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Indice GIUUANO Caton, Un medico umanista ——— Pietro Andrea Mattioli. See Perna Permici, Un caso di ‘politico vivere" a Siena tra Quattro e Cinquecento: i Martinoz2t, signori di Montelifre Beanuce Soxmint, Donne, giudei e monaci a Talamone nel Medioevo . : ‘Mania Francesca Bicci, Monumenti di carta Gli apparati effimeri nelle Feste senesi del XVI secolo MENOTT! STANGHELUNI, Come se 0 com’esse’? Mano De Greconto, Giuseppe Porn: elogio all’oblio ..... ANTONIO MazzxO, II tenore senese Gino Giovannelli Gotti Un "Roxz0" nel firmamento della lirica . . . PrenciAcomo PeTniou, La Siena di Fabio Chigi Intervista ad Alessandro Angelini ...... Manco Presint, Dopo Simone arriva Duccio Una nuova monografia di Enzo Cari sul pitiore senese pag. 1 Un medico-umanista del Cinquecento: Pietro Andrea Mattioli di GruuaNo CaToxt Fu un Accademico Rozzo - l'abate Giuseppe Fabiani - a far rinascere, almeno temporaneamente, linteresse intomo alla figu: fa di un grande senese: Pietro Andrea Mattioli, Nel 1758, infatti, il Fabiani pubbii del famoso medico-filosofo del 3 a Vita VI secolo, in- serendovi un ritratto di lui, ripreso da quello Secentesco conservato nella spezieria dell’ Ospedale di S. Maria della Sca breve biografia, edita nelle Mes per servire alla vita di Toscana, non servi, tuttavia, 2 dar la gloria nazionale che se: va, perché il nostro pats Pietro Andrea Mattoltrtratio da Glorglo Liberale (1550) ad esaltare figure strettamente legate all'am- biente culturale italiano e il fatto che Mattioli a- vvesse operato soprattutto fuori dai confini del- la sua patria, fini per penalizzario nella memo- sia dei connazionali. Solo alla fine del secolo, nel 1872, in ocea- sione della VI riunione della Societ3 Italiana di Scienze naturali, il sindaco di Siena Luciano Banchi fece ristampare Ia Vita del Mattioli scritta dal Fabiani, mentre nello stesso anno il botanico inglese Daniel Hanbury volle una co- ppia del ritratto del vecchio collega senese per donarla al fratello, creatore del'omonimo giar- dino presso Ventimiglia Dopo la celebrazione del IV centenario del- Ja nascita, organizzata nel 1901 dall‘Accademia senese dei Fisiocrticy, il Mattioli vede oggi rico- nosciuto tutto il suo valore di scienziato in un prezioso volume, per l'appunto curato dall'at- tuale presidente della stessa Accademia, Sara Ferri. Il volume, intitolato Pietro Andrea Mattioli. Siena 1501 - Trento 1578. La vita, le opere (Perugia, Quattroemme, 1997, pp. 405), contiene i contributi di ben ventisette studiosi varie discipline, a riprova della vastitd degli in- teressi delleclettico erudito senese. Dopo essersi laureato a Padova, infatti, il ‘Mattioli divenne nel 1507 medico personale del cardinale Bernardo Cles, principe-vescovo di Trento, etre anni dopo pubblicd un opusco- Jo sul morbo gallico, come allora si chiamava Ia siflide, Ma il suo interesse per le erbe € le Piante, studiate soprattutto nella Val di Non, sede di un castello dei Cles, lo port a conce- pire il progetto di tradurre e commentare il De Materia Medicinale del greco Dioscoride, ‘unopera scritta nel 1 secolo d.C. che serviva ancora a medic e speziali per uso terapeutico dei semplici, cio® dei medicamenti semplici, ‘come nel latino medievale si chiamavano le e be medicinal. I pratico commento che, per ogni semplice descritto, fu aggiunto dal Mattioli al testo di Dioscoride, fece alla prima edizione dellope- 1a, uscita nel 1544, un sucesso superiore ad o- ‘gni aspettativa, tanto che furono pubblicate u- na seconda edizione nel 1548, una terza nel '50, un'edizione latina con 562 illustrazioni nel °34€ pot altre edizioni ancora, anche in france- se, tedesco, boemo, ebraico, turco e cinese. Mattioli forni una lettura ragionata delle virtt terapeutiche dei semplici, distinguendo i me- dicamenti “legittimi" da quelli che lui chiam® “bastardi”, appoggiandosi anche all'auctoritas i Galeno. Il merito principale della sua opera @ aver volgarizzato la botanica farmaceutica, rendendola accessibile a tutti coloro che, fino ad allora, avevano basato le loro esperienze sui rozzi erbari medievali, i quali - come ha scritto Emesto Riva in uno dei saggi sul vol ‘me - proponevano un Dioscoride inselvatichi- to € una nomenclatura botanica, capace solo di provocare errori d'interpretazione. “Allora come oggi - prosegue polemicamente Riva - arte farmaceutica rischiava di cadere in mano a chi, senza alcuna cognizione teorica, Yavreb- be trasformata in una sorta di mesticre improv- yisato’, anche perché “allora pid di oggi si ten- deva a considerare la figura dello speziale alla stregua di poco pid di un droghiere*. Nei lunghi soggiorni del Mattioli nel Trentino, poi a Gorizia, quindi a Praga, alla corte dell'imperatore Ferdinando 1, e poi di nuovo a Trento, dove mor all’etd di 77 anni, lo scienziato senese mise a frutto la sua capacitt dindagatore della natura ¢ dei suol segreti, non solo attraverso 'dentificazione delle pian- te € delle loro qualita terapeutiche, ma anche attraverso lo studio degli animali, dei mineral, delle acque (come quelle dei Bagni di Bormio, sulle cui virtaserisse un saggio, ora pubblicato da Vera Credaro in questo libro), € poi tradu- cendo dal greco la Geografia di Tolomeo ed e- sercitandosi come cartografo nelle Valli del Noce. ‘Non mancd neppure di occuparsi di quelli che allora si chiamavano i “ricettari galanti", cio? di quei manuali che suggerivano formule di preparazioni cosmetiche “per il decoro - co- sme scrive lo stesso Mattioli - e 'ornamento det ‘corpo humano”. A Venezia nel 1561 era uscito uno di questi ricettari, intitolato 1 Secret, Lautrice, Isabella Cortese, ben cosciente che tutti preferivano allora profumarsi e imbellet- tarsi piuttosto che lavarsi, presentd 300 formu- le per fare ciprie, rossetti, tinture per capelli BIBLIOTECA COMUNALE DI SiENA, ms. HLXI3, Crore Liman, La Magnifica et bonorata Festa ‘fatia in Siena per la Madonna ro, Vanno 1546, Siena 1582, La descrizione della festa & dedi- cata dalfautore ad una nobildonna della famiglia ‘Tantucei ‘ Ibidem. + ASS. Concistoro, 2484, Libro di deliberazio- inl, cc. 1 £-12 ¢, Si deve far presente che il docu- ‘mento citato @ inedito. * Nel 1536 il governo senese sperava di potersi alleare con Carlo V, in modo da fronteggiare i fio- Tentini, quindi la popolazione lo accolse con gran- de giubilo. 7A. Proves, Relazone, pp 39-43. A. Prowvens, Relaztone, pp 39-43. A. Prowvewt, Relaztone, pp 59-66. ™ ASS, Balia 832, cc.1r- " Ioidem, COME SE O COM’ESSE’? di Menorni StaNGHELLIN ‘Trascrivo undici passi tratti da novelle e€ altri due nel 1993. Il lavoro @ stato condtto in commedie del senese Pietro Fortini (1496? - base allautografo e a una copia ottocentesca 1562), autore delle Giornate dei novizi e delle che si trovano nella Biblioteca comunale se- Piacevoli notti dei novizi, pubblicate a cura di nese degli Intronati e che hanno come segna- Adriana Mauriello in quattro volumi per la ca- tra I VIL 19-192 e K Ill 65-66. sa editrice Salerno, i primi due nel 1988 € gli G16 20(p. 104) Disse il dottore: ~ Vien qua come se stamatina, che @ festa solenne e va dimolte persone da bene al duomo, che tu come li altri vi vadi e almanco andarvi una volta il mese... G16 22 (p. 105) ‘Vien qua come se stamatina volgio, che & anco assai bonora, tu vadi in ‘duomo per il primo giomo e che quivi guardi tutte quelle belle sgentidonne, se non ti parr malagevole. 61652. 11) La buona maestra, quando tempo le parse, ella prese la sua scatola con le sue chiachiaruze da donne, come se lisci, polveri, acque, saponi, oli e simili cose da donne. GI19 10 (p. 202) E, se tal cosa avete da fare, fatelo con persona da bene come se con qualche prete 0 qualche frate ricco... G Ill 20 25 (p. 357) __La fanciulla, vedendosi essare ne le mani loro, non sapendo che far si devesse, si risolvé lasciarli fare quello che volevano come se baciare, scher-zare e sitnl cose. NIS2aV 160 LUCREZIA: Devere talvolta dire il vero che avete ait de li ltr ufici che Tomo I p. 130) uel diceste: come sse quello de la cantina, de la stalla 0 de le campane. NI 20 Prol. 2 E se pure voi non volete tutti questi gioveni contentare d'ascoltare lor (Tomo I p. 186) novelle, questo non ci fia molto grave, come se questi che son qua, perché non fanno se non baie e son cagione che non la possete vedere, ccotanto vi fanno balocare. NI 78 + Perché Voi avete veduto dimolte sorte d'animali, quali molto dura (Tomo I p. 399) pelle hanno come se bufalo, cervi, buoi simi NV45al71 ‘Questi omini sonno da servire come se un simile di Comenico ¢ di (Tomo I p. 659) Solico; almanco questi non sonno punto avari... NV45 all 118 DRUPPIO: E usanza de le fanciulle come se quelle che non sono ‘Tomo Ip. 608) maritate, ¢ sempre fuggiranno da uno uomo benché sappino che quello abbi da essere lor matito.. NV 45a. 30 ‘CECHINO: Non per ragazo. Diavol, tu se’ una bestia; fard altre Faccende (Tomo I p. 674) per casa che non fanno e' ragazi, come se e” servigi di fuore secondo che acade. Cosi andard fuggendo questa furia, 14 Tutti questi passi hanno in comune Ie- spressione “come se” che la Mauriello spiega “come, cio®” tranne in G1 6 20, G16“, net quali acquisterebbe valore causale o finale. Forse Ia studiosa @ stata sviata dal “Vien qua” che nei due passi citati precede “come se” € che nel dialetto senese acquista un senso par- ticolare. ‘Spiegherei cost: “Stammi a sentire, Per €- sempio stamattina voglio che tu... Siecome un tale uso di “come se” a me risulterebbe li- mitato al Fortini, viene il dubbio che Tespres- sione sia propria del dialetto senese. Ricordo che quando ero ragazzo, verso la meta degli anni '40, parlando con alcuni miei coetanei o- riginari di paesi situati a sud di Siena, li sent pid volte usare un “comesse" di cui non capi- vo il significato. Mi spiegarono che veniva da “come essere” e voleva dire “per esempic”. Da una indagine molto ristretta ho appurato che tuttora questespressione & usata, seppur raramente, dalle persone pitt anziane nel terr- tofio di Casciano di Murlo, Buonconvento, Chiusdino. Se il “come se” sia una alterazione perso- nale del Fortini, nell'intento di dirozzare un'e- spressione dialettale giudicata un po’ grossols- na, oppure se “Comiesse” sia una distorsione popolare, avwenuta prevalentemente nel con- tado € successiva al ‘500, del “come se” forti- iano, forse in uso nel capoluogo, non saprei proprio dirlo, Passo la questione ai linguist. Giuseppe Porri: elogio dell’oblio di Maso De Grecorio Nel dilagante culto degli anniversari che imperversa da anni sulla cultura nazionale, ‘quasi che i nostri ieri abbiano paritario e indi- stinto diritto a sollecitare manifestazioni di va- rio genere € spessore, mostre, convegni 0 ‘quantaltro (spesso senza che sia matura una ri- flessione sulle figure 0 sugli eventi - ma questo sembra un aspetto a dir poco trascurabile...), capita a volte di incrociare personaggi che, schivi per natura 0 per scelta personale, sem- brano storicamente refrattari alle ricorrenze ce- lebrative ‘Giuseppe Porti @ uno di questi. Consape- volmente autoesclusosi dalla scena pubblica per almeno due terzi della sua vita, “desidero- 0 di rimanersene oscuro” - come scrisse un suo biografo - si @ adoperato non poco per far si quasi ignorare alla morte, nel 1885, per non farsi in alcun modo commemorare nel cente- nario della nascita (1898) € - cosa ancora pit difficile visti i tempi - in quello della morte (4985). E immaginabile che questanno lo ab- bia vissuto (si fa per dire...) in maniera un tan- tino travagliata: il bicentenario della nascita ne deve aver agitato a lungo lo spirito, atterrito al- idea che qualcuno lo disseppellisse (in senso metaforico, naturalmente) per celebrarlo 0, peggio ancora, per fame l'occasione per riesa- mi ¢ riconsiderazioni di eventi che in vita lo a- vyevano visto in qualche modo protagonista. Oggi, forse, sullo spirare dell’anno, Giuseppe Porri sta respirando (si fa sempre: per dire...) il suo esilio volontatio di oblio & rimasto inattaccato, Se qualche sciagurata € ri tardataria coincidenza, maturata nella mente ‘qualche irriducibile e inascoltato funzionario, non giungeri a maturazione nell'anno a venire (qualche accenno €? stato, ma forse non @ il caso di preoccuparsi eccessivamente...), dor- mini il sonno dei giusti per diverso altro ten po: il 2085 2 Jontano e il 2098 lo @ ancora pit. E forse, allora, Yondata della cultura “cele brativo-ricorrenziale” si sara definitivamente infranta sugli scogli di un pid che maturoterzo millennio. Cost la scelta convinta di un'esistenzaritira- ta e discreta, praticata in gran parte tra le pare- ti di una libreria, il piombo di una tipografia e collezioni varie, riconfermerebbe una volta di pid il suo valore di sicura garanzia in vita per luna privacy non ancora tutelata, ma anche - ‘come sembra dimostrato - di argine a prodito- fie e dirompenti incursioni post mortem. Il problema semmai & che Giuseppe Port - al di Bi delle sue intenzioni - avrebbe meritato da tempo un ricordo a Siena, Non fosse altro per la sua generosita, praticata a pit riprese nei riguardi di una Biblioteca Comunale che fu beneficiata da questo personaggio di un dilu- vio di manoscriti, libri, monete, sigil, stampe, autografi e disegni. Tanto da essere costretta fad una ristrutturazione dei locali per ospitarli {ult, E per la verita un monumento, un busto, lun’erma, una targa, un ricordino insomma, a luj avrebbe dovuto dedicare anche il Museo Civico, attuale ospite di molte collezioni lascia- te in legato a suo tempo alla Comunale. ‘Ma tant: il tempo é un tiranno spietato ¢ i benefattori - una volta si chiamavano cost - ‘non sono pill di moda, anzi - diciamocela tutta = vengono considerati con tanticchia (per dirla con Montalbano) di commiserazione Il fatto pero @ che il Porr, a dispetto di tutta la sua discrezione ¢ del rifiuto dellimmagine ad ogni costo, in una per ora improbabile sto- ria prosopografica senese troverebbe certa- ‘mente posto. Non solo per la sua attivita com- merciale libraria svolta con singotare piglio im- prenditoriale per buona parte dellOttocento nelle pieghe di un mercato ancora in attesa di una dimensione nazionale, affitto da una ple- tora di regolamentazioni legislative locali e do- ganaliasfitiche e penalizzanti, ma soprattutto per la persistenza di una vicenda personale che si rivela alla lunga come specchio fedele dell’evoluzione di un‘epoca a tutto tondo. Potrebbe essere insomma, quella del Porri u- na biografia su cui costruire in qualche modo una sorta di riflessione tout court sull'intero Ottocento senese: Che alla fine sivelerebbe - 16 cosa peraltro gia esplicita in alcuni eventi cele- brat in anni passati, come le esposizioni deci- cate al Partnie al Fantasticie il pid recente vo- lume sulla cultura artistica a Siena nel secolo XIX - insoliti caratteri di deroga allimmagine rassicurante e pacifcatoria di pigra sonnolenza cche una per la vert scarsa storiografia tradi- Zionale gli ha attribuito, ‘Cento una figura di secondo piano, un “mi nore’, per rvisitare un secolo, sia pure a livello locale, @ - confessiamolo - escamotage squall- do, anche se praticato a pid riprese. Lasciamolo allora, il Port, dimenticato, a ripo- sare fra le tombe del Laterino o nel busto che il Sarrocchi gli fece - manco a dirlo - a sua insa- puta. Poco importa che la sua partecipazione altiva agli eventi significativi che scandiscono a Siena il secolo diciannovesimo, il suo coin- volgimento in contatti e corrispondenze con un’intera generazione di intellettuali senesi ¢ non, limmane carteggio - suo € della sua a- zZienda - possano schiudere percorsi di cono- ‘scenza € di ricerca nuovi, contribuendo a por- tare nuova linfa documentaria ad episodi € processi storici che per Siena ci sono in qual- ‘che misura ancora estranei, Rispettiamone la implicita volonta, uniformandoci ad una con- duzione di vita ésemplare quanto a misurata erriservatezza. Glissiamo sul fatto che sia nato nel 1798, nell’anno di un terremoto che fu nelle co- scienze e nel mutamento radicale della confi- gurazione urbanistica cittadina, e che la sua infanzia abbia percorso per intero il sussulto antigiacobino e la dominazione francese sulla capitale del Dipartimento dell’Ombrone. Dimentichiamo che abbia vissuto in prima persona, attraverso Forganizzazione segreta dei ‘Fratelli di Bruto’, i fermenti carbonari del secondo e terz0 decennio del secolo, € che dopo la repressione granclucale e la detenzio- ne sia migrato anch'egli verso quel riflusso li- berale e moderato che caratterizz0 un‘intera generazione della Toscana preunitaria come ‘guida di un movimento politico e culturale a livello nazionale. Non teniamo conto del suo liberistico adoperarsi per iniziative editoriali tese all'emancipazione culturale delle masse popolasi, per le scuole tecniche, per la diffu- sione di strumenti periodici di alfabetizzazio- ne. Trascuriamo limpegno profuso per sot- trarre Siena ad un’asfittica dimensione provin- ale e ad una stagnante € prolungata crisi ¢- conomica attraverso T'istituzione della Banca Senese, la costruzione della Ferrovia Centrale ‘Toscana, lorganizzazione del decimo Congresso degli Scienziati italiani. Dimentichiamoci della sua attivita di consi- aliere comunitativo negli anni immediatamen- te successivi all Unita e deit'impegno profuso, fra Valtro, per la costituzione dellArchivio di ‘Stato senese. Stiamo sicuri che ce ne sara grato. In fondo Giuseppe Port non era che un e- rudito locale, “nella storia ¢ nella numismati- ca’, attento “a tutto ci6 che poteva servire ad aumentare il tesoro delle patrie memorie della sua cittd nativa”. Lo ricordava cosi “Lo spettato- re senese" a pochi giomi dalla morte, mentre “libero cittadino" Io liquidava in qualche mo- do preoccupandosi soltanto dei destini della sua cospicua donazione, “a vari institut cita- dini” e alla Comunale (una prova dei senti- ‘menti nobilissimi che sempre lo animarono). Lattivita di libraio, che aveva svolto per una vi- ‘a, non serviva, in fondo, a segnalaslo ai senesi per un ricordo. La libreria, posta alle spalle di piazza Tolomei, ereditata dal padre Onorato (questo st un personaggio: costruttore di ter- ‘mometri ¢ barometri, che aveva scalato anche il Monte Bianco col De Saussure, nel 1787), che aveva assunto il ruolo di conosciutissimo salotto letterario e di ricetto sicuro per gli ac- culturati viaggiatori stranieri in visita a Siena, ialtra parte avrebbe continuato in altre mani. ‘Cento non cosi la tipografia, che aveva iniziato stampando testi scolastci in caratteri greci ¢, sotto la guida di Giuseppe, aveva proseguito fi no alla fine degli anni'60 del secolo, sfornando ‘edizioni di livello, con una serie di cataloghi, fra i primi, che accoppiavano il gusto antiqua- rio a quello, modernissimo, dellinformazione libraria, Ma di questo si erano accort in pochi. Dando ragione al Giusti, che in quegli anni sentenziava che Il fare un libro @ meno che niente /e il ibro fatto non rif la gente. ‘Tetragono ad ogni celebrazione di sorta, Giuseppe Porti si sarebbe certo compiaciuto delVindifferenza citadina seguita alla morte. E nel prosieguo la sua memoria avrebbe supera- to prove ben pid ardue,resistendo persino alle Jodi postume di uno storiografo di vaglia come Lodovico Zdekauer, che sul "Bulletino senese di storia patria" lo avrebbe definito come “alta- ‘mente benemerito degli studi storici senesi”, © “uno dei tre nomi, che hanno un significato se- tio nel movimento modemo degli studi di sto- ria patria", mettendolo accanto a Scipione Bichi Borghesi e Francesco Grottanelli de’ Santi. E qui, in effetti, una citazione - sia pure en passant - la meritava: olire a tuto aveva cconvertito anche le pubblicazioni per nozze in ‘occasione per Vedizione di antichi documenti ‘e spunti di storia senese. La stessa necrologia dedicatagli da Fortunato Donati sull“Archivio storico italia- no” e Faffettuosa biografia compilata da un a- nonimo e pubblicata a Pisa nel 1885 lo avran- ‘no preoccupato poco: per specialist 'una e di limitata distribuzione Falta. Allo stesso modo illibraio avra guardato con sufficienza alle sue “riscoperte” recenti da parte di Giuliano Caton Critica storica’, 1975) € dei curatori dei due dei due volumi dell'inventario - molto parzia le per la veritt - della sua collezione di auto- graf in Comunale (1982 e 1989), aI Busto di G. Porrieseguito da T. Sarroccht Solo episodi di un’attenzione sporadica. Quella dei suoi contemporanei oltretutto tra- ‘montata presto, con il declino del mito risor- gimentale della “patria”, La “patria comune”, come eli stesso Tavrebbe definita in una let- tera all'amico editore svizzero trapiantato Firenze Giovampietro Vieusseux. A quella no- zione, al “municipio”, Giuseppe Porri aveva in effetti dedicato una vita di studio e profes: sionale, pubblicando contributi non effimesi alla storia senese, collaborando fra i primi con Archivio storico italiano”, ponendosi al ser- vizio di iniziative uti ad 'un'emancipazione della citta ¢ della sua esistenza collettiva, Perché - come avrebbe spiegato lui stesso - ‘amore al Municipio & il primo anello al qua- le necessariamente si lega quello che poi si distende e si diffonde su tutta la nazione di cui facciamo parte: quello che fortemente ci toglie ai ceppi delfindividualitt € dell'egoi- smo, e ci fa capaci di quell'unione che genera 1a forza che sola pud produrre effetti propor- ionati ai bisogni della progrediente civil”. Era, in fondo, al di Rt della comprensibile sbandierata risorgimentalistica, solo lesplicit Zione dell'ottimistico ideale dell'incivilimento di estrazione romagnosiana che lo aveva nut to in gioventil. Dal filosofo milanese, non a caso si sarebbe recato, in una sorta di pellegri- naggio giovanile, con altri universtari senesi; del Romagnosi, Giuseppe Porti avrebbe pub- blicato nel 1835 la prima biografia, opera di Giuseppe Sacchi; del vecchio maestro avrebbe conservato con devozione una ciocca di ca peli, recisa come reliquia sul letto di morte! A questa formazione il libraio senese avrebbe agaiunto solo lesplicitazione politica liberal, progressista e cattolica, maturata in gioventd - fra i rimbroui del padre - pratcata nella ma turita.con la moralita a tratti eccessiva che gli ‘era propria, “Considerando tutto giorno - a vebbe scrtto fra le sue carte mai rese pubbli- che - il mal castume in generale di quelli che amano passare per liberal e che se ne fanno i corifel, verebbe la tentazione di credere che iNliberalismo non possa associarsi né colla re- ligione, né colla sana filosofia. Di qui Tappa- rente giustizia di tutti i governi assoluti nel declamare contro quella che chiamiano peste ¢ flagello della societ4. Di qui lapprensione ‘dei buoni. Di qui il minor parito che si conci- liano. Di qui il mal esto di tutti fat tentativ. Ma se il liberalismo vuol dire amore grande degli vomini, impegno disinteressato per ogni miglior ben essere, arcente desiderio perché le istituzioni che li reggono corrispondano perfetiamente ai bisogni reclamati dallo stato della Joro civil... Se il liberalismo vuol dire ‘questo, che bisogno ha egli di essere accop- piato collireligione e col mal costume?” Lezione certo morale, prima che politica forse ingenua e bacchettona, ma espressione di un oientamento che pure non sinunciava a scagllarsi coneretamente contro la repressione poliziesca, contro “le provocazioni, le perqui iioni, le carcerazioni, gli esi, € lascava a- perta la strada per inizatve fauuali, cultural € imprenditoriali, destinate alla massima orga- nizzazione del consenso intorno al ceto libera le moderato senese € toscano, perché - come haa scrito di recente $ J. Woolf - davvero ne Vambito delforientamento moderato ‘Vinteres- se predominante per Yeducazione popotare per il progresso economico furono i due di Versi aspetti di un unico atteggiamento”. ‘Ai nobili sentiment: liberalt cohivati per u- na vita ¢, in fondo, ad una scelta altretanto coerente di solitudine, Giuseppe Porti avreb- be aggiunto solo Tinnocente - ¢ a volte ma- niacale - passione peril collezionismo enudi to, Di qualunque sorta. “Figurati lettore mio caro, * mi son tale - avrebbe scritto il 17 ago Sto 1865 - che farei gran conto d'una raccolta i spill e di aghi se fosse possibile di rintrac: ciame una serie che partendo dalla loro in- venzione venisse fino a’ nostri giorni” Lottocentesca mania per le raccolte pid diver se e per un collezionismo artstico che pro- ‘gressivamente migrava verso gli interessi di na borghesia culturalmente avvertita aveva trovato un nuovo campione. Uomo intera mente del tempo suo ¢ di quella Siena dell’Ottocento, Giuseppe Porri, a duecento anni dalla nascita, rivendica ancora loblio. Suo e del suo secolo, Vert’ ancora acconten- tato? 18 Il tenore senese Gino Giovannelli Gotti Un “Rozzo” nel firmamento della lirica di AstoNio Mazzeo Gino Giovannelli Gott nel Wertber. Foto di propriet della Pamighs, per gentile concessione Tra gli iscritti all’Accadlemia dei Rozzi untal- tra bella figura d'antista: il tenore Gino Gio- vannelli Goti, nato a Siena nel 1878, nella con- trada dell'Oca e morto nella sua cittA nel 1966. 11 Giovannelli debutto come baritono a venti anni nellopera Pagliacci, nel ruolo di Silvio, rappresentata al teatro Persio-Flacco di Volterra; insieme a lui, sulla scena, il suo mae- stro, il noto baritono Lelio Casini, ed un alro al- lievo di questo artista il baritono Titta Rutfo, uno det pid affermati cantantilriciinternazio- nal Per Vottima prova che il Giovannelli aveva dato di s® lo stesso maestro Leoncavallo lo scrtturd per le recite di detto melodramma al ‘Teatro Litico di Milano. In questa occasione il Nostro ebbe quale partner, nel ruolo di Neda, la celebre Lina Cavalier. Gino Giovannelli, dopo essersi esibito in Siena nel non pit esistente Teatro della Lizza, studiando da autodidatta, pass6 al registro i tenore. In questa nuova veste, nella primavera del 1905 cantd, con vivissimo successo, al tea- {to Carlo Felice di Genova, nell'opera Le Vispe Comart di Windsor. It giovane tenore senese, ormai preso dalla sua brillante cartiera, tra il 1906 ed il 1912 si impose nuovamente a Siena (ael teatro dei Rinnovati ed in quello dei Rozzi), poi fu a Torino, a Bologna, a Catania, a Firenze, a Parma, a Napoli, a Roma, a Venezia ed in numerose altre important citt italiane, nei loro prestigiosi teat, II suo vastissimo repertorio d’opere com: prendeva, tra T'altro, Don Pasquale, L’Amico Fritz (in questa fu pure molto apprezzato dal- Vautore, il maestro Pietro Mascagni), La Manon (di Massenet), La Traviata, La Favorita, Faust, Rigoletto, Lucia di Lammermoor e soprattutto il Wertber, che fa opera prediletta dall'artista ¢ che da lui fu tespretata in “centinaia di recite. Nel 1913 e nel 1914 il Giovannelli conqui- ‘i anche Pietroburgo, esibendosi in concerti ed in varie opere italiane: al suo fianco risulta- no i famosissimi Elvira de Hidalgo (soprano, macstra pure di Maria Callas) ed il baritono Mattia Battistini. Lo scoppio della “grande guerra” impedi al Giovannelli di proseguire la sua altivita e lo costrinse ad annullare alte im- portanti impegni, ero, anche nel period in cul prestd il ser- ‘vizio militare, tenne concerti per gli alti uffic Ii delle forze armate e spesso fu ascoltato pure da Gabriele D’Annunzio, che fu suo amico. Al termine del conflitto il tenore Giovannelli,ritornato nella sua cita, interrup- pe la sua cartiera antistica per motivi familias In Siena fu il fondatore ed il direttore del Societi degli Amici della Musica, la quale ini zid Vattvita nella primavera del 1928 con la Tosca, interpretata tra gli alti dal popolare te~ nore Galliano Masini Anche gli spettacoli che seguirono, orga- nizzati dal Nostro, furono di alto livello e di ‘grande successo: si ebbero in Siena le presta- ‘Zioni degli artist lirci trai pid famosi, quali ad esempio, il soprano Gina Cigna, il baritono Domenico Viglione-Borghese ed il basso ‘Tancredi Pasero. ‘Rientrato in contatto con ambiente teatrale Gino Giovannelli ebbe modo di riavvicinare altri suoi colleghi d'arte, tra cui Beniamino Gigli e Tito Schipa: essi pid volte dettero prova della profonda stima, della considerazione € dell'amicizia sentita nei suo confront e profit- tarono spesso dei suoi consigli, Relativamente alle esibizioni del Giovannelli restano entusiastiche recensioni a firma dei pid illustri crtici ¢ musicologi delle- poca. Una di queste recension! riporta testual- ‘mente queste parole: «ll Giovannelli Gotti @ un ‘artista di vivo intelleno e d’anima sensibilissi- ‘ma; il suo canto dolce, ricco di colori, apbas- sionato ¢ caldo, pronto allimpero e alle pit te- nui smorzature, ci ba ricordato la scuola di ‘quegli ele artisti del bel canto italiano, che ormai sono scomparsi dalla scena lirica, Ea tun‘altra ancora dice: -Rglt ba il dono singolare di conferire ad ogni frase, ad ogni stato d'ani- mo, ad ogni pia sfuggevole melodia, Vaccento della convinzione e della passione. La sua arte fortunatamente non & morta con Jui; vari elementi dellambiente senese hanno approfittato dei suoi insegnamenti sia d'impo- sto, sia di interpretazione di spartito. Insegnamenti che egli ha continuato ad offre fino alla sua pid tarda eta. Per pit) ampie notizie si veda il saggio: Gino Giovannel Gots. Ricordi del mio passa- 10 artistico come tenore lirico pubblicati a cura di Antonio Mazzeo, 20 Siena cittd barocea? Potrebbe sembrare una ceresia storica ¢ artista inserice la perla del go- tico fra le rappresentanti della cultura del Seicento, tuttavia la ricorrenza del quarto cen- tenario della nascita del papa senese Alessandro VII (al secolo Fabio Chigi, 1599- 1667), fluenza di questo grande propugnatore dellar- te barocea, non solo a Roma, ma pure nella ‘sua cif natale, A tal proposito interviene lo storico dell’arte Alessandro Angelini, ricercato- re presso Universita de L'Aquila, curatore di un volume, di imminente uscita, sulla figura di Fabio Chigi committente dlarte, ¢ di una pros- sima grande mostra senese sul celebre pontefi- cg, il cui pezzo forte sara costituito proprio da uno stupendo inedito: il busto marmoreo, dal- Jo studioso rinvenuto presso una collezione privata di Siena, di Alessandro Vil, ritratto da Gian Lorenzo Bernini nel 1657. Fabio Chigi nasce a Siena il 13 febbraio del 1599, ¢, compiuti gli studi giuridic, intrapren- de la carriera ecclesiastica, recandosi, nel 1626 a Roma. Tre anni dopo si trova a Ferrara con Vincarico di vice legato del cardinale Sacchett, poi nel 1635 & inquisitore a Malta, nel 1639 nunzio apostolico a Colonia, nunzio pontificio a Miinster in occasione della pace di Vestfalia, successore nel 1651 del cardinale Panciroli alla segreteria di Stato, ed infine eletto al soglio ppontificio nel 1655 col nome di Alessandro VIL. Grande mecenate delle ami, uomo di vasta cultura, bibliofilo possessore di una delle pit cospicue biblioteche private dell'Utbe, poeta latino raffinatissimo di carmi in stile oraziano, scrittore di opere morali ¢ religiose, amante della vita quietae riflessiva (sul suo scrttoio u- sa tenere un teschio di marmo scolpito dal Bernini, emblematica seicentesca meditazione sulla Vanitas), Alessandro VII si citconda dei tevoli ingegni del tempo, dal ino, all Holstenio, al Kircher, e diviene amico del corifeo principe delV'arte barocca ro- ‘mana, il cavalier Bernini, Sotto il suo pontifica- fo Roma assiste ad un vero € proprio rigoglio- La Siena di Fabio Chigi Intervista ad Alessa: Angelini di Ptexciacomo Peto. so rinnovamento; vengono costruit il magnifi- 0 porticato di piazza San Pietro, la scala regia in Vaticano, @ ingrandito il Quirinale, fatto de- corare da Pietro da Cortona, viene eretto lobe- lisco berniniano del'elefante a Santa Maria so- pra Minerva... la capitale raggiunge in questi anni il suo splendore urbanistico barocco. Alessandro VII, membro di una delle pid illu- siri famiglie senesi, tuttavia non dimentica la citta che lo gener®, Dunque oltre alla Siena “regina gotica” esiste anche una “principessa barocca”? ‘Di fatto, siamo abituati a considerare Siena ‘come una cittd medicevale; ¢ questo é dovuto ai rifacimenti, ai restauri in stile goticheggiante avvenuti a Cavallo fra Otto © Novecento. Questi interventi hanno perd distrutto un a- spetto di Siena assai notevole, quello barocco; basta pensare agli interni delle chiese di San Francesco 0 Santa Maria dei Servi, per esem pio. E tuttoggi @ possibile ammirare ancora, in San Vigilio 0 in San Martino, tali sontuose ar- cchitetture barocche. ‘Quali sono le testimonianze pid signi- ficative di questa stagione artistica? Siena nella seconda meta del XVII secolo @ ‘dunque una citta dall'aspetto fortemente ba- 10¢¢o, con lavori atistici notevoli, quali la cap- pella Chigi nel Duomo, il cui disegno del Bernini ma Vesecuzione di mano dellarchitet- to Benedetto Giovannelli, € contiene due sta- te dovute al Bernini stesso, € due agli allievi Ercole Ferrata e Antonio Raggi. Sempre il Bernini disegna la cornice della Madonna del Voto, realizzata dal Ferrata, e la statua di ‘Alessandro VII ancora nel Duomo, opera del Raggi é scolpita su idea del maestro romano; ‘senza poi contare i notevoli reliquari ed arredi liturgici, grandissime opere di oreficeria, con- cepite per la medesima cappella. Alessandro ‘Vil commissiona al Giovannelli anche la chie- sa di San Raimondo al Refugio che @ in un ma- turo stile barocco romano, Questo per ricorda- re alcune tracce della diretta committenza del pontefice a Siena, Poi c® una influenza, sem- pre grandissima, indiretta, di riflesso, perché artisti senesi si formano a Roma, come i Mazzuoli, con la loro bottega assai attiva a Siena, i quali producono non solo sculture, ma anche atari, transenne, architetture, elementi di arredo urbano, opere che contribuiscono a dare a Siena la foggia di una cittd barocéa; siffatto aspetto perdura nel capoluogo toscano fino, in pratica, al Settecento. Inoltre parenti prossimi del papa, come il cardinale Flavio CChigi, che rimane legato a Siena ed al suo terri torio, e poi molte famiglie della consorteria chigiana quali la famiglia De’ Vecchi, i Marsili Della Ciaia, ed anche i Bichi, divengono un importante veicolo di promozione delle arti tra Roma e Siena, E quindi Siena si teasforma in citta ba- occa. In effeti, tutto sommato, neppure Firenze si mostra altrettanto ricettiva al barocco, nella seconda meta del Seicento, o perlomeno é pit cestranea di Siena, che pud contare sulla media- zrione privilegiata dei Chigi che la mettono in Ccontatto diretto col fertile clima artstico roma- no, Certo prima che Fabio Chigi arrivasse al soglio di San Pietro Siena non poteva contare ‘grandi opere d'arte barocca, almeno per quan- to conceme Farchitettura ¢ la scultura; verano sicuramente valenti pittori, come Bernardino ‘Mei, ma @ anche vero che il momento pit in- tensamente barocco in pittura si ha con Raffaello Vanni, amico del pontefice, che lavo- aa Santa Maria del Popolo a Roma. Si pud di re quindi che Fabio Chigi introduce lo stile ba- rocco maturo a Siena, La figura di Fabio Chigi @ assai com- plessa e si rivela estremamente importan- te anche per la cultura dell'epoca. Sicuramente, Fabio Chigi frequenta espo- enti del mondo non solo artstico, ma anche ceruditi, quali Giulio Mancini o Celso Cittadini (Che fu suo precettore). E poi il Chigi @ un uo- mo di mondo, apert alle novita ed agli stimoli culturali, dotissimo e curioso, non rimane cer- to circoscrito all'ambiente provinciale senese. gli si trova, quando giunge a Roma nel 1626, immerso pienamente nell’effervescente cima della capitale barberiniana di Urbano VII, una cit culturalmente vitale, attva, vivace anche spregiudicata, dove si possono incontrare per- sonaggi del calibro di Galileo Galilei, di Cassiano Dal Pozzo, del letterato Giovanni Ciampoli, Ed il giovane senese si inserisce, perfettamente a suo agio, in questo ambiente, ‘Viaggia molto; nel 1629 lascia Roma, ¢ a Ferrara, poi a Malta, a Colonia, a MOnster dove contribuisce alla firma della pace di Vestfalia I Chigi dunque & un autorevole esponente della cultura e della politica europee. Fabio Chigi € grande mecenate del Bernini, al quale affida, tra le altre com- mittenze, la realizzazione del colonnato di piazza San Pietro. Come furono i rap- porti tra i due? La collaborazione tra papa Alessandro VII € Gian Lorenzo Bernini fu una cosa rara, un rap- porto reciproco di grande stima ed amicizia. Avevano una comune visione delle art figura- tive, ed il Chigi nel suo diario ricorda lunghe discussioni avute con Vanista, a proposito di ‘modellini, bozzetti, disegni. Ma non solo; vi sono anche dei disegni autografi del papa stes- so che rafigurano progetti ed idee sulla co- struzione del porticato di San Pietro. Fu quindi ‘non un semplice legame fra mecenate ed arti- sta, ma un frugifero dialogo di idee, opinioni, tra due personalita notevoli del loro tempo, centrambi apert alle novita artistiche ¢ cultural Architettura, scultura: ¢ Ja pittura? In Fabio Chigi e nella committenza chigia- na dell'epoca direi che prevale una maggiore attenzione per la scultura e per Varchitettura, i pitori certo non sono trascurat, ma non sem- bbra che i Chigi avessero T'ntenzione dit racco- gliere una grande galleria pittorica Possiedono anche loro una quadreria, abba- stanza notevole, ma niente di paragonabile al- le altre grandi collezioni barocche romane, co- ‘me quella dei Barberini, grandi committenti privat di Pietro da Cortona. Fabio Chigi si inte- ressa principalmente all urbanistica, quindi al- VFarchitettura ed alla scultura; Alessandro VII & tutto preso dall'idea di magnificenza della Gitta, vuole costruire un gran teatro urbano che affascini per la sua sontuosita, e sia evidente ‘manifestazione della grandezza ci Roma ¢ del- la Chiesa. La mostra senese quindi ci svelera Ia Siena barocca di Fabio Chigi. Non solo, Fesposizione avra un carattere completo e prender’ in considerazione ogni a- spetto della complessa figura di Fabio Chigi ‘mostrando il prezioso retaggio culturale ed ar- Uistico che questo protagonista del Seicento ha lasciato a Siena, a Roma e nella storia della ci- vilta barocca rey 22 Negli ultimi tempi Enzo Carli @ tornato a ri- flettere su Simone Martini e Duccio di Boninsegna, due degli artisti sui quali mag- ‘glocmente si @ esercitato, lungo sessanta anni di fentile attivita, !acume critico dello studios, € di queste nuove ricerche ha dato conto in due recenti pubblicazioni stampate per conto delleditrice Electa. La prima ~ uscita ormai da pid di un anno —@ incentrata sulla Maesta dl Simone nel Palazzo Pubblico di Siena, opera alla quale il pittore attese nel corso del 1315, per tornarvi nuovamente, rifacendone ampie zone, nel 1321. Il volume fa parte della collana “Dentro la pitura’, dedicata in gran parte ail Justrazione fotografica dell opera d'art trattata con “tagli” particolari molto suggestivi. Ma il breve testo di Carli che accompagna la rasse- gna delle immagini non si limita ad una sem- plice presentazione dellaffresco. Si rivela, in- fauti~anche in questo saggio ~ la precipua ca- ppacita di Carli di render conto di un capolavo- ro utilizzando non solo gli strumenti della flo- logia, ma collocando nel contesto storico € cculturale del tempo il lavoro dellartista, facen- doci scoprire talvolta inaspettati, € sempre molto convincenti, accostamenti E questo il caso, ad esempio, della Maesta vista come una sacra rappresentazione, € non solo per la disposizione delle figure ~ quasi colte nellattimo di interrompere il loro incede- re processionale ~ ma anche perché, attraverso { versi dal sapore dantesco riportati sotto il tro- rno;-la Madonna “parla”, e ammonisce i senesi alle virtd civiche, dall'esercizio delle quali di- pendono la sua intercessione ¢ la sua protezio- ne sulla cit Molto calzante & anche il riferimento, avan- zato a proposito delliconografia delle macion- re in maesta, alla prima laude di Jacopone da ‘Todi, il cui incipit recita: “O Regina cortese” dove Faggettivo & da intendersi come allusivo al suo configurarsi come signora della corte Dopo Simone iva Duccio Una nuova monografia di Enzo Carli sul pittore senese di Maxco Presixt celeste. Una scritta, graffta nellintonaco sotto- stante Taffresco, tramanda il nome del pittore della Maesta, ma si @ sempre ritenuta di diffici- le interpretazione (essa recita:°S. ... a man di Symone"), La soluzione proposta dal Carli, sul- la base di dati storici riguardanti larredo del palazzo e su quella di una dotia analisi epigea- fica, consentirebbe di sciogliere la presunta fir- ‘ma di Simone — presunta perché in realta sen- sibilmente pid tarda — in “Supra la man di Symone”, supponendo quindi che qualeuno, forse ai primi del Quattrocento, l'abbia appo- sta “a indicare Vautore dellaffresco, allorché doveva essere ancor vivo il ricordo che era di Simone Martini”. i recentissima stesura, € attesa in questi ‘giomi nelle librerie, 2 invece la vasta monogna- fia su Duccio. Una prima noviti, delle molt di cui @ ricco il volume, riguarda le origini di Duccio, la cul nascita viene collocata general ‘mente attorno al 1255. Riesaminando un docu- ‘mento del 5 luglio 1250, nel quale si riportava il lascto testamentario di un certo Paganello, residente a Montepescini, atiraverso il quale e- ali lasciava 50 soldi per lesecuzione di una ta- vola con la Vergine destinata alla chiesa del ppaese, Carli si & accorto di un fatto singolare: i fratelli di Paganello, testimoni del rogito, si chiamavano Bonaventura ¢ Boninsegna Poiché i denari non potevano certo essere ba- stanti per commissionare la tavola a un pittore, si suppone che essa sia stata eseguita pid tardi, ‘una volta integrati i fondi stabilti da Paganello €, a questo proposito, appare illuminante la seritta vergata sul retro del testamento da un frate archivista della congregazione

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