristiche che oggi le riconosciamo, ma tanti
furono i cambiamenti che fornirono il loro prezioso contributo al
formarsi di detta scienza.
Il pensiero cartesiano si diffuse rapidamente e variegate
furono le reazioni tra gli studiosi. Nacquero, cos, correnti di
pensiero che approvavano o rifiutavano parti della teoria di
Cartesio: in Inghilterra, gli empiristi, con Locke (1632-1704), si
opposero

fermamente

alla

dottrina

delle

idee

innate,

contrapponendovi lintelletto, termine adoperato per la prima volta;


esso rappresentava, nelluomo, la facolt di cogliere lambiente
attorno. Importantissimo tale concetto, dal momento che la
discussione non sincentrava pi sullessenza della mente, ma sui
suoi processi, eliminando cos vecchie dispute metafisiche
strettamente legate alla natura della mente. Comparivano, allora,
nuovi orizzonti: interessi rivolti sia verso i processi propri
dellintelletto, sia verso i rapporti mente-corpo. Un esempio
significativo di tali indagini, lo abbiamo con Hume (1711-1776) che
descrisse le associazioni tra le idee come processi fondamentali

dellintelletto, ossia una dolce forza che comunemente simpone


facendo che la mente venga trasportata da unidea allaltra.
Un medico, Hartley (1705-1756), sinteress dei rapporti
mente-corpo, rifacendosi alle idee dei suoi contemporanei. La sua
teoria in particolare, derivava le associazioni mentali da vibrazioni,
che gli oggetti esterni provocavano al sistema nervoso attraverso gli
organi di senso. Molti altri furono gli associazionisti di quel periodo
che diedero il loro contributo per la nascita di una psicologia
scientifica. Naturalmente, anche altre nazioni svilupparono teorie,
analoghe o contrastanti di enorme importanza.
In

Francia,

Condillac

(1715-1780)

abbandon

deliberatamente il problema metafisico dellessenza delluomo per


dedicarsi ad uno studio scientifico dei processi psicologici,
paragonando luomo agli animali.

Fu Buffon (1707-1788) ad

inserire concretamente luomo nel cosiddetto regno animale,


proponendo una storia naturale delluomo che vedeva lessere
umano parte integrante della natura, da studiare in toto al di l delle
implicazioni metafisiche sulla sua essenza. Ed ancora si debbono
menzionare i contributi di La Mettrie (1709-1751) per il quale il
cervello ha i suoi muscoli per pensare come le gambe hanno i loro

per camminare, e lanima non altro che la molla principale di


tutta la macchina, ma che si governa per volont del corpo; di
Cabanis (1757-1808), per il quale, invece, non vi dipendenza del
corpo dallanima: fisico e morale sono collegati strettamente, ma
poli opposti di ununica dimensione. Da menzionare limportanza
che in questa teoria si attribuisce al sistema nervoso: il morale
funzione del cervello ed principio regolatore del fisico. Anche se
non si possono certo considerare irrilevanti queste teorie, fu la
Germania del settecento a rappresentare il luogo adatto per colmare
le distanze esistenti tra le varie correnti di pensiero, sia in campo
filosofico che scientifico. Fondamentale fu il contributo di Kant
(1724-1804), nel dare un impulso decisivo agli studi psicologici, e
decisivo quello del suo successore, Herbart (1766-1841); mentre
Kant favor il superamento della disputa tra razionalisti ed empiristi
e della distinzione tra psicologia razionale ed empirica, proposta da
C. Wolff (1679-1754), assertore dellesistenza di una psicologia
propriamente detta, Herbart fu il primo ad affermare che la
psicologia scienza. Questi parl di una scienza metafisica e non
sperimentale in quanto una scienza sperimentale necessariamente
analitica mentre la mente per natura unitaria; una scienza

autonoma, dunque, non subordinata n alla filosofia n alla


fisiologia. La sua psicologia si fondava soprattutto sulla matematica
e da ci derivava la necessit di una misurazione dei fatti psichici;
entrava cos in scena laspetto quantitativo, che, se non ebbe una
trattazione soddisfacente da parte di Herbart, si propose come
nuovo elemento da considerare successivamente. Luomo giusto per
tale approfondimento fu un fisico, Fechner (1801-1887), grazie al
quale si aggiunse un tassello importante per la fondazione di una
psicologia scientifica; partendo dallassunto dellidentit tra spirito
e materia, simpegn a ricavare una legge che stabilisse il rapporto
tra gli aumenti di energia corporea e gli aumenti di energia mentale
e riusc nel suo intento con la formulazione della legge di Weber e
lo sviluppo di tre metodi di misurazione, che si rivelarono
essenzialmente psicologici ma atti ad esprimere quantitativamente
fenomeni psichici. Nasceva, dunque, la psicofisica. Appare evidente
quanto fu determinante in quel periodo lapporto di altre scienze
alla nascita della psicologia scientifica: la fisiologia fu sicuramente
quella che vi contribu maggiormente, basta infatti ricordare i tributi
di Bell (1811) e Magendie (1822), che dimostrarono lindipendenza
delle vie sensorie dalle vie motorie; di Muller (1834) che con la

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legge dellenergia nervosa specifica deriv la qualit delle


sensazioni non gi dal tipo di stimolazione che si esercita sugli
organi di senso, ma dal tipo di organi di senso che vengono
stimolati; ed infine del fisiologo Helmholtz (1821-1894), che
approfond la distinzione di Muller, suo maestro, eliminando
definitivamente la confusione tra soggetto che percepisce e cosa
percepita.
I tempi erano maturi e questo percorso avviatosi dallantica
Grecia e sviluppatosi nel corso degli anni, port alfine alla nascita
dello studio specifico dei processi psichici: a Lipsia, nel 1879, ad
opera di W. Wundt (1832-1920), veniva fondato il primo Istituto di
psicologia.
Questo scienziato ricordato in tutti i manuali di psicologia
come colui che scorpor la psicologia dalle altre discipline, in modo
particolare dalla filosofia, conferendole un proprio statuto teorico e
definendone sia oggetto dindagine sia metodologia. Certo Wundt
non invent dal nulla tutto ci, ma ebbe il gran merito di saper
sintetizzare mirabilmente gli sforzi e i risultati che lavevano
preceduto, s da costituire la psicologia come scienza indipendente.
1.2. Psicologia come disciplina autonoma

11

Wundt considerato il primo psicologo, il primo maestro di


questa nuova disciplina; riusc a superare tutti gli ostacoli che per
anni avevano impedito listituzione di una dottrina scientifica
svincolata dalle altre ed a portare a compimento un lungo e faticoso
percorso che si era sviluppato, negli anni, tra tante controversie.
Secondo Marhaba (1976) il principale metodo di Wundt fu quello di
aver codificato con estremo rigore il metodo sperimentale
nellambito dellindagine psicologica, insistendo per primo
sullimportanza dellaccurata identificazione, dello stretto controllo
e della precisa quantificazione delle variabili psichiche e
polemizzando con chi trovava unincompatibilit di fondo fra
ricerca psicologica e sperimentazione in laboratorio(Legrenzi,
1982). Tutto ci era sempre mancato alla psicologia, a causa della
complessit del proprio oggetto di studio: la coscienza umana, e
quindi lanima, da sempre considerate manifestazioni della vita
spirituale e, come tali, non sottomesse alle stesse leggi che
regolavano la materia; non si poteva, dunque, avvicinarsi ad esse
con linterpretazione causale tipica della ricerca scientifica; solo
l'autosservazione

lintrospezione

potevano

descrivere

le

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espressioni di un mondo particolare, lontano dal mondo materiale,


queste erano, per, incapaci di fornire una descrizione oggettiva e
scientifica.
Per questo motivo, si era delineata una divisione in due
campi della psicologia: la psicologia scientifica, naturale in grado
di studiare le cause dei processi psichici inferiori e di fissarne le
leggi oggettive, e la psicologia descrittiva o soggettiva, incentrata
sulle forme superiori della vita cosciente delluomo, ossia le
manifestazioni del suo spirito (Luria, 1985). Furono prodotti pi e
pi tentativi per risolvere questa dualit, cercando di applicare allo
studio dei processi psichici la metodologia scientifica propria delle
scienze naturali. Durante i suoi primi passi di vita, la psicologia
ancora contraddistinta dallapproccio dualistico; lo stesso Wundt
vive le contraddittoriet di tale impostazione, da un lato
contrapponendosi alla tradizionale psicologia dellintrospezione,
definendo gli eventi mentali oggettivamente conoscibili e
misurabili, dallaltro conferendo allintrospezione lo status di
metodo psicologico privilegiato.
La lezione wundtiana fu appresa e sviluppata, soprattutto dal
suo allievo Titchener (1867-1927), il quale elabor un sistema

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rigoroso e coerente, lo strutturalismo, per il quale la psicologia al


pari della fisica; la sola differenza risiede nel fatto che lesperienza
studiata dalla prima disciplina dipende dal soggetto, mentre quella
studiata dalla seconda totalmente indipendente. Questo non
impediva, ad ogni modo, allindagine psicologica di descrivere gli
elementi della coscienza e di formulare le leggi che li regolano;
mentre, infatti, la fisica procedeva per mezzo dellispezione, la
psicologia adoperava lintrospezione, che non era pi quella del
passato, essendo ora sottoposta alle ferree regole del controllo
sistematico sperimentale (Marhaba, 1982).
Vi

furono

naturalmente

anche

delle

reazioni

agli

insegnamenti che giungevano da Lipsia, le quali realizzarono teorie


diverse: alla psicologia del contenuto, quella wundtiana, appunto, si
oppose la psicologia dellatto, ideata da Brentano (1883-1917), che
pose allorigine lattivit dello spirito. Altra reazione fu una
corrente di pensiero, la Psicologia della Gestalt (1912), che
considerata la risposta tedesca a Wundt, proprio per il tema
distintivo che adott, ossia un radicale antielementismo; esso
rappresent

chiaramente

unopposizione

alla

procedura

metodologica wundtiana che prevedeva la scomposizione di ogni

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fenomeno in unit semplici, preferendo al contrario, la forma totale,


la struttura, lentit organizzata. Non solo la Germania produsse
effetti diversi attorno al laboratorio di Lipsia: in Russia molti
studiosi

seguirono

le

impostazioni

sperimentali

tedesche,

affiancandovi una corrente materialistica che intendeva ridurre i


processi psichici a processi fisiologici. Ci riferiamo al fisiologo
Secenov (1829-1905), che considerava i processi psichici pi
complessi materiali e, dunque, da studiare come i fenomeni
naturali; ed a Bechterev (1857-1927), fondatore della scuola di
riflessologia, che poneva alla base di tutti i processi i riflessi e
credeva in una psicologia oggettiva e sperimentale, scevra da
riferimenti introspettivi e spiritualistici. Sempre in terra russa, non
si possono certo tralasciare le teorie di Pavlov (1849-1936) sui
riflessi condizionati, e limportante influenza che esse ebbero sui
successivi sviluppi della psicologia. Dagli esperimenti, infatti, che il
fisiologo svolse sui cani, giunsero indicazioni ben apprezzate dagli
americani: era plausibile fare delle ricerche sugli animali, visto che
si potevano controllare meglio alcune variabili concomitanti, si
poteva tenere in considerazione linfluenza dellesperienza passata,
vi era libert nelle procedure e si riusciva a manipolare lorganismo

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con maggiore facilit. Lanimale cominciava cos ad essere


considerato cavia da laboratorio, ottimo esemplare per giungere
anche alla conoscenza psicologica delluomo. In America molti
studiosi si dedicarono a tali ricerche, fra questi viene ricordato
Thorndike (1874-1949), per i suoi esperimenti condotti sui ratti
posti in labirinti. Fra tutti, emerse lopera di Yerkes (1876-1956),
che lavor con tartarughe, rane, scimmie, corvi, maiali; tale tipo di
psicologia comparata apr la strada ad un nuovo indirizzo
psicologico, che rappresent una vera e propria rivoluzione per le
concezioni del tempo, il comportamentismo.
Nel 1913 un articolo di J. B. Watson (1878-1958), in
America, port alla ribalta nuove concezioni che modificarono, in
modo efficace, la psicologia ed il suo oggetto di studio. Lo studioso
americano si accorse sia che, nella psicologia animale, non si
affrontavano difficolt grosse come quelle che si riscontravano
utilizzando lintrospezione, sia che quei metodi ben si adattavano
alla psicologia del bambino, e pose, dunque, laccento sui limiti
della

vecchia

metodologia

sulla

validit,

al

contrario,

dellosservazione dallesterno. Certo questo implic il cambiamento


delloggetto della psicologia; da sempre tale disciplina si era

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interessata allo studio dellanima, della coscienza, ora Watson


affermava che essa non poteva cogliere i dati della coscienza e
doveva, per questo, concentrarsi sui comportamenti umani
osservabili dallesterno, cos da porsi finalmente tra le scienze
biologiche. Non veniva negata lesistenza della coscienza, cosa che
alcuni erroneamente attribuivano a tale scienziato, ma questa era
considerata un concetto soggettivo non accessibile allanalisi
scientifica; e per tale motivo Watson si scagli principalmente
contro il metodo introspettivo, ritenendolo non scientifico, sia
perch losservatore sidentificava con losservato, sia perch le
cose di cui parlava lintrospezione non potevano esser viste
direttamente dagli altri. E chiaro che prendere come oggetto di
studio della psicologia il comportamento, anzich la coscienza,
signific poter usare dei metodi pi oggettivi, sempre sottoposti al
controllo.
Il comportamentismo simpose cos a livello mondiale, anche
se, ben presto, sorsero delle fratture, direttamente collegate alla
spiegazione meccanicista dei fenomeni. Tenendo conto, infatti,
della sola osservazione dallesterno e, dunque, di una descrizione
meccanicistica, gran parte delle forme complesse, tipiche

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delluomo, sarebbero rimaste fuori dal campo dindagine. Si sent il


bisogno di analizzare anche i processi psichici complessi, con una
psicologia

scientifica

che

adoperasse

metodi

scientifici.

Contemporaneamente, sorsero delle altre scuole che curavano


aspetti diversi; Freud (1856-1939) approfond il campo della
psicologia clinica, segnando la nascita della psicoanalisi, che
rappresent, e rappresenta ancor oggi, sia una tecnica esplorativa
con scopi terapeutici, sia un modello interpretativo e teorico della
vita psichica umana. Si present come la psicologia del profondo,
con un impianto teorico autonomo rispetto alle scienze naturali,
capace di comprendere e spiegare i fenomeni psichici. Altro
personaggio di gran rilievo fu certamente Piaget (1896-1980), il cui
merito maggiore fu quello di volere reintrodurre la problematica
psicologica in un quadro filosofico, s da renderla indipendente dal
metodo sperimentale dei comportamentisti; a Piaget si deve lo
studio della psicologia dellinfanzia, che si poteva realizzare
soltanto nella prospettiva di una psicologia genetica, ovvero delle
tappe successive attraverso le quali si verifica il passaggio dalle
forme pi elementari a quelle pi complesse del comportamento.
Piaget adoper un metodo osservativo e descrittivo, il colloquio

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clinico, che gli permise di cogliere aspetti importanti del


ragionamento infantile. Frattanto si cercavano delle soluzioni ai
problemi posti dalle angustie del modello stimolo-risposta. In che
modo unire lo studio dei processi psichici al metodo oggettivo della
psicologia scientifica? Per un grande psicologo russo, di quei tempi,
Vygotskij (1896-1934) gli oggetti della ricerca psicologica
dovevano essere le forme superiori dellattivit cosciente, la
definizione del loro nascere e lindividuazione delle leggi oggettive
alle quali loro sono sottomesse, ma affrontandole dal punto di vista
dellanalisi scientifica (Luria, 1985).
Lunica via per dare una spiegazione delle funzioni psichiche
delluomo era rappresentata necessariamente dal superamento dei
limiti posti dallorganismo, e dal cercare le loro vere origini nella
storia sociale dellumanit. Si pu, dunque, mettere in risalto il gran
fervore culturale presente in quegli anni, che, in realt, celava
quello che sarebbe avvenuto di l a poco, la rivoluzione cognitivista.
Il cognitivismo oramai considerato una diretta filiazione del
comportamentismo, poich i suoi esponenti pi importanti si
ritennero sin dallinizio, dei comportamentisti, che vivevano, per,
una nuova fase detta ceno-comportamentismo. Le prime avvisaglie

19

di cambiamento radicale si ebbero con Hebb (1947-1972), il quale


present un nuovo modo di concepire il rapporto tra sistema
nervoso

comportamento.

Alcune

strutture

interne

che

permettevano al soggetto di non associare subito ad uno stimolo S


una reazione R, ma di comportarsi disponendo di stimoli e risposte
interne, avrebbero dato una nuova interpretazione al ruolo svolto
dal cervello, che la tradizione comportamentista concepiva appena
come un modello logico, lontano da una struttura neurofisiologica.
Per la prima volta, lattenzione si rivolse ai processi realizzati
allinterno dellindividuo, visti in base ad un modello logico di
svolgimento dei processi mentali. La preoccupazione di questa
corrente di pensiero, non fu quella di identificare gli elementi del
modello, ma di possedere uno schema valido sul piano logico. I
modelli si sostituirono cos alle ampie teorizzazioni, incapaci di
rendere giustizia alla complessit del comportamento (Luccio,
1982). I cognitivisti ritennero che i modelli fossero una
rappresentazione semplificata della realt, in grado di spiegare ogni
singolo comportamento, in ogni minimo dettaglio. Oltre a queste
caratteristiche peculiari del cognitivismo, bisogna ricordare che non
fu mai una scuola, non ebbe un vero e proprio manifesto che ne

20

sanc la nascita. Molti ritengono che la storia del cognitivismo pu


dirsi incominciata con gli esperimenti di Craik (1947) che
concepiva luomo come servo-meccanismo. Da tali esperimenti,
risult che luomo poteva essere concepito come un elaboratore di
informazioni: luomo aveva un tipo di funzionamento discreto, il
meccanismo decisore era unico, e non potevano essere eseguite pi
cose alla volta (Luccio, 1982). A conferma di ci, nel 1956, un
articolo di Miller dimostrava lesistenza di un limite severo al
funzionamento dei processi cognitivi delluomo, ossia nella quantit
di informazioni che si possono elaborare per volta. Miller fiss tale
limite in sette pezzi di informazioni alla volta, pi o meno due,
secondo il compito eseguito. Da quegli anni molto tempo passato
e fu lo stesso Neisser (1967) a muovere delle critiche al
cognitivismo, ritenendo che lattenzione cognitivista si era
eccessivamente concentrata sugli esperimenti di laboratorio,
lasciando poco spazio allo studio della vita di tutti i giorni; ed in pi
credette che il miglioramento delle ricerche, dal punto di vista della
modernit e dellingegno, fosse fine a se stesso, in quanto esse
erano sempre meno rivolte a comprendere il funzionamento
delluomo. Si assistette cos ad unennesima crisi che signific

21

disgregazione allinterno del cognitivismo; sulla scia delle critiche


di Neisser, si svilupp una nuova linea, detta ecologica, alla quale si
oppose la cosiddetta scienza cognitiva; gli esponenti dellindirizzo
ecologico si caratterizzano per un netto rifiuto dellanalogia uomocalcolatore, i sostenitori della scienza cognitiva accentuano
limportanza dellintelligenza artificiale. Un dato comune ai due
approcci si riscontra, sicuramente, in un pi ampio respiro teorico e
in un maggiore interesse per gli aspetti pi abituali delluomo e del
suo comportamento.

1.3. Psicologia come scienza.

Seguendo lo sviluppo e il successivo affermarsi della


psicologia come scienza, ci si rende conto di come tale processo sia
stato complesso e caratterizzato da varie sfaccettature. La
spiegazione di ci, risiede nel fatto che seppure la scienza in s ha
delle caratteristiche chiare e definite, essa , in ogni caso, un
fenomeno variamente articolato, difficile da definire. Per chiarire il

22

concetto di psicologia come scienza, appare necessario ricordare le


caratteristiche basilari di una disciplina scientifica.
La scienza empirica, fa, in altre parole, assegnamento
sullesperienza e non su metodi non-empirici quali lautorit, la
logica o il senso comune; conseguentemente a ci, possiamo
affermare che la scienza si autocorregge, essendo, infatti,
unattivit empirica, emergono continuamente dati che correggono
quelli precedenti e questa disposizione indice del fatto che essa
in continuo progresso ed anche che possibilista: non afferma mai
di conoscere la verit assoluta, perch sempre possibile che
intervenga qualche informazione a modificare lo stato di cose
precedenti. Quello che, ad ogni modo, risulta essere certamente
lattributo determinante tra ci che scienza e ci che non lo ,
loggettivit. La scienza obiettiva: alla base di una disciplina
scientifica vi debbono essere delle osservazioni obiettive, fatte in
modo che persone, con percezione normale, poste nello stesso
tempo e nello stesso luogo, possano giungere allo stesso risultato;
essa tratta, infatti, fenomeni che sono a disposizione di tutti e
possono essere osservati da tutti.

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Vi , dunque, una differenza sostanziale tra una raccolta


scientifica di informazioni ed una raccolta che ciascuno di noi
potrebbe compiere: sia luomo comune che lo scienziato si pongono
dei problemi cui cercano risposta, ma mentre luomo comune ,
solitamente, inconsapevole dei processi attraverso i quali giunge
alla conclusione, lo scienziato sa, gi in partenza, quali saranno le
procedure che lo porteranno alla soluzione. La sua ricerca, dunque,
caratterizzata dalla sistematicit e pu essere definita come
unosservazione deliberata e controllata (Kaplan, 1964). Lo
scienziato usa per questi fini delle procedure, dette metodi, che
generalmente consistono di diversi stadi che comprendono la
definizione del problema, la formulazione di unipotesi, la raccolta
di dati e lelaborazione delle conclusioni.
La definizione del problema, in una ricerca scientifica, non
generalmente legata ad esigenze pratiche, come di solito, invece,
avviene per luomo comune. Lo scienziato, infatti, pone un
determinato problema in relazione allo stato di sviluppo teorico ed
empirico della disciplina, ai particolari interessi nellambito della
stessa disciplina ed alle osservazioni casuali che rivelano una
lacuna nelle conoscenze disponibili.

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Una di queste circostanze pu far nascere un problema che


deve essere formulato in modo sistematico e consapevole da parte
del ricercatore che per tale obiettivo utilizza, o costruisce, una teoria
di riferimento e con questa base formula delle ipotesi che possano
portarlo alla soluzione del problema.
Il concetto di teoria fondamentale allinterno di unindagine
scientifica, proprio perch sorregge il sistema che lo scienziato
adopera per giungere alla spiegazione del problema. Esattamente, la
teoria un insieme interrelato di concetti, definizioni e
proposizioni che forniscono una visione sistematica dei fenomeni
specificando le relazioni tra le variabili (leggi), con lo scopo di
spiegare e prevedere i fenomeni stessi. (Kerlinger, 1964, citato in
Ercolani, 1990). La formazione di una nuova teoria ha come scopi
principali lorganizzazione delle conoscenze, la spiegazione delle
leggi e la previsione di nuove leggi.
La teoria collega, infatti, tutte le conoscenze, le descrizioni e
le leggi di un dato fenomeno, in un contesto unificato; fornisce
spiegazioni delle leggi trovate e diventa migliore pi precisa e
specifica nella spiegazione. Lultimo e non meno importante ruolo
suggerire nuove leggi, funzione questa che si associa al guidare la

25

ricerca aiutando i ricercatori a scegliere nuovi esperimenti e vie


alternative per realizzarli. Ci che parte integrante della teoria
lipotesi, ossia unasserzione ritenuta vera al fine di vagliarne la
validit.
Lipotesi scientifica deve mettere in collegamento i concetti
della

teoria,

per

comportamentali

definizione
osservabili.

non

osservabili,

In

breve

ad

deve

eventi
essere

operazionalizzabile, non deve, cio, utilizzare le definizioni


concettuali delle variabili fra le quali afferma che esiste una
relazione, ma le loro definizioni operative. Queste ultime indicano
ci che il ricercatore deve fare per misurare, attraverso
manifestazioni

osservabili,

quella

determinata

variabile

concettuale (Ercolani, 1990).


La scelta della definizione operativa un passo delicato per il
ricercatore, dal momento che ve ne possono essere diverse, seppur
della stessa variabile.
Oltre a ci, si pu aggiungere che una buona ipotesi
scientifica deve essere contraddistinta da due requisiti, la
parsimonia e un livello intermedio di generalit. Essere
parsimoniosa significa proporre la spiegazione pi semplice

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possibile; il livello di generalit determinante dal momento che


ipotesi

oltremodo

operazionalizzate,

generalizzate
mentre

ipotesi

non

possono

troppo

ristrette

essere
possono

distruggere il significato del fenomeno studiato. Il ricercatore


utilizza queste precise indicazioni quando decide di descrivere e
spiegare un fenomeno; naturalmente tale fenomeno pu essere pi o
meno complesso e, quindi, pi o meno difficoltoso da analizzare
scientificamente; affinch levento sia semplice e facile da
indagare, il ricercatore lo trasforma in una o pi variabili.
Una variabile una delle propriet dellevento reale da
studiare, che stata misurata; un attributo del fenomeno e pertanto
appartiene alla realt.
Vi sono vari tipi di variabili: indipendenti e dipendenti;
quantitative e qualitative; continue e discontinue; fisiche e nonfisiche.
Fra tutte queste coppie, la pi importante sicuramente la
prima: la variabile dipendente una misura del comportamento del
soggetto, ossia la sua risposta; cos denominata proprio perch
dipende da unaltra variabile, quella indipendente, lo stimolo che
causa delle modificazioni. Lo sperimentatore manipola questultima

27

per formulare diversi valori o livelli di essa, cos da ottenere diverse


risposte. Per gli altri tipi di variabili, le caratteristiche sono gi
implicite nellattributo che le qualifica: quelle quantitative variano
in grandezza, mentre quelle qualitative in genere; le variabili
continue non sono limitate a certi valori quali, ad esempio,
categorie separate, mentre quelle discontinue rientrano in categorie
distinte. Cos pure per la distinzione tra variabili fisiche e non
fisiche. Non , ad ogni modo, facilissimo applicarle, come potrebbe
sembrare, soprattutto in casi particolari.

1.3.1. Lindagine in Psicologia.

Lindagine psicologica pu essere condotta a tre diversi


livelli: indagine descrittiva, correzionale e sperimentale a seconda
degli obiettivi perseguiti.
Lindagine

descrittiva

ha

lo

scopo

di

fornire

una

rappresentazione quanto pi possibile accurata di ci che avviene a


livello di comportamenti, vissuti emotivi, cognizioni.

28

Questapproccio costituisce, di solito, il primo stadio della


ricerca, visto che procura elementi dinformazione e suggerimenti
utili per approfondire lindagine. La ricerca correzionale ha il fine
di descrivere come ci che accade a livello comportamentale sia in
relazione con altri fattori e condizioni (dimensioni, variabili). Con
questo livello lo sperimentatore coglie il rapporto, ma non ancora
in grado di conoscere le cause di detto rapporto; questo lobiettivo
del terzo livello. Lindagine sperimentale, infatti, produce
indicazioni circa le relazioni causali. Lo sperimentatore manipola la
variabile indipendente, cos da osservare le modifiche della
variabile dipendente: se occorreranno le potr attribuire alla stessa
manipolazione. Dopo aver distinto questi tre livelli, occorre
rimarcare come, in realt, non si riscontrino mai degli esempi di
ricerca che corrispondono ai tipi puri appena descritti, essendo
pi frequente luso di ricerche miste che affiancano almeno due dei
livelli considerati. Le pi diffuse, nella ricerca attuale, sono quelle
correzionali-sperimentali. Comunque sia, queste indagini hanno uno
scopo che le accomuna, ossia quello di giungere a delle conclusioni
circa la relazione di causa ed effetto tra le variabili. Non semplice,
poich la verit raggiunta minacciata dal pericolo di non validit.

29

La validit fondamentale per una ricerca e vi sono molti


fattori che la mettono a rischio. Cook e Campbell (1976), parlano di
quattro tipi di validit: interna, di costrutto, esterna e statistica.
La prima quella fondamentale, visto che riguarda la logica
della relazione tra variabile dipendente e indipendente; perch vi sia
validit interna si deve poter stabilire che esiste una relazione
causale tra le due variabili; se intervenuta una terza variabile a
causare delle modifiche, allora cade la validit interna. Questa terza
variabile potrebbe essere, ad esempio, un evento accaduto al
soggetto o la stessa maturazione del soggetto. Altra minaccia
potrebbe venire dalle stesse procedure di osservazione, motivo di
qualche cambiamento sulleffetto supposto. Vi poi, una serie di
possibili effetti confondenti legati alle caratteristiche proprie
delluomo; vi potrebbero essere, infatti, delle reazioni non
considerate in partenza, frutto di elaborazioni dei soggetti, scaturite
dalla situazione in cui si trovano.
La validit di costrutto consiste, invece, nella conformit tra i
risultati e la teoria, che sta alla base della ricerca. La principale
minaccia potrebbe venire dallesistenza di unaltra teoria capace di
giungere agli stessi risultati. Per salvaguardare tale validit, bisogna

30

escludere altre possibili spiegazioni teoriche dei risultati. La


validit esterna riguarda lapplicabilit dei risultati raggiunti ad
unaltra situazione: soggetti, luoghi, tempi diversi. In sintesi, la
possibilit di generalizzare i risultati. Essa dipende, soprattutto dal
modo in cui viene scelto il campione dindagine; se lobiettivo della
ricerca , infatti, quello di riscontrare conclusioni generalizzabili, il
mezzo pi efficace un campionamento rappresentativo anzich
uno finalizzato alleterogeneit o a casi tipici.
La validit statistica, infine, consiste nella verifica della
significativit statistica di una relazione tra due variabili, che risulta
dalle differenze tra le medie. Il primo fattore di minaccia per tale
validit la bassa potenza statistica, che determinata dalle
dimensioni del campionamento utilizzato e dalla sua variabilit
interna. Tanti altri sono i fattori, quali quelli che incrementano la
varianza derrore: laffidabilit ridotta delle tecniche adoperate per
misurare le variabili, ad esempio; ed ancora, la presenza di fattori di
disturbo nel contesto sperimentale e/o leterogeneit casuale dei
soggetti.

31

Considerate le principali minacce alla validit di una ricerca


sperimentale, uno sperimentatore segue, poi, lorientamento
generale per attuare la propria raccolta dati.
Vi sono

varie

strategie

di

ricerca

che

presentano,

complessivamente, sia punti deboli sia punti di forza: studi ed


esperimenti sul campo, esperimenti di laboratorio ed indagini
campionarie. Occorre premettere che la scelta della strategia
strettamente collegata allindirizzo teorico che dirige una ricerca.
Adottare il primo tipo di strategia significa condurre osservazioni
sistematiche di fenomeni naturali, cos come essi si manifestano. Lo
studioso che segue, ad esempio, le teorie etologiche, predilige tale
genere di ricerca e questo perch, per definizione letologia lo
studio del comportamento di una specie nel suo ambiente naturale,
che risulti significativo dal punto di vista evoluzionistico (Miller,
1994). I maggiori esponenti di questa scuola sono stati Lorenz e
Tinbergen, zoologi che osservavano gli animali in relazione ad una
particolare nicchia ecologica. Le teorie dominanti in quegli anni
erano, per, quelle dei comportamentisti con i loro esperimenti di
laboratorio; losservazione naturalistica non fu tenuta in grande
considerazione fino agli anni sessanta, quando si cap limportanza

32

dellintegrazione del dato di laboratorio con quelli rilevati dalle


osservazioni su campo, specialmente nella descrizione dei
comportamenti innati o specie-specifici. E opportuno che la
descrizione naturalistica, in molti casi, preceda lanalisi di
laboratorio.
E facile comprendere il grande contributo dato dalletologia
negli studi psicologici specie nellosservazione di comportamenti
adattivi degli animali che compaiono anche negli esseri umani,
quali, ad esempio, lalimentazione, la comunicazione, linterazione
madre-bambino, la riproduzione. Basta menzionare gli studi di
Bolwby,

sullattaccamento

madre-

bambino;

ancora

le

osservazioni di Lorenz sulla corrispondenza tra aspetto infantile e


sentimenti materni, in molte specie, specialmente mammiferi.
La strategia etologica costituita da diverse fasi: dapprima,
letologo sviluppa un etogramma, ossia una descrizione dettagliata
ed estesa del comportamento dellanimale e delle caratteristiche
dellambiente; questo inventario non tiene conto di ci che ha
prodotto quel comportamento (motivazioni, intenzioni o emozioni).
Successivamente, classifica tali comportamenti secondo la loro
funzione, per poi effettuare un confronto tra le varie specie e solo

33

alla fine ricorre al laboratorio per determinare le cause immediate


del comportamento osservato. E evidente che in tale tipo di
indagine il soggetto completamente spontaneo, minima la
strutturazione dellambiente e nulla la partecipazione dello
sperimentatore; ci reso possibile soprattutto dallutilizzo di
tecniche quali la registrazione su nastro audio o la ripresa visiva.
La strategia che sembra essere pi distante dalla precedente
quella che prevede esperimenti di laboratorio. Abbiamo gi
accennato alla corrente comportamentista ed al suo privilegiare la
pura sperimentazione di laboratorio. Il ricercatore che adotta tale
strategia

interessato,

soprattutto,

determinati

processi

comportamentali e cognitivi, e tralascia le influenze che specifici


contesti potrebbero esercitare sul soggetto. Perfettamente in linea,
dunque,

con

il

paradigma

del

comportamentismo

S-R,

lesperimento si svolge in un ambiente fortemente strutturato con


losservatore che presenta uno stimolo al soggetto e assolve ad una
funzione di pura registrazione delle risposte. Il soggetto, in tale
contesto, quindi indotto dallo sperimentatore.
Questa situazione sperimentale ha ricevuto, nel tempo, molte
critiche che hanno, soprattutto, posto laccento sul ruolo del

34

contesto sociale nel condizionare i processi cognitivi, ruolo che lo


sperimentatore comportamentista trascura. Alcuni studiosi, convinti
sostenitori di tale critica, mettono addirittura in dubbio che esistano
dei processi generali, ossia propri e caratteristici della natura
umana.
Nellambito di questa trattazione su come gli orientamenti
teorici

influenzino

la

ricerca,

possiamo

accennare

anche

allapproccio psicoanalitico e a quello adottato da Piaget; entrambe


le prospettive, nellaffrontare il tema dello sviluppo del soggetto,
considerano losservazione un elemento fondamentale per lintera
ricerca: la psicoanalisi lassocia al metodo analitico, con lintento di
cogliere anche ci che emerge a livello emotivo, mentre, al
contrario e avvicinandosi in ci alletologia, il modello piagetiano
registra solamente i comportamenti.
Il carattere delle osservazioni dellepistemologia genetica
quasi-sperimentale, nel senso che esse partono da unipotesi di base
ben precisa, che conferisce loro carattere di sistematicit e
continuit; ci che gli impedisce di essere completamente
sperimentale latteggiamento dellosservatore, il quale non svolge
una semplice funzione di registrazione dati, ma partecipa nella

35

situazione osservativa, introducendovi delle variazioni. Ci che


accomuna questi metodi non-sperimentali, differenziandoli da
quelli sperimentali, la mancanza di controllo sulle variabili: lo
psicologo non le manipola intenzionalmente e pu accadere che
alcuni effetti osservati non siano determinati dalla variabile
indipendente, ma da altre variabili estranee, incontrollate, che
possono intervenire durante lo studio. Ecco perch le conclusioni
cui giunge la sperimentazione vera e propria sono prese in maggiore
considerazione.
In generale, sono molti i metodi che possono esser definiti
non-sperimentali, ad esempio, la ricerca osservazionale, la ricerca
darchivio, lo studio su casi singoli e linchiesta.

1.3.2. Metodi non-sperimentali.

36

Abbiamo gi parlato delle differenze che intercorrono tra i


veri esperimenti e le indagini non-sperimentali (maggiore grado di
controllo che il ricercatore sperimentale ha sui soggetti, sulle
condizioni della ricerca e sulla raccolta dei dati), vediamo, ora, pi
da vicino le varie categorie che si caratterizzano come nonsperimentali.
La ricerca osservazionale viene utilizzata quando lo studioso
concentra la sua attenzione sullosservazione del comportamento, in
assenza di tentativi di influenzarlo. Vi sono due tipi di questo
metodo: losservazione naturalistica e losservazione partecipante.
Il primo tipo di indagine, denominato pure ricerca non
intrusiva, condotto in modo che il comportamento osservato sia
influenzato il meno possibile da ci che lo circonda.
Abbiamo gi sottolineato limportanza di tale metodologia
per letologia e per la psicologia comparata, secondo Miller (1977)
losservazione naturalistica non assolutamente una metodologia
ingenua, ateorica e asperimentale, poich pu integrarsi con
losservazione svolta in laboratorio, in una sorta di circolarit
metodologica.

37

Nonostante le considerazioni di Miller bisogna evidenziare il


limite di questa tipologia osservativa, che risiede nellimpossibilit
di evitare qualsiasi influenza da parte dellosservatore, visto che la
prima difficolt data proprio dalla sua presenza.
Con la ricerca partecipante si elimina il problema del
disturbo dellosservatore, dal momento che essa prevede il maggior
coinvolgimento possibile allinterno del gruppo posto sotto
osservazione. Lutilit di tale metodologia limitata a situazioni
particolari, ossia quando si desidera, per esempio, studiare un
piccolo gruppo, separato dal resto della popolazione, in questo caso
necessario uno sforzo notevole da parte del ricercatore che deve
vedere unattivit comportamentale dal punto di vista di un
elemento del gruppo. La metodologia , per questo, flessibile,
aperta ed opportunistica.
Il problema maggiore di questa tecnica rappresentato dalla
possibilit dinvasione della sfera privata, si tratta quindi di un
problema etico molto delicato.
Altro tipo di ricerca osservazionale quella darchivio in cui
il ricercatore utilizza dei dati che non sono stati raccolti da lui
stesso, ma che sono disponibili in registri o archivi pubblici; tale

38

tipologia dindagine utile quando il ricercatore interessato a


fenomeni per i quali non pi possibile reperire dati (ad esempio
sui suicidi) oppure quando sono gi utilizzabili i dati per la sua
ipotesi. I limiti di questa ricerca sono chiari: la maggior parte delle
volte i dati che lo studioso decide di adoperare non sono stati
raccolti per fini scientifici e possono non rivelarsi adatti per
giungere

conclusioni

esatte;

altra

minaccia

costante

rappresentata da tutti i possibili errori intervenuti durante la raccolta


dati avvenuta precedentemente.
Alla ricerca darchivio si avvicina lo studio di casi singoli,
tanto che la distinzione tra tali tipologie osservazionali non chiara.
Nonostante questo si pu affermare che lo studio di casi singoli si
presenta come unindagine empirica che indaga su un fenomeno
attuale nel suo contesto naturale, quando i confini tra il fenomeno e
il contesto non sono chiaramente evidenti, e nel caso in cui sono
usate forme molteplici di dati empirici (Yin, 1989, citato in
McBurney, 1996).
Questo tipo dindagine viene usato in situazioni del tutto
particolari nelle quali si sviluppano dei fenomeni singolari, un
esempio lo studio dellisterismo da catena di montaggio o della

39

patologia psicogena di massa; in entrambi i casi si verificano


improvvisamente sintomi fisici come la cefalea, la nausea e
loffuscamento della vista, fenomeni causati generalmente da un
odore particolare che provoca disturbo, ma circa il quale le indagini
non rilevano alcuna sostanza che possa esserne responsabile.
Caratteristica peculiare, dunque, di tale indagine che
difficile generalizzare su di essa.
Per tutti i metodi passati in rassegna occorre rilevare
limpossibilit di fornire un quadro preciso delle tecniche di
registrazione utilizzate.
Per quanto riguarda le metodologie dellosservazione e degli
studi su casi singoli, risulta fondamentale lannotazione di ci che si
osserva, la riduzione dei particolari da osservare con la creazione di
alcuni campioni di comportamento, e luso di mezzi elettronici per
registrare le osservazioni.
Per la ricerca darchivio basilare la cernita del materiale da
usare: si pu procedere con unanalisi del contenuto manifesto o di
quello latente, il problema , ad ogni modo, laffidabilit; un
sistema per evitare tale difficolt la presenza di almeno due
persone che effettuino lesame di codifica.

40

Un altro tipo di indagine non-sperimentale rappresentato


dallinchiesta, metodo molto usato per raccogliere informazioni
scientifiche. Intraprendere questo tipo di studio significa affrontare
una serie considerevole di dettagli che non possono essere
trascurati. Innanzitutto vi la necessit di formulare il questionario
da somministrare e gi per far questo devono essere osservati dei
canoni ben precisi. La prima considerazione riguarda lo scopo
effettivo del questionario: Che cosa si vuole stabilire?, la seconda
riguarda la struttura che esso deve assumere. Soltanto dopo aver
stabilito che cosa si vuole ricavare dalla somministrazione, si pu
decidere la struttura del questionario; esso pu essere a domanda
aperta o a domanda chiusa: con la prima forma il soggetto pu
rispondere in modo pi completo e pu fornire alcune spiegazioni
che la seconda forma, invece, non permette; daltro canto, le
risposte aperte sono pi difficili da interpretare e richiedono
maggiori difficolt, soprattutto, da parte di chi ha scarse abilit
linguistiche.
Oltre a tali elementi, ve ne sono altri che bisogna tenere in
conto: la cosa pi importante che gli item non siano ambigui,
devono, in pratica, affrontare una sola questione e farlo in modo

41

chiaro; si devono, poi, comporre le domande senza influenzare i


soggetti e, nel caso in cui il questionario presenti risposte chiuse,
queste devono proporre scelte diverse le une dalle altre. In ultimo,
bisogna stabilire a priori come attribuire punteggio al questionario e
come analizzarlo.
Superate tutte queste che possono essere considerate le fasi
preliminari di uninchiesta, si proceder alla somministrazione; vi
sono quattro modi per farlo: faccia a faccia, per iscritto, attraverso il
computer e per telefono. Ognuno dei metodi citati ha i propri pregi
e difetti e ci che orienta la scelta , solitamente, la circostanza in
cui avviene la somministrazione.
Nel primo caso il vantaggio risiede nel fatto che
lintervistatore

entra

in diretto contatto

con

lintervistato,

spingendolo cos a rispondere accuratamente, mentre lo


svantaggio

rappresentato

dal

fatto

che

la

presenza

dellintervistatore pu influenzare il soggetto.


La distribuzione scritta presenta varie modalit (invio per
posta, ad un gruppo, in un luogo frequentato) e ci rappresenta il
principale vantaggio, considerando il basso costo di tali operazioni;
il problema , invece, lincognita percentuale di risposta, ma non

42

solo: non si pu intervenire in circostanze che necessitano


chiarimenti o precisazioni e non si pu sapere con quanta
importanza stato, effettivamente, considerato il questionario.
La scelta del computer offre notevoli garanzie atte ad
assicurare il successo dellindagine, lasciando come unico dubbio la
percentuale di risposta. Anche linchiesta telefonica presenta molti
vantaggi, soprattutto nel caso in cui le viene affiancato luso del
computer, utile per sveltire le operazioni; ci che non bisogna
sottovalutare , comunque, che in alcuni stati stato proposto di
considerare illegale il fatto di comporre casualmente i numeri
telefonici (McBurney, 1996).

1.3.3. Metodi sperimentali.

Abbiamo pi volte sottolineato le differenze che intercorrono


tra le metodologie sperimentali e quelle non-sperimentali, poniamo

43

ancora una volta laccento su quella che la caratteristica specifica


del metodo sperimentale: lassegnazione casuale dei partecipanti ai
gruppi. Mentre, infatti, con il metodo sperimentale si studiano
gruppi gi formati e si inferiscono relazioni causali, con quello
sperimentale si ha il controllo sullassegnazione dei soggetti alle
condizioni sperimentali, e ci consente di concludere che tutte le
altre variabili possono confondersi con la variabile indipendente,
solo ed esclusivamente per caso.
E, dunque, il controllo completo sullesperimento che detta
la differenza tra i metodi. Uno sperimentatore che ha assoluto
controllo pu registrare le precise condizioni in cui avviene
levento, cos che lo stesso esperimento pu esser ripetuto anche da
altri. Inoltre, le condizioni sperimentali e di controllo possono
essere modificate sistematicamente in modo da poter determinare se
esiste una variazione sistematica anche delle misure della variabile
dipendente (McGuigan, 1997).
Con lassunzione di un metodo sperimentale non si deve,
perci, attendere la manifestazione spontanea, per esempio, del
comportamento da studiare, essendo lo sperimentatore in grado di
manipolare le variabili, secondo le esigenze dellesperimento.

44

In sostanza si pu affermare che, anche se non esiste


lesperimento perfetto, sono due gli elementi fondamentali che
consentono di controllare tanti fattori che minacciano la validit
dellesperimento:
1) lesistenza di un gruppo di controllo o di una condizione di
controllo;
2) lassegnazione casuale dei soggetti alle varie condizioni.
Si capisce bene, dunque, limportanza di insistere su tale
concetto. Il controllo si pu definire come qualsiasi mezzo
impiegato per eliminare le possibili minacce alla validit di una
ricerca (McBurney, 1996).
Quando parliamo di gruppo di controllo intendiamo un
gruppo che serve da confronto per il gruppo sperimentale: mentre il
gruppo A (sperimentale) riceve il trattamento, questo non avviene
per il gruppo B (di controllo); qualsiasi differenza fra i due gruppi
pu essere attribuita al trattamento. Quando invece di assegnare
soggetti diversi a ciascuna condizione, si assegna ciascun soggetto a
tutte le condizioni, allora abbiamo una condizione di controllo,
ossia il soggetto stesso ad essere controllo di se stesso. Da tutto
ci scaturisce una diversa denominazione degli esperimenti essendo

45

i primi definiti esperimenti fra i soggetti, i secondi entro i soggetti.


Passando al secondo punto, vediamo come lassegnazione casuale
dei soggetti rappresenti un potente metodo di controllo: solo in tale
circostanza, infatti, ciascun soggetto ha la stessa probabilit di
essere assegnato ad ogni condizione, cos che la confusione fra le
variabili legate al soggetto e quella sperimentale pu avvenire
soltanto in modo casuale.
Prima di esaminare dei buoni disegni sperimentali prendiamo
in considerazione dei disegni che devono essere evitati a causa della
loro debolezza nel controllare alcuni fattori che minacciano la
validit: disegno sperimentale con un gruppo e una sola prova,
disegno sperimentale con una sola prova e gruppo di controllo non
equivalente, disegno sperimentale con un gruppo e due prove.
Nel primo caso (un gruppo e una prova) il soggetto
sottoposto ad una sola prova ed esaminato rispetto a qualche
variabile dipendente, cosa questa che lascia senza controllo diversi
fattori che potrebbero essere responsabili di qualche effetto che al
ricercatore sfugge. Quando, invece, si ha un disegno con un gruppo
di controllo non equivalente si in condizioni migliori rispetto alla

46

precedente, ma non , comunque, un buon esperimento visto che i


soggetti non vengono assegnati casualmente ai gruppi.
Nellultimo caso (un gruppo e due prove) anche se vi sono
due prove che assicurano un controllo maggiore rispetto ai disegni
precedenti, sussistono, ad ogni modo, alcune evenienze possibili
che minacciano la validit interna, della quale abbiamo parlato in
precedenza: potrebbe, in pratica, essere una variabile non
considerata dallo sperimentatore responsabile di un cambiamento
allinterno del gruppo. Oltre a questi casi vi sono alcune situazioni
che si avvicinano ad un vero esperimento, ma che presentano dei
compromessi per i quali la ricerca considerata soltanto un quasi
esperimento. Proprio il disegno che abbiamo presentato in ultimo
un tipico quasi-esperimento; si capisce bene che se i gruppi
presentano differenze allavvio della prova, con il confronto finale
non si possono attribuire i cambiamenti alle variabili manipolate
dallo sperimentatore. E cos molti altri disegni che presentano un
gruppo di controllo che non si presta utilmente al confronto con il
gruppo sperimentale, come, ad esempio, il disegno a serie
temporali interrotte, o il disegno con trattamento ripetuto. Entrambi

47

i disegni utilizzano come variabile il tempo e mancano di controllo


alle minacce per la validit interna.
Si pu comprendere ancora meglio la differenza parlando
direttamente

dei

veri

esperimenti.

Abbiamo

gi

tracciato

chiaramente la distinzione tra esperimento entro e fra i soggetti,


esamineremo, ora, un buon disegno sperimentale semplice, quello a
due condizioni; un disegno, cio, che prevede la somministrazione
ad ogni soggetto di due condizioni o trattamenti, con il soggetto che
serve da controllo di se stesso. Ne diamo una descrizione nella
tabella n.1:

Assegnazione
Condizione 1 Tutti i soggetti
(sperimentale) sono sottoposti
a entrambe le
in
Condizione 2 condizioni
(di controllo) ordine
controbilanciato

Trattamento

Prova

Condizione 1
(trattamento
sperimentale)
Condizione 2
(trattamento
di controllo)

SI
SI

Tabella n.1: Disegno con due prove esaminate entro i soggetti.


Da: McBurney, 1996.

Questo tipo di disegno non , in ogni caso, usato molto


spesso perch molti esperimenti comportano pi di due condizioni.

48

Stiamo parlando di ricerche a condizioni multiple che permettono di


confrontare lefficacia di diverse variabili o trattamenti.
Eccone un esempio, illustrato dalla tabella n.2:

Assegnazione
Condizione 1 Tutti i soggetti
sono sottoposti
Condizione 2
a
tutte
le
in
Condizione 3 condizioni
ordine casuale o
controbilanciato

Trattamento Prova
1

Si

Si

Si

Tabella n.2: Disegno a condizioni multiple studiate entro i soggetti.


Da: McBurney, 1996.

Gli esperimenti, invece, tra i soggetti prevedono due o pi


gruppi sottoposti ad un diverso quantitativo della variabile
indipendente (trattamenti differenti).

La tabella n.3 delinea questo tipo desperimento:

49

Assegnazione
Gruppo 1
Gruppo 2
Gruppo 3

Assegnazione
casuale
dei
soggetti
ai
gruppi

Trattamento Prova
1
2

Si
Si

Si

Tabella n.3: Disegno sperimentale a condizioni multiple studiate tra i


soggetti.
Da: McBurney, 1996.

Allinizio dellesperimento le medie dei gruppi, relative alla


variabile dipendente, non differiscono attendibilmente grazie
allassegnazione casuale. Se dovesse risultare per caso una
differenza tra le medie iniziali, il ricercatore dovrebbe procedere per
ristabilire il pareggiamento tra i gruppi, prima di iniziare,
aumentando per esempio il numero dei soggetti sottoposti a studio.
Nel caso in cui stia lavorando con due gruppi, dovrebbe calcolare i
punteggi medi della variabile dipendente dei gruppi.
Si tratta, in pratica, di sottoporre i dati ad analisi statistica per
verificare leffetto della variabile manipolata sui gruppi. Negli
ultimi anni, soprattutto, la statistica stato un elemento
indispensabile per la psicologia sperimentale e per i suoi
esperimenti. Il test statistico pi usato il t-test, appannaggio,

50

oramai, di molti, visto che pu essere eseguito da un computer,


programmato per condurre tale analisi statistica. Anche se tutto
reso semplice dalle moderne apparecchiature, bene conoscere i
significati di questi procedimenti, per essere in grado di controllare
i vari passaggi e per evitare di comportarsi come un perfetto
automa.
Innanzi tutto, bisogna calcolare le medie dei punteggi della
variabile dipendente dei due gruppi; lequazione da eseguire :

X= X/n

dove il simbolo della sommatoria inteso come la somma di.


La presenza di questo simbolo indica che si deve sommare
tutto ci che si trova alla sua destra. In questo caso, X indica il
punteggio relativo ad ogni soggetto; si dovranno, dunque, sommare
tutti i punteggi e successivamente, dividere il risultato per n, dove n
rappresenta il numero dei soggetti del gruppo analizzato.
Otterremo, cos, la media dei punteggi del gruppo ( X ).
A questo punto sar necessario, effettuare un controllo sulle
differenze tra i due gruppi, per scoprire se esse sono attendibili o

51

prodotte esclusivamente dal caso. Lequazione per ottenere il


risultato :

X1 X2
t=
SQ1+SQ2
(n1 1)+(n2 2)

1 +1
n1 n2

dove SQ1 ed SQ2 rappresentano la somma dei quadrati,


rispettivamente del primo e del secondo gruppo, quindi:
SQ1 = (X1)2(X1)2 n1
SQ2= (X2)2(X2)2 n2

Si pu anche praticare un esperimento con pi gruppi anzich


due; luso di tale disegno in psicologia molto praticato perch con
esso si procede selezionando diversi valori della variabile
indipendente e con lassegnazione casuale di ogni gruppo a ciascun
valore. E chiaro il vantaggio che si ottiene da tale procedimento:
pi valori della variabile indipendente vengono usati, migliore la
valutazione della sua influenza su una data variabile dipendente.

52

Lobiettivo di uno psicologo proprio quello di determinare


quali tra un certo numero di variabili indipendenti influenzi una
determinata variabile dipendente e anche di stabilire il rapporto
quantitativo tra le due. Mentre con un disegno a due gruppi non si
mai sicuri in modo sufficiente che siano stati assunti i valori giusti
della variabile indipendente per stabilire se essa influente, il
disegno con pi gruppi aumenta la possibilit sia per determinare
accuratamente se una data variabile indipendente influente, sia per
specificare la relazione quantitativa tra la variabile indipendente e
dipendente (McGuigan, 1997).
Andiamo ancora oltre e giungiamo al disegno sperimentale
pi importante in psicologia, il disegno fattoriale. Abbiamo visto
come i precedenti disegni siano ottimi per lo studio di una singola
variabile sia quando modificata solo in due modi (disegno a due
gruppi) sia quando modificata in pi modi (disegno a pi gruppi),
ma nel caso in cui il ricercatore volesse studiare pi di una variabile
indipendente in un solo esperimento, questi dovrebbe utilizzare il
disegno fattoriale.

53

Il disegno fattoriale completo un disegno in cui possono essere


usate tutte le possibili combinazioni dei valori selezionati di ogni
variabile indipendente (McGuigan, 1997).
Ecco un tipo di disegno fattoriale semplice illustrato con la tabella
n.4:

FATTORE A

B1
B2

FATTORE B

A1
A1B1
A1B2

A2
A2B1
A2B2

Tabella n.4: Disegno fattoriale.


Da: McBurney, 1996.

Con esso si possono studiare le interazioni tra le variabili


indipendenti

considerate.

Linterazione

tra

due

variabili

indipendenti si ha quando il valore della variabile dipendente che


risulta da una variabile indipendente determinato dallo specifico
valore assunto dallaltra variabile indipendente (McGuigan, 1997).
Questo concetto fondamentale in psicologia perch le interazioni
aiutano a capire il comportamento complesso, visto che le risposte
non sono semplicemente determinate da una variabile indipendente

54

ma da un complesso di stimoli che interagiscono in modo intricato.


Ecco perch un disegno fattoriale assume un valore inestimabile,
considerato, inoltre, il fatto che ne esistono di diversi tipi:
il disegno fattoriale 22, che prende in considerazione gli effetti di
due variabili indipendenti, ognuna modificata in due modi; quello
32 che studia due variabili indipendenti, di cui una variata in tre
modi, laltra in due, e cos via di seguito.

IL SISTEMA NERVOSO: CENNI SULLORGANIZZAZIONE


MORFOFUNZIONALE.

55

2.1. Introduzione.

Indagare lattivit mentale significa affrontare uno studio


complesso che non pu prescindere dalla conoscenza del cervello,
lorgano principale del corpo umano. Questa trattazione non sar
corredata da indicazioni specifiche sullargomento, ma solo dalle
informazioni di base per sviluppare il discorso che ci interessa.
Quando la scienza che si occupa, ai nostri giorni, del cervello
(neuroscienza), era ancora giovane, circolavano teorie divulgate
dalla corrente psicologica dominante, il comportamentismo.
Watson (1878-1958) propugnava la teoria della tabula rasa:
tutti i cervelli alla nascita sono pi o meno uguali e tale convinzione
poggiava sullassunto che fosse linterazione con lambiente a
strutturare il sistema nervoso. In quel periodo gli studiosi si
accontentavano di indicare unanalogia tra il cervello ed una serie di
dispositivi che rispondevano passivamente, il cui funzionamento era
completamente determinato dallesperienza passata; il cervello
veniva rappresentato come un gruppo di schemi elementari, che
raccoglievano gli stimoli provenienti dal mondo esterno per

56

elaborarne le risposte. Ma questa visione di passivit del cervello,


nel corso degli anni, venne abbandonata; si prese coscienza sia della
grande plasticit della massa cerebrale, in grado di adattarsi alle
diverse esigenze, che alla sua capacit predittiva delle situazioni
future, anche se lesperienza maturata e la memoria degli
avvenimenti accaduti rappresentavano sempre la base di partenza di
queste altre funzioni di cui i primi comportamentisti non avevano
tenuto conto.
Diretta conseguenza di tali considerazioni fu la necessit di
inglobare il nuovo modello entro la sfera della conoscenza
scientifica, in altre parole, di renderlo oggetto dellanalisi
deterministica e della spiegazione scientifica, come tutti gli altri
fenomeni del mondo oggettivo. Il cervello umano incominciava ad
essere considerato come un sistema funzionale assai complesso ed
unico che operava su nuovi principi, e per conoscerli erano
necessari nuovi approcci di studio. Diversi furono i contributi in
questa direzione che permisero di raccogliere, progressivamente,
informazioni importanti per la costruzione delle basi di una scienza
che si interessasse del cervello, inteso come organo dellattivit
mentale concreta.

57

2.2. Studi sul cervello e sulla localizzazione delle sue funzioni.

Linterrogativo principale che, in quegli anni, indirizzava i


maggiori studiosi riguardava, dunque, la comprensione del
funzionamento dellorgano pi importante del corpo umano.
Conclusioni e risposte attorno tale oggetto di studio sono state
possibili grazie, soprattutto, allo studio di cervelli umani affetti da
malattie, che avevano disgregato le normali relazioni fra le diverse
unit morfofunzionali del cervello e potevano cos fornire
informazioni circa lorganizzazione normale del sistema cognitivo.
Lindagine del disturbo dei processi mentali pu farsi risalire
al 1861, quando Paul Broca scopr in suo paziente corrispondenza
tra un disturbo del linguaggio espressivo e un danno cerebrale in
unarea ben localizzata del cervello (il terzo posteriore del giro
frontale inferiore sinistro), che da allora venne associata al
linguaggio. Una lesione in questa zona, larea di Broca, causava un
tipo di perdita del linguaggio espressivo, che oggi detta afasia

58

(originariamente afemia). Per la prima volta Broca propose una


differenza radicale tra le funzioni dei due emisferi cerebrali, destro
e sinistro, considerando questultimo, dominante, interessato alle
funzioni linguistiche superiori. Dieci anni dopo appena, fu Carl
Wernicke a rilevare che una lesione, questa volta per, al terzo
posteriore del giro temporale superiore sinistro, comportava la
perdita dellabilit a comprendere il linguaggio senza, invece,
provocare disturbi della parola. Gli studi dello psichiatra tedesco
confermarono la localizzazione di funzioni in aree circoscritte della
corteccia cerebrale.
Lentusiasmo in quegli anni fu generale e si continu
losservazione su pazienti con lesioni cerebrali locali per scovare
altre localizzazioni di funzioni. I neurologi e gli psichiatri di quel
tempo, si dedicarono cos, alla formulazione di vere e proprie
mappe

funzionali

della

corteccia

cerebrale

che

dovevano

rappresentare la localizzazione di complessi processi psicologici in


aree precise della corteccia cerebrale. Durante gli anni settanta,
numerose furono le scoperte che interessavano altri centri della
corteccia cerebrale: un centro per i concetti, ad esempio, nella
regione parietale inferiore sinistra, ed un centro per la scrittura,

59

nella parte posteriore del giro frontale mediano sinistro, e la lista


potrebbe continuare molto a lungo. Tra tutte le mappe funzionali
che furono elaborate, quelle pi chiare furono formulate da uno
psichiatra tedesco, Kleist (1934), il quale, dopo aver analizzato
tante ferite causate da arma da fuoco, localizz in zone definite
della corteccia varie funzioni.
Certo non mancarono le critiche a questi studiosi, definiti
locazionisti rigorosi, e ci fu chi elabor altre ipotesi.
Huglings Jackson (1834-1911), famoso neurologo inglese,
consider fondamentale non tanto la localizzazione della funzione,
quanto il livello del costrutto di tali funzioni. Propose, dunque, una
differenziazione tra i processi fisiologici semplici e le forme pi
complesse dellattivit mentale. La sua ipotesi fu presa in
considerazione soltanto cinquanta anni pi tardi, quando alcuni
neurologi, Monakow (1914), Head (1926), Goldstein (1927)
avanzarono dubbi sul fatto che sia le funzioni elementari che quelle
complesse potessero essere circoscritte in aree specifiche della
corteccia cerebrale, e proposero lassunto che i fenomeni complessi
fossero il risultato di attivit dellintero cervello, anzich frutto del
lavoro di aree locali. Per cui le forme superiori dei processi mentali

60

si dovevano pensare organizzate in sistemi di zone che lavorano in


sincronia, svolgendo ognuna il proprio ruolo, ma integrate in un
sistema funzionale complesso. Partendo da tale assunto, apparve
chiaro che la lesione di una qualsiasi di queste zone poteva portare
allalterazione dellintero sistema funzionale; di conseguenza, la
perdita di una determinata funzione non poteva dire nulla circa la
sua

localizzazione,

ma

era

necessario

prima

uno

studio

approfondito sulla perdita riscontrata. Gli anni successivi sono


quindi stati caratterizzati dallampia controversia, ancora in atto, tra
due tesi opposte: luna sosteneva che tutte le funzioni fossero ben
localizzate, allinterno del cervello; laltra che ogni funzione
dipendesse dallorganizzazione globale del cervello (teoria
equipotenziale). Evidenze sperimentali a favore della prima tesi
sono i disturbi funzionali conseguenti a lesioni in specifiche e
limitate aree corticali, quali lafasia. C comunque da specificare
che queste aree non sono nettamente distinte e separate dalle altre: i
contorni sono spesso indefiniti, si sovrappongono e sfumano gli uni
negli altri. Fu forse Luria (1966) a trattare il problema in modo
diverso, dal momento che introdusse delle specificazioni al termine
di funzione, in quanto lo si poteva riferire allattivit di una piccola

61

unit, per questo facilmente localizzabile, ma anche ad attivit


complesse, quali la percezione, lintelligenza, la memoria e tutte le
altre funzioni cognitive superiori che si trovavano in dipendenza da
funzioni pi semplici. Il sistema funzionale complesso, per Luria,
non poteva essere localizzato in ristrette e circoscritte aree del
cervello, poich si realizzava con la partecipazione di gruppi di
strutture cerebrali funzionanti in sincronia, ciascuno dei quali d il
proprio contributo particolare allorganizzazione di questo sistema
funzionale (Luria, 1977). Gli studi di questi ultimi anni si sono
proprio incentrati sullanalisi dellorganizzazione cerebrale e
sullindividuazione del contributo dato da ciascunarea a questo
sistema funzionale complesso. I primi studi che dettero notevoli
indicazioni precise a tal proposito, furono quelli che presero in
considerazione pazienti che avevano subito dei danni cerebrali
locali e la conseguente analisi delle modificazioni insorte nei
processi mentali.
Tuttavia una lesione cerebrale non colpisce, di solito, unarea
circoscritta costituita da cellule nervose con le stesse caratteristiche
funzionali, e questo complica notevolmente la situazione dal
momento che si possono verificare casi in cui si avuta solo una

62

distruzione parziale del centro deputato a quella determinata


funzione, oltre ad aver potuto compromettere anche parti di zone
limitrofe.
Unaltra difficolt nella ricerca della localizzazione di una
funzione cerebrale consiste nel fatto che venendo a mancare le
cellule

specifiche

preposte

al

suo

svolgimento,

cellule

indifferenziate, o addirittura aree con funzione gi ben determinata,


possono assumere ruolo vicariante della parte mancante e questo
rientra nel quadro pi vasto della plasticit cerebrale.

2.3. Anatomia del sistema nervoso.


2.3.1. La cellula nervosa.

63

Lunit morfofunzionale del sistema nervoso il neurone, o


cellula nervosa. Nel nostro cervello ve ne sono pi di cento
miliardi, di svariate forme (stellata, piramidale, granulare, fusata),
costituiti da un corpo cellulare o pirenoforo che contiene il nucleo,
e da un certo numero di fibre che originano da essi con funzione
afferente o efferente nella conduzione dellimpulso nervoso. I
dendriti di solito sono i prolungamenti che intercettano gli impulsi
elettrici e li convogliano al pirenoforo. Il neurone da quel momento
diviene un sistema trasmittente, in quanto comunica con tutti gli
altri neuroni ai quali collegato, attraverso un lungo circuito
duscita, di norma lassone.
messaggio

elettrico

libera

Al termine di questo circuito, il


nello

spazio

sinaptico

un

neurotrasmettitore, ossia una sostanza chimica che attiver le


membrane dei neuroni adiacenti, di solito a livello delle
terminazioni denditriche, in maniera da continuare la trasmissione
dellimpulso. Tale processo ininterrotto.
Ci che emerge unimmagine del cervello come un mosaico
di centri neurali, in contatto chimico che agiscono in delicata e
dinamica interrelazione.

64

2.3.2. Sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico.

E molto difficile fornire una breve ed esauriente descrizione


del sistema nervoso, vista la complessa struttura che lo caratterizza;
primariamente pu essere considerato diviso in sistema nervoso
centrale (SNC) e sistema nervoso periferico (SNP).
Il SNC risulta costituito dallencefalo e dal midollo spinale
che sono racchiusi rispettivamente nel cranio e nella colonna
vertebrale.
Lencefalo formato da varie regioni tra cui il cervello
propriamente detto, le cui strutture costituiscono il tronco
dellencefalo.
La parte inferiore del tronco denominata midollo allungato
mentre sopra questultimo si trova il ponte che ricoperto, nella
parte posteriore dal cervelletto.
La parte superiore del tronco nominata mesencefalo;
dorsalmente e anteriormente a tale struttura sono situati il talamo,

65

lipotalamo, la corteccia cerebrale, i gangli di base ed il sistema


limbico.
Tra lencefalo ed il midollo spinale vi il midollo allungato
da cui dipartono i nervi del SNP responsabili della regolazione
dellattivit respiratoria, cardiaca e gastrointestinale; il ponte
connette il tronco dellencefalo al cervelletto, questultimo
addetto in primo luogo alla regolazione della coordinazione motoria
e allo svolgimento di un ruolo importante nellapprendimento.
Superiormente al tronco dellencefalo si trova il mesencefalo che
contiene nuclei importanti per il controllo dei movimenti oculari e
che si fonde, anteriormente, con il talamo e lipotalamo; il primo
rappresenta la stazione darrivo dei maggiori sistemi sensitivi che si
portano alla corteccia cerebrale, mentre il secondo connesso con
numerose regioni encefaliche: molti anatomisti ritengono che una
parte di queste strutture (alcune porzioni del sistema olfattivo,
lippocampo, larea del setto, lamigdala e lo stesso ipotalamo) sia
una componente di una rete integrata di strutture nervose, il sistema
limbico.
Lipotalamo agisce in collaborazione con lipofisi, la pi
importante delle ghiandole endocrine che secernono gli ormoni

66

direttamente nel circolo sanguigno. La collaborazione consiste nella


secrezione di ormoni che influenzano la secrezione ormonale delle
altre ghiandole endocrine. Tale struttura sembra inoltre essere il
centro coordinatore delle emozioni. Per quanto riguarda il sistema
limbico si pu affermare che, nel corso dellevoluzione, sembra
aver perduto la sua funzione specifica, ossia il controllo del sistema
olfattivo, e sembra aver assunto altre funzioni, che lo vedono
coinvolto nei processi di apprendimento e di memoria. Abbiamo
anche parlato dei gangli di base, strutture poste nella regione degli
emisferi cerebrali, che svolgono un ruolo importante nel controllo
del movimento.
Gli emisferi cerebrali sono segnati da incisioni simili a
fenditure denominate solchi ed i rilievi compresi fra i solchi si
chiamano giri. Gli emisferi sono separati luno dallaltro lungo la
linea mediana dalla fessura longitudinale. Ogni emisfero viene
suddiviso convenzionalmente in sei lobi: frontale, parietale,
occipitale, temporale, centrale e limbico.
I lobi sono delimitati da alcuni solchi maggiori, ossia dalla
scissura laterale di Silvio, dalla scissura centrale di Rolando, e dalle
scissure cingolata e parieto-occipitale.

67

Nella parte posteriore si trova la regione occipitale che riceve


linformazione visiva, in quella centrale la regione parietale che
raccoglie le notizie provenienti dalla cute e dal corpo. Tra i lobi
parietali e frontali, presso la scissura centrale che li separa, situata
la corteccia motoria o precentrale, preposta al controllo del
movimento. Il lobo temporale separato dal resto della corteccia
dalla scissura di Silvio, nella cui profondit situata la corteccia
acustica, che raccoglie linformazione acustica.
Il quadro fornito non deve essere inteso in modo
eccessivamente

schematico,

visto

che

il

cervello

non

semplicemente un insieme di strutture speciali ma un vasto sistema


di elaborazione dellinformazione.
Secondo Luria (1977) lattivit mentale suddivisibile in tre
principali unit funzionali; la prima unit delegata alla
regolazione del tono corticale e della veglia; la seconda unit
preposta allanalisi ed allimmagazzinamento dellinformazione
proveniente dal mondo esterno; la terza unit programma, regola e
verifica lattivit mentale.
Lo stato di veglia essenziale affinch i processi umani
seguano il loro corso naturale: soltanto in condizioni ottimali di

68

veglia, infatti, riusciamo a ricevere e ad analizzare linformazione, a


programmare la nostra attivit mentale e a correggere i nostri errori.
Tutto ci dipende dal mantenimento di un livello ottimale del tono
corticale; le strutture che regolano e modificano il tono corticale
sono situate appena sotto la corteccia cerebrale, nei nuclei
sottocorticali e nel tronco cerebrale, e comunque sempre in stretta
collaborazione con i livelli pi alti della corteccia.
La seconda unit funzionale del cervello localizzata nelle
regioni laterali del neocortex, sulla superficie convessa degli
emisferi, dei quali occupa le regioni posteriori, che includono le
regioni visive (occipitali), uditive (temporali) e sensitivo generali
(parietali). Queste zone sono preposte, come gi detto, alla
ricezione, allanalisi e allimmagazzinamento dellinformazione che
arriva dal mondo esterno.
La terza unit quella che organizza lattivit cosciente
delluomo,

essendo

responsabile

della

programmazione,

regolazione e verifica dellazione. Tale sistema composto da


strutture localizzate nelle regioni anteriori degli emisferi, che hanno
la parte pi importante nei lobi frontali; essi giocano un ruolo
fondamentale nella regolazione degli stati di attivit che sono la

69

base del comportamento delluomo, in quanto formulano complesse


intenzioni e piani umani. Bisogna inoltre porre laccento sul fatto
che tale regolazione avviene in stretta collaborazione con il
linguaggio.
Sperry nel 1965 con i suoi esperimenti, divenuti ormai
classici, dimostr che erano le intricate reti neurali a governare e
regolare le estremit del corpo, e che esse si formavano durante lo
sviluppo sotto il controllo di meccanismi genetici, assumendo, gi
dai primi tempi di vita, le forme e le capacit in modo definito. Era,
dunque, larchitettura innata, costituita dallorganizzazione neurale
di base, geneticamente preordinata, a disporre il carattere
psicologico del cervello.

2.4. Studi sugli effetti delle lesioni cerebrali.

La maggior parte delle conoscenze inerenti la localizzazione


delle funzioni cerebrali deriva da studi effettuati su pazienti che
avevano subito danni cerebrali o in seguito a traumi (incidenti), ad
operazioni chirurgiche o a malattie (tumori).

70

In seguito ad una lesione cerebrale il sistema nervoso resta


fondamentalmente diverso da come era prima del danno, anche se
mette in atto una parziale riorganizzazione. Le indicazioni
provenienti da studi su pazienti cerebrolesi, immediatamente dopo
lavvenuto danno cerebrale, hanno rappresentato per lo studioso
delle basi nervose dei processi cognitivi una sorta di experimentum
naturae in grado di fornire informazioni riguardo ai meccanismi
cognitivi normali, proprio tramite losservazione del sistema
danneggiato.
Ad ogni modo bene rammentare che qualsiasi forma di
attivit cosciente si realizza sempre con il funzionamento
combinato di tutte e tre le unit cerebrali, ciascuna delle quali
fornisce il proprio prezioso contributo.
Passiamo ora in rassegna i disturbi che si possono verificare
quando una lesione danneggia le regioni di cui abbiamo
precedentemente argomentato.

2.4.1. Lesioni ai lobi occipitali-parietali.

71

Avendo gi considerato che le regioni cerebrali occipitali,


localizzate nelle zone posteriori del cervello, costituiscono il centro
corticale del sistema visivo, appare evidente che lesioni a tali
regioni diano origine a deficit nellelaborazione dellinformazione
visiva.
In questa sede, per ovvi motivi, non possibile presentare
una trattazione esauriente e minuziosa, ci dedicheremo perci alle
disfunzioni pi comuni. Parlare dei difetti al campo visivo, significa
affrontare una variet di disordini che interessano la percezione
visiva: vi sono, infatti, disturbi che derivano da difetti di campo, ad
esempio, studiati da Tueber e Bender (1949) che rilevarono due
fenomeni riguardanti la percezione distorta degli oggetti, ovvero il
completamento e lestinzione.
Il primo fenomeno si ha quando il soggetto percepisce un
quadrato completo, anzich la forma intera che stata privata di una
porzione. Nel caso, invece, dellestinzione, avviene lopposto. Un
altro disturbo riscontrato nella visione strutturata: i soggetti sono
incapaci di localizzare correttamente gli oggetti mostrati. Un altro
sintomo fu evidenziato grazie al test del disegno dei cubi di Koh: il

72

soggetto doveva riprodurre il disegno proposto dallo sperimentatore


utilizzando cubetti di diversi colori su ogni lato. Fu notato che la
riproduzione era ruotata rispetto alloriginale: Shapiro et al. (1962)
dimostrarono che tali disturbi erano collegati a lesioni dei lobi
occipitali-parietali.
Ci che ci interessa sottolineare , soprattutto, che alcuni
studi rilevarono una differenza tra le zone dellemisfero destro e
quelle dellemisfero sinistro, per quanto riguarda la loro attivit.
Secondo la legge della progressiva lateralizzazione delle funzioni
(Luria, 1977), che traccia una differenza di organizzazione tra le
aree corticali, si riscontravano dei deficit diversi a secondo che la
lesione interessava un emisfero o laltro. Una lesione, infatti, alle
zone secondarie di tale regione, nellemisfero sinistro, causava un
disturbo nel riconoscimento di lettere e un conseguente disturbo
nella lettura, mentre una lesione alle zone corrispondenti
dellemisfero destro originava un quadro diverso: mentre il disturbo
nella lettura era molto meno marcato, risultava invece gravemente
disturbata la percezione visiva diretta degli oggetti o addirittura
delle facce (agnosia per gli oggetti; agnosia per le facce) che
impediva al paziente di riconoscere anche facce molto familiari.

73

Oltre a disordini visivi, con le lesioni ai lobi occipitali-parietali, si


osservarono dei disturbi sensoriali e percettivi, come lincapacit di
mantenere certe posizioni in assenza di un feedback visivo,
dimostrata da Wyke (1966). Lo studioso sottopose i pazienti ad un
test che prevedeva la tensione delle braccia in avanti, con gli occhi
chiusi. I pazienti affetti dalle stesse lesioni effettuavano gli stessi
movimenti ed in pi si osservava la diretta corrispondenza tra la
lesione cerebrale destra e movimento del braccio sinistro. Weinstein
et al. (1958), riscontrarono una minore abilit tattile, sottoponendo
ai soggetti cerebrolesi un compito che prevedeva la ricostruzione di
un foglio di carta vetrata con luso del solo tatto. Lo stesso autore
rilev anche un danno nella capacit di valutare il peso e la
grandezza di oggetti afferrati con la mano.
La teoria maggiormente verificata dagli esperimenti era
quella per la quale lesioni ai lobi parieto-occipitali implicavano
problemi nellorientamento spaziale: i pazienti che le subivano non
riuscivano pi ad orientarsi entro un sistema di coordinate spaziali,
e, in particolare, non potevano pi distinguere correttamente tra
destra e sinistra (Luria, 1977). Questi deficit sfociavano nella
grossa difficolt di disegnare le lettere, perch i soggetti non erano

74

in grado di conservare la giusta posizione delle linee che formano la


lettera; in questo caso non si riscontrarono differenze marcate tra i
due emisferi.

2.4.2. Lesioni ai lobi temporali.

Lesioni ai lobi temporali provocano invece danni relativi alla


memoria ed al comportamento emotivo. I soggetti avevano subito
lasportazione delle porzioni anteriori dei lobi temporali, o
addirittura un intervento chirurgico bilaterale sugli stessi. Milner
(1957) studi un paziente, sottoposto alla rimozione di tessuto da
entrambi i lobi per curare le sue crisi epilettiche, non si verific in
lui un calo di QI ma unimpressionante forma di amnesia. Il
soggetto era caratterizzato, soprattutto, dal non ricordare gli eventi
accaduti dopo loperazione (amnesia anterograda); ci comportava
il fatto che nuove informazioni non potevano passare dalla memoria
a breve termine, del tutto integra, a quella a lungo termine, in
pratica inesistente. Interessante risult pure, lo studio di pazienti

75

sottoposti a lobotomia temporale anteriore, utilizzata per alleviare


lepilessia. Il problema di questi pazienti era rappresentato dal fatto
che

erano

presenti

altri

disturbi

oltre

lepilessia,

riferiti

allintelligenza, alla memoria e ad altre forme di comportamento.


Subito dopo loperazione, infatti, il soggetto risultava disfatico, con
difficolt temporanee e non permanenti; ci che ci preme
sottolineare che emergevano differenze significative secondo
lemisfero cerebrale interessato dalla lesione: quando era il lobo
sinistro ad essere sottoposto ad operazione, si registrava un calo di
intelligenza verbale, mentre si riscontravano cambiamenti meno
marcati quando la lesione interessava il lobo destro.

Si pu,

dunque, mettere in evidenza che i deficit associati alle lesioni destre


non erano ben definiti come quelli che si verificavano con lesioni al
lobo temporale sinistro.
Luria (1977) ha, invece, posto lattenzione sui disturbi che si
riscontravano nella percezione uditiva, quando erano le zone
temporali ad essere danneggiate. Sintetizzando le sue ricerche
possiamo affermare che le zone secondarie della corteccia uditiva,
che occupano le porzioni laterali della regione temporale cerebrale,
svolgono un ruolo decisivo nella discriminazione di gruppi di

76

stimoli acustici, presentati simultaneamente, ed anche di serie


consecutive di suoni di altezza o di struttura ritmica acustica
differenti (Luria, 1977).
Inoltre, a causa di simili lesioni, il paziente perde la capacit
di distinguere nettamente i suoni linguistici, e conseguentemente ha
delle difficolt nella comprensione del linguaggio parlato, nella
denominazione

degli

oggetti,

nellesposizione

del

proprio

linguaggio. Caratteristica specifica dei soggetti con lesioni


allemisfero sinistro risultava, in pi, la perdita dellabilit a
scrivere, e se la lesione riguardava le zone posteriori di questa
regione, il disturbo interessava labilit di evocare immagini visive
in risposta a parole date. E importante notare che le anomalie di cui
abbiamo argomentato si manifestavano in seguito a lesioni della
regione temporale sinistra (dominante), mentre pochissimo si
conosce dei sintomi che comparivano quando la lesione colpiva
laltra met del cervello.

2.4.3. Lesioni ai lobi frontali.

77

Le

aree

cerebrali

che

costituiscono

lobi

frontali

rappresentano le zone pi enigmatiche del cervello; sono le pi


giovani dal punto di vista filogenetico, tanto che appaiono appena
visibili negli animali inferiori, notevolmente pi ampie nei primati,
nei quali giungono a completa maturazione tra i quattro e i sette
anni di vita, e raggiungono la loro massima estensione nelluomo.
Ci ha portato a credere che proprio in queste regioni risiedono le
pi elevate facolt di pensiero e di intelligenza delluomo. Studi
sperimentali condotti dalla Milner (1964) su soggetti umani
fornirono interessanti indicazioni sulle funzioni di questi lobi. I
soggetti con lesioni al lobo frontale sinistro presentavano difficolt
in compiti verbali rispetto ai soggetti con lesioni frontali destre;
anche

se

successive

ricerche

non

riscontrarono

alcun

deterioramento nelle funzioni intellettive in soggetti con lesioni a


tali strutture, e questo probabilmente perch, nel secondo caso, si
trattava di deficit non molto marcati e spesso temporanei (Miller,
1973).
Dai risultati emerse comunque laccertata discrepanza
funzionale tra lobo destro e sinistro. A queste stesse conclusioni

78

giunsero anche gli esperimenti di Luria (1977) che confermarono la


relazione tra lesione al lobo frontale sinistro e disturbo nel ruolo
regolativo del linguaggio: non furono riscontrati problemi foneticolessicali o logico-grammaticali (problemi che emergono a causa di
altre lesioni gi indagate), ma veniva a mancare il controllo che il
linguaggio esercita sul comportamento motorio. Questi esperimenti
indicarono anche che tali strutture sono responsabili della
regolazione dei processi di attivazione che stanno alla base
dellattenzione volontaria, che svolgono, in altre parole, un ruolo
fondamentale nel mantenimento del tono corticale richiesto e nella
modifica dello stato di veglia in base ai compiti immediati del
soggetto. Ci significa che costituiscono un apparato con la
funzione di formare piani e intenzioni stabili, capaci di controllare il
successivo comportamento cosciente del soggetto (Luria, 1977),
anche sulla base delle osservazioni che si manifestano in seguito a
lesioni in queste zone: i soggetti con lesioni lobo-frontali giacciono
in modo passivo, non formulando alcun genere di richiesta o di
domanda, e non completano, di solito, i loro compiti; perdono non
solo il controllo sulle proprie azioni, ma anche labilit di verificare
i loro risultati. Oltre ai disturbi elencati se ne evidenziano altri

79

inerenti allattivit mnesica, del tutto particolari, in quanto non


turbano le basi primarie della memoria, bens la complessa attivit
mnesica nel suo insieme e ci implica unincapacit di aumentare il
livello di memorizzazione degli elementi di una serie presentati a
ripetizione, il paziente, infatti, ricorda sempre un massimo di cinque
elementi. Quando poi le lesioni sono pi massive lo stesso deficit si
riscontra anche nella produzione di frasi.

2.5. Studi sul cervello diviso.

Oggi lindagine sulle funzioni cerebrali basata sullutilizzo


di moderne tecniche di imagining cerebrale (EEG, TAC, PET,
SPECT, RMN, FMRI) in grado di visualizzare in vivo lattivit
della massa cerebrale, ed in maniera non invasiva. I primi studi
sulle funzioni cerebrali e sulla loro localizzazione, che ancora oggi
continuano a fornire indicazioni precise a tal proposito, furono
effettuati su individui split-brain, ossia col cervello diviso a causa di

80

traumi o operazioni chirurgiche (nel caso di soggetti umani) o di


operazioni indotte al solo scopo sperimentale (nel caso di animali).
Pionieri in questo campo furono Myers e Sperry che negli anni
cinquanta, partendo dalla consapevolezza che il cervello del gatto e
della scimmia, cos come quello delluomo, organizzato in modo
tale che linformazione, a sinistra del punto fissato, proiettata
nellemisfero destro e viceversa, pensarono che, recidendo i
collegamenti tra i due emisferi, avrebbero isolato le vie nervose
attraverso le quali le informazioni di un emisfero si integrano con
quelle dellaltro.
Il collegamento tra i due emisferi avviene attraverso il corpo
calloso, un enorme fascio di fibre nervose (oltre duecento milioni di
neuroni nelluomo), che ha la funzione di tenere ciascun emisfero al
corrente delle attivit dellaltro ed un sistema di comunicazione
totalmente efficace; ed inoltre da unaltra formazione minore, la
commissura anteriore. Sulla linea mediana presente anche
unaltra struttura, detta chiasma ottico, responsabile della
circolazione dellinformazione visiva in entrambi gli emisferi.
Dagli studi condotti sugli animali fu scoperto che la
commisserectomia totale comportava che le informazioni visive

81

presentate ad un occhio erano del tutto sconosciute alla met del


cervello non direttamente servita dallocchio in questione. Si
pensava gi alle implicazioni che questi esperimenti avrebbero
portato per luomo, e fu superato anche il problema etico, visto che
gi dal 1940, un neurochirurgo, Van Wagenen aveva operato
ventisei

pazienti

epilettici,

recidendo

le

connessioni

interemisferiche.
Nei casi di epilessia indomabile, infatti, quando la
localizzazione dellarea malata, coincideva con una regione
importante, non essendo possibile lasportazione, si interveniva con
la resezione del corpo calloso; si pensava, in tal modo, di far
scatenare lattivit convulsiva solo in un emisfero, lasciando laltro
in grado di controllare il corpo. Akelaitas e alcuni colleghi si
chiesero quali fossero le conseguenze di tale intervento sulle altre
facolt cerebrali; con una serie di articoli nel corso degli anni
quaranta, giunsero alla conclusione che dopo tale tipo di intervento
non erano evidenziabili disturbi prassici o di linguaggio. Questi
risultati erano, per, da attribuirsi probabilmente alla mancanza di
raffinatezza nelle tecniche sperimentali adoperate (Miller, 1973); gli

82

stessi tipi di esperimenti condotti da Sperry, Gazzaniga e Bogen


(1967), portarono, infatti, a risultati completamente diversi.
In particolare Gazzaniga studi il paziente W. J. che aveva
subito

una

commisserectomia

parziale.

La

mancanza

di

collegamento tra i due emisferi sembrava non produrre alcun


disturbo nella vita di tutti i giorni, ma sottoponendo il paziente ad
un esperimento che comportava la sua esposizione a stimoli visivi
somministrati per tempi brevissimi (attraverso cio il tachistoscopio
che permette la presentazione dellinformazione visiva in modo tale
da non consentire il suo passaggio da un emisfero allaltro),
alternativamente nel campo destro o in quello sinistro, fu visto che
soltanto loggetto che ricadeva nel campo visivo destro, ossia quello
collegato allemisfero sinistro, poteva esser descritto, mentre questo
non era possibile quando gli oggetti erano posti nel campo visivo
sinistro. Tutto ci quadrava perfettamente con le relazioni
anatomiche fondamentali e si accordava con la tesi per la quale il
linguaggio, nella maggior parte degli individui, localizzato
nellemisfero sinistro.
Gazzaniga continu i suoi esperimenti, interrogandosi su che
cosa sapeva fare lemisfero destro da solo. Present, quindi, al

83

paziente un disegno, chiedendogli di riprodurlo manualmente: il


compito fu eseguito perfettamente, con la sinistra, ma presentava
enormi difficolt quando a svolgerlo era la mano destra. La mano
sinistra, dunque, controllata dallemisfero controlaterale, quello
destro, eseguiva la prova molto meglio della destra, controllata
dallemisfero sinistro, dove risiede il centro del linguaggio. Se al
paziente era chiesto di eseguire il compito esclusivamente con la
destra, le difficolt erano tali che la mano sinistra interveniva in
aiuto.
Da questo momento in poi, cominci ad affermarsi, tra i
maggiori studiosi, la convinzione che vi fosse una chiara dicotomia
tra i due emisferi: quello sinistro, specializzato per i processi
analitici, e quello destro per i processi olistici. Ancora Gazzaniga, in
collaborazione con LeDoux (1977), in esperimenti successivi,
propose ai soggetti esaminati, un compito che non richiedeva
capacit esecutive; gli sperimentatori riscontrarono che le
differenze tra i due emisferi, in quelle circostanze, sparivano, quindi
giunsero alla conclusione che la superiorit dellemisfero destro si
verificava quando il compito richiedeva la manipolazione di oggetti
con la sinistra. Trassero, inoltre, altre indicazioni che li

84

allontanavano dal modello dicotomico tra i due emisferi e li


portavano verso alcune nuove conclusioni: allinterno della scatola
cranica esiste quello che si chiama il percorso finale comune,
concetto che si riferisce ad un fascio di neuroni che escono dal
cervello per innervare le braccia o le gambe (Gazzaniga, 1989).
Lemisfero sinistro si occupa, quindi, di parlare, mentre
quello destro svolge compiti di elaborazione di informazioni tattili,
non verbali, per un risultato finale di collaborazione. Le conclusioni
a cui giunsero Sperry e Gazzaniga ebbero ripercussioni di notevole
rilevanza scientifica specialmente per quanto riguarda il cervello,
con lelaborazione della loro tesi, basata sul concetto di struttura
modulare, che rende giustificazione alle differenze osservate tra i
cervelli di diversi pazienti; i cervelli non risultano organizzati tutti
allo stesso modo, in quanto i moduli che li formano possono
disporsi in maniera differente, da un soggetto allaltro. I successivi
esperimenti di Gazzaniga partirono proprio da questassunto di base
e per questo furono presi in esame diversi pazienti che presentavano
caratteristiche differenti, come quelli che mostravano competenze
linguistiche relegate nellemisfero destro. Tra i pazienti col cervello
diviso, infatti, Gazzaniga riscontr che nella maggior parte dei casi,

85

lemisfero sinistro continuava a verbalizzare come prima, mentre


lemisfero destro era muto; queste osservazioni confermavano
perfettamente gli studi tradizionali, assertori della dicotomia
cervello destro - cervello sinistro. I suoi lavori andarono, per,
oltre, cercando di dare delle risposte ad alcuni comportamenti del
soggetto che non rientravano nelle osservazioni tradizionali. In un
esperimento, condotto con la collaborazione di Le Doux e Wilson
(1979), si presentarono al soggetto due problemi concettuali da
risolvere: mentre due immagini venivano proposte separatamente,
agli emisferi, si chiedeva al soggetto di dare una risposta indicando
dei

cartoncini,

che

rappresentavano

un

collegamento

con

limmagine. Naturalmente, la mano destra sceglieva il collegamento


con limmagine osservata dallemisfero sinistro e quella sinistra il
collegamento osservato dallemisfero destro; quando poi, si
chiedeva di spiegare le due scelte, il soggetto attribuiva entrambe a
ci che aveva visto la parte sinistra del cervello, perch essa utilizza
il linguaggio ma non al corrente dellinformazione giunta allaltra
met. La tesi dello studioso in grado di giustificare tale
atteggiamento, che il cervello umano chiamato ad interpretare e
a spiegare fenomeni reali, costruendo una teoria adatta. Il nostro

86

senso di consapevolezza soggettiva dipende dalla necessit del


nostro emisfero sinistro dominante di spiegare le azioni intraprese
da uno qualsiasi dei molteplici sistemi mentali che dimorano dentro
di noiQuesti sistemi che coesistono con il sistema linguistico,
non sono necessariamente in contatto con i processi di linguaggio,
prima dellesecuzione di unazione. Una volta che vengono
intraprese le azioni, lemisfero sinistro osservando i diversi
comportamenti, costruisce una storia relativa al significato, e questo
a sua volta diviene parte del sistema di comprensione linguistica di
una persona (Gazzaniga, 1983).
Questi studi con soggetti dal cervello diviso servirono
allelaborazione di una teoria sul cervello normale, organizzato,
quindi, in sistemi di elaborazione modulari, i quali si esprimono
solo attraverso lazione e non mediante la comunicazione verbale.
Lemisfero sinistro, dominante, dunque, doveva interpretare i
comportamenti manifesti e le risposte emotive, che scaturivano da
questi moduli mentali separati. Per sostenere questa teoria,
Gazzaniga esegu alcuni esperimenti con dei pazienti normali, cui
per veniva addormentato un emisfero. Tutto ci era reso possibile
dal test di Wada, tecnica inventata da Juin Wada (1962),

87

neurochirurgo canadese, che attraverso liniezione, nelle arterie


cerebrali, di un anestetico (lAmytal sodico) ad azione breve,
permette di addormentare lemisfero sinistro, addormentando
conseguentemente anche la met controlaterale del corpo; si capisce
bene che da tale situazione si possono trarre importanti indicazioni
circa l'organizzazione cerebrale. Ponendo, infatti, un cucchiaio nella
mano sinistra del paziente, e, chiedendogli, dopo leffetto
dellanestetico, di identificare verbalmente loggetto, egli appare
oltremodo perplesso e non sa pronunziare parola. Se gli si presenta
un gruppo di oggetti, e gli si chiede di indicarlo, egli riconosce
immediatamente il cucchiaio (Gazzaniga, 1989). In questo caso, il
paziente adopera lemisfero sinistro per teorizzare sui movimenti
avviati dal destro: tutto ci possibile perch linformazione ,
comunque, codificata dal cervello, in uno dei moduli mentali che ,
per, sprovvisto di linguaggio; essa pronta, capace di esprimersi
nel movimento, anche se inaccessibile al sistema linguistico.
Linformazione , infatti, immagazzinata in moduli: Questi moduli
possono calcolare, ricordare, provare emozioni, agire, in modo da
non dovere necessariamente essere in contatto con il linguaggio

88

naturale e coi sistemi cognitivi, che sottendono la privata esperienza


cosciente di ciascuno di noi (Gazzaniga, 1989).
Qualcosa che poteva mutare queste idee di base, avvenne
dopo il 1978, quando alcuni pazienti mostrarono lemisfero destro
capace di funzioni linguistiche. Sottoponendoli, infatti, alla
proiezione di una serie di diapositive di parole, quando si chiedeva
loro di fare un riassunto circa ci che avevano letto, le parole
presenti nel campo visivo destro erano subito riferite esattamente,
mentre quelle del campo sinistro non risultavano esposte in modo
chiaro e dettagliato. Alla richiesta di disegnare un oggetto
presentato nel campo visivo sinistro, nonostante la risposta verbale
fosse stata: Non ho visto nulla, la mano sinistra disegnava
loggetto. Tutto ci dimostrava che anche lemisfero destro
presentava potere di linguaggio, e le sue mancanze erano inerenti
al fatto che il destro non riusciva a compiere uninferenza tra due
parole presentate o a risolvere semplici problemi matematici.
Possedere il sistema linguaggio non significa, dunque, avere una
ricca attivit cognitiva. Vi sono, in altre parole, diversi sistemi
responsabili dello sviluppo di processi che il linguaggio,
successivamente, riferisce.

89

La teoria di Gazzaniga non fu certo esente da critiche, visto


che, ad esempio, Shallice (1990) defin inadeguate le sue
argomentazioni.
Per il neuropsicologo del Medical Research Council di
Cambrige adottando tali convincimenti, bisogna credere che anche
per il soggetto normale non ci sono di solito delle informazioni
disponibili per il sistema cognitivo sullantecedente causale di
unazione e in pi, non vi sono dati che attestano lesistenza di un
mezzo grazie al quale una parte del sistema potrebbe operare
indipendentemente dal resto producendo delle azioni che hanno
cause sconosciute al resto del sistema. Tutta la critica mira
comunque ad una sola conclusione, ossia che il comportamento dei
pazienti con cervello diviso pu essere fuorviante per la
comprensione della funzione normale! (Shallice, 1990).
Gazzaniga continu tuttavia ad essere un convinto assertore
dellesistenza dei moduli mentali come effettive componenti del
cervello anche alla luce delle nuove prove fornite dagli esperimenti
condotti; uno di questi, esamina il paziente J. W. cui era stata
sezionata la parte posteriore del corpo calloso che collega i due lobi
occipitali. Durante l'esperimento venivano presentati, sempre per

90

tempi brevissimi, immagini dogni genere alluno e allaltro


emisfero; subito dopo loperazione, gli stimoli mostrati allemisfero
destro erano descritti con scarsa precisione, mentre col passare del
tempo, i risultati miglioravano. Lo sperimentatore si chiedeva cosa
fosse successo e giunse alla conclusione che alcuni moduli, che
trattavano i vari attributi dello stimolo, erano ancora collegati col
cervello sinistro. Prova di ci era il fatto che il paziente avvertiva la
presenza di qualche immagine nella mente anche se non sapeva
dare una descrizione precisa di essa; tutto ci avveniva perch
lemisfero sinistro acquisiva ancora dei frammenti dinformazione
per i quali azzardava una congettura. Quando, infatti, fu praticata la
completa resezione del corpo calloso, J. W. perse la capacit di
assegnare un nome agli stimoli presentati allemisfero destro: Era
come se i moduli separati che nel cervello destro elaboravano i
correlati cognitivi degli stimoli non potessero pi accedere ai
restanti sistemi di collegamento interemisferico (Gazzaniga, 1989).
Altra conferma per la sua teoria si riscontr con un altro
esperimento: lo studioso lavor con un paziente, V. P., che
possedeva due parti minime di commissure, una del corpo calloso
posteriore ed una di quello anteriore, ancora intatte (informazione,

91

questa, ottenuta grazie alla risonanza magnetica nucleare, RMN).


La parte posteriore, coinvolta nelle funzioni visive, avrebbe dovuto
fornire le informazioni percettive, raccolte con lemisfero destro, al
sinistro s da rendere possibile la descrizione delloggetto, mentre
quella anteriore sarebbe dovuta intervenire per trasmettere
linformazione semantica per giudicare se due parole erano o no
collegate fra loro. Il soggetto non era capace di compiere ci che ci
si attendeva, quasi che la parte residua del corpo calloso non fosse
sufficiente a sorreggere queste attivit. Insistendo per con questo
paziente, Gazzaniga ottenne dei risultati che lui stesso defin
affascinanti: solo quando era presentata una coppia di parole affini
sia visivamente che foneticamente, il soggetto esprimeva il giudizio
esatto. La conclusione era che le due parti del corpo calloso erano
sufficienti per integrare linformazione incrociata, quando
entrambi i sistemi lavoravano insieme e in parallelo.

92

CAPITOLO TERZO

ASIMMETRIE MORFOFUNZIONALI NEI VERTEBRATI


INFERIORI E SUPERIORI.

3.1. Introduzione.

Lo studio sinora condotto porta alla conclusione che la


dicotomia tra i due emisferi non cos spiccata come era sostenuto
dai primi ricercatori. Indubbiamente sono presenti asimmetrie

93

funzionali in stretta correlazione con le asimmetrie morfologiche,


ma ci non implica necessariamente un rapporto dicotomico, che si
manifesta con una chiara dominanza della parte sinistra sulla destra,
o comunque di una parte su unaltra.
La nozione di dominanza emisferica, proposta per la prima
volta da Jackson (1868) e sorta, soprattutto, in considerazione del
linguaggio, rimase in auge fino alla fine dei nostri anni sessanta. Le
considerazioni

iniziali

vennero

successivamente

analizzate

criticamente e si adottarono nuovi punti di vista; il linguaggio


cominci ad essere inteso come una funzione tra le altre e si giunse
alla conclusione che la relazione tra i due emisferi variava secondo
quale particolare funzione si prendeva in considerazione; proprio
per questo sembr pi appropriato parlare di asimmetria funzionale
anzich di netta dominanza.
Certo gli studi sperimentali diedero evidenza del fatto che
lemisfero sinistro era specializzato in funzioni complesse e nel
controllo del linguaggio, mentre quello destro era addetto alla
percezione di materiale non verbale e alla manipolazione delle
relazioni spaziali, ma tutto ci si intese nel senso di una stretta

94

collaborazione in vista di un fine determinato: la perfetta


organizzazione cerebrale.
Il vecchio concetto di dominanza si basava su alcune
affermazioni che comprendevano i seguenti punti:
1) Le asimmetrie cerebrali delluomo e quelle degli animali sono
equivalenti da un punto di vista anatomico;
2) Le asimmetrie funzionali sono una caratteristica speciespecifica delluomo. Gli emisferi cerebrali delluomo, a
differenza di quelli degli altri animali, svolgono funzioni
differenziate.
3) Nei soggetti destrimani, la diversit funzionale dei due emisferi
da ricondurre al fatto che lemisfero di sinistra svolge tutte le
funzioni cognitive e prassiche di ordine superiore, e viene
pertanto chiamato emisfero dominante. Gli emisferi cerebrali
sono invece equivalenti per quanto riguarda le funzioni
elementari di senso e di moto;
4) Nei mancini lorganizzazione corticale delle funzioni superiori
esattamente speculare a quella osservata nei destrimani;
(Umilt, 1995).

95

Le tendenze attuali hanno posto in discussione tutti gli


enunciati delle prime teorie, primo fra tutti, la negazione di
asimmetrie morfofunzionali in specie non-umane.
Numerose

evidenze

sperimentali

supportano

tali

affermazioni; la pi antica asimmetria morfologica documentata


risale a ben seicento milioni di anni fa; infatti, i precursori dei
Cordati, i calcicordati del periodo Cambriano, appaiono essere
molto asimmetrici nella regione della testa (Jefferies e Lewis, 1978
citato in Vallortigara, 1994). Anche la pi antica asimmetria
comportamentale di cui abbiamo notizia risale allo stesso periodo, i
fossili di trilobiti (antichi crostacei, oggi estinti, imparentati alla
lontana coi moderni limuli) presentano tracce di ferite sanate, nella
maggioranza dei casi (oltre il 70%), sulla parte inferiore destra del
corpo (Babcock e Robinson, 1989 citato in Vallortigara, 1994).
Tutto ci suggerirebbe la tendenza ad affrontare il predatore
girandosi verso sinistra, oppure lattitudine da parte del predatore di
attaccare la vittima prevalentemente dal suo lato destro, forse in
relazione allocchio adoperato per fissare la preda.
Oggi sappiamo che sia uccelli che mammiferi manifestano il
fenomeno delle asimmetrie cerebrali e comportamentali; forse

96

pressioni evolutive simili ne hanno determinato la comparsa, in


modo indipendente in ogni specie ma pi verosimile pensare che
potrebbero essere state ereditate da comuni antenati rettiliani.
Le

pi

recenti

ricerche

di

tipo

comparativo

sulle

lateralizzazioni cerebrali hanno pertanto come fine laccertamento


di asimmetrie nelle specie appartenenti alle classi di vertebrati
inferiori (pesci, anfibi, rettili).
Limportanza dello studio comparativo risiede non tanto nel
fatto che grazie ad esso si sono ricavate preziose informazioni che
per ovvie ragioni etiche non sarebbero potute essere tratte dal solo
studio del cervello umano (con sperimentazioni di tipo invasivo, ad
esempio), quanto nel fatto che si potuto capire perch nel corso
dellevoluzione sia comparso il fenomeno della lateralizzazione
cerebrale, quali siano state le pressioni evolutive che ne hanno
consentito lemergere, perch talune funzioni possono coesistere in
un emisfero e altre no.
A questi interrogativi, infatti, non possono rispondere le
teorie che si basano solo sullo studio delluomo e che partono dal
presupposto che le asimmetrie cerebrali siano una conseguenza del
linguaggio verbale.

97

3.2. Pesci, anfibi e rettili.

La valutazione di comportamenti lateralizzati nei pesci si


avvale di tecniche particolari in grado di verificare latteggiamento
dei soggetti in un comportamento abituale, la fuga. Importanti
considerazioni si sono tratte, ad esempio, dallosservazione delle
cicatrici esterne, che rappresentano un indice dei colpi inferti dai
predatori.

Nei

Coregoni

(Coregonus

nasus

Coregonus

clupeaformis) le cicatrici riscontrate erano di tre tipi: piccole e


rotonde, causate probabilmente da parassiti marini; larghe e
rotonde, causate probabilmente da tentativi di cattura nelle reti, e,
infine, cicatrici da taglio. Tali ferite comparivano sempre sul lato
sinistro e sotto la linea laterale, fatto questo indicativo della
presenza di lateralizzazione nel comportamento di fuga in questa
specie. Cantalupo, Bisazza e Vallortigara (1995) hanno osservato
latteggiamento di un pesciolino dacqua dolce, il Girardinus
falcatus, in una situazione di deviazione di fronte ad un falso

98

predatore. In quelloccasione venne utilizzata unattrezzatura


sperimentale consistente in un serbatoio bianco di plexiglas con un
lato trasparente (tale che i pesci potessero vedere i predatori) e con
il lato superiore chiuso. Il falso predatore, una forma ellissoidale
bianca, con tre zone scure a rappresentare un paio di occhi e la
bocca, era fissato nellestremit inferiore del plexiglas con un
perno, in modo da poter essere rapidamente alzato e presentato al
pesciolino. Lapparizione improvvisa della sagoma produceva un
brusco scatto laterale seguito dalla fuga. I risultati furono i seguenti:
i piccoli esemplari mostravano una tendenza, a livello di
popolazione, a fuggire verso destra durante le prime presentazioni
dello stimolo; la tendenza a mano a mano diminuiva per giungere a
rovesciarsi: dopo quattro sessioni di una sessantina di prove
ciascuna, infatti, i pesci fuggivano verso sinistra. Gli esemplari
adulti mostravano simili asimmetrie con la differenza che quella
iniziale era meno pronunciata (probabilmente lesperienza dei
soggetti con veri predatori determinava ci). Difficile era trarre
delle conclusioni circa il tipo di asimmetria, ossia motorio o
sensoriale, ma ci che interessava era documentare tali fenomeni e

99

condurre, su queste prime indicazioni, nuovi esperimenti per


confermarle e spiegarle.
A tal fine, altri tipi di pesci sono stati osservati: il pesce zebra
(Brachidanio rerio) usa preferenzialmente locchio sinistro per
fissare stimoli nuovi; il pesce gatto (Ictalurus punctatus) adopera la
pinna pettorale sinistra per produrre i suoni stridulatori tipici della
sua specie: negli esemplari di questa specie , infatti, presente il
canale dellapparato stridulatore dove avviene un processo di
allargamento del primo muscolo pettorale sulla colonna vertebrale,
per produrre i suoni caratteristici. Su venti esemplari di questa
specie nove usavano la pinna sinistra, uno solo la destra e gli altri
usavano indifferentemente luna o laltra: ci significa che il 50%
della popolazione risultava lateralizzato (Fine et al., citato in
Vallortigara e Bisazza, 1997).
Vallortigara e Bisazza hanno studiato la preferenza di
rotazione, durante il nuoto nei Mosquitofish osservando che le
femmine ruotavano in senso orario durante la mattinata ed in senso
antiorario nel pomeriggio. Tali preferenze sembrano derivare da
meccanismi di orientamento, visto che, questi soggetti, nel loro
ambiente naturale, sfruttano la posizione del sole per capire la loro

100

distanza dalla costa, e quindi la profondit delle acque, per sfuggire


ad eventuali predatori. I pesci osservati mantenevano quelle
posizioni che variavano dal mattino al pomeriggio, proprio per
osservare il sole. Oltre ai meccanismi di orientamento, per, alla
base di un simile comportamento risiede anche una lateralizzazione
a livello individuale che deriva da unasimmetria neurale.
Anche nei rettili e negli anfibi sono state riscontrate delle
chiare forme di lateralizzazione. Interessanti sono state le
osservazioni condotte presso lUniversit del Connecticut sul
camaleonte americano (Anolis). Questi animali affrontano spesso
gli altri maschi in scontri aggressivi, e durante la ricerca stato
osservato quale era il lato preferito per pararsi dagli attacchi: gli
esemplari esaminati prediligevano fissarsi con locchio sinistro
durante tali scontri (Vallortigara e Bisazza, 1997).
La Rana pipiens, studiata da ricercatori del Tennessee, emette
dei suoni caratteristici per comunicare con i propri conspecifici. Se
un maschio viene montato per sbaglio da un altro maschio, questi
si difende emettendo dei vocalizzi, che sembrano esser mediati dai
neuroni dellarea pretrigeminale (localizzati anteriormente ai bordi
del

tetto

ottico

del

cervelletto).

Inducendo

quindi

la

101

vocalizzazione

in

gruppo

di

rane

con

lesione

allarea

pretrigeminale, fu notato che lemissione di vocalizzi era minore


quando

la

lesione

interessava

larea

sinistra.

Gli

anfibi

dimostravano, dunque, una dominanza delle strutture cerebrali


sinistre nel controllo della produzione delle loro vocalizzazioni
specie-specifiche (coinvolgimento delle strutture di sinistra in tale
funzione, che verificheremo ripetersi anche in altri animali,
soprattutto nelluomo).
Uno degli aspetti che viene preso in considerazione nella
ricerca di lateralizzazione nei vertebrati inferiori, luso dellarto.
Alcune specie di anfibi, in particolar modo, sono stati
osservati mentre venivano loro sottoposti due tipi di test. Cantalupo
et al. (1996) hanno studiato il rospo comune, Bufo bufo, mentre
cercava di liberarsi sia di un palloncino di gomma che gli ricopriva
tutta la testa sia di una strisciolina di carta incollata sul muso. I
risultati furono molto importanti dal momento che in entrambi i
tests, gli esemplari esprimevano una forte preferenza, a livello di
popolazione, per la zampa destra. Fu proposta, cos, unipotesi per
la quale tale preferenza doveva esser associata allasimmetria
anatomica che interessa lo stomaco del rospo, ma fu ritenuta

102

improbabile dagli stessi autori visto che unaltra specie (Bufo


marinus) non dimostrava asimmetria in questi tests. Ci non
significava che questa specie non fosse lateralizzata; in un test in
cui gli animali erano posti con la pancia rivolta verso lalto, essi
utilizzavano prevalentemente la zampa destra per agganciarsi ad un
supporto che li aiutasse a rigirarsi. Tale asimmetria risult,
addirittura, quantitativamente pi pronunciata rispetto a quella che
interessava la specie Bufo bufo.

3.3. Uccelli.

Abbiamo gi detto come gli studi del secolo precedente


avevano appoggiato la convinzione che le asimmetrie cerebrali
negli animali fossero equivalenti da un punto di vista anatomico, ed
inoltre che le asimmetrie di funzione fossero specie-specifiche

103

delluomo, vale a dire totalmente inesistenti negli animali. A tal


proposito, la classe di vertebrati maggiormente studiata stata
quella degli uccelli.
La prima dimostrazione di asimmetria funzionale risale al
1971, quando Fernando Nottebohm rilev nel canarino domestico
come lipoglosso di sinistra fosse responsabile del controllo canoro.
Negli uccelli canori la siringe, ossia lorgano periferico che
presiede alla produzione del canto, costituita da due met
simmetriche, le quali possiedono, ognuna per proprio conto, la fonte
per la produzione dei suoni, indipendentemente innervata dai nervi
ipoglossi. Lautore dimostr che la sezione dellipoglosso di sinistra
portava alla perdita completa del canto, che restava, invece,
immutato con la sezione dellipoglosso di destra. Inoltre Nottebohm
not che la funzione poteva essere assunta dallipoglosso di destra
nel caso in cui la sezione fosse avvenuta in un periodo anteriore alla
completa stabilizzazione del canto (Nottebohm, 1979, citato in
Vallortigara, 1994). Allepoca a questa scoperta non fu data
particolare importanza, suscit qualche curiosit ma fu considerata
come una sorta di bizzarria evolutiva.

104

La dominanza ipoglossale sinistra fu invece verificata anche


in varie altre specie di uccelli: nel fringuello e in diversi
passeriformi (Leman, 1973).
Altre indicazioni riguardano un tipo di lateralizzazione per la
percezione del canto; una lesione, infatti, al nucleo talamico sinistro
in una specie di fringuello (Taeniopygia guttata castanotis) lascia
inalterata la capacit di canto ma inibisce la discriminazione tra due
canti familiari, diversamente da una lesione al nucleo talamico
destro che non produce particolari effetti (Nottebohm et al., 1990
citato in Vallortigara, 1994).
Abbiamo gi affermato che il pappagallo non dimostra
lateralit per il canto, eppure si riscontrata una preferenza per
larto sinistro, in compiti di manipolazione del cibo, allinterno di
questa specie. In uno studio condotto da Friedman e Davis (1983)
con venti soggetti di quindici specie differenti, si rilevato luso
dellarto destro soltanto per tre di essi, di tre specie differenti.
Rogers (1980) ha riscontrato che otto sulle nove specie di
pappagalli australiani esaminati mostravano un uso preferenziale
per la zampa sinistra nella prensione del cibo, dunque solo una
specie sceglieva la destra.

105

Cannon (1983) ha riscontrato preferenza per larto destro in


due altre specie appartenenti alla famiglia dei pappagalli. Purtroppo
ancora non sono chiari i motivi per i quali alcune specie
privilegiano luso dellarto destro mentre la maggior parte quello
dellarto sinistro. Probabilmente la scelta collegata al tipo di cibo
che mangiano e da come si nutrono; infatti, luso preferenziale della
zampa stato riscontrato maggiormente nel caso in cui i pappagalli
si nutrivano mentre stavano appollaiati su un albero rispetto a
quando mangiavano a terra (Nos e Camerino, 1984). C da dire
che nel pappagallo proprio larto destro da considerarsi il maggior
organo manipolatorio, quindi quello sinistro fungerebbe da
supporto.
Walker (1980) propose unipotesi in base alla quale la
preferenza per un arto emerge solo in quelle specie che usano gli
arti per compiti manipolativi, come il nutrirsi. I piccioni, ad
esempio, non si aiutano con le zampe per cibarsi e allo stesso tempo
non manifestano una spiccata preferenza dellarto: da un
esperimento di Gunturkun, Kesch e Delius (1988), emerse lassenza
di preferenza in piccioni impegnati nel tentativo di rimuovere un
pezzo di nastro adesivo dal loro becco. Da tale prova, gli autori

106

conclusero che la preferenza non dipende dal tipo di compito ma


dalla specie, visto che i pappagalli osservati nello stesso compito
usano il loro arto preferito. Daltro canto in esperimenti differenti
condotti da Davies e Green (1991) i piccioni dimostrarono
preferenza: erano osservati mentre spiccavano il volo e mentre
atterravano, e, soprattutto nella seconda fase, prediligevano una
zampa. Gli autori collegarono tale preferenza alla maggiore
difficolt presente nellatterraggio rispetto a quelle che cerano
nello staccarsi il nastro adesivo dal becco.
Anche i pappagallini vennero testati con questultima prova
perch sono pappagalli che non usano le zampe per nutrirsi: gli
esemplari non diedero prova di preferenza, indice questo che
rafforzava lipotesi per la quale la lateralit si riscontra solo con
specie che manipolano oggetti (Rogers e Workman, citato in
Bradshow e Rogers, 1993). Questipotesi non venne per
confermata da esperimenti condotti con una specie che non usa le
zampe per manipolare direttamente gli oggetti, ossia il pollo
(Gallus gallus) cosi come il pulcino. La ricerca si svolse osservando
i polli mentre raspavano il terreno in cerca di cibo ed emerse una
chiara tendenza a preferire la zampa destra (68%); successivamente

107

vennero sottoposti al compito del nastro adesivo e la tendenza gi


osservata si rilev rafforzata (84%) (Rogers, 1989). Questa
preferenza fu subito correlata alla migliore abilit dellocchio destro
riscontrata da Parson e Rogers. I due autori avevano indagato il
ruolo di alcune strutture cerebrali per alcune funzioni lateralizzate
osservando polli con la commissura del tetto ottico e posteriore
sezionata; venivano presentati loro dei chicchi tra i quali ve ne era
uno rosso e i polli che agivano con un sol occhio si comportavano
nel modo seguente: con quello destro lo beccavano ogni volta,
diversamente

che

con

quello

sinistro.

Sicuramente

simili

atteggiamenti dipendono da funzioni visive presidiate da sistemi


strutturali che purtroppo non sono ancora ben delineati (Bradshow e
Rogers, 1993). Anche il pulcino evidenzi una forte preferenza sia
nel test del nastro adesivo sia nel raspamento del terreno, e questo
venne attribuito alla differente specializzazione dei due emisferi: il
sinistro predisposto alla localizzazione spaziale del cibo o di altri
oggetti, il destro alla categorizzazione degli oggetti come cibo o
non-cibo.
Interessanti si dimostrarono i risultati prodotti grazie ad un
compito conosciuto come pebble floor task, con cui Lesley

108

Rogers, negli anni settanta, scopr lasimmetria nel cervello del


pulcino. Durante il test si osservavano gli effetti della
somministrazione di un inibitore della sintesi delle proteine, la
cicloesammide che iniettato in un emisfero ne causava la completa
disattivazione (Vallortigara, 1997). Lesperimento prevedeva la
discriminazione di sassolini dal cibo, capacit che il pulcino
acquisiva

dopo

poche

beccate,

ma

che

perdeva

se

la

somministrazione dellinibitore riguardava lemisfero sinistro. I


pulcini trattati rispondevano in modo del tutto casuale, incapaci di
discriminare i sassolini dai granelli di cibo.
Le

stesse

conclusioni

si

ottenevano

occludendo

temporaneamente un occhio: i pulcini che usavano quello sinistro


erano incapaci di beccare solo i granellini di cibo. Ci si chiese allora
da cosa derivasse questa asimmetria nel cervello del pulcino, e si
pens, dapprima, ai soli fattori genetici, per poi prendere in
maggiore considerazione i fattori ambientali. Si osserv, infatti, che
lembrione del pulcino orientato nelluovo in modo tale che il suo
occhio sinistro coperto dal corpo, poich il capo risulta reclinato
sul lato sinistro ed , dunque, quello destro a ricevere pi luce.
Comparando uova incubate alla luce lasciandole allaperto rispetto

109

ad altre tenute al buio durante il periodo critico in cui la luce


sembra promuovere la crescita delle fibre nervose delle vie visive,
Rogers dimostr che pulcini nati dal secondo tipo di uova non
presentavano asimmetrie nel test gi descritto (citato in Vallortigara,
1997). La conclusione era dunque che lasimmetrica disposizione
alla luce allinterno delluovo produceva lidentica asimmetria nella
maggioranza degli individui; infatti, rovesciando sperimentalmente
la direzione dellasimmetria nelle uova, i pulcini eseguivano meglio
il pebble floor task utilizzando locchio sinistro anzich il destro.
Anche gli studi con i piccioni hanno fornito indicazioni
importanti. Sono state, infatti, riscontrate asimmetrie strutturali
negli strati pi profondi del tetto ottico, le cui cellule erano pi
larghe e con pi dendriti, la cui superficie neurale si delineava pi
estesa del 10% sul lato destro rispetto al sinistro. Al contrario gli
strati meno profondi del tetto ottico avevano cellule pi larghe sul
lato sinistro. Gli autori dedussero che il tetto ottico sinistro avrebbe
inibito quello destro e per verificare tali ipotesi condussero alcuni
esperimenti con piccioni addestrati a svolgere determinati compiti,
in condizioni di visione binoculare; i risultati confermarono
lipotesi: gli esemplari che si muovevano con lausilio del solo

110

occhio destro effettuavano un numero maggiore di beccate rispetto


a quelli che vedevano solo con locchio sinistro (Gunturkun et al.,
1992).
Si riscontr cos una diretta correlazione tra asimmetria
anatomica ed asimmetria di funzione, presente sia per le femmine
che per i maschi.

3.4. Topi e ratti.

Molte sono le asimmetrie anatomiche riscontrate sia nel


cervello dei topi che dei ratti. I lavori pi importanti sono stati
eseguiti con lintenzione di far emergere le differenze tra i due
emisferi, e per far ci Diamond et al. (1982; 1983) hanno diviso gli
emisferi cerebrali in diverse sezioni e hanno misurato lo spessore
della corteccia in vari punti. Seguendo tale procedimento emersa
una notevole asimmetria risultando, infatti, la parte destra pi larga
del 7% rispetto a quella sinistra. Ponendo in relazione livelli di
androgeni plasmatici e misura di alcune strutture cellulari, in

111

esemplari pi vecchi (900 giorni di et) e che quindi avevano


bassissimi livelli androgeni, questa asimmetria non era pi presente,
e lo stesso si manifestava anche in topi castrati; esattamente il
contrario di quanto avveniva nei maschi con normali livelli di
testosterone plasmatico.
Altro interessante elemento si dimostr la configurazione
morfologica delle femmine rispetto ai maschi, poich queste
presentavano asimmetria nella corteccia ma era lemisfero sinistro
ad essere pi largo del destro. Come conseguenze di simili
osservazioni gli autori postularono che gli estrogeni potevano
inibire la crescita della corteccia destra ed, infatti, riscontrarono una
pi cospicua presenza di ormoni proprio nella parte destra.
Ancora altre misurazioni di parti cerebrali hanno indicato in
pieno accordo che lintero emisfero sinistro notevolmente pi
largo e pi pesante del destro, in particolar modo nei maschi della
specie (Kolb et al., 1982; Sherman e Galaburda, 1984). In molti
esemplari si riscontrata asimmetria morfologica nellippocampo,
indicazione importante questa, viste le molte funzioni attribuite a
tale struttura (formazione della memoria, comportamento emotivo,
orientamento spaziale). Lo stadio degli studi non ci permette di

112

legare chiaramente le asimmetrie anatomiche alle funzioni, ma ci


consente di evidenziare quelle che sono le asimmetrie funzionali in
queste specie e di azzardare qualche particolare collegamento, che
deve essere verificato con ulteriori esperimenti.
Sia i topi che i ratti mostrano una preferenza per luso di un
arto che viene comunemente detta pawedness (preferenza della
zampa), verificata gi nel 1975 da Collins, grazie ad un test
particolare; tale preferenza non era estesa a livello di popolazione
ma caratterizzava fortemente i singoli esemplari. Signore et al.
(1991) hanno ripetuto il precedente esperimento ed hanno ottenuto
gli stessi risultati, evidenziando una maggiore lateralizzazione nelle
femmine rispetto ai maschi.
Successivamente

altri

studiosi

hanno

riscontrato

una

relazione tra la direzione della pawedness e le dimensioni del corpo


calloso: la preferenza per la zampa sinistra si riscontrava in
esemplari dal corpo calloso molto piccolo, a livello di popolazione
(Schmidt, Manhaes e de Moraes, 1991). Un esperimento (Gruber et
al., 1992) con due gruppi di topi, uno dal corpo calloso mancante
laltro normale, ha messo in luce una maggiore lateralizzazione per
il gruppo normale e ci ha supportato lipotesi per la quale proprio

113

il corpo calloso media linibizione di un emisfero da parte dellaltro


e, cos facendo genera lateralizzazione (Denenberg, 1981).
Chiaramente tale struttura gioca un ruolo importante nella
preferenza di arto, ma non la sola; misurazioni di parti cerebrali
hanno evidenziato che individui con una forte lateralizzazione erano
caratterizzati da una pi larga asimmetria in quattro zone della
corteccia (Lipp, Collins e Nauta, 1984).
Ward e Collins (1985) hanno indicato, inoltre, che esemplari
con il cervello pi pesante presentavano una lateralizzazione
maggiore, e questi risultati sono stati confermati da Cassells et al.
(1990), i quali hanno osservato, in pi, che il gruppo maggiormente
lateralizzato presentava larea centrale del corpo calloso pi larga,
ma che quando essa era espressa in relazione al peso del cervello,
non risultava determinante per una pi marcata lateralizzazione. La
conclusione era dunque, che la differenza nel peso del cervello tra
i gruppi fortemente e debolmente lateralizzati, un importante
termine di correlazione della differenza nella forza di pawedness,
ma non della differenza nella misura del corpo calloso per s
(Bradshaw e Rogers, 1993).

114

Oltre a tale forma di lateralizzazione stato osservato il


movimento in circolo di ratti, che si manifesta con una marcata
preferenza di lato a livello individuale e non di popolazione. Met
della popolazione, infatti, predilige girare in senso antiorario e met
in senso orario, e tale atteggiamento sembra esser collegato al
livello di dopamina presente nella regione nigrostriatale; un danno
unilaterale a tale zona porta il topo a ruotare verso il lato colpito
dalla lesione ed uniniezione di anfetamina, per esempio, potenzia
tale atteggiamento (Jerussi e Glik, 1976). Da queste osservazioni gli
autori conclusero che la direzione del movimento rotatorio nei
soggetti normali determinata da un pi basso livello dellattivit
dopaminergica nello stesso lato, verso il quale il ratto gira. E stato
inoltre riscontrato che lasimmetria nella regione nigrostriatale
presente per il 90-95% dei ratti (Glick, Jerussi e Zimmerberg,
1977). Lasimmetria nel movimento rotatorio risulta persistente,
visto che sebbene i soggetti vengono addestrati a ruotare nel verso
opposto al loro preferito, essi ritornano al loro movimento
spontaneo (Zimmerberg, Stumpf e Glick, 1978).
Ci che comunque merita maggiore attenzione lo studio di
quei comportamenti che risultano lateralizzati a livello di

115

popolazione, perch essi permettono al ricercatore di porsi in una


prospettiva comparativa con luomo, migliore dal momento che la
natura dei comportamenti lateralizzati (linguaggio, uso manuale),
nella specie umana, caratterizzata dallessere estesa alla
popolazione e non limitata al singolo individuo.
Un comportamento che risultato lateralizzato a livello di
popolazione, il controllo del livello di attivit. Durante gli
esperimenti si procedeva ostruendo larteria cerebrale di una delle
due parti emisferiche, oppure lesionando la regione corticale
frontale di un emisfero. Se uno dei due procedimenti veniva
eseguito sul lato destro del cervello si riscontrava iperattivit nel
soggetto, mentre se veniva applicato allemisfero sinistro non si
notava alcun effetto (Robinson, 1979; Pearlson e Robinson, 1981).
Inoltre tale asimmetria non era presente n in soggetti maschi
in fase prepubertale o castrati, n nelle femmine: gli sperimentatori
conclusero dunque che, probabilmente, ci era dovuto agli effetti
dellormone testosterone sullo sviluppo del cervello.
Un trattamento, infatti, con tale ormone in maschi castrati
ristabiliva lasimmetria (Starkstein et al., 1989).

116

Questi dati raccolti circa il livello di attivit dimostra


chiaramente che il controllo di tale aspetto comportamentale
presente nel cervello dei ratti e che lo sviluppo dellasimmetria
influenzato, oltre che dalle prime esperienze, anche dalle condizioni
ormonali.
Altre indicazioni importanti sono state ricavate da Sherman et
al. (1980) con esperimenti che prevedevano gruppi sottoposti a
trattamento nei primi giorni di vita e gruppi non trattati, al fine di
indagare il controllo delle abilit spaziali. Gli autori hanno indagato
la preferenza direzionale che gli esemplari mostravano svoltando ad
un angolo: questa appariva lateralizzata ed influenzata dal
trattamento. Il gruppo trattato e con gli emisferi intatti dimostrava
una netta dominanza dellemisfero destro (svolta a sinistra), a
differenza dellaltro gruppo che non mostrava alcuna preferenza.
Avveniva inoltre che lasportazione dellemisfero destro, in soggetti
non trattati, provocava una preferenza per la svolta a destra che era,
per, molto debole. La conclusione era, dunque, che lemisfero
destro detiene, nei ratti, il controllo del livello di attivit spaziali.
Altri lavori di cui non forniamo, per ovvi motivi, una
descrizione dettagliata, sono giunti alla conclusione che lemisfero

117

destro specializzato nel controllo di comportamenti spaziali ed


affettivi, e che il sinistro pu sopprimere quello destro attraverso i
collegamenti interemisferici (Bradshaw e Rogers, 1993).
Lemisfero sinistro comunque specializzato nel processo di
riconoscimento delle vocalizzazioni specie-specifiche (Ehret, 1987)
e questa indicazione risulta di fondamentale importanza dal
momento che tale funzione dellemisfero sinistro potrebbe essere
alla base di un eventuale processo di evoluzione, al cui termine si
pone il processo di linguaggio nelluomo (localizzato proprio
nellemisfero sinistro). Anche la divisione dei compiti tra i due
emisferi sembra essere simile a quella che riscontriamo nelluomo:
una serie di importanti esperimenti ha rilevato, infatti, che
lemisfero sinistro specializzato nello svolgimento di processi per
trattare le informazioni sequenziali mentre quello sinistro di
processi che riguardano informazioni simultanee o parallele
(Bianki, 1988). Tale divisione tra gli emisferi non , naturalmente,
assoluta e bisogna considerare che la lateralizzazione cerebrale pu
esser modificata, per esempio, da stimolazioni ambientali. Emerge,
dunque, la necessit di verificare la correlazione, se esiste, tra la

118

lateralizzazione funzionale e le asimmetrie strutturali alterate da


fattori quali la stimolazione ambientale.

3.5. Altri mammiferi.

Per quanto riguarda altre specie di mammiferi esistono,


tuttoggi, informazioni meno importanti rispetto ai topi ed ai ratti, e
il motivo risiede nel fatto che questi ultimi sono pi studiati. Il
cervello di tutte le specie mammifere, tranne i marsupiali,
caratterizzato da un corpo calloso ben sviluppato che collega i due
emisferi e che gioca un ruolo fondamentale nelle asimmetrie
cerebrali; la commissura anteriore e quella ippocampale sono pure
responsabili,

probabilmente,

dellasimmetria

cerebrale,

ma

purtroppo, non conosciamo molto circa la loro specifica funzione, a


causa dei pochi studi che li riguardano.
Ci che potrebbe rivestire veramente una posizione
importante per lo studio delle asimmetrie lo studio del cervello dei
marsupiali, visto che presenta caratteristiche particolari. Il loro

119

cervello manca, infatti, del corpo calloso; inoltre le commissure gi


menzionate sono pi larghe e, addirittura, in un ordine, i
Diprotodonta, presente unaltra connessione interemisferica, il
fasciculus aberrans. Considerato inoltre il differente metodo di
riproduzione dei marsupiali, si pensa che questa specie potrebbe
rappresentare il soggetto ideale per indagare fattori che influenzano
lo sviluppo delle connessioni interemisferiche e il loro ruolo
potenziale nella lateralizzazione.
Specie pi studiate sono, invece, i gatti, i cani ed i conigli; si
osservato che, nei loro cervelli, lemisfero destro pi largo e pi
pesante del sinistro (Kolb et al., 1982). Sono state riscontrate molte
asimmetrie anatomiche relative alle fessure emisferiche, soprattutto
nella regione anteriore, in modo specifico nei gatti. Tali asimmetrie
anatomiche non erano, per, correlate alla preferenza di zampa,
visto che il loro significato funzionale oscuro; vale a dire che esse
potrebbero comparire anche per caso nel corso dello sviluppo del
cervello.
Per i conigli, il discorso sembra essere diverso dal momento
che la loro corteccia motoria e visiva nellemisfero destro contiene
molte pi zone di contatto sinaptico rispetto allemisfero sinistro

120

(Vrensen e De Groot, 1974) e questo indica che differenti processi


nel trattamento delle informazioni sono correlati alla maggiore
ampiezza che caratterizza lemisfero destro.
Nei cani, non stata riscontrata alcuna correlazione tra la
maggiore larghezza del loro emisfero destro e la maggiore
pesantezza del sinistro, come per i gatti, tra preferenza per una
zampa e asimmetrie strutturali (Tan e Caliskan, 1987).
In questi animali stata verificata la preferenza per luso di
una zampa anteriore: tra i gatti veniva prescelta quella sinistra, in
diversi compiti che prevedevano ricerca di cibo (Cole, 1955).
Risultati diversi furono ottenuti successivamente visto che i soggetti
adoperavano la zampa destra (Tan, Yaprak e Kutlu, 1990). Si
condussero, perci, ulteriori esperimenti che evidenziarono luso di
una zampa a livello individuale, ma senza significativa proporzione
a favore di un unico arto; solo nel caso in cui i soggetti venivano
divisi in maschi e femmine, emergeva una preferenza (54%) per la
zampa destra nei soli esemplari femminili. Per quanto riguarda i
cani si osservata una preponderante preferenza per la destra (57%)
rispetto alla sinistra (18%) (Tan, 1987).

121

I fattori che influenzano lo stabilizzarsi della preferenza per


la zampa, in questi animali, sono stati poco studiati, e ci che si sa
certamente che quando avviene la stabilizzazione, questa viene
mantenuta e rimane invariata anche innanzi a compiti pi
complessi.

PRIMATI

PROSCIMMIE

122

Lemuridi

Indridi

Lorisidi

Tarsidi

SCIMMIE ANTROPOIDI

Scimmie

Scimmie

Scimmie

Nuovo Mondo

Vecchio Mondo

Antropomorfe

Callitrichidi

Cebidi

Cercopitecidi

Ilobatidi

Pongidi Ominidi
Oranghi
Homo
Scimpanz
Gorilla

3.6. Primati non-umani.


I primati non-umani hanno sempre avuto un posto privilegiato
negli

studi

comparativi

perch

rappresentano

lo

stadio

123

filogeneticamente pi vicino alluomo, per cui tutto ci che li


riguarda strettamente inferibile alla specie umana nel contesto di
una visione evoluzionistica. Alla luce di ci lalta specializzazione
raggiunta dallarto umano parrebbe derivare da una graduale
evoluzione dellarto anteriore che gi nelle proscimmie assume
funzioni pi specifiche che non negli altri mammiferi ancorati ad una
vita terricola. Come ulteriore specializzazione, gi nelle proscimmie i
due arti assumono funzioni diversificate: larto sinistro usato in
situazioni di caccia e il destro funge da supporto posturale.
Tutto ci si svilupp ulteriormente in seguito, grazie forse al
pi straordinario mutamento anatomico (Lovejoy, 1988) avvenuto
durante il processo evolutivo: il bipedismo. Su tale evento si sono
concentrate le pi recenti teorie considerando, in particolar modo, gli
importanti cambiamenti della morfologia di ossa e muscoli, ed
inoltre la meccanica del movimento degli arti. Un confronto, per
esempio, tra la pelvi umana e quella dello scimpanz ha evidenziato
che nelluomo losso dellanca espanso trasversalmente, mentre
nello scimpanz espanso verticalmente. I maggiori studiosi
sostengono per tale ragione che il passaggio al bipedismo,
permettendo allarto superiore di liberarsi e di divenire, dunque,

124

strumento di manipolazione, porta in s un tale potenziale evolutivo


da far meritare a chi lo adott il riconoscimento di una distinzione
terminologica (Leakey, 1995).
Ancora oggi persiste linterrogativo che interessa il perch si
sia sviluppato il bipedismo e varie sono le ipotesi che vengono
proposte a risposta di tale domanda: c chi sostiene che sia emerso
soltanto per la necessit del trasporto di oggetti e non per la comodit
di locomozione in s; c chi invece lo considera un cambiamento
vantaggioso in s per affrontare condizioni ambientali in via di
trasformazione o come necessit per guardare oltre lerba alta
tenendosi cos pronti dinanzi ad attacchi di predatori. La risposta non
ancora emersa con certezza, e per tentare di scovarla sono necessari
ulteriori studi sui resti fossili che possediamo e che potrebbero
emergere da nuove ricerche.

3.6.1. Asimmetrie morfofunzionali nei primati non-umani.

125

Le strutture anatomiche del cervello dei primati non-umani


gi a livello delle Scimmie del Vecchio Mondo presentano molte
affinit con quelle delluomo. Ci, assieme a numerose altre
evidenze evolutive, sembra presumere lesistenza di un antenato
comune a scimmie ed esseri umani. I resti fossili di questo antenato
ancestrale mostrano la fessura di Silvio in posizione quasi verticale,
che assume, negli stadi evolutivi successivi, posizione orizzontale,
come riscontrabile nelluomo. Questa traslazione potrebbe esser
derivata dallo sviluppo del lobo parietale inferiore, specialmente
nellemisfero sinistro, che nelluomo serve a favorire lo sviluppo
del linguaggio, come conclusione di un processo di pre-adattamento
(Bradshaw, 1993). Nello specifico, molte sono le asimmetrie
anatomiche osservate nei cervelli dei Lemuridi, dei gorilla, dei
babbuini.
Tra i Lemuri si riscontra, nei due terzi delle specie prese in
considerazione, che la corteccia retrocalcarina la parte pi
asimmetrica, che comporta un maggior vantaggio per la parte
sinistra del corpo (De LaCoste, Horvath e Woodward, 1988).
Graves e Humprey (1973) hanno studiato i crani di gorilla di
costa comparandoli a quelli di montagna. In questi ultimi risulta che

126

il lato sinistro significativamente pi lungo, asimmetria


considerata per secondaria rispetto a quella relativa alla
masticazione, tendenzialmente operata sul lato sinistro. La specie di
costa, che possiede una struttura masticatoria meno sviluppata,
probabilmente

legata

alle

diverse

condizioni

alimentari

condizionate dal tipo di ambiente, non presenta tale asimmetria.


Uno studio condotto su sette esemplari di babbuini ha
evidenziato asimmetria nei lobi frontali; in sei esemplari il lobo
destro risultava pi lungo del sinistro.
Fra le scimmie propriamente dette si trovano asimmetrie
cerebrali molto pi simili a quelle umane, e le similarit aumentano
chiaramente dalle scimmie del Vecchio Mondo alle scimmie
antropomorfe (ad esempio laumento della prominenza del lobo
frontale destro e di quello occipitale sinistro negli scimpanz). Falk
et al. (1990) hanno misurato la lunghezza dei solchi corticali, in 335
esemplari

di

Resi,

grazie

ad

una

moderna

tecnologia

tridimensionale che ha permesso di modificare le osservazioni


precedenti. Si infatti riscontrata una direzione asimmetrica dei
lobi frontali con un significativo elongamento del destro in senso
orbitale e dorsolaterale; inoltre una sostanziale predominanza di una

127

parte del frontale sinistro. Questi studi rivestono particolare


importanza perch ripercorrono le tappe evolutive che portano alle
strutture definitive raggiunte nelluomo.
Altre indicazioni riguardano la corteccia prefrontale e il suo
coinvolgimento, soprattutto, in asimmetrie motorie riscontrato sia
nelluomo che nei primati non-umani. Importanti sono le
informazioni ricavate sempre attraverso la misurazione della fessura
di Silvio: negli scimpanz, negli oranghi, nei babbuini tale struttura
pi lunga nellemisfero sinistro sebbene la differenza minima
(Yeni-Komshian e Benson, 1976) e lestremit, come per gli umani,
pi grande nellemisfero destro (Cunningham, 1892).
Particolarmente discussa stata la questione circa la presenza
o meno delle asimmetrie gi evidenziate per le scimmie
antropomorfe

gi

esaminate;

utilizzando

la

tecnologia

tridimensionale Falk et al. (1986) hanno rilevato queste asimmetrie


anche in Macaco reso e in Macaco mulatta, ma misurazioni
successive non hanno dato gli stessi risultati. Inoltre Heilbroner e
Holloway (1988) hanno affermato che Macaco mulatta non
presenta asimmetrie nella parte della fessura di Silvio che
nelluomo risulta pi larga spiegando ci col fatto che tale

128

asimmetria nelluomo legata alla funzione linguistica. Gli stessi


autori hanno, comunque, riscontrato asimmetrie emisferiche nella
corteccia frontale, parietale e temporale in sessanta esemplari della
specie gi citata. Tali asimmetrie non riguardano n solchi coinvolti
in aree visive, n adiacenti alla regione citoarchitettonica omologa
allarea umana coinvolta nel linguaggio, ma solchi del lobo
parietale di conformazione maggiore nellemisfero sinistro.
STRUTTURE

S S=D D

Lunghezza della Fessura di Silvio


Misura del punto finale Fessura di Silvio

50
0

33
2

17
10

Scimpanz
Orango

Lobo frontale
Lobo temporale

1
0
0
5

4
5
1
25

4
2
6

Scimpanz
Gorilla
Babbuini
Scimmie V. Mondo

SPECIE

La tabella n.5 illustra alcune asimmetrie anatomiche in cervelli di specie non


umane. D = Destra; S = Sinistra.
Da: Geschwind e Galaburda, 1985.

3.6.2. Asimmetrie morfofunzionali nei primati umani.

129

Solo di recente si sono tratte conclusioni significative circa le


asimmetrie morfologiche presenti nel cervello umano: ancora nel
1962 Bonin concludeva, infatti, che le asimmetrie morfologiche
delle aree cerebrali umane erano cos lievi da non poter essere
correlate ad asimmetrie funzionali. Solo un decennio pi tardi
nuove ricerche furono intraprese per indagare sulla variabilit tra gli
individui e lontogenesi delle funzioni corticali (Bianki, 1988).
Lattenzione degli studiosi si focalizz sullo studio della fessura di
Silvio e delle strutture ad essa adiacenti, proprio perch tale
conformazione sembrava collegarsi direttamente allasimmetria
verificata tanti anni addietro tra lemisfero destro e sinistro per la
funzione linguistica da Broca. E per questo che gli studi seguenti
cercarono di rintracciare il correlato morfologico dellasimmetria
linguistica.
Nel 1968 Geschwind e Levytky mostrarono lesistenza di
asimmetria che interessava i lobi temporali superiori, in modo
particolare il piano temporale. Da una ricerca su cento cervelli
umani emerse che nel 65%di essi il piano temporale era pi largo
nellemisfero sinistro ed inoltre che la direzione e la lunghezza della
fessura di Silvio erano differenti tra i due lati del cervello. Le

130

conclusioni di tali indagini erano considerate importanti dal


momento che la struttura osservata era stata gi descritta come parte
dei processi linguistici trovandosi nellarea di Wernicke (Meyer,
1950). Geschwind e Levytky argomentarono inoltre che le
differenze morfologiche interemisferiche evidenziate erano tali da
essere compatibili con le asimmetrie del linguaggio e ci dette le
direttive alle indagini successive. J. Wada (1969) prese in
considerazione la prevalenza del piano temporale sinistro gi
presente in cervelli di bambini o addirittura a livello fetale, da ci si
dedusse che tale asimmetria non derivava sicuramente dallo
sviluppo dellattivit linguistica, ma poteva esser basata su
peculiarit morfologiche.
Pi specifici furono gli studi di Witelson e Pallie (1973) che
comparando cervelli adulti e di bambini in base alla misura degli
emisferi, videro che non cerano differenze sostanziali tra le
lunghezze dei piani temporali dei bambini rispetto agli adulti,
restandone immutate le proporzioni. LeMay (1976), grazie
allimpiego di moderne tecniche, stabil che nei destrimani il lobo
temporale e occipitale sinistro sono spesso pi larghi (quasi di
quattro volte), mentre il lobo frontale risulta pi ampio e/o pi

131

lungo nellemisfero destro (quasi di nove volte); inoltre, la


terminazione della fessura di Silvo (punto silviano) pi bassa a
sinistra. Nei mancini, invece, la distribuzione pi simmetrica dal
momento che la differenza tra le strutture delle due parti minima.
Una ristretta area coinvolta nelle funzioni linguistiche e
collocata sul piano temporale (TPT) pi larga a sinistra; questa
considerata

la

struttura

che

maggiormente

contribuisce

allasimmetria dellintero piano temporale ed una parte importante


del

substrato

anatomico

della

lateralizzazione

linguistica

(Galaburda et al., 1978); cos pure la regione sensoriale


multimodale connessa alle regioni frontali del linguaggio (PG)
risulta pi estesa a sinistra e riflette le asimmetrie presenti a livello
del lobo parietale inferiore (Galaburda, 1984).
Kertesz et al. (1990) hanno utilizzato la Magnetic Resonance
Imaging (MRI) per la misurazione di linee ed aree delle regioni
frontali,

temporali,

parietali

di

soggetti

destri

sinistri

(cinquantadue per gruppo): le immagini mostrarono che tutte le


regioni dellemisfero destro erano pi larghe tra i gruppi, sebbene
nei mancini la larghezza del lobo frontale sinistro era pi estesa. I

132

destri mostravano il lobo frontale anteriore destro, quello parietale


ed occipitale sinistro pi larghi rispetto ai controlaterali.
La tabella che segue riunisce alcune significative asimmetrie
riscontrate nel cervello umano, con distinzione tra destri e mancini:

DESTRI
STRUTTURE

S S=D
9
21

D
70

N
49

S
21

S=D
40

D
39

63

30

58

21

60

19

56

36

25

16

56

28

64

20

16

50

22

32

16

69

22

62

56

24

20

50

60

20

20

25

44

36

20

87

60

30

10

13

38

31

31

44

86

18

11

72

17

100

26

67

28

71

22

38

21

21

58

20

15

35

50

N
174

Lobo frontale
(larghezza)
LeMay, 1976
206
Lobo frontale
LeMay, 1976
50
Lobo frontale
Chui, 1980
Lobo occipitale 150
(larghezza)
LeMay, 1976
Lobo occipitale 269
LeMay, 1976
Lobo occipitale
Chui, 1980
Lobo occipitale
(lunghezza)
McRae, 1968
Fessura Silvana
LeMay, 1972
Fessura Silvana
Ratcliff, 1980
Fessura Silvana
Ratcliff, 1980

MANCINI

La tabella n.6 illustra alcuni studi condotti per rilevare asimmetrie anatomiche
in cervelli umani, con la differenza tra soggetti destri e mancini. D si riferisce
alla parte destra del cervello, S a quella sinistra, mentre N indica il numero
dei soggetti esaminati.
Da: Geschwind e Galaburda, 1985.

3.6.3. Luomo e i suoi progenitori diretti.

133

Ci che emerge da tutti questi studi , evidentemente, la


voglia di rintracciare il vero progenitore della nostra specie
attraverso lesame delle affinit anatomiche. Per giungere a
conclusioni certe i moderni studiosi si interrogano principalmente
sulle caratteristiche specifiche che ad un tratto comparvero ad
indicare il genere Homo.
I tratti distintivi delle scimmie antropomorfe si possono
indicare sommariamente in encefalo piccolo, molari grandi,
prognatismo, nutrizione basata su cibo di origine vegetale ed
andatura bipede. Dal ritrovamento, avvenuto circa trentanni fa, dei
primi fossili di Homo habilis, vissuto secondo le ricostruzioni pi
attendibili, 2,5 milioni di anni or sono (Leakey, 1995), sono emersi i
primi aspetti distintivi delluomo: maggiori dimensioni encefaliche
e differente architettura dentaria.
Il valore endocranico medio di una scimmia antropomorfa
appena nata di circa 200 cm3, la met del valore che essa
raggiunger da adulta. Lencefalo di un neonato umano, al
contrario, ha un volume di circa un terzo di ci che sar da adulto
(1000 cm3 circa), e si triplicher con una crescita rapida e precoce

134

(Leakey, 1995). Si capisce bene che se il volume encefalico dovesse


raddoppiarsi (come succede per le scimmie antropomorfe) il valore
alla nascita dovrebbe essere gi alto, e questo procurerebbe non
pochi problemi alla donna che sta per darlo alla luce. Luomo inizi
dunque a discostarsi dalle caratteristiche encefaliche delle scimmie
antropomorfe quando il volume degli individui adulti super i 770
cm3 (Homo habilis= 800 cm3) e conseguentemente lapertura delle
pelvi si ingrand, nel corso dellevoluzione, proprio per far fronte a
queste nuove caratteristiche.
Lo studio dei denti evidenzi delle altre novit evolutive: i
molari si discostavano dalla conformazione riscontrata presso le
scimmie antropomorfe. Ricordando che lalimentazione di queste
ultime era caratterizzata da cibi vegetali e, dunque, da alimenti
teneri si comprende bene la presenza di cuspidi appuntite non
presenti tra i primi membri della famiglia umana. Questi
presentano, infatti, superfici masticatorie pi ampie e piatte, adatte
ad una diversa alimentazione costituita da cibi pi duri, come la
frutta protetta da un involucro resistente, (le noci ad esempio), e
quasi certamente dal consumo di carne.

135

Altri cambiamenti sono stati osservati, ai quali abbiamo gi


accennato, come il bipedismo. E gi stato detto che le scimmie
antropomorfe presentavano unandatura bipede ma, probabilmente,
la loro agilit era limitata. Il bipedismo incominci la sua
evoluzione come modo di locomozione pi efficiente in un
ambiente fisico in trasformazione (abbiamo gi detto che non vi ,
comunque, unanimit su tale evoluzione), cos che una scimmia
antropomorfa potesse sopravvivere in un habitat diverso dal
precedente: essa aveva, infatti, la possibilit di attraversare spazi
molto pi estesi per la ricerca del cibo; successivamente il genere
Homo svilupp una nuova forma di locomozione bipede che
presupponeva una maggiore agilit e una pi intensa abilit fisica.
Unefficiente e sicura deambulazione rappresent un adattamento
cruciale per levoluzione degli ominidi (Leakey, 1995). Tutto ci
fu concluso grazie allosservazione della posizione del foro
occipitale (apertura alla base del cranio che consente il passaggio
del midollo allungato e il suo prolungamento nel midollo spinale):
la posizione arretrata riscontrata nelle scimmie antropomorfe riflette
la loro postura con la testa protesa in avanti, mentre la posizione al

136

centro del basicranio giustifica la postura eretta delluomo che


tiene la testa in equilibrio sulla colonna vertebrale.
Ognuno di questi aspetti segna un passo in avanti nella catena
evolutiva, atto a caratterizzare la famiglia umana nella sua unicit;
ma ci che rappresenta la reale svolta nel processo evolutivo e che
considerato vero e proprio sinonimo di uomo il linguaggio. Da
sempre gli studiosi, tra i quali annoveriamo soprattutto filosofi e
psicologi, si interrogano sulla capacit umana di linguaggio e
infinite sono le domande che la riguardano. Innanzi tutto si indaga
la sua origine: caratteristica peculiare delluomo o abilit cognitiva
scaturita da selezione naturale? Secondo la prima interpretazione, il
linguaggio si sarebbe sviluppato rapidamente e in tempi recenti,
mentre per la seconda esso sarebbe emerso gradualmente a partire
dallevoluzione del genere Homo. Tale divergenza di ipotesi bene
rappresenta la forte contrapposizione che esiste tuttoggi tra coloro i
quali considerano luomo come un organismo particolare e separato
dal resto della natura e coloro che, al contrario, ne accettano la
stretta correlazione con il mondo naturale; il primo genere di
pensiero figlio della tradizione filosofica occidentale, quando per
esempio Aristotele o Platone descrivevano come qualitativamente

137

differenti sia la mente che il comportamento delluomo rispetto agli


animali. A sostegno di tali affermazioni vi erano i chiari esempi
delluso che luomo faceva degli strumenti, della capacit che
possedeva di riconoscersi allo specchio e soprattutto di adoperare il
linguaggio articolato. Dal momento in cui (dagli anni sessanta in
poi), si scoperto che le scimmie antropomorfe sono anche in grado
di utilizzare utensili e di riconoscersi allo specchio, la convinzione
dellunicit delluomo incominciata a frantumarsi; ci che si
mantenuto identico la propriet del linguaggio che apre una
voragine tra il genere Homo e il resto del mondo naturale. Il
linguaggio ci caratterizza, dunque, come specie e ci permette di
stare al mondo dal momento che trasforma le nostre interazioni
sociali; e fu proprio come efficace strumento di comunicazione che
si svilupp e che ci permise di adattarci al sempre pi complesso
modo di vita dei nostri progenitori, basato sulla cooperazione
sociale ed economica.

138

3.7. Teorie sulla lateralizzazione.

La letteratura prodotta attorno al tema della lateralizzazione


vasta, ma soprattutto caratterizzata da un infinito numero di teorie
che mancano di una sperimentazione tale da conferire validit
scientifica. Per questo motivo ci sono sempre stati scontri tra le
voci pi autorevoli e ancora oggi, permane la difficolt di conciliare
le svariate ipotesi su questo tema. Considerando, ad esempio, la
struttura della mano, Reynolds (1975) aveva ipotizzato una stretta
correlazione tra la lateralizzazione del controllo neurale della
manipolazione e il perfezionamento di tale struttura durante la
filogenesi dei primati; notava, infatti, che le proscimmie non
possedevano un controllo differenziale delle singole dita; che le
scimmie del Vecchio Mondo avevano un controllo indipendente del
pollice ma mancavano di un preciso controllo delle altre dita; che
gli scimpanz, in ultimo, avevano un maggiore controllo sulle
singole dita. Da ci si poteva concludere che la lateralit manuale
non fosse una prerogativa esclusivamente umana, ma probabilmente
una manifestazione umana di processi che incominciano prima,
nella filogenesi dei primati.

139

Appena cinque anni dopo, fu Warren (1980) a proporre una


nuova teoria che considerava la lateralit come un tratto specifico
degli umani, in quanto prodotto di unorganizzazione neurale
umana ed ereditaria. La differenziazione cerebrale umana presente
alla nascita: alcune zone pi larghe a sinistra gi nel feto sono le
stesse che caratterizzano gli adulti considerati destrimani; ed anche
analisi di resti di fossili umani, risalenti a circa 40,000 anni fa,
mettono in risalto questa stessa conformazione cranica, che
responsabile della dominanza dell'emisfero sinistro, in modo
particolare per alcune funzioni (linguaggio e preferenza manuale).
Warren sottolinea, dunque, la preferenza per una mano
(handedness) tra gli umani, che spiccatamente rivolta verso la
destra, e di contro non riscontra alcuna asimmetrica distribuzione
manuale presso altre specie. Il numero di individui che prediligono
la destra o la sinistra uguale fra topi, ratti, gatti, nei macachi reso e
negli scimpanz, a ci lautore aggiunge che si pu riscontrare una
sorta di handedness tra le scimmie, ma essa correlata alla
situazione, al compito da svolgere, alla pratica, alla differenza tra le
specie; lanimale impara a preferire una mano per una particolare
manipolazione

e,

dunque,

lhandedness

un

artefatto

140

dellapprendimento in laboratorio e non un tratto che analogo od


omologo allhandedness negli umani; la lateralit manuale nelle
scimmie primariamente il risultato dellesperienza, e non
lespressione di qualche asimmetria dellorganismo (Warren,
1980). Questa posizione viene sostenuta da Lehmann (1989), per
esempio, il quale asserisce che se preferenze vi sono si riscontrano
solo a livello individuale e per certi compiti.
La teoria di Warren ha sollevato, di contro, molte critiche e
altre nuove ipotesi sono state formulate. MacNeilage et al. (1987)
hanno, infatti, ravvisato delle mancanze negli studi di Warren che lo
hanno, inevitabilmente, condotto a conclusioni errate; per questi
autori, luso di animali giovani, caratteristica degli esperimenti
precedenti, non poteva permettere di riscontrare una preferenza
stabile, cos come luso di particolari compiti, non adeguati a
dimostrare una lateralit manuale, dove presente. MacNeilage et al.
riconsiderarono poi questi fattori e fornirono diversi esempi di
distribuzione asimmetrica nelle preferenze anche fra i primati non
umani.
Bisogna dire che tale ricerca partiva da un assunto ben
preciso, ossia che la comparsa delle asimmetrie manuali nei primati

141

va collegata alladattamento ad una vita terricola ed allaffermarsi,


nei primi ominidi, di una postura bipede. Proprio questa nuova
condizione avrebbe favorito gli arti inferiori che, ormai liberi di
agire, potevano intraprendere diverse attivit e, inoltre, avrebbe
richiesto unorganizzazione asimmetrica del cervello con una
conseguente divisione funzionale dei due emisferi. Restak (1984)
aveva gi affermato a tal proposito che i primi ominidi con luso
maggiore di un braccio rispetto allaltro, portarono alla
specializzazione della struttura encefalica e determinarono la
progressione sia della lateralizzazione del cervello che delle mani.
MacNeilage e colleghi sostenevano, dunque, che il primo
elemento significativo per la determinazione dellhandedness fu il
nuovo contesto che prevedeva la superiorit della mano sinistra
nella predazione unimanuale e pertanto la specializzazione
dellemisfero destro per gli stimoli visivo-spaziali, avendo larto
destro una funzione di semplice supporto per il corpo.
I loro esperimenti diedero risultati che collimavano con le
ipotesi di partenza. Fra le proscimmie emerse, infatti, una
preferenza per la mano sinistra in movimenti guidati visivamente
(risultato confermato successivamente da Masataka, 1989); la stessa

142

asimmetria fu rilevata tra le scimmie e tra le scimmie


Antropomorfe: tra queste ultime, le scimmie scoiattolo (Saimiri
scireus) utilizzano la sinistra per catturare dei pesci e lo fanno con
grande abilit e precisione; la stessa preferenza stata riscontrata
nei gibboni quando debbono prendere cibo posizionato in alto
(King e Landau, 1987).
Altri studi sostennero queste ipotesi riscontrando preferenze
per la zampa sinistra, ma vi furono anche dimostrazioni di completa
assenza di asimmetria manuale.
Fagot e Vauclair (1987) si opposero alla teoria di MacNeilage
non trovando alcuna preferenza manuale in babbuini testati sul
campo, con compiti di semplice ricerca di cibo.
I due autori lavorarono, infatti, con un gruppo di dieci gorilla
e, sottoponendoli a compiti di semplice ricerca di cibo, non
riscontrarono alcuna asimmetrica distribuzione di preferenza
manuale; e lo stesso risultato si present con un gruppo di sei
babbuini (1994).
Gli esperimenti fornirono altre importanti indicazioni, la pi
importante delle quali era che quando gli animali affrontavano
compiti pi complessi in termini di processi cognitivi e movimenti

143

manuali coinvolti, compariva, allora, una preferenza per luso della


sinistra. Da queste ricerche, emerse, dunque, limportanza della
richiesta del compito, in base alla quale si modificava la preferenza
manuale, e la sua stretta relazione con gli emisferi cerebrali. Per
Fagot e Vauclair si evidenziava, infatti, una differenza fondamentale
tra handedness e manual specialization; gli autori ritenevano che,
mentre per svolgere un compito semplice entrambi gli emisferi
possono controllare le abilit manuali, alle prese con un compito
pi complesso, solo un emisfero in grado di risolverlo in modo
competente e questa convinzione fu approfondita con studi
successivi. Sembrava, dunque, che il vero discriminante potesse
esser rappresentato dalla natura del compito. Questo genere di
considerazioni non nuovo, in ogni modo, per la letteratura
sullhandedness; gi in passato si era affermata lipotesi di una
correlazione tra preferenza manuale e complessit del compito.
Steingrueber (1975) sottopose 310 alunni a due compiti di diversi
livelli di complessit e rilev che la preferenza per la mano sinistra
passava dal 6% al 16% con il decrescere del livello di difficolt del
compito. Ci fu attribuito al fatto che, nella nostra cultura, la mano
destra quella dominante, e, conseguentemente, il suo utilizzo si

144

mostra nelle situazioni pi complesse. Lautore suggeriva una


raccolta pi consistente di dati per supportare queste sue
conclusioni. Col passare degli anni il tema stato affrontato da
diversi, seppur complementari, punti di vista.
Prendendo in considerazione, ad esempio, una prospettiva pi
cognitiva, si argomentato che gli emisferi sono specializzati
differentemente nello svolgere compiti nuovi o compiti praticati
(Golberg e Costa, 1981).
In modo particolare, lemisfero destro svolge un ruolo
fondamentale nella fase iniziale dacquisizione, mentre quello
sinistro superiore nellutilizzo dinformazioni gi conosciute,
ipotesi questa supportata da alcune evidenze sperimentali che
mostravano la mano sinistra/emisfero destro superiore in compiti di
discriminazione tattile; in pi si osservava che tale superiorit
scompariva in prove successive, confermando, dunque, che la
pratica influenza la prestazione dogni mano.
Per approfondire tali risultati, Fagot e Vauclair (1991)
proposero una distinzione fra i compiti in due categorie:
a) High-level tasks;
b) Low-level tasks;

145

Tale distinzione appare necessaria considerando il concetto di


novelty e le implicazioni che comporta nello svolgimento di un
compito.
Gli autori rilevarono come la novelty possa presentarsi sia
sotto forma di movimenti nuovi sia di situazioni differenti da quelle
affrontate in precedenza dal soggetto. Mentre i compiti a bassa
difficolt (low-level tasks) presentando attivit quotidiane o,
comunque, familiari al soggetto, sono meno esigenti in termini di
processi cognitivi, quelli ad alta difficolt (high-level tasks)
richiedono o azioni motorie finemente armonizzate, date le
dimensioni spazio-temporali del movimento necessario, o attivit
cognitivamente complesse, (o entrambi), dovute proprio alla
caratteristica di novit (Fagot e Vauclair, 1991). Alla luce di questo
presupposto, gli autori ipotizzarono che i compiti high-level
avrebbero rappresentato la migliore situazione per smascherare le
caratteristiche funzionali di un emisfero, proprio perch essi
avrebbero dovuto produrre asimmetria nella distribuzione delle
abilit laterali sia a livello emisferico che comportamentale. Furono
raccolti molti dati circa la lateralit manuale tra i primati non-umani
con lutilizzo dei compiti sopra menzionati. I soggetti testati con

146

compiti di semplice ricerca di cibo mostrarono una distribuzione


simmetrica delle abilit manuali e anche in altri compiti quali il
tenere o il tirare, si ottennero gli stessi risultati; non si riscontr,
inoltre, una specializzazione dellemisfero controlaterale in queste
attivit, ma entrambi gli emisferi erano in grado di trattare le prove.
I dati raccolti sottoponendo compiti high-level confermarono
in pieno le ipotesi di partenza. Fagot e Vauclair (1988) lavorarono
con babbuini e gorilla, presentando loro una finestra, su di un
pannello di Plexiglas, con unapertura dove era collocata una
nocciolina. In questo caso fu riscontrata una preferenza per la mano
sinistra. Gli stessi risultati furono ottenuti con un gruppo di macachi
reso che dovevano arrampicarsi su una rete metallica e mantenere
una posizione verticale, mentre introducevano una mano in un box
opaco per distinguere noccioline mescolate con sabbia e pietre, di
misure differenti. Su 29 soggetti, 21 usavano la sinistra; la
preferenza per larto sinistro indicherebbe una specializzazione
dellemisfero destro, in compiti di discriminazione tattile e visiva
(Fagot, Drea e Vauclair, 1991). La sola definizione di handedness
non sembrava, secondo Fagot e Vauclair (1991) poter racchiudere
la bidimensionalit delle preferenze manuali espresse in compiti di

147

alta o bassa difficolt (high-low level tasks) e bisognava, perci,


rifarsi anche ad un termine che era gi stato avanzato
precedentemente, ossia manual specialization (Young, Segalowitz,
Corter e Trehub, 1983)., per porre laccento sullimportanza della
novit e della complessit di un compito: handedness, dunque, per
indicare un uso lateralizzato della mano in compiti familiari e usuali
per il soggetto, e manual specialization per riferirsi ad un uso
asimmetrico della mano in compiti nuovi e inusuali.
Gli studi successivi utilizzarono tali concetti per supportare
altre ipotesi di lavoro; per Fagot e Vauclair (1991), infatti, la
manual specialization porta a consistenti capacit tra i soggetti,
mentre lhandedness indica una mancanza di abilit manuali a
livello di popolazione. Appare chiaro che per la specializzazione
manuale soltanto un emisfero ad essere competente, cio in grado
di risolvere il compito (quello controlaterale alla mano attiva); in
pi, si presume che lemisfero in questione sia lo stesso per tutti i
membri del gruppo sotto esame, ma che possono ugualmente
verificarsi dei cambiamenti nella preferenza. Il motivo di ci
riconducibile al fatto che col ripresentare il compito entrambi gli
emisferi diventano in grado di svolgerlo; accade, in altre parole, che

148

la pratica influenza la preferenza della mano (handedness), non pi


predeterminata

dallasimmetria

emisferica.

Un

interessante

esperimento con i babbuini conferm appieno tali presupposti


(Fagot e Vauclair, 1994). Utilizzando una tecnica di confronto-colcampione (matching-to-sample), furono indagati gli effetti di
stimoli nuovi sulla lateralizzazione emisferica di sei babbuini. I
soggetti furono testati in tre situazioni differenti:
a) con stimoli familiari accoppiati in modo nuovo;
b) con stimoli nuovi ma composti da elementi familiari;
c) con stimoli nuovi, che differivano nella struttura da quelli usati
precedentemente;
Gli autori rilevarono due importanti constatazioni:
1) La presenza di differenze tra le prove iniziali e finali, in ogni
situazione;
2) La presenza di una stretta correlazione tra il mezzo-campo
visivo (destro \ sinistro) e le prove (iniziali \ finali).
Oltre a dimostrare il ruolo dominante dellemisfero destro
nella discriminazione di stimoli nuovi, questesperimento conferm
leffetto prodotto dalla pratica; la specializzazione emisferica guida
il soggetto in compiti inusuali, mentre scompare quando questi

149

assumono carattere familiare, visto che entrambi gli emisferi sono


in grado di affrontarli.
Con questi risultati, gli autori hanno inteso contribuire alla
verifica di una possibile omologia tra la lateralit nei primati umani
e non-umani e soprattutto, innescare altre ricerche con i primati
non-umani, sottoponendo loro attivit manuali che possano fornire
risultati utili per una migliore conoscenza della specializzazione
emisferica.
La reazione negativa a queste considerazioni, non certo
mancata; molti successivi commenti hanno nettamente rifiutato la
possibilit di riscontrare lateralizzazione cerebrale e preferenze
manuali nei primati non-umani, simili agli umani.
Sebbene alcuni membri di queste specie esibiscono una
consistente

preferenza

laterale,

la

maggior

parte

no,

conseguentemente tutta la popolazione (Previc, 1991). Lautore


ritiene che la lateralizzazione motoria, probabilmente emerge con
levoluzione di una postura retta. Prima che il bipedismo fosse
perfetto, infatti, la predisposizione verso la destra era data,
approssimativamente, dal rapporto 56:44; verso la fine dellera

150

dellHomo erectus essa increment (rapporto 61:39), fino a


giungere, allinizio dellera dellHomo sapiens a un rapporto di 2:1.
La mancanza di handedness nei primati non-umani da
attribuire per lautore:
a) ad una differente posizione fetale intrauterina;
b) ad un differente orientamento dellutero relativamente alla
direzione di molte salienti forze inerziali;
c) ad una combinazione di entrambi;
C una forte rassomiglianza tra lutero umano e quello dei
primati, soprattutto per gli scimpanz, ma non cos in tutte le
specie. La posizione intrauterina molto importante; bisogna,
infatti, considerare che, essendo il parto dei primati composto di
diversi esemplari, vista lasistematica distribuzione allinterno
dellutero,

alcuni

esemplari

potrebbero

ricevere

particolari

stimolazioni lateralizzate, mostrando, in seguito, chiare preferenze


motorie. Ma il fattore da considerare in modo particolare, il
bipedismo; vicini alluomo in ci sono gli scimpanz e le grandi
scimmie, ma il loro centro di gravit alterato, rende tale fattore
meno efficiente di quello umano.

151

Le conclusioni cui giunto lautore non sembrano coincidere


con quelle di uno studio successivo, che, sebbene non ha stabilito
scientificamente la presenza dellhandedness tra i primati nonumani, quanto meno ha riscontrato una tendenza verso di essa
(McGrew et al., 1993). Gli autori hanno raccolto gli esperimenti
sulluso della mano, che avevano come soggetti i gorilla (la specie
ominide che, in termini di handedness, sarebbe la pi vicina
allHomo sapiens) fornendo un quadro riassuntivo (Tabella n.7). Un
ennesimo invito a continuare ed approfondire le ricerche.

152

STUDIO

Annett & Annett, 1991


Byrne & Byrne, 1991
Dimond & Harries, 1984
Fagot & Vauclair, 1988
Fischer et al., 1982
Gijzen, 1972
Haas, 1958
Heestand, 1987
Le Gros Clark, 1927
Lockard, 1984
Manning et al., 1990
Olson et al., 1990
Preilowski et al., 1985
Redshaw, 1975
Reiss et al., 1949
Rensch & Ducker, 1966
Schaller, 1963
Shaffer, 1987
Shaffer, 1988
Weidauer, 1972
Yerkes, 1927
Totali

16
6
6
6
0
4
0
2
1
1
4
2
?
1
0
0
0
16
0
2
0
67

15
5
1
4
4
4
3
27
0
5
0
10
?
1
2
0
8
31
2
0
0
122

0
27
1
0
0
0
0
0
0
2
0
0
?
0
0
1
0
0
0
0
1
32

16
22
6
7
1
2
3
11
1
1
4
5
?
1
0
0
0
10
2
2
0
94

15
11
1
1
0
0
0
14
0
0
0
3
?
1
2
0
0
15
0
0
0
63

0
0
1
0
3
6
0
4
0
7
0
4
?
0
0
1
?
22
0
0
1
49

Tabella n.7:
Illustra una serie di studi condotti sulla lateralit delluso della mano nei
gorilla. S rappresenta il numero dei soggetti che mostrano pi del 50% duso
della sinistra; D quelli che usano la destra; ? indica inoltre il numero dei
soggetti che mostrano una lateralit non chiara.
Da: McGrew, 1993.

153

3.7.1 Fattore genetico e handedness: la teoria di M. Annett.

Nel 1985 la studiosa Annett ha proposto un modello genetico


per spiegare le relazioni tra differenze in prestazioni manuali,
lateralizzazione del linguaggio e abilit cognitive. Alla base di tale
modello si troverebbe un gene, denominato right-shift factor (rs),
responsabile della presenza di tre tipi di genotipo, distribuiti tra gli
esseri umani:
1) rs+-, eterozigote;
2) rs++, omozigote positivo;
3) rs--, omozigote negativo;
Il gene rs conferisce dei benefici allemisfero sinistro,
specializzandolo in funzioni come il linguaggio e la preferenza
manuale, ed impoverisce lemisfero destro; , dunque, lassenza o
presenza di tale fattore che detta la configurazione dei due emisferi.
Lautrice sostiene che la maggior parte della popolazione
presenta il genotipo rs+-, con almeno una copia del gene, e ci
porta una tendenza a preferire la mano destra, visto il leggero
svantaggio dellemisfero destro e conseguentemente della mano
controlaterale, ossia la sinistra. In alcune persone (1\3 della

154

popolazione) il genotipo rs++, presentando una doppia dose del


gene, crea un maggiore rafforzamento dellemisfero sinistro\mano
destra a svantaggio dellemisfero destro\mano sinistra. Solo 1\5
della popolazione, in ultimo, presenta la configurazione rs--, dove
manca il gene; in questo caso, Annett sostiene che il caso il solo
determinante biologico che viene coinvolto. In sostanza, per
lautrice, il ruolo predominante dellemisfero sinistro, nel gestire il
linguaggio e la preferenza manuale, nella maggior parte delle
persone, dovuto al fattore genetico rs+, che priva lemisfero
destro di certi neuroni durante una fase critica della crescita
cerebrale. Questo indebolisce la capacit dellemisfero destro di
discriminare parole rispetto allemisfero sinistro, e il controllo
motorio del lato sinistro del corpo (Annett, 1991).
La sua teoria presenta un polimorfismo genetico bilanciato
con un vantaggio delleterozigote per la lateralit e labilit
manuale, e cos, ai due estremi della distribuzione R-L, specifiche
abilit verbali e successi scolastici potrebbero essere pi bassi,
prendendo la forma di una U invertita.

155

Legenda
rs +rs - rs ++

-2

-1

Figura n.1: Mostra la distribuzione delle differenze tra destri e mancini


per ognuno dei tre genotipi nella versione proposta da M. Annett
(1983).
Da: McManus et al., 1993.

Si attende, infatti, che i soggetti posti a sinistra nella


distribuzione, presentino problemi con la lettura, proprio perch il
loro genotipo rs-- manca di una spinta (ossia il gene) per lo
sviluppo della parola e del linguaggio; anche i soggetti posti
allaltro estremo (rs++) presenteranno dei problemi, mentre quelli al
centro della distribuzione saranno avvantaggiati (rs+-). Lautrice
asserisce cos una chiara relazione tra handedness e abilit
cognitive.

156

Queste affermazioni hanno sollevato molte critiche che non


solo hanno attaccato le principali conclusioni cui lautrice era
giunta, ma hanno prodotto risultati diametralmente opposti. Il primo
punto ad essere posto in discussione stato quello relativo alle
argomentazioni genetiche: non esiste alcuna prova a conferma del
fatto che gli eterozigoti presentano unabilit intellettuale superiore
rispetto agli omozigoti (MacManus, Shergill e Bryden, 1993).
Anche il metodo usato da Annett stato contestato dagli stessi,
visto

che

la

divisione

dei

soggetti

in

gruppi

non

era

sufficientemente sensibile per distinguere chiaramente i genotipi


rs-- da quelli rs+-.
Inoltre anche i risultati di altri esperimenti si sono trovati in
opposizione rispetto a quelli di Annett: si riscontrata infatti una
maggiore abilit intellettiva tra i soggetti destri. MacManus et al.
giungono alla conclusione che le associazioni rilevate dallautrice
tra abilit asimmetriche e capacit intellettuali, non sono,
probabilmente dovute ad un vantaggio degli eterozigoti, ma ad altre
variabili.
Anche Resch et al. verificarono la validit dei risultati della
teoria di Annett: non solo i loro dati si rivelarono contrari alla

157

specifica previsione che i soggetti destri sarebbero stati quelli pi


svantaggiati, ma proprio i soggetti in esame dimostrarono maggiore
abilit rispetto ai soggetti sinistri, che ottennero risultati pi bassi
nellortografia e in esercizi scolastici.(Resch, Haffner, Parzer,
Pfueller, Strehlow e Zerah, 1997). Non vi dubbio, dunque, che la
teoria di Annett abbia sollevato interessanti questioni circa
lhandedness, la sua distribuzione e la sua possibile spiegazione
genetica, ma anche vero che i vantaggi derivanti dalla presenza
del gene rs, non detto che coinvolgano le attivit cerebrali o il
funzionamento cognitivo. Questo e altri studi hanno, infatti, rilevato
che la qualit e i livelli del funzionamento cognitivo non sono
strettamente correlati allhandedness e alle abilit manuali (Resh et
al., 1997).

158

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