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Il rischion sismico

Gli eventi sismici sono disastri naturali imprevedibili che provocano sulle popolazioni e sui sistemi
antropici conseguenze di entit spesso catastrofica. La ricerca scientifica con I suoi diversi approci ha
tentato di opporsi alle distruzioni e alle rovine provocate dai terremoti. In tale contesto sono state
introdotti dei metodi per la valutazione del rischio sismico sugli edifici proprio per definire il danno
atteso a seguito di una scossa su una determinata realt urbana, individuando gli elementi ad alto
rischio.
La prima fase per avviare una procedura di valutazione di rischio sismico di una determinata area
rappresentata dalla identificazione della pericolosit sismica, definita come il grado di probabilit che
si verifichi in una determinata area ed in un determinato periodo di tempo un evento sismico dannoso
con l'insieme degli effetti geologici ad esso connesso, senza alcun riguardo per le attivit umane. Viene
distinta in pericolosit diretta e indotta, riferensosi con la prima all'evento sismico di per se stesso ed ad
alle sue caratteristiche (intensit, magnitudo, accelerazione delle onde), nonch alla probabilit che un
simile evento possa verificarso in una certa area in un determinato periodo di tempo. Per pericolosit
indotta si intendono tutti quegli eventi di natura geologica che possono essere innescati per effetto di
una scossa, per esempio frane, maremoti, liquefazione del terreno.
La valutazione della pericolosit sismica di un'area si basa fondamentalmente sullo studio di tre
elementi: le caratteristiche storiche, le caratteristiche sismogenetiche e le caratteristiche geologiche.
Le caratteristiche storiche di un'area sono utili al fine di ottenere informazioni sulle caratteristiche dei
sismi passati che hanno colpito l'area in esame, poich si ritiene valido in principio che una stessa zona
possa essere interessata da eventi sismici simili a quelli da cui stata colpita e quindi sia possibile farsi
una idea sulla entit dell'evento sismico da attendere in futuro. Questi studi si orientano in due
direzioni, una tendente a ricostruire le caratteristiche geofisiche dell'evento sismico (epicentro,
magnitudo, accelerazione), l'altra si occupa invece dei danni provocati dal terremoto sul territorio e
sugli insediamenti umani. Queste informazioni tuttavia non hanno un carattere scientifico.
La fase pi importante nella valutazione della pericolosit sismica lo studio delle caratteristiche
sismologiche e simogenetiche di un'area. Consiste nella individuazione su larga scala delle faglie attive
o potenzialmente attive presenti in un'area, analizzandone le caratteristiche principali, al fine di valutare
con maggiore rigore scientifico la tipologia e l'entit della scossa attesa. Risultato ultimo di questo
studio esteso su un vasto territiorio, l'elaborazione di una cartografia di macrozonazione sismica,
molto utile per l'individuazione sia su scala nazionale che regionale delle aree dove l'intervento di
prevenzione antisismica si renda prioritario.
Con lo studio delle caratteristiche geologiche dei terreni si intende valutare con la massima accuratezza
l'entit massima della scossa sismica attesa, sulla base della conoscenza della conformazione geologica
degli strati superficiali. Questo tipo di indagine, eseguita con grande dettaglio a scala locale. Lo scopo
quello di stidiare I diversi meccanismi di reazione ad una scossa sismica delle differenti strutture
geologiche presenti in loco, in modo da poter prevedere gli effetti di un certo terremoto in termini di
forze orizzontali, accelerazioni, .
Il metodo di aquisizione dei dati si basa essenzialmente su misure accelerometriche registrate al suolo,
da cui possibile determinare per ogni sito lo spettro di risposta e l'accelerazione massima del terreno.
Risulta eveidento come questa ultima analisi presentata rappresenta uno strumento utilissimo di
pianificazione territoriale in quanto consente di evitare la localizzazione di attivit o insediamenti nelle
zone che, priprio per le carateristiche del terreno, presentano un maggior gradi di pericolosit.
Assieme alle carte di vulnerabilit, divengono il migliore strumento per la puntuale ed accurata
classificazione del territorio in funzione del rischio sismico reale.
Per la valutazione della pericolosit sismica, neccessario considerare I fenomeni indotti, cio non
direttamente collegati al terremoto, ma innescati da quest'ultimo. Questi infatti possono talvolta
determinare un danno addirittura superiore a quello provocato dall'evento sismico vero e proprio.

Dunque in ogni studio di pericolosit sismica, sempre necessario individuare tutte le aree che possano
essere colpite da fenomeni indotti della scossa con particolare riferimento a maremoti, fenomeni di
instabilit dei pendii (frane e smottamenti), possibilit di liquefazione o costipamento dei terreni.
Per quanto riguarda la scelta di parametri idonei alla quantificazione della pericolosit sismica, si
possono utilizzare differenti metodologie, basate su distinte grandezze (esempio la scala Ritcher). Una
delle pi utilizzate rappresentata dall'impiego di vere e proprie grandezza fisiche idonee a descrivere
l'evento. In tal senso, un parametro proficuamente utilizzato il PGA, il peak ground acceleration,
ovvero il valore massimo dell'accelerazione al suolo raggiunto durante l'evento di riferimento.
Il secondo passo fondamentale per la definizione del rischio sismico consiste nella valutazione
dell'esposizione sismica, intesa come l'estensione, la quantit, la qualit dei diversi elementi antropici
che compongono la realt territoriale (popolazione insediata, edifici, sistemi di infrastrutture), le cui
condizioni e il cui funzionamento possono essere danneggiati, alterati o distrutti da un evento sismico.
Con lo studio dell'esposizione viene messo in evidenza la quantit e l'estensione di tutti gli elementi
antropici a rischio che, ricadendo in un ambito territoriale di accertata oericolosit, possono essere
suscettibili di danneggiamento per effetto del sisma. I principali elementi a rischio presi in esame
nell'analisi dell'esposizione sono ovviamente le persone. Senza dubbio quindi la prima categoria a
rischio da studiare senza dubbio la popolazione. Poi verranno prese in considerazione I manufatti e I
beni. Generalmete le tre si distribuiscono nel territorio in modo non uniforme: tanto pi alta sar la
concentrazione degli elementi a rischio in una determinata area del territorio studiato, tanto maggiore
sar il livello di esposizione sismica di quell'area. Oltre al numero di elementi a rischio concentrati in
una certa area fondamentale anche valutare l'importanza della funzione che esplicano nel sistema
territoriale di area vasta. Per quanto riguarda I manufatti, con questo termine si intendono tutte le opere
realizzate dall'uomo nell'ambito territoriale di studio ed in particolare: gli edifici, analizzati dal punto di
vista funzionale e non strutturale (valutazione di vulnerabilit) e tutti I sistemi di collegamento.
Per quel che riguarda I beni invece, si deve valutare l'esposizione sismica di tutte le risorse necessarie
per lo svolgimento delle normali attivit dei sistemi antropici distribuiti sul territorio studiato. Si fa
riferimento in particolare a tutte le sorgenti energetiche alle materie prime, alle merci di produzione e di
scambio.
La vulnerabilit sismica un'altra caratteristica da considerare per la valutazione del rischio sismico.
Essa definita come la propensione di persone, manifatti, attivit o beni a subire danni o modificazioni
per effetto di un terremoto. Con riferimento ad un singolo elemento oppure alla globabilit di un
sistema, la vulnerabilit una misura della perdita o della riduzione di efficienza a svolgere le funzioni
che normalmente vengono esplicate a regime. un concetto estremamente complesso all'interno del
quale sono distinte tre componenti, la diretta, l'indotta e la differita. Si definisce vulnerabilit diretta la
propensione di un singolo elemento, semplice o complesso, a subire danni o collasso a seguito di una
scossa sismica. (ad esempio quella di un edificio).
Con il termine vulnerablit indotta ci si riferisce invece agli effetti della crisi dell'orgazinazzione del
territorio provocati dal collasso di uno o pi elementi che lo costituiscono. La vulnerabillit differita
invece si riferisce a tutti gli effetti che si manifestano nelle fasi sucessive dell'evento sismico tali da
modificare, se non addirittura stravolgere, le abitudini e il comportamento delle popolazioni insediate
( ad esempio il disagio prodotto dall'utilizzazione temporanea di alloggi di emergenza oppure alla
riduzione della base occupazionale per via del collasso degli stabilimenti industriali).
Si vede come la vulnerabilit sia una caratteristica intrinseca di un oggetto, del tutto indipendente da
qualsiasi fattore esterno. Per esempio in riferimento a un edificio, questa dipende dalle tecnologie
costruttive utilizzate, dai materiali impiegati, dall'altezza, dall'et del manufatto, dalle condizioni di
eventuale degrado, dalla bont del progetto e cos via (fattori che non dipendono dal luogo dove
ubicata l'opera e dalla probabilit che possa verificarsi un evento sismico).

Genericamente possibile dire che mentre la pericolosit sismica una caratteristica intrinseca naturale
dell'area di studio, mentre la vulnerabilit sismica una caratteristica intrinseca di ogni elemento
inserito nel contesto territoriale studiato. I due concetti sono e restano del tutto separati ed indipendenti.
In passato si era tentato di far coincidere la vulnerabilit globale di un insieme con la sommatoria delle
vulnerabilit dei singoli elementi costituenti. Appare subito evidente che una tale definizione
assolutamente insufficiente a descrivere le reali condizioni di vulnerabilit si un insieme. Si pensi ad
esempio ad un aggregato urbano: con la metodologia di questo tipo non si terrebbe conto di alcuni
aspetti fondamentali come le interrelazioni che si vengono a determinare tra gli edifici per I danni
indotti che alcuni potrebbero provocare ad altri.
In altri caso potrebbe essere necessario dare una classificazione gerarchica degli elementi ( per esempio
per un sistema organizzato con struttura ad albero). In questo caso appare subito evidente che la
vulnerabilit globale del sistema non pu essere espressa come una semplice sommatoria degli
elementi: un guasto su uno dei rami principali infatti metterebbe fuori uso buona parte della rete,
mentre un guasto su un ramo secondario provocherebbe un danno molto ridotto. Sarebbe quindi
necessario, per una corretta valutazione della vulnerabilit globale assegnare diversi pesi ai singoli
elementi, in funzione del ruolo gerarchico che essi ricoprono all'interno della rete, pur supponendo che
la vulnerabilit diretta di ciascuno di essi sia esattamente identica. In generale si po dire che la
vulnerabilit globale di un sistema dipenda tanto dalla vulnerabilit diretta dei singoli elementi che ne
fanno parte, quanto dalle interrelazioni tra essi e dalla sua organizzazione strutturale.
La mancata funzionalit di alcuni elementi o linterruzione dello svolgimento di determinate attivit
potrebbe infatti provocare danni di notevole entit al sistema territoriale colpito dal sisma: per questo si
introdotto anche il concetto di vulnerabilit funzionale a fianco della gi trattata vulnerabilit fisica (o
strutturale).
Molti studi hanno inoltre evidenziato lestrema importanza di alcuni fattori economici e sociali per la
valutazione di vulnerabilit globale di unarea. Lesperienza ha infatti dimostrato come, al di l dei
danni puramente fisici subiti da un territorio per effetto di un terremoto, le condizioni economiche,
sociali e politiche sono quelle che pi di altre hanno avuto maggior peso sulle capacit di ripresa e
ricostruzione della zona.
Danni anche non molto estesi si sono rivelati nel tempo profondi e difficilmente sanabili in contesti
deboli dal punto di vista economico e sociale; al contrario, in presenza di condizioni economiche
fiorenti e di un contesto sociale integro e stabile, le capacit di ripresa autonoma aumentano
notevolmente. Per dare una valutazione anche di questi ultimi aspetti si introdotto il concetto di
vulnerabilit socioeconomica.
Nella trattazione generale del rischio, il concetto pi direttamente collegato alla vulnerabilit quello
di danno. Il danno rappresenta la perdita, parziale o totale, di funzionalit che pu subire una struttura
a seguito del sisma. Pertanto, il danno generato dalla combinazione tra pericolosit e vulnerabilit,
indipendentemente dal fattore esposizione.
Per consentire una valutazione quantitativa della vulnerabilit e del danno sui singoli componenti si
ricorre solitamente a specifiche variabili, continue o discrete, rappresentative del livello di perdita di
funzionalit dellelemento a seguito del sisma: in altri termini, si tratta di appositi indici in grado di
individuare un certo numero di stati. I due stati estremi sono quelli di piena funzionalit e di collasso.
Fra essi sono posti infiniti altri stati intermedi. Corrispondenti a diversi livelli di perdita, che si possono
ridurre ad uno solo. In tal modo si ottengono tre stati, quello di funzionalit completa, di funzionalit
incompleta e collasso. La massima protezione si ha quando le caratteristiche del sistema non cambiano
nemmeno all'occorrenza dei terremoti pi forti che possano avvenire nell'area presa in considerazione.
Sono state definite le principali componenti necessarie per valutare il rischio sismico, e quindi la
pericolosit, l'esposizione e la vulnerabilit.
Lo studio del rischio sismico una delle problematiche pi sentite negli ambienti di ricerca

internazionali, in particolar modo nei luoghi dove sussiste una pericolosit sismica notevole. Esistono
diverse metodologie che fanno capo ad approcci differenti, riferendosi a teorie e definizioni distinte. In
campo italiano, una delle equipe di ricerca pi attive ed autorevoli senza dubbio il Gruppo Nazionale
Difesa dai Terremoti (GNDT, organo del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche) che fornisce la
seguente definizione di rischio sismico: La probabilit di occorrenza ed il relativo grado di severit, in
un determinato intervallo di tempo, dellinsieme dei possibili effetti producibili da un terremoto. [...] Si
pu dire, molto in generale, che con il termine rischio sismico si fa riferimento ai danni attesi a seguito
di un terremoto. Il rischio sismico dunque la misura del danno che pu essere subito a fronte di
quanto si ritiene che non subir danni.
La definizione che stata riportata si presta evidentemente a diverse interpretazioni in funzione del
significato che si intende attribuire al termine danno. Gli studi di valutazione del rischio sismico pi
tradizionali, nella maggior parte dei casi, conferivano a questo termine una accezione legata alla
estensione ed alla gravit dei danneggiamenti previsti a seguito della scossa in un determinato contesto
urbano. Essi possono essere valutati in termini di vite umane a rischio con il numero di persone che
si prevede possano rimanere uccise o ferite dal terremoto; oppure, possibile fare stime economiche
sullammontare complessivo dei danni attesi. Studi pi recenti invece intendono per danno la perdita
complessiva o parziale delle capacit funzionali di un intero sistema antropico territoriale o di parti di
esso, a seguito del danneggiamento di alcuni sottosistemi o di alcuni elementi che li compongono.
Qualunque siano le definizioni adottate, il rischio si deve comunque considerare come il risultante dei
tre distinti fattori di cui si discusso in precedenza:
la pericolosit, ovvero la probabilit che in una certa area ed in un certo periodo di tempo si verifichi
un evento sismico di determinate caratteristiche (con tutte le conseguenze geologiche e geofisiche ad
esso connesse), senza alcun riguardo per le attivit e gli insediamenti antropici;
lesposizione, ossia la quantit e la qualit degli elementi antropici che potrebbero essere danneggiati
dal terremoto e la loro distribuzione sul territorio studiato;
la vulnerabilit, cio la propensione dei manufatti (o di un sistema) a subire danni a seguito del sisma
con riferimento esclusivo alle proprie caratteristiche intrinseche (modalit della costruzione, et,
materiali utilizzati, ecc.).
l processo di valutazione del rischio sismico di una area si avvia generalmente con lo studio della
pericolosit locale, mediante il quale sar possibile conoscere lentit e le caratteristiche degli eventi
sismici prevedibili con tutti gli effetti, diretti ed indotti. Sulla base di queste conoscenze viene
solitamente definito uno scenario sismico scelto tra i numerosi possibili eventi che potrebbero, secondo
gli studi di pericolosit, colpire larea di indagine. Questo terremoto di riferimento generalmente
assume le caratteristiche (magnitudo, epicentro, ecc..) pi severe tra tutte quelle possibili, oppure sar
identificato con la pi violenta scossa avvenuta in passato.
Lestensione delle aree coinvolte e dei sistemi antropici territoriali danneggiati da questo terremoto di
riferimento sar oggetto degli studi dellesposizione (ad esempio, la determinazione del numero di
persone a rischio). Le ipotesi di tipologia e quantificazione del danno (lieve, medio, grave, distruzione
totale, ecc..) da attendere sui singoli elementi esposti a rischio sismico e sulla globalit del sistema
territoriale sar determinata, come conseguenza dello scenario sismico prescelto, per mezzo degli studi
di vulnerabilit.
Le metodologie di elaborazione e correlazione dei fattori (pericolosit, esposizione, vulnerabilit) che
concorrono alla definizione di rischio sismico possono essere molteplici e condurranno, in generale, a
risultati differenti.
Estremamente importante, in particolar modo per una efficace e consapevole pianificazione territoriale,
il concetto di rischio accettabile. Appare infatti evidente che un annullamento del rischio sismico su
una determinata area da ritenersi assolutamente inattuabile .
Ciononostante, estremamente utile che le pubbliche amministrazioni si pongano il problema di

elaborare una vera e propria programmazione strategica preventiva di miglioramento anti-sismico,


basata sulla distribuzione territoriale dei rischi che, consapevolmente, verranno ritenuti accettabili sui
vari elementi antropici.
Vista limpossibilit di raggiungere il rischio zero, si far comunque in modo di assegnare i livelli di
rischio pi bassi alle strutture pi importanti da un punto di vista strategico in condizioni di eventuale
emergenza (ospedali, protezione civile, ecc...). In questo modo sar possibile usufruire pi
razionalmente delle risorse economiche, solitamente molto limitate, destinate alla riduzione del rischio
sismico.
Daltra parte, tutto il processo di definizione del rischio accettabile si deve ricondurre quasi
integralmente a considerazioni di natura economica: la riduzione del rischio sismico comporta infatti
dei costi notevoli per la collettivit che vale la pena di sostenere solo se il livello di rischio cos
elevato da far prevedere che questi costi saranno compensati nel tempo dai danni minori che ne
deriveranno. Al contrario, se il livello di rischio non fosse elevato, motivazioni di convenienza
economica potrebbero far propendere per il mantenimento di buona parte del rischio esistente.
Da quanto si detto emerge chiaramente che una valutazione del rischio sismico su un area uno
studio dimpronta marcatamente multi-disciplinare, estremamente complesso ed articolato che pu
essere svolto con metodologie, approcci e criteri estremamente diversi. Nonostante queste differenze, la
finalit comune consiste sempre nellindividuazione e nella successiva quantificazione di tutti i
possibili effetti di un terremoto su un determinato contesto antropico territoriale. Tali effetti possono
essere riferiti al singolo elemento (ad esempio il crollo di un edificio o di un ponte) oppure ad un
sistema funzionale o a parte di esso (ad esempio il mancato funzionamento di una rete di trasporti), ma
anche alle condizioni economiche e sociali dellarea in esame.
Inoltre, possibile suddividere gli effetti di un evento sismico in due grandi categorie:
effetti diretti ed effetti indotti.
Si intende per effetto diretto un fenomeno qualsiasi immediatamente derivante dallevento sismico
nelle sue diverse manifestazioni (scossa, maremoto, ecc...). Esempi tipici sono i danneggiamenti delle
strutture edilizie, i crolli, ecc...
Gli effetti indotti invece sono quelli non causati direttamente dal sisma, ma non per questo devono
essere considerati meno dannosi e terribili. In questa categoria si possono inserire numerosi fenomeni
di diversa natura che solitamente nascono per interazioni non corrette o non previste tra elementi di uno
stesso sistema o tra sistemi distinti. Ad esempio si pu considerare un effetto indotto dellevento
sismico il danno che pu derivare a seguito del crollo di un edificio su un altro, gli incendi provocati
dalla rottura di tubazioni di adduzione di gas, ecc.. Un altro effetto indotto molto importante pu
essere la perdita di funzionalit di un sistema a causa del danneggiamento di un elemento che lo
costituisce o di un altro sistema collegato. Sempre nellambito degli effetti indotti bisogna inserire
anche tutte le conseguenze a lunga scadenza provocate da un terremoto, con riferimento particolare
allassetto economico e sociale dellarea colpita.
Progettazione in ambito sismico e azioni sismiche
Per una struttura soggetta a un terremoto alla base, la causa dell'eccitazione non una forzante esterna
applicata direttamente alla struttura, ma una forza di inerzia risultante dal moto impresso alla base a
carattere transitorio. In seguito a un sisma la struttura risponde attraverso:
forze elastice, proporzionali allo spostamento relativo alla base del sistema;
forze di smorzamento, proporzionali alla velocit relativa alla base;
forze inerziali, proportzionali all'accelerazione totale del sistema.
Per quanto riguarda le forze inerziali, queste possono essere viste come la somma di due componenti, la
prima proporzionale all'accelerazione relativa alla base del sistema, la seconda proporzionale

all'accelerazione alla base del sistema (carico dinamico sismico).


Da queste considerazioni risulta chiaro la necessit di conoscere l'andamento nel tempo delle
accelerazioni del terreno, ovvero l'accelerogramma dello scuotimento del terreno.
La risposta di un sistema lineare ad un grado di libert pu essere ottenuta sostituendo alla forzante
generica, la forzante dinamica fittizzia. La risposta dipende da tre fattori:
le caratteristiche del moto sismico alla base;
la frequenza propria dell'oscilaltore, ossia il suo periodo proprio;
il fattore di smorzamento.
Fissati la storia temporale dell'accelerazione sismica e lo smorzamento possibile per differenti periodi
ottenere l'andamento del tempo dello spostamento del sistema e valutarne il valore massimo, ovvero lo
spettro di risposta elastico in termini di spostamento relativo.
Lo spettro di risposta la descrizione sintetica del massimo effetto di un assegnato sisma per un
assegnato livello di smorzamento, in funzione del periodo proprio dell'oscillatore.
Questo fornisce i valori massimi della risposta di ciascun modo di un sistema a molti gradi di libert e
indica la distribuzione in frequenza dell'energia sismica per un dato scuotimento del terreno, nel senso
che la risposta di un sistema ad un grado di libert amplificata quando l'energia sismica prossima
alla sua frequenza propria.
Lo spettro di risposta pu riferirsi allo spostamento, alla velocit o alla accelerzione.
Lo spettro di progetto non viene ricavato esclusivamente da un accelerogramma ottenuto da un solo
scuotimento del terreno. evedente che differenti terremoti, presentano picchi non necessariamente in
corrisponedenza degli stessi periodi. Per questo motivo lo spettro elastico di progetto non pu che
essere la sintesi di degli effetti di molteplici eventi attesi e assume il significato di prescrizione
progettuale relativa al livello di forze. Nelle moderne normative lo spettro elastico di progetto deriva
spesso dall'inviluppo di due differenti spettri di progetto elastici, il primo relativo ad eventi di intensit
moderata o media registrati in vicinanza del sito, mentre il secondo tiene conto degli eventi registrati a
grande distanza dal sito.
L'impiego degli spettri di risposta ricavati per sistemi elastici lineari per la determinazione delle forze
statiche equivalenti presuppone che per tali azioni la struttura si mantenga nel campo elastico lineare.
Nella progettazioni di unas truttura si fa in modeo che nel campo dell'esercizio la struttura si mantenga
in tale campo, caratterizzato dall'assenza di deformazioni irreversibili e da un legame di proporzionalit
tra forze e deformazioni. Le forze statiche equivalenti calcolate dagli spettri di risposta elastici per
scuotimenti di grandi intensit hanno dei valori molto elevati che richiederebbero una progettazione
antieconomica, trattandosi di eventi particolarmente rari.
quindi economicamente pi conveniente tollerare che per I terremoti pi violenti la struttura esca dal
campo elastico e impieghi le risorse plastiche di alcune sue parti scelte opportunamente secondo una
gerarchia delle resistenze in modo che essa rimanga sufficientemente lontana dal collasso. Questo
comporta che al termine dell'azione vi siano degli spostamenti irreversibili e pertanto un
danneggiamento permanente della struttura, ma senza crolli o collassi, mostrnado un crto grado di
duttilit. Quest'ultima per un sistema non lineare, definita come il rapporto tra lo spostamento ultimo
e lo spostamento al limite elastico e rappresenta una misura della capacit di escursione in campo
plastico.
Lo spettro elastico fornisce il valore dell'azione sismica, valutando in termini di accelerazione, su di
una struttura elastica soggetta ad un terremoto avente periodo di ritorno di 475 anni. Le azioni e I

carichi sono combinati e amplificati in modeo diverso a seconda dello stato limite considerato, se
quello ultimo I di danno.
In aggiunta le costruzioni devono essere dodate di un livello di protezione antisismica differenziato in
funzione della loro importanza, a ciascuna delle quali associato un fattore di importanza che amplifica
l'intensit dell'azione sismica di progetto rispetto al valore che per essa si assume per le costruzioni di
importanza ordinaria (azione di riferimento).

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