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Di Paolo Pascucci
La vita.
Kurt Godel nacque il 28 aprile 1906 a Brno, nell’attuale Repubblica Ceca. Secondogenito di
Rudolf Godel e Marianne Handschuh, ebbe un fratello, Rudolf, più grande di lui di 4 anni,
che così ricorda la loro infanzia:
“La vita familiare era armoniosa. Io andavo assai d’accordo con mio fratello, ed
entrambi con i nostri genitori. Quando aveva circa otto anni, Kurt ebbe un brutto attacco
reumatico alle articolazioni con la febbre alta; da allora divenne un ipocondriaco e si
immaginò di avere una disfunzione cardiaca che non venne mai accertata dai medici.In
generale Kurt era un bambino felice ma timido. Era molto sensibile e venne
soprannominato “Herr Warum” (il Signor Perché) a causa della sua enorme
curiosità.”[3]
Kurt è un bambino dotato e molto curioso. Si appassiona di tutto. Gli piacciono le lingue
straniere, compreso il latino, la storia e, ovviamente, la matematica. Questo suo talento
per lo studio si manifesta anche nella precoce lettura di Immanuel Kant, compiuta quando
aveva 16 anni, e che egli considerò sempre fondamentale per il suo pensiero.
Il punto di svolta della sua vita fu però questa febbre reumatica che lo colpì all’età di otto
anni. La sua enorme curiosità lo spinse a cercare sui libri di medicina tutte le informazioni
possibili su questa malattia. E fu così che scoprì che alcune conseguenze eventuali di
questa patologia riguardavano il cuore, e per lui fu sufficiente. Egli si convinse che il suo
cuore era rimasto danneggiato, nonostante le rassicurazioni dei medici, e questa fissazione
non lo abbandonò più.
Ipocondria.
Nel 1924 Godel si iscrive all’Università. Il suo intento è la specializzazione in fisica teorica,
con le lezioni tenute da Hans Thirring ma, due anni dopo, devia verso matematica.
Capitava anche che egli sostituisse qualche professore nelle loro lezioni. Edmund Hlawka,
a quel tempo studente di Godel, così ricorda
“Egli era enormemente influenzato, come è ovvio, da Hans Hahn e da Karl Menger, e
frequentava le loro lezioni sulla teoria degli insiemi e sulle funzioni di variabile reale.
Seguiva anche le lezioni di Furtwangler sulla teoria dei numeri. E fu proprio questo,
credo, che lo spinse ad applicare i metodi della teoria dei numeri alle questioni di logica,
a rappresentare le proposizioni della logica e della matematica per mezzo di numeri
naturali, ciò che oggi viene detto ‘godelizzazione’”.[6]
Godelizzare.
Hilbert riteneva che qualsiasi formalizzazione di un aspetto della matematica fosse esso
stesso un’entità matematica.
Un sistema formale di regole è a sua volta non soltanto un insieme sintattico che definisce
le operazioni possibili ma può diventare un’entità che possiede caratteristiche semantiche
come la matematica che regola. A questo riguardo, l’interesse di Godel per le correlazioni
tra numeri, lo portò a definire un sistema formale interno all’aritmetica che includesse
anche l’aritmetica stessa. Egli pensò a un sistema che fosse in grado di rappresentare le
asserzioni tra i numeri naturali utilizzando gli stessi numeri.
Nel loro libro su Godel, Casti e DePauli riportano un esempio della godelizzazione tratto da
una versione della logica dei Principia “snellita” da E. Nagel e J.R. Newmann.
che significa: esiste (∃) un numero x che è (=) il successore (s) immediato del numero y.
Se si crea una tabella di riferimento (non mostrata) in cui si collega ogni simbolo (in questo
caso ridotto a 10 simboli) logico usato nella formula (1) a un numero da 1 a 10 e si assegna
alle variabili numeriche x e y il valore x → 11 e y → 13 (i primi due numeri primi più grandi
di 10) si ottiene questa serie di numeri: 8,4,11,9,8,11,5,7,13,9.
Questa serie di numeri identifica la formula logica (1) in modo univoco. Ma se si vuole
trasformare l’intera sequenza in un numero unico, si potrebbe per esempio utilizzare
questi numeri come esponenti dei primi dieci numeri primi, così
Incompletezza.
L’altro grande intento di Godel, dopo quello di numerare le regole formali, fu quello di
portare il paradosso all’interno dell’aritmetica. Il suo scopo era quello di dimostrare che
l’affermazione di Hilbert, che ogni asserzione vera si dovrebbe poter dimostrare all’interno
di un sistema formale, era errata.
Ora, c’era però un problema. Il concetto di verità, come per esempio quello famoso noto
come Paradosso di Epimenide, in cui un cretese afferma “tutti i cretesi sono bugiardi”, non
si lasciava formalizzare facilmente, come aveva dimostrato Alfred Tarski. Per superare
queste secche, Godel sostituì la nozione di verità con quella, formalizzabile, di
dimostrabilità, di modo che, un’asserzione come a.) Questo enunciato è falso
diventava b.) Questa asserzione non è dimostrabile.[8]
Anche il secondo enunciato è autoreferenziale come il primo, ma grazie al suo sistema di
numerazione egli la trasformò nel suo insieme di numeri naturali con l’annessa
autoreferenzialità originaria. Ora l’autoreferenzialità era dentro il sistema formale e era
essa stessa sistema e parte del sistema.
All’interno del sistema quindi valevano le stesse conclusioni osservate nell’enunciato a.)
posto in linguaggio comune, che nel formalismo diventava:
“Se l’asserzione è dimostrabile, allora è vera; dunque ciò che dice deve essere vero, e
dunque non è dimostrabile. Così, l’asserzione e la sua negazione sono entrambe
dimostrabili, il che implica un’incoerenza. D’altra parte, se l’asserzione non è
dimostrabile, allora ciò che asserisce è vero. In questo caso l’asserzione è vera ma
indimostrabile, il che implica che il sistema formale è incompleto.”[9]
Questo lavoro venne pubblicato nel 1931 negli Monatshefte für Mathematik und Physik
con il titolo di Über formal unentscheidbare Sätze der Principia Mathematica und
verwandter Systeme I”[10] . La sua importanza fu enorme, per quel che riguarda il
concetto stesso di incompletezza epistemologica, ovvero i limiti della conoscenza basata sul
linguaggio logico, sia per le questioni attinenti in generale alla computazione, al calcolo e
alle macchine pensanti.
Oskar Morgenstern, economista austriaco, così scrisse nel 1965 all’allora Ministro delgi
esteri austriaco:
“Non c’è assolutamente alcun dubbio che Godel sia il più grande logico vivente; anzi,
eminenti pensatori come Hermann Weyl e John von Neumann hanno dichiarato che è
senz’altro il più grande logico dopo Leibniz o addirittura dopo Aristotele. Sembrerebbe
che nell’intera storia dell’Università di Vienna nessun nome illustre abbia mai messo in
ombra quello di Godel […] Einstein mi disse una volta che la sua stessa opera non aveva
orami per lui molto significato e che era entrato nell’Istituto solo per avere il privilegio di
camminare insieme a Godel sulla via verso casa.”[11]
L’avvento dei partiti nazionalisti e fascisti nei primi anni trenta del ventesimo secolo e
l’Anschluss (l’annessione) dell’Austria da parte della Germania di Hitler, segnarono la fine
del Circolo di Vienna, milieu culturale nel quale crebbero e si svilupparono alcune delle più
grandi intelligenze del secolo. Anche Godel abbandonò Vienna definitivamente, nel 1940,
alla volta dell’America, verso quella Princeton dove avrebbe sviluppato a fondo numerosi
aspetti dei suoi lavori matematici. In realtà già dal 1933 aveva preso a far la spola fra
Princeton e Vienna ma, al suo ultimo ritorno in patria trovò la sgradita sorpresa di un
richiamo nell’esercito, e ciò lo decise a lasciare definitivamente Vienna alla volta
dell’Institute for Advanced Study di Princeton.
Il lato umano.
Abbiamo visto come la malattia che lo prese in tenera età lo abbia poi condizionato per il
resto della vita, portandolo addirittura alla morte. Egli morì il 14 gennaio del 1978, a causa
di un grave stato di malnutrizione, visto che rifiutava qualsiasi cibo e che, alla morte, il suo
peso era di soli 35 chili.
Come si può conciliare la potenza del suo pensiero logico, con questo comportamento, cioè
il rifiuto del cibo per timore di essere avvelenato o contaminato?
“Si cucinava sempre i pasti da solo e neppure ad Adele [la moglie, ndr], che era una
cuoca eccellente, era consentito di farlo per lui. A parte il fatto che voleva seguire la sua
dieta personale, era paranoico e credeva che la gente volesse avvelenarlo. E posso solo
aggiungere che spinse la cosa fino quasi alle estreme conseguenze”.[12]
“No, non sto completando il lavoro che avrei dovuto svolgere all’Istituto. Da un
professore quale sono ci si aspetta una maggiore produttività e un maggior interesse per
i colleghi”.[13]
E a questa difficoltà di portare a termine il suo lavoro contribuiva anche la difficoltà dei
colleghi di avere rapporti con lui, di stabilire un’amicizia o intavolare una discussione.
“La maggior parte delle persone a Princeton, perfino i colleghi matematici, trovavano
quasi impossibile parlare con Godel: il suo ‘assioma interessante’ complicava
esponenzialmente ogni discussione e decisione pratica. […] Alla fine, i matematici
trovarono soluzione al ‘problema Godel’ bandendolo dalle loro riunioni, facendo di lui un
dipartimento unipersonale : l’unico a dover prendere decisioni su qualsiasi cosa avesse
propriamente a che fare con la logica.”[14]
Uno dei pochi a cercare e tollerare la sua amicizia fu Einstein. Famose sono le loro
camminate lungo la via per l’Istituto.
Ecco quello che riporta un comune amico dei due, Oskar Morgerstern.
“”Einstein mi ha detto spesso che negli ultimi anni della sua vita ha continuamente
cercato la compagnia di Godel per discutere con lui. Una volta mi disse che il suo lavoro
non aveva più molto significato, e che andava all’istituto semplicemente um das Privileg
zu haben, mit Godel zu Fuss nacht Hause gehen zu durfen”[15]vale a dire per avere il
privilegio di tornare a casa a piedi con Godel.”[16]
Famoso è anche l’aneddoto sulla Costituzione Americana, sulla quale Godel doveva giurare
per acquisire la cittadinanza. Godel studiò con molto impegno questa Costituzione e vi
scoprì una falla che avrebbe potuto portare a una dittatura. Egli comunicò la sua scoperta a
Morgenstern il quale ne fu divertito e avvisò Einstein (infatti erano entrambi i suoi
‘presentatori’ ufficiali) su come gestire la cosa.
E in effetti, fu davanti al giudice Forman, che commise subito l’errore di definire Godel
“tedesco” e che poi proseguì “In ogni caso l’Austria era vittima di una malvagia dittatura.
Fortunatamente questo non è possibile in America”[17] che fu lì lì per accadere il patatrac.
Tutte le sue straordinarie capacità logiche, l’abilità di trasformare le secche del pensiero
matematico mutando il punto di vista, la possibilità di ‘vedere’ letteralmente la
disposizione dei concetti davanti ai suoi occhi, tutte queste erano competenze intellettuali
non comuni ma, nonostante questo, convivevano con l’ipocondria, la timidezza, la
scontrosità, la pignoleria e poi ancora la paranoia e infine, al termine della sua vita, con
l’occultismo.
Paranoia.
schizofrenia paranoide,
Siamo giunti alla fine di questo articolo. Non ho voluto inserire questi aspetti della
personalità di Godel allo scopo di tratteggiarne una visione deteriore o critica, ma proprio
per l’intendimento opposto. Troppo spesso queste figure geniali hanno dalla loro un
sottofondo di sofferenza psichica che ne condiziona sia nel bene che nel male la vita e
compito della società è cercare di comprenderli e, se possibile, geni o non geni, di aiutarli.
È con questo spirito e con quello di cercare i collegamenti tra pensiero logico e pensiero
intuitivo che ho studiato questo grande matematico. Mi riprometto, nella seconda parte di
questo lavoro, di indagare più da vicino le connessioni tra i modelli di pensiero definibili
come dicotomici, cioè il pensiero logico e il pensiero intuitivo, e delle relazioni che hanno
con le leggi di natura e con lo sviluppo delle società sia umane che animali. Di come le
società sembrino aver adottato il punto di visto intuitivo, almeno in misura preponderante,
e di come invece le leggi di natura sembrino aver adottato quello logico. Perché allora
esistono due leggi di natura? Forse che ne esiste una per gli oggetti inanimati e una per
quelli animati? Il dilemma non è di facile soluzione.
L’essenziale è provarci.
[3] J. L. Casti, W. DePauli, Godel. L’eccentrica vita di un genio, Raffaello Cortina Editore 2001, p.
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