Teorie psicodinamiche
Bettelheim
Bettelheim part dall'ipotesi che i bambini con autismo non avessero tratto
giovamenti dagli interventi terapeutici fino ad allora portati avanti poich
venivano percepiti nei seguenti termini: "Tutti vogliono farmi uscire dal mio
mondo e farmi entrare nel loro!". Da questa considerazione nasce secondo
l'autore la necessit di istituzionalizzare i pazienti affetti da autismo, cos da
allontanarli dai genitori (cui era consigliata una psicoterapia) considerati causa
del disturbo stesso.
Per un efficace trattamento della Sindrome autistica, fu lo stesso Bettelheim
a fondare un'apposita struttura residenziale: la Scuola Ortogenica, nella quale
figure di riferimento stabili seguivano individualmente i pazienti, adempiendo
alle funzioni materne, nel tentativo di entrare nella realt annichilente
dell'autismo lasciando da parte quella propria abituale.
Il fine di permettere al bambino di riprendere il cammino di crescita da dove
si era bloccato, lasciando che arrivi dapprima ad esprimere la propria ostilit
verso il mondo cos da superare la fase schizo-paranoide e avere quindi
accesso a quella depressiva, nella quale potr infine utilizzare il linguaggio,
grazie ai processi di simbolizzazione e alle riflessioni sul mondo e le proprie
azioni in esso.
Gli operatori devono a loro volta intraprendere un cammino che li porti a
riappropriarsi di quegli "inferni" celati in zone protette della psiche cos da
entrare in sintonia con la realt "infernale" dell'autismo.
Mahler
La differenza pi importante rispetto al modello proposto da Bettelheim
consiste nell'aver previsto la presenza della madre insieme al bambino e al
terapeuta, soprattutto per quanto riguarda i casi di psicosi simbiotica. La
durata delle sedute di circa 2 o 3 ore, che vedono madre e terapeuta
affiancati nel trattamento del bambino, con l'obiettivo di evitare il ritiro in una
psicosi autistica difensiva, permettendo al piccolo paziente di "rivivere con un
sostituto di madre un rapporto esclusivo simbiotico-parassitico, pi gratificante,
anche se regressivo. Questo rapporto deve essere liberamente messo a
disposizione del bambino e diventare per lui una difesa nel periodo in cui deve
uscire dal circolo vizioso del suo deformato rapporto con la madre". Per questo
motivo l'autrice propone un modello di terapia che tenga unita la diade madrebambino.
Secondo Mahler, infatti, tenendo presente la sua distinzione in psicosi
autistiche primarie e psicosi simbiotiche, possibile stabilire nel trattamento di
bambini con psicosi infantile, alcuni obiettivi, di cui il pi importante risulta
essere il coinvolgimento del piccolo paziente in "un'esperienza simbiotica
correttiva" che possa permettergli il raggiungimento di un pi alto grado di
rapporto con l'oggetto.
Il compito del terapeuta quello di fornire nel corso dell'analisi (che richiede
un tempo abbastanza lungo) un "Io ausiliario" cui il bambino con autismo possa
appoggiarsi per poter ripercorrere tutte le tappe dello sviluppo (presimbiotica,
simbiotica e di separazione-individuazione).
Altro obiettivo del terapeuta cercare di far riappropriare il bambino di quelle
funzioni dell'Io preposte alla protezione da un'eccessiva stimolazione esterna e
Visual therapy
fondata sull'ipotesi che alcuni comportamenti delle persone con autismo
possano derivare da percezioni carenti o distorte in relazione a dl alcune
disfunzioni osservate a carico del sistema visivo.
La Visual Therapy si ripropone di ripercorrere gli stadi di sviluppo di tale
sistema in modo da riaddestrare la vista, poich non sarebbe possibile trattare i
disturbi in quest'area semplicemente impiegando lenti ottiche.
I comportamenti problematici nelle aree della socializzazione e
dell'apprendimento possono perci essere spiegati come strategie
dell'individuo per adattarsi ai disturbi: ad un miglioramento della percezione
visiva pu quindi corrispondere un miglioramento anche nelle aree dello
sviluppo appena citate.
Teorie sistemico-relazionali
L'approccio sistemico-relazionale volto ad ottenere una comunicazione
chiara e consapevole tra tutti i componenti della famiglia, paziente compreso.
sul nucleo familiare quindi che incentrato l'intervento che si propone un
cambiamento strutturale del sistema.
Contemporaneamente si effettua sulla coppia genitoriale un intervento volto
alla risoluzione dei conflitti, mentre si lavora sul bambino per il miglioramento
della relazione con la madre.
In questo contesto l'holding assume una funzione importante, in quanto
attraverso il contatto fisico diretto ed esclusivo consente il consolidamento del
rapporto sul piano comunicativo, senza interferenze da parte del padre, cos da
interrompere il rapporto circolare triadico.
Momento centrale della terapia la ridefinizione da parte del terapeuta del
paziente designato come "attore del gioco familiare", con la sua intenzionalit.
Spesso a ci seguono resistenze da parte dei genitori, che potevano costruire i
loro giochi relazionali basandosi sulla definizione di "bambino malato e
passivo".
Da questo punto in poi le sedute proseguono con la presenza dei soli genitori,
che sono impegnati a comprendere la relazione tra il disturbo del bambino e lo
"stallo" del loro rapporto di coppia.
a questo punto della terapia con la coppia che, secondo la Sorrentino,
diviene opportuno offrire al bambino interventi riabilitativi individualizzati, sia
sul versante dell'apprendimento, sia su quello delle competenze sociali.
L'armonizzazione di questi interventi riabilitativi rivolti al bambino, con la
terapia della coppia genitoriale, un presupposto indispensabile per giungere
ad un miglioramento della sintomatologia e, in alcuni casi, alla guarigione".
Altri autori, come Cancrini, Quinzi e Dentale, hanno proposto modelli di
terapie familiari alternativi, basati su tecniche impiegate nella terapia familiare
strutturale e in quella strategica.
Teorie cognitivo-comportamentali
L'efficacia sui comportamenti problematici di questi interventi tanto
maggiore quanto pi precoce l'et in cui vengono attuati.
All'interno di uno specifico assessment costruito in base alla situazione, si ha
la possibilit di scegliere all'interno di un gruppo di tecniche volte
all'acquisizione o all'incremento di comportamenti adattivi, basate sull'uso di
rinforzatori somministrati immediatamente dopo la comparsa dei
comportamenti desiderati, cos da aumentarne la frequenza.
Di questo gruppo fanno parte: a) il concatenamento, grazie al quale la
risposta desiderata compare gradualmente perch ricompensata con stimoli
rinforzatori; b) il modellaggio, ossia un rinforzo sistematico dei
comportamenti che sempre pi somigliano a quello meta a partire da uno
iniziale selezionato perch gi osservato nel repertorio del paziente; c) il
modellamento, cio l'apprendimento da un modello per imitazione; d) il
prompting, mediante il quale il raggiungimento del comportamento meta
avviene con l'impiego di suggerimenti fisici gestuali e visivi.
Un secondo gruppo di tecniche invece finalizzato al decremento dei
comportamenti inadeguati, e si avvale del rinforzo differenziale di altri
comportamenti. Esso composto da: a) estinzione, ottenuta non prestando
attenzione al comportamento inadeguato; b) saziazione, cio una
somministrazione volutamente eccessiva del rinforzatore; c) pratica
negativa, che prevede la ripetizione per un numero troppo grande di volte del
comportamento indesiderato; d) procedure aversive, come il
mascheramento visivo, il time-out e l'ipercorrezione.
Programma TEACCH
Gli strumenti appena descritti sono tutti utilizzati nel TEACCH di Shopler,
composto da tremila attivit educative divise per livelli di sviluppo in dieci aree
funzionali.
necessario per, nella scelta delle attivit, individualizzare il programma in
base a quattro criteri che lo possano cos rendere specifico per la singola
persona e veramente efficace.
Per modello di interazione gli intendono la contestualizzazione dell'intervento
all'interno del sistema di relazioni di cui fa parte il bambino in modo da poterne
meglio cogliere bisogni e potenziale di apprendimento.
Col concetto di prospettiva di sviluppo s'intende ribadire l'importanza della
definizione delle aree in cui il bambino manifesta buone capacit e quelle in cui
esse sono carenti, cos che l'intervento possa essere coerente con il livello di
sviluppo del bambino nelle diverse aree.
Il terzo criterio, relativismo del comportamento, si riferisce alle difficolt dei
bambini affetti da Disturbo Generalizzato dello Sviluppo, di estendere la
risposta comportamentale a contesti diversi da quello in cui stata appresa.
La gerarchia di addestramento permette di ordinare gli obiettivi particolari da
raggiungere col trattamento secondo una scala di urgenza crescente che vede
come interventi immediati quelli volti a modificare in senso positivo i
comportamenti che mettono a rischio la vita del bambino, per poi strutturare il
programma in vista dell'adattamento al contesto familiare, quindi a quello
scolastico e infine a quello extrascolastico.
L'approccio comportamentale si pone l'obiettivo di mantenere e generalizzare
gli apprendimenti di chi affetto da autismo, estendendoli ai diversi contesti
nei quali la persona normalmente vive, cercando di fare in modo che le diverse
figure rappresentative pongano richieste di prestazione fra loro congruenti.
questo il motivo per cui "la conduzione del programma affidata a genitori
e insegnanti, che condividono le stesse strategie ed operano in stretta
collaborazione. Medici e psicologi orientano l'intervento di genitori e insegnanti,
tenendo conto del livello di sviluppo raggiunto dal bambino, del suo contesto di
vita quotidiano e delle propensioni del bambino".
Una parte importante del programma rappresentato dalla valutazione, che
avviene attraverso tre modalit diverse: 1) la prima che prevede l'uso test
intellettivi e scale standardizzate, riguarda la valutazione dello sviluppo; 2) la
seconda modalit quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del
bambino; 3) la terza rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei
colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei
confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare.
La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato
Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del
bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilit motorie,
dell'integrazione oculo-manuale, e delle capacit cognitive.
Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni
bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative
intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati. Un
appropriato intervento dovr prevedere un coordinamento tra i tre livelli.
L'intervento dovrebbe inoltre sviluppare per prime quelle capacit che sono
implicite in altre; se, per esempio, il bambino non ha sviluppato la capacit di
imitazione, bisogna sviluppare prima questa, prima di procedere alla
stimolazione del linguaggio.
La procedura fin qui descritta finalizzata alla definizione delle mete
Teorie etologiche
Metodo etodinamico, AERC, Portage
sulla base del Metodo Etodinamico che parte dall'osservazione etologica del
comportamento sia del soggetto con Disturbo Autistico che delle persone con il
quale interagisce che si fonda l'intervento denominato Terapia di Attivazione
Emotiva e Reciprocit Corporea (AERC) proposto da Michele Zappella nel
1996.
Questa metodologia si integra sempre con altre modalit educative come il
Metodo Portage, un metodo educativo di tipo comportamentale, la cui
funzione quella di dare una guida ai genitori circa le attivit pi adeguate da
proporre al bambino. Il Metodo Portage inoltre consente di valutare
periodicamente i cambiamenti del bambino nel corso della terapia. Per i
bambini che non parlano la Comunicazione Aumentativa e Alternativa pu
essere uno strumento molto importante e pu spesso integrarsi con un
approccio etodinamico: entrambi, infatti, fanno riferimento all'intelligenza
sensorio-motoria che rappresenta spesso il livello cognitivo reale di molti
bambini autistici piccoli e anche il modulo cognitivo prevalente di altri soggetti
autistici pi grandi, viste le loro difficolt simbolico-linguistiche, che in diversa
misura e forma si ritrovano in tutti questi soggetti.
Spesso Zappella propone anche una organizzazione della giornata che,
tuttavia, raramente assume le caratteristiche pi rigide proprie di altri metodi.
Per persone autistiche con abilit linguistiche e intellettive superiori si integra
con altre modalit educative.
I risultati di questo metodo cambiano a seconda delle sindromi e delle
disabilit presenti e sono migliori, in particolare, nella Sindrome dismaturativa
con tic complessi familiari a esordio precoce e nei disturbi dell'umore per la
semplice ragione che si tratta dei disturbi a probabile carattere
neurotrasmissivo nei quali la reversibilit del disturbo autistico maggiore. I
risultati sono migliori nei bambini piccoli sia perch in queste et la plasticit
Altri interventi
La Therapie d'Echange et Developpement (TED)
La base di partenza della TED, sviluppata da Lelord, Sauvage e dal gruppo
di Tours, rappresentata da alcune ricerche neurofisiologiche che hanno
indagato fenomeni come l'associazione sensoriale crociata e l'acquisizione e
l'imitazione libera.
Con associazione sensoriale crociata si intende quel fenomeno che si osserva
quando vengono registrate le risposte elettroencefalografiche conseguenti ad
un suono e ad uno stimolo luminoso che segue di un secondo il suono. Ci che
si osserva che dopo alcune presentazioni di questa coppia di stimoli, il primo
(il suono) evoca una risposta nella zona visiva occipitale, quella che
solitamente attivata dallo stimolo luminoso. Perch si verifichi questa
associazione non necessaria alcuna forma di rinforzo (come per es. il cibo). Si
tratta, infatti, di un processo cognitivo che si realizza spontaneamente, e che
presente, sebbene in modo irregolare, nel bambino autistico.
Nei bambini autistici, inoltre, si osserva anche, in certe condizioni il fenomeno
dell'acquisizione libera, non condizionata da alcun rinforzo e non vincolata dalla
presenza, in sede di apprendimento, di una sequenza temporale predefinita.
Accanto alla presenza dell'acquisizione libera, si osserva anche quella di
imitazione libera: questa stata dimostrata attraverso una registrazione
elettroencefalografica fatta con bambini che guardano un filmato in cui
vengono proiettati movimenti ginnici. Si osserva che durante la percezione dei
movimenti ginnici avvengono delle modificazioni elettroencefalografiche nelle
aree motorie del soggetto, sincronizzate con i movimenti proiettati sullo
schermo. Il bambino autistico sarebbe in possesso, secondo questi autori, di
una capacit di imitazione libera, sebbene poco strutturata.
I risultati di queste ricerche mettono in evidenza una curiosit fisiologica
naturale, la tendenza biologica ad associare, comprendere e ricercare dei
significati. Il terapeuta deve organizzare il setting e le attivit da proporre al
bambino tenendo conto di queste capacit che anche il bambino autistico
possiede, seppur in misura ridotta e non strutturata.
Da queste premesse Barthelemy, Hameury e Lelord traggono i principi
ispiratori della TED, che attraversano tutte le attivit proposte al bambino, che
come abbiamo visto puntano a sviluppare le diverse funzioni psicofisiologiche.
Questi principi sono stati definiti dagli autori: la "tranquillit", la "disponibilit"
e la "reciprocit".
Con tranquillit si intende definire in particolare il setting in cui ci svolge
l'intervento. Questo , in genere, costituito da una stanza di dimensioni
limitate, spoglia, in cui sono presenti un tavolo e due sedie. Spesso presente
uno specchio unidirezionale che consente l'osservazione diretta della seduta. In
questa stanza domina la calma e non si avvertono rumori esterni disturbanti.
La principale fonte di interesse per il bambino data dal terapeuta che,
attraverso una modalit di interazione esclusiva ed attenta, gli propone
un'attivit o un gioco alla volta.
Questa organizzazione del setting ha lo scopo di favorire al massimo
l'attenzione del bambino e la sua decodifica dei messaggi, riducendo al minimo
la presenza di stimolazioni distraenti o confusive.
La disponibilit del terapeuta (secondo principio) finalizzata a facilitare
l'apertura del bambino verso il mondo esterno e a favorire la sua naturale
curiosit. I tentativi del bambino di rompere il suo isolamento sono incoraggiati
e si cerca di sviluppare la sua iniziativa spontanea; anche la pi piccola
manifestazione di attenzione da parte del bambino viene incoraggiata.
Pet Therapy
Nata negli Stati Uniti, solo da pochi anni viene praticata anche in alcuni centri
del nostro Paese. Letteralmente significa terapia con animali, viene chiamata
anche terapia dolce e prevede l'utilizzo degli animali per migliorare la qualit di
vita delle persone e mira a seguire il soggetto problematico e non tanto il
problema o la malattia, in tal modo l'animale diventa il ponte invisibile tra
operatore e soggetto seguito.
La Pet Therapy si suddivide in: 1) Attivit Assistita con Animali (A.A.T.),
che risulta essere una terapia vera e propria rivolta a persone con problemi
fisici e/o psichici, da affiancare ad altre cure, dove viene precedentemente fatto
un progetto individualizzato da seguire, che prevede la scelta dell'animale
adatto in base allo scopo da raggiungere e la presenza di un'quipe
multidisciplinare che collabori a tale progetto (compresa la stesura e la verifica
del progetto stesso); 2) Attivit Assistite con Animali (A.A.A.) che mirano a
migliorare la qualit di vita delle persone in situazione di disagio, in quanto
l'animale risulta, essere un perfetto tramite per lo sviluppo delle relazioni.