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Enrico Giannelli, Ghigo, nasce a Siena l'8 luglio 1934, in Piazza della Posta
(allora Piazza Umberto I) da Fernando, vice segretario generale del Comune di
Siena e dalla dolce signora Elena , figlia di Enrico Falaschi, importante
personaggio senese di fine ottocento: fu sindaco della citt, presidente del
Monte dei Paschi e anche parlamentare nazionale. Ghigo ha una sorella,
Ernestina ed un fratello Emilio, Mangia d'Oro qualche anno fa.
Il giovane Ghigo frequenta il Liceo Classico Enea Silvio Piccolomini e poi la
facolt di Giurisprudenza del nostro Ateneo. Fu anche goliardo in quel periodo:
baliota con il Principe Fabio Rugani nel 1956 contribu ad organizzare il pi
simpatico e riuscito scherzo che i goliardi senesi abbiano mai realizzato: il
famoso scherzo degli egiziani.
Dopo la laurea nel 1957, Ghigo fece il praticante dall'avvocato Delle Piane e
divenne procuratore legale ma in pratica non esercit la professione forense
perch fu assunto alla Sclavo. Istituto Siero-Vaccinogeno Toscano Achille Sclavo,
dove, poco dopo divenne direttore del personale. Svolse per decenni questo
delicato ruolo con grande impegno, dedizione verso l'istituto ed integerrimo
rigore.
Alla Sclavo collabor con tutti i vertici che via via si succedettero al timone
dell'azienda, a partire dal dottor Antonio Cinotti e fino a Guelfo Marcucci . And
in pensione lasciando una situazione che non era pi quella nella quale era
entrato tanti anni prima. Poco era rimasto dell'Istituto Siero-Vaccinogeno
Toscano Achille Sclavo che tanto lustro aveva portato alla citt e che era stato
palestra di lavoro e di vita per tanti senesi.
Si diceva: nato in Piazza della Posta, nel cuore del Drago e del Drago Ghigo
sia l'incarnazione della storia, il testimone, sia il garante, la coscienza critica, il
faro a cui tutti i dragaioli almeno una volta si sono rivolti per un consiglio, per
un parere. Con il suo carattere critico e rigoroso, a volte burbero, poco incline al
compromesso, ma mai escludente, ironico ma mai cattivo, modesto e mai
autoreferenziale sempre stato un punto di riferimento per tutti; anche per i
giovani.
La sua carriera nel Drago inizia nel '54 come vice cancelliere e da allora
sempre presente nella Sedia Direttiva; Vicario dal '57 al '74, diviene Priore nel
'74 alla morte del mio babbo e rimane in carica fino al 1979. Capitano dall' 82
all' 87, vittorioso con Ogiva e Falchino nel luglio del 1986; ma aveva gi vinto
come Mangino nel '62. Adesso ancora in Sedia come Consigliere del Priore ed
i suoi consigli sono tuttora preziosi.
Ma non solo Palio e non solo Drago. Rilevante stato ed tuttora l'impegno
che Ghigo ha profuso nelle varie istituzioni cittadine nelle quali ha ricoperto
ruoli di responsabilit. Attualmente Vice Presidente dell'Unione Italiana Ciechi
di Siena che si adopera per assistere e rendere meno dura la vita dei non
vedenti ed organizza vari eventi per promuovere la prevenzione dei disturbi
della vista, come la campagna sul rischio di glaucoma.
In passato, dal '99 al 2006 stato Presidente del Consiglio di Amministrazione
dei Conservatori Femminili Riuniti di Siena e dopo aver ristrutturato gli
ambienti della struttura ricettiva, ha concluso un accordo con l'Universit per
assicurare all'Istituzione un futuro pi certo. Ricordo, en passant, che i
Conservatori Femminili Riuniti sono proprietari anche della Chiesa di San
Raimondo al Refugio, vero gioiello del barocco senese.
Importante nella vita di Ghigo stato l'impegno con il Costone dove ha fatto a
lungo parte del Consiglio Direttivo e dove ha collaborato prima con Monsignor
Orlandi e poi con don Alberto Luzzi, con don Vittorio Bonci e infine con don
Gaetano Rutilo. Al Costone, fra le altre cose, Ghigo
si dedic al rifacimento del teatro che fu, dopo varie peripezie, inaugurato nel
2001 da Carlo Verdone, figlio del grande Mario, da sempre legato al Costone. Al
teatro del Costone andata in scena per vari anni la Rassegna del Teatro
Contradaiolo con buon successo. In una di queste edizioni (nel 2006), la
Filodrammatica Dragaiola rappresent una commedia scritta dallo stesso Ghigo
e da Andrea Muzzi (che insieme hanno pubblicato Il teatrino del Paradiso:
copioni in vernacolo). Cose dell'altro mondo, nella quale recitai anche io,
dove Ghigo nelle vesti del Beato Vocale, interveniva in un paradisiaco contesto
di santi e beati, esprimendosi, quando apriva bocca, usando parole composte
ogni volta con una sola vocale, suscitando comprensibile ilarit.
E qui si scopre un'altra caratteristica di Ghigo: la sua abilit di giocare con le
parole, la geniale capacit di creare bizzarri componimenti poetici per esempio
una poesia nella quale ogni rigo formato dall'anagramma di nome e cognome
di varie persone, come i membri del consiglio dei ministri o i calciatori della
rosa del Siena (e anche quest'anno, dopo le vicissitudini societarie siamo in
attesa della nuova composizione).
Oppure usando versi tutti con la stessa rima. Memorabile fu l'epinicio in onore
di Salasso che Ghigo recit a memoria durante la cena della vittoria del 2014. E
sempre per una cena della vittoria del Drago, nel settembre 1986, la Contrada
decise di offrire ai commensali un gustosissimo libretto intitolato Dolce idioma,
amato ostello scritto da Lorenzo Fabbri (pseudonimo che Ghigo us per
ricordare il grande barbaresco Pappio) contenente alcuni dei suoi sonetti pi
significativi.
La passione per questa forma di poesia l'ha ereditata dal babbo, autore
anch'egli di piacevolissime raccolte di sonetti in vernacolo, alcune pubblicate
con lo pseudonimo di Gianferli.
Nel 2009 Ghigo ha pubblicato Gente vana. Sonetti in vernacolo senese,
stavolta con il suo nome con tanti sonetti e con due poemetti sulla Battaglia di
Montaperti e sul Palio della Pace. Nella prefazione di questo libro, Ghigo fa una
puntualizzazione sul sonetto in vernacolo, sia per quanto riguarda i problemi
relativi alla metrica sia per la correttezza della rima, sottolineando la difficolt
nel rendere per iscritto il linguaggio parlato. Il vernacolo, scrive Ghigo, a
differenza del dialetto, non un sistema linguistico dotato di un vocabolario
proprio, ma un modo di parlare la lingua, da cui si differenzia, oltre che per
qualche stravaganza grammaticale, per la pronuncia di alcune parole.
Chiudo con l'auspicio che i nipoti pi grandi di Ghigo e gli amati nipotini
Giovanni e Pietro, figli di Costanza, possano cogliere fino in fondo la fortuna di
avere uno zio e un nonno cos e sappiano sfruttarne la vicinanza per crescere
nell'amore e nel rispetto della Citt, delle sue istituzioni, della sua festa e della
sua gente. E da tutti noi che abbiamo la fortuna di averlo per amico un
abbraccio e un grande grazie.
Fulvio Bruni
PRESENTAZIONE DI RICCARDO BENUCCI
MEDAGLIA DI CIVICA RICONOSCENZA CERIMONIA MANGIA 2016
<<Mamma>> stata la prima parola pronunciata da Riccardo Benucci, come
tutti i bambini del resto, ma siamo certi che la sua seconda parola stata
<<Rebus>>, una sorta di neonato con lenigmistica nel sangue che a soli sette
anni compose il suo primo cruciverba. Ma linfluenza pi determinante fu quella
della nonna Carolina Pepi, detta Lola, che insegn al nipote le regole
dellenigmistica. Nonna Lola fu invero molto contenta quando, cresciuto,
Riccardo la sfidava a risolvere difficili cruciverba senza schema, cominciando a
batterla in velocit. A 15 anni Benucci prese la sua grande decisione: con
lemozione tipica di chi intraprende un cammino inesplorato ed esaltante, invi
diversi rebus di sua creazione alla Settimana Enigmistica. Alcuni gli furono
accettati e nel gennaio del 1973, a soli 16 anni, Riccardo trov tra le pagine
della prestigiosa rivista il suo primo rebus dalla soluzione Morbo pericoloso.
Da allora non ha pi smesso di deliziare i cultori dellenigmistica italiana che
ogni gioved aspettano luscita del settimanale milanese, collaborando poi
anche a Domenica Quiz, sulle riviste della Corrado Tedeschi Editore e per il
periodico scientifico Focus. La sua produzione di giochi enigmistici
diventata di grande qualit con rebus, indovinelli, giochi in versi e crittografie
pubblicati sia sulle testate a pi larga diffusione che in quelle classiche per
soli abbonati di cui parler a breve, firmando fin dallinizio i lavori con lo
pseudonimo storico di Pasticca, il nomignolo affettuoso con cui veniva
chiamato in giovane et da un suo conoscente e che riassumeva il suo
carattere mite e gentile. Altri pseudonimi da lui usati nel tempo sono stati
Spadaforte e Rosso fulmine, di chiara dedica alla sua amata Contrada, la Torre
e Fresita, in omaggio alla sua gentile consorte peruviana. Dopo il fortunato
esordio sulla Settimana, Riccardo entra nel 1980 nel mondo dellenigmistica
classica, una sorta di Girone deccellenza dellenigmistica, pubblicando giochi
su riviste specializzate per soli abbonati come Labirinto, La Sibilla e la quasi
centenaria Penombra, di cui oggi anche apprezzato redattore. Condivide le
pagine del bimestrale La Sibilla, con abbonati famosi come Roberto Vecchioni
(che si firma Sergente York), conosciuto agli annuali convegni della rivista,
Francesco Guccini e Paolo Conte. Tornando a Siena, possiamo dire che Riccardo
Benucci ha continuato ad onorare quelle che rappresentano delle forti tradizioni
storiche culturali, partendo da Angiolo Cenni detto Il Resoluto, maniscalco
alla Postierla e tra i fondatori della Congrega dei Rozzi, che, nel 1538, nel pieno
splendore della Repubblica di Siena, pubblic il primo enigma del Rinascimento
inserito in una raccolta ordinata di composizioni del genere. Altri enigmi
venivano proposti, a quel tempo, da estrosi personaggi quali lAttento,
lAvviluppato, il Dolente, lo Strafalcione, il Traversone, il Voglioroso.
una cosa seria. Ogni gara stata per me una sfida interpretata con spirito pi
paliesco che decoubertiano. Lo ammetto, se arrivo primo meglio.
Nelle mie tasche prosegue Pasticca - non mancano mai un blocchetto notes
e un mozzicone di lapis. Tengo sempre almeno un foglio di carta con me,
persino di notte sotto al cuscino, perch lidea per un gioco pu venirti in
qualsiasi momento, magari sullautobus, per strada o nel dormiveglia e se poi ti
scappa, difficile recuperarla.
Siena e il suo territorio risultano spesso protagonisti delle sue opere
enigmistiche. Ad esempio, Benucci ha preso spunto dal Cimitero Monumentale
della Misericordia per creare una serie di struggenti enigmi, una sorta di Spoon
River degli affetti senesi, ha parlato del sacrificio degli studenti di Curtatone e
Montanara o di Garibaldi alle Terme di Rapolano nella silloge sullUnit dItalia,
mentre resta indelebile la genialit di un altro pluripremiato enigma, con
soluzione lo stemma araldico, che trattava della scomparsa di Italo Calvino,
avvenuta a Siena il 19 settembre 1985.
Ma Riccardo Benucci stato ed anche altro. Il suo abbrivio artistico lha
avuto giovanissimo in occasione dellincontro con Tambus e la conseguente
frequentazione della sua straordinaria Bottega. Con Tambus Riccardo collabora
alla celebre rivista Il Mangia, alla Biennale dellUmorismo e segue da vicino la
nascita del Vernacolo Clebbe.
Altro personaggio senese illustre che ha contribuito alla formazione artistica
culturale di Riccardo stato indubbiamente il Dottor Giulio Pepi, allora suo
direttore allAzienda di Turismo, dove Benucci lavorava, che tantissimo gli ha
insegnato circa gli innumerevoli e bellissimi aspetti della meravigliosa storia
della nostra citt.
Da presidente del Gruppo Stampa Autonomo di Siena sono oltremodo
orgoglioso di presentare Riccardo nella cerimonia di consegna della medaglia di
civica riconoscenza da parte del Concistoro del Mangia perch Benucci
sempre stato di fatto un collaboratore di giornali di ogni specie (ad esempio, mi
viene da citare la sua rubrica Corsivi in corpo dodici, uscita per anni sulle
pagine de La Voce del Campo).
Benucci lo ha fatto di getto, spontaneamente, senza ambire alla tessera di
giornalista pubblicista, che tuttavia potrebbe ancora ottenere, viste le
prestigiose collaborazioni a tuttoggi da lui svolte.
Un capitolo a parte lo merita il suo rapporto con la poesia:
Riccardo ha cominciato a scrivere liriche da ragazzo. Molti sono i libri di poesie
da lui pubblicati: Notturno con lepre (Cesati Editore), Il bar degli indovini
(La Copia Editore con prefazione di Roberto Barzanti e la post prefazione di
Carlo Fini) e Andante verso (Betti Editore con prefazione di Luigi Oliveto).
Vincitore assoluto del Premio Casentino 1988, nel 2014 si aggiudicato il primo
posto del Concorso del Sonetto bandito dal sito Siamo di Sienasiamo fatti
cos.
Fondatore nel 2002 , assieme alla pittrice Annamaria Pagani, del Circolo
Culturale dei Lenti di Siena, di cui Presidente da oltre un decennio. Ha
Immagino, anzi, so per certo, che oggi Benucci si senta emozionato due volte:
ci deriva dal fatto che un po gioca in casa in quanto dal 1982 sino al 2000, in
qualit di dipendente dellAzienda di Promozione Turistica, ha curato con
entusiasmo e tatto proprio la Segreteria del Premio Mangia. Per anni, suoi sono
stati i testi delle pergamene, poi illustrate da Irio Sbardellati e Vita di
Benedetto.
Fervido tifoso della Robur, ha descritto in ogni modo, con articoli sulle pagine
dei periodici Il Bianconero e Il Fedelissimo, lepopea della Robur.
Riccardo, impiegato presso il Settore Ambiente della Regione Toscana nel
Presidio di Siena, e da sempre sensibile alle tematiche ambientalistiche, stato
fondatore nel 1975 della Sezione senese del Centro Studi e Iniziative
Ecologiche Kronos 1991, ed attivo nel mondo della politica e del sindacato;
dal 2001 al 2006 stato vicepresidente, della Circoscrizione 5 del Comune di
Siena.
Tutto importante, ma niente forse vale il sacro fuoco della poesia. Per questo ho
chiesto a Riccardo di lasciarmi leggere alcuni versi a lui cari. Queste due brevi
<<Trabocca
la rossa cassetta
tra brocche di rame
e sonagli.
Sul muro
si spegne
il suo corno
danzante.
Curioso sarebbe
buttarci una foglia.
Vedere a che autunno
ritorna>>.
***
<<Di un paese non guardo,
allinizio, i palazzi,
n le chiese, i musei,
le statue dei personaggi.
Cerco subito in piazza
quellunica cassetta,
inquieta ed isolata
come una noia
lezza.
La riempio con pochi,
immaginari versi,
le incollo un bollo
verde, le porgo
i complimenti.
Rovente poi la lascio
al frullo della sera.
Quellunica cassetta
per lettere damore
a primavera>>.
Andrea Sbardellati
E fu proprio Fabbrini che lanci un appello che divenne uno slogan e un grido di
battaglia: "Le valli verdi non si toccano". La sua determinazione fu vincente, e
le idee di introdurre varianti o di rimettere in discussione le acquisizioni del
piano Piccinato rientrarono.
Per vincere la battaglia sulle aree verdi, Fabbrini aveva dietro la maggior parte
dell'opinione pubblica cittadina; poteva contare sull'appoggio politico dei partiti
che sostenevano la sua giunta; si giovava della collaborazione di assessori
giovani, competenti e agguerriti come Augusto Mazzini. Ma Fabbrini aveva
anche la consapevolezza che battaglie come questa della salvaguardia
dell'immagine e della sostanza culturale di una citt non si portano in fondo se
non si aggrediscono le motivazioni prime che le scatenano.
E la motivazione prima era costituita, in quella met di anni Sessanta, dal
problema del traffico cittadino. Siena era cambiata: la crisi della mezzadria e
l'esodo dalle campagne avevano creato un inurbamento che stava
trasformando la sua facies suburbana (sono - questi - anche gli anni in cui c'
da governare lo sviluppo urbanistico a nord della citt, tenendo sotto controllo
speculazione e abuso del territorio). Al tempo stesso, il boom economico del
quale l'Italia stava godendo, aveva creato un problema che Piccinato non era
stato in grado di prevedere: la motorizzazione privata di massa.
Andava risolto il problema del traffico nella citt, se si voleva, al tempo stesso,
salvare la qualit della vita di Siena e, con questo salvataggio, creare il
presupposto anche per blindare l'intangibilit delle aree verdi e della
conformazione urbana di Siena.
Gi Aldo Cairola, per parte sua, in un articolo (per la "Balzana") del 1962 aveva
messo in luce l'assurdit della presenza del traffico veicolare in strade che
avevano un impianto previsto per pedoni e tutt'al pi per cavalli e carri, ma che
erano improponibili per le automobili e per l'effetto che le emissioni dei motori
creavano sulle delicate, centenarie, architetture della citt. Nello stesso anno,
sensibile a questo allarme, l'allora sindaco Bartalini aveva proibito che si
parcheggiasse in Piazza del Campo dove, fino a quel momento, si poteva
tranquillamente lasciare l'auto sulla parte lastricata, con il muso perpendicolare
all'ammattonato.