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Universit degli Studi dellInsubria

Dipartimento di Diritto, Economia e Culture


Corso di laurea in Scienze della Mediazione Interlinguistica e
Interculturale

Le diaspore italiane: il caso dei Sicilian American


Tesi di Laurea di Serena Varisco
714357

Relatore: Professor Paolo Luca Bernardini

Anno Accademico 2012-2013

INDICE
INTRODUZIONE

p.2

SUMMARY

p. 4

CAP. 1 IL FENOMENO DELLEMIGRAZIONE ITALIANA: OVERVIEW


STORICO

p. 6

1.1 DallItalia unita al secondo conflitto mondiale: le cause e gli eventi

p. 9

1.2 Lemigrazione italiana tra il 1945 e il 1970

p.13

1.3 Gli anni Sessanta e Settanta, il lento rallentamento e il cambio di rotta

p.15

1.4 Dagli anni Ottanta ad oggi: un nuovo esodo

p.17

1.5 Il modello italiano nelle economie mondiali

p.19

1.6 La figura del Padrone e i metodi di allocazione dei lavoratori allestero

p.21

CAP. 2 GLI ITALIANI IN AMERICA

p.23

2.1 The big wave

p.24

2.2 Le due guerre mondiali: battute darresto e riprese del fenomeno

p.27

2.3 Gli italoamericani e il problema della lingua

p.28

2.4 Le Little Italies e la stampa etnica

p.31

2.5 Il contributo artistico italiano negli Stati Uniti

p.33

2.6 Il teatro e la musica italoamericani: tra tradizione e modernit

p.38

CAP. 3 ITALOAMERICANI: IL CASO DEI SICILIAN AMERICANS

p.41

3.1 L insediamento siciliano negli Stati Uniti

p.43

3.2 Processo di assimilazione o radicamento nelle origini?

p.43

3.3 Siciliani ed associazionismo

p.48

3.4 First, second or third generation of immigrants: testimonianze dirette di sicilian


Americans

p.50

3.4.1. L influenza siciliana oltreoceano: lesperienza di Frank Piacenti di Brooklyn p.50


3.4.2 D. COLUCCIO & SONS, Inc, i sapori della tradizione a Brooklyn

p.53

3.4.3. Interview with a purely sicilian couple: Concetta and Carmelo Caminiti

p.58

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

p.62

RINGRAZIAMENTI

p.64

INTRODUZIONE
Il mio lavoro di ricerca personale prende spunto da unesperienza recente e assai concreta
che mi ha portato a toccare con mano il fenomeno stesso dellemigrazione italiana, nel mio
caso specifico negli Stati Uniti. Grazie ad un soggiorno au pair di 13 mesi nel cosiddetto
Garden State dAmerica, nonch il New Jersey, ho avuto loccasione di vivere con una
famiglia americana di origini siciliane che a tuttoggi non ha dimenticato le proprie
tradizioni ed il proprio passato, al contrario cerca di mantenere e riportare in vita usanze e
costumi tipiche delle proprie radici meridionali, come limportanza della famiglia che si
riunisce ad ogni festa o evenienza particolare, la cucina rigorosamente tipica regionale e
cos via. E stato proprio durante il mio soggiorno allestero in quanto emigrata ed in cerca
di fortuna che ho cominciato a maturare un interesse particolare verso il nostro passato e
crescevano costantemente in me domande sul perch dei nostri spostamenti fuori dal Paese
che

tanto

amiamo,

ma

al

contempo

spesso

critichiamo.

Nella redazione del mio elaborato che verte su un tema molto ampio e oggetto di numerose
discussioni e monografie a cui ho costantemente fatto riferimento per approfondire le mie
conoscenze, ho deciso di procedere come se stessi affrontando il soggetto munita di un
apparecchio fotografico: dapprima ho voluto catturare il fenomeno nella sua generalit e
contestualizzandolo storicamente, dalle prime ondate di cui abbiamo dati registrati che
risalgono agli anni appena successivi allUnificazione italiana fino ad oggi stesso,
considerata anche la caratteristica ciclica del fenomeno migratorio nel nostro Paese. Il
primo capitolo dunque incentrato principalmente sulle cause e le motivazioni che
spinsero nel corso dei secoli masse ingenti di italiani ad espatriare, sulle conseguenze che
questi spostamenti ebbero sia sul nostro territorio e sia nei paesi di arrivo e il modello dell
italian american nel mondo. E stato molto interessante inoltre comprendere e studiare
gli effetti che questi movimenti hanno avuto sulla popolazione migrante stessa, la quale
spesso e volentieri dovette riadattarsi e ricostruire una nuova vita in paesi diversi da quelli
di provenienza e a cui vennero riservati dei trattamenti inizialmente poco dignitosi,
soprattutto a causa dellimmagine stereotipata del lavoratore italiano di ceto medio basso
che era diffusa in molti paesi tra cui Inghilterra, Francia e soprattutto nelle Americhe.
Dopodich, nel capitolo successivo, ho voluto avvicinarmi maggiormente al caso degli
italiani negli Stati Uniti, zoomando il mio obiettivo su una particolare zona geografica e
concentrandomi solamente sulla popolazione che part oltreoceano, anche in questo caso
con

un

approccio

al

tema

di

tipo

sia

storico

che

socio-culturale.

Da ultimo, ma certamente non perch meno importante, al contrario ho volutamente


2

pensato di lasciare alla fine il tema principale di tutto il mio elaborato ossia il caso dei
Siciliani in America. Ho cos portato il mio focus fotografico su un popolo che per
svariate cause e diversi eventi fu vittima di un espatrio massiccio prediligendo in special
modo le destinazioni transoceaniche. Grazie alla mia esperienza di ragazza alla pari presso
una famiglia proveniente dalla Sicilia e al contatto diretto e costante con membri della
famiglia che a tuttoggi si sentono fortemente paesani nonostante linevitabile processo
di americanizzazione a cui sono stati sottoposti nel corso degli anni, ho voluto dare una
maggior concretezza e supporto a questa tematica andando alla ricerca di alcune
testimonianze dirette. Ho richiesto in primis alla mia host family americana, quale mia
principale fonte di ispirazione di questo elaborato, di rispondere ad alcuni quesiti
riguardanti la loro esperienza da emigrati siciliani che al temo si stanziarono in uno dei
cinque quartieri di New York City, tale Brooklyn. Unaltra delle mie interviste riportate
nel terzo ed ultimo capitolo ho voluto rivolgerla ai proprietari di un piccolo negozio di
generi alimentari anchesso situato a Brooklyn, dove io e la mia famiglia americana
eravamo abituati a recarci per le compere settimanali proprio per mantenere vive e ben
salde le tradizioni culinarie del nostro paese e che dagli anni Sessanta dello scorso secolo
ad oggi ha costantemente rappresentato un punto di riferimento per lintera comunit
italiana che abitava nei dintorni. Lultima delle testimonianze che ho potuto ottenere ha del
romanticismo che accompagna lesperienza di due migranti: non solo una storia di due
giovani provenienti dallo stesso paesino della provincia di Messina che un giorno per puro
caso vivendo nello stesso blocco italiano della Capitale americana si sono incontrati ed
innamorati, ma anche una prova concreta che avere lo stesso background linguistico e
culturale ha giocato, e gioca tuttoggi a loro dire, un ruolo determinante nella famiglia che i
coniugi Caminiti hanno costruito negli Stati Uniti.

SUMMARY
Three years ago I decided to take up an extraordinary experience abroad, more specifically
in the United States, which lasted 13 months and changed my life completely. During my
year as an au pair in Chester, New Jersey Ive been hosted by a Sicilian-American host
family with a deep passion and insatiable interest towards their roots and southern Italian
traditions. In particular, thanks to my host grandmother and her direct testimonial about her
life as second generation of immigrants Ive realized that the reasons that pushed me to
emigrate werent completely different from the ones that led her and her parents towards
America in the past century: the tightening economic crisis, lack of job opportunities and
the ageless American dream. I therefore decided to focus my capstone thesis on the
emigration process involving the Sicilian population, being one of the most numerous
Italian group that left our country in the 1900s, but in structuring my dissertation I got
inspired by an amazing tool largely used by photographers when capturing an interesting
subject, such as the zoom. In fact, the idea was to proceed from a more generic overview of
the phenomenon by presenting an historical excursus of the Italian emigration from the
very first flows leaving right after the Italian unification in 1861 up to a quick glance to
the current days and this is basically what the whole first chapter is about.
In the second chapter of my thesis I wanted to zoom in a little more on the subject and
focus specifically on the Italian migration towards the United States of America, the
country of opportunities, the land of freedom and capitalism. Young and mostly unskilled
men started to take off and move oversea in search of a better, yet seasonal occupation as
to provide their families the necessary amount of money to buy a piece of land, build a
house and settle down for a more positive future in Italy. In addition, in this chapter I
dedicated a few words to the great artistic value of Italian heritage in the United States:
enormous importance has been given to some of the most famous artists of our country
who have been called to the U.S. by governors and presidents to project and then realize
sculptures, architectonic buildings but also private committees in a typically Italian style.
Also, music and theatre were seen by the immigrants as an original expression to keep
their background alive despite their regional and dialectal differences.
The zoom of my camera then closes up a bit more and finally concentrates on the main
subject itself, giving a precise and genuine portrait of the Sicilian-Americans experience.
Once again, I first approached the theme with an historical touch and then I moved
forward, I tried to find out all the peculiarities that characterized this population when
settling down in the United States. Sicily is an amazing island under many points of views:
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the stunning landscapes, the generous and warm inhabitants, the delicious food it offers
and so on. However, the island has suffered enormously throughout its history, probably
much more than other regions of the country, especially due to its geographical position
and difficulties in developing as quick as the rest of Italy. Sicily has always based its
economy and strengths on the efficiency and productivity of the primary sector and once
the only source of benefits got hit by international competition on the market and local
taxes increase outrageously the result could only be an impossible and unappealing place
to live. At that point, young day laborers and farmers left their beloved homes and wives to
look for a more prosperous land where to find an occupation for a couple months, collect
some money and then go back to the native country and start up a better future. Thanks to
some laws and regulations in the U.S. many of those emigrants had the chance to make
their families left in Sicily come oversea and eventually never go back to their old life of
poverty. America has had a lot to offer them, but the integration process in the New
Country hasnt been neither easy nor fast and Sicilians attitude to maintain their native
traditions and costumes alive didnt help them at all in achieving a good reputation within
the local communities. From one side, Sicilians never felt like being part of a wider Italian
group of emigrants, yet a unique and separate subgroup aiming to keep living exactly as
they used to in their homeland. Its been very interesting to discover the important role of
the various Sicilian dialects when settling down in the U.S.A., the faith in their religious
Saints and Patrons theyve always shown even in public throughout processions led across
the town or block. On the other side, Sicilians have been also victims of racism and
discriminations by local communities which considered them essentially unable to
integrate in the new society because they could speak no English and they were all mostly
unskilled. Stereotypes of the ultimate Sicilian Mafioso have played a negative role in this
long and exhausting assimilation process, too and we cant state that things are perfectly
fixed nowadays either.
In final analysis, I wanted to give this capstone thesis a more concrete touch by including
real testimonials of Sicilian Americans who never forgot their origins and histories of
emigrants. This is probably the most fascinating part of the entire research as it gave me
the chance to prove and sustain the more theoretical aspects of the emigration
phenomenon by speaking directly with individuals who decided, just like I did a few years
ago, to begin a whole new life away from our beloved home country without forgetting
about our common background and costumes.

CAPITOLO 1
IL FENOMENO DELLEMIGRAZIONE ITALIANA: OVERVIEW STORICO
Lemigrazione certamente uno dei fenomeni sociali pi importanti della storia del nostro
Paese che ha coinvolto seppur in maniera molto differente tutte le regioni dItalia da Nord
a Sud e circa 30 milioni di individui. Le ondate migratorie pi ingenti che hanno coinvolto
il popolo italiano, oltre ad alcune parentesi nel Medioevo, sono riconducibili agli anni
successivi lunificazione (dal 1861) fino al 1976, data che segna un cambiamento di rotta
rispetto al passato: lItalia passa da essere paese di emigranti a paese dimmigranti in
particolare grazie alle conseguenze del miracolo economico degli anni Sessanta.
Nonostante la grossa difficolt che il nostro Stato ha dimostrato fin dagli inizi nel riportare
dati statistici esatti sullemigrazione del proprio popolo, unidea generale viene data
dallIstat che sostiene che tra il 1876 e il 1987 sono espatriati oltre 27 milioni di italiani.
Pi nello specifico, circa 14 milioni di individui tra il 1876 e il 1914 chiesero al nuovo
governo di partire, seguiti da altre 4 milioni di anime tra il 1916 e il 1945 ed altri 7 milioni
di persone lasciarono il Bel Paese entro il 1976 (senza dimenticare i 9 milioni di italiani
che migrarono internamente dal Sud del Paese al Nord) e i restanti due milioni di espatriati
partirono entro linizio degli anni 90. E impressionante il fatto che il numero effettivo di
emigranti dal 1876 supera di gran lunga il numero degli abitanti dellItalia appena unita nel
1861, anche se di popolo italiano ancora non si poteva parlare. I primi movimenti
migratori infatti erano spostamenti di soggetti che non sentivano un forte sentimento di
appartenenza ad unidentit nazionale, non dimostravano un senso di attaccamento ad un
governo che unisse sotto di s tutti i cittadini delle diverse comunit locali, le quali
componevano un puzzle italiano ancora lontano dallessere ben saldamente unito. A tal
proposito, la Gabaccia (200?, p. XXI) sostiene che:

Per essi [gli emigranti italiani] la patria, cio il paese, era un luogo, non un popolo, una
nazione, o un gruppo dello stesso lignaggio.

Nel corso dellOttocento gli emigranti provenivano per la maggior parte dal Veneto, dalla
Campania e dalla Sicilia. In secondo luogo dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Friuli e
dalla Calabria. Furono soprattutto gli abitanti di queste regioni a dar vita alle pi massicce
diaspore italiane nel mondo. Nonostante lEuropa fu inizialmente la principale
destinazione di chi partiva dallItalia, molti emigranti italiani si dispersero in altri
continenti. Per quasi 100 anni, dal 1800 al 1900, pi di 5 milioni di persone partirono
allinsegna del Nuovo Mondo, intraprendendo viaggi transatlantici alla ricerca di
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migliori opportunit di lavoro e di nuove fonti di ricchezza. Il fenomeno ebbe un brusco


calo durante il fascismo, ma si registr un nuovo picco subito dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale. Dal settentrione, lemigrazione transoceanica privilegi lAmerica
Latina, tra cui principalmente Brasile, Argentina, Venezuela e Uruguay. Gli abitanti del
Sud della Penisola preferirono a loro volta insediarsi nel Nord-Est degli Stati Uniti
dAmerica. Non dunque un caso che gli abitanti dellItalia moderna utilizzino spesso il
modo di dire tutto il mondo paese, il quale da un lato esprime la fondamentale unit
degli esseri umani e le dimensioni circoscritte del globo terrestre, e dallaltro suggerisce il
fatto che ogni individuo pu sentirsi in patria in qualsiasi parte del mondo (R. Gabaccia,
2003, Introduzione, p. XVIII). Molto spesso nel suo libro, la Gabaccia ribadisce lo stretto
legame che intercorre tra lelemento cosmopolita e internazionale e quello locale come
caratteristica della storia dellemigrazione italiana nel tempo.
Una nuova e del tutto moderna ondata di emigrazione, fenomeno chiamato fuga di
cervelli o meglio conosciuto come brain drain, sta prendendo attualmente quota a causa
della dilagante e pressoch disastrosa situazione socio-economica che perversa in Italia da
qualche anno a questa parte, la quale sta costringendo le nuove generazioni ad imitare
quanto compiuto soltanto alcuni decenni fa dai nostri trisavoli, partendo alla ricerca di
nuove opportunit lavorative ed un futuro pi roseo.

Tabella 1. Espatriati e rimpatriati per destinazione e provenienza Dati per decennio 1861-1990
(valori assoluti). Elaborazione Centro Altreitalie su dati ISTAT a cura di Guido Tintori

Emigrazione italiana per regione 1876-1900, 1901-1915


Piemonte

709.076

13,5

831.088

9,5

Lombardia

519.100

9,9

823.695

9,4

Veneto

940.711

17,9

882.082

10,1

Friuli V.G.

847.072

16,1

560.721

6,4

Liguria

117.941

2,2

105.215

1,2

Emilia

220.745

4,2

469.430

5,4

Toscana

290.111

5,5

473.045

5.4

Umbria

8.866

0,15

155.674

1,8

Marche

70.050

1,3

320.107

3,7

Lazio

15.830

0,3

189.225

2,2

Abruzzo

109.038

2,1

486.518

5,5

Molise

136.355

2,6

171.680

2,0

Campania

520.791

9,9

955.188

10,9

Puglia

50.282

1,0

332.615

3,8

Basilicata

191.433

3,6

194.260

2,2

Calabria

275.926

5,2

603.105

6,9

Sicilia

226.449

4,3

1.126.513

12,8

Totale espatri

5.257.911

100,0

8.769.749

100,0

Tabella 2. Fonte: rielaborazione dati Istat in Gianfasuto Rosoli, un Secolo di emigrazione italiana
1876-1976, Roma, Cser, 1978.

Principali paesi di emigrazione italiana 1876-1976


Francia

4.117.394

Stati Uniti

5.691.404

Svizzera

3.989.813

Argentina

2.969.402

Germania

2.452.587

Brasile

1.456.914

Belgio

535.031

Canada

650.358

Gran Bretagna

263.598

Australia

428.289

Altri

1.188.135

Venezuela

285.014

Totale

12.546.558

11.481.381

Tabella 3. Fonte: rielaborazione dati Istat in Gianfasuto Rosoli, un Secolo di emigrazione italiana
1876-1976, Roma, Cser, 1978.

1.1 DallItalia unita al secondo conflitto mondiale: le cause e gli eventi.


Una prima fase del flusso migratorio italiano allestero coincide con gli anni subito
successivi alla costituzione dello Stato italiano fino allinizio del Ventesimo secolo (18761900). In questo periodo la quantit di emigranti risulta discreta, ma decisamente in
crescita anno dopo anno. I primi individui ad emigrare dallItalia erano prevalentemente
uomini maschi con unet compresa tra i 15 e i 40 anni appartenenti alla classe sociale
agricola ed erano perlopi analfabeti. Bisogna precisare che nel 1871 il tasso di
analfabetismo nel nostro Paese raggiungeva addirittura il 67,5% della popolazione e nelle
regioni meridionali superava spesso il 90%.
I veri protagonisti delle prime ondate migratorie furono per la maggior parte contadini,
accompagnati anche da un buon numero di braccianti, agricoltori, piccoli artigiani,
muratori ed operai. Lemigrazione sembrava lunica risposta efficace alla situazione
insostenibile causata dalla crisi agraria degli anni Ottanta dellOttocento, lunico mezzo di
rivolta contro le promesse mancate della rivoluzione unitaria del tempo. Nella seconda
met dellOttocento infatti, lEuropa si trov ad affrontare una crisi talmente drammatica
da essere denominata per la prima volta una Grande Depressione. Il mondo sviluppato
venne coinvolto da una crisi a livello agricolo, causata in primis dalla prima
globalizzazione delleconomia mondiale che nel caso specifico del nostro Paese favor
larrivo di massa del grano coltivato in America soprattutto grazie alle nuove tecniche di
navigazione a vapore e alla meccanizzazione del settore, la quale comportava dei costi di
produzione molto bassi e decisamente competitivi anche nei mercati esteri. A tutto ci fece
seguito unulteriore crisi industriale: lunificazione nazionale italiana aveva trasformato in
un unico terreno di competizione i mercati tradizionalmente indipendenti dei principati
italiani e introdotto i nostri produttori in una concorrenza spietata ai quali non erano
preparati. In Italia, dilaga una situazione di malessere e frustrazione, condivisa sia dai
contadini del Nord che da quelli del Sud seppur con motivazioni differenti. La
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modernizzazione dellagricoltura port alla diminuzione dei salari agricoli e la tassa sul
macinato rovin i piccoli proprietari, a cui si aggiunse la brutale competitivit
dellArgentina nel commercio del grano, colonna portante delleconomia del settore.
Il nostro Paese si dimostr subito debole ed incapace di adattarsi efficacemente alla
rivoluzione industriale inglese e si assistette dunque ad una graduale disgregazione delle
campagne e allavvento di grandi epidemie che insieme portarono alla crisi della societ
rurale. La lotta di classe divent brutale e spietata soprattutto a causa di una borghesia
agraria avida e assetata di potere: i nuovi proprietari contadini non rivestivano pi il ruolo
di tutori naturali dei dipendenti, al contrario il divario tra le due figure aument sempre di
pi.
Questo malessere agrario e la conseguente rivoluzione della fazione contadina coincise con
unaltra fase di rivoluzione e cambiamenti che tra il 1901 e il 1915 portarono ad ulteriori
flussi migratori: nuove linee ferroviarie si svilupparono e andarono a collegare i porti e le
frontiere, spingendo ulteriormente i contadini ormai schiacciati dalla morsa di una spietata
borghesia agraria in ascesa a mettersi in movimento. Inoltre, con la costituzione del
Commissariato Generale dellemigrazione nel 1901 il fenomeno riusc finalmente a trovare
delle prime misure di tutela soprattutto contro azioni speculative di intermediari e agenti
delle compagnie di navigazione, i quali videro le proprie tasche riempirsi enormemente di
denaro che gli emigrati erano disposti a pagare pur di sperare in una condizione migliore
allestero. Nonostante questi primi passi verso una regolarizzazione del fenomeno, il
Commissariato non fu comunque una soluzione efficace per le problematiche igieniche e
sociali causate dallingente numero di individui concentrati nei principali porti dimbarco
italiani come Genova, Palermo e Napoli, questultima colpita nel 1911 da una dilagante
epidemia di colera. Infatti, le condizioni di queste traslazioni rispecchiavano quelle delle
deportazioni di massa con vagoni sovraccarichi di anime fino allultimo centimetro
quadrato disponibile disposte ad intraprendere viaggi di oltre 10-14 giorni in condizioni
igienico-sanitarie disumane, in scarsit di cibo e acqua.
Un altro fatto che contribu, seppur in maniera ridotta, al movimento di uomini e intere
famiglie fu listituzione del servizio di leva militare a causa di cui molti giovani si videro
costretti a lasciare il paese dove avevano vissuto fino a quel momento e vennero assegnati
a caserme e guarnigioni disperse per il territorio italiano.
Se da una parte i contadini costituirono il maggior numero di emigranti nei flussi
dellOttocento, non si pu affermare che fossero lunico strato sociale ad evadere dalla
penisola. Ad essi infatti vanno accostati gli esuli politici e llite portatrice di cultura, di cui
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facevano parte musicisti, suonatori ambulanti, letterati e i tecnici specializzati come


medici, ingegneri e scienziati. Ognuna di queste classi migratorie prese direzioni diverse,
ad esempio i patrioti italiani in esilio che preferivano restare vicini al Paese al fine di poter
essere sempre pronti a partecipare attivamente alla lotta politica per la libert o
lindipendenza. Stando ai dati statistici, oltre tre quarti degli esuli partiti nel
diciannovesimo secolo tornarono in Italia dopo assenze relativamente brevi. Al contrario
delllite culturale emigrata in Europa e di coloro che espatriarono in cerca di lavoro, le
migrazioni dei patrioti erano caratterizzate da movimenti improvvisi e discontinui e
seguivano le crisi politiche del Risorgimento. I Paesi pi ambiti da questi emigranti di
stampo patriottico erano la Francia, la Svizzera e il paesi allinterno del bacino del
Mediterraneo, mentre le Americhe restarono una meta poco gettonata da quella classe di
espatrianti.

Figura 1. Esuli politici italiani in partenza per l'Argentina

Se da una parte dunque la neonata classe dirigente italiana della fine dellOttocento
combatteva per creare uneconomia nazionale e fare gli italiani (R. Gabaccia, 2003,
p.73), dallItalia riusciva a produrre emigranti in quantit tali da essere la fonte primaria tra
i prodotti di esportazione del Paese.
Le prime ondate migratorie del periodo post-unificazione erano prevalentemente di
carattere temporaneo. Infatti, lobiettivo che spinse i primi uomini ad emigrare rispondeva
al desiderio di trovare unoccupazione di tipo stagionale allestero, tale da far guadagnare
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loro abbastanza denaro per poi rientrare dopo qualche tempo in madre patria e costruirsi
una casa propria o acquistare terreni e propriet. Inoltre, la popolazione migrante era
costituita perlopi da giovani uomini che partivano soli, non accompagnati dal resto del
nucleo familiare proprio a causa della temporaneit della migrazione.
A cavallo tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, leconomia mondiale richiedeva
principalmente lavoratori con qualche esperienza di tipo professionale, come tecnici
cittadini, artigiani ecc. Poco a poco la percentuale di operai dellindustria e di lavoratori
manuali crebbe costantemente, ed arrivarono a costituire quasi il 90% della popolazione
migrante italiana, in quanto le loro capacit manuali venivano enormemente richieste in
tutto il mondo. A ci consegu anche un leggero cambiamento nella composizione delle
popolazioni migratorie: non erano pi solamente uomini singoli, padri di famiglia o
giovani che partivano da soli, bens cominciarono a partire nuclei familiari interi con donne
e bambini al seguito, che continuarono a lavorare insieme in particolare nel campo
agricolo. Inoltre, vi era a quei tempi una crescente domanda di personale domestico
femminile da parte del ceto medio dei centri urbani in crescita.
Il nuovo secolo port altrettanto nuovi mutamenti tra le classi sociali in emigrazione: le
lite continuarono ad espatriare, ma i letterati, i soldati e gli studiosi preferivano restare in
patria, contenti della nuova nazione . A questi ultimi si sostituirono invece i commercianti,
gli uomini daffari e gli esploratori, che prediligevano il continente africano. Un altro
movimento fu creato da alcuni esponenti degli ordini religiosi, ai quali il nuovo Stato
aveva sottratto pressoch tutte le propriet e i privilegi tradizionali, e che partirono alla
vetta di Paesi in cui esercitare il loro ministero.
Un leggero cambiamento di tendenza cominci a manifestarsi nel periodo compreso fra le
due guerre mondiali, anni in cui il flusso migratorio rallent il suo andamento per
motivazioni differenti: in primo luogo, alcuni Stati che fino ad allora avevano accolto
centinaia di migliaia di immigrati adottarono delle misure legislative restrittive per frenare
limmigrazione. E questo il caso degli Stati Uniti che con la promulgazione dello
Emergency Quota Act nel 1921 fren bruscamente gli arrivi nel Paese di lavoratori in
particolare dallEuropa, Est Asiatico e Sud America basandosi su un sistema di quote che
costituivano il limite numerico di immigrati di ogni Stato estero che potevano entrare
legalmente nel Paese. Accanto a questa legge, gli Stati Uniti imposero anche il
superamento da parte degli immigrati dei cosiddetti literacy tests ossia dei veri e propri test
contro lanalfabetismo. Un altro fattore che comport un sostanziale rallentamento degli
espatri dallItalia in questo periodo fu la politica interna attuata dal Fascismo che da un lato
riteneva lemigrazione di massa un fenomeno denigrante e di poco prestigio per lo Stato
12

italiano e dallaltro una causa di indebolimento dal punto di vista militare, in quanto
moltissimi giovani uomini italiani che potevano essere impiegati nellesercito e nei piani
bellici

del

partito

preferivano

espatriare.

Da ultimo, ma non di minore importanza, anche la forte crisi economica degli anni Venti
del 1900, in particolare quella del 1929 causata dal crollo della borsa di Wall Street,
contribu al rallentamento del fenomeno migratorio nel nostro Paese.

1.2 Lemigrazione italiana tra il 1945 e il 1970


Fin dai primissimi anni del secondo dopo guerra, il flusso degli italiani migranti allestero
riprese in maniera cospicua e gli emigranti in cerca di lavoro e miglior futuro andarono ad
aumentare il numero delle gi presenti comunit italiane in svariati Paesi del mondo. I
lavoratori emigranti durante questa fase erano perlopi gruppi di operai specializzati e
sempre pi qualificati in risposta alle esigenze dei paesi richiedenti personale con una
formazione professionale certificata. Le mete di espatrio cambiano leggermente: in
particolare la cosiddetta ricostruzione post-bellica fece accrescere le richieste di
lavoratori e manodopera in alcuni Stati europei come Inghilterra, Belgio e Francia seguite
da Svizzera e Germania, ma anche nuovi Paesi transoceanici aprono i loro battenti a flussi
migratori provenienti dallItalia tra cui Venezuela, Canada e Australia. Nonostante ci,
alcune delle mete tradizionali come Stati Uniti, Brasile e Argentina continuano ad
accogliere un gran numero di emigranti italiani seppur nel caso specifico degli Stati Uniti
alcuni fattori causarono un netto rallentamento dellimmigrazione totale nel paese. Tra
essi, le conseguenze del Quota Act del 1924, un emendamento protezionistico che
comport una forte battuta darresto nellarrivo di massa di emigranti italiani, e il crollo
della borsa di Wall Street del 1929 che caus una crisi economica interna tanto ingente da
creare un contesto economico ben poco favorevole allafflusso di emigranti in cerca di
lavoro e fortuna, e da ultimo lapertura delle frontiere venne sottoposta a dei criteri molto
rigidi di selezione per lentrata nel paese di manodopera qualificata. Questa nuova ondata
migratoria post bellica vide la partecipazione di quasi tutte le regioni italiane, nonostante
dalla fine degli anni Quaranta il processo di emigrazione divenne pi frequente nelle
regioni meridionali del Paese ed anche le destinazioni principali passarono dalle mete
extracontinentali alle pi vicine Germania e Svizzera, specialmente dopo laccordo di
emigrazione che venne firmato da Italia e Germania nel 1955. Ad ogni modo,
lemigrazione resta un fenomeno di primordine allinterno del nostro Paese anche durante
gli anni Sessanta, fungendo sia come stimolo per il mercato interno e per leconomia grazie
alle rimesse di denaro inviate costantemente dagli emigrati, somme che andavano ad
13

incrementare il denaro pubblico a disposizione dello Stato, il Pil e il reddito nazionale, sia
come metodo di alleggerimento del mercato del lavoro nazionale permettendo di creare
ulteriori impieghi per la popolazione locale. Il fenomeno dellemigrazione italiana del
secondo dopoguerra fu dunque uno strumento utile anche per lo Stato italiano sia per
raggiungere obiettivi di natura economica, ma venne anche considerato un ottimo metodo
per far rientrare il Paese allinterno del panorama europeo grazie ai numerosi accordi di
emigrazione bilaterali che vennero firmati con moltissime nazioni al fine di facilitare le
partenze, tra cui quelli con Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Spagna, Grecia,
Portogallo, Marocco, Turchia ma anche con Stati extraeuropei come lAustralia e
lArgentina. E proprio in questa fase della storia dellemigrazione italiana che pi si
concentra il controllo e la partecipazione del governo italiano, proprio come si afferma nel
testo di Colucci - Sanfilippo:

Lincidenza di tale emigrazione fu notevole: le carte del Ministero del Lavoro conservate
presso lArchivio centrale dello stato segnalano che essa nel 1946 contava per il 28% del
totale e che nei tre anni successivi sal al 39,7%, per poi flettere al 37% e quindi svettare
al 42%. Nel 1950 lemigrazione controllata ridiscendeva al 24,5% per poi proseguire
ondeggiando
tra il 13,4% del 1954 e il 34,7% del 1956. Non bisogna comunque dimenticare
come i governi del dopoguerra favorirono scientemente lemigrazione, sperando che alleviasse
la povert e le tensioni politiche della Penisola. 1

Lo Stato stesso, cosciente dei giovamenti che lemigrazione poteva portare al Paese in
termini di crescita economica, si fa promotore di campagne pro-emigrazione. In
particolare, gli studiosi definiscono il fenomeno di questi anni emigrazione assistita per
il rigido controllo e selezione dei migranti. Il processo di selezione stesso iniziava dalle
singole province presso gli uffici del lavoro locali, dove gli aspiranti lavoratori emigranti
venivano sottoposti a dei test medici per valutare lintegrit e lattitudine fisica, in aggiunta
a test attitudinali ed inoltre erano sbrigate le prime procedure amministrative per lespatrio.
Gli uffici del lavoro svolgevano anche unazione pubblicitaria e di conoscenza delle
richieste di lavoro allestero per la comunit locale. A livello istituzionale, il Ministero del
Lavoro e Previdenza Sociale istituito nel dopoguerra fu di vitale importanza per il processo
di emigrazione assistita: esso si occupava prevalentemente di attuare le politiche migratorie
e di coordinare delle iniziative per gli italiani allestero. Il ruolo fondamentale del
1

M. COLUCCI - M. SANFILIPPO, Guida allo studio dellemigrazione italiana, SetteCitt, Viterbo 2010, p.
23

14

Ministero del Lavoro era strettamente collegato e agli interventi dellallora Ministero degli
Esteri, il quale era responsabile di ci che avveniva agli italiani fuori dai confini nazionali.
Questa mutua collaborazione iniziata negli anni Cinquanta del secolo passato fu di vitale
importanza nellarticolazione delle politiche migratorie e resta il modello su cui si basa
tuttoggi

il

coordinamento

degli

emigrati

allestero.

Un ulteriore fondamentale passo nella creazione di un mercato di lavoratori comunitario


venne compiuto nel 1957 quando a Roma si firm il trattato istitutivo del MEC, mercato
comune europeo. A partire da quel momento, il mercato del lavoro assunse una dimensione
di tipo comunitario e la gestione della forza lavoro dal punto di vista sia giuridico che
legislativo non era pi solamente una affare interno ai singoli paesi.

1.3 Gli anni Sessanta e Settanta, il lento rallentamento e il cambio di rotta


Le comunit di italiani nel panorama mondiale degli anni Sessanta, superata la prima fase
di ricostruzione, cominciarono poco per volta a cambiare il loro rapporto con la madre
patria e nacquero delle nuove realt associative che affiancarono quelle tradizionali. I punti
di riferimento restano i patronati, i sindacati, comunit religiose e non e i partiti politici ma
ad essi si aggiungono delle nuove istituzioni prevalentemente nate su base provinciale o
regionale, in linea con la nascita della divisione del territorio italiano in regioni in atto in
quegli anni che si formalizzer nel 1970, le quali prenderanno pieno controllo dei propri
emigrati allestero, della gestione dei nuovi soggetti emigranti, della loro formazione
professionale e dellassistenza sociale a scapito delle associazioni di livello nazionale.
Gli anni Sessanta segnano un periodo di forte rallentamento nelle migrazioni, fino ad
arrivare a livelli record alle porte degli anni Settanta contando meno di 200.000 unit.
Coloro che decidono di partire in questa fase lo fanno principalmente in via temporanea,
senza avere come obiettivo finale quello di restare nel paese darrivo e ci provato dal
crescente numero di rimpatri registrati durante il decennio, il quale allinizio degli anni
Settanta superer di gran lunga il numero degli espatri. Ci nonostante, coloro che
decidono di partire si spostano ancora nelle vicine Svizzera e Germania federale, nazioni
che contribuirono attivamente a diffondere la tendenza di rimpatrio dopo una stagione
lavorativa allestero degli emigrati. Infatti, i due Paesi adottarono delle misure
protezionistiche e conservatrici nella loro politica interna tali da impedire ai lavoratori
immigrati di sedimentarsi permanentemente sui loro territori. Malgrado il cambiamento di
tendenza in atto durante quegli anni, un solo dato resta costante allinterno del territorio

15

italiano, ossia la quantit di rimesse inviate in patria che nel 1969 raggiunge addirittura il
record di un miliardo di dollari spediti in un solo anno.
Il cambio di rotta in atto gi da qualche anno prende ancora pi piede durante il decennio
successivo, quando lItalia registra un saldo positivo nellemigrazione: la prima volta che
il Paese conta pi rimpatri che espatri e le cause alla base del fenomeno sono svariate. In
primis, le condizioni poco vantaggiose dei paesi di arrivo a causa dei licenziamenti,
chiusura dei mercati del lavoro e un rallentamento della crescita economica dovuti allo
shock petrolifero di quegli anni imposero la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani
a tornare in patria e invogliarono ben pochi ad intraprendere unesperienza di lavoro
allestero. Tra le regioni con maggior numero di individui rimpatriati nel 1972 si contano
Puglia, Campania, Veneto, Sicilia e Calabria.

16

1.4 Dagli anni Ottanta ad oggi: un nuovo esodo.


Gi dagli anni 80 lemigrazione italiana rallenta il passo nonostante limpatto sul territorio
nazionale delle comunit di lavoratori allestero resti evidente. Infatti, gli emigrati italiani
sparsi per il mondo continuano anche durante questo periodo ad inviare rimesse in Italia e
a mantenere un legame molto stretto dal punto di vista economico e sociale con la
madrepatria. Durante gli ultimi ventanni del 1900 nasce anche una nuova classe di
emigranti che decide di lasciare lItalia per motivazioni diverse rispetto ai suoi
predecessori. Crescono infatti i giovani che decidono di espatriare per motivazioni legate
allo studio oppure per conseguire unesperienza di vita e di lavoro allestero di carattere
temporaneo. I Paesi che ricevettero maggior affluenza di questi nuovi emigrati dal nostro
Paese sono la Gran Bretagna, Francia e Germania in Europa e gli Stati Uniti per gli
spostamenti extra-continentali.
Nellultimo decennio del Ventesimo secolo alcune novit dal punto di vista politico
influenzeranno non solo il panorama italiano, ma anche quello europeo per quanto riguarda
17

la circolazione dei cittadini. Un enorme passo in avanti verso la cooperazione europea e la


mobilit allinterno delle frontiere degli individui viene compiuto dai Paesi che firmarono
gli accordi di Shengen che in Italia entrano in vigore ufficialmente nel 1996. Laccordo
siglato inizialmente nel 1985 tra Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Olanda
prevedeva labolizione dei controlli alle frontiere e una maggior libert di transito dei
cittadini non solo degli Stati firmatari, ma anche di Stati membri della Comunit Europea e
di alcuni stati terzi. Con la firma poi della convenzione nel 1990 entrata in vigore solo
dopo altri 5 anni si and a completare il quadro gi delineato con gli accordi iniziali del
1985 riguardanti la libera mobilit allinterno dei confini della Comunit abolendo del tutto
la burocrazia di frontiera.
Nel 1992 in Italia venne inoltre introdotta una nuova legge sulla cittadinanza, altro
elemento di svolta per gli italiani residenti allestero in quanto la norma prevede la
possibilit di poter richiedere e acquisire la cittadinanza italiana anche ai discendenti degli
emigrati. Sempre in tema di innovazioni istituzionali non dobbiamo dimenticarci del
crescente ruolo e attivismo delle regioni italiane in tema di emigrazione in atto dallinizio
del nuovo Millennio: numerose sono state le leggi regionali emanate al fine di rafforzare le
relazioni con le comunit italiane allestero soprattutto da un punto di vista economico e
sociale, come quella emanata ad esempio dalla regione Calabria rivolta a creare Nuove
norme per il sollievo dellemergenza sociale a favore dei calabresi in Argentina.
Oltre alle innovazioni di stampo normativo, dal 2000 in avanti vennero organizzate
svariate iniziative finalizzate alla presa di coscienza del fenomeno migratorio degli ultimi
anni tra cui la convocazione di tre convegni: nel Novembre del 2000 venne istituita la
prima conferenza dei parlamentari italiani nel mondo in cui parteciparono allincirca 200
figure governative di origine italiana eletti nei loro rispettivi Paesi dimmigrazione come
Stati europei, ma anche dal Centro e Sud America, Oceania e Stati Uniti. Nel Dicembre
dello stesso anno fu inoltre organizzata la prima conferenze degli italiani nel mondo
mentre nel 2008 quella dedicata ai giovani italiani emigrati nel mondo. Durante questi due
ultimi eventi in particolare sono stati trattati temi prettamente legati alla vita delle
comunit italiane fuori dai confini nazionali, in particolar modo sui diritti civili, sul
problema degli anziani, sulle nuove generazioni e il loro futuro professionale,
limprenditoria degli italiani allestero e tra i temi maggiormente discussi poi negli anni a
venire anche la figura del ricercatore italiano allestero, tuttoggi spesso al centro
dellattenzione dellopinione pubblica insieme al tema delicato della cittadinanza che si
posa sulla scena politica ed istituzionale allinizio degli anni 90 con lentrata in vigore
della legge stessa. Come ha osservato anche Tentori (2009, p. 743-64), tra la fine degli
18

anni 90 e il primo decennio del Duemila sono aumentate notevolmente le domande di


cittadinanza di discendenti italiani residenti soprattutto in Paesi che in quel periodo
entrarono in forte crisi economica, come alcuni Stati del Sud America tra cui in prima fila
Argentina e Brasile al fine di poter emigrare legalmente ed entrare senza alcun ostacolo
burocratico allinterno della Comunit Europea per trovare nuove possibilit lavorative e
superare

le

ristrettezze

economiche

dei

loro

Paesi

di

residenza.

1.5 Il modello italiano nelle economie mondiali


I lavoratori italiani emigranti andavano a ricoprire occupazioni differenti a causa delle
diverse forme di accoglienze che erano loro riservate dal paese dimmigrazione. Quel che
certo, che lemigrante italiano era pronto a lavorare duramente e a dimostrare le proprie
spiccate

capacit

lavorative

anche

al

di

fuori

del

paese

dorigine.

Il settore che allestero accolse la maggior parte della forza lavoro italiana proveniente dal
settentrione fu quello delle costruzioni: gli italiani costituivano la principale fonte di
manodopera nelledificazione delle linee ferroviarie transalpine e gallerie tra il 1870 e il
1920. Alcune delle grandi opere come la Transiberiana e le ferrovie in Austria e nei
Balcani, o ancora le ferrovie nel continente africano e in Argentina erano frutto dellarduo
lavoro di squadre di operai, manovali e muratori costituite quasi interamente da uomini
italiani. In America, queste ultime erano anche responsabili della manutenzione della rete
ferraia e vennero ingaggiate anche per la realizzazione di opere pubbliche e private in
moltissime

citt

americane.

Il lavoratore proveniente dal meridione, che possedeva una maggior padronanza delle
tecniche di coltivazione ed esperienza nel settore agricolo, trov occupazione specialmente
come bracciante nelle piantagioni della Louisiana e dellAmerica latina. Ci furono grandi
opportunit dimpiego allestero anche per emigranti che di professione erano venditori
ambulanti, droghieri, ristoratori poich litaliano anche fuori dalla madre patria spesso
ricercava i prodotti e servizi tipici della propria tradizione e ancora pi frequentemente li
richiedeva nel suo dialetto di origine. Svariate possibilit di occupazione riguardavano
anche limpiego di capitale umano nelle numerosissime miniere, come quelle famose del
West Virginia, in cui gli uomini erano costretti a lavorare in condizioni durissime e al
limite della salubrit.

19

Figura 2. Lavoratori in miniera

Nel momento in cui lemigrazione italiana cambi i propri tratti e pass da transazioni
stagionali di padri di famiglie e giovani uomini a spostamenti di intere famiglie, con mogli
e bambini al seguito, anche le donne incominciarono a cercare una nicchia occupazionale
nel paese dimmigrazione. Nonostante le donne italiane erano perlopi responsabili
dellorganizzazione familiare entro le mura di casa, dellallevamento e cura dei figli e
svolgevano quasi unicamente compiti di natura domestica, una volta emigrate non
accettarono pi gli stessi standard di vita e cominciarono a cercare occupazioni diverse.
Negli ultimi anni dellOttocento, le italiane trovarono impiego in alcuni stabilimenti di
tessitura e filatura in Francia, Svizzera e Germania, mentre nelle Americhe vennero
privilegiate posizioni nelle industrie manifatturiere di sigari, abiti, calzature e tessuti e i
bambini venivano portati spesso sul posto di lavoro. Solamente in alcune citt
dellAmerica Latina le donne italiane vennero impiegate come lavandaie e domestiche.

20

Figura 3. Lavoratrici in un'industria tessile

1.6 La figura del Padrone e i metodi di allocazione dei lavoratori allestero


Il contadino italiano, pressoch analfabeta e povero, che viveva nelle campagne isolate
dalle grandi citt e voleva intraprendere un viaggio fuori dal proprio paese per cercare
fortuna e lavoro allestero ricercava informazioni sul viaggio, consigli ed un minimo di
supporto e assistenza da compaesani e conoscenti. Lemigrante ritornato in Italia, quindi
esperto grazie alla sua esperienza diretta, diventa una figura cruciale per i nuovi potenziali
emigranti. Infatti, tutte le informazioni relative alle possibilit di lavoro nel mondo
circolavano attraverso due fonti principali: da una parte nel corso degli anni si erano create
delle reti di categoria per chi poteva gi vantare una specializzazione o mansione
particolare, dallaltro lato unimportante fonte di informazioni era costituita da ex
emigranti che, una volta ritornati in patria, reclutavano manodopera da spedire
successivamente allestero. Col tempo, anche la cerchia di amici, parenti e familiari
divenne una dei maggiori canali d informazioni sul mercato del lavoro nel mondo,
divenendo anche i principali promotori delle successive ondate migratorie. In particolare,
la famiglia dellemigrante ricopriva un ruolo rilevante nella diffusione delle informazioni
sulle condizioni di vita e di lavoro del proprio parente che si trovava allestero, e molto
spesso venivano interpellate direttamente da chi stava progettando il suo prossimo
spostamento

fuori

dallItalia.

Il contadino o artigiano rientrato in Italia dopo un periodo di lavoro svolto allestero


21

comprese che poteva fare della propria esperienza una grande fonte di ricchezza nel
proprio paese natio, divenendo consigliere o addirittura piccolo usuraio. Quando il lavoro
nel mercato mondiale aument, gli ex emigranti svolgevano lattivit di agenti di
collocamento o, come definisce anche la Gabaccia nel suo libro, di mercanti di carne
(Gabaccia, 2003) i quali si facevano promotori delle operazioni di reclutamento della
manodopera non specializzata e venivano chiamati padroni. Questi ultimi non
svolgevano solamente il ruolo di consulenti del lavoro per i nuovi emigranti, ma dove
richiesto fornivano anche prestiti di denaro per il viaggio e le prime necessit di un
lavoratore che decideva di andare a lavorare allestero, spesso ad interessi e tassi di
restituzione molto sconvenienti e poco onesti. Inoltre i padroni, in qualit di agenti di
collocamento, ricevevano anche delle piccole commissioni da parte dei clienti ai quali
fornivano lavoratori, ma non erano loro stessi che stipulavano alcun genere di contratto e
non avevano i cosiddetti contract laborers, in altre parole lavoratori in appalto. Ci
nonostante, i lavoratori venivano s dati in appalto a dei piccoli affaristi risiedenti nei paesi
di emigrazione, i quali fornivamo squadre intere di immigrati in primis gi per le grandi
opere pubbliche che si realizzarono nellOttocento, e a seguire anche per la costruzione di
ferrovie, ponti canali come quello di Suez, Panama ecc. In aggiunta, questi affaristi
offrivano vitto, alloggio e liquidit di denaro ai lavoratori immigrati, i cui costi venivano
poi mensilmente dedotti dallo stipendio calcolando anche in questo casi gli interessi per il
prestito, riducendo cos i lavoratori ad una paga pressoch misera. Nonostante le
condizioni di lavoro spesso durissime ,il trattamento talvolta poco rispettoso che era
riservato agli immigranti italiani e la retribuzione permetteva loro ben poco, i lavoratori
non specializzati preferivano comunque entrare a far parte di una squadra di appaltatori
poich avevano almeno la certezza di poter apprendere un mestiere utile allespatrio.
Gli italiani non si sentivano trattati come schiavi dal loro padrone, piuttosto come servi
inteso come dipendenti e il rapporto di subalternit tra padrone-lavoratore non era
considerato negativo o come un limite alla libert dellindividuo, anzi faceva parte della
realt lavorativa quotidiana anche in Italia stessa. Addirittura il Governo italiano stesso non
permise ad alcuni lavoratori emigranti di partire per determinati Paesi se non sotto la guida
di un padrone inteso come protettore, e dallaltro lato, anche i datori di lavoro dei paesi di
arrivo ritenevano che gli emigrati sotto protezione appartenessero ad unemigrazione
coordinata ed in un certo qual modo atti a diventare ottime risorse per incrementare
leconomia nazionale del Paese stesso.

22

CAPITOLO 2
GLI ITALIANI IN AMERICA
Pecche'...nun ce ne Jammo in America?
Stann' aperte tutt'e porte?
Basta ca si tu 'o cchiu' forte
sotto sotto a tutt' 'o riest
ce sta' sempre nu far west..
Stu' paese cerca 'a gloria
ma nun tene ancora storia
e fa 'a guerra pure a allah..
si 'o petrolio nun ce sta.
Cu nu film e na prumessa
stu' paese te fa fess
quanti eroi dint'e fumetti
quanta nir' dint'e ghetti
liberta' pe' tutt' quant'
tanta e' 'o dollaro ca cumman
pure si fai cape e muro
pero' a cca' part 'o futuro
stann' aperte tutt' 'e porte
America.
Pecch nun ce ne jammo in America?, Renzo Arbore e lOrchestra Italiana, 1996.

Cos recita una delle pi celebri canzoni del repertorio popolare napoletano di uno dei pi
rinomati cantautori italiani qual Renzo Arbore che racchiude nel suo testo il pensiero
comune ad un ingente quantit di italiani che nel secolo passato decisero di dare una
svolta alla loro vita partendo per il Nuovo Mondo. LAmerica, patria degli hot dogs, dei
blue jeans, dei fast food, del juke box e dei cowboys, ma anche la nuova terra promessa
degli emigranti in cerca di un futuro pi roseo, il paese delle miniere e dalle immense
possibilit lavorative che fonda il proprio credo nella libert degli uomini e nello stereotipo
del self-made man, ognuno imprenditore di s stesso.

23

2.1 The big wave


Non sarebbe corretto delimitare temporalmente lemigrazione italiana negli Stati Uniti ad
un periodo preciso in quanto possibile documentare gi il fenomeno, seppur in misura
quasi irrilevante, agli albori dellunit americana. In quel periodo infatti alcuni piccoli
artigiani e mercanti salparono alla volta dei neonati Stati Uniti dAmerica probabilmente
affascinati dal sogno di acquisire una migliore condizione economica e incuriositi dalla
rivoluzione portata avanti, anche con una certa ferocia, dagli attivisti e dalla nuova
repubblica. Ci nonostante, a livello quantitativo non si pu parlare di una prima ondata
migratoria italiana oltreoceano fino alla seconda met del diciannovesimo secolo. Durante
quegli anni le figure pi significative che decisero di espatriare negli U.S.A. era perlopi
marmisti, scultori, scalpellini, venditori ambulanti, ma anche alcuni artisti e dottori.
Appartiene a questa prima fase migratoria nel Nuovo Mondo il famoso inventore del
prototipo del moderno telefono, Antonio Meucci che sbarc in America nel 1845. In quegli
anni in Italia andavano diffondendosi tentativi di insurrezione popolare per la liberazione
dello Stato dagli invasori non pi tollerati, casi significativi di guerriglia avvennero a
Milano contro lo strapotere degli Austriaci, a Venezia contro gli Asburgo fino ad arrivare
anche al Regno di Sicilia dove esplose una rivoluzione contro i governanti della dinastia
borbonica. Tutta questa serie di moti rivoluzionari finirono per essere un enorme
fallimento e fu proprio il sentimento che ne consegu a spingere molte figure di stampo
politico ad emigrare negli Stati Uniti, fra cui Giuseppe Garibaldi in prima persona che
giunse a New York nel 1850. La massa di emigranti italiani diretti nel Nuovo Mondo
continu ad intensificarsi fino a raggiungere negli ultimi ventanni del 1800 livelli mai
raggiunti prima: erano specialmente uomini provenienti dalle regioni del Nord Italia,
prevalentemente veneti, piemontesi e lombardi, ad invadere la terra americana, anche se in
misura maggiore andarono a sedimentarsi nel Sud del continente, in Argentina e Brasile. Il
Veneto in particolare fu la regione dItalia che in quel periodo cont il primato di espatri a
causa della situazione agricola disastrosa e alla parallela diffusione di epidemie malariche e
di pellagra che colpirono in maniera devastante la popolazione fino a decimare centinaia di
famiglie. Anche per gli Stati Uniti come accadde in altri Paesi che accolsero emigranti
italiani, a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo fino al primo conflitto mondiale
vi fu un cambio di rotta: se prima la zona dItalia che produceva il maggior numero di
espatri era il Settentrione, ora per svariate cause ti tipo economico e sociale tra cui
leccedenza di manodopera come conseguenze dellesplosione demografica, la crisi
agricola che colp prevalentemente la produzione di grano, il Meridione conquist il
24

primato e cambiarono anche le mete principali, da una maggior affluenza di arrivi in


Europa e Sud America tipica dellOttocento, con il nuovo secolo gli Stati Uniti divennero
il primo polo di attrazione, destinazione prediletta specialmente da campani e siciliani.
Leccesso di manodopera agricola proveniente dal Sud del Paese veniva inizialmente
convogliata nel Nord Italia, nel cosiddetto triangolo industriale [Pretelli, 2011, p. 37]
costituito dalle citt di Milano, Torino e Genova finch anche queste ultime si trovarono ad
essere sature di lavoratori e non pi in grado di assorbire leccedenza. Al Sud lo scenario
non proponeva alcuna alternativa positiva per risolvere lalto tasso di fame e miseria
causato dalle continue crisi agricole e viticole, dallintroduzione di una tassa sul grano e la
parallela concorrenza di importazioni dello stesso prodotto a dei costi ultraconcorrenziali.
Di fronte a tutto ci molti contadini e braccianti non vedevano altra soluzione se non quella
di lasciare la propria terra per conquistare migliori condizioni di vita allestero. Alcuni di
essi preferirono lAmerica Latina, dove gi negli anni precedenti erano emigrati molti
connazionali, chi invece aveva minori capacit economiche per pagarsi il viaggio e voleva
puntare sulle enormi possibilit di trovare lavoro come operaio non qualificato partiva per
gli Stati Uniti. Come mostra anche la tabella riportata, il numero degli immigrati italiani
negli Stati Uniti tra 1820 e 1920 raggiunse livelli stratosferici e il nostro popolo fu il pi
numeroso, dopo quello dellimpero austro-ungarico, ad insediarsi negli USA.

25

Un occhio di riguardo nella questione dellemigrazione del Meridione negli U.S.A.


andrebbe mantenuto sul caso della Sicilia. Lisola sempre stata caratterizzata nella sua
storia da spostamenti interni, ma almeno fino alla fine del 1800 non vennero registrati
flussi ingenti di espatri verso lesterno. La tendenza prese per una brusca piega quando,
alla fine del secolo venne colpita da un susseguirsi di crisi a livello agricolo che causarono
anche delle tensioni sociopolitiche che portarono alla formazione dei famosi fasci
siciliani, un movimento contadino di protesta che per ebbe vita breve in quanto fu
represso dalle truppe del governo al cui capo vi era Francesco Crispi. Fu proprio la
reazione cos repressiva e dura delle autorit governative che spinse i rivoltosi ad
abbandonare del tutto la terra natia per cui avevano combattuto tanto valorosamente. Si
emigr dalle campagne, dai centri urbani come Palermo, Messina e Catania alla volta di un
nuovo orizzonte lavorativo e per fare ci molti uomini, perlopi senza qualifiche e che
parlavano a malapena il loro dialetto locale, si videro costretti a vendere la propria dimora
o un appezzamento di terreno che fino a quel momento era il loro unico patrimonio. Molti
dei siciliani emigranti negli Stati Uniti approdavano al porto di New Orleans in Louisiana,
dove la maggior parte di essi si stanziava e diventavano commercianti di frutta, pescatori,
lavoratori

di

canna

da

zucchero

cos

via.

Gli Stati dAmerica maggiormente coinvolti nel fenomeno dimmigrazione degli italiani
furono in primis quelli pi vicini ad Ellis Island dove gli uomini venivano sottoposti a
controlli rigidissimi: venivano verificati i dati anagrafici, la provenienza e poi lo stato di
salute. Nel 1965 Ellis Island stata proclamata museo nazionale e nel 1990 venne
ufficialmente aperta al pubblico: visitandola possibile ripercorrere storie di emigrati
26

italiani e non solo attraverso la raccolta di filmati, la collezione di strumenti che al tempo
venivano utilizzati durante i controlli sugli emigrati e sul sito stesso del museo addirittura
consultabile un database in cui sono registrati tutti gli arrivi, compresi di data e
informazioni personali di ogni immigrato sbarcato nel corso degli anni sullisola. Le mete
predilette dagli uomini dopo aver passato tutte le visite e la registrazione sullisola erano il
vicino New Jersey, New York stesso, Massachusetts, e Pennsylvania mentre solo una
piccola minoranza si allontanava dagli Stati della costa orientale per raggiungere la
Louisiana, la California o altri Stati del Mid-West.
2.2 Le due guerre mondiali: battute darresto e riprese del fenomeno
Con lo scoppio del primo conflitto mondiale lemigrazione italiana negli Stati Uniti sub un
forte rallentamento, in quanto lItalia cominci a richiedere maggiori forza umane da
impiegare nello sforzo bellico. Questo impegno della madrepatria nella guerra provoc
unenorme sentimento di nazionalismo non solo in Italia, ma anche oltreoceano tra le
comunit italiane in America le quali sentirono ancora di pi lunione sotto ununica
bandiera quando anche gli Stati Uniti entrarono in guerra al fianco della beneamata Italia
contro gli Imperi dellEuropa centrale. Fu in quelloccasione che per la prima volta la
popolazione italiana emigrata e vivente nelle Little Italies venne spronata sotto molti
aspetti a superare il tipico atteggiamento campanilistico a favore di un senso di unit
nazionale italiana, un unico popolo appartenente ad una singola patria. Questa propaganda
di stampo nazionalistico fu ancora pi sostenuta allarrivo di Benito Mussolini e della
politica fascista, che si impegn duramente per mantenere ben salde le comunit italiane
allestero alla madrepatria attraverso diversi espedienti, come la creazione di associazioni
di mutuo soccorso, un incoraggiamento ad una maggiore coesione etnica per combattere le
discriminazioni da parte degli anglosassoni che poi serv anche come mezzo di
sostentamento durante la crisi economica causata dal crollo della Borsa del 29. Mussolini
era visto come una figura mandata dalla Provvidenza da molti emigrati, fu colui che per
primo incluse allinterno del suo programma politico anche gli espatriati, cambiando
addirittura il termine emigrato con italiani allestero e cerc di far passare lidea che
questi ultimi ricoprissero un ruolo di civilizzatori, altro elemento che favor lappoggio
delle

comunit

italiane

fuori

dal

territorio

italiano

Mussolini.

Durante gli anni subito successivi alla fine del primo conflitto mondiale i porti italiani si
videro riempire nuovamente di uomini che miravano ad emigrare negli Stati Uniti memori
di coloro che avevano trovato laggi lavoro e ricchezza solo qualche anno prima,
nonostante le dinamiche interne agli U.S.A. nei confronti degli immigrati fossero
27

leggermente cambiate: in quegli anni infatti gli Stati Uniti portarono avanti una radicata
forma di conservatorismo che mirava ad aumentare il senso di unit nazionale sotto la
bandiera americana ed i suoi valori, i quali furono in un certo qual modo anche imposti alle
popolazioni dimmigrati chiedendo loro di giurare fedelt allo Stato americano, lutilizzo
dellinglese venne forzato in scuole, associazioni ed altre istituzioni pubbliche patriottiche
ecc. Lo straniero non era pi visto e considerato come una risorsa cruciale per lo
sviluppo di una societ moderna e come una risorsa positiva, al contrario furono
organizzati

raid

contro

molti

di

loro

da

parte

del

governo

stesso.

Come un ritornello che si ripete, il fenomeno migratorio italiano negli Stati Uniti sub
nuovamente una battuta darresto durante il secondo conflitto mondiale, che comport
anche una crescente tensione tra Italia ed America, tanto da portare molti emigrati italiani
ad arruolarsi tra le fila americane nel conflitto, specialmente in vista di unimminente
perdita della guerra da parte della madrepatria. Proprio a causa del disastroso esito del
conflitto, la situazione non fu facile per moltissimi italiani che si videro cos costretti per le
medesime ragioni dei loro avi nel secolo precedente ad emigrare fuori dai confini
nazionali, ma questa volta la meta favorita non furono gli Stati Uniti, ad eccezione di
coloro che lasciarono lItalia per ricongiungersi alla propria famiglia gi stanziata
oltreoceano anni prima. Inoltre, a non permettere uno spostamento ingente di italiani in
America fu anche il Quota Act che garantiva un limitato numero di visti necessari per
accedere al Paese, 20,000 unit annuali. Ad ogni modo, i nuovi individui che partivano alla
volta degli Stati Uniti in quegli anni non furono solamente contadini o artigiani, ma
appartenevano anche ad un ceto sociale medio - alto, in possesso di una qualifica
professionale o scolastica con lobiettivo di inserirsi in una dimensione lavorativa sempre
pi globalizzata.
2.3 Gli italoamericani e il problema della lingua
E gi stato sottolineato nel corso dellelaborato che gli Italiani al tempo dellUnificazione
erano per la maggior parte analfabeti, addirittura due individui su tre non sapevano n
leggere n scrivere. Inoltre, a causa della forte regionalizzazione tipica del nostro Paese,
soltanto una minima percentuale della popolazione conosceva o parlava effettivamente la
lingua italiana standard mentre la maggior parte comunicava attraverso i dialetti locali. Si
dovette aspettare fino alla met del Ventesimo secolo per ununiformit linguistica su tutto
il territorio italiano, grazie al contributo dellistruzione scolastica di massa e obbligatoria
ed allavvento dei media, in particolare della televisione. Questo scenario linguistico si
riprodusse esattamente anche nel gli Stati Uniti con gli emigrati che spesso erano incapaci
28

di comunicare anche fra loro stessi in quanto non conoscevano i diversi dialetti di
provenienza. Con il passare del tempo e il processo di americanizzazione a cui gli
italoamericani dovettero necessariamente far fronte, anche la lingua risent di graduali
cambiamenti. Gli immigrati cominciarono a mescolare forme di americanismi con termini
della propria lingua natia e le prime parole coinvolte in questo fenomeno era perlopi
termini di uso quotidiano e imparate sui luoghi di lavoro. Alcune parole inglesi venivano
deformate e riadattate alla lingua che conoscevano e ne risultavano nuovi termini come il
tichetto che si rif allinglese ticket (biglietto) o giobba per designare la parola americana
lavoro ossia job. Purtroppo, questa volont di rimanere radicati alla propria terra di
provenienza continuando fin quando possibile a parlare litaliano o addirittura il proprio
dialetto popolare anche allinterno di una nuova realt come quella Statunitense non era
inizialmente visto in unottica positiva dagli anglosassoni: questo ulteriore atteggiamento
di conservatorismo degli italoamericani andava a sostenere la tesi gi sposata dal resto
della popolazione locale che gli italiani non fossero per nulla capaci di assimilarsi nella
societ statunitense, bens preferivano rimanere confinati allinterno delle proprie comunit
di quartiere. Non si pu per affermare che questa tendenza a mantenere il pi a lungo
possibile litaliano o il dialetto come primaria forma di comunicazione abbia continuato ad
esistere fino ai giorni nostri. Al contrario, analizzando le differenze tra le successive
generazioni immigrati nel contesto di assimilazione, si riscontrato che gi dalla second
generation of immigrants la maggior parte degli individui sarebbe considerata bilingue
con almeno la capacit di comprendere, se non addirittura parlare, la lingua dei propri
genitori ed utilizzerebbe linglese nei contesti di vita quotidiana fuori dallambito
familiare, come la scuola, il lavoro e le dinamiche sociali, mentre cerca di mantenere
litaliano come lingua di comunicazione con la famiglia. Dalla terza generazione invece si
pu affermare che il processo di americanizzazione sia stato completato con successo, la
lingua originaria dei nonni o bisnonni viene praticamente persa cos come non suscita
nemmeno interesse il recupero della stessa a sostegno delle proprie tradizioni.
In un contesto storico, il ruolo della lingua italiana nelle Little Italies fu un interessante
ambito di guerriglia: dapprima il Fascismo fu fortemente impegnato a far mantenere la
lingua italiana viva e parlata anche oltreoceano nelle comunit di emigrati in modo che non
perdessero comunque un legame con il regime e cercarono di promuovere linsegnamento
della lingua in numerosi istituti scolastici americani. Con lavvento del secondo conflitto
mondiale invece lo scenario cambi radicalmente e si impose negli Stati Uniti un drastico
calo delluso dellitaliano nelle comunit immigrate: la ragione dietro questa direttiva
risiedeva nella paura che il governo americano nutriva nei confronti degli stranieri-nemici
29

residenti sul territorio statunitense, i quali avrebbero cos potuto organizzare facilmente
rivolte interne a sostegno dei proprio Paesi di origine. Vennero quindi appesi dovunque
manifesti in cui si intimava a non parlare la lingua del nemico, rivolgendosi quindi al
tedesco, giapponese e italiano. Questo emendamento comport anche la conversione di
alcuni cognomi di immigrati in americanismi, a bandire luso dellitaliano nelle radio e sui
giornali a favore dellinglese ed infine a ridurre anche linsegnamento della lingua italiana
nelle scuole superiori e universit tanto sostenuto dal regime fascista. Di conseguenza, la
diffusione dellitaliano negli Stati Uniti prese una piega del tutto marginale e sempre pi
limitata, anche nelle scuole suscitava ben poco interesse intraprendere un corso ditaliano
in

quanto

poco

fruttifero

livello

commerciale

lavorativo.

Ancora una volta per la tendenza cambi ulteriormente dagli anni Sessanta del
Novecento, probabilmente complice il boom economico del nostro Paese e la diffusione
del made in Italy a riscattare la fama di una nazione un tempo considerata povera ed
arretrata, in queglanni prosperosa e promettente. La lingua italiana fu anchessa parte di
questa trasformazione e torn ad essere largamente apprezzata e ricominci a diffondersi
anche tra le terze generazioni che volevano rivalutare le proprie origini, ritrovare la propria
etnicit ed essere esempi viventi del nuovo successo italiano. Anche numerose associazioni
nate in quegli anni in America come la National Italian America Foundation [ NIAF] e
l Order Sons of Italy in America intrapresero un percorso di promozione della lingua
italiana nel Nuovo continente, insieme a dei nuovi programmi di interscambio culturale ed
imprenditoriale voluti e sostenuti dai rispettivi governi italiani ed americani, come ad
esempio l Advanced Placememt Program, attivato nel 2005 che prevede la possibilit per
uno studente statunitense di sostenere un esame in lingua italiana al fine di ottenere crediti
universitari. In conclusione, seppur oggigiorno il numero di persone effettivamente in
grado di parlare il nostro idioma, anche nelle sue forme dialettali, sia verosimilmente
ridotto, litaliano resta comunque una tra le lingue pi diffuse ed apprezzate negli Stati
Uniti, dopo lo Spagnolo e il Cinese, simbolo anche del desiderio delle nuove generazioni di
ravvivare il proprio orgoglio patriottico e lamore per la terra dorigine dei propri avi,
sottolineando i pregi, e non pi i difetti come avveniva per le prime generazioni, dell
italian style nonostante la loro ormai marcata e definita identit americana.

30

2.4 Le Little Italies e la stampa etnica


Pur vivendo a centinaia di migliaia di chilometri di distanza dal proprio Paese, gli
italoamericani non volevano rinunciare ad essere costantemente informati sugli
avvenimenti dei loro compaesani. Tra il 1850 e il 1930 sbocciarono uninfinit di testate e
periodici in lingua italiani, alcuni ebbero vita piuttosto breve mentre altri entrarono a far
parte della nuova quotidianit delle comunit italiane negli U.S.A. . Fino a quando non
venne definitivamente chiuso, il quotidiano in lingua italiana a maggior diffusione nelle
Little Italies era il Il Progresso Italo-Americano con sede principale a New York con una
tiratura che nel momento culmine raggiunse le 175 mila copie. La stampa etnica italiana da
un lato si poneva come mezzo di informazione su ci che di importante avveniva in Italia,
mentre dallaltro molto spazio era dedicato alle vicende in atto allinterno delle comunit
stesse che vivevano in America, spesso e volentieri riportando avvenimenti di cronaca
nera. Il ruolo che la stampa ricopr allinterno delle diverse societ italoamericane fu di
grande spicco e di enorme importanze soprattutto per consentire agli immigrati
comprendere meglio le dinamiche della societ in cui si erano stanziati e poter quindi
adattarsi nel tempo. Nonostante fosse molto difficile da un punto di vista economico poter
mantenere in vita una testata giornalistica, ogni comunit che viveva nei maggiori centri di
immigrazione italiana poteva contare su un periodico nella propria lingua madre: tra essi si
ricordano LItalia a S. Francisco, LOpinione a Filadelfia, La Gazzetta del
Massachusetts a Boston e cos via, in aggiunta ad altri settimanali di stampo pi regionale.
Infatti, la frammentazione che caratterizzava al tempo il nostro neonato Paese unito si
riflesse anche sulla stampa oltreoceano: molte le riviste e i quotidiani che riportavano fatti
ed eventi riguardanti una data regione o citt dItalia, comprova della volont di ciascuna
etnia di voler mantenere la propria identit culturale, senza definirsi necessariamente
tutti italiani.
Le prime forme di stampa periodica italoamericana risalgono addirittura allepoca del
Risorgimento italiano, quando esuli politici fuggirono nel Nuovo Continente per non essere
vittime delle forti repressioni in atto in Italia da parte del movimento di liberazione
nazionale. Nacque dapprima LEco dItalia da seguaci di Mazzini e Garibaldi, la quale si
occupava in prevalenza delle lotte risorgimentali e che si pose con un atteggiamento del
tutto anticlericale attaccando il Papa e la Chiesa Cattolica negli Stati Uniti i quali venivano
entrambi considerati come i primi nemici degli italiani sia in patri che in America.
Tuttaltro carattere e tiratura contraddistinsero la stampa cosiddetta prominente 2, termine
2

M. Petrelli, Lemigrazione italiana negli Stati Uniti, il Mulino, Bologna, 2011


31

che sta a significare quelle pubblicazioni controllate dai notabili coloniali, i quali
generalmente non erano mai stati giornalisti n direttori di testate in Italia, ma tentavano di
esserlo negli Stati Uniti forse per non essere costretti a lavorare come operai non qualificati
come la maggior parte dei loro connazionali. Questo genere di stampa spesso riportava
articoli e materiali gi pubblicati in giornali italiani o americani e la loro unica forma di
sopravvivenza erano le inserzioni pubblicitarie di banche, compagnie di navigazione ecc.
Alcune delle attivit principali della stampa prominente erano ad esempio raccogliere dei
fondi per erigere monumenti in onore di figure italiane di spicco come Cristoforo
Colombo, Giuseppe Garibaldi o di artisti come Giuseppe Verdi e Giovanni da Verrazzano,
oppure si impegnavano per promuovere manifestazioni e celebrazioni di eventi
caratteristici della loro patria dorigine, tra cui la presa di Roma il 20 Settembre, i
compleanni dei reali del casato di Savoia e cos via. Dunque, a differenza della stampa
risorgimentale, quella prominente rivolgeva il suo sguardo ed interesse principalmente
verso gli italiani residenti negli Stati Uniti piuttosto che a quelli rimasti in patria, portando
cos un enorme contributo alla graduale creazione di unidentit italoamericana.
Minore importanza e diffusione contraddistinsero invece la stampa di carattere sovversivo,
ossia anarchica e socialisti che basavano le proprie pubblicazione sulla condizione dei
lavoratori italiani nella societ americana e promuovevano ideologie estremiste ed
anticlericali, quali la lotta di classe e labolizione del capitalismo, uno dei principi cardine
degli Stati Uniti dAmerica. Con lavvento del primo conflitto mondiale, il governo
statunitense attu una politica pressoch repressiva e di censura nei confronti di coloro che
avevano espresso la loro contrariet al conflitto e promuovevano forme di antipatriottismo,
causando quindi la chiusura totale di alcune stampe socialiste ed anarchiche. Inoltre,
sempre in linea con la necessit di combattere il nemico residente in patria, tra le altre cose
gli Stati Uniti imposero alla stampa etnica di produrre pubblicazioni solamente in inglese e
ci comport un aumento generale dei costi che alcune case editrici non poterono
permettersi. Sono queste dunque le principali cause della diminuzione del numero di lettori
della stampa etnica in America, in aggiunta ad un fattore esogeno come il ricambio
generazionale che avvenne durante gli anni tra i due conflitti mondiali. La maggior parte
delle seconde e terze generazioni di immigrati si sentivano ormai integrati nella societ
statunitense e si sentivano di conseguenza meno italiani e meno interessati allItalia
rispetto ai loro genitori o nonni. Tra il 1930 e 1960 chiusero i battenti testate come La
Gazzetta del Massachusetts, e LItalia che fino ad allora vantavano una tiratura quasi
paragonabile ad alcuni periodici americani.
32

2.5 Il contributo artistico italiano negli Stati Uniti


Uno dei tanti aspetti sotto cui possibile considerare linfluenza degli italiani negli Stati
Uniti anche il leredit artistica e letteraria. In particolare, il dizionario biografico
chiamato American Artists of Italian Heritage

fu scritto proprio con lintento di far

conoscere e ricordare numerosi artisti che si sono contraddistinti per aver contribuito allo
sviluppo di importanti opere del panorama statunitense. Allinterno di questo fascicolo,
sono contenute oltre 350 schede biografiche di pittori, scultori, architetti e di altri
importanti figure appartenenti alla sfera dellartigianato come intagliatori, cartellonisti,
marmisti, stuccatori, tagliapietre e scalpellini che furono attratti dal nuovo continente non
pi solamente per trovare libert e fortuna, bens dalla crescente richiesta di manodopera
specializzata per la costruzione di opere pubbliche e private. A questo dizionario segu un
altro testo di Giovanni Bechelloni, Fratelli Lontani, il contributo degli artisti italiani
allidentit

degli

Stati

Uniti

(1776-1945) 4.

Durante i primi anni dellera repubblicana (tra il 1776 e il 1880), gli Stati Uniti accolsero
grandi scultori italiani diplomati per lo pi dallAccademia di Carrara, una delle pi
rinomate scuola di stampo neoclassico. Alla base di ci sta lispirazione di Thomas
Jefferson e poi di George Washington al modello di repubblica romano ed proprio
seguendo le forme e gli elementi architettonici come colonne, cupole e frontoni tipici del
neoclassicismo e del palladianesimo che vennero costruiti molti monumenti della nazione e
alcuni edifici delle nuove istituzioni federali e giudiziarie tra cui la Federa Hall di New
York ed anche numerosi edifici pubblici e privati, come ad esempio la biblioteca
dellUniversit della Virginia che ricorda vagamente il Pantheon romano per la forma
tonda e la cupola sovrastante.

R. Soria, American Artists of Italian Heritage. A Biographical Dictionary, Associated University


Presses, Cranbury, N.J. 1993.
4
R. Soria, Fratelli Lontani, il contributo degli artisti italiani allidentit degli Stati Uniti 1776-1945,
Liguori, Napoli, 1997.
33

Figura 4. Hall, New York degli anni 1830 in puro stile neoclassico

Figura 5. La biblioteca dell'Universit della Virginia costruita tra il 1785-1796

Per quanto riguarda la scultura, la forma per eccellenza del diciannovesimo secolo fu il
mezzo busto introdotto in primis da un gran maestro del settore, Giuseppe Ceracchi, il
quale prima di recarsi negli Stati Uniti lavor acquis fama e notoriet in molte capitali
europee come Londra, Vienna, Berlino, Amsterdam e Roma dove gli venivano
34

commissionati busti e mezzi busti soprattutto dallaristocrazia e governanti locali.


Unopera del Ceracchi tra le pi rinomate che non venne per mai effettivamente realizzata
a causa dei costi insostenibili il modello di un monumento equestre di proporzioni
spropositate che prepar per George Washington, ora in esposizione a Philadelphia
(Connecticut). Tra gli altri, i mezzi busti pi importanti creati dallartista ritraggono quelli
di T. Jefferson, B. Franklin, e Alexander Hamilton, se non contiamo anche quelli dei Padri
Fondatori e G. Washington. Il Ceracchi, nonostante avesse ottenuto gran rinomanza e
rispetto anche in America, non si sediment permanentemente negli Stati Uniti poich
allepoca era ancora inconcepibile dover retribuire finanziariamente un artista per le sue
opere, le quali erano invece considerate dai mecenati semplicemente un passatempo, e fu
dunque impossibile per lo scultore mantenere la sua famiglia in quelle condizioni e decise
di rientrare in Italia a inizi 1800. Inoltre, la scelta dellartista di rientrare in patria fu anche
influenzata dal suo crescente attivismo politico di stampo giacobino, fu proprio a causa
della sfrenata passione politica che venne ghigliottinato nel 1801 dopo aver cospirato
contro il neo primo console Napoleone.

Figura 6. Mezzo busto di George Washington realizzato da G. Ceracchi, 1792 ca.

35

Figura 7. Mezzo busto di Alexander Hamilton del Ceracchi, 1794

Numerosi furono gli artisti italiani che lavorarono al Campidoglio di Washington, sede
ufficiale dei due rami del Congresso degli Sati Uniti, tra cui Giovanni Andrei e Giuseppe
Franzoni. Questultimo oltre che delle decorazioni delledificio, venne anche incaricato di
ideare e rappresentare unaquila da apporre come fregio nella House of Representatives
sulla base di un disegno fornito dal pittore Charles W. Peale. La cosiddetta bald eagle
che tuttoggi costituisce uno dei simboli per eccellenza degli Stati Uniti rappresenta
proprio un primo incontro tra gli scultori italiani con altrettanti artisti americani,
costituendo

un

esempio

di

americanizzazione.

Unaltra tecnica di decorazione molto utilizzate negli edifici americani laffresco che
venne fatto conoscere oltreoceano sempre da un artista italiana, Costantino Brumidi
rinominato poi dalle critiche del tempo Il Michelangelo del Campidoglio, il quale lo
utilizz enormemente allinterno delle varie parti delledificio, dove vi lavor per oltre 25
anni.

36

Figura 8. Constantino Brumidi, "Il Michelangelo del Campidoglio"

Figura 9. L'affresco di Brumidi sulla cupola del Campidoglio

Pi avanti nel tempo, anche durante il Rinascimento americano che si concluse quasi alle
soglie del secondo conflitto mondiale linfluenza italiana nellarte continu a mostrarsi,
nonostante venne sempre pi inglobata nel processo di americanizzazione in corso. La
forma artistica per eccellenza di questo periodo la scultura: numerose sono le richieste
37

specialmente da Washington e alcuni scultori americani decisero di intraprendere un


viaggio fino in Italia per apprendere al meglio le tecniche di scultura dai grandi maestri
direttamente oltreoceano, mentre ci furono anche italiani che riuscirono ad aprire una loro
attivit negli Stati Uniti, proprio come Attilio Piccirilli e i suoi 5 fratelli che aprirono uno
studio nellattuale Bronx di New York che fu per un lungo periodo uno degli studi darte
pi grande del Paese. Antonio Piccirilli tuttoggi ricordato per aver realizzato insieme ad
un altro artista, Daniel Chester French, uno dei monumenti pi celebri e visitati in tutti gli
Stati Uniti, ossia la statua di Abraham Lincoln seduto collocata allinterno del Lincoln
Memorial

di

Washington

D.C.

2.6 Il teatro e la musica italoamericani: tra tradizione e modernit


Nonostante la maggioranza degli italiani che emigravano negli Stati Uniti erano perlopi
analfabeti o comunque vantavano un livello di istruzione pressoch basso, gli emigrati
nelle Little Italies non rinunciarono mai a dilettarsi con svariate forme di intrattenimento
sia musicali che teatrali. Numerose erano le compagnie teatrali, sia a livello
professionistico che amatoriale, sparse ovunque in America e solitamente ognuna di esse si
esprimeva con in forme linguistiche dialettali o regionali. Nelle manifestazioni teatrali
venivano riproposti temi della quotidianit caratteristici della neo-realt italoamericana,
eventi di cronaca nera o drammi che avvenivano nelle Little Italies, oppure ancora
venivano mantenute in vita lidentit e le tradizioni che gli emigranti si portavano con loro
nel paese di immigrazione. Generalmente non vi era alcuna censura nelle tematiche che
venivano inscenate, al contrario era lasciato grande spazio per la libera espressione e
creativit. I principali mezzi di sostegno economico per poter mettere in scena unopera
provenivano per lo pi da alcune raccolte fondi attuate nelle comunit stesse, dalle
associazioni

di

mutuo

soccorso

dalle

parrocchie.

Recitare in dialetto o con un accento regionale non significava necessariamente proporre


un intrattenimento a livello dilettantistico o popolare, al contrario vi erano molte
compagnie teatrali professioniste che mantennero come linguaggio una forma non
standardizzata e comune a tutti gli italiani. Lattore che maggiormente viene ricordato in
questo ambito nelle comunit era un salernitano, Eduardo Migliaccio detto Farfariello
che si afferm specialmente nella zona di New York

per le sue recite in cui si

mescolavano linglese appena appreso e i vari dialetti meridionali. Farfariello focalizzava i


propri sketch ironizzando su alcune figure della prima generazione di immigrati italiani in
America, come ad esempio il capo della banda, il leader dellassociazione di mutuo
38

soccorso e cos via. La satira andava a toccare le abitudini e lincapacit di adeguarsi dei
primi individui sbarcati in America, mettendo cos maggiormente in risalto le differenze
con le seconde generazioni, nati praticamente quando il processo di americanizzazione
aveva gi preso un ritmo calzante. Purtroppo il teatro italoamericano ebbe vita breve: con
la riduzione dei flussi immigratori negli USA nel periodo fra le due guerre mondiali e il
continuo integrarsi delle seconde generazioni, il teatro regionale e dialettale and
gradualmente a scomparire, concausa anche lapparizione del cinema e della televisione.
Dal canto suo, anche la musica rappresent una forma di intrattenimento largamente
apprezzata dalla popolazione italoamericana, tra cui specialmente la musica popolare come
la classica O Sole Mio napoletana. La stragrande maggioranza degli italiani prima del
sopravvento della tv ascoltavano la radio durante la giornata e tutte le stazioni
italoamericane trasmettevano proprio canzoni tipiche del paese dorigine. Infatti, la radio
era un elemento chiave nella societ italoamericana, era possibile ascoltarla ovunque nei
luoghi aperti al pubblico come bar e ristoranti e non mancavano allinterno di ogni
comunit delle bande locali che spesso si esibivano in eventi o celebrazioni particolari.
Come non ricordare, fra i numerosi artisti della musica italoamericana, il famigerato
Caruso, napoletano dorigine che si insedi anchegli nella Grande Mela dove riscosse
negli anni un successo mai visto prima dallora e arriv fino ad esibirci alla prestigiosa
Metropolitan Opera. Nonostante la fama, Caruso fu capace di mantenere un legame stretto
con le Little Italies promuovendo nei suoi testi temi cari agli italoamericani, come il
ricordo malinconico della propria terra, la donna e i famigliari lascati laggi e cos via.
Tipico delle forme artistiche italoamericane la mescolanza della lingua italiana dialettale
con lidioma del paese d immigrazione, una contaminazione che si protrasse finch le
seconde o terze generazioni non si identificarono totalmente con gli Stati Uniti e il suo
idioma. Questo mix di linguaggi non fu solamente un tratto tipico degli italiani in America,
ma a causa dei continui viaggi tra il nuovo continente e la terra natia, accadde anche che la
musica italiana venne influenzata da degli americanismi. Fu il caso del Jazz, forma
musicale molto diffusa nel Nuovo Mondo che venne portata nel vecchio continente proprio
a causa di questi ritorno in patria ed attraverso i soldati americani nel corso della prima
guerra mondiale. Insieme al Jazz, cominci a diffondersi anche il ballo del charleston, o
negli anni pi recenti anche della Pop Music, di cui fu espressione il famosissimo Frank
Sinatra. Un innumerevole quantit di artisti italoamericani conquist fama e successo nel
secolo passato, non si pu dimentica con la sua New York New York la cantante Liza
Minnelli, fino ad arrivare ai pi recenti Madonna Louise Veronica Ciccone (in arte
39

Madonna), o lattuale pop star Lady Gaga (il cui vero nome Stefani Joanne Angelina
Germanotta).

Figura 10. Frank Sinatra insieme alla collega Liza Minnelli, icone della musica negli Stati Uniti ed
in Italia del Ventesimo secolo.

40

CAPITOLO 3
ITALOAMERICANI: IL CASO DEI SICILIAN AMERICANS
Insieme alla Calabria, laltra regione italiana che conta il maggior numero di emigranti
negli Stati Uniti nel corso della storia la Sicilia, lisola pi grande del Mediterraneo che
per la sua posizione strategica sempre stata considerata, e tuttora lo , un ponte di
collegamento tra Africa e il resto dEuropa. Questa regione, a cui nel Maggio del 1946
venne concesso lo Statuto Speciale, vide partire nei secoli passati centinaia di migliaia di
uomini e famiglie, per lo pi contadini, agricoltori e operai non specializzati, in particolar
modo diretti verso il Nuovo Continente Americano. Fin dal 1600 si registrarono i primi
arrivi, tra cui i fratelli Crisafi e il padre gesuita Saverio Saetta, uno dei moltissimi religiosi
che in quegli anni decisero di lasciare la propria terra per andare a cristianizzare le
popolazioni indiane. Alcune figure siciliane di spicco presero anche parte alla Guerra di
secessione americana, come Enrico Fardella, originario di Trapani che una volta sbarcato a
New York decise di arruolarsi con gli Unionisti durante il conflitto e divenne colonnello
dell Esercito dellUnione Statunitense (Union Army) successivamente promosso alla
carica di brigadiere generale per il suo servizio meritevole di lode.

Figura 41. Il colonnello Enrico Fardella arruolato nell'Esercito Americano durante la guerra civile
41

Ad ogni modo, il flusso di emigranti siciliani diretti negli Stati Uniti rest pressoch
limitato fino al periodo post-unificazione italiano. Secondo le stime, fino al 1880 circa i
siciliani approdati in America ogni anno non superavano i 1000 individui, numero che si
centuplic agli inizi del 1900. Quando i flussi migratori dallItalia verso il nuovo
continente si fecero pi ingenti specialmente tra il 1880 e il 1930 in cui si contano oltre 4.5
milioni di immigrati negli USA, addirittura si stima che di ogni quattro arrivati uno fosse di
provenienza siciliana. Le motivazioni principali che spinsero un numero cos elevato di
siciliani a lasciare la loro amata terra per partire oltreoceano sono principalmente legate
alla situazione socio-economica che colp un po tutto il nostro Paese nei primi anni
dellItalia unita, seppur in Sicilia le conseguenze furono ancora pi rimarcate rispetto ad
altre regioni come quelle del Nord, le quali si trovavano di certo pi preparate ad
accogliere il fenomeno dellindustrializzazione e del progresso. Il settore trainante
delleconomia siciliana era di gran lunga quello primario: il suolo si prestava benissimo
alla coltivazione di svariate forme di verdura, frutta e cereali, specialmente il grano e su
questi prodotti venduti in primis in tutto il territorio italiano e poi anche esportati allestero
la Sicilia otteneva il proprio rendimento economico. Con il taglio dei costi di manodopera
che venne sostituita dai macchinari e il parallelo sviluppo di nuove forme di trasporto pi
economiche, come la navigazione a vapore, il costo del grano importato dalle terre
doltreoceano risultava per assurdo molto pi basso rispetto alla stessa quantit prodotta in
Italia anche a causa della pressante tassazione imposta dal Governo italiano stesso. Questa
mezcla, per utilizzare un termine spagnoleggiante, fu per la Sicilia fu un dolorante colpo
basso che comport ancora pi disperazione e povert di quella che gi aveva preso piede.
Una prima reazione alle condizioni di vita sempre pi intollerabili da parte del popolo
siciliano fu lassociazionismo: contadini e braccianti cominciarono ad organizzarsi in veri
e propri movimenti di rivolta, chiamati associazioni di mutuo soccorso che poi si
integrarono ad un altro movimento di stampo socialista, quello dei Fasci: questi ultimi
avevano come obiettivo primario quello di organizzare manifestazioni, rivolte armate ed
attacchi diretti contro i governanti del tempo al fine di poter cambiare lopprimente
situazione socio-politica della Sicilia di quegli anni. Nonostante gli sforzi e la strabiliante
adesione del popolo siciliano, i Fasci vennero soppressi dallo Stato tra il 1892 e il 1894 e
alcuni dei leader del movimento partirono anchessi per gli Stati Uniti, esasperati dal
fallimento dellorganizzazione.

42

3.1 L insediamento siciliano negli Stati Uniti


I siciliani emigrati dalla loro terra affrontavano un viaggio di numerosi giorni e, anchessi
come altri loro connazionali, in condizioni igieniche e sanitarie precarie, quasi come
fossero bestie dirette al macello, con la differenza che molti di loro avevano venduto i
propri beni in patria come la casa, il terreno agricolo, gli animali di campagna o per potersi
pagare

il

biglietto

nella

terra

promessa.

Le principali aree di insediamento siciliano negli Stati Uniti erano in particolare le grandi
zone urbane e industriali come New York, New Jersey, Massachusetts, in California,
nellIllinois o al Sud nel West Virginia, Louisiana e Texas. Le citt che contano la
maggioranza degli insediamenti di siciliani sono New York, Boston, New Orleans e San
Francisco dove vi erano possibilit lavorative per operai non specializzati. Queste prime
generazioni di siciliani tendevano a raggrupparsi secondo la zona di provenienza della
regione ed insediarsi tutti insieme nella stessa area della citt. Ad esempio, coloro che
provenivano da Palermo e Sciacca andavano generalmente a sedimentarsi in Elizabeth
Street , mentre individui con origine dal piccolo paesino di Cinisi decidevano di
agglomerarsi nella vecchia East 69th Street. Col tempo, questo fenomeno port alla
denominazione delle aree in cui vivevano perlopi connazionali o compaesani di Little
Italies, di cui lAmerica piena. Per le prime generazioni di immigrati, le aree urbane
erano il compromesso migliore per incominciare una nuova vita, in quanto potevano
abitare vicino al luogo di lavoro e ottimizzare i costi della vita sotto vari punti di vista.
Grazie alla graduale integrazione delle seconde e terze generazioni, lascesa sociale e il
miglioramento delle condizioni economiche dei figli e nipoti dei primi emigranti per
mezzo dellintegrazione nel paese di immigrazione, questa tendenza cambi e le nuove
generazioni di siciliani decidono poco a poco di abbandonare le aree urbane per acquistare
una casa nei sobborghi delle grandi citt, un sogno che anche i loro padri avevano ma non
poterono coronare.
3.2 Processo dassimilazione o radicamento nelle origini?
I primi avventurieri siciliani che decisero di andare negli Stati Uniti erano spinti dal
desiderio di potersi arricchire in poco tempo, una stagione lavorativa o poco pi, e poter
investire in patria il guadagno per costruirsi una casa, acquistare dei terreni o altro. Dopo
alcuni anni per la tendenza cambi e oltre la met di questi giovani uomini decisero di
portare con s le proprie mogli e i propri figli al fine di porre le basi di una nuova vita in
America. Secondo un processo che pareva pi una catena migratoria, altre famiglie di
43

dello stesso paese di origine che venivano a conoscenza del nuovo tenore di vita e delle
possibilit lavorative oltreoceano dai parenti delle famiglie emigrate decidevano quindi di
seguire lesempio ed andarsi a sedimentare nella stessa area dei loro compaesani, andando
a creare in questo modo delle Little Sicilies. Agli inizi della nuova vita da italian
americans, gli immigrati non si lanciarono a braccia aperte nel processo di assimilazione
al nuovo Paese, alla sua cultura o addirittura alla sua lingua: al contrario, le comunit
siciliane sparpagliate per gli Stati Uniti tendevano a mantenere il pi possibile vive le
proprie tradizioni native, sia culturali che linguistiche. Pochi di loro infatti parlavano
perfettamente inglese anche dopo molti anni dallarrivo nel nuovo continente e ed erano
comuni le unioni matrimoniali tra figli di famiglie di compaesani. In queste Little
Sicilies veniva generalmente riprodotta la realt del proprio paese dorigine, a partire dal
ruolo fondamentale del cibo nella vita quotidiana: gli emigrati siciliani ricercavano, seppur
agli inizi invano, i prodotti tipici della loro dieta mediterranea come il pecorino, lolio
doliva e cos via. Anche da un punto di vista organizzativo le comunit ricrearono
associazioni ed enti comunitari che gi esistevano in Italia, una fra tante la Trinacria
Fratellanza Siciliana di Chicago, le quali avevano come scopo principale quello di aiutare
le famiglie dimmigrati siciliani a trovare una casa, un impiego e altri sostegni di svariata
natura. Un altro esempio di associazionismo era La Societ di Polizzi Genereosa nata a
Brooklyn (NY) agli inizi del 1900, la quale prese il nome proprio dalla citt siciliana stessa
da cui provenivano i fondatori e che si poneva come obiettivo quello di dare sostegno agli
uomini e famiglie emigrate al fine di mantenere le proprie tradizioni sicule o, come
afferma Vincent Schiavelli nella sua opera autobiografica Bruculinu, America, a
continuare a seguire a via vecchia [Schiavelli, p.30] contro il processo di
americanizzazione. La societ organizzava letture ed incontri per mantenere
costantemente vive le origini siciliane e levento che organizzavano annualmente per la
propria comunit era il un ballo in cui si danzavano e cantavano testi della musica
popolare. Un altra funzione che il club svolgeva a favore delle famiglie che vi
appartenevano era quella di fornire piccoli crediti e prestiti a breve termine per la
costruzione di nuove imprese in cambio dellintegrit dei membri e di una loro stretta di
mano, che per i Siciliani intesa quasi come una firma contrattuale. Anche a livello
politico e giudiziale lorganizzazione prevedeva degli aiuti ai propri membri, che potevano
contare su servizi di avvocatura contro ingiustizie causate dai forti pregiudizi razziali e
antisemiti

della

popolazione

locale.

Con gli anni si svilupp anche una stampa siciliana grazie alla quale gli emigrati potevano
avere informazioni sulla situazione nel proprio paese e sugli avvenimenti importanti in atto
44

in Sicilia e il pi importante periodico letto tra le comunit sicule era di gran lunga il
Corriere di Sicilia.

Figura 15. Il Corriere di Sicilia annuncia la morte di Mussolini

Il popolo siciliano non rinunciava inoltre a mantenere vive le tradizionali forme di


intrattenimento, come il ballo e i canti popolari che venivano ripresentati costantemente
durante eventi e feste in onore di Santi e Patroni a cui i siciliani sono fedelmente devoti.
Non mancavano le classiche processioni tra le vie del proprio quartiere in cui venivano
trasportate statue della Madonna o di altri personaggi religiosi accompagnate dalla folla in
preghiera e le associazioni di matrice religiosa erano spesso il punto di riferimento
dellintera comunit. Un esempio di celebrazione siciliana mantenuta e riproposta anche
nel Nuovo Mondo, in particolare a Brooklyn (NY) la Festa di Santa Rosalia, dedicata
al Santo Patrono di Palermo, in cui originariamente i fedeli camminavano scalzi tra le vie
del

quartiere

per

mostrare

la

loro

devozione

al

Santo.

Inoltre, ogni anno centinaia di commercianti italo-americani si radunano ad eventi e


festival per celebrare le proprie origini italiane in diverse citt e mettono in vendita i
prodotti tipici della tradizione, come le zeppole, cannoli ed arancini. E sorprendente la
quantit di partecipanti di origine siciliana, magari appartenenti a seconde o terze
generazioni, a questi eventi che si ritrovano per raccontarsi e portare di nuovo in vita
tradizioni, usanze e racconti dei loro predecessori.
45

Figura 16. Tipica processione nel quartiere di Brooklyn in onore di San Gennaro.

Figura 17. Societ religiosa S. Ciro fondata a Garfield (NJ)

Il forte radicamento nelle proprie origini e la parallela resistenza nei confronti di un


processo di assimilazione al nuovo mondo da parte dei siciliani sembra pare avere origine
nel disprezzo che era loro rivolto da parte degli americani, i quali li consideravano una vera
46

e propria razza inferiore destinata a vivere nellignoranza e nella povert. A causa di questi
pregiudizi si venne a creare una sorta di circolo vizioso di limitate opportunit sia a livello
economico che educativo per questo popolo e i principali individui che mostravano questo
disdegno erano gli emigrati del Nord Italia arrivati in precedenza negli States: anche
oltreoceano si ripresenta il sentimento di divisione e differenza tra Nord e Sud Italia. La
maggior parte dei lombardi, veneti e piemontesi emigrati erano lavoratori specializzati e
potevano dunque mirare a professioni meglio remunerate anche nel nuovo continente,
mentre per i Siciliani, principalmente contadini ed agricoltori, si aprivano sbocchi
lavorativi quasi solamente nel settore primario. Inoltre, gli italiani provenienti dal
settentrione si erano gi ben sedimentati nel Nuovo Mondo e molti di essi gi avevano
acquisito dei diplomi per innalzare il proprio status sociale e migliorare il tenore di vita.
Gli emigrati del Nord Italia si rifiutavano di essere considerati italiani tanto quanto i
Siciliani proprio a causa del senso di superiorit che provavano nei loro confronti e
cercavano in ogni modo di dissociarsi da loro, fino addirittura a spostarsi geograficamente
quando gruppi di Siciliani cominciavano a popolare il vicinato. Purtroppo, gli emigrati del
Nord non erano i soli a mostrare un atteggiamento ostile nei confronti dei propri
connazionali meridionali, ad essi infatti si un anche la popolazione locale americana,
proprio come esprime senza alcuna ombra di remissione anche Schiavelli nella sua opera:
To the American Brooklynites, the Sicilian immigrants were spaghetti benders, greaseballs,
dirty guineas, wops and dago bastards, to name but a handful of the common ethnic slurs of the
day

Alcuni luoghi comuni associati ai Siciliani erano quelli di essere sporchi, malati e
anarchici oltre che venivano accusati di aver introdotto nel Paese un elemento criminoso
diffuso in Sicilia, ossia la Mafia e limmagine delluomo siciliano gangster negli Stati
Uniti port a conseguenze drammatiche per il popolo stesso. Infatti, un gran numero di
innocenti siciliani fu accusato e condannato per crimini efferati, spesso senza che le accuse
fossero supportate da prove schiaccianti e succedeva di frequente che se il tribunale non
dichiarava limputato colpevole, la popolazione locale prendeva il caso nelle proprie mani:
un esempio palese di questo razzismo anti-siciliano pu essere considerato il linciaggio di
11 Siciliani avvenuto nel 1891 a New Orleans in Louisiana da parte di alcuni individui che
si consideravano bravi cittadini,

i quali rimasero indignati dal verdetto di non

Citazione esemplare in riferimento allo stereotipo siciliano immigrato a Brookyln visto agli occhi
della popolazione locale dallopera di Vincent Schiavelli, Bruculinu, America: Remembrances of
Sicilian-American Brooklyn, Told in Stories and Recipes.
47

colpevolezza dichiarato dal giudice a termine del processo in quei siciliani erano coinvolti.
Altri episodi di razzismo e violenza nei confronti dei siciliani avvennero, seppur con minor
risonanza e conseguenze pi sottili, in tutto il territorio americano e nelle grandi citt in
particolare. Non dunque un caso che la maggioranza dei siciliani, soprattutto a causa del
disprezzo e atteggiamenti razziali che erano loro mostrati da parte di connazionali del Nord
e non, preferivano rimanere chiusi allinterno del proprio branco attorniati
principalmente da compaesani, mantenendo anche il proprio dialetto e abitudini ed erano
molto ostili nei confronti di uneventuale assimilazione socio-culturale. Erano dunque loro
stessi, i Siciliani, i primi a non volersi identificare come Italian Americans, ma
preferivano mantenere come propria etichetta di provenienza le origini sicule. Questo
atteggiamento di riluttanza verso un processo di integrazione and mano a mano ad
affievolirsi con le seconde e terze generazioni di Sicilian Americans, i quali erano meno
interessati a quel conflitto cos fortemente vissuto dai loro avi e cominciarono ad
identificarsi

come

popolazione

italiana

dAmerica.

Fondamentalmente, anche i Siciliani affrontarono lo stesso processo di assimilazione che


tocc prima di loro gli Italiani del Nord, seppur con un tasso di partecipazione decisamente
inferiore e infinitamente pi lento e graduale: anchessi cominciarono col tempo ad
incrementare il proprio background educativo e culturale e conseguentemente migliorarono
anche le condizioni economiche. Il punto di svolta nel processo di integrazione del popolo
siculo nel Nuovo Mondo fu senza ombra di dubbio la Seconda Guerra Mondiale, in cui i
siciliani dAmerica presero attivamente parte a livello militare e da quel momento in poi
essi iniziarono a godere di una maggiore rispettabilit ed accettazione in America ed a
scalare la scala sociale. Nonostante il clich del siciliano mafioso in America non sia
ancora del tutto stato debellato, il popolo siculo non comunque pi vittima innocente di
odio e disprezzo da parte della popolazione locale, ma tende ad essere ben integrato
allinterno della comunit.
3.3 Siciliani ed associazionismo
Nel corso della storia nacquero moltissime associazioni ed organizzazioni di stampo
siciliano negli Stati Uniti al fine di raggruppare le comunit di emigrati provenienti dalla
stessa zona geografica e mantenere vivi tradizioni, eventi e costumi tipici del Paese
dorigine. Una tra le pi rinomate certamente la Confederazione Siciliani del Nord
America ( CSNA) nata pochissimi anni fa dallidea da Vincenzo Arcobelli, siciliano del
Texas che part alla volta di tutti gli Stati Uniti dAmerica per mettere insieme tutte le
differenza Federazioni e Organizzazioni Siciliane del Nord del Paese al fine di costruire
48

una linea comune ancora pi forte e radicata, creare eventi e manifestazioni siciliani a
livello nazionale e che si estendessero fino al Canada, aumentare la collaborazione tra i
vari consociati e rafforzare il collegamento e la cooperazione diretta con le istituzioni
siciliane, le quali avevano ben pochi e spesso non chiari punti di riferimento ufficiali
allestero per i Siciliani viventi fuori dal Paese dorigine. La CSNA non ha dunque lo
scopo unico di sostituirsi alla miriade di piccole e grandi associazioni formatesi fino a quel
momento in tutto il territorio americano, ma vuole semplicemente porsi come filo
conduttore, come base comune e come punto di riferimento unico e principale fra esse.
Venne dunque registrata agli inizi del 2007 nel Texas come Corporazione No Profit,
andando cos a creare uno Statuto deliberato dallassemblea dei soci e dai membri
dellesecutivo che poche settimane pi tardi cominciarono il loro lavoro e organizzarono la
prima Convention nellOttobre 2007 ad Atlantic City (New Jersey) con il motto Per unire
i Siciliani del Nord America. La CSNA stata riconosciuta anche in Italia e registrata
presso la Regione Sicilia Assessorato allemigrazione. Ad oggi, fanno parte di questa
grande rete di cooperazione allincirca 200 diverse organizzazioni per un totale di oltre
15.000 membri appartenenti alle diverse associazioni ed organizzazioni locali americane,
la rappresentanza degli italiani allestero, esponenti dellimprenditoria, del commercio,
dellistituzione scolastica e della cultura che insieme hanno potuto negli anni dare un forte
contributo per portare avanti le innumerevoli iniziative della CSNA. Alcune di queste
ultime che si ricordano sono i numerosi convegni sullimprenditoria italo-americana, uno
dei quali venne organizzato proprio a Siracusa nel 2009, che videro estremamente
coinvolte le istituzioni Siciliane al fine di portare alla luce delle opportunit per
investimenti nel campo industriale, oppure eventi di stampo culturale come mostre
fotografiche dedicate alla Sicilia. La cooperazione tra siciliani dAmerica e la madrepatria
and anche oltre, si spinse addirittura ad ununione di protesta in cui la CSNA insieme ad
alcune associazioni regionali siciliane, con il supporto di altre organizzazioni di sicilianiamericani organizzarono una petizione ed inviarono lettere di reclamo fino agli esponenti
del Governo italiano per migliorare i programmi dellemittente televisiva Rai International
nei quali venne riprodotto uno stereotipo del siciliano malavitoso e di brutta fama che
distruggeva totalmente il loro orgoglio ed era considerata forma di svilimento ed
addirittura diffamazione. Infine, la CSNA ha anche preso parte a numerose iniziative
benefiche sempre cooperando con alcune organizzazioni presenti in madrepatria, come
inviare medicinali agli italiani in missione in Zimbabwe o come lacquisto di un pullmino
per i corregionali colpiti dallalluvione di Messina del 2011. In linea con lobiettivo della
confederazione di voler mantenere uno stretto contatto tra sicilian-americans e la propria
49

patria dorigine, ogni anno alcune universit del Nord America offrono delle borse di
studio ad alunni con radici siciliane grazie alle quali questi giovani possono intraprendere
un viaggio culturale alla scoperta del proprio passato, studiando la lingua in istituti
scolastici sullisola e vivendo a stretto contatto con la popolazione locale.
Unaltra associazione molto rinomata sia in territorio statunitense sia in Sicilia la
National Sicilian American Foundation (NSAF), unaltra no-profit nata nel 1997 che
collabora a stretto contatto con lIstituto italiano di Cultura, il Museo italo-americano, e il
consolato generale italiano. Il motto di questa organizzazione Equality and Unity with
Dignity, espressione dellobiettivo che sta alla base del loro operato: creare uno spazio
dove tutti i membri siano ugualmente considerati e uniti sotto gli stessi valori, le medesime
tradizioni e valori tipiche della propria terra dorigine, la Sicilia. Anche la NSAF organizza
annualmente convegni, mostre artistiche e fotografiche ed eventi musicali e culturali oltre
che possibilit di viaggi e borse di studio per coloro i quali volessero scoprire le proprie
origini.
Oltre a questo genere di associazioni di livello nazionale, molte comunit siciliane
dislocate in tutti gli Stati Uniti nel tempo hanno creato piccoli gruppi di riunione e di
sostentamento tuttora esistenti e attive nella societ di periferia o di provincia e vedono
unaltissima partecipazione anche di emigrati di seconda o addirittura terza generazione
che non rinunciano, anzi desiderano fortemente definirsi sicilians oltre che americans
nel panorama quotidiano.

3.4 First, second or third generation of immigrants: testimonianze dirette di sicilian


americans
3.4.1. L influenza siciliana oltreoceano: lesperienza di Frank Piacenti di Brooklyn
(NY)
Both of my parents belong to the second generation of Sicilian immigrants, they were born
here in America, whereas all four of my grandparents were born in Sicily. In particular, my
grandmother from my dads side came right from Palermo, while my nonno was
originally from a small town outside Palermo, named Petralia Soprana. On the other hand,
my grandparents from my mothers side were both born near Sciacca, which Im aware is a
town in province of Agrigento in the southern-western part of the island.
Interestingly we have no relatives left in Sicily, they all emigrated to the northern part of
Italy, in fact part of my family is now settled in big cities like Rome, Genoa or Bologna, or
50

they

decided

to

leave

to

America.

As far as I remember, my fathers family was moderately wealthy but gradually, during the
first years after Italy became a united country under one same flag and government, the
economical situation started to decline and poverty spread over the entire island. My
family was partially involved into this crisis too, therefore my granddad decided to take off
and move to America, which back then was considered as the country of unlimited
opportunities. He was skilled at plastering walls for housing construction and this allowed
him to establish himself easily and quickly in America: he wisely purchased a piece of land
in Brooklyn at a very cheap price and started building houses with partners there. As you
can also remember Serena, my mothers house in Brooklyn where we used to spend our
Sunday brunches was built by my grandfather himself in 1923. Thanks to his job skills and
ability, he built and owned other houses in the neighborhoods, so his family had it
relatively easy during the big depression in which America fell into in 1929 due to the
drastic drop of Wall Street. Nevertheless, my granddad and his family had to work very
hard

to

achieve

all

that.

For my mothers family, my understanding is that the motivation that pushed her family to
emigrate from Italy to America was pretty much the same as my granddads. There was
just no work, high unemployment rate and low industrial progress in Sicily back in the
days to guarantee them a safe future. Therefore, they also decided to come oversea, but
much later than my grandparents from the other side, between 1919 and 1921. Both my
grandparents from moms side were pattern makers for clothing, they were a gifted tailor
and a seamstress, I clearly remember that when I was a little kid in 1970s that many
women would come over to ask my mom for tailor-made dresses. Unlike my dads side,
my grandparents from my mothers had a much harder time when they first established
themselves in the new country and theyve experienced more closely the economic crisis in
1930s and I remember my mom telling me the story that grandma had to sell her
engagement ring to survive. Ironically, things started to get better for them when World
War

II

started

and

eventually

they

become

much

more

comfortable.

All four my grandparents built a pretty enlarged family: seven daughters and one son from
my dads side and only girls, five to be precise, from my moms side.
As far as my childhood, growing up in the 1970s and 1980s was great here in America
and personally I experienced no discrimination for being Italian - american, the whole
neighborhood was overwhelmingly Italian and I never felt like I didnt belong to it. You
must remember that America is a melting pot and as such there were Jewish, Germans,
Polish etc living around me. I spent my entire childhood around the block and in the
51

schoolyard, which you might remember is situated right across the street of my mothers
house. Also, while there were more Sicilian's than anybody else, all of southern Italy was
very well represented: my best friend, which you had the chance to meet once when
bottling our home-made wine, was from Mola di Bari, but I had friends who were
Neapolitan and Calabrese and I had Irish and German friends as well. In my entire
childhood, I only remember one boy who's family had come from northern Italy, his family
was from Lido in Venice. It had been taught to me that the economic motivations which
drove so many people of southern Italy to America were not present in the north, so there
was

comparatively

little

migration.

I was taught to be very proud of our traditions, and my parents passed on all that they
could and Sicilian traditions are deep and still well alive in our family. As you know, to
this day, our big celebration is Christmas Eve rather than Christmas day. It is an all fish
meal, my mother makes only Sicilian recipes, she only cooks with Olive Oil, no butter or
lard. On New Year's, we all throw into the streets all the old chipped dishes (which is
something I loved in Cinema Paradiso). Also, if you remember, I love something that is
almost unknown in both Italy and America: the sandwich called Vastedda. In Palermo
today, it is called Panino con milza, which from my understanding is a beef spleen
sandwich. Now that last story indicates something very interesting: we have been
fortunate and have been able to go back to Sicily several times. In Palermo, no one knows
of this sandwich as a Vastedda because this is a word that only lives on in Brooklyn and
is used by descendants of people from Palermo only and my parents only spoke Sicilian in
addition to English. My father never learned Florentine Italian, and my mother only
learned it in school, in their houses they spoke Sicilian and growing up, I learned far more
Sicilian then Italian. On Sunday's, the tomato sauce was always home made, and dinner
was in the afternoon, rather than evening. Our love and respect for family are still the
center of the Italian-American world, something I hope you saw in us when you were here
with

us.

These are representations of something that I discovered well into adulthood: while the
people of Italy and Sicily moved on, the immigrants who came to America did not. They
stayed with the Italy and Sicily of their memory, the Sicily of 1900, and then passed it on
to their children. When I was a child, and I was told about the old country by my parents
and grandparents, I was told that the poverty was terrible, that the corruption and Mafiosi
were terrible, famine, joblessness, and there was no prospect of improvement. They said
that it offered nothing for us and that is why they came here, America was seen as a
country whose streets were paved with gold. But as an adult, when I visited Sicily for the
52

first time, it was a revelation. Without doubt, one of the most beautiful places I have ever
seen, none of what I was told seemed right. Now I am looking at it as a tourist, but I did
not see the problems that my family told me about, all I saw was a modern European
country. The beauty of the place, the food and the lifestyle, it was all wonderful to me.
And while I was armed with a bunch of Sicilian words, I was stunned that they only knew
Italian instead! All the words I knew with u, v and o were of no help to me and no
one

knew

what

Vastedda

was!

In terms of trying to keep up the cultural traditions, you are an excellent example of my
attempt. Having you come from Italy to live with my family was important to me. I have
not done anywhere near as well in transferring traditions to my children, so I hoped that
you might provide them with some of our cultural history. It makes no difference to me
that you were from the north. I view an Italian as an Italian. Interestingly, Italian
Americans do not seem to have the tension between north and south the way I know it
exists in Italy. I think it fair to say that we view each other as sharing a common ancestry,
and are pleased just with that. It does not matter where your family is from in the country,
I think it is because even though I might meet someone who had a family from Milan, our
shared traditions are going to be much closer then someone who's family came from
Germany or England. For example, I did not know that Panettone was Milanese until you
told me. To me, it is Italian just like my beloved Vastedda. Also, I am a member of the
Columbian lawyer's association. We are a fraternity of Italian descendants from all over
the country, It is more of a social group than anything else but still another way to express
how proud I am to have Italian, more precisely Sicilian, roots.
3.4.2. D. COLUCCIO & SONS, Inc, i sapori della tradizione a Brooklyn.
A met del secolo passato, un certo Domenico Coluccio, di professione venditore di
arance, e i suoi due figli al tempo ancora adolescenti decisero di lasciare la loro amata terra
del Sud per spostarsi nel quartiere con maggior affluenza di emigrati italiani del nord-est
degli Stati Uniti, ossia Brooklyn. Fu proprio sulla comunit italiana di matrice meridionale
che si fondarono le basi del loro successo: la popolazione del Bel Paese residente a
Brooklyn si lamentava costantemente della qualit degli alimenti che si vedevano costretti
a consumare nel nuovo continente e ricordavano con malinconia le loro tradizioni
alimentari italiane come la provola, il parmigiano reggiano, il panettone natalizio, la
mozzarella, la porchetta ecc., del tutto introvabili a Brooklyn. Domenico cap che poteva
approfittare di queste lamentele e allo stesso tempo ovviare al sentimento di malinconia e
di frustrazione aprendo una nuova attivit: fu cos che nel 1962 nacque D. Coluccio and
53

Sons con lobiettivo di importare le materie prime di qualit ed il buon cibo della
tradizione da servire alla comunit italiana di Brooklyn.
Oggi, lattivit viene portata avanti dalla terza generazione che segu Domenico, ossia i
suoi nipoti e le loro famiglie, i quali continuano a mantenere alto il nome del prodotto
italiano DOC con la stessa passione e il medesimo impegno del loro avo.
I nipoti del Sig. Domenico, Cathy e Louis Coluccio, lavorano tuttoggi per portare avanti
lattivit iniziata dal nonno e ho avuto lonore di poterli intervistare dopo aver visitato ( e
anche fatto qualche acquisto) il negozio storico in questione e ottenere una testimonianza
concreta dellesperienza di Domenico e della loro attuale.

Figura 85. L'entrata del piccolo negozio "D. Coluccio & Sons" a Brooklyn

Intervista

D: So Cathy, tell me something about your late father Domenico and his decision to
leave southern Italy and come to Brooklyn. What was the reason of his departure
from Italy? Do you think he moved with the intention of settling permanently down
in the US or was it just a temporary trip?
54

R: I am one of six children, three boys and three girls, the only American born. There was
a 22 age gap between my eldest brother and myself. Domenico Coluccio was born in 1922.
In the late 1950s he had 5 children and realized there was little opportunity for his family
in Italy. Both my parents are from Marina di Gioiosa Ionica, a small town in the province
of Reggio Calabria. He began making trips to America with my eldest brother, with the
intention of eventually settling in Brooklyn permanently with his whole family. At the time
there were many immigrants from Gioiosa Ionica in Brooklyn. In 1962 he decided it was
time to bring the whole family, and they settled in a apartment in Boro park Brooklyn. He
opened his first retail store a few blocks away. Within a few years, he was ready to move
on, and bought a building on 59th street and 12th avenue, where he opened a new store, and
the family lived upstairs.

Figura 16. Il negozio alla fine degli anni '60. Da sinistra: Domenico Coluccio, la figlia Cathy
Fazzolari e il primogenito Rocco Coluccio

D: I know Domenic used to sell oranges there for a living, correct? So then why did he
give up on his life there and come to the US? What was going on back in south Italy
in those years before he left?
55

R: My dad was always a business man, and he knew there was limited opportunity for
families in the south of Italy. Not just in Calabria, but throughout the south there was very
little opportunity. This is why the majority of immigrants in America are from Southern
Italy. When I was growing up and someone would ask where are you from it was
assumed Italy, the answer would be mostly Calabria, Naples, or Sicliy.

D: Why Brooklyn and not somewhere else? Was there already someone from your
home town living here he was in contact with? Did someone of your family come
along with him here first?
R: My dad had two brothers and a sister living in New York. His brother and sister lived
in Corona and Whitestone (NY), his other brother lived in Jericho Long Island.

D: How did the borough look like when he first settled down there (population,
houses, way of living etc)?
R: Boro Park, was mainly Italian and Jewish, bensonhurst was mainly Italian. Most
Italians lived in two family homes that were attached. There was a special bond among the
Italians in Brooklyn, almost like a extension of the home town.

D: Where does his idea of opening up an Italian grocery store come from? What did
make D. Coluccio and Sons so successful?
R: He believed there were so many Italians in Brooklyn, but there was not a place for them
to buy the food of their homeland. He also believed one day all of America would come to
recognize appreciate the Italian table. The reason for my dads success is he believed in
what he did and he always bought in high quality items.

D: And what about you and your siblings (you have siblings correct?), how was
growing up in Brooklyn back then as first generation of immigrants? Were you close
to other Italian families there or not?

56

R: It was great growing up in Brooklyn, I have so many fond memories. Eventually two of
my mothers brothers immigrated to Brooklyn with their families. The majority of my
friends were children of immigrants.

D: What kind of treatment was reserved to the Italian immigrants of Brooklyn?


R: I think since there were so many immigrants in Brooklyn, we were highly respected.
Many of these immigrants began opening businesses like restaurants, pizzerias, beauty
salons, construction companies, and landscaping businesses.

D: Do you remember any Italian association, cultural or religious clubs the Italian
community of Brooklyn used to hang out at in order to stay all together to feel less
homesick?
R: Since there were so many Italians especially from our area in Italy, as time went on they
did not have that homesick feeling. We did not belong to any organizations, but always
gathered in homes of family.

D: Lets talk about the Italian language: can you still speak it? What language was
you mostly spoken within your family even here in Brooklyn? I personally remember
when I walked into the store some time ago, I am 100% sure I heard a southern
Italian accent, does it mean you still want to keep your native traditions even
nowadays?
R: My first language was the calabrese dialect, which my family spoke at home. I can
speak the dialect, as if I was born in our small town. I still love to speak dialect when I am
with friends or family from our home town. I learned how to speak proper in high school
and college. Many people remark how they love to come shopping in our store and listen
to the many different dialects that are being spoken at one time.

D: As first generation of immigrant, do you still feel Italian or much more American?
Is there still any bond with the native country? Does the store help you and your
57

family to keep your old traditions alive? Do you know if some of your customers have
Italian roots and come to your store in order not to forget about their past just like
the first immigrants as your father Domenico used to do?
R: I very much feel like a Italian/American. I think the Italian-americans have given so
much to America, especially, NY. Yes, I definitely have a bond with my native country.
Three years ago, my husband, who is a immigrant from Gioiosa immigrated to the US
when he was two we took our family back to our home town to find my fathers first
home, and the home he was born in. I have been to Italy quite a few times, and I am very
much comfortable there. I think many customers come to our store because it reminds
them of their roots.

3.4.3. Interview with a purely sicilian couple: Concetta and Carmelo Caminiti

Figura 17. Carmelo e Concetta Caminiti all'inizio della loro storia d'amore in D.C.

Carmelo and Concetta, would you mind giving us a testimonial of your stories as
sicilians emigrated to the US? Can you please explain us the different reasons why
58

you two separately decided to leave Italy and settle down in America and when that
happened? What town of Italy are you both from? Did you know each other before
meeting up in the US? Were you alone or with some friends/relatives? Also, did you
know anyone from your home town who had left to go to America before you did?
Carmelo: I came to America back in the far 1963 because I had relatives here who could
host and help me at the very beginning so I first settled down in New York and lived more
as a tourist, but after visiting the country I realized I wanted to join my family here for
good. I am originally from Fiumedinisi, a tiny town under the province of Messina with
less than 2000 inhabitants where everyone used to know everybody.
Concetta: Well for me it was quite different, I really did not have a choice. My brother
wanted to come to America but it was easier for me to come here first so I could complete
his paperwork for him, therefore in 1967 I decided to leave Italy. Back then I had part of
my family living in America as some cousins of mine had left Sicily a few years before I
did. The funny aspect of our story as emigrants coming from the same small town in Italy is
that we hadnt known each other until we were both here in the US.

What do you remember of your first days in a completely new environment? How
were things at the beginning there in America? How were italian communities
considered by the rest of the inhabitants, was it easy to live all together?
Carmelo: The first days in a completely new environment I remember there being a
difference in the language. It was very difficult to communicate with other people, I did
not know the English language so I relied on my family to help translate for me. After
about 6 months, I was able to pick up the language so it made it easier in my everyday life.
Despite the slow linguistic assimilation process, living with my Italian relatives kind of
forced me to be surrounded by the rest of the Italian community, therefore it was very easy
to keep my life style and Italian culture. Also, I worked at an Italian restaurant which
made it even easier.
Concetta: When I first came here, I didnt know where I was, I was just here. I missed
my plane and I didnt know what to do because I could not communicate with anyone
because I did not know English. I was sponsored by a family here in the US to be a nanny
for them so I already had a job and my papers were completed before I reached the US,
which was something not always easy to get and mostly unusual for the majority of the
59

emigrants, I knew I was a very lucky person. My host family was wonderful with me and
since I was around the two children I was a nanny for, I picked up the English language
pretty quickly. I was very well taken care of by the family, I took care of the children and
did chores around the house.

How did you two, with the same Italian origins, coming from the same town in Sicily,
meet up and where in the US? Did you feel like the Italian background was a good
base for your relationship? Is there a link between Italian culture and you two being
a couple?
Carmelo: After one year of being in New York, I had relatives in the (Washington) DC
area who told me it was better to live there so I took their advice and moved down south.
Concetta and I first met one night in DC when I went for a visit at my nephews house,
where Concetta used to work as a nanny. Both being Italian did make our first dates and
then our relationship easier because we were from the same culture and we understood
one another just like anyone else could do. I think it was just coincidence that we were
able to meet, but I was necessarily looking for another Italian and once I knew she was
from my hometown I was even more convinced we could have been a great couple: I fell in
love with her and that was it!
Concetta: Carmelo fully explained our first steps towards our future together, I also
thought it was great we were from the same hometown. We knew the same things, we
didnt have to change our ways and we understood one another and our cultural values. A
great mix to build a long-lasting relationship!

Can you tell us about your process of assimilation into the American culture, such as:
for how long have your kept speaking Italian there? Do you feel completely American
now or do you keep any Italian aspect still alive?
Carmelo: We continue to speak Italian although we find ourselves speaking English more
unless we are surrounded by Italians, in that case we all try to bring our own roots back to
life. Although we are definitely americanized now, we also keep parts of Italian heritage
alive: we still cook plenty of Italian food and our children understand Italian and speak a

60

little bit of it. Also, there are certain events the Italian church in DC celebrates and we try
to participate in those events.
Concetta: After 6 years in America, I was married and decided we both decided we wanted
to stay in America. We settled here, had two kids and established ourselves but we know
where we came from and will not forget about it, we enjoy visiting Italy and also enjoy
when family from Italy visits us here in America.

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BIBLIOGRAFIA
- Gabaccia, Donna R. . 2003. Emigranti, le diaspore degli italiani dal Medioevo ad oggi. Torino,
Einaudi Editore.
-Incisa Di Camerana, Ludovico. 2003. Il Grande Esodo, Storia delle Migrazioni italiane nel
mondo. Milano, Corbaccio Srl.
- Comitato nazionale Italia nel mondo. 2002. Storia dellemigrazione italiana, Vol. Arrivi. A
cura di Pietro Bevilacqua, Andreina De Clementi, Emilio Franzina. Roma, Donzelli Editore.
-Franzina, Emilio. 1995. Gli italiani al nuovo mondo: lemigrazione italiana in America 14921942. Milano, A. Mondadori.
-Pretelli, Matteo. 2011. LEmigrazione italiana negli Stati Uniti. Bologna, Il Mulino.
-Colucci, M Sanfilippo, M. 2010. Guida allo studio dellemigrazione italiana. Viterbo,
SetteCitt.
-Willcox, Walter F. 1931 . International migration movements, 1876 to 1926. A cura di Anna
Maria Ratti, International migrations, Volume II: interpretations, pp. 440-470.
-Romano, Ruggero. 1992. Il lungo cammino dellemigrazione italiana, Altreitalie n 7, pp. 1-11.
- Colucci, Michele. 2012 . La risorsa emigrazione: gli italiani allestero tra percorsi sociali e
flussi economici, 1945-2012. A cura dell ISPI. Osservatorio di politica internazionale n 60,
pp.1-17.
-Del Boca, D. Venturini, A. 2003. Italian migration, IZA n 938, pp. 1-10 ;14-18.

SITOGRAFIA
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http://www.treccani.it/scuola/tesine/emigrazione_e_immigrazione/pugliese.html
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http://www.fiaobrooklyn.org/
http://lms01.harvard.edu/F/N96F4AY79XQDC8BIY119YGSL6KRS879RLGJ7HHSRLICGULJ8
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http://trinacria-mia.org/oral-history-video-a-sicilian-american-experience/
http://www.franoi.com/index.php?page=film
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http://www.altreitalie.org/AltreitalieS_Walls/News/Italicity_The_Languages_Of_Italy_In_The_Un
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http://venus.unive.it/italslab/modules.php?op=modload&name=ezcms&file=index&menu=79&pag
e_id=327

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RINGRAZIAMENTI
Vorrei innanzitutto ringraziare il mio relatore, il professor Paolo Luca Bernardini che ha
ricoperto un ruolo fondamentale nella ricerca dei materiali e degli spunti biografici per la
redazione della mia tesi, oltre ad essere stato il mio costante punto di riferimento durante
tutti

questi

mesi.

Inoltre, doveroso da parte mia riconoscere gli enormi sforzi, economici e morali,
compiuti dalla mia famiglia in questi tre anni per darmi la possibilit di concludere con
successo

questo

percorso

per

me

molto

importante.

Ci tengo ad includere tra i ringraziamenti anche le mie amiche, quelle vere, quelle che ci
sono sempre state e non hanno mai perso occasione di spronarmi a non mollare mai e con
cui

ho

condiviso

le

mie

gioie

ed

anche

qualche

momento

di

sconforto.

Non posso esimermi dal ringraziare infinitamente la persona che tre anni fa ha dato una
brusca, ma decisamente positiva svolta alla mia vita. E anche, e oserei dire soprattutto,
grazie a lui che non ho mai dimenticato le mie potenzialit e capacit, lui che mai ha
smesso di credere in me dimostrandomi giorno dopo giorno la sua stima, la fiducia e il
rispetto nei miei confronti e che mi ha insegnato quanto la vita sia davvero unica e degna
di

essere

vissuta

pieno

in

ogni

suo

attimo,

ancor

pi

se

condivisa.

Da ultimo, ma non per questo di minor importanza, dico grazie a me stessa per non essermi
mai lasciata travolgere dai momenti in cui la meta sembrava cos lontana da non essere
raggiungibile, per la curiosit e linteresse che mi hanno accompagnata durante tutto il
corso di studi e per la determinazione e limpegno, valori che mi hanno portata a
raggiungere questo e molti altri importanti traguardi della vita. A tal proposito, concludo
con una delle mie citazioni preferite come augurio per intraprendere nuove ed altrettanto
entusiasmanti esperienze:

Efforts and courage are not enough without purpose and direction.
[John. F. Kennedy]

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